Il Fatto Quotidiano (6 NOv 2009)

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Casini ha già visto Bersani e oggi incontra Berlusconi Si discute di Regioni e poltrone. L’Udc apre l’asta

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€ 1,20 – Arretrati: € 2,00 Spedizione abb. postale D.L. 353/03 (conv.in L. 27/02/2004 n. 46) Art. 1 comma 1 Roma Aut. 114/2009

Venerdì 6 novembre 2009 – Anno 1 – n° 39 Redazione: via Orazio n° 10 – 00193 Roma tel. +39 06 32818.1 – fax +39 06 32818.230

L’ITALIA CHE TIRA COCA, PRIMI IN EUROPA

A.A.A. Lodo offresi prezzo trattabile di Marco Travaglio

Operai e professionisti, un consumo di massa di Oliviero

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ì, c’è un’altra cocaina che somiglia tantissimo a quella di cui si parla riferita agli sniffatori Vip, ai parlamentari da sottoporre a test, agli uomini di potere e a quelli di spettacolo, a quella dei video di Marrazzo ma anche della storiaccia di Lapo Elkann, senza neppure risalire troppo indietro per li rami della beneamata dinastia a quattro ruote… Somiglia tantissimo fino a sembrare la stessa. E invece no, è alla lettera la stessa ma anche un’altra cocaina. Nello tsunami di polvere bianca che ha scosso l’Europa inondandola stando all’ultimo dossier dell’Osservatorio continentale sulle droghe, con l’Italia tra i paesi in testa alla speciale classifica, c’è molta di questa “altra cocaina”. Abbastanza lontana da quell’idea di privilegio, di vizio, di proibito che da sempre si associa a una certa sfera sociale. Sono ricchi, si annoiano… No qui sono anche poveri, e si drogano per tirare avanti come fossero degli atleti del successo o anche solo della sopravvivenza, si dopano per “essere all’altezza” e non rimanere indietro in una competizione esistenziale che travolge di frequente tutto, sentimenti, famiglie, professioni e qualunque tipo di valore tradizionale. L’importante è “farcela”, e per farcela si fanno. Curioso paradosso: è una specie di gara sportiva senza niente di sportivo, mentre lo sport troppo spesso ricorre al doping e alla mancanza di regole esattamente come il resto che vorrebbe/dovrebbe sublimare. Oggi consuma cocaina a prezzi quasi stracciati un numero esorbitante di italiani, quasi fosse una specie di “aiutino” come dice la mammana televisiva. Sniffano artisti, pseudoartisti e muratori, impiegati e operai, manager e sottomanager in una scala quasi senza censo, giovani e vecchi con tutte le classificazioni del caso, uomini e donne. E troppo spesso gli incidenti stradali smascherano la dipendenza di chiunque sia al volante da alcool e droghe, cocaina appunto in primis. Un’umanità affidata all’euforia del momento, i freni inibitori che non frenano, una sensazione di onnipotenza estemporanea e soprattutto l’idea di essere in grado di continuare sotto un peso sempre più opprimente. E questo consumo avviene nella conoscenza di tutti a partire dai periodici ed evidentemente “recitativi” gridi d’allarme dei vari ministri degli Interni delle due sponde, ma nella mancanza di consapevolezza di ognuno. Travolti. Una sniffata collettiva ci seppellirà?

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Come noi nessuno. Nello Stivale si consuma il maggior quantitativo di “polvere bianca” del continente: 100 tonnellate l’anno per un giro d’affari di 30 miliardi d’euro Borromeo, Citati, De Carolis, Ferrucci e Piccini pag. 2 e 3 z

Udi Loris Mazzetti

NOMINE x

ALLARME ROSSO PER LA RAI

TV, TUTTI GLI UOMINI DI B. MEDUSA PRONTA PER BARBARA

di Berlusconi, dopo bocciatura del lodo Alfano, Lgli alahafragilità imposto di accelerare i tempi al punto di mettere a rischio la democrazia: accorciare l’entrata in prescrizione dei processi, eliminare la legge sulla par condicio, distruggere Rai Tre di Paolo Ruffini. pag. 18 z

Udi Carlo Verdone GRAZIE, MAE STRO COPPOLA eggere ieri su ll Fatto di LFrancis un apprezzamento di Ford Coppola su di me, mi ha reso particolarmente felice. E sono orgoglioso del solo fatto che abbia pronunciato il mio nome. pag. 15 z

Tecce pag. 9 z

Barbara Berlusconi (FOTO ANSA)

LE STRAGI DEL ‘93 x La trasferta in Costa Smeralda I Georgofili,

Nasceva FI e i Graviano erano lì, a cento passi

la trattativa: i boss a Porto Rotondo in cerca di contatti. Gomez pag. 6 z

nsocietà

nla polemica

Generazione C (ovvero cambio vita)

L’impunità colta del Foglio

Perotti pag. 14z

CATTIVERIE

Flores d’Arcais pag. 18z

L’industriale Calearo lascia il Pd. Per il partito di Bersani è la prima cosa di sinistra

remesso che l'on. avv. Niccolò Ghedini è una simpatica personcina e il suo maestro on. avv. Pietro Longo pure, la domanda è questa: ma è normale che questi due signori - come informano quotidianamente i giornali - si aggirino per le aule parlamentari, peraltro deserte, e negli angiporti limitrofi, cercando di piazzare lodi, lodini, sottolodi, minilodi travestiti da “riforme della giustizia" in formato extralarge, o mignon, da tasca o da pochette, per cancellare i processi o i reati del loro cliente che li paga profumatamente e, per inciso, fa pure il presidente del Consiglio? È normale che tutti li stiano a sentire, nell'ambito del “dialogo sulle riforme”, anziché mandarli a stendere? È normale che nessuno, dal presidente della Camera a quello della Repubblica, non trovino due minuti e due parole per metter fine allo sconcio? È normale che i giornaloni “liberali” non scrivano una riga? È normale che Pigi Battista abbia frantumato i marroni per tutta l'estate a De Magistris perché non s'era ancora dimesso da magistrato (l'ha fatto a settembre, nel silenzio di Battista) e non abbia mai dedicato una virgola alle mancate dimissioni di Ghedini e Longo dall'avvocatura o dal Parlamento o dalla difesa berlusconiana? È normale che il Corriere degli Ostellini, dei Panebianchi, dei Pappagalli della Loggia che quotidianamente ci affetta i santissimi con la separazione delle carriere fra giudici e pm non dedichi un pigolìo alla separazione delle carriere fra avvocati e legislatori? È normale che l'Ordine degli avvocati, quello che non ha ancora trovato il modo di espellere Previti a tre anni dalle condanne definitive per aver comprato le sentenze Imi-Sir e Mondadori, non abbia nulla da dire ai due illustri associati in spudorato conflitto d'interessi? Se non andiamo errati, l'Ordine forense è dotato financo di un “Codice deontologico”, che nel capitolo III sul “Conflitto d'interessi”, contempla il seguente art. 37: “L'avvocato ha l'obbligo di astenersi dal prestare attività professionale quando questa... interferisca con lo svolgimento di altro incarico anche non professionale”. Tipo quello di deputato. Ora, non ritengono lorsignori che codesto articolo calzi a pennello con ciò che fanno ogni santo giorno da 15 anni gli avvocati del premier? E, se è così, il Codice deontologico ha una funzione ornamentale o è vincolante per gli associati? E che si intende fare per indurre le due personcine a rispettarlo? Finora gli On. Avv. avevano sempre trovato un prestanome disposto a immolarsi e intestarsi le leggi-vergogna su misura dell'Utilizzatore Finale e dei suoi cari: decreto Biondi, condono Tremonti, scudo Tremonti, ddl Pittelli, lodi Schifani e Alfano, legge-bavaglio Alfano sulle intercettazioni. Solo Cirielli si era ribellato, tant'è che la sua legge riveduta e corrotta fu ribattezzata “ex Cirielli”, alla memoria, per mancanza di scudi umani volontari. Ora anche Angelino Jolie, essendosi sputtanato abbastanza, non firma più nulla. Così Ghedini e Longo han dovuto riaprire il bazar mettendoci la faccia e il nome. Ogni giorno la premiata ditta sforna una nuova schifezzuola per sondare il terreno e vedere l'effetto che fa: amnistia super o mini; indultino gigante o nano; prescrizione breve o media o lampo; portiamo tutto da Milano a Roma, o magari ci fermiamo a metà strada, tipo Orte; un bel lodino nuovo di pacca, anzi usato; valido per tutti, o solo per gli incensurati, o solo per Lui. Interessa l'articolo? Prezzi modici e trattabili. Roba che nemmeno Paolo Ferrari coi due fustini al posto di un Dash. Prima o poi riusciranno a piazzarlo, il Ghedash che lava più bianco. Tanto nessuno dice nulla e il Presidente firma tutto. O no?

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Dal 2002 al 2008 la dose di “bamba” è costata sempre meno

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EMERGENZA DROGA

roghe sempre meno care e quindi più accessibili, ma non tutte: già dal 2008 si è segnalata la tendenza alla discesa dei prezzi massimi e minimi sia dell’eroina sia della cocaina, mentre si sono stabilizzati quelli dell’Lsd. Più alti quelli dei cannabinoidi e il prezzo minimo per singola dose di ecstasy. Da una relazione del Parlamento, dal

2002 al 2008, la media dei prezzi massimi e minimi è passata da 96 a poco più di 78 euro per grammo per la cocaina; da circa 64 a meno di 47 euro per l’eroina nera e da 84 a meno di 60 per quella bianca; una forte diminuzione della media dei prezzi si è poi osservata per una singola pasticca di ecstasy, acquistabile a circa 24 euro nel 2006 e a meno di 19 nel 2008. Nel 2008,

infine, accanto a un forte aumento dell’offerta e di sequestri di droga, si è rafforzato il fenomeno delle coltivazioni autoctone nel sud del paese ed è emersa anche una nuova produzione italiana di “super skunk”, erba con un principio attivo del 15 per cento più forte della cannabis classica e fino a oggi commercializzata solo nei coffee shop di Amsterdam.

ITALIANI NELLA “POLVERE” NESSUNO SNIFFA COME NOI

Secondo i dati europei consumiamo la più alta quantità di coca

di Beatrice

uy CENTO TONNELLATE L’ANNO xvy 30 MILIARDI DI EURO xwy IL 2,2% DELLA POPOLAZIONE NE FA USO xxy IL 22% DEI TOSSICI È COCAINOMANE x

Borromeo

n Italia si vendono ogni anno 100 tonnellate di cocaina, per un giro d’affari da 30 miliardi di euro. Solo nelle fogne di Torino, ogni giorno, finisce un chilo e mezzo circa di polvere bianca. L’Italia, secondo i dati dell’Osservatorio europeo sulle droghe (Oedt), pubblicati ieri, è il paese in Europa che consuma più cocaina. Il comandante provinciale dei carabinieri, Vittorio Tomasone, conferma il trend: “A Roma ne abbiamo sequestrata, dall’inizio dell’anno, 333 chili; un dato in crescita rispetto al 2008 quando erano 215”. E aggiunge: “E’ diminuita l’età del primo consumo, i ragazzi iniziano a sniffare a soli dodici anni”. Torna a crescere anche il consumo di eroina e aumentano le morti per overdose di coca: 502 nel 2008. “Monopolista della cocaina all’ingrosso – spiega il sociologo e saggista Guido Blumir – è la ’Ndrangheta calabrese. La Camorra si occupa della vendita al dettaglio. La Calabria fa arrivare la droga dal Sudamerica e ne gestisce il traffico in Italia e in nord Europa”. Per mezzo secolo la cocaina è stata la droga delle élite. Il consumo di massa esplode negli anni Ottanta, con gli yuppies, negli Stati

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Uniti. L’Italia ci arriva qualche anno dopo, in un clima da Milano da bere, inseguendo lo slogan americano “soldi, sesso, successo”. Rispetto al passato i prezzi sono crollati, rendendo la coca accessibile a tutti. Ecco perché: l’aumento della domanda a cui è corrisposto un aumento dell’offerta (con sequestri, in crescita, pari a 710 tonnellate confiscate nel mondo, equivalenti a 412 tonnellate di cocaina pura); la spinta dei trafficanti a prediligere il mercato europeo, concentrandovi maggiori quantità di droga che fanno scendere la quotazione. E ancora il consumo crescente, che assieme alla forza della valuta europea rispetto al dollaro “ha costituito un importante fattore di attrazione” spiega l’Oedt. L’ultima “Relazione annuale sullo stato della tossicodipendenza in Italia” presentata in Parlamento a giugno, parla di un milione di consumatori tra i 14 e gli 80 anni. Secondo altre stime potrebbero essere almeno il

doppio: “I giovani di solito ammettono di prendere la coca, gli adulti no. Quindi è ragionevole pensare che in Italia i consumatori siano addirittura due milioni”. Due le motivazioni principali che spingono la gente a sniffare: innanzitutto il divertimento. “C’è una vera filosofia del weekend, del ristorante alla moda, della barca, delle donne, del privé in discoteca”, continua Blumir. Poi c’è un altro aspetto, quello dell’efficienza: la “bamba” elimina il sonno, la fatica, l’appetito. Per questo si diffonde anche tra gli operai o i professionisti in carriera che devono reggere gli straordinari. Nella classifica dell’Osservatorio europeo delle droghe, l’Italia è seguita a distanza ravvicinata da Danimarca, Spa-

GIOVANARDI E LA SUA PROPOSTA

CAMOMILLA

DA LUNEDÌ TEST PER I PARLAMENTARI. ANCHE SE È INUTILE di Luca De Carolis

erranno in tanti, sapesse quanti colleghi mi hanno fermato per dirmelo”. Carlo Giovanardi non ha dubbi: da lunedì prossimo sino a venerdì, deputati e senatori faranno la fila per sottoporsi ai test antidroga, fortemente voluti dal sottosegretario alla presidenza del Consiglio. Non dovranno neanche fare molta strada, visto che i test (sulle urine) si terranno presso il dipartimento per le Politiche antidroga in via della Vite, nel centro di Roma. Giovanardi esulta: “Guardi le agenzie delle ultime ore: hanno aderito Gasparri, La Russa, Di Pietro. Verranno anche tanti parlamentari dell’opposizione”. Richiamati da esami tanto pubblicizzati quanto poco probanti. Un consumatore abituale di droga può uscire facilmente in-

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denne dal test sulle urine: basta restare “puliti” per i tre o quattro giorni precedenti. Giovanardi replica: “Il test sulle urine scopre il consumo di cannabis anche se avvenuto diversi giorni prima. E poi ogni parlamentare potrà sottoporsi anche all’esame del capello”. Molto più efficace, visto che permette di risalire

Dopo tre giorni non è possibile rintracciare lo stupefacente L’unica analisi valida è quella del capello

gna, Irlanda e Regno Unito. Sono 12 milioni le persone che nell’Unione europea consumano o hanno consumato la cocaina. Ogni anno la droga provoca fino a 8 mila morti: ogni ora, in media, qualcuno muore di overdose. Dal 1973 a oggi in Italia ce ne sono state oltre 22 mila. Oltre sette milioni e mezzo di giovani nel Vecchio continente l’hanno provata almeno una volta, anche se la percentuale europea è scesa del 13 per cento. Aumenta invece dell’11 per cento, tra i ragazzi, l’uso di cannabis. Bassi invece i consumi di coca negli Stati in cui dominano le anfetamine. Spiega Blumir: “Dal 2002 ci sono state diverse campagne governative per dimostrare che le droghe, senza distinzioni, sono dannose. Purtroppo però ha coinciso con la campagna di marketing fatta dalla

al consumo anche di tre o quattro mesi prima. Di certo l’iniziativa di Giovanardi, creatore con Gianfranco Fini dell’omonima legge contro la droga, ha fatto rumore. Il sottosegretario però nega fini propagandistici: “Voi giornalisti siete sempre i soliti, qualsiasi cosa si faccia per voi è un errore. Il mio obiettivo è dimostrare che il Parlamento non è pieno di drogati, come hanno detto quelli de ‘Le Iene’ (il programma di Italia 1, ndr). Ci saranno sicuramente, come ce ne sono tra gli imprenditori, i medici e i giornalisti, ma sono una minoranza”. Da scoprire ad ogni costo, secondo Giovanardi “perché chi consuma cocaina, ad esempio, perde il proprio equilibrio e quindi non è affidabile. E poi non ci possono essere segreti sulla salute dei politici”. Parole graditissime

dal Codacons, che ha iniziato una raccolta di firme per una legge che imponga i test antidroga ai politici. “Non posso essere che d’accordo” sottolinea Giovanardi, che però ammonisce: “Basta con i pregiudizi su chi fa politica”. Intanto i test, che saranno a carico dei parlamentari (dieci euro ciascuno), incassano l’adesione del sindaco di Roma Alemanno: “Sono convinto che tutti gli assessori faranno l’esame”. Opposto il parere del deputato Benedetto Della Vedova, ex radicale, ora nel Pdl: “I test per i politici sono un’operazione di facciata, buona solo per una ripresa televisiva. La questione richiede ben altre soluzioni, visto il fallimento delle recenti politiche contro la droga. Se mi chiederanno di fare l’esame non dirò di no, ma poi bisognerà discutere dei problemi veri”.

’Ndrangheta che mandava i pusher in strada a spiegare ai ragazzi che fumare marijuana o tirare coca è la stessa cosa”. La cocaina è particolarmente pericolosa anche perché non ha effetti collaterali evidenti: non ci sono mal di testa del giorno dopo e si può sniffare per mesi, diventando dipendenti, senza notare (e mostrare) sintomi particolari.

Il comandante dei carabinieri Tomasone: “I ragazzini cominciano a prenderla già a 12 anni” di Alessandro Ferrucci

Ministro La Russa non faccia così

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l Fatto siamo preoccupati: l’immagine urlata ieri di La Russa, pubblicata da noi, più le successive dichiarazioni (“possono morire, non toglieremo mai il crocifisso!”), l’abbiamo trovata eccessiva, per usare un eufemismo. Sì, va bene, il nostro è un ministro che ogni tanto ama volare sopra le righe; un politico tifoso. Un uomo che sa alternare in maniera magistrale la pacca sulla spalla al “calcio” nel sedere. Ma c’è un limite. È evidente il suo alto stato di stress. Per questo non abbiamo intenzione di incalzarlo ulteriormente sulla sua, ormai, celebre promessa: “Domani mi sottoporrò all’esame del capello per individuare le tracce di droga!”. Eppoi: “No, lo farò dopo il 4 novembre”. Ieri era il 5. Ancora niente da fare. Però ci fanno sapere che lo sta organizzando per il 14 novembre. Ne siamo lieti, ci saremo. Nel frattempo non si agiti così, altrimenti rischia di essere davvero stupefacente.


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Attori, sportivi e politici: quando il vizio diventa trasversale e senza età

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EMERGENZA DROGA

ttori, politici, calciatori. Nessuna rima, molta coca. Ogni anno è uno stillicidio di nomi, e ogni volta c’è qualcuno che fa “oh!”; e molti altri che sorridono e pronunciano le fatidiche parole: lo sapevo. Quindi Paolo Calissano: attore di soap pizzicato in stato confusionale e con un ragazza morta per overdose. Oppure Lane Garrison,

condannato a tre anni e quattro mesi di carcere per avere causato la morte di un adolescente. Guidava ubriaco e sotto l’influenza della coca. E ancora Owen Wilson, avrebbe tentato il suicidio proprio sotto l’effetto degli stupefacenti. Per tornare agli attori nostrani, Claudio Amendola, Massimo Ceccherini e Andrea Roncato. Nel campo degli sportivi, la lista è lunga: in primis

Maradona. Pizzicato e squalificato. Dura, dolorosa, choccante la vicenda di Marco Pantani: trovato morto in un albergo. Quindi i casi di Flachi, Bachini e altri. In quanto ai politici ecco la serata hard di Cosimo Mele, pizzicato con una escort in stato “confusionale”. Lui ha sempre smentito l’uso. Infine i cantanti: in questo campo la confessione è quasi totale, spesso rivendicata.

Tu dimmi (se vuoi) quando pippi e ti dirò che lavoro fai

Illustrazione di Marco Scalia

DROGA 24 ORE SU 24: LA GIORNATA TIPO di Stefano Citati

ezzanotte è l’ora d’avvio del “popolo della notte” in tutte le sue forme da sballo; ma anche di chi ci lavora nella notte: i camionisti dei Tir che macinano chilometri e fatica, o chi fa turni sempre al buio, senza luce naturale (guardie, medici e non solo). All’alba poi, oltre la nicchia di sopravvissuti delle nottate disco che si preparano ad after hours, si comincia a sniffare nei cantieri, tra muratori e manova-

M LO SPACCIATORE

“PER I RAGAZZINI COCAINA E VIVIN-C”

li che devono tenersi su fin dall’alba e magari molti, essendo giovani, vengono da notti in bianco e aspettano la domenica per crollare in un lungo sonno, anche chimico. Poi, in mattinata, tocca ai businessmen, agli imprenditori, ma anche ai semplici dipendenti, per entrare in ritmo con i compiti, con le altre persone, con le cose da fare. E forse già nel pomeriggio si rende necessario un rinforzino per non calare e spegnersi di colpo, per mordere le ore e la stanchezza e farle andare giù e spingere il giorno più

Si “tira” per divertirsi, contro la fatica, per produrre di più, per usare meglio il tempo, o per farlo passare

UNA STRISCIA E POI METTO LA TOGA

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UNA BOTTA E POSSO GUIDARE DI NOTTE

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attività, lavoro, studio o svago e per ogni situazione sociale. Ma non basta: secondo i dati una delle categorie sociali che in percentuale assume più droga sarebbe quella dei disoccupati (o forse si dichiarano solamente tali), che dunque snifferebbero soltanto per passare il tempo.

L’AVVOCATO

o cominciato a spacciare perché si guadagna tanto ed è un lavoro facile”. Mauro ha 28 anni e vive a a prima striscia? Con gli amici. Sigarette, alcol, Milano. E’ uno spacciatore di strada, ha iniziato tre anni corse in macchina, non cambia niente. È sempre fa perché lui stesso è un consumatore di cocaina e aveva la stessa cosa: a una certa età non si ha la forza di dire bisogno di soldi: “I miei clienti sono soprattutto i ragazzi ‘no’, non sono d’accordo; è più facile far parte del giovani che hanno voglia di divertirsi. Lavoro più che branco, farsi trasportare dall’onda. Ci si sente protetaltro di giorno. Vado fuori dai licei in tarda mattinata, ti, invulnerabili. Quindi ecco il ‘battesimo’ della coca, soprattutto di venerdì e sabato, quando si comprano le una risatina, la convinzione di stare su un altro piadosi per il weekend. Oppure aspetto nel parco Sempioneta, di avere una marcia in più. La sensazione, però. ne. La sera mi muovo solo se mi telefonano dei clienti In realtà era robaccia tagliata male, ma l’ho capito abituali, perché fuori dai locali c’è sempre il rischio che molto dopo”. L’ha capito con il passare degli anni, con arrivi la polizia. Mi chiamano, vado sotto casa loro opl’età semiadulta. L’esperienza. Lui, Gabriele, 37 anni, pure ci troviamo per strada: lì c’è lo scambio”. è uno dei 17 mila avvocati al lavoro nella Capitale. Un Mauro ha paura a parlare, è disposto a raccontare la sua numero altissimo, sproporzionato, “è come avere una attività solo per telefono. Non vuole che si sappia troppo santabarbara modello Israele in un paesino della Valle in giro cosa fa quando non ha abbastanza coca: “La gente d’Aosta. Siamo troppi, e in tribunale la concorrenza è che viene da me non è abituata a tirare. Si tratta di raspietata”. Quindi ecco arrivare la striscia di supporto. gazzini di 14, 15 anni. Se sono a corto di roba, mischio la “Bè, qualche tiratina l’ho data anche ai tempi di Giucoca con eroina di bassa qualità o mannite, una polvere risprudenza: prima di una procedura o di qualunque che al tatto è molto simile alla coca. Altrimenti spezzo le altro esame tosto. Poi la sera, in particolare nel weepasticche di Vivin C e aggiungo un po’ di roba, l’ho visto kend: andavamo alle feste a casa di amici, e il tavolino fare in tv, alle ‘Iene’. Non se ne accorgono mai”. Ma i mix apparecchiato era una costante. Era un modo per supossono diventare molto pericolosi. Si verificano così le perare certe inibizioni, anche sessuali: le ragazze ci overdose per coca, che altrimenti sono rare. Di questo Mauro non vuole parlare. Racconta invece come riIL CAMIONISTA ceve la droga: “C’è un corriere che viene a Milano dalla Calabria ogni settimana, di lunedì. Dipendo dai calabresi: chi si mette in proprio viene ammazzato o venduto alla polizia. Pago con i ricavi della settie non ci fosse la cocaina, non ce la ga l’effetto mana precedente. I quanfarei mai”. Ugo, 42 anni, fa l’autotra- che fa una titativi variano, prendo un sportatore e nel suo camion ci dorme an- striscia: “Di po’ di tutto, anche ecstasy che. A Pavia ha una moglie e due figli pic- colpo non ho e acidi”. I prezzi? “Vendo a coli, ma torna poco a casa perché “gua- più sonno. volte mezzo grammo, a dagno abbastanza per mantenere la mia Sto bene, anvolte tre grammi tutti insiefamiglia solo se lavoro almeno sei giorni zi benissimo. me. Anche meno: un quarsu sette”. Ugo fa il giro delle stalle, rac- Mi fumo una sigaretta ed è davvero buoto di grammo costa tra i 20 coglie il latte e lo trasporta nei caseifici: na, sento che posso andare avanti per e i 30 euro. Un grammo 80 bea.bor. “Si comincia la mattina presto e spesso tutta la notte. La prima sniffata del giorno euro. E’ facile”. guido anche di notte. Quando sento che mi tiene sveglio per un’ora e mezza circa. sto per crollare e il mio cuore comincia a Poi ne prendo ancora, e l’effetto dura un battere troppo forte per la stanchezza, po’ meno, circa un’ora. Quindi la terza, prendo un po’ di coca, senza neanche mezz’ora”. Ugo sniffa tutti i giorni, quanaccostare. Non mi fermo mai, né per do lavora. Non ha mai avuto incidenti, mangiare, né per dormire. Neanche per anche se il rischio c’è: test di laboratorio andare in bagno: faccio la pipì in botti- con la guida simulata hanno dimostrato gliette di plastica, perché perdo almeno che i riflessi di una persona drogata di venti minuti, ogni volta che mi fermo in cocaina sono alterati tanto quanto quelli autogrill”. Ugo racconta una vita fatta di di un ubriaco. “Controlli – dice Ugo – ritmi insostenibili e grande solitudine. non me ne hanno mai fatti. Senza coca Mostra la sua “casa”, cioè il retro del Tir: come potrei farcela? Dico ai miei figli che un letto a una piazza, un piccolo frigo, il non ci sono i soldi per mangiare?” bea. bor. bagno e un cassetto con dei vestiti. Spie-

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avanti. Perché manca sempre il tempo e non ce ne è mai abbastanza, e la droga funziona come acceleratore e “moltiplicatore delle ore”: attraverso di essa si tenta di fare di più in meno tempo, forzare i ritmi naturali così come quelli sociali. Cocaina come additivo per ogni

vedevano spavaldi, noi anche. È in questo periodo che ho scoperto la differenza tra la roba per tutti e quella per pochi. Ai ragazzini si dà tagliata, con tutto: dall’aspirina all’intonaco. Sì, l’intonaco. Poi l’illuminazione quando siamo entrati nel giro giusto e ho sentito la prima schicchera di adrenalina arrivare fin sopra i capelli”. Da lì è un passo verso l’abitudine: “Dalla sera al giorno. Si fa tardi la sera, ma la mattina c’è il lavoro. Una striscia alle due di notte, e un’altra a metà mattinata prima dell’udienza. Guardatemi le mani, leggermente tremano. E gli occhi: sono arrossati”. Epal.fer. pure non è allergico.

IL MEDICO

“FATTO” PRIMA DI UN INTERVENTO isicamente di bella presenza Gabriele ha 35 anni e lo Fficoltà sguardo sfuggente. A prima vista è intuibile la sua difa relazionarsi con gli altri. Quando si rivolge allo psicologo del Sert di una città del nord esprime soddisfazione per aver conseguito la laurea e la specializzazione in Ortopedia traumatologica. Quello che sembrava un percorso da studente ideale, però, comincia a incrinarsi quando viene assunto dalla Croce Rossa. La sua è una vita senza orari. Tornare a casa per lui è un po’ come rimanere solo. La cocaina l’aiuta a sostenere l’ideale iperlavorativo. Nei momenti di pausa, sniffa in studio. In solitaria. Poi le prime difficoltà, anche sentimentali, e la droga diventa una presenza costante. Durante una visita esce fuori strada con l’auto. I carabinieri fanno il test, scatta il ritiro della patente e la sospensiva dall’Ordine. Solo a quel punto è costretto a chiedere aiuto. Come lui, il 12 per cento di chi indossa un camice bianco in Italia trova rifugio nell’alcol e nelle droghe: una percentuale simile a quella della popolazione generale, ma con conseguenze professionali ben più pesanti. Un errore in sala operatoria potrebbe essere fatale. In Italia l’argomento è tabù. In Spagna l’assistenza dei medici affetti da tossicodipendenze avviene in ricoveri residenziali, che possono durare dai 3 ai 6 mesi. L’anonimato è garantito. Il costo è intorno ai 3 mila euro al mese per professionista. I finanziamenti arrivano dal governo per l’80 per cento e dall’Ordine per il restante. In Italia il Progetto Helper è al momento solo sulla carta. “Non che il problema delle tossicodipendenze nella professione non sia sentito – conferma il presidente nazionale dell’Ordine dei medici Amedeo Bianco. Il problema è che mancano i fondi”. Dall’esperienza spagnola è emerso che circa il 12 per cento dei 165 mila camici bianchi soffrirà almeno una volta in carriera di dipendenze. Quindi circa ventimila professionisti. Adottando questa formula all’Italia, sarebbero circa 40 mila i camici bianchi italiani alle prese con tali problemi. Monica Piccini


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SESSO E POTERE copertura per non rivelare il caso via Gradoli. Altro elemento quello della coca: chi l’ha portata nell’appartamento del trans? I soldi che Marrazzo dice di aver pagato per la prestazione sessuale servivano anche per la droga? Le versioni rese agli inquirenti dall’ex Governatore non hanno chiarito fino in fondo cosa è successo. Su tutto aleggia poi la questione

politica: il video e la notizia delle frequentazioni di Marrazzo da quanto giravano? La telefonata di avvertimento di Berlusconi - tre giorni prima dell’arresto dei carabinieri - che alla Mondadori era stato offerto il video che lo ritraeva in compagnia di un viados era stato l’unico segnale? Che ruolo ha giocato nella gestione del caso Signorini?

BILANCI E RICATTI

Le rapine delle “mele marce” e i buchi neri sugli assegni

Il filmato, il blitz, la coca: tutti i punti oscuri dell’affaire

a vicenda Marrazzo è ancora in larga parte un rompicapo per gli inquirenti. Il video: quando è stato girato, e quanti ne sono in circolazione? Da chi è stato visto? I carabinieri che hanno ricattato il governatore sono stati arrestati il 22 ottobre. A loro Marrazzo sarebbe stato costretto a consegnare degli assegni - mai riscossi - come

Il video, gli Angelucci e le spese di Marrazzo E dopo le dimissioni lo stop ai tagli dei posti letto di Paola

Zanca

l debito della sanità nel Lazio torna a crescere. Ma dopo le dimissioni di Marrazzo, il piano di riorganizzazione della rete ospedaliera resta fermo. Ci sono ancora settecento posti letto da tagliare, ma nessuno li tocca. Il nuovo commissario straordinario nominato dal governo, Elio Guzzanti (89 anni, ex ministro della Salute con Dini) ha già dato lo stop. Di letti, dal 2007 a oggi, il Lazio ne ha tagliati più di quattromila. E la cosa non è piaciuta, non solo ai cittadini e ai lavoratori, ma soprattutto a quegli imprenditori della sanità privata che hanno visto volare via risorse ingenti. Tra tutti, i più agguerriti sono gli Angelucci, re delle cliniche private laziali, accusati dai magistrati di aver gonfiato i conti nella clinica di Velletri, nonché editori di Libero e del Riformista. Sono loro quelli che avrebbero visto in anteprima il video di Marrazzo in via Gradoli con un trans. Da editori, hanno impedito a Libero di parlarne, ma il giorno dopo hanno incontrato Marrazzo insieme ad altri politici, “incazzati neri” per l’atteggiamento della Regione nei confronti delle loro cliniche. Era

I

solo un preambolo, approfondito poi, cinque giorni più tardi, con il solo Governatore. Nessuno conosce i dettagli di quel colloquio, ma non può sfuggire l’ombra delle forti pressioni che aleggia sull’ex presidente. Il suo avvocato, Luca Petrucci, ieri ha ribadito che “i conti della rappresentanza della Regione sono in ordine e trasparenti” e che “ogni altra insinuazione è priva di fondamento”. L’insinuazione, per chi non l’avesse capita, è che Marrazzo abbia sostenuto le sue “debolezze private” con i soldi della Regione. Si chiama “distrazione di fondi pubblici”. C’è chi si è fatto i conti: come poteva il presidente pagare un incontro 5 mila euro se ne guadagnava 10 al mese? Petrucci ieri ha tenuto a precisare che “il compenso di Marrazzo (...) ammontava a 20 mila euro netti al mese”. Di insinuazione ce n’è anche un’altra: sono i due mutui, per un totale di quasi due milioni di euro, accesi da Marrazzo con il Monte dei Paschi di Siena, la stessa banca che aveva aperto un contenzioso con la Regione per il recupero di un miliardo di euro di crediti. La magistratura sta ora vagliando ogni ipotesi, ma il filo rosso che lega gli

Piero Marrazzo

La bufera sulla Regione Lazio: dai viados a via Gradoli al bubbone del deficit sanitario. Ma con l’addio del governatore qualcosa cambia Angelucci a Marrazzo resta ancora da capire. È un legame che nasce dal momento della sua elezione, quando Marrazzo si è trovato la pesante eredità del suo predecessore, Francesco Storace. Dieci miliardi di buco che costrinsero la Regione a sottoscrivere un piano di rientro tutto lacrime e sangue. “Nei

tre anni in cui abbiamo potuto gestire il sistema sanitario del Lazio abbiamo ottenuto un miglioramento del prestazioni e ridotto il deficit – ricorda Augusto Battaglia, all’epoca assessore alla Sanità – Abbiamo fatto un lavoro faticoso di risparmio e di controllo che non è piaciuto ad alcuni settori della sanità

LE VOCI

NOI, CLIENTI DI TRANS E L’ALTRA METÀ DELLE DONNE di Monica Raucci

Gli uomini preferiscono le trans, si potrebbe dire parafrasando un noto film. Ma perché? Il caso Marrazzo, ormai è chiaro, non rivela semplicemente le predilezioni di un uomo di potere. Il caso Marrazzo è lo stesso di tanti uomini, quasi mai omosessuali, che iniziano per gioco o curiosità, e scoprono un mondo. Un mondo dove a fare la differenza non è quasi mai, o solo, la trasgressione. Ecco alcune storie.

accio il commerciante in una città delFmente la Lombardia. Ho 48 anni, sono felicesposato e sono una persona in vista della mia città. Fino ai 36 anni sono andato solo con le donne in quanto non mi era mai passata per la testa l'idea di un coinvolgimento sia sessuale che affettivo con una trans. Cosa pensavo di loro? Nulla, pensavo che era una scelta di vita e che se andava bene a loro... Ho iniziato ad andare a trans 13 anni fa. Quel giorno, come tutte le mattine, arrivo nel mio negozio e prima di entrare vado nel bar vicino per bere il mio caffè delle nove. Mentre sto per uscire quasi mi scontro con una bellissima ragazza di circa 25 anni, alta, mora con un seno prorompente, il ritratto della Triani. Passa un'ora e la mia commessa mi dice che c'è una signorina che vuole una stima su due oggetti che ha portato. Le dico di farla passare e scopro che è la ragazza del bar. Ci siamo conosciuti, così, per caso. La

prima volta con lei è stata proprio nel mio negozio. All’inizio non avevo capito fosse una trans. Fin quando, quel giorno che abbiamo fatto sesso la prima volta, si è tolta il perizoma. Oh, porca miseria: aveva il pene! Era una trans. In un primo momento l’istinto è stato quello di prenderla a pugni, ma poi non so cosa sia successo, mi sono lasciato andare. Dopo aver avuto quell´inebriante esperienza di sesso per quasi 12 anni ci siamo visti regolarmente. Era sensualissima, più dolce, gentile e donna di una donna, con lei si poteva parlare di tante cose. Di quella prima trans mi ero innamorato. Anche lei di me, abbiamo vissuto una bellissima storia ma non qui, all'estero, dove non ci sono i tanti pregiudizi che ci sono in Italia. Qui non potevamo andare neanche in albergo, c’era sempre il solito portiere col sorrisetto stupido. Da allora ho cominciato a guardare le trans con occhi diversi ma soprattutto con una mentalità diversa. Ne ho conosciute parecchie. Quelle a pagamento, le ho sempre frequentate in ap-

La sete di novità, il sesso, la paura degli altri, la complicità del diverso/uguale

partamento, mai per strada. Igiene e privacy prima di tutto. Molte di loro sono delle persone eccezionali, con un regolare lavoro anche se ancora molto discriminate. Molte transessuali sanno ascoltarti e capirti, forse hanno ancora una parte maschile dentro di loro. ho 34 anni e sono di Trieste. Nel Itranso2006, tramite una chat, conobbi una di Macerata. Mi sono detto: ma sì, buttiamoci. Ero curioso e allora ero single. Fu la prima trans che conobbi di persona e con la quale ho avuto rapporti sessuali da attivo. Mi facevo Trieste-Rimini per stare con lei. Lei si prostituiva ogni tanto, ma io non pagavo con lei. Iniziò un vero e proprio rapporto, lei mi portava con i suoi amici. A me non piaceva quell’ambiente. Glielo dissi più volte, fin quando non decisi di chiudere. L'anno successivo scelsi di fare il grande passo: avere un rapporto sessuale da passivo. Beh, è stato bello. Da allora ho avuto anche un’altra fidanzata trans, sempre a distanza. Era molto più giovane di me, mi sembrava di accudire una bimba. Era molto tenera. Però la distanza non aiuta e anche con lei è finita. Nel frattempo ho continuato ad avere rapporti con donne. Ad una ho anche detto che frequentavo una trans, ma lei l’ha presa bene, ha detto che erano affari miei. Lei mi chiede cosa ci provo ad andare con una trans, ecco la risposta: sono molto più femminili ed affettuose delle donne biologiche e le considero delle vere donne.

privata convenzionata con la Regione. I sacrifici li abbiamo chiesti a tutti, non si potevano fare privilegi, serviva rigore”. Quel rigore sembra non esser piaciuto soprattutto agli Angelucci. A loro la gestione Battaglia, oltre ai tagli, ha portato anche due diffide (una a Termini e una a Montecompatri) per ambulatori non convenzionati che venivano invece usati come tali. Nel settembre 2007 Angelucci, al telefono con la moglie dice chiarendo ogni sua intenzione: «È venuto il presidente ha fatto quello che volevo io... Levano la delega a quel deficiente dell'assessore». A sedare ogni dubbio, c’è un sms inviato dal portavoce di Marrazzo ad un dirigente del gruppo Angelucci: «Poi dì che nun te voglio bene». Il 9 giugno del 2008, all’assessore Battaglia vengono revocate le deleghe. Marrazzo “ha scelto di farsi carico direttamente di questo impegno”. “Forse pensava di accelerare il risanamento – dice oggi Battaglia – probabilmente i risultati non sono stati quelli attesi”. Il 4 luglio del 2008 la sanità laziale viene commissariata. Berlusconi decide di affidare la “cura” allo stesso Marrazzo. Da allora, il debito ha ricominciato a salire. Dai 1.992 milioni di euro del 2005, scesi a 1.601 nel 2006 e diminuiti a 1.292 l’anno successivo, nel 2008 si torna a 1.413 milioni di euro. Il video, intanto, l’hanno visto tutti.

ue dei quattro carabiDti dalla nieri ‘infedeli’, accusaprocura di Roma di aver ricattato Piero Marrazzo dopo averlo sorpreso in un appartamento di via Gradoli in compagnia di un trans, si sarebbero resi protagonisti anche di altre rapine avvenute nel 2009. A sostenerlo sono almeno tre trans che hanno riconosciuto in foto due dei militari finiti in carcere. In ambienti giudiziari di piazzale Clodio non ha trovato conferma la notizia di stampa secondo cui i carabinieri si sono presentati alla Regione Lazio per accertare se Marrazzo abbia pagato gli incontri con i trans usando denaro proveniente dal fondo di rappresentanza dell'ente. Al contrario - si precisa in procura - il Ros sta cercando elementi di riscontro dell’attività di estorsione ai danni dell’ex Governatore attraverso l'esame di appunti redatti dal personale di segreterie circa eventuali contatti con i carabinieri ‘infedeli’. Gli investigatori, comunque, anche al fine di valutare l’attendibilità di Marrazzo, stanno indagando anche sul percorso fatto da alcuni assegni (almeno 9) che sarebbero stati staccati dal suo carnet e che sarebbero stati oggetto della denuncia per smarrimento fatta dal suo segretario.

REPUBBLICA E B.

VESPA E LE 10 NON RISPOSTE isto che alle dieci domande (complice il caso Marrazzo) ormai non pensava più nessuno, Berlusconi ha pensato bene di riaccendere i riflettori sulla sua vita sessuale rispondendo non a “Repubblica” bensì a Bruno Vespa. Si tratta, in realtà, di dieci non risposte attraverso le quali il premier si autodefinisce padre e marito modello, lavoratore instancabile, cittadino irreprensibile eccetera. Particolare divertente: per rimarcare la purezza del suo rapporto con la giovanissima Noemi, la chiama “signorina”. Alle dieci non risposte un qualsiasi giornalista avrebbe potuto controbattere con vigorose e argomentate nuove domande (il materiale è copioso). Il silenzio di Vespa è invece marmoreo. Ogni tanto avrebbe potuto mormorare frasi di circostanza del tipo: “Ne è proprio sicuro?”; o chiedere piccoli chiarimenti sulla presenza di alcuni battaglioni di escort nelle sue residenze private. E invece nulla. Insomma, vero giornalismo d'inchiesta.

V


Venerdì 6 novembre 2009

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I bambini sono i più colpiti: a letto uno su trenta

L’

CRONACHE

influenza A si diffonde soprattutto tra i giovani, come l’influenza stagionale, ma con maggiore velocità: un bambino ogni trenta, dai 5 ai 14 anni, è a casa con l’influenza. Lo conferma l’ultimo rapporto del sistema di sorveglianza Influnet. Ognuno degli oltre 900 medici sentinella ha segnalato in media

la scorsa settimana 12 propri assistiti con l’influenza. In base all’incidenza registrata dal sistema, pari allo 0,9%, si stimano nella settimana dal 26 ottobre al 1° novembre circa 540 mila casi nel nostro Paese. Le Regioni dove si registra la più ampia diffusione del virus sono la Campania con un incidenza dell’1,5% e la Lombardia (1,3),

seguite da Emilia Romagna, Marche e Lazio (1,1). Rispetto all’ipotesi di eventuale chiusura delle scuole il ministro Gelmini ieri ha assicurato: “Il problema esiste, ma penso che, come ha sottolineato anche il viceministro Fazio, siamo in grado di affrontarlo in maniera tranquilla e serena”.

Influenza, il grande flop vaccini: usate finora solo il 4% delle dosi SOLO 41 MILA PERSONE TRATTATE, FAZIO INSISTE: ENTRO FINE MESE ARRIVEREMO A QUOTA 5 MILIONI di Emanuele Perugini

ra ritardi, messaggi contraddittori, e dubbi sulla sicurezza, la campagna di vaccinazione volontaria contro la pandemia di influenza A si sta trasformando in un vero e proprio flop. I medici per primi, e a giudicare dai primi numeri diffusi da EpiCentro il sito del Centro nazionale di epidemiologia dell’Istituto Superiore di Sanità, anche tutte le altre categorie a rischio, stanno disertando l’appuntamento con la puntura. “I dati - spiega Stefania Salmaso, direttore Centro epidemiologia dell’Iss - sono provvisori”. Su oltre un milione di dosi di vaccino già distribuite alle Regioni, solo 41.000 persone sono state vaccinate. Fatte le dovute proporzioni si tratta di poco me-

T

Vaccinazioni contro il virus H1N1

SANITÀ IN PUGLIA

“PROCESSATE TARANTINI E IL SUO SISTEMA” di Antonio

Massari

l braccio destro del ministro Raffaele FitIPuglia to, leader del movimento politico “La prima di tutto”, rischia il processo per truffa ai danni del servizio sanitario. Parliamo del 32enne Salvatore Greco, che avrebbe commesso i suoi reati tra il 2001 e il 2004, mentre Fitto giurava di riordinare gli ospedali pugliesi. Greco, all’epoca consigliere regionale, secondo l’accusa sarebbe il socio occulto dell’ormai celebre Giampaolo Tarantini, imprenditore nel ramo sanitario, noto per aver presentato al premier Silvio Berlusconi (e non soltanto a lui) diverse donne compiacenti. In quegli anni Tarantini e Greco, secondo la procura di Bari, avrebbero corrotto o concusso una decina di primari ortopedici, un paio di direttori generali delle Asl, decine di funzionari pubblici. Parliamo dello stesso Greco che, alle ultime elezioni amministrative, candidò Patrizia D’Addario nella “Puglia prima di tutto”. La stessa D’Addario, presentata a Berlusconi, proprio da Tarantini. Insomma, quella di Tarantini e Greco, è una storia di lunga data. Che rischia di finire con una condanna. Per questa vicenda, che conta 23 indagati, la procura ha chiesto il rinvio a giudizio. Ecco perché. Durante le indagini il pm Roberto Rossi scopre che Greco è socio (occulto) della Global System hospital “allo scopo di garantirsi, tramite la figura istituzionale di quest’ultimo, all’epoca consigliere regionale, influenze e appoggi politici presso i vertici delle aziende ospedaliere regionali”. Insomma: il suo appoggio politico poteva rivelarsi utile. Come nel caso dell’ortopedico Antonio Amatulli, che rischiava di perdere il posto di primario a Conversano, negli anni del riordino ospedaliero targato Fitto. Amatulli, secondo l’accusa, riceveva da Greco una “raccomandazione politica, sottesa a sovvertire le decisioni dell’assessorato regionale alla Sanità”. Il si-

stema Tarantini fa registrare uno “sproporzionato aumento di fatturato”. E il sistema, sotto il profilo amministrativo, si realizzava attraverso la seguente formula: “Dichiarazione d’infungibilità e unicità del prodotto”. In altre parole: primari e dirigenti sanitari certificavano che potevano acquistare, determinata strumentazione, soltanto da Tarantini, che la vendeva in esclusiva. Acquisto diretto. “Senza consultare le altre imprese attraverso una gara d’appalto”. Cambiano i direttori generali dell’Ausl di Bari – si passa da Savino Cannone a Giovanni Pentassuglia – ma la storia non cambia. Esattamente come per i primari. La condotta dei Alessandro Canfora sarebbe stata di “totale asservimento”: “accetta” la “promessa di sette milioni di vecchie lire”, di “fruire dell’Audi TT intestata alla Tarmedica di Tarantini, acquistata per 34mila euro”, e ricever persino la promessa d’una “raccomandazione” alla AUSL. Alcuni impiegati ricavano casacche sportive e buoni carburante. Anche nell’ospedale “Casa sollievo della sofferenza” di San Giovanni Rotondo, regno di Padre Pio, giungono promesse di tangenti e agende palmari. Al primario Gaetano Merlicco, degli Ospedali riuniti di Foggia, doveva piacere molto il Grand Hotel “Des Bains” di Riccione: gli pagano due camere matrimoniali più “spese extra” per tremila euro. Auto, vacanze, soldi: il sistema Tarantini–Greco.

L’imprenditore che presentò la D’Addario al premier accusato assieme al braccio destro di Fitto

no del 4%. A scorrere l’elenco delle categorie solo il 4,29 per cento dei medici ha deciso di vaccinarsi, mentre tra tutte le altre categorie a rischio - personale delle forze di sicurezza, vigili del fuoco donatori di sangue donne incinte tutte le altre a rischio - le percentuali non superano lo 0,69. Lo scorso 1 novembre erano state vaccinate solo 136 donne incinte, 3 che avevano appena partorito e solo 98 bambini che frequentano l’asilo nido. Più che un flop al momento è una vera e propria debacle che stride con l’obiettivo di arrivare a vaccinare 5 milioni di persone entro la fine del mese annunciato ieri da Fazio. Che in questi ultimi giorni - i dati si riferiscono al 1 novembre scorso - si sta faticosamente tentando di rimediare. Proprio nelle ultime ore nel Lazio, una delle regioni che ha maggiormente accusato la mancanza di adeguata copertura vaccinale, secondo quanto riferito dal vicepresidente della Giunta Esterino Montino, sarebbero state vaccinate contro il virus dell’influenza A “decine di migliaia di persone” anche se negli studi pediatrici della provincia di Roma il vaccino contro la pandemia non è ancora disponibile. Stessa corsa contro il tempo a Napoli dove però servono più dosi di vaccini per coprire tutta la popolazione a rischio. “Abbiamo a disposizione 300 mila dosi per una popolazione di sei milioni. In previsione del picco epidemico saranno

necessarie ulteriori quantità di vaccino” ha chiesto il presidente dell'Ordine dei medici di Napoli Gabriele Peperoni al viceministro alla Salute e all'assessore regionale campano Mario Santangelo ieri durante l'incontro che si è svolto a Palazzo Santa Lucia nel capoluogo campano e al quale ha partecipato anche Donato Greco, consulente del Governo per la task force antivirus.

Ancora vittime: una bimba di 7 anni e un uomo di 42 Soffrivano già di malattie gravi In forte aumento, sopra la soglia di allarme epidemico - come spiegano gli esperti del sito Epicentro - anche gli accessi ai pronto soccorso di Lazio, Val D’Aosta, Piemonte e Lombardia a causa di “sindromi respiratorie acute”. Di questi, il 15,2% ha avuto bisogno del ricovero. Come se non bastassero i dati freddi raccolti dagli epidemiologi ci sono le notizie della cronaca ad aumentare il senso di disagio dei cittadini davanti alla pandemia. Ieri altri due i decessi segnalati. Una bambina di sette anni che soffriva di una grave forma di malattia rara è morta a Desio, un uomo di 42 anni affetto da obesità patologica è morto invece a Campobasso, mentre su una terza persona che è morta ieri a Bari dieci ore dopo essersi vaccinato si è in attesa dell’autopsia.

OMICIDIO CUCCHI

Stefano, arrivano gli indagati Non chiudere gli occhi sull’omicidio di Stafano Cucchi. La famiglia del ragazzo morto all’ospedale Sandro Pertini dopo esser stato fermato da alcuni agenti per detenzione di droga, non molla. Ieri è stata ricevuta dal Presidente della Camera, Gianfranco Fini, che ha ripetuto l’appello a ricercare “eventuali responsabilità”. Intanto ad andare avanti sono i magistrati della procura di Roma. Si lavora su due fronti: il primo verte sulle cause della morte ed un importante contributo arriverà dall’esito della consulenza medico legale per accertare se il decesso è avvenuto per percosse - si procede infatti per omicidio preterintenzionale. Il secondo riguarda le presunte negligenze (ipotesi di lavoro l’omicidio colposo) che si sarebbero verificate nel reparto penitenziario del Sandro Pertini stesso. Secondo indiscrezioni, i pm Vincenzo Barba e Maria Francesca Loy, stanno per firmare i primi avvisi di garanzia.

N STUDENTE A BOLOGNA

Tenta il siucidio dalla preside

E

ra nell'ufficio della preside che poco prima l’aveva convocato. Gli aveva chiesto spiegazioni sulle sigarette. Lui, un 13enne, a un certo punto ha chiesto di poter aprire la finestra, poi è salito sul davanzale e si é buttato. È ricoverato in stato di coma e in pericolo di vita.

BRESCIA

Scontro tra treni, 10 feriti

“I

macchinisti hanno provato ad avvisarci, dicendoci di tenerci forte”: così i passeggeri del convoglio delle Ferrovie Nord che ieri mattina si è scontrato con una motrice nella zona del lago di Iseo. A bordo c’erano circa duecento persone tra studenti e pendolari.

REGIONALI 2001

“Cuffaro sapeva indicazioni boss

I

l pg nella sua requisitoria nel processo d’appello sulle “talpe alla Dda”: “L’onorevole Cuffaro aveva piena consapevolezza del fatto che la candidatura di Domenico Miceli nel Cdu era sponsorizzata e voluta dal boss di Brancaccio Guttadauro”.

MILANO

Ragazza violentata nel box

U

na ragazza di 31 anni è stata violentata e rapinata mercoledì sera nella cantina del palazzo dove vive, in via Vignati, zona Affori, alla periferia nord della città. Dopo aver parcheggiato la macchina nel box, intorno alle 21, la donna stava per prendere l’ascensore quando è stata aggredita da un uomo, probabilmente straniero, che l'ha picchiata e stordita forse aiutandosi anche con una spranga. L’uomo, con il viso nascosto dal cappuccio della felpa, l’ha trascinata in un locale cantina, allo stesso piano dei box, le ha abusato di lei.


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Venerdì 6 novembre 2009

MAFIA

Quel viaggio in Sardegna dei fratelli Graviano Nell’estate del ‘93 i boss responsabili delle stragi arrivano a Porto Rotondo in cerca di nuovi contatti di Peter Gomez

hi ci ha lavorato sopra dice che quei cellulari parlano. Raccontano storie di sangue e di tritolo. Di bombe e di patti segreti. Ma anche vicende minime: l’amore di Giuseppe e Filippo Graviano, il due boss di Bracaccio responsabili delle stragi del ‘93, per Rosalia e Francesca; le vacanze in coppia; la strana passione dei due fratelli per i viaggi e per i luoghi di vacanza più o meno esclusivi. Sì, perchè i Graviano, mentre organizzavano gli attentati alle opere d’arte e, secondo il pentito Gaspare Spatuzza, trattavano un accordo politico con Marcello Dell’Utri e Silvio Berlusconi, percorrevano l’Italia avanti e indietro. I tabulati telefonici, incrociati con decine e decine di testimonianze raccolte dalla Dia (direzione investigativa antimafia), ci mostrano i due fratelli e le rispettive fidanzate che, insieme a un amico, vanno in febbraio al Carnevale di Venezia. Poi i due ragazzi terribili si spostano a Abano Terme, ospiti del proprietario di un tv privata siciliana. Quindi arrivano a Riccione, dove da maggio a giugno, i mesi in cui si verifica il fallito attentato a Maurizio Costanzo e la strage fiorentina dei Georgofili, affittano un appartamento ammobiliato. Da lì un nuovo trasloco. A inizio estate i Graviano sono i Versilia in una villa affittata dal proprietario di un’importante scuderia di trotto. Infine, dopo la bomba milanese di Via Palestro, il colpo di testa. O forse di genio. Mentre il leader del Psi, Bettino Craxi, fiaccato dagli avvisi

C

di garanzia di Mani Pulite, dice ai giornali “Qualcuno vuole creare un clima di completa paura. Le bombe si propongono di aprire la strada a qualcosa, non di rovesciare qualcosa. Il potere politico è già stato rovesciato, o quasi”, Giuseppe e Filippo arrivano in Sardegna. Prendono un volo della Meridiana e in agosto sbarcano in Costa Smeralda. Lì vanno ad abitare per quasi due mesi in un appartamento all’interno di una grande villa di Porto Rotondo, a poche centinaia di metri in linea d’aria, dal buen retiro estivo del futuro presidente del Consiglio. Cosa accada a Porto Rotondo, non è chiaro. Anche lo scorso agosto i due boss, sono stati interrogati dai magistrati di Firenze titolari delle indagini sulle stragi del ‘93, ma si sono rifiutati di rispondere. Nelle carte in mano agli investigatori restano però molti sospetti e qualche certezza. In Costa Smeralda Giuseppe e Filippo, mentre l’Italia segue con il fiato sospeso gli sviluppi dell’indagine sulla maxi-tangente Enimont (quasi 100 miliardi di lire versati dai vertici del gruppo Ferruzzi a tutto il pentapartito), fanno la bella vita. Vestiti come sempre con capi firmati da Versace, riescono a imbucarsi in un grande ricevimento organizzato da una famiglia di celebri industriali del nord, fanno amicizia con i vicini di casa e pensano al futuro. I problemi di Cosa Nostra sono tanti. La prima presunta trattativa con lo Stato, quella condotta dall’ex sindaco mafioso di palermo Vito Ciancimino, non ha portato a nessun risultato. Totò Riina, il 15 gennaio

del ‘93, è stato arrestato. La pressione sulla mafia non si è allentata. E Luchino Bagarella, dopo aver visto finire in manette suo cognato Totò, ha riunito i cristiani (gli altri mafiosi ndr) e ha detto: “Non cambia niente. Finché c’è un corleonese fuori si va avanti come prima”. Solo Bernardo Provenzano, l’alter ego di Riina a cui i Graviano - ma lo si scopre solo oggi - erano particolarmente legati, ha sollevato dei problemi: va bene - ha detto - ma voglio che gli attentati avvengano al nord. Era stato così che Giuseppe e Filippo si erano messi in viaggio: alla ricerca di obbiettivi e, soprattutto, di nuovi contatti politici. Gente con cui stringere un patto. Persone importanti con cui mettersi d’accordo. La mafia, raccontano i collaboratori di giustizia, per mesi aveva flirtato col Partito Sociali-

Sopra il pentito Spatuzza. Sotto Berlusconi al congresso di Forza Italia nel 1998 (FOTO ANSA)

sta. Ma poi era esplosa Tangentopoli e, se davvero il cavallo su cui puntava Cosa Nostra era Craxi, quello era morto, ucciso dagli avvisi di garanzia, quasi prima di partire (Giuseppe Graviano, con il pentito Spatuzza, definirà i socialisti “dei cornutazzi”) . Il 4 aprile del 1993, anzi, il segretario del Psi incontra ad Arcore Berlusconi. Ezio Cartotto, un ex democristiano assunto come consulente nel giugno del ‘92 da Marcello Dell’Utri per spiegare agli uomini di Publitalia i segreti della politica, dirà ai pm che proprio quel giorno Forza Italia comincia realmente a prendere corpo. Craxi infatti fa di tutto per convincere il Cavaliere a organizzare un partito che possa far argine all’avanzata delle sinistre. “Hai la bomba

NON ANCORA CONSEGNATA IN PROCURA LA PROVA VOCALE DELLA TRATTATIVA CON LO STATO

mafia Stato? Adesso c’è anLstratiachetrattativa la ‘prova vocale’: alcuni nastri regida Vito Ciancimino, nel suo salotto di piazza di Spagna a Roma, della conversazione con l’allora colonnello dei carabinieri del Ros Mario Mori. Oggetto: le richieste di Riina allo Stato per fermare le stragi. Ma Riina venne arrestato, tradito da quello stesso Provenzano che ne avrebbe preso poi il posto, nella seconda fase della trattativa. È questo il senso delle rivelazioni di Massimo Ciancimino, che ieri ha consegnato ai magistrati della Dda nuovi documenti cartacei ma non quei nastri, dei quali ha detto di non conoscere ancora il contenuto. E, parlando con i giornalisti, ha ribadito di essere stato testimone del tradimento di Provenzano nei confronti di Riina: “Indicò ai carabinieri la zona esatta del nascondiglio in cui Riina trascorse l’ultima parte della latitanza”. Le rivelazioni del giovane figlio di don Vito,

testimone diretto della trattativa mafia-Stato, sono state acquisite agli atti dell’inchiesta che vede indagati Riina, Provenzano e il medico Antonino Cinà per minacce ad un corpo politico dello Stato. A Palermo, per deporre nel processo di appello per riciclaggio, Ciancimino ha poi segnalato di nuovo alcune presunte anomalie nelle indagini a suo carico: “Non ho nulla contro i magistrati che hanno fatto il loro lavoro alla luce degli atti che altri hanno trasmesso – ha detto Ciancimino, riferendosi ai carabinieri che hanno condotto quelle indagini – quello che so, però, é che non hanno avuto tutto il materiale che era necessario per far luce sulla mia vicenda”. Ma è sui nastri, che potrebbero gettare nuova luce sulle fasi ancora confuse di quella trattativa, che si è acceso adesso l’interesse dei magistrati: “Ho tutta una serie di nastri – ha detto ai giornalisti Ciancimino – ma devo capire di cosa si tratti. Mio padre era solito registrare eventi importanti, ma non ho avuto ancora contezza personale di cosa sia impresso

giungano al capo di accusa l’ulteriore addebito dell’associazione di stampo mafioso che priva l’inquisito di fondamentali garanzie processuali in materia di libertà personale e di prova”. Ma tant’è. In Fininvest ormai si discute solo di inchieste e di politica. A fine luglio Berlusconi annuncia a Giuliano Urbani l’intenzione di restare ad Arcore per proseguire con gli incontri. In realtà poi il Cavaliere a Porto Rotondo ci andrà, eccome. Quasi ogni week-end, e forse durante il periodo di Ferragosto, Berlusconi è in Sardegna, dove a fine mese, a tavola, ha una lunga discussione con Letta e Confalonieri (“io esposi il mio pensiero in maniera piuttosto vivace” ha raccontato proprio Letta durante il processo Dell’Utri). E i Graviano, cosa fanno? Ufficialmente vacanze, ma in realtà preparano l’omicidio di don Pino Puglisi e un nuovo viaggio. Questa volta la meta è Milano dove resteranno da fine novembre fino al 27 gennaio, quando verrano arrestati. Dieci giorni prima però, secondo Spatuzza, Giuseppe aveva fatto una puntata a Roma e seduto a un tavolino del bar Doney, era apparso raggiante. L’accordo con Berlusconi e dell’Utri (“persone serie”) per lui era cosa fatta. E ripeteva: “Ci siamo messi il paese nelle mani”.

Dopo Tangentopoli la mafia ha bisogno di nuovi referenti politici; negli stessi mesi prende corpo il partito di Berlusconi

Le richieste di Riina nei nastri segreti di Ciancimino di Giuseppe Lo Bianco

atomica, hai la televisione, usala!”, incalza l’amico. Berlusconi non sa che pesci pigliare: “Certe volte mi metto a piangere da solo sotto la doccia. Mi diranno che sono mafioso, mi diranno e faranno di tutto”. In ogni caso i preparativi per il nuovo partito - che non si sa ancora da chi sarà guidato - s’intensificano. Ad Arcore le riunioni si succedono alle riunioni. E in prima fila, nell’insistere per la discesa in campo del Cavaliere, ci sono Del’Utri, il big boss di Programma Italia Ennio Doris, e Cesare Previti. Fedele Confalonieri e Gianni Letta invece frenano. La situazione è complicata. Molti uomini Fininvest sono sotto inchiesta (Il 22 luglio il gruppo verrà perquisito dalla Guardia di Finanza). Bisogna per forza muoversi. Il 4 giugno Berlusconi annuncia anche a Indro Montanelli la sua decisione: il raggruppamento dei moderati si farà e lui ne sarà il capo. Poi, il 12 luglio, fa inviare a la redazione de Il Giornale un fax sull’atteggiamento (molto critico) che i suoi media devono tenere rispetto a Mani Pulite. Un particolare sorprende: nel documento si parla pure delle indagini contro Cosa Nostra. Per Berlusconi è grave che “sulla base di dichiarazioni di pentiti per lo più inattendibili o compiacenti” i giudici “ag-

nelle bobine in mio possesso”. E ai magistrati ha parlato di ‘’appunti vocali per un libro’’ redatti dal padre insieme ad alcune conversazioni con il colonnello Mori. Una prova vocale dell’intesa. Che avrebbe avuto nell’arresto di Riina un importante ‘stop and go’: il tradimento di Provenzano, raccontato da Massimo Ciancimino, al quale l'allora capitano del Ros Giuseppe De Donno avrebbe fornito alcune mappe di Palermo, chiedendogli di darle a suo padre e sperando di avere un contributo utile per l’arresto del boss latitante. Il padre, don Vito, avrebbe trattenuto una copia delle mappe e un’altra l’avrebbe affidata al figlio perché la consegnasse a un uomo di fiducia del geometra Lo Verde, il nome con cui l'ex sindaco indicava Provenzano. L'uomo del capomafia avrebbe, poi, restituito a Ciancimino la mappa con un cerchio proprio sopra la zona del quartiere Uditore in cui si nascondeva Riina. La cartina venne poi fatta avere ai carabinieri e Riina nel gennaio ‘93 finì in manette.

NUOVA EMERGENZA?

COMMISSIONE SUI PENTITI E RIAPRE PIANOSA A

Palermo, una lettera anonima dei familiari dei mafiosi del 41 bis annuncia vendette contro Alfano e Maroni. E da via Arenula il Guardasigilli risponde con la riapertura del supercarcere di Pianosa, per rinchiudervi, come dice Maroni, i ‘’mafiosi cattivi’’. E non si è ancora spenta l'eco delle parole del collaboratore di Giustizia di Spatuzza, che ha chiamato in causa Berlusconi e Dell'Utri come i terminali della trattativa mafia-Stato, che puntuale arriva la richiesta di una commissione d'inchiesta sulla gestione dei pentiti. La sollecitano quattro senatori del Pdl che, tra l'altro, chiedono che venga riconosciuta alla commissione la facoltà di ottenere “'anche in deroga al divieto stabilito dall’articolo 329 del codice di procedura penale, copie di atti e documenti relativi, procedimenti e inchieste in corso presso l’autorità giudiziaria'”. Cioè di ottenere copie dei verbali ancora segreti dei pentiti. Sembra di essere tornati in piena emergenza antimafia: nel ’92-’93 si temevano le stragi, oggi si temono le parole. (Giu. LoBi.)


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CRONACHE

ISTERIA SENZA FEDE

Marinella Perroni, presidente delle teologhe italiane e gli strali dei politici sul crocifisso

Abu Omar, il segreto di Stato e una sentenza “monca” di Gianni Barbacetto

hi ha vinto e chi ha perso, nel processo Abu Omar? Sul rapimento dell’Imam c’è stata un’indagine, poi un processo e infine una sentenza. Questo dimostra che in Italia, unico paese al mondo a giudicare un caso di extraordinary rendition, la magistratura indipendente è riuscita ad affrontare anche una vicenda come questa e a provare che nel nostro paese tutti sono uguali davanti alla legge e che tutti, anche i presunti terroristi, devono godere delle garanzie offerte da uno Stato di diritto. La sentenza, però, è evidentemente monca. Ha stabilito che il sequestro è avvenuto; ha condannato una ventina di agenti americani della Cia che l’hanno realizzato e due funzionari italiani del Sismi per favoreggiamento nei loro confronti; ha riconosciuto a Abu Omar e a sua moglie un risarcimento di 1 milione e mezzo di euro. Ma ha dovuto sospendere il giudizio sugli imputati eccellenti: gli americani coperti dall’immunità diplomatica e soprattutto gli italiani protetti dal segreto di Stato. Chi è stato danneggiato dall’opposizione del segreto di Stato? Io, risponde il principale imputato, l’allora direttore del Sismi Nicolò Pollari: non ho potuto esibire 88 documenti che proverebbero la mia contrarietà al sequestro, dunque la mia innocenza. Intanto però il diritto alla difesa prevale sul segreto, dunque Pollari avrebbe potuto usarli, quei fantomatici documenti. E poi il coinvolgimento suo e del servizio da lui diretto nel rapimento (un reato che nessun segreto di Stato potrà mai coprire) è comunque provato da intercettazioni, dichiarazioni, registrazioni. Ma quasi tutto questo materiale non può essere utilizzato: è stato congelato, cancellato da due governi e dalla Corte costituzionale. Dunque ad essere danneggiati dal segreto di Stato sono i cittadini, che non potranno sapere fino in fondo la verità. Ha perso, infine, la trasparenza. Il paese in cui viviamo ha una storia dolorosa, il tema del segreto di Stato evoca una stagione eversiva di golpe tentati e stragi realizzate. A 40 anni da piazza Fontana e a 20 anni dalla caduta del Muro, la verità su quella stagione resta ancora indicibile. Allora era in corso la lotta dell’Occidente contro il grande nemico, il comunismo. Oggi quel vecchio nemico è stato sostituito con la nuova ‘grande paura’, lo spettro del terrorismo islamico. In passato, il segreto nei fatti non è servito tanto a salvarci dal comunismo, quanto a introdurre massicce dosi d’illegalità nelle istituzioni e a produrre ferite profonde alla democrazia. Oggi sono state dilatate l’area del segreto e l’impunibilità degli apparati. L’esperienza, evidentemente, non ci ha insegnato proprio nulla.

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A sinistra il Ministro Ignazio La Russa (FOTO GUARDARCHIVIO) a destra un’aula scolastica (FOTO ANSA) , sotto un’immagine del senegalese Talla Ndao ( di Marco Politi

asce dalla fede la reazione isterica di tanti politici alla sentenza di Strasburgo? Marinella Perroni, presidente del Coordinamento delle teologhe italiane e docente all’università pontificia S. Anselmo di Roma, dove insegna Nuovo Testamento, nutre forti dubbi. “In questo succedersi di polemiche – spiega – si avverte che non è in gioco Gesù Cristo né il modo di vivere la fede, ma dai toni enfatici e retorici si capisce che la croce diventa pretesto per altri scopi”. È sorpresa dalla virulenza del dibattito? “Mi dispiace che sull’onda del conflitto manchi un discorso sereno sulla convivenza tra più religioni e opzioni. Tra l’altro le discussioni odierne mi sembrano poco fondate sulla realtà. In molte aule il crocifisso non c’è e se c’è, non sta nelle teste di tanti giovani. Semmai servirebbe un discorso serio sullo stato della fede nel nostro paese”. C’è qualcosa di rivoltante nell’esibirsi di esponenti politici. La Russa che urla Possono morire! Non lo togliere-

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mo mai. Berlusconi che si fa fotografare impugnando il crocifisso. “Di fatto il richiamo alla croce rimanda ad altre questioni: il richiamo all’identità, la difesa dell’ ‘italianità’ e, più nel profondo, la paura dell’immigrazione e dell’Islam. Ma se in paesi europei come la Germania, la Francia, l’Inghilterra, i crocifissi in classe non ci sono, forse sono nazioni che hanno perso le radici cristiane? Oppure hanno un rapporto diverso con la fede?”. Colpisce in questo clamore il rifiuto di accettare il confronto con l’Altro, con i diversamente credenti. Perchè? “Probabilmente perché in altre parti d’Europa si ha l’esperienza con più modalità di cristianesimo. In Italia no. I cristiani di altre confessioni da noi sono piccole minoranze, non portano voti e allora si presenta come unica opzione quella cattolico-romana. Eppure sappiano che storicamente la croce può anche essere un segno ambiguo, usato per altri scopi: si sono uccisi uomini, nel suo nome. Ce lo ha spiegato Giovanni Pao-

lo II chiedendo perdono. Mi creano disagio gli atteggiamenti superficiali: senza la Bibbia il richiamo al crocifisso è ambiguo. Se parliamo di valori, andiamo veramente alla ricerca del suo significato profondo. A me le strumentalizzazioni, siano clericali o anticlericali, non interessano”. Politici e uomini di Chiesa sostengono che il simbolo trasmette valori universali, validi per credenti non credenti. “Qui il ragionamento si fa duplice. È indubitabile che a partire da Paolo di Tarso la predicazione della croce può raggiungere il mondo intero e ha qualcosa da dire a tutti. Ma dire che tutti sono obbligati a crederci e a sottostarvi sarebbe strumentale. C’è un messaggio rivolto a tutti, ma non c’è il diritto di imporlo”. Le croci, le edicole, le cappelle lungo le strade sono certo segni di tradizione e devozione popolare. Si può dire altrettanto dei simboli affissi negli spazi istituzionali, che ricordano semmai l’alleanza tra trono e altare di altri tempi?

“Non c’è dubbio che la decisione di esporlo in certi ambienti abbia il significato di esprimere la confessionalità dello Stato. Anche se il più delle volte nessuno ci fa caso. Vorrei che se ne potesse dibattere serenamente,

“In tutte queste polemiche la religiosità non c’entra e manca un dibattito vero sulla convivenza tra le religioni” in un clima democratico. E se anche in una classe ci fossero soltanto due alunni atei, che si sentono lesi nella loro libertà, è giusto che le loro argomentazioni fossero degne di essere discusse. È terribile che la croce possa servire a fare violenza, anche solo verbale. La croce è un testo, una narrazione della mor-

te e resurrezione di Cristo, che invita ad un comportamento da tenere. Guai se diventa un pretesto. Perchè non si riesce a fare una riflessione ad alto livello sulla sentenza della Corte di Strasburgo?”. L’atteggiamento della gerarchia ecclesiastica, qui e nel caso della volontà di imporre che l’insegnamento di religione abbia i voti come le altre materie, non ha origine nella paura di non poter basare la propria influenza sul libero consenso delle coscienze? Si ricorre alla legge perché la fede è minoritaria? “Il fatto è che l’Italia è la prima e ultima provincia del Vaticano. E dunque assume un valore esemplare. Personalmente vorrei che certe cose si capissero senza l’intervento della Corte europea. Da credente non permetterei mai che qualcuno mi impedisse di portare la croce al collo e respingo gli sghignazzi alla Odifreddi. Però vorrei che la Chiesa aprisse una riflessione con tutte le anime della cattolicità e del cristianesimo del nostro paese su ciò che significa essere testimoni della fede oggi in Italia”.

Talla, il rapper senegalese regolare che rischia l’espulsione IN SARDEGNA UN CASO ESEMPLARE DI APPLICAZIONE DEL PACCHETTO SICUREZZA, MA UN’INTERA CITTÀ SI RIBELLA di Debora Aru

a un regolare permesso di soggiorno da sei anni. È Hrapper. uno dei leader della sua comunità in Sardegna. Fa il Una mattina è andato a rinnovare il suo permesso di soggiorno e poche ore dopo si è ritrovato chiuso in un Centro di detenzione temporanea. Sta suscitando scalpore nell’isola la vicenda di Talla Ndao, senegalese di 29 anni, trapiantato con successo a Iglesias, in provincia di Cagliari. Talla non è che l’ultima vittima del ‘cattivismo’ di governo, l’ultimo extracomunitario finito dentro perché qualcuno è andato a rovistare nel suo passato, cercando di inchiodarlo ad un verbale del 2003, quando – ai tempi in cui era clandestino – era stato fermato per aver venduto cd contraffatti, ricevendo una piccola condanna. Oggi Talla è uno straniero perfettamente integrato, ha un lavoro, una forte visibilità, ma per la legge italiana tutto questo non conta, deve essere rimpatriato. Quello che nessuno poteva immaginare, invece, è che un’intera cittadina si mobilitasse in suo favore. Nel giro di

pochi giorni il gruppo Facebook “Talla deve restare in Italia” ha sfiorato 7000 iscritti. Si sono mobilitate le istituzioni e i musicisti sardi. Anche perché la sua storia era una delle tante parabole positive di questi anni, nel passaggio dalla sofferenza della clandestinità alla legalità. Nel 2003, Talla approda in Sardegna su un aereo con in tasca la speranza di trovare un lavoro per aiutare la sua famiglia rimasta in Senegal. All’inizio sbarca il lunario vendendo cd masterizzati, è vero. Ma dopo la sentenza riesce a cambiare vita. Trova lavori regolari: prima bracciante agricolo, poi collaboratore domestico. Si inserisce nella comunità di Iglesias, entra a far parte del panorama musicale sardo e nazionale come artista reggae assieme alla band Twin Vega (con Stefano Curreli e Andrea Sanna). Diventa un piccolo testimonial partecipando al Progetto Fenice, finalizzato alla diffusione di sicurezza e legalità nella sua provincia. Arriva a cantare anche per Amnesty International: sembra uno che ce l’ha fatta. È fra quelli che incidono la cover sarda di Domani, il brano a favore dei terremotati d’Abruzzo. Insomma: la sentenza per aver venduto quei cd pirata era lontana, almeno fino al 27 ottobre. Quella mattina Talla si reca in questura, a Cagliari, per alcuni documenti. Viene trattenuto. Sulla sua testa si abbatte un decreto d’espulsione. Possibile? Sì: la nuova normativa contenuta nel pacchetto Sicurezza, da questa estate prevede l’esecutività immediata. Per Talla inizia un’odissea: prima nel Cie di Elmas, in Sardegna. Poi a Lamezia Terme, in Calabria, dove ora si trova in attesa di essere rispedito a Dakar.Ma qui le cose si complicano: tutta la comunità di Iglesias si mobilita chiedendo che Talla rimanga. Un’intera città esprime solidarietà per il giovane sene-

galese. Gli appelli si spostano sul Web e fanno il giro del mondo. Il sindaco di Iglesias, Pierluigi Carta e il presidente del consiglio comunale Gino Cadeddu contattano la prefettura. Anche un esponente del centrodestra come l’ex presidente della giunta sarda, Mauro Pili, si impegna: va a visitare Talla a Lamezia e presenta un’interrogazione al ministro degli Interni chiedendogli di riesaminare la pratica. È una solidarietà ‘bipartisan’: anche la parlamentare del Pd Amalia Schirru prende contatto con i funzionari della prefettura e si interessa alcaso il deputato del Pd Furio Colombo. Tutta questa mobilitazione ottiene un risultato: provvedimento sospeso per dare tempo agli avvocati di fare ricorso. Ma il rapper senegalese ha ancora una spada di Damocle sulla testa. Riusciamo a raggiungerlo e a intervistarlo nel Cie di Lamezia: “Non so perché sono qua – dice amareggiato – mi hanno sbattuto come un cane randagio. Sono venuto in Italia per dar da mangiare alla mia famiglia: non hanno rinchiuso solo me qui dentro, è come se ci fossero anche mia madre e i miei fratelli”. Talla pensava che quella storia del 2003 fosse acqua passata: “Dopo la sentenza ho trovato un altro lavoro, mi sono messo in regola, ho pagato le tasse e non ho mai fatto male a nessuno. Perché sono qui?”. Il gruppo di amici che in queste ore frenetiche si batte per Talla ha un unico obiettivo: “Non intendiamo contestare la legge, né entrare nel merito delle questioni politiche. Talla è un ragazzo per bene oltre ad essere un gran lavoratore e un ottimo musicista. Vogliamo solo che si dia un’opportunità a un giovane che si è perfettamente integrato con la nostra comunità”.


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MEDIA E POLITICA

TV E GIORNALI REBUS PER BERSANI Due canali satellitari, l’Unità ed Europa Cuperlo o Gentiloni il nuovo responsabile di Wanda Marra

a qui all’arrivo dell’inverno si deciderà il futuro della galassia comunicativa che ruota intorno al Pd. È una delle tante incognite che deve affrontare il partito di Bersani. Difficile prevedere tutte le mosse, anche perché gli uomini più vicini al neo-segretario giurano che a ora non c’è nulla di deciso. Mentre tra i franceschiniani c’è anche chi fa notare che comunicare non è esattamente uno dei punti di forza del nuovo leader. Per prima cosa Bersani dovrà decidere a chi toccherà dirigere la comunicazione del Pd. Le scelte possibili sembrano essere due: o Paolo Gentiloni, attuale responsabile di questo settore, di provenienza rutelliana, schieratosi con Franceschini; o Gianni Cuperlo, bersaniano, un passato da capo della comunicazione dei Ds, che però potrebbe anche conquistare un posto nell’esecutivo. Chi guiderà l’immagine mediatica del Pd dovrà poi decidere cosa fare dell’esistente, ovvero le due tv satellitari: Youdem (di proprietà diretta dei Democratici) e RedTv (che fa capo alla Fondazione Italianieuropei ed ha una struttura societaria privata), e due quotidiani di riferimento, l’Unità (di proprietà

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La redazione di Youdem Tv (FOTO GUARDARCHIVIO)

dell’imprenditore sardo Soru) ed Europa (della Margherita). Sia Youdem che Red vanno sui canali Sky e su Internet. La prima, voluta da Veltroni, è la tv ufficiale del Pd, costa circa 1 milione e 200mila euro annue, pagate dal partito, ed è diretta da uomini legati a Franceschini, ora dimissionari. Esattamente un anno fa (la prima trasmissione fu dedicata al’elezione di Obama) nasceva Redtv, considerata la risposta di D’Alema a Youdem, con ambizioni da “tv generalista”, un budget annuo di circa 5 milioni e mezzo di euro (di cui 4 pubblici) e diretta da Francesco Cundari, che proviene dal Foglio e ha nel Cda uno dei fedelissimi di D’Alema, Matteo Orfini.

Già nei mesi passati, prima dell’elezione del nuovo segretario, s’era parlato di razionalizzare queste risorse (tra l’altro, l’affitto di un canale satellitare costa tra i 300 e i 400mila euro). Una delle ipotesi in campo potrebbe essere quella di lasciare Red sul canale Sky e far diventare Youdem esclusivamente una web tv, magari contemplando in un futuro anche altre iniziative editoriali, tra cui un quotidiano online. Nei mesi passati il progetto è stato congelato di fronte alle difficoltà dell’Unità. E qui si arriva alla questione giornali, che rimane prioritaria rispetto alle ipotesi di nuove iniziative. Sia l’Unità che Europa godono dei finanziamenti pubblici in quanto giorna-

li di partito (quasi 6 milioni e 400mila il primo, 3 milioni e 600mila il secondo), ma entrambi non sono di proprietà del Pd: l’Unità è di Renato Soru, Europa della Margherita. Secondo la legge tutti i giornali che nel 2007 hanno avuto finanziamenti in quanto organi di partito, ne avranno diritto anche nel 2010, ma l’entità dipenderà non più dalla tiratura ma dalle vendite (il che potrebbe significare una diminuzione non indifferente). Il punto, però, è soprattutto politico: i due giornali godono dei finanziamenti in quanto legati agli ex partiti dei Ds e dei Dl. Per esempio, è in scadenza a breve l’accordo dei Ds con la società che edita l’Unità. E dunque, in teoria Bersani potrebbe anche decidere di non essere interessato a nessuna delle due testate, ma di voler fondare un giornale nuovo, e utilizzare per questo il finanziamento legato al Pd. “Se vince Bersani, almeno chiude l’Unità”, era una delle battute che girava nella fase pre-congressuale. Non sembra essere questa l’intenzione del segretario, ma certo è che il quotidiano fondato da Antonio Gramsci ha alla sua testa un direttore, Concita De Gregorio, voluta da Veltroni e che ha schierato il suo giornale per Marini nella battaglia delle primarie. Per quel che riguarda Europa, invece, molto sta a capire che fine faranno le proprietà della Margherita, ora che Rutelli è uscito dal Pd. Intanto il direttore Menichini si è schierato sulle colonne del giornale per la permanenza nel partito. Fra le ipotesi, quella di costituire una cooperativa. Tra i nodi da sciogliere anche l’ufficio stampa del Pd, in mano ai franceschiniani. Nulla di scontato, anche qui. Per esempio, Stefano Di Traglia, storico portavoce del neosegretario, potrebbe anche smettere questi panni e trovare posto nella segreteria.

Walter Verini

YOUDEM: 6 MESI DI STAND BY ASPETTANDO IL CONGRESSO di Caterina Perniconi

alter Verini, storico braccio destro di Walter Veltroni, è staW to nominato a febbraio direttore politico di Youdem (la social tv del Partito democratico che va in onda sul web e su Sky). Ha appena rassegnato le sue dimissioni al nuovo segretario, Pierluigi Bersani. Onorevole Verini, le tv sono diventate una passione anche per il Pd: dopo Red tv è arrivata Youdem. A cosa serve? Serve a far girare “pensiero democratico”. E’ la prima social tv dedicata alla politica italiana, pensata come un’emittente con 8000 corrispondenti per ogni comune d’Italia. Cioè una tv fatta dalla gente, anche solo con un videofonino. Come la current tv di Al Gore? L’idea è quella, ma con molti meno uomini e mezzi. Quanto costa questo progetto? Circa un milione, un milione e duecentomila euro l’anno. Quanti spettatori ha? Non puntiamo su grandi numeri, ma su persone che, accendendo la tv, possano trovare “qualcosa che gli assomiglia”. Non siamo monitorati dall’Auditel, quindi non posso fare una stima precisa: qualche decina di migliaia di utenti al giorno, 400-500mila in occasione dei grandi eventi, fino al milione del confronto tra i tre candidati prima del congresso, che solo noi abbiamo trasmesso. Non c’è il rischio che con il susseguirsi di campagne elettorali Youdem diventi uno strumento di comunicazione gestito dall’interno anziché fatto dalla gente? Io sono stato nominato direttore a febbraio, da Dario Franceschini. In effetti sono stati 6 mesi di stand by per il progetto iniziale perché ci siamo occupati delle elezioni europee e poi del congresso. Ma è stato un “gioco-forza”: non avremmo potuto trasmettere solo i video degli utenti, che comunque ci sono, perché potevano essere sbilanciati per uno o per l'altro candidato e questa è la tv che rappresenta tutto il partito. Se dovesse continuare a gestire Youdem, cosa farebbe? Riprenderei il percorso dove si è interrotto. L’ideale sarebbe un investimento supplementare per esprimere tutte le potenzialità di questo mezzo: lo studio è dentro la sede del Pd, e potrebbe essere usato dal segretario per commentare in tempo reale le dichiarazioni del governo, o in collegamento web dalla Camera per le dichiarazioni dei capigruppo. E’ un progetto alla portata politica ed economica del Pd.


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MEDIA E POLITICA

15 ANNI DI LITIGATE

Ma nel centrodestra le contese più laceranti si ricompongono repentinamente di Luca Telese

na coalizione fondata sul litigio. I proverbiali ladri di Pisa, al cospetto del centrodestra, in quanto a litigiosità paiono degli agnellini ingenui: solo ad almanaccare brevemente le dispute di questi anni si batte qualsiasi primato mondiale. L'unica cosa certa, è che a destra le contese più laceranti si ricompongono in maniera altrettanto repentina e disegnano una differenza strutturale fra la due coalizioni: mentre l'Ulivo e il centrosinistra ostentavano unanimismo di facciata (ma vivevano lotte intestine che nemmeno i Borgia), fin dal 1994 nel centrodestra le dispute più feroci si celebrano in pubblico senza filtri (ma finiscono per ricomporsi sempre, come per magìa). In realtà il dissidio è nel Dna stesso di quella coalizione. Ricordate la prima campagna dell'allora Polo del buongoverno? L'alleanza di centrodestra nasceva ufficialmente non come progetto organico, ma come somma di due schieramenti ufficialmente inconciliabili (il Polo del buongoverno tra An e Forza Italia al sud e il Polo delle libertà tra Lega e Forza Italia al nord): “Mai, mai alleati dei fascisti! Non avremo mai nessun rapporto con la porcilaia fascista!”, gridava Umberto Bossi in tutte le piazze d'Italia. Dopo le elezioni, come è noto, nacque un governo in cui sedevano, uno al fianco dell'altro, ministri di An come Mirko Tremaglia, e ministri leghisti, come Umberto Bossi. Tuttò filò liscio fino al famoso consiglio dei Ministri in cui fu approvato il decreto Biondi. “Noi non lo abbiamo mai approvato!” disse ancora Bossi. Biondi rispose furibondo: “Ah sì? Ma se c'è anche

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la firma di Maroni, su quel decreto!” Il leader della Lega, impassibile, rispose che non era vero: “Ero al telefono con Bobo, mentre si discuteva il testo, e ho sentito chiaramente che non era d'accordo”. Esplose la crisi del cosiddetto “ribaltone”, quella in cui la Lega abbandonò Silvio Berlusconi. L'ex presidente del Consiglio fu ancora più duro: “Bossi è una persona totalmente inaffidabile, non sosterrò mai più un governo con lui”. E ancora: “Bossi parla come un ubriaco da bar”. Risposta del senatùr: “C’e’ qualche differenza tra noi e lui… Peccato che lui sia un mafioso. Il problema è che al Nord la gente è ancora divisa tra chi sa

Bossi e Fini: dalle critiche feroci a Berlusconi alle rinnovate alleanze

che Berlusconi è un mafioso e chi non lo sa ancora”. Gianfranco Fini pronunciò parole destinate a restare nella storia: “Con Bossi non prenderò nemmeno un caffè”. Lo avrebbe preso presto, invece, dopo uno storico (si fa per dire) incontro in cui, a Teano, fu ricostruita l'alleanza, come se nulla fosse accaduto. Nelle politiche del 1996 la Lega prese il suo massimo storico elettorale con una campagna tutta centrata sull'attacco a Berlusconi. Bossi pubblicò addirittura un libro tutto contro il Cavaliere: “Mi ha fatto salire su quel suo aereo privato, una specie di tubetto di dentifricio... Pensava che fossi sedotto dai suoi soldi, ma la Lega è incorruttibile... Gli abbiamo segato il balconcino da sotto i piedi”. La Padania pubblicò in prima pagina un attacco al Cavaliere che al confronto le domande di La Repubblica sembrano un questionario della Settimana Enigmistica: “Berlusconi e Cosa Nostra, Cavaliere risponda

a 11 domande e potrà scagionarsi”. Nelle elezioni successive, nel 2001, la Lega tornò (ovviamente) alleata fedelissima del centrodestra. In tempi più recenti, fu Fini a rompere il tessuto della coalizione dopo il famoso discorso del predellino con cui Berlusconi fondava il Popolo delle libertà: “Berlusconi vuol fare l’asso pigliatutto”. E di più: "Si sfida il ridicolo quando Berlusconi dice 'bisogna essere uniti', 'bussate e vi sarà aperto'. Qui non siamo al teatrino della politica, ma alle comiche finali”. E ancora: “L’opposizione di An può arrivare fino all’ostruzionismo e se un gruppo come il nostro si mette di traverso con la solidarietà degli altri, di leggi elettorali di quel tipo non se ne fanno”. Rispose Paolo Bonaiuti: “Siamo veramente dispiaciuti per questa inattesa e grave caduta di stile. Berlusconi non ha mai insultato Fini, lo ha solo invitato ad unirsi a noi nel Popolo delle libertà”. Chi mai avrebbe potuto pensa-

TV PUBBLICA

LA RAI SI SVENA PER PARAGONE di Carlo Tecce

enite, venite in Rai. Un anti di qua, un anti VBerlusconi, di là: Maurizio Belpietro in quota Silvio Gianluigi Paragone per la Lega. Accontentati. Poi ci sono dei contratti milionari e delle clausole onerose: il minimo garantito di Daria Bignardi - anche se non va in onda - vale un bel mucchio di canoni. L’assedio di governo alla Rai provoca sovraffollamento, non c’è spazio per riprodurre l’emiciclo di Montecitorio. Chi prima doveva distribuire i programmi come la spesa nel carrello, adesso si scopre in un ruolo strategico. Angelo Teodoli è il responsabile dell’area pa-

linsesto, la “Fortezza Bastiani” che muove le truppe: il fidato amico di Fabrizio Del Noce supervisionato da Antonio Marano - dovrà piazzare le 10 puntate a 600 mila euro di Paragone. Un Malpensa Italia rinnovato nel nome e identico nel contenuto, un avamposto padano nella seconda serata di Rai Due. La rete ha previsto l’Era Glaciale della Bignardi sino a marzo e poi Donne di Monica Setta. Il direttore Massimo Liofredi preferiva la conduttrice de il Fatto del giorno (quasi 2 milioni di spettatori) al ritorno di Paragone. Al contrario della Setta, l’ex direttore della Padania si fa garante di precise istanze politiche. Leghiste. Il venerdì di Rai Due è come il traffico di mez-

il quartier generale comunica "

Il Giornale nota “Alta tensione nella maggioranza”. E avverte: “Caro Fini, adesso parla chiaro”. Mentre Libero se la prende con la Lega: “Bossi, il rompi-Maroni”.

re, con simili premesse che Fini dentro quella coalizione ci sarebbe entrato pure lui? Invece, ancora una volta alle elezioni, come se nulla fosse accaduto, i vecchi alleati si ritrovarono come d'incanto, amorevolmente alleati. Dopo il voto e la spartizione delle cariche di governo, Fini ha incrociato i ferri con Berlusconi, continuando a duellare dal suo scranno di Montecitorio (a partire dal caso Englaro). Poi tutto sembra filare liscio fino al 4 novembre: quando l'incontro

previsto a Montecitorio tra il premier Silvio Berlusconi, il presidente della Camera Gianfranco Fini e il ministro per le Riforme Umberto Bossi viene rinviato da un momento all'altro. Sul piatto, questa volta, c'è la posta più importante, il governo delle regioni su sui la Lega da mesi ha ingaggiato un braccio di ferro titanico, per il controllo del nord. “Tutto è stato deciso in piena concordia”, recitavano gli uffici stampa. Come no: d'amore e d'accordo, come sempre.

LA TELA DEL RAGNO

LA NUOVA MEDUSA: DENTRO BARBARA, FUORI ROSSELLA

L’

ufficio di collocamento Mediaset riceve a Cologno e smista in Rai. Da Maurizio Costanzo all’omonimo Belpietro sino a Carlo Rossella: il presidente di Medusa Film deve liberare la poltrona, presto. Silvio Berlusconi vuole consegnare il comando alla figlia Barbara per sbrigliare la questione eredità con Veronica Lario e quindi Rossella è di troppo: non rischia né la cassa integrazione né la disoccupazione. Fabrizio Del Noce potrebbe lasciargli Rai Fiction, in alternativa accanto o in luogo di Mauro Masi ci sarà un cantuccio. Nemmeno Del Noce dovrà penare, il rapporto con Berlusconi è recuperato e offre garanzie future. A Canale 5 sono piegati dalla riconoscenza per Costanzo, preferiscono scambiare il rude pensionamento con uno scivolo sull’azienda pubblica. Costanzo cura la rubrica sul teatro Palco e Retropalco con una contratto di collaborazione per poche migliaia di euro, la nuova offerta dovrà superare l’esame del consiglio di amministrazione: non sono bazzecole, ma dieci puntate da sfruttare in una delle tre reti a propria discrezione e del direttore generale. Per la seconda serata di Canale 5 e per i salotti arredati con il gossip, il Biscione ha convocato Alfonso Signorini, il doppio direttore di Chi e Tv Sorrisi e Canzoni. Costanzo scappa via dalle beghe politiche, non vuole affiancare Belpietro, altro giornalista di Mediaset che presto sarà direttore di testata in Rai. I giornalisti e dirigenti di Mediaset sono salutati tra i tappeti rossi, gli interni - come Raffaella Carrà - faticano a trovare un buco nel palinsesto. A Canale 5 custodiscono una pila di liberatorie per consentire l’incarico trasversale che sancisce l’unione Rai-Mediaset e la fusione in Raiset. Il Festival di Sanremo di Paolo Bonolis e la vittoria di Marco Carta di Amici, oltre al fronte comune contro Sky, rende più saldo e meno spinoso il dialogo tra le due emittenti. E poi la Rai è un bel posto per scaricare o risolvere i problemi di Berlusconi. Car.Tec.

zogiorno: non si può girare da un lato perché c’è Porta a Porta da tutelare, e Bruno Vespa detesta le sovrapposizione, dall’altro spingono per Paragone e dovranno tagliare la Bignardi - che potrebbe rifugiarsi a Sky - e pagare centinaia di migliaia di euro. E’ un gioco d’incastri per accogliere Belpietro: il progetto dell’Antipatico è pronto, mercoledì sarà in consiglio di amministrazione Rai. Il presidente Paolo Garimberti chiederà informazioni a Mauro Masi: il direttore generale cincischia, deve sbrigare del lavoro arretrato, dal triennale per Vespa alla sostituzione di Ruffini a Rai Tre. L’accerchiamento è completo, si cambiano le facce e di riflesso le norme. Nel frullatore ci sono le linee guida del contratto di servizio approvate dall’Agcom. Sergio Zavoli interviene in anticipo: già martedì o al massimo mercoledì, in Commissione di Vigilanza avranno l’argomento all’ordine del giorno. Il senatore Vincenzo Vita (Pd) e Giuseppe Giulietti (Articolo 21), in una nota congiunta, confermano e commentano le notizie pubblicate da Il Fatto Quotidiano: “Altro che invito al dialogo sulla par condicio. In realtà il governo, utilizzando l’Agcom, vorrebbe mettere il guinzaglio a tutta la Rai”. Non solo Rai Tre a pez-

zettini, un po’ federale e tanto regionale, anche un comitato per azzerare le voci e le coscienze libere: “Il governo, nella bozza, arriva a costruire una sorta di comitato di controllo legato all'esecutivo al quale assegnare il compito di interferire sul palinsesto, sui singoli programmi e sull'attività dei conduttori. Si tratta, in altre parole, di una sorta di comitato etico che ricorda i periodi peggiori della censura. Vogliono portare Rai Tre indietro di venti anni”. C’è un pericolo, avverte Carlo Verna dell’Usigrai: “Perché invece dell’Agcom non approfittano della tecnologia, del digitale terrestre, per le edizioni locali?”. Giorgio Merlo (Pd) aveva gradito l’ipotesi Belpietro perché “garantisce il pluralismo”, adesso il vicepresidente della Vigilanza apprezza in parte anche l’Agcom: “Rai Tre sia più regionale”.


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CRISI

IL FATTO POLITICO

La fine dell’Alfa di Arese 232 dipendenti trasferiti

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a giornata di ieri Lmaggioranza conferma che nella c’è una sola

“PRESTO AZIONI CLAMOROSE” di Gigi

Furini Arese (Milano)

a Fiat ha deciso cosa fare. E anche i sindacati. L’azienda di Torino vuole smantellare quel poco che è rimasto ad Arese, nell’area dell’ex Alfa Romeo e i sindacati che hanno promesso “azioni clamorose”, ieri hanno bloccato le portinerie. “Dalle 8 alle 12 non è entrato e non è uscito nessuno – dicono i Cobas – e martedì andremo in regione, da Formigoni. C’era un accordo per produrre qui le auto ecologiche, le auto non inquinanti, i mezzi del futuro. E invece ci lasciano il museo dell’Alfa e una piccola concessionaria. E, dicono loro, anche il marchio. Sai cosa ce ne facciamo del marchio”. La protesta è iniziata ieri perché Fiat ha comunicato il trasferimento, a partire dal prossimo 4 gennaio, di 232 lavoratori di Fiat Auto, di fatto gli ultimi rimasti. Si tratta di operai e impiegati. Gli operai sono tutti specializzati, addetti alle officine del collaudo, quelli che saltano sui proto-

L

tipi e si fanno migliaia di chilometri per capire come reagiscono i motori, i freni e la frizione ad accelerazioni e frenate. Gli impiegati sono addetti al “centro stile e progettazione”, praticamente al design. “Ad Arese – spiega Corrado Delle Donne, delegato dello Slai-Cobas – la Fiat ha ancora un migliaio di lavoratori. Oltre a Fiat Auto ci sono altri 250 occupati nella produzione dei motori Power Train e poi circa 200 addetti in aziende collegate. Infine altri 300 lavorano al call center”. Di fatto, dicono i sindacati, i 232 lavoratori di Fiat Auto vengono licenziati. Sono chiamati a presentarsi a Torino, ma l’azienda non mette a disposizione neanche un pullman. E questi ci dovrebbero andare da soli, con i propri mezzi, tutte le mattine fino a Torino? Non esiste. La verità è che vogliono svuotare Arese perché qui ci devono fare hotel a cinque stelle, centri commerciali e villette con piscina, il tutto in vista dell’Expo 2015”. “La Fiat – dice ancora Delle Donne – ha venduto quest’area già nel Duemila. Si tratta di 2

milioni e 350 mila metri quadrati, finiti prima all’Immobiliare Estate 6 e adesso all’Aglar, ma di fatto è controllata da un uomo di stretta osservanza Fiat, cioè Luigi Airaudo, per anni ai vertici dell’Ifil. Qui ci vogliono fare una speculazione immobiliare. La Fiat ha avuto l’Alfa Romeo nel 1986 dall’Iri, senza spendere una lira. E, dopo averci guadagnato in questi anni, ora fa un altro affare vendendo i terreni”. Nelle parole del sindacalista dei Cobas c’è la nostalgia dei primi anni Ottanta, quando ad Arese c’era lavoro per 20 mila addetti. O ancora prima, negli anni Settanta, quando con 200 mila automobili vendute, l’Alfa Romeo aveva superato la Bmw che ne produceva 184 mila. Tutti sanno che quei tempi non torneranno più, anche se Fiat pensa di sbarcare negli Stati Uniti con il glorioso marchio del Biscione. “Però siamo passati da un polo d’eccellenza a una caserma che assomiglia a Guantanamo – dicono i sindacati – perché all’ex Alfa c’è dentro di tutto, anche finte coopera-

L’ingresso dei dipendenti alla Alfa Romeo' di Arese (FOTO ANSA)

tive che occupano 1.500 persone, per gran parte precari, dove non vengono rispettati i diritti dei lavoratori. E pensare che siamo alle porte di Milano, nella ricca Lombardia. Anche questo diremo martedì al presidente della regione Lombardia, Roberto Formigoni. Gli diremo che qui comanda la criminalità, che non si

trova più un lavoratore a tempo indeterminato. Tremonti ha parlato del valore del posto fisso? Venga qui a fare i suoi discorsi. Venga qui a vedere che cosa è rimasto della gloriosa fabbrica. C’è rimasto il museo. E pensare che l’anno prossimo vogliono festeggiare i cent’anni dell’Alfa. Ma che festa sarà senza i lavoratori”?

STRATEGIA MARCHIONNE

SUL MERCATO ITALIANO FIAT RESTA PRUDENTE entre ad Auburn Hills, Detroit, dove ha sede la Chrysler, c’è grande fermento per la presentazione del nuovo piano industriale dell’amministratore delegato Sergio Marchionne, in Italia il gruppo Fiat mantiene una posizione di attesa. Pochi modelli nuovi, molti restyling di quelli vecchi e innovazioni importanti, come la nuova ammiraglia Lancia, rimandate a quando partiranno le produzioni congiunte con Chrysler. “In Fiat Mar-

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chionne punta su nuove motorizzazioni, come il nuovo motore multi air e presto un bicilindrico o turbo a bassi consumi, che intercetta una domanda di auto più ecologiche”, spiega Giuseppe Volpato, economista industriale autore per Il Mulino di “Fiat group automobiles, un’araba fenice nell’industria automobilistica”. Una strategia che consente di evitare gli altissimi costi della produzione di nuovi modelli ma permette di vendere a un

GOVERNO A BANDA STRETTA

prezzo più alto quelli aggiornati, dando l’impressione di non essere immobili. Nell’ultima trimestrale Fiat spiega di aver stimato per il 2009 una riduzione della domanda del 20 per cento, ma nei primi nove mesi il suo fatturato si è ridotto solo dell’1,4 per cento rispetto allo scorso anno. Che, nel ramo automobili del gruppo, significa 538.900 veicoli immatricolati. Il cardine della strategia attendista è la Punto Evo, presentata al salone di Francoforte e

di Federico Mello

NON È UN PAESE PER INTERNET cambiato l’ordine di priorità”. Così Gianni Letta annuncia il congelamento dei fondi sulla banda larga. Gli 800 milioni di euro stanziati per il rafforzamento dell’infrastruttura (necessari per sostituire l’attuale rete in rame con la fibra ottica) andranno a finanziare interventi che il governo reputa più urgenti. “I soldi stanno lì, non sono stati spesi né sciupati” dice Letta, ma la conseguenza è chiara: l’Italia continuerà a perdere terreno sulle tecnologie. A rimanere con il cerino in mano sono due ministri che si erano esposti sulla banda larga: Renato Brunetta, che solo due settimane fa aveva promesso “2Mb di banda larga per tutti già dal prossimo anno”, martedì ha presentato un piano per la digitalizzazione della Pubblica amministrazione; e il viceministro

“È

Paolo Romani, responsabile del piano che porta il suo nome per annullare il “digital divide”. La situazione della broadband in Italia non è buona, come ha spiegato Romani: “Il 13 per cento della popolazione (7,8 milioni di italiani) non ha una connessione Internet o ha una banda insufficiente”, una diffusione talmente scarsa “da rendere vani gli sforzi di altri ministeri (Funzione pubblica in primis, ma anche Sanità e Istruzione) per portare la Pubblica amministrazione online”. Molte delle novità annunciate da Brunetta dipendono da Internet. Solo due giorni fa ha presentato con Alfano una “rivoluzione digitale del sistema giustizia” volta a eliminare “costose quanto inutili richieste cartacee” anche grazie a “convocazioni in tribunale via Web e audizioni dei

in vendita dal 10 ottobre che ha avuto un’ottima accoglienza sul mercato: “Abbiamo migliorato la Grande Punto per inserirla in un ambiente cambiato, perché riuscisse a mantenere la sua attitudine innovativa”, ha detto Roberto Giolito, il direttore stile di Fiat che progettò la nuova 500. Le operazioni di restyling funzionano bene sui veicoli Fiat, più complicate su quelli degli altri marchi del gruppo. Spiega il professor Volpato che “l’Alfa Romeo è in una situa-

testimoni telematiche”. Stesso discorso per il disegno di legge “Burocrazia” annunciato martedì per introdurre la pagella scolastica “in formato digitale”, il cambio di residenza “telematico” e i certificati medici trasferiti all’Inps via Internet. Tutte misure depotenziate se non si garantisce un collegamento Internet all’altezza. Il piano Romani, inoltre, prevedeva la creazione di 50.000 posti di lavoro in un comparto strategico come quello delle Telecomunicazioni (oltre 4000 ingegneri, 11.000 tecnici, quasi 30.000 operai e 6.000 impiegati). Il tutto per 1471 milioni di euro complessivi, compresi gli 800 milioni congelati da Letta che aspettavano solo di essere sbloccati dal Cipe. Romani non se ne fa un cruccio: “Credo che la fine della crisi sia questione di mesi, non di anni – dice – Inoltre, anche senza gli 800 milioni non stiamo fermi”. E pazienza se Confindustria dice che “così si fa scappare il treno più importante per il futuro dell’economia digitale”. Per il governo le priorità sono altre.

Tremonti stringe i cordoni Stefano Feltri

zione complessa, un prodotto atteso come la nuova 166 è stato rinviato ancora, ma MiTo si vende ma meno di quanto si poteva sperare, molto dipenderà da come andranno la Milano e la Torino, rispettivamente aggiornamenti della 147 e della 157”. Il caso Lancia è il più delicato. La cura Marchionne di Fiat era partita proprio da lì, grazie anche al responsabile marketing Luca De Meo (ora in Volkswagen), con il grande successo della Ypsilon, ora un po’ invecchiata. “Il problema è che la Thesis, l’ammiraglia, non si riesce a vendere”, spiega Volpato. E proprio su Lancia si testeranno le sinergie con Chrysler. Il rilancio della casa di Detroit partirà dai marchi Jeep e Cherokee e dai mini-Suv, ma la prima auto con marchio Chrysler prodotta da Fiat dovrebbe arrivare nel 2013. E potrebbe essere proprio quella la nuova ammiraglia di cui la Lancia ha bisogno, uno stesso modello commercializzato con due marchi diversi sulle due sponde dell’Atlantico. Uno degli effetti delle strategie ormai sempre più internazionali del gruppo è che i modelli da cui dipende il successo non sono più quelli prodotti in Italia: la Uno, decisiva per i mercati sudamericani, è prodotta in Brasile; la Cinquecento per le grandi città americane sarà fatta in Messico; la Qubo (di cui è stato appena presentato il restyling Trekking) è fabbricata in Turchia. E altri modelli presto potrebbero essere trasferiti nello stabilimento in Serbia da poco acquisito. (Ste. Fel.)

certezza: il grande strappo tra Pier Ferdinando Casini e Silvio Berlusconi che portò l’Udc a correre da sola nel 2008 è ricomposto. O almeno non è più un ostacolo a trattare su nuove alleanze alle regionali: ieri Casini ha incontrato anche Gianfranco Fini, precisando che “l’Udc incontra tutti perché la gente è stanca dei litigi”. Per il resto tutto resta da decidere, a partire dal ruolo del governatore del Veneto Giancarlo Galan che ha detto di non aver ricevuto nessuna telefonata per convincerlo a farsi da parte. Quindi è intenzionato a ricandidarsi, nonostante Silvio Berlusconi abbia promesso il Veneto alla Lega. Galan e il Cavaliere si sono incontrati ieri, per discutere probabilmente anche di eventuali contropartite in caso di rinuncia. Roberto Formigoni ha smentito ogni interesse ad accettare il ministero della Salute, lui vuole ricandidarsi alla guida della Lombardia. nche sul fronte della Asituazione politica economica la resta fluida. E la tensione tra il fronte del rigore contabile e i sostenitori della spesa pubblica resta elevata. Gaetano Quagliariello, vicepresidente dei senatori Pdl, promette “novità” già nel passaggio della Finanziaria al Senato. E le novità sono le stesse di cui si discute da settimane: interventi per il Sud, riduzione dell’Irap, più soldi alla sicurezza (i tagli al ministero dell’Interno stanno diventando un caso politico). La reazione dei guardiani dei conti pubblici non si è fatta attendere molto. Il viceministro dell’Economia Giuseppe Vegas dice che impossibile fare interventi strutturali sulle tasse, visto che è così difficile trovare coperture adeguate. Al massimo si possono correggere “storture”: il riferimento è all’Irap, ma impossibile da quantificare. l ministro Giulio Iesplicito Tremonti è ancora più nel frenare i desideri di spesa del suo schieramento: davanti ai rappresentanti della maggioranza in Senato ha spiegato che il gettito dello scudo fiscale dovrebbe essere di 3-4 miliardi, quindi inferiore di un quinto a quei 5 miliardi di cui si era parlato finora. La conseguenza è che ci saranno ancora meno soldi da spendere - ha lasciato intendere Tremonti - e quindi è controproducente fare promesse che non si potranno mantenere. Obiettivo secondario: rimandare l’assalto alla diligenza alla Camera, quando la scadenza dello scudo sarà più vicina e le stime più precise, così da lasciar uscire la Finanziaria quasi indenne dal passaggio al Senato.


Venerdì 6 novembre 2009

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UNIVERSITÀ A PEZZI

Cosa cambia con il disegno Gelmini negli atenei

Dopo la legge 133/08 che trasformava le università in fondazioni private, la nuova riforma approvata dal Consiglio dei ministri lunedì scorso prosegue nella stessa direzione. Il progetto del ministro Mariastella Gelmini prevede che il 40% dei membri dei consigli di amministrazione provengano dall’esterno (compreso, al bisogno, il presidente) e l’introduzione di un manager al po-

sto del direttore amministrativo. I rappresentanti degli studenti sono ridotti a uno. La riforma prevede inoltre maggiore autonomia nella gestione dei fondi e valutazione da parte dell’Agenzia nazionale per la valutazione. Viene reintrodotta l’abilitazione nazionale per l’accesso di associati e ordinari con le commissioni scelte a sorteggio. Arriveranno all’abilitazione

solo i ricercatori che saranno stati contrattualizzati a tempo determinato per 6 anni (3+3). Viene così cancellata la terza fascia della docenza. Al termine dei 6 anni il ricercatore, se abilitato, sarà confermato a tempo indeterminato come associato. Soldi permettendo. E’ inoltre prevista la delega al governo per cambiare la legge sul diritto allo studio.

“E LA CHIAMATE RIFORMA?”

Studenti e ricercatori protestano: “Un’altra occasione persa, non risolve nessuno dei nostri problemi” I VULCANOLOGI

a cura di Caterina Perniconi

ubblichiamo di seguito alcune e-mail che ci sono arrivate dopo il varo della riforma dell’Università da parte del Consiglio dei ministri. Continuate a inviarci le vostre segnalazioni e le vostre storie all’indirizzo ricercatori@ilfattoquotidiano.it

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DOTTORANDA INCOMPATIBILE È incredibile quello che succede nelle università. E incredibile come le cose continuino a cambiare e a peggiorare. Viene fatta una riforma delle Università senza fare una riforma dei dottorati. Ho vinto un posto per un dottorato di ricerca senza borsa che potevo frequentare grazie a un assegno di ricerca. Ora ne viene sancita l’incompatibilità e io dovrò rinunciare al dottorato. Se il dottorato è incompatibile, anche senza borsa, con l’assegno di ricerca (con rinnovo annuale), come faremo, io e altri colleghi, a mantenerci? Perché non hanno pensato, prima di togliere altre possibilità, di dare una borsa a tutti i dottorandi? Ringrazio “Il Fatto” per questo filo diretto di sfogo! Chiara Tambani

DOMANDE DI UN RICERCATORE Sono molto felice che qualcuno si interessi di problemi di università. Io lavoro come assegnista di ricerca in Ingegneria. Faccio notare che ho usato la parola “lavoro” non a caso. Devo premettere che mi sento fortunato perché ho una certa sicurezza di non finire disoccupato nel prossimo futuro. Vi vorrei sottoporre alcune riflessioni: si parla di fare i concorsi in modo che i baroni non possano influenzare la giuria che deve decidere chi sia il miglior candidato, e per farlo si fanno i concorsi su titoli, le commissioni a pescaggio, l’abilitazione nazionale. Queste cose sono giustissime, a prima vista. Ma in realtà si cura il sintomo e non il male; in molti paesi le università hanno una certa autonomia nel gestire la spesa del personale, eppure sono messe meglio delle nostre da molti punti di vista. Da cosa dipende la differenza? Probabilmente dalla maggiore responsabilizzazione dei professori e anche nel riscontro di gratificazioni economiche e personali. Nel momento in cui si instaura un controllo diventa interesse di tutti far sì che le cose funzionino. C’è da dire che, in generale, negli altri paesi all’università un professore ci deve andare tutti i giorni, e non solo quando fa lezione... In più, le persone come me che hanno finito il dottorato da un paio di anni, a parte casi straordinari, non hanno un gran numero di pubblicazioni, e que-

2009 sarebbero rimasti fuori e avrebbero dovuto aspettare i concorsi. Un nuovo colpo di spugna è arrivato con il decreto anticrisi che ha recepito parte della norma Brunetta prevedendo che si possa procedere alla stabilizzazione entro il 2012. Ma l’Ingv non poteva allora e non può stabilizzare ora, e nemmeno fare concorsi, perché ha una pianta organica insufficiente che può essere ampliata solo per legge. Inoltre essendo un ente giovane non può contare sul turnover. L’Istituto ha chiesto ripetutamente l’intervento del governo. Ben quattro volte, a partire dal novembre 2008, il Parlamento, tramite ordini del giorno spesso bipartisan, ha sollecitato l’esecutivo.“Brunetta – spiega il presidente dell’Ingv Enzo Boschi – si è impegnato a risolvere il problema. Si tratta di ampliare la pianta organica e per farlo ci vuole una legge. Ovviamente non possono farne una ad hoc e allora hanno pensato di inserirla in qualche decreto omogeneo promettendomi che lo faranno entro il 2009”. Anche l’Istituto nazionale di Fisica nucleare (Infn) vive problemi simili. Barbara, ricercatrice, laureata nel ’98 , lavora all’Infn e oggi è ancora precaria. “Si è passati – racconta – da un posto in cui fondamentalmente entravi da laureando, facevi un minimo di gavetta all’età giusta, a uno in cui ci sono 40enni con una lunghissima lista di contratti, che hanno fatto ricerca esattamente come i colleghi inquadrati a tempo indeterminato ma a cui non viene riconosciuta un’anzianità e una retribuzione degna, e neanche la prospettiva di assunzione”. L’Istituto impiega 1800 dipendenti di cui 570 ricercatori, 220 tecnologi, 710 tecnici e 300 amministrativi. In più ci sono almeno 400 precari, di cui solo 100 hanno i requisiti per essere stabilizzati. Le stabilizzazioni sono partite a inizio 2008 portando all’assunzione di alcuni degli aventi diritto. In compenso l’ente era riuscito a concordare con l’allora ministro Mussi una nuova pianta organica di 2070 posti di cui 676 per ricercatori. Il governo Prodi però è caduto e si è tornati a 1900 unità. Il comparto della ricerca pubblica italiana è composto da 28 enti che sono sotto la vigilanza di 7 diversi ministeri, e conta 25 mila addetti, di cui 4-5 mila precari. L’obiettivo di arrivare, entro il 2010, al 3% del Pil destinato a Ricerca e Sviluppo fissato nella strategia di Lisbona è lontano. Investiamo infatti solo l’1%.

LA TASK FORCE D’ECCELLENZA PERDE I PEZZI di Giosi Spagnolo

stati i primi a raggiungere L’Aquila la Sceono notte del terremoto, erano nella task forsulla nave dei veleni affondata al largo

sto è un fatto abbastanza strutturale, in quanto i gruppi di ricerca sono piccoli, le strutture e l’assistenza tecnica carenti e spesso è chiesto di fare molta didattica. Queste sono state le regole fino a adesso. Se si decide di cambiarle facendo finalmente dei concorsi aperti, potrebbe accadere che persone che hanno deciso di stare in realtà più dinamiche (all’estero) diventino preferibili rispetto a quelli che hanno aspettato pazientemente l’esaurirsi della lunga coda. A questo punto viene da chiedersi: per perseguire lo scopo di una docenza in Italia non è comunque meglio provare la via dell’estero, in modo da ingrassare il proprio curriculum, e sperare nel ritorno in un futuro non troppo prossimo? E se tutti i miei colleghi la pensano così, chi rimarrà in Italia a contribuire al funzionamento dell’università? Mi permetterei anche di far notare che regalare un laureato all’estero, è un danno anche economico per la comunità, visto che le tasse universitarie pagate dagli studenti coprono solo una parte dei costi per la loro formazione.

tutti sanno e nessuno si lamenta. Magari per non perdere il turno. Io ho fatto application in Inghilterra e lì le qualifiche professionali sono del tutto separate dai dati anagrafici sensibili (sesso, età, razza) e le valutazioni sono fatte solo in base al curricula. Perché invece di varare codici etici non si adottano metodi che non facciano sempre apparire la nostra Repubblica basata sul “favore”? Francesca Tocco

PERCHÉ IN ITALIA NON SI PUO’? Sono un ragazzo di 26 anni, mi sto per laureare in Scienze informatiche. Mi piacerebbe molto continuare la mia carriera all’interno dell’università. Ma ogni volta che leggo articoli, e-mail e commenti mi scende una lacrima perché capisco che i miei sogni, qui in italia,

delle coste calabresi: sono il motore della ricerca italiana ma rischiano di perdere il posto di lavoro. Sono i precari dell’Istituto nazionale di Geofisica e Vulcanologia (Ingv), quelli dell’Istituto nazionale di Fisica nucleare (Infn) e dell’Istituto superiore per la Protezione e la Ricerca ambientale (Ispra). Sono solo parte di una lunga lista di lavoratori senza futuro. Raffaele ha 38 anni, una figlia e un mutuo da pagare, sono 11 anni che lavora all’Ingv. E’ un ricercatore ed è stato tra i primi inviati in Abruzzo. “Alcuni di noi erano reperibili la notte del 6 aprile scorso – racconta – perché facciamo monitoraggio nelle sale di sorveglianza sismica e vulcanica con reperibilità di 24 ore su 24 per le emergenze. Io ero nella prima squadra partita subito dopo la scossa, eravamo 3 precari su 4”. L’Istituto impiega in tutto circa 1000 dipendenti: 296 le unità con contratto a tempo determinato dei quali 231 ‘stabilizzandi’ che hanno acquisito il diritto all’assunzione e 65 no. Ci sono poi circa 60 assegni di ricerca e 60 tra borsisti e dottorandi. L’Ingv, come altri enti, è stato vittima del blocco delle assunzioni iniziato nel 2001. Poi a dicembre 2006 il governo ha avviato la stabilizzazione dei precari del pubblico impiego, definendone i criteri nel comma 519 dell’articolo unico della Finanziaria. Il processo fu prorogato di un altro anno con la Finanziaria 2007. Quasi tutti gli enti hanno preparato una o più liste – quella dell’Ingv conta 231 unità – e hanno definito la graduatoria sulla base delle regole imposte. Quindi è stata la volta del provvedimento Brunetta, il ddl 1114 quater con l’articolo 37bis cosiddetto ‘ammazzaprecari’, approvato alla Camera e rimasto appeso al Senato, che stabilisce che gli enti che non sarebbero riusciti a stabilizzarsi entro giugno

“Sprechiamo i soldi per ponti che non sapremo come attraversare”

Gianni Borghesan

QUALE CODICE ETICO Per quanto riguarda la riforma dell’Università approvata dal Cdm mi sono posta una domanda: è stato necessario varare un codice etico? Io non credo che a oggi le università italiane non lo abbiano, il problema è che c’è sempre un modo per aggirarlo. Perché, quando si partecipa ad un concorso pubblico in università di solito si sa già per chi è stato indetto (senza bisogno che i cognomi corrispondano). Le norme ci sono già ma nessuno controlla, nessuno punisce e soprattutto

difficilmente si realizzeranno. Poi penso: ma deve capitare anche a me come agli altri ragazzi? C’è uno spiraglio di speranza? La tristezza si trasforma in rabbia e scendo in piazza per farmi ascoltare: “Guardate state sbagliando”. Nessuno ci ascolta. E abbiamo un ministro dell’Istruzione che non ha esperienza nell’Istruzione. Io non voglio andare all’estero per lottare per i miei sogni, voglio stare con la mia famiglia, con la mia ragazza, con i miei amici, con la mia vita qui in Italia. Spero che lottando presto ci sarà un “Yes we can”. Intanto sprechiamo i soldi per le grandi opere, per i grandi ponti, tanto fra pochi anni non sapremo neanche come attraversarli! Nicola Stievano

BUONE NOTIZIE

a cura della redazione di Cacao

LA LAMPADINA ULTRA-ECOLOGICA E LA “GIOCONDONA” Storie di ladri Athens, contea di Clarke, Stato della Georgia (Usa): era sola in casa quando ha sentito qualcuno armeggiare alla porta. Ha guardato dallo spioncino, ha visto il ladro e ha avuto un vero e proprio colpo di genio: accovacciarsi per terra e imitare il verso di un grosso cane imbestialito. Nel frattempo ha chiamato il 911, ma quando sono arrivati gli agenti il ladro se l’era già data a gambe. Tornerà con delle crocchette? Record artistici. Katy Webster da Wrexham, Galles, ha scritto il suo nome nel libro dei Guinness disegnando la più grande Monna Lisa del mondo, battezzata la “Giocondona”. Il dipinto occupa un’area di 240 metri quadri. La fronte e

l’enigmatico sorriso sono edificabili. Ekò, la lampadina perfetta. Presentata alla Fiera di Rimini Ecomondo dalla Wiva Group, azienda fiorentina, è la prima lampadina a risparmio energetico realizzata con materiali riciclati, soprattutto lampadine a fine ciclo di vita. Ekò utilizza la metà del mercurio contenuto nelle “normali” lampadine fluorescenti (2,5 mg, la soglia consentita per legge è di 5 mg), ha una durata di circa 10.000 ore e per una precisa scelta aziendale il suo brevetto non è stato e non verrà depositato. Il Fai, Fondo Ambiente Italiano, installerà Ekò in tutti gli edifici di sua proprietà in Italia.


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Venerdì 6 novembre 2009

DAL MONDO

L’aplomb di Chirac e l’orologio della giustizia L’EX PRESIDENTE VA A PROCESSO E LA FRANCIA GLI VUOLE SEMPRE PIÙ BENE di Emanuela Mastropietro Parigi

a quando è un pensionato di lusso che scrive libri di memorie, e se ne sta zitto zitto su Nicolas Sarkozy, e gira il mondo per difendere lo sviluppo sostenibile, i francesi vogliono molto bene a Jacques Chirac. Dell’ex presidente della Repubblica, oggi 76enne, rimpiangono l’aplomb e la bella retorica rassicurante, il coraggio di aver detto no agli americani e alla guerra in Iraq, la battuta felice e le folcloristiche apparizioni al salone dell’agricoltura: grandi pacche sulle spalle dei contadini della Corrèze, amata regione e feudo elettorale, un boccale di birra stretto in pugno, un sorriso per tutti, anche per le grasse mucche del Limousin. Eppure, il 72% della popolazione, secondo il sondaggio Bva per il canale tv M6, pensa che di fronte alla giustizia anche il simpatico Chirac sia un cittadino come gli altri: giusto, dunque, che sia spedito alla sbarra

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con l’accusa d’appropriazione indebita per lo scandalo dei posti di lavoro fantasma al Comune di Parigi. Un ex capo di Stato in tribunale, mai visto nulla di simile sotto la Quinta Repubblica. Solo il 26% è contrario al rinvio a giudizio. Tra gli scontenti, la socialista Ségolène Royal: si tratta di una vecchia storia, ha detto l’ex candidata alla presidenza, e un uomo che ha dato tanto al Paese non dovrebbe essere trattato in questo modo. È vero, si tratta di una storia vecchia, ha ribattuto un altro socialista, Arnaud Montebourg. Ma ad aver rallentato la giustizia sono stati i 12 anni d’immunità di cui ha beneficiato Chirac in qualità di capo dello Stato, e “nessuno, neppure un presidente della Repubblica, può sfuggire alle proprie responsabilità penali”. Le accuse si riferiscono al periodo in cui Chirac era sindaco della capitale; all’inizio, il sospetto d’irregolarità pesava su 481 incarichi retribuiti dal municipio tra il 1983 e il 1995; alla

fine, sono solo 21 quelli considerati realmente fittizi dall’accusa. Una bazzecola, minimizzano gli amici di Jacques, molto rumore per nulla. In realtà, la prescrizione – scattata grazie al periodo di immunità – ha fatto calare il sipario su 9 anni di presunti illeciti. L’inchiesta ha potuto tenere in considerazione solo il triennio 1992-95. Il rinvio a giudizio, firmato dal giudice istruttore Xavière Simeoni, è stato una sorpresa. Il procuratore capo di Parigi, Jean-Claude Marin, lo stesso pm che aveva chiesto la condanna dell’ex delfino di Chirac, Dominique de Villepin, nel processo Clearstream, aveva optato per un “non luogo a procedere”. Il quotidiano Libération non se ne stupiva: Nicolas Sarkozy vuole risparmiare Chirac per poter colpire più duramente Villepin, è questo l’accordo. E con una buona dose d’ironia, il cronista riassumeva le acrobazie sintattiche alle quali era dovuto ricorrere il procuratore per giustificare la

sua richiesta. Anche il giudice istruttore ha trovato poco convincenti le conclusioni del pm. Per Xavière Simeoni, esisteva un “sistema Chirac”, favori e regalie destinati ad amici e parenti d’amici. Qualche esempio? Il giudice si chiede: perché il Comune di Parigi ha pagato per 11 anni lo stipendio dell’autista di un sindacalista di Force Ouvrière? E ancora: perché era a carico dei contribuenti parigini il salario dell’assistente del vice-sindaco di Ajaccio o quello della moglie dell’ex sindaco di Digione, consulente culturale che nessuno ha mai visto in municipio? Chirac giura che potrà giustificare ogni suo atto. Se fosse già passata la riforma invocata da Nicolas Sarkozy, gli interrogativi sarebbero rimasti senza risposta: l’attuale presidente vuole sopprimere la figura indipendente del giudice istruttore per potenziare quella del procuratore, carica sotto il controllo dell’esecutivo. Ci saranno ancora imputati eccellenti in un sistema giudiziario

POCO DIPLOMATICO

di Giusto Lipsio

Corbellerie polacche

I

l signor Jan Tombinski, giovane e brillante ambasciatore polacco a Bruxelles, ha invitato i giornalisti, di primo mattino, per dire che Massimo D’Alema non potrebbe fare il “ministro” degli Esteri europeo “a causa della sue appartenenze politiche passate”. Insomma, perché è stato un esponente del Pci. Poi, accortosi della corbelleria, ha fatto smentire dal portavoce. La frittata era fatta: lo scudo polacco contro il comunismo giganteggiava su tutti i media e i siti (italiani). Un illustre connazionale di Tombinski fu Borislav Geremek, ministro degli Esteri del post-comunismo e illustre liberale. Negli ultimi anni, quando era deputato europeo, il governo voleva obbligarlo a firmare un modulo in cui giurava di non aver collaborato con la polizia segreta durante il regime. Si rifiutò e minacciarono di destituirlo. Non accadde perché sarebbe stata un’altra corbelleria. Alla maniera di Tombinski.

orientato dalla politica? Per ora, certo non mancano. Soprattutto nel clan Chirac. Dopo Dominique de Villepin, un altro fedelissimo dell’ex presidente, il potente senatore della Polinesia Gaston Flosse, è sotto inchiesta per corruzione e appropriazione indebita: due giorni fa è stato privato dell’immunità parlamentare e rischia l’arresto. Anche l’ex ministro Charles Pasqua, condannato per lo scandalo del traffico d’armi con l’Angola, ha tirato una tegola sulla testa di Chirac: il presidente sapeva tutto di quel traffico, ha tuonato in un’intervista. Nel primo volume delle sue

memorie (“Chaque pas doit être un but”, ogni passo deeve avere un obittivo, edizioni Nil), da oggi in libreria, Chirac tace sugli scandali di cui è protagonista. A parte l’evocazione poetica della sua “prima volta”, il resto è piuttosto scontato: parole dure sui nemici di sempre, Valéry Giscard d’Estaing e Edouard Balladur, espressioni di stima per l’ex avversario François Mitterrand. Insomma, il suo proverbiale aplomb per ora resiste alla burrasca. Come quel giorno, nel Gers, quando un tizio gli gridò pezzo d’idiota! e lui, guardandolo negli occhi, allungò la mano e rispose: piacere, Jacques Chirac.

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LETTERA APERTA AI PRESIDENTI DELLE CAMERE Signori Presidenti,

Al Presidente del Senato Sen. Renato Schifani Al Presidente della Camera On. Gianfranco Fini

ci rivolgiamo a Voi quali Presidenti delle due Assemblee legislative della Repubblica Italiana, per chiederVi di intervenire, a salvaguardia degli alti valori nazionali e democratici dei quali siete garanti, per porre fine all’attacco ai valori fondamentali della Repubblica portato avanti con sempre maggiore insistenza e virulenza dalla “Lega Nord per l’indipendenza della Padania” Sono ormai di allarmante arroganza quotidiana i proclami, le iniziative, le attività territoriali che, ad opera dei ministri “leghisti” al governo della nostra Repubblica, diffondono non più soltanto a parole ma con gesti e simbolici rituali il programma di secessione dall’Italia: da ultimo, il revisionismo in negativo e il dileggio del Risorgimento. Peraltro, lo stesso Statuto del partito all’art. 1 così recita: “Il Movimento politico denominato “Lega Nord per l’Indipendenza della Padania” (in seguito indicato come Movimento oppure Lega Nord o Lega Nord Padania), costituito da Associazioni Politiche, ha per finalità il conseguimento dell’indipendenza della Padania attraverso metodi democratici e il suo riconoscimento internazionale quale Repubblica Federale indipendente e sovrana”. A nostro parere tale statuto è palesemente incompatibile con la Carta Costituzionale e, comunque, appare di inaudita gravità il fatto che ciascuno ministro “leghista” abbia giurato di fronte al Capo dello Stato con la solenne formula “Giuro di essere fedele alla Repubblica, di osservare lealmente la Costituzione e le leggi e di esercitare le mie funzioni nell'interesse esclusivo della nazione”, mentre è sostenitore di un disegno separatista sancito statutariamente dal suo partito. Ovviamente noi non contestiamo né la libertà di opinione né quella di associazione, ma temiamo fortemente che il formarsi di una vera e propria deriva secessionista divenga progressivamente un concreto attentato ai “principi fondamentali” della Costituzione (art. 1-12) e, in particolare, all’art. 5 che stabilisce la unicità e la indivisibilità dello Stato e all’art. 12 che valorizza il “tricolore italiano”, rozzamente vilipeso proprio dal Ministro per le Riforme e irriso dai suoi proseliti. Il Presidente della Repubblica parlando agli studenti all’inizio dell’anno scolastico, ha chiesto loro di dare testimonianza del valore della parola “Patria” e lo ha fatto, con encomiabile sensibilità, in qualità di garante dell’unità nazionale. Con il medesimo spirito indirizziamo a Voi questo appello per chiederVi di portare la questione all'attenzione delle Camere, nei modi che riterrete più opportuni, al fine di evitare che una patria inesistente, la “Padania”, metta in discussione l’unica e indivisibile Patria di tutti, l’Italia. Alessandro Bianchi, Arnaldo Sciarelli, Amedeo Lepore, Giuseppe Soriero, Federico Orlando, Mario Bartiromo, Pino Bichiellii, Giuseppe Cassini, Eduardo Lamberti Castronuovo, Leopoldo Chieffallo, Paolo De Castro, Dario De Luca, Marinella De Nigris, Adriano Giannola, Sergio Iritale, Fulvio Landi, Gianni Latorre, Mimmo Liguoro, Mauro Minervino, Giovanni Moschetta, Donato Mosella, Renato Nicolini, Gianni Pittella, Umberto Ranieri, Franco Rizzi, Felice Saulino, Lucio Villari, Vincenzo Vita, Sisinio Zito.

Per aderire all’appello, inviare una e-mail a: democraticiperilmezzogiorno@yahoo.it


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DAL MONDO

Mine e Taliban l’Afghanistan fa sempre più paura ATTACCO AGLI ITALIANI: 4 FERITI di Barbara Schiavulli

Kabul

na mina piazzata sulla strada, tra le montagne rocciose e le vallate deserte, a una ventina di chilometri da Shindand nell’ovest del paese, dove è di stanza il contingente italiano, è l’incubo dei militari schierati in Afghanistan. Non si sa ancora se è stata la pressione del mezzo in pattuglia ad azionare l’ordigno o un comando a distanza, ma l’esplosione ha squarciato l’alba. Quattro soldati della Folgore, feriti solo leggermente, perché il Lince, il mezzo corazzato che gli altri contingenti invidiano agli italiani, ha assorbito il colpo. Scomodo, ferroso, pesante è una tana di salvezza. L’uomo, il rallista, che sta alla mitragliatrice con mezzo busto fuori, è quello che rischia di più perché è meno protetto, “So che è rischioso, ma è anche un lavoro di responsabilità, vediamo quello che ci accade intorno”, ci disse risoluto qualche settimana prima di morire nell’attentato di settembre a Kabul, il mitragliere della Folgore Giandomenico Pistonami. A questo pericolo sempre più reale, stanno pensando di porre rimedio con delle paratie cercando di montare sui nuovi mezzi che, prima o poi, arriveranno. Intanto per ora, alla base di Herat si respira un clima di

U

sollievo, negli ultimi giorni i Taliban avevano lanciato minacce, proprio agli italiani che presidiano la provincia. “Il Lince è il mezzo più sicuro”, ci aveva garantito il generale paracadutista Marco Bertolini, capo di Stato Maggiore di Isaf fino a qualche giorno fa, quando è cominciato il rientro della Brigata. Ora per gli italiani con più o meno 3.150 soldati presenti è un momento di passaggio di consegne. La Brigata Sassari si sta posizionando, raccoglie il testimone di una guerra ogni giorno più difficile, di una fiducia sempre più precaria tra la gente e i militari, anche oggi gli afgani nel sud sono scesi in piazza per protestare contro un raid americano in cui sarebbero morti 9 civili. Intanto anche a Kabul i soldati italiani fanno i bagagli, Camp Invicta che per anni ha ospitato una parte del contingente italiano sulla Jalabad Road, è stata consegnata ai turchi, l’avamposto nella valle di Musahi, un fortino di sabbia e tavole di legno, è stato solo da qualche settimana restituito agli afgani. Nel quartier generale della Nato è arrivato il Generale Mora, in questo momento il grado più alto italiano in Afghanistan, mentre a camp Egger, la base americana a qualche chilometro di distanza, conosciuta come “Bronx”, per essere una base difficile, è posizionato il generale dei Carabinieri Burgio che dovrebbe occuparsi

dell’addestramento della polizia, una missione che non è stata ancora pienamente avviata. E con il contingente della Folgore che se ne va tra i saluti dei compagni delle altre nazioni e l’emozione di rivedere presto i propri cari, partono anche quei 400 che erano arrivati per seguire le lunghe elezioni afgane: “Fra 5 giorni comincia il rientro dall’Afghanistan dei 400 militari che avevamo inviato solo per il periodo elettorale. Esauritosi, come da programma, rientrano”, ha detto il ministro della Difesa, Ignazio La Russa. A fine mese la Folgore sarà a tutta a casa, mentre tra i vicoli del quartier generale si attende la nuova strategia del presidente Obama, e soprattutto, il responso sul numero dei soldati americani ed eventualmente della Nato che potrebbero arrivare in più. “L’Afghanistan si lascia sempre con un po’ di tristezza, questa gente merita una vita migliore -, ci dice un militare che ha ormai finito di preparare i bagagli - abbiamo fatto del nostro meglio, qui lasciamo 6 morti e abbiamo portato a casa non pochi feriti. Ma è bello tornare, rivedere le nostre mogli e i propri figli in carne e ossa e non

solo su Skype o al telefono, in quelle conversazioni brevi in cui si riesce a dire solo che si sta bene e di non preoccuparsi”. Il futuro del contingente, dunque, si sposta ad Herat, dove comanda il generale Veltri che ha assunto la responsabilità del Regional Command West, molti pensando che il lavoro verrà intensificato nella zona di Farah dove

La prossima settimana tornano 400 militari che hanno garantito la sicurezza durante il periodo elettorale

ci sono anche gli americani, una zona al confine con l’Iran e con le province del sud afgano dove quotidianamente si combatte, spesso ripiegando nella zona di Farah dove i militanti cercando di riorganizzarsi tra gole e montagne. La Sassari che si prepara a un inverno rigido come ogni anno in Afghanistan, ma che assicura una moderazione negli attacchi ha schierato ad Herat 3 suoi reggimenti (il 151°, il 152° e il 5° Genio), sostenuti da bersaglieri e i carri della Brigata Garibaldi. Ma non sono i militari, gli arrivi veramente attesi alla base di Herat, ma 4 caccia Amx, partiti due giorni fa dalla base di Istrana (a Treviso), che avranno gli stessi compiti di ricognizione dei 4 veivoli Predator già in uso.

di Gianni Perrelli Miami

speranza di uscire dalle croniche riLcheastrettezze, in questo autunno di crisi ha affossato ancor più l’economia cubana, sono riposte nel mambì: il mitico appellativo dei patrioti che nell’Ottocento si battevano per l’indipendenza e che sarebbe in un prossimo futuro il nome della nuova moneta nazionale. Cuba è l’unico paese al mondo che dispone di due valute. Il peso(20 per un dollaro) con cui vengono pagati gli striminziti stipendi integrati dalla libreta (i sussidi alimentari) per garantire un tenore appena sufficiente di vita. E il Cuc, chiamato in gergo chavito (poco più di un dollaro), l’unità monetaria creata per i turisti e indispensabile anche ai cubani per acquistare i generi non di prima necessità. Da almeno un paio di anni si dibatte sul modo di risolvere questa anomalia. L’idea è di abolire il peso e di trasformare il Cuc in mambì con una leggera svalutazione. Portando successivamente gli stipendi medi al livello dei paesi circostanti (circa 150 dollari) senza più la stampella dell’anacronistica libreta. Un progetto d’ingegneria finanziaria che spreme le meningi degli economisti. E che è ostacolato dalle casse dello Stato ridotte allo stremo. Il calo del turismo e il crollo dell’agricoltura hanno prosciugato la liquidità. Gli imprenditori stranieri sten-

tano perfino ad accedere ai loro capitali. In un drammatico piano di contenimento delle spese è stata ridotta al minimo l’aria condizionata negli uffici pubblici e addirittura nell’aeroporto. Nelle mense dei ministeri è stata sospesa l’elargizione dei pasti sostituita da un modesto bonus in danaro. Perfino industrie prospere come quelle dei sigari e del rum risentono della recessione. E lo stesso Hugo Chavez, grande protettore di Cuba, è stato costretto per le difficoltà interne a limitare gli aiuti. Più che sulle vaghe promesse di riforma ventilate da Raul Castro le speranze dei cubani rimangono affidate al dialogo con Obama. Il presidente Usa ha sì protratto l’embargo che l’assemblea dell’Onu chiede di revocare, ma ha capovolto la politica di Washington nei confronti dell’Avana. Ha incrementato il numero dei voli per gli esuli da Miami. Ha agevolato con il ripristino del servizio postale l’afflusso di rimesse che rappresentano una delle voci principali del Pil. Ha alzato il livello delle relazioni diplomatiche inviando nell’isola il sottosegretario per gli affari latinoamericani. E per la

Abu Mazen pronto a lasciare

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l presidente moderato dell’Anp, Abu Mazen è pronto a gettare la spugna e a non ricandidarsi alle elezioni da lui convocate per il 24 gennaio. Ma l’Olp, che raccoglie le sigle storiche della causa palestinese, ha respinto il ‘gran rifiuto’. Dopo giorni di indiscrezioni e interpretazioni sull’irrigidimento del presidente - in primis la delusione per il voltafaccia attribuito all’amministrazione Obama sulle trattative con Israele - ieri il 74enne leader ha posto la questione affermando apertamente di non volersi rincadidare nelle elezioni d’inizio 2010. Subito gli interlocutori si sono mossi, a iniziare da israeliani e comunità internazionale che considerano comunque Mazen l’unico interlocutore valido, rispetto ad Hamas.

Battisti: per l’Italia sono solo un trofeo

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In alto, militari italiani in Afghanistan. Sopra, Raul e Fìdel Castro (FOTO ANSA)

prima volta da molti anni il responsabile dell’ufficio di interessi americano, l‘ambasciata ufficiosa che si affaccia sul lungomare del Malecon, ha invitato i dirigenti cubani escludendo la piccola colonia di dissidenti che in quei locali erano di casa durante l’era Bush. Per tutta risposta Raul ha ordinato che sparissero le scritte e i cartelli contro gli yankee. E, nell’arena antiimperialista che fronteggia l’edificio degli Usa ha ridotto le dimensioni delle bandiere nere che oscuravano le scritte e le notizie anticastriste serpeggianti su un pannello luminoso, spento ormai da qualche mese. Se Obama abolisse l’embargo si calcola che affluirebbero all’Avana almeno un paio di milioni di turisti americani l’anno. Nell’attesa una cappa d’apatia è tornata ad avvolgere Cuba nel cinquantesimo anno di una rivoluzione che ha perso ogni spinta propulsiva. Si vive alla giornata affinando contro i morsi della crisi l’arte di arrangiarsi. Non appassiona neanche più il mistero sulla salute sempre compromessa, ma in lieve miglioramento, dell’83enne Fidel che interviene con le sue “rif lessioni” perlopiù

Sull’isola ci sono il peso con cui vengono pagati gli stipendi e il Cuc, creato per i turisti

PALESTINA

BRASILE

LETTERA CUBANA

MEMBÌ, IL LANCIO DI UNA MONETA PER CAPIRE IL FUTURO DELL’AVANA

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di politica internazionale sulle colonne di Granma (il quotidiano del Partito comunista di cui è ancora segretario) e riceve in tuta sportiva ospiti qualificati facendosi riprendere dalle telecamere. All’Avana c’è un’aria stagnante che ha disperso le speranze di rinnovamento fiorite due anni dopo l’abdicazione del lìder maximo dalle massime cariche dello Stato a favore del fratello 78enne Raul. Con il cambio della guardia, che ha riportato a galla dinosauri della rivoluzione come Ramon Machado Ventura e Ramiro Valdes e messo in luce nelle alte sfere militari un genero e un nipote di Raul, i cittadini furono sollecitati a inviare suggerimenti per migliorare le condizioni economiche e sociali. Oltre un milione di proposte pervennero nei polverosi uffici del partito, frutto di dibattiti pubblici che restituirono ai cubani il coraggio di mettere in discussione una linea politica chiusa alle aperture e arrugginita nelle scelte economiche. Ma la montagna ha partorito un topolino: le liberalizzazioni si sono esaurite nel permesso d’acquistare cellulari, dvd e pentole a pressione, e nella possibilità di affittare stanze negli alberghi per occidentali. L’epidemia di influenza suina, che ha già causato decine di morti, deprime ancor più le aspettative, non il senso dell’umorismo: “Non ci spaventa - è l’ultima barzelletta - il virus H1N1. Da 50 anni gira il morbo F(Fidel)1R(Raul)2 e siamo ancora vivi”.

er il governo italiano “la ragione dell’estradizione non è vedermi in carcere, ma il fatto che ormai sono diventato un trofeo”. Perciò Berlusconi “mi vuole in Italia”. Lo ha detto l’ex terrorista rosso Cesare Battisti (nella foto), in un’intervista all’Ansa a una settimana dall’udienza dell’Alta corte del Brasile che deve pronunciarsi sull’estradizione. “In Italia rischierei la vita”, ha spiegato anche Battisti che si è però detto “pronto ad andare in aula e fiducioso nella decisione del presidente brasiliano Lula”.

ALBANIA

Pestato giornalista Taci arrestato

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ezat Taci, imprenditore albanese, di recente in trattative per l’acquisto del Bologna calcio, è agli arresti. Il petroliere ha picchiato lunedì davanti a un pub Mero Bace, direttore del quotidiano “Tema”, e altre due persone. Taci ha deciso di costituirsi ieri, ma nel frattempo erano iniziate le polemiche politiche e le accuse al governo Berisha per la scarsa difesa dei giornalisti e della libera informazione nel paese.


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SECONDOTEMPO SPETTACOLI,SPORT,IDEE in & out

S OCIETÀ

GENERAZIONE C Ovvero cambio vita

Tenco In arrivo una ventina di brani inediti con versi pacifisti

Lady Gaga In un noto ristorante di Soho, si è presentata in lingerie

Sold out Esaurite entrambe le date italiane degli Skunk Anansie

Current tv Sex mundi: 15 puntate sull’eros nei Paesi del mondo

Il libro di Simone Perotti (ex manager, ora velista e scrittore) è alla terza edizione in 25 giorni. E sui blog è un esodo di massa

di Simone

Perotti

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l coperchio è venuto via così, in un lampo. Sotto c’era una generazione invisibile, quella tra i 35 e i cinquant’anni. Qualcuno li conosce questi signori? Qualcuno sa dove abitano, cosa fanno, cosa sognano? Le informazioni disponibili ce li dipingevano in modo troppo preciso per essere credibili: single, a volte coppie consolidate, raramente con più di un figlio, laureati, terziario, vivono in città, centro-nord, forte propensione all’acquisto, forte consumo di tecnologia, maggioranza di centrodestra, poco inseriti nel tessuto sociale. Generazione prona, in senso assoluto. Quindicenni all’alba dell’edonismo, 1980, dunque in ritardo per la contestazione, costretti al riflusso ancor prima di aver seguito alcun flusso. Isola di Wight stracolma, impossibile sognare la California, tagliarsi i capelli prima che crescano, zitti prima di urlare. Solo un destino: studiare, lavorare, guadagnare, comprare simboli del benessere. E soprattutto silenzio, non dire mai di no quanto meno. È così che si sono inseriti nel paese, senza rumore, scelti dalle potenzialità reddituali di corsi di studi non amati, dunque destinati a lavori alienanti. Generazione senza qualità, non portatrice di alcuna ideologia, che ha applicato le speranze eversive della generazione precedente (che invece è rientrata tutta o quasi nei ranghi borghesi): rottura della famiglia, divorzio, aborto, allontanamento da religioni e ideologie, da Stato e Chiesa. Tutto senza teorizzare nulla, dunque senza capire. Pensiero debole, accettazione di idee altrui, per-

meabilità al consumo. I quarantenni sono un target commerciale, più che persone, dunque sono perfetti per il marketing: facili da studiare, da segmentare, da colpire con la pubblicità. “Sono tutti uguali”. oi l’8 ottobre 2009, data Pdell’outing. qualunque. No, il giorno Esce un articolo su Il Fatto. Parla del libro “Adesso Basta – Lasciare il lavoro e cambiare vita”. Si scatena l’inferno. Il libro esaurisce 7000 copie di prima tiratura dal giovedì alla domenica. Quattro giorni, cioè prima che qualcuno lo legga e lo consigli, prima della solita polemica posticcia messa su ad arte per promuove-

I MESSAGGI Speranze sul Web “Stavolta non si torna indietro” “Simone grazie. Pensavo di essere l’unico pazzo a voler dire basta, disposto a rinunciare al lavoro, ai soldi, pur di vivere in modo più umano. Ora scopro che non sono né solo né matto, che siamo in tanti. Grazie! P. da Napoli”. “Ciao Simone. Mi chiamo F., ho 42 anni, e non ce la faccio più. Voglio cambiare. Il tuo libro sembra un faro nel buio. L’ho letto già una volta, lo sto rileggendo. Voglio dirti grazie. Sei la svolta della mia vita”. “Ciao S. ho letto il tuo libro. Ora lo sta leggendo mia moglie. Siamo su di giri di brutto. Stavolta non si torna indietro. Ci hai dato l’ultima spinta, ma erano anni che parlavamo solo di smettere di lavorare e cambiare vita. Stavolta si va. Grazie!”. “Mi chiamo L., sono laureata in Economia alla Bocconi. Tre anni fa ho lasciato il lavoro in una multinazionale e sono partita per l’Australia. Ho fatto di tutto, ho girato il mondo. Tutti mi giudicavano pazza, e lo pensavo anche io. Ora scopro che non sono l’unica, che siamo un mucchio di gente, e che forse non siamo così matti. Grazie della tua storia!”. “Sei stato troppo cauto Simone! Non è vero che per le coppie con i figli è così difficile! Io e mia moglie lavoriamo alternati, 6 mesi lei e 6 mesi io. Il resto del tempo

re ogni libro che si rispetti. Perfino prima della pubblicità, del “Costanzo Show” e del rito a cui siamo abituati per ogni best-seller. Tre edizioni, ventimila copie in 25 giorni. Che succede? Succede che Facebook, You-

stiamo coi nostri due figli. Viviamo in campagna, consumi ridottissimi, autosufficienza alimentare. Stiamo da Dio!”. “Anche io consumo in modo diverso, consumo meno, risparmio. Penso di farcela in tre o quattro anni. Ma oltre non vado. Non resisto più! Grazie del libro e della speranza!”. “Si può cambiare, anche in modo meno radicale. Io ho detto no a una promozione, rinunciando a molti soldi. Esco dall’ufficio alle 4 e da quel momento la giornata è tutta per me. Rallentare si può!”. “Ti stimo Simone. Io non credo di avere il coraggio di fare una scelta come la tua. Ma dio sa quanto vorrei. Complimenti!”. “Adesso basta! Anche perché dopo 21 anni di lavoro sono arrivato al limite. O smetto o sbrocco. Grazie dei consigli!”. “Wow, ma quanti siamo?! Fondiamo un partito?”. “Ho 37 anni e sono già dieci che sto pensando come uscire dalla gabbia. Grazie della speranza!”. “Vorrei incontrarti. Ho un gran numero di domande da farti. C’è il problema dei soldi, c’è quello del lavoro, e c’è la solitudine. Non hai paura della solitudine? Posso incontrarti, magari anche con altra gente. Fammi sapere. G. da Torino”.

Tube, Linkedin, i blog fanno da autostrada per un esodo di massa, dall’anonimato alla confessione, un grido corale, liberatorio, reso rauco dal troppo silenzio: “Mi chiamo T. e dico da anni le cose che scrivi tu! Chiedilo ai miei

amici. Allora non sono matto, e non sono l’unico!”. Viene alla ribalta una generazione incanalata, mai stata adolescente, fatta da donne e uomini nel massimo splendore della vita, incapaci fino ad oggi di confessare perfi-

Simone Perotti ha scritto per Chiarelettere “Adesso basta. Lasciare il lavoro e cambiare vita”

no a se stessi che non ce la fanno più, che pretendono un destino migliore, che vogliono sognare, avere una prospettiva diversa di fronte, e non solo trent’anni di lavoro coatto, ripetuto, identico, senza speranza. Donne e uomini, ma ancora

ragazzi nel cuore, gente che non ha mai lottato per un mondo migliore, ma ha ancora fiato e immaginazione per correre almeno verso se stessa. “Mi chiamo K., ho 46 anni ma non sono ancora morta. Mi sono messa in marcia. Adesso basta”. www.simoneperotti.it www.chiarelettere .it

Scappo via, vademecum pratico

LA FUGA FLESSIBILE non sogna di fuggire dall’Italia da solo o con la Cperhipropria famiglia? Ognuno pensa alla propria fuga, sempre o solo per qualche mese all’anno, spinto da tanti e diversi motivi: il più frequente è la non sopportazione di stress lavorativi e routine. Perché anche con mille euro al mese qui non ce la si fa più; perché l’età avanza e bisogna godersela; perché, all’opposto, si è troppo giovani per arrendersi ad una vita piatta e di sacrifici. Nel caso siate a corto di idee pratiche ci ha pensato Attilio Wanderlingh che nel suo “Scappo via. Paradisi esotici dove vivere alla grande con meno di mille euro al mese” (Intra moenia edizioni, 299 pagg- 14,90 euro) fornisce una serie di consigli per organizzare la propria fuga e lavorare e investire ai tropici con itinerari turistici (e di vita), ville da sogno (per tutte le tasche), case in affitto con piscina (da 250 euro) e segnalazioni di associazioni di volontariato (per rendersi utili). La guida è divisa per aree geografiche. E finisce con un capitolo che s’intitola “Mi faccio un’isola” (per chi non si accontenta).


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SECONDO TEMPO post-it

MUSICA / POLITICA

CANTAUTORI & CONVERTITI

De Gregori canta al Festival sull’identità voluto dalla Lega di Guido

Biondi

lussi e riflussi del tempo. Come spiegare altrimenti il repentino mutamento “di pelle” dei grandi cantautori italiani verso il sole dell’avvenire? Non solo la caduta delle ideologie: con l’età ci si aggrappa alla spiritualità, specialmente nel nostro cattolicissimo paese, eppure ci sono dei distinguo da fare. Franco Battiato, da sempre schierato per il Partito democratico ha avuto un incidente di percorso: il 29 giugno 2003 fu invitato alla festa di Alleanza nazionale e qualcuno, per questa scelta, lo additò come un traditore. Il suo sito web si riempì di insulti e minacce di boicottare i suoi dischi; sarcastica la sua risposta dell’epoca: “La prima regola che mi hanno insegnato i mistici Sufi è quella di non temere gli insulti. Il Secolo d’Italia ha scritto che a sinistra sono stato scomunicato perché vado a cantare dai nemici, vi pare possibile? Sul palco mi sento addosso una specie di abito talare; e il sacerdote quando officia non si chiede chi assiste al rito”. Lorenzo Jovanotti non ha mai nascosto le sue simpatie politiche. Il 6 settembre 2008, giorno del suo matrimonio, Walter Veltroni si “sgancia” dalla Festa nazionale del Pd e corre trafelato al banchetto di nozze: “E come potevo non sedermi a tavola con un amico che mi ha aiutato nella campagna elettorale?” Jovanotti ha condiviso con Ivano Fossati la “canzone ufficiale” dei congressi Pd: “Penso positivo” e “La canzone popolare” sono state utilizzate negli anni passati. Fossati ha le idee chiare: “Le torri d’avorio sono un’illusione, una chimera. La realtà ci bracca e non possiamo, non vogliamo togliercela di dosso. Il mestiere della musica si fa tra gli altri”. Eppure per la prima Festa democratica sono stati

preferiti Max Pezzali e i Pooh, sintomo di un pensiero debole o della volontà di avvicinarsi al “popolo” catodico della gente comune contrapposto a quello delle élite. Ma, in ogni caso, la giravolta è durata un attimo: il 27 ottobre il nuovo segretario del Pd Bersani ha dichiarato a Repubblica che riprenderà “La canzone popolare” come colonna sonora, la stessa dell’Ulivo: “Perché allora c’era un movimento di riscossa civica che va recuperato”. Forse, semplicemente, qualcuno ha confidato al neosegretario che la sua scelta musicale durante le primarie, “Un senso” di Vasco Rossi, non era appropriata: l’impegno politico del cantautore di “Albachiara” è sempre stato coerentemente a favore dei Radicali. E se Vasco, come recentemente ha dichiarato a Vanity Fair, non è un artista che contempla Dio (“Ho smesso di credere in collegio dai salesiani, avevo 15 anni”), assistiamo a una conversione diffusa tra le file dei cantautori: Jannacci, Vecchioni, Dalla solo per citarne alcuni. Nel gennaio 2008, Lucio Dalla ha rilasciato un’intervista al quotidiano cattolico (online) Petrus dove con assoluto candore afferma “di non essere mai stato né marxista né comuni-

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Francesco De Gregori e sopra Lucio Dalla (FOTO ANSA)

Intanto Bersani rispolvera la “Canzone popolare”, dopo una campagna elettorale a suon di Vasco

Ufficio Réclame

TEATRO L’Ambrogino a Ferruccio Soleri ggi Arlecchino compie 80 anni. La famosa maschera berOlombina gamasca della Commedia dell’Arte che fa il paio con Coè vecchia quasi quanto il mondo – c’è un Alichino

anche nella Divina Commedia; ma il mitico Ferruccio Soleri, l’attore che gli ha prestato corpo e volto dal Sessanta in poi, diventa ottuagenario solo adesso. Pensare che sono passati quasi dieci lustri da quando Soleri, fiorentino, debuttò nel Servitore di due padroni, capolavoro goldoniano con la regia di Giorgio Strehler. Accadde negli States per un felice scherzo del destino: Marcello Moretti, attore di ruolo, era fuorigioco; Soleri lo sostituì, poi conquistò Strehler diventando titolare nel 1963. Ricorda l’artista: “Ero titubante. Recitare sempre con la maschera è difficile, le espressioni del viso sono annullate, i sentimenti vanno cercati nella gestualità, nei colori delle battute... Ma Strehler mi diceva: ‘Tu sei l’unico che può fare Arlecchino’. In un certo senso mi sono rassegnato e rasserenato all’idea”. c’è premeditazione. Infatti il nome In attesa di rivedere il Servitore di due pascelto per tutta l’operazione è “Chedroni nel Belpaese – tornerà in scena al Banca!” con l’esclamativo finale, Piccolo di Milano dal 2 marzo 2010, dopo chiosa doverosa di ogni esibizione. oltre 2.000 recite svolte in giro per il L’ultima prova, però, contiene un mondo – in Lombardia si stappa un itamessaggio inquietante. Sorvoliamo lianissimo spumante e si festeggia l’icona sugli improbabili cantanti e concenSoleri: Letizia Moratti, fresca delle lacritriamoci anche stavolta sulla canzome sparse per Alda Merini, gli conferirà ne. Pubblicizzare una banca rimacon sorriso partecipe l’Ambrogino neggiando “Fatti mandare dalla d’oro, massima onorificenza meneghina. mamma” (a prendere il latte) nel L’attore-regista di ritorno da Kiev ringrapaese del crac Parmalat è una scelta zia. Aspettando un Ambrogino alla mecoraggiosa. Di questo passo probamoria per Enzo Biagi. Valerio Venturi bilmente il prossimo spot sarà sulle note di “Vaffanculo” di Masini.

CHE BANCA (E CHE MUSICA) e cose più importanti in uno spot Lcativa. sono la semplicità e la comuniForti di questo, quelli di Mediobanca hanno deciso di fare tutto il contrario per reclamizzarsi. Da anni, ormai, cover improponibili sono di corredo a scenografie implausibili che, accompagnando musical di trenta secondi, colorati e confusionari, riescono a suscitare nello spettatore curiosità a non finire. Da “E’ l’uomo per me” di Mina, passando per “Cuore matto” di Little Tony geniali parolieri si producono, ad ogni spot, in agghiaccianti rielaborazioni di testi. Non si tratta di mero errore:

Roberto Corradi

Verdone scrive a Coppola: grazie maestro di Carlo Verdone

sta”, ma di ispirarsi a san Josemarìa Escrivà de Beleguer, fondatore dell’Opus Dei. Rincara la dose al Giornale del 4 novembre per lanciare il suo nuovo disco Angoli nel cielo: “La fede è fondamentale. La fede mi diverte mentre mi annoia andare in chiesa. Io non vivrei senza fede: in Dio, nell’arte, nella gente”. E parlando del brano “Broadway” spiega bene il suo nuovo percorso: “Una volta sarebbe stata una canzone di protesta, Angoli nel cielo vuol dare speranza a chi l’ha smarrita”. Sembra citare il caustico Bob Dylan per cui “in ogni canzone c’è la luce in fondo al tunnel”. Proprio la luce invocata da Enzo Jannacci in un’intervista al Corriere della Sera rilasciata il 6 febbraio 2009, prendendo posizione sul “caso” Eluana Englaro. Si definisce “ateo laico molto imprudente” ma chiosa: “In questi ultimi anni la figura del Cristo è diventata per me fondamentale: è il pensiero della sua fine in croce a rendermi impossibile anche solo l’idea di aiutare qualcuno a morire. Se il Nazareno tornasse ci prenderebbe a sberle tutti quanti. Ce lo meritiamo eccome, però avremmo così tanto bisogno di una sua carezza”. Forse è Roberto Vecchioni il più convincente: il suo nuovo album si intitola In Cactus, intriso di spiritualità e arie classiche, è nato a seguito di un tour nei luoghi sacri ed è ispirato dalla poesia “A Dio” di Vittorio Gassman. La sua ricerca della fede era già emersa con la pubblicazione del libro Scacco a Dio per Einaudi, specialmente in un passaggio cruciale dove ricorda la malattia del figlio sin dall’età di 13 anni: “Tra i personaggi che nel libro incontrano Dio, da Oscar Wilde a Kennedy, c’è il grande attore ateo Alec Guinness che diventa cristiano quando in una chiesa gli rivelano che il figlio morente è guarito. Così lui non offre in cambio a Dio la sua anima, che non vale una goccia del nostro sudore e lacrime, ma la sua vita. Lo farei anch’io se mio figlio guarisse”. Oltre la fede, tornando a volare basso, Vecchioni a differenza di Guccini non loda il programma tv “X Factor”, nuova vetrina degli ex cantautori impegnati di sinistra: “Chi ci si vuole impegnare meglio lo faccia dignitosamente come secondo lavoro piuttosto che rischiare di finire a “X Factor”, con canzoni costruite da altri per un breve successo di massa”. Anche Francesco De Gregori ha ceduto alle lusinghe del programma di Rai2, e si è spinto anche oltre. Insieme con Enrico Ruggeri, Teresa De Sio, i Tazenda e altri protagonisti partecipa al Festival Identità e Musica il 7 e 8 novembre a Milano, organizzato dall’assessore leghista alla regione Lombardia Massimo Zanello. Scontata la direzione artistica di Davide Van De Sfroos, icona delle camice verdi, un po’ meno la decisione di De Gregori.

eggere ieri su ll Fatto di LFrancis un apprezzamento di Ford Coppola su di me, mi ha reso particolarmente felice. E sono orgoglioso del solo fatto che abbia pronunciato il mio nome. Vivendo la mia vita più da fan che da protagonista, le parole di un uomo universalmente riconosciuto come uno dei maggiori cineasti dell’epoca attuale non possono che sbalordire e subito dopo far riflettere. La coincidenza voleva che leggessi la notizia sul tavolo da pranzo della mia casa paterna. Una casa che inesorabilmente sta perdendo la sua identità e i suoi ricordi perché, con la morte di mio padre, deve essere svuotata e restituita al Vaticano. Bene, quel tavolo da pranzo è stato il fulcro, l’anima della grande famiglia Verdone: una famiglia unita che parlava tanto e di tutto. Ma non era solo il tavolo dei pranzi e delle cene. Era anche quello del lavoro. Su quel tavolo ho iniziato a scrivere i primi sketches per la tv, i primi monologhi teatrali e soprattutto i primi miei due film. Quindi quel tavolo, che conserverò amorevolmente, era come “l’altare positivo” della creatività, delle idee, degli appunti che prendevano poi forma in solide immagini. Nel leggere quasi “l’invito” di Coppola nel trovare, un giorno, un’idea per un soggetto, la mia mente è ritornata, per un attimo, quella euforica dei miei inizi. E con i gomiti sul tavolo ho cominciato un po’ a fantasticare, come agli esordi. “Cosa vedrà nella mia faccia così normale Coppola?”. “Uno scontro generazionale con un padre mite e pieno di dignità, disintegrato dai problemi con i propri figli?”. “La tragedia di un uomo di successo, di potere, smembrato dallo scandalo delle sue debolezze diventate pubbliche? (tema molto attuale…). “Un professore che tenta di far capire, nel periodo che stiamo vivendo, l’importanza e “l’avanguardia” della parola “etica”? Di sicuro gli proporrei il riscatto di un uomo normale che trova finalmente il coraggio di indignarsi e ribellarsi alle regole ipocrite e amorali di una società smarrita nei suoi falsi ideali. Mah! Fantastico, immagino, azzardo… Ma quel tavolo mi ha sempre portato fortuna. E prima o poi una pagina con delle idee più robuste gliela manderò sicuramente. Hai visto mai… In ogni caso grazie Maestro di essersi ricordato di un piccolo allievo.


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SECONDO TEMPO

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TELE COMANDO TG PAPI

Invasione di Vespe di Paolo

Ojetti

g1 T Era dai tempi di Francesco Pionati che non si udiva l’aggettivo preferito dall’ex-pastonista televisivo: coesa, che deriva dal sostantivo coesione e significa, in senso figurato, saldezza di un legame organizzativo ovvero unità fra le parti di un tutto. “Coesa” è resuscitato in bocca a Simona Sala e sempre riferita alla maggioranza di governo. Forse non era il momento giusto, visto che Simona Sala parlava della rissa fra Tremonti e Maroni. Abbiamo anche pensato per un attimo che fossero nel frattempo finiti i pizzini di Vespa. Invece no. E’ arrivata l’anticipazione numero 29: “Non ho mai pensato di candidarmi alla presidenza della Repubblica, il miglior candidato è Gianni Letta”, parola di Berlusconi. E’ come se l’Eiar

fosse andata diffondendo “anticipazioni” del libro di Emil Ludwig sui colloqui con Mussolini. “Il Duce annuncia che fonderà un Impero”. Oppure: “Il Duce ha deciso che dichiarerà la guerra il 10 giugno del 1940, preferibilmente di pomeriggio”. Sarebbe tutto finito in barzelletta. g2 T Dopo un terrorizzante Fazio (“Se l’influenza A si combina con quella aviaria, allora sì che la mortalità…”), primizia del Tg2: oggi esce il libro di Vespa. Prepariamoci all’alluvione di ospitate, di rilanci, riprese, dibattiti, commenti, talk-show, sfinimenti, overdosi vespiste. Altra “anticipazione” (abbiamo perduto il conto, amen) su Noemi: “Mai avuto rapporti, tutte calunnie”. Fabrizio Frullani si sbilancia: “In pratica il premier ha scelto il libro di

Vespa per rispondere alle famose dieci domande”. Chi gliele abbia poste e perché, Frullani non lo dice: troppo pericoloso e, poi, c’è sempre il libro di Vespa, una specie di discarica a cielo aperto dove il “premier” ha rovesciato di tutto. Gli altri ci razzolano e raccolgono avanzi e rifiuti. g3 T E il fascino del librone di Vespa colpisce anche il Tg3. In studio, Maria Cuffaro si arrende: “C’è l’ennesima anticipazione…”. Anche Terzulli si arrende: “Ecco la razione giornaliera delle anticipazioni…”. “Non ho sfiorato Noemi, non ho usato i servizi segreti per colpire qualcuno, non sono ricattabile, non ho utilizzato voli di Stato a fini privati, non ho mai pensato di andare al Quirinale”. Basta, le verità di Berlusconi sono affidate a Vespa, alcune pagine del suo libro saranno di certo trasferite in bassorilievi e incisioni nel marmo di Carrara affinché ne rimanga memoria imperitura, il resto sono invenzioni, calunnie, fantasie, toghe rosse. Ormai, rimbambiti dal coro dei telegiornali, siamo certi che il tandem Berlusconi e Vespa abbia vinto su tutto il fronte. A noi resta Caporetto.

di Luigi

IL PEGGIO DELLA DIRETTA

Galella

ncora bassi gli ascolti di “Exit” (La7, Aperché mercoledì, 21.10), ed è un peccato, Ilaria D’Amico è più intelligente che bella. E questa, ovviamente, non è un’offesa. Nell’ultima puntata del programma, un po’ talk show un po’ inchiesta, si parlava di quei giovani che cercano il facile successo nella terra di Gomorra. Nel servizio di Luca Lancisi, “Corpi in vendita”, era mostrato un pezzo della realtà campana, precisamente Casoria, con l’escursione sul set di un film, anch’esso dal titolo familiare: “Il popolo della libertà”, del sedicente regista indipendente Enzo De Vita. “E gli attori?”, chiedeva l’inter vistatore. “Vengono reclutati per strada”, la risposta. Di che cosa tratta il film? “Far interagire vecchi e giovani, perché se interagiscono può darsi che si riesca a cambiare l’Italia”: questa, la sobria finalità del progetto. Ed eccolo il documento rivoluzionario: una ragazza invitata a recitare guardandoIlaria D’Amico si allo specchio, alla conduce “Exit” maniera di De Niro il mercoledì su La7 in “Taxi Driver”. Dopo la prima battuta non sa più che dire e si volta seccata verso il regista per chiedergli: “E mo ch’aggia ricere?”. Ma non sembra ci sia un vero soggetto, tranne la realtà, quella vera. Che si offre oltre la

Corpi e reati finzione, del provvisorio e improvvisato copione, in forma drammatica e grottesca. Il vero film è il backstage. Ci presenta dei giovani, che hanno lasciato prima del tempo la scuola e sono rapiti dalla sete di successo. La ragazza che si imposta e si rivolge al giornalista guardando fissa la telecamera, “perché so che si fa così”, o quello che, sorridendo, dichiara che vorrebbe recitare nella parte di un “mafioso”, come Gabriel Garko. Perché il “mafioso” è il vero protagonista positivo della sua realtà. fragili, ai margini di tutto. Che Ee ilsistenze trovano nella tv e nei suoi miti il centro fine della propria esistenza. Folgorati dal bagliore di una possibile celebrità, e di questo soltanto nutriti. Incapaci di tutto, se non di desiderare. Più che in vendita, corpi irrequieti e vacui. Ma non è questo l’unico documento interessante della serata, rivelatore di una realtà sommersa e spiazzante. Ce n’è un altro, che riprende con una candid camera i clienti di una trans, ripresi di spalle, mentre si rivestono. Quattro uomini, che si confessano dopo un rapporto. Uno con la voce esitante, che prima dei 31 anni non aveva mai fatto l’amore con una ragazza, al quale la “passerotta fa un po’ senso”, e la sua vita, come lui stesso ammette sconsolato “è un casino”. Un altro che dichiara la propria sofferta omosessualità, un altro ancora che cita un testo sul piacere della penetrazione anale. Uomini sposati, talvolta con dei figli. Corpi irrequieti, come quelli dei ragazzi di Casoria. Come incerti e sospesi, per eccesso di stimoli. Corpi in trance.


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MONDO Un altro pirata all’Europarlamento el giorno in cui un accordo NConsiglio tra Parlamento europeo, e Commissione, non esclude misure restrittive contro chi scarica online, arriva la notizia di un nuovo euro-seggio conquistato dal Partito pirata svedese. Lei si chiama Amelia Andersdotter, classe 1987, ed era la prima dei non eletti in Svezia. Il Piratpartiet, il Partito dei Pirati svedese, alle scorse elezioni ha preso il 7,1% dei voti guadagnando così un seggio. Con la rettifica del Trattato di Lisbona, dovuto al successo del referendum nella Repubblica ceca, sono cambiati i calcoli per l’assegnazione dei seggi, così Amelia, con i suoi 22 anni, risulta la più giovane europarlamentare della storia. “Sono molto contenta – ci dice al telefono – sorpresa e contenta. Anche perché c’è sempre più bisogno di persone che si occupino dei nostri argomenti: libera condivisione della conoscenza e difesa della privacy”. Amelia va ad affiancare il suo collega di partito Christian Engström, già eurodeputato. La sua nomina arriva lo stesso giorno nel quale non è passata la proposta franco-in-

è LA VERITÀ SULLA NAVE DEI VELENI LA RICHIESTA DELLE ASSOCIAZIONI

WEB

di Federico

è TWITTER BATTE LA TV PIÙ VELOCE NEI RISULTATI DELLE ELEZIONI

Mello

è PIÙ PRIVACY SU GOOGLE ORA SI PUÒ SAPERE QUALI DATI SONO CONSERVATI DA BIG G

Per rispondere alle polemiche sulla mancanza di privacy nelle ricerche, Google ha lanciato google.com/dashboard, un servizio che permette di sapere tutte le informazioni che il motore di ricerca ha conservato sul nostro conto. Dashboard mostra le ricerche fatte, ma anche chat su Gmail e messaggi di post. Ora è possibile impostare le proprie preferenze di privacy per tutte le funzioni e, volendo, cancellare le cronologie facendo in modo che queste non vengano più conservate.

Politicambiente.it riporta che tutte la associazioni che hanno partecipato alla manifestazione di Amantea “Basta veleni”, chiedono ora al ministero dell’Ambiente i documenti sulle ispezioni marine della nave “Mare Oceano” che ha operato a largo di Cetraro alla ricerca della nave dei veleni. I dettagli delle ricerche non sono pubblici, le associazioni chiedono di farle analizzare dai loro esperti.

glese di imporre a livello europeo il modello “Hadopi”: chi viene scoperto tre volte a scaricare ha la connessione tagliata per un mese. I Singoli stati, invece, potranno prendere tali misure in maniera “proporzionata” e “adeguata ai diritti fondamentali” degli utenti della rete. Dei Pirati, adesso più forti, continueranno a dare battaglia.

feedback$ E’ stato un mini test elettorale quello di domenica scorsa negli Stati Uniti, ma la copertura dei media è stata totale, visto che questo era il primo test elettorale (poi perso) da Obama. Secondo gli analisti, Twitter è stato molto più veloce della televisione nella pubblicazione dei risultati. In particolare il giornalista Dave Weigel del Washington Independent, aggiornava in diretta il suo account dal 23esimo collegio di New York poi vinto dal democratico Owens.

DAGOSPIA

è L’ANTEFATTO SU FACEBOOK Commenti al post: “Il ministro della Difesa che insulta la Corte di Strasburgo mostra quale baratro ci sia tra l'Italia e l’Europa”

Siamo DI FATTO alla corte del pressapochismo, del populismo, del demagogismo e chi più ne ha, più ne metta... Basta che riescano a mischiare le carte per farsi i FATTI LORO... poi... mah!!! (Giuseppe)

LECCA-LECCA D’ORO

1) Perché non assegniamo a Tornatore il lecca lecca d’oro? Forse nessuno se n’è accorto dal momento che erano tutti appisolati per il suo lunghissimo intervento, ma il regista di "Baarìa" nel presentare il romanzo di Veltroni ha detto che negli ultimi secoli non è stato prodotto nessun libro pari a “Noi” di Walter Ego, tranne “Le memorie di un italiano di Ippolito Nievo”, “La Storia” di Elsa Morante e i libri di Goliarda Sapienza. Ultimo paragone illuminante che ha colpito l’uditorio già steso e imbarazzato è stato con Proust. 2) Pare che a Bruxelles si stia stabilizzando il ticket Van Rompuy (un pescione belga attualmente PM) - Miliband per i posti di presidente dell’Unione e Alto rappresentante Esteri, quest’ultimo a danno di D’Alema. Max viene fatto a pezzi da polacchi & C. (“è comunista”). Possibile un Consiglio dei ministri Ue straordinario per fare le nomine anticipato al 12.

La euro-deputata Amelia Andersdotter, Google Dashboard, una manifestazione del Piratpartiet, il blog Terrauomocielo

GRILLO DOCET

IL FORUM OSCURATO

L’Italia è ultima in qualunque classifica di diffusione della Rete. L’Italia è al 49simo posto per la libertà di informazione. Ci sarà una relazione? La Rete è un raggio di luce nel buio in cui è sprofondato il nostro paese. Va spenta. Non passa giorno che non vi siano tentativi di chiudere la bocca a questo o a quel blogger. Assieme alle proposte di legge arrivano denunce e sequestri. L’ultimo per il sito www.aduc.it, l'Associazione per i Diritti degli Utenti e dei Consumatori. Un giudice del Tribunale di Firenze ha oscurato il forum di Aduc a causa dell’anonimato dei commentatori. “Secondo il giudice civile, che ha accolto l’istanza di oscuramento cautelare, il forum non “meritava di esistere” perché sebbene il nostro ordinamento tuteli il diritto di libera espressione delle proprie opinioni, non tutela l’anonimato... gli utenti del forum non possono discutere né in termini positivi né in termini negativi sull’operato di una azienda laddove scelgano di non inserire nel post i propri dati anagrafici. Un provvedimento a nostro avviso pericoloso, le cui conseguenze, se si diffondesse, potrebbero tacitare tutti quegli spazi Internet (blog, forum, bacheche, ecc.) in cui gli utenti si scambiano opinioni sui più svariati argomenti. Si pensi a quanti utilizzano la è BLOG - GAMBERO ROSSO: 1-0 Rete per UN RISTORANTE SEGNALATO: MA È CHIUSO scegliere i servizi e i Per la guida ai ristoranti italiani di Gambero beni da acquistare, e Rosso, il punteggio del ristorante Antica che sulla Rete Cascina, in provincia di Brescia, è aumentato è L’UDU DENUNCIA cercano e chiedono i nell’ultimo anno da 76/100 a 77/100. Ma, LA REGIONE commenti di chi l’ha come svelato dai blog gastronomici “LA NUOVA CASA DELLO già fatto." Terrauomocielo e Dissapore, il ristorante STUDENTE A L’AQUILA È nel 2007 era andato a fuoco e non ha più GESTITA DALLA CURIA” riaperto. Come racconta Giovanni Arcari di Come riporta il blog Terrauomocielo, la risposta di Gambero 6aprile2009.it, sempre Rosso è arrivata sulla sua pagina Facebook: aggiornato con notizie e informazioni della “Ogni guida ha di queste cose, non è la ricostruzione in Abruzzo, l’Udu, l’Unione degli prima e non è l’ultima, ma il valore dei Studenti, ha intenzione di denunciare la Regione contenuti non si giudica certo da questo” il Abruzzo per la gestione della nuova Casa dello commento di Clara Barra, curatrice della Studente, costruita dalla Regione Lombardia a guida. “Da questa vicenda abbiamo capito – L’Aquila. Attualmente, scrivono sul blog “la gestione la replica di Giovanni sul blog – che può degli oltre 120 posti letto presenti nella nuova casa essere possibile una comunicazione e dello studente è stata attribuita dalla Regione un’informazione diversa, e abbiamo capito Abruzzo alla Curia”. Per l’Udu, è inaccettabile che che con il nostro lavoro possiamo anche “l’attribuzione di alloggi possa avvenire per credo contribuire alla tutela di una cultura, fatta di religioso o per meccanismi che nulla hanno a che storia e tradizione. La cultura della terra e di vedere con i principi di trasparenza e legalità”. chi la lavora per vivere. Il contadino”. I numerosi lettori, esperti del settore e appassionati, approvano.

Ha fatto solo bene. C’è un baratro, vero. Di buon senso contro burocrati che vogliono un’Europa asettica, senza storia e senza simboli. Ha fatto benissimo a dire quello che pensano tutti gli italiani! (Federico Effe) La Costituzione all’art. 7 sancisce che Stato italiano e Chiesa cattolica sono, ciascuno nel proprio ordine, sovrani e indipendenti. Significa la negazione di reciproche influenze ed intromissioni. Allora perché la Chiesa si “intromette” nella politica e la politica si occupa di questioni “religiose”? (Miriam) Agghiacciante... tempi terribilmente bui ci aspettano se non ci svegliamo da questo coma reazionario (Rossana) Dopo le pernacchie al Columbus Day e le offese di pedofilia a un comune cittadino La Russa ci regala altre emozioni (Valerio) La storia se lo mangerà... assieme a tutti i suoi cattofasci plaudenti (Elisa) Mi spiace dissentire. L’atteggiamento di La Russa dimostra l’inciviltà del governo e non rappresenta l’Italia. Io sono italiano, lui rappresenta gli italioti ital(id)ioti (PJDiTesta) Riuscirà qualcuno di questi figuri che si indignano a capire che cosa effettivamente questa sentenza stabilisce? O rimarranno ancorati ai dogmi del loro fondamentalismo religioso? E’ una domanda retorica, non mi aspetto risposte :P (Fabrizio) Ma... siccome in Italia la maggior parte dei tifosi di calcio tiene per la Juventus, si dovrà appendere anche il gagliardetto della Juve? ;-D Giusto per provare a sorridere in un paese dove temo che ci sia sempre meno da ridere... (Carlo) Ma come fai a essere cristiano ed estremista, razzista, fascista, puttaniere, ladro e bugiardo allo stesso tempo? Quel che mi intristisce sono queste battaglie di principio su valori come quelli cristiani fatte solo per eccitare gli istinti peggiori degli elettori (peggiori) (Claudio) La sconfitta del pensiero popolar-cattolico sta già nel non aver il coraggio (e la decenza) di dire che “il crocifisso non si toglie perché io sono credente!”. Invece ci si nasconde dietro il paravento delle paventate identità culturali italiane (Saverio)


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SECONDO TEMPO

PIAZZA GRANDE Rai, allarme rosso di Loris

Mazzetti

a fragilità di Silvio Berlusconi, dopo che la Consulta ha bocciato il lodo Alfano, gli ha imposto di accelerare i tempi al punto di mettere a rischio la democrazia: accorciare gli anni dell’entrata in prescrizione dei processi, eliminare la legge sulla par condicio, distruggere RaiTre di Paolo Ruffini. È allarme rosso. Il governo sulla Rai sta accelerando visto che Mauro Masi, il direttore generale, è stato un vero e proprio disastro: tutti i “nemici” sono tornati in onda e in più hanno aumentato gli ascolti. RaiTre il telespettatore la identifica con il servizio pubblico: perché, come ha anticipato il Fatto Quotidiano, deve diventare una rete regionalizzata? Un tentativo ci fu vent’anni fa e divenne un fallimento. Ma quello che è più grave è che ciò sta accadendo all’insaputa di tutti: opposizione, lavoratori, telespettatori, che pagano il canone, a cui mai nessuno chiede di esprimere un parere. Churchill disse che “la democrazia funziona quando le idee di pochi riescono a soddisfare i pochi che contano”, Berlusconi lo sta seguendo alla lettera, con l’aggiunta di un po’ del Piano di rinascita democratica, quello del Venerabile Gelli, che non guasta quando si parla di regime. Regionalizzare la tv di Stato vuol dire soprattutto intervenire a livello industriale: strutture tecniche da riformare, trasferimento di personale dai centri di produzione alle sedi, ecc. Tutto ciò accadrebbe nel momento più critico della Rai (era del 1993 che l’azienda non stava in queste condizioni economiche). Basti pensare quanto tempo c’è voluto, soprattutto quanto è costato, inserire in palinsesto la mezzora regionale della mattina.

L

allarme rosso per l’arrivo su RaiDue, direttamente dalla tv di Berlusconi, di Maurizio Belpietro con L’Antipatico. E’ l’ennesima prova dell’esistenza di Raiset. Santoro va arginato, soprattutto i suoi ascolti che portano tanta pubblicità e Mediaset non ride. Lo sgarro dell’autore di AnnoZero è che ogni giovedì approfondisce quei temi che nessun altro affronta, a partire dal tg di Minzolini. La sua squadra è professionalmente potentissima, in grado di portare le telecamere ovunque, poi, la capacità di sintesi del conduttore quando gli ospiti non sono all’altezza del racconto. Per andare da Santoro ci vogliono le palle, lui non confeziona a nessuno e soprattutto ai politici “vestitini su misura”. Mentre Belpietro ammette che sta già lavorando sul programma, il direttore di RaiDue Liofredi (moderno Pilato) dichiara: “Non ho avuto nessuna indicazione dall’azienda”. La vicenda Belpietro, come quella di regionalizzare RaiTre, deve essere considerata anche per i costi. La cronaca ci racconta che il direttore di Libero si porterebbe in Rai autori pro-

E’

Il governo sta accelerando visto che Mauro Masi, il direttore generale, è stato un vero e proprio disastro: tutti i “nemici” sono tornati in onda e in più hanno aumentato gli ascolti venienti dal suo giornale, editorialisti come Filippo Facci, Angelo Buttafuoco e addirittura il suo programma vedrebbe la partecipazione straordinaria di Maurizio Costanzo. Dalla blanda reazione dell’opposizione si direbbe che tutto sommato una nuova trasmissione di approfondimento potrebbe anche andar bene. In Rai ci sono giornaliste e giornalisti che nulla hanno da invidiare a questi, e che hanno dimostrato con le loro inchieste quanto valgono professionalmente, perché non farlo fare a loro? Cosa rappresentano Belpietro e Facci nel panorama televisivo? Nulla, se non il fatto che

con loro Berlusconi si esente rassicurato. La coppia nel 2002 è stata una vera macchina da guerra contro Biagi, ricordo quello che scrisse, nella sentenza del 12 luglio 2006, il giudice Cesare de Sapia quando condannò Belpietro, come direttore del Giornale e Facci, come autore dell’editoriale: “…l’articolo integra il reato di diffamazione, non potendosi configurare un legittimo esercizio del diritto di critica, in quanto basato su fatti non veri …”. Allarme rosso. C’è ancora una notizia ben più grave delle precedenti. Come Giulietti, il portavoce di Articolo 21 e il senatore Vita hanno denunciato, nel contratto di servizio, che la Rai deve stipulare con il governo entro dicembre, c’è la creazione di un Comitato etico (di cui faranno parte, probabilmente, il ministro Scajola e il sottosegretario Romani) con lo scopo di autorizzare i palinsesti, di entrare nel merito dei programmi, cioè di controllare condutto-

LA STECCA di INDRO l Io dico che mancano i capi politici, che siamo partiti con Togliatti, De Gasperi, Nenni, La Malfa e siamo scivolati sempre più giù. Penso che la gente sia migliore di quelli che manda al potere. (1978)

ri e autori. Un ritorno ad un tragico passato. Si possono fare gli editti e i Comitati ma non si può impedire il volo della parola e il risveglio delle coscienze. Come ha scritto Anna Politkovskaja: “Raccontare i fatti, i fatti come stanno, come sono, sembra la cosa più facile, invece qui è la più difficile. Ed ha un prezzo altissimo. Quale prezzo? Che non fai più un mestiere, ma combatti una guerra. Lotti. Ti senti in lotta”. Maurizio Belpietro (FOTO EMBLEMA)

giustamente

É

di Bruno Tinti

LA NOSTRA CROCE S

ky Tg24 (meno male che Sky c’è) propone ogni giorno un semplice referendum: è successo questo, sei d’accordo? Sì, tasto verde; no, tasto rosso. Naturalmente non è granché come referendum, non si sa nemmeno quante sono le persone che votano; però il risultato è sempre interessante. Il giorno della sentenza della Corte europea dei Diritti dell’uomo, quella sui crocifissi, il risultato è stato: 72% contrari alla decisione della Cedu, 28% favorevoli. Mi sono stupito, così tanti i cattolici integralisti? Poi ho sentito il commento di Bersani: il buon senso sconfitto dal diritto. Allora ho incominciato a pensare. Cosa voleva dunque questo 72%? Detta in maniera semplice, voleva imporre all’altro 28% il suo modo di pensare. Ti piaccia o non ti piaccia, il crocifisso resta nelle aule scolastiche perché “questa è la volontà della maggioranza”. I commenti di politici ed ecclesiastici hanno confermato questa semplificazione: il crocifisso resta nelle aule perché è il simbolo della nostra storia, dei nostri principi, della nostra religione. La parola chiave è “nostro”; secondo questo modo di pensare, la maggioranza possiede tutto, le risorse del paese, le istituzioni, i principi etici e giuridici; agli altri, a quelli che sono minoranza, non spetta nulla se non quello che la maggioranza decide di concedere. E il crocifisso non glielo concedono; nemmeno i simboli delle altre religioni accanto al crocifisso gli concedono; non sono “nostri”, non li vogliamo. E quelli che credono in un altro Dio? Si arrangino, mettano la mezzaluna o quello che è a casa loro. Ma il crocifisso invece sta nella casa di tutti, nelle aule scolastiche e di giustizia, negli uffici pubblici, negli ospedali. Certo, perché sono “nostri”. Mi è venuto in mente un vecchio film molto bello, mi pare fosse “Nell’anno del Signore”: c’era una scena in cui gli ebrei erano portati di forza nelle chiese e obbligati a sorbirsi una predica contro il popolo giudeo, dannato perché aveva ucciso Cristo; e loro si mettevano il cotone nelle orecchie per non sentire e restavano lì, sorvegliati dalle guardie, fino a quando la predica non era finita. E ho pensato: ma che immagine date della vostra religione? Dovreste fare proseliti, create sudditi; dovreste convincere, date ordini; dovreste pacificare, create nemici. E poi ho pensato: ma questo in fondo riguarda le gerarchie ecclesiastiche; e se questa è la loro idea di religione, buon pro gli faccia. i ha preoccupato di più un’altra riflessione: quanta somiglianza c’è tra questo modo di pensare e quello di Berlusconi. Il popolo è con me; e io faccio quello che voglio perché quello che il popolo vuole non si discute. Il che può anche essere vero: se il popolo (la maggioranza) vuole il Ponte di Messina, certo si farà il ponte. Ma come non capire che questo discorso non vale per il testamento biologico, per la ricerca sulle cellule staminali, per il crocifisso nelle scuole? Come non capire che la gestione del paese significa servizio, non potere; che chi governa dispone delle risorse del paese per assicurare beni e servizi ai cittadini ma non possiede le loro coscienze e i loro intelletti; che il dovere principale di chi governa è garantire la libertà di tutti, non solo quella di chi lo ha eletto; che un musulmano, un ebreo, un buddhista, ha il diritto di vedere il “suo” simbolo accanto a quello degli altri perché l’unica cosa che è davvero “nostra” è il paese in cui viviamo tutti. Infine ho pensato a Bersani. Crede davvero a quello che ha detto? Non è diverso da Berlusconi. Lo ha detto per calcoli elettorali? Non è diverso da Berlusconi. In tutti e due i casi non è il leader di cui l’opposizione e il paese hanno una disperata necessità.

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Il Foglio, l’impunità colta di Paolo Flores d’Arcais

“Il Foglio”, organo “colto” del regime berlusconiano, sono fuori dai gangheri. O meglio, vista la conversione “devota” del direttore, fuori dalla grazia di Dio. Che i vituperati “giustizialisti” adesso abbiano anche un quotidiano (che sopravvive, anzi prospera, senza le loro sovvenzioni di Stato, sia detto en passant), vada. Ma che gli odiosi “giustizialisti” pretendano di essere anche dei garantisti autentici, questo no, questo non è tollerabile. Prendiamoli in castagna, si devono essere detti a “Il Foglio”, smascheriamo le loro plateali contraddizioni. Ecco dunque un bell’articolo che, con gran sbandieramento di citazioni di Marco Travaglio e del sottoscritto, dovrebbe L’attacco al Fatto ridicolizzare la convinzione, che ho ridel quotidiano badito nell’editoriale sull’assassinio del di Ferrara giovane Cucchi, secondo cui giustizialiè in realtà una smo e garantismo vogliono dire “la legge – confessione: sulle le garanzie e la seveloro pagine si scrive rità – eguale per l’ultimo degli emargina“garantismo” ti e il primo dei potenti”. Questa è infatma si pronuncia ti la nostra bussola. Su cui “Il Foglio” nulsempre la sembra eccepire (e e comunque ci mancherebbe). Ma che verrebbe smenti“impunità” ta da una serie di ma-

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gagne. Eccole. Innanzitutto: Travaglio e il sottoscritto hanno condannato l’indulto, come fosse un inciucio sciagurato. Embè? In che senso togliere tre anni di pena, indiscriminatamente, sarebbe garantismo? In che senso, cioè, garantirebbe gli imputati contro indagini frettolose e altri abusi, e aumenterebbero le chance dell’accertamento della verità? Con questi due obiettivi, in cui effettivamente risiede il garantismo, e con rispetto parlando, poiché si tratta di problemi drammatici, l’indulto c’entra come i cavoli a merenda. Premia i condannati con sentenza definitiva (tre gradi di giudizio), rendendosi parente dell’impunità anziché del garantismo. Ma il sottoscritto i gradi di giudizio vuole ridurli a due, e il secondo solo nei casi di nuovi elementi o di palese violazione dei diritti dell’imputato. Esatto. E in che cosa ci perderebbe il garantismo? Moltiplicare i gradi di giudizio non aumenta le garanzie dell’imputato, aumenta le possibilità di chi può permettersi stuoli di avvocati e altre diseguaglianze rispetto all’ultimo degli emarginati. Un solo grado nel merito può addirittura responsabilizzare maggiormente i giudici, spingerli a una valutazione più certosina di tutte le prove, a una più stretta osservanza di un altro principio, che ho sempre difeso ma che a “Il Foglio” è sfuggito, “in dubio pro reo”. erò, incalza “Il Foglio”, mi sarei macchiato di leso Ppergarantismo avendo sostenuto la “reintroduzione la falsa testimonianza della severità di alcuni anni fa”, con l’aggiunta “di reati (da considerare gravi) di oltraggio alla Corte e ostruzione alla giustizia (manovre dilatorie eccetera)”. Sfugge, all’organo “colto” del regime delle leggi ad personam, che questa mia proposta è tratta di peso dall’ordinamento giuridico in assoluto più garantista, quello dove se una

prova è stata assunta in modo irrituale anche il più efferato dei serial killer viene rimesso in libertà, il sistema americano. Che però, nei confronti della falsa testimonianza e di ogni manovra tesa a rallentare o sviare l’accertamento della verità, diventa implacabile. Quello che però deve avere spinto i “garantisti” de “Il Foglio” al gesto evangelicamente estremo dello “stracciarsi le vesti” è l’orrore per “l’introduzione del reato di riduzione in schiavitù, con ergastolo, per la tratta di prostitute dall’estero…”. In effetti, anche in preda a hybris da giustizialismo, come si può chiedere l’ergastolo per una bazzecola come la riduzione in schiavitù? Sarebbe anzi urgente una dose industriale di revisionismo storico, visto che per combattere lo schiavismo gli Stati Uniti di Lincoln accettarono di pagare il prezzo di una guerra civile tra le più sanguinose della storia. Revisionisti che dalle parti del regime non mancano certo. Ma forse quello che ai devoti berlusconiani de “Il Foglio” davvero non va giù è la versione garantista ed egualitaria che ho sempre dato della “tolleranza zero” ogni volta che veniva invocata (a sproposito) dai maggiorenti leghisti, post fascisti, popolidellalibertà e altri “garantisti” a corrente alternata: “Contrasto sistematico allo scippo della microcriminalità, ma guerra senza quartiere ai macroscippi della criminalità d’establishment: falso in bilancio, tangenti, voto di scambio…”. E il bello, anzi il mesto, è che questa frase il Foglio la riporta come prova regina del mio antigarantismo. In fondo, quello de “Il Foglio” non è un attacco, è una confessione. La confessione che nella loro neolingua di berlusconiani “colti” si scrive “garantismo” ma si pronuncia sempre e comunque “impunità” (per il potere e i suoi amici, ça va sans dire).


Venerdì 6 novembre 2009

pagina 19

SECONDO TEMPO

MAIL Tradizioni e laicità dello Stato

Furio Colombo

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Scrivo riguardo la questione dei crocifissi nelle scuole, tornata alla ribalta per la sentenza della Corte europea. A mio parere è lampante l’incostituzionalità della presenza di un simbolo religioso in una scuola pubblica, quindi statale, quindi necessariamente laica. Sono anni che mi pongo questa domanda e mi sento sempre rispondere “ci sono sempre stati”. E quindi? Rappresentano l’anomalia tutta italiana della forte dipendenza dalla Chiesa. E’ vero che un crocifisso appeso sembrerebbe non nuocere a nessuno, invece è una fortissima imposizione. Non rappresenta l’identità culturale italiana. Altrimenti un laico o chi appartiene ad un’altra religione si dovrebbe sentire meno italiano? E’ inaccettabile! Le reazioni politiche non mi confortano, ma certo non mi aspettavo che Bersani dicesse “penso che su questioni delicate come questa qualche volta il buonsenso finisce per essere vittima del diritto. Un’antica tradizione come il crocifisso non può essere offensiva per nessuno”. Se mi sento meno italiana non è per la mia laicità, ma perché in Italia non c’è onestà a nessun livello, neanche intellettuale.

BOX A DOMANDA RISPONDO FORZE DELL’ORDINE (E DEL DISORDINE)

aro Colombo, mi chiamo Fabrizio Pallotta, ho 19 anni e le scrivo da Ciampino. Non essendo abbonato ho la consuetudine di acquistare il Fatto sempre alla solita edicola della stazione del mio paese ed ascoltare i discorsi “da bar” di molti clienti; in seguito alle recenti notizie apprese dal Fatto ma anche da Internet in merito all’opinable Modus operandi dei carabinieri messo in atto sia nel caso di Piero Marrazzo (che condanno a priori) sia nel caso (decisamente più tragico) di Stefano Cucchi. Volevo sapere il suo parere in merito a tale atteggiamento delle forze dell’ordine. Io ritengo semplicemente che per l’efferatezza con la quale questi carabinieri hanno compiuto quest’atto ignobile (del quale non sapremo mai la verità) il governo e l’opposizione dovrebbero essere spaventati a morte ed agire al fine di ristabilire l’ordine e mettere fine a questa serie di “isterismi” compiuti non solo dai carabinieri, ovviamente. Fabrizio Pallotta

C

Silvia Rosatelli

E’ IL MOMENTO giusto per fare pubblicamente domande drammatiche su alcuni eventi italiani, tristemente collegati fra loro: gravi violazioni della legge da parte dei tutori della legge. Non dimentichiamo che i fatti gravi sono tanti di più di quelli indicati dal lettore. Oltre alla strana e misteriosa vicenda Marrazzo, oltre alla tragica vicenda della morte di Cucchi, arrestato per un niente di droga e ucciso di botte mentre era detenuto, bisogna aggiungere la vicenda del carcere di Teramo (“un detenuto non si massacra davanti a tutti, se no si rischia la rivolta. Si

La scuola di oggi non si merita il crocifisso Sono un insegnante di Religione cattolica, voglio spezzare una lancia – si fa per dire – a favore della Corte europea dei Diritti dell’uomo riguardo al divieto di esporre il crocifisso nelle scuole pubbliche. A mio parere il problema va capovolto. Non è il crocifisso nelle aule che – come sostiene la

LA VIGNETTA

massacra di sotto”). Bisogna ricordare che il marocchino Elham sta morendo di fame, senza cure e senza attenzione, nel “Centro di identificazione e di espulsione” di Gradisca, e che i suicidi nelle carceri italiane nell’ultimo anno sono in precipitoso aumento. Giustamente però la lettera chiede allarme e attenzione prima di tutto per i casi in cui sicuramente vi è responsabilità diretta e penale di uomini della legge. Il comportamento dei carabinieri coinvolti nella vicenda Marrazzo ha già portato, per fortuna, all’arresto di alcuni presunti colpevoli. Rapinatori, ricattatori, complici di una estorsione? La vera domanda, tenendo conto anche della strana telefonata con Berlusconi è: chi li ha mandati? A nome di chi hanno agito, dominando per mesi una scena con il presidente della Regione Lazio tenuto sotto scacco, e con un complice (il pusher-venditore di filmati da ricatto) opportunamente deceduto in albergo di periferia, ma solo dopo avere incontrato giornalisti di Libero? Il caso Stefano Cucchi è un’altra faccia della stessa medaglia. Come si è ridotto il paese Italia già democratico e retto da una esemplare Costituzione, se c’è, tra i rappresentanti della legge, chi si sente libero e anzi autorizzato a disporre della vita e della morte di un giovane, per giunta detenuto per futili motivi (come dimostra la lotta ingaggiata da decenni dai Radicali per la decriminalizzazione della droga?). Ciò che è accaduto nel carcere di Teramo e ciò che sta accadendo nel campo di Gradisca (un vero lager) raccontano di un’Italia allo sbando, cattiva, crudele, disordinata, illegale. Sono tetre illustrazioni del peggior modo di governare: l’irresponsabilità teatrale . Furio Colombo - Il Fatto Quotidiano 00193 Roma, via Orazio n. 10 lettere@ilfattoquotidiano.it

crazia, o peggio business. Cosa ha a che fare la croce con luoghi dove non tanto la tradizione, il simbolo e il segno culturale (come l’hanno definita il ministro Gelmini e la Cei), quanto l’esempio diventano ornamento? Se i frutti della presenza del crocifisso negli edifici pubblici sono quelli che vediamo, meglio rimuoverlo, sia per non offenderlo, sia per evitare un peggioramento della situazione che, ovviamente, non è responsabilità della croce, ma di chi l’ha sempre vista, senza guardarla, senza considerarla, in un’Italia le cui radici cristiane sono secche da tempo e che ha la faccia tosta di criticare l’Europa per averle ignorate. La scuola che pretende il crocifisso dovrebbe insegnare l’autonomia di pensiero, il rispetto degli svantaggiati, la condivisione. I valori della Costituzione e del Vangelo. Invece insegna tutt’altro. prof. Giovanni Panunzio

Corte europea – è “una violazione del diritto dei genitori ad educare i figli secondo le loro convinzioni e del diritto degli alunni alla libertà di religione”, ma è la scuola malridotta dal legislatore, la scuola parcheggio, la scuola azienda, la scuola disumanizzata, la scuola scristianizzata, che non

merita la presenza del crocifisso. Lo stesso discorso vale per i Palazzi di “giustizia”, dove la legge sarà pure uguale per tutti, ma la giustizia è diversa (come insegna l’avvocato parlamentare Niccolò Ghedini); e vale per gli ospedali, dove quella che dovrebbe essere una missione, è diventata buro-

Mi vergogno del mio paese Ho 22 anni. Mio padre è ferroviere, mia madre insegnante, e mi vergogno: i miei genitori fin da piccolo mi hanno educato all’onestà, al rispetto della legge e

delle istituzioni. Ecco alcuni fatti di oggi. Non illazioni, non supposizioni, fatti: nel mese di ottobre 2006 un servizio delle “Iene”, poi censurato dal garante della privacy, documentava che, su un campione di 50 parlamentari, uno su tre fa uso di droghe. Lo scorso 22 ottobre, Stefano Cucchi è morto nel reparto detenuti dell’ospedale Pertini, in misteriose circostanze,dopo essere stato arrestato per detenzione illegale di sostanze stupefacenti, arresto avvenuto a seguito della violazione di una legge proposta, discussa, e approvata dallo stesso Parlamento. In Parlamento e sulle poltrone di altri incarichi istituzionali siedono anche “utilizzatori finali” di prostitute e di transessuali. E sono gli stessi che dicono di battersi per la lotta alle mafie. Forse non sanno che le mafie si alimentano con lo sfruttamento della prostituzione e del commercio delle droghe?! Mi vergogno perché non so se un domani riuscirò, quando sarò padre, ad insegnare a mio figlio a non ragionare in maniera egoistica, a pensare al bene della collettività, a pagare le tasse perché è giusto e a rispettare la legge perché la legalità è la premessa, non la conseguenza del dibattito politi-

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IL FATTO di ieri6 Novembre 1958 Viene quasi un senso di tenerezza, in tempi di starlette al potere, a ripensare alla “notte turca” di Roma, quella dello striptease dello scandalo di Aichè Nanà, affascinante “Miss Bosforo” catapultata nel clima edonistico e vagamente farisaico della Dolce vita romana. Immagini di una notte di ordinaria eccentricità nell’Italia felix della mondanità pre boom. Con la ballerina discinta condannata dai paparazzi sul patibolo del gossip, per la gioia di rotocalchi seriosi e di magazine osé, accaniti ma prudenti nell’immortalare la “spogliarellista” del peccato con le celebri, funeree listelle nere. Altri tempi. Tempi felliniani di eccessi clandestini e di ipocrite indignazioni, di censure e di trasgressioni vagheggiate. Per Aiché Nanà, icona naif di una disinibita performance hard, non ci sarà un destino da star. Nessuna carriera lampo né scatti verso il bel mondo che conta. Nell’anno della Merlin e della Dc fanfaniana, solo celebrità negative, inchieste giudiziarie per offesa al pudore, ostracismo bacchettone. E a mezzo secolo dallo scoop della “notte turca”, nel desolante paesaggio di oggi, la storia della ragazza del Rugantino ci appare come nostalgico amarcord di un anticonformismo perduto. Giovanna Gabrielli

L’abbonato del giorno MARCO DALICCO “Ciao grandissimi – ci scrive Marco – ho 28 anni e vivo a Buttigliera d’Asti, paese dove la banda larga si può avere solo nei pantaloni di velluto. Vi seguivo anche prima che uscisse il Fatto, con una fatica incredibile per sapere cosa stesse succedendo. Ora vi ritrovo tutti nella mia copia pdf non inquinante, senza inchiostro. Queste sì che sono soddisfazioni! Spero l’avventura continui almeno fino alla liberazione”. Raccontati e manda una foto a: abbonatodelgiorno@ ilfattoquotidiano.it

co, come giustamente ha ricordato Roberto Saviano. Forse sono solo immaturo per diventare padre, oppure è questo paese (e le sue istituzioni) che non meritano rispetto?

velano meno pericolose delle classiche influenze stagionali. Se il prossimo anno dovesse arrivare una vera epidemia di peste virulenta (e il lupo si presenta veramente) nessuno crederebbe agli allarmi seri. Non si sta trattando con troppa superficialità e approssimazione la salute pubblica? Un’altra considerazione: mi pare che questa influenza faccia più vittime laddove l’assistenza sanitaria è più carente. In Messico, nei primi tempi della “pandemia”, ci sono stati molti morti. Non penso che là il servizio sanitario sia di qualità europea. Dagli Stati Uniti arrivano notizie di numerosi decessi, e sappiamo che in Usa l’assistenza sanitaria non è per tutti. Ora vediamo che la città italiana più colpita è Napoli, e tutti conosciamo i problemi che ha. Sarà un caso? Alberto Bucci

Il bollo auto non andava abolito? Volevo solo sottolineare il fatto che nessuno, dico nessuno, ha mai evidenziato un’altra delle grosse, grasse false promesse di Berlusconi: eliminare il bollo auto! Con questa frase aveva chiuso una mitica conferenza stampa preelettorale. Tanto ormai siamo abituati. Salutoni. Luca

I nostri errori

L’influenza suina e la sanità inefficiente

Nell'articolo pubblicato ieri dal titolo "Gasparri all'attacco di Salvatore Borsellino", per un errore è stato scritto Massimiliano De Angelis: il suo nome è invece Massimo Di Pillo. Ce ne scusiamo.

Oms e i vari organismi sanitari nazionali negli ultimi anni stanno diventando organizzazioni che gridano “al lupo”. Allarmi mondiali, scenari catastrofici e prospettive di pandemie causate da virus influenzali che puntualmente si ri-

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Stefano Arielli

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