Il Fatto Quotidiano (30 Ottob 2009)

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In Francia la censura cancella dalla tv di stato il pupazzo che prende in giro il figlio di Sarkozy. Berlusconi fa scuola.

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€ 1,20 – Arretrati: € 2,00 Spedizione abb. postale D.L. 353/03 (conv.in L. 27/02/2004 n. 46) Art. 1 comma 1 Roma Aut. 114/2009

Venerdì 30 ottobre 2009 – Anno 1 – n° 33 Redazione: via Orazio n° 10 – 00193 Roma tel. +39 06 32818.1 – fax +39 06 32818.230

STEFANO, 31 ANNI CHI L’HA RIDOTTO COSÌ?

Emergenza Vespa di Marco Travaglio

on bastassero i terremoti, le alluvioni, le frane e l'influenza suina, un'altra catastrofe naturale si abbatte sul Paese: le anticipazioni del nuovo libro di Vespa. Evento prevedibile, visto che si verifica ogni anno intorno al giorno dei defunti. Dunque Bertolaso, una volta tanto, non potrà parlare di tragica fatalità. Ma i danni restano incalcolabili. Anche perchè il libro, di cui agenzie e giornali anticipano servilmente gli scoop più succulenti in uno stillicidio quotidiano, ancora non esiste. E' in fase di scrittura. Altrimenti l'altroieri l'insetto non avrebbe potuto anticipare il racconto dell'amato Silvio sulla telefonata a Marrazzo, previa visione del videotape con gli amici. Funziona così: oggi succede la qualsiasi, Bruno chiama Silvio che straparla per tre ore; lo sproloquio è riversato ipso facto alle agenzie che lo sparano come fosse la terza guerra mondiale; dopodichè Silvio, complici la prostata e la scarlattina, si scorda di aver promesso l'esclusiva mondiale e spiattella tutto a Ballarò. Ma c'è un'altra complicazione. L'insetto intervista politici per tutta l'estate-autunno. Lui mette in freezer e poi, con l'approssimarsi di Halloween, anticipa. Ma intanto i voltagabbana han già cambiato idea, o partito. E negano recisamente di aver mai detto quelle cose. Il pover'uomo, che mai si permetterebbe di tradire i suoi editori di riferimento, balbetta mogio che quelle cose gliele han dette. E quelli: “Sì, ma un mese fa”. Che per loro equivale a due ère geologiche. Il mese scorso, il pie' veloce Rutelli confida a Vespa: “Vado con Casini ma non ora e non da solo”. L'insetto lo anticipa nel giorno delle primarie. Troppo presto, il portavoce di Er Cicoria smentisce piccato: “Le dichiarazioni diffuse da Vespa non sono state rilasciate ieri, ma alcune settimane fa. La loro divulgazione oggi potrebbe trarre in inganno. Rutelli si esprimerà sulle primarie e sui propri orientamenti in occasione della presentazione del suo libro domani a Milano”. Ecco, l'anticipazione del libro di Vespa ha bruciato l'anticipazione del best-seller di Rutelli, “La svolta” (anzi la giravolta). Poi però l'anticipazione smentita si autoavvera: Rutelli se ne va con Casini, ma solo in coincidenza con l'uscita del suo libro, altrimenti non se ne accorge nessuno (del fatto che se ne va, ma anche del libro). Vespa però si scusa tanto: “La conversazione è immediatamente successiva al congresso Pd. Mi dispiace che l'anticipazione abbia preceduto la presentazione del libro di Rutelli che risulterà, spero, più attesa e interessante”. Infatti, quel giorno, han dovuto transennare la sala per arginare le masse. Seguono altre fondamentali scoop con Veltroni (la “vocazione maggioritaria” e l'”autosufficienza” del Pd, che infatti sta al 26%) e con Bersani (“da segretario riprenderò la Canzone popolare di Fossati. Volevo riprenderla già da candidato, ma poi ho deciso di fermarmi a Vasco Rossi”). Roba forte. Ora qualcuno si domanderà che diavolo c'entrino queste menate con un libro che, salvo complicazioni, s'intitolerà “Donne di cuori - Duemila anni di amore e potere da Cleopatra a Carla Bruni, da Giulio Cesare a Berlusconi” (ma anche dalla Pompadour a Gasparri). Beata ingenuità: lì si cantano gli amori di Messer Brunetto per tutti i politici. Ancora un po' di pazienza e qualche migliaio di anticipazioni, poi il 6 novembre il capolavoro sarà finalmente in libreria e sapremo tutto. Dopodichè, altra calamità: il consueto pellegrinaggio dell'insetto da un programma tv all'altro per le immancabili presentazioni, compresi Linea Verde, Protestantesimo, le previsioni del tempo e il segnale orario. Già allertata la Protezione civile.

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Arrestato per droga, restituito cadavere Perché queste foto di Vitantonio

Lopez

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a camera di sicurezza di una caserma dei carabinieri certo non è il posto più confortevole” dove passare la notte. Così il comandante della compagnia dei carabinieri ci spiega perchè Stefano Cucchi è arrivato con gli occhi pesti in tribunale. Dove, comunque, assicura, “nessuno ha avuto niente da dire”. Dopo quella notte in caserma, il passaggio in tribunale e quello in carcere, è finito in un letto d’ospedale, ha agonizzato per cinque giorni ed è morto con i genitori tenuti fuori della porta, senza poterlo vedere, senza sapere delle sue condizioni. Non fosse stato per la battaglia lunga anni della madre, poco o nulla si sarebbe saputo pure sulla morte di Federico Aldrovandi, ammazzato di botte a 19 anni per strada da quattro poliziotti. E Aldo Branzino, falegname di 44 anni, arrestato per un po’ di marijuana e trovato cadavere nella cella trentasei ore dopo. Quando chiedi, per Federico, per Aldo, per Stefano, ti senti sempre rispondere che nell’arresto, in carcere, le regole sono state rispettate, che le procedure sono queste. E’ per questo, per rompere questo muro di cinica indifferenza che i genitori e la sorella di Stefano hanno dovuto darci quelle foto. Ci hanno messo sotto gli occhi quel viso, quel corpo massacrati e noi li mostriamo a voi perchè non c’è legge, regola o procedura che possano giustificarlo. Perchè non si può vivere, e morire, così.

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Cucchi è stato fermato la notte del 15 ottobre. È morto in ospedale sei giorni dopo. Solo. Ora la famiglia ha diffuso le foto. I carabinieri: “Le camere di sicurezza non sono alberghi”. Perniconi, D’Onghia pag. 2 e 3 z

Un’immagine di Stefano Cucchi diffusa dalla famiglia

Udi Marco Lillo

Udi Enrico Fierro

GASPARRI: NAPOLI I TRANS? GUAI IL SANGUE E A COINVOLGERMI IL SILENZIO ontinua la caccia al vip che n omicidio avvenuto a Cpolitici va con i trans. Calciatori e U maggio. Un’ammazzatina tirati in ballo a spropo- normale nella Napoli-Basito. Gasparri spiega e minaccia: “Sì, nel ‘96 sono stato fermato vicino all’Acqua Acetosa, ma ero lì per caso. Chi mi coinvolge la pagherà”. pag. 7 z

ghdad di sei mesi fa. Sei mesi di silenzio. Ora di quella scena c’è un video diffuso dalla procura, perchè nessuno parla, nessuno sa nulla. pag. 5 z

MONTECITORIO x L’ex leader di An rimprovera il ministro Vito

Camera espropriata, Fini non ci sta n messaggino di testo quaUtelefonini si beffardo che arriva sui dei deputati: “La set-

Battiato canta i “rincoglioniti” al governo

timana prossima tutte le sedute calendarizzate non avranno luogo”. Basterebbe questo per raccontare la portata dello scontro fra il presidente della Camera e il governo. Fini ha bacchettato il ministro Vito: “Le leggi di iniziativa parlamentare sono bloccate”.

Travaglio pag. 14z

CATTIVERIE Corona : “Con me chi ha fatto il filmino a Marrazzo avrebbe guadagnato 50mila euro”. Ma i lavori forzati no?

IN LIBRERIA

di Luca Telese

nL’intervista

Maurizio Gasparri (FOTO ANSA)

pag. 4 z

Scappo via! Come organizzare la propria fuga e vivere ai tropici con meno di 1000 euro al mese edizioni INTRA MOENIA


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Venerdì 30 ottobre 2009

Dalla denuncia di Antigone alle immagini

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a notizia della morte di Stefano Cucchi viene battuta dalle agenzie lunedì scorso. A richiamare l’attenzione dei media sono le dichiarazioni di Patrizio Gonnella, presidente di “Antigone”, l’associazione che si batte per i diritti nelle carceri, e Luigi Manconi, presidente di “A Buon Diritto”. Entrambi parlano di una morte su cui

occorre fare chiarezza e giustizia”. Viene fuori che il ragazzo, arrestato la notte tra il 15 e il 16 ottobre in un parco romano, è morto sei giorni dopo nel reparto detentivo dell’ospedale Sandro Pertini. I famigliari parlano immediatamente di tumefazioni e lesioni e denunciano il fatto di non aver potuto vedere Stefano fino al momento della morte. Il caso arriva nelle aule parlamentari,

con le interrogazioni, martedì e mercoledì scorsi, della deputata radicale Bernardini e del senatore Pd Carofiglio. Mercoledì il ministro della Giustizia, Angelino Alfano, rispondendo al question time alla Camera, ha annunciato che sulla vicenda verrà fatta chiarezza, “con un approfondimento adeguato”. Ieri la scelta della famiglia di mostrare le immagini del ragazzo.

Così è morto Stefano Cucchi LA FAMIGLIA DIFFONDE LE FOTO: ORA LA VERITÀ di Caterina Perniconi

a famiglia ha deciso di far sapere com’è adesso loro figlio. Ieri, durante una conferenza stampa al Senato, i genitori e la sorella di Stefano Cucchi hanno consegnato ai giornalisti le fotografie del corpo del giovane di 31 anni, fermato il 15 ottobre scorso per droga al Parco degli Acquedotti di Roma, e morto all'ospedale Sandro Pertini il 22 dopo essere passato per gli ambulatori del Tribunale, del carcere di Regina Coeli e dell’ospedale Fatebenefratelli senza avere mai la possibilità di essere visitato dai parenti. Fotografie e disperazione La famiglia è sconvolta, di un dolore silenzioso ma riconoscibile negli occhi sempre pieni di lacrime. Ripercorrono il trauma nello sguardo di chi sfoglia le fotografie del corpo scattate dall’agenzia funebre dopo l’autopsia. Immagini “drammaticamente eloquenti”, come le ha definite Luigi Manconi, presidente dell’associazione “A buon diritto” e promotore dell'iniziativa: “Da sole dicono quanti traumi abbia patito quel corpo e danno una rappresentanza tragicamente efficace del calvario di Stefano. La famiglia ha riflettuto molto se distribuirle, perché oltre ad essere scioccanti fanno parte della sfera intima”. Le foto mostrano il corpo estremamente esile (dai 43 chili del fermo è passato a 37), con il volto devastato, l'occhio destro rientrato nell'orbita, l'arcata sopraccigliare sinistra gonfia e la mascella destra con un solco verticale, segno di una frattura. Raccontano che Stefano aveva avuto problemi di droga, era stato in comunità e quando ne era uscito stava meglio. Di sicuro non si meritava di morire perché tossicodipendente, anzi, avrebbero do-

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vuto aiutarlo. I fatti I legali ricostruiscono l’accaduto in una memoria: giovedì 15 ottobre Stefano Cucchi viene fermato alle 23.30 dai carabinieri nel Parco degli Acquedotti di Roma. All’1.30 di notte del 16 ottobre si presentano, insieme al ragazzo, in via Ciro Urbino, dove risiede con la famiglia. Due uomini in borghese e due in divisa perquisiscono la stanza di Stefano. Il ragazzo rassicura la madre, dicendole che non troveranno nulla. In effetti escono senza niente dicendo alla signora Cucchi che il figlio era stato fermato “con poca roba addosso” (20 grammi di marijuana, poca cocaina e due pasticche che le forze dell’ordine hanno definito “di ecstasy”, secondo il padre “di Rivotril”, farmaco salvavita contro l’epilessia prescrittogli dal medico). Nella memoria si legge che i carabinieri lo portano via e comunicano alla famiglia che alle 9 si sarebbe svolto il processo per direttissima nel tribunale di piazzale Clodio. Alle 12 Stefano arriva in aula col volto gonfio e lividi vistosi intorno agli occhi. Alle 14 viene visitato presso l’ambulatorio di palazzo di Giustizia dove riscontrano “lesioni ecchimodiche in regione palpebrale inferiore, bilateralmente” e dove il ragazzo dichiara “lesioni alla regione sacrale e agli arti inferiori”. Viene trasferito al carcere di Regina Coeli - si legge ancora nella ricostruzione - e affidato alla polizia penitenziaria. La visita medica in carcere rileva “ecchimosi sacrale coccigea, tumefazione del volto bilaterale orbitaria, algia della deambulazione”. Viene quindi portato all’ospedale Fatebenefratelli per accertamenti. Diagnosticano “la frattura corpo vertebrale L3 dell’emisoma sinistra e la frattura della vertebra

coccigea”. Sabato 17 ottobre viene riportato al Fatebenefratelli e poi trasferito al reparto penitenziario dell’ospedale Sandro Pertini intorno alle 13.15. La famiglia viene avvisata del ricovero alle ore 21, si reca subito nella struttura ma vengono avvisati di non poter entrare “perché questo è un carcere, non sono ammesse visite”. All’ingresso li invitano a ripresentarsi lunedì successivo per parlare con i medici. Due giorni dopo, però, quando la famiglia ritorna viene allontanata “perché non è ancora arrivata l’autorizzazione del carcere”. Martedì si presentano di nuovo per parlare con i medici e scoprono che per un colloquio occorre “il permesso del giudice del tribunale di sorveglianza”. Il giorno successivo il padre riesce ad ottenere il permesso ma manca ancora il visto. Giovedì 22 ottobre Stefano muore alle 6.20 di mattina. La certificazione medica parla di “presunta morte naturale”. La madre viene informata mentre il padre è a Regina Coeli a chiedere il visto per una visita. Quando riu-

Il ragazzo, 31 anni, è deceduto nel reparto detentivo dell’ospedale Pertini di Roma sei giorni dopo il suo arresto

In alto e a destra, le immagini di Stefano Cucchi diffuse dalla famiglia In basso, Federico Aldrovandi

sciranno a vederlo ciò che gli si presenterà è raccontato dalle foto. L’inchiesta Al momento è stata aperta un'inchiesta d’ufficio. Il legale della famiglia, Fabio Anselmo, (già avvocato del caso Aldovrandi) spiega che “l’atto di morte è stato acquisito dal Pm, per cui non abbiamo in mano nulla se non queste foto e un appunto del nostro medico legale”. L’avvocato, poi, precisa molte volte che “noi non accusiamo nessuno. Non

I poliziotti di “Aldro” sono ancora in servizio PARLA LA MADRE DEL RAGAZZO DI FERRARA UCCISO DALLE PERCOSSE di Federico Mello

opo la morte di Stefano Cucchi, la meDFederico moria va inesorabilmente alla vicenda di Aldrovandi. A parlare oggi è la madre di Aldro, Patrizia Moretti: “È gravissimo ci dice - che alla famiglia di Stefano sia stato impedito di vedere il proprio figlio in ospedale. Anche per il caso di Federico fu così: sperano che la famiglia non reagisca, si disperi e alla fine si rassegni”. Ma è stato proprio l’esempio di Patrizia a non far scivolare nella rassegnazione i familiari di Stefano Cucchi: hanno scelto lo stesso avvocato che ha difeso la memoria di Federico e si sono sentiti con Patrizia. “Sono loro vicina – ci dice lei – e se loro sono riusciti ad ottenere subito attenzione forse è anche grazie alle nostre denunce sul caso di Federico”. Il caso di Aldro è ancora una ferita aperta. “Io sto ancora aspettando che mi chiedano scusa” denuncia Patrizia. Federico, diciotto anni, fu ucciso a Ferrara da quattro poliziotti, il 25 settembre 2005. I quattro agenti lo scorso

luglio sono stati condannati in primo grado ma sono ancora al loro posto: “Sono in servizio – ci spiega Patrizia – perché il regolamento di polizia prevede che non vengano sospesi dal lavoro fino al terzo grado di giudizio. Ma come si fa a dire una cosa del genere? Se il regolamento è questo, vuol dire che è sbagliato. È come una licenza di uccidere”. Federico fu fermato di notte, nella sua Ferrara, nel parchetto di casa, un “luogo familiare” dove i genitori lo portavano da piccolo. Dopo la sua morte per tre mesi scese un silenzio tombale sulla vicenda, “un muro di gomma della stampa locale che si limitava a riportare i bollettini di polizia”. Aldro aveva assunto delle droghe ma, si è dimostrato in tribunale, in quantità tali che in nessun modo avrebbero potuto ucciderlo. Ad ucciderlo furono invece le percosse subite durante il fermo (agli atti ci sono addirittura due manganelli rotti) e il ritardo con il quale fu chiamata l'ambulanza. “Dopo la morte su mio figlio hanno cercato di dire le cose peggiori - dice la madre - scrissero

che era morto un drogato, da solo su una panchina. Ma Federico era splendido, solo un ragazzo diciotto anni, forse in assoluto niente di particolare, ma era il mio tesoro. Noi - racconta ancora la madre - siamo rimasti zitti fidandoci del questore e aspettando indagini. Ma intanto all'interno della questura stavano lavorando in senso opposto” (anche sul depistaggio ora è stata aperta un’altra inchiesta). Dopo tre mesi una breccia “nel muro di gomma” si apre solo quando Patrizia apre un blog. Il primo post, del 2 gennaio 2006, s’intitola semplicemente “Federico”. Si racconta la vera dinamica della morte di Aldro, quella che poi verrà confermata in tribunale. Dal blog la vicenda diventa pubblica. “Senza Internet non avremmo mai potuto far venir fuori le responsabilità. Quello che abbiamo fatto ci è costato veramente tanto. Ma in questi casi o si trova il coraggio di parlare o ci si arrende”. Patrizia non si è arresa. E anche i familiari ora chiedono quanto andrebbe garantito a tutti i cittadini in un paese civile: verità e giustizia.

c’è nessuna denuncia. Chiediamo di non leggere le notizie sui giornali ma di essere informati come parte offesa e di risparmiare alla famiglia un processo su quello che è stato Stefano, invece di indagare solo sull’ultima settimana della sua vita”. Il prossimo passo sarà la costituzione di un pool di medici esperti in grado di “vagliare criticamente il poco materiale che abbiamo”. Reazioni Anche il Parlamento si è mobilitato. All’iniziativa di ieri hanno aderito politici di tutti gli schieramenti: I radicali Rita Bernardini, Emma Bonino e Marco Perduca, Gianrico Carofiglio, Felice

Casson e Livia Turco del Pd Flavia Perina, Renato Farina, Gaetano Pecorella del Pdl e molti altri. “Cose di questo genere -ha detto Perina- succedono nel far west e non in uno Stato di diritto”. Secondo Bonino, “è in gioco la credibilità delle istituzioni. Lo Stato deve rispondere all’opinione pubblica". Farina, che ha visitato il nosocomio, ha riferito infine di "una struttura peggio del carcere". E ha ricordato ai familiari di chi vivesse storie simili di provare sempre a contattare i parlamentari perché sono gli unici che possono entrare in carcere e ottenere informazioni senza bisogno di protocolli.


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A Teramo la Procura indaga per un presunto pestaggio

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a procura di Teramo ha aperto un fascicolo sul caso del presunto pestaggio di un detenuto rinchiuso nel carcere di Castrogno, da parte di alcuni agenti della polizia penitenziaria. Il sostituto procuratore David Mancini ha disposto l’acquisizione dei supporti magnetici su cui sarebbe stato registrato il colloquio tra alcuni

agenti che raccontavano l’episodio, che si sarebbe verificato in presenza di altri detenuti. Nella conversazione, registrata con un telefono cellulare, si sente il dialogo concitato tra due dipendenti del penitenziario, che parlano dell’errore commesso nel “farlo in sezione” e non lontano dalle celle. L’audio è stato recapitato in una busta, per posta, con una

“Le nostre camere di sicurezza non sono alberghi a 5 stelle” LA DIFESA DEI CARABINIERI: ERA DEBILITATO di Silvia D’Onghia

oi rispondiamo di quello che abbiamo fatto, abbiamo un referto medico che dice che il ragazzo ha rifiutato le cure sul posto e l’accompagnamento in ospedale. Se avesse voluto sfuggire ad eventuali percosse sarebbe andato con l’ambulanza, non crede?”. A difendere l’Arma dei carabinieri è il maggiore Paolo Unali, comandante della Compagnia Roma Casilina, i cui uomini, nella notte tra il 15 e il 16 ottobre, hanno arrestato Stefano Cucchi. Unali fa sapere che un’istruttoria interna è già stata avviata, ma che non c’è nulla di cui aver paura. “I dubbi ci devono comunque venire, e per questo abbiamo verificato la posizione degli uomini. Ma sul comportamento dei militari, a livello disciplinare, non so-

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no emerse responsabilità. Anche se il vaglio interno è sempre in atto. A livello penale, aspettiamo il lavoro della magistratura. Noi non ci possiamo sostituire ai giudici”. Il maggiore ricostruisce quanto accaduto quella notte, “quelle poche ore in cui abbiamo avuto in consegna il soggetto. Lo abbiamo fermato a tarda notte e, dopo una perquisizione domiciliare, l’abbiamo trattenuto. Intorno alle 3 di notte, il ragazzo ha avuto un malore e abbiamo immediatamente chiamato l’ambulanza”. Poi, una precisazione per lui fondamentale: “Cucchi ha rifiutato le cure sul posto e l’accompagnamento in ospedale. Anzi, ha chiesto di lasciarlo dormire. E’ tutto scritto nel referto medico: le convulsioni, il tremore e, se non ricordo male, un malore diffuso. Nessun segno, nessun ematoma,

niente di anomalo. Se avesse voluto sfuggire a presunte percosse, si sarebbe fatto portare in ospedale”. Il referto medico, consegnato alla Procura, è delle 5. Poche ore dopo, Stefano è stato svegliato e accompagnato in Tribunale per il processo per diret-

“Lo abbiamo trattenuto poche ore poi lo abbiamo consegnato alla penitenziaria”

MORTE DI UN TENENTE

QUANDO LO STATO FA TARDI CON LA GIUSTIZIA C erto, i più cattivi direbbero che da queste parti sono abituati a certe “latitanze”. E però certe notizie non aiutano. Pagani, provincia di Salerno: qui nel giugno del 2008 un tenente dei carabinieri è stato ammazzato durante una rapina con sparatoria all'ufficio delle poste. Si chiamava Marco Pittoni e aveva 33 anni. In quei giorni il cordoglio d’ordinanza arrivò a fiumi, l'Arma, la politica, la caccia l'uomo... La “risposta delle istituzioni”, come la si chiama in certe circostanze. Un anno e mezzo dopo però la scena è un'altra. Al processo contro i banditi che si sta celebrando in questi giorni lo Stato - semplicemente - non c’è. Non ha fatto in tempo. La richiesta di costituzione di parte civile avanzata dall'Avvocatura di Stato infatti è stata respinta perchè presentata in ritardo.

tissima. In aula, ha raccontato la famiglia del ragazzo, aveva però gli occhi tumefatti. “Io non sono un medico, non so cosa possa essere successo - spiega ancora Unali - ma il ragazzo aveva dormito solo poche ore. E comunque le nostre camere di sicurezza, che sono quelle regolamentari, non sono certo un albergo a cinque stelle. Poi stiamo parlando di un ragazzo debilitato, di uno che aveva avuto problemi di tossicodipendenza e che, a 30 anni, pesava 40 chili. E comunque è arrivato in tribunale con le sue gambe e ha partecipato all’udienza. Era lucido. Del resto, se avesse avuto qualcosa da dire, lo avrebbe detto”. Eppure il padre lo ha sentito chiedere in aula perchè gli fosse stato assegnato l’avvocato d’ufficio e non il suo legale di fiducia. “Non ne so nulla, non ero lì - prosegue il maggiore - so soltanto che lui non ha lamentato accuse nei nostri confronti. Del resto ci sono i verbali di udienza”. Cosa può dunque essere accaduto a Stefano Cucchi, morto dopo sei giorni nel reparto detentivo dell’ospedale Pertini, con la sua famiglia completamente all’oscuro di tutto fino al momento dell’autopsia? “Non lo so -conclude Unali- noi lo abbiamo “trattato” solo per poche ore. Poi lo abbiamo consegnato alla polizia penitenziaria”. Ma neanche la polizia penitenziaria sembra saperne nulla. “I colleghi si sono limitati al servizio di controllo e vigilanza che spettava loro per legge - risponde Donato Capece, segretario generale del Sappe (il sindacato della penitenziaria) - anche perchè era in un ospedale, sotto il controllo dei medici. Questo esclude qualsiasi tipo di intervento. In ogni caso ci auguriamo che la magistratura faccia piena luce su questa vicenda. Se c’è qualcuno che ha sbagliato, è giusto che paghi. Ma non credo che la polizia penitenziaria abbia agito contro la legge”.

lettera di accompagnamento a firma di un anonimo detenuto, “stanco delle vessazioni all’interno del carcere”. Considerando il divieto di detenere cellulari, si ipotizza che la conversazione sia stata registrata da un’altra guardia. In una nota, il sindacato di polizia penitenziaria, Sappe, ha preso le distanza da quanto accaduto difendendo i colleghi coinvolti.

PERUGIA

DUE PROCESSI PER IL DECESSO DI ALDO BIANZINO ha il diritto di farti pagare gli errori commesNvonosi.essuno Aspetto verità perché queste vergogne non depiù succedere”. Forte, determinata, caparbia. Gioia è l’ex moglie di Aldo Bianzino, il falegname 44enne trovato misteriosamente morto nel carcere Capanne a Perugia il 14 ottobre 2007. Era stato arrestato due giorni prima, nella sua casa di campagna vicino Città di Castello, per coltivazione e detenzione di marijuana. Viene subito portato nel penitenziario, dove 48 ore dopo muore. Apparentemente per cause naturali. Caso chiuso. Non per la famiglia e gli amici di Bianzino che chiedono subito un’autopsia che, eseguita dal medico legale Lalli, rileva “lesioni viscerali di indubbia natura traumatica (lacerazione del fegato) e una vasta soffusione emorragica subpiale, ritenuta di origine parimenti traumatici”. Le percosse avrebbero poi generato un aneurisma. “Hanno provato subito ad insabbiare il caso, per fortuna non ci sono riusciti - ricorda Gioia - Aldo è morto per le violenze subite”. E un suo interrogatorio al comando non risulterebbe nel registro degli spostamenti. Inizia così l’iter giudiziario. Due processi. Il primo vede imputato per omissione di soccorso la guardia carceraria che la notte del 13 ottobre non sarebbe intervenuta quando Bianzino, in preda ai dolori, chiedeva disperatamente aiuto. Mercoledì scorso il pm e il gup hanno rigettato il rito abbreviato chiesto dal legale dell’agente. Il secondo procedimento è per “omicidio volontario da parte di ignoti”. Prima udienza fissata l’11 dicembre. “E’ un caso di depistaggio”, attacca il “comitato verità per Aldo”, che il 10 novembre 2007 ha organizzato una manifestazione a Perugia, cui hanno partecipato migliaia di persone, e un blog. Per rompere il muro del silenzio. Su Facebook esiste il profilo “Giustizia per Bianzino” con più di mille iscritti. Anche Dario Fo, Franca Rame e Beppe Grillo si sono occupati della vicenda, contro “qualsiasi insabbiamento”. Ma il caso Bianzino non è isolato. A Livorno nel 2003 muore Marcello Lonzi, ventinove anni. La prima autopsia parla di cause naturali, la seconda invece, richiesta dai familiari, riconosce la presenza di abusi evidenti, quali numerose vergate sul corpo del ragazzo. Così si è esposto il magistrato: “Le indagini continuano senza sosta (...), su questa triste vicenda vogliamo andare fino in fondo”. Al momento sotto processo sono due agenti di polizia penitenziaria e un detenuto del carcere livornese, imputati di omicidio. Altra morte “sospetta” avviene nella casa circondariale di Genova il 20 luglio 2008. Intanto un dossier dell’associazione Antigone rileva che “tante sono le denunce di detenuti contro gli agenti di polizia penitenziaria”. A Parma, Torino, Milano, Lecce sono in corso processi, con gli imputati accusati di violenza privata e lesioni aggravate.

Il falegname fu trovato senza vita nel carcere Capanne il 14 ottobre 2007


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Così è stato espropriato il Parlamento

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LA CRISI DELLA POLITICA

n una settimana di Aula quattro ore nette di lavoro. Con questa constatazione il Fatto, il 15 ottobre, apriva la sua campagna contro il congelamento del Parlamento. Lo svuotamento delle funzioni di Palazzo Madama e di Montecitorio, però, non era il frutto di un destino cinico e baro, o di una calamità naturale. Ma il prodotto di un disegno

scientifico. Concentrare tutti i poteri nelle mani dell’esecutivo, spostare il baricentro del potere dal Parlamento a quello di Palazzo Chigi. I dati e i numeri erano eloquenti: i deputati lavorano in media 27 ore al giorno, su 102 leggi approvate fino ad ora dall’inizio della legislatura, ben 87 sono di iniziativa governativa. Il che vuol dire che il 90 per cento delle leggi vengono dal governo.

Infine, l’ultimo dato, il più eloquente: quelle 15 sparute leggi approvate dal parlamento, sono il prodotto di 4.200 testi presentati dai deputati. Anche a Palazzo Madama i numeri non sono molto diversi: un senatore lavora in media 9 ore a settimana. Un parlamento così, purtroppo non serve a nessuno: viene trasformato in una fabbrica di carta.

IL GOVERNO CONGELA MONTECITORIO FINI ACCUSA IL GOVERNO Il presidente della Camera: “Le leggi di iniziativa parlamentare bloccate in Commissione senza copertura” Gianfranco Fini

di Luca Telese

(FOTO GUARDARCHIVIO)

In basso la prima pagina del nostro giornale del 14 ottobre in cui “Il Fatto” denunciava la settimana di 4 ore di lavoro della Camera

a settimana prossima tutte le sedute calendarizzate non avranno luogo”. Sembra uno scherzo, o un messaggio surreale. E', invece, l'sms che i deputati hanno ricevuto ieri sui loro telefonini. L'ennesimo di una serie, l'ultimo atto di una brutta storia. La notizia in fondo è tutta qui: Montecitorio non lavora, perché le scelte del governo gli impediscono di approvare e discutere le proposte di legge di iniziativa parlamentare. E' una sintesi esplosiva, per una paese che vanta di avere una democrazia parlamentare. Ed è dirompente se a farla – più o meno in questi termini - non è un esponente dell'opposizione, ma il presidente della Camera Gianfranco Fini, che si rivolge direttamente ad un esponente

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PARTITO DEMOCRATICO

RUTELLI, I CALCOLI SBALLATI SULL’ADDIO di Stefano Ferrante

ll’ultima chiamata Rutelli non risponde. Il Are idea faccia a faccia con D’Alema non fa cambiaal leader della Margherita. D’altra parte la vera missione dell’ex ministro degli esteri non era quella, impossibile, di fermare l’addio dell’ex leader della Margherita, ma quella di gestire la separazione, senza strappi immediati e traumatici. Chiudere con un “arrivederci”, senza scontri e scambi di accuse fuori controllo, perché nel Pd neoulivista della “vocazione alla coalizione” è scritto che chi oggi se ne va domani sarà alleato. E così le rassicurazioni di D’Alema a Rutelli sulla linea del Pd (“ che non intende tornare alla vecchia socialdemocrazia, perché anche in Europa le cose sono cambiate”) suonano piuttosto come un impegno per strade future da percorrere insieme, strade più agevoli se ci sarà magari una nuova legge elettorale sul modello tedesco, che potrebbe tornare sul tavolo se si riaprisse il capitolo delle riforme. Certo per Bersani insediarsi con l’addio di uno dei soci fondatori del Pd non è esattamente uno spot. E l’appello a restare del segretario è qualcosa di più che un atto dovuto: “ Mi auguro che la sua non sia un’uscita. Andiamo avanti non per fare un partito vecchio, ma per farne uno nuovo. Spero che Rutelli si impegni in questo” – dice Bersani. Il neoleader del Pd è preoccupato più che dalla scissione di Rutelli dagli attacchi degli oppositori interni, pronti a sventolare l’addio dell’ex leader della Margherita come il sintomo lampante del rischio di un ritorno al passato. Ma tutto sommato quelli di Area democratica, la corrente di minoranza, non si stracciano le vesti per l’addio di Rutelli, che - se restasse – diventerebbe un concorrente nella rappresentanza dell’area moderata del partito. Anche perché oggi con Rutelli andrebbero davvero in pochi. Mentre D’Alema parla con Rutelli, infatti Fioroni – uno che si è meritato dal conterraneo

viterbese e rivale dalemiano Ugo Sposetti i galloni di “ erede di Franco Marini” - contatta gli ex popolari uno per uno, tagliando l’erba attorno all’ex sindaco di Roma. E di ora in ora la schiera dei disponibili a seguire Rutelli si assottiglia. L’ultimo distinguo arriva da Enzo Carra, ex-dc dato per pronto a fare il salto verso il nuovo centro: “ Non ho niente a che vedere con episodi frettolosi come quelli di Rutelli”- ci tiene a chiarire. Perché la questione è proprio l’accelerazione che Rutelli ha voluto imprimere. Una mossa tanto repentina da far pensare che pronta a lasciare il Pd con lui ci fosse già una squadra in grado di formare gruppi parlamentari autonomi. Così non è stato. Non lo seguono neppure quelli dei tempi del Campidoglio come Gentiloni, Giachetti, e Zanda o gli ex Legambiente Realacci e Della Seta. E ogni giorno Europa – giornale un tempo vicinissimo a Rutelli prende le distanze dalla “ scelta discutibile”. Pronti a seguire l’ex leader della Margherita oggi sarebbero solo Leddi e Gustavino al Senato (Lusi, il tesoriere della Margherita, alla fine avrebbe detto ‘no’), Binetti, Mosella e Sarubbi alla Camera. Forse Rutelli ha sbagliato i conti, o forse la spiegazione è un’altra. “Non deve stupire – commenta Francesco Saverio Garofani, deputato e consigliere di Franceschini - lui è uno che ha sempre giocato da solo, ha capito che non l’avrebbero seguito e forse nemmeno gli interessa. Ha scelto di uscire adesso che i riflettori del congresso sono ancora accesi”. Più che un esodo verso il “nuovo centro” insomma sembra sempre più una traversata in solitaria.

Ieri D’Alema ha tentato di gestire la separazione Finora solo pochissimi seguono l’ex Dl

della maggioranza per denunciare il problema. Il riassunto delle puntate precedenti spiega meglio che cosa stia accadendo in queste ore. E spiega anche le denunce de Il Fatto, e l’editoriale preoccupato di Furio Colombo su questo giornale il mese scorso, il dibattito che l'Aula aveva dedicato al tema. Nulla lasciva presagire che si sarebbe arrivati a tanto. Ve lo ricordate come era iniziata la legislatura? Con la battaglia di Gianfranco Fini per difendere il parlamento all'insegna dello slogan: “Lavorare meglio e produrre di più”. Ovvero: costruire un calendario di cinque giorni invece di tre, con l'introduzione delle cosiddette “settimane bianche” per permettere ai deputati di tornare nei collegi e coltivare il rapporto con gli elettori e intensificare i lavoro in Aula. E invece? Invece ieri, il presidente della Camera è stato costretto a dichiarare la sua sconfitta e ad attaccare il governo: “Una delle ragioni per le quali non è possibile calendarizzare in Aula progetti di legge di iniziativa parlamentare – ha detto Fini - deriva dal fatto che questi non possono essere licenziati dalle commissioni per mancanza di copertura finanziaria”. Parole indirizzate al ministro Elio Vito, e rimaste, a detta dei testimoni, senza nessuna risposta. Il teatro di questo conflitto è l'organo di autogoverno del parlamento, la conferenza dei Capigruppo. Tradotte dal linguaggio tecnico parlamentare quelle parole significano concretamente questo: per dieci giorni l’attivi-

tà dell’Assemblea sarà ferma, e la prossima settimana sarà “bianca”. Deflagra, insomma, il problema dello stallo parlamentare. Dopo la riforma della legge finanziaria (già approvata dal Senato e licenziata proprio ieri dalla commissione Bilancio) dal 9 novembre l’Assemblea di Montecitorio discuterà la mozione Realacci sulla nave dei veleni al largo della Calabria, il disegno di legge sull'istituzione del ministero della Salute, mentre il provvedimen-

Ieri sms ai deputati: “La settimana prossima le sedute in calendario non avranno luogo” to sulla cittadinanza agli immigrati è stato rinviato a dicembre. Il nodo è tutto qui: visto che le leggi restano bloccate nelle commissioni, Montecitorio si concentra sulle mozioni e sui trattati. Eppure, spiega Antonio Borghesi dell'Italia dei Valori, di carne al fuoco per la prossima settimana ce n'era: "La commissione Bilancio - ha ricordato - ha lavorato fino a tarda notte per licenziare in tempo il testo sulla riforma della Finanziaria". Un ex presidente della Camera che conosce bene i meccanismi del Parlamento, Pierferdinando Casini, ha fatto ricorso ad una raffinata battuta di scarcasmo: “In calendario ci sono anche delle ratifiche di trattati internazionali, tra cui quella sulla disciplina degli animali da compagnia”. Forse ci sono altre emergenze.

STAMPA IN PARLAMENTO

Mafia, la scomparsa de “Il Fatto”

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a ieri ai già numerosi misteri di mafia che, a partire dalla trattativa, caratterizzano la storia recente del nostro Paese, se ne è aggiunto un altro: la scomparsa de “Il Fatto”. Per ignoti motivi, l’articolo di prima pagina sul presunto ricatto al premier Berlusconi lanciato dalle carceri dai fratelli Graviano, i due boss condannati per le stragi del ‘93, non è stato ripreso dalle rassegne stampa di Camera e Senato (c’era invece in quella del Viminale). Il giornale è però stato esaminato per bene dagli occhiuti addetti alla selezione dei pezzi. Tanto che nella rassegna di Montecitorio ve ne erano ben 24 ritagliati dal nostro quotidiano. Ma in fondo è giusto così. Certe cose deputati e senatori e meglio che non le sappiano. In fondo, nelle prossime settimane, devono solo riformare la giustizia. Mica le rassegne stampa.

IL FATTO POLITICO dc

I veri problemi del Pdl di Stefano Feltri

n questi giorni sono Ihanno quattro le questioni che causato problemi alla maggioranza e al governo: il ruolo del ministro dell’Economia Giulio Tremonti; le voci che circolano sulle possibili frequentazioni di uomini del centrodestra con transessuali; le candidature alle regionali 2010, in particolare nel Veneto; la condanna in appello di David Mills. Sullo sfondo resta però un nodo più strutturale e quasi impossibile da sciogliere, per come ha impostato l’azione questo governo: il rapporto tra esecutivo e parlamento. na delle ragioni per le “U quali non è possibile calendarizzare in Aula progetti di legge di iniziativa parlamentare deriva dal fatto che questi non possono essere licenziati dalle Commissioni per mancanza di copertura finanziaria”, ha detto ieri il presidente della Camera Gianfranco Fini, commentando uno stop delle attività parlamentari di dieci giorni (si ricomincia il 9 novembre). Parole che, venendo dal presidente di uno dei due rami del parlamento, possono sembrare di rito. Ma non è solo questo. C’è un messaggio chiaro al governo: i progetti di legge non superano la barriera delle commissioni e l’unica strada percorribile diventa quello dei decreti legge, da convertire subito prima della scadenza infarciti di emendamenti che sono vere operazioni di politica economica sottratte a ogni controllo del parlamento, magari con la fiducia. L’ultimo caso rilevante è quello del decreto anticrisi che, al momento della conversione, è stato arricchito dello scudo fiscale. Lo scontro con il Quirinale sull’argomento è stato sfiorato almeno due volte. uesto approccio complica QFinanziaria. l’approvazione della Una parte della maggioranza vuole ridurre l’Irap alle imprese, ma nella commissione Bilancio del Senato la proposta è stata bocciata perché non c’era la copertura finanziaria. Il risultato è che così la discussione si sposta nelle segrete stanze dove, aspettando il gettito dello scudo fiscale, si cerca una formulazione alternativa da riproporre in Aula al momento opportuno, inserita nella Finanziaria su cui è quasi inevitabile che verrà posta la fiducia. A questo pensava Fini, nella sua accusa. Anche perché, a che è servito ridimensionare il ruolo di Tremonti se tutto resta comunque deciso solo dal governo?


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Spartacus, il processo ai Casalesi arriva in Cassazione

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ITALIA CRIMINALE

l via il processo in Cassazione per i capi storici del clan dei Casalesi. La prima sezione penale della Corte di Cassazione ha fissato per il 15 dicembre la discussione dei ricorsi promossi dai difensori degli oltre 30 imputati contro la sentenza di appello Spartacus I, il processo ai Casalesi che ha confermato in pieno le condanne emesse in

primo grado dalla Corte D'Assise del Tribunale S. Maria Capua Vetere, presieduta dal presidente Catello Marano - a latere Raffaello Magi - il 15 settembre del 2005. È possibile che ci sia più di una udienza per le discussioni degli avvocati difensori. Il 19 giugno del 2008 - dopo un primo smembramento del maxi processo discusso in primo grado - era

stata emessa la sentenza d'appello che aveva accolto le 16 richieste di ergastolo formulate dal Pm ribadendo la condanna al carcere a vita per il capo del clan Francesco Schiavone "Sandokan" e Francesco Bidognetti. Lo stesso verdetto era stato dato per i super latitanti Antonio Iovine e Michele Zagaria, introvabili da oltre 14 anni.

Napoli, la legge della camorra: sangue e silenzio IL VIDEO CHOC: L’ESECUZIONE, L’INDIFFERENZA SCANDALO BONIFICHE

Scrivi Milano leggi ‘o sistema

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e indagini di Mani Pulite? Sono state come gli antibiotici. Hanno sterminato i batteri, ma hanno creato dei ceppi resistenti. Per capire quanto sia vero il paragone basta guardare la Lombardia. Ora che Rosanna Gariboldi, la moglie del potente deputato del Pdl Giancarlo Abelli, è in carcere, accusata di aver riciclato a Montecarlo i soldi del re delle bonifiche Giuseppe Grossi, si scopre che la signora aveva in ballo altri affari milionari. Come scrive “L’Espresso” era socia di due assessori regionali cari a Silvio Berlusconi: Massimo Buscemi (Reti e Servizi) e Massimo Ponzoni (Ambiente, cioè il settore che interessa a Grossi). I tre, assieme a un vice-coordinatore Pdl di Como, stanno costruendo palazzi in tutta la regione. Senza tangenti, sia chiaro. Perché oggi per far soldi la corruzione non serve più. Basta la politica.

La sequenza del video diffuso dalla procura di Napoli: la vittima di fronte al bar, il killer che arriva e fa fuoco

di Enrico Fierro

n omicidio avvenuto a maggio. Un'ammazzatina “normale” nella Napoli-Baghdad di sei mesi fa. Sei mesi di silenzio. Hanno ucciso di giorno, davanti a un bar affollato, con tante gente che passava. Decine di occhi hanno guardato. Ma non hanno visto il killer a volto scoperto sparare e andar via. Le bocche sono mute. Ora la procura antimafia della citttà spera che diffondendo il video dell'omicidio numero 32, qualcuno si faccia avanti. Offra un indizio. Merce rarissima sotto il Vesuvio dell'omertà. Basta vedere le immagini. Siamo alla Sanità. Era il quartiere di Totò, ma ora tra questi vicoli, con i banchi delle sigarette di contrabbando che vengono dalla Polonia, le bancarelle cinesi di “Dolce & Gabbana” finte, nessuno ride più. Le voci non sono più le stesse (una volta i vicoli avevano una loro musica). Le facce sono

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cattive. E i bar non si chiamano più così, ma tutti “antica caffetteria” anche quando sono lerci e il caffé fa schifo. Nei retrobottega si consuma la vita con le slot machine, fuori si spendono chiacchiere. L'11 maggio, e sono da poco passate le quattro del pomeriggio, Mariano Bacioterracciano passa la sua “controra” fumando davanti alla “caffetteria”, ovviamente antica, della Sanità. È appoggiato ad una cassa di acque minerali a vedere la gente che passa. Un uomo dal volto scoperto si appoggia al muro poco distante. Camicia bianca, occhiali. Dicono che sia il “palo”. Il suo “lavoro” è quello di indicare l'obiettivo al killer. La camorra a Napoli ha una rigida divisione dei compiti. La tecnica del “palo” è semplice, quando passa il killer deve lanciargli uno sguardo. Mariano continua a fumare e non vede entrare quell'uomo col cappellino nero in testa e il bomber abbottonato fino al collo.

Omicidio dello scorso maggio: il killer fa le corna, la passante alza la testa del morto e se ne va L'uomo fa un giro rapido nel retrobottega e non guarda neppure quelli che giocano a poker alle macchinette. Fuori, una donna tenta la sorte con una gratta e vinci. Il killer esce, la donna è andata via, il venditore di sigarette no. Si apposta alle spalle della sua vittima, spara un colpo, poi altri tre. Velocemente. L'ultimo alla nuca. Con la destra. Con la sinistra fa le corna. L'ultimo sfregio al morto. Poi va via. Ora il cadavere è sul marciapiede, un pezzo di Napoli dove la vita scorre come prima. Indifferente al morto e ai colpi sparati. Il venditore racco-

glie le sue sigarette e se ne va. Un papà passa velocemente con la figlia in braccio. Una donna si avvicina al “muort'accise”, gli tira su il volto prendendolo per la camicia, forse per accertarsi che la vittima non sia cosa sua, non gli appartenga. Non lo conosce. Si tranquillizza e lascia ricadere la testa dell'uomo sul marciapiede. Dal bar la gente esce di fretta. Neppure uno sguardo. Napoli ha perso la pietà. Il resto è cronaca dell'indifferenza. Nessuno ha visto, nessuno ha segnalato. Mariano Bacioterraccino, uomo del clan di Peppe Misso, “'o lione”, è stato ucciso per una vendetta, forse per una donna che non doveva toccare. Non è questo che conta. Conta Napoli, città senza speranza. Groviglio di un popolo dolen-

te (duemila abitanti per km quadrato, la più alta densità abitativa d'Italia, tra le più alte d'Europa) che non riesce più a coniugare il suo futuro. Comanda la camorra. Nei quartieri-stato della città, nelle enclave di Casal di Principe e del Nolano. Detta legge, con la violenza esercita il controllo del territorio, impone tasse e fa politica, sceglie candidati e se li elegge. È facile immaginare come reagirà a questo video il mondo politico napoletano. Tutti si indigneranno, tutti invocheranno il civismo degli abitanti di partenope. Gli stessi che a Castellammare non hanno visto che il loro partito, il Pd, tesserava camorristi e malacarne, gli stessi che fanno finta di non sapere che cinque pentiti di camorra indicano come referente dei clan Luigi Cosentino, l'uomo che il Pdl si appresta a far eleggere governatore della Campania. Gli stessi che hanno posato gli occhi su Gomorra. Ma non hanno visto.

Influenza A, le vittime ora salgono a 12 QUATTRO DECESSI IN DUE GIORNI A NAPOLI. ALTRI A FERRARA, MILANO E RIMINI uove vittime dell’influenza A. NNapoli, Quattro persone sono morte a tutte ricoverate all'ospedale Cotugno, due donne sono decedute a Milano e Rimini, un nigeriano a Ferrara. E così il numero complessivo dei decessi in Italia sale a dodici. Nel capoluogo partenopeo a distanza di due giorni dal medico Claudio Petrè, sono morti Francesco Esposito (64 anni), il cinquantenne Marcello Calì e un secondo medico, Eugenio Campanile di 73 anni. Erano tutti ricoverati al Cotugno. A Roma è deceduta una donna di 74

anni, a Rimini una 43enne, a Ferrara un nigeriano di 26. Ma i medici insistono: il virus H1N1 è solo una concausa perché tutti i deceduti avevano un quadro clinico già compromesso. Intanto il vice ministro alla Salute Fazio indica che l'Italia, con la Spagna, è il Paese più colpito dal virus in Europa. Nel capoluogo partenopeo, le condizioni di Esposito erano già gravissime al momento del ricovero e il decesso è avvenuto dopo un'ora. Aveva una polmonite diffusa e un referto di broncoaspirato per miceti. Nella notte

invece non ce l’ha fatta Marcello Calì, siciliano, arrivato dal carcere di Poggioreale dove era detenuto dal '90 dopo la condanna per violenza sessuale su una bambina di 6 anni e omicidio. Era stato ricoverato martedì sera. Calì era gravemente obeso, diabetico e affetto da broncopneuomatia cronica ostruttiva e cardiopatia post ischemica. L'ultima vittima, Eugenio Campanile, era direttore sanitario di una casa di cura privata a Portici. Anche lui soffriva di broncopneumopatia cronica ostruttiva, una patologia molto pe-

ricolosa, soprattutto per le persone anziane. C'è anche la prima vittima in Lombardia: una donna di 74 anni, ospite a Cernusco sul Naviglio (Milano). Primo caso letale anche nel Rimine: mercoledì è deceduta per grave insufficienza respiratoria una paziente di 43 anni che presentava fattori di rischio preesistenti ed era ricoverata da alcuni giorni nel reparto di rianimazione. Infine a Ferrara è morto un ventiseienne nigeriano, era in Italia da tre anni in Italia e viveva in Veneto.

Stato-Mafia

CIANCIMINO JR CONSEGNA IL PAPELLO VERO Ciancimino. Ieri Ale delncora ha consegnato l’origina“papello” sulla trattativa stato-mafia ai pm Antonio Ingroia, Nino Di Matteo e Paolo Guido. Agli atti sono finiti circa 40 documenti, tra lettere di don Vito e altre carte. Ieri il figlio di don Vito ha anche fatto nuove rivelazioni. Durante l’udienza a porte chiuse nel processo per cui è accusato di riciclaggio - il figlio di don Vito ha lanciato nuovi messaggi. Il primo: consegnerà ai magistrati una lettera del padre da lui rinvenuta, e contenente valutazioni su un presunto tradimento di cui sarebbero rimasti vittima Borsellino ed egli stesso, arrestato a Roma nel 1992, pochi giorni prima della cattura di Riina. Ciancimino jr. si è poi dedicato a valutazioni sulla sua vicenda personale. “Ci sono molti fatti strani: atti che non vengono trasmessi alla corte d’appello, intercettazioni divenute irrilevanti e non trascritte. Voglio essere condannato per quello che ho fatto e non per quello che non ho fatto". "Il processo di primo grado - ha aggiunto - è basato su una posizione pregiudiziale di colpevolezza nei miei confronti. Perché hanno processato soltanto me e invece non hanno mai chiesto niente ai miei fratelli?".

Premio Borsellino

MASTELLA MR. GIUSTIZIA, ANZI NO a ve lo immaginate CleM mente Mastella che parla e filosofeggia di legalità e giustizia nell'ambito del XIV° Premio Nazionale Paolo Borsellino, che si svolge ogni anno in Abruzzo? Beh, potete non farlo. Il ceppalonico europarlamentare, dopo l'inchiesta che ha mandato in esilio la sua Signora, ha creduto fosse meglio annullare la presentazione della sua opera maxima, "Non sarò Clemente", prevista per stamattina (per redattore venerdì 30) a Teramo. Un premio che negli anni passati aveva ospitato, tra le grandi personalità del mondo della lotta alla mafia, anche Piero Marrazzo, oggi decisamente indisponibile. "Dopo la bufera giudiziaria l'onorevole Mastella ha preferito rinunciare" hanno fatto sapere gli organizzatori, che non vedono dove sia lo scandalo: "Avrebbe detto la sua e sarebbe stato interessante sentirlo". Già. Pare che il sottotitolo del premio, "dieci giorni per la legalità", nel frattempo si fosse autosospeso in via cautelare. b.cal.


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E Palermo trasmette una video-intervista di Paolo Borsellino

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GIUSTIZIA

n video con un'intervista di Paolo Borsellino, rilasciata nel 1991, ha aperto l'assemblea dell'Associazione nazionale magistrati del distretto di Palermo. “Borsellino già 18 anni fa - ha detto il vicepresidente nazionale dell'Anm, Gioacchino Natoli - indicava dei problemi che sono rimasti incancreniti e mai risolti. La straordinaria attualità

del suo messaggio è tale che possiamo dire che l'intervista sembra fatta ieri. Con pacatezza e riflessione, propri di Paolo, non possiamo comunque rinunciare alla fermezza”. All’assemblea è intervenuto anche Nino Di Matteo, Pm del "caso Ciancimino”: “È in corso un attacco ai principi costituzionali e non possiamo farlo passare senza avere speso ogni energia”. Ma assemblee sono

state orgaqnizzata in tutta Italia. Al palazzo di giustizia di Cagliari, hanno approvato a maggioranza un documento con cui chiedono alla giunta nazionale del sindacato delle toghe di fissare uno sciopero della categoria; a Napoli: “Le toghe sono rosse, oltre che per il sangue versato - rilancia il segretario Tullio Morello - per la passione civile, mai per la vergogna che restituiamo al mittente”.

I magistrati rispondono a B. “I tribunali non sono sezioni di partito” ASSEMBLEE IN TUTTA ITALIA PER GLI ATTACCHI DEL PREMIER di Antonella Mascali

oteva restare a Roma, o andare in un altro dei 26 distretti giudiziari dove ci sono state ieri assemblee straordinarie dei magistrati, ma Luca Palamara, presidente nazionale dell’Anm, ha scelto Milano. La sua presenza nell’aula magna del palazzo di giustizia, è stata la rappresentazione della stanchezza delle toghe di essere accusate di fare lotta politica ogni qual volta le inchieste o le sentenze toccano il Premier e i suoi amici. “La mia presenza a Milano - ha detto Palamara vuole esprimere la vicinanza di tutta la magistratura ai colleghi di questo distretto chiamati ad occuparsi di delicate indagini” e attaccati. Riferendosi all’ultima uscita di Berlusconi, sui magistrati di Milano comunisti, ha aggiunto: “I pm non possono essere distinti tra rossi e neri”, invece negli ultimi giorni “sui giornali e sulle televisioni” si arriva ad affermare che “i tribunali sono sezioni di partito”. Poi Palamara, che ha respinto “ogni tentativo di intimidazione”, ha voluto dedicare “un pensiero speciale al giudice

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Raimondo Mesiano, oggetto di un’intrusione nella sua vita privata inaccettabile”. Affrontate anche le riforme del governo Berlusconi “i magistrati dicono no a riforme di carattere punitivo, che limitano l’autonomia della magistratura, come la separazione delle carriere e un Pm dipendente dall’esecutivo”. Quanto all’ipotesi dell’avvocato-parlamentare, Niccolò Ghedini, di far trasferire a Roma i processi per la alte cariche dello Stato, il presidente dell’Anm non ha dubbi: “È una riforma che non serve ai cittadini, contraria al principio costituzionale del giudice naturale”. In platea tanti magistrati, assenti però quelli attaccati frontalmente da Berlusconi. Non c’era Nicoletta Gandus, presidente del collegio Mills, definita dal Premier, “nemico politico”, non c’era Fabio De Pasquale, il Pm dei processi Mills e Mediaset, definito “un magistrato che agisce per fini politici”, non c’era il giudice

“Il quarto stato”di Giuseppe Pellizza da Volpedo, di Roberto Corradi. A destra, Luca Palamara (FOTO ANSA)

Mesiano. “Per opportunità”, ci hanno detto un paio di colleghi. Le assemblee sono state decise il 17 ottobre scorso sull’onda del linciaggio mediatico contro il giudice che ha condannato la Fininvest. In assemblea ha parlato invece, Edmondo Bruti Liberati, definito da Berlusconi il magistrato più pericoloso d’Italia, quando era alla guida dell’Anm. Non ha fatto mancare il suo proverbiale sarcasmo: “Mi è giunta notizia che tra le schede prepa-

ratorie della prossima edizione del dizionario Devoto-Oli ve n’è una di questo tenore: Toga rossa (neologismo) magistrato, giudice o Pm, indipendente ed imparziale”. Un altro magistrato milanese, Fabio Roia, consigliere del Csm, ha parlato di degrado: “Non può il presidente del Consiglio, delegittimare la magistratura del suo Paese, è incompatibile con la cultura di un uomo di Stato. Con Mesiano siamo arrivati al dossieraggio, segno ul-

Il ministro La Russa e l’attesa fiduciosa del suo test anti-droga di Monica Raucci

artedì sera a Ballarò Ignazio La Russa era una furia: “Io non M ci sto a dire che siamo tutti uguali. Invito tutti i parlamentari a fare il test antidroga”. “Metterò in rete la lista di chi non lo farà!”. E ancora: “Io domani lo farò. Io domani lo farò!” Urca Ignazio, bravo. E poi, come se non bastasse: “Sfido a venire a fare l’esame del capello per vedere se negli ultimi 6 mesi hai assunto droga o meno”, si accese in una vibrazione pilifera. “E non il test del tampone che vede se uno non si è drogato solo negli ultimi tre giorni” (n.d.r.: il test del tampone era quello che era stato fatto dal programma le “Iene” sui parlamentari. Il programma, che aveva scoperto che un onorevole su tre aveva fatto uso di stupefacenti, ha dovuto pagare una multa di 15mila euro per aver leso l’onorabilità del Parlamento). “E non dopodomani, domani!”, ha ribadito con la chiarezza di chi spacca il capello in due. Bravo La Russa, così si fa. Andiamo a fare il test, subito. Ti accompagniamo noi de “Il Fatto Quotidiano”. E così il giorno dopo, ossia mercoledì, alle ore 12.00, chiamiamo il Ministro della Difesa sul cellulare personale. Ma risponde il suo ufficio stampa. Gli spieghiamo che ci offriamo di accompagnare il Ministro a fare il test. “Eh ma non so se può, oggi. È molto, molto impegnato”. Sì ok, ma ci vuole un minuto, andiamo e torniamo. Ci promettono di farci sapere il prima possibile. Ore 13.33, non ci telefona nessuno. Richiamiamo noi. Ci risponde la sua assistente personale. “Il Fatto chi?”. Il Fatto,

Martedì sera a Ballarò l’esponente del Pdl aveva lanciato la proposta. Ancora inevasa

teriore del degrado della vita politica”. E sulle riforme: “La sofferenza della giustizia” è destinata a continuare “se gli interventi legislativi sono mossi da interesse personale”. Non a caso, Roia, ha ricordato una norma contenuta nella riforma del processo penale, bocciata dal Csm: l’inutilizzabilità di una sentenza definitiva in altri processi, eccetto per quelli di mafia. Un “codicillo” utile per l’imputato Silvio Berlusconi. Se David Mills sarà condannato anche in Cassazione, quella eventuale sentenza, attualmente sarebbe utilizzabile e peserebbe sul suo processo. Dopo l’assemblea il procuratore aggiunto, Alfredo Robledo, “ orgoglioso di appartenere al Tribunale di Milano”, si è schierato contro un eventuale sciopero, “ perché sarebbe come cadere in un tranello della comunicazione“, e ha espresso la linea che la magistratura dovrebbe tenere di fronte all’attacco ossessivo di Berlusconi:”noi magistrati siamo più temuti che rispettati perché la giustizia non funziona. Allora dobbiamo ripetere, anche all’infinito, che il problema è rappresentato dal Parlamento, presente e passato, che non ha mai fatto

suvvia che ci conoscete. Vogliamo parlare con il Ministro. “Ora è in riunione non può. E dopo ha da fare. La vedo difficile fare il test oggi”. No guardi, l’ha detto lui che voleva farlo oggi, mica ce lo siamo inventato noi. Insistiamo per parlarci. “Vediamo se riusciamo a trovare un buco. Vi telefoniamo appena sappiamo qualcosa”. Ore 15:00, niente. Richiamiamo noi. “Sì?” Questa volta è lui a rispondere, La Russa, con quel suo accento inconfondibile. “Siamo de Il Fatto”. “Non posso in questo momento”. Un attimo solo, Ministro… Clic. Ore 16.30 e ore 18.00, richiamiamo ma il telefono squilla a vuoto. Alle 19.00 ci risponde di nuovo una voce femminile. È un po’ contrariata. “Il Ministro anche oggi ha rilasciato una dichiarazione in cui ribadisce che farà il test e lo farà fare agli altri politici”. E sì, CONCORSO A PREMI ma quando? Aveva detto che andava fatto subito. “Va be’, subito si fa per dire. Ci vogliono i tempi tecnici. Bisogna contattare i politici e onoscevamo “Boccoli d'oro”, cioè prendere accordi con il laShirley Temple. Sapevamo delle boratorio. Vi richiamiamo “carceri d'oro” e “lenzuola d'oro”, due noi”. E in effetti ci richiamano, scandali che anticiparono un’ora dopo. È l’ufficio Tangentopoli. Ci eravamo persino stampa. Ci ricorda che qualoccupati di “Mèches d'oro”, un che anno fa La Russa fece il similgiornalista noto ai meno. Ma sulle test, e ci sconsiglia di chia“chiappe d'oro” confessiamo la nostra mare sul cellulare personale impreparazione. Eppure “Libero”, del Ministro: “Che poi si straorgano del Partito nazionale nisce”. Comunque per il test monarchico, informa che “è partita una ci faranno sapere loro. Passa anche il giorno dopo, ossia caccia frenetica ai cosiddetti 'chiappe tutto ieri, ma niente. d'oro'”. Così tale Gianguarino Cafasso, Peccato, Ministro. Era così autorevole fonte del quotidiano di piaciuta, la sua sortita tricoBelpietro e Mèches d’oro, un “pusher logica con il timer. Aspettiamo fiduciosi il test.

Dopo il caso del giudice Mesiano alcune toghe lavorano in stato d’ansia una riforma per rendere funzionale il processo”. Il presidente Palamara ha lasciato Milano senza però escludere lo sciopero:” deciderà la giunta dell’Anm – ci ha detto - nella seconda o terza settimana di novembre. Sono molto soddisfatto di questa assemblea perché ha ribadito che la magistratura non si fa intimidire”. Sicuramente la maggior parte dei magistrati milanesi si fa anche una risata, sia pure amara, di fronte agli attacchi di Berlusconi e continua a lavorare come sempre, ma non è così per tutti. Da quando il Premier ne ha promesse delle belle e i suoi giornalisti hanno indagato sulla vita privata di Mesiano, diverse toghe lavorano in uno stato d’ansia. Si spiega così il sospiro di sollievo di qualche giudice a cui non è toccato il seguito della causa civile Mondadori. E forse non è un caso il trasferimento che hanno chiesto altri giudici, dalla 10ª sezione penale del Tribunale, quella che dovrà giudicare Berlusconi, per la presunta corruzione di Mills.

di m. trav.

LE OLIMPIADI DEL GLUTEO

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salernitano” prematuramente scomparso, definiva qualche mese fa i politici clienti suoi e dei trans di via Gradoli 96. Ora che il Cafasso non può essere più preciso, si apre un concorso fra i lettori di “Libero” sui titolari degli aurei glutei. Unico indizio: sarebbero tre, uno del centrodestra, uno del centrosinistra e un celebre mezzobusto da tg. Trattandosi di un terzetto, si potrebbe anche stilare una graduatoria di tipo olimpico, con tanto di podio e premiazione: chiappe d'oro, chiappe d'argento e chiappe di bronzo. Per le facce di bronzo, concorso a parte.


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Primi di luglio del 2009: due carabinieri bussano alla porta

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SESSO E IL POTERE

l calvario di Marrazzo inizia in un pomeriggio di luglio (tra l’uno e il 4) nel seminterrato del trans brasiliano Natalie, in via Gradoli 96, a Roma. Entrano due carabinieri in servizio alla compagnia Trionfale. Viene girato un video che ritrae Marrazzo seminudo, sul tavolo c’è della polvere bianca accanto al tesserino del presidente della Regione Lazio. A metà luglio il video viene proposto da Antonio

Tamburrino, un collega degli altri due, al fotografo Max Scarfone, lo stesso del caso Sircana. Il primo settembre il video è trattato da “Oggi”. A metà settembre da “Libero”. Il 5 ottobre Tamburrino consegna il video all’agenzia Photo Masi, che lo propone a “Chi”. Per caso il Ros intercetta le telefonate in cui si parla del video e il 14 ottobre invia un’informativa in Procura. Il 19 ottobre Berlusconi, informato dalla

figlia Marina, editrice di “Chi” avverte Marrazzo. Il presidente della regione chiama Photo Masi per comprare il video, l’appuntamento è per mercoledì 21. All’alba scattano le perquisizioni, nel pomeriggio viene sentito Marrazzo che accusa i carabinieri di avergli preso 5 mila euro e tre assegni per altri 25 mila euro. All’una di notte scattano le manette per i carabinieri.

È CACCIA AL CLIENTE VIP DEI TRANS GASPARRI: CHI MI COINVOLGE DOVRÀ PAGARE Dopo lo scandalo, la Capitale è avvolta da voci su ministri, attori e calciatori. Tra questi anche l’ex esponente di Alleanza nazionale di Marco Lillo

el grande ventilatore del fango innescato dal caso Marrazzo si trova di tutto. I travestiti di via Gradoli continuano a spifferare nomi di politici, nelle redazioni dei giornali si presentano strani personaggi che millantano l’esistenza di un video su due leader che fanno sesso insieme. Transessuali a caccia di notorietà raccontano relazioni con ministri e direttori di rete. I giornalisti spesso abboccano. Pressati dai colleghi più disinvolti, aggiungono ogni volta un particolare in più, il venticello si gonfia e le responsabilità sfumano in un coro indistinto di risatine e gomitate da bar. Gli “immoralisti”, quelli che vogliono dimostrare che alla fine “sono tutti uguali”, gongolano. Il fango schizza su tutti e impedisce le distinzioni. L’ultima vittima è Maurizio Gasparri. Il capogruppo del Pdl sarebbe stato fermato in una sera dell’aprile del 1996 in una zona dove circolano molti transessuali a Roma. La notizia, senza il nome del politico, è apparsa in una lettera sul sempre informato sito internet “Dagospia”. L’autore si firmava con lo pseudonimo “Protosardo” e raccontava: “Caro Dago, come al solito ci hai preso. Al tuo riferimento ai politici di un noto ex grande partito di centrodestra che farebbero meglio a stare zitti sul caso Marrazzo, aggiungo una data: 29 aprile 1996. È in quel giorno (anzi, quella sera)

N

che un notissimo esponente di quel partito finì in una retata di clienti di travestiti a Roma e riuscì a salvarsi grazie al ‘lei non sa chi sono io’ e all'indulgenza di troppi giornalisti della capitale che da allora sanno tutto ma sono rimasti muti”. Effettivamente l’ex ministro è stato fermato in una serata nel 1996 e non ha alcun problema

“Sì è vero, ero all’Acqua Acetosa nel 1996. Andavo a una cena. E i travestiti non c’entrano” ad ammetterlo a “Il Fatto Quotidiano”. Come non ha alcun problema ad ammettere un’altra circostanza accostata maliziosamente alla vicenda da un quotidiano: Gasparri abitava in via Gradoli a pochi metri dal condominio dei trans. “Certo, tutti sanno che ho risieduto lì per dodici anni, prima in affitto e poi come proprietario. Era un appartamento che ho acquistato e poi rivenduto. Ora vivo in affitto in una zona più centrale”, spiega Gasparri, “perché, a differenza di tanti politici di sinistra, non ho

avuto la casa da un ente e ho sempre pagato il prezzo di mercato”. Il capogruppo del Pdl spera di comprare presto una casa grazie al caso Marrazzo: “Con i soldi del risarcimento che chiederò ai giornalisti che accosteranno il mio nome a questa vicenda”. Sperando di non contribuire alla nuova magione, “Il Fatto Quotidiano” gli ha chiesto lumi sulla storia di quella paletta rossa che fermò la sua automobile mentre si trovava di sera nella zona dell’Acqua Acetosa. Anche su questo racconta la sua versione senza problemi: “Stavo andando a cena in un circolo che si trova lì vicino. Come sanno tutti a Roma in quella zona ci sono il circolo dei Carabinieri, quello del Polo e tanti altri. Non vedo cosa ci sia di male. Non è colpa mia se, prima delle nostre leggi, le strade erano piene di persone che si prostituivano. Se un giornalista come lei o un politico come me va per esempio ospite di Sky, che ha gli studi sulla Salaria, incrocierà sulla sua strada decine di prostitute ma non è colpa sua. Anche nel mio caso non vedo proprio dove sia la notizia”. Gasparri non vuole entrare nel dettaglio perché non ritiene la circostanza di interesse pubblico. Una cosa però tiene a dirla: “Ci sono decine di persone che possono confermare quello che dico. Mentre non esiste nulla ma proprio nulla che colleghi quello che è successo a me quella sera a una retata di qualsiasi tipo. Mi creda non c’è notizia”.

CASO MARRAZZO

“C’È UN POLITICO DI MEZZO” E GLI INVESTIGATORI PENSANO A BERLUSCONI ensavano si trattasse di Silvio BerluscoPottobre, ni. Quando gli investigatori ai primi di mentre facevano un’indagine diversa su un traffico di cocaina, hanno ascoltato le prime telefonate intercettate nelle quali si parlava di un video e di un “presidente” ritratto in pose imbarazzanti, non hanno pensato subito a Marrazzo. Il Cavaliere non se ne abbia a male. Stavolta non c’entrano i pm comunisti. Mettetevi nei panni di chi ascoltava quelle trattative frenetiche sul video del trans con il presidente. Erano i primi di ottobre. Dopo un’estate rovente accompagnata dalle registrazioni e dalle immagini rubate a Palazzo Grazioli, c’era stata la prima puntata di “Anno zero” su Patrizia D’Addario. Sette milioni di italiani erano rimasti incollati

ANNOZERO

APPUNTAMENTO A VIA GRADOLI (ROMA) di Carlo Tecce

avvolta dal buio, spazzatura, tariffari, Lnelleuce corpi. “Annozero” mostra le facce e le voci strade oscure di Roma nord, il triangolo della trasgressione frequentato da Piero Marrazzo e dalla città che di giorno va di fretta e di notte paga per osare. La memoria all’improvviso è lucida, quasi didascalica. I transessuali sul marciapiede ricordano con nostalgia, adesso che il clamore mediatico disturba il lavoro: “Lui non si accontentava, voleva i festini e non solo per pippare. Aveva bisogno di coccole”. “A me ha dato 1.500, 2.000 euro”. Le telecamere entrano nelle case, nelle cucine vuote accanto all’alcova. Dove si nascondono i segreti: “Alcune di noi avvisano i carabinieri. Loro portavano la cocaina e chiedevano i soldi. Contanti o garanzie, si partiva da 40 mila euro. Ognuno ha il suo prezzo”. I militari arrestati controllavano la zona: non combattevano spaccio e prostituzione, ma proteggevano lo smercio della cocaina - che i trans fornivano ai clienti - in cambio di soffiate preziose. Un piano eversivo applicato con violenza: “Nicola (il maresciallo Testini, ndr) aveva un forte legame con il trans Joice, forse sarà lei la spia. Veniva qui e ci filmava durante i nostri rapporti sessuali, ci picchiava pure. Non era solo, veniva con Carlo (Tagliente, ndr). Se gli davamo delle informazioni non ci maltrattava. Sapeva di poter guadagnare qualcosa con Marrazzo”. China è il compagno di Brenda, l’altro trans che incontrava Marraz-

zo. La comunità intorno a via Gradoli è fitta e omogenea, e adesso piena di sospetti: “Se vieni pagato bene, perché deve spifferare? Qui vengono tanti personaggi famosi. Anche una donna dello spettacolo. Noi diamo affetto, sesso e fantasia”. Bambola ha lasciato la Roma travolta dalla droga: “Dai piatti di coca al posto della cena”. Forse girano altri video, forse ci sono altri politici. Due ex ministri. Bambola non fa nomi perché non c’era, ma i vizi della capitale erano già profondi: “Da me venivano tanti politici. C’era di mezzo An. Soddisfano il desiderio fanciullesco di essere posseduti. Si cade e si cerca una culla”. Annozero mette in scena due versioni dell’irruzione in via Gradoli, nell’appartamento di Natalie: nella prima, i due carabinieri in borghese bussano di mattina presto e trovano Marrazzo in mutande; nella seconda, i due entrano con la pistola e ordinano al governatore di spogliarsi. Ma ci sono nuovi elementi e nuove date in favore di Marrazzo: aveva bloccato gli assegni e il 15 luglio due giornaliste di “Libero” avevano visto il video. Tre mesi prima di Giangavino Sulas di “Oggi”: “C’è Marrazzo appoggiato a uno stipite in una stanza. Come se fosse reduce da un ko. È coperto da un camicione, bofonchia qualcosa. Sembra ci sia una discussione, perché chiede ‘giù ci sono i giornalisti?’. Poi si stacca. L’inquadratura si concentra su di un piatto con tre strisce di coca pronte. Vicino ci sono un tesserino dell’Enac di Marrazzo e una mazzetta di denaro”. Natalie è ostinata: “Solo bugie”. Troppo tardi.

allo schermo per seguire le prodezze del premier sul lettone di Putin e le polemiche sull’uso distorto del suo potere e sulla sua ricattabilità. Non bisogna stupirsi se gli inquirenti sulle prime hanno pensato che il video caliente riguardasse proprio il Cavaliere. Anche per questa ragione, l’indagine affidata agli investigatori del Ros che solitamente si occupano di cose ben più serie, è stata seguita fin dall’inizio con la massima attenzione dal procuratore capo di Roma, Giovanni Ferrara, e dal procuratore aggiunto Giancarlo Capaldo. Solo ascoltando le telefonate successive in Procura si è capito che il presidente in questione era “solo” il governatore del Lazio. Quando ai primi di ottobre è partita l’indagine, in realtà la trattativa per piazzare il video era giunta alle ultime battute. L’epilogo è noto: il 19 ottobre Marrazzo, avvertito da Berlusconi, chiama l’agenzia Photo Masi che aveva messo in vendita il filmino. Meno noto è l’inizio delle trattative: a differenza di quello che si è pensato finora, non sono state avviate da Max Scarfone, il fotografo del caso Sircana, amico di uno dei carabinieri arrestati. In realtà, il primo a proporlo a ”Libero”, come rivelato ieri ad “Anno zero”, è stato Rino Cafasso, il pusher di Natalie morto a settembre di infarto. La trattativa con Libero è una freccia nell’arco della difesa. I carabinieri hanno sempre sostenuto che il video era stato girato da Cafasso e che, solo dopo la sua morte, avevano pensato di venderlo loro. Quando il video è stato offerto a Libero, il direttore era Vittorio Feltri, che lascerà la direzione due settimane dopo. La proprietà invece era della famiglia Angelucci, titolare di un impero sanitario che dipende dalla regione Lazio per centinaia di milioni di euro di rimborsi ogni anno. m.l.

Piero Marrazzo (FOTO ANSA)

M'ILLUMINO D'INCENSO

di belfagor

NIENTE FLORIS MA OPERE DI BENE a performance del ragionier Ugo Fantozzi-Floris, sdraiato a tappetino mentre Berlusconi lo strapazza al telefono, è molto piaciuta ad Aldo Grasso. Che elogia sul Corriere “la cortesia”, “il confronto”, “l'ironia” (sic!) e il “senso di responsabilità” con cui lo zerbino ha preso le botte senza reagire, subappaltando al premier mezz'ora del suo programma (suo del premier): “le telefonate di Berlusconi fanno fare picchi di ascolti... quindi, anche a scapito di qualche insulto, ben vengano”. Dunque lo scopo del servizio pubblico sarebbe quello di fare

L

ascolti a qualunque costo. Mai “reagire alla Santoro, in tono di sfida”. Forse Grasso ricorda male. Quando il Cav. chiamò Santoro nel 2001, un anno prima di epurarlo, urlò “si contenga, lei è un dipendente del servizio pubblico!”, e Santoro non reagì in tono di sfida, ma di dignità: “Appunto, non sono un suo dipendente”. E invitò il logorroico Cavaliere a non farla tanto lunga, visto che aveva rifiutato l'invito in studio. Esattamente quel che avrebbe dovuto dire Floris, se non avesse temuto di far la fine di Santoro.


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Venerdì 30 ottobre 2009

BANCHE E POLITICA

DUELLO SULLA CRISI

Draghi dice che siamo tornati indietro di vent’anni Ma Tremonti invita all’ottimismo di Stefano Feltri

ll’ottantacinquesima Giornata del Risparmio, ieri a Roma, c’era il desiderio di archiviare la crisi. Il convegno, organizzato dalle fondazioni e dalle casse di risparmio (cioè gli azionisti delle banche), aveva per tema “Risparmio ed economia reale: la fi-

A

ducia riparte dai territori”. Un anno fa i banchieri erano ancora sotto shock per il fallimento di Lehman Brothers e le sue conseguenze, ieri si preoccupavano di “azioni di sintesi” e di “come integrare territorio e sistema-Paese”, per citare le due espressioni più usate dall’avvocato Giuseppe Guzzetti, presidente dell’Acri (Associazione

Casse di risparmio), che officiava la giornata. In altre parole, ora la priorità è definire nuovi equilibri in questa fase di fine crisi. Corrado Faissola, presidente dell’Associazione delle banche italiane, ha detto che adesso c’è un rischio maggiore per il settore finanziario italiano perché la crisi colpisce le imprese (che pagano alle banche

GIULIO TREMONTI

commissioni senza le quali è difficile sopravvivere) e non più il settore finanziario. Ma oltre ai bilanci contano le poltrone. In prima fila c’è Gianni Letta, mediatore anche nel nuovo equilibrio tra Giulio Tremonti, la Lega e Berlusconi. É quasi equidistante tra Enrico Salza, presidente del Consiglio di sorveglianza di Intesa San Paolo, e Cesare Ge-

ronzi, presidente di Mediobanca. Corrado Passera, sulla cui sopravvivenza da capo operativo di Intesa c’è qualche dubbio, è una fila più indietro. Massimo Ponzellini, potente banchiere della Popolare di Milano apprezzato da Tremonti e dalla Lega, è addirittura a metà sala. Ma nel suo caso sembra trattarsi solo di understatement.

MARIO DRAGHI

IL MINISTRO TORNA ALLE ORIGINI MA ACCUSA IL COLPO

IL GOVERNATORE PRUDENTE CHE BOCCIA LA SPESA PUBBLICA

Giulio Tremonti è arrivato alla Q uando sala del convegno, per caso o per ac-

ordine degli interventi poteva L’cuipreoccupare il ministro Tremonti, a spettava la chiusura della giornata.

corto calcolo dei tempi, ha evitato di entrare insieme al governatore Mario Draghi. L’attenzione era tutta per lui: il superministro dell’Economia che ora, dopo aver sfiorato le dimissioni, è stato ridimensionato e inserito in una cabina di regia (il comitato di politica economica del Pdl), reduce da diverse telefonate accese con Silvio Berlusconi e ormai rassegnato a veder smontata la sua Finanziaria del rigore in parlamento. “In Europa si discute di leva fiscale, ci sono esperienze positive e negative, ci sono Paesi che hanno abbassato le tasse e in contemporanea le hanno alzate”, dice il ministro concludendo con un enigmatico “l’Italia ha solo un’idea di responsabile consenso europeo”. Al termine dell’equilibrismo retorico con cui è riuscito a evitare di nominare l’Irap (che Berlusconi e mezzo governo vorrebbero ridurre) e a negare, senza essere troppo esplicito, la necessità di ridurre le tasse per favorire la ripresa, Tremonti ha bisogno di riprendere fiato. Si ferma e la platea teme che stia per crollare, visibilmente provato dalle tensioni delle ultime settimane e forse anche dall’elogio, breve ma impossibile da non notare, al lavoro fatto dal Financial Stability Board, l’organismo di coordinamento presieduto da Draghi che una volta il ministro aveva definito composto da “topi a guardia del formaggio”. Per il resto è il solito Tremonti, che recupera uno dopo l’altro i suoi temi preferiti, le metafore che ogni volta diventano titoli di giornali (c’è perfino un fugace accenno al “videogame” della crisi), un vocabolario così vasto che qualcuno tra il pubblico aggrotta la fronte, come quando il ministro elogia la “resilienza” dell’Italia. L’esordio è in latino, un “heri dicebamus” che nelle intenzioni dovrebbe bissare il successo del “silete economisti”. Segue una riflessione sul “tempo non lineare” della crisi finanziaria e “l’arbitraggio che hanno fatto i governi sul tempo” emettendo debito pubblico da ripagare in futuro per risolvere problemi contingenti. Dopo un riferimento obbligato alle capacità di tenuta dell’Italia, “in linea con altri Paesi come Francia e Germania”, si passa alla parte operativa. Tremonti rivela che l’Italia sta lavorando in via riservata con i tedeschi per una “Tabula mundi”, nuova incarnazione del Global Legal Standard tremontiano che non è mai riuscito davvero a imporsi nell’agenda G8-G20. Il ministro continua a sognare un elen-

co di buone prassi economico-finanziare da inserire in un trattato che, lo ha ripetuto ieri, diventi per il dopo-crisi quello che la conferenza di Bretton Woods fu per il secondo dopoguerra: la base di un nuovo ordine mondiale. “Della Banca del Mezzogiorno non vi parlerò qui”, Tremonti si è svincolato dal rischio di dover dettagliare la creazione per legge (scavalcando la Banca d’Italia) di un istituto di credito che competerà a condizioni di favore, perché sostenuto dallo Stato, con le altre banche. Alcuni dei banchieri in sala, esclusi i pochissimi davvero amici (Massimo Ponzellini della Bpm), hanno già manifestato la loro contrarietà. Poi il ministro ha rassicurato la Banca d’Italia che il rimpatrio dei capitali con lo scudo fiscale non sarà una mera regolarizzazione di denari illeciti già presenti nel Paese (in violazione delle norme antiriciclaggio), e ha promesso che “entro due o tre settimane” presenterà uno “schema per assistere le imprese sui territori” in cui sarà coinvolta la Cassa depositi e prestiti. In omaggio a Umberto Bossi, che gli ha garantito la permanenza al ministero, non poteva mancare un passaggio sul federalismo, “la madre di tutte le riforme che non è il progetto di una sola parte politica”.

Non parla del tema dell’Irap e con un po’ di latino recupera i suoi temi classici

(Ste. Fel)

MISTERI ITALIANI

C’era il rischio che il governatore della Banca d’Italia Mario Draghi sollevasse critiche sulla politica economica del governo a cui poi si sarebbe dovuto rispondere. Non è quasi successo, a parte un accenno all’innalzamento dell’età pensionabile (“Quello italiano è il sistema pensionistico più stabile d’Europa”, ha replicato Tremonti rimandando a un comma di un decreto di luglio che avrebbe assicurato la “stabilizzazione” della previdenza). Invece il governatore si concentra soprattutto sullo stato di salute dell’economia per dare due messaggi: la recessione è finita - il Pil ha ricominciato a crescere - ma l’Italia non tornerà ai livelli del 2007 per molto tempo, la produzione industriale è tornata “ai livelli di vent’anni fa” e il Pil “a quello di dieci”. Secondo punto: nel settore della finanza non tutto è andato posto, anche se molte cose sono migliorate. A cominciare dalla solidità delle banche: “Dati relativi allo scorso giugno indicano un miglioramento della situazione patrimoniale rispetto alla fine del 2008”, anche se i profitti sono in calo e nel medio periodo gli istituti di credito devono rassegnarsi ad “accrescere il capitale”, cioè a prestare meno denaro tenendone una percentuale maggiore immobilizzata per le emergenze. Visto che sono uscite “sostanzialmente indenni dalla crisi” adesso trasformino questa loro posizione di forza “in un beneficio nei confronti dei clienti”: riducano, cioè, i costi dei servizi bancari

di Bankomat

Guzzetti, a che titolo?

G

iuseppe Guzzetti non è un banchiere, nè un politico delegato dal popolo e questo è quasi un complimento. Avvocato in Como ed a lungo presidente Dc della Lombardia, non risulta neppure che la Fondazione Cariplo che da anni dirige per effetto di giochi di potere non chiarissimi si occupi di gestione del risparmio. Eppure da anni presiede l'associazione delle casse di risparmio, Acri, che di fatto non sono più banche da anni; e non risulta che siano più brave o competenti di altre nel gestire il risparmio. Eppure, come ogni anno, Guzzetti ha aperto e gestito la Giornata del Risparmio con piglio da ministro e attitudine alla predica degna di un Vescovo. Solo che i ministri si sa a chi rispondono e di risparmio ed economia si occupano per legge. I Vescovi pure predicano per mestiere. Ecco, una chiarezza nei ruoli sarebbe la vera svolta: a ognuno il suo mestiere. Chi risponde a chi? Chi è competente di cosa? Chi tutela chi?

che restano tra i più costosi d’Europa (114 euro in media per un conto corrente). Il discorso di Draghi, però, è stato anche politico, soprattutto in due passaggi. Il primo è un avvertimento: “La caduta in cui le nostre economie si stavano avvitando, tra la fine del 2008 e l’inizio di quest’anno, si è fermata. Siamo meno sicuri che si stia effettivamente avviando una ripresa duratura, che non poggi solo sul sostegno straordinario delle politiche economiche”. C’è il rischio che la fine della caduta, insomma, sia solo un’illusione. E quando finiranno incentivi alla rottamazione, ammortizzatori in deroga e il costo del denaro salirà, ce ne accorgeremo. Parole che arrivano nel giorno in cui finisce ufficialmente la recessione americana, con una crescita del 3,5 per cento nell’ultimo trimestre dopo un anno di riduzione della ricchezza. L’altro punto politico è sulle cose da fare con le poche risorse disponibili: “Un anno fa sottolineavo come di fronte al repentino aggravarsi della crisi fosse necessario attivare politiche di sostegno della domanda, dei redditi delle fasce sociali più colpite, pur nella consapevolezza dell’alto debito pubblico”. Oggi, invece, le priorità sono cambiate: “L’urgenza è riprendere il cammino delle riforme, per riportare il Paese, negli anni a venire, su ritmi sostenuti di crescita economica che sono anche il presidio della stabilità finanziaria”. Anche se espresso nel linguaggio sobrio e prudente da banchiere centrale, il concetto è chiaro: il tempo degli interventi a sostegno della domanda è passato, ridurre le tasse e aumentare la spesa poteva servire un anno fa, non oggi che l’economia sta ripartendo e l’espansione del debito pubblico è malvista dai mercati. Un passaggio che riesce a essere, allo stesso tempo, un assist e una critica a Tremonti: una critica per non aver preso misure adeguate un anno fa, un assist perché rafforza la sua attuale posizione rigorista e sancisce in via preventiva l’inutilità del ricorso alla spesa pubblica sognata da Berlusconi e da alcuni ministri.

La ripresa potrebbe essere dovuta alla spesa pubblica ed esaurirsi in fretta

(Ste. Fel.)

Per ora nessun taglio dell’Irap: sconfitto Baldassarri di fatto per quanN iente to riguarda il taglio dell’Irap, l’imposta regionale pagata dalle imprese che il governo ha promesso di ridurre. Neppure il mini-taglio di cui si discuteva mercoledì. Ieri sera la commissione Bilancio del Senato ha finito di votare gli emendamenti alla Finanziaria 2010 che, dopo la chiusura della vicenda Tremonti (con il ministro dell’Economia inserito in una cabina di regia per l’Economia) sembrava destinata a finire vittima dell’assalto alla diligenza di tipo prima Repubblica. Risultato, provvisorio: il taglio dell’Irap non ha la copertura finanziaria e quindi viene tutto rimandato. Se ne riparlerà in Aula, prima al Senato poi alla Camera, dove i sostenitori della riduzione delle tasse cercheranno di trovare una formula per farlo passare. “Cercheranno un compromesso, ma la copertura finanziaria degli emendamenti di Baldassarri resta vaga, le nostre proposte erano più concrete”, dice Vidmer Mercatali, senatore del Pd, relatore di minoranza alla Finanziaria. “Accetto la bocciatura tecnica in commissione dell'emendamento sul taglio dell'Irap per rinviare in Aula la discussione. Ma in aula chiediamo che sia discusso tutto il pacchetto degli emendamenti”, ha detto Baldassarri. L’associazione degli artigiani di Mestre ha stimato che l’ipotesi minimalista di riduzione dell’Irap (costo di circa 4 miliardi), significherebbe un risparmio medio per le imprese di circa 1000 euro. Ma per ora i soldi non ci sono, quindi si resta in attesa: c’è tempo fino a dicembre per approvare la Finanziaria e tutto sembra dipendere da quanto gettito arriverà dallo scudo fiscale. Se si tratterà dei cinque miliardi di euro stimati, allora ci saranno le risorse per ridurre - almeno per un anno l’imposta. Il problema, come ha sottolineato ieri anche la capogruppo del Pd al Senato Anna Finocchiaro, è che i soldi dello scudo sono una tantum, mentre un taglio dell’Irap rischia di essere strutturale. L’economista del Pd Stefano Fassina, però, propone un’altra soluzione anch’essa strutturale: “Litigano sull’Irap quando invece dovrebbero ridurre l’Irpef sui redditi da lavoro e da pensione. Così, il governo continuerà a mancare gli obiettivi di finanza pubblica senza dare alcun aiuto all’economia reale”. Il dibattito, però, sembra destinato a restare concentrato sull’Irap. Il viceministro dell’Economia Giuseppe Vegas ha dato parere sfavorevole per mancanza di copertura, “ma a malincuore”.


Venerdì 30 ottobre 2009

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EVASORI

“ADESSO USO LO SCUDO POI RICOMINCERÒ A EVADERE” Un impresario di pompe funebri e un banchiere raccontano come si nascondono i soldi oltre frontiera di Gigi Furini Milano

ndavo in Svizzera un paio di volte al mese, il sabato sera, con mia moglie e mio figlio. Quasi sempre in macchina, qualche volta in treno. Avevo i soldi in contanti in tasca. Facevo il versamento alla cassa continua, andavo a mangiare la pizza. E poi, via, a casa”. É il racconto di un titolare di impresa di pompe funebri. Lo incontriamo in un bar di piazza Cordusio, a Milano, a due passi da Piazza Affari. Con lui c’è un funzionario della filiale italiana di una banca svizzera, che ha sede a cento metri dal bar. Lì si è rivolto per far rientrare i soldi. Vuole usare lo scudo fiscale: “Ma ho paura di essere beccato. Ho letto, e mi hanno detto, che se la Svizzera aderisce in pieno alle nuove norme contro i paradisi fiscali, la possibilità che scoprano i miei soldi è del 100 per cento. Mi beccano di sicuro. E poi, le dico la verità, in Svizzera ci sono commissioni bancarie altissime. Sanno che sono soldi in nero e un po’ ne approfittano”. Quanto ha in Svizzera? “Un milione di euro. Mi hanno detto che che se mi trovano i soldi sul conto, sono io a dover dimostrare che sono soldi regolari. Insomma, ho io l'onere della prova. Adesso se me li trovano me li sequestrano tutti”. Interviene il funzionario di banca: “Lei, invece li porta da noi. Paga il 5 per cento, cioé 50 mila euro e il resto glielo investiamo con un rendimento sicuro, il 4 per cento. In poco più di un anno recupera l'imposta pagata per lo scudo”. Continua il funzionario: “Dicono che nelle banche svizzere girano uomini della Guardia di Finanza in borghese. Pare facciano anche le foto. Avrebbero messo delle web cam sui balconi per riprendere l'ingresso delle banche”. Interviene il titolare delle pompe funebri: “Io ho deciso. Il mio milione lo porto qua”. Poi spiega come l’ha accumulato oltre frontiera: “Ho un'im-

“A

presa di pompe funebri a Milano. Facciamo, in media, quasi due funerali al giorno. Ognuno vale circa 1.000 euro di nero. Una parte va in Svizzera, un po’ serve qui, per pagare gli addetti, perchè non li ho tutti in regola, e per dare qualche mancia. Ho comprato un casa al mare e centomila li ho dati in nero”. I soldi attraversano il confine in contanti: “Me li mettevo addosso. Erano dieci, quindici mila euro per volta. Si partiva il sabato sera, io, mia moglie e mio figlio. Qualche volta in treno perchè magari c'era brutto tempo. Il treno parte da Porta Garibaldi alle 19,38 e arriva a Chiasso prima delle 20,30”. Perché sempre con la famiglia? “Davo meno nell'occhio. Per i doganieri potevamo essere la

“Faccio 1000 euro di nero ogni funerale, poi li porto in Svizzera con la mia famiglia”

classica famigliola che va a cena in Svizzera. Qualche volta siamo andati anche sul lago Maggiore, a Locarno, ma è più scomodo perchè l'autostrada non arriva fino al confine. Una volta sono andato con il mio dentista. Ma mia moglie vuole sempre accompagnarmi. I bar della Svizzera, vicino al confine, sono pieni di quelle che adesso chiamano escort”. Interviene il funzionario di banca: “Se mi presenta il suo dentista, poi la tratto bene”. Risponde l’impresario di funerali: “Ma le posso presentare anche il macellaio, un imbianchino, un muratore. E dei professionisti che, si sa, potevano non fare fattura. O fare fatture più basse”. Anche loro, racconta, dopo i versamenti vanno a Chiasso o Locarno dopo i versamenti, ma a volte “vengono direttamente i funzionari di banca svizzeri a Milano, servizio a domicilio. Rilasciano una ricevuta su un normale foglio di carta, non certo sulla carta intestata della banca. E si portano i soldi al di là della frontiera. In cambio si prendono il 2 e mezzo, anche il 3 per cento di commissione. In tanti anni non è mai successo niente. Molti di quelli che conosco non portavano i contanti in Svizzera,

ma si affidavano a questi funzionari. Che a loro volta, per abbassare il rischio, dividevano le somme fra più persone. Insomma, erano gli “spalloni”, che una volta portavano su e giù le sigarette. E negli ultimi anni portavano di là i soldi”. Un funzionario di una banca svizzera, però, non è tipo da passare il confine con 500 mila euro sotto il maglione: “É troppo rischioso. Di solito assoldano 10 spalloni, 50 mila euro a testa. Per questo, poi, ci sono da pagare commissioni tanto salate”. Resta il dubbio: i bancari, girano per Milano a cercare macellai, dentisti, ingegneri, medici, pompe funebri e tutti i sospetti evasori? “Non sono l'unico - dice il nostro bancario - che viene a Milano con questo compito”. Il bancario racconta che tra i suoi clienti ci sono anche manager che hanno lavorato all'estero e si facevano pagare in Svizzera. Poi riportavano in Italia lo stretto necessario e lasciavano di là il grosso dei compensi. Poi ci sono alcuni italiani davvero ricchi che dagli anni Settanta hanno iniziato a mettere al sicuro capitali in Svizzera per timore di una presa del potere da parte dei comunisti. E quelli giura il banca-

rio - non hanno intenzione di rimpatriare i soldi, nonostante le condizioni vantaggiose dello scudo fiscale (che consente di mettersi in regola pagando il 5 per cento della somma da riportare in Italia e garantisce anonimato e copertura da alcuni reati). Il perché lo spiega sempre il bancario: “Io li conosco, ho anche preso contatti con molti di loro. Ma non si fidano di questo momento politico. Sono preoccupati che le cose possano cambiare all’improvviso e che arrivi un nuovo governo”. Le domande che sollevano questi potenziali clienti, a cui le banche sono molto interessati perché assai redditizi, sono sempre le stesse: “E se c’è un altro ribaltone? Se entro un anno cambia tutto e noi abbiamo portato i soldi di qui? E che fine fanno i nostri soldi? E se il governo, per far fronte alla crescita del debito pubblico e al peggioramento del deficit introduce una tassa patrimoniale?”. Non è che hanno poca fiducia in Silvio Berlusconi e nel suo ministro del’Economia, Giulio Tremonti: “Dicono- spiega il bancario - che c'è troppa confusione, non si fidano di questo governo come non si fidavano della Dc quando voleva fare il compromesso storico”. Gli evasori non ne fanno una questione politica, ma di mero interesse personale: “Pensano solo ai loro affari e a come tutelare al meglio i loro patrimoni nascosti. No sono interessati alla politica in quanto tale, ma la seguono con grande attenzione per capire quali rischi ci sono per i loro denari. E in questo momento, il governo Berlusconi può anche presentarsi come un rischio, nonostante lo scudo fiscale”. Al bar milanese i caffé li offre l’impresario di pompe funebri, che domani tornerà oltre confine a prendere un altro milione da rimpatriare. E ha tutta l’intenzione di continuare con uno schema che gli sta dando parecchie soddisfazioni, funerali in nero, soldi depositati all’estero, condoni periodici: “E perchè dovrei smettere?”

Cresce la tensione con la Svizzera IL MINISTRO FRATTINI CERCA DI MEDIARE, MA LA LEGA TEME LE RITORSIONI DI BERNA di Beatrice Borromeo

'Italia non ha “assolutamente niente contro la Svizzera”, con la quale anzi ci sono “eccellenti relazioni”. A parlare così è il ministro degli esteri Franco Frattini, a Bruxelles per un summit Ppe, dopo che due giorni fa l'ambasciatore italiano a Berna è stato convocato dal Dipartimento federale degli affari esteri in seguito a una raffica di controlli, nelle filiali italiane delle banche elvetiche, da parte della Guardia di Finanza. La Svizzera è preoccupata dal ritiro di capitali dovuto allo scudo fiscale. L’Italia, oltre alla carota (basta pagare il 5 per cento della somma rimpatriata per mettersi in regola) usa il bastone andando alla ricerca degli evasori fiscali che non hanno ancora svuotato i conti nelle banche svizzere. Come a dire “vi conviene tornare a casa”. Frattini ora cerca di salvare le relazioni diplomatiche, ma la situazione resta tesa: anche se il ministro giustifica i controlli del fisco italiano alle banche del

L

Ticino come “questione interna di investigazioni”, la Svizzera promette ritorsioni. Il municipio di Chiasso ha comunicato che sta cercando gli agenti in borghese del fisco italiano, accusandoli di essere in Svizzera senza autorizzazione e si appella alla cittadinanza per scovarli. Un alto dirigente italiano di una delle principali banche svizzere si confida con “Il Fatto Quotidiano”. Racconta: “L'offensiva italiana, e la chiamo così perchè hanno perquisito solo gli istituti svizzeri, è stata una discriminazione evidente. Anzi, una provocazione”. La nostra fonte spiega così questo gesto: “Gli italiani hanno voluto dimostrare che conta più la pubblicità negativa che non la sostanza, perchè di fatto quei controlli non portano a nulla. Queste operazioni hanno l'unico obiettivo di convincere chi detiene ingenti patrimoni in Svizzera a usufruire dello scudo. Ma le autorità elvetiche sbagliano a ostacolare le iniziative di uno Stato sovrano confinante”. Questi i motivi del nervosismo di Berna, secondo il banchiere: “Il servizio studi della mia banca ha calcolato che

quest'anno ci sarà il due per cento in più di disoccupazione nel settore della finanza, uno dei più importanti per l’economia del Paese”. In questi giorni in Svizzera comincia a diffondersi il timore che anche Francia e Germania introducano uno scudo fiscale e questo potrebbe rivelarsi un serio problema, visti i fastidi che stanno derivando dallo scudo italiano. “Con queste iniziative - continua il banchiere - a Lugano stanno perdendo tanti clienti, nonostante l’Ocse abbia tolto Berna dalla lista grigia dei paradisi fiscali”. Sono almeno 150 miliardi di euro i capitali italiani in Svizzera che potrebbero torna-

“Con il danno d’immagine ci sarà più disoccupazione nella finanza elvetica”

re nelle nostre banche. Da qui le minacce elvetiche: si parla di sospendere la libera circolazione delle persone, trattenere in Svizzera le imposte prelevate ai frontalieri, chiudere filiali italiane di banche svizzere. “La Svizzera abbaia. Può solo abbaiare - confessa al ‘Fatto’ il banchiere - può fare solo piccole ritorsioni, come togliere i privilegi fiscali ai cittadini italiani che vivono in Italia e lavorano in Svizzera”. Non sottovaluta questo pericolo la Lega Nord: “Migliaia di cittadini italiani che hanno trascorso la loro vita lavorativa in Svizzera ora rischiano di dover pagare multe salatissime, fino al 200%, su quanto versato a fini previdenziali per effetto dello scudo fiscale”. La Lega si preoccupa per il futuro dei 50mila frontalieri, perchè “l'escalation di eventi degli ultimi giorni ha aggravato la situazione. Il comportamento dell’Agenzia delle entrate negli ultimi mesi - spiega il leghista lombardo Johnny Crosio - supera gli accordi che regolano i rapporti tra Italia e Svizzera e mina le buone relazioni fra i due Stati”.

Scandalo Eutelia: Omega protesta per la sede occupata Omega, nota alL lea società cronache per aver mandato la lettera di mobilità a 1200 persone assunte pochi mesi fa, finalmente parla, con un comunicato stampa. Non per rispondere alle domande più ovvie, ad esempio: Cosa ci guadagna Omega a rilevare un ramo d’azienda da Eutelia composto da 2mila persone se poi non lo fa lavorare? É vero che si sta fondendo con la società inglese Libeccio per licenziare gl’impiegati senza pagare loro la liquidazione? Per quale motivo da mesi si impegna per perdere commesse e appalti così da rendere verosimile l’ipotesi del fallimento (e così da disfarsi di conseguenza dei lavoratori acquisiti da Eutelia senza che nessuno paghi loro 54 milioni di euro di tfr)? Non si occupa di questi interrogativi. Omega si limita a commentare l’occupazione della sede romana da parte dei dipendenti, preoccupati per le lettere di licenziamento e gli stipendi non pagati da tre mesi. Il gruppo Omega impiega in totale circa 8 mila persone. Che si sentono tutti a rischio. Sulla manifestazione, Omega risponde che il sindacato Fiom sta facendo “l’ennesimo atto intimidatorio che da mesi impedisce di affrontare in modo serio e costruttivo la ristrutturazione dell’ex ramo di azienda Eutelia confluito in Agile Servizi, azienda rilevata da Omega con l’obiettivo di creare, insieme a Phonemedia, un polo italiano dell’IT (Information Technology)”. Infatti, non protestano solo i lavoratori di Agile, ma anche quelli di Phonemedia (azienda di call center) i quali, nei giorni scorsi, hanno denunciato al ‘Fatto’ che non vengono pagati e non ricevono alcuna risposta dai vertici aziendali. Il gruppo Omega, che fa capo a Claudio Marcello Massa e a Sebastiano Liori (che in passato sono stati coinvolti in altri fallimenti), dice che si sta impegnando per evitare che gli 8mila dipendenti perdano il lavoro e che si parla molto dei posti a rischio ma non di quelli salvati. “Allora spieghino perchè - replicano gli occupanti della sede romana di Omega - ci hanno assunti, se non riescono a mantenerci e se continuano a licenziare persone. Non c’è alcuna logica, se non quella di fare il lavoro sporco per Eutelia”. Omega suggerisce che, per arrivare a un lieto fine, le parti in causa assumano un atteggiamento “responsabile”, a cominciare dalla Pubblica amministrazione che sarebbe debitrice nei loro confronti di 36 milioni di euro (per prestazioni passate). Ma ammette però di avere, proprio nei confronti della Pubblica amministrazione, “oneri per circa 70 milioni di euro”. (Bea. Bor.)


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DAL MONDO

BARUFFE D’EUROPA

Al vertice Ue si discute di clima e immigrazione ma mancano soldi e intese strategiche di Alessandro

Cisilin

Lussemburgo fa freddo e il cielo è grigio, e non è una novità. Né è una novità che il Consiglio europeo discuta di lotta ai paradisi fiscali proprio a Lussemburgo. La novità è che sono giunti in ventisei e non in ventisette. Alla due giorni che si chiude oggi manca solo Berlusconi, sostituito dal ministro degli Esteri Frattini, per un’indisposizione che chiama in causa i suoi nipotini. Mai assenza fu comunque più pertinente. Il premier si è risparmiato l’ennesima sberla, giunta proprio da Lussemburgo, ovvero l’ennesima condanna della Corte di Giustizia per aver “mancato di adempiere alle norme europee”, stavolta sull’utilizzo delle reti a strascico per la pesca, vietate da ben sette anni, provocando “seri danni al’ecosistema marino”. Ma al di là di quel che sentenziano le toghe comuniste

A

di Lussemburgo, è la politica europea ad andare altrove rispetto agli intendimenti del premier. Il vertice, nelle speranze di molti, avrebbe dovuto brindare al Trattato di Lisbona e produrre i nomi per le nuove cariche di presidente del Consiglio (di lunga durata) e di un unico ministro degli Esteri. Il brindisi invece non c’è per colpa di Vaclav Klaus e degli altri uomini del centrodestra ceco che hanno presentato ricorso alla Corte costituzionale di Praga contro il Trattato stesso. La sentenza era prevista per i giorni scorsi e invece bisognerà attendere martedì prossimo. Nessuno pensa che i giudici daranno ragione al presidente ceco, e tutti sono persuasi che apporrà infine la ventisettesima firma rabbonito da nuove concessioni, compresa l’esenzione già concessa a Londra e a Varsavia dalla pur blanda Carta europea dei Diritti fondamentali. Ma circa i prossimi leader

europei ci si deve fermare per ora ai chiacchiericci, o tutt’al più alle bocciature, come quella di Tony Blair, sostenuto oramai solo da Berlusconi, ambedue snobbati dall’asse franco-tedesco. Ufficialmente, si parla d’altro. Di nuove regole finanziarie e della dilagante disoccupazione, con la necessità di politiche coordinate a sostegno del lavoro e, al contempo, di un’exit strategy dalle misure anticrisi per contenere i bilanci e i possibili contraccolpi inflazionistici. Si tratta cioè proprio dei temi al cuore dello scontro tra Berlusconi e Tremonti, col premier, secondo indiscrezioni, pronto a rotture clamorose rispetto alle regole monetarie europee per ambizioni di spesa. E si parla di ambiente, solitamente fiore all’occhiello della politica europea nel mondo. Ma anche su questo i ventisette sembrano arenarsi, e sempre sui denari. Ne servono tanti, decine di miliardi

all’anno solo per convincere a colpi di aiuti i paesi in via di sviluppo a siglare un accordo globale in dicembre al summit mondiale di Copenhagen. E anche su questo l’Italia, con i paesi dell’Est, storce il naso. Tra i tanti dissidi, il ministro Frattini si appresta comunque a strappare un sì, almeno nei propositi del presidente di turno, il premier svedese di centrodestra Reinfeldt: quello sui rapporti con la Libia per fermare l’immigrazione clandestina.

Iniziate le schermaglie in Lussemburgo per la scelta del primo presidente dell’Unione

POCO DIPLOMATICO

Sciarada libanese

A

bbiamo un impegno con la Spagna che desideriamo mantenere”. Così il ministro degli Esteri Frattini sul caso diplomatico-militare che sta facendo salire la tensione tra due sponde del Mediterraneo. Il fatto è che l’Italia dovrebbe lasciare il comando della missione di pace nel Sud Libano (l’Unifil) ai cugini spagnoli. Solo che il premier israeliano Netanjahu preferisce che a guidare il contingente che monitora l’area dei guerriglieri Hezbollah lungo il confine con Israele siano gli italiani; e ne ha parlato giorni fa a Berlusconi in un incontro riservato, che riservato è rimasto per poco: i giornali, prima israeliani e poi spagnoli, hanno sollevato il caso che ora rischia d’inquinare i già non idilliaci rapporti con Madrid, oltretutto con il capo dello Stato Napolitano appena rientrato dalla visita ufficiale al governo e al re.

Obama riceve le salme dei militari americani uccisi in Afghansitan nella base di Dover (FOTO ANSA)

Il saluto di Obama e il nuovo orgoglio americano di Stefano Citati

l capo delle forze armate americane fa il saluto militare allo sfilare delle bare avvolte nella bandiera a stelle e strisce. Obama cancella così la dottrina Bush sul silenzio totale e ostinato per le vittime delle guerre combattute dai soldati statunitensi nel mondo. Una prima volta la cerimonia che si è svolta nella base aerea di Dover, nel Delaware, per onorare gli ultimi morti in Afghanistan e che offre al nuovo presidente, a pochi giorni dal primo anniversario della vittoria elettorale, l'op-

I

portunità di rafforzare la sua immagine sul fronte interno, quello più pericoloso e delicato. Il Premio Nobel per la Pace rivela con un atto ufficiale la volontà di far dimenticare i modi del predecessore che aveva proibito ogni copertura mediatica al rientro delle salme. Ma il saluto militare di Dover non vuole certo smobilitare le truppe in Afghanistan, o in Iraq (dove la data del ritiro è già stata decisa negli ultimi giorni della presidenza Bush); l'amministrazione Obama vuol far capire agli americani e al mondo che un altro modo è possibile nel gestire e portare avanti uno dei ba-

luardi della politica statunitense. Il governo, onorando i suoi morti, vuol dimostrare che le guerre per le quali muoiono sono giuste e che quegli uomini vanno rispettati e considerati per questo. Non ci sarà smobilitazione, fuga, nonostante i “nostri ragazzi” continuino a morire e anzi – in Afghanistan – muoiano sempre più. Il tributo ai militari caduti sul campo, riservato con ogni onore in tutti gli altri paesi impegnati nelle operazioni internazionali scattate dopo l'11 settembre 2001, riavvicina gli Usa alle abitudini e ai costumi degli alleati occidentali, ma non colma

la differenza fondamentale che separa l'impegno dei contingenti anglosassoni da quello degli altri Paesi. Gli americani che espongono Stars&stripes fuori dalle case, più numerose nell'America profonda, negli Stati agricoli, che nelle grandi città, continueranno a considerare giusta le battaglie intraprese dalle proprie forze armate. Non sarà più l'idea trasformata in ideologia e crociata dell'esportazione della democrazia, care a W. Bush, ma resterà profondo convincimento dell'America di dovere, e potere, intervenire all'estero in situazioni che minacciano la pace e la sta-

bilità di un'area (e, in qualche modo, di riflesso, dell'America). La lezione del Vietnam, con il fronte interno che condizionò fino alla sconfitta l'intervento nel sSudest asiatico, ha costretto i militari a una maggiore sensibilità, insegnato a gestire i reduci e incrinato e offuscato l'orgoglio bellico, ma non ha cancellato la capacità del Paese di accettare perdite, di trovare motivazioni profonde d'eroismo e orgoglio – a un tasso tale che solo i britannici hanno qui in Europa - per le vittime morte laggiù, dall'altra parte del mondo per aiutare altri popoli.


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DAL MONDO

Kashgar cancellata dai cinesi

N BERLINO

Apre il più grande archivio sul sesso

È

stata aperta a Berlino la più grande biblioteca mondiale di sessuologia, creata dal professor Haeberle in collaborazione con la Università Humboldt. L’accesso all’archivio è libero, anche via internet. Il sito, già attivo da un mese, è stato cliccato da oltre 8 milioni di visitatori.

COSÌ MUORE UNA CITTÀ-SIMBOLO di Raffaela Scaglietta

el 2002 Chasa Road era la strada dei ciabattini che attraversava Kashgar. Il bazaar utopico degli artigiani della Via della seta. C'erano venditori di spezie, di specchi, gioielli, tappeti , cappelli, bagels, fettuccine e kebab fumanti. Velocissimi giocatori di scacchi, donne indaffarate, bimbi curiosi e carretti dipinti a mano. Kashgar è stata da sempre la culla dei commercianti e il crocevia di passaggio di tante spie, uomini d'affari, diplomatici, e strateghi che arrivavano coraggiosi nel misterioso Impero di Mezzo. Un'oasi sulla via del commercio più importante nel mondo. Una porta d'ingresso per entrare nella Provincia Proibita: lo Xinjiang, che era, ed è, abitata dall'etnia musulmana di origini turche, gli Uiguri e da tutte le altre etnie nomadi d’origine russa, uzbeki, kirghisi e targiki. Nel 2009 Kashgar ha perso tutta la sua magia. Basta scorrere per pochi minuti le immagini arrivate da Pechino e vedere nuovi palazzi bianchi o rossi, le telecamere di sorve-

N

glianza appostate agli angoli, quelle strade sterrate dei ciabattini ormai vuote, la metà delle case già demolite. Neanche più l’ombra di quel bazaar multietnico di gente che si muoveva libero, rumoroso e sorridente. La Provincia Proibita, come la descriveva nei suoi reportage storici degli anni Trenta, Peter Fleming (il fratello dell’autore che inventò le avventure di James Bond) è forse diventata una Provincia Sorvegliata, come ipotizzava Orwell? Certo dalle immagini degli ultimi video che arrivano dalla capitale cinese, la nuova città di Kashgar assomiglia a un brutto e silenzioso quartiere di periferia, costruito in fretta per chi ha bisogno di una casa. Tra cinque anni non resterà più niente - dicono le autorità cinesi. Il centro di Kashgar sarà demolito e questo perché ci sono alti rischi e scosse di terremoto in arrivo. In pratica in Cina si butta giù prima della scossa. E si costruiscono le nuove città di accoglienza prima delle tragedie. “Io ringrazio il Partito comunista per avermi dato una casa”, spiega una signora uigura nel video. “Non ho dovuto pagare

Chasa Road, strada centrale di Kashgar (FOTO DI RAFFAELA SCAGLIETTA)

nulla e adesso ho una casa nuova”, continua la signora velata. Mentre Abdul, racconta che servono 10mila euro per ristrutturare la casa nel centro. Diecimila euro a Kashgar sono una fortuna. E dal tono delle sue parole si capisce che lui quei soldi non ce l’ha, ne mai li avrà. E allora che si fa? Chi difenderà la città, chi proteggerà la comunità degli uiguri in Cina? Da anni ci prova Rebiya Kadeer. Una donna di Urumqui, il capoluogo di provincia, uscita di prigione nel 2005, e che vive ora in esilio forzato a Washington. Rebiya era stata arrestata nel 1999 con l'accusa di aver rivelato i segreti di stato cinesi al mondo. Ma la signora Kadeer non si dà pace. Pochi giorni fa è arrivata a Tokyo per condannare le violenze e le esecuzioni segrete della polizia cinese sugli uiguri e la detenzione illegale dei prigionieri. “Spero che questi omicidi finiscano”, ha detto la signora Kadeer alle agenzie di stampa internazionali, scatenando le proteste di Pechino. Per le autorità cinesi lei è una terrorista ed è la mente che ha fomentato l'ultima “rivolta degli Uiguri” di luglio che provo-

Bazaar della Via della seta, cuore della minoranza islamica Uiguri: adesso è in via di demolizione VENEZUELA cò 1.600 feriti e 197 morti. Gli uiguri sono considerati da Pechino dei separatisti pericolosi e già nell'era di George Bush quando iniziò la guerra al terrorismo, furono sospettati di aver dei contatti con Osama Bin Laden, che si trovava forse nascosto in qualche grotta sulla Karakorum road che da Kashgar porta con qualche curva di montagna al Pakistan. Ma la “mamma degli uiguri” come la chiamano ormai i suoi amici americani non ci ha mai creduto alla teoria della grotta, tanto più che nel suo ufficio

di Washington ha esposto le foto di Laura Bush. Ma l'ex imprenditrice di successo, a 62 anni , vuole proteggere la sua comunità. Tra poco uscirà un'autobiografia in cui racconta come sia sopravvissuta alla povertà, ai soprusi del regime maoista e come sia riuscita a cavarsela attraverso la vendita al mercato in nero di vestiti, e biancheria intima in un bazaar per donne. A buon intenditore di commercio non si comanda. Tanto meno sulla via storica del commercio che univa Venezia a Pechino.

Iran

DIPLOMAZIA PAPALE SUL NUCLEARE

Il lungo sciopero della fame di Elham di Elisabetta Reguitti

mangia da 54 giorni, è terriNtuttoonbilmente debole ma nonostante continua la sua lotta per la libertà. Ora ha iniziato anche lo sciopero della sete e si limita a beve caffè. Non dorme da giorni. Questo è quanto sta accadendo al Cie (Centro di identificazione ed espulsione) di Gradisca d'Isonzo in provincia di Gorizia a due passi dal confine sloveno. Un inferno a cielo aperto nel quale sono trattenuti, nello stesso contesto, immigrati che hanno commesso reati già espiati e che, molto spesso, versano in condizioni precarie di salute, immigrati entrati irregolarmente ma anche immigrati che avendo perso il lavoro non hanno più il permesso di soggiorno (i cosiddetti overstayers). A Gradisca vengono trattenuti pure gli immigrati che hanno dichiarato la volontà di rimpatrio nel loro paese d'origine e che, anche se in possesso della documentazione necessaria, devono attendere molto tempo prima di poterlo effettuare. Tutti indistintamente in attesa dell'espulsione e costretti ad un trattenimento che ingiustamente li equipara. Sovraffollando la struttura che a fine settembre registrava 194 immigrati trattenuti. Elham, che ha 41 anni, ha deciso rischiare la sua stessa vita per fare in modo che qualcuno di occupi di questa pesantissima situazione. Dal sito www.andreaonori.com riusciamo a

ricostruire il percorso di questo uomo il cui peso oggi è di 49 chili rispetto agli iniziali 67. Un deperimento fisico tale da indurre per ben tre volte il ricovero dell'uomo in ospedale. Ma lui prosegue la sua protesta. Elham è partito dal Marocco con un contratto di lavoro in mano dopo aver effettuato un viaggio in pullman pagato 8mila euro. “Ho capito subito di aver preso la prima fregatura”, aveva detto. Entrato regolarmente in Italia nel 2001 ha iniziato a lavorare come aiuto cuoco e cameriere nei ristoranti. Nei primi mesi del 2005 riceve il primo mandato di espulsione a causa di un ritardo del rinnovo del permesso di soggiorno. Proprio per questo motivo ha fatto ricorso al Tar di Trieste e l'udienza è prevista per oggi. Intanto aspetta in cella e dimagrisce ogni giorno di più. Questo uomo ha perso la sua libertà senza aver commesso alcun reato. Da quando è arrivato nel nostro paese Elham, infatti, ha cambiato mestieri cercando di adeguarsi alle richieste. Seguendo un corso che gli ha permesso di ottenere un patentino per fare il "pontista" (montaggio e smontaggio ponti). Nel frattempo, però, di sera, lavorava come cameriere nei bar. Poi la crisi economica e le difficoltà a trovare lavoro. “Io pago regolarmente 850 euro di affitto e la rata della macchina. Ora, è tutto sospeso. Da casa mi vogliono cacciare perché sono 2 mesi che non pago, visto che

non lavoro. Non ho avuto mai neanche una multa da quando sono in Italia”, aveva Papa Ratzinger ha ricevuto il nuovo ambasciatore iraniano raccontato presso la Santa Sede, nel giorno in cui a Vienna i mediatori di prima di esTeheran consegnavano all’Agenzia internazionale per l’agenzia sere rinchiuatomica la bozza di accordo sul programma nucleare iraniano so nella cella del Cie di Gradisca. Ma nonostante questo Elham aveva detto di non voler scap- terni l'accesso al Cie. Richiesta che pare dal Centro di identificazione ed avevo inoltrato in qualità di consiespulsione. “Poi dovrò per forza fare gliere regionale ed ex assessore reil delinquente. Perderò il lavoro, la gionale all'immigrazione. Un rifiuto casa, la macchina e forse la mia don- all'accesso assegnato senza nessuna na che mi aspetta a Firenze. Io voglio motivazione ufficiale”. solo quel maledetto pezzo di carta”. La tensione nel Cie di Gradisca è davDa due mesi questo uomo non sente vero alta. Ne sono testimonianza ani suoi due bambini che sono in Ma- che le notizie e le fotografie relative rocco con la ex moglie. Oggi Elham ad aggressioni avvenute lunedì 21 non risponde più neppure al suo cel- settembre e circolate su Youtube. Solulare. Chi è riuscito a sentire Elham no stati gli stessi migranti a darne noieri è Roberto Antonaz consigliere tizia attraverso delle telefonate. regionale della Sinistra Arcobaleno. Allarme rosso anche per le condizio“La telefonata in realtà è durata 30 ni igienico-sanitarie precarie e il cisecondi. Bastati per capire quanto bo pessimo. C'è molta tensione causia provata questa persona. Ma lo sata soprattutto dalla modifica norsciopero della fame di Elham con mativa dei tempi di permanenza nel conseguenze che potrebbero diven- Cie che il nuovo pacchetto sicurezza tare drammatiche, è un episodio che ha reso possibili nella misura di 180 si inserisce in un quadro di grande giorni. Un termine così lungo non tensione al Cie di Gradisca. Nei gior- favorisce il ricambio degli immigrati ni scorsi - commenta Antonaz - mi è trattenuti, costretti a vivere di fatto stato negato dal ministero degli In- in una condizione di reclusione.

Chavez limita l’uso di elettricità

A

Caracas, Venezuela, in questi giorni la popolazione resterà per alcune ore senza luce. Sarà anche uno degli stati più ricchi di petrolio, ma la crisi energetica sta attanagliando il paese di Chavez. I ‘tagli’ sono iniziati martedì. Ma il presidente Chavez sta pensando a un progetto di razionamento elettrico che limiterà l’uso dell’aria condizionata e ordinerà, di spegnere gran parte delle luci nel palazzo presidenziale. L’obiettivo è quello di tagliare il consumo energetico del 20%. Consumo che dal 2004 è salito del 25%. L’esecutivo sta pensando inoltre di multare i proprietari di case e i negozi che consumano troppo.

USA E DIRITTI

Obama firma contro l’omofobia

I

eri mattina, Barack Obama ha firmato il Matthew Shepard Act, la legge che equipara i reati di omofobia a quelli di razzismo. Il nuovo testo amplia la definizione degli “hate crime”, i reati dettati dall'odio, finora prevista solo per casi di discriminazione su base etnica, razziale e religiosa. D'ora in poi, con questa legge federale, rientreranno anche quelli compiuti per il diverso orientamento sessuale o una disabilita' delle vittime.

LA RIVISTA

“Il ribelle” e la lotta birmana

È

in edicola il nuovo numero della rivista “Il ribelle”, diretta da Massimo Fini e Valerio Lo Monaco. Oltre a un reportage sulla resistenza birmana, cui è dedicata la copertina, nel mensile si parla delle promesse di Obama e dell’asse Chavez-Ahmadinejad.


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Le domande in sospeso sul disegno di legge del Governo

I

UNIVERSITÀ

l Consiglio dei Ministri ha dato il via libera alla riforma universitaria di Mariastella Gelmini. Il Ddl prevede che i Cda degli atenei siano composti al 40% da membri esterni e introduce la figura del manager al posto del direttore amministrativo. Ribadendo i tagli previsti e voluti dal ministro Tremonti (meno mille milioni di euro in 5 anni), la Gelmini riduce poi il numero delle facoltà

all’interno degli atenei: non potranno essere più di 12. L’altra grande rivoluzione riguarda la soppressione degli assegni post-dottorali e ll’introduzione di un concorso nazionale per diventare professori, associati e ordinari. Altra novità è che i ricercatori saranno tutti a tempo determinato: con contratto triennale rinnovabile per altri tre anni. Non è ancora chiaro, però, come il dottorando potrà proseguire la propria

carriera e diventare ricercatore. Il quale, al termine dei 6 anni di contratto a termine, potrà accedere al concorsone. Quando termina la borsa di dottorato, quali sono i criteri per scegliere chi deve diventare ricercatore? Inoltre, se i soldi calano drasticamente, quante persone potranno realmente accedere alla carriera? Infine, i privati che entrano negli atenei, metteranno dei soldi? Ma in cambio di cosa?

N

“SENZA SOLDI È SOLO UNA FINTA”

VIOLENZE

Barbone dato alle fiamme a Napoli

È

ricoverato in prognosi riservata al Cardarelli di Napoli, il sessantenne senza fissa dimora a cui, ieri mattina all’alba, un gruppo di sconosciuti ha dato fuoco. Soccorso dalla polizia, il barbone in stato di shock ha ripetuto varie volte la parola “vecchi” senza fornire altri elementi per identificare gli aggressori.

ODIFREDDI PARLA DELLA RIFORMA di Paola Zanca

iù che una riforma mi sembra un proclama: non ci sono i quattrini e si fa il gioco delle tre carte”. Piergiorgio Odifreddi, professore di Matematica al Politecnico di Torino e una lunga esperienza negli atenei di mezzo mondo, commenta così la linee guida annunciate dal ministro Gelmini. Professore, cosa non la convince? Il velleitarismo di questo Governo, che pensa di cambiare le cose senza investire nessuna risorsa. Da anni dico che c'è bisogno di cambiare radicalmente il nostro sistema universitario, per questo non dico che sia tutto da buttare. Cosa salverebbe? Penso alla verifica della produzione scientifica e didattica dei professori: negli Usa lo fanno da sempre. Alla fine del corso, gli studenti compilano un questionario: anche alcune università italiane lo hanno introdotto, ma un conto è farlo tanto per fare, un conto è che la valutazione abbia delle ricadute sugli avanzamenti di carriera. È una novità interessante, che può aiutare a contrastare il lassismo di molti docenti, ma è una piccola cosa: prima va affrontata la questione dei concorsi. Che ha fatto il ministro in questo senso? Si è ritornati indietro ai miei tempi: c'è di nuovo la lista unica nazionale. E la tanto sbandierata autonomia? L'assurdo è proprio questo: non so quanto questa riforma sia stata meditata. Mi pare ci sia molta confusione di fondo. Da un lato il ritorno al “centralismo” dei concorsi e i punti interrogativi sulla scelta dei commissari. Dall'altro la privatizzazione: ma se l'Università è autonoma finanziariamente allo-

“P

BUONE NOTIZIE

ra dovrebbe essere libera di assumere chi vuole, no? Il paradosso dei manager imbrigliati nella burocrazia. La semi-privatizzazione è perfettamente in sintonia con la fede nel liberismo di questo Governo, la totale fiducia nel ruolo taumaturgico del privato. Che conseguenze può avere sulla didattica? A investire nelle università saranno le industrie, non i privati cittadini. E a parte qualche raro filantropo, è facile immaginare che gli altri si lanceranno in filoni redditizi. Si investirà in ricerche applicate in settori che danno un riscontro immediato. Va benissimo, per carità, ma il rischio è di restringere il campo di interessi accademici: non si capisce chi dovrebbe finanziarie la filosofia, la storia, perfino la matematica. Quanto ai ricercatori, che ne

A fianco, una corteo di universitari in protesta contro la riforma di Mariastella Gelmini

pensa del tempo determinato rinnovabile al massimo per 6 anni? Da un certo punto di vista è una novità positiva: i ricercatori non saranno più sospesi per un tempo indefinito, come succede oggi. Mi auguro però che la prima verifica dopo i tre anni non si trasformi nell'ennesimo aggravio di burocrazia, tutto a discapito dell'efficienza. Quale potrebbe essere un buon metodo per il reclutamento dei docenti?

Negli Usa funziona così: i candidati si presentano agli atenei con una lettera di raccomandazione. Roba che da noi fa accapponare la pelle. Poi c'è il problema delle mele marce. Si spieghi meglio. Parlo della massa di professori entrata di ruolo per clientelismi, favori e nepotismi. Che facciamo, ce li teniamo? Pretendere di fare una riforma senza toccare l'esistente è un po' da politica dello struzzo: d'ora in poi faremo così, dicono. Un

ragionamento da sanatoria. Si potrebbe fare come hanno fatto i giornali: con la scusa della crisi, una bella infornata di prepensionamenti, magari di tutti quelli che non pubblicano niente da vent'anni. Sarebbe una scelta coraggiosa. Come andrà a finire? Bisognerà vedere come uscirà la proposta dall'Aula. Non dimentichiamo che molti parlamentari sono professori universitari. Ovvio, difendono la categoria.

LA PROTESTA

L’AUTUNNO DEGLI STUDENTI E IL RITORNO DELL’ONDA di Caterina

Perniconi

n’altra università è possibile. Lo pensano gli studenti Utro universitari che stanno manifestando in tutt’Italia conil disegno di legge di riforma del Ministro Gelmini. Un ritorno dell’Onda, il movimento nato l’anno scorso nelle università è quello che le associazioni studentesche vogliono mettere in piedi. “Questa volta sarà più difficile spiegare a tutti quello che succederà con questa riforma spiega Claudio Riccio del coordinamento universitario Link - perché è stata pubblicizzata come la migliore soluzione del mondo, senza approfondimenti. I giornali di ieri sono tutti concentrati su ciò che si potrebbe fare e non si rendono conto che senza soldi non si farà nulla, anzi, saremo costretti a cedere autonomia ai privati”. Già, i soldi: ieri gli studenti dell’Udu avevano diffuso su Youtube un video provocatorio dai contenuti piuttosto forti: il rapimento di Mariastella Gelmini. Ore 20 - così comincia il video - il Ministro torna a casa, poi spunta una macchina e si consuma il ‘ratto’. “Abbiamo 'rapito' Mariastella - si legge poi in un testo rosso su sfondo nero chiediamo come riscatto due miliardi di euro da consegnare all’Università italiana, il ritiro del disegno di legge e

a cura della redazione di Cacao

LA LAMPADINA ULTRA-ECOLOGICA E LA “GIOCONDONA” Storie di ladri Athens, contea di Clarke, Stato della Georgia (Usa): era sola in casa quando ha sentito qualcuno armeggiare alla porta. Ha guardato dallo spioncino, ha visto il ladro e ha avuto un vero e proprio colpo di genio: accovacciarsi per terra e imitare il verso di un grosso cane imbestialito. Nel frattempo ha chiamato il 911, ma quando sono arrivati gli agenti il ladro se l'era già data a gambe. Tornerà con delle crocchette? Record artistici. Katy Webster da Wrexham, Galles, ha scritto il suo nome nel libro dei Guinness disegnando la più grande Monna Lisa del mondo, battezzata la “Giocondona”. Il dipinto occupa un'area di 240 metri quadri. La fronte e l'enigmatico

sorriso sono edificabili. Ekò, la lampadina perfetta. Presentata alla Fiera di Rimini Ecomondo dalla Wiva Group, azienda fiorentina, è la prima lampadina a risparmio energetico realizzata con materiali riciclati, soprattutto lampadine a fine ciclo di vita. Ekò utilizza la metà del mercurio contenuto nelle “normali” lampadine fluorescenti (2,5 mg, la soglia consentita per legge è di 5 mg), ha una durata di circa 10.000 ore e per una precisa scelta aziendale il suo brevetto non è stato e non verrà depositato. Il Fai, Fondo Ambiente Italiano, installerà Ekò in tutti gli edifici di sua proprietà in Italia.

la delega sul diritto allo studio”. Un’iniziativa forte per lanciare la manifestazione del 6 novembre, durante la quale gli universitari chiederanno il simbolico riscatto. Ma è solo la prima tappa di una protesta che sta prendendo piede negli atenei. Assemblee informative, sit-in e volantinaggi si svolgono da mercoledì in tutt’Italia, in attesa del prossimo 17 novembre quando la mobilitazione diventerà nazionale con lo sciopero studentesco. Ma questa volta non c’è solo la protesta. Lo scorso 10 ottobre, infatti, è nato il forum Wikisaperi, dove i ragazzi discutono una proposta complessiva di trasformazione della scuola e dell’università. “Vorremmo una struttura sociale in cui il potere politico ed amministrativo sia il più diluito possibile - si legge su Wikisaperi - in cui nessuno si senta in diritto di sopraffare l’altro solo perché ha la possibilità di mettere un timbro su un pezzo di carta. Vogliamo un’università che sia specchio di una società ideale, non piramidale ma circolare, e solo così realmente democratica”. Con una precisa riforma della governance e della rappresentanza. C’è anche un lungo capitolo dedicato al diritto allo studio con “l’imprescindibile copertura totale delle richieste di borsa di studio”. Ad oggi, infatti, molti idonei a fine anno non percepiscono le borse per mancanza di fondi, ma le tabelle di riferimento sono ferme al 1991. No all'aziendalizzazione del sapere anche dagli studenti della Destra Universitaria, l'associazione nazionale studentesca di Forza Nuova. “Si capisce benissimo - dice l’organizzazione - che l'ingresso di privati nelle università significa l'ingresso di affari economici che trascendono il riguardo per la didattica e la ricerca: permettere alle aziende di avere voce in capitolo nel mondo dell'università aggiungono - significa trasformare quello che dovrebbe essere il fulcro del sapere in una succursale di interessi non certo accademici”. Ma se il sistema rischia di collassare quella dei privati potrebbe essere l’unica via d’uscita. Il Ministro, però, non ammette l’aziendalizzazione e spiega che se le università non bandiranno concorsi "non sarà per divieti imposti dal ministero ma perché non hanno i fondi”. Ma se mancano i fondi, di chi è la colpa?

E su Youtube va in scena il ‘ratto’ della Gelmini: come riscatto, più fondi agli atenei

CASO CHIUSO

Quella non è la nave dei veleni

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l relitto affondato a largo di Cetraro, in Calabria, non è la nave dei veleni ma il piroscafo 'Catania'. Lo ha reso noto il ministro dell'Ambiente Prestigiacomo in una conferenza stampa congiunta con il procuratore nazionale antimafia Piero Grasso. Il caso è quindi chiuso. La 'Catania' è una nave passeggeri e non ci sono elementi di radioattività nè di inquinamento nel raggio di tre chilometri intorno alla nave.

CROTONE

Otto indagati per i morti d’amianto

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econdo la Procura di Cronte, otto persone ai vertici del vecchio stabilimento Montedison sono responsabili di omicidio colposo plurimo. Le indagini riguardano le morti provocate dall’amianto all’interno dell’azienda. I decessi sarebbero quelli di 5 lavoratori e delle mogli di altri 2 operai venute in contatto con le polveri attraverso gli indumenti dei mariti. Secondo gli inquirenti, le otto persone, pur essendo a conoscenza dei rischi, non avrebbero informato i loro dipendenti.

IL RICORSO

Se la Giunta è senza donne

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opo il predecente di Taranto, anche a Verona è stato presentato un ricorso al Tar per la totale assenza di donne nella giunta provinciale. Lo rende noto l'associazione "Forum politico delle donne di Verona" che annuncia di aver depositato il ricorso martedì scorso.


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SECONDOTEMPO SPETTACOLI,SPORT,IDEE in & out

CONVERSAZIONE

BATTIATO

Requiem per la politica ll cantautore siciliano e i “rincoglioniti” al governo di Marco Travaglio

F

ranco Battiato è molto diverso da come lo immagini. Allegro, scherzoso, spiritoso, talora persino un po’ cazzone. Forse perché, con la sua cultura sterminata e la sua pace interiore, se lo può permettere. Un uomo, però, armato di un’intransigenza assoluta, di un’insofferenza antropologica per le cose che non gli piacciono. E’ appena tornato da due concerti trionfali a Los Angeles e New York e ancora combatte il jet-lag nella sua casa di Milo (Catania). Parliamo del suo ultimo pezzo-invettiva “Inneres Auge”, già anticipato sulla rete: uno dei due singoli inediti che impreziosiscono l’album antologico in uscita il 13 novembre (“Inneres Auge - Il tutto è più della somma

delle sue parti”). Una splendida invettiva che si avventa sugli scandali berlusconiani e sulla metà d’Italia che vi assiste indifferente e imbelle, con parole definitive: “Uno dice: che male c’è a organizzare feste private con delle belle ragazze per allietare Primari e Servitori dello Stato? Non ci siamo capiti: e perché mai dovremmo pagare anche gli extra a dei rincoglioniti…”. Che significa “Inneres Auge”? “Occhio interiore. Ma lo preferisco in tedesco. In italiano si dice “terzo occhio”, ma non mi piace, fa pensare a una specie di Polifemo. I tibetani hanno scritto cose magnifiche sull’occhio interiore, che ti consente di vedere l’aura degli uomini: qualcuno ce l’ha nera, come certi politici senza scrupoli, mossi da bassa cupidigia; altri ce l’hanno rossa, come la loro rabbia”. Lei, quando ha scritto “Inneres Auge”, aveva l’aura rossa. “Vede, sto bene con me stesso. Vivo in questo posto meraviglioso sulle pendici del Mongibello. Dalla veranda del mio giardino osservo il cielo, il mare, i fumi dell’Etna, le nuvole, gli uccelli, le rose, i gelsomini, due grandi palme, un pozzo antico. Un’oasi. Poi purtroppo rientro nello studio e accendo la tv per il telegiornale: ogni volta è un

INNERES AUGE (di Franco Battiato e Manlio Sgalambro) Come un branco di lupi che scende dagli altipiani ululando o uno sciame di api accanite divoratrici di petali odoranti precipitano roteando come massi da altissimi monti in rovina. Uno dice che male c'è a organizzare feste private con delle belle ragazze per allietare Primari e Servitori dello Stato? Non ci siamo capiti e perché mai dovremmo pagare anche gli extra a dei rincoglioniti? Che cosa possono le Leggi dove regna soltanto il denaro? La Giustizia non è altro che una pubblica merce... di cosa vivrebbero ciarlatani e truffatori se non avessero moneta sonante da gettare come ami fra la gente. La linea orizzontale ci spinge verso la materia, quella verticale verso lo spirito. Con le palpebre chiuse s'intravede un chiarore che con il tempo e ci vuole pazienza, si apre allo sguardo interiore: Inneres Auge, Das Innere Auge La linea orizzontale ci spinge verso la materia, quella verticale verso lo spirito. Ma quando ritorno in me, sulla mia via, a leggere e studiare, ascoltando i grandi del passato... mi basta una sonata di Corelli, perchè mi meravigli del Creato!

trauma. Ho un chip elettronico interiore che va in tilt per le ingiustizie e le menzogne. Alla vista di certi personaggi, mi vien voglia di impugnare la croce e l’aglio per esorcizzarli. C’è un mutamento antropologico, sembrano uomini, ma non appartengono al genere umano, almeno come lo intendiamo noi: corpo, ragione e anima”. I “lupi che scendono dagli altipiani ululando”. “Quello è un verso di Manlio Sgalambro che applico a questi individui ben infiocchettati in giacca e cravatta che dicono cose orrende, programmi spaventosi, ragionamenti folli e hanno ormai infettato la società civile. Quando li osservo muoversi circondati da guardie del corpo, li trovo ripugnanti e mi vien voglia di cambiare razza, di abdicare dal genere umano. C’è una gran quantità di personaggi di questa maggioranza che sento estranei a me ed è mio diritto di citta-

“Quando vedo Berlusconi e quell’altro bassotto vorrei dimettermi dal genere umano”

D’Urso La mia televisione non è affatto spazzatura

Mina Torna con 12 nuove canzoni: “Felice”, in uscita oggi

dino dirlo: non li stimo, non li rispetto per quel che dicono e sono. Non appartengono all’umanità a cui appartengo io. E, siccome faccio il cantante, ogni tanto uso il mio strumento per dire ciò che sento”. L’aveva fatto già nel 1991 con “Povera Patria”, anticipando Tangentopoli e le stragi. L’ha rifatto nel 2004 con “Ermeneutica”, sulla “mostruosa creatura” del fanatismo politico-religioso e della guerra al terrorismo ingaggiata dai servi di Bush, “quella scimmia di presidente”: “s'invade si abbatte si insegue si ammazza il cattivo e s’inventano democrazie”. “Sì, lo faccio di rado perché mi rendo conto di usare il mio mezzo scorrettamente. La musica dovrebbe essere super partes e non occuparsi di materia sociale. Ma sono anch’io un peccatore e la carne è debole…” Lei non crede nel cantautore impegnato. “Per il tipo che dovrei essere, no. Ma non sopporto i soprusi e ogni tanto coercizzo il mio strumento. Il pretesto di “Inneres Auge”, che ha origini più antiche, è arrivato quest’estate con lo scandalo di Bari, delle prostitute a casa del premier. E con la disinformazione di giornali e tiggì che le han gabellate per faccende private. Ora, a me non frega niente di quel che fanno i politici in camera da letto. Mi interessa se quel che fanno influenza la vita pubblica, con abusi di potere, ricatti, promesse di candidature, appalti, licenze edilizie in cambio di sesso e di silenzi prezzolati. Questa è corruzione, a opera di chi dovrebbe essere immacolato per il ruolo che ricopre”. “Non ci siamo capiti”, dice nella canzone. “Non dev’essere molto in gamba un signore che si fa portare le donne a domicilio da un tizio che poi le paga, dice lui, a sua insaputa per dargli l’illusione di piacere tanto, di conquistarle col suo fascino irresistibile. Quanto infantilismo patologico in quest’uomo attempato! Ma non c’è solo il premier”. Chi altri non le piace? “Tutta la banda. I cloni, i servi, i kil-

Maradona Natalia Rosas Muniz: “Notte d’amore con Dieguito”

ler alla Borgia col veleno nell’anello. Li ho sempre detestati questi tipi umani. Per esempio il bassotto che dirige un ministero e fa il Savonarola predicando e tuonando solo in casa d’altri, senza mai applicare le stesse denunce ai suoi compagni partito e di governo. Meritocrazia: ma stiamo scherzando? Badi che, quando dico bassotto, non mi riferisco alla statura fisica, ma a quella intellettuale e morale: un occhio chiuso dalla sua parte e uno aperto da quell’altra”. “La Giustizia non è altro che una pubblica merce”, dice ancora. “Penso al degrado della giustizia: ma i magistrati dovrebbero ribellarsi tutti insieme e appellarsi al mondo contro le condizioni in cui sono costretti a lavorare. Non possono accettare, nell’èra dell’informatica, di scrivere ancora sentenze e verbali col pennino e il calamaio, mentre la prescrizione si mangia orrendi delitti e, in definitiva, la Giustizia”. Quando Umberto Scapagnini divenne sindaco di Catania, lei minacciò addirittura di espatriare. Come andò? “Avevo previsto un decimo di quel che poi è accaduto. Un inferno. Catania era uno splendore: in pochi anni, come Palermo, è stata devastata da questa cosiddetta destra. Ma nessuno ne parla”. Lei è di sinistra? “E chi lo sa cos’è la sinistra. Basta parlare di destra e di sinistra, anche perchè a sinistra c’è un sacco di gente che ha sempre fatto il doppio gioco al servizio della destra, spudoratamente. Per evitare tranelli, uso un sistema tutto mio: osservo i singoli individui, poi traggo le mie conclusioni”. Ha votato alle primarie del Pd? “Sì, per Bersani. Non che sia il mio politico ideale, ma mi sembra un tipo in gamba. Forse l’ho fatto perché almeno, in queste primarie, il voto non era inquinato. Non è poco, dalle mie parti, dove alle elezioni politiche e alle amministrative i seggi sono spesso presidiati da capibastone e capimafia che ti minacciano sotto gli occhi della polizia”. Quella cosa dell’espatrio non era esagerata? “La ripeterei oggi. Io sono sempre pronto: se in Italia le cose dovessero peggiorare, me ne andrei. Ubi maior, minor cessat. Mica puoi fare la guerra ai mulini a vento. Per fortuna è

Franco Battiato (FOTO ANSA)

Baroni Torna sulla panchina del Siena dopo l’esonero di Giampaolo

difficile che si ripeta il fascismo, anche perché sono convinto che molti italiani la pensano come me e sarebbero pronti a impedirlo. Comunque, “pi nan sapiri leggiri nè sciviri”, comprerò una casa all'estero”. Lei è molto antiberlusconiano. “Sono un Travaglio un po’ più bastardo. Penso che la tecnica migliore sia l’aplomb misto all’irrisione, senza urli né insulti”. Ma Berlusconi non è finito, al tramonto? “Dipende da quanto dura, il tramonto. Ma non credo sia finito: la cordata è ancora robusta. Però mi sento più tranquillo di qualche mese fa: sta commettendo troppi errori”. I partiti hanno mai provato ad arruolarla? “Mai. A parte Pannella, tanti anni fa. Qualche mese fa mi ha chiamato un ministro di questo governo per dirmi che mi segue da sempre e concorda in pieno con una mia intervista. Forse non aveva capito o avevo sbagliato qualcosa io. Ma ora, dopo il mio ultimo singolo, magari fa marcia indietro”. “Inneres Auge” già impazza sulla rete. Teme reazioni politiche? “Mi aspetto la contraerea. Ma siamo pronti”. Non teme, con una canzone così “schierata”, di perdere il pubblico berlusconiano? “Mi farebbe un gran piacere. Se invece uno che non mi piace viene a dirmi di essere un mio fan, sinceramente mi dispiace”. Ai tempi del “La voce del padrone”, a chi la interpellava sul significato dei suoi testi ermetici, lei rispondeva “sono solo canzonette”. Lo sono ancora? “Quello era un gioco, ma non sono mai stato d’accordo con questa massima di Edoardo Bennato. “La voce del padrone” era un’operazione programmata come un divertimento frivolo e commerciale, e riuscì abbastanza bene, mi pare. Ma in realtà avevo inserito segnali esoterici che sono stati ben percepiti e seguiti da molti ascoltatori. Ogni tanto mi dicono che qualcuno, ascoltando i miei pezzi, ha letto Gurdjieff e altri grandi mistici. E questo mi rende un po’ felice”. “Inneres Auge”: serve a qualcosa, una canzone? “Lei parla di corda in casa dell’impiccato: ho sempre avuto dubbi su questo nella mia vita. Ma, dopo tanti anni, posso affermare che un brano molto riuscito può scatenare influenze esponenziali. Una canzone può migliorarti e farti cambiare idea e direzione. Un giorno domandarono a un grande pianista dell’Europa dell’Est, ora a riposo: lei pensa di emozionare il suo pubblico? E lui: “Quando sono riuscito a emozionare anche un solo spettatore nella sala gremita di un mio concerto, ho raggiunto il mio scopo”.


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SECONDO TEMPO

IL LIBRO

(una di questi è Lucia Annunziata). Lui sceglie l’Unione marxista-leninista, che ha come organo di stampa il giornale «Servire il popolo ». L’esperienza – comune negli anni tra il ’69 e il ’72 anche ad altri volti famosi e noti del giornalismo nazionale (Polito, Mannheimer, Vicinanza solo per citarne alcuni) – a lui, più che ad altri, verrà rinfacciata nelle cronache come una sorta di peccato originale. In ogni caso intorno a lui il gruppo cresce e si insedia nella città campana. Santoro presto ne diviene uno dei dirigenti nazionali. La militanza, dunque, si affaccia sotto le insegne della sinistra cosiddetta extraparlamentare, termine sinonimo, più che di un’assenza in Parlamento, di radicalità di posizioni, di velleità rivoluzionarie più o meno mascherate, più o meno reali, e di una contrapposizione forte con il partito comunista, oramai integrato dentro il “sistema”. Di questi gruppi a sinistra del Pci l’Unione marxista-leninista di “Servire il popolo” è quella che esprime forse più di altre una visione di tipo integralista e totale della militanza. Santoro divora letture della beat generation, ma con i marxisti-leninisti l’esperienza per la verità è abbastanza breve. Partecipa nell’estate del 1971 a una scuola di partito per i membri del comitato centrale a San Pellegrino Terme: «Lavoro politico e sano divertimento», come recita la lettera d’invito al giovane dirigente salernitano. Il compagno Santoro s’accorge, a sue spese, del clima politico che si respira il quel seminario. Si discute se presentarsi alle elezioni politi-

ECCO CHI È “MICHELE CHI” “Comunque la pensiate”: la biografia di Santoro

È in libreria “Comunque la pensiate”, biografia di Michele Santoro di Giandomenico Crapis. Qui di seguito il capitolo sugli anni salernitani (Aliberti editore. 256 pagg; 16 euro) di Giandomenico Crapis

ichele Santoro nasce a Salerno nel 1951, il 2 luglio, in una casa del centro storico poco distante dal mare. Così come vicina al mare è la scuola elementare dalla quale basta poco per andare a tuffarsi. Con il mare vicino, per i ragazzi come lui i bagni cominciano già a giugno. La spiaggia e il mare diventano il surrogato della strada per giochi e divertimenti, per rubare le cozze ai pescatori, catturare i polipi, spiare le donne nelle cabine attraverso i buchi fatti di nascosto. Il desiderio di novità e quel pizzico di fisiologica rabbia generazionale minano l’adattamento dei giovani alla routine quotidiana: «Non ne potevamo più dell’insopportabile ordine dei licei, di preti e insegnanti pedanti e ignoranti… di passeggiare sul lungomare diviso in corsie, i giovani da una parte i vecchi dall’altra». Santoro al liceo è studente intelligentissimo, dice chi l’ha avuto come allievo, ma terribile sul piano disciplinare. Già leader della sua

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to che però s’intravede, a dimostrazione che, per quanti sforzi faccia la scuola repubblicana, la sua cifra educativa e formativa rimane quella di una volta, complici anche presidi troppo chiusi e una scuola vecchio stampo. Siamo nel 1966, ai tempi della «Zanzara», il giornale studentesco del liceo Parini di Milano che dà scandalo nel Paese per i temi inediti che tocca in una scuola bigotta e autoritaria. Santoro, che al Tasso frequenta la prima liceo, insieme ad altri compagni dà vita a un giornalino, chiamato «Blow out», ma il solito preside ne impedisce la pubblicazione. Nel foglio scolastico – sulle cui pagine il futuro giornalista scrive un articolo sul “Che” – che è ispirato da un’idea antiautoritaria e contesta il nozionismo del sapere, covano i germi della ribellione di costume nell’ironia divertente che prende in giro, per esempio, l’abitudine che costringe le ragazze a portare ancora il grembiule in classe. Siamo nella fase embrionale di quella che due anni dopo diventerà la critica sessantottina alla scuola e alla società. Al Tasso Santoro non rimane fino alla fine degli studi, lo bocciano per motivi disciplinari. Da quel liceo, più chic e famoso, passa al De Sanctis, dopo essere stato accusato di avere rigato la macchina di una professoressa. Ma lui nega: «Ero il più turbolento» dice «e mi attribuivano qualsiasi malefatta». In seguito a questo episodio per-

Passioni, amici e nemici dell’anchorman di Annozero: la sua vita dagli anni salernitani alle cronache di oggi classe, una volta intavola una trattativa con l’insegnante per potere alternare a un’ora di lezione un’ora di assemblea. E naturalmente la spunta. Spirito anarchico, non è il solo enfant terrible della sua classe: non si seppe mai se fu proprio lui, o i suoi compagni, a pensare di far trovare il crocifisso nel cestino alla cattolicissima insegnante. Frequenta il liceo Tasso. Nella scuola, a metà degli anni Sessanta, tra gli studenti circola «Nuova generazione», il giornale dei giovani comunisti, che però il preside decide di sequestrare. Al giovane Santoro, che non ha alcun rapporto con la politica organizzata dei giovani comunisti, la cosa non piace per niente. Allora scrive un raccontino, lo batte a macchina e lo affigge in istituto. Nello scritto usa l’ironia, prendendo spunto dal nome della scuola, il Regio liceo Torquato Tasso: sul frontale dell’edificio la parola “Regio” era stata cancellata ma non del tutto, tanto che essa ancora s’intravede sotto la mano di pittura bianca. Lo studente Santoro costruisce il suo raccontino satirico proprio su questo fatto: quel “Regio” cancella-

Michele Santoro (FOTO ANSA)

de un anno scolastico che poi però recupera, presentandosi e superando gli esami di Stato da privatista: al suo colloquio – è già un leaderino– assiste una vera folla tra amici scolastici e compagni d lotte. Vive dunque l’adolescenza in un momento storico difficile e intenso per il Paese. Dopo le bombe di piazza Fontana lui, poco più che diciottenne, si vede persino piombare in casa la polizia che rovista dappertutto e gli sequestra un libro di teatro: di Brecht. l teatro, l’altro amore di quelIparticolare la stagione cui si dedica con entusiasmo insieme a un gruppo di amici. Negli anni del liceo si scambia i primi testi con l’amico Ciccio D’Acunto: è lui che gli presta Beckett. Si dedica all’attività teatrale allestendo le prime rappresentazioni presso un circo-

THIS IS IT Jacko super anche post-mortem ichael Jackson si aggiudica il terzo posto nella nona M classifica stilata di della rivista «Forbes», che vede invece sul podio il leggendario stilista di moda francese Yves Saint Laurent morto nel 2008 a 71 anni e che ha guadagnato 350 milioni di dollari grazie a un'asta postuma organizzata da Christie’s con i pezzi di antiquariato che il designer aveva comprato insieme al compagno Pierre Bergè. Seconda posizione per i compositori di musical Richard Rodgers e Oscar Hammerstein con 235 milioni mentre la medaglia di bronzo va a Michael Jackson ha conquistato con 90 milioni di dollari grazie ai ricavi sui diritti d'autore oltre agli incassi del film «This Is It», in uscita ieri in contemporanea nelle sale di tutto il mondo. Quarto gradino del podio per il re del rock'n'roll Elvis Presley: nell'ultimo anno, chi ha i diritti delle sue canzoni, dei suoi film e della sua immagine ha guadagnato 55 milioni di dollari. A sorpresa scompaiono invece dalla graduatoria Marilyn Monroe e James Dean. Intanto “This Is It”, sulle ultime prove di Michael Jackson prima dei concerti previsti alla 02 Arena di Londra, ha incassato venti milioni di dollari al box office internazionale nel primo giorno di apertura. Nei soli Stati Uniti sono stati venduti biglietti per 7,4 milioni di dollari, mentre in Gran Bretagna gli incassi sono stati di 2 milioni di dollari.

È uno studente intelligentissimo, dice chi l’ha avuto come allievo, ma terribile sul piano disciplinare

lo di gesuiti che i ragazzi utilizzano come luogo d’incontro, per poi spostarsi nella sede dell’Università popolare, un’istituzione importante della città. Provano e mettono in scena Pirandello, poi arrivano Sartre, Brecht, Pavese, Ferlinghetti. Il teatro per il giovane Michele è una cosa seria, tanto che, lasciatosi alle spalle le prime esperienze nate sui banchi scolastici, s’impegna in una compagnia importante, il Teatrogruppo di Salerno, con cui allestisce Marat Sade di Weiss. Vorrebbe portarlo in giro per l’Italia. Per un momento pensa che sia la sua strada, ma dopo qualche titubanza decide che prima del teatro viene la politica. Per Santoro, come succede a tanti tra gli anni Sessanta e i Settanta, l’attività teatrale è “politica” in sé e riassume spesso l’impegno politico tout court. Però, proprio come succede a tanti in quell’epoca, alla fine l’iniziativa politica militante prende il sopravvento su quella artistica politicamente impegnata. Così tra il 1968 e 1969 si getta anima e corpo nella politica. Il Sessantotto, in particolare, lo vede assolutamente protagonista prima al liceo, poi fuori. È uno dei leader del movimento studentesco salernitano. Quando Jan Palach si dà fuoco immolandosi a Praga, e i fascisti che a Salerno sono forti scendono in piazza, lui non perde tempo e organizza una contromanifestazione a difesa del martire della libertà. Praga contribuirà a spostarlo su posizioni libertarie e critiche verso il socialismo reale. A differenza di altri sessantottini pentiti, di quel movimento conserverà sempre un ricordo positivo, quasi struggente… Esaurita la fase del movimento degli studenti, decide di entrare in un partito vero. Molti militanti scelgono la strada extraparlamentare e nella sua Salerno molti aderiscono al «Manifesto»

che l’anno dopo, anche se ci sono poche speranze di ottenere il quorum e quindi è altissimo il rischio di disperdere voti. Michele non è per niente d’accordo e critica una scelta che giudica sbagliata. Lo isolano e lo accusano di essere di destra. Il rituale è quello collettivo delle discussioni in pubblico: lo ostracizzano, lo bollano come “nemico interno”, lo “condannano” a un periodo di rieducazione. L’esperienza a San Pellegrino è per lui traumatica. Stanco e abbastanza nauseato, decide di iscriversi al Pci: «Forse mio padre ha ragione» si dice. Approfitta di questa fase di passaggio per portare a termine gli studi universitari. È iscritto a filosofia e, a differenza delle superiori, all’università va come un treno conseguendo ottimi risultati. Segue le lezioni di Biagio De Giovanni, con il quale si laurea il 5 dicembre del 1972 con una tesi sui Quaderni dal carcere di Gramsci. Con grande cruccio paterno rinuncia a fare il professore, rifiutando la nomina che un giorno gli arriva. Tra l’altro, nel Pci presto si trova a ricoprire ruoli di primo piano. Diventa prima segretario della sezione Torre, quella del centro storico, poi viceresponsabile del comitato cittadino. Qualcuno dei militanti storici del partito rimane sorpreso dalla sua rapida ascesa, del resto con i “gruppettari” i comunisti ortodossi un po’ ce l’hanno, ma pesa sicuramente la sua storia di leader cittadino, di capo indiscusso. Diventa funzionario di partito, lo mandano nel Cilento a fare il responsabile di zona, e proprio qui si dedica e dà forza, tra le altre cose, a una pubblicazione chiamata «L’Espresso del Cilento». Copyright Aliberti Editore

CALCIO

Roma kaputt mundi iamo tornati al dimiSLazietta, nutivo, la Rometta, la anche abbastanza in fretta e non vuol essere una rima/rimetta. Nemmeno dieci anni, e dallo scudetto del temporale e del Giubileo e da quello di Capello superstar eccole riprecipitate in una condizione che non è la loro, o non sarebbe la loro, soprattutto perché riguardano la città di Roma. La Lazio paga ancora la grandeur da tribunale di Cragnotti, e adesso il latino di Lotito che predica bene (austerity) e razzola male con le consulenze faraoniche a bilancio e il personale deprezzato in mobbing - Pandev, Ledesma. a Roma è ostaggio da Le delle un pezzo delle banche cordate (per carità anche la Lazio e la maggior parte del calcio italiano…) e la morte del patron Sensi ha significato la necessità di un cambiamento. Che però non c’è stato. La Roma è sempre Totti e non più Spalletti, è sempre Rosella Sensi e invece Ranieri ha gli uomini in campo o li avrebbe, a sgranare il rosario in tutti i reparti (ma anche la Lazio ha un organico più che accettabile se al completo), ma in società ha sbracato. In panchina ci vorrebbe Geronzi, al centro dell’attacco D’Alema… La Lazio è quella strana cosa della minoranza in città che diventa maggioranza quando le cose vanno bene, e tinge il clima a volte violento del suo colore. Cielo e sangue, le maglie contrapposte per due squadre che attualmente strisciano ma che per forza per ripartire debbono ripartire da una salute economica che nessuno sembra volere davvero. Tanto è Roma…Per non parlare della crisi vera, che uccide il calcio sul nascere, quella dei vivai che ormai sfornano campioni come eclissi di luna (De Rossi). Pensare che per tutti questi anni la norma per la Roma è stata figurare ai primi posti, a colpi di piazzamenti e di Champions, con il miglior allenatore italiano, almeno a parer mio. E per la Lazio recitare da bellicoso outsider, levandosi soddisfazioni e limitando le perdite grazie a Lotito nottetempo arrivato in via politica al timone laziale in extremis. E oggi invece la realtà toglie la maschera, anche se forse nessuno ci fa caso davvero se non per “dannare” l’ambiente e il parco-buoi in ritiro dai microfoni delle radio private in agitazione permanente effettiva. Tanto la Tribuna Autorità dell’Olimpico per ora almeno continua a fare da Bagaglino politico-calcistico per la tv, e la serietà latita. Ma dove latita? Alla Roma, alla Lazio o semplicemente a Roma? O .B.


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SECONDO TEMPO

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TELE COMANDO TG PAPI

Il badante Gasparri di Paolo

Ojetti

g1 T Al “centro del dibattito politico” c’è un via vai pazzesco. Dopo che si son visti passare i terremotati d’Abruzzo e le casette berlusconiane linde e pinte, Napolitano assalito, magistrati sparsi, Bersani e le primarie, la scarlattina inferocita di Berlusconi, superministri, escort e trans, ecco che Ida Peritore lo ha occupato ieri alle 13.30 con l’Irap. Stando alle sue cronache, pareva cosa fatta: per l’abolizione dell’imposta sarebbero stati tutti d’accordo, maggioranza, opposizione, unione europea, Amnesty International, onlus e organizzazioni non governative. Che Tremonti sia contrario, pare un dettaglio facilmente superabile e che “gli introiti dello scudo fiscale” siano già praticamente incassati, un dogma. Ovviamente, tutto que-

sto esiste solo nella quieta superficie dell’informazione del Tg1 che si appoggia, come fosse una badante, alle sagge parole conclusive di Maurizio Gasparri che si applaude da solo: “La destra le tasse le taglia. Era la sinistra che le aumentava”. I magistrati in rivolta? Al sesto posto e via, andare. g2 T Immagini choc. Così il Tg2 presenta la sequenza filmata a Napoli quattro mesi fa da una telecamera stradale e diffusa solo oggi dalla Procura che cerca inutilmente di individuare un killer, immortalato mentre uccide un uomo a sangue freddo: quattro colpi alla schiena, quello “di grazia” alla nuca, in pieno centro, nell’ora di punta. Si è subito, anche qui, “aperto il dibattito”: giusto far vedere la sequenza mortale? Lasciamo ad altri la conclusione, solo ci chiediamo co-

me mai a dare il proprio parere sia stata scomodata la ministra Carfagna (oddio, anche i pareri di Veltroni e Vincenzo Vita c’entravano poco e niente) che si occupa – sappiamo – delle pari opportunità. Qui opportunità non ce n’erano, la parità era assolutamente esclusa. g3 T Molto “politico” il telegiornale di ieri sera. Il fattaccio sembra “tecnico”, ma tecnico non è e lo spiega Pierluca Terzulli. Allora, parlamentari del Pdl e della Lega piazzano un emendamento kamikaze nella Finanziaria di Tremonti che chiede un taglio dell’Irap di almeno 4 miliardi di euro. Tremonti è folgorato e interviene: neanche per idea. Ma lo sgambetto è solo rimandato e se ne riparlerà. Ora, è evidente che qui i ghirigori legislativi sono sostanza politica: il braccio di ferro fra Tremonti il rigoroso e i berluscones (aiutati dai leghisti: sono pur sempre il partito delle partite Iva nordiste) spendaccioni continua. Dal Tg3 si apprende anche che Tremonti ha un avversario in più: anche Fini ha bloccato il suo vice premierato perché le scelte economiche, alla fine, “le decide il Parlamento”.

di Luigi

Galella

IL PEGGIO DELLA DIRETTA

Profilo ministeriale

l ministro Calderoli ha le guance piene Ipracciglia e sanguigne, talvolta paonazze, le sofolte e scure che sfidano gli anni, la fronte ampia e un sorriso apparentemente schietto ma sospettoso, che vigila chi lo fronteggia. E’ un volto noto della tv, familiare, che abbiamo imparato a conoscere, soprattutto per la qualità di alcuni elementi formali. Perché in televisione accade questo: si è convincenti se è il profilo dell’immagine a imporsi. Se si è sufficientemente pieni di sé, compiaciuti quanto basta, fermi e autorevoli nello sguardo, orientato su chi parla o distratto e ironico nell’accompagnare i passaggi chiave di un discorso non gradito. Se si domina la scena visivamente, privi di esitazione. E all’occorrenza si usa l’espressione come un manganello: il sopracciglio che si inarca burbero, la fronte spaziosa che si contrae, il sorriso che d’improvviso si rabbuia. Abbiamo visto l’esponente leghista da Lilli Gruber (“8 e mezzo”, La 7, 20.30) contestare che il prelievo fiscale non sia efRoberto Calderoli fettivamente calaospite di Lilli Gruber to, prima e più dea 8 e mezzo gli altri paesi europei. La povera conduttrice di fronte a una simile enormità ha sollevato il suo di ciglio e ha fissato basita Stefano Folli, editorialista del “Sole 24 ore”, che le era a fianco: “Le tasse sono calate?”, mentre il ministro

argomentava a suo modo perché e come lo fossero, e nessuno dei due giornalisti si opponeva. Oppure quando ci ha informati che negli ultimi vent’anni “siamo stati la pecora nera d’Europa”, ma non per pronunciare un mea culpa, considerato che dal 1994 è il centrodestra che ha governato di più. No. Perché l’ineffabile padano voleva vantarsi dell’ultimo anno e mezzo, nel quale “abbiamo intrapreso una nuova linea di governo e siamo considerati dall’Europa - ma lui lo argomentava in positivo – un paese mediamente a rischio”. Neanche in questo caso l’attonita conduttrice e il suo collaboratore hanno trovato obiezioni. E lo abbiamo visto infine dare del “vergognoso” – “ha ragione Berlusconi” – allo stesso programma che lo ospitava, per un servizio di Paolo Pagliaro, educatissimo, che lo accusava di tatticismo, perfino elogiativo per un politico, nel momento in cui gli si riconosceva la capacità di sintetizzare “la maestria della Lega di adattarsi alle circostanze”. Il ministro per la Semplificazione normativa (delega vagamente orwelliana) possiede un efficace profilo televisivo. Buca lo schermo, così un tempo si sarebbe detto, perché è un animale. Chiariamo: un animale televisivo. Rassicurante in quanto sicuro di sé. Capace di far valere gli elementi visivi, extratestuali, che accompagnano le parole. Non la loro veridicità. Non la logica. Non la relazione causa-effetto. Ma la sfrontatezza con cui è in grado di imporre ciò che dice, vero o falso che esso sia. Sempre che, ovviamente, la mitezza intimidita dei suoi interlocutori glielo consenta.


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SECONDO TEMPO

MONDO

WEB

di Federico

Mello

L’èra dei nativi digitali

è SOLDI REGALATI IN PIAZZA MA È LA PUBBLICITÀ DI UN SITO WEB

Regalare denaro sonante: questa l’irresistibile pubblicità scelta dal sito GRILLO DOCET mailorama.fr per farsi conoscere. Una IL LODO GHEDINI simile cuccagna si è già svolta New York incredibili, irresistibili, lo scorso febbraio. Ora tocca a Parigi: il straordinarie dichiarazioni di 14 novembre, in tre luoghi ancora Mavalà Ghedini, deputato e sconosciuti, tre le 14 e le 17, delle avvocato di Silvio Berlusconi, ragazze a bordo di un pullman lanceranno detto anche Lurch (famiglia ai passanti 5000 borsellini rossi con Addams). Ghedini non dorme all’interno delle cifre che vanno dai più la notte per evitare la cinque a cinquecento euro. galera al suo cliente. Bocciato La Prefettura di il Lodo Alfano, la Fininvest condannata a risarcire 750 è MICROSOFT CANCELLA I GRIFFIN Parigi sta valutando i rischi milioni per la Mondadori, la TROPPO OSÈ PER IL “BRAND” WINDOWS legati all’ordine sentenza per corruzione di “Olocausto, incesto, igiene femminile” pubblico. Mills confermata in appello. questi i temi troppo scabrosi di uno show Un trionfo per Mavalà. dei Griffin: la Microsoft, che intendeva L'avvocato che ti fa finire sponsorizzare l’evento per il lancio del dentro senza passare dal Via! Lurch ha fretta. Ha nuovo Windows 7, ha deciso di annullare proposto nel giro di poche ore la prescrizione tutto. “Dopo aver visionato una versione breve per evitare condanne allo psiconano nei preliminare dello show, è stato chiaro che processi in corso. Una misura peggio dell'indulto i suoi contenuti non erano compatibili con del mastellone. Poi, dopo aver capito che il nostro brand” ha dichiarato un rischiava il linciaggio, si è inventato un'altra portavoce della società fondata da Bill ghedinata: il Lodo Ghedini, che Gates. Eppure lo speciale dei Griffin, chiede per i reati commessi dalle prevedeva battuta in linea con il lo stile alte cariche il tribunale del cartoon conosciuto in tutto il mondo competente sia quello di per la sua carica dissacrante e irriverente. Roma. Perchè Roma e non Palermo oppure Torino o Padova, patria del gallino padovano che fa il lodo di giornata? Mavalà, mavalà. Il libro di Palfrey sui “Nativi Digitali”, i Griffin, il blog Malitalia, il logo tvblog.it

è GOOGLE WAVE IN ITALIA IL TRE NOVEMBRE PRESENTAZIONE A MILANO

Per ora Google Wave è l’oggetto del desiderio dei navigatori: si può accedere solo su invito e i fortunati che stanno testando il servizio scontano il paradosso di Bell (a chi fare la prima telefonata?). Google Wave è una sorta di “super chat”: social network, messaggeria, documenti, foto, video, mappe e molto altro, in un unico luogo. Tra l’altro, si potranno condividere video e immagini in chat, aprire è I NUMERI DEI “NATIVI-DIGITALI” sotto-discussioni, e “rivedere” gli scambi già UN’INDAGINE DEMOS-COOP avvenuti quando ci si inserisce in una “Nativi digitali” come li definisce John discussione in corso. Aspettando che sia Palfrey, o forse meglio, “Infonauti”. accessibile a tutti, verrà presentata il 3 Questo il profilo dei ragazzi italiani che novembre a Milano, allo Iab Forum 09. emerge da un’indagine Demos-Coop sull’utilizzo dei mezzi di comunicazione. Si informano tutti i giorni su Internet il 74% di quelli con un’età compresa tra i 15 e i 24 anni e il 63% di quelli che hanno tra i 25 e i 34 anni. Crollano queste percentuali nelle altre fasce di età: solo il 7 per cento degli ultra 65enni si informa online. Interessante anche il diverso approccio ai mezzi d’informazione per fascia di età. Mentre i navigatori più avanti con gli anni hanno un atteggiamento maggiormente “passivo”, i più giovani sono dei fruitori attivi che valorizzano in chiave personale l’accesso ai media. Non c’è storia anche quando si indaga sulle opinioni riguardo la libertà dei media. Solo il 18 per cento tra i più giovani ritiene la televisione il “canale più libero e indipendente” (per gli over 64 il dato rimane comunque basso: il 34%). Discorso opposto per Internet: per il 59% dei più giovani è lo strumento d’informazione più democratico (tra i più anziani il dato crolla al 6%). Si può stilare anche una classifica dei mezzi d’informazione più utili alla democrazia. Tra tutti i cittadini Internet è al 35% seguito dalla tv (20%) e dai quotidiani. Per è MALITALIA finire, il 90 guarda la televisione. La DAL DOCUMENTARIO AL BLOG guarda, evidentemente, fidandosi Un documentario che diventa pochissimo di quello che dice. blog. Dal lavoro di Laura Aprati ed Enrico Fierro, “Malitalia”, libro e dvd edito da Rubbettino, che racconta le mafie italiane è UNA RUBRICA PER CORONA? attraverso le storie di boss, killer e L’IDEA DI BRACHINO NEL 2008 di chi gli dà la caccia, nasce un blog Il giornalista del Tg5 Claudio Brachino, direttore di con lo stesso titolo. Malitalia, una VideoNews, si è fatto conoscere per il famoso piazza virtuale dove saranno servizio di Mattino5 sul giudice Mesiano. Nel servizio raccontate storie del “Paese in il magistrato veniva definito “Stravagante” anche per i guerra”, l'Italia. L'idea di fondo che suo ormai famosi “Calzini turchesi”. Vagando negli ha ispirato libro e documentario è archivi del web si scopre un’altra strepitosa idea del proprio questa: in Sicilia, Calabria direttore, poi non andata in porto. Come riportato da e Campania, si combatte ogni tvblog.it in un vecchio post, nel maggio 2008 Brachino giorno una guerra. Ci sono i killer, difende il suo Lucigliono con Repubblica. Non è trash, le vittime, gli onesti e gli dice, eppure : “Volevo fare una rubrica con Fabrizio indifferenti, i malacarne e gli eroi. Corona: mi sarebbe piaciuto fargli smascherare ogni Sito e blog, realizzati da Antonio settimana un finto gossip, un tarocco, ma quest’anno Sciarappa, sono all’indirizzo non lo faremo, in futuro chissà”. Intanto il pm Frank di www.malitalia.it Maio ha chiesto per Corona 7 anni e 2 mesi di carcere per estorsione e tentata estorsione. Proprio la persona giusta per svelare i “tarocchi”...

sarx88

l’antefat$ to è FEEDBACK Commenti al post: “Morire di camorra nella Napoli dell'indifferenza”

A volte non so se è più indifferenza o paura stampata nel volto di chi è un involontario spettatore. La signora, di questo video, sembra andare via con tutta tranquillità come altre andavano via in quell'altro attentato della metropolitana dove purtroppo ci ha lasciato la vita quel musicista. Il killer lo sa che intorno a lui esiste questa indifferenza tant'è che l'omicidio è commesso in pieno giorno e l'ha eseguito come se niente fosse. Il fatto è che ormai vige la regola, per noi cittadini, mi faccio i cavoli mie. (Siro) É incredibile. vedere questo cortometraggio muto.... veramente dire "bestie" è dire poco... anche gli animali hanno più pietas per un loro "consimile" ucciso. Che bruttura disumana! (francis70) Questo video è un pugno nello stomaco, ma io mi sono domandata: se anche io vivessi lì, se anche io avessi assistito di persona all'omicidio, e se per caso avessi visto in faccia l'assassino, cosa avrei fatto? Avrei messo a rischio la mia vita denunciando l'assassino? O avrei preferito salvaguardare la mia vita, tacendo come fanno tutti? La vera tragedia è che io, alle mie domande, non so dare una risposta. Mi piacerebbe rispondere che sì, certo, mi sarei comportata come tutti i cittadini onesti dovrebbero fare, ma in realtà non ne sono così sicura... Perché quando si vive in posti così, è sempre l'istinto della sopravvivenza che prevale. Chi sono io, allora? Un'indifferente, una connivente, una complice... Chi sono io? Qualcuno può rispondermi, per favore? (moniflor) Se non sbaglio il fatto è avvenuto nel rione Sanità, dove cioè lo stato non esiste. E' vero l'indifferenza è riprovevole, ma qualcuno di voi ha mai avuto l'avventura di essere testimone in un processo? E' un guaio forse peggiore di essere indagato. Nessuna protezione, nessuna discrezione nè riguardo, il proprio nome e indirizzo citato su una serie di atti pubblici a disposizione di tutti, riconoscimenti dei sospettati da fare davanti agli avvocati, rischi di incriminazione per reticenza di fronte ad eventuali titubanze... Perchè meravigliarsi se molti preferiscono farsi "i fatti propri"? (mariok) Situazione degradata, compromessa irrimediabilmente, senza uscita. Il problema è sempre lo stesso di Ieri, l'altro Ieri e dieci anni fa. Classe politica collusa e facente parte del contesto, eletta grazie a quel contesto. Non può “assolutamente” affrontare una situazione di degrado che “essa stessa” ha creato. Però la stampa fa bene a mettere in evidenza la situazione, bisogna partecipare alla "sceneggiata"!!! irrecuperabile (rebyjaco) Si ma non solo napoli, è l'italia intera che vive in cattività. (Alessio)


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SECONDO TEMPO

giustamente

PIAZZA GRANDE

É

Articolo 6: la lingua delle minoranze di Lorenza Carlassare

articolo 6 recita: “La Repubblica tutela con apposite norme le minoranza linguistiche”, oltre che per le implicazioni specifiche, è importante perché riafferma un fondamentale principio, il pluralismo, che contrassegna la nostra democrazia. In questo senso la norma si lega all’articolo 5 relativo alle autonomie territoriali oltre che al principio generale dell’articolo 2 che tutela i diritti delle (e nelle) formazioni sociali, comunità intermedie fra i singoli e la Repubblica. Il principio pluralista è espresso in varie disposizioni inserite nei principi fondamentali oltre che in vari punti della prima parte della Costituzione : dalle minoranze linguistiche alle confessioni religiose, dai ai sindacati ai partiti e alle associazioni di varia natura. Il pluralismo pervade tutto il sistema: è politico, territoriale, religioso, linguistico, culturale, sindacale. E le “differenze” non sono soltanto da difendere contro offese e discriminazioni, ma sono anche da tutelare e valorizzare.

L’

iverso è il contenuto e diverDrispetto sa la portata dell’articolo 6 all’articolo 3 comma 1 che vieta discriminazioni in base alla lingua (così come in base alla religione, alla razza, al sesso, alle opinioni politiche, alle condizioni personali e sociali) garantendo a tutti in modo pari la libertà di lingua. L’articolo 6, viceversa, consente l’emanazione di “apposite norme” per le singole minoranze linguistiche alle quali viene offerta una tutela positiva, in particolare nei rapporti fra i componenti delle minoranze stesse e i pubblici uffici (giurisdizionali e amministrativi), in determinate zone mistilingui. La Corte costituzionale, a proposito dell’art.6, ha precisato che la legislazione che su di esso si fonda determina un “trattamento specificamente differenziato”, cioè una disciplina di eccezione. Il collegamento, dunque, è piuttosto con il secondo comma dell’art.3 ( che impone alla Repubblica di rimuovere gli ostacoli che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono la piena partecipazione) che giustifica “ipotesi legislative, apparentemente discriminatrici” che però “ nella sostanza ristabiliscono l’eguaglianza delle condizioni”. Così nello Statuto speciale per il Trentino-Alto Adige la lingua tedesca è parificata alla lingua italiana, e i cittadini di lingua tedesca della Provincia di Bolzano hanno la facoltà di usarla nei rapporti con gli uffici giudiziari e della pubblica amministrazione situati nella Provincia. Se è vero che l’uso della propria lingua del processo attiene al diritto di difesa, non ne va trascurata anche la valenza identitaria: l’uso di una determinata lingua esprime l’appartenenza di una persona a una determinata cultura. Perciò il medesimo Statuto – approvato con legge costituzionale come tutti gli Statuti delle Regioni ad autonomia differenziata (art.116 Cost.) - prevede che l’insegnamento venga impartito nella lingua materna. In esso trova tutela anche la minoranza di lingua ladina per la quale pu-

La realtà di oggi pone interrogativi nuovi e pressanti, non prevedibili in fase costituente: quale tutela per le situazioni derivanti dal fenomeno dell’immigrazione, per le “nuove minoranze”? re, nelle leggi elettorali, è previsto un meccanismo che le consenta una rappresentanza politica propria. Le minoranze tutelate da altri Statuti speciali francese e walser in Valle d’Aosta, slovena in Friuli-Venezia Giulia – hanno un livello di tutela minore: manca un modello univoco di tutela delle minoranze, di certo assai diverse fra loro per dimensione e radicamento. L’unico punto in comune è il modello “territoriale” e non personale della tutela: i diritti linguistici della minoranza possono essere invocati solo nel territorio di insediamento che è riconosciuto come tale dalle autorità pubbliche. Benché con la legge quadro n.482 del 1999 si abbia finalmente una legislazione generale di attuazione dell’art. 6, restano profonde differenze nel trattamento; è comunque importante che la Corte costituzionale abbia riconosciuto che l’attuazione del principio non spetta solo allo Stato, ma anche alle Regioni; non poche norme di tutela sono state emanate dagli enti locali anche per far fronte alle difficoltà in cui si trovano le minoranze nuove , prive di ogni riconoscimento.

ranza linguistica tedesca trova la sua radice nell’accordo italo-austriaco De Gasperi-Gruber concluso a Parigi il 5 settembre 1946 che prefigura un’autonomia territoriale coincidente con l’area abitata da quella minoranza. Tuttavia l’articolo 6 come riconoscimento del “diritto alla differenza” del gruppo minoritario, collocato tra i principi fondamentali, ha un valore generale in armonia col pluralismo che connota il sistema intero. Torna anche qui l’ispirazione costituzionale di fondo: la nostra non è una democrazia maggioritaria dove solo la maggiorana ha voce, ma una democrazia pluralista che non vuole assimilare le differenze. E’ un quadro complessivo nel quale tutto si lega: nello stato “democratico di diritto” che fa propri i principi del costituzionalismo liberale , democrazia non significa dominio della maggioranza: i diritti degli altri esigono riconoscimento e tutela. La realtà del nostro tempo pone interrogativi nuovi e pressanti, non prevedibili in fase costituente: quale tutela per le situazioni derivanti dal fenomeno dell’immigrazione, quale tutela per le “nuove minoranze”? La loro diffusione nel territorio italiano le rende certamente diverse dalle minoranze storiche, concentrate in una porzione del territorio (cui è le-

IL FATTO di ENZO

l

Nei tempi che furono circolava una storiella. Uno telefonava all' onorevole Farinacci, detto anche «il ras di Cremona», e quando non c' era, la segreteria rispondeva: «È andato dal barbiere a farsi fare la testa». Bellissimo. Silvio Berlusconi, afflitto dagli evidenti segni del tempo, ha fatto ricorso al lifting, quella specie di restauro chirurgico a cui, di solito, ricorrono le signore. Certo, pure in politica l'aspetto conta, anche se non immagino Giolitti che si facesse dare, prima di comparire in pubblico una passatina di cipria. Corriere della Sera 25 gennaio 2004

gato il riconoscimento delle autorità). L’articolo 6 potrà estendersi a questi nuovi soggetti? Forse l’estensione potrà avvenire più facilmente se si guarderà non solo al diritto della minoranza come collettività, ma al diritto dei singoli individui che ne fanno parte. Gerardo D’Ambrosio (FOTO ANSA)

a presenza in una medesima Lpolazioni porzione di territorio di podi lingua diversa è stata uno dei motivi che hanno determinato la creazione di Regioni ad autonomia differenziata; e la tutela forte della mino-

di Bruno Tinti

LE RIFORME ABORTITE O

ggi. Berlusconi: I pm sono tutti comunisti, i giudici sono comunisti (al momento solo quelli di Milano), urge una riforma della giustizia. I processi di Berlusconi si faranno tutti a Roma. Ieri. Alfano: i processi penali sono lunghi, urge una riforma della giustizia. Si devono separare le carriere dei pm e dei giudici. Poi bisogna levare al pm la Polizia Giudiziaria. L’altro ieri. Gerardo D’Ambrosio: i processi penali sono troppo lunghi, urge una riforma. Ecco a voi 9 disegni di legge per accorciarli e renderli efficienti. Tra queste tre prospettate riforme vi è una grande differenza: le prime due si faranno presto e bene (beh, si fa per dire); la terza non si è proprio mai fatta. Vi racconto come e perché. Per le elezioni del 2006 il Pds pensa di arruolare Gerardo D’Ambrosio. È ll’ex Procuratore di Milano, da qualche tempo in pensione per limiti di età. Persona onesta e capace se mai ce n’è stata una, ovviamente esperta di diritto. D’Ambrosio accetta e si scatena il casino. “Fuori i magistrati dal Parlamento!” Che, detto da partiti che sono il rifugio di condannati e inquisiti per reati di mafia, corruzione, concussione, peculato, dovrebbe far ridere; o almeno piangere. Invece no, si discute a lungo e seriamente se è giusto che D’Ambrosio vada a fare il senatore. Alla fine viene eletto e, almeno lui, cerca di guadagnarsi lo stipendio: presenta 9 disegni di legge per far funzionare la giustizia. Per via dello spazio a disposizione vi parlo dei 4 più importanti. N. 1373 del 7/3/07: chi è arrestato in flagranza di reato (vuol dire preso con il coltello in mano e la vittima sanguinante in terra) deve essere processato subito. Così si saltano le indagini del pm e l’udienza preliminare; sarà il giudice a raccogliere le prove. Si risparmiano una media di 2 anni a processo. N. 1374 del 7/3/07: l’indagato deve ricevere la prima notifica (per esempio l’avviso che si sta procedendo nei suoi confronti) a mani proprie; dobbiamo essere sicuri che è stato avvertito. Nell’atto c’è scritto chi è il suo difensore (di fiducia o di ufficio) e che tutte le successive notifiche saranno fatte a questo avvocato che dovrà avvertirlo di tutto quello che succederà nel processo; quindi è bene che si tenga in contatto con lui. Gli uffici giudiziari faranno le notifiche solo agli avvocati (magari via e-mail) e risparmieranno soldi e tempo (tantissimo ma è difficile quantificarlo). N. 1823 del 3/10/07: quando si fa un ricorso per Cassazione si deve depositare una piccola cauzione (250 euro); se la Corte darà ragione al ricorrente, gli sarà restituito; altrimenti ci si pagherà almeno una parte delle spese processuali. I ricorsi inammissibili sono la norma perché si ritarda il momento in cui la sentenza diventa definitiva. Se si paga, qualche ricorso ce lo risparmiamo; e risparmiamo anche tempo e lavoro. N. 1850 del 11/10/07: gli imputati di reati di mafia, riciclaggio, droga, prostituzione non possono accedere al gratuito patrocinio. Questa gente ha sicuramente un sacco di soldi, perché deve essere lo Stato a pagare? Perché gli imputati per reati fiscali non possono beneficiare del gratuito patrocinio e questi altri si? Come si vede sono riforme che non costano un euro, in molti casi ne fanno guadagnare o risparmiare. I processi si accorciano e lo Stato spende di meno. Cosa fece il governo “di sinistra” Prodi? Non le mise nemmeno a calendario; questo vuol dire che nemmeno le esaminò; la Commissione Giustizia si occupò del divieto della tortura e delle coppie di fatto. Delle riforme di D’Ambrosio se ne fregarono tutti. Poi Prodi fece la fine che sappiamo e le riforme sono rimaste in archivio. Io non mi sento di dire “Signore perdonali perché non sanno quello che fanno”: se non lo sanno, e non lo sanno, si ritirino a vita privata.

Le virtù di un capo di Giovanni Ghiselli

el secondo stasimo dell’Edipo re il Coro domanda: “Se infatti tali azioni sono onorate, perché devo eseguire la danza sacra?” (vv. 895-896). E’ lo stesso Sofocle che si chiede se abbia ancora senso rappresentare le tragedie in una città dove “tramontano gli dèi” (v.910). Molti cittadini italiani si pongono la stessa domanda riguardo al pessimo agire di tanti uomini politici, e al comportamento da tenere nei confronti della res publica. In tanti si chiederanno: “Se costoro compiono azioni siffatte restando quasi sempre impuniti, perché io devo spendere Fromm dice: “Il le mie energie in favore di una nazione così capo non è solo la malamente condotta?” Allora faccio un persona auspicio per la collotecnicamente più cazione dell’etica ai vertici dello Stato. Ne qualificata, come deriverebbe un impulso alla moralità gedeve essere un nerale. Come deve essere un capo per dare dirigente, ma è il buon esempio? Sulla anche l'uomo che generosità del comandante e la sua disponieduca gli altri” bilità al sacrificio Pla-

N

tone nella Repubblica fa dire a Socrate che un capo vero e genuino deve cercare l’ utile dei governati, non il proprio. Isocrate nell’Areopagitico ricorda che ai tempi di Solone e di Clistene i cittadini consideravano la cura degli affari di Stato non un una fonte di lucro ma un servizio pubblico. Seneca indirizzò il De clementia a Nerone per convincerlo a gestire il potere in favore dei sudditi. Nell'ultimo capitolo del trattato il filosofo chiarisce che la tanto celebrata felicità del principe consiste nel dare salvezza a molti “Felicitas illa multis salutem dare”. Nelle Lettere a Lucilio il maestro, già ripudiato dal discepolo imperiale, ricorda che nell'età dell'oro governare era un dovere, non un potere assoluto: “Officium erat imperare, non regnum”. Così aveva insegnato un altro maestro stoico ad Antigono Gonata, re di Macedonia, cui il regnare apparve un “onorevole servizio”. Luogo simile nel romanzo di Manzoni a proposito del cardinal Federigo Borromeo: “Ma egli, persuaso in cuore di ciò che nessuno il quale professi cristianesimo può negar con la bocca, non ci esser giusta superiorità d'uomo sopra gli uomini, se non in loro servizio, temeva le dignità, e cercava di scansarle”. Se veniamo al Novecento un concetto analogo si trova in Psicanalisi della società contemporanea di Fromm: “Il capo non è soltanto la persona tecnicamente più qualificata, come deve essere un dirigente, ma è anche l'uomo che è un esempio, che educa gli altri, che li ama, che è altruista, che li serve”. La vita del capo può essere un modello positivo o negativo per i

sudditi. La protagonista dell'Antigone di Brecht si propone come paradigma in antitesi a Creonte il quale le domanda: “Dimmi perché sei così ostinata”. E la ragazza risponde: “Solo per dare un esempio”. Il potere del resto, secondo la figliola di Edipo, è una specie di droga che asseta di sé: “Perché chi beve il potere/beve acqua salsa, non può smettere, e seguita/per forza a bere”. Morin ne L’identità umana scrive:“Sono rari i sovrani che apprendono la saggezza nella sovranità. Al contrario, l’occupazione del potere suscita un delirio di potenza, e la sete di potere suscita il più delle volte ambizioni smisurate. Intorno al potere si moltiplicano colpi di stato, assassini, fratricidi, patricidi, così ben descritti da Eschilo, Sofocle, Euripide, Shakespeare”. Il potere è morale solo se si pone al servizio della vita. Torniamo all’ Edipo di Sofocle: egli ha commesso incesto e parricidio, senza saperlo, comunque degli orrori; tuttavia manifesta la sua parte buona quando dice "Ma se ho salvato questa città, non mi importa" (Edipo re, v. 443). Edipo ha risolto l’enigma della Sfinge e ha di conseguenza occupato la posizione di re dei Tebani che all’inizio della tragedia lo venerano quasi come un dio. Ma non è questa la sua grandezza. Infatti egli precipiterà dal vertice “nella necessità scoscesa, senza avvalersi di valido piede” (vv. 877- 878). La sua grandezza sta nella volontà di indagare la causa del male di Tebe, e, dopo avere scoperto di esserne il responsabile, nella decisione di pagarne le conseguenze per liberare la città dai flagelli della peste e della sterilità.


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SECONDO TEMPO

MAIL In fila alle primarie nonostante Marrazzo

BOX A DOMANDA RISPONDO L’ANONIMATO È SEMPRE VILE

Furio Colombo

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Faccio parte di quei tre milioni di italiani che domenica scorsa sono andati a votare il nuovo segretario Pd. Purtroppo la vicenda che ha coinvolto l’ex governatore Marrazzo non ha aiutato molto. Anzi, è stata dura. Ma con orgoglio e dignita' siamo andati a far la fila. La prima impressione è stata quella di una comune partecipazione emotiva, una voglia di cambiamento, di rinnovo. Spero che Bersani abbia il coraggio di fare opposizione vera, che abbia programmi concreti e che non sprechi questa grande opportunità, e soprattutto che si scelga alleati onesti e non voltagabbana..grazie a voi tutti del Fatto!

aro Colombo, la presente per denunciare che nei giorni scorsi è stata autorizzata dal direttore generale della azienda ospedaliera (nome omesso ndr) la mobilità di (nome omesso ndr). Si ritiene l’autorizzazione impropria perché avvenuta nonostante esista una delibera regionale che vieta mobilità in strutture appartenti alla sanità pubblica; ed esiste uno specifico parere negativo nei mesi scorsi. Chiediamo di bloccare questo atto illecito e lesivo dei diritti di chi partecipa a concorse pubblici non potendo ricorrere a favoritismi e nepotismi. Colleghi oltraggiati

C

Ivana Camilletti

5mila euro a prestazione, io ne prendo mille al mese

HO SCELTO di rispondere a

questa lettera benché sia anonima (le lettere anonime non vanno mai pubblicate). E ho scelto di non identificare il nome della persona difesa dai colleghi, e della azienda sanitaria citata nella lettera, per non creare problemi in più. Ma ciò che ha attratto la mia attenzione è che si faccia circolare e si faccia arrivare anche al nostro giornale una lettera che è di legittima difesa sindacale e che è la denuncia della violazione di legittimi diritti. Ma è anonima. Le lettere anonime sono, tipicamente, odiose e vili. L’anonimato è, insieme, minaccia e

Perchè non fate una bella indagine sui patrimoni dei politici ? Mi spiego meglio: se l’ex governatore del Lazio si poteva permettere 5000 euro per una prestazione sessuale, dico una, capiamo di quanti soldi si parla qui? Non si faceva proprio mancare nulla, Piero Marrazzo. In barba a quelli che guadagnano 1000 euro al mese. Veniamo sempre più spremuti per far navigare nell'oro

LA VIGNETTA

vergogna. Questo è il primo caso in cui mi imbatto di lettera anonima ispirata da buone intenzioni. Inevitabili un paio di ipotesi. La prima è che i “colleghi oltraggiati” hanno paura di un direttore generale arbitrario e vendicativo e, pur volendo sostenere una collega colpita da ingiustizia, non vogliono uscire alla scoperto . La seconda è che uscire allo scoperto è comunque causa di grane, riunioni, discussioni, predite di tempo. Se cominci a occuparti a volto scoperto di una causa, per quanto piccola, non puoi lasciar perdere anche se diventa ingombrante. La prima ipotesi è triste. Ci fa immaginare un mormorio sindacale debole che preferisce restare clandestino. La seconda è peggiore: dire ma non dire, sostenere la vittima di una ingiustizia ma agire senza faccia e senza nome per non lasciarsi coinvolgere. E’ un antico costume italiano restare anonimi ed estranei, salvo esigere che tocchi ad altri impegnarsi, e giudicarli male se non lo fanno. Ecco perché, per una volta, ho pubblicato e, in un certo senso, risposto a una lettera anonima. Per dire: Non si fa mai, neppure per buone ragioni. Anzi, la lettera anonima “buona” rende ancora peggiore la “firma” anonima. Furio Colombo - Il Fatto Quotidiano 00193 Roma, via Orazio n. 10 lettere@ilfattoquotidiano.it

lino e company, dopo mi farò di nuovo la tessera del partito ciao.

cabile ed emblematico delle abitudini di chi vive quei luoghi.

Soana

Massimiliano Santoni

Quando ti scoprono vai in convento

Il berlusconismo attecchisce in Francia

È bello, bellissimo questo momento della storia italiana (perché stiamo scrivendo la Storia che verrà studiata dalle prossime generazioni) in cui la gente va in convento, in "ritiro spirituale" non perché, e soprattutto quando, ha peccato, ma solo quando lo vengono a sapere gli altri...Sic transeat.

Ha fatto molto discutere, in queste ultime settimane, la possibile candidatura di Jean Sarkozy alla candidatura alla presidenza de ‘la Defense’. Ho come l'impressione che la Francia si stia pericolosamente avvicinando al nostro modello di democrazia autoritaria: leggo su L'Espresso che Sarkozy ha saldamente nelle mani il proprio partito, che il governo è guidato da un suo prestanome, che il parlamento è succube, che i media (come dimostra anche l'indagine di Rsf che colloca la Francia al 44° posto in graduatoria) sono controllati direttamente dalla politica o da amici fidati. In ultimo assistiamo alla totale condivisione con l'Italia della valutazione del "problema" immigrati, attraverso richieste comuni all'Europa per una maggiore durezza. Insomma, la questione di Jean, anche se ormai archiviata, pare essere sintomo di un processo di personalizzazione e accentramento del potere molto simile al nostro. Un deputato francese ha detto: “Se andiamo avanti così, non avremo più nulla da dire sull’Italia”. Che il fenomeno del berlusconismo abbia possibilità di attecchire

Gene Froio

Passi il trans, ma la cocaina no tutta questa brava gente. Mariella Michelis

Ho votato Bersani, mi aspetto cambiamenti Sono una ex iscritta a quello che era il Pc di Enrico Berlinguer, ho cercato in tutti questi anni di capire la nostra politica e di seguire (per quanto impossibile) i vari cambiamenti: Prodi, Veltroni, Franceschini e così via. Ma dove sono i veri comunisti? Li vede solo Berlusconi! Ma non parliamo del passato, andiamo avanti. Abbiamo visto il successo di Bersani, che tra tutti mi è sem-

brato quello che aveva più a che fare con la sinistra vera. Io sono andata a votare per lui, però adesso mi aspetto una reazione a questa agonia della nostra politica. Chiedo innanzitutto: perchè avete fatto passare tante leggi odiose? Parlo ad esempio dello scudo fiscale. Dov'era l'opposizione?Esiste ancora l'opposizione? Per non parlare di utte le leggi che Berlusconi si è fatto su misura. Caro Bersani, da te mi aspetto molto. Non deludere il popolo che ti ha votato, altrimenti la nostra speranza finirà nella spazzatura. Un'altra cosa: per favore, mandate a casa Basso-

Prendo atto che viviamo un tempo in cui il senso dell'etica è aberrante. Quindi, in un momento di massimo delirio, arrivo perfino a tollerare le abitudini sessuali dei politici ed anche i vizi privati e le pubbliche virtù. Però c'è un aspetto che trovo, francamente, intollerabile: l'uso di stupefacenti. Ritengo che questo aspetto sia effettivamente invasivo della capacità di scelta della persona che ne fa uso, e quindi assolutamente lesivo del rapporto di fiducia concesso al politico. Allora mi domando perché non inviare i Nas ad analizzare la qualità degli scarichi delle Camere così come fu fatto per le fogne di Firenze. Il risultato sarebbe inequivo-

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IL FATTO di ieri30 Ottobre 1758 Scrive Calvino a proposito del Candide di Voltaire “…Nel Candide oggi non è il “ racconto filosofico” che più ci incanta… non è il prender forma d’una morale… è il ritmo. Con velocità e leggerezza, un susseguirsi di disgrazie supplizi massacri corre sulla pagina, rimbalza di capitolo in capitolo, si ramifica e moltiplica senza provocare nel lettore altro effetto che d’una vitalità esilarante e primordiale…” “Conte philosophique”immortale, scritto da Voltaire alla fine del 1758, nell’esilio fiorito della sua villa di Ferney, Candide, caricatura perfida di un certo Settecento dei Lumi, vive ancor oggi di una sua irresistibile attualità. Cento pagine, miracolosamente scampate all’usura del tempo, in cui, tra paradossi, metafore, nonsense, tutta la possibile arte retorica è sfoderata al fine di mostrare il rapporto tra violenza cieca della natura e fragilità dell’essere umano. Simbolo di una disillusione universale, Candide, in una grande pantomima buffonesca, smonta e disarticola principi cardine come ordine, necessità, giustizia, smaschera e mette alla berlina inganni, rapacità, ipocrisie, ingiustizie e pregiudizi. Aureo libretto, con una vena di saggezza crudele, da rivisitare e rileggere. Giovanna Gabrielli

L’abbonato del giorno DAVIDE ARIALI Davide studia a Palermo. Dopo aver partecipato a tante iniziative contro la mafia, ci parla di Salvatore Borsellino, il fratello di Paolo, che ha incontrato: “mi ha fatto sentire come se finallmente avessi restituito qualcosa, dopo tutto ciò che tanti, anche al costo della vita, mi avevano donato”. La sua vignetta è ispirata a Vauro. Raccontati e manda una foto a: abbonatodelgiorno@ ilfattoquotidiano.it

anche in altre realtà europee? Gennaro

Berlusconi chiama Ballarò L’altra sera su Rai tre ha telefonato Dio. Una telefonata di cinque minuti in cui attraverso i microfoni e le telecamere di Ballarò ha tenuto un vero e proprio discorso alla nazione e agli italiani "di buon senso". Alla luce di questo evento miracoloso, vorrei chiedere: non bastavano il guardasigilli e il ministro della difesa a difendere il capo? Perchè, nonostante fosse malato, Berlusconi si è scomodato a telefonare per ribadire che i sondaggi lo danno stabile sul

ponte di comando, che le toghe milanesi lo perseguitano da anni e che Ballarò fa un uso criminoso della tv publica? Vorrei far notare anche che B., a inizio intervento, ha parlato di mancanza di contraddittorio nelle trasmissioni faziose. Ma non mi pare invece che dopo la telefonata qualcuno sia andato contro a Berlusconi. Alla fine della fiera, è sempre lui l’unico che non viene mai contraddetto, e nel caso il malcapitato viene massacrato. Filippo Buniotto

Stanno rovinando le università pubbliche Ormai le uniche università competitive sono private, quelle pubbliche le stanno massacrando. É recentemente uscita la classifica degli atenei più influenti del mondo, e non riesco nemmeno a ricordare in che posizione si sono piazzati quelli italiani. Sicuramente, non tra i primi (e neanche in una zona dignitosa). Per fortuna che almeno le scuole superiori pubbliche, in Italia, sono assolutamente migliori di quelle private. Che costano, e non poco. Spero di poter mandare mia figlia a una buona università pubblica, quando sarà ora, cioè tra pochi anni. Spero che esisterà ancora l’università pubblica, che non ci avranno privati anche dei diritti più elementari, come sembra che stiano facendo ora. Altrimenti, mia figlia, che futuro può avere? Mariaclarissa

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Venerdì 30 ottobre 2009

UN FILM DI

MICHAEL HANEKE

IL NASTRO BIANCO

DA OGGI AL CINEMA


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