Fini è contrario alla fiducia sul maxiemendamento alla Finanziaria. Ma se Berlusconi insiste, lui che farà?
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€ 1,20 – Arretrati: € 2,00 Spedizione abb. postale D.L. 353/03 (conv.in L. 27/02/2004 n. 46) Art. 1 comma 1 Roma Aut. 114/2009
Giovedì 26 novembre 2009 – Anno 1 – n° 56 Redazione: via Orazio n° 10 – 00193 Roma tel. +39 06 32818.1 – fax +39 06 32818.230
SCHIFANI E IL BOSS DELLE STRAGI Un pentito parla di incontri con Graviano Ma lui continua a guidare il Senato Spatuzza sostiene di aver visto all’inizio gravi e infamanti? Sempre ieri Se questo quello straordinario lavacro di degli anni Novanta il presidente con il ogni nequizia che è la Giunta è uno Stato mafioso poi condannato all’ergastolo. per le autorizzazioni della Cadi Antonio
Padellaro
dc
vero, Renato Schifani è stato l’avvocato di mafiosi patentati (o non ancora definiti tali) ma era la sua professione. E poi, i mafiosi qualcuno dovrà pure difenderli nelle aule di giustizia o no? E’ vero, Renato Schifani è stato l’avvocato di un costruttore palermitano poi risultato legato a Cosa Nostra, proprietario di un palazzone dove, forse non casualmente, andarono ad abitare alcuni tra i boss più sanguinari. Ma lui che c’entra con le questioni di condominio? Adesso esce fuori l’informativa Dia nella quale il pentito Gaspare Spatuzza sostiene di aver visto, nei primissimi anni Novanta, Renato Schifani, incontrare il boss Filippo Graviano. Sì, quello successivamente condannato all’ergastolo per le stragi mafiose del ’92-‘93 e per l’omicidio di don Puglisi. Legittimo che Renato Schifani difenda la sua onorabilità. Altrettanto legittimo domandarsi, serenamente, se questi suoi, diciamo così, agitati trascorsi professionali lo mettano nella condizione più adatta a esercitare le funzioni di presidente del Senato, che è poi la seconda carica dello Stato. Sappiamo che Schifani resterà tranquillamente al suo posto, circondato dalla calorosa solidarietà della maggioranza e forse anche di una parte dell’opposizione. Noi però quella domanda continueremo a farla, immaginando di vivere in un paese normale. Ma è un paese normale quello nel quale la casta dei parlamentari si autoassolve regolarmente anche di fronte alle accuse più
È
mera si è pronunciata contro la richiesta d’arresto dell’onorevole Cosentino indagato per concorso esterno in associazione mafiosa. Il Pdl si è stretto attorno al sottosegretario mentre dall’opposizione si è levato alto il grido: che messaggio stiamo dando al paese? Ce lo chiediamo anche noi mentre giungono notizie sulla richiesta di rinvio a giudizio per concorso esterno in associazione mafiosa di Totò Cuffaro, già presidente della regione Sicilia e serbatoio di voti dell’Udc. Il partito alfiere del nuovo centro ispirato ai valori della legalità e della famiglia.
Schifani annuncia querela. Insorge il Pdl di Marco Lillo
l presidente del Senato Renato Isemplice Schifani, quando era ancora un avvocato civilista e assisteva molti imprenditori legati a Cosa Nostra, aveva rapporti diretti con Filippo Graviano, uno dei due boss di Brancaccio che organizzarono ed eseguirono le stragi di mafia del 1992 e 1993. A rivelarlo è il collaboratore di giustizia Gaspare Spatuzza. pag. 3 z
PARLAMENTO x Respinta la richiesta di arresto per Cosentino
LA CASTA ASSOLVE LA COSCA La Giunta per le autorizzazioni a procedere dice no ai giudici di Napoli A Palermo richiesta di rinvio a giudizio per Cuffaro di Amurri e Ferrante
a notizia Nicola Cosentino Lsa sua ha preferito attenderla a caa Caserta, una piccola concessione alla scaramanzia. Senza troppa trepidazione, perché i numeri nella Giunta per le autorizzazioni della Camera sono blindati per il centrodestra. pag. 2 e 4 z
I due marocchini feriti a Rovato durante una manifestazione contro gli stranieri (
XENOFOBIA x Raid contro gli stranieri a Rovato
Scene di caccia nel bresciano Reguitti pag. 8 z
nragione e religione NICO PILLININI
Premio Satira Politica Forte dei Marmi 2009
www.edizionidedalo.it
Renato Schifani visto da Emanuele Fucecchi
e Peter Gomez
npotere e televisione
Ratzinger: saggio Raitre: rimosso sul Papa inquisitore Ruffini, il cda e anti-illuminista nomina Di Bella Flores d’Arcais pag. 10z
Tecce, Mazzetti pag. 7, 18z
CATTIVERIE Fini definisce “stronzo” chi offende gli stranieri. La legge con Bossi deve averla firmata quello dei tortellini. (www.spinoza.it)
ndiritti negati Tagliati 103 milioni per libri scuola dell’obbligo Borromeo pag. 6z
Sono Violante risolvo problemi di Marco Travaglio
li elettori del Pd che martedì hanno visto “Ballarò” si saranno augurati che Luciano Violante parlasse a titolo personale, non a nome del principale partito di opposizione (si fa per dire). Spiace deluderli, ma Violante è il “nuovo” responsabile Riforme del “nuovo” Pd bersaniano. L’altra sera le cose si stavano mettendo maluccio per il Pdl, rappresentato dal trust di cervelli Cota-Al Fano. Cota delirava in padano stretto. Al Fano, momentaneamente sprovvisto di pallottoliere, s’infilava in una giungla di numeri sul processo breve da cui stentava a uscire vivo. Piazzava il suo 1% di processi morti dopo 6 anni. Ma qualcuno domandava: “Dunque il 99% finisce in 6 anni? Allora abbiamo la giustizia più rapida dell’universo”. Allora Angelino mercanteggiava come i tappetari nei suk: “Facciamo 7-8%”. E spiegava che i processi, se non li ammazzasse la legge, si prescriverebbero comunque. Come dire: sterminate pure gli anziani e i malati gravi, tanto prima o poi muoiono lo stesso. Casini ripeteva la fesseria che i processi fanno comodo a Berlusconi (“li usa come alibi”) e, per fargli un dispetto, bisogna abolirli solo a lui. Al Fano, in stato confusionale, diceva addirittura la verità: “Guardi che, se glieli abolite, lui è felice”. Risate in studio. A quel punto interveniva Violante e la débâcle del centrodestra si mutava in trionfo: “Legalità e democrazia son cose diverse”. In realtà la nostra democrazia si fonda sull’eguaglianza dei cittadini dinanzi alla legge. Dunque democrazia è legalità. Invece, nella bizzarra concezione violantesca, essa sarebbe minacciata dai processi al premier, che “gli impediscono di governare”. Ma Berlusconi ha già governato 7 anni da imputato. Ora indovinate la soluzione di Violante per spegnere il presunto scontro politica-giustizia? “Mettere mano al potere della magistratura”. Cioè abolire i processi ai politici. Tornando all’autorizzazione a procedere? Magari. Molto peggio: allargando a tutti i reati, anche commessi prima o fuori delle funzioni, l’“insindacabilità” (immunità totale) prevista dalla Costituzione per opinioni espresse e voti dati. Oggi se l’onorevole offende un cittadino e questi lo denuncia, il Parlamento lo dichiara insindacabile e il giudice deve fermarsi. In automatico. Se il giudice non è d’accordo, si rivolge alla Corte costituzionale col conflitto d’attribuzioni fra poteri dello Stato. Con l’autorizzazione a procedere, invece, la regola era che fosse concessa e l’eccezione che fosse negata nel caso estremo e rarissimo di “fumus persecutionis”. Ora Violante propone che il parlamentare sia insindacabile non solo per quel che dice e per come vota, ma anche se ruba, truffa, evade, stupra, ammazza, corrompe, mafieggia. Se poi il giudice pretende di processarlo lo stesso, ricorra alla Consulta. E questa per lui (e, si presume, per il Pd) sarebbe democrazia: modello Russia di Putin e Libia di Gheddafi. Così Berlusconi è salvo, ma pure Dell’Utri, Cosentino, Cuffaro e tutti gli altri onorevolissimi inquisiti e imputati. A quel punto anche Riina, Provenzano, Sandokan faranno un pensierino al Parlamento. Del resto, argomenta Violante, “la magistratura applica la legge, che spesso è confusa”. Prendete Berlusconi: quando Mills testimoniò, lui lesse e rilesse il Codice penale, ma tale era la confusione che non riuscì a sciogliere l’enigma: sarà reato o no corrompere un teste? Nel dubbio, lo corruppe. E ora, per una legge confusa, si ritrova imputato per corruzione. Ma si può? Meno male che c’è Violante che, ben più lucido del trafelato Al Fano e più efficiente del pasticcione Ghedini, ha sempre una soluzione per tutto. L’elettore del Pd potrebbe domandargli: scusa, compagno, sicuro che non c’importi di sapere se il presidente del Consiglio c’entra con la mafia e con le stragi, ha frodato il fisco, ha corrotto testimoni e giudici? Ma Violante ha una scorta impenetrabile: per difendersi dagli elettori.
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Quei pentiti che accusano Nick ‘o mericano
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COSE LORO
accusa è pesante: “concorso esterno in associazione camorristica”. Contro Nicola Cosentino - per il quale i pm di Napoli hanno chiesto la misura cautelare che il Gip Raffaele Piccirifio ha trasmesso al Parlamento - ci sono tra l’altro le dichiarazioni di 6 pentiti. Il politico sarebbe stato il referente del clan dei Casalesi.
Un vero e proprio collettore di voti secondo le carte dell’inchiesta. Il politico di Casal di Principe - in pista per la candidatura a governatore della Campania avrebbe avuto, dagli esordi nel Psdi a metà anni Ottanta e fino ai giorni nostri, rapporti organici con i dan casalesi di Francesco Schiavone, alias Sandokan , e di Ciccio Bidognetti, il famigerato
Cicciotto e mezzanotte, favorendoli nella corsa a importanti appalti pubblici (soprattutto nel settore dei rifiuti) e giovandosi del loro appoggio per gli affari di famiglia, tutti ruotanti intorno all'Aversana Petroli, azienda di commercializzazione di combustibifi per autotrazione gestita dai numerosi - fratelli del leader del Pdl.
SCUDO COSENTINO
Giunta delle autorizzazioni, Pdl e Lega stoppano l’arresto. Pd e Idv: salvataggio indecente PROCEDERE? NO
di Stefano Ferrante
a notizia Nicola Cosentino ha preferito attenderla a casa sua a Caserta, una piccola concessione alla scaramanzia. Senza troppa trepidazione, perché i numeri nella Giunta per le autorizzazioni della Camera sono blindati per il centrodestra. Va tutto come previsto, in due ore la pratica è archiviata: la richiesta di arresto a Cosentino respinta perché “nei suoi confronti c’è un oggettivo fumus persecutionis” . A favore della relazione di Antonino Lo Presti che chiede di respingere la richiesta del gip di Napoli nei confronti del sottosegretario all’Economia, indagato per concorso esterno in associazione mafiosa, votano in undici: tutti quelli del Pdl, della Lega, del Mpa e uno dei due Udc, Domenico Zinzi. Casini aveva dato ai
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ZERO SÌ IN 22 ANNI: I “PANNI SPORCHI” SI LAVANO IN CASTA di Carlo
Tecce
volevasi dimostrare. La legge è uguale Cun ome per qualsiasi cittadino, per i parlamentari pochino di più. Quel che occorre, oltre i
Il sottosegretario Cosentino. A destra, dall’alto: Salvatore Margiotta, Antonio Angelucci e Toni Negri (FOTO ANSA)
Il sottosegretario accusato di mafia: “Mi tiro indietro solo se lo chiede Silvio Ma non lo farà... ” suoi due membri in Giunta libertà di coscienza. Libertà salomonicamente espressa. Se Zinzi è contro l’arresto, Pierluigi Mantini ex Ulivo, vota con il Pd, a favore. In tutto a schierarsi per l’arresto di Cosentino sono in sei, compreso il presidente della Giunta Pierluigi Castagnetti e l’Idv. Uno dei commissari democratici, il radicale Turco, si astiene “per motivi tecnici”: “Sono contrario all’arresto di Cosentino – spiega – ma per ragioni diverse dalla maggioranza, con l’astensione avrò diritto a fare la mia relazione in aula e dirò la mia”. Non pervenuto in commissione Bruno Cesario, il deputato campano che è passato con i rutelliani 24 ore prima. “Ci sono le intercettazioni, prove documentali, riscontri oggettivi dei gravi indizi di colpevolezza di Cosentino – commenta la Pd Marilena Saperi – e in questo caso si tratta dell’articolo 416 bis del codice penale, di un reato associativo per cui è prevista la custodia cautelare in carcere obbligatoria, per questo abbiamo detto sì alla richiesta del Gip”. Entro il 10 dicembre toccherà all’aula di Montecitorio dire l’ultima parola. Numeri alla mano Cosentino non ha nulla da temere. Il dibattito però resta incandescente. “La casta si autoassolve” tuona il leader Idv Antonio Di Pietro. “L’unica linea per Di Pietro sono le manette” replica Cicchitto. È il primo tempo del Cosentino-day perché il secondo si gioca al Senato. Lì Pd e Idv presentano due mozioni per chiedere
caso di sventura: e le sventure cadono a casaccio, a destra e sinistra. La breve e intensa XI legislatura racchiude il biennio di Tangentopoli: 28 richieste respinte, nel mucchio c’erano Craxi e il ministro De Lorenzo. Erano i mesi delle monetine al Raphael hotel e della craxiana invocazione: “Basta ipocrisia”. E in effetti i colleghi concedevano gli estremi favori, poi avrebbero sgonfiato la bolla protettiva dell’immunità. Nella forma, non nella sostanza. Perché dal ’96 i magistrati hanno chiesto l’arresto per 12 onorevoli: Dell’Utri, Previti e Giudice (Forza Italia), Cito (indipendente). E ancora: Sanza, Blasi e Fitto (FI), Luongo (Ds), Giandomenico (Udc). Il benedetto (e provvidenziale) scranno ha riparato Giorgio Simeoni, uno dei preferiti di Silvio Berlusconi, ospite fisso alle feste di Villa Certosa. Simeoni è imputato per corruzione nel processo contro Anna Iannuzzi. La lady Asl aveva truffato i contribuenti laziali per decine di milioni di euro, da pentita ha confessato di aver stipendiato Simeoni (dai 5 ai 10 mila euro mensili più una “tredicesima” di 600 mila euro), all’epoca dei fatti assessore alla formazione e coordinatore regionale di Forza Italia. Il no categorico è un’eredità che si tramanda nei Palazzi politici, l’attuale Giunta – presieduta da Pierluigi Castagnetti (Pd) – è al terzo diniego di fila: inizia con Salvatore Margiotta del Pd, prosegue con Antonio Angelucci (Pdl) e finisce con Nicola Cosentino. E quindi sono 4 – incluso Abbatangelo – i parlamentari più sfortunati della Repubblica, gli unici a finire dietro le sbarre. Il primo (1955) fu Francesco Moranino del Pci, da capo partigiano aveva ordinato la fucilazione di sette persone, si ritirò in Cecoslovacchia e tornò per ricevere la grazia del presidente Saragat. Anni Settanta, anni di piombo: Sandro Saccucci doveva scontare una pena per omicidio, scappò in Inghilterra. I Radicali cercarono di salvare Toni Negri (’83) dal carcere di Rebibbia – condannato per associazione sovversiva – con una candidatura a Montecitorio: pochi mesi di libertà, la fuga a Parigi e il ritorno dopo 14 anni. Ieri, oggi, domani, non cambia: la Giunta dirà no.
le dimissioni del sottosegretario dal governo – in serata respinte senza tante storie da Palazzo Madama. “È una questione di opportunità” dice la capogruppo democratica al Senato Anna Finocchiaro. Cosentino, intanto, mette via la dolente, supplice spavalderia esibita a caldo, nell’audizione in giunta o a Porta a Porta, e corre a Roma, determinatissimo. Non ha intenzione di dimettersi da sottosegretario e soprattutto di rinunciare alla candidatura per le regionali in Campania. Ora vuole capire. Capire se può arrivare qualche altro colpo dalle procure campane, capire fino a che punto Berlusconi è ancora con lui, pronto a difenderlo dalla bordate di Fini. Agli amici ripete: “Mi faccio da parte solo
se me lo chiede Silvio, ma Silvio non me lo chiederà… ”. E ragiona: “Non è vero che se fossi eletto governatore rischierei l’arresto. Per l’opzione avrei tempo sei mesi, nel frattempo magari la questione si è sgonfiata”. “La vicenda è chiusa – ragionano i finiani – la decisione della Giunta era scontata, e scontato è che in Campania Cosentino non può essere l’aspirante governatore. Se ne faccia una ragione. Per quale motivo dovremmo candidare uno in quelle condizioni quando al sud il governo rivendica i risultati contro la criminalità?”. Flavia Perina, direttrice del Secolo, parlamentare finiana doc è netta: “Nel Pdl quasi tutti pensano che debba fare un passo indietro. È solo questione di tempistica. Le candidature delle regionali sono una questione aperta e in Campania non c’è ancora una soluzione. Al momento opportuno Cosentino si farà da parte… ”.
numeri impietosi, per definire prassi il no della Giunta della Camera alla richiesta di misura cautelare per Cosentino. Nessun allibratore, nemmeno il più spericolato, avrebbe quotato l’arresto del sottosegretario del Pdl. La matematica è pura: nel corso della Repubblica, e le scivolate con la giustizia sono frequenti, si contano 65 domande di autorizzazione all’arresto e soltanto 4 sì. Più espliciti: meno del 10%. Più disarmanti: 0 spaccato negli ultimi 22 anni. Dal missino Massimo Abbatangelo – IX legislatura – per reati connessi alla detenzione illegale e all’uso di esplosivo e armi. Eppure nel ’93, per sedare l’indignazione popolare, l’immunità prevista dall’articolo 68 della Costituzione fu abolita da una riforma che ripuliva le coscienze. Non tutta, in parte: resiste un’immunità parziale sull’insindacabilità delle espressioni fuori e dentro l’aula parlamentare, sulle perquisizioni e l’utilizzo delle intercettazioni e, appunto, l’esecuzione “in vincoli”: maniera più elegante – tipica espressione di Pannella – per definire l’arresto. La casta è un’entità indistruttibile, capace di solidarizzare con il peggior nemico per farsi un amico in
I clan, la clinica e il “mondo alla rovescia”: l’ex dipietrista che tentò l’estorsione ai mastelliani di Gianmaria Roberti
è un deputato dell’Idv che rischia il C’ processo con un’accusa che ribalta i luoghi comuni sui dipietristi paladini della legalità e sui mastelliani lassisti. Stavolta a tentare un’estorsione con la complicità dei Casalesi è il deputato di Di Pietro. Mentre la vittima, secondo i pm, sarebbe un manager amico del coordinatore dell’Udeur. Al centro di questa storia c’è Americo Porfidia, eletto alla Camera con l’Idv. I primi rumors su di lui erano usciti un anno fa quando era stato arrestato l’imprenditore Alfredo Romeo. Ma Romeo non c’entra nulla. Al centro di questa storia c’è la clinica Villa del Sole di Caserta, colosso da 14 milioni di fatturato. Una gallina dalle uova d’oro contesa tra le due famiglie più potenti della zona: da un lato i Porfidia e dall’altro i Maccauro.
Entrambe con interessi nella clinica, entrambe con un medico e un politico in famiglia. Il pacchetto di maggioranza del centro medico appartiene all’imprenditore Pietro Riello e alla famiglia mastelliana dei Maccauro (uno dei fratelli, Pino, è presidente provinciale dell’Udeur). I Porfidia stavano per essere messi in minoranza ma volevano restare nella stanza dei bottoni. Secondo i pm della Dda di Napoli, Catello Maresca e Alessandro Cimmino, in questa battaglia Porfidia avrebbe approfittato dell’appoggio dei boss. Che ben conoscevano l’importanza della partita in corso, anche perché alcuni familiari di esponenti della criminalità in passato hanno lavorato nella clinica. Il pressing fu attuato nel giugno 2004, secondo i pm, dal boss Gaetano Piccolo di Marcianise, alleato del clan Belforte federato ai Casalesi, e dal boss di Recale, An-
timo Perreca. A Recale, un paese di 7 mila abitanti tra Napoli e Caserta, circondato da terreni agricoli e discariche abusive, Porfidia è anche sindaco. Nel centro storico spicca villa Porfidia, residenza del ‘700. Il lavoro scarseggia e il sogno di tutti è essere assunti a Villa del Sole. I pm considerano Porfidia mandante delle minacce assieme al boss Perreca che avrebbe fatto avvicinare il direttore sanitario dai suoi uomini prima nel suo ufficio nella clinica e poi nel garage della casa di cura. Infine sarebbe stata minacciata anche la moglie del direttore, “spendendo ripetutamente l’appartenenza al clan dei Casalesi”. Visto che il direttore non mollava, gli uomini del boss lo accompagnarono presso l’abitazione del camorrista Gaetano Piccolo per minacciarlo. Il movente secondo i pm sarebbe stato il tentativo di Porfidia di non
essere messo in minoranza “con conseguente perdita della capacità di gestione della stessa e delle conseguenti e connesse attività economiche”. La spallata societaria comunque fallì e Porfidia si dimise dal cda. La procura per lui chiede ora il processo assieme ai boss Piccolo, Perreca e altri due camorristi, Antonio Papa e Vincenzo Tardi (collaboratore di giustizia), affiliati al clan Massaro alleato dei Perreca, e per Gaetano Tartaglione, capogruppo socialista a Marcianise, che avrebbe agevolato i contatti tra Porfidia e Piccolo. Dopo i primi rumors sull’indagine, a dicembre, il parlamentare si è autosospeso dal partito. Porfidia davanti ai pm ha negato tutte le accuse. Intanto a livello locale rilascia ancora dichiarazioni in nome dell’Idv. E in occasione delle ultime europee 2009, ha fatto campagna elettorale per Italia dei valori.
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Lo studio di avvocato e quelle relazioni pericolose
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COSE LORO
enato Schifani è un avvocato amministrativista con specializzazione nel settore dell’urbanistica. Dal 1996, dopo l’elezione al Senato, ha rallentato l’attività, che a suo dire si sarebbe quasi del tutto interrotta dopo il 2001. Un penalista per definizione difende criminali o persone accusate di reati. Un amministrativista dovrebbe avere una clientela più tranquilla. Non a
Palermo, non per Schifani. Molti anni prima di dedicarsi alla politica, il suo studio ha curato la difesa di alcuni imprenditori palermitani legati alla mafia, come Domenico Federico, prestanome di Giovanni Bontate, fratello di Stefano, numero uno della mafia prima dell’avvento dei corleonesi. In altri casi dal suo studio sono stati difesi costruttori che solo dopo saranno indagati e condannati per mafia. È il caso di Pietro Lo
Sicco, il costruttore del palazzo abusivo di Piazza Leoni del quale ci siamo già occupati (vedi box). Un altro cliente dello studio, prima del suo arresto nel 1997, era Antonino Seidita, poi arrestato perché legato alla mafia e al quale sono stati sequestrati palazzi per 50 milioni di euro. Dagli atti si scopre che nei tabulati figuravano 18 telefonate in cinque mesi che partivano nel 1995 dal cellulare di Seidita per lo studio Schifani-Pinelli.
“Schifani incontrava Graviano, l’uomo delle stragi e dei contatti milanesi” IL PENTITO SPATUZZA AI PM SUI RAPPORTI TRA IL CAPOMAFIA E BERLUSCONI: “L’HO VISTO”. IL PRESIDENTE DEL SENATO: FANGO di Marco
Lillo e Peter
Gomez l presidente del Senato Renato Schifani, quando era ancora un semplice avvocato civilista e assisteva molti imprenditori legati a Cosa Nostra, aveva rapporti diretti con Filippo Graviano, uno dei due boss di Brancaccio che organizzarono ed eseguirono le stragi di mafia del 1992 e 1993. A rivelarlo è Gaspare Spatuzza, il collaboratore di giustizia che sta riscrivendo la storia politica mafiosa di quella stagione di sangue e tritolo. Davanti ai pm di Firenze prima e a quelli di Palermo poi, il pentito ha detto di essere stato testimone diretto di un incontro tra Filippo Graviano e Schifani. Nei suoi verbali il nome della seconda carica dello Stato viene fatto quasi per caso quando Spatuzza affronta il capitolo dei legami tra il boss, suo fratello Giuseppe e Marcello Dell’Utri e Silvio Berlusconi. A quel punto il pentito dice: “Ho cercato nella mia memoria di collocare i rapporti di Filippo Graviano su Milano. In proposito preciso che Filippo talvolta utilizzava l’azienda Valtras dove lavoravo, come luogo d’incontri. Accanto a questa c’era il capannone di cucine componibili di Pippo Cosenza dove pure si svolgevano incontri, dove ricordo di avere visto diverse volte la persona che poi mi è stata indicata essere l’avvocato del Cosenza. Preciso che in queste circostanze questa persona contattava sia il Cosenza che il Filippo Graviano in incontri congiunti. La cosa mi fu confermata da Filippo a Tolmezzo allorquando commentando questi incontri Graviano (all’epoca non latitante, ndr) mi diceva che l’avvocato del Cosenza, che anche io avevo visto a colloquio con lui, era in effetti l’attuale Presidente del Senato. Preciso che anche io avendo in seguito visto Schifani sui giornali e in televisione l’ho riconosciuto come la persona che all’epoca vedevo. Cosenza è persona vicina ai Graviano con i quali aveva fatto dei quartieri a Borgo Vecchio, ben conosciuta anche da Giovanni Drago” (un altro pentito, ndr). L’accusa è politicamente gravissima. Non appena l’Ansa ha diffuso la notizia, Schifani pallido come un cencio ha reagito minacciando querele: “Non ho mai avuto rapporti con Filippo Graviano e non l’ho mai assistito professionalmente. Questa è la verità. Sia chiaro: denuncerò in sede giudiziaria, con determinazione e fermezza, chiunque, come il signor
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Spatuzza, intende infangare la mia dignità professionale, politica e umana, con calunnie e insinuazioni inaccettabili. Sono indignato e addolorato. Ho sempre fatto della lotta alla mafia e della difesa della legalità i valori fondanti della mia vita e della mia professione. I valori di un uomo onesto” Schifani però non può smentire, come già rivelato da Il Fatto quotidiano, di aver avuto tra i propri clienti Giuseppe Cosenza, un imprenditore poco più che sessantenne al quale, tra il 1996 e il 1998 la Finanza ha sequestrato un patrimonio di 10 milioni di euro. Secondo una sentenza del tribunale di Palermo, che ha sottoposto Cosenza a tre anni di sorveglianza speciale, i residence e gli appartamenti dell’imprenditore sarebbero infatti stati costruiti con denaro di clan mafiosi. Le prime indagini a riscontro delle dichiarazioni di Spatuzza non fanno dunque ritenere le sue parole prive di fondamento. La Dia (Direzione investigativa antimafia) ha anche accertato che
Tutti i clienti nel palazzo dei boss na storia palermitana, che Il Fatto Quotidiano ha raccontato lo Ulazzoscorso 20 novembre, oggi torna di attualità. È quella del paabusivo di Piazza Leoni, costruito nel 1992 da Pietro Lo
Il presidente del Senato Renato Schifani (FOTO ANSA)
Spatuzza era guardiano alla Valtras. E nel corso delle indagini sulle stragi il numero telefonico fisso della Valtras è risultato essere stato contattato dal cellulare in uso a Spatuzza. Inoltre è stato accertato un altro testimone, Agostino Trombetta, arrestato nel ‘96, ha detto: “Spatuzza e Graviano si vedevano al-
LA DIFESA
“UN COLPO DI STATO”: IL PDL SULLE BARRICATE
“A
ttacco a orologeria”, “pentito kamikaze”, fino al “colpo di Stato”. Il Pdl in un battibaleno dalla notizia sull’incontro con Graviano fornita da Spatuzza inonda l’etere di dichiarazioni a sostegno del presidente del Senato. Esposito, Quagliariello, Gramazio, ovviamente Gasparri... Si muove anche il ministro Alfano: l’integrità di Schifani “è sotto gli occhi di tutti”. Ci sono anche i deputati regionali del Partito della libertà della Sicilia. Dall’opposizione è Di Pietro a fare per primo – e unico fino alle 21,30 – la sua valutazione: “Di fronte a una ricostruzione così circostanziata e meticolosa fatta da un pentito di mafia, il presidente del Senato Renato Schifani, seconda carica dello Stato, direttamente chiamato in causa, non può semplicemente affermare che Spatuzza è un calunniatore ma deve spiegare nel merito se conosce o ha avuto incontri con il boss Filippo Graviano”.
il quartier generale comunica " È un tam-tam preventivo quello lanciato dal “Giornale”: “In arrivo un avviso di garanzia per Berlusconi”. Tentativo di disinnesco?
la Valtras”. Basta tutto questo per avvicinare l’ombra ingombrante dei fratelli Graviano alla figura del presidente del Senato? Certamente no, anche se sono un fatto i rapporti professionali come avvocato amministrativista o di affari tra Schifani e molti altri personaggi che gravitavano attorno a Cosa Nostra. A volte come vittime. A volte come complici. Schifani, come rivelato da Il Fatto, ha assi-
L’incontro tramite l’imprenditore Cosenza L’informativa della Dia sul business al nord
Sicco violando i diritti di due signorine indifese (Rosa e Savina Pilliu) che poi saranno riconosciute vittime della mafia. Quei nove piani sono fondati su una prepotenza: Lo Sicco dichiarò di essere titolare dei terreni, che invece erano delle Pilliu. L’avvocato Schifani, nel 1993 ha difeso Lo Sicco davanti al Tar (vincendo) e nell’appello (perdendo) nel 1996. Non era noto allora che dietro quel palazzo c’era l’interesse di boss come Giovanni Brusca che ci passò qualche giorno in latitanza. Solo nel 1998 Lo Sicco è stato arrestato. Anche se già nel 1991 il genero, che si faceva vedere in cantiere, era scomparso per lupara bianca. Lo Sicco sarà poi condannato definitivamente per mafia a 9 anni e per corruzione a due anni. In quel processo emerse il ruolo di Giuseppe Cosenza, il costruttore del quale oggi parla il pentito Spatuzza come partecipante agli incontri a tre con Schifani e il boss Graviano. Quando, al posto della mazzetta concordata di 25 milioni, l’assessore Raimondo chiese a Lo Sicco un attico, affidò il suo “rialzo” proprio a Giuseppe Cosenza. Che, a sua volta, chiese a un suo socio, Antonino Seidita, di portare l’ambasciata a Pietro Lo Sicco. Lo ha raccontato ai magistrati il nipote onesto del mafioso, Innocenzo, che ha visto la scena. L’assessore Raimondo era un amico di Schifani. Mentre Seidita e Cosenza sono stati suoi clienti. Come entrambi i Lo Sicco. stito tra gli altri Innocenzo Lo Sicco, vittima dei Graviano che lo avevano indotto a costruire palazzi nel loro interesse. Innocenzo Lo Sicco, nipote di un altro costruttore mafioso, però, a un certo punto ha avuto il coraggio di rompere con la famiglia e con le sue paure, denunciando i boss di Brancaccio. Il problema, per il momento politico, rappresentato dalle indagini sulle stragi condotte a Firenze e Caltanissetta e da quelle sulla trattativa portate avanti a Palermo, per il Pdl diventa insomma sempre più grande. Nelle mille e passa pagine di carte depositate al processo di appello contro Dell’Utri, in vista dell’udienza di Spatuzza,
LEGITTIMI IMPEDIMENTI
emerge lo spaccato di una classe dirigente con molti rapporti con i boss. Per questo mentre la maggioranza sembra fare quadrato, crescono le preoccupazioni per gli sviluppi delle inchieste. I magistrati stanno infatti cercando di rispondere alla domanda delle domande: perchè Filippo e Giuseppe Graviano, che con Spatuzza sostenevano di aver raggiunto un accordo politico con Berlusconi, sono stati latitanti per mesi proprio a Milano? Chi li ha assistiti nella latitanza? Chi hanno incontrato? La risposta, forse, arriverà dall’analisi dei tabulati di vecchi cellulari. E a Roma, come all’ombra della Madonnina, tremano in molti.
di Carlo Tecce
Palazzo Grazioli e la fila dei cloni di Kim Il-Sung
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a bacheca annunci di Palazzo Chigi – AAA cercansi presidente o dittatore per bilaterale – è più efficiente di Porta Portese. Qualche screanzato chiede l’affitto di Villa Certosa o un comodato d’uso del lettone di Putin, oppure lo Zibaldone di Sandro Bondi e la collezione di soldatini di Ignazio La Russa, ma la selezione dei primi ministri in visita ricorda le invasioni per il casting del Grande Fratello. Soltanto che Silvio Berlusconi è uno e non trino, l’agenda è fitta e i protocolli sono impazzati: i pranzi si con-
fondono con le cene, il merluzzo viene servito a colazione, la banda militare suona al dolce. Mr. Gurbanguly Berdymukhammedov del Turkmenistan è stato liquidato in fretta, alle porte bussava Anders Fogh Rasmussen, segretario generale della Nato. E oggi c’è il presidente del Kuwait! In serata sarà diramato un altro annuncio: AAA cercansi controfigura di Berlusconi. La Protezione civile gestirà il ponte aereo con la Corea del Nord e l’Iraq per i pensionati che si fingevano Kim II-Sung e Saddam Hussein.
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Giovedì 26 novembre 2009
Da favoreggiamento a concorso esterno: la “doppia linea” dei pm
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COSE LORO
l primo processo a Totò Cuffaro costituì una forte spaccatura del pool antimafia di Palermo tra coloro - come il pm Di Matteo che si dimise - che avrebbero voluto il rinvio a giudizio per concorso esterno in associazione mafiosa e coloro - come l’allora procuratore Piero Grasso - che sostenevano il favoreggiamento alla mafia. Il primo grado si concluse con una condanna
a 5 anni per favoreggiamento ai singoli mafiosi, senza l’aggravante dell’art. 7 del Codice di procedura penale, favoreggiamento all’intera organizzazione mafiosa. Come dire: Cuffaro ha intrattenuto rapporti con i mafiosi ma non nell’interesse dell’intera organizzazione Cosa Nostra. Una sentenza che fece molto discutere e che l’esponente siciliano dell’Udc si giocò come
un’assoluzione, macchiata da quel favoreggiamento ai singoli boss, promettendo ai suoi elettori che in Appello la “mafia” sarebbe completamente scomparsa dal processo. Invece, la “mafia” è ricomparsa rafforzata da altri fatti che costituiscono la richiesta di rinvio a giudizio per concorso esterno in associazione, mafiosa, appunto.
“Concorso con i boss: processate Totò Cuffaro” I MAGISTRATI RAFFORZANO LE ACCUSE CONTRO L’ESPONENTE UDC: SOSTEGNO IN CAMBIO DI VOTI di Sandra Amurri
l presidente della Camera Fini ripete: “Nei rapporti con i mafiosi il politico deve essere, come la moglie di Cesare, al di sopra di ogni sospetto”. E la maggioranza di cui fa parte pullula di politici, o condannati in primo grado per mafia o che possono vantare infinite relazioni pericolose. Pier Ferdinando Casini a Ballarò ha respinto con forza la incredibile proposta dell’imprenditrice Maria Luisa Todini di inserire i procedimenti per mafia nel processo breve, aggiungendo che la mafia va combattuta con ogni mezzo. Però, nel 2008 ha candidato al Senato Totò Cuffaro nonostante fosse già stato condannato a 5 anni in primo grado nel processo “Talpe alla Dda” per aver favorito singoli boss. Voti che hanno permesso all’Udc di superare la soglia di sbarramento. E ora che Cuffaro è passato dalla posizione di indagato a quella di imputato per il reato di concorso esterno in associazione mafiosa, che cosa farà? È di ieri la notizia che il pm Nino Di Matteo - atto coofirmato dal procuratore capo di Palermo Francesco Messineo - ha chiesto il rinvio a giudizio per Cuffaro sostenendo che “ha consapevolmente e fattivamente contribuito al sostegno e al rafforzamento dell’organizzazione” intrattenendo, anche al fine della ricerca e dell’acquisizione del sostegno elettorale, rapporti con esponenti di spicco di Cosa Nostra dal 1991 al 2003. Ad esempio con boss come Angelo Fino, Francesco Bonura, Antonino Rotolo, Michele Aiello, Maurizio Di Gati Giuseppe Guttadauro (fratello di Filippo cognato di Messina Denaro) Francesco Campa-
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nella (i cui testimoni di nozze sono stati Cuffaro e Mastella) e Salvatore Aragona, in questo modo “contribuendo alla realizzazione del programma criminoso dell’organizzazione tendente all’acquisizione di
poteri di influenza sull’operato di organismi politici e amministrativi nonché al conseguimento dell’impunità anche attraverso la divulgazione di notizie segrete concernenti l’attività di investigazioni in
www.ilfattoquotidiano.it
OLTRE 46.000 ADESIONI Sono arrivati a quota 46.232 i lettori che hanno aderito all’appello “Adesso basta” contro le leggi ad personam lanciato dal nostro giornale. “Bisogna mettere la parola alla produzione incessante di leggi personali per garantire a Silvio Berlusconi la totale immunità” le parole dell’appello di Antonio Padellaro nell’appello.
mene da Palermo lui mi ha invitato a rimanere. Mi diceva: perché te ne devi andare proprio ora che le cose si stanno mettendo bene?”. Bonura voleva andarsene perché dopo diversi procedimenti subiti si sentiva perseguitato dalla giustizia e Cuffaro lo rassicurava dicendogli, appunto, che le “cose si stavano mettendo bene”. Cuffaro, inoltre, secondo il pm - nel 1991 da candidato alla presidenza della regione chiese i voti personalmente ad
Angelo Siino - il “ministro dei lavori pubblici” di Cosa Nostra subentrato a Vito Ciancimino. Si recò direttamente a casa sua con il deputato Saverio Romano - come affermato dallo stesso Siino - essendo consapevole di chi avesse di fronte, come racconta un testimone. Anche Cuffaro, a fronte di questi ulteriori gravi fatti, è un politico che nei rapporti con i mafiosi deve essere, come la moglie di Cesare, al di sopra di ogni sospetto?
Una trovata al giorno per salvare il grande capo IN CAMPO UN ESERCITO DI AVVOCATI, PARLAMENTARI E CONSIGLIERI GIURIDICI di Antonella Mascali
vvocati-parlamentari, parlamentari-prestanome degli Ati-parlamentari avvocati, consiglieri giuridici, assistenti degli avvocache setacciano il codice penale, quello di
procedura penale, le sentenze della Cassazione, dal dì alla notte con un'unica missione: salvare il grande capo, che è anche il presidente del Consiglio, da processi in corso, da processi futuri, da inchieste di oggi e da inchieste di domani. Ieri l’ultima proposta di legge, presentata dalle deputate Pdl, Michaela Biancofiore e Isabella Bertolini, che prevede che l'esercizio della funzione di governo da parte del premier e dei ministri "costituisce, ad esclusione dei procedimenti per i reati commessi nell’esercizio delle loro funzioni, legittimo impedimento a comparire nelle udienze". Sotto i riflettori da settimane il disegno di legge cosiddetto “processi di Chiara Paolin NUOVI SALONI brevi”, ma in realtà “processi morti”, è necessario per Silvio Berlusconi ma non sufficiente. Serve per togliersi dai piedi i processi in corso a Milano senza il pronunciamento enghino signori venghino al Salone neppure della sentenza di della Giustizia, tutto il meglio del diritprimo grado. Il dibattito in mostra alla Fiera di Rimini dal 3 al 6 dimento Mediaset sarebbe cembre per rendere finalmente più vivace e già estinto perché dalla richiesta di rinvio a giudizio produttivo il comparto. Ingresso libero, stand del 22 aprile 2005 sono a pagamento per coprire i costi (2,5 milioni di passati ben oltre i due aneuro), dibattiti organizzati dagli sponsor e sini (calcolata anche la paumulazione dell’iter processuale con giudizio sa forzata per il lodo Alfadella corte popolare. Col patrocinio di tutte le no) previsti dalla propoautorità nazionali dal Quirinale in giù, l’evento sta pidiellina. Sarebbe è organizzato dal senatore Pdl Filippo Berestinto anche il processo selli, padre putativo del processo breve. Mills (la richiesta di rinvio Presente l’Anm, pochi i leader dell’oppoa giudizio è del 10 marzo sizione. Inaugura Fini, Berlusconi per ora 2006), che riprende domani con la solita richienon è previsto, ma le sorprese sono garansta del legittimo impeditite. L’addetto agli inviti per gli ordini promento per il premier, che fessionali è l’avvocato Roberto Marraffa, è riuscito a non farsi progià coinvolto nell’inchiesta Woodcock su cessare fin'ora e verosiaffari romani e mazzette paraistituzionali. milmente a non farsi condannare insieme al suo ex
La Fiera della Giustizia
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corso”. Oltre a essersi adoperato per “inserire nelle liste delle elezioni regionali elementi graditi e segnalati dai capi di Cosa Nostra”. Un processo che, se venisse reintrodotta l’immunità parlamentare, potrebbe essere celebrato solo dietro autorizzazione del Senato. Continua il pm: “Cuffaro incontrava Franco Bonura”, esponente di spicco della famiglia mafiosa di Uditore, componente della triade mafiosa con Rotolo e il dottor Cinà, che ha governato Palermo dal 2004 al 2005, cognato di Antonino Buscemi della Calcestruzzi. Ed è accaduto in più occasioni “recandosi presso gli uffici dell’immobiliare Raffaello del boss Bonura” come rivela la microspia ambientale collocata negli uffici che ha catturato la conversazione di Bonura con un altro mafioso. Dice Bonura: “Cuffaro io lo conosco bene, qua è venuto più volte, anzi quando io ero scoraggiato e pensavo di andar-
co-imputato David Mills, grazie alla legge del solerte ministro della Giustizia. Sempre il solerte Guardasigilli ha cominciato a raccontare la favola che questa legge serve al cittadino per avere giustizia e che comunque il Presidente ne beneficerà in due casi. Su due. Il Cavaliere non si dà per vinto neppure di fronte alla sonora bocciatura dello scudo processuale da parte della Corte Costituzionale, che ha rimarcato come il presidente del Consiglio in Italia non è “un primus super pares”, come hanno sostenuto gli avvocati-parlamentari Gaetano Pecorella e Niccolò Ghedini, ma un “primus inter pares” e quindi è sottoposto alla legge come gli altri cittadini. Un concetto inaccettabile per Berlusconi che da quando “è sceso in campo” non ha fatto altro che sistemare i suoi processi. Il Premier non è sempre stato assolto, come va dicendo. Per 9 volte ha beneficiato della prescrizione o per generose concessioni delle attenuanti generiche (vedi Lodo Mondadori) o perché ha fatto approvare dalla sua maggioranza leggi ad hoc come la depenalizzazione del falso in bilancio e la ex Cirielli che ha ridotto drasticamente i tempi di prescrizione di alcuni reati. Due esempi a caso: il reato di corruzione in atti giudiziari si prescrive non più in 15 ma in 10 anni, i reati societari come falso in bilancio (nei casi in cui è perseguibile) e frode fiscale si prescrivono in 7 anni e mezzo e non più in 15 anni. Ci sono state anche leggi che non hanno avuto i risultati sperati, come per esempio la Cirami che consente di trasferire un processo da una sede a un'altra per “legittimo sospetto”. Quando gli avvocati tentarono di far trasferire il processo Sme da Milano a Brescia, tra i motivi allegarono anche la presenza in aula di una signora che seguiva tutte le udienze con un pinocchio in miniatura tra le sue mani. E siamo al presente e al futuro. L'incubo di Berlusconi si chiama mafia. Teme le inchieste di Palermo, Caltanissetta e Firenze sulla trattativa Stato-Cosa nostra, dopo le ultime dichiarazioni del collaboratore Gaspare Spatuzza e di Massimo Ciancimino che si uniscono ad affermazioni passate di pentiti che avevano fatto aprire e poi archiviare inchieste a carico di Berlusconi e Marcello Dell'Utri. Il Premier ha già messo le mani avanti a settembre quando ha accusato i magistrati di “cospirare” contro di lui, per di più spedendo soldi pubblici. Come fermarli? Uno scudo processuale male non fa. I suoi stretti collaboratori stanno pensando all'approvazione per via costituzionale perché non possono fare diversamente, dopo lo stop della Consulta. Ci sarebbe anche il consenso di Fini e dell'Udc di Casini (che non ha mai scaricato Cuffaro, pieno di guai giudiziari) . C'è in gestazione anche il ripristino della vec-
chia immunità parlamentare caduta ai tempi di “mani pulite”. A presentare la proposta un uomo di Fini, il deputato Silvano Moffa. Ma non basta, non basta per neutralizzare gli eventuali grossi guai per le inchieste sui rapporti pericolosi con cosa nostra. I boatos dicono che i consiglieri giuridici di Berlusconi, starebbero pensando a come neutralizzare il concorso esterno in associazione mafiosa che non esiste nel codice penale ma che è “radicato”grazie alle pronunce della Cassazione. Contestare questo reato, applicato per la prima volta da Giovanni Falcone, è di per sé complicato. Non è stato riconosciuto in appello all' ex ministro Dc, Calogero Mannino, con questa accusa invece è stato condannato il senatore Marcello Dell'Utri, a 9 anni in primo grado. Ora si sta celebrando il processo d'appello. Proprio questo vuoto normativo potrebbe essere l'appiglio degli uomini del presidente per rendere innocuo il concorso esterno in associazione mafiosa. La strada è in salita e ieri Palazzo Chigi ha smentito il progetto: ”Circolano voci false, originate da alcuni giornali, in merito alla volontà del Presidente del Consiglio di modificare la norma che ha consentito di arrivare al concorso esterno in reati di mafia. Ci troviamo - dice il comunicato - di fronte ad un comportamento molto pericoloso, perchè si basa su voci che potrebbero addirittura favorire il fenomeno criminale. Queste falsità sono tanto più gravi se rivolte contro un presidente del Consiglio ed un governo che hanno fatto della lotta alla criminalità mafiosa uno dei punti qualificanti della loro attività”. Di solito, però, le leggi ad personam non sono presentate dal governo ma da esponenti della maggioranza, meglio se sconosciuti. Non mancano neppure le leggi per gli amici o sodali. Un'altra che dovrebbe essere presentata a breve è quella che rende non più punibile il reato di corruzione in atti giudiziari “susseguente”. Il reato per cui è stato condannato in appello David Mills e che con questa norma si salverebbe in Cassazione.
Domani riprende il processo Mills con la solita richiesta del legittimo impedimento
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Il segreto di quei 60.000 file nel pc di Brenda
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MISTERI
n nuovo sopralluogo nel tugurio di via Due Ponti dove Brenda ha vissuto negli ultimi mesi fino al giorno della misteriosa morte è stato compiuto ieri dalla polizia scientifica. Gli inquirenti cercano di capire come si sia sviluppato l’incendio, un mistero che può chiarire se la fine di Brenda sia stata accidentale oppure no. Intanto i periti informatici tentano di dare una risposta a mille
interrogativi frugando tra le schede telefoniche di Rino Cafasso, il pusher stroncato da una speed-bull di eroina e tra i file secretati nel pc di Brenda che l’acqua del rubinetto non ha distrutto. Dopo 24 ore di lavoro sono tornati alla luce 130 Gbite, 30 dei quali secretati della stessa Brenda. Sono oltre 60 mila file, alcuni dei quali semplici messaggi, altri appuntamenti, numeri di telefono, foto, video. Il loro contenuto è ancora
ufficialmente ignoto anche se l’inchiesta sul caso Marrazzo sembra decisa a far luce sulla trama che ha portato alla caduta del presidente della regione Lazio e alla misteriosa morte di due personaggi chiave. Sono in molti a chiedersi se esiste davvero una regia dietro tutta questa vicenda o se è stato il caso a sollevare il coperchio su una realtà venuta a galla grazie al clamore di uno scandalo che minaccia la politica.
BRENDA E GLI ALTRI: I TESTIMONI (SCOMODI) DEL CASO MARRAZZO Tutti i personaggi della vicenda più hard degli ultimi anni
di Rita di Giovacchino
ono giorni cruciali per l’inchiesta sul caso Marrazzo. Vengono ascoltati i testimoni, non solo trans, ma anche persone legate ai carabinieri finiti sotto accusa dopo l’irruzione in via Gradoli. Nell’attesa che i tanti misteri che avvolgono questa vicenda si chiariscano, proviamo a raccontare i protagonisti di questa storia. Piero Marrazzo. Il Governatore è scomparso dalla scena politica e anche mediatica. Ha smentito le poche frasi che gli sono state attribuite, non è più nell’abbazia di Montecassino, se ne sta chiuso in casa con moglie e figlie. I pochi amici che riescono ad avvicinarlo lo descrivono come un uomo distrutto. Marrazzo è l’’inizio e la fine di un terremoto che ha scosso le coscienze e la vita politica della capitale. Sul suo ruolo gli inquirenti scuotono la testa: “Resta parte lesa, non è indagato e non c’è motivo che lo sia”. Ha mentito in qualche occasione, potrebbe essere accusato di falso in atto pubblico per la denuncia della scomparsa del suo blocchetto di assegni. Ma era oggetto di un grave tentativo di estorsione da parte di due pubblici ufficiali ai quali aveva consegnato due assegni per 50 mila euro la mattina del 3 luglio, quando era stato sorpreso in compagnia di Natalie nell'appartamento di via Gradoli. Ha cercato di salvarsi, di frenare l'onda dello scandalo che stava per travolgerlo. Tutto qui? Per ora. Ma ci sono ombre che vanno diradate e avvolgono quel secondo video che potrebbe essere costato la vita a Brenda. Al tentativo di estorsione economica si sono aggiunti altri ricatti. Tra il 3 luglio e il 22 ottobre, quando rassegna le dimissioni, ha continuato a ricoprire la carica di Governatore. Intanto il pusher Cafasso, trovato morto in un albergo sulla Salaria, aveva cerca-
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to di vendere il video girato in via Gradoli al quotidiano Libero, edito dagli Angelucci, che operano nel campo della Sanità. Feltri sdegnosamente rifiutò il dvd. Poi entrano in scena i carabinieri di via Gradoli che contattano l’agenzia fotografica Photomasi. Viene così informata sia Marina Berlusconi, che è nel consiglio di amministrazione del settimanale Oggi, e Alfonso Signorini, il direttore di Chi. Tutti assicurano che quel materiale non è pubblicabile. Poi arriva la telefonata di Berlusconi all’ancora Presidente della Regione, che lo avverte che negli ambienti milanesi circola il video. Ora, chi lo possiede, ha nelle mani la vita di Marrazzo. Ma cosa è accaduto in quei tre mesi, fino a che punto il Governatore è stato consapevole di essere stato stretto in un angolo? “Non tutto ciò che avviene ha rilevanza penale”, replicano infastiditi gli inquirenti. Finora. China. L’amica del cuore di Brenda, che a Porta a porta ha raccontato di averla vista maneggiare 30mila euro ricevuti da Marrazzo potrebbe mutare questo scenario. L'avvocato Petrucci nega che Marrazzo abbia mai pagato una cifra del genere per una prestazione. Era il prezzo del video scomparso? La testimonianza di China è molto importante per capire se Marrazzo è stato ri-
cattato. Sarà ascoltata in procura, se confermerà la sua versione sarà riconvocato anche Marrazzo. Natalie. La trans conferma nella sostanza la ricostruzione fornita da Piero Marrazzo agli inquirenti. Lo ha fatto anche l'altra sera nel salotto di Bruno Vespa dove ha rivendicato la sua lunga e affettuosa amicizia con lui: “Lo conosco dal 2001, ci raccontavamo le nostre cose”. Molti i punti in difesa dell’ex Presidente: “Marrazzo non sapeva del ricatto e quel giorno Cafasso non c'era: c'erano solo due carabinieri in borghese. Piero non ha mai portato né mi ha chiesto di portare droga. Non so cosa succedesse con altri, ma sapeva che a me la droga non mi piace”. Natalie conosceva sia Brenda che Michelle, ma da poco tempo, forse dal marzo scorso (quando sarebbe stato girato il video in piscina, ndr). Sapeva che in quell'occasione erano state fatte foto ma “Marrazzo aveva chiesto di cancellarle”. E sulla droga che appare nel video girato in casa sua, Natalie dice: “Secondo me era un montaggio: all’inizio si vede solo il tavolino con i soldi. Non ho messo io la cocaina lì”. L'avvocato Luca Petrucci, presente alla trasmissione, ritiene ‘verosimile’ la versione di Natalie. Lei non ha paura di niente, perché non ha fatto niente di male. Non ha bisogno di
scappare. Brenda allora aveva fatto qualcosa di male? Su di lei poche parole sprezzanti: “Altri potevano volerla morta, perché quando si ubriacava rapinava i clienti e chiedeva soldi ai trans”. Brenda. Assieme a Michelle ha mai tentato di ricattare Piero Marrazzo? La prima è morta, l'altra è scomparsa. Se di Brenda sappiamo ormai tutto, o quasi, chi è Michelle e che fine ha fatto? Nata a San Paolo, trent'anni fa o giù di lì, l'ex convivente di Brenda non ha ancora un nome per gli inquirenti. Eppure una sua foto è stata trovata sul tavolo di via Due Ponti, forse un frammento del video in piscina. Era abbracciata a un uomo. La trans, alta e muscolosa, di pelle scura, molto più mascolina di altre, è apparsa e scomparsa al Flaminio come una meteora. I carabinieri stanno cercando di rintracciarla a Parigi, dove è sempre vissuta da quando è sbarcata in Europa. Brenda e Michelle per alcuni mesi hanno diviso tutto, nel tugurio di via Due Ponti: clienti, segreti, forse ricatti. E anche il letto. Ora qualcuno dice che anche lei è in pericolo, se già non gli è successo qualcosa, perché avrebbe portato con sé una copia del video maledetto. Cafasso. Assieme alla sua ragazza Jennifer forma un’altra coppia travolta da questa storia. Se Ca-
fasso è stato ammazzato, ora anche Jennifer è in pericolo? Lei ha pianto di fronte ai magistrati: “Io amavo Rino, lui è sempre stato buono con me”. Ritorniamo per un attimo sull'hotel in via Salaria, dignitoso ostello per camionisti e clienti in transito, dove si entra e si esce senza incontrare nessuno. Troppo rumoroso per passarci più di una notte. Loro ci hanno trascorso due settimane dopo aver lasciato una casa all'Ostiense. Erano in fuga? Da chi? Cafasso sapeva di essere in pericolo. “So cose che possono rovinare mezza Roma, devo fare i soldi e andarmene in fretta”, ha detto alle giornaliste di Libero. Nell'auto è stata trovata una scheda telefonica, ma nessun computer, nessun palmare. Forse non li possedeva? É quanto afferma Jennifer. Ma c'è il sospetto che sia stata lei a disfarsene. In cambio della salvezza. Carlo Tagliente e Luciano Simeone. Sono i due carabinieri ancora in carcere, quelli che fecero l'irruzione in via Gradoli. Avevano la mania di rubare i computer ai trans. Lo hanno raccontato in tante. Anche Natalie: “Quel giorno mi chiesero di consegnargli il computer, io mi rifiutai e li minacciai di chiamare la polizia”. I segreti dei trans riguardano i loro clienti. E aiutano a costruire i dossier.
PORTA A PORTA
“MARRASO” E LA VERSIONE DI NATALIE di Luca Telese
lezione di giornalismo di Vespa, Gvistorande ieri, a Porta a Porta, davvero. Dopo aver la felpata intervista del grande Bruno a Natalie sul caso Marrazzo (ci mancava solo che le chiedesse se il governatore usava il preservativo) ci siamo chiesti come mai tutta questa affabulante capacità interrogativa non sia stata messa in campo anche con Sivio Berlusconi. Con Natalie Bruno arriva senza colpo ferire alla “terza domanda”. Felpato, ma implacabilmente anglosassone. Lei fa: “Non posso parlare, c’è l’inchiesta”. E lui: “Ma lei ai carabinieri ha già detto...” (e via). Con il Cavaliere Vespa si accontenta della spiegazione secondo cui alla festa di Noemi c’è arrivato per colpa del maltempo e – casualmente, s’intende – con una collana in tasca. Ma, detto questo, ieri grande giornalismo e picco di ascolto (23.66% di share) nella terza Camera di via Teulada. Nata-
lie, come abbiamo già scritto era trasfigurata, rockstar, anzi rock-trans: voce suadente, lenti a contatto colorate azzurre, trucco hollywoodiano, ritmo di bossanova, meravigliosi portoghesismi (Nao, Nao... Marraso...) e abilità dialettica da far apparire Andreotti imprudente e il mitico Forlani un ragazzino impulsivo. Con tono faceto, però, la trans di via due Ponti incantava l’uditorio con la sua ricostruzione e accendeva la fantasia con i suoi non-detti. Serenamente, pacatamente e angelicamente, demoliva la versione di Marrazzo, per cementare la versione di Natalie. Esempio. Marraso dise... che ha visto Natalie solo quattro volte in vita sua? Nao, nao... Jo non so porché dise esto, ci siamo conosciuti ai tempi in cui lui conduceva Mi manda Rhaaai” (ovvero: Mi manda Raitre). “Capisco”, prende atto Vespa (quindi si conoscevano dal 2001!). Marraso dise... che è andato solo una volta a via Gradoli? Natalie, meravigliosa, spiega che gli apriva il cancello elettrico per il
posto macchina. Marraso dise... che la droga gliel’hanno messa i carabinieri? Jo nao sao... Ero chiusa fuori dalla finestra con le tende tirate... Lei però non prendeva coca perchè non voleva fare cocktail con le pillole dimagranti. Con Marrazzo, poi, ci discuteva soltanto: “Di mio padre, di suo padre, di mio nonno”. Mentre solo quando Natalie è partita per il Brasile il povero Marraso si è infilato nei festini con due trans (e, lascia intendere, anche con la droga). i primi piani di Vespa sono meravigliosi. Non solo se la guarda: aggrotta le ciglia, stringe le labbra a pesce, disegna una maschera che può esprimere indifferentemente schifo o devozione. Invece, sentendo Natalie, no ci siamo convinti di almeno due cose. La sua versione sarà piena di forlanismi e di omissis, quella del governatore fa acqua da tutte le parti. Resta da capire, se andasse a Porta a porta, se si troverebbe davanti il Vespa stile Noemi, o quello stile Natalie.
N CASALESI
Sequestrati beni per 120 milioni
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a Dia di Napoli ha sequestrato ieri un tesoro da 120 milioni di euro appartenente al clan dei Casalesi. Il sequestro fa seguito a quello di martedì, quando altri 50 milioni erano stati sottratti ad altre cosche. In due giorni, insomma, sono stati prelevati alla camorra beni per un valore di 170 milioni.
BIANZINO
Rinvio a giudizio per agente della penitenziaria
E’
stato rinviato a giudizio l’agente della polizia penitenziaria accusato di omissione di soccorso, omissione in atti di ufficio e falso per la vicenda che portò alla morte di Aldo Bianzino, avvenuta il 14 ottobre 2007 nel carcere di Capanne, Perugia. Bianzino era stato arrestato per la detenzione di alcune piante di marjiuana. L’avvocato Massimo Zaganelli, che rappresenta i genitori di Aldo Bianzino, ha chiesto che Rudra, il figlio dell’uomo deceduto fosse inserito come “persona offesa” nel procedimento, preannunciando la sua costituzione come parte civile nel processo di primo grado.
DELITTO BASILE
Arrestati nonno e nipote
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opo oltre un anno di indagini sembra risolto l’omicidio di Giuseppe Basile il consigliere provinciale di Lecce dell’Idv, ucciso a Ugento nel 2008. Arrestate due persone, nonno e nipote. Si tratta di Vittorio e Luigi Colitti all’epoca dei fatti minorenne. Movente, pare, vecchi screzi e rancori di vicinato.
IL CASO
Donna stalker a 80 anni
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na donna trevigiana di 80 anni è stata ammonita dalla polizia dopo la denuncia di un vicino di casa 40enne. L’anziana da tempo avrebbe infastidito l’uomo con appostamenti e telefonate a sfondo sessuale.
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Giovedì 26 novembre 2009
E’
POVERA SCUOLA
di ieri la notizia che un ragazzo di 17 anni ha lasciato la scuola, l’istituto Fontana di Rovereto, provincia di Trento, perché la crisi ha colpito la sua famiglia e il giovane non voleva più essere un peso. La storia colpisce perché l’ex studente aveva buoni voti e prometteva bene, ma non ha trovato altro modo che abbandonare il liceo per
Famiglia in crisi, un liceale lascia la scuola per lavorare
cercare lavoro. La preside del Fontana, Flavia Andreatta, ha reso pubblica la vicenda durante un incontro per promuovere delle borse di studio per gli studenti bisognosi: “In quell’occasione mi è sembrato giusto spiegare che gli incentivi sono opportuni, perché un anno fa, uno dei miei alunni migliori ha abbandonato la scuola perché la sua famiglia è stata fortemente
colpita dalla crisi. Lui oggi fa una serie di piccoli lavori, per non pesare sui genitori e perché ovviamente, senza un’istruzione completa, non ha accesso a professioni più stabili. E’ un precario e credo che bisognerebbe garantire ai ragazzini come lui, che all’epoca aveva appena compiuto sedici anni, il diritto allo studio. Soprattutto se sono brillanti e hanno buona volontà”.
Protezione civile spa: protestano gli esperti dei terremoti
MENO LIBRI PER TUTTI TAGLIATI 103 MILIONI PER I PIÙ POVERI di Beatrice Borromeo
uesta volta i tagli previsti dall’ultima Finanziaria non passeranno inosservati perché mettono in crisi una misura che è un pilastro della scuola pubblica dal 1967 e che serve a garantire il diritto allo studio a tutti i ragazzi. La notizia sembra imbarazzare anche il governo: sono stati soppressi i fondi che servivano a fornire libri di testo gratis agli alunni meno abbienti nella scuola dell’obbligo. Si tratta di 103 milioni di euro che, fino a oggi, venivano indirizzati agli enti locali per pagare i buoni libro. “Il governo – commenta il capogruppo Pd in commissione Cultura alla Camera, Manuela Ghizzoni – ha cancellato con la Finanziaria lo stanziamento di soldi che, come dimostra anche il servizio studi di Montecitorio, sono destinati alla fornitura gratuita dei libri di testo a chi non può permetterseli”. Replica il ministero dell’Istruzione: “I finanziamenti per il 2010 sono già previsti. Saranno infatti assicurati dalle risorse che il governo sta predisponendo e che saranno anche in parte recuperate tramite il rientro dei capitali. É la nostra priorità”. Se ne deduce che la possibilità, per gli studenti in difficoltà economiche, di accedere ai testi scolastici è appesa allo scudo fiscale: “Prima o poi – ragiona la Ghizzoni – si scoprirà che lo scudo non basterà per tutto. Ogni volta che tagliano, ci raccontano che possiamo stare tranquilli perché rientreranno i capitali dall’estero”. E soprattutto lo scudo è una misura una tantum che finanzierà l’accesso ai libri per un solo anno, mentre i 103 milioni ne avrebbero coperti tre. Proprio questo lascia
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perplessa la Ghizzoni, cioè che l’impegno del governo si limiti, come conferma il portavoce del ministro Mariastella Gelmini, a garantire la gratuità dei testi solamente per il 2010: “É una beffa. A parte il fatto che non ci sono certezze, ma solo parole, se anche il ministero dell’Istruzione fosse sincero, sta promettendo solo una norma tampone. Quest’anno doveva essere rinnovato il prossimo triennio, come ha fatto tre anni fa il governo Prodi e come sempre avviene. Nel 2011 invece saremo scoperti. Anche il ministro Bondi, ieri in aula, ha ammesso che questo allarme è reale”. E al ministero dell’Istruzione ammettono che ancora non
sanno dove troveranno i fondi il prossimo anno. La preoccupazione emerge anche negli ambienti sindacali: “Questa nuova mossa del governo – dice il segretario generale della Cgil scuola, Mimmo Pantaleo – si inserisce in un’opera di demolizione della scuola pubblica”. E aggiunge: “Si va disperdendo il concetto di gratuità dell’istruzione e tutto ciò – sottolinea il sindacalista – finirà per gravare sulle famiglie, con conseguenze molto pesanti sui loro bilanci considerando la crisi economica che ancora attanaglia il paese”. Attacca anche la Cisl: “Il mancato stanziamento dei 103 milioni di euro, destinati alla fornitura dei libri di testo
di Antonio Massari
a Protezione civile poLsformata trebbe presto essere train una società per
per gli alunni meno abbienti, penalizza ingiustamente – dice il segretario generale della Cisl scuola, Francesco Scrima – coloro che hanno minori possibilità economiche. É inconcepibile che un paese civile e che si vanta di essere la
sesta potenza economica del mondo ostacoli in questo modo l’esercizio del diritto allo studio”. Né il ministero dell’Istruzione, né quello dell’Economia, sanno dire come verranno utilizzati i fondi sottratti alla scuola.
“Siamo disperati, noi non scendiamo” ANCORA SUL TETTO I RICERCATORI DELL’ISPRA CHE RISCHIANO IL POSTO di Caterina
Perniconi
tratti a termine, non sono stati più rinnovati. on ci muoviamo da qui finché L’accorpamento dei tre soggetti era non avremo risposte. Se scendia- stato illustrato agli operatori come la mo, sappiamo già che il ministro non costituzione di una grande struttura al si occuperà più dell’Ispra”. E’ questo il pari dell’Istituto superiore di sanità. grido disperato dei precari dell’Istitu- La nascita dell’Ispra doveva costituire to Superiore per la Protezione e la Ri- un’occasione per rendere più compecerca Ambientale, asserragliati sul tet- titive le conoscenze tecnico-scientifito della sede di Roma, in via Casalotti, che di ricerca e controllo su materie da due giorni e due notti. Quaranta come la tutela della biodiversità, i riragazzi, con thermos e sacchi a pelo fiuti, i siti contaminati, gli interventi per ripararsi dal freddo, rappresenta- per le emergenze in mare, l’inquinano i 430 che in un anno sono stati mento acustico, la valutazione del rilasciati a casa dall’ente. L’Ispra è stato schio nucleare. istituito a giugno del 2008 dal Mini- E invece è stato avviato un processo stero dell’Ambiente attraverso la sop- che porterà al taglio della maggioranpressione di tre enti (l’Apat-Agenzia za del personale precario (oltre un terper la Protezione dell’Ambiente e i zo di tutto il personale). Il ministro servizi Tecnici, l’Icram-Istituto Cen- Stefania Prestigiacomo, ascoltata ieri trale per la Ricerca scientifica e tec- dalla Commissione ambiente della Canologica Applicata al Mare e l’Infs-Isti- mera, non ha dato risposte prendentuto Nazionale per la Fauna Selvatica). dosi un’altra settimana di tempo. Da allora la struttura è commissariata e Il ministero, in una nota, spiega il grani ricercatori e i tecnici precari, legati de impegno profuso in favore agli enti anche da dieci anni con con- dell’Ispra in questi anni, compresa l’assunzione durante la scorsa primavera di 200 di Caterina Perniconi REGOLAMENTO DI CONTI dei 630 precari, “ai sensi della Finanziaria 2008”, cioè dall’ultima legge di bilancio agenzia di valutazione del sistema ministro “può riservare annualmente fatta dal governo universitario è il fiore che ulteriori risorse, a valere sul Fondo per il Prodi. Inoltre è Mariastella Gelmini porta all’occhiello finanziamento ordinario e sul Fondo stato bandito un concorso per 69 da quando è arrivata al ministero. ordinario per gli enti di ricerca”. Ma per i posti a tempo in“Merito” è la parola che ripete più tecnici della Camera “appare opportuno determinato, che spesso. Ma i tecnici della Camera che il governo chiarisca se le risorse dei deve concludersi ritengono che il regolamento sulla predetti fondi (già colpiti duramente dai entro dicembre. struttura e il funzionamento dell’Anvur tagli della legge 133/08, ndr) possano Per il ministero le meriti di essere rivisto. La segreteria della essere destinate allo svolgimento delle cessazioni dei Commissione bilancio ha segnalato con il attività istituzionali di valutazione senza contratti dipenrapporto 121 “la necessità di acquisire pregiudicare la realizzazione degli dono “da progetti che non hanno elementi” in merito a profili problematici interventi previsti”. Cioè il un’estensione, relativi ai costi. Per decreto, infatti, sono funzionamento del sistema universitario. quindi né un’attiprevisti per l’agenzia 5 milioni di euro Rilievi anche sulla riorganizzazione dei vità né un finanl’anno, ma – in caso di necessità – il licei, degli istituti tecnici e professionali. ziamento per il 2010, da tipolo-
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I TECNICI DI FINI BOCCIANO LA GELMINI L’
gie contrattuali che non si prestano in via ordinaria ad una proroga quali, ad esempio, le borse di studio finalizzate a percorsi di formazione che non giustificano facilmente proroghe contrattuali, e motivi e scelte personali dei detentori dei contratti”. Ma 430 tagli sono un numero troppo alto per i precari che non ci stanno: “Resto sul tetto per disperazione – racconta Massimiliano Bottaro, precario da 9 anni all’Ispra – il ministro ci ha detto che lei avrebbe voluto tenerci tutti ma non può, con tono materno. Io una madre ce l’ho e voglio un datore di lavoro onesto. Ci sono precari che hanno famiglie da mantenere. In 9 anni ne ho avuti circa 5 retribuiti, a causa delle interruzioni, e nel frattempo mi sono arrangiato: ho fatto il cameriere, il commesso, e forse questa volta è quella in cui dovrò cambiare lavoro definitivamente. Perché fare ricerca in Italia è diventata un’impresa impossibile”. I ricercatori hanno realizzato un video per sensibilizzare le istituzioni sulla loro situazione e un sito nonsparateallaricerca.org, oltre ad una petizione che sarà consegnata al ministro dell’Ambiente. “Io sono stato assunto quest’anno, ho 46 anni ed ero precario dal 1994 – racconta Gabriele La Mesa, ricercatore – ma senza il lavoro di tutte queste persone anche noi ‘fortunati’ non possiamo più fare niente. Ci mancano, oltre ai ragazzi che facevano parte dei gruppi di ricerca da anni, anche servizi essenziali, dalla biblioteca al protocollo”.
“Continuiamo a protestare perché siamo precari da dieci anni con famiglie da mantenere”
azioni. Come anticipato ieri dal Fatto Quotidiano, l’idea è al vaglio del governo e ieri, durante il question time alla Camera, l’ha confermato il ministro dei Rapporti con il Parlamento, interrogato dall’Idv: “Non si può escludere”, ha detto Elio Vito, spiegando che si tratta di “norme ancora in fase di studio e di riflessione”. La proposta giace nella bozza di un decreto legge e potrebbe essere accolta già nei prossimi giorni. La spa sarà formata da capitali pubblici e finirà nelle mani di un unico azionista: la presidenza del Consiglio. Una società che, operando nei consueti settori della Protezione civile – per esempio una ricostruzione post terremoto – si occuperebbe della progettazione, della scelta dei contraenti, della vigilanza, dell'acquisto di forniture e servizi. Secondo Antonio Borghesi, il parlamentare dell’Idv che ieri ha chiesto spiegazioni al governo, “dopo la privatizzazione dell’acqua, saremmo così di fronte alla privatizzazione della Protezione civile, una delle funzioni più delicate in uno Stato moderno”. La bozza del decreto, però, sta scatenando altre polemiche: il testo prevede, infatti, all’articolo 12, che l’intero sistema di monitoraggio dei terremoti, oggi in capo all’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia (Ingv), venga trasferito alle dirette dipendenze della Protezione civile. In sintesi, un ramo della ricerca, quello relativo al monitoraggio sismico, verrebbe sottratto all’alveo naturale dell’Ingv. E gli scienziati del settore non ci stanno. A breve potrebbero esserci manifestazioni di protesta: “Non abbiamo mai agito con gesti eclatanti, ma la situazione oggi è diversa, perché questa decisione rappresenta una minaccia alla sicurezza del paese”, commenta Antonio Piersanti, direttore dell’istituto di sismologia e tettonofisica. Il punto, spiega Piersanti, è che non è possibile separare ricerca e monitoraggio: “In tutto il mondo, chi si occupa della ricerca sismica, si occupa anche del monitoraggio: le due azioni non possono, non devono essere separate. Il motivo è semplice: è soltanto a partire dai dati del monitoraggio, che si può fare ricerca, ed è soltanto con i risultati quotidiani della ricerca, che si migliora il monitoraggio. Non c’è paese al mondo dove i due rami siano separati”.
Giovedì 26 novembre 2009
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D’Alema vuole candidare Emiliano alla Regione Puglia
assimo D’Alema si sta impegnando per fare un accordo con l’Udc e spingere Michele Emiliano, il Sindaco di Bari, come candidato alla Regione Puglia. Ma per rendere possibile questo, Vendola dovrebbe farsi da parte. In Puglia, come in Piemonte, infatti, il Pd avrebbe qualche chance anche se l’Udc andasse da sola, ma la vittoria
sarebbe assicurata con i voti di Casini. Solo che i centristi hanno fatto sapere di non essere disponibili a sostenere Vendola in Puglia e la Bresso in Piemonte, che sono gli attuali Governatori e intendono ricandidarsi. Per questo, martedì durante la direzione del Pd D’Alema ha mandato un messaggio ai due governatori, invitandoli a fare un passo indietro
LA BRESSO: ”LA CANDIDATA QUI SONO IO”
di Luca Telese
er giorni è stata sotto assedio. Sembrava che l’accordo nazionale (e locale) con l’Udc dovesse passare sopra la sua testa. Qualcuno le rimproverava “di non avere un buon rapporto con i cattolici”, qualcun altro di essere “laicista”. Un destino in parte parallelo a quello di Nichi Vendola, che ha scelto di rompere gli indugi candidandosi direttamente alle primarie e sfidando i suoi avversari a fare altrettanto (in Puglia il Pd è in fibrillazione, e deve decidere se appoggiarlo o meno). Mercedes Bresso, presidente uscente della regione Piemonte, invece spiega: “Io sono favorevolissima alle primarie, ma credo che in Piemonte non ci sia più tempo per farle. Se le volevano, dovevano pensarci prima. Ora il tempo scaduto....”. Governatore Bresso, la agita tutto questo dibattito? (Sorriso) Per nulla, io sono tranquillissima: in Piemonte la coalizione che ha governato ha scelto la sottoscritta. Sarebbe un paradosso se si pensasse di mettere in discussione questa scelta in nome di altre logiche. Le “altre logiche” sono l’accordo con l’Udc, che viene considerato una necessità anche a livello nazionale... Da chi? Tutti parlano di D’Alema. Ci ho parlato. Ha detto che quando ha detto le frasi di cui si discute, non si riferiva a me. E in ogni caso, dopo anni che diciamo che si deve ripartire dal territorio... Però anche in Piemonte c’è il problema dell’accordo con l’Udc... Benissimo. Io sono disponibile e favorevole a questo accordo” Dice davvero? Certo: i miei rapporti con l’Udc in Piemonte sono discreti, anzi buoni. Però il nome del candidato non è in discussione. E se fosse proprio quella la discriminante? Guardi, noi non siamo disponibili a qualunque cosa pur di fare un accordo. E’ una logica
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OPPOSIZIONE
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Il federalista Bossi vuole decidere a Roma chi corre in Piemonte? Noi no che respingo sempre, e anche in questo caso”. Mi dà una buona motivazione, in termini molto sintetici. (sorride) Semplice: credo, immodestamente, di essere il candidato migliore da queste parti”. Più sintetica di così... Non scherzo: abbiamo governato bene, abbiamo raggiunto dei risultati importanti, non ci sono critiche sul mio operato nella coalizione, non vedo all’orizzonte alternative forti. Le va bene? Si dice che in gioco ci sia un accordo nazionale, che qualcuno degli uscenti si debba sacrificare. Alt. Io ho parlato con Bersani, e lui mi ha detto che condivide il principio che il candidato si decide in Piemonte. Ma voglio aggiungere una cosa... Prego. Qui da noi c’è lo strano paradosso di una forza che si dice federalista, la Lega, che pretende di decidere a Roma il candidato. E noi che facciamo? Ci associamo a questo gioco? Sarebbe folle. Lei dice che non si dovrebbe fare altrettanto... Ma certo. Qui arriva Bossi e dice: ‘Ne voglio due’. Due di che?
Due regioni, lo sa benissimo. “E che c’entra il Veneto con il Piemonte? Non è mica una partita di Monopoli... Per vincere dobbiamo rifiutare questa logica spartitoria”. La diverte l’idea di essere meno centralista della Lega, confessi. Se c’è un modo antico e folle di far politica è questo. Capisco chi dice: non accetto imposizioni. Si riferisce a Vendola che chiede le primarie? Io veramente pensavo a gente come Formigoni o Galan, che hanno consensi evidenti, e esperienza di governo. Ma ovviamente anche Vendola fa bene. Quello che deve finire è la politica delle trattative a Roma, decise da chi non sa cosa acca-
de sul territorio. Si è detto: la Bresso è laicista. “Non conosco questa parola, non so cosa significhi. Io sono laica, e orgogliosa di esserlo, questo sì. Hanno detto di lei: non ha un buon rapporto con i cattolici. Quali? Ci sono cattolici di centrodestra e cattolici di centrosinistra. Io ho ottimi rapporti con i cattolici di centrosinistra, e rapporti
perché la vittoria viene prima delle aspirazioni del partito. “Sarebbe sbagliato - è stato il senso del suo discorso - interpretare le regionali come un test per una nuova maggioranza, ma il Pd deve muoversi con l’intento di allargare il campo”. L’idea di candidare Emiliano in Puglia è la diretta conseguenza di questa posizione.
meno buoni con quelli di centrodestra. Esempio? “Ho lavorato benissimo con i focolarini. E ho una grande stima per i giovani di Libera, l’associazione di don Ciotti. Questo rapporto con i ragazzi di Libera l’Udc glielo ha rimproverato... Attenzione. L’Udc nazionale me lo ha rimproverato. Ed è un rapporto di cui io invece vado orgogliosa. Quei ragazzi sono fantastici, sono riusciti a mobilitare il paese contro le mafie... Con chi deve dialogare chi governa? Perché dice che il tempo è scaduto? “Perché noi ci eravamo dati delle regole. Le regole prevedevano che se si fossero volute le primarie bisognava deciderle per tempo. Ha fretta di iniziare? (Sorride) A dire il vero sì. Sono una grande sostenitrice delle primarie. Ma preferirei dedicare più tempo alla campagna elettorale con i cittadini che a quella fra di noi. Consiglierei agli altri di fare altrettanto.
Mercedes Bresso vista da Emanuele Fucecchi
“Sono per le primarie. Ma adesso il tempo è scaduto. Sì all’Udc, ma non a ogni costo”
RAI 3
DI BELLA DIRETTORE, IL PD SI SPACCA: RIZZO NERVO VOTA NO di Carlo Tecce
lla fine della giornata, dopo tre ore Ascussione di Cda teso, allungatosi per la disul digitale, Rai 3 ha un nuovo direttore. In sostituzione di Paolo Ruffini, ecco spuntare l’ovale di Antonio Di Bella, fino a qualche mese fa alla guida del Tg3, ora nelle mani di Bianca Berlinguer. “Lavorerò con umiltà e curiosità, nel solco di Paolo Ruffini di cui sono amico e che sentirò al più presto. Sono onorato”. Otto voti a favore, maggioranza compatta, opposizione che si spacca con la sola ma significativa preferenza contraria, di Nino Rizzo Nervo. Nei giorni scorsi, i due direttori in com-
Sostituito Ruffini: 8 sì nel Cda. Vota a favore anche il democratico Van Straten
petizione si erano incontrati e Di Bella aveva assicurato che avrebbe accettato l’investitura al solo patto di un plebiscito. C’erano stati allora scambi frenetici tra Via del Nazareno e i due consiglieri Pd nel Cda, Van Straten e Rizzo Nervo, per convincerli a votare a favore del neo direttore designato. Operazione riuscita con Van Straten, naufragata con Rizzo Nervo che nega pressioni e rivela l’incontro con Van Straten e De Laurentiis, consigliere in quota Udc: “Ci siamo visti per trovare una soluzione comune. Non è stato possibile. Nulla contro Di Bella che è un professionista eccellente ma continuo a non capire l’esigenza di sostituire un galantuomo come Ruffini che aveva svolto il suo mestiere alla grande”. Dal Pd pare gli avessero chiesto almeno l’astensione. Proposta rigettata. Nel partito di Bersani, il risultato della vicenda è un ulteriore acuirsi del disagio interno sul basilare tema dell’informazione. Non bisognava sedersi al tavolo della trattativa, dicono, sacrificando la professionalità di Ruffini cui è stata offerta, la direzione di Rai Dig, nebulosa di incerta definizione. Mentre Van Straten
si difende: “Il mio comportamento di oggi si è ispirato a due princìpi: la valorizzazione della professionalità di Ruffini e la salvaguardia dell’identità di Rai Tre. Mi dispiace che non ci sia stata uniformità nella condotta dell’opposizione, ma da parte della maggioranza c’era comunque la volontà di cambiare direttore” e il Presidente della Rai Garimberti si smarca dal giudizio politico: “Voglio essere il Presidente di una Rai normale e considero l’avvicendamento una scelta totalmente aziendale. Che piaccia o meno, sia criticata o ritenuta ingiustificata, è stata presa in quell’ottica”, Sergio Zavoli, Presidente della Commissione parlamentare per l'indirizzo e la vigilanza sui servizi radiotelevisivi, è più analitico: “Non si può negare alla Rai il diritto, addirittura il dovere, di esercitare i suoi poteri. Ciò che nella sostituzione di Ruffini è parso esorbitare da criteri giurisdizionali sono stati tre elementi: l'estenuante lentezza della decisione; l'assenza di motivazioni che accreditassero la natura professionale del provvedimento; l'incongrua, nuova collocazione escogitata per giustificare un esito di
cui la politica stessa, certo non estranea alla questione, non credo possa menar vanto”. Il senatore Di Giovanpaolo, detta alle agenzie una nota durissima, ancor prima che le stesse battano la notizia principale: “Comunque vada, la vicenda di Paolo Ruffini è l'immagine della sconfitta di una linea politica. Un fallimento che imporrà a tutto il Pd una riflessione seria, aperta su questi anni e sul tema del'l'informazione, che non si può affrontare nè tornando all'antico, nè rifugiandosi nella tecnologia”.
Ieri il libro dei nostri Peter Gomez e Antonella Mascali, Il regalo di Berlusconi (edito da Chiarelettere) è stato presentato alla libreria Feltrinelli di via Vittorio Emanuele Orlando a Roma. Presenti, oltre agli autori, il direttore del Fatto, Antonio Padellaro.
IL FATTO POLITICO dc
Le rese dei conti di Stefano Feltri
ipotesi di elezioni L’da ogni anticipate è scomparsa orizzonte, ma le tensioni dentro la maggioranza sembrano molto maggiori rispetto a qualche giorno fa, quando Silvio Berlusconi sembrava così tentato dal voto da suggerire a Renato Schifani di invocare le elezioni in caso di uno sfaldamento della maggioranza. Ricapitolando le ultime: lo scontro tra le due anime del Pdl in economia è sempre più forte. Ieri la guerra tra Giulio Tremonti e Renato Brunetta, ormai anche su un piano personale, ha assunto nuovi toni, con il ministro della Funzione pubblica che ricorda a tutti che il collega dell’Economia non è un economista (poi cerca di ridimensionare, spigando che non c’era polemica). E alla fine del percorso parlamentare della Finanziaria sarà chiaro chi ha vinto: il rigore di Tremonti o la voglia di misure che sostengano la ripresa di Brunetta e del senatore Mario Baldassarri. oi c’è Gianfranco Fini. Il Pè giàpresidente della Camera impegnato su un test delicato, quello della candidatura di Nicola Cosentino alla guida della Campania a cui si è opposto. C’è la vicenda – secondaria ma non troppo – della contrarietà alla norma che permette di mettere all’asta i beni confiscati ai mafiosi (battaglia affidata al deputato finiano Fabio Granata) e la nuova tensione con la Lega di Umberto Bossi seguita al discorso sull’insulto (“stronzi”) da rivolgere a chi tiene comportamenti razzisti con gli immigrati. E da ieri un altro impegno: no a una Finanziaria blindata in cui tutte le modifiche sono in un maxiemendamento impossibile da discutere in parlamento perché protetto da un voto di fiducia. utti questi nodi verranno Tsettimane. sciolti entro poche E visto che gli impegni presi dai diversi soggetti in campo sono espliciti e verificabili, comincia a circolare l’impressione che presto si arriverà a una verifica. Tremonti può accettare una Finanziaria diversa da quella che ha progettato da ministro delle Finanze? E Fini, come reagirebbe se alla fine il maxiemendamento blindato ci fosse? E se Cosentino alla fine si candidasse, visto che ieri la giunta della Camera ha respinto la richiesta di arresto per le presunte continguità con la Camorra? Lo si capirà in tempi molto brevi.
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Giovedì 26 novembre 2009
CRONACHE
LE RIBELLI DI SCAMPIA Tra dolore, rabbia e resistenza LA GIORNATA MONDIALE PER LE DONNE VISTA DAL QUARTIERE NAPOLETANO di Raffaela Scaglietta
campia è l’ultima fermata della metropolitana, che conduce in un laboratorio della resistenza umana dove quasi tutto è rovesciato e imprevedibile. Questo mondo così chiuso si muove a scatti tra disagio sociale, violenza e voglia di un futuro diverso. Le Vele sono i simboli del Male di Scampia. E quei Sette palazzi barricati a intermittenza dagli spacciatori e dai clan di turno sembrano destinati a diventare gli sportelli fissi del cittadino disperato. I poliziotti in borghese si mescolano alle sentinelle che controllano tutto e tutti. C’è chi al posto degli occhi ha le punte dei proiettili di piombo. C’è chi invece ha gli occhi bagnati da lacrime mai esaurite. Perchè costruire una vita qui è difficile,
S
BUONE NOTIZIE
pericoloso, doloroso. Eppure c’è qualcuno che ha conservato una forza interna e ricuce con amore le ferite profonde che scendono giù negli abissi dell’anima di chi vive o passa da qui. É il caso di un gruppo di donne che da un anno grazie alle letture della storia di Antigone, l’eroina della tragedia di Sofocle, ricostruisce piano piano le memorie di una vita violenta ed espia il dolore. “Queste donne sono le Antigoni di Napoli, di Scampia e di Sanità. E ripercorrono le loro storie con molto coraggio” racconta Patrizia Palumbo, presidente dell’associazione Dream Team che ha curato la logistica delle cooperative sociali e delle associazioni che operano a Scampia. Ieri, per la giornata internazionale contro la violenza sulle donne, hanno volu-
to ricordare l’omicidio di Florinda di Marino, un’insegnante uccisa a colpi di accetta dal suo convivente l'estate scorsa. In questo progetto c’è anche Serena Gaudino, che coordina le voci di queste donne con il sostegno del centro Hurtado e di altre associazioni e istituzioni locali. Tra loro c’è anche Pina Longobardi, che ha alle spalle una storia drammatica. Pina abitava ai Sette Palazzi. Le avevano barricato il portone di casa per poter controllare e spacciare droghe a ogni ora. Pina ha urlato il suo dolore fino al punto di volersi incendiare viva davanti al figlio di undici anni, coperta da un manto di alcool etilico. Rischiando di diventare la prima donna kamikaze della guerra contro le droghe. “Ero sconvolta, non potevo tollerare più che chiudessero il portone di casa e facesse-
a cura della redazione di Cacaonline
C’È ENERGIA NELL’INCONTRO TRA ACQUA DOLCE E ACQUA SALATA La centrale ecologica a osmosi L'osmosi tra acqua dolce e acqua salata è una fonte energetica rinnovabile ancora non sfruttata. In questi giorni a Tofte, Norvegia, è stato inaugurato il primo impianto europeo sperimentale: la minicentrale è in grado di produrre solo 4 kilowatt ma entro il 2015 è previsto l'avvio di un impianto che con i suoi 25 MW coprirà il fabbisogno energetico di 10mila abitazioni. Il principio di funzionamento è semplice: l'acqua dolce e quella salata vengono immesse in una camera unica, separate da una membrana artificiale. Le molecole di sale attirano l'acqua dolce attraverso la membrana, aumentando la pressione sull’acqua marina. Questa pressione
Violenza a Rovato
alimenta le turbine che producono energia elettrica. Secondo la Statkraft di Tofte, il potenziale globale di questa energia sarebbe enorme: 1.600/1.700 terawatt/ora, il 50% dell'attuale produzione europea. Collisioni amichevoli tra particelle Dopo quasi un anno di stop nell'acceleratore Large Hadron Collider del Cern sono riprese le prove di collisioni tra particelle protoniche. Il primo esperimento è stato un successo: ricreato un piccolo Big Bang che ha proiettato la città di Ginevra in un universo parallelo. (di Jacopo Fo, Simone Canova, Maria Cristina Dalbosco, Gabriella Canova)
l’aggressione a una coppia avvenuta lo scorso fine settimana. Lei violentata ripetutamente: un'aggressione feroce fatta da un ragazzo marocchino che quella notte aveva sniffato cocaina e bevuto. Siamo dunque a Rovato, paese della Franciacorta insieme a Cazzago rimasto al centrosinistra, in una zona in cui furoreggiano e spopolano le bandiere leghiste. Nei giorni successivi all’aggressione era stato indicato tra i luoghi della paura. Nonostante inquirenti e prefetto di Brescia, dopo l’immediato arresto dell’aggressore, avessero subito definito il caso “un episodio isolato”. Un messaggio che evidentemente non è stato volutamente colto da quanti (oltre una quarantina) coperti in viso e armati di bastoni hanno abbandonato la coda del corteo silenzioso e hanno cominciato la loro caccia. Un termine usato da chi ha visto con i propri occhi la scena dell'aggressione ai due stranieri. Altra cosa che ha lasciato perplessi è stato l'esiguo numero di forze dell'ordine presenti alla manifestazione: pochi i carabinieri e ancora meno quelli della questura. I manifestanti, invece, circa erano 2 mila. Gli immigrati sono rimasti chiusi in casa. Solo quei due hanno avuto la sfortuna di rincasare verso le 10.30 mentre la spedizione punitiva imboccava le vie che portano verso il centro del paese e il Comune. Alcuni, nonostante il viso coperto, sono stati riconosciuti da chi frequenta lo stadio Rigamonti: frange estreme della destra. Quelli che hanno un debole e conservano ancora la passione per la Decima Mas tanto per intenderci. Ieri sera, intanto, si è tenuto il presidio di Forza Nuova. Nessun disordine, almeno fino a inizio serata, ma slogan e striscioni con scritto “Fermiamo l’invasione”. Si attende infine la fiaccolata della Lega. Domani a Brescia è atteso il ministro Roberto Maroni. Chissà che anche Borghezio non faccia una capatina.
STRANIERI PICCHIATI DOPO LA MANIFESTAZIONE
di Elisabetta Reguitti
rima le botte poi gli insulti. Non si sa mai Pstranieri. che non capiscano bene, visto che sono Così l’altra sera, a Rovato, è andato in scena un bel gesto di civiltà. Due operai di nazionalità kosovara che stavano rincasando dal lavoro sono stati presi a calci e a pugni. Mazzate pure alla loro auto sotto alla quale è stato gettato qualcosa che ha causato un grande botto. Meglio non è andata alla signora italiana che gestisce il bar Mandarino che si trova in corso Bonomelli. La donna è stata colpita da una bastonata e solo grazie all’aiuto di un avventore è riuscita a chiudere la porta del locale dove poco prima erano stati lanciati due grossi petardi il cui botto si era sentito risuonare nel paese. Tutto è accaduto nel corso della manifestazione ‘pacifica’ organizzata dopo
ro del mio palazzo un luogo di spaccio. Notte e giorno”, racconta. “Non avevamo neanche più le chiavi per entrare nel palazzo e quando arrivava la polizia non ci potevamo muovere. Avevano un loro linguaggio in codice. Tutto loro. Se dicevano due volte Claudio voleva dire che il passaggio era libero. Se dicevano due volte Tonino c’era la volante che stava arrivando. Io passavo con i miei figli e loro vedevano questi uomini incappucciati che vendevano droga come fosse merce normale. C’erano file lunghissime di ragazzi che venivano a comprare di tutto. Un giorno mi trovai nella buca del-
Pina viveva alle Vele, assediata in casa per il continuo spaccio di droga: ha reagito e ora ha una nuova vita
Sopra una ragazza nella sartoria di una cooperativa napoletana; sotto la manifestazione di Rovato in seguito alla quale sono stati aggrediti alcuni stranieri
le lettere un sacchetto. Era un commercio continuo. Finchè non ho avuto un moto incontenibile di rabbia e ho cominciato a buttare tutto giù dalla finestra. Ho rotto i vetri del portone, sono quasi impazzita, ho rischiato la vita”. Pina, ricordando quel momento di esasperazione e disperazione, ha gli occhi lucidi. Adesso Pina è più tranquilla. Ce l'ha fatta. Ha cambiato casa. E ricuce con garbo e animo gentile la sua ferita interiore lavorando in una sartoria, alla cooperativa La Roccia, del centro Hurtado. “Io e Pina siamo amiche perchè abbiamo vissuto dei traumi forti legati a questo luogo” racconta Lella Landieri, la mamma di O’ T, ovvero Antonio Landieri, un ragazzo disabile dei Sette Palazzi ucciso il 6 novembre del 2004. “La mia vita si è fermata di colpo quel giorno – dice Lella – solo adesso riesco a parlarne”. Lella Landieri e’ un’altra Anti-
gone ma sembra Anna Magnani in un film di Rossellini. Sono passati pochi giorni dall’anniversario della morte di suo figlio ed è convinta che O’ T non abbia mai toccato un grammo di droga. “Hanno ucciso due volte mio figlio, prima sotto il portone di casa e poi con le parole accusandolo di essere uno di loro”, dice Lella. “O’ T aveva una paralisi su tutta la parte destra del corpo e non poteva camminare ne’ parlare bene. Noi siamo una famiglia per bene. Siamo una famiglia pulita e non ci hanno neanche dato una tomba”. Lella non esce più neanche a bere un caffè con le amiche. Non fa più la spesa sotto casa. Suo marito è disoccupato. Ha due figli e vuole proteggerli. Vorrebbe andare via “Ma come ‘aggia a fa? Non ho i soldi per pagare un altro affitto, non posso permettermi di andare via. Ma dove e’ la giustizia? Dov’è lo Stato?" racconta questa donna che merita come tutte le altre Antigoni di Napoli una vita migliore.
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ECONOMIE
FIAT DI TERMINI IMERESE: DAL PD UN SILENZIO CHE PESA Il nuovo partito di Bersani lascia la scena a Scajola di Stefano Feltri
rmai dentro la maggioranza di governo si registrano, da un estremo all’altro, tutte le posizioni disponibili in politica economica. Da una parte i leghisti che lottano in senato per la riforma della norma sul made in Italy – per tutelare i piccoli artigiani a scapito dei grandi marchi che preferirebbero produrre in Cina – con l’avallo di Giulio Tremonti. Dall’altra Claudio Scajola, ministro dello Sviluppo economico, che tratta con le grandi imprese: prima concede gli incentivi alla rottamazione alla Fiat, poi scende in Sicilia e dice che chiudere lo stabilimento di Termini Imerese (Palermo) sarebbe una “follia”. Lunedì prossimo riceverà a Roma i sindacati. E il Partito democratico? Quali sono le sue posizioni su una vicenda, quella della fabbrica siciliana della Fiat, che pone dilemmi di politica industriale (spendere per salvare i posti di lavoro o per proteggere chi resta disoccupato) e di visione del tessuto produttivo (si deve puntare sulla grande impresa o su quella piccola)? Il Pd sta con gli operai o con la Fiat? Nei giorni scorsi si sono registrate soltanto poche prese di posizione ufficiali. Una del deputato Francesco Boccia e alcune degli esponenti regionali. Per il resto poco o niente, giusto un accenno da parte di Rosy Bindi. Il punto politico da chiarire sarebbe il seguente: Termini Imerese deve restare aperta anche se l’amministratore delegato di Fiat Sergio Marchionne ha già detto che lì non vuole più produrre automobili? E se sì, con quali motivazioni? Ci
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sono due risposte possibili: la fabbrica deve resistere perché bisogna tutelare 1400 posti di lavoro (e i 500 dell’indotto). Oppure: bisogna salvarla perché è un polo industriale con delle potenzialità, su cui vale ancora la pena investire. Ma capire cosa ne pensano gli uomini con le deleghe economiche della nuova segreteria di Pier Luigi Bersani non è semplice. Emilio Gabaglio, ex sindacalista della Cisl che sarà presidente del Forum sul Lavoro, preferisce non commentare perché le deleghe non sono ancora state formalizzate. Idem Paolo Guerrieri, economista ed esperto di relazioni internazionali, che sarà responsabile del Forum Economia. Gli altri disposti a parlare sono tutti d’accordo: la fabbrica non deve chiudere, anche se sulle ragioni ci sono sfumature. L’economista Stefano Fassina è uno dei membri della nuova segreteria e spiega che “non possiamo permetterci di perdere uno dei pochi stabilimenti industriali di qualità, Scajola avrebbe dovuto affrontare questo punto quando discuteva degli incentivi alla rottamazione”. A chi obietta che forse è uno spreco di risorse pubbliche spendere per sostenere una fabbrica che costa più delle altre (1000 euro in più a veicolo), Fassina obietta che le risorse ci sarebbero per fare quasi tutto: “I soldi per la ricerca, per esempio, non si trovano perché sono già stati desti-
Una delle ultime proteste dei lavoratori dello stabilimento Fiat di Termini Imerese (FOTO ANSA)
nati ad altre priorità politiche, non perché vengono spesi per Termini Imerese”. Fassina condivide con Matteo Colaninno, deputato del Pd con delega nel partito allo Sviluppo industriale e la Finanza d’impresa, l’idea che dopo la grande recessione al centro di ogni idea economica dell’Italia ci siano l’automobile e gli operai che, ricorda Fassina, “in Italia sono pur
Parte della squadra economica del segretario non parla ancora. Altri sono contro la chiusura, ma per ragioni diverse
sempre 8 milioni”. Dice Colaninno che “non possiamo pensare di rispondere a un eccesso ci capacità produttiva installata con un impoverimento strategico del paese, anche perché l’automobile è ancora il settore in grado di trainare l’economia”. Tradotto: meglio una fabbrica in più che una in meno quando comincerà la ripresa. E questa sembra essere – oltre al tentativo di contenere i costi sociali di una crisi – la posizione anche dentro alla parte del Pdl che fa capo a Sca-
jola. Il Pd siciliano, invece, ha idee diverse. Il segretario regionale Salvatore Lupo, che sosteneva gli operai quando hanno occupato il municipio, dice che a Termini Imerese può ancora nascere “un vero distretto industriale dell’auto, secondo i piani di rilancio che erano stati discussi con Marchionne dal governo Prodi”. Ma la trattativa, per ora, la conduce Scajola che non sembra altrettanto ottimista. E soprattutto Marchionne ormai ha deciso.
FINANZIARIA
LA MOSSA DI FINI l presidente della Camera, Gianfranco Fini, ha detto Ifosse ieri che “sarebbe in grossa difficoltà se la fiducia non posta su un testo che esce dalla commissione ma su
LE MANOVRE SU BANCA INTESA
di Francesco Bonazzi
SE BENESSIA PUNTA TUTTO SU BAZOLI vere in mano il 10 per cento della principale banca italiana, esserne addirittura il primo azionista singolo, e tuttavia contare poco o nulla. Non è che una beffa del genere la si possa digerire tanto a lungo neppure in una città felpata come Torino. Così ieri mattina, quando il presidente della Compagnia di Sanpaolo, Angelo Benessia, ha presentato i programmi 2010 della fondazione, non poteva sottrarsi alle domande su una redistribuzione dei poteri al vertice di Intesa Sanpaolo. “La mia personale opinione è che conta più la parola di Bazoli che un intero statuto”, ha detto commentando le promesse del presidente Giovanni Bazoli, che martedì aveva auspicato “una soluzione condivisa” fra le diverse anime dell'azionariato di Intesa. Un modo cortese per mandare a dire a Corrado Passera, timoniere in “solitaria” della banca, che il problema vero non è quello di concedere un qualche direttore generale “vicino al territorio”, tanto per placare i malumori di una città che dopo il siluramento di Pietro Modiano si sente emarginata, ma introdurre nuove regole che consentano una gestione meno accentrata. Così, mentre gira l’ennesimo nome per la carica di direttore generale della “Banca dei territori” (l’ultimo è quello di Luciano Nebbia, dopo che altri banchieri più famosi avrebbero declinato, forse spaventati dalla scarsità di deleghe), alla Compagnia di Sanpaolo spostano l’asticella più in alto: sui
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poteri, anziché sui nomi. E per portare a casa il risultato, Benessia pare affidarsi ora più a Bazoli che a Giuseppe Guzzetti, storico “patron” della Cariplo. Con i consigli in scadenza ad aprile, la componente torinese aveva finora puntato tutte le sue carte su un rapporto sempre più stretto con Cariplo, secondo azionista della banca. Due avvocati apparentemente lontanissimi tra loro per estrazione religiosa e politica, come il laico Benessia e il cattolicissimo Giuseppe Guzzetti, avevano fatto fronte comune nel chiedere una cambio di “governance”. Guzzetti, negaziatore di scuola democristiana capace perfino di rappresentare i malumori leghisti per l'eutanasia di Malpensa sancita dalla nuova Alitalia di Passera, si era incaricato di gestire la trattativa con tutte le altre fondazioni di origine bancaria (Firenze, Parma e Bologna) e con lo stesso Bazoli. Una partita diplomatica che negli ultimi giorni stava perdendo d’intensità, con Torino sempre più timorosa che a Milano avessero trovato un qualche accordo alle sue spalle. Ecco perchè adesso Benessia punta apertamente sulla “parola” di Bazoli. Ma dietro le parole spesso ci sono i fatti. E il più concreto di questi potrebbe essere un ritorno alla gestione “sul territorio” dei clienti fino a 500 milioni di fatturato. Oggi, questo confine che separa la clientela “top” dal resto del mondo è a soli 150 milioni. A tutto vantaggio del quartier generale milanese.
un maxiemendamento del governo”. Ovvero: il governo può anche decidere di chiedere un voto di fiducia sulla legge di bilancio 2010. Ma preparare un emendamento in cui si inseriscono tutte le modifiche decise da un accordo nella maggioranza e poi sottoporlo in Parlamento con la formula “prendere o lasciare”, ecco, questo non sarebbe gradito da Fini. Non è soltanto la denuncia di un ulteriore sbilanciamento dei poteri a favore del governo, ma un segnale politico che arriva alla vigilia del confronto decisivo tra il ministro dell’Economia, Giulio Tremonti, e gli esponenti dell’esecutivo che vogliono un maggiore ricorso alla spesa pubblica. Dice Fini: “Non tutte le fiducie hanno lo stesso impatto politico, un conto è mettere la fiducia su un testo uscito da una commissione, un conto è se viene messa su un testo che esce dal Consiglio dei ministri o dall’altro ramo del Parlamento”. Il passaggio alla Camera è quello decisivo per una Finanziaria che è uscita immutata dal Senato, mentre ora dovrebbe cambiare per recepire le richieste dei ministri che vogliono spendere i soldi dello scudo fiscale (la finestra per aderire si chiude il 15 dicembre) e anche dello stesso Tremonti, che non è riuscito a introdurre la Banca del Mezzogiorno quando la legge di bilancio è passata in Senato. Le parole di Fini arrivano nel giorno in cui si riunisce il comitato di Politica economica del Pdl. La nota conclusiva del comitato (guidato da Tremonti) sembra rispondere agli auspici di Fini. Vi si legge: “L’obiettivo è quello di definire un testo condiviso che sia approvato già in commissione Bilancio”. Anche il Partito democratico è pronto ad accogliere l’invito di Fini, perché la commissione Bilancio è l’unico passaggio in cui può provare a trovare un accordo sugli emendamenti, visto che molte delle sue priorità sono simili a quelle degli anti-tremontiani. Ma il margine di manovra non è grande. Come hanno spiegato ieri Massimo Corsaro (relatore per il Pdl alla Finanziaria) e Fabrizio Cicchitto, capogruppo Pdl alla Camera, le risorse da redistribuire saranno soltanto 4 miliardi. Una somma inferiore a quella che era attesa dallo scudo fiscale (5 miliardi) e che, dice Corsaro, non serviranno per il taglio dell’Irap o dell’Irpef e neppure per la cedolare secca sugli affitti.
gasometro dc
B. e i negoziati turkmeni di Giorgio
Arbatov
n ospite esotico ha Udi Palazzo visitato ieri le stanze Chigi. Silvio Berlusconi ha ricevuto Gurbanguly Berdimukhamedov, il presidente del Turkmenistan, un paese dell’Asia centrale conosciuto soprattutto per le riserve di gas. Negli ambienti della diplomazia, Berdimukhamedov è conosciuto come “il dentista”: con questa specializzazione era entrato nell’equipe di medici che assistevano il suo predecessore, Suparmurat Niazov, morto all’improvviso nel 2006. E’ raro vedere il dentista in Europa, per questo l’incontro con il premier solleva particolare interesse. Una analisi eseguita dai consulenti di una società londinese, Gaffney Cline and Associated, dice che il giacimento turkmeno di Yoloten Osmen contiene quattordici trilioni di metri cubi di gas: ce n’è abbastanza per riempire tutti i gasdotti del pianeta. Come se non bastasse, il dentista mostra grande interesse per il mercato europeo, ha già firmato accordi con i russi di Gazprom e ha offerto 26 pozzi a un consorzio di società tedesche. otrebbe essere Psecolo l’occasione del anche per l’Eni, ma la storia dei rapporti con il Turkmenistan non è positiva. I problemi iniziano nel 2008, quando il cane a sei zampe rileva Burren Energy, un gruppo molto ambito per le licenze di esplorazione che ha ottenuto dal governo di Ashgbat. Il dentista viene a sapere dell’operazione a cose fatte e nega i visti di ingresso ai manager italiani: questa ripicca apre un piccolo scontro diplomatico fra i due paesi. L’amministratore delegato di Eni, Paolo Scaroni, cerca di recuperare da mesi: nessuna major dell’energia può rimanere fuori da Turkmenistan. Ieri è stato a colloquio con il dentista per un’ora, al termine dell’incontro ha detto di avere raggiunto un’intesa commerciale che non riguarda “né Nabucco né South Stream”, i due grandi gasdotti che dovrebbero portare in Europa il combustibile dell’Asia. Berdimukhamedov ha firmato altri tre accordi con Berlusconi, che gli ha proposto uno scambio suggestivo: il ministro della cultura italiano, Sandro Bondi, per quello turkmeno, la bella Maysa Yazmuhammedova. Il dentista ha rifiutato. Speriamo che vada meglio con il gas.
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RAGIONE E RELIGIONE
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RATZINGER IL PAPA INQUISITORE Il saggio sul pontificato di Benedetto XVI tra “controriforme”, anti-illuminismo e un programmato scontro di civiltà
di Paolo Flores d’Arcais
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PRIMI ANNI del pontificato di Joseph Ratzinger costituiscono una perfetta rivisitazione della tela di Penelope. Nel periodo che va dall’ottobre 1962 al dicembre 1965 il Concilio Vaticano II intese porre fine all’epoca costantiniana della Chiesa (oltre un millennio e mezzo della propria storia!), sciogliere l’abbraccio tra il trono e l’altare, aprirsi al dialogo col mondo moderno, sostituire l’anatema verso l’errore con la carità verso l’errante. Ri-conciliarsi, insomma, con tutto ciò che il “Sillabo” aveva definitivamente condannato: democrazia e scienza in primo luogo, fino al primato della coscienza per ogni fedele, e addirittura alla libera ricerca della verità storica su Gesù. Un analogo lasso di tempo è bastato al “Papa inquisitore” per disfare accuratamente quanto intrapreso dal “Papa buono”. La volontà di amicizia col mondo del pluralismo liberale e della ricerca empirica, ha lasciato il posto alla volontà di anatema e a un programmato “scontro di civiltà”. (…)
UNA SERIE DI FALLIMENTI E AUTOGOL Impresa anacronistica e dissennata, a prima vista. Autolesionista per la Chiesa, addirittura. In termini mondani, la cui misura è il successo, i primi anni di papato costituiscono infatti per l’ex cardinale dell’ex Sant’Uffizio uno sconcertante inanellarsi di fallimenti e autogol. Se non fosse per la deferenza al Romano Pontefice, cui anche i non credenti si sentono vincolati – fin troppo e troppo spesso – la sagoma di Don Chisciotte e del suo agitarsi contro i mulini a vento sarebbe stata rispolverata a go go, per definire l’overdose di filippiche rovesciata quotidianamente dal soglio di Pietro contro una società secolare in preda “allo smarrimento e alla confusione” (a un “‘deragliamento’ laicizzante della società nel suo complesso”, converrebbe a modo suo Habermas). Inarrestabile sembra infatti almeno la manifestazione più luccicante della secolarizzazione, la trionfante slavina dell’edonismo consumistico e sessuale, se sulla spianata di Tor Vergata, alla periferia di Roma, Anno (sancto) domini 2000, dopo aver entusiasticamente osannato la severa paternale del loro Wojtyla contro il sesso fuori del matrimonio, un milione di Papa-boys (and girls, evidentemente) lasciava alle pale degli operatori ecologici (vulgo netturbini) del mattino seguente un allegro mare di caucciù, in decine di migliaia di pezzi dalla inequivocabile conformazione cilindrica.
Torniamo al punto. In questo mondo globalizzato di mercificazione, compreso il prospero proliferare del bazaar del sacro, l’ex prefetto dell’ex Sant’Uffizio è riuscito nell’impresa cattolica (alla lettera: universale) di scontentare tutto lo scontentabile, di deludere tutti i possibili interlocutori, di frustrare i potenziali alleati, moltiplicando e coltivando le occasioni di isolamento, dissipando prestigio e credibilità internazionale. Solo alcuni accenni. (…) Il 2 febbraio 2009 Angela Merkel – il capo del partito confessionale al governo, non un’atea militante in preda a foia iconoclasta – è costretta a criticare il Papa tedesco con una durezza assolutamente irrituale: “Io auspico una chiarificazione piena della questione da parte del Papa e del Vaticano … non sono solita prendere posizione su questioni interne della Chiesa, ma questa è un’eccezione, perché siamo davanti a una questione fondamentale”. Il Papa ha infatti appena riabbracciato come fratelli nella fede gli adepti della Fraternità Sacerdotale San Pio X, fondata dal fu monsignor Lefebvre, tra i quali Richard Nelson Williamson, ordinato vescovo dallo stesso Lefebvre il 30 giugno 1988 e segnalatosi per le farneticanti dichiarazioni con cui negava lo sterminio degli ebrei nelle camere a gas e sosteneva l’autenticità dei “Protocolli dei Sa-
disabile). La bambina (altezza un metro e 33, peso 36 kg, denutrita) viene sottoposta ad aborto terapeutico (l’unico ammesso in Brasile), in quanto non avrebbe potuto sopportare la gravidanza gemellare: altissimo il rischio di morte per lei e per i due figli. Il vescovo di Olinda e Recife, mons. José Cardoso Sobrinho, a tambur battente scomunica con cattolica sollecitudine la bambina e l’intera équipe medica che ne ha evitata la morte. Nessuna scomunica per il patrigno stupratore, invece. Il vescovo Sobrinho spiega al El País che lo stupratore ha bensì “commesso un peccato gravissimo… ma più grave di questo sapete qual è? l’aborto” e dunque gli anni di stupro/incesto del patrigno e il crimine di bambina e medici non sono paragonabili, il secondo costituisce “un omicidio contro due vite innocenti” (il primo è solo un “peccato gravissimo”), tanto più imperdonabile e meritevole di scomunica in quanto l’aborto rappresenta “un olocausto silenzioso, che uccide ogni anno un milione di innocenti in Brasile e 50 milioni nel mondo. Un olocausto maggiore di quello dei sei milioni di ebrei”. “La scomunica è automatica”, aggiunge, “io non ho fatto che dichiararla”. E se la bambina fosse morta nel dare alla luce i gemelli?, chiede il giornalista. E José Cardoso Sobrinho, serafico: “Una donna medico italiana ha portato avanti la sua gravidanza pur sapendo i rischi che correva. È morta, ma si è fatta santa!”. Conferma e applaude uno dei “ministri” più vicini a Ratzinger, il cardinale Giovanni Battista Re, prefetto della Congregazione per i vescovi, ricordando come, “per il codice di Diritto canonico chi pratica o collabora direttamente all’aborto cade ipso facto nella scomunica”. Carità cristiana, insomma. Mons. Fisichella, sull’Osservatore Romano, cerca di correre ai ripari. Riconosce che la bambina “doveva essere in primo luogo difesa, abbracciata, accarezzata con dolcezza per farle sentire che eravamo tutti con lei”, “prima di pensare alla scomunica era necessario e urgente salvaguardare la sua vita innocente e riportarla a un livello di umanità di cui noi uomini di Chiesa dovremmo essere esperti annunciatori e maestri. Così non è stato e, purtroppo, ne risente la credibilità del nostro insegnamento che appare agli occhi di tanti come insensibile, incomprensibile e privo di misericordia”. Aggiunge, anzi, che “a causa della giovanissima età e delle condizioni di salute precarie la sua vita era in serio pericolo per la gravidanza in atto. Come agire in questi casi? Decisione ardua per il medico e per la stessa legge morale”. Ci si aspetterebbe, a rigor di logica, la condanna per l’avventata scomunica. E invece, “il Codice di diritto canonico usa l’espressione latae sententiae per indicare che la scomunica si attua appunto nel momento stesso
Il “Papa komeinista” è riuscito a disfare quanto intrapreso dal “Papa buono”. La volontà di amicizia col mondo del pluralismo liberale e della ricerca empirica, ha lasciato il posto alla volontà di anatema: l’anticipazione del testo in edicola da domani su MicroMega vi di Sion”. Il cancelliere ha bacchettato esplicitamente il Vicario di Cristo perché “i tentativi di chiarimento venuti finora dal Vaticano non sono sufficienti … a questo punto dipende dal Papa chiarire che non ci può essere una negazione dell’Olocausto”. E ha concluso elogiando con un perentorio “me ne rallegro” le proteste di fedeli e vescovi tedeschi contro la decisione del Vaticano. In un’intervista alla radio pubblica Südwestrundfunk il cardinale Karl Lehmann, ex presidente della Conferenza episcopale tedesca, aveva affermato che solo scuse “ad alto livello”, avrebbero potuto chiudere l’incidente, dopo aver definito “una catastrofe per i sopravvissuti dell’Olocausto” la decisione di Benedetto XVI di riammettere Williamson nel seno della Chiesa. (…) Le agenzie riferiscono, inorridite, la vicenda di una bambina brasiliana di 9 anni incinta di due gemelli a seguito dello stupro perpetrato dal patrigno, che peraltro ne abusava da tre anni (come della sorella
Joseph Ratzinger (Marktl am Inn, 16 aprile 1927) è salito al soglio di Pietro il 19 aprile 2005, dopo la morte di Giovanni Paolo II
in cui il fatto avviene” perché “la stessa collaborazione formale (ad un aborto) costituisce una colpa grave che, quando è realizzata, porta automaticamente al di fuori della comunità cristiana”. Ma allora aveva ragione l’ottimo vescovo Sobrinho, e il “ministro” di Ratzinger, cardinal Re, che lo ha prontamente difeso! La loro unica colpa è di aver proclamato alta e chiara, senza ipocrisie e infingimenti, quella che resta la Verità cattolica sull’argomento. E che monsignor Fisichella sta solo inzuccherando, di fronte all’ovvio orrore del mondo. Compresi non pochi cattolici. (…)
LA RESTAURAZIONE COSTANTINIANA Un filo rosso evidente lega questi episodi: l’ex cardinale dell’ex Sant’Uffizio vuole imporre al mondo la Verità della sua Chiesa, Cattolica Apostolica Romana, nell’intero orizzonte etico-politico. I suoi primi quattro anni di pontificato possono perciò riassumersi sotto le insegne di una Restaurazione costantiniana, che rovescia nell’espressione e nei fatti la stagione e la vocazione del Concilio Vaticano II. (…) Ratzinger ha scommesso sul fallimento del post illuminismo (liberale, socialista, democratico) che garantiva in nome della scienza e di una umanità
LA RIVISTA
DA TRAVAGLIO A LÉVI-STRAUSS I
l testo di cui pubblichiamo ampi stralci (circa un terzo) compare nel nuovo numero di MicroMega in edicola da domani. Esce contemporaneamente in Germania (Wagenbach Verlag) e in Spagna (Claves de razon practica) Nel numero di MicroMega anche un saggio di Marco Travaglio su Bersani (vera biografia “non autorizzata” su politica e affari del nuovo segretario del Pd), una storica intervista di Marco D’Eramo a Lévi-Strauss, Stephen Holmes sulla tortura e il nuovo corso di Obama, Mario Sarcinelli sul sacrificio di Giulio Ambrosoli, fatto assassinare da Sindona, Telmo Pievani sull’incredibile convegno creazionista voluto dal vicepresidente del Cnr, Alessandro Dal Lago sulle radici psicologiche e sociali del razzismo che monta in Italia, Ferruccio Pinotti sui rapporti tra Berlusconi Opus Dei e massoneria, Valerio Gigante su chi fa carriera e chi scende nelle gerarchie vaticane, e un saggio di Romanelli sui letterari di cui è pieno il Parlamento, dal poeta Bondi fino al romanziere Veltroni.
Giovedì 26 novembre 2009
I LEFEBVRIANi
TRA LORO IL VESCOVO RICHARD NELSON WILLIAMSON, SEGNALATOSI PER LE FARNETICANTI DICHIARAZIONI CON CUI NEGAVA LO STERMINIO DEGLI EBREI NELLE CAMERE A GAS: PER QUESTO LA MERKEL CRITICÒ IL PAPA RELATIVISMO
LO STRUMENTO È UNA INEDITA SANTA ALLEANZA TRA LE RELIGIONI, ACCOMPAGNATA DALL’ENTENTE CORDIALE CON GLI STATI DISPOSTI A PRATICARE UNA “LAICITÀ POSITIVA” A CONFRONTO
RATZINGER È LA VERITÀ DI WOJTYLA, L’ESSERE SENZA L’APPARIRE, IL COMPIMENTO E LA RADICALIZZAZIONE DELLA VOLONTÀ DI REVANCHE CONTRO IL GRANDE SATANA
Ratzinger ha capito tutte le debolezze del suo nemico. In apparenza la secolarizzazione ha trionfato. In realtà, se tracolla la speranza della giustizia nell’aldiqua viene meno il futuro stesso, e ritorna ovvio e prepotente il primato della Salvezza libera l’appagamento nell’aldiqua, la sicurezza e lo sviluppo per tutti e per ciascuno. Il Papa della Reconquista vede la grande chance per la Verità cattolica nell’impasse di una finitezza senza futuro, che concede a ogni “sapiens sapiens” solo l’hic et nunc del consumo immediato ed effimero, ma sottrae qualsiasi spessore di senso, qualsiasi radicamento di storia, qualsiasi identità collettiva di solidarietà. Si allungano le aspettative di vita, la medicina consente di prolungare il bios dei corpi organo per organo, ma si dilatano, anziché contrarsi, le paure legate alla nostra materialità: non solo la malattia, la sofferenza, e una morte che anche procrastinata sembrerà prematura, ma l’incubo dell’inadeguatezza, in una hybris asintotica di chirurgia estetica che non darà mai appagamento. (…) Nell’orizzonte niente affatto peregrino di quest’analisi può così diventare perfino seducente la formula a prima vista irricevibile che chiede ai non credenti di comportarsi, soprattutto nella vita
pubblica, “veluti si Deus daretur”. Ratzinger ha capito tutte le debolezze del suo nemico. In apparenza la secolarizzazione ha trionfato. In realtà, se tracolla la speranza della giustizia nell’aldiqua viene meno il futuro stesso, e ritorna ovvio e prepotente il primato della Salvezza (quale che sia). Finché c’è lotta c’è speranza, infatti, ma è vero anche il contrario, e poiché solo la lotta/speranza fornisce identità e senso, con l’estinguersi di ogni speranza/lotta si apre il vaso di Pandora delle identità surrogatorie alla speranza perduta. Sacre o profane che siano, ma quelle sacre possiedono il non trascurabile valore aggiunto dell’eternità. (…) Il progetto lucido e a suo modo realistico del Papa ha trovato fin dall’inizio la sua formula: porre fine alla dittatura del relativismo. Una crociata che deve perciò liberare il Santo sepolcro della scienza e democrazia, riportandole dentro l’orizzonte del progetto di Dio. Cioè del suo Vicario nell’aldiqua. (…) Il Papa teologo ha imparato la lezione dei filosofi
post-heideggeriani: nessuna negazione dei valori della modernità, ma la loro decostruzione fino a far dire l’opposto di quanto hanno sempre significato. Una logica degna della neo-lingua di Orwell e già prefigurata da Lewis Carrol in Attraverso lo specchio, capitolo sesto: “‘Quando io mi servo di una parola’ rispose con tono sprezzante Humpty Dumpty, ‘quella parola significa quello che piace a me, né più, né meno’. ‘Il problema è’ insisté Alice, ‘se lei può dare alle parole significati così differenti’. ‘Il problema è’ tagliò corto Humpty Dumpty: ‘Chi è il padrone?’”. Alice non disse nulla. E io non istituirò un parallelo tra la disinvoltura semantica di Ratzinger e quella di Berlusconi, perché sarebbe fin troppo facile addebitarlo a una ossessione tutta italiana. E’ però incontrovertibile che in entrambi i casi venerati vocaboli carichi di valore positivo (e di sacrifici e lotte per approssimarli), si pensi a “libertà”, vengono piegati a santificare una realtà opposta, di servitù, esclusivamente in grazia di un monopolio di potere. Il potere – catodico o dogmatico – è il messaggio. (…) Strumento principe di questa crociata contro il relativismo, una inedita santa alleanza tra le religioni, accompagnata dall’entente cordiale con gli Stati disposti a praticare una “laicità positiva”, o peggio. Chiave di volta di questo duplice schieramento, l’assunzione comune della legge naturale, in quanto razionale e iscritta ab ovo nel cuore degli uomini, dunque eterna, eguale e vera per tutti, di cui i diritti dell’uomo promulgati dall’Onu costituirebbero solo la trascrizione nel diritto positivo internazionale (e alla cui luce, dunque, andrebbero interpretati). In questo modo Ratzinger pretende di battere in breccia qualsiasi accusa di ipoteca confessionale o clericale. Non si tratterebbe infatti di valori particolari della morale cattolica ma caratteristici di ogni autentica morale umana. Sembra la riuscita quadratura del cerchio. Danno invece luogo ad antinomie, per fortuna. (…)
LA RAGIONE SOTTO IL GIOGO DELLA RIVELAZIONE Perché, “legge naturale”, d’accordo, ma poi ciascuno la decifra a suo modo. Neppure un secolo di guerre di religione aveva compromesso la comune morale sessuale, ad esempio. Più o meno rigorosi o lassisti, ma l’adulterio restava peccato mortale, per tutti. Oggi che il progresso della medicina ha dilatato a dismisura l’etica legata alle stagioni del corpo – nascita, sesso, morte – cosa sia morale è divenuto altamente problematico, e anzi indecidibile in termini di sentire comune. La “legge naturale” sarà anche iscritta nel cuore di tutti i “sapiens sapiens”, ma ciascuno ne ascolta i battiti a modo proprio, incompatibile con quello altrui, si
tratti di ricerca sulle staminali, aborto, contraccezione, eutanasia. Insomma, le due ali della strategia di Ratzinger hanno il piombo, proprio perché dietro l’accattivante ecumenismo umanistico ripropongono il vecchio soggiogamento della ragione sotto la giurisdizione della rivelazione, e del Papa di Roma che ne custodisce le chiavi ermeneutiche autorizzate. Il dovere di ottemperare ai “diritti dell’uomo” è solo l’ultimo travestimento del Sillabo, l’obbedienza della legge civile alla legge di Dio. Ad essere rigorosi, si chiama teocrazia. De Maistre in versione software, senza l’hardware dello Stato pontificio. (…) Sia chiaro, la volontà di una restaurazione teocratica, attraverso l’escamotage della “legge morale naturale”, era già missione evangelica per Wojtyla, di cui del resto Ratzinger è stato l’ideologo e il più stretto compagno d’arme. Con una differenza: che nell’immaginario collettivo, il reazionario Defensor fidei(nel senso della più occhiuta ortodossia) che pure Giovanni Paolo II era, scoloriva rispetto al peregrinante pastore che attraversa i continenti per annunciare la buona novella (e che contribuisce con forza epocale al crollo dei comunismi). E l’immagine conta: con Karol Wojtyla, primo autentico Papa catodico, l’immagine mediatica è divenuta sostanza del carisma pontificio, simbolo, nel più forte senso teologico. Si può perciò dire che Ratzinger è la verità di Wojtyla, l’essere senza l’apparire, il compimento e la radicalizzazione della volontà di revanche contro il grande Satana (per usare l’espressione di un anatema concorrente) della modernità illuminista, strategia che con il Papa polacco era già diventata stella polare di evangelizzazione. L’apparire però conta, abbiamo visto. Wojtyla viene sentito e vissuto come un atleta di Cristo, un combattente, un padre severo nel dogma ma più ancora un Ercole di “iustitia et pax”, che si prodiga senza risparmio da un capo all’altro del mondo. Contro questo sfondo di virile austerità assumono pesantissimo, ancorché morbido, rilievo le svenevoli attenzioni dell’arcigno teologo tedesco per estenuanti frivolezze estetiche, dagli elaborati e sontuosi berretti alle babbucce rosse a un segretario che sembra uscito da Beverly Hills, predilezioni poco adatte a suscitare entusiasmi di popolarità evangelica. Karl Rahner, un teologo che Ratzinger conosce benissimo e che fu tra i massimi protagonisti del Concilio Vaticano II, tentando una “interpretazione teologica fondamentale” di quell’evento definì il Concilio l’inizio di una terza epoca nella storia della cristianità, dopo quella ebraica delle origini, e dopo la seconda, “ellenizzante” e infine eurocentrica, che da Paolo (e comunque da Nicea) si era prolungata fino a Pacelli. Col Concilio doveva iniziare invece l’epoca della Chiesa mondiale, nel duplice senso di non più eurocentrica, ma anche di aperta al mondo, in ascolto amichevole della modernità. Così sembrò a una intera generazione di credenti, e qualcuno vide retrospettivamente, nell’esplodere di spiritualità rinnovata e di “comunità di base” che percorse il “popolo di Dio” alla chiusura del Concilio, una sorta di anticipazione cattolica del sessantotto. L’anti-illuminismo è invece rimasto il solo ecumenismo di cui sia capace il Papa che viene dal San’Uffizio. Un “ecumenismo” dell’odio per l’autos-nomos dell’uomo, che sostituisce e rovescia quello del Concilio Vaticano II, ma sotto pretesa di inverarlo, secondo la più classica prassi canonica o, se si preferisce, la più trita furbizia hegeliana. Riuscirà questo disegno? Fino a che punto e con quali costi per l’unità della Chiesa di Roma? Abbiamo visto punti di forza e di debolezza della strategia ratzingeriana della Reconquista. La sua forza principale risiede nella debolezza delle democrazie, nel tradimento che esse quotidianamente compiono rispetto alle promesse di “libertà, eguaglianza, fratellanza”, e di “diritto al perseguimento della felicità” con cui si sono presentate agli uomini del disincanto. Fino a che questo tradimento continuerà, fino a che non vinceranno partiti di democrazia conseguente, capaci di approssimare instancabilmente e asintoticamente quelle promesse, il Papa avrà dalla sua il monopolio della speranza incielata in Salvezza. Al tempo stesso, comunque, questa Salvezza declinata nei termini di una nuova eufonia di trono e altare, sullo spartito di una bioetica offensiva per le libertà individuali e umiliante per la laicità pubblica, se ancora non ha prodotto tra i non credenti il rigetto radicale che sarebbe necessario, sta trasformando in voragine, dentro la Chiesa, lo scollamento tra gerarchie e fedeli. Voragine per ora silenziosa, perché alle voci di dissenso è stata messa la mordacchia, ma voragine percepibile, che prende anche le vie dell’esodo verso altre religioni o altre religiosità, o quelle di un esilio interno, che evita lo scontro teologico e si rifugia nella pratica di un cristianesimo autentico, rispettoso del Vangelo e degli “ultimi”. Tutto questo è la “Chiesa del silenzio” del Terzo millennio. Il giorno che prenderà la parola, se mai la prenderà, e/o che l’irrinunciabile utopia democratica riprenderà la sua lotta, la Reconquista di Ratzinger si dissolverà, come all’alba i sogni e i vampiri.
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Giovedì 26 novembre 2009
DAL MONDO
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Nel paese di Barack la Grande depressione dei neri
ISRAELE
Stop parziale a insediamenti
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DISOCCUPAZIONE RECORD PER I GIOVANI AFROAMERICANI, PRIME VITTIME DELLA CRISI Barack Obama (FOTO ANSA) di V. Dion Haynes
l 24enne Delonta Briggs trascorre gran parte del tempo confinato nell’appartamento della madre, che si trova nella zona sud-ovest di Washington, con la tv che trasmette ininterrottamente soap operas. Delonta Briggs è un giovane nero, quindi fa parte del gruppo più duramente colpito dalla disoccupazione. Negli Usa la disoccupazione tra gli afroamericani di sesso maschile e di età compresa tra i 16 e i 24 anni ha toccato livelli da Grande Depressione (il 34,5% nel mese di ottobre, tre volte il dato della popolazione generale). Così la vita lavorativa di Delonta è costellata di lavoretti precari. Un anno fa ha perso il lavoro in un’impresa di traslochi e da allora non trova occupazione. In questo periodo di crisi la più significativa emorragia di posti di lavoro si è avuta nei settori dell’edilizia, dell’industria manifatturiera e della vendita al dettaglio. E nei momenti di dif-
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ficoltà economica i lavoratori che hanno l’età di Briggs sono gli ultimi a essere assunti e i primi a essere licenziati proprio in quanto i datori di lavoro, assillati dai costi, abbandonano i programmi di apprendistato e tirocinio che per generazioni hanno consentito ai giovani di entrare nel mondo del lavoro. Per i giovani neri la situazione è ancora peggiore. Secondo il Center for Labor Market Studies della Northeastern University, gli adolescenti bianchi provenienti da famiglie a basso reddito hanno addirittura maggiori probabilità di trovare lavoro degli adolescenti neri provenienti da famiglie ad alto reddito. Persino tra i neri che hanno frequentato il college il tasso di disoccupazione è doppio rispetto ai loro coetanei. Tra le giovani nere il tasso di disoccupazione è del 26,5% rispetto al 15,4% di tutte le giovani donne di età compresa tra i 16 e i 24 anni. L’amministrazione Obama si trova su una fune sospesa sul vuoto nel tentativo funambolico di conciliare il desi-
derio di investire miliardi di dollari per creare posti di lavoro con la necessità di non aggravare il debito pubblico che ha toccato i 1.400 miliardi di dollari. “L’esplosione dell’economia sommersa, le attività criminali, la crescente povertà, il fenomeno dei senzatetto e delle adolescenti in stato di gravidanza sono le cose che più temo se la disoccupazione si manterrà a questi livelli per molti anni”, dice Algernon Austin, sociologo e direttore del programma “razza ed etnie” presso l’Economic Policy Institute che studia le problematiche dei lavoratori dipendenti a medio e basso reddito. “Pensavo che al termine del tirocinio avrei lavorato. Ho avuto solo tre lavoretti tramite il sindacato e uno solo è durato più di una settimana”, dice Briggs, seduto nella minuscola sala da pranzo dell’appartamento materno. “Vogliono costringerti e trovare altri modi di fare qualche dollaro… È per la mancanza di lavoro che tanta getta si mette nei guai e fa cose che non dovrebbe fare”. “Datemi l’oppor-
tunità di dimostrare che sono in grado di lavorare. Datemi solo l’opportunita’”, aggiunge Spriggs che è in libertà condizionale per possesso di droga. “Non voglio abbattermi. Ma il mio problema è che non ho pazienza”. Il terremoto economico ha colpito tutti i gruppi etnici e razziali, i ceti economici, i gruppi di età, gli operai e gli impiegati. Ma a subire il prezzo più pesante sono stati i giovani tra i 16 e i 24, tra i quali il tasso di disoccupazione è del 19,1%, circa 9 punti in più del tasso di disoccupazione generale. In ottobre il loro tasso di occupazione era del 44,9%, il più basso degli ultimi 61 anni stando al Bureau of Labor Statistics. Secondo il Center for Labor Market Studies, il tasso di occupazione dei giovani 20enni e 30enni è il più basso dalla Grande Depressione. Quella attuale potrebbe essere la prima generazione non in grado di mantenere il livello di vita dei genitori. Molte sono le probabilità che gli adolescenti disoccupati diventino ventenni
disoccupati. Lisa B. Kahn, professoressa di economia all’università di Yale è giunta alla conclusione che i giovani che entrano nel mondo del lavoro in un periodo di recessione iniziano con uno stipendio più basso e non recuperano il terreno perduto per almeno un decennio: “Il primo lavoro serve per accumulare capacità ed esperienze, per imparare e formarsi. Chi si laurea in un periodo di recessione economica non ha queste possibilità”. Studi sul modo in cui i datori di lavoro valutano le domande dei bianchi e dei neri inducono a ritenere che anche la discriminazione svolge un ruolo significativo. “I neri hanno, a parità di qualificazioni professionali, meno probabilità dei bianchi di essere richiamati o di ricevere una offerta di lavoro”, dice Devah Pager, professoressa di sociologia alla Princeton University. Copyright Washington Post / Distribuzione Adnkrons - Traduzione di Carlo Antonio Biscotto
sraele ha annunciato, per rilanciare i negoziati di pace con i palestinesi, di congelare per 10 mesi in Cisgiordania, ma non a Gerusalemme est, i progetti edilizi ebraici. L’Autorità nazionale palestinese (Anp) ha risposto negativamente, ritenendo insufficiente l’iniziativa.
CAMBOGIA
40 anni di carcere al compagno Duc
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l procuratore del tribunale cambogiano sotto egida Onu ha richiesto 40 anni di carcere per l’ex aguzzino del carcere di Tuol Sleng, “il compagno Duch”, che s’è detto colpevole; se condannato, diverebbe il primo Khmer rosso riconosciuto responsabile d’un ruolo nel genocidio di 1,7 milioni di persone; nella prigione S-21 ne morirono 15mila.
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DAL MONDO
Berlusconi: ok Obama SÌ AI RINFORZI IN AFGHANISTAN di Stefano Citati
sopita d’accuse reciproche sul ruolo dei rispettivi servizi segreti, accompagnate dalle tardive e parziali ammissioni di Islamabad di possibili legami coi terroristi del Punjab pachistano. E poi la confessione, dopo mesi di reclusione, da parte dell’unico arrestato, Ajmal Amir Kasab (gli altri sono morti o scomparsi), circa l’appartenenza al gruppo Lashkar-e-Taiba (finanziato da Brescia, ipotizzano ora gli inquirenti italiani). Ma tra le tante anomalie l’elemento più oscuro è nell’elenco delle vittime: il bersaglio più illustre è stato il capo dell'antiterrorismo Hemant Karkare, che stava indagando su precedenti attentati portati per gettare discredito ai musulmani, scoprendo invece la mano degli induisti, coperti da uomini della destra e della polizia. Nulla è cambiato da allora ai vertici indiani, con la destra che ha riperso le elezioni mentre il centrosinistra ha continuato a stringere accordi nucleari con gli Usa, a testare missili a lunga gittata, a combattere la più maggiore minaccia interna (non l’Islam ma i guerriglieri maoisti), a rivaleggiare col Pakistan sul Kashmir e sul controllo militare ed economico delle rotte afgane. (A.C.)
L’ANNIVERSARIO DI MUMBAI
on resteremo in Afghanistan 8 o 9 anni, dicono dall’Amministrazione Obama nel giorno nel quale la Casa Bianca lancia l’appello agli alleati per contribuire al rafforzamento del contingente che dovrebbe “finire il lavoro” e sconfiggere, stavolta definitivamente, i Taliban. E gli alleati rispondono presente, a iniziare da Berlusconi. Addolcendo la pillola da far digerire al fronte interno, il presidente Usa sostiene che per completare l’opera iniziata nell’autunno di 8 anni fa servono più uomini; solo così si può mettere la parola fine al caos afgano e richiamare i ragazzi back home con i ringraziamenti per la missione compiuta. L’orizzonte temporale di 8-9 anni coincide con la fine del secondo (eventuale) mandato di Obama che invece spera che il lavoro possa andare a buon fine entro il 2012 per “vendere” il ritiro dall’Afghanistan alle prossime elezioni. Ma per questo ha bisogno degli alleati, di resuscitare almeno in parte la “colazione di volenterosi” di bushiana memoria che fornisca uomini e dia una mano sul campo. Tra i primi a rispondere all’appello Berlusconi - in una cordiale telefonata con Obama - che presumibilmente garantirà la disponibilità all’invio di alcune centinaia di militari (su un totale di circa 7.000 extra Usa che verranno richiesti, sul totale di circa 35.000 dell’opzione massima prevista dal Pentagono). L’annuncio ufficiale Obama lo farà il 1° dicembre, ovvero dopo Thanksgiving, il giorno del Ringraziamento che riunisce oggi tutte le famiglie americane. In Italia invece, da oggi, sarà polemica politica.
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TRE GIORNI DI SANGUE E UN MISTERO LUNGO UN ANNO
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passato esattamente un anno, ma i tre giorni di terrore di Mumbai continuano a pesare sull’intero subcontinente indiano. Tra i 173 morti e gli oltre 300 feriti c’erano molti stranieri; il bersaglio era multiplo: l’aeroporto Chatrapati Shivaji, il centro culturale ebraico Nariman House, il frequentatissimo Leopold Café, il popolare Metro Cinema, gli hotel di lusso Oberoi Trident e Taj Mahal Palace&Tower. Tutti siti di citazioni letterarie, di affari internazionali, di racconti di viaggio, che parlavano e parlano a noi, un po’ come le Torri Gemelle. L’orrore richiamò stampa e tv di tutto il mondo, ma le risposte ai perché non ci sono ancora. La matrice fu subito rivelata, attraverso la rivendicazione via mail dei “Mujahiddeen del Deccan”, misteriosa sigla mai udita né prima né dopo. Poi arrivò una foto, l’unico ritratto di un attentatore: un volto giovanissimo, un braccialetto arancione, segno distintivo degli estremisti indù. E subito LE VOCI DELL’11/9 una smentita ufficiale: l’India, gli indiani e gli “LA CASA BIANCA indù non c’entrano nulla, È IN FIAMME” e men che meno il I messaggi concitati in un Deccan, l’altopiano del incredibile caos: “La casa centro-sud del paese. Bianca, bombardata, è in fiamme”, L’email sarebbe giunta “un aereo della è stato sequestrato senza alcuna attendibilità mentre era in rotta verso San da qualche remoto Francisco”. Questo il racconto del computer in Russia, e gli 11 settembre 2001 come emerge aggressori sarebbero da documenti riservati con le stati tutti stranieri, trascrizioni dei messaggi provenienti dal paese scambiati in quelle ore tra il nemico per eccellenza, il Pentagono e la polizia di New Pakistan. Da lì il via a York. Finora l'attacco alle Torri un’escalation ancora non Gemelle era stato raccontato con video, con le parole dei testimoni, e le registrazioni audio dei piloti terrorizzati. Adesso, un altro tassello si aggiunge al racconto di quel giorno storico. A pubblicarlo su Internet il sito Wikileaks che come obbiettivo quello di far trapelare (leak, appunto) informazioni riservate (wiki: what
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Militari italiani in Afghanistan. Sotto, il premier somalo (FOTO ANSA)
Gli Shaabab somali i nuovi Taliban di Emanuele Piano
apidazioni, amputazioni e fuLdi guardare stigazioni pubbliche. Divieto film, andare al cinema e avere sul cellulare suonerie occidentali. I nuovi Taliban abitano in Somalia. Nel centro-sud del Paese africano, dal dicembre del 1990 in guerra con sé stesso, gli Shabaab – letteralmente “la gioventù” – controllano larghe porzioni del territorio imponendo una versione radicale della Sharia, la legge coranica. L’ultima vittima dell’estremismo è stata Abas Hussein Abdirahman, lapidato l’11 novembre davanti a 300 spettatori a Merca. Abdirahman, terza vittima delle pietre nell’ultimo anno, ha confessato un adulterio. La ragazza che attende suo figlio – le organizzazioni umanitarie parlano di stupro – sarà in vita fino a quando non darà luce al bambino. Eppure, nessuno si mobilita davanti alla barbarie. Gli Shabaab sono il frutto avvelenato della lunga guerra civile. La caduta di Siad Barre nel 1991 ha lasciato un vuoto che signori della guerra, capi clan e estremisti di ogni genere non sono riusciti a colmare. Un debole governo transitorio siede a Mogadiscio senza però muovere un passo se non con la protezione del contingente africano dell’Onu, l’Amisom. È in questo vuoto che sono na-
ti gli Shabaab, prima come braccio armato delle Corti islamiche che presero Mogadiscio nel 2006 prima di essere sconfitte dall’Etiopia, poi come gruppo affiliato ad Al Qaeda e iscritto nelle liste nere del terrorismo internazionale. Il suo fondatore è una vecchia conoscenza del fondamentalismo islamico, lo sceicco Hassan Dahir Aweys. Aweys ha guidato nel 1996 il primo gruppo qaedista somalo, Al Ittihad al Islami, per poi fondare nel 2004 gli Shabaab. Il suo protetto, il giovane jihadista addestrato in Afghanistan Aden Hashi Ayro, è stato ucciso da un drone americano il 1° maggio 2008. Oggi Aweys combatte gli Shabaab con la sua nuova formazione, Hizbul Islam, più che per motivi religiosi, per i ricchi proventi del porto di Chisimaio. In questi giorni le due formazioni stanno parlando per cercare di risolvere i dissidi che nelle ultime settimane hanno preso forma di guerra aperta. Sullo sfondo i campi di addestramento di Ras Kiamboni, estremo sud della Somalia, dove sarebbero accorsi combattenti stranieri e somali della diaspora (negli Usa la Fbi ha aperto un’indagine) e oggetto di raid americani. È in questa zona che è stato ucciso – sempre da un aereo senza pilota – uno degli attentatori alle am-
basciate Usa in Kenya e Tanzania (oltre duecento i morti), Saleh Ali Saleh Nabhan, il 15 settembre. Nabhan era stato ospitato a Mogadiscio da Sheikh Hassan Dahir Aweys. Lo scontro fra le due formazioni estremistiche non inficia la loro unità di intenti quando si tratta di combattere contro il governo transitorio. Poco importa che la comunità internazionale – Italia in prima fila –
abbia installato al potere l’islamico “moderato” Sheikh Sharif Sheikh Ahmed. Ahmed, in passato presidente delle Corti islamiche poi entrato in rotta con Aweys, non ha avuto alcun effetto positivo sugli estremisti. L’unica risposta che sembra arrivare dalla popolazione è il nuovo movimento Alhu Sunna Waljama’a, espressione del tradizionale islamismo somalo sunnita e sufi.
I know is, ma anche, come wikipedia, raccolte dagli utenti). I messaggi pubblicati sono 573mila, tutti trasmessi l'11 settembre. Tra questi si legge “un elicottero dell'esercito Usa ha fatto un giro intorno al palazzo e poi si è schiantato vicino al Pentagono. Non è chiaro sia la Casa Bianca o il Pentagono”. “Non lasciate l'edificio. Una delle torri è appena collassata. Per favore state attenti”. Anche messaggi d'amore: “Amore, volevo dirti quanto ti amo. Non ti voglio perdere proprio adesso che sei tornata da me. Se tutto per me” e di disperazione: “Ero nel mio appartamento di fronte alle torri. Ero dentro quando sono collassate. Sono ancora qua. Non so dove andare”. I messaggi rimarrano online soltanto 24 ore. E la loro pubblicazione rimane un mistero: documenti tanto sensibili dovevano rimanere tecnicamente inacessibili. (fed. mel.)
Stanchi delle vessazioni, degli oltraggi alle tombe degli sheikh della tradizione e della violenza (spesso ormai anche suicida) nel nome dell’Islam, i chierici somali stanno muovendo guerra agli Shabaab nel centro del Paese. Difficile dire se avranno successo. Quello che è certo è che senza uno Stato, la Somalia continuerà a essere una fucina di estremisti.
IL PREMIER
“INVECE DI COMBATTERE I PIRATI, DATE I SOLDI ALLO STATO” mar Abdirashid Ali Sharmarke è, dal febOderale braio scorso, il premier del governo fetransitorio somalo. Figlio del primo premier della Somalia, assassinato in un attentato nel 1969, è cresciuto in Canada ed ha lavorato per l’Onu in Sierra Leone, Darfur e Sri Lanka. Oggi ha l’onere di riportare la Somalia nel novero delle nazioni del mondo. Vent’anni di guerra civile cronica in caso hanno trasformato la Somalia? È una situazione molto triste per tutti noi. La comunità internazionale in questi anni si è concentrata sulla questione della sicurezza senza guardare alle radici del conflitto: la povertà. Le armi, le munizioni e le uniformi non ti danno da mangiare. Nessuno si è curato di andare al nocciolo del problema che è quello della presenza di una massa di giovani disoccupati e senza opportunità. È stato così anche in altri conflitti e sarebbe lo stesso an-
che in Italia se milioni di ragazzi non avessero prospettive. Il governo sta cercando di cambiare il punto di vista della comunità internazionale per cercare di farla guardare oltre il terrorismo e la pirateria. La Somalia è un Paese che deve essere ricostruito e dove gli standard di vita devono migliorare attraverso il sostegno ai settori economici. Perché si guarda sempre e solo al terrorismo o alla pirateria? Perché è qui che si toccano gli interessi occidentali. Il mondo però continua a reagire nei confronti del terrorismo o della pirateria senza tentare di prevenire il fenomeno. Invece di spendere milioni di dollari per cercare di arginare i pirati o nel pagare 100 milioni di riscatti, bastava investire 40 milioni di dollari in progetti ittici a favore delle popolazioni costiere somale. Continueremo ad assistere a fenomeni di terrorismo e pi-
rateria sino a quando non si affronteranno le radici del problema. Senza un’azione concertata della comunità internazionale i sintomi del male rimarranno all'infinito. Come intendete vincere “i cuori e le menti” dei somali anche condizionati dai nuovi movimenti islamici? A Londra e Bruxelles ho presentato un piano per cercare di risolvere la questione del terrorismo e della pirateria attraverso programmi economici. Piccoli interventi di sostegno e riattivazione dei servizi sociali in quei territori che si considerano sotto controllo degli Shaabab. Per gli estremisti è facile dire di avere il controllo d’un territorio: gli bastano bande di ragazzini armati che uccidono e razziano. Per un governo, invece, per avere il sostegno della popolazione servono servizi, sicurezza e attività economiche, altrimenti non esistiamo. (E.P.)
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SECONDOTEMPO SPETTACOLI,SPORT,IDEE in & out
L’ANTICIPAZIONE
Gian Antonio Stella e l’Italia dell’odio
Nozze Penélope Cruz si sposa con Javier Bardem a dicembre
LA CROCIATA CONTRO IL DIVERSO Il presente letto attraverso le lenti del passato, il difficile rapporto con l’altro esaminato assecondando il ritmo lugubre dell’odio e del determinismo razziale, cosa siamo diventati e cosa siamo destinati ad essere, in questo presente senza luce, aggredito dai fantasmi di un’epoca lontana. Gian Antonio Stella alle prese con la lugubre contemporaneità, in un libro (Negri, froci, giudei & co., Rizzoli, 331 pagg., 19,50 euro) amaro, istruttivo, feroce e profondamente radicato nelle viscere più nascoste dell’Italia odierna. di Gian Antonio Stella
A
i tedeschi “viene (...) servita una buona zuppa, un pasto abbondante che divorano con un’ingordigia teutonica che fa pensare che questa razza sia ancora affamata quando ha la pancia piena. (...) Il nostro odorato francese è molto influenzato dall’odore particolare delle stanze d’ospedale occupate dai crucchi: un odore acre e tenace di cavolo e di sudore acido, caratteristico e diverso (...) Il tedesco, che non ha sviluppato il controllo dei propri impulsi istintivi, non padroneggia nemmeno le proprie reazioni vasomotriche. Così si avvicina alle specie animali in cui la paura o la collera hanno l’effetto di provocare l’attività esagerata delle ghiandole a secrezione olfattiva. (Edgar Bérillon, “La bromidrose fétide de la race allemande”, 1915.) Manuale elettrico per invertire gli invertiti Terapia dell’Avversione è il nome affibbiato a non meno di sei diver-
si sistemi per tentare di rendere un maschio “avverso” ai partner maschi. La maggior parte di tali tecniche comporta l’esibizione di una foto di un maschio nudo a un uomo nel momento in cui gli viene somministrata una scossa elettrica, o un attimo prima che gli siano provocati convulsioni o vomito indotti da medicinali. Sebbene la maggior parte di tali procedimenti sia stata eseguita in istituti dal nome rispettabile sia in Gran Bretagna che negli Stati Uniti, essi sono oggetto di imbarazzo professionale e derisione. Di solito essi comportano per il paziente un certo numero di scosse (almeno una al giorno) finché egli non dice di essere “guarito”, spesso a un medico il quale in quel momento è pronto a prescrivere un’altra puntura o un’altra scossa nel caso il paziente dicesse di non essere guarito. Una variante di questa tecnica consiste nel mettere il paziente in una stanza buia, con le istruzioni di masturbarsi fino a raggiungere l’orgasmo e in quel momento gridare “Pronto”, al che il dottore gira un interruttore che fa illuminare una foto di una “stupenda ragazza”. In un esempio particolarmente divertente, riferito da una clinica italiana, il paziente viene sottoposto a diverse settimane di duro trattamento, dopo di che viene portato a sedersi a una scrivania al di là della quale un vecchio dottore con una lunga barba passa a mostrargli delle foto nude di “bellissimi maschi”. A metà dell’esibizione il dottore allunga la mano sotto la scrivania e tasta il pene del paziente per controllare se si sta irrigidendo. Evidentemente ciò non è accaduto: il medico riferisce di aver ottenuto il cento per cento delle guarigioni. (C.A. Tripp, psicologo e ricercatore a New York che fu anche collaboratore di Alfred Kinsey, in Paolo Pedote e Giuseppe Lo Presti, “Omofobia”, 2003.) Parassiti generati da mulatti incestuosi L’ebreo nacque nell’Asia anteriore. Nei secoli passati l’Asia anteriore era la Borsa del mondo. Lì si incontravano i tre continenti:
Tarantino Hallyday rivela: “Quentin scrive un film per me”
Polanski Il regista scarcerato con una cauzione milionaria
Tardelli Alla fine perdona Henry e se la prende con Domenech xxxxxxxxx xxxx (FOTO)
Africa, Asia ed Europa. Era la via più breve dove il negro portava il suo avorio, l’europeo la sua ambra, gli asiatici le loro spezie. Lì scambiavano i loro prodotti e si mescolavano fra di loro. Nacquero i mulatti da neri e bianchi, poi arrivarono i popoli delle montagne del Caucaso e cacciarono questa palude di razze nel deserto arabico. In questo deserto erano ermeticamente isolati da tutti. Erano come in un grande ghetto. In questo ghetto questi mulatti non potevano che praticare rapporti incestuosi. Così questi meticci, di razze e di specie diverse, praticarono l’incesto dal quale nacque il parassita. Un parassita è un meticcio più sviluppato, un meticcio di razze e specie diverse fra di loro, prodotto dall’incesto. Così l’ebreo non è né una razza a parte, né un meticcio, l’ebreo è un parassita. (...) Sono gli ebrei completamente parassitari (...) devono bere direttamente il sangue dal quale sono venuti. L’omicidio rituale non è una fiaba; con quanto detto si è data la dimostrazione scientifica dell’omicidio rituale. (Robert Ley, capo del Fronte del lavoro nazista, impiccatosi in cella prima dell’inizio del processo di Norimberga del 1945, Enzo Collotti, “Nazismo e società tedesca”, 1982) *** Ma che bell’ornitorinco, quel negro! Il cranio dell’europeo si distingue per una stupenda armonia delle forme: esso non è troppo lungo, né troppo rotondo, né
troppo appuntito o piramidale. Nella sua fronte, piana, vasta, eretta sull viso, si legge a chiare note la forza e il predominio del pensiero: gli zigomi, o pomelli del viso non sono troppo distanti, e la mascella non sporge molto all’infuori: onde è ch’esso s’intitola ortognato. Invece il cranio del mongolo è rotondo, pure piramidale, coi pomelli del viso molto distanti tra di loro, onde è detto eurignato; a questi caratteri s’associano la scarsezza della barba e dei capelli, l’obliquità degli occhi e la pelle più o meno gialla, od olivigna. (...) Ma l’ottentotto forma una varietà ancor più singolare della razza umana. L’ottentotto è, si può dire, l’ornitorinco dell’umanità, perché riunisce insieme le forme più disparate delle razze negre e gialle ad alcune tutte sue proprie, le quali egli ha comuni con pochi animali, che brulicano vicino a lui. Al muso sporgente del negro mescola il muso allargato del cinese. I suoi denti incisivi sono forgiati a modo di incudine. L’ulna,
L’autore DAL LICEO “PIGAFETTA” ALLA METROPOLI Gian Antonio Stella è nato ad Asolo, in Veneto, nel marzo del 1953. Dopo aver lavorato per anni alla redazione romana de Il Corriere della Sera, è diventato inviato, firmando importanti reportage dal nord-est. Il libro scritto a quattro mani con il collega Sergio Rizzo “La Casta”, sui vizi della classe politica italiana, è stato il caso editoriale del 2007. Ha scritto quindici libri.
che è un osso dell’antibraccio, conserva, come in alcuni animali, quel foro, detto foro olecranico, che presenta il nostro feto. Le ossa delle dita del piede sono disposte a gradi, come le cannucce di una zampogna. Le apofisi spinose delle vertebre cervicali mancano della solita biforcazione. I capelli sono inseriti tutt’intorno alla testa, ed escono a fascetti, a gruppi, fuori dei tegumenti come i pennelli di una scopetta da panni, cosicché un barbiere che radesse per bene un boschimano, si troverebbe dinanzi una testa marezzata qua e là come una tavola di mogano, sparsa di grani di pepe. (Cesare Lombroso, “L’uomo bianco e l’uomo di colore. Letture sull’origine e la varietà delle razze umane”, I e II, 1871.) Che strani i giudei: hanno sei dita! Ero in quinta ginnasiale. Avevo come compagna di banco una brava figliola. Questa ragazza un giorno ha detto qualcosa che mi sembrava... Allora le ho detto: “Ma guarda che anch’io sono ebrea”. E lei mi dice: “Non è vero”.“Se te lo dico io!” “Non è vero, perché gli ebrei hanno sei dita”. Adesso fa ridere, ma è così. La mia amica Carla mi ha detto che una donna che conosceva, a Torino, era terrorizzata durante la gravidanza perché temeva che il bambino nascesse con sei dita. (Anna Colombo, “Gli ebrei hanno sei dita”, 2005.) Cerchi Little Italy? Segui la puzza d’aglio Little Italy: ci siete mai stati? Se no,
vale veramente la pena andarci, perché (...) non c’è luogo più pittoresco in città. Può essere individuato immediatamente sulla cartina per il suo debole odore di aglio che pervade ogni cantuccio e ogni fessura, (...) parte essenziale della colonia. Perfino la fresca brezza del mare non può soffiarlo via, perché nelle migliaia di cucine italiane altrettante pentole piene del famoso pomodoro (...) spandono colonne di fumo odorante aglio e le cipolle sono come mele per le centinaia di piccoli Baccigalupi e Garibaldi che giocano. (“San Francisco Chronicle”, 6 luglio 1902.) La mamma dei negri resta incinta per anni Di particolare importanza sono poi gli esempi dell’influenza dello stato d’animo o di una data immagine della madre sul figlio che essa darà alla luce e che ne recherà le tracce. Il caso-limite, in proposito, è costituito dalla cosiddetta telegenesi. Una donna, i cui rapporti sessuali con un uomo di colore sono cessati da anni, può dare alla luce un figlio di colore nella sua unione con un uomo, come lei, di razza bianca: qui una idea confittasi in condizioni speciali nella subcoscienza della madre in forma di un “complesso”, anche dopo anni ha agito formativamente sulla nascita. Se tutto ciò ha una possibilità reale, può benissimo pensarsi ad un ripetersi di un processo simile in sede collettiva.(Julius Evola, “Sintesi di dottrina della razza”, 1941.)
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SECONDO TEMPO
IL CASO GUAR DIOLA
EFFETTO CANTERA
Con sette giocatori cresciuti nel vivaio il Barcellona umilia l’Inter dei miliardi di Malcom Pagani
egli occhi di Pep abita il ragazzo che c’è stato e l’uomo che verrà. “Basta che tu sia felice”. Joseph sa come si fa e lo ripete come un mantra. Crescere è un’illusione. Nella Cantera del Barcellona, come in un campus senza età, aspettando il turno per telefonare a casa-le notti in bianco giocando a solitario con la nostalgia-Guardiola capì che l’unica cosa importante è credere in se stessi. Così l’altroieri, davanti all’allenatore che insieme con Van Gaal ne accudì il tramonto davanti a centomila persone, Pep ha rivisitato una delle leggi della matematica. Cambiando l’ordine degli addendi il risultato non muta. Si assentano Messi e Ibrahimovic? nema problema. Ecco spuntare Pedro, classe ‘87 uno dei sette giocatori provenienti dal vivaio in campo davanti all’Inter. Due a zero, per quanto conti. La cantera, la cava, il laboratorio collodiano in cui plasmare caratteri consapevoli del privilegio di far parte di un’enclave. Senza scivolare nello sciovinismo, vedere gli undici stranieri interisti, trottare senza logica al centro del campo, non poteva non far pensare agli investimenti di Moratti, al suo inseguire il nome in luogo della progettualità, alla costante caduta nel vuoto, non appena al posto dell’italiano, i fonemi sono stranieri quasi come la vittoria in Champions. All’Inter manca da oltre 40 anni e assieme alla decadenza del nostro calcio, il dato vale più di una condanna. Victor Valdés, Xavi, Puyol, Busquets, Iniesta, Bojan, Pedro. Sette su undici. Lo scrigno sotto il cuscino, il tesoro che si rigenera, la pietra filosofale. Basta avvicinarsi. Ogni cosa è illuminata. Educati alla scuola che fu di Pep. Come lui, oltre lui. Il tredicenne Guardiola ammirava estatico soffitti e orizzonte. Strappato dal suo paesino, comunicava lo stupore della recluta a sua madre: “Mamma dalle finestre della camera, vedo il Camp Nou” e quella, prima di essere stretta all’angolo dalla ma-
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La festa del gruppo di Guardiola dopo la conquista della Champions League (FOTO ANSA)
linconia, declamava un manifesto libertario: “Basta che ti piaccia, Pep”. D’altronde, l’universo del Barça gira al contrario. Lo sponsor? Mai avuto. Da due anni, per non sembrare snob ed esserlo davvero, si paga caro per avere la scritta Unicef sulle maglie. Un’armonia universalista che ruota attorno alla polisportiva. Pallamano, hockey, pallacanestro, rugby. Centosessantatremila soci proprietari, il senso profondo di una comunità racchiuso in due colori, il denaro come mezzo per progredire, senza vizi, perché il futuro si conserva con una saggia amministrazione del presente e se si deve investire, meglio farlo su chi ne ha più bisogno. Leo Messi, ad esempio. Alla sua non altezza, alle sue ossa riottose allo sviluppo, il Barça ha dedicato tempo e assegni. Scommessa ripagata. Cinquantamila euro per il cartellino e molti altri, impiegati tra ortopedici e logopedisti. Con gli interessi dovuti a chi ha saputo superare il rischio del fallimento. Per sorri-
Seimila euro, tariffa base. Duemila se il telefono di casa squilla a vuoto dopo la mezzanotte, 500 per chi in ritiro si rotola nelle coltri e non arriva in orario per la colazione collettiva. Il dilatato tempo postprandiale, da dedicare al sonno. Pep dorme. Non si discute. Canfora e scarpini dopo le cinque, prima se la si possiede, il consiglio di coltivare l’interiorità. In panchina, Pep guarda il mondo a testa alta. Ogni cosa gli balla intorno senza spostarne convinzione e fiducia. Non c’è improvvisazione perché il gol che viene dalla strada e dall’autodidattismo, può risolvere una domenica ma alla fine non trascina al trionfo. Niente divismi, nessuna bizza tollerata, men che mai indispensabili moloch di cui come è noto, sono pieni i cimiteri. Soldati, piuttosto. Capaci di divertirsi senza dimenticare la coesione. Così Eto’o, che pure con Joseph aveva segnato più di trenta gol, marcando a fuoco la finale romana contro il Manchester, è stato lasciato emigrare senza rimpianti. Parolacce durante il training, dolce invito di Pep ad andarsi a cambiare e a fine stagione, addio senza stretta di mano. Chi lo descrive come serioso manager di se stesso, non coglie nel segno. Nelle cene di gruppo, offerte come stimolo e momento di condivisione fuori dall’ossessione del recinto verde, Joseph ride e versa il vino. Guardiola è un intellettuale prestato al calcio, capace con il suo migliore amico, Miguel Martì, ammalato di sclerosi multipla e tifoso del Barcellona (“posseduto” lo definisce Joseph), di passare ore a scambiare gesti disegnando arabeschi disegnati nell’aria. Quando c’è sintonia, non c’è bisogno di parlare. Bastano gli sguardi, perché il teatro è vita e una partita di pallone, solo la riproposizione di qualcosa che Pep conosce a fondo. Il suo scrittore preferito è José Luis Sampe-
I titoli dei giornali spagnoli sono emblematici: “Italia distrutta”. Moratti mastica amaro e teme per la Champions dere, c’è bisogno di faticare. Durante l’era Rijkaard, Edmilson, il brasiliano lezioso ora al Villareal, spiegò esaurientemente l’andazzo: “L’allenamento era diventato l’ultima cosa che ci interessava. Ognuno di noi faceva il meno possibile, con la massima fretta perché poi doveva correre in tv per un’ospitata, un servizio fotografico, una qualsiasi marchetta”: Così con Pep, le cose sono cambiate. Se plani con un minuto di ritardo all’allenamento, inizi a considerare il peso della responsabilità.
dro, tra gli americani apprezza Truman Capote. Ci vuole sangue freddo per essere a neanche quarant’anni, tecnico per caso, oscuro oggetto del desiderio e maestro ammirato e (invidiato) da torme di allenatori che vorrebbero essere al suo posto, come in un film di Woody Allen, tra tapas, musei e scenari mediterranei: “Perché ama tanto la cultura catalana?”. “Mi sono innamorato a quattordici anni di Gaudì, e una cosa tira l’altra”. Dall’Italia ha portato De Gregori. Lo ascolta, lo imita. I colleghi spagnoli non sentono e non vedono, ma parlano raccontando la versione di Joseph. “Il calcio è una cosa semplice. Se si complica con schemi e inutili sovrastrutture diventa peggiore”. Pep gioca a golf, divide il pane con Cristina, la ragazza conosciuta a 18 anni e i tre figli, va in libreria “aiuto l’industria editoriale”, mette sul comodino i tomi e accumula. Se Romario dice che leggere gli dà il mal di testa, e Luis Enrique, lo spagnolo in cui in un giorno afoso del ‘94, Tassotti spaccò il naso, divora libri, Guardiola si rilassa con silenzio, poesia, cinema e pallone. Prima, naturalmente c’è il calcio. Ne parlerebbe per ore, come faceva col suo primo mentore, Cruijff, che dopo la prima gara gli offrì un franco benvenuto: “Complimenti Joseph, sembravi più lento di mia nonna”. Poi, insieme, vinsero tutto. Nel primo anno da coach, Pep si presentò in panchina con la sola forza del suo passato. Lo adoravano. Salutò il Camp Nou a 30 anni, nel 2001, certo di poter tornare un giorno. Centomila abbracci, le canzoni degli U2 in sottofondo e un dolore nel petto. Partì. Prima la Roma. Non lo capirono. La sua eleganza geometrica, il pensiero meditato, il ritmo basso. Scherno a ondate, radio locali scatenate e cessione al Brescia, per un suo desiderio preciso: “Voglio giocare con Baggio”. Quindi Ro-
berto, Pep e Carlo Mazzone. Lo trovarono positivo al Nandrolone, proprio lui che col doping non si diceva neanche buongiorno. “C’è una macchina che dice che ho fatto uso di sostanze dopanti. C’è un uomo che dice che non è vero” disse all’udienza. Soffrì in silenzio, si sottopose alla gogna, poi dopo sei anni, colse l’assoluzione senza grida. Contegno, prima di tutto. Così rimessa nel cuore l’energia vitale, dispiegò il talento nella nuova veste di guida. Filosofica e spirituale. L’anno scorso, Il Barcellona ha umiliato la concorrenza tra i confini nazionali e all’estero. Centocinque gol in 38 giornate, più del Manchester, del Liverpool, di chiunque altro in Europa. Coppa nazionale, Scudetto, Champions. Un 6 a 2 al Real, la squadra in cui mai avrebbe giocato “meglio ritirarsi”. Chi conosce Guardiola, sa che quando sembra serio, “ho già vinto tutto, posso andarmene”, in fondo ai laghi neri, si cela l’ironia. Finirà per presiedere il Barça. La sua trinità. Condottiero che diffida di quelli ce-
I meriti di un tecnico che ama la semplicità: “quando complichi il calcio, gli togli la sua gioia” lebrati: “Napoleone non è un modello. Con la Rivoluzione francese provocò un’infinità di morti. Mio nonno Sebastian mi ha insegnato a rispettare gli altri sempre. Ecco, lui è un mio eroe”. E allora, per eleggerlo, non ci sarà bisogno di votare. Cadrà dal cielo un plebiscito. “Sono come il signor Popinga del libro di Simenon”. I treni passano e l’uomo li osserva con disincanto. C’è sempre un momento in cui salire senza biglietto e identità, ricominciando da zero.
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SECONDO TEMPO
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IL PEGGIO DELLA DIRETTA
TELE COMANDO TG PAPI
il numero delle donne che hanno subito non generiche violenze, ma stupri: un milione. Il che fa riflettere almeno sulle violenze dei marocchini (“E’ nato nu criaturo niro niro”. Tammuriata nera di E.A. Mario è del 1946) di Juin che risalirono la Penisola nel 1944 e sulla “Ciociara” di De Sica: in confronto agli inferni domestici contemporanei, quei guerrieri sembrano gentiluomini. Altra notizia in evidenza, ma politica, riguardava Fini: pare sia stufo di fare il presidente del Nulla, di una Camera che serve solo a votare, zitta e mosca, le fiducie di Berlusconi. Dalla Camera al Senato. In corsa, raccolta altra schifezza: niente sfiducia a Cosentino, resterà sottosegretario dei Casalesi finché al “premier” piacerà.
Sbandamenti di governo di Paolo Ojetti
g1 T Sia pure a maggioranza, la casta si difende. Cosentino è salvo, nessuno lo arresterà. Avrà pure una carriera politica leggermente inceppata, ma ai magistrati che lo volevano – diciamo così – più a contatto, è stato rifilato il consueto marameo. Il Tg1, nel dare la notizia, non accenna minimamente ai risultati delle indagini e ai motivi per i quali lo si voleva in manette, ma preferisce far parlare chi lo ha salvato dal “fumus persecutionis”. La solita giaculatoria di Ida Peritore viene officiata per il “botta e risposta” fra Alfano e il Csm sui processi “a rischio”, uno nessuno o centomila. Poi si passa alla giornata delle donne (intervista obbligatoria a Mara Carfagna) vittime di violenze. Le cifre dicono che si tratta di una italiana su tre, il che vorrebbe dire che almeno un maschio su tre o picchia o stupra o chissà cos’altro fa. Siamo un paese di mostri o c’è qualche errore di calcolo? Finale sulla pausa pranzo di Rotondi: ma se mangia o digiuna, a noi che ce ne importa? g2 T Possiamo definirlo come “denso”, un Tg2 carico di notizie di cronaca. Viene confermato
g3 T E, come sempre, qui si viaggia a tutta politica, con le cronache di taglio più basso. E ce n’è d’avanzo. Fini si mette di traverso: alla Camera si lavora, poi arriva il governo, piazza un emendamento con fiducia incorporata e la si dovrebbe votare a occhi chiusi? Mai. E’ un richiamo alle regole democratiche (consensi vistosi da Bersani), ma a Berlusconi e Tremonti darà un sacco di fastidi, se non di peggio. Anche perché la nuova Finanziaria non prevede più tagli all’Irpef, all’Irap, all’imposta sulle locazioni (la prova regina delle promesse impossibili di Berlusconi) e nel centrodestra c’è un “partito della spesa” che potrebbe – nel segreto dell’urna – far saltare il banco. Terzulli ha raccontato degli ultimi ruggiti di Brunetta contro il “partito del rigore”. La maggioranza sbanda.
di Nanni
Le paure di Leonardo Delbecchi
a televisione è piena di Lmisterioso misteri, ma nessuno è più di Roberto Giacobbo. Giacobbo! chi è costui? Difficile a dirsi così su due piedi, perché quando si parla di lui e del suo programma “Voyager” (il lunedì in prima serata, Raidue) tutto viene avvolto da una fitta nebbia. La nebbia del mistero, appunto. La struttura stessa della trasmissione, che presenta analogie solo apparenti con “Quark” e gli altri contenitori a sfondo scientifico, è arcana. C’è un primo Giacobbo che appare in studio in giacca e cravatta, con la sua aria rassicurante da direttore di filiale, e nelle vesti classiche di pieroangela della situazione, intento a presentare il sommario della puntata a un pubblico plaudente. Di solito si parla della fine del mondo in scadenza (quella attuale è in agenda per il 2012), cui segue qualche alieno, qualche innominabile segreto dei Templari, qualche Atlantide che potrebbe riemergere dagli abissi. Cosette così, insomma. Ma poi quel primo Giacobbo scompare nel nulla, e con lui lo studio e il pubblico plaudente, essendo “Voyager”
una mera sequenza di servizi girati in esterno. Dove, tra una musica da chiesa e una ridda di ipotesi inquietanti, compaiono un secondo, un terzo e perfino un quarto Giacobbo, ognuno sul pezzo, e quindi in versione più casual; giacca a vento, parka, muta da palombaro, a seconda di che cosa impongono le esigenze dei temi trattati. Che si muovono nel tempo e nello spazio, con tanto di troupe al seguito. Perché Giacobbo è in grado di gettare una luce nuova su chicchessia. Non c’è dettaglio a prima vista insignificante che non lo porti sulla strada di incredibili scoperte. Se lo invitaste a casa vostra, una crepa sul muro del bagno potrebbe fargli supporre che lì, proprio sotto la cabina doccia, c’è la tomba di Re Salomone. Nella coppa tuareg che vostro cognato vi ha portato da Tunisi si potrebbe nascondere sotto mentite spoglie il Sacro Graal. I disegnini sul quaderno di vostro figlio potrebbero rivelare che nel piccolo si cela lo spirito reincarnato di Van Gogh. Roberto Giacobbo conduce “Voyager” il lunedì in prima serata, Raidue
“Oggi vorrei occuparmi di un uomo che mi sta particolarmente a cuore”, ha esordito lunedì scorso. Chi sarà il fortunato? Nientemeno che Leonardo Da Vinci: un uomo che sta particolarmente a cuore anche Dan Brown, al punto da averlo trasformato con qualche ritocchino in best seller mondiale. Ebbene, “Voyager” ha passato a sua volta al setaccio i codici vinciani, facendo scoperte sbalorditive sull’attività di ingegnere militare del suo autore. Leonardo aveva immaginato ordigni tali che egli stesso ne aveva avuto paura – questa la tesi del servizio – e ne aveva scomposto i disegni come in un puzzle, per renderli incomprensibili a tutti. A tutti, ma non a Giacobbo. Che ha rimesso assieme i frammenti con cura certosina e ha ricostruito con l’aiuto del computer quei progetti inauditi: carriarmati, sottomarini, leoni meccanici e perfino soldati-robot più invincibili dei Power Rangers. Ma se erano invincibili, perché Leonardo ne ebbe paura? Forse perché non era ancora nato l’uomo che poteva tranquillizzarlo una volta per sempre. Roberto Giacobbo.
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SECONDO TEMPO
MONDO
WEB
In diretta... sulla vostra pelle S embra un film di fantascienza, invece è una tecnologia già sperimentata e, in un prossimo futuro, potenzialmente a disposizione di tutti. Sono i tatuaggi animati tramite Led, ovvero i Light Emitting Diode (diodo a emissione luminosa) già utilizzati in un gran numero di display che utilizziamo ogni giorno. Secondo uno studio pubblicato dalla Technology Review del Mit, sono già pronti dei transistor della dimensione di alcuni micron, che potranno essere impiantati sotto la pelle. Non solo. L’Università della Pennsylvania ha sviluppato un vero e proprio dispositivo di silicone e seta impiantabile direttamente sotto la pelle (testato per ora con i topi). Una volta impiantato, il substrato di seta su cui i chip sono montati, si discioglie dentro il corpo, lasciando quindi solo l’elettronica dei chip. I chip sono della dimensione di un millimetro di lunghezza e dello spessore di 250 nanometri. Il foglio di seta serve per tenere al loro posto i chip e per adattare la loro disposizione alla forma della pelle. “I tatuaggi Led – scrive Wired Usa
– trasformeranno la tua pelle in un vero e proprio schermo”. Effettivamente, la scoperta, oltre ai risvolti estetici che lasciano libero spazio all’immaginazione, potrebbe avere dei risvolti pratici, sia di ordine pratico che di ordine sociale, anche perché i Led potranno essere collegati a ogni tipo di dispositivo. Un uso medico, per esempio, potrebbe essere quello di tenere traccia del livello di zucchero nel sangue. Ma potrebbero essere usati anche per scopi pratici (per esempio, l’utilizzo di schermi sugli avambracci, a cominciare dai navigatori satellitari) e anche usi commerciali: la Phillips ne sta esplorando l’uso erotico e ha già realizzato un video a riguardo. A proposito, “è certamente piuttosto inquietante – scrive ancora Wired – pensare a un gioco adult movie con un clip in onda direttamente sul vostro partner”.
è IL POPOLO “INQUINATO” IN PIAZZA A TARANTO IL 28 NOVEMBRE “ALTAMAREA”
Taranto è una città martoriata, negli ultimi anni, dalla cattiva amministrazione e dai veleni dell’Ilva di Taranto (una delle fabbriche più inquinanti d’Europa). I tarantini però si stanno organizzando per dire basta, e il 28 novembre scenderanno in di Federico Mello piazza in una manifestazione: “Altamarea”. Il comitato Taranto Sociale ha pubblicato su “tarantosociale.org” i “dieci comandamenti” della “grande marca contro l’inquinamento”. Tra le richieste, è ACTION FOR WOMAN monitoraggio continuo dell’inquinamento, PROMOSSO ANCHE DALLA CAMERA piena applicazione della legge regionale Anche il canale YouTube della Camera dei antidiossina, sviluppo ecosostenibile e la deputati partecipa alla giornata internazionale tutela del mare. contro la violenza sulle donne ospitando il concorso per cortometraggi “Action for woman” per sensibilizzare “contro le aggressioni fisiche, sessuali e psicologiche alle donne”. All’indirizzo DAGOSPIA youtube.com/actionforwomenit sono visibili i TAJANI COMMISSARIO primi cortometraggi provenienti da Francia, EUROPEO Regno Unito, Russia, Polonia e Paesi Bassi. Il 1) Come concorso si concluderà il 15 gennaio Dago-anticipato già lunedì prossimo. I lavori vincitori saranno ospitati mattina, Papi Silvio ha alla prossima Mostra del Cinema di Venezia. designato Antonio Tajani per l'incarico di commissario europeo. Palazzo Chigi infatti ha fatto partire martedì una lettera al presidente della Commissione europea per chiedere la conferma di Tajani, già commissario ai Trasporti e vicepresidente della Commissione. I bene informati dicono che porterà a casa anche le deleghe al Turismo, allo spazio e ai rapporti con il Parlamento, praticamente mezza Commissione europea... 2) Incredibile l’attivismo di Gianfranco Fini, giovedì alle 17, insieme con Pier Luigi Bersani e Giulio Anselmi, troverà anche il tempo di presentare alla Camera il libro-intervista di Rosy Bindi “Quel che è di Cesare”... 3) Martedì pomeriggio alle 15,50 il potentissimo deputato denis-verdiniano Rocco Girlanda, presidente della Fondazione Italia Usa, entrava alla Farnesina per un incontro con Franco Frattini. Per parlare di cosa? Ah, saperlo...
Tatuaggi a Led, il logo della manifestazione a Taranto, il calendario dei Santi Laici, il video-spam su Berlusconi
GRILLO DOCET I SANTI LAICI
Il Calendario dei Santi Laici è arrivato alla sua quarta edizione, dedicata all’agenda rossa di Paolo Borsellino. Le persone da ricordare aumentano, anno dopo anno. Il loro solo numero dimostra che in Italia è in atto da sempre una guerra civile permanente, non tra guelfi e ghibellini o tra fascisti e antifascisti, ma tra onesti e disonesti. Dalla prefazione al Calendario dei Santi Laici 2010: “E’ necessario portare il nostro cuore in miniera. Una miniera profonda, piena di testimonianze, di diamanti che brillano. Nei suoi lunghi cunicoli, per tutta la sua estensione, ci sono i Santi Laici. Santi più per caso che per propria volontà. Talvolta un diamante, un Santo Laico, torna in superficie, ma la sua luce offende i nostri occhi. Non sono più abituati a Giorgio Ambrosoli, Giuseppe Impastato, Rosario Livatino, don Peppe Diana. I Santi Laici sono il nostro specchio oscuro. Centinaia e centinaia di vittime. Ascoltare le loro voci, leggere le loro storie e continuare a vivere nell’indifferenza di un paese consegnato ai suoi peggiori istinti è difficile, per molti impossibile. Meglio cancellare le loro esistenze, le loro testimonianze civili dietro la facile definizione di “eroi”. Un eroe è un individuo eccezionale. Tutti noi, cittadini comuni, la regola che viene confermata dall’eccezione. Nella miniera c’è però una luce sempre più forte. Quella di Paolo Borsellino. Un è GOOGLE ALLA SBARRA diamante MOLTO DURE LE RICHIESTE DEI PM seppellito assieme ai Condanne tra sei mesi e un anno di motivi del suo reclusione. Questa la richiesta dei pm nel assassinio. Vicino a lui, processo milanese che vede imputate è BERLUSCONI un’agenda rossa che quattro persone tra dirigenti ed ex CON DUE DONNE forse farà luce nel buio dirigenti Google accusati di “concorso in MA È SPAM CON UN VIRUS senza stelle di questa diffamazione e violazione della privacy” I messaggi di spam sono quei Italia”. per la pubblicazione su Google Video del messaggi mail che contengono video nel quale un minore disabile viene pubblicità o virus e software insultato e umiliato dai suoi compagni di maligni. Ultimamente, come scuola. I pm dicono che opportuni racconta il sito di tecnologia controlli andavano “ragionevolmente e techmex.it, sta circolando in Rete un messaggio mail responsabilmente fatti”. Il legale di che, sulla scia degli scandali del premier – dal Google, l’avvocato Pisapia, replica: “ciarpame senza pudore” all’“harem a Palazzo Grazioli “L’azione di Google è pienamente legittima (come raccontato da Patrizia D’Addario) – invita a sulla base dell’ordinamento italiano”. In visualizzare un filmato che vedrebbe il premier in effetti i legali del ragazzino hanno ritirato la atteggiamenti intimi con 2 donne. In realtà si tratta di querela, le parti civili sono rappresentate un virus! Il testo della mail, chiaramente ora dal comune di Milano e sgrammaticato, recita: “Berlusconi filmato sesso con dall’associazione “Vividown”. due donne. Visto questo film merita. Per visualizzare, clicca sul link”. La tecnica degli spammer è quello di inviare milioni di messaggi contando sull’ingenuità degli utenti meno esperti.
feedback$ è ANTEFATTO.IT Commenti al post “Quel pentito lo rende nervoso” di Antonio Padellaro Io sono un fantasioso e mi piace sognare! Ma se davvero questo pentito fa il nome di B. e del buon Marcellino che scenario si aprirebbe? Il presidente della Repubblica può o meglio dovrebbe sciogliere le Camere? Ripeto sto sognando ma a me piace vedere un paese governato da un onesto! Scusate se chiedo poco (Cico) Non c’è bisogno di Spatuzza... è sufficiente vedere tutte le “coincidenze” e i processi a carico del premier per rendersi conto di che tipo è... (Eugenio F.) Cosa vi credete, i miliardi non si fanno onestamente, ma evadendo le tasse, corrompendo giudici e avvocati, qualche finanziere, politici, senatori, intrallazzando a destra e a manca. Circondandosi di alleati ricattabili e ricattati che alla fin fine se va dentro uno ci vanno tutti (vedi Mills). Finché non arriva quel pentito di mafia che il 4 dicembre ti fa sudare freddo. Le leggi ad personam non bastano più e quindi si ricorre di nuovo alla sua cara tv “Rai-Set” per giustificare il suo operato a reti unificate davanti a milioni d’italiani rincoglioniti dalla tv (sanzo) Viene in mente quello che Ezio Cartotto ha raccontato degli albori di Forza Italia, nel 1993: mi ricordo che (Berlusconi) mi diceva: “Sono esausto, mi avete fatto venire il mal di testa. Confalonieri e Letta mi dicono che è una pazzia entrare in politica e mi distruggeranno, che faranno di tutto, andranno a frugare tutte le carte e diranno che sono un mafioso”. A quanti commentatori “terzisti” andrebbero ricordate queste dichiarazioni? (Ma soprattutto: com’è possibile che Cartotto sia ancora vivo e vegeto?) (Rob) In sintesi Berlusconi e tutti gli altri che da lui si sentono e vogliono essere rappresentati non hanno più bisogno del sostegno di determinati ambienti che li avevano appoggiati nel ‘94, possono gestire il potere anche senza loro, e stanno prendendo le distanze da certi personaggi, sono talmente forti che possono adesso chiudere con un passato che potrebbe rivelarsi imbarazzante. Gattopardescamente: bisogna che qualcosa cambi perché tutto rimanga come prima (giuseppe) Sembra proprio che stavolta Mr. B. giocherà d’anticipo. Infatti nelle stanze del potere si vocifera sempre di più riguardo a un cosiddetto “Scudo per reati di mafia”, modificando la norma per concorso esterno in associazione mafiosa. Vi prego, almeno voi del FQ, fate da subito una grande battaglia contro la madre di tutte le porcherie che questi onorevoli signori si stanno cucinando a loro uso e consumo! (Christian)
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SECONDO TEMPO
nordisti
PIAZZA GRANDE
É
Raitre, va in onda lo smantellamento di Loris
Mazzetti
aolo Ruffini è stato sostituito alla direzione di Raitre. Il direttore, la cui rete ha rappresentato in questi anni il servizio pubblico, la qualità televisiva, il pluralismo, come è stato riconosciuto dai telespettatori, è stato mandato via perché non gradito a Silvio Berlusconi. Questa è la verità. Nell’ordine del giorno del consiglio di amministrazione è scritto che chi prenderà il posto di Ruffini deve valorizzare e consolidare il suo lavoro, che è una grande contraddizione: uno viene sostituito perché o c’è bisogno di cambiare, oppure perché l’azienda ha la necessità di portare la professionalità di Ruffini da un’altra parte, ad esempio a Raiuno. La proposta fattagli, invece, è quella di una inesistente direzione Rai Dig, alle dirette dipendenze del direttore generale che, dal giorno del suo arrivo, non ha mai trovato il tempo per riceverlo. E’ nata un’accoppiata straordinaria. D’altra parte che Mauro Masi sia un dg super impegnato lo sanno soprattutto i dirigenti di Raitre che gli avevano chiesto un incontro, mai avvenuto, per esprimere il loro dissenso per la sostituzione di Ruffini: nemmeno due righe in risposta, come dovrebbe accadere tra persone educate. Ancora una volta, purtroppo, della Rai dobbiamo parlarne dal punto di vista politico e non di contenuto o editoriale. Tema: Pdl, Pd e spartizioni di direzioni. Il Partito democratico non doveva sedersi al tavolo delle nomine, dichiarando pubblicamente l’indisponibilità a trattare il cambio dei direttori del Tg3 e di Raitre. La volpe Berlusconi si è dimostrata (come sempre) più furba anche del corvo Bersani, il quale, adulato dalla stessa volpe, ha aperto il becco facendo così cadere il pezzo di carne nelle sue fauci. Berlusconi mangia con gusto per aver fatto fuori il “simbolo” Ruffini e Bersani digiuna. “Se ci sono curvature di altro tipo nelle scelte aziendali le denunceremo, aspettiamo le decisioni per dire la nostra”. Questa è stata la risposta del segretario del Pd all’annuncio della sostituzione di Ruffini. Per il nuovo corso del maggior partito di opposizione, la sostituzione del direttore di Raitre non è stata un bell’inizio. Soprattutto perché Bersani ha smentito, prima chi lo ha preceduto, Franceschini, che aveva dichiarato: “Difenderemo Ruffini con i denti”; poi il neopresidente Rosy Bindi: “La parola del Pd sul cambiamento dei vertici di Raitre è una sola: siamo contrari”. E’ evidente che, mentre una parte difendeva, l’altra trattava. Il vero segnale di rinnovamento, soprattutto dopo le dichiarazioni pubbliche di Berlusconi: “Raitre non mi piace. Il Tg3 è l’unico telegiornale al mondo che attacca il suo governo”, sarebbe stato quello di non scendere a patti. Antonio Di Bella non doveva essere sostituito con Bianca Berlinguer (nulla contro la brava conduttrice del tg), ma lui è stato il miglior direttore che i tele-
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Ruffini è stato sostituito alla direzione di rete perché non gradito al premier Ma il segretario del Pd si è limitato a dichiarare: “Se ci sono curvature di altro tipo nelle scelte aziendali le denunceremo” giornali della Rai hanno avuto in questi anni. E’ stato quello, come direbbe il presidente emerito Ciampi, che ha tenuto la schiena dritta, che non ha manipolato o nascosto le notizie. Di Bella ha dimostrato che le vicende che riguardano il privato dell’uomo pubblico Berlusconi, si potevano raccontare dando al servizio il giusto taglio (che non era quello del gossip dietro al quale si è nascosto Minzolini), ma di raccontare i fatti esattamente come sono accaduti. Al pubblico nulla va nascosto.
in pochi mesi ha raggiunto una media di ascolto superiore al 10% . L’altro fatto che il Pd doveva impedire era la sostituzione di Paolo Ruffini proprio perché richiesta da Berlusconi. Ruffini è stato il miglior direttore che una rete Rai abbia avuto in questi ultimi anni. Lo ha dimostrato il pubblico che sempre più numeroso ha scelto i programmi di Raitre, che con un budget nettamente inferiore rispetto a Raidue e Raiuno produce il novanta per cento di quello che trasmette. Come diceva Montanelli: “L’unico padrone che ho è il lettore” anche per la rete di Ruffini l’unico padrone è stato il telespettatore. Nell’era della televisione vista dal buco della serratura, quella che va dal Grande Fratello all’Isola dei famosi, Ruffini ha portato in onda programmi come Ballarò, Che tempo che fa, Glob, Enigma, Storie maledette, Blu Notte, Parla con me, mettendo in prima serata le inchieste di Iacona e Gabanelli, investendo su Anto-
l Tg3 di Di Bella non ha mai Icontinuità fatto sconti a nessuno e in con la linea di Sandro Curzi è sempre stato molto vicino alla gente, utilizzando l’unica arma in possesso del giornalista: l’inchiesta. All’inizio con “Primo Piano” poi, dopo il cambio di palinsesto, con “Linea Notte”, che
nio Albanese, Corrado Guzzanti, Luciana Littizzetto, Paolo Rossi, Enrico Bertolino, Antonio Cornacchione, Maurizio Milani, Neri Marcorè, Dario Vergassola, portando in Rai, dopo anni di assenza, il grande trio: Aldo, Giovanni e Giacomo. Credo che il momento più importante, sicuramente per me, è stato quando è tornato in onda Enzo Biagi, dopo esattamente cinque anni dall’editto bulgaro. Biagi disse “Vado su Raitre perché è la rete che più mi assomiglia”. Quella rete era diretta da Paolo Ruffini.
IL FATTO di ENZO
l
Ai giovani giornalisti dico: raccontate sempre la verità. Anche se costa molto. (Resto del Carlino, intervista postuma, 7/11/2007) Il cavallo della Rai (FOTO ANSA)
di Gianni Barbacetto
GARE D’AGOSTO È
in arrivo Teleospedale. Già, mentre il presidente della regione Lombardia, Roberto Formigoni, è in trepidante attesa delle prossime puntate del reality show “Soldi & bonifiche”, al Pirellone la vita continua. Appalti e affari non si fermano neanche dopo l’esplosione dello scandalo che ha coinvolto Giuseppe Grossi il Grande Spazzino e i coniugi Giancarlo e Rosanna Abelli. Adesso l’ideona che i vertici della regione vogliono realizzare al più presto è quella di fare una tv per gli ospedali lombardi. “La nostra sanità è la migliore d’Italia”, dicono, incuranti degli scandali che si sono abbattuti sul sistema regionale dopo la robusta privatizzazione dei servizi. Tangenti, lottizzazioni, truffe, furti, sprechi, oltre che interventi chirurgici inutili e dannosi, hanno toccato tante cliniche e ospedali che, a farne un elenco, sembra di recitare le litanie dei santi: Santa Rita, San Carlo, San Siro, San Donato, San Pio X, San Raffaele... Qualcuno si è posto il problema di aumentare i controlli e prevenire le inchieste giudiziarie? No. Niente. In compenso adesso arriva la tv. Niente “Doctor House”, ma un sistema televisivo che dovrebbe trasmettere informazioni dentro gli ospedali, nelle sale d’aspetto, negli atri, nei corridoi... Come già succede negli aeroporti e nelle grandi stazioni. Però gli ospedali sono ambienti più delicati di aeroporti e stazioni: ci stanno i malati, i parenti, i visitatori. Comunque sia: la delibera di giunta per l’appalto è stata varata il 7 agosto 2009. Termine per partecipare alla gara: 29 settembre. Durata del servizio: otto anni (così si blinda anche la prossima giunta, che sarà votata a primavera). Partenza negli ospedali di Desio e Vimercate (per dare meno nell’occhio) e poi espansione ad almeno 21 ospedali di Milano e Lombardia. he efficienza ambrosiana! Tempi rapidissimi, niente vacanze estive. Peccato che si sia messo di mezzo un consigliere dipietrista, Stefano Zamponi, che, malfidente e pessimista, è andato a pensare che la gara fosse fatta rapidamente, quasi di nascosto, in piena estate, in un ospedale di provincia, per far vincere un qualche predestinato ben informato e già pronto... “Ma è un’innovazione a costo zero per la regione!”, spiegano felici i funzionari della sanità regionale, allievi del Faraone, quel Giancarlo Abelli che proprio nel settore sanità ha costruito il suo immenso potere. Chi paga, allora? La pubblicità, gli sponsor. Ma proprio per questo: chi offre il servizio tv, gratis per la regione, ha due grossi poteri. Uno: decidere lui i contenuti informativi di Teleospedale (che dirà sulle vaccinazioni? e sull’aborto?) Due: fare i soldi grazie a sponsor e inserzionisti a cui offrirà – in esclusiva e senza controlli – un pubblico preziosissimo: i medici, i pazienti e i loro parenti. In un contesto delicatissimo: perché i “telespettatori”, questa volta, saranno soprattutto i malati, pubblico “debole” che ha tutti i diritti di essere ben informato e protetto da messaggi pubblicitari invasivi. Come finirà? Zamponi ha rotto le uova nel paniere ai furboni allievi del Faraone. L’unica azienda ammissibile che ha partecipato alla gara clandestina estiva (Multimedia Hospital srl di Bruno Della Negra) ha perso la vittoria e l’appalto che credeva di avere già in tasca. Hanno dovuto riaprire la gara e dare un nuovo termine: il 15 dicembre. Ora, sotto a chi tocca.
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Vitamine per una democrazia gracile di Pierfranco Pellizzetti
è qualcosa di nuovo oggi nel sole, anzi di antico”. Come nella poesia di Giovanni Pascoli che studiammo da ragazzini, anche la manifestazione contro il premier e le sue leggi ad personam (“No B. Day”), che si sta organizzando a Roma per il 5 dicembre, presenta una curiosa mescolanza di elementi antichi e nuovi. Indubbiamente ci riporta indietro nel tempo la ripresa di attività dei cosiddetti movimenti di base e il loro rifiuto di farsi strumentalizzare dalle leadership ufficiali. Mentre vi sono evidenti aspetti di novità nei criteri organizzativi e di convocazione che sono stati adottati. Tutto questo – pur a L’autoconvocazione prescindere dalle diverse valutazioni del No B.day: dell’iniziativa – semun buon segno una mobilitazione bra per la nostra democrazia ammalata. antica che Ragioniamo procecoinvolge le nuove dendo all’incontrario. generazioni Certamente originale – almeno in forme rinnovate eperinnovativa il nostro paese – è la modalità scelta per pone il problema l’imminente mobilitazione, che utilizza sodi pensare stanzialmente i new una democrazia media (dagli sms a facebook). Con ciò cona misura fermando una tendenza che va imponendodel Terzo si nei modi più aggiornati di “fare politica”: Millennio dalla campagna elet-
C’
torale di Barak Obama all’opera di contro informazione nella Cina del 2003, quando esplose l’epidemia di Sars, da parte dei familiari delle vittime e dei medici degli ospedali di Guangdong, epicentro dell’infezione. In questo secondo caso, nonostante l’azione repressiva delle autorità; che trovarono un valido partner nei colossi americani hi-tech come Yahoo (a conferma che schiavismo e capitalismo possono benissimo andare a braccetto). Per quanto riguarda noi europei, va registrata la reazione spagnola contro l’opera d’insabbiamento della verità da parte del governo Aznar, all’epoca dell’attentato terroristico nella stazione madrilena di Atocha (11 marzo 2004). Ossia, il tentativo di addossare ai baschi responsabilità islamiche, smascherato dalle migliaia di messaggini che facevano rimbalzare un testo standard di 160 caratteri (e per alcuni giorni l’aumento di traffico nella telefonia mobile in Spagna toccò punte del 40 per cento). l sociologo catalano Manuel Castells, nel suo recenItocomunicazione te saggio “Comunicazione e Potere”, parla di “auorizzontale di massa”, che contrasta l’esproprio del diritto all’informazione mediante la privatizzazione delle telecomunicazioni e dei grandi media, a seguito dell’avvento delle televisioni commerciali: “La dissociazione tra potere della comunicazione e potere rappresentativo”. Anche in questo caso, il 5 dicembre, ci si preannuncia come una esperienza interessante. In quanto, grazie all’utilizzo alternativo delle nuove piattaforme tecnologiche, parrebbe stia formandosi una sorta di “mobile network society” che individua nuove modalità di partecipazione ai processi collettivi, particolarmente a misura delle recenti coorti generazionali. Quelle generazioni (le cosiddette “tribù del pollice”, così denominate dall’uso frenetico degli sms) date per indifferenti alla politica e che – invece – avevano solo bisogno di trovare canali mediatici in sintonia con la loro specifica
cultura. Si diceva del sapore antico che va assumendo il ritorno in campo dei movimenti sociali, intesi come “un’azione collettiva organizzata, definita e provocata da un conflitto socioculturale” (definizione del sociologo Alain Touraine). Anche perché ci avevano diffusamente spiegato il loro assoluto anacronismo. La loro definitiva estinzione. D’altro canto, la stessa democrazia dei moderni si è sempre largamente nutrita della forza dei successivi movimenti scesi in campo per reclamare l’attuazione coerente dei suoi stessi principi: i movimenti dei lavoratori, delle donne, di liberazione dei popoli. La crisi degli ordinamenti democratici cui stiamo da tempo assistendo (e già si teorizzava l’avvenuto passaggio alla postdemocrazia) è largamente dipesa proprio dal silenzio di una società che non riusciva più a pensare se stessa. Persa in processi di individualizzazione, a partire dai rapporti di lavoro, che producevano – di fatto – la solitudine delle donne e degli uomini concreti. Sicché, una mobilitazione “antica” che coinvolge le nuove generazioni in forme rinnovate pone l’impellente problema di pensare la democrazia a misura del Terzo millennio; nel contesto radicalmente mutato e nell’esaurimento delle tradizionali agenzie di partecipazione. Nella consapevolezza che la democrazia minacciata dall’aggressione postdemocratica non ha bisogno di restauri ma – semmai – robuste dosi di sperimentazione. Una sfida di creatività politica, dunque. Accantonando scorciatoie fasulle del tipo “democrazia mediatica diretta” con i suoi ridicoli televoti (una sorta di “sondaggiocrazia” permanente e in tempo reale) o le americanate sulla falsariga di quei “poll deliberativi” che tanto piacciono a un certo modernismo pompierista di sinistra, cultore appassionato degli abrakadabra consulenziali. Il 5 dicembre segnala l’esistenza di una consistente domanda di politica reinventata; seppure aurorale. Vada come vada, segno di vitalità che indurrebbe a una qualche speranza.
Giovedì 26 novembre 2009
pagina 19
SECONDO TEMPO
MAIL Tutti in piazza per un’Italia diversa
BOX A DOMANDA RISPONDO IL PD CHE NON SI OCCUPA DI BERLUSCONI
Furio Colombo
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Il fatto che un gruppo di ragazzi auto organizzati abbia deciso di riunirsi in una piazza, senza ascoltare la convocazione dei partiti, offre una nuova luce, a mio parere molto positiva, sulla capacità di pensiero dei cittadini di un paese che in molti vorrebbero narcotizzato e che invece si dimostra ogni giorno di più saturo dello squallido teatrino messo in piedi dai neogerarchi già visti all’opera.
aro Colombo, sento i tamburi di guerra del nuovo Pd di Bersani e mi dico che forse ci siamo. Dunque (cito da l’Unità del 23 novembre) sarà nel fine settimana 11 e 12 dicembre: tutti i dirigenti saranno nelle piazze d’Italia a parlare di economia, lavoro, sanità, scuola, ambiente, giustizia, riforme istituzionali, a illustrare i disegni di legge che, in queste materie, il Pd ha già presentato alla Camera e al Senato, a dire “basta occuparci dei problemi suoi, di Berlusconi. Pensiamo ai problemi di tutti”. Eppure secondo me c’è qualcosa che non va. Lei che ne dice? Simone
C
Alessandro
La morte di Brenda e la pietà mancante Sono rimasto molto colpito dai resoconti giornalistici sulla morte di Brenda. Ho l’impressione che stia accadendo qualcosa di molto grave. Come ricordava David Lane sul vostro giornale, reagire di fronte a uno scandalo con la giusta misura istituzionale è soprattutto una questione di cultura. Quella che in Italia, nell’anno 2009, sembra essere sacrificata ad altre logiche.
DICO CHE, con immensa curiosità vorrò
esserci, anche se nessuno finora mi ha chiesto di partecipare (mentre per il 5 dicembre in piazza Navona arriva un’e-mail o un sms al minuto). Infatti sono curioso di vedere come si “illustrano” in piazza i disegni di legge, che sono sempre documenti tecnici e, a volte, data la destinazione giuridico-parlamentare, poco adatti a suscitare entusiasmo, partecipazione, militanza. Volendo proposte di leggi di grande e immediato interesse popolare ci sarebbero, per esempio, quelle sul conflitto di interessi. Sono parecchie, giacenti alla Camera. Una, lo dico volentieri, è la mia. Ma un primo problema è che non la vedo nella lista. Un secondo problema è che riguarda Berlusconi. E la chiamata in piazza del Pd per l’11 e 12 dicembre ammonisce con fermezza “Basta occuparci dei problemi di Berlusconi”. Ci deve essere un equivoco. Vediamo. Economia. Il furore che divide Tremonti da Brunetta sul niente che è stato fatto
Andrea
La propaganda indegna per il processo breve Quello che sto vedendo sulla Rai ha dell’incredibile. Sono le 18 circa, è il 24 novembre. A “La vita in diretta” si parla di giustizia. Gli ospiti: Vittorio Feltri de il Giornale, la parlamentare della Lega nord Carolina
LA VIGNETTA
finora per far rivivere l’economia italiana, è un problema di Berlusconi. “E’ lui che decide” ti dicono un po’ frastornati vari esponenti del Pdl se chiedi notizie di quello scontro furibondo. Lavoro. Il peggio condito di disprezzo, sarcasmo e tetro senso dello spettacolo è opera di Brunetta. Brunetta è l’uomo di Berlusconi in tutto ciò che riguarda la liquidazione del lavoro. Sanità. Purtroppo ci sono presidenti di regioni che hanno tagliato drasticamente la sanità seguendo istruzioni del governo Berlusconi, non dei cittadini che li hanno eletti. Per esempio, è triste dirlo oggi, nel Lazio. Giustizia. C’è un solo punto o dettaglio dell’intero e immenso problema giustizia che non sia “problema di Berlusconi”? Come dimostrano le corrispondenze dei colleghi della stampa estera, non c’è articolo sull’Italia che non sia inchiesta, rivelazione o ritratto di Berlusconi. Dicono che il resto non conta. Hanno ragione? Credo di sì. Si può cambiare o anche solo ritoccare qualcosa in Italia senza toccare i problemi personali di Berlusconi, a cominciare dal controllo pesante (e ormai penetrato dovunque, come la foresta brasiliana) delle notizie, dei commenti, dei talk show? Pensate alla politica estera. L’asse Mosca-Roma-Tripoli ha radicalmente cambiato la politica italiana che, di fatto, non ha più rapporti con gli Stati Uniti. Pensate all’Europa. Gli altri governi fanno come se l’Italia non ci fosse. Pensate alla immigrazione. Passano, una sull’altra, legge barbare e primitive che ci separano dal resto del mondo e cambiano l’immagine del nostro paese, che ha assunto il piglio volgare e cattivo della Lega. Furio Colombo - Il Fatto Quotidiano 00193 Roma, via Orazio n. 10 lettere@ilfattoquotidiano.it
persone sulla base delle dichiarazioni dei pentiti” (Feltri). Alla fine l’onorevole D’Antona ha detto cose sacrosante, unica a contrastare il messaggio della trasmissione che definire populista è dire poco! Ora, sostenere quelle opinioni per colpire al cuore l’elettorato quando si votano leggi che vanno proprio contro l’interesse del cittadino e sono dichiaratamente in favore di una sola persona, è semplicemente indegno. Grazie e complimenti per il giornale Francesco
Diritto di Replica
Lussana, Pierluigi Diaco e una parlamentare del centrosinistra, Olga D’Antona. Hanno fatto vedere esempi, con interventi di persone direttamente interessate, per dimostrare che la giustizia in Italia non funziona. Non voglio sindacare sulle storie, ovviamente. Ma voglio porre l’attenzione su un altro aspetto: la trasmissione è andata in onda nel giorno in cui si vota al Senato sul processo breve (che combinazione). Si è cercato di parlare di argomenti
veri, certo, che toccano la pancia dell’elettorato comune, quale è quello delle fasce orarie che, si sa, formano la propria opinione con telegiornali e trasmissioni di questo tipo. Bene, si lanciava qua e là qualche frase come “pensiamo ai magistrati che cercano di mettere sotto inchiesta Berlusconi” (Diaco) o “i pentiti che hanno rovinato Tortora: mi viene da pensare ad esempio al caso Cosentino o a quello che viene fuori a Palermo, dove si fanno arrestare
Leggo con stupore l’articolo pubblicato sul vostro giornale: “Storie siciliane e di denaro” a firma di Sandra Amurri e quelli di contorno che traggono spunto da una conversazione da me avuta con la stessa, con la cordialità che mi è propria e durante l’esercizio della mia attività di impresa (B&B), risultata poi alla luce dei fatti proditoriamente procurata, deformata, infarcita e strumentalizzata per far credere al lettore nell’esistenza di un contesto di presunti rapporti tra il sen. D’Alì, mio ex marito, e il mondo della mafia che si pretenderebbero dall’autrice come solo oggi resi noti per mio tramite. Nello smentire categorica-
mente, alla luce della mia lunga convivenza con il sen. D’Alì, che retaggi di tali antiche presenze rurali, peraltro già ampiamente note, abbiano potuto in alcun modo avere riflessi sulla sua attività sociale e politica, e sui nostri rapporti successivi alla separazione e al divorzio, mi riservo ogni possibile azione nelle competenti sedi a tutela della verità dei fatti e della mia privacy di donna e di imprenditrice così cinicamente calpestata. Tardivamente ho intuito della trappola tesami e che una innocente e cordiale conversazione sui problemi generali di questa terra, sarebbe stata clamorosamente stravolta e strumentalizzata e avevo, come si legge, con ulteriore senso del disprezzo nei miei confronti, indicato la precisa volontà che non si facesse né uso pubblico della citata conversazione né tantomeno che venissero riferiti come veritieri dei fatti poi riportati nell’articolo che qui fortemente si censura. Indicazione che non è stata rispettata e che dimostra come l’acrimonia e il fine politico di provare a costruire un mosaico fantasioso su alcune insignificanti e sbiadite tessere, e di esibirlo al lettore per lo più ignaro come verità di contesto, prevalgano in un certo tipo di giornalismo sulla deontologia professionale, sul dovuto rispetto della ve-
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IL FATTO di ieri25 Novembre 1958 Sembrano passati anni luce. Eppure nell’Italia povera della fine anni Cinquanta, in cui 9 milioni di cittadini firmavano ancora con la croce e in cui il numero delle scuole era tra i più bassi d’Europa, ci fu una televisione pedagogica in grado di svolgere un ruolo di supplenza attraverso alcuni format, diventati leggende catodiche. Come “Telescuola”, per esempio, prima scuola a distanza, voluta dall’allora ministro della Pubblica istruzione Aldo Moro e entrata nel palinsesto Rai il 25 novembre ’58. Vere e proprie lezioni via etere con oltre 4 milioni di tele-alunni al giorno, la cui frequenza, organizzata attraverso 1626 posti di ascolto, permetteva ai ragazzi residenti in luoghi privi di scuole secondarie, di completare il ciclo dell’istr uzione obbligatoria e di ottenere un regolare diploma. Una piccola rivoluzione culturale nel periodo felix del no-auditel, in cui, davanti a quella cattedra di vetro, molti italiani impararono l’abbicci del sapere e altri riuscirono ad avere il famoso “pezzo di carta”. Amarcord di una tv di qualità e di un paese che ancora ci credeva. Nel quale ancora oggi 38 cittadini su 100 hanno solo la licenza elementare e in cui – dati Unesco – gli analfabeti totali sono 6 milioni. Giovanna Gabrielli
L’abbonato del giorno ALEX BALDACCI Il Fatto ha già una generazione di piccoli fan! Ecco la foto di David, il baby abbonato di oggi. Ci scrivono i suoi genitori: “Un ‘piccolo’ gesto di speranza per un futuro migliore. Aderiamo all’iniziativa ‘Adesso basta, no B. day’. Vi siamo vicini, ogni giorno, nella vostra opera di informazione quotidiana. Con affetto, Alex, Angelo, Francesco, e il David, che si dedica già alla lettura del Fatto”! Raccontati e manda una foto a: abbonatodelgiorno@ ilfattoquotidiano.it
rità e sul rispetto dei sentimenti e della dignità delle persone. Mi è doveroso precisare che già con nota del 9 Novembre 2009 avevo diffidato l’autrice alla pubblicazione dell’articolo trasmessomi anticipatamente per l’approvazione, ritenendolo non veritiero dei fatti in esso indicati e dello spirito di cordialità che ha improntato la nostra conversazione.”
confondere una conversazione, sì cordiale, come lei la definisce, con un’intervista svoltasi attraverso diversi incontri e non solo nella sua azienda, corredata da documenti che mi ha fornito, in parte originali, in parte che lei mi consegnato dopo averli fotocopiati, e in parte spedito via fax. Oltre ad altre prove, anche fotografiche, di quanto da me scritto che se costretta non farò fatica a produrre nelle sedi competenti. Ripeto, si può, cambiare idea, o essere costretti a farlo, questo dipende dal livello di autonomia e libertà individuale, ma non si può rinnegare ciò che si è detto e fatto accusando me di “cinismo”, di “mancanza di deontologia professionale” e il mio giornale di “acrimonia” al “fine politico” visto che la correttezza e il rispetto sono stati totali come attesta la premessa all’articolo pubblicato e la delicatezza con cui la mia penna l’ha ritratta. Quelle che lei definisce, solo oggi, “sbiadite tessere” sono fatti, fatti gravi, di cui un senatore della Repubblica italiana dovrebbe sentire il dovere di spiegare a quel popolo, tutto, che lo stipendia. Perché, come ripete spesso il presidente della Camera Fini: “Nei rapporti con i mafiosi il politico deve essere, come la moglie di Cesare, al di sopra di ogni sospetto”. La saluto con la speranza sincera che possa trovare la forza per sostenere quella verità che lei conosce, che mi ha affidato, ripeto tutta documentata, e che ho riportato testualmente . Sandra Amurri
Maria Antonietta Aula
Cara Signora Maria Antonietta Aula, comprendo il suo stato d’animo, e per questo le sono vicina, seppure non condivida le ragioni che la portano a
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Sotto l’Alto Patronato del Presidente della Repubblica Italiana
LEONARDO A MILANO
San Giovanni Battista Dal museo del Louvre a Palazzo Marino esposizione straordinaria del San Giovanni Battista di Leonardo da Vinci Milano, Palazzo Marino - Sala Alessi dal 27 novembre al 27 dicembre 2009 Milano riscopre l’energia di un grande capolavoro di Leonardo. Il San Giovanni Battista, un’opera dal fascino enigmatico che lascia le sale del museo del Louvre per essere esposta eccezionalmente a Palazzo Marino. Ancora una volta eni condivide con la città di Milano una straordinaria iniziativa culturale completamente gratuita. cultura.eni.com www.comune.milano.it
Mostra a cura di
Valeria Merlini e Daniela Storti
© 2009 Musée du Louvre / Angèle Dequier
Ingresso libero
Orari di apertura al pubblico tutti i giorni dalle ore 11.00 alle ore 19.30 (ultimo ingresso ore 19.00) giovedì e sabato dalle ore 11.00 alle ore 22.30 (ultimo ingresso ore 22.00) 24 dicembre chiusura alle ore 18.00 Orari di apertura Scuole e Gruppi tutti i giorni dalle ore 9.00 alle ore 11.00 Prenotazione obbligatoria tel. 02.65.97.728 (la linea telefonica dedicata sarà attiva dal lunedì al venerdì dalle ore 9.00 alle ore 13.00 e dalle ore 14.00 alle ore 18.00)
Informazioni al pubblico 24h/24h tel. 02.45.07.69.10 Partner tecnici
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