Il Fatto quotidiano (5 Dicembre 2009)

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PIAZZA SAN GIOVANNI 5•12•2009

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www.ilfattoquotidiano.it

ART. 3 DELLA COSTITUZIONE: tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali.

E` compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese.

Sabato 5 dicembre 2009 – Anno 1 – n° 64

€ 1,20 – Arretrati: € 2,00 Spedizione abb. postale D.L. 353/03 (conv.in L. 27/02/2004 n. 46) Art. 1 comma 1 Roma Aut. 114/2009

Redazione: via Orazio n° 10 – 00193 Roma tel. +39 06 32818.1 – fax +39 06 32818.230


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Sabato 5 dicembre 2009

NO BERLUSCONI DAY

CR ONISTORIA DI UNA MANIFESTAZIONE

L’ 8 OTTOBRE DEL 2009 NASCE IL POPOLO VIOLA

La Corte boccia il lodo Alfano e da Facebook parte la richiesta: B. risponda alle accuse in tribunale di Federico Mello

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N PRINCIPIO fu il lodo Alfano. O meglio, la sua bocciatura. Tutto è cominciato da lì, dal pomeriggio del 7 ottobre, quando mezza Italia era attaccata a radio, tv, siti di news per sapere la decisione della Corte costituzionale. Subito dopo le 18 si diffonde la notizia: il lodo è bocciato. Come dice la Costituzione: “Tutti i cittadini sono uguali davanti alla legge”. Sentirlo ribadito nell’Italia a democrazia proprietaria, scalda i cuori. 8 OTTOBRE. Il No Berlusconi Day nasce il giorno dopo. “Non tutto è perduto” si dicono alcuni utenti della Rete, semplici cittadini, militanti della “politica dalle mani pulite” come diceva Sandro Pertini. Parte un veloce giro di opinioni tra di loro. San Precario è una maschera collettiva che “tutti possono indossare” e ha un profilo su Facebook al quale si rivolge parte della blogosfera democratica: c’è voglia di mettersi all’opera, di darsi da fare. Nasce così la pagina: “Una manifestazione nazionale per chiedere le dimissioni di Berlusconi”. L’appello è chiarissimo: “Berlusconi deve dimettersi e difendersi, come ogni cittadino, davanti ai Tribunali della Repubblica per le accuse che gli vengono rivolte”. Non manca una stoccata all’opposizione: “Riteniamo che il finto ‘fair play’ di alcuni settori dell’opposizione, costituisca un atto di omissione di soccorso alla nostra democrazia”. 10 OTTOBRE. La Rete prova a muoversi dal basso, senza sponsor, senza volti noti e promotori illustri, come mai era successo in Italia. L’impresa appare disperata, destinata a rimanere una boutade. Invece le iscrizioni cominciano subito a crescere: sono 1000 solo il primo giorno. Il 10 ottobre il Fatto Quotidiano parla dell’iniziativa: “L’obiettivo che si sono dati è molto arduo. Ci riusciranno? Vedremo se questa è la prima volta di una mobilitazione nata su Facebook”. In effetti le adesioni continueranno a crescere in maniera vertiginosa, al ritmo di 11.000 al giorno. L’appello è perfetto per garantire la massima condivisione: non si chiede a nessuno la propria storia, la propria appartenenza a partiti o associazioni: la chiamata all’azione larga e orizzontale è il prerequisito fondamentale per provare davvero a costruire qualcosa. 14 OTTOBRE. Il passaggio dal virtuale al reale avviene in modo naturale: chi ha competenze e conoscenze dà la sua disponibilità. Il 14 ottobre l’appello è già tradotto in dieci lingue, è nato il blog, il sito, l’account Twitter. Si iniziano a costituire i gruppi locali: saranno questi i nodi di una rete che, esattamente come Internet, non ha né un centro né un vertice. 26 OTTOBRE. In una conferenza stampa, Antonio Di Pietro e Paolo Ferrero dichiarano che saranno in piazza il 5 dicembre per chiedere le dimissioni di Berlusconi. Testimoni assicurano che i due segretari di partito parlano di un’ade-

sione “alla grande manifestazione della Rete”, ma molti report giornalistici parlano invece della “manifestazione dell’Italia dei valori”. Di Pietro pubblica sul suo blog una precisazione: “Aderisco alla manifestazione nata su Internet”. Ormai è chiaro: la mobilitazione del 5 dicembre è della società civile e ben venga, dicono dal No B. Day, se i partiti vorranno aderire. Anche altre testate si accorgono della manifestazione. Anche perché il tema giustizia si riscalda, il governo mette in cantiere una riforma, il cosiddetto processo breve (o “processo morto” come scrive Marco Travaglio) che serve a Silvio Berlusconi per sfuggire “dal” processo invece di difendersi “nel” processo. 14 NOVEMBRE. Il Fatto Quotidiano pubblica un appello “Adesso Basta” firmato dal direttore Antonio Padellaro: “Basta alle leggi ad personam”. In tre settimane le firme sul nostro sito ilfattoquotidiano.it superano quota cinquantamila. La promozione del No B. Day va avanti. Viene scelto il viola come colore di riferimento perché non riconducibile ad alcuna ideologia politica e perché è il colore “dell’autodeterminazione”. 19 NOVEMBRE. In contemporanea con “Annozero”, dove è ospite il Griso, uno dei portavoce, viene superata la simbolica soglia delle 300 mila adesioni: la pagina Facebook esplode di gioia: “Ragazzi, sto stappando lo spumante, dico davvero” scrive un utente. Partono i volantinaggi e le iniziative locali. Come YouTube o Wikipedia sfruttano i contenuti generati dagli utenti, così chi vuole può dare il proprio contributo. Nelle buche delle lettere, su panchine, fermate della metro, tram, muri di scuole e università, compare il volantino viola. Lo stesso volantino che ragazzi e ragazze di ogni parte d’Italia distribuiscono ai passanti. Anche all’estero nascono i gruppi per la manifestazione. Da Barcellona a Montréal, da Londra a Istanbul, il cinque dicembre anche gli italiani espatriati (quando non autoesiliati), sono pronti a chiedere le dimissioni di Silvio Berlusconi. 1 DICEMBRE. Si arriva al primo dicembre. Partono le viola-azioni in tutte Italia: azioni spontanee – dai presidi ai banchetti, passando dal Gospel viola in Piazza di Spagna – per tenere alta l’attenzione sulla manifestazione. Ma l’evento ormai è esploso. Hanno aderito Italia dei Valori, Pdci, Rifondazione, Verdi, una parte della Cgil: tutti dicono che i vari esponenti saranno in piazza a titolo personale. Sottoscrivono l’appello decine di personalità della cultura e dello spettacolo:

Piazza della Repubblica

Via delle Terme di Diocleziano

GLI INTERVENTI SI PARTE ALLE ORE 16.30

Stazione Termini

Massimo Malerba Ascanio Celestini Domenico Gallo Ragazzi di Corleone Salvatore Borsellino Giorgio Bocca Antonio Tabucchi Alessandro Gilioli Ulderico Pesce Alessandra Carnicella Dario Fo & Franca Rame Moni Ovadia Renato Accorinti Mario Tozzi Alessandro Cosmelli Margherita Hack Claudia Pellini Federica D'Alessandro

Via Cavour Piazza dell’ Esquilino Santa Maria Maggiore

Piazza Vittorio

Via Merulana

Via Manzoni

Manzoni

Via Emanuele Filiberto

Piazza San Giovanni

San Gionavvi

da Ascanio Celestini a Daniele Silvestri, da Andrea Camilleri a Dario Fo e Franca Rame. 3 DICEMBRE. Il Pd, tentenna, con alcuni dirigenti e molti militanti che spingono per la piazza. La posizione dei democratici è plasticamente tradotta da Rosy Bindi: “Se non fossi presidente del partito, ci andrei”. Ma il 3 dicembre cambia idea: “Vado”. E anche Pier Luigi Bersani “cede”: “Guardo con speranza...”. Siamo alle ultime ore, il Sì B. Day, convocato dai Berluscones nella stessa piazza, alla stessa ora, è sventato: Valducci e Stracquadanio, i due onorevoli Pdl promotori, ammettono che la loro era una “iniziativa dadaista”. Una provocazione insomma, che si è sgonfiata prima di nascere.

La Rai intanto ha negato la diretta sulla televisione analogica alle telecamere del Tg3: il direttore Bianca Berlinguer ne aveva fatto richiesta, ma “c’è già Rai News 24” rispondono, dimenticando che il segnale digitale copre solo il 30 per cento del territorio nazionale. “Si farà anche senza la tv” risponde il No B. Day: sono già pronte numerose dirette streaming, a cominciare da quella su noberlusconiday.org. “Saremo 350 mila” dichiarano gli organizzatori alla vigilia. Non temono la scaramanzia neanche per il meteo: “Domani a Roma splenderà il sole!” scrivono alla vigilia. 5 DICEMBRE. Oggi, la piazza. Per chiedere le dimissioni di Berlusconi. Per dimostrare che il Web è già, qui e ora, strumento di mobilitazione e di partecipazione. Per ribadire, una volta ancora, che la democrazia nel nostro paese è ancora viva e vegeta. E cammina sulle gambe di migliaia e migliaia di cittadini.

COME RAGGIUNGERE LA PIAZZA I punti di raccolta – per andata e ritorno – dei “violabus” previsti sono 3: Zona Tiburtina - Municipio 5 Zona Cinecittà - Municipio 10 Zona EUR - Municipio 12 Ad accogliere gli autobus ci saranno dei banchetti informativi.

ANDATA Come raggiungere piazza della Repubblica: Da zona Tiburtina: Prendere la metropolitana Linea B direzione Laurentina. Scendere alla fermata Termini. Da zona Cinecittà-Anagnina: Prendere la metropolitana Linea A direzione Battistini. Scendere alla fermata Termini. Da zona EUR: Prendere la metropolitana Linea B direzione Rebibbia. Scendere alla fermata Termini.

CORTEO Inizio Corteo Ore 14:00 da piazza della Repubblica. La fine della manifestazione è prevista per le 22:00. L’orario di ripartenza degli autobus è fissato entro e non oltre le 24:00.

RITORNO Come raggiungere i punti di raccolta da piazza San Giovanni: Da piazza San Giovanni: prendere Metropolitana fermate Manzoni o Re di Roma poiché la fermata San Giovanni rimarrà chiusa. Per zona Tiburtina Prendere la metropolitana Linea A sino alla stazione Termini o raggiungere la stessa a piedi. Prendere la metropolitana Linea B direzione Rebibbia. Scendere alla fermata più vicina ai vostri mezzi.

Per zona Cinecittà-Anagnina: Prendere la metropolitana Linea A direzione Anagnina. Scendere alla fermata più vicina ai vostri mezzi. Per zona EUR: Prendere la metropolitana Linea A sino alla stazione Termini o raggiungere la stessa a piedi. Prendere la metropolitana Linea B direzione Laurentina. Scendere alla fermata più vicina ai vostri mezzi.

NOTA BENE Gli organizzatori consigliano di utilizzare il servizio di metropolitana. Gran parte degli autobus dell’Atac, relativi alle tratte che incrociano il corteo, saranno deviate. Numero Atac da contattare per informazioni: 06.57003


Altro che bomba atomica, ora Fini dice: le parole del pentito sono da verificare. Timida tregua con B. Fino a quando?

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SPATUZZA: “HO PAURA A PARLARE DI BERLUSCONI D LUI FECE UN PATTO CON LA MAFIA”

Quirinal Communication

di Marco Travaglio

Un accordo ci fu di Peter Gomez

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essuno può dire se Marcello Dell’Utri, creatore e ideatore di Forza Italia, sarà condannato al termine del suo processo d’appello. Tutti però già oggi dovrebbero poter dire, con una ragionevole presunzione di certezza, che un accordo tra lui e Cosa Nostra vi è stato. E non perché lo ha raccontato ieri in aula il braccio destro dei fratelli Graviano, Gaspare Spatuzza. O perché l’accordo è stato dato per sicuro dalla sentenza di primo grado contro il senatore azzurro. Il punto è un altro. Le tracce evidenti di quel patto scellerato esistono da molto prima che Spatuzza decidesse di pentirsi. Le poche migliaia di persone che in questo paese conoscono – a causa delle colpevoli e non casuali negligenze dei media – gli esatti contorni delle inchieste siciliane sui rapporti tra mafia e politica, sanno bene come delle promesse di Dell’Utri abbiano spesso parlato boss di prima grandezza in colloqui captati dalle microspie. Da quelle “cimici” che oggi in tanti (troppi) vorrebbero di fatto eliminare. Lo ha fatto, per esempio, proprio l’uomo che in anni recenti si è ritrovato a sostituire i Graviano alla testa del mandamento mafioso di Brancaccio. Cioè Giuseppe Guttadauro, un ex viceprimario dell’ospedale Civico di Palermo, che nel 2001 spiega con disappunto a un altro membro di Cosa Nostra il motivo per cui il parlamentare azzurro non si era più fatto vivo con la mafia dopo le elezioni europee del 1999. Dice Guttadauro: “Dell’Utri non è più venuto a Palermo perché l’unica persona con cui parlava lo hanno arrestato. Quello con cui Dell’Utri ha preso l’impegno, ca fù ddu cristiano, chistu Iachinu Capizzi (il boss della Guadagna, ndr)”. La frase chiarisce bene perché oggi Dell’Utri sostenga (forse non a torto) che Spatuzza non è un pentito di mafia, “ma un pentito che lavora per la mafia”. In carcere ci sono frotte di mafiosi che si sentono presi in giro. Killer che, a partire dai Graviano, credevano davvero che un giorno sarebbero potuti tornare se non liberi, almeno in un regime di detenzione ordinaria. Ma lo Stato e, bisogna riconoscerlo, anche un pezzo importante del centrodestra, ha detto no. Perché, per la maggioranza di questo paese, gli eroi sono ancora Falcone e Borsellino e non Vittorio Mangano.

N

“Sì, sono un terrorista mafioso”. Parte così la deposizione del pentito sul biennio stragista, 1992-1993, che ha devastato il Paese pag. 4,5,6,7 z

Udi Antonella Mascali IL SENATORE PERDE LE STAFFE ominciano con un sorriso beffardo e si Cmomenti concludono con urla e insulti, gli ultimi di Marcello Dell’Utri nella maxi aula 2 di Torino.

pag. 4 z

Gaspare Spatuzza all’ingresso nell’aula del Tribunale di Torino. A sinistra, Marcello Dell’Utri (FOTO ANSA) Sotto, Vittorio Feltri visto da Emanuele Fucecchi

GIORNALE x Per la Cei ammissioni tardive

Feltri su Boffo: ho scritto il falso Retromarcia sulle vicende che portarono alle dimissioni del direttore dell’Avvenire. Forse per evitare risarcimenti Tecce pag. 9 z INTRODUZIONE INEDITA DI TRAVAGLIO QUADRO DELLE SENTENZE A OTTO ANNI DAL BEST-SELLER SCANDALO

npolitica

nmondiali

Ben Ammar, la Fininvest e i palestinesi

Sorteggio morbido per l’Italia

Amurri pag. 8z

DOPO LE SENTENZE MONDADORI E ALFANO

EDITORI RIUNITI

CATTIVERIE

Pagani pag. 16z

Al direttore era venuto in mente di aprire il giornale con il titolo “Spatuzza capo dell’opposizione”. È stato bloccato, con la forza

opo la quotidiana direttiva del presidente della Repubblica ai “mezzi di comunicazione” affinché non si lascino “assorbire dai comportamenti litigiosi o poco cooperativi che caratterizzano la nostra società politica”, ecco un breve decalogo per una stampa finalmente cooperativa, ottimista e non disfattista. 1. In caso di critiche, fuorionda o in onda, del presidente della Camera al presidente del Consiglio o viceversa, sostituire l’audio originale con un concerto di musica da Camera per viole e flauti traversi. 2. In caso di insulti degli on. Capezzone, Cicchitto, Bondi e Gasparri contro i giudici comunisti, o i giornalisti bolscevichi, o Fini, o Di Pietro, o contro tutti costoro insieme, far doppiare i suddetti onorevoli da un attore che declama “Tanto gentile e tanto onesta pare la donna mia quand’ella altrui saluta”, o altre rime baciate in Dolce Stil Novo. 3. In caso di dichiarazioni dei ministri Calderoli, o Bossi, o Maroni, o del sindaco Tosi o del prosindaco-prosecco Gentilini contro gli immigrati e/o contro l’islam in generale, sostituire le loro voci con l’audio di un documentario del National Geographic sul cinguettio degli usignoli a primavera. 4. Nel caso in cui il premier definisse “eroe” un boss sanguinario che, diversamente dallo sbirro Spatuzza, ha scrupolosamente seguito i dettami dell’omertà mafiosa, usare la formula di rito: “Duro attacco del premier alla mafia. Soddisfazione dal Quirinale e dalle maggiori autorità civili, militari e religiose”. 5. Se l’on. Dell’Utri chiede di abolire i pentiti e premiare l’omertà, nonché di abrogare il reato di concorso esterno in associazione mafiosa per cui è casualmente imputato, titolare: “Confermata la linea dura del governo contro tutte le mafie”. 6. Nell’eventualità in cui il capo del governo annunciasse di volere “strangolare” con le sue mani gli autori di film e di libri contro la mafia, sostituire il verbo “strangolare” con uno a scelta fra i seguenti: accarezzare, vezzeggiare, ringraziare, premiare. 7. In caso di insulti e minacce del presidente del Consiglio ai giudici della Corte europea, della Corte costituzionale, della Corte dei Conti, del Tar, del Consiglio di Stato, dei Tribunali penali e civili o delle Procure della Repubblica, dire che quelle frasi le ha pronunciate Totò Riina, per evitare disorientamento fra i lettori e i telespettatori. 8. In caso di insulti e minacce di membri del governo a trasmissioni libere quali Report e Annozero, affidare il commento a Minzolini e a Feltri: ci pensano loro. 9. In caso di abbracci fra il presidente del Consiglio e dittatori quali Gheddafi, Putin o Lukashenko, accompagnare le immagini con la seguente didascalia: “Berlusconi ritratto mentre, fingendo di abbracciare il tiranno, lo perquisisce di nascosto”. 10. In caso di manifestazioni di piazza contro il governo, ritoccarne gli slogan in senso più ironico e cooperativo. Esempio: “No B. Day” diventerà “Manifestazione per favorire il tanto auspicato dialogo sulle riforme fra governo e opposizione”. PS. Sono aboliti dal dizionario della lingua italiana i vocaboli che suonino eccessivamente conflittuali o poco cooperativi: scrivere “pace” al posto di “guerra”, “persecuzione” al posto di “processo”, “dialettica” al posto di “scontro”, “dibattito articolato” al posto di “botte da orbi”, “amorevoli consigli” al posto di “minacce” o “ricatti”, “democrazia” al posto di “regime”, “birichino” al posto di “traditore”, “puccipucci” al posto di “stronzo”, “infame” al posto di “pentito”, “politico diversamente onesto” al posto di “politico ladro” o “mafioso”, “cooperazione” al posto di “opposizione”, “seconda carica dello Stato” al posto di “Schifani”.


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Sabato 5 dicembre 2009

Sky manda in diretta l’interrogatorio Silenzio Rai e Mediaset

I

COSE LORO

eri i media italiani hanno offerto una copertura totale dell’udienza al processo di appello del senatore Dell’Utri a Torino. I portali di news hanno proposto aggiornamenti, foto, video, commenti durante il corso di tutta la giornata. I blog, hanno mandato in diretta audio le dichiarazioni del pentito. SkyTg24,

il canale all news della tv satellitare, ha coperto tutta la giornata con una diretta dal Palazzo di Giustizia di Torino. Sul tg24.sky.it, fin da subito disponibili i video con le deposizioni e un’intera sezione dal titolo: “Così parlò Spatuzza”. E la Rai? La Rai ha continuato placidamente il suo corso nel palinsesto di ogni giorno.

Ovviamente lontana dal preparare speciali per raccontare un’udienza seguita con grande attenzione anche dai media stranieri. Nel pomeriggio, invece, c’è soltanto da registrare il programma di Monica Setta, “il Fatto del Giorno”, che lancia un sondaggio di gradimento su Berlusconi: il presidente del Consiglio ne esce trionfatore.

SILVIO FURIOSO CONTRO GHEDINI: “NON LI HAI FERMATI” Vertice aperto ai peones: accuse assurde, lo denunciamo

Silvio Berlusconi di Stefano Ferrante

erlusconi entra nella sala del Consiglio dei ministri con un sorriso d’ordinanza, scolpito. Scherza con tutti, come al solito, ma è turbato, nervoso. L’udienza di Torino deve ancora iniziare e la tensione è altissima. Così il premier esordisce attaccando Annozero: “Sono andati in Inghilterra a cercare Mills, hanno realizzato addirittura un film in una trasmissione. È ora di finirla con queste messe in scena, questi processi

B

mediatici…”. Il pensiero dominante del premier però è per un processo vero, per la deposizione di Spatuzza. Berlusconi sbotta: “Nessuno può credere a quelle assurdità. Io il capo della mafia? È una macchinazione”. Poi si rivolge al ministro dell’Interno Maroni e gli chiede di elencare i risultati del governo nella lotta alla mafia. E Maroni, diligente, inizia a snocciolare l’elenco di arresti e sequestri. Ma quando gli comunicano che Spatuzza sta per iniziare a parlare il premier ha uno scatto

d’ira. Esce dalla stanza, e decide di andare di corsa a Palazzo Grazioli con Paolo Bonaiuti e Gianni Letta per seguire la diretta della deposizione del pentito. Aveva già deciso di annullare il previsto viaggio in Calabria, per assistere alla caduta dell’ultimo diaframma di una galleria dell’autostrada. Meglio evitare, alla vigilia del No B. Day, ogni rischio di contestazione, ora che per la prima volta i sondaggi riservati lo danno in consistente calo di consenso; meglio ascoltare Spatuzza, cercare di capire le mosse giuste per evitare di finire schiacciato nella morsa dei processi. Per questo accorre subito a Palazzo Grazioli anche l’avvocato-deputato Niccolò Ghedini. Dopo un po’ fa capolino anche Ignazio La Russa. La presenza del ministro della Difesa è un segnale politico, la dimostrazione tangibile che anche gli ex aennini sono con il premier, che la pace di Natale con i finiani è a portata di mano. Man mano che la deposizione di Spatuzza va avanti Berlusconi va in ebollizione. Si gira più volte verso Ghedini. “Dobbiamo fermare questo schifo, ora basta!” – tuona. Ghedini annuisce, prende nota delle parole di Spatuzza. Poi finite le dichiarazioni

del pentito il premier fa il punto. Bonaiuti è incaricato di gestire l’aspetto mediatico. La parola d’ordine è: “Nessun governo ha fatto quanto noi contro la criminalità organizzata”. Ghedini invece deve continuare a occuparsi della vera partita, la soluzione del rebus giustizia. Il processo breve è in pista, ma la strada è accidentata, l’iter rallentato. La sponda del Pd, diviso, sulla riforma della giustizia è assai improbabile e difficile così come il dialogo con l’Udc, ormai candidata a diventare punto di riferimento della magistratura delle correnti più moderate. Berlusconi, poi, resta diffidente nei confronti del Quirinale. Così Ghedini dovrà presto intraprendere una nuova battaglia, quella della legge sul legittimo impedimento – il disegno di legge firmato dal leghista Brigandì – che dovrebbe rendere più semplice per il premier giustificare le assenze ai processi per ragioni istituzionali puntando così alla prescrizione. Una soluzione che sarebbe considerata dai magistrati un male minore rispetto al

processo breve. Ghedini conta di emendare il testo in Parlamento in modo che i centristi e una parte del Pd non facciano barricate. La bruciatura del lodo Alfano è recente, i timori di un nuovo colpo di mannaia della Consulta sono da dissipare. Ma l’imperativo per Berlusconi è fare in fretta. Quando Bonaiuti gli dice che saranno ascoltati anche i Graviano, il premier ha un nuovo scatto d’ira. Chiama Ghedini, si sfoga di nuovo: “Perché non siamo riusciti a fermarli prima?”. L’avvocato del premier prende carta e penna per annunciare: “Siamo pronti ad azioni giudiziarie contro Spatuzza”. In fondo per Berlusconi l’unica buona notizia sono le parole di Fini sul pentito: “Senza riscontri rigorosi, le accuse restano soltanto parole”. Forse su questo fronte la tregua è possibile.

E a Palazzo Grazioli “in diretta” con Torino, c’è anche La Russa. Si accelera sul legittimo impedimento

Nomini Mangano e Dell’Utri perde le staffe UN PAIO DI DOMANDE SULLO STALLIERE DI ARCORE E IL SENATORE AGGREDISCE LA NOSTRA CRONISTA di Antonella Mascali

ratori e giornalisti si ammassano attorno al senatore di Forza Italia per ominciano con un sorriso beffar- chidergli il suo pensiero sull’ex mado e si concludono con urla e in- fioso del Brancaccio di Palermo: “Absulti, gli ultimi momenti di Marcello biamo fatto santo Spatuzza, ironizza Dell’Utri nella maxi aula 2 di Torino, Dell’Utri, io e Berlusconi siamo invedove è stato interrogato l’ultimo ac- ce efferati e sanguinari assassini… cusatore suo e di Berlusconi, il pen- Ha detto delle cose allucinanti, assotito Gaspare Spatuzza. Sono più o lutamente false… Il reato di concormeno le 14 quando il pg Nino Gatto so esterno in associazione mafiosa conclude l’esame di Spatuzza. Ope- deve essere regolato, chiarito meglio. Giovanni Falcone avrebbe denunciato SpatuzLA VERSIONE DEL PDL za per calunnia e lo farò anch’io”. “SONO LORO A VOLERE La cronista che scrive gli chiede BUTTARE GIÙ IL GOVERNO” chi, secondo lui, a mafia ha tutto l’interesse a manovrerebbe buttare giù un governo che sta Spatuzza. “Che lottando contro Cosa Nostra come ne so io. Chi lo nessun altro aveva mai fatto prima. sente”. Gaspare Spatuzza non è un pentito Quindi i pm? dell’antimafia ma un pentito della “L’ho già detto mafia”. Così ieri Dell’Utri in tribunale a che mi sembra loTorino prima della deposizione di gico pensarlo. Spatuzza. “La mafia ha votato per noi? Non me lo faccia Può essere” ha continuato il senatore ripetere. Mi facPdl, che poi ha parlato anche dei cia dire solo mezGraviano: “Quegli incontri non esistono, ze parole”. non ci sono mai stati, e non ho mai Senatore non saputo addirittura chi sono. Dicono faccia come anche che Provenzano mi ha mandato Spatuzza, che dei bigliettini: cose assurde, è un ha detto “con le teatrino, perché parlare di teatro sarebbe mezze parole si troppo. Sono sicuro che finirà tutto nel fanno i palazzi”. nulla – ha detto – perché non c’è nulla. Io Dell’Utri non racmandante delle stragi? Sono cose fuori coglie la battuta. dal mondo, si rischia di impazzire”. E’ rivolto verso altri giornalisti, ri-

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pete che “oggi il cielo è nuvoloso ma dopo questa deposizione domani ci sarà il sole”. Si gira di scatto e si tira in volto quando gli poniamo una domanda su Vittorio Mangano, boss del mandamento di Portanuova a Palermo, famoso per essere stato assunto come stalliere ad Arcore. “Anche se di cavalli non ne capiva niente”, ha detto Paolo Borsellino nella sua ultima intervista alla tv francese. Senatore perché lei non ha preso le distanze da Mangano, mafioso e omicida? “Mangano non è stato condannato definitivamente per omicidio”. Forse perché è morto prima. Comunque era un mafioso e lei ha sempre rivendicato la sua amicizia. “Ma cosa sta dicendo! – comincia a urlare – e comunque quando l’ho conosciuto io non si sapeva niente”. Ammesso che sia così, comunque dopo si è saputo che era mafioso. E’ stato per anni in carcere. “E allora? Questo non c’entra niente”. E ormai con il viso paonazzo, aggiunge: “Io mi riferisco alla mia vicenda personale!”. Ma lei è un senatore della Repubblica, rappresenta tutti i cittadini italiani, non può definire eroe un boss mafioso. E soprattutto non crede che non possa dirlo per rispetto alle vittime di mafia e ai loro familiari? Dell’Utri ormai è come un treno che sta deragliando. Strepita, insulta. Gli chiediamo di non alzare la voce, di non dire parolacce. Non ce la fa.

IL FATTO POLITICO dc

Il Pd e l’atomica di Stefano Feltri

er il Partito democratico Pgiornata quella di ieri era la per dimostrare se la linea morbida sulla giustizia di Enrico Letta reggeva anche nel giorno delle deposizioni di Gaspare Spatuzza. L’esplosione della “bomba atomica”, come l’aveva definita Gianfranco Fini nel famoso fuorionda che ha spinto Claudio Scajola a dichiarare il presidente della Camera “fuori dalla linea del Pdl”. Spatuzza conferma le trattative tra Silvio Berlusconi e la mafia, il presidente del Consiglio reagisce lasciando trasparire tutta la tensione del giorno, idem il senatore Marcello Dell’Utri, che insulta una cronista che gli chiede di commentare la deposizione del pentito. a il Pd non sembra M intenzionato ad approfittare di quello che succede. Il segretario Pier Luigi Bersani si limita a chiedere ai cronisti: “Non mi si faccia fare il magistrato, ne ho già tanti di mestieri da fare, tanti tranne quello”. La linea viene confermata dalla presa di posizione del responsabile Giustizia del partito, Andrea Orlando: “Credo che il compito della politica, soprattutto di fronte a processi che affrontano vicende tanto complesse e delicate della storia recente del nostro paese, sia quello di saper tacere”. Il Partito dei comunisti italiani chiede le dimissioni L’Italia dei valori lascia intendere la durezza delle proprie posizioni e oggi le espliciterà nel “No B. Day”, che ha contribuito a organizzare (ci sarà anche la presidente del Pd Rosy Bindi, ma non Bersani). ’opposizione sembra aver Lvoluta fatto una scelta, forse forse dettata dalle

Dell’Utri al momento dello sfogo

“Ma lei chi è ? Cosa cazzo sta dicendo? Il comportamento di Mangano è stato eroico, e-ro-i-co!. Vuole che glielo ripeta? Era in carcere, malato, volevano costringerlo a tutti i costi ad accusare me e Berlusconi e non l’ha fatto”. Come fa a dire che qualcuno ha cercato di costringere Mangano ad accusarla? “E’ vero. L’ha detto lui e il suo avvocato”. Senatore, perché Mangano dice il vero e Spatuzza no? “Ma che dice! Io non ho detto così”. Ha detto così, l’abbiamo ascoltata tutti. Perché Mangano-mafioso dice il vero e Spatuzza-mafioso dice il falso? “Ma che cazzo dice! Da dove cazzo viene lei?”. Sono siciliana. Dell’Utri si gira di spalle, si allontana e sibila: “E allora lei è di quella parte della Sicilia che fa schifo”.

circostanze. Mentre tutti erano concentrati su Spatuzza, parte l’assalto alla Finanziaria. Il gioco di sponda con Fini funziona. Pd, Idv e Udc scrivono una lettera al presidente della Camera per denunciare “l'annuncio di un emendamento unico del relatore che comprenderebbe tutte le proposte finora presentate dal governo”. E visto che Fini aveva richiesto esplicitamente che non ci fosse un maxiemendamento blindato dalla fiducia, doveva recepire. E quindi ha imposto che le discussioni continuino in commissione bilancio fino a lunedì. Poi si vedrà. É troppo presto per dire se dietro queste schermaglie si possa intravedere qualche scricchiolio strutturale dentro la maggioranza. Ma l’approvazione di una Finanziaria che doveva essere già scritta si sta rivelando molto più complessa del previsto.


Sabato 5 dicembre 2009

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“Autore1” e “Autore2”: protagonisti delle bombe a Firenze, Milano e Roma

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COSE LORO

a Corte d'Appello di Palermo, decidendo anche di sentire i fratelli Graviano, “ha intrapreso un percorso simile al nostro”, ha commentato così il procuratore capo di Firenze Giuseppe Quattrocchi che indaga sulle stragi del '93. Gli attentati compiuti fuori dalla Sicilia, per Spatuzza “non appartenevano” alla mafia, questo per Quattrocchi significa che secondo le rivelazioni del

pentito, le bombe di Milano, Firenze e Roma “travalicano la logica, seppure criminale, di Cosa Nostra: perché Spatuzza spiega quali sono gli sfondi su cui poggiano le stragi e li distingue come finalità, culturalmente”. Cioé, mentre eliminare Giovanni Falcone e Paolo Borsellino significava sbarazzarsi di nemici giurati dei boss, le altre bombe hanno un significato politico. Questo passaggio accredita

l'ipotesi portata avanti dalla Procura di Firenze: il “doppio binario”. Quello già adottato da Pier Luigi Vigna in precedenza ma che non portò a nulla: tutto fu archiviato per insufficienza di prove. Gli indagati “nascosti” erano Autore1 e Autore2. Il sospetto, alimentato in particolare da il Giornale e da Libero, è che dietro queste formule si possano essere celati i nomi di Silvio Berlusconi e Marcello Dell'Utri.

MILANO

CASO MILLS, FUGA PERPETUA Anche ieri assente. Il premier ha disertato l’udienza a Milano nel processo in cui è imputato per corruzione in atti giudiziari del legale inglese David Mills. I giudici della Decima sezione penale hanno riconosciuto il legittimo impedimento del premier fino a quella data, e sospeso i termini della prescrizione. È stato però riconosciuto il fondamento del solo impegno a Palazzo Chigi, e non quello dell’inaugurazione di una tratta della Salerno-Reggio Calabria. Cosa che non è piaciuta a Niccolò Ghedini: “È una grave intromissione - ha commentato - in quella che è la legittima attività istituzionale e politica del presidente del Consiglio”. Anche se il premier, a quella inaugurazione, ieri però non si è presentato. Ma Ghedini ha protestato anche definendo “impensabile” l’ipotesi che il premier “debba impiegare ogni mese, tutti i lunedì e tutti i sabati per un totale di 8-10 giorni davanti all’autorità giudiziaria di Milano”. Replica dei pm: “Ci sono tempi che devono essere certi rispetto alla prescrizione. O il processo verrà svolto in modo normale ma celere, o interverrà la prescrizione anche nel procedimento di primo grado”. David Mills (F

OTO

ANSA)

Il pentito Gaspare Spatuzza scortato ieri in tribunale a Torino (FOTO ANSA)

B. CON LE SPALLE AL MURO Dalle stragi alla trattativa: l’accusa di Spatuzza La mafia pronta a lasciare il premier

di Peter Gomez

ì, dagli anni Ottanta al 2000 ho fatto parte di un'associazione terroristico-mafiosa denominata Cosa Nostra”. Esordisce così Gaspare Spatuzza, il braccio destro del boss del Brancaccio, Giuseppe Graviano, mentre nella maxi-aula del palazzo di Giustizia di Torino, il silenzio sembra farsi di gelo. C’è gente dappertutto. Ci sono telecamere ovunque. Mai durante le centinaia di udienze - tra primo e secondo grado - del processo a Marcello Dell’Utri si è assistito a una cornice del genere. Nemmeno quando dietro il paravento, messo a protezione della figura dei pentiti, si sono seduti personaggi del calibro di Nino Giuffrè, l’ex capomafia di Caccamo, già uomo ombra di Bernardo Provenzano, che ben pri-

“S

ma di Spatuzza aveva parlato di un accordo tra i vertici di Forza Italia, e Cosa Nostra. Allora Giuffré raccontava come l’Ultimo Padrino, nel ‘94 avesse radunato tutti i boss per dire: “Loro sono persone serie. Di Dell’Utri ci possiamo fidare. Nel giro di dieci anni i problemi di Cosa Nostra saranno risolti”. Ma di anni ne sono passati 15 e anche se chi sta fuori può pensare di aver ottenuto dei risultati, quelli che sono in cella la galera continuano a mangiarsela. Certo, le supercarceri di Pianosa e l’Asinara sono state chiuse (dal centro-sinistra) e il 41 bis non è più quello di prima. Dopo che il carcere duro è stato “stabilizzato” per legge, più di 150 boss sono riusciti a farselo revocare. Persino qualche condannato per strage è finito in un regime di detenzione normale. Ma i Graviano, i Bagarella, i Rii-

LEGITTIMI IMPEDIMENTI

na, gli uomini dell’ala corleonese dura e pura, nelle loro celle singole, che i Graviano definiscono “una Guantanamo”, ci sono ancora. Dieci morti, dozzine di feriti dalle autobombe, una stagione di lucida follia è forse bastata per scendere a patti con Dell’Utri e il suo capo, Silvio Berlusconi, ma non per avere partita vinta. In ogni caso un fatto è certo. Le stragi anche per Spatuzza, esattamente come avevano certificato le sentenze definitive delle inchieste fiorentine, avevano uno scopo di terrorismo ed eversione. Dovevano servire per stringere nuovi accordi con la politica. Ed è proprio di questo che Spatuzza sembra ansioso di parlare. Il procuratore generale Nino Gatto è fin troppo sbrigativo nell’affrontare la ricostruzione della parte iniziale della sua carriera criminale che già il pentito ri-

di Carlo Tecce

Il salto del nastro e la “scomunica” del mons.

I

l ministro Altero Matteoli s'immola per il capo: “Vado io”. Avanti, guerriero. L'udienza Mills ormai è passata inesplosa, per qualche motivo ignoto a Bondi e dintorni, Silvio Berlusconi dovrebbe scendere sino a Reggio Calabria per celebrare l'abbattimento di un diaframma. Di una galleria, poi. L'altra volta il Consiglio dei ministri aveva intasato la giornata per una mezz'oretta, il tempo di un'alzata di mano, senza i calci nel sedere di Tremonti a Brunetta. A Palazzo Chigi sono addolorati: “A causa dell’approfondito esame di tutti gli argomenti all’ordine del giorno (macché, due sono stati rinviati!), il Cdm si è prolungato più del previsto. Per que-

ste ragioni, e per non far attendere le persone che lo attendevano a Reggio Calabria (come no, un gruppo di precari che contestavano!), il presidente del Consiglio ha preferito farsi sostituire all’evento”. Evento, proprio un kolossal. Nino Foti è un franco tiratore del Pdl: “Mi dispiace che il presidente non sia venuto in Calabria. Non c'è nulla da festeggiare, né tantomeno possiamo rallegrarci per una galleria”. Il vescovo di Palmi, trascorse tre ore di cristiana attesa, s'è fatto il segno della croce e via. Quando Matteoli s’è palesato con le forbici commemorative, il vescovo Luciano Bux era in Chiesa. E Berlusconi chissà dove. Forse a Panama.

percorre, sul filo della memoria, l’incontro del novembre del ‘93 con Giuseppe Graviano a Campofelice di Roccella: “Io gli disse ci stiamo portando morti che non ci appartengono. A Firenze abbiamo ucciso anche una bambina di cinque mesi. Ma lui rispose: ‘Ti sbagli perchè così chi si deve deve smuovere si smuove. Avremo benefici a partire dai carcerati perchè c’è una cosa in piedi”. Per Spatuzza era il primo segnale che poi avrebbe portato all’ormai celebre faccia faccia al bar Donei di Roma, in cui Giuseppe, felice come una pasqua, gli avrebbe detto “Abbiamo il Paese nelle mani. Abbiamo fatto un accordo con Berlusconi e con il nostro compaesano Dell’Utri. Sono persone serie non come quei quattro crasti dei socialisti”. Parole pesanti, ma perfettamente in linea, con le motivazioni della sentenza

Grande folla nell’aula bunker : stampa, tv e pubblico asserragliati per le rivelazioni con cui il senatore azzurro era stato condannato a 9 anni di reclusione per concorso esterno in associazione mafiosa. Solo che adesso c’è una novità. E non è piccola. Spatuzza che, per uno strano scherzo del destino, spiega di essersi convinto al pentimento (religioso) dopo una corrispondenza con Giuseppe Molinari, il vescovo dell’Aquila, considerato l’alto prelato più berlusconiano d’Italia, non è stato rinnegato da Cosa Nostra.

La sua famiglia di sangue, a partire dalla moglie, non vuole più sapere niente di lui. I fratelli Graviano dicono invece di rispettarlo. E Spatuzza, a sorpresa, in aula spiega di volere ancora oggi loro bene: “Giuseppe per me è come un padre e io provo un sentimento profondo di affetto per lui, per suo fratello Filippo, per il loro padre Michele che è stato ucciso, per loro loro madre, la signora Quartataro, e per la sorella”. Insomma Spatuzza sembra aver avuto un via libera al pentimento. Per questo Dell’Utri dice di essere finito nel mirino non di un pentito di mafia, ma di un “pentito della mafia”. E i suoi difensori, che evitano accuratamente di fare domande sul merito delle sue accuse, si limitano a sottolineare che, secondo loro, Spatuzza ha parlato del presunto accordo con Berlusconi e Dell’Utri fuori tempo massimo. Il pentito però spiega di non averlo fatto inzialmente “per paura” (Berlusconi, dice, era appena stato nominato presidente del Consiglio) e aggiunge che in ogni caso non voleva accreditarsi affrontando subito il capitolo mafia e politica. “Entro i 180 giorni (stabiliti dalla legge)”, dice, “ho però seminato indizi (su Berlusconi e Dell’Utri) parlando della Standa e di cartelloni pubblicitari (una vicenda di affissioni seguita personalmente da Giuseppe Graviano ndr), ho lasciato aperto qualche cosa per portare a termine la mia missione, se così possiamo dire. Cioè la mia missione di restituire verità alla storia”. In aula torna insomma ad aleggiare lo spettro del grande ricatto contro il presidente del Consiglio: fai qualcosa o qui ci mettiamo tutti a parlare. Il problema è che i ricatti per funzionare devono essere basati sulla verità. E di chiavi di lettura e di vicende perfettamente compatibili con quanto emerso, non da dichiarazioni di collaboratori di giustizia, ma

Il boss Giuseppe Graviano (FOTO ANSA)

persino dai documenti, Spatuzza ne fornisce molte. A partire dal rapporto preferenziale del clan di Brancaccio con quello di Porta Nuova, all’epoca diretto dall’ex fattore di Arcore, Vittorio Mangano. Siamo nel ‘93 e Spatuzza va a Porta Nuova per cercare di dare una regolata a un gruppo di ladri che si

“Sì, eravamo dei terroristi Penso sempre alla bimba di cinque mesi uccisa a Firenze” muove al di fuori degli ordini della famiglia. Cose del genere si fanno solo se c’è un accordo ad alto livello. Cioè se Magano e i Graviano sono una cosa sola. Un bel problema per l’imputato Dell’Utri che proprio nel novembre del ‘93, come risulta dalle sue agende, incontra Mangano. Anzi riceve una telefonata così trascritta dalle segretarie “Mangano sarà a Milano verso il 30.11. Cinque giorni prima convoca con precisione”. Convoca appunto.


pagina 6

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Tutte le verità di Spatuzza: “Ci hanno consegnato il Paese. Perché ho aspettato a collaborare? Perché Berlusconi era premier”

LA TESTIMONIANZA

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“L’UOMO DI CANALE 5 FECE IL PATTO CON COSA NOSTRA”

Ecco i passaggi più significativi della deposizione di Gaspare Spatuzza ieri nell’aula del Tribunale di Torino per il processo a Marcello Dell’Utri

“P

ER ADESSO io mi sto autoaccusando dell’attentato che riguarda la questione di via D’Amelio. Tutti gli attentati che sono stati compiuti al nord, parliamo dell’attentato di via Fauro in cui rimase coinvolto il dottor Costanzo; l’attentato di Firenze in cui hanno perso la vita 5 persone tra cui una bambina di pochi mesi, la piccola Nadia; l’attentato che riguarda Milano, via Palestro; il fallito attentato allo Stadio Olimpico di Roma contro i carabinieri; il fallito attentato al giudice Contorno e c’è qualche cosa d’altro che io non ricordo. (...) Nel luglio ’93 mi è stato dato da Giuseppe Graviano un incarico di fare un attentato nei confronti di patrimoni artistici, quindi noi ci troviamo prima di partire... Di compiere, quindi, questo attentato su Roma, quindi prima di partire per fare questo attentato mi sono state consegnate 5 lettere da imbucare la sera prima dell’attentato, e per me questa cosa già era un’anomalia, cioè il fatto che noi informavamo qualcuno di questi attentati, quindi questo mi ha fatto capire che c’era qualche cosa che si stava muovendo sul versante politico, se così possiamo dire. Presidente Queste lettere chi gliele ha date personalmente? Spatuzza Provengono da Giuseppe Graviano. (...) Io sono venuto a Roma per compiere gli attentati. Era il luglio ’93. (...) A fine ’94 avviene che Graviano ci spiega che dobbiamo uccidere un bel po’ di carabinieri e questo attentato si deve fare sul territorio romano, quindi c’è in previsione di fare questo attentato. Dissi a Giuseppe Graviano che per questa storia ci stavamo portando un po’ di morti che a noi non ci appartengono, sempre in riferimento ai 5 morti che erano avvenuti a Milano, i 5 morti che c’erano stati a Firenze, tra cui quella bellissima bambina, quindi era questo terrorismo era un qualche cosa che a noi ci apparteneva. Nell’immediatezza Giuseppe Graviano mi disse che era bene che ci portassimo un po’ di morti dietro, in modo che chi si deve muovere si dà una smossa. (...) Procuratore generale Ho capito, certi morti rientrano proprio – secondo quello che lei crede – nell’obiettivo di Cosa Nostra, questi altri erano un po’ diversi, ecco perché dice “morti che non ci appartengono”. Perché disse questo lei a Giuseppe Graviano? Spatuzza Perché c’è un’anomalia; (...) Giuseppe Graviano chiede a me e a Lonigro se capivamo qualche cosa di politica; sia io che Lonigro abbiamo detto di no; lui ci spiega che di questo è abbastanza preparato, quindi ci spiega e ci riempie di qualche cosa che se andrà a buon fine ne avremo tutti dei benefici, a partire dai carcerati. Questo incontro, quindi, si conclude con l’affidarci il progetto di questo attentato contro i Carabinieri, attentato che si doveva fare sul territorio di Roma.

LE BOMBE E LA SOLUZIONE FINALE Procuratore generale Ecco, prosegua: le dà l’incarico per l’attentato all’Olimpico. (...) Spatuzza Sì, noi siamo lì, per progettare e

NON LO DIRE IN GIRO

di Marco Lillo

CON LA “SPADA” DI MANTOVANO SULLA TESTA A lfredo Mantovano è considerato una delle poche persone serie che militano nel centrodestra. Da otto anni, con una breve interruzione, presiede la Commissione sui programmi di protezione per i collaboratori e testimoni di giustizia. Il sottosegretario all’interno con delega su questa delicatissima materia però ha ormai perso il suo aplomb istituzionale per confondersi con uno dei tanti scherani del presidente Silvio Berlusconi. Il sottosegretario non perde occasione di sparare a zero sul pentito Gaspare Spatuzza, che ha osato accusare il padrone del Pdl. Radio, agenzie di stampa e tv sono inondate dalle sue critiche alle dichiarazioni tardive e inutili del pentito. Il problema è che Mantovano, a differenza di un Gasparri qualsiasi, è il presidente della Commissione che ha potere di vita o di morte su quel pentito. E proprio il suo atteggiamento dà ragione, a posteriori, a Spatuzza. Il pentito ha dichiarato di avere atteso a parlare di Dell’Utri e Berlusconi perché temeva le reazioni politiche: “all’inizio ho fatto gli omissis sulla politica perché ho visto diventare Berlusconi premier e un uomo di Dell’Utri, come Alfano,

ministro della Giustizia”, spiega Spatuzza. Come previsto, appena ha fatto quei nomi, è partito l’attacco. Sorprende però che tra i tanti si sia scatenato contro di lui anche Alfredo Mantovano. Il sottosegretario ha sparato contro Spatuzza non solo perché ha parlato dopo i sei mesi previsti dalla normativa ma anche per quello che ha detto: “una sommatoria di dichiarazioni per sentito dire”. A breve Mantovano, in evidente conflitto di interessi, deciderà la sorte del pentito che accusa il suo leader Berlusconi, cioé chi lo ha candidato e fatto eleggere. Spatuzza sa bene di avere questa spada di Damocle sul capo. Dalla decisione della commissione sul suo programma di protezione dipenderà la sicurezza economica e fisica della sua famiglia. Secondo Luigi De Magistris dell’Idv, con le sue dichiarazioni “Mantovano non ha avuto rispetto della sua funzione istituzionale e ha anticipato il suo giudizio negativo sulla collaborazione di Spatuzza ponendosi in una posizione di incompatibilità con il suo incarico”. Una cosa è certa: prima di accusare Berlusconi, i pentiti d’ora in poi ci penseranno due volte.

portare a termine questo attentato, quindi lì si mette in pratica in moto questa situazione dell’attentato contro i Carabinieri. (...) Si parla di potenziare l’attentato e stavamo usando una tecnica che fino ad adesso neanche i talebani hanno usato, cioè unitamente all’esplosivo abbiamo messo più di 50 chili di tondino di ferro e vengono date le coordinate per un incontro che deve avvenire su Roma con Giuseppe Graviano.

LA SVOLTA E I NUOVI REFERENTI DI FORZA ITALIA Procuratore generaleChe cosa significa che le vengono date le coordinate e da chi le vengono date? Spatuzza (...) Le coordinate consistono nel fatto che devo andare a prendere Giuseppe Graviano a Roma in Via Veneto al Bar Doney. (...) Effettivamente aveva un atteggiamento abbastanza gioioso, potrei dire come di uno che ha vinto l’Enalotto, o quello che sia, la nascita di un figlio. Mi riferisce che avevamo chiuso tutto ed ottenuto quello che cercavamo; questo grazie alla serietà di quelle persone che avevano portato avanti questa cosa, che non erano come quei quattro “castri” socialisti che avevano preso i voti nell’88-’89 e poi ci avevano fatto la guerra. Mi vengono fatti i nomi di due soggetti: di Berlusconi, ed io chiesi a Graviano se era quello di Canale 5 e Graviano mi disse che era quello di Canale 5, aggiungendo che c’era di mezzo un nostro compaesano, Dell’Utri. Grazie alla serietà di queste persone, ci avevano messo praticamente il Paese nelle mani. (...) Comunque Graviano disse “l’attentato contro i Carabinieri lo dobbiamo fare, gli dobbiamo dare il colpo di


Sabato 5 dicembre 2009

Parole che fanno La impressione giornalista di Irene

Hernandez Velasco* Torino

S

CORTATO DA VENTI UOMINI, nascosto da un cappellino, celato da un Biombo, un paravento. Nessuno ha visto davvero Spatuzza quando è entrato nell’aula. Ed è stato impressionante sentire quella voce senza volto dire delle parole così precise, in quella stanza affollata di giornalisti ma anche persone comuni, molte giovani, in un'aria densa e grave, talvolta addirittura noiosa, e sentire allo stesso tempo la paura di quel luogo per ciò che il pentito stava dicendo e per la sicurezza del bunker sottoterra, con decine di poliziotti. Impressionante è stato sentire il presidente del tribunale rispondere a Dell’Utri che la testimonianza di Spatuzza era necessaria. Punto e basta. Impressionate è stato ascoltare il discorso del pentito: parlava bene, con precisione, pieno di dettagli e sorprendersi della forza delle sue parole al punto da dubitare per un momento sull'identità dell'uomo dietro il paravento. Solo un attore straordinario, o un uomo che ha deciso di dire tutto, di svuotare completamente la sua memoria e il suo animo, possono dire cose come le ha dette Spatuzza ieri. E capire che la decisione di rivelare le sue informazioni è giunta dopo un percorso lungo e personale, intimo; una conversione religiosa. In confronto a Spatuzza il procuratore sembrava noioso e pedante, interrompendone il racconto emozionante con richieste di precisazioni dovute ma che parevano in quel momento di tensione minime, quasi fuori luogo, facendogli perdere il filo del discorso. La narrazione del pentito ha invaso e occupato completamente la sala, a lungo concentrata anche se a un certo punto ho notato che Dell’Utri seguiva quasi distratto e in un paio di momenti a dato l'impressione di appisolarsi. Da quello che sentivo in aula mi veniva alla mente l'atmosfera del vostro paese: un clima brutto, come sentirsi dentro un periodo nero. E più nera di tutti mi sembrava la situazione del premier, sotto pressione da tutti i fronti:

ipse dixit ì

“CRASTI”

I socialisti inaffidabili

I

l “crasto’’ è il maschio della pecora, il montone, e il termine, in dialetto siciliano, viene usato per indicare una persona spregevole, inaffidabile e sleale. I socialisti sono “crasti” perché nell’87 avrebbero preso i voti della mafia tradendo le aspettative dei boss.

“MESSO NELLE MANI”

Ci avevano dato il Paese

“C

È il 26 maggio del 1993: esplode una bomba in via dei Georgofili a Firenze Cinque i morti, 48 i feriti (FOTO ANSA)

grazia!”. Il giorno prestabilito, che era di domenica, si compie questo attentato e nella mattina si inizia la fase per imbottire la macchina dell’esplosivo e quant’altro. Ci muoviamo con questa macchina che viene posteggiata allo Stadio Olimpico di Roma, perché l’attentato si doveva fare all’uscita dei Carabinieri, al termine della partita. (...) Ma il telecomando fortunatamente – non funziona.

I SEGNALI CHE NON ARRIVANO Procuratore generale Noi siamo fermi all’attentato all’Olimpico, dopo questo che cosa succede, a parte il fatto che siete tornati a Palermo, poi Lei è stato processato, è stato condannato, è stato detenuto e si ritrova al carcere di Tolmezzo? Spatuzza Questo avviene nel ’99. Grazie a Dio mi trovo ad incontrare le persone che io reputavo miei padri, se possiamo dirlo, i fratelli Giuseppe e Filippo Graviano. Questo avviene nel carcere di Tolmezzo. Io mi ero un po’ dissociato da “cosa nostra”, avevo preso le distanze chiedendo anche l’isolamento. Mentre sono isolato arriva Pippo Calò e mi aspetto che ci sia qualche dissociazione, quindi sono interessato perché già avevo cominciato un bellissimo percorso di ravvedimento, per me la dissociazione era qualche cosa di molto importante. (...) Quando termino l’isolamento diurno, ho la possibilità di incontrare direttamente Filippo Graviano e ci ritroviamo nello stesso gruppo, per cui chiedo notizie in merito a questa dissociazione. (...) Filippo Graviano stava malissimo, quindi l’ho visto un po’all’angolo ed ho cercato di sferrare un attacco

i avevano messo il Paese nelle mani’’, “mi sono messo nelle mani del male’’. Nel linguaggio mafioso vuol dire poter disporre a piacimento di una o più persone, senza alcun limite. Il concetto di appartenenza si dilata fino all’onnipotenza, al diritto di vita e di morte.

LA METAFORA

“Ci portiamo dietro un po’ di morti

V

ersione edulcorata del verbo uccidere. È un’espressione abituale dei killer palermitani, quando parlano tra loro di omicidi. ‘’Portarsi’’ dietro una persona vuol dire accompagnarla nel suo ultimo viaggio, determinandolo naturalmente in modo violento.

INTERFERENZE

di Stefano Ferrante

Vespa ronza anche in radio

O

tto in punto del mattino. Rtl 102,5. Chi ascolta pensa subito a un’interferenza. Perché il repertorio su Spatuzza, Berlusconi e i pentiti è (quasi) lo stesso di Porta a porta ( “ Il 41 bis ha profili di incostituzionalità”, “Le radio e le tv straniere accreditate al processo sono solo sette e la cosa la dice lunga sull’interesse…”, “Solo in Italia ai pentiti è permesso di dire qualsiasi cosa”, ecc. ecc.), ma questa volta al ronzio inconfondibile di Bruno Vespa, di tanto in tanto, se ne sovrappone un altro, più acerbo, quello di Vespa figlio, cadenza da deejay per bene. Tra una telefonata di un radioascoltatore, una canzone, un battito d’ali del giovane Federico, Bruno pontifica, si lancia, spiega senza freni. Ma senza i divani, le soubrette, il campanello, Bruno è solo con le sue parole, con il garantismo arcoriano. A reti unificate.

(a cura di Giuseppe Lo Bianco) più decisivo nel convincerlo, soprattutto perché in quegli anni abbiamo parlato tanto dei nostri figli per levarli da quel contesto, di non far loro vivere quello che avevamo vissuto noi, insomma, cercare di strappare i nostri figli da quel contesto. Feci leva, dunque, su questa questione. Ho avuto la sensazione che Filippo stava crollando, perché stava malissimo. A quel punto egli mi disse: “È bene far sapere a mio fratello Giuseppe che, se non arriva niente da dove deve arrivare qualche cosa, è bene che anche noi cominciamo a parlare con i magistrati!”. Procuratore generale Da dove doveva arrivare? Su questa frase non chiese qualche spiegazione? “Se non arriva niente . . . ” da dove doveva arrivare lei lo sa dire? Spatuzza Io so da dove deve arrivare qualche cosa. È una confidenza che mi è stata fatta da Giuseppe Graviano, avevamo chiuso tutto grazie

alla serietà di queste persone, nello specifico il Signor Berlusconi. . . Io non ho parlato con Filippo Graviano né del signor Berlusconi, né del signor Dell’Utri, ma io lo so perché nel ’93 mi è stata fatta questa confidenza. (...) (...) Procuratore generale Lei è al corrente di interessi economici dei fratelli Graviano che li possano collegare o a Berlusconi o a Dell’Utri? Spatuzza Sul quartiere Brancaccio c’è una cosa importantissima: nel ‘90/91 è stata aperta una Standa, che poi è un affiliato Standa, però già la stessa parola Standa mi dice tutto oggi! Tra l’altro credo che sia l’unica a Palermo per quello che mi riguarda, proprio sul quartiere di Brancaccio. Procuratore generale Questa Standa come l’ha collegata? Spatuzza Visto, che questi soggetti, in particolare il signor Berlusconi è proprietario di una Standa, visto che è l’unica Standa a Palermo e guarda caso al Brancaccio, credo con molta

de “El Mundo”: “Penso alla fatica di chi deve valutare tutto ciò” quello personale, quello giudiziario, quello della mafia e anche quello di governo. In una situazione del genere è difficile andare avanti, per lui ma anche per l'intero paese. Ma allo stesso tempo vedere le persone seguire il dibattimento mi ha fatto capire che c'è tanta gente che vuole sapere le cose oltre quello che gli viene raccontato, e molti sono giovani. Rispetto alla Spagna poi il confronto in aula mi è sembrato meno aggressivo, non si è quasi mai alzata la voce, solo uno scambio tra pm e difesa è stato più concitato. Tutto si è svolto in modo molto civile, nonostante la tensione di sottofondo. Alla fine, quando sono uscita dall'aula e sono tornata all’aria aperta ero felice di essere una giornalista e non un giudice, pensavo alla fatica e alle inquietudini di chi deve avere a che fare con rivelazioni come quella di Spatuzza e dove prendere decisioni in merito, e dover capire tra l’altro se quell'uomo dice solo la verità o mente. Io devo pensare solo a scrivere e al titolo del mio pezzo domani: “Il pentito che accusa Berlusconi conferma tutto: grossi guai per il premier”. * corrispondente de “El Mundo”

probabilità in società con i fratelli Graviano, perché la gestiscono i fratelli Finocchio.

PENTIMENTO E TERRORE Procuratore generale Vorrei che il signor Spatuzza mi dicesse il perché della sua collaborazione, cioè per quale motivo lui si è pentito. Spatuzza Nel 2000, come ho detto poc’anzi, mi ero dissociato da “cosa nostra”. Questo avviene direttamente con i fratelli Graviano, quindi avevo iniziato un bellissimo percorso di isolamento, di ravvedimento personale, dietro vedevo solo macerie e distruzione. Nel 2006, trovandomi nel carcere di Ascoli Piceno, devo ringraziare un cappellano che mi ha accompagnato in questo bellissimo percorso e mi ha fatto soprattutto leggere le Sacre Scritture. (...) A quel punto mi trovavo in un bivio: o amare Dio e Mammone, dovevo scegliere chi amare, o Dio o Mammone, ho deciso di amare Dio, quindi di rinnegare pubblicamente Mammone, se così possiamo definire “cosa nostra”. (...) Nel Gennaio del 2008 decido di collaborare con i magistrati, però i problemi sono tanti per la tematica che andavo a toccare, però il passo lo doveva fare, anche se le paure erano tantissime. (...) Perché sono attentissimo? Perché in quel periodo c’era il governo Prodi che, se non era caduto, stava per cadere, e la persona che io dovevo tirare in ballo l’avrei trovata al 100% come premier. Se questo avveniva un mese prima, posso dire che non avrei fatto quel passo decisivo della collaborazione, ma siccome già mi ero lanciato... quindi avvengono i primi colloqui investigativi con il dottor Grasso che è stato bravo per rassicurarmi. (...) Procuratore generale Perché ha aspettato tanto prima di fare il nome di Berlusconi e di Dell’Utri? Spatuzza I miei timori erano e sono tanti, bisogna vedere le date, perché quando iniziano i primi colloqui con i magistrati io mi trovo - come Primo Ministro - Silvio Berlusconi e, come Ministro della Giustizia, un soggetto che curava i circoli di Forza Italia in Sicilia, quindi io vedevo questo Ministro della Giustizia come una persona, un Vice del Primo Ministro, se si può dire, e un Vice del signor Marcello Dell’Utri.


Sabato 5 dicembre 2009

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POLITICA

BEN AMMAR E QUEI 15 MILIARDI DIMENTICATI PASSATI DALLA FININVEST AL CONTO DI CRAXI Il businessman ha affermato: erano soldi destinati all’Olp di Sandra Amurri

spiega che la Fininvest li ha versati su sua indicazione sul conto di Al Khateeb per sanare un debito. L’autrice di questo articolo, grazie alla preziosa disponibilità del collega palestinese Samir Al Qaryouti, riuscì ad intervistare Al Khateeb all’Hotel Palestina di Gaza che smentì l’alibi di Ben Ammar: ”Sono stanco di essere chiamato in causa, inseguito in ogni città del Medio Oriente da inviati speciali italiani. Per ora mi limito a respingere le accuse ma se continueranno ad infangare il mio nome e a coinvolgere l' Olp, accenderò la miccia. Scuoterò troni e farò cadere teste importanti, è meglio che la smettano di coinvolgermi. Sono disposto ad incontrare i giudici italiani anche domani”. Capelli brizzolati anello con rubino al dito medio e orologio d’oro al polso di Ben Ammar disse: “Lo conosco, esiste un rapporto di lavoro tra me e lui, non tra me e la Fininvest e sono sorpreso che mi abbia coinvolto in que-

l businessman tunisino Tarak Ben Ammar, socio di Berlusconi giovedì a Anno Zero per spiegare la destinazione di 15 miliardi provenienti dalla Fininvest finiti sul conto svizzero di Craxi che ha dato vita al processo All Iberian, soffocato dalla prescrizione e della depenalizzazione del falso in bilancio, ha affermato che si trattava di soldi per finanziare la causa palestinese. In verità trattasi di una favola smascherata già anni fa da un’intervista, a firma della sottoscritta pubblicata da Repubblica. Questi i fatti e il retroscena. Siamo nel 1995, Mauro Giallombardo, segretario di Craxi, interrogato da Di Pietro, attribuisce a Zuher Al Khateeb, avvocato di Arafat, la paternità di 15 miliardi inviati dalla Fininvest su un conto svizzero di Craxi. Il giorno successivo Ben Ammar, intervistato dall’allora direttore di Canale 5, Enrico Mentana

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sta operazione. Mi chiedo: ammesso e non concesso che avesse dovuto darmi quei 15 milioni di dollari, mi dite per quale motivo avrebbe dovuto ricorrere a questa operazione? Ripeto, nelle questioni di cui si parla non c'entro nulla. Non conosco il signor Berlusconi e non ho mai fatto da intermediario con lui. E da lui non ho mai ricevuto una lira. Non conosco i rapporti che intercorrono tra Ben Ammar e Berlusconi, quindi non sono in grado di rispondere. Ben Ammar si è scusato con me dicendo che si è trattato di un malinteso. Ma il motivo per cui l' ha fatto bisognerebbe chiederlo a lui. Io con il sistema delle tangenti su cui stanno egregiamente indagando i magistrati italiani non c' entro nulla”. Quindi la pista Al Khateeb sostenuta da Ben Ammar, secondo la quale si diceva che lui era l’avvocato dell’Olp e che quei soldi finirono alla causa palestinese servì per occultare la verità? "Non sono mai stato l'

S.A.

LA TESTIMONIANZA

I PALESTINESI SI AUTOFINANZIAVANO amir Al Qaryouti , giornalista italo palestinese quando ha sentito Tarak Ben Ammar dire ad “Annozero” che quei soldi erano serviti per finanziare la causa palestinese è saltato sulla sedia: “Una storia già chiarita tanti anni fa da Zuher Al Kaateb e anche dallo stesso Arafat. Ben Ammar dice che ha dato i soldi ai palestinesi, quali? Forse li ha dati a qualche gruppo, o a qualche palestinese. Faccia i nomi. Afferma di avere i documenti, allora perché non li ha mostrati ad “Annozero”? I palestinesi si autofinanziavano con gli stipendi dei palestinesi. Il governo italiano ha aiutato sempre la causa palestinese, Bettino Craxi era solidale e di

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questo gli siamo grati, ma sostenere di aver dato i soldi di Craxi ai palestinesi è ben altro e non è credibile. Ricordo che quando Ben Ammar parlò a Mentana, smantellai la sua tesi con un articolo sulla stampa araba che suscitò molto clamore e non pochi problemi a Ben Ammar tanto che mi invitò con Al Khateeb a Parigi. Ci andai. Ammar si scusò e ritrattò le sue affermazioni e Al Khateeb ribadì fermamente la sua estraneità ai fatti. Mi chiedo come mai di nuovo ora Ben Ammar tiri fuori questa storia! Per carità lui è libero di agire come vuole e di dire ciò che vuole ma non può usare la causa palestinese come copertura per le sue necessità”.

avvocato dell' Olp - rispose Al Khateeb - non ho mai ricevuto alcun incarico da parte dell' Olp per curare questioni legali, ma come ogni cittadino palestinese considero l' Olp la mia identità. Sono segretario generale dell' unione dei giuristi palestinesi e membro del Consiglio nazionale palestinese. Penso che il nome dell' Olp venga usato per alzare il tiro, so per certo che i legali di Giallombardo hanno mandato un messaggio ai magistrati milanesi che se avessero toccato Al Khateeb si sarebbero resi responsabili della rottura dei rapporti tra gli arabi e gli italiani con enormi conseguenze per l' economia del vostro Paese. Di me hanno scritto che controllo i conti lussemburghesi delle tangenti destinate ai socialisti italiani. Addirittura sul Corriere della sera ho letto che un giornalista mi

avrebbe telefonato mentre mi trovavo a Kiev. Non ho mai parlato con un organo di stampa italiano, questa è la prima intervista che rilascio e soprattutto non sono mai andato in Ucraina, come testimonia il mio passaporto. Non ho alcun rapporto con Craxi, non lo conosco. So naturalmente chi è, e so che come tanti altri politici italiani era amico del popolo palestinese. Ho conosciuto Giallombardo tramite Balzamo, che era rappresentante dei giovani socialisti ed io di quelli palestinesi. Acquistai con Giallombardo una società panamense con conto in Lussemburgo". Il conto Hambest, su cui arrivarono i soldi della maxitangente Enimont? "Hambest era uno dei tanti conti. Giallombardo curava la società per conto mio". Quindi i soldi girati su quel conto sono suoi? "Assolutamente

no, la società era gestita esclusivamente da Giallombardo. Io possiedo una lunga lettera dell' International Bank of Lussemburgo che testimonia che io non ho alcun rapporto con il flusso di soldi che sono girati sul mio conto". Allora i suoi conti sono stati usati a sua insaputa per far transitare soldi provenienti dalle tangenti? "Potrebbe essere ma non posso dirlo, questo debbono dimostrarlo i giudici, sono pronto ad essere ascoltato”. Fine dell’intervista, acquisita dal pool Mani Pulite che sarebbe dovuta uscire su Panorama, per cui l’autrice di questo articolo scriveva ma che la proprietà impedì di pubblicare all’allora direttore Andrea Monti che aveva sempre difeso con coraggio la sua libertà e quella dei colleghi pubblicando inchieste su Dell’Utri, sui fondi neri di Publitalia, su Previti e quando non riuscì più a farlo, da lì a poco, per non piegare la schiena, si dimise. L’intervista fu poi pubblicata da Repubblica. In attesa dell’uscita venni invitata da Ben Ammar a Parigi con Al Khateeb e il collega palestinese ma, ovviamente, non andai. Negli uffici di via Paleocapa ricevetti anche il gentile consiglio di Confalonieri di non dare l’intervista a Repubblica accompagnato fra l’altro da una frase che non si può dimenticare: “Capisco che chiedere ad una giornalista di rinunciare a uno scoop sarebbe come chiedere a Gullit di non fare goal a porta vuota, ma…” La risposta fu che il mestiere di giornalista conosce solo il prezzo della fatica, compresa quella messa per realizzare un’intervista di quel tipo, in quel contesto particolare.

Sopra Tarak Ben Ammar (FOTO GUARDARCHIVIO)

Sotto a destra Gianfranco Fini e a sinistra Fabio Granata

Fini disinnesca la bomba Spatuzza “SENZA RISCONTRI, LE SUE SONO SOLO PAROLE” di Sara Nicoli

enza riscontri, quelle di “S Spatuzza sono solo parole". Lo dice Gianfranco Fini. Ed è il segnale, atteso fin da ieri, che il nuovo patto tra lui e Berlusconi sta per essere siglato. La riflessione è stata breve, in fondo, ma ha portato consiglio: “Se si va a votare perdiamo tutti”. Eccolo il collante che, alla fine, sta favorendo la tregua: la paura del voto. Malgrado i proclami e le tentazioni di arrivare al colpo di spugna elettorale proprio

Il Presidente della Camera vuole Bocchino o Granata nel coordinamento del Pdl

per scrollarsi di dosso i “traditori”, per il Capo il ricorso alle elezioni anticipate rappresenta davvero un salto nel buio. Gli ultimi sondaggi parlano di un Pdl in forte contrazione in alcune regioni del nord dove si voterà a marzo (una è il Veneto), ma soprattutto la popolarità del premier ha subito un tracollo nelle ultime tre settimane a causa proprio – secondo i suoi sondaggisti – della litigiosità emersa nel Pdl e il pericolo di un’imminente rottura. Meglio rinsaldare le fila, dunque, anche se si tratta palesemente di una ricucitura destinata a saltare alla minima turbolenza. Che potrebbe essere anche il voto sulla cittadinanza agli immigrati, ma intanto si naviga a vista. Fini venderà a caro prezzo la decisione di non strappare. Lunedì prossimo si riunirà ufficiosamente con i suoi fedelissimi per stilare un “elenchino della spesa” contenente tutte le richieste da presentare a Berlusconi in cambio di “una nuova ripartenza dell’alleanza e del

Pdl” come auspicato da Fabrizio Cicchitto, uno dei principali e operosi pontieri tra i due co-fondatori del partito. Saranno i punti che costituiranno una sorta di “patto del Panettone”, un modo anche ironico per sottolineare “che nel partito – dice un fedelissimo di Fini – tutti hanno voglia di mangiarlo e non di andare a casa”. Alla base dell'accordo, dove secondo Bocchino si dovrà "rinegoziare il patto di nascita del Pdl" ci dovrà essere la presa d’atto di Berlusconi che “le idee di Fini – dice la direttrice del Secolo, Flavia Perina – non sono le sue ma quelle del Ppe, a cui tutti facciamo riferimento e se si espellono le idee di Fini si rischia di scivolare non tanto nel pensiero unico ma verso il pensiero vuoto, un sistema di potere senza visione né disegno dove il pluralismo di opinioni si traduce nel reato di lesa maestà; tutto questo è molto stupido e in politica è un peccato davvero molto grave”. Insomma, Fini vuole essere riconosciuto a pieno ti-

tolo co-fondatore del partito, vuole che al suo think tank FareFuturo sia data piena legittimità di alimentare la crescita “di una nuova destra capace di parlare – dice ancora la Perina – alla classe media di questo paese, oggi disorientata, nel nome del senso dello Stato, del rispetto delle istituzioni e delle divisioni del potere”. Per rendere tutto questo qualcosa più di un bel mucchio di parole, Fini pretenderà da Berlusconi un allargamento dell’attuale coordinamento del Pdl; accanto

agli attuali Bondi, Verdini e La Russa dovrà entrare anche un suo devoto, o Italo Bocchino (che andrebbe bene anche a Berlusconi) o Fabio Granata (che, invece, a Berlusconi non va bene per niente). In ultimo, uno scambio; il via libera, senza scosse, al legittimo impedimento in cambio dell’appoggio sulla cittadinanza agli immigrati. Presupposti che hanno fatto dire ai più vicini a un Berlusconi in

evidente difficoltà che l’accordo si può fare. E’ probabile che Fini e Berlusconi si vedano già mercoledì prossimo, alla vigilia del delicato voto alla Camera su Cosentino su cui è stato già operato un forte pressing (via Bocchino e Granata) per evitare colpi di testa. Per mangiare il panettone, par di capire, anche il Cavaliere è disposto a scendere a patti. Ma non è detto che reggano fino alla Befana.


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Sabato 5 dicembre 2009

DISINFORMAZIONE

LE SCUSE PREVENTIVE

Feltri reo confesso nei confronti di Boffo: per evitare risarcimenti e il rischio radiazione? di Carlo

Tecce

crive alla gentile signora Eva Cambra, un’improbabile lettrice. Vittorio Feltri, in versione marzulliana, prepara una (finta?) domanda per darsi una risposta. Reo confesso. Un pertugio sulla prima pagina de Il Giornale e un rettangolo all’interno (sbagliando il richiamo), in ritardo di due mesi dall’informativa patacca, mai potranno giustificare l’assalto mediatico a Dino Boffo, costretto a dimettersi dalla direzione di Avvenire per una presunta questione di condanne e molestie. Quelle poche righe, firmate forse con qualche preoccupazione da VF, sono una precauzione: Boffo potrebbe querelare e chiedere risarcimenti, l’esposto all’Ordine dei giornalisti potrebbe persino provocare la radiazione. Le repliche fanno male. E

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quei due anni con la baionetta in spalla, spesi a cercare piste sconvolgenti su Antonio Di Pietro, nel 1997 calarono mestamente con un perdonateci, per favore: “Controbotto. Non c’è il tesoro di Di Pietro. Non ha proprio visto un soldo”. Fine del primo mandato a Il Giornale. Le scuse di Feltri a Boffo sono all’apparenza la notizia, il vero scoop – quello sì da titolone a nove colonne – sono le contraddizioni che strabordano comparando il Feltri frizzante d’agosto al Feltri conciliante di dicembre. Redenzione del 4 dicembre: “Il cosiddetto dibattito politico aveva lasciato il posto al gossip usato come arma […] Persino l’Avvenire, di solito pacato e riflessivo, cedette alla tentazione di lanciare un paio di petardi. Niente di eccezionale, per carità”. Altri toni il 29 agosto: “Boffo è il capofila dei moralisti impegnati a lan-

GUERRA DIGITALE

ALL NEWS, BAD NEWS lla guerra del digitale terrestre bisogna andar ben attrezzati: per questo Mediaset sta organizzando una redazione di un centinaio di giornalisti per fronteggiare Sky sulla piattaforma televisiva che nei prossimi anni acquisirà sempre più peso (economico e sociale), importanza (strategica) e influenza (anche politica). Giornalisti che migreranno – secondo le intenzioni dei vertici di Cologno Monzese – dalle attuali redazioni del gruppo televisivo (Studio Aperto, Tg4 e TgCom, per ora esenti quelli del Tg5): alla loro testa Mario Giordano. Formeranno un’agenzia interna a Mediaset per distribuire contenuti alle varie testate e contribuire a creare soprattutto un canale all news sul digitale, rafforzando così la capacità di fare notizie e produrre contenuti del Biscione. La notizia non è stata presa bene dalla redazione del Tg4, il cui Cdr parla di “smantellamento della testata”. C’è tempo per digerire la novità, o contrastarla: l’agenzia dovrebbe partire nella primavera 2010.

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ciare anatemi contro Berlusconi per le sue vicende private […]. Il dottor Savonarola aveva una relazione omosessuale. Il numero uno di Avvenire è un tipo che prima di parlare male di altri dovrebbe guardarsi allo specchio”. Oggi amici come prima. 4 dicembre: “Personalmente non mi sarei occupato di Boffo, giornalista prestigioso e apprezzato”. Arringa del 2 settembre: “Però il molestatore, per favore, la smetta di negare e di strillare che il Giornale si è costruito in casa un dossier bugiardo. Finora qui di bugiardo c’è solo lui. Il quale, se avesse ammesso subito la consistenza della notizia, avrebbe fatto cessare il polverone nel giro di 24 ore”. Ammissione del 4 dicembre: “Forse sarebbe rimasta piccina (la vicenda, ndr) se Boffo, nel mezzo delle polemiche (facile a dirsi, adesso), invece di secretare il fascicolo, l’aves-

se reso pubblico, consentendo di verificare attraverso le carte che si trattava di una bagattella e non di uno scandalo”. Stoccata finale del 2 e 4 settembre: “Non si tratta del piacere perverso di ficcare il naso nel privato di un uomo di potere, quanto, piuttosto, di documentare il doppiopesismo di certa stampa. Missione compiuta. […] Ci premeva soltanto dimostrare che le sue prediche (di Boffo) erano in contrasto con il suo stile di vita privata. Il pulpito da cui provenivano non era idoneo”. Muta-

Vittorio Feltri e Dino Boffo ( FOTO ANSA)

zione completa del 4 dicembre: “Boffo ha saputo aspettare tenendo un atteggiamento sobrio e dignitoso che non può che suscitare ammirazione”. Un grazie per l’inazione di Boffo che – dicono fonti vicine al giornale dei vescovi – “mai e poi mai vorrebbe incassare i soldi di Feltri”. Boffo è all’estero, non si scompone, consegna una nota al sito di Avvenire: “Un pensiero alle persone e alle famiglie che sono state incautamente tirate in ballo, e l’auspicio che almeno in questa circostanza vengano lasciate in pace”. L’editoriale di Feltri sollecita l’orgoglio della Conferenza episcopale, del successore Marco Tarquinio (“Clamorosa e importante retromarcia”) e di chi, sin dall’inizio, aveva

L’attuale direttore di Avvenire, Tarquinio: “Clamorosa e importante retromarcia”

difeso il direttore. Il portavoce della Cei è poco misericordioso con Il Giornale: “L’articolo conferma il valore della persona del dottor Boffo che, ancora prima delle tardive ammissioni di Feltri, si è volontariamente fatto da parte – conclude monsignor Domenico Pompili – per non coinvolgere la Chiesa, sempre servita con intelligenza e passione”. Il messaggio del cardinale Bagnasco, preparato per un convegno sull’etica dell’informazione, è intonato alla cronaca di giornata: “Anche nella realtà dei media si avverte l’importanza e l’urgenza di padri e maestri che con la loro testimonianza professionale, umana e cristiana, sappiano indicare ai giovani la strada del servizio alla verità in alternativa a quella del protagonismo”. Feltri ascolta, poi rettifica: “Né scuse né lacrime”. Soltanto una preghiera che finisca qui.

LOTTIZZAZIONI

UNA CHIUSURA “NUDA E CRUDA”: CANCELLATA LA FOSSÀ imossi come macerie. Tre anni liquidati in due secondi: Rè finita”. “Mi ha convocato nella sua stanza. Un attimo. Lapidario: E così da gennaio Nudo&Crudo sarà cancellato dai palinsesti di Radio Uno, la conduttrice Giulia Fossà sarà disoccupata ed Enzo Ghinazzi in arte Pupo, rinomato intrattenitore, potrà parodiare le sue canzoni. Un amaro gelato al cioccolato. Rientra nelle logiche di lottizzazione, una brutta parola per motivare quel senso di precarietà che travolge idee, progetti e strutture. Anche chi promuove successo. E Nudo&Crudo, da tre stagioni, registrava il segno più nelle classiche di settore. Non vale per l'immunità al cambio di guardia che coincide con i traslochi a palazzo Chigi: via Antonio Caprarica, nominato durante il governo di Romano Prodi; ecco Antonio Preziosi, ultimo ritocco espresso dal consiglio di amministrazione Rai di centrodestra. In estate, durante la sosta, Preziosi fa recapitare il primo avviso di sfratto. Un segnale dal sapore politico, tra il diplomatico e l’interlocutorio: il programma viene accorciato e rinviato dalle dieci del mattino all'ora di pranzo. Tre mesi di silenzio: “Chiedo di parlare con Preziosi. - spiega la Fossà - Non mi rispondono. Normalità apparente”. Strana quiete. Il 2 dicembre, all'improvviso, la Fossà riceve una chiamata di Preziosi: si vedono, non discutono. La decisione è perentoria:

“Con l'anno nuovo termina la tua esperienza”. A Nudo&Crudo mescolavano con sapienza attualità, libri, un po' di politica, un po' di vita. Cosa succederà domani, se oggi l'ansia di censura tenta di sopprimere mezz'ora di libertà? “Chissà. Quel che fa male – aggiunge la Fossà – e che manchi il rispetto per le persone, per un gruppo di lavoro. Messi alla porta, senza alcuna esitazione e, soprattutto, senza un perché da consumare per darsi pace”. Gli ascoltatori sono l'unico sollievo, l'unico sostegno per continuare con la data di scadenza addosso. Sulle pagine di Facebook lanciano petizioni e trasmettono affetto. Scrivono poesie per contestare il direttore: “Rendere rapida e globale l’informazione: il “sogno” tuo riposi. E poi chiudi Nudo&Crudo. Progetti un po’ scadenti, assai poco Preziosi”. ca.te .

Preziosi, il nuovo direttore di Radio Uno, elimina un programma di successo


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Udienza di convalida le arrestate si difendono

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CRONACHE

i sono difese davanti al gip di Pistoia Laura Scuderi e Elena Pesce, la titolare e la sua assistente dell’asilo Cip e Ciop di Pistoia, dove i bambini venivano maltrattati, arrestate tre giorni fa dalla squadra mobile. L'udienza di convalida è avvenuta all’interno del carcere di Sollicciano, a Firenze, dove le due donne si trovano, ed è durata alcune ore.

Secondo l’avvocato Giacomo Dini, che tutela gli interessi della Pesce, “l’indagata ha commentato il video e ha risposto alle domande del gip. Però, se devo dire la verità, quell’asilo non mi è sembrato quel lager di cui si è scritto". Per entrambe, il pm ha chiesto la custodia cautelare in carcere. Intanto è arrivato dal Garante un monito alla stampa, perchè “non si possono

diffondere scene di maltrattamenti su minori se non oscurando in modo adeguato i volti dei bambini”. Volti che comunque sono la chiave per arrivare ad un elenco completo delle vittime di questa brutta storia: la squadra mobile, che va avanti con le indagini, sta mostrando in queste ore ad altri genitori il filmato girato con le telecamere nascoste.

“HO MANDATO MIA FIGLIA IN QUEL NIDO PER UN’EDUCAZIONE RIGIDA, MA NON COSÌ” A Pistoia genitori sotto choc dopo i video delle violenze La struttura era stata accreditata in agosto di Giampiero Calapà

istoia, città premiata dall’Unicef come eccellenza per la difesa dei diritti dei bambini, è sotto choc per la scoperta dell’asilo degli orrori e della lucida crudeltà di sedicenti educatrici. Erano anni che giravano strane voci sul “Cip Ciop”, che hanno anche fatto prendere la decisione ad alcuni di cambiare l’asilo dei figli. Senza mai far scattare, però, quel passo in più avvenuto in questi giorni con le indagini e l’arresto in flagranza di reato. Queste voci, sempre più insistenti negli ultimi mesi, sono diventate oggetto d’indagine quando l’agente Stefano, in servizio alla polizia stradale, ha deciso di mettere insieme diversi racconti di amici: bimbi terrorizzati dal buio, con spalle lussate, segni di percos-

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Un fermo immagine delle violenze al nido “Cip Ciop” (FOTO ANSA)

COME APRIRE UN ASILO

REGIONE CHE VAI DECRETO CHE TROVI di Caterina Perniconi

er aprire il mio asilo nido mi hanno chiesto di tutto, anche il gruppo sanguigno. Non capisco proprio come possano verificarsi situazioni del genere”. Claudia Ciaralli è un’educatrice che ha avviato lo scorso anno l’asilo “Gli scoiattoli” a Roma. L’apertura di una struttura educativa per bambini da 3 mesi a 3 anni è disciplinata dalla Legge nazionale 1044/71, ed è soggetta a decreti regionali spesso diversissimi tra loro. E, nel caso di asili privati che chiedano convenzioni comunali, anche dalle disposizioni del Comune. Nel Lazio, per esempio, sono previsti 10 metri quadri per ogni bambino, e un’educatrice ogni 6. Gli spazi devono essere collocati tutti sullo stesso piano. A Roma, per essere accreditati alle strutture pubbliche, bisogna avere delle aree esterne dedicate al gioco e la cucina in sede. In Toscana, i parametri sono più flessibili: 6 metri quadri per ogni bambino e un’educatrice ogni 9 sopra i 18 mesi. Le strutture pubbliche del comune di Roma sono dotate di un coordinatore che visita gli asili quotidianamente e riferisce sulle loro condizioni. “Quando ho visto il video delle maestre di Pistoia in tv – racconta Claudia – per prima cosa non ho pensato a me come educatrice ma a me come mamma. Io ho due bambine di 4 e 2 anni, e la piccola frequenta un altro nido. Fatti così gravi danneggiano inevitabilmente tutta la categoria, perché anche chi si comporta in modo ineccepibile rischia di essere sfiduciato dalle famiglie. Molti genitori, in questi giorni, ci chiedono cosa ne pensiamo, o come possa succedere ma io davvero non so spiegarglielo, perché per noi i bambini sono sacri”. L’iter per l’apertura di un asilo nido a Roma prevede 90 giorni di attesa dopo la presentazione della domanda, che richiede una certificazione molto dettagliata. Dai documenti personali del richiedente ai certificati giudiziali, dalle caratteristiche dell’immobile ai certificati Asl e dei vigili del fuoco, dal curriculum dei lavoratori al progetto educativo che si intende perseguire, fino all’analisi dei costi. Ma spesso, anche se dal punto di vista urbanistico e

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se e maltrattamenti. Stefano ha un figlio e tre anni fa il piccolo era stato proprio in quel nido: “Qualche comportamento strano forse lo notai anche io all’epoca, ma nulla che mi potesse far presagire ciò che è venuto fuori in questi giorni. Ora sono solo contento di aver passato le informazioni ai colleghi la scorsa estate per scoperchiare quest’orrore. Quanto a mio figlio, non so se anche lui abbia subito violenze, ma credo di non volerlo neppure sapere”. In una zona periferica di Pistoia, Daniele e Angela, 38 e 37 anni, operaio e impiegata, aprono la porta. Daniele ha in braccio un angioletto biondo di 14 mesi, impossibile descrivere la sensazione provata pochi minuti dopo, mentre la stessa bimba compariva nel filmato mostrato dai genitori: Anna Scuderi, la titolare dell’asilo privato, ora a Sollicciano insieme alla maestra Elena Pesce, strattona violentemente la piccola per la testa, perché la bimba non vuole mangiare. Sono le 10,20, la mamma prima di portarla in asilo, dieci minuti alle nove, le aveva dato la colazione. Per terra, ordinatamente seduti in fila, gli altri bambini. Zitti e immobili. Uno di loro tiene le mani sul viso, non vuol guardare. E’ lo stesso che in una sequenza successiva si avvicina alla piccola per accarezzarle la mano, strisciando per terra, come per passare inosservato agli sguardi della “strega cattiva” allontanatasi un attimo. La figlia di Daniele e Angela non mangia con regolarità da 20 giorni, terrorizzata dal cucchiaino. La madre non dorme da 72 ore e “la notte ho solo un pensiero ricorrente: andare a

organizzativo la struttura è corretta, non è facile controllarne la gestione. “In alcuni nidi vengono installate telecamere a circuito chiuso – spiega Claudia - che possono servire sia da controllo che da ‘racconto’ per le famiglie. Secondo me è un’iniziativa positiva che vorrei portare anche nel mio istituto, perché così i genitori possono vedere periodicamente cosa fanno i loro bambini all’asilo ed aiutarli nel processo educativo. E anche noi, ci sentiremmo più tutelate rispetto al nostro lavoro”. Il convenzionamento prevede che la struttura privata riceva dal Comune contributi finanziari per ogni bambino iscritto proveniente dalle lista d’attesa dei nidi comunali, ad integrazione della tariffa pagata dalla famiglia del bambino. A Roma gli asili nido pubblici sono 195 e i convenzionati 185. “La struttura di Pistoia aveva recentemente ottenuto la convenzione – dice Claudia – e io non mi spiego come. C’erano solo due educatrici fisse con 30 bambini, l’asilo dalle immagini sembra SGOMBERI un bunker, ma soprattutto avevano uno strano modo di farli mangiare da soa risposta della città e delle istituzioni li. Invece il cibo alla presenza dei rom non può essere dev’essere un l’azione di forza, senza alternative e divertimento, così come il rito prospettive, senza finalità costruttive”. La del pranzo, è imcondanna allo sgombero del 19 novembre portante che i al Rubattino arriva dalla voce del cardinale bambini mangiTettamanzi, nel suo “Discorso alla città”, no insieme”. pronunciato ieri nella basilica milanese di E per chi volesse Sant’Ambrogio. Già il titolo dell’orazione aprire un nido sul era significativo: “Milano torni grande con web impazzano la sobrietà e con la solidarietà”. Parole corsi per l’apertura e kit con cd rom dure nei confronti delle decisioni della su come avviare giunta Moratti, poste invece di fronte alla un centro servizi “silenziosa mobilitazione e all’aiuto per l'infanzia. concreto portato alle famiglie rom da Comprensivi di foto.

Sollicciano a percuotere quella donna, a sbatterle la testa, legarla, quello che faceva ai nostri figli”. Tutti i genitori coinvolti - in un primo momento divisi, perché c’era chi non ci voleva credere, chi pensava a un grande equivoco - due sere fa si sono riuniti per vedere i filmati. Ora sono convinti dell’orrore e si costituiranno parte civile, forse creando anche un’associazione. Si costituirà anche il Comune e l’assessore Rosanna

La titolare e la maestra detenute in isolamento nel carcere di Sollicciano Moroni spiega: “Quella struttura era stata accreditata proprio lo scorso agosto (quando cominciavano le indagini, ndr): è una precondizione per ottenere la convenzione con il Comune e quindi fondi pubblici. E’ un iter di autocertificazioni, il Comune può procedere con qualche controllo, ma è ovvio che quando siamo andati noi tutto era al suo posto e in ordine, non possiamo certo irrompere con la forza per fare questo tipo di verifiche. La verità è che questo tipo di attività non permette guadagni, per questo dovrebbero essere gestiti solo dal pubblico, ma è anche vero che nessun governo ha mai fornito i finanziamenti necessari”. Intanto la mamma Angela continua a non darsi pace: “Alcune voci giravano, pensavo si trattasse soltanto di severità di insegnamento, per questo ho mandato in quel posto la mia bambina, per un’educazione rigorosa...”, racconta non riuscendo a trattenere il pianto.

VIOLENZE

Abusi su bimba arrestato un uomo

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n uomo di 48 anni è stato arrestato ieri a Milano con l’accusa di aver abusato di una bimba di sei anni. La minore gli veniva affidata dalla nonna, convinvente dell’uomo. A far scattare l’allarme i genitori della piccola, insospettiti da alcuni comportamenti della figlia.

ROMA

Cortei e scioperi traffico in tilt

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ue giorni maledetti per il traffico romano. Ieri la pioggia,m uno sciopero dei mezzi pubblici, tra le 12,30 e le 16,30, e tre cortei (mattina e pomeriggio) hanno paralizzato la città. Le persone sono rimaste incolonnate fin dalle prime ore del mattino. E oggi non andrà molto diversamente, con il corteo e la manifestazione del No Berlusconi Day.

BIELLA

Operaio ucciso dal padrone

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n operaio di 35 anni di origine senegalese è stato ucciso dal suo datore di lavoro a Biella. L’assassino ha confessato ieri l’omicidio (che risale a tre giorni fa). All’origine del gesto un diverbio, perchè da tre mesi l’operaio non percepiva lo stipendio. Il cadavere dell’uomo era stato trovato da due agricoltori ai margini di una risaia.

VERONA

TETTAMANZI: NO AD AZIONI DI FORZA

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alcune parrocchie, da tante famiglie del quartiere preoccupate, in particolare, di salvaguardare la continuità dell’inserimento a scuola – già da tempo avviato – dei bambini”. Perchè Milano, ha spiegato l’Arcivescovo, è “una città composita, dai tanti volti, dalle mille storie, che in alcune sue parti rischia di essere costituita da isole, da ‘città nella città’ ”. “Non possiamo - ha concluso il cardinale - per il bene di tutta la città, assumerci la responsabilità di distruggere ogni volta la tela del dialogo e dell’accoglienza nella legalità che pazientemente alcuni vogliono tessere”.

Picchia il marito chiuso in cantina

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toria di violenza al contrario quella accaduta a Bussolengo (Verona). Una donna avrebbe picchiato ripetutamente il marito, segregandolo in cantina mentre riceveva i suoi amanti. I maltrattamenti, secondo quanto ha denunciato l’uomo alla Procura, sarebbero proseguiti per cinque anni. Ora la donna è indagata e verrà sottoposta a una perizia psichiatrica.


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Dal fermo al Pertini tutti i misteri di una morte evitabile

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CRONACHE

tefano Cucchi viene arrestato la notte tra il 15 e il 16 ottobre nel Parco degli Acquedotti, a Roma. Viene trovato in possesso di una ventina di grammi di hashish e portato in due stazioni dei carabinieri. Durante la notte viene chiamata per la prima volta un’ambulanza. La mattina successiva il ragazzo viene accompagnato in tribunale per la

direttissima. Un detenuto del Gambia racconta di aver visto tre agenti della penitenziaria picchiarlo nel corridoio delle celle di sicurezza. Il giudice conferma l’arresto e ne dispone la detenzione in carcere, mancando – si legge nella sentenza – la fissa dimora. Quando Stefano arriva nel carcere di Regina Coeli, sta già male. Più volte, ai medici che lo visitano (in medicheria e al

pronto soccorso dell’ospedale Fatebenefratelli) racconta di essere caduto dalle scale. Le sue condizioni peggiorano e viene trasferito nel reparto detentivo del nosocomio Sandro Pertini, con fratture multiple e tumefazioni. Rifiuta il cibo, chiedendo di poter parlare con il suo avvocato. La famiglia tenta invano di avere sue notizie. Stefano muore, solo, il 22 ottobre.

CUCCHI, IL PESTAGGIO SEGNALATO IL GIORNO DOPO L’ARRESTO Lo ha riferito ai pm un ispettore della penitenziaria L’inchiesta del Dap: mancata tutela dei diritti

Stefano Cucchi con la madre (FOTO ANSA) di Silvia D’Onghia

a prima segnalazione su un presunto pestaggio è giunta alla Procura di Roma il 16 ottobre, quando Stefano Cucchi era ancora vivo. A farla è stato l’ispettore capo della polizia penitenziaria, A. L. R., alla guida della scorta degli 11 detenuti trasferiti dal Tribunale di piazzale Clodio al carcere di Regina Coeli subito dopo le udienze. L’ispettore ha raccontato ai pm, dai quali si è recato spontaneamente, di aver sentito i detenuti scherzare tra loro e prendere in giro Stefano per

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le tumefazioni: “Sì, ma tu hai fatto il sacco”, riferendosi evidentemente a un incontro di box. Intanto sul tavolo della procura è giunta l’indagine della Direzione generale delle carceri, più complessa rispetto a quanto trapelato in un primo momento. Nella relazione della commissione, composta da Sebastiano Ardita, Maria Letizia Tricoli e Federico Falzone, si parla di una “incredibile, continuativa mancata risposta all’effettiva tutela dei diritti, in tutte le tappe che hanno visto Stefano Cucchi imbattersi nei vari servizi dei diversi organi pubblici”.

Ogni soggetto coinvolto – carabinieri, polizia penitenziaria, medici dell’ospedale Pertini – non avrebbe, dunque, tutelato i diritti di quel detenuto. “Non ci sono persone senza responsabilità – afferma Fabio Anselmo, uno dei legali della famiglia – il ragazzo è passato nelle mani di più soggetti senza che nessuno se ne curasse” E ora, come ha denunciato ieri Ilaria, la sorella di Stefano, sulle pagine del Fatto, nessuno si assume la responsabilità dell’accaduto. “Sono i principi dell’altrove burocratico – spiega l’avvocato Dario Piccioni, l’altro legale della famiglia – laddove la burocrazia ha a che fare in generale col rapporto del cittadino con la Pubblica amministrazione. Non si spingono fino a dire che è stata una morte naturale, perché quello che è avvenuto è evidente. Ma questo ragazzo era affidato allo Stato, che avrebbe dovuto tutelare i suoi diritti”. Quello che appare incredibile è che, a distanza di un mese e mezzo dal decesso, non se ne conosca ancora la causa. “Nelle perizie dei medici legali – prosegue Piccioni – ci sono però elementi inquietanti, a cominciare dalla elevata concentrazione di urina nella vescica di un paziente che era cateterizzato. Per non parlare della frattura vertebrale, e della perizia ortopedica richiesta 48 ore dopo l’ingresso in ospedale”. Mercoledì prossimo verrà ascoltato, in sede di incidente probatorio, un detenuto albanese: “Ci aspettiamo che confermi quanto

raccontato dal detenuto del Gambia (che ha accusato gli agenti penitenziari, ndr) – prosegue Anselmo – anche se nel suo verbale c’è confusione sugli orari”. La famiglia Cucchi sta cercando

di dare un contributo alle indagini per quanto riguarda gli ultimi giorni del giovane prima dell’arresto. “In particolare sull’incidente d’auto avvenuto il 29 settembre – conclude Anselmo – Stefano aveva dei lividi, 7 giorni di prognosi dal pronto soccorso, ma la sera stessa era a cena con i cugini per festeggiare un compleanno. Certo non erano quelli i lividi che abbiamo visto dopo la sua morte”.

I legali della famiglia: non c’è ancora la causa del decesso Nessuno è senza responsabilità

Mastrogiovanni

MUORE LEGATO A UN LETTO: SIT-IN

IL COMMENTO

I RAGAZZI DAL FUTURO NEGATO: QUANDO L’ORDINE NON È COLPEVOLE di Maurizio Chierici

ragazzi hanno ragione quando ci rinfacciano che il non essere del tutto innocenti avvelena la loro speranza di una società normale. Quante cose vengono nascoste dai protagonisti della politica e dai tutori che dovrebbero consolidare l’uguaglianza dei cittadini. Il vecchio mondo sopravvive nella diversità tra notabili e senza censo, tra chi esercita il potere e chi lo subisce. I delitti dei primi sfumano in sciocchezze; i peccati degli altri autorizzano la violenza. E chi guarda e tace perde l’innocenza. Ma scorrendo la cronaca degli ultimi mesi pare che medici, polizia e tante divise, non ne siano angosciate. Il silenzio è un rifugio nel quale galleggiare senza guai. La burocrazia dei poteri e delle uniformi nega i sospetti e addormenta la realtà: troppo spesso vi riesce. Ma l’oscuramento della verità non funziona quando la ricerca nasce dal dolore di chi ha perso un figlio o un fratello ed è come perdere la vita. Stefano Cucchi non contava niente: è finito in galera per venti grammi di droga ed è stato ucciso nelle stanze della giustizia. Eppure nessuno se n’è accorto: i medici, chi lo ha arrestato, le guardie che l’hanno messo sotto chiave. Si sarebbe massacrato da solo. “Stefano non l’abbiamo ucciso noi. Né si è suicidato. Fra un po’ diranno che l’ha ucciso un fulmine”. Ironia disperata di Ilaria, sorella del ragazzo: pretende di sapere per capire se la giustizia sopravvive agli intrighi. Perché la distruzione di una

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Sit-in ieri davanti alla Procura di Vallo della Lucania dove si sarebbero dovuti svolgere gli interrogatori dei 19 indagati per la morte di Franco Mastrogiovanni, morto legato a un letto del reparto di psichiatria.

persona non è la tragedia che finisce con la fine della persona, va avanti come paralisi che di giorno in giorno sgretola la società dei responsabili infedeli. La madre di Federico Aldrovandi (18 anni, abitava a Ferrara) ucciso a bastonate da poliziotti che lo avevano fermato per un controllo, ha affidato alla Rete la voglia di sapere. La Rete abbraccia rabbie e ideali incontenibili e quattro agenti sono finiti in tribunale. Condannati a tre anni e mezzo e non quattro perché quattro può voler dire prigione se non è il raptus di una persona ma un concerto di poliziotti che picchiano assieme. Immalinconiti dal dispiacere di cambiare città, aspettano che la “severità dei giudici” e i labirinti degli avvocati li sciolgano dagli impacci ritenuti funzionali a un certo tipo di dovere. Liberi e al loro posto, come i medici di Stefano Cucchi. Liberi e al loro posto le guardie e il procuratore Petrazzini che a Perugia aveva chiesto di archiviare i sospetti sui custodi di Aldo Branzino: nell’orto coltivava marijuana. Arrestato assieme a Roberta, sua compagna. Roberta in cella comune, per Aldo l’isolamento. Poche ore e sta morendo. Infarto: che infarto può essere con le costole rotte, il fegato spappolato? Non è facile risalire ai responsabili quando il pm si mette di traverso. Finalmente il processo, ma Roberta non saprà: è morta, aspettando. In divisa e al suo posto Luigi Spaccarotella, agente Polstrada: spara verso un’auto di tifosi laziali dopo una rissa. Muore Gabriele Sandri. Il pm chiede 14

anni, omicidio volontario. La Corte ne dà sei. “Mi vergogno di essere italiano”, ripete il padre ascoltando la sentenza. Non sempre finisce in tragedia anche se la violenza non cambia: Emmanuel Bonsu, studente africano cresciuto a Parma, attraversa il giardino che porta alla scuola serale. Una pattuglia di vigili lo travolge. Pugni e calci per farlo tacere: la stupidità di chi pretende di non essere il pusher che aspettavano. In prigione lo fotografano ammanettato, trofeo di caccia grossa. Occhio sparito, aria impaurita consolidano l’orgoglio di chi scrive sulla pratica: “Negro”. Quando la procura contesta l’aggravante del razzismo, Mario Assirelli, vicesegretario del sindacato vigili municipali, affronta il procuratore La Guardia: “Ma è uno scherzo”. Uno scherzo il ragazzo pestato e legato davanti al sorriso del cacciatore senza paura. Cacciatore fedele alla Carta di Parma, firmata dal ministro Maroni e dal sindaco della città: consacra la figura del primo cittadino sceriffo e chi dipende deve prenderne esempio. Ecco l’annuncio dell’assunzione di un responsabile dell’ufficio sicurezza: Antonio Assirelli, 26 anni, figlio dell’Assirelli dello scherzo. Nessun concorso, chiamata diretta, 50 mila l’anno per quattro anni. I ragazzi hanno sempre più ragione nel considerare non innocenti i perbenisti che ascoltano e sorridono. Intanto la vita di Emmanuel è cambiata. Insicuro nella città che immaginava sua. Non esce, ha smesso di far volontariato, a scuola va con fatica. A volte, gli scherzi...

Il sostegno alla salute mentale? Chiudere il presidio della Asl di Paola Zanca

l numero 71 di via Monte Santo, Roma, c’è una struttura che assiste centinaia di persone con problemi di salute mentale. E’ un presidio Asl, ospitato in un palazzo di proprietà dell’Atac, l’azienda di trasporto pubblico romano. Ci lavorano una trentina di operatori, aiutati da volontari e tirocinanti. Ieri mattina erano tutti lì, sotto la pioggia, a lottare per non essere cacciati. Già, perché quel palazzo, una caserma riconvertita in deposito di mezzi pubblici con annesso poliambulatorio, fa gola a più di qualcuno. Un vecchio progetto della giunta Veltroni prevedeva la riqualificazione e la vendita del comprensorio, ma garantiva il suo posto alla struttura per la salute mentale. Il sindaco Alemanno lo ha stoppato, ma ora sotto accusa c’è la stabilità dell’edificio. Il 20 novembre sono arrivati i Vigili del fuoco: l’Atac aveva denunciato una “probabile situazione di pericolo” e “l’estremo degrado” in cui si trova lo stabile occupato “sine titulo dall’Asl”. In realtà l’Asl ha un comodato d’uso e i suoi locali hanno qualche infiltrazione d’acqua e solo una crepa banalissima, che stanno già riparando. Per l’Atac, invece, quel palazzo è a rischio, e ha ordinato la rimozione delle piante dalla terrazza: era una caserma, sul tetto ci mettevano i cannoni, ma adesso i vasi pesano troppo. Ieri l’Atac avrebbe dovuto effettuare una nuova perizia, ma a porte chiuse. Senza, cioè, che gli operatori Asl fossero presenti all’ispezione. I tecnici non sono arrivati, in compenso in via Monte Santo è venuto il presidente della commissione Bilancio del comune di Roma, Federico Guidi: lui assicura che i richiami dell’Atac sono “lettera morta” e che “non ci sarà nessuno sgombero. Il sindaco Alemanno – racconta Guidi – ha telefonato all’ad di Atac Patrimonio, Gabbuti, e gli ha fatto una lavata di testa”. “Ora stiamo trovando altri locali, perché comunque qui tra 3 o 4 anni andrà riqualificato: tanto vale che vi troviamo un altro posto subito. Potrebbero essere quelli lasciati liberi dal municipio, qui a trecento metri”. Peccato che quei locali siano già stati assegnati: ci sono almeno cinque porte già chiuse, con tanto di cartello sopra. “I tecnici – dice l’Atac – verranno tra oggi e domani”. Quelli del Centro di salute mentale li aspettano e non abbassano la guardia: chiedono che una perizia venga effettuata anche dai tecnici dell’Asl. Di andarsene non hanno nessuna intenzione.

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INDUSTRIA

Altri guai per la Fiat di Marchionne

Gli esemplari di Grande Punto da richiamare sono stati venduti tra il 2008 e il 2009

IL LINGOTTO DEVE RITIRARE MEZZO MILIONE DI AUTO DIFETTOSE di Stefano Feltri

on basta così poco per riportare la Fiat ai tempi in cui l’acronimo significava Fix It Again, Tony (aggiustala ancora, Tony). E la Toyota ha dovuto fare ben di peggio, quando è stata costretta a richiamare 3,8 milioni di automobili perché il tappetino sotto l’acceleratore rischiava di creare problemi al guidatore. Ma la notizia di ieri arriva in un momento già delicato per Fiat: il Lingotto ha chiesto a mezzo milione di suoi clienti (250 mila sono italiani) di portare la loro Grande Punto in officina per un controllo. Dalle fabbriche della Grecia è arrivata la segnalazione (fatta all’Unione europea e ai clienti): c’è un problema con una vite dello sterzo che, se montata male, rischia di

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portare nel tempo a una rottura dell’albero. Dalla Fiat non quantificano il costo dell’operazione (molto dipende da quanti esemplari si riveleranno effettivamente difettosi). Al danno di immagine sarà più difficile rimediare. Soprattutto in un momento in cui il marchio è percepito in modo diverso da quando – soltanto nel 2007 – la Fiat celebrava il suo massimo successo della storia recente con il lancio della nuova 500. Il primo problema è la gestione dell’Alfa Romeo. Sul lato strategico sono rispuntate ipotesi di cessione del marchio, così come per Lancia che l’amministratore delegato Sergio Marchionne era pronto a vendere già nel 2004, poi fu convinto a non farlo da Luca De Meo (oggi in Volkswagen) e dal successo della Ypsilon. Anche

per quanto riguarda i prodotti c’è qualche incertezza. Ormai è ufficiale che la nuova Alfa, il modello decisivo per il 2010, si chiamerà Giulietta e non più Milano. Dal Lingotto minimizzano: alla fine ha prevalso la volontà di richiamarsi a uno dei modelli più celebri della storia del marchio con il biscione. Ma è evidente che modificare il nome di un prodotto in corsa non trasmette mai un segnale di chiarezza di idee. Anche la 500 si doveva chiamare Trepiùuno, ma prima cambiò il nome, poi il concetto di prodotto (non soltanto una piccola, ma un prodotto di status immerso nella storia del gruppo) poi il marketing. Il passaggio da Milano a Giulietta avviene proprio mentre la Fiat cerca di smantellare quello che resta dello stabilimento milanese dell’Alfa di

Arese, ieri è stato congelato per tre mesi il trasferimento a Torino (quasi un licenziamento) di oltre 232 operai. Mentre il vicepresidente di Fiat, John Elkann, incontrava Gianni Letta per consolidare i rapporti con il governo (si discute di rinnovare gli incentivi), i sindacati dei metalmeccanici fissavano per il 14 dicembre la data dello sciopero generale a Termini Imerese. Lo stabilimento dal 2011 non produrrà più automobili e la sua sopravvivenza è quindi in discussione (ha costi di produzione più elevati degli altri cinque che ci sono in Italia). L’Italia dei valori ha anche presentato una mozione al Senato per chiedere al governo di vincolare gli incentivi all’auto al mantenimento dell’occupazione nella fabbrica siciliana.

DUELLO CGIL

di Dolce di Sale

CARO EPIFANI, RISPONDI? ddio, che succede dentro la Cgil. I contestatori del segretario generale – in vista del congresso del 2010 – Guglielmo Epifani hanno copiato dalla campagna di Repubblica contro Papi B. dopo il “caso Noemi” lo stile di sette (anziché dieci) domande pubblicamente rivolte al segretario uscente. Si possono leggere, firmate dalla “redazione” sul sito della mozione di minoranza (animata dai “sinistri” Giorgio Cremaschi e Gianni Rinaldini e dalle “destre” Nicoletta Rocchi e Marigia Maulucci) – www.lacgilchevogliamo.it. E se ne ricava l’impressione di un clima che nel “Padrino” di Francis Ford Coppola si sarebbe definito “ai materassi”, dalla battuta di Sonny-James Caan, che consigliava ai suoi accoliti di “andare ai materassi” (cioè di dormire accampati su materassi in terra, pronti a tutto, in un periodo di guerra fra famiglie). E la guerra è guerra, anche se fratricida, all’interno della Cgil. Sebbene a Epifani non vengano rinfacciati, come a Silvio Berlusconi, fatti privati, alcune accuse di scorrettezza in questa calda fase di precongresso – sotto forma di domande – sono cocenti: “…ti è mai capitato, negli ultimi giorni, di convocare personalmente singoli dirigenti dei vari livelli dell’organizzazione per verificare la loro collocazione congressuale? Perché se così non è, c’è chi in giro millanta credito… Ti è mai giunta notizia delle pressioni che ovunque si stanno sistematicamente e violentemente esercitando su coloro che hanno manifestato interesse per la mozione “La Cgil che vogliamo”? Perché, se così non è, dovresti esigere informazioni più veritiere…”. E via recriminando.

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FINANZA PUBBLICA

C’È SCUDO E SCUDO

Boom di adesioni a quello canadese anche se costa 10 volte più della versione italiana l ministro dell’Economia Giulio Tremonti ha ribadito più volte che lo scudo fiscale per il rimpatrio dei capitali sottratti al fisco non è un’esclusiva italiana. E che molti altri paesi stanno adottando provvedimenti analoghi. Ma a condizioni molto diverse. In questi giorni, per esempio, sono arrivati i risultati di metà anno dello scudo fiscale canadese. “Numeri record di confessioni tra gli evasori fiscali del Canada”, titola l’agenzia Bloomberg. Lo scudo canadese ha una particolarità: è permanente, sempre a disposizione di chi vuole farvi ricorso. E funziona così: in qualsiasi momento dell’anno i contribuenti canadesi possono mettersi in regola con il fisco confessando quali somme o immobili hanno nascosto al fisco, pagando le tasse arretrate dovute (calcolate con l’aliquota più alta, cioè il 43,7 per cento) maggiorate di un interesse punitivo. In quello italiano, invece, si paga il 5 per cento della somma rimpatriata, cioè una percentuale del rendimento stimato dei capitali, e zero tasse arretrate. La finestra per gli evasori italiani si chiude il 15 dicembre, mentre per quelli canadesi non c’è una scadenza: in qualsiasi momento il contribuente infedele può confessare. Ma questo sistema si regge su un’ipotesi intoccabile: non si fanno “tax amnesty”, cioè amnistie fiscali, quelle che in Italia si chiamano condoni. “Il messaggio che mandiamo agli evasori è chiaro: è solo questione di tempo prima che gli evasori vengano presi. Vi avverto, vi prenderemo, vi troveremo”, ha detto il ministro delle Finanze Jean-Pierre Blackburn in una recente intervista al National Post. Nel 2009 si è registrato un boom delle adesioni a questo scudo fiscale permanente, merito (forse) soprattutto delle pressioni degli Stati Uniti sulle

EUGENIO BENETAZZO

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cano. La prima conseguenza è che sembra che lo scudo fiscale italiano (almeno per quanto riguarda i soldi nascosti in Svizzera) stia andando bene: “Il rientro dei capitali in Italia va a gonfie vele. Stanno rientrando i capitali dai 50 ai 500 mila euro, legati a posizioni di persone fisiche”, stima Benetazzo. Come dire che, se le banche avranno meno soldi da gestire, faranno a meno di tanti funzionari: “Ma questi funzionari sono pronti a vendere cara la pelle. Sui loro computer hanno i nomi dei clienti italiani. Basterà aspettare il 16 dicembre per vedere chi ha aderito allo scudo e chi no”. E poi? “Possono sempre fare la spia. Prendere il database, in una semplice chiavetta Usb, e presentarsi all’Agenzia delle Entrare di Como. Potrebbero ricevere anche lauti compensi per questa operazione, diciamo così, di intelligence”. Benetazzo giura che il suo obiettivo non è lo stesso di Tremonti, cioè spaventare gli evasori fiché c’è ancora tempo per convincerli a rimpatriare: “Dico quanto ho sentito in ambienti della finanza indipendente. Le banche svizzere ridimensionano la forza lavoro e sono in tanti a rischiare il posto. Questi restano sul lastrico, e senza lavoro, con a casa moglie e figli. E’ chiaro che sono disposti anche a tradire la banca. Tanto più la banca che li sta licenziando”. Benetazzo spiega cosa rischia l’italiano che lascia i soldi in Svizzera anche dopo il 16 dicembre: “Una sanzione fino al 150 per cento dell’importo accertato. E’ per questo che molti aderiscono. Il beneficio della sicurezza, ormai, è a rischio anche in Svizzera. Cosa fanno? Lasciano là i soldi con i timori di essere individuati e di dover pagare multe salatissime, superiori addirittura alla cifra che hanno nascosto? Molto meglio portare a casa i soldi pagando quel pezzo di pane che chiede il governo. Poi se ne riparlerà”. Però, in questo modo, i più furbi con lo scudo riusciranno a cavarsela, dice chi avversa lo scudo. Replica l’analista finanziario: “Il governo aveva bisogno di quei soldi per tamponare il crollo delle entrate fiscali. In cassa arriveranno cinque o sei miliardi di euro”.

“I BANCARI CHE PERDONO IL POSTO IN SVIZZERA SONO PRONTI A PARLARE” di Gigi

Furini Milano

se, il 16 dicembre, scaduto il tempo Efunzionario per aderire allo scudo fiscale, qualche di banca svizzera, minaccia-

Il ministro dell’Economia Giulio Tremonti (FOTO ANSA)

banche svizzere perché rivelassero le liste degli evasori americani. La decisione di Ubs di cedere, consegnando 4450 nomi, seguita dall’uscita dello Stato elvetico dall’azionariato dell’istituto, ha indicato che il clima stava cambiando oltre il confine. E i canadesi si sono spaventati. La decisione di Gran Bretagna e Italia, all’inizio dell’autunno, di varare provvedimenti per incentivare gli evasori a rimpatriare capitali, ha suscitato un certo dibattito. Sul Financial Post, per esempio, la commentatrice economica Diane Francis suggeriva a fine ottobre che anche il Canada avesse bisogno di un’amnistia fiscale per far riapparire una parte di quei 100 miliardi che, secondo una stima prudente sono nascosti all’estero: “Ottawa dovrebbe provare a stroncare l’evasione come stanno facendo Washington, la Francia e molti altri”. Ma non ce n’è stato bisogno. Secondo il ministro Blackburn, nella prima metà del 2009 le confessioni

Ottawa non ha mai fatto condoni, ma gli evasori possono aderire a un costoso scudo permanente degli evasori sono aumentate del 40 per cento: 7000 canadesi hanno confessato, 90 di questi erano clienti di Ubs, per una somma complessiva sottratta al fisco di 1.66 miliardi di dollari canadesi (circa un miliardo di euro). In Italia, con lo scudo, il governo si attende – come dimostra la discussione sulla Finanziaria – circa 4 miliardi di euro, che implicano un rimpatrio di somme pari almeno a 80 miliardi di euro.

ISPRA

GUARDANDO LA GRECIA

LA RICERCA RESTA SUL TETTO di Caterina Perniconi

iamo sul tetto da undici giorni, piove, il “S freddo si fa sentire, ma noi non scendiamo”. Continua a oltranza la protesta dei 200 precari dell’Ispra (l’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale) in via Casalotti a Roma. Armati di stufe, tende isolanti e pantaloni termici, sfidano il freddo per difendere il loro posto di lavoro e la ricerca. All’Istituto vigilato dal ministero dell’Ambiente, da gennaio fino a oggi, sono già andati a casa 250 tra ricercatori, tecnologi, amministrativi e tecnici, e i manifestanti chiedono che i colleghi già allontanati tornino in servizio al più presto. “Vogliamo delle risposte, ma il ministro ci ignora completamente”, dicono i ragazzi che hanno attivato una webcam per essere ripresi 24 ore su 24 sul sito www.nonsparateallaricerca.org. Stefania Prestigiacomo, ministro dell’Ambiente, aveva dichiarato il 25 novembre durante un’audizione della Commissione Ambiente alla Camera, di prendersi una settimana di tempo per tornare a riferire, anche della questione Ispra. Ma questa settimana non è stato fissato nessun incontro, e per la prossima è prevista la presenza del ministro alla conferenza sul clima di Copenaghen. “Nei giorni scorsi è venuta una delegazione del Partito democratico – racconta Massimiliano Bottaro, biologo marino, ricercatore Ispra a

to di licenziamento, venisse in Italia a portare i nomi di chi ha deciso di lasciare i soldi oltre confine? Eugenio Benetazzo, analista finanziario indipendente, da molti considerato “il Beppe Grillo della finanza”, prende sul serio questo problema, già sollevato nelle settimane scorse da voci anonime sulla stampa svizzera (su banchieri pronti a parlare anche di Silvio Berlusconi, irritati dalle ispezioni del fisco nelle filiali italiane delle banche elvetiche). Benetazzo fa l’economista ma si è improvvisato anche attore e gira l’Italia con il suo spettacolo “Funny money”, cioè “denaro pazzo”. Racconta di come la crisi non sia affatto finita, sostiene che “il marcio è appena iniziato”, e spiega che “lo scudo fiscale più che una manovra politica è stata un’esigenza di natura contabile, necessaria per tamponare il crollo delle entrate fiscali”. Dice al Fatto: “Ho tanti amici ed ex compagni d’università che lavorano a Lugano. Sono disperati, gli italiani stanno portando via i loro depositi e le banche reagiranno di conseguenza, licenziando il personale”. Non è solo una conseguenza dello scudo fiscale che permette di rimpatriare i soldi sottratti al fisco pagando il cinque per cento: “Non si fidano più della Svizzera. C’è grande paura per come la Svizzera si comporterà in futuro, visti i contenziosi aperti, in tema di segreto bancario, con gli Stati Uniti e con i paesi dell’Unione europea”. La vicenda di Ubs ha lasciato il segno, con la più importante delle banche svizzere che si è piegata alle esigenze del fisco ameri-

rischio licenziamento – guidata da Raffaella Mariani e Cesare Damiano – e ci hanno spiegato che la Prestigiacomo non verrà a riferire ancora per molto tempo. Vorrà dire che ci faremo l’albero di Natale quassù, ma se spera che scendiamo, si sbaglia. Abbiamo anche dovuto montare un nuovo gazebo più robusto per ripararci dalla pioggia, ma non abbiamo assolutamente intenzione di muoverci da qui”. Nei giorni scorsi i ricercatori hanno incontrato Antonio Di Pietro e i senatori dell’Idv, Anna Finocchiaro e Walter Veltroni. “Siamo grati all’opposizione per l’impegno che ci sta dedicando – dice Massimiliano – ma la nostra non è una battaglia politica bensì per il bene del paese e della ricerca. Quindi vorremmo trovare ascolto anche dalla maggioranza e dal governo”. Gli appelli dei ricercatori sono rimasti inascoltati anche dal commissario straordinario dell’Ispra, il prefetto Vincenzo Grimaldi, che lunedì scorso non si è presentato all’incontro con Regione e Provincia a cui era stato convocato. Gesto condannato dagli assessori regionali al Lavoro Alessandra Tibaldi e al Bilancio Luigi Nieri, che hanno dichiarato l’assenza “deplorevole”. Ieri, una delegazione di ricercatori ha portato un piccolo albero di Natale di fronte alla sede del ministero dell’Ambiente, sperando che la loro attesa non si protragga fino ad allora. “Altrimenti per Capodanno siete tutti invitati”.

di Superbonus

CONTI PUBBLICI: COME PRIMA DI TANGENTOPOLI L a Grecia non salterà, né arriverà vicina a un default almeno nel breve periodo. Tuttavia al ministero delle Finanze la mattina si svegliano e guardano con preoccupazione al debito del vicino. La Grecia ha un rapporto debito/Pil del 110 per cento quest’anno e 120 per cento il prossimo, l’Italia ha un rapporto del 115 per cento e 117,3 per cento il prossimo anno. E’ vero che la Grecia spende di più dell’Italia ma quando gli investitori hanno iniziato a vendere i titoli greci contemporaneamente hanno venduto anche quelli italiani. Così negli ultimi giorni l’allarme sul BTP che perdeva terreno in relazione ai titoli di Stato tedeschi ha destato molte preoccupazioni. Tutto rientrato a seguito delle misure fiscali straordinarie annunciate dal governo greco ? Non del tutto. Gli investitori iniziano a preoccuparsi della dimensione del debito dei singoli Stati e chiedono rendimenti maggiori ai più indebitati. Approfittando dei tassi tenuti bassi dalla Banca centrale europea Giulio Tremonti ha avuto buon gioco a collocare i titoli del debito italiano che rendevano poco sopra il tasso di riferimento, ma nel 2010 tutti sanno che la musica cambierà e i suonatori non saranno più le Banche centrali e i governi ma gli investitori. Il

governo greco è stato costretto dai mercati a correre ai ripari annunciando misure fiscali e tagli alle spese senza precedenti, il governo italiano corre sul filo di un rasoio di cui solo il ministero delle Finanze sembra avere idea di quanto possa essere tagliente. Il patto politico vero stipulato fra Berlusconi-Tremonti-Bossi e gli italiani si basa su tre principi fondamentali per gli imprenditori: fate quello che volete in termini fiscali (o evadete pure); per le famiglie a reddito fisso: non aumenteremo le tasse; per un grosso ceto dipendente da spesa pubblica e appalti: non taglieremo le spese improduttive e aumenteremo i grandi lavori pubblici. In cambio la società italiana lascia libero il presidente del Consiglio e i suoi alleati di perseguire i propri fini. Ma nello scenario greco tutto si inceppa. O salta lo Stato o salta il patto. Le misure impopolari colpirebbero tutti e farebbero venire alla luce una finanza pubblica fatta di rinvii e condita da un incosciente tiriamo a campare. Sono in molti in questi giorni a dire che l’Italia di oggi è molto simile a quella che precedette Tangentopoli. Sono in pochi a ricordare che prima di questa ci fu la crisi del debito pubblico italiano e la svalutazione della lira. A buon intenditor…


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DAL MONDO

Sequestratori di strade a Buenos Aires La crisi spinge gli argentini alla mobilitazione Nascono i “cortes de ruta” contro i silenzi del governo di Anna

Vullo Buenos Aires

uesto è l’unico Paese al mondo dove per trovare lavoro bisogna bloccare le strade”. Un uomo con la faccia piena di rughe imbraccia un altoparlante, nell’aria umida del mezzogiorno rimbombano i tamburi. Una muraglia umana paralizza la Nueve de Julio, strada-simbolo di Buenos Aires, una delle avenida più grandi del mondo. Giovani con il volto coperto, donne con bambini, anziani accaldati. Ai lati della strada, al riparo delle jacaranda, stazionano i diseredati. Senzatetto, disoccupati, pensionati, indio arrivati dalle province più misere del Nord o del Sud. Qualcuno si è portato una sedia pieghevole, un ambulante distribuisce gelati anti-calura. Il traffico è nel caos. Padroni della strada - e protagonisti delle cronache degli ultimi mesi -, sono i famigerati piquetero, movimenti di disoccupati organizzati specialisti nei cortes de ruta, i blocchi stradali. Decine di manifestazioni, fino a cinque al giorno, arroventano il clima dell’incipiente estate australe. Ponti bloccati, tangenziali intransitabili, grandi arterie occupate giorno e notte con tanto di tende e brandine. “Ho 4 figli e sono otto anni che non lavoro”, dice Ruben, 46 anni, arrivato dalla provincia. “Non ho intenzione di muovermi da qui finché non trovo un posto”. Dopo un periodo di relativa

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assenza dalle piazze durante gli anni della ripresa economica, il corte de ruta si sta di nuovo affermando come forma di protesta. E l’Argentina sembra tornata sul piede di guerra. Il mese più “caldo” è stato a settembre: 102 cor tes, il numero più alto dal 1997, tre anni prima del crack economico che ha precipitato il Paese nell’anarchia. “Cristina, guarda quanti siamo!”, grida Emanuél, 29 anni, riferendosi alla “presidenta” argentina. “Basta con sussidi che non servono a niente!Vogliamo un lavoro degno. Questo governo insensibile lo deve capire”. Ad accendere la miccia delle recenti proteste il Plan Argentina Trabaja, un progetto governativo che promette 100mila nuovi posti di lavoro attraverso la creazione di cooperative, dal quale però molte organizzazioni di piqueteros sono state escluse. Alle mancate promesse del governo si aggiungono l’alta inflazione e l’aumento della disoccupazione, che aggravano le condizioni di vita dei settori più esclusi della società, generando nuove manifestazioni e inasprendo il conflitto. Qualche giorno fa una delle fazioni più dure di piqueteros, la Coriente Clasista y Combati-

va (Ccc), ha organizzato una nuova marcia per rivendicare il pagamento di salari bloccati da tre mesi. La Ccc controlla una seria di cooperative che realizzano opere pubbliche nella provincia. “Il governo non ci sente? Benissimo, nei prossimi giorni bloccheremo tutte le strade di accesso alla capitale, ponti compresi”, minaccia Carlos Alderete, dirigente dell’organizzazione. Nei confronti dei piqueteros i sentimenti dell’argentino medio oscillano tra esasperazione e rassegnazione. “Se fosse per me li farei sgombrare a calci nel culo”, sbotta un tassista intrappolato nel traffico. “Buenos Aires è diventata un inferno, lavorare è un incubo”. Un padre chiuso nell’auto con due figli rannicchiati sui sedili posteriori cerca di mediare: “I piqueteros hanno ragione a protestare, ma noi

Due momenti delle manifestazioni dei piqueteros argentini. Sotto, l’avenida Nueve de Julio (FOTO CORTESIA LA NACIÒN))

cosa c’entriamo? Non posso restare bloccato tutti i giorni per ore”. Secondo un’indagine di una società di ricerca della capitale la metà degli argentini auspica forme di protesta che non intralcino la vita “normale”, tuttavia l’88 per cento considera la conflittualità parte dello scenario quotidiano. Nel 2010 andrà peggio. L’80 per cento degli imprenditori, consultati in un altro sondaggio, è convinto che la tensione sia destinata ad aumentare. Osservatori e opinionisti di orientamenti diversi sospettano che la gran parte dei piqueteros sia manipolata dai politici: governo o opposizione, a secondo dell’area di appartenenza. Per i filogovernativi si è coniato l’appellativo piqueteros K, da Cristina Kirchner, l’attuale pre-

sidente. “Ci sono movimenti di disoccupati vincolati con il governo che hanno ottenuto incarichi nei ministeri e aderiscono al peronismo più tradizionale”, riconosce la sociologa Maristella Svampa, profonda conoscitrice dei movimenti sociali latinoamericani e autrice di diversi saggi sull’argomento. “Ma non significa che siano manipolati. Molte altre organizzazioni di piqueteros non hanno alcun legame con il sistema e anzi, esprimono un modo diverso di fare politica”. L’universo dei movimenti piqueteros, sottolinea la sociologa, è eterogeneo ed estremamente complesso. “È un fenomeno che esiste da anni e non si riduce ai picchetti o ai blocchi stradali. I piqueteros svolgono un grande lavoro comunitario nei quartieri del conurbano (la periferia della capitale, ndr), un lavoro culturale e politico. Hanno creato mense, orti, panetterie: realtà concrete, anche se invisibili per l’argentino medio”. L’Argentina di oggi detiene un curioso primato: alta conflittualità sociale a fronte di una bassa conflittualità lavorativa. La causa secondo il sociologo Julio Godio, direttore dell’Istituto Mondo del Lavoro, è relativa-

Gli abitanti della capitale si rassegnano ai disagi e spesso danno ragione ai dimostranti

I soldi dei ricchi ai poveri: pochi e mal spesi

CHI L’HA VISTO

Madrid

ochi soldi, e spesi male. Di fronte alle grandi emergenze internazionali, la risposta dei paesi ricchi è insufficiente, e le prospettive sono tutt’altro che incoraggianti. L’allarme viene dalla Dara Foundation, che analizza ogni anno l’impiego dei fondi stanziati dalle principali economie del mondo per attenuare le sofferenze delle popolazioni colpite dalle catastrofi naturali (326 gravi disastri solo nel 2008) o vittime delle quasi 40 situazioni di conflitto armato. Le statistiche parlano di un miliardo di persone che soffrono la fame ogni giorno, di 41 milioni di rifugiati o sfollati all’interno dei loro stessi paesi, di 260 lavoratori delle organizzazioni umanitarie assassinati, sequestrati o gravemente feriti nel corso dell’ultimo anno. I principali paesi donatori spendono una cifra prossima ai dieci miliardi e mezzo di dollari, ma gli aiuti non sempre arrivano a

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destinazione, o comunque non raggiungono l’efficacia sperata. La recessione globale, poi, ha provocato per la prima volta un deficit di quasi 5 miliardi di dollari rispetto alle necessità individuate dall’Onu per far fronte alle crisi. Il denaro destinato alle grandi emergenze del pianeta si muove ancora in base a interessi fondamentalmente strategici: si spiega così il fatto che, nella classifica sulla qualità e quantità degli aiuti, le principali potenze militari occupino posti per niente lusinghieri. Su 23 paesi presi in esame, la Gran Bretagna è al nono posto, gli Usa al 14esimo, la Germania sedicesima e la Francia ventesima. Manco a dirlo, l’Italia riesce a fare anche peggio, scivolando verso la posizione di fanalino di coda, seguita solo da Grecia e Portogallo, in una classifica che ha ai vertici, come esempio di buona gestione, i soliti paesi nordici, Norvegia e Svezia. Ma da un’analisi rigorosa, fatta attraverso lo studio dell’azione dei governi e migliaia di interviste a funzionari Onu, lavoratori

delle ong, volontari della Croce Rossa Internazionale, risulta che nessuno si avvicina a una posizione di eccellenza (8 voti su 10): la Norvegia raggiunge la votazione di 7,49, mentre l’Italia è poco al di sopra del 5. Una delle minacce principali individuate dalla Dara – che ha eletto come nuovo segretario generale Ross Mountain, già coordinatore umanitario dell’Onu nella Repubblica Democratica del Congo, in Afghanistan, Haiti e Iraq – è l’impossibilità di far arrivare gli aiuti nelle zone di conflitto. Spesso sono proprio i governi a impedire l’accesso dei lavoratori umanitari, come è avvenuto con Israele nel corso dell’offensiva militare contro Gaza, o nello Sri Lanka durante gli attacchi ai guerriglieri tamil. Nel marzo scorso, il regime sudanese di Omar al-Bashir ha espulso i rappresentanti di tutte le ong, dopo che il presidente è stato incriminato dalla Corte penale internazionale. E in Somalia, dove da tempo regna ormai l’anarchia assoluta, non c’è neppure più un cooperante straniero.

di S.C .

BIN LADEN QUA BIN LADEN LÀ

COME E DOVE FINISCONO I FONDI PER LE EMERGENZE INTERNAZIONALI di Alessandro Oppes

mente semplice: “In Argentina il 40 per cento del lavoro è in nero, il 30 per cento della popolazione è povera. Questo produce continui conflitti sociali, che però non vanno confusi con quelli lavorativi”. La società latinoamericana ha un’alta capacità di mobilitazione e un numero considerevole di movimenti sociali. Basta pensare ai Sem Terra del Brasile, o ai Cocaleros boliviani. Ma quello della povertà organizzata è un fenomeno tutto argentino. Il nuovo proletariato plebeo, lo ha definito Maristella Svampa. Con cui probabilmente il Paese è destinato a convivere ancora a lungo. “La società non è più disposta ad accettare politiche escludenti”, sostiene la sociologa. “La situazione economica è deteriorata, ma la responsabilità è della politica. Finché non si faranno scelte orientate verso una società più giusta dovremo rassegnarci ai cor tes de ruta”. Un gruppetto di turisti spagnoli si copre il volto e si fa fotografare davanti ai piqueteros schierati sulla Nueve de Julio. Fanno il segno della vittoria con le dita. Come se dopo il tango e le librerie di Corrientes i piqueteros fossero l’ultima attrazione portegna.

gennaio Bin Laden era in Afghanistan, si viene a sapere da un prigioniero di Guantanamo. Kabul esclude e smentisce. Pochi giorni fa voci lo davano in Pakistan, nelle terre senza legge al confine con l’Afghansitan, sempre non lontano da Tora Bora, il reticolo di gallerie costruite per ospitare le armi portate nel paese invaso dai sovietici proprio da Bin Laden a quei tempi (anni ‘80), contractor ante litteram degli americani che aiutavano di nascosto i mujahiddin afgani. Prima era scoppiata la polemica perché nel 2001 i marines sarebbero stati a un passo dal prenderlo ma la Casa Bianca di Bush bloccò il blitz decisivo. Dal 2001 avvistamenti e apparizioni continue, comprese voci sulla sua morte. Mentre i presidenti cambiano, Osama resta il fantasma e l’ossessione americana, anche se Barack Obama ha cercato di cancellarlo, non citandolo nemmeno nell’annuncio dei rinforzi per l’Afghanistan.

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DAL MONDO

TUTTI I NEMICI DEL CLIMA “PAGHIAMO PER CONTINUARE A INQUINARE” Le lobby mondiali in missione a Copenaghen contro i governi di Leo Sisti

Copenhagen ci saranno anche loro, i rappresentanti delle lobby più potenti della terra. Si faranno sentire. Distribuiranno volantini. Organizzeranno contromanifestazioni nella capitale della Danimarca quando per due settimane, da lunedì, capi di Stato e di governo di 192 nazioni si affronteranno sui provvedimenti da adottare al summit internazionale dell’Onu nella lotta ai cambiamenti climatici: cioè, come ridurre le emissioni di gas serra, causa principale del riscaldamento globale. Dentro, al Bella Center, sede della conferenza, si assisterà al duello tra i paesi Occidentali, cosiddetti sviluppati, e i paesi emergenti, ora grandi attori dell’economia mondiale, Cina, India, Brasile, divenuti anch’essi grandi inquinatori, indicati, dalle loro iniziali, Bric. S’accapiglieranno tutti, chi ha firmato il protocollo di Kyoto del’97, entrato in vigore nel 2005, e chi no, come gli Usa, e chi ne è stato esentato, proprio il trio Bric, per consentir loro di crescere. Ma fuori, nei quartieri di Copenhagen, si svolgeranno ben altre battaglie, quelle dei lobbysti, che lanceranno grida d’allarme sui costi di misure drastiche, se saranno eventualmente prese, con la crisi mondiale che galoppa e le file della disoccupazione che s’ingrossano sempre più, giorno dopo giorno. Del resto chi si sventa contro i pericoli della diminuzione dei consumi energetici e dell’inquinamento provocato bruciando petrolio, carbone e gas, ha già fatto in patria un bel lavoro preparatorio. Lo denuncia un rapporto dell’International Consortium of Investigative Journalists” (Icij), emanazione del “Center for Public Integrity” (www.publicintegrity.org), organizzazione di Washington da anni in prima linea nell’accusare fatti e misfatti del potere, americano e non. È un’inchiesta durata da luglio a novembre, e condotta da una dozzina di giornalisti in 8 paesi. Le conclusioni sono sconcertanti. Perché dietro le lobby di tutto il globo, è ovvio, si sta muovendo il grande business, pronto a paventare scenari apocalittici e a investire milioni di dollari in campagne contro leggi restrittive sull’ambiente per influenzare l’opinione pubblica, dagli Usa al Canada, dall’Australia al Brasile. Il più popolare dei lobbysti americani è il re del carbone Dan

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BUONE NOTIZIE

Blankenship, che nelle montagne ricche di minerali dell’Appalachia, est degli Stati Uniti, organizza le adunate “Friends of America” con complessi che allietano il pubblico a suon di musica “countr y”, mentre lui declama: “Imparate come gli estremisti dell’ambiente stanno cercando di distruggere i vostri posti di lavoro”. Prendendosela con gli “scienziati del global warming” e con una normativa già passata in estate alla Camera dei Rappresentanti (la Camera dei deputati), mister Blankenship mette in guardia contro nuove tasse che potrebbero alzare il costo del carbone, combustibile che alimenta metà dei consumi di elettricità negli States. Con una reazione immediata: migliaia di cittadini infuriati, che temono di veder salire la propria bolletta energetica da 80 a 175 dollari per famiglia all’anno, e hanno inondato i centralini del Senato, che deciderà in merito dopo Copenhagen. La “Koch Industries”, la seconda compagnia petrolifera in mani private, ha speso 4 milioni di dollari nel 2009 in attività di lobby. I suoi proprietari, David e Charles Koch, hanno finanziato gli attivisti di “Americans for Prosperity” . Che hanno noleggiato un grande pallone aerostatico facendolo volteggiare nei cieli di Pennsylvania, Montana e Nebraska con una scritta minacciosa: “Allarmismo global warming=meno lavoro-più tasse-meno libertà”. L’“American Petroleum Institute” (Api), un gruppo che si occupa di mercato di prodotti petroliferi, ha iniettato decine di milioni di dollari nel programma “Energy Citizens”, finanziato perfino dalla Camera di Commercio Usa. Il suo presidente, Jack Gerard, ha sollecitato le società che fanno parte di Api a promuovere incontri di massa con venditori, fornitori, pensionati pur di propagandare il nuovo verbo anti-leggi sul clima. Solo nel 2009, ben 47 milioni di dollari sono stati gettati nel pozzo delle iniziative contro le iniziative per limitare gli effetti dell’anidride carbonica sull’ambiente. Non fa meraviglia allora apprendere, dal rapporto di Icij, che i corridoi di Capitol Hill, il Congresso americano, vengono battuti in lungo e in largo da 2.810

STATI UNITI

Messo a morte disabile mentale

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n uomo di 44 anni con gravi ritardi mentali è stato messo a morte in Texas dopo che la Corte Suprema ha deciso di non riaprire il suo caso. Bobby Woods era stato riconosciuto colpevole di aver stuprato e ucciso, nel 1997, una ragazzina di 11 anni, figlia della sua compagna.

GUINEA

Tentato golpe Ferito Camara

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Nube di smog a Hong Kong (FOTO ANSA)

Dagli Usa all’India un cartello di imprenditori vuole evitare che vengano applicate regole più rigide lobbysti, regolarmente registrati in rappresentanza di 1.150 società, che premono perché vengano adottate norme sul clima a seconda dei propri interessi. E quali interessi: con appena il 4,5% della popolazione mondiale gli Usa sono responsabili del 18% di emissioni globali di gas serra, oggi secondi al mondo dopo la Cina. Facciamo un balzo in Brasile e scopriremo una realtà non dissimile. Qui, dove le foreste amazzoniche costituiscono il polmone che assorbe “naturalmente” le maggiori emissioni di anidride carbonica del pianeta, il presidente Lula ha annunciato di voler ridurre il tasso di deforestazione dell’80% entro il 2020. Mal gliene incoglie. Ne sa qualcosa il suo ministro dell’Ambiente Carlos Minc. Un governatore di una zona amazzonica è stato minacciato da uomini dell’industria agricola, specialmente produttori di soia: vogliono avere mani libere nelle loro terre. In un altro continente, che pure ha sottoscritto l’accordo di Kyoto, l’Australia, il magnate russo Oleg Deripaska, uno degli uomi-

a cura della redazione di Cacaonline

OGNI TESTA È ILLUMINATA Gli illuminanti capelli di Milan Karki Forse si potranno risolvere gran parte dei problemi di approvvigionamento energetico nel mondo. Questa volta l’invenzione che potrebbe cambiare la storia non è di un premio Nobel o di uno scienziato della Nasa ma di un ragazzo di 18 anni, studente di Khotang, un villaggio del Nepal. È riuscito a creare un pannellino solare fotovoltaico, perfettamente funzionante, dove al posto del silicio ci sono capelli umani. Il prototipo, grande circa 40 cm quadrati, riesce a produrre fino a 18 watt e il suo costo di produzione è stato di soli 30 euro. Dopo il Rwanda anche il Nicaragua

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è libero dalle mine Nei tempi stabiliti dal Trattato di Ottawa, il Nicaragua è riuscito a bonificare dalle mine anti-uomo tutto il proprio territorio, facendo sì che l’intero Centroamerica risulti oggi “Mine-free”. “La bonifica - ha dichiarato Maria Pia Devoto, coordinatrice per l’America Latina della Campagna internazionale per la proibizione delle mine - è una grande sfida in quanto posizionare una mina costa tre euro, la sua rimozione 750”. (di Jacopo Fo, Simone Canova, Maria Cristina Dalbosco, Gabriella Canova)

Nepal

UN GOVERNO SUL TETTO DEL MONDO

entato colpo di stato giovedì scorso in Guinea. Il capo della giunta al potere, Moussa Dadis Camara, è stato ferito dai suoi stessi soldati. Portato all’ospedale militare di Rabat, in Marocco, sarebbe in gravi condizioni. Camara è al potere dal dicembre 2008 all’indomani della morte del dittatore Lansana Conte. Il tentativo di ucciderlo avviene a due mesi dal massacro di oppositori che chiedevano la fine della dittatura e l’impegno che il capo della giunta non si presentasse alle prossime elezioni.

EGITTO

Collisione tra due traghetti

S Gesto simbolico sulla questione clima: il premier e i 22 ministri del governo nepalese si sono riuniti ai 5.242 metri del campo base dell’Everest, accompagnati da sherpa e medici, arrivando però in elicottero.

ni più ricchi del mondo, con un patrimonio di 28 miliardi di dollari, è irritato con il primo ministro Kevin Rudd, autore di un piano che vuole affrontare il “global warming”. Re dell’alluminio, con fabbriche che vanno dalla Siberia, appunto, all’Australia, Deripaska ha lanciato un duro avvertimento al “Department of Climate Change” di Canberra. Possiede una raffineria a Gladstone, nel Queensland, che produce 4 milioni di tonnellate di alumina (di qui poi l’alluminio) e dà lavoro a più di mille persone. Si sa, l’alumina consuma grossi quantitativi di elettricità, a poco prezzo, perché viene prodotta bruciando il carbone, quindi con alti tassi d’inquinamento. Deripaska è stato esplicito. Se il “piano Rudd” va avanti, “distruggerebbe posti di lavoro e sarebbe dannoso per gli attuali e i nuovi investimenti”. Per tentare di bloccarlo, o comunque di ammorbidirlo, cento lobbysti, soprattutto ex politici o ex funzionari statali, stanno lavorando ai fianchi il governo, forti di rappresentare gli interessi di 20 società del carbone, di cui l’Australia è il più gran-

de esportatore al mondo. Anche dall’India, al 5° posto nelle emissioni di gas serra, arrivano notizie inquietanti. Ogni anno più di un milione di nuove automobili si riversano sulle strade. Quindi, anidride carbonica a tutta canna. Come intervenire? Bharat Wakhlu, direttore di Tata, il maggior gruppo industriale del continente, dalle auto alle centrali, dice: “Noi crediamo in un comune e differenziato approccio, perché dobbiamo mantenere la nostra competitività e, al tempo stesso, assicurare la salvezza del globo”. Una dichiarazione neanche tanto sibillina, se si analizza l’ultima uscita del ministro indiano dell’Ambiente, Jairam Ramesh. La bozza che presenterà a Copenhagen, e che già avrebbe l’ok di Brasile e Cina, non stabilisce tagli delle emissioni, ritenute già molto basse, pro capite, in quei paesi. Il messaggio è chiaro. Usa e Ue, il terzo “inquinatore” mondiale, diano il buon esempio e procedano per primi con quei maledetti tagli. Gli altri, Brasile, India e Cina, seguiranno. Per questo Copenhagen sarà fallimento.

arebbero almeno dieci le vittime e 80 i dispersi per la collisione che si è verificata ieri tra due traghetti locali sul delta del Nilo, a Rachid, a nord del Cairo. L’incidente è avvenuto a soli 20 metri dalla riva, cosa che ha facilitato il salvataggio di un gran numero di passeggeri. Una dozzina i sopravvissuti. Secondo una fonte della polizia uno dei due traghetti trasportava più di 70 persone mentre l’altro viaggiava senza passeggeri. La Farnesina ha fatto sapere che sono in corso le verifiche per scongiurare l’eventuale presenza di italiani.

PAKISTAN

Attentato contro moschea

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di almeno 40 morti il bilancio di un attentato contro una moschea a poca distanza dalle caserme della città-presidio di Rawalpindi, in Pakistan. I terroristi, tra i quattro e i sette, hanno colpito con armi automatiche ed esplosivi durante la preghiera del venerdì nella moschea del mercato di Qasim. Il tetto della moschea è crollato. Decine i feriti.


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SECONDOTEMPO SPETTACOLI,SPORT,IDEE in & out

MONDIALI 2010

Cesare l’eterno: “Io e Rocco avremmo portato Cassano”

Esordio Con “Dieci inverni”, Valerio Mieli è il nuovo anti-Moccia

Polanski Roman ai domiciliari nella località montana di Gstaad

Bettini Il fisco gli chiede conto di 11 mil di euro sottratti all’erario

Aggressioni I club dei tifosi palermitani solidali con Cavani

Slovacchia, Nuova Zelanda, Paraguay. Il sorteggio ci sorride, Maldini che nell’82 esultò e poi allenò i sudamericani benedice l’impresa: “Girone morbido”

di Malcom Pagani

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i avvicina al metal detector, grida di avere esplosivo nella borsa, getta la sacca oltre poliziotti, giornalisti, semplici curiosi e poi, tramontato l’insensato bluff, osserva il sorteggio dall’angolo buio di una galera, nel paese delle gabbie invisibili, del riscatto e delle ingiustizie, ancora profonde, che albergano in questo spicchio di sud del Mondo. Sorprese, brividi, arresti, fuori programma. Ci siamo davvero, nella culla delle contraddizioni e dell’emozione, tra canzoni, coriandoli, palline che girano, delegazioni ingessate che indulgono alle scaramanzie. Va bene all’Inghilterra (Algeria, Stati Uniti e Slovenia), benissimo all’Italia (Paraguay, Nuova Zelanda (già incontrata e battuta in estate con lo stesso punteggio della sfida tra Rivera e Schnellinger dell’Atzeca 1970), davvero male al Brasile, che al di là della suggestiva sfida con la Corea Del Nord (ma il ‘66 è lontano almeno quanto Pak doo Ik), ballerà sul filo dell’incertezza con gli omologhi portoghesi e la Costa D’avorio. All’Argentina capitano Nigeria, Corea Del Sud e Grecia (la squadra che a Usa ‘94, accompagnò un Maradona straniato al controllo antidoping che originò il crollo definitivo) e che offre a Diego lo specchio riflesso di un quindicennio sul trapezio. Poi, in ordine sparso, Francia destinata a soffrire con gli ospiti, l’Uruguay e il Messico, Germania in un raggruppamento insidioso e Spagna comodamente assestata su un tapis roulant che non dovrebbere prevedere interruzioni di corrente. Cesare Maldini prende in giro i suoi 77 anni. Rumori di posate, intimità familiare. L’Italia è casa sua. Dopo aver assaporato i calci cileni del ‘62, le emozioni argenti-

ne e spagnole di ‘78 e ‘82, il Messico al contrario dell’86, i trofei (ripetuti) dell’Under 21 e consolato sergenti e caporali, a traversa ancora tremante, al termine dei crudeli rigori di Francia ‘98, osserva le cose alla giusta distanza. Il Paraguay, più che a Stroessner e all’epoca buia del Plan Condor, fa pensare ai suoi occhi liquidi lanciati nei fumi coreani alla conquista di un secondo turno insperato. Gli abbracci all’amico del “vècio” Bearzot, a un piccolo paese di migranti che gli tributò onori da capo di Stato. “Allenare il Paraguay fu un’esperienza straordinaria. Il mio quinto Mondiale, al centro di un vulcano spento ma capace di accendersi in occasione delle partite. Del Sudamerica sapevo tutto, di Santacruz e Chilavert, gli eroi locali, quasi nulla. Mi scelsero dopo unj ballottaggio. El viejo italiano, se la cavò tra gli applausi. “Imparai in fretta. La Germania ci battè a cinque minuti dalla fine. Avremmo raggiunto i quarti di finale. Al ritorno, sembrava avessimo vinto la Coppa del Mondo. Asùncion ci abbracciò senza riserve”. Nonostante l’affetto, Maldini benedice le urne. “Quella competizione è una bestia strana. Si decide ogni cosa in un lasso di tempo limitatissimo. Uscire a testa alta o coperti dai pomodori è questione di luna, stato di forma e adeguate condizioni psicologiche. Certo, considerare il girone una mina ostile significherebbe modificare la realtà

delle cose”. Maldini non scorge intorno a Lippi lo scetticismo che secondo alcuni ricorderebbe l’aria greve che accompagnò Bearzot e Maldini nel ritiro spagnolo di Pontevedra. “Non mi sembrano situazioni paragonabili. Noi eravamo assediati, Lippi giunge all’appuntamento sudafricano da campione del mondo. Ha un’ossatura solida, calciatori fidati, un gruppo che ha saputo trionfare in mezzo al rumore assordante della diffidenza”. I pericoli, a detta di Cesarone, si nascondono altrove. “Rivera e Mazzola, Beccalossi e Pruzzo, Baggio e Del Piero. Ogni manifestazione ha esclusi e dualismi, icone che una parte dell’opinione pubblica farebbe scendere in cam-

A Milano

entre il tifoso deliba il sorteggio dei MonMte come diali sudafricani, che vede l’Italia presenCampione in carica nell’anno di Calciopoli, a Napoli nel processo collegato allo scandalo spunta l’Inter. Toh, che sorpresa. Un guardalinee, Mario Coppola, sostiene che quando Borrelli, preposto come capo delle indagini della Federcalcio in occasione dello Scandalone allora definito moggiesco, disse nell’estate 2006 “Chi sa, parli”, lui andò dai carabinieri come ogni bravo cittadino. E rac-

brio ci vuole, tutto qui”. Quindi nessun rimpianto per quel pallone di Baggio che lambì il palo di Barthez, ne incrinò la protervia e rischio di trasformare Parigi in un angolo di Groenlandia. Se quella sfera fosse finita dentro, forse Cesare avrebbe conquistato il trofeo più importante nello stupore. “Ma con i se non si mangia, anche se non è falso sostenere che a quell’Italia-Francia e al suo epilogo ho pensato tante volte”. A non rimuginare sui passi falsi, lo instradò Nereo Rocco. Paròn, Padre, Maestro. Troppo semplice pensare alla contaminazione tra il figlio di Macellai che in Osteria faceva l’alba e Cassano, prodotto da strada che forse non troverà mai il sentiero per Cit-

tà del Capo. “Nereo lo avrebbe imbarcato. Garantito. (ride di gusto, ndr) Nereo era modernissimo, camaleontico, flessibile. Difensivista? Solo ai tempi del Padova, quando la saggezza consigliava prudenza. Con il Milan, Rocco osava spesso. Tre punti, schemi d’attacco, attenzione all’estro e al talento. Una lezione che cercai di non rimuovere. Mi manca”. Come il figlio Paolo, esule senza più bandiera, dopo vent’anni indimenticabili. “Certo era bello vederlo. Dritto, coerente. Meglio così. I tifosi hanno perso un campione, io ho riguadagnato un figlio”. Ride di nuovo, l’ora di cena è passata da un pezzo. Cesare ha ancora fame di parole. “Questa occasione è per l’Africa un imperdibile passaggio di tempo tra passato e futuro. In un paese dove la segregazione era una tragica consuetudine e il futuro un’incognita. Ho fiducia. Anche se l’organizzazione dovesse latitare, gli alberghi avessero qualche crepa, i pullman fossero costretti ad affrontare per le strade un tifo non ortodosso e non tutto dovesse rivelarsi perfetto, motivi per sorridere non mancherebbero. A volte il simbolo vale più del risultato”. Cesare chiude, saluta, si congeda. Cambiano le prospettive. Ascese e cadute si confondono. In lontananza, per la prima volta, qualcuno lo convoca. A sinistra la griglia uscita dai sorteggi per il Mondiale 2010, per gli azzurri, Paraguay, N. Zelanda e Slovacchia

contò che nel 2001 per un Inter-Venezia ci furono pressioni per ammorbidire un referto arbitrale che aveva fruttato due giornate di squalifica a Cordoba, quello che c’è ancora, Ramiro. Ma, udite udite, i carabinieri gli spiegarono che “non essendoci intercettazioni che riguardassero l’Inter”, non avrebbero neppure verbalizzato. E infatti non verbalizzarono. Ora la cosa più interessante sembra proprio questa, essendo ovviamente prescritto tutto quanto dopo 8 anni dalla giustizia ordinaria e a maggior ragione dalla frizzante e istantanea giustizia sportiva. Per Coppola, niente verbalizzazione con una motivazione almeno inquietante. Un mese fa circa per Manfredi Martino, segretario della Commissione Arbitri Nazionale (Can), un’altra deposizione a Napoli in cui non tornava quello

UN SEGNALINEE, ALL’IMPROVVISO, SCUOTE CALCIOPOLI di Oliviero Beha

po anche con una gamba sola. E’ il nostro circo e non c’è nulla da fare”. Quindi tranquillità apparente, almeno fino a primavera. “Tregua armata. Poi, ad aprile, inizieranno le campagne. Sono arcisicuro che vedremo paginate su Totti e Nesta, partiti contrapposti, sondaggi, provocazioni. D’altronde i nomi sono quelli, gente che ha alzato trofei e scritto capitoli non secondari della recente storia tra scarpini e tacchetti”. Si percepisce una certa nostalgia. “Ma no, ogni fase dell’esistenza va vissuta per quello che rappresenta davvero. Senza pretendere ciò che non si può ottenere o meravigliarsi o peggio soffrire per le occasioni sfiorite o i divertiemnti smarriti. Equili-

che diceva in aula con le dichiarazioni rese ai carabinieri nel 2006. Allora, secondo il teste, ”forse non verbalizzarono”, non ricordava bene perché. E un altro teste, di nuovo un segnalinee come Coppola ma più recente, dei giorni nostri, tal Babini in stretto contatto telefonico intercettato con Meani uomo di Galliani, parlando di chi entrava negli spogliatoi come Moggi, e la Sensi e una pletora di dirigenti, pessimo costume epperò generalizzato, in un’udienza di qualche tempo fa di nuovo si riferì a sue dichiarazioni ai carabinieri non verbalizzate. Mi sbaglierò, ma se il fatto si ripete così spesso forse qualche gatta ci cova, e di colore diverso dal bianconero. Anche perché, rivelazione delle rivelazioni, quello che i media non riportano o comunque non sottolineano minimamente, è che questi tre testi, come tutti gli altri finora, sono testi chiamati dall’accusa, dai pubblici ministeri tesi a dimostrare la grande truffa di Moggi e company in Calciopoli (dopo il proscioglimento dei soli Carraro e Ghirelli nel plotone di rinviati a giudizio). A

sì, testi dell’accusa? E per di più con dichiarazioni non verbalizzate dai carabinieri o almeno da “quei” carabinieri? Parrebbe una vicenda orientata in partenza, con una “discarica” di rifiuti cui conferire tutto il marcio del pallone italiota,ovverosia la discarica-Moggi. Peccato che quello che sta venendo fuori non ci orienti affatto in quella direzione, e semini più dubbi di quelli che vennero fuori nel 2006 con il Palazzi di turno a inquisire i “mascalzoni”. Tutti i “mascalzoni”? E gli inquisiti sono certamente “mascalzoni” oppure piuttosto pedine di varia importanza della stessa scacchiera che abbiamo sotto gli occhi ancora oggi (non Moggi, per la rima)? Pensate che se non fosse semplicemente una storiaccia di calcio ma riguardasse le vicende di mafia in prima pagina, grideremmo già tutti quanti allo scandalo. Dello scandalo nello scandalo,intendo. Ci vorrebbe Travaglio… E invece, invece… chissenefrega, vero? Oppure no,a sorteggio finito prima dei Mondiali qualcuno ricomincerà a ragionare?


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SECONDO TEMPO

il disco di dente

WEEKEND Consigli di sopravvivenza

di Biondi, Collo, Colasanti, Pagani, Pontiggia, Truzzi

UOMINI NERI, UOMINI SERI

¸CINEMA da vedere èèè Commedia

L’uomo nero Italia/ 2009. Di Sergio Rubini. Con Riccardo Scamarcio e Valeria Golino

“Quando sento parlare di cinema pugliese, m’incazzo”. Detto da uno che ritorna nella Puglia degli anni Sessanta sul filo dell’autobiografia (papà ferroviere e pittore) potrebbe sembrare ipocrita o paradossale: semplicemente, è vero. Di tanto cinema italiano aggrappato più all’indicazione geografica tipica che alla denominazione d’origine controllata (il Cinema), Sergio Rubini è forse lo spauracchio: L’uomo nero, appunto, la sua decima regia che interpreta al fianco di Valeria Golino, Riccardo Scamarcio, Anna Falchi, Fabrizio Gifuni e l’esordiente Guido Giaquinto. Capostazione con qualche frustrato talento per la pittura, il suo Ernesto Rossetti vive con la moglie Franca (Golino), il figlio Gabriele (Giaquinto) e – suo malgrado – il cognato Pinuccio (Scamarcio): tra le incomprensioni con un padre tutt’altro che padrone, la dolcezza onirica ma severa della madre e la fascinazione per lo zio sciupafemmine, solo da adulto (Gifuni) Gabriele riguadagnerà la giusta prospettiva sul genitore. Prodotto da Bianca Film con Rai Cinema, budget di 5 milioni di euro, scritto da Rubini con Carla Cavalluzzi (“Per me è un Pinocchio moderno”) e Domenico Starnone, L’uomo nero si ripiega su se stesso – “Se uno non torna a sé, che racconta?”, dice il regista – ma alza la testa: una piccola storia per intercettare la Storia d’Italia, quella delle origini e della nostalgia per le origini, che cambierà toni, colori e dialetti, ma è la stessa da Bolzano a Lampedusa. Se altrove (Baarìa) si hanno budget kolossali ma “braccia – e ottiche – troppo corte” per afferrarla, Rubini si mette al servizio della Storia con dichiarato e “familiare” minimalismo (non minimismo!), mettendo alla gogna l’immobilismo del me-

&

LIBRI

ridione e il pregiudizio di ogni nostrana latitudine. E lo fa puntando su ciò che conosce in prima persona: vita e arte, per un film autobiografico e d’attori. Ottimamente diretti: Scamarcio è in parte (di se stesso?), la Golino osa senza strafare, Gifuni è corrucciato quanto serve, Vito Signorile e Maurizio Micheli non fanno rimpiangere il Gatto e la Volpe originali. Di questo Uomo nero non si può aver paura. (Fed. Pont.) èèè Animazione

A Christmas Carol Usa/ 2009. Di Robert Zemeckis. Con Larry David e Evan Rachel Wood

Chi ha incastrato Charles Dickens? In attesa di riprendere “Roger Rabbit”, Robert Zemeckis “cattura” con motion-capture animation (quella di “Polar Express” e “La leggenda di Beowulf ”) e 3D il più celebre dei Racconti di Natale, A Christmas Carol, aprendo le nostre Feste dopo aver rastrellato oltre 100 milioni di dollari negli Usa. “Abbiamo dato a questo classico il volto che Dickens aveva immaginato”, esulta il regista, e con qualche ragione. Il gotico spettrale datato 1843 e già adattato innumerevoli volte, starring Topolino, Muppets, Murray, Caine e Finney, non smette di far paura, anzi la tecnologia lo spinge verso il confine dell’horror: filologicamente ci sta, ma si rischia di tenere lontani i piccini. Viceversa, saranno i grandi ad “affezionarsi” all’Ebenezer Scrooge 2009, che, come i tre Spiriti del Natale Passato, Presente e Futuro, ha le sembianze metamorfiche di Jim Carrey – affiancato da Oldman, Firth, Hoskins e Robin Wright. Se il 3D è ormai moda irrefutabile, Zemeckis gli trova nuove fogge, lavorando coi carrelli sulla profondità e gli scarti laterali. Chissà, anche per Michael Mann, che vorrebbe cimentarsi in un action tridimensio-

nale, potrebbe essere un buon Natale… (Fed. Pont.) èè Biografico

A serious man Usa/ 2009. Di Joel ed Ethan Coen. Con Michael Stuhlbarg

Che film si può fare dopo quattro Oscar? Un piccolo film, ma di due grandi cineasti: A Serious Man dei fratelli Joel ed Ethan Coen, che dopo la scorpacciata agli Academy Awards di “Non è un paese per vecchi” ritornano nella Minneapolis anni Sessanta delle loro origini Yiddish, tra accademia scientifica, scuola ebraica e vestiario conforme. Per fortuna, c’è Danny Gopnik che si fa le canne e ascolta i Jefferson Airplane anziché prepararsi al Bar Mitzvah, mentre il padre professore, Larry (Michael Stuhlbarg), ne sconta una più di Giobbe e perde la matematica certezza che esibiva ex cathedra: la moglie lo vuole mollare per un suo amico, uno studente cerca di corromperlo e lettere anonime ne ostacolano la promozione. Riuscirà a rimanere serio? Tra

Valeria Golino protagonista de “L’uomo nero” di Sergio Rubini (FOTO ANSA)

naturalismo e stilizzazione comica, un “Coen minore” che intenerisce il celebre dark humour dei fratelli e si ferma alla commedia, salace, sul way of life degli ebrei del Mid-west: cattivella e divertita, parabolica senza una vera lezione, seria ma prevalentemente faceta. Nonostante lungaggini e nonsense non sempre felici, un discreto esercizio di stile, dunque, che ribadisce come quello dei fratelli Coen, Joel ed Ethan, sempre insieme, a qualunque costo, non è un cinema per vecchi. E l’anagrafe non c’entra. (Fed. Pont.)

èè Commedia

Il mio amico Eric Uk/ 2009. Di Ken Loach. Con Eric Cantona

Un racconto fantastico, che lega un’esistenza di contrabbando, quella di un postino in fuga da se stesso e dal mondo alla figura del più maledetto tra i calciatori dell’ultimo quindicennio, Eric Cantona (qui attore e coproduttore). Una favola alla Frank Capra, perché la vita, anche se nella periferia dell’anima piovono pietre, sa rivelarsi meravigliosa. (Ma.Pa.)

ARTE

ALEXANDER CALDER E LE AVANGUARDIE ROMANE n premuroso allestimento, presso il soUpermette lido Palazzo delle Esposizioni di Roma, alle incorporee opere del celebre statunitense Alexander Calder (1898-1976) di vibrare in perfetto equilibrio, una accanto all’altra. Nei due animaletti (Dog and Duck) elaborati per gioco all’età di undici anni in lamiera d’ottone c’è tutto il suo futuro, l’idea di una forma che diviene essenzialità, leggerezza, talvolta ironia. Tramutata in arte la sua educazione da ingegnere, condivide i suoi traguardi con i protagonisti

dell’Avanguardia: nello studio di Mondrian comprende l’esigenza di animare colori e forme e farli oscillare nello spazio. Così Calder centra il suo obiettivo: trasformare la staticità secolare della scultura in movimento. Una danza palpitante di elementi naturali legati da sottili fili di ferro, tanto inediti da esigere un nome tutto loro, coniato da Duchamp: “Mobile”. Una fusione tra levità e imponenza, riassunta nel gigantesco “mobile” del ‘58, che fa da perno (Claudia Colasanti) all’esposizione.

FILOSOFIA TASCABILE, IL PIACERE LEGGERO DI PENSARE

Da leggere

èèè Il morbo del pallone

èèè

Massimiliano Castellani

Il filosofo tascabile

Selene edizioni

Armando Massarenti Guanda editore

Dopo dieci anni di ricerca instancabile e altrui fastidio per domande (ancora senza risposte) capaci di creare sospetto, Massimiliano Castellani, giornalista di Avvenire, basco da esistenzialista e penna arguta, mette la pietà cattolica al servizio di un’indagine laica su tre lettere capaci di uccidere. Sla: sclerosi laterale amiotrofica, malattia che cancella chi ha appeso gli scarpini a qualche tipo di muro e nel bar, non ha avuto il tempo a ridere. Viaggio doloroso, dati raggelanti, testimonianze choc. Il pallone osservato da un’angolazione diversa, per riflettere ed esaurita la riflessione, riflettere ancora. (Ma. Pa.)

C’è Socrate al concorso di bellezza, l’“errante” Cartesio, Popper davanti al camino, l’amore a condizione di Abelardo. Non è una storia della filosofia. E nemmeno filosofia in pillole. Questi 44 ritratti di filosofi che Massarenti mette in fila per Guanda sono spigolature filosofiche. Particolari che svelano vita e pensiero dei 44 prescelti, dai presocratici a Wittgenstein. E punti di vista, mai banali e molto attuali, sul mondo. Nessuna volontà divulgativa, molti sorrisi strappati, neuroni messi piacevolmente in moto: i principali effetti collaterali di queste pagine, piene e leggere. (Si.T.)

èèèè

Fernando Savater La Confraternita della Buona Sorte Romanzo Passigli

Ambientato nel mondo delle corse di cavalli, ecco un piacevolissimo romanzo – vincitore del premio Planeta per la narrativa – del bel noto filosofo spagnolo di San Sebastián. Un cavallo che ha vinto quasi tutti i Grand Prix e un fantino misteriosamente scomparso fanno da perno attorno al quale ruotano una serie di avventurieri e di riccastri senza scrupoli. Una sorta di intelligente e scoppiettante novella filosofica sul significato – se mai ce n’è uno – della fortuna, e sul senso – se mai ce n’è uno – della vita. (Paolo Collo)

ARMANDO MASSARENTI METTE IN FILA 44 PENSATORI, DAI PRESOCRATICI A WITTGENSTEIN, CASTELLANI AFFRONTA I MISTERI DEL CALCIO E DEI SUOI DECESSI

è SPECIAL Nitty Gritty dirt band Mentre i gruppi rock si accorgono della musica country, la Nitty Gritty Dirt Band fa il contrario. Dopo tre anni di vita e quattro album, il gruppo che ha cambiato decine di formazioni nel tempo, si apre alla musica del diavolo e confeziona un album memorabile, rimasto a lungo nelle classifiche anche grazie alla cover di Mr Bojangles, canzone di Jerry Jeff del 1968 che ottenne un grande successo. Folk, rock e country si fondono in un mix perfetto: si respira west coast, polvere e oceano; le melodie di Jeff Hanna, cantante della band, si fanno pop, leggere e moderne. Tra registrazioni fruscianti dello Zio Charlie che fa cantare il suo cagnolino, batterie al flanger, percussioni quasi Indiane inseguite da chitarra e banjo fumanti, brani che suonano già come classici anni Settanta, una famosa sonatina di Muzio Clementi per Banjo solo, la bellissima Livin’ Without You di Randy Newman, imitazioni di galline tra le note, Jesse James, chitarre elettriche e armoniche aspirate, questo album, dalla bellissima copertina, fila via che è una goduria, che ti sembra di essere in California, a Long Beach, anche se sei solo nella pianura padana. A più di quarant’anni dalla sua nascita, la band è ancora attiva, l’ultimo album, Speed of Life, è di quest’anno e nel 2010 la registrazione di Mr Bojangles sarà inserita nella Grammy Hall Of Fame insieme ad altre ventiquattro canzoni che hanno fatto la storia della musica, tra cui Riders On The Storm dei Doors e Pearl di Janis Joplin. Mica male.

CD in uscita

³

è COLOUR ME FREE (EMI) Joss Stone Che grinta! Non può non farsi notare questo disco di musica cruda e scarna: è sale sulle ferite come in “Could have been you”. “Big ‘ol game” e “Lady” sono piccole gemme “rubate” al blues. “4 and 20” trasforma Joss in una crooner ineccepibile. Dipinge il nuovo album di funky-jazzato, rock e soul. Joss ha vinto due Brit awards ed è stata nominata ai Grammy ben 4 volte, ancora senza centrare l’obiettivo: il paradiso può attendere. è SAMARCANDA (SONY) Artisti vari Esce in questi giorni, a sorpresa, la raccolta delle musiche originali dei programmi di Michele Santoro, da “Samarcanda” ad “Annozero”. Dati gli autori di prestigio ( Bacalov, Nicola Piovani, Pivio e Aldo De Scalzi, Lele Marchitelli, Danilo Rea, Alfredo Lacosegliaz) è un vero piacere. Inoltre tutti i ricavi saranno devoluti a Emegency: 10 e lode. (Guido Biondi)


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SECONDO TEMPO

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IL PEGGIO DELLA DIRETTA

TELE COMANDO TG PAPI

Il mondo al contrario di Paolo

Ojetti

g1 T Parla il pentito Spatuzza. Si sente la sua voce che chiama in causa Berlusconi e Marcello Dell’Utri: da loro, i Graviano “hanno “ottenuto quello che volevano”. Parla anche Dell’Utri: “Non li conosco, sarò assolto, ma non festeggerò”. Fine del primo tempo. Secondo tempo, ecco Ida Peritore perchè “al centro del confronto politico” c’è Spatuzza e, allora, vai con le dichiarazioni a difesa del governo, con la “linea” pronta: la mafia, mai così “perseguitata” da un governo italiano, si vuole “vendicare” usando tutti gli Spatuzza che trova. Ma non basta: passata un po’ di cronaca, ecco il terzo tempo con Berlusconi (che non è andato a inaugurare alcuna tratta della Salerno-Reggio Calabria e non è andato nemmeno al processo Mills) che per voce

del portavoce vero (non Capezzone, ma Bonaiuti) elargisce cifre alquanto fantasiose: 8 mafiosi arrestati al giorno, 10 milioni di euro di beni sequestrati, sempre al giorno. Una strage. g2 T E se poi un telespettatore, preso da impellente bisogno, avesse voluto vedere il Tg2 delle 18,30 (tanto c’erano sempre Spatuzza e le maestre manesche di Pistoia), si sarebbe tenuto l’impellente bisogno: era criptato per sottrarre alla curiosità dei più il sorteggio dei prossimi campionati mondiali. Dice la Rai: ma che fai, hai la parabola? Devi avere il decoder. E se per caso sei preso dall’impellente bisogno in una regione che non ha ancora il digitale? Una volta, ai tempi delle volgarità, si diceva: ti attacchi. Per ora, con decoder, trasmissioni criptate, guerra Rai-Mediaset contro Sky, chi

si attacca sono le prime due, i dati di disaffezione del pubblico pagante sono mostruosi: meno 19 per cento e sorpasso del fatturato Sky. Crittate crittate, niente resterà. g3 T E se Emilio Fede svilisce tutto con un facile calembour “Spatuzza spazzatura”, solo il Tg3 restituisce dignità al processo Dell’Utri, dignità per tutti, accusati e accusatori, magistrati e pentiti, morti ammazzati e assassini. Ed ecco la cronaca del dibattimento con la testimonianza del pentito che parla dei collegamenti fra mafia e “quello di Canale5 e il nostro compaesano”. Ed ecco il ritratto di Spatuzza, colonnello della mafia, omicida spietato, ma persona “seria”, di alto livello, non un quaquaraquà qualsiasi come molti vorrebbero far credere. Interviene Pierluca Terzulli: Berlusconi ha mandato i portavoce a diffondere la sua difesa poi “si è chiuso a Palazzo Chigi senza vedere più nessuno”. Si arriva anche a Feltri che “si scusa” per aver diffamato ingiustamente Boffo. Qualcuno lo deve aver avvisato: altrimenti al Giornale portano via le rotative, a Berlusconi le ville e a te la Treccani sullo sfondo e la poltrona.

di Nanni Delbecchi

Un Fazio senza musica

principale della musica clasINonlsicaproblema in televisione è che è musica e basta. ci sono gli ormoni, le ruffianate, la sem-

dizzandosi e vespizzandosi in nome del bello, indossando l’abito scuro per una serata d’onore dedicata a tre musicisti di valore assoluto; il travolgente Daniel Barenboim, il riservato Claudio Abbado e l’austero Maurizio Pollini. Baudeggiante, con giudizio, anche il tono della conduzione, che ha alternato un certo paternalismo nei confronti del grande pubblico, che si ritrovava a tu per tu con cotanta scienza, allo sdilinquimento nei confronti dei “tre tenori” ospiti. Fazio è in gamba, ma certo il contraddittorio non è il suo forte (complice anche l’atmosfera radical chic di “Che tempo che fa”, dove ci si ritrova quasi sempre tra vecchi compagni); e se gli si tolgono anche le battute, che cosa resta? Giovedì sera è rimasto un attonito concerto per violino solo, con punte virtuosistiche come nel minuetto sul darsi del tu oppure del lei con il maestro Abbado. Eppure il problema non era da poco: ci si avvicina di più a Mozart dandogli del tu oppure del lei? La serata, ha candidamente ammesso Pollini, è servita soprattutto come promozione, come telethon nei confronti di un universo sempre più abbandonato a se stesso dalla politica e dalle sue Finanziarie. Su tutto, aleggiava poi un senso di irrealtà; non solo perché Fazio inseguiva la sua utopia nazional-culturale, ma perché sembrava di essere non su Raitre, ma su Raiuno. Non sulla Raiuno che c’è, ma su quella che ci dovrebbe essere se in Rai sopravvivesse uno spirito residuo di servizio pubblico. Credo fosse questo ruolo di supplenza che Paolo Ruffini, vista la voragine lasciata aperta dalle due consorelle, si era proposto per la sua rete, prima di subirne le logiche conseguenze. Difficile capire se fosse più d’ingombro al governo o all’opposizione.

plice poesia del pop, dove l’occhio è molto più importante dell’orecchio. Diciamo la verità: dal punto di vista illustrativo la musica sinfonica è un disastro, e sa di esserlo: Beethoven è molto più astratto di Pollock. Nelle riprese dei concerti, con i primi piani delle mani del pianista, della bacchetta del conduttore, delle gote dei fiati, si passa dalla padella alla brace. Poche cose al mondo sono meno televisive, ma soprattutto più antimusicali di quelle riprese. Il sacro terrore che, dalla notte dell’etere, ha accompagnato la tv nei confronti di questa musica è quindi più che giustificato, e ha raggiunto il massimo in una tv dove l’ascolto in sé è un handicap e bucare il video significa in realtà sfondare i timpani. Tutto questo Fabio Fazio, già eccellente biografo televisivo di Claudio Baglioni, dovrebbe saperlo bene; tuttavia, nell’imminenza della prima scaligera della “Carmen”, ha voluto tentare l’impossibile. Una serata Il conduttore di “Che speciale di “Che temtempo che fa”, Fabio Fazio: po che fa” che parper lui un tuffo nell’Opera tendo dall’opera di Bizet spiegasse le ali fino a raccontare la magia della musica classica e il grande ruolo sociale che essa può svolgere. Massimi sistemi e anche massime ambizioni, alle quali Fazio si è adattato di conseguenza. Ossia, bau-

LA TV DI OGGI 12.00 ATTUALIT¸ La prova del cuoco 13.30 NOTIZIARIO TG1 14.00 RUBRICA Easy Driver 14.30 RUBRICA Lineablu 16.15 RUBRICA Dreams Road 17.00 NOTIZIARIO TG1 17.10 RUBRICA RELIGIOSA A sua immagine 17.45 DOCUMENTARIO Passaggio a Nord Ovest 18.50 GIOCO L eredit 20.00 NOTIZIARIO TG1 20.30 RUBRICA SPORTIVA Rai Sport 20.35 GIOCO Affari Tuoi Speciale per due - Lotteria 23.05 NOTIZIARIO TG1 23.10 FILM Ma l amore... s 0.45 NOTIZIARIO TG1 Notte 0.55 PREVISIONI DEL TEMPO Che tempo fa 1.00 Estrazioni del Lotto 1.05 RUBRICA Cinematografo

14.00 REALITY SHOW ULTIMA PUNTATA X Factor - Il processo 16.00 ATTUALIT¸ Scalo 76 Talent 18.00 NOTIZIARIO TG2 Meteo 2 18.10 TELEFILM Primeval 19.00 TELEFILM Law & Order 19.50 CARTONI ANIMATI 20.25 Estrazioni del Lotto 20.30 NOTIZIARIO TG2 20.30 21.05 TELEFILM Close to home 22.40 RUBRICA SPORTIVA Sabato Sprint 23.30 NOTIZIARIO TG2 23.40 RUBRICA TG2 Dossier 0.25 RUBRICA TG2 Storie - I racconti della settimana 1.05 NOTIZIARIO TG2 Mizar 1.30 RUBRICA TG2 S , Viaggiare

16.25 RUBRICA SPORTIVA Sportabilia 16.40 EVENTO SPORTIVO Pallanuoto, Campionato Italiano 2009/2010 Lazio Nervi - Pallavolo, Serie A1 maschile 09/10 Yoga Forl - Trenkwalder Modena 18.10 RUBRICA SPORTIVA 90¡ Minuto - Serie B 18.55 PREVISIONI Meteo 3 - TG3 - TG Regione - TG Meteo 20.00 VARIET¸ Blob Vota Antonio 20.10 ATTUALIT¸ Che tempo che fa 21.30 PRIMA PUNTATA ATTUALIT¸ Nati liberi 23.25 NOTIZIARIO TG3 - G Regione 23.45 ATTUALIT¸ Un giorno in Pretura 0.45 NOTIZIARIO TG3 0.55 RUBRICA TG3 Agenda del mondo 1.10 ATTUALIT¸ TG3 Sabato notte

19.00 NOTIZIARIO News brevi 19.03 RUBRICA Salva con nome 19.13 RUBRICA Decoder 19.27 NOTIZIARIO Agrimeteo 19.30 NOTIZIARIO TG3 delle 19.00 20.00 RUBRICA Giro di boa 20.30 NOTIZIARIO TG1 delle 20.00 20.57 NOTIZIARIO Agrimeteo 21.00 NOTIZIARIO News 21.27 PREVISIONI Meteo 21.30 ATTUALIT¸ Tempi dispari supplementari 22.30 NOTIZIARIO News 22.45 VARIET¸ Superzap 22.57 PREVISIONI Meteo 23.00 NOTIZIARIO News brevi 23.03 ATTUALIT¸ Approfondimento 23.27 PREVISIONI Meteo 23.30 NOTIZIARIO News brevi

Nell’antico Egitto delle grandi piramoie e dei faraoni, il potente sacerdote Imhotep ha una relazione clandestina con Anck Su Namun, la sposa del faraone Seti. Quando questi lo scopre, per i due amanti non c’è scampo. Lei sceglie il suicidio, lui, catturato dalla guardie viene condannato alla pena più temuta. Mummificato vivo, il suo corpo viene quindi seppellito nella città dei morti.

Italia 1 21,10

Rai uno 23,10

13.30 NOTIZIARIO TG4 13.54 PREVISIONI DEL TEMPO Meteo 14.05 REAL TV Forum: sessione pomeridiana del Sabato 15.12 TELEFILM Perry Mason 17.00 TELEFILM Psych 17.55 DOCUMENTI Pianeta mare 18.55 NOTIZIARIO TG4 Meteo 19.35 SOAP OPERA Tempesta d amore 20.30 TELEFILM Walker Texas Ranger 21.30 TELEFILM Bones 23.15 TELEFILM The Unit 0.00 RUBRICA SPORTIVA Guida al Campionato 0.30 ATTUALIT¸ Passwor d - il mondo in casa 1.30 NOTIZIARIO TG4 Rassegna Stampa 1.45 SHOW Ieri e oggi in tv Special - 20 Anni dopo - 1988

z RUGBY: Test Match 2009 BARBARIANS - NUOVA ZELANDA

ÊÊ/ Ma l'amore… sì

ÊÊÊ/ La mummia

12.25 NOTIZIARIO Studio Aperto - Meteo 13.02 NOTIZIARIO SPORTIVO Studio Sport 13.35 NOTIZIARIO TGCom 13.40 TELEFILM Til Death 14.05 FILM Karate Kid 4 16.10 FILM Robin Hood Un uomo in calzamaglia NOTIZIARIO TGCom Meteo (ALL INTERNO) 18.15 TELEFILM Quelli dell intervallo 18.30 NOTIZIARIO Studio Aperto - Meteo 19.00 TELEFILM Mr. Bean 19.25 FILM Babe - Maialino Coraggioso 21.10 FILM La mummia 23.40 FILM Alien Vs. Predator 1.20 RUBRICA SPORTIVA Poker1mania 2.00 EVENTO SPORTIVO Arti marziali, Oktagon: Road to K1 Tokyo Ottavi di finale Le grandi vittorie del campione Giorgio

12.30 NOTIZIARIO TG La7 12.55 NOTIZIARIO SPORTIVO Sport 7 13.00 FILM Un americano a Roma 15.05 EVENTO SPORTIVO Rugby, Test Match 2009 Barbarians - Nuova Zelanda (DIRETTA) 17.15 DOCUMENTARIO La7 Doc 18.00 TELEFILM I Magnifici Sette - "La carovana - prima e seconda parte" 20.00 NOTIZIARIO TG La7 20.30 REAL TV Chef per un giorno (REPLICA) 21.35 TELEFILM L ispettore Barnaby 23.30 VARIET¸ Victor Victoria - Senza filtro 0.30 NOTIZIARIO TG La7 0.55 ATTUALIT¸ M.O.D.A 1.30 ATTUALIT¸ 25» ora Il cinema espanso 3.30 NOTIZIARIO CNN news

PROGRAMMIDA NON PERDERE

TRAME DEI FILM Per il povero nonno Alcide una festa a sorpresa organizzata dai suoi numerosi parenti si trasforma in un colpo troppo forte per il suo povero e debole cuore, provocandogli un infarto che gli sarà fatale. L’uomo era un risparmiatore incallito e i suoi due figli Alfredo e Nunzio si ritrovano a dover gestire inaspettatamente un’ enorme quantità di soldi tenuta per anni nascosta a tutti...

13.40 REALITY SHOW Riassunto: Grande Fratello 14.00 REALITY SHOW Amici 16.00 ATTUALIT¸ Verissimo - Tutti i colori della cronaca 18.50 GIOCO Chi vuol essere milionario 20.00 NOTIZIARIO TG5 20.30 PREVISIONI DEL TEMPO Meteo 5 20.31 ATTUALIT¸ Striscia la Notizia - La voce dell influenza 21.10 IL MEGLIO DI VARIET ¸ Chi ha incastrato Peter Pan? 23.45 REALITY SHOW Riassunto: Grande Fratello (REPLICA) 0.15 TELEFILM Missing 1.30 NOTIZIARIO TG5 Notte 1.59 PREVISIONI DEL TEMPO Meteo 5 2.00 ATTUALIT¸ Striscia la Notizia - La voce dell influenza (REPLICA)

ÊÊÊÊ/ Alien Vs. Predator Durante una spedizione archeologica alla scoperta di un tempio atzeco sepolto in Antartide, un gruppo di scienziati si trova, suo malgrado, coinvolto nella lotta fra due terribili specie aliene. Per millenni, il luogo è stato infatti usato dai giovani “Predators”per compiere una sorta di rito di passaggio all’età adulta. Un rito che prevede ciò che più assomiglia a una battuta di caccia. Ma qui al posto delle comuni volpi ci sono gli “Aliens”.

Italia 1 23,40

Riecco la Nuova Zelanda che Graham Henry ha deciso di premiare affidandole l’onore di affrontare i Barbarians a Twickenham nell’ultimo test match di questo intensissimo tour novembrino.Reduci dalle vittorie contro Australia, Galles, Italia, Inghilterra e Francia, gli All Blacks si presentano, contro la leggendaria selezione guidata per l’occasione dal ct Nick Mallett e Richie McCaw fresco giocatore dell’anno.

La7 15,05

z Nati Liberi

z Che tempo che fa Ospiti di questa sera di Fabio Fazio, avremo Philippe Petit, mago, giocoliere, ma soprattutto funambolo e scrittore, arrestato più di cinquecento volte per le sue incredibili performance, seguirà Leonardo Pieraccioni, attore e regista, torna nelle sale italiane il 18 dicembre, con Io & Marilyn e infine, Aldo, Giovanni e Giacomo, impegnati nel “difficile”ruolo delle ronde padane.

Rai tre 20,10

Parte questa sera il nuovo programma dedicato al mondo degli animali condotto da Licia Colò iniziando da Yellowstone National Park per seguire la storia di un branco di lupi reintegrati nella riserva di Lamar dopo anni di decimazione. Una storia d’amore ma anche di lotta costante per la sopravvivenza. Dal mondo dei lupi a quello dei rapaci. Licia farà ripercorrere il sogno di Icaro volando sulle ali delle aquile.

Rai tre 21,30


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SECONDO TEMPO

MONDO

WEB

di Federico

feedback$

sarx88

è ANTEFATTO.IT SU FACEBOOK Commenti allo Status “Fini teme lo scioglimento delle Camere, il premier un governo tecnico. Ora tra i due è guerra di posizione”

Mello

La comunicazione ai tempi della Rete e c’è uno studioso che negli ultimi 15 anni meglio di chiunque altro ha raccontato Internet, il senso sociale della Rete e la nuova politica nata dal basso, questo è indubbiamente Manuel Castells. Castells, allievo del sociologo francese Alain Touraine, ha sempre mantenuto un tratto personale nei suoi studi: essendo nato in Spagna sotto il franchismo, la passione democratica e l’ansia per il futuro sono sempre state un suo tratto distintivo. E’ stato definito “il Marx del XXI secolo” (ma anche il sociologo più influente al mondo). Mercoledì era a Roma, al Chiostro del Bramante, per “Anteprima di Reti” (gli eventi che l’azienda di comunicazione e consulenza, organizza sui temi che saranno distintivi nel prossimo anno). Castells ha parlato a braccio del suo ultimo libro, “Comunicazione e potere” (Università Bocconi Editore) uscito quest’anno: una pietra miliare negli studi sulle relazioni tra con-

S

senso, potere, psicologia, comunicazione e Internet. Tra i tanti temi toccati, Castells si è soffermato su quello di “autocomunicazione di massa”. Con questa si intende una forma “storicamente nuova” di comunicazione che è di massa perché ha potenzialità di raggiungere un pubblico globale (come un video su YouTube, o una notizia pubblicata su un blog) ma è contemporaneamente “autocomunicazione” perché ha contorni nuovi, spesso amatoriali: “E’ autogenerata, la definizione dei potenziali destinatari è autodiretta e la selezione dei contenuti o il reperimento di specifici messaggi è autoselezionato”. Ciò significa che, come mai era stato possibile prima, messaggi nati dal basso possano superare le barriere in entrata dei media di massa (dalla radio alla televisione). Alla nostra domanda se dalla politica nata su Internet (No B. Day, le manifestazioni online iraniane, o il suppor-

Strega comanda color... (Marco Hermes P.) Ho un leggero sospetto che lo stiano facendo per distogliere l’opinione pubblica da qualche altra porcata ... non sarebbe la prima volta... (Gabriele A.)

to ricevuto da Obama via Rete) possano svilupparsi e prosperare nuovi partiti o movimenti propositivi in grado di imporsi, Castells ha risposto: “Certo. Il problema è che nelle attuali organizzazioni politiche non c’è desiderio di partecipazione. I politici non vogliono usare Internet perché a loro non interessa la partecipazione, ma la propaganda”. Con o senza partiti, però, in tutto il mondo i cittadini si stanno organizzando: il futuro non si ferma. E forse, oggi, anche nella retrograda Italia, l’autocomunicazione di massa può diventare politica.

In fondo non sono altro che le due facce della stessa medaglia... (Giovanna Brucc.) è MARCOS E ANGELINA JOLIE “MEGAFONO” NUOVO QUOTIDIANO ONLINE

E’ online il Megafono, un nuovo web-quotidiano (ilmegafonoquotidiano.it) diretto da Salvatore Cannavò, già vicedirettore di Liberazione al tempo di Sandro Curzi (e poi deputato durante il secondo governo Prodi). Nel primo numero, un’intervista al Subcomandante Marcos sui personaggi dell’America latina, da Castro al Che, e sulla passione del Sub, per l’attrice Angelina Jolie. “Questo giornale – si legge nell’editoriale di presentazione – è un progetto collettivo che agirà nel tempo della crisi della stampa di sinistra” .Tra i collaboratori, Giorgio Cremaschi, leader della sinistra Cgil e lo scrittore Stefano Tassinari. Auguri. Manuel Castells, il suo libro “Comunicazione e Potere”, il Megafono, La7.tv

DAGOSPIA

FINI E ALFANO

è LA7: TUTTO ONLINE PARTE IL SERVIZIO WEB

I bambini delle scuole di Rimini ieri erano felici di aver marinato la scuola per vedere con i loro occhi innocenti il Salone della Giustizia inaugurato dal “comunista” Gianfranco Fini e dal ministro Angelino Jolie Alfano. Nei giorni scorsi le maestre delle scuole elementari avevano spiegato alle piccole creature che la giustizia veste oggi panni disordinati, ma che nel percorso della Fiera avrebbero capito l’importanza di questo valore fondamentale. Tra le piccole creature c’era anche Dagospia che ha visitato le sezioni di questo Salone di cui pochi hanno capito la necessità. All’ingresso c’è la sezione dedicata alla nascita della legge, poi si passa nella seconda area dove le Forze dell’ordine sono rappresentate in stand maestosi. I bambini di Rimini non hanno capito perché al centro di questa seconda sezione sia stato dedicato un grande spazio all’industria farmaceutica, ma nessuno ha avuto il coraggio di dire loro che la presenza è giustificata dalle sponsorizzazioni. Mentre Fini è arrivato al mattino alle 10, Angelino Jolie Alfano si è presentato alle 17 con un codazzo di guardie del corpo e di alti dirigenti che ha creato un certo scompiglio. Così mentre un vecchietto cadeva in terra, i giornalisti sgomitavano per sentire le parole del Guardasigilli e Anna La Rosa dava inizio a un dibattito dove Alfano ha è A PARIGI VIETATA ribadito la sua DISTRIBUZIONE SEX TOYS determinazione sul PARTE LA PETIZIONE ONLINE “processo breve”. A Niente sex toys gratuiti per i parigini. La quell’ora però i polizia ha vietato per motivi di ordine bambini di Rimini se pubblico un’iniziativa promozionale ne erano già andati. che prevedeva di distribuire gratuita-

La tv sta cambiando; La7 raccoglie la sfida e al grido di “cambiamo la tv” lancia La7.tv, servizio Web on demand che permette di vedere via Internet, gratuitamente, i programmi del palinsesto televisivo della rete di Telecom Italia. Su La7.tv si trovano tutte le produzioni della rete visibili in qualsiasi momento per una settimana dal giorno della loro messa in onda – come “Otto e mezzo” di Lilli Gruber, “Exit” di Ilaria D’Amico, “L’Infedele” di Gad Lerner, “Victor Victoria” di Victoria Cabello o “Effetto Domino” di Myrta Merlino – e il curioso “Archivio cult”, che comprende le puntate più belle di tutti gli show dell’emittente, messi a disposizione dalla seconda settimana di programmazione. L’obiettivo è quello di catturare i “nativi digitali” e gli scontenti della tv generalista. (Valerio Venturi).

mente, il prossimo 12 dicembre, ben 6.000 gadget erotici per le strade di Parigi, nel centralissimo quartiere del Marais. Delusi per il no della questura, gli organizzatori hanno lanciato sul Web una petizione di sostegno all’operazione. Lo scorso 14 novembre, sempre a Parigi, la polizia aveva anche deciso di bloccare per “motivi di sicurezza” la distribuzione gratuita di banconote ai passanti (somme fino ai 500 euro), un “colpo” promozionale di una società attiva sul Web, che doveva svolgersi nei pressi della Tour Eiffel. Lo stop improvviso della polizia scatenò l’ira dei partecipanti, con atti di vandalismo, scontri con gli agenti, numerosi feriti e varie persone arrestate.

Un “giochino” per portare a termine il programma della P2: Repubblica presidenziale con annesso referendum popolare, cioè si giocano, il gatto e la volpe, “il tutto in una mano”? Pinocchio, il popolo italiano, naturalmente! ALL IN, diciamo... (Carlo C.) Mi chiedo e vi chiedo: ma come si fa a fidarsi di Gianfri? Non è lui quello che disse che il Pdl era “una comica” e An non ci sarebbe mai entrata? Non è lui quello che voleva bandire i professori gay? Non è lui che ha sposato la ex di Gaucci? Ecc. Ecc. Ecc. Questi ecc non sono starnuti... (David) Fini è meglio che si tolga, è l’unico a dimostrare un po’ di intelligenza in questo momento non è possibile tenere il piede un due scarpe (Augusta) Ci vorrebbe la rieducazione o l’esilio per un buon 60-70% di italiani (Sim.Bru.) Secondo una trasmissione di Raidue sono arrivate 40.000 telefonate in 40 minuti di solidarietà a Berlusconi, quindi 1000 al minuto per 40 min. Ma quanto è grande questo call center? (P.P.M) Noooo... è che ogni telefonata è durata 3 secondi... la gente chiamava e diceva: “Solidarietà a Berlusconi”, fine della telefonata... :-D) (Davide O.) Servizio pubblico????? Raidue??????? hahahahahahaha!!! (Luisa S.) Nella trasmissione di Monica Setta… Il pestaggio di Ingroia da parte di tutti, nessuno escluso, è stato veramente indecente. A voi de Il Fatto lo chiedo pubblicamente: recensite questa oscenità... (T.R.) Il giorno litigano, la notte vanno a rubbà insieme!!!!! (Andrea A.) Capezzone ha detto che i giudici sono vigliacchi perché non vogliono andare a Palermo. Forse perché rischiano di saltare senza nessuno che li protegga. Comunque Capezzone di coraggio se ne intende. Ce ne vuole tanto per passare a ogni elezione dall’altra parte e stare sempre con i vincitori (C.Gerardo)


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SECONDO TEMPO

Battibecco

PIAZZA GRANDE

É

Politi

apa Wojtyla smarrì la via per Mosca nell’89, quando Gorbaciov giunto per la prima volta in Vaticano lo invitò nell’Urss. Invece di cogliere l’occasione, Giovanni Paolo II si lasciò influenzare dagli esponenti della Chiesa uniate ucraina (ancora semiclandestina) contrari alla visita di un Romano Pontefice nel Cremlino sovietico. Così l’opportunità andò persa. Nel frattempo il Vaticano aveva commesso l’errore di istituire quattro diocesi cattoliche nel territorio dell’Unione Sovietica, di mettere a capo dell’arcivescovado di Mosca un prelato oriundo polacco, mentre veniva incoraggiato il proselitismo tra la gioventù post sovietica. L’effetto fu il deterioramento dei rapporti tra Santa Sede e Patriarcato ortodosso di Russia. Il presidente russo Medvedev, nel suo colloquio con Benedetto XVI, non ha rinnovato l’invito come già non lo fecero Eltsin e Putin per non urtare la suscettibilità del Patriarcato. Ma i rapporti bilaterali tra Russia e Vaticano sono assai cordiali e le due parti hanno deciso di arrivare alla piena normalizzazione delle relazioni diplomatiche con uno scambio regolare di ambasciatori e non più di “rappresentanti”. I dirigenti russi favoriscono peraltro il dialogo tra le due Chiese, al Cremlino interessa il ruolo internazionale della Santa Sede. In effetti con il passaggio di millennio l’atmosfera tra Vaticano e Patriarcato è mutata in meglio. Nel 2007 è diventato arcivescovo cattolico a Mosca l’italiano mons. Paolo Pezzi, inviato (come scrisse l’Osservatore Romano) esplicitamente per “rilanciare il dialogo con gli ortodossi”. Dal disgelo si è passati a un avvicinamento. A Mosca il Papa-teologo Ratzinger piace. E a sua volta il nuovo Patriarca Kirill, che stima molto Benedetto XVI, viene considerato un valido interlocutore per arrivare a relazioni di cooperazione e – forse in tempi non lontani – a un vertice fra i capi delle due Chiese. Simbolo significativo del nuovo clima è la decisione del Patriarcato di Mosca di pubblicare in questi giorni in lingua russa un’antologia di discorsi di Ratzinger sull’Europa. Discorsi caratteristici del pensiero di Benedetto XVI, preoccupato per un’Europa che si “svuota” del suo patrimonio cristiano mentre la tecnoscienza acquista il predominio. E proprio sul terreno di una riscossa nei confronti di una società contemporanea troppo laica e scristianizzata si sta realizzando una forte convergenza tra la Chiesa di Roma e il Patriarcato di Mosca, che ha già condannato la sentenza europea sulla non esposizione di crocifissi nelle scuole italiane. Nella prefazione ai testi ratzingeriani l’arcivescovo Hilarion, ministro degli esteri del Patriarcato, denuncia (come fa il Vaticano) il “pericolo del secolarismo militante” , rivendicando nei confronti della Ue il diritto delle singole na-

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L’alleanza con il Patriarcato di Mosca è fondamentale per i progetti ecumenici di Benedetto XVI che nel 2005 annunciò di volere fare “passi concreti” sulla via della riconciliazione fra le Chiese cristiane zioni a “conservare le proprie identità culturali e spirituali, il cui nucleo è molto spesso costituito dalla religione”. L’alleanza con il Patriarcato di Mosca (numericamente la Chiesa più forte del mondo ortodosso) è fondamentale per i progetti ecumenici di Benedetto XVI. Salendo sul trono papale nell’aprile 2005, Ratzinger annunciò di volere fare “passi concreti” sulla via della riconciliazione fra le Chiese cristiane e nella prospettiva di una ritrovata unità. Di questo progetto fa parte un asse preferenziale cattolico-ortodosso. Il momento della verifica si sta avvicinando. Nel 2007 si sono riuniti a Ravenna i rappresentanti della Chiesa cattolica e di quasi tutte le Chiese ortodosse sotto la guida del Patriarca di Costantinopoli Bartolomeo. Ne scaturì un documento in cui per la prima volta gli ortodossi mettevano nero su bianco la disponibilità a riconoscere al vescovo di Roma un ruolo di “prima-

to”. Questa funzione, tuttavia, andava “inseparabilmente” legata alla prassi di “conciliarità”. Un principio di democrazia originaria di cui le Chiese ortodosse sono gelose. Nel loro sistema il capo di una Chiesa, il Patriarca, decide unicamente con l’accordo del consiglio sinodale, in cui siedono alti rappresentanti dell’episcopato. La riunificazione delle Chiese cristiane sarà dunque solo possibile se il Papa romano realizzerà questo principio. Recentemente Benedetto XVI ha scritto una lettera al Patriarca ecumenico Bartolomeo a Costantinopoli, dicendosi pronto a “cercare insieme le forme” di esercizio del primato papale. Ma è venuto il momento di individuare concretamente queste forme di partecipazione al potere di governo del Papa. Nel secondo incontro cattolico-ortodosso, svoltosi a Cipro in ottobre, le parti si sono impegnate ad approfondire tre principi che si ritrovano nei concili del Primo millennio (quando ancora lo scisma tra oriente e occidente non era avvenuto). Sono tre concet-

IL FATTO di ENZO

Fini

PIETÀ PER I BOIA M

Quanto piace Ratzinger ai russi di Marco

di Massimo

l

Nella storia della Repubblica sono tanti i magistrati e i rappresentanti delle forze dell’ordine che hanno perso la vita per difendere la giustizia e la legalità, e quando penso che ci sono politici che usano il Parlamento per leggi “ad personam”, motivando che si sentono perseguitati dai giudici, allora si arriva anche al ridicolo. L’espresso, febbraio 2006

ti-chiave: cooperazione del Papa con il Concilio, concordia tra il Papa e gli altri quattro Patriarchi storici della cristianità, accordo tra i capi delle Chiese. Sembrano sottigliezze, ma delineano un modello di governo partecipato assai lontano dalla monarchia papale del cattolicesimo. Benedetto XVI (FOTO GUARDARCHIVIO)

artedì scorso il Corriere titolava: “Il boia di Sobibor alla sbarra, ultimo processo al nazismo”. Speriamo sia davvero l’ultimo. A me questi processi a nazisti novantenni hanno fatto sempre un’orrore quasi pari ai loro crimini. Per la verità John Demianiuk, il cosiddetto “boia di Sobibor” (già vittima di un errore giudiziario perché nel 1981, scambiato per il famigerato Ivan il Terribile di Treblinka fu condannato a morte da un tribunale israeliano, ma liberato parecchi anni dopo quando fu rintracciato il vero Ivan) non era nemmeno un nazista propriamente detto, era un soldato semplice dell'Armata Rossa che catturato dai tedeschi nel 1942, mandato in un campo di addestramento per guardie, fu poi spedito, con questa funzione, a Sobibor dove, nel 1943, rimase sei mesi. In quei mesi, a Sobibor, furono sterminati nelle camere a gas 27.900 ebrei. L’accusa non è di aver ucciso direttamente qualcuno dei prigionieri – non ci sono le prove – ma di “aver fatto parte di un sistema finalizzato allo sterminio razionale di persone”. Non discuto qui se una simile accusa sia giuridicamente sostenibile – a me parrebbe di no – ma il fattore “tempo” che ha un’importanza determinante nelle vicende umane, anche le più terribili. Sono passati 66 anni da quei fatti. Tranne che per i crimini dei nazisti non ci sono precedenti in tutta la storia dell’uomo, presso qualsiasi popolo e latitudine, di processi che siano stati celebrati a tanta distanza di tempo. L’unico che può essere evocato è il processo che Giulio Cesare, per suoi motivi, come sempre loschi, si intestardì a far intentare nel 63 a.C. contro il vecchio senatore Rabirio che 37 anni prima aveva partecipato al linciaggio del tribuno della plebe Apuleio Saturnino. Rabirio fu trascinato davanti ai Comizi centuriati, un tribunale popolare, proletario, che non aveva certo alcun motivo per avere in simpatia quel vecchio arnese reazionario che aveva ucciso un loro sodale. Ma anche ai giurati popolari, che pur potevano covare legittimi desideri di vendetta, 37 anni di distanza dai fatti parvero troppi, un’assurdità, e con uno stratagemma, per non contrariare apertamente il “divo Giulio” fecero in modo che il processo non si potesse celebrare . Qui sono passati quasi tre quarti di secolo. Demianiuk, che ha 89 anni, si è presentato alla prima udienza del processo, che si tiene a Monaco di Baviera, in sedia a rotelle ma poiché dopo le prime schermaglie si è sentito male ha dovuto essere adagiato su un lettino mobile dal quale ha partecipato alle ulteriori fasi del procedimento. Un infierire disumano, crudele, osceno, su un ectoplasma, non poi tanto lontano dalle sevizie di cui Demianiuk è accusato di essere stato corresponsabile. Una vendetta, più che un giudizio. E in casi come questi io non riesco a sfuggire all’orribile retropensiero – peraltro suffragato dalle atrocità commesse dai vincitori nei decenni successivi alla Seconda guerra mondiale – che, a parti invertite, le vittime non si sarebbero comportate molto meglio dei loro carnefici.

Ripetute (e intenzionali) gaffe di Alberto

Gangemi

ome efficacemente spiegano gli esperti, la politica estera italiana al tempo di Berlusconi non è un granché: contiamo molto poco. In compenso, negli ultimi 15 anni, in Italia e all’estero, si sono formate due interessanti abitudini interpretative intorno all’argomento. Quando il presidente del Consiglio è in missione all’estero, o ci aspettiamo che sdogani leader poco presentabili, cioè meno presentabili di lui (da ultimo, il bielorusso Lukashenko), oppure che commetta una gaffe (l’ultima con il presidente panamense). Occupiamoci del secondo caso. Tutto comincia con Il comportamento le corna durante la foto ufficiale di un di B. ha un Vertice atlantico: da lì in poi le varianti pubblico preciso: non si contano. In occasione di quel tutti coloro che primo episodio, tutti i giornali parlaronutrono fastidio no, senza alcun per la formalità dubbio, di gaffe. Da subito questa lettuistituzionale, ra è stata così forte da diventare un moper le regole dello interpretativo per i fatti futuri: e, più in generale, “Berlusconi è un per il professionismo gaffeur planetario” (Massimo D’Alepolitico ma), e il giudizio

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viene riproposto di continuo, dall’abbronzatura di Obama, al corteggiamento della presidentessa finlandese, al kapò Schulz. Tutto finisce dentro il grande contenitore della “gaffe politica”, e alcune importanti differenze si perdono. Chiamare ogni imbarazzante uscita di Berlusconi “gaffe”, infatti, non solo è sbagliato, ma anche pericoloso. acciamo un esempio. Un famoso (e vero) gafFDurante feur politico è sicuramente Jacques Chirac. un G8 in Canada, mentre l’allora presidente francese pronunciava il suo discorso, Berlusconi si alzò e cominciò a distribuire orologi d’oro agli altri capi di Stato presenti. Tutti dissero che si era trattato dell’ennesima gaffe del premier italiano. Ma cosa avremmo detto se, durante quel discorso Chirac ne avesse commessa una delle sue? Difficilmente avremmo riconosciuto i due comportamenti come analoghi. Con ogni probabilità, avremmo riconosciuto quella del presidente francese come una vera gaffe e quella del presidente del Consiglio italiano come qualcos’altro. La ragione è che quelle di Berlusconi non sono, quasi mai, gaffe. Una gaffe è un episodio sporadico, maldestro che provoca imbarazzo perché chi lo compie infrange, momentaneamente, le regole della situazione o dell’istituzione cui sta partecipando. Il vero gaffeur cerca subito di riparare il danno fatto, e di salvare la faccia. Berlusconi no. Da 15 anni commette pseudo-gaffe in modo regolare (e non sporadico), dimostrando che l’infrazione delle regole e dell’etichetta politica non lo imbarazza, ma lo soddisfa. Tutti ca-

piscono che è il solo modo che ha per far guadagnare visibilità e prime pagine alla sua (fallimentare) politica estera. Ma tutti continuano, inspiegabilmente, a chiamarle, senza distinzioni, gaffe. Eppure la regolarità e l’intenzionalità suggeriscono proprio il contrario: queste pseudo-gaffe sono parte dello stile politico di Berlusconi, che al pari degli atti e delle scelte, produce effetti rilevanti. In questo caso l’effetto è duplice. Innanzitutto, questo comportamento ha un pubblico preciso: tutti coloro che nutrono fastidio per la formalità istituzionale, per le regole e, più in generale, per il professionismo politico. Con questo tratto del suo stile, infatti, Berlusconi mette in scena il suo dilettantismo e l’estraneità al mondo politico a beneficio del suo elettorato di riferimento. È una questione di stile: come tale, non ha bisogno di spiegazioni, ma è riconosciuta e sentita immediatamente. In questo senso, la pseudo-gaffe favorisce la semplificazione dei problemi: la complessità dei rapporti diplomatici, degli equilibri politici, del dibattito europeo e internazionale è ridotta a una faccenda tra amici, uno scherzo simpatico, una pacca sulle spalle. L’uso sistematico del termine gaffe legittima, involontariamente, questa semplificazione e finisce per diventare una cattiva parola per una cattiva abitudine. La gamma di termini di cui disponiamo, invece, è molto ampia ed eterogenea: battuta (talvolta, infelice), sparata, sconsideratezza, tranello, attacco, volgarità, impertinenza, leggerezza, imprudenza, insulto… Sarebbe utile farne una tipologia. Ma non chiamiamole più gaffe. Dottorando in Semiotica, Università di Bologna


Sabato 5 dicembre 2009

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SECONDO TEMPO

MAIL Silvio Berlusconi e le rivelazioni del pentito

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LA VIGNETTA

aro Colombo, si sta costruendo in Italia un mostro giuridico e istituzionale per una democrazia su due presupposti falsi: il diritto a governare o un supposto diritto di una parte minoritaria di elettori di veder governare al di là delle regole un candidato da loro eletto e quello quasi comico della insostituibilità del capo del governo. Lei ha vissuto negli Usa. Nixon e i suoi elettori repubblicani avrebbero potuto appellarsi a diritti analoghi? Dopo la morte improvvisa e imprevista di Kennedy e le stesse dimissioni di Nixon, gli Usa precipitarono forse nel baratro economico e istituzionale? Il diritto della maggioranza degli elettori che votarono per altri candidati o non votarono affatto non dovrebbe prevalere e vedere a casa il governo, secondo la logica di Gasparri e Cicchitto? Francesco Olivieri

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Dopo le dichiarazioni di ieri di Gaspare Spatuzza, pentito di mafia che ha raccontato come Berlusconi abbia da anni messo il paese in mano a Cosa Nostra, spero che l’Italia avrà la dignità di cacciare questo presidente compromesso. Maurizio C.

Lettera degli studenti a Mattia Celli Scriviamo in risposta alla lettera di Pier Luigi Celli a suo figlio. Ci siamo incontrati, nel cortile della Luiss, una mattina di gennaio: nutrito gruppo di sognatori e non, iscritti al primo corso di alta formazione per aspiranti copy editor, photo editor e tra-

IL FATTO di ieri5 Dicembre 1952 Quel tragico 5 dicembre ‘52 a Londra. Il giorno del Great Smog, una delle più grandi catastrofi ambientali inglesi. Nella città ancora segnata dalle ferite della guerra e stretta nella morsa del gelo, i londinesi cercano di scaldarsi come possono. Bruciando legna nei camini e caricando oltremisura le stufe, con lo scadente carbone postbellico, ad alto tasso di zolfo. Questione di giorni e sulla Capitale cala improvvisa una coltre di nebbia densa e maleodorante. Fumi di combustione tossici, flussi di polveri inquinanti intrappolati in una massa di aria fredda precipitano nell’atmosfera trasformando la città in una enorme camera a gas. Nella metropoli avvelenata lo smog killer farà, in una settimana, 4000 vittime. Un dato parziale al quale si dovranno aggiungere, nel giro di poco, altri 6000 decessi per bronchite, polmonite, asma. E, mentre il bilancio finale sarà di 10.000 morti e di 100.000 intossicati, i leader britannici, timorosi di un deleterio impatto sull’opinione pubblica, attribuiranno l’exploit di morti a una inesistente epidemia influenzale. Contro lo smog assassino bisognerà attendere il 1963, quando il governo darà il via al “Clean Air Act”, storica legge contro le emissioni inquinanti. Giovanna Gabrielli

duttori. Abbiamo pagato migliaia di euro ognuno e ci siamo formati insieme per sei mesi. Sognando anche, magari, uno stipendio. Perché i precari si nutrono di cibo e non solo di aspirazioni. Il master è finito. Ora ci muoviamo tra strade telematiche e reali alla ricerca di qualcuno che voglia impiegare le nostre (tante) competenze fuori dalla mostruosità degli stage. Ma siamo sempre: troppo o troppo poco esperti, eccessivamente o non abbastanza giovani, arrivati tardi o presto, schiacciati da meccanismi marci che sostengono la logica dello sfruttamento. Perché è di sfruttamento che si parla quando si pretende che qualcuno lavori gratis per mesi senza nessuna prospettiva. Una gavetta perenne che non fa crescere la persona o la professionalità, ma ti trasforma nell’ingranaggio di un sistema a circuito chiuso. Il dolore di Celli padre non ci addolora, se utilizzato in pubblico per promuovere una tesi sbagliata. È invece la triste ammissione di un’élite politica vigliacca, che non ha saputo svolgere il suo lavoro e chiede ai suoi figli di scappare da un paese che non ha saputo governare. È il messaggio ipocrita di una classe dirigente che piange lacrime di coccodrillo, ma non si dimette: con-

tinua invece a ingrassarsi il portafoglio lucrando sulla disperazione di chi non può partire o sui desideri di chi non vuole andare a far fortuna all’estero. Questo, spesso, sono i prestigiosi “master”, i nuovi costosi lasciapassare per il futuro che poi tanto in là non ti fanno andare. Non vogliamo entrare in una logica inutile di accuse e colpe. Scuse non le pretendiamo, ci è stato insegnato a non aspettarcele. Noi, però, non vogliamo andare via. Vogliamo scrivere nella nostra lingua, bellissima, preziosa. Vogliamo fotografare questo paese e traghettare la nostra cultura altrove. L’alternativa alla fuga di cervelli, come ha dimostrato la storia, non è più la resistenza, ma buttare dalla nave chi continua ad aprire delle falle per farla affondare. La verità è che noi non abbiamo né posti in prima fila né cognomi importanti: siamo quelli bravi che, però, devono rimanere a bordo anche se la nave affonda. Per quanto il nostro paese possa esser senza speranza, noi restiamo qui, senza i soldi per comprarci una casa dove vivere e senza quelli per averli noi, i figli, ed educarli a cambiare questo sistema anziché invitarli a scappare. Mattia, non andare via, è troppo facile: vincerebbero loro e sarebbe

L’abbonato del giorno

IL PROBLEMA del come

fermare legittimamente una maggioranza legittima non può essere risolto, in Italia, al modo americano di Nixon e cioè con lo strumento dell’impeachment. Il ricordo del lettore Olivieri è corretto. Nixon godeva di solidissima maggioranza, e dunque non avrebbe avuto problemi a governare. Non lo avrebbe avuto il sistema presidenziale con cui è stato eletto e che non prevede crisi. Lo avrebbe aiutato il fatto che era appena stato rieletto con una maggioranza solida. Ciò che è accaduto è stato uno scontro brutale e improvviso fra l’inchiesta giudiziaria – che raccoglieva sempre nuove prove contro il presidente in quanto mandante dei molti reati negli uffici del

SIMONE CUMBO “Ciao sono Simone, ho 41 anni, e vivo in campagna a Sangiustino (Pg). Ho due figli, Agata di 6 mesi e Bernardo di 13 anni. Convivo con Cecilia e sono un convinto ambientalista, scrivo di politica e cultura nel mensile locale, giornale libero edito da una cooperativa di volontari. Per i miei figli desidero un ambiente il più possibile sano e libero da pregiudizi. Grazie anche al Fatto”! Raccontati e manda una foto a: abbonatodelgiorno@ ilfattoquotidiano.it

colpa nostra. Rappresentanza del corso Nuovi giornalismi della Luiss Business School

Prescritto o assolto, due significati diversi Sono una donna di 38 anni, che come molti italiani della mia età ha ancora un lavoro precario, non ha un futuro da programmare e non trova qualcuno dei nostri politici che sappia darle delle risposte sensate. Ma a parte questo antefatto, il mio pensiero che vorrei condividere è questo: Ieri ho seguito la trasmissione “Annozero” e alla fine mi sono posta una domanda, dopo tutto quello che l’avvocato e onorevole Ghedini ha detto in difesa del sig. Berlusconi, ma mi sono persa qualche puntata sulla legge italiana: da quando in Italia essere stato prescritto significa essere innocente? Mi piacerebbe capire se le mie informazioni che avevo erano sba-

gliate oppure sono io a non aver capito il significato della parola prescrizione. Savergnini Lionella

Dov ’è finito lo scandalo Cosentino? Il caso del sottosegretario Cosentino non è più uno scandalo, sembra che sia già stato dimenticato tutto. E’ bastato il pietoso processo andato in onda a “Porta a Porta” e la protezione scontata della Casta per fare in modo che magicamente il sottosegretario Cosentino non fosse più considerato colpevole agli occhi degli italiani. Il silenzio di giornali e televisioni è semplicemente la ciliegina sulla torta che consentirà in breve tempo al sottosegretario di ritornare alla ribalta, forse già per le regionali. Gino

Vivere e morire nella Sicilia di oggi I turisti dicono: che civiltà. Gli scrittori affermano: che ascendenze. I cittadini piangono su tutte le contraddizioni di una regione allo sbando. La Sicilia di oggi affonda nelle proprie maledizioni ataviche, guidata da un ceto politico insensibile ai bisogni della popolazione. Mi piacerebbe che chi si riempie la bocca con promesse elettorali puntualemnte disattese, facesse un salto nella terra di Sciascia, dove

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A DOMANDA RISPONDO L’ITALIA DI OGGI TRA B. E NIXON

Furio Colombo

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Partito democratico a Watergate –, e il potere presidenziale deciso a negare, mentire, e opporre tutti gli inganni di cui un cattivo potere dispone. Presto, al lavoro tenace dei procuratori speciali (che sono nominati dal ministro della Giustizia e a quel ministro rispondono ma anche all’opinione pubblica, ovvero mettono in gioco la reputazione), si è aggiunto un martellante lavoro giornalistico, soprattutto da parte del Washington Post, con i due non dimenticati reporter Woodward e Bernstein, oggi leggenda del giornalismo ma anche della politica americana. Ma il vero anticorpo che ha salvato l’America da un presidente mentitore e disonesto non è stata la fortissima e documentata campagna giornalistica. E non è stata neppure la tenacia della giustizia. Infatti Nixon avrebbe potuto essere difeso dalla sua maggioranza che poteva impedire l’impeachment, che richiede un solido margine di voto oltre all’opposizione. Nixon si è dimesso quando ha saputo che la SUA maggioranza (o almeno una parte di essa) avrebbe votato l’impeachment, che vuole dire processo e rimozione. Dunque ecco il punto cruciale: di fronte alla richiesta documentata dell’autorità giudiziaria e alla solida campagna giornalistica, la maggioranza di Camera e Senato americani hanno scelto la giustizia invece del partito. La morale non è che la maggioranza intorno a Berlusconi è peggiore di quella di Nixon. La morale è il rigore e la inflessibilità dell’opposizione politica. Se non cede mai, se non fa continue proposte di riforme insieme, qualcosa potrebbe accadere. Fini lo sta già dimostrando. Furio Colombo - Il Fatto Quotidiano 00193 Roma, via Orazio n. 10 lettere@ilfattoquotidiano.it

a ciascuno, come ricordava Leonardo, tocca il suo. Un bottino magro, fatto di siccità in estate e in inverno, di dolore taciuto e abbandono, di strutture inadeguate, scuole fatiscenti, sindaci pronti a ingrassare nastro tagliato dopo nastro, con una disoccupazione feroce che in omaggio alla democrazia, non risparmia nessuna fascia della popolazione. Mi chiede fino a quando a chi chiede una separazione dell’Isola da un governo sordo a qualunque grido di dolore, si potrà rispondere col raziocinio. Povera patria, cantava Battiato. Ho il fondato sospetto che non avesse ancora visto il peggio.

Villaggio su Il Venerdì di Repubblica e Marco Travaglio sul vostro quotidiano. Il primo ha avanzato riflessioni serie, il secondo – non indovinandone una – ha ottenuto un risultato grottesco. Il primo è forte delle tante pagine scritte sull’impiegato Fantozzi. Al secondo invece si sono “intrecciati i diti”, non potendo intrecciare idee che mancano. Vittorio Pezzuto, portavoce del ministro Brunetta

Eccellente smentita, siamo senza parole . (M. Trav.)

Davide

Diritto di Replica Delle iniziative del ministro Brunetta hanno parlato ieri Paolo

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EDITORI RIUNITI

IL PIÚ COMPLETO E AGGIORNATO ATTO DI ACCUSA CONTRO BERLUSCONI Nel febbraio del 2001, a tre mesi dalle elezioni politiche che riporteranno Silvio Berlusconi per la seconda volta al governo, esce “L’odore dei soldi” di Veltri e Travaglio sulle origini e i misteri delle fortune del Cavaliere. Il 14 marzo Daniele Luttazzi ospita Travaglio a “Satyricon”, su Rai2. L’indomani Berlusconi e i suoi cari, amorevolmente seguiti da numerosi esponenti del centrosinistra e da decine di giornali e commentatori “indipendenti”, sparano a zero su Luttazzi, Travaglio e Veltri, ma anche sul direttore di Rai2 Carlo Freccero e sulla Rai presieduta da Roberto Zaccaria, “rei” di aver “consentito” la messa in onda del programma. Nessuno contesta una sola parola, di quelle scritte nel libro o pronunciate nella trasmissione. Semplicemente, si sostiene che “certe cose” non si possono, non si debbono dire. Poi, dal Partito Azienda, parte una raffica di cause civili per danni contro gli autori e l’editore del libro e contro i responsabili di “Satyricon”. Berlusconi ne presenta due: una contro Veltri, Travaglio ed Editori Riuniti per il libro, con una richiesta di 10 milioni di euro; una contro Luttazzi (che in realtà si chiama Daniele Fabbri e così viene citato negli atti dei processi), Travaglio, Freccero, Rai e Ballandi Entertainment (produttore del programma) per “Satyricon”, con una richiesta di 21 miliardi di lire. Lo stesso fa Fedele Confalonieri per Mediaset, con due richieste gemelle, entrambe di 5 miliardi di lire. Idem Aldo Bonomo per Fininvest, con due richieste analoghe, senza però quantificare il danno (affidato al buon cuore dei giudici). Il capogruppo di Forza Italia alla Camera, Giuseppe Pisanu, denuncia soltanto i protagonisti di “Satyricon” e non del libro, chiedendo 10 miliardi di lire. Giulio Tremonti cita soltanto autori ed editore, ai quali chiede 1 miliardo di lire di danni. Le cause sono otto in tutto: quattro per il libro, quattro per la trasmissione, per un totale di richieste di danni di 62 miliardi di lire (più l’importo imprecisato chiesto da Fininvest). In primo grado, tutte e otto si sono concluse dinanzi alla I sezione civile del Tribunale di Roma, che ha dato torto agli “attori” Berlusconi, Mediaset, Fininvest, Forza Italia e Tremonti (condannati a rifondere le spese processuali ai denunciati) e ragione ai “convenuti” Travaglio, Veltri, Luttazzi, Freccero, Editori Riuniti, Rai e Ballandi. Tutti gli “attori”, salvo Tremonti, han fatto ricorso in appello. Particolarmente significative le due sentenze che danno torto a Silvio Berlusconi. Perché affermano entrambe che tutti i fatti raccontati nel libro e nel programma sono, molto semplicemente, veri. La prima è quella del giudice Massimo Corrias, datata 14 gennaio 2005, sulla denuncia di Berlusconi che chiedeva 20 miliardi di lire per Satyricon a Luttazzi, Travaglio & C.: “... Tale opinione critica del Travaglio è risultata ancorata a fatti veri di sicuro interesse per l’opinione pubblica (notorio era il coinvolgimento del predetto on. Berlusconi in inchieste penali attivate dalla Procura presso il Tribunale di Milano per reati societari e dalla Procura presso il Tribunale di Caltanissetta che indagava sui mandanti delle stragi mafiose di Capaci e di via d’Amelio; notoria era l’accusa di concorso esterno in associazione mafiosa rivolta dalla Procura presso il Tribunale di Palermo a carico di Marcello Dell’Utri, stretto collaboratore dell’attore) ed è stata espressa con modalità di per sé non offensive... Esclusa la lamentata diffamazione ed esclusa altresí l’asserita ingiusta lesione del diritto dell’attore (Berlusconi, nda) alla propria identità personale, s’imporranno il rigetto di tutte le domande formulate a carico dei convenuti... Attesa la soccombenza assolutamente prevalente, l’on. Silvio Berlusconi dovrà infine essere condannato alla rifusione delle spese processuali in favore [...] di Marco Travaglio e di Daniele Fabbri (in arte Daniele Luttazzi)... Cosi deciso in Roma, 14/1/2005”.

Marco Travaglio


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Sabato 5 dicembre 2009

NO BERLUSCONI DAY

OGGI A SAN GIOVANNI

PERCHÉ SIAMO CON VOI

Intellettuali, scrittori, giornalisti si mobilitano a favore della protesta Le adesioni

NANNI MORETTI, GIORGIO BOCCA E SARAMAGO: ECCOCI di Nanni Moretti alla L’sitoadesione fine è arrivata. Lo annuncia il di MicroMega: “Nanni Moretti - recita il comunicato - ha chiamato Paolo Flores d'Arcais per rendere pubblica la sua decisione di prendere parte alla manifestazione di sabato 5 dicembre”. Il regista, già protagonista della stagione dei Girotondi, risponde così a l’appello che Paolo Flores D’Arcais aveva lanciato domenica scorsa dalle colonne del Fatto Quotidiano: “Il 5 dicembre - le parole di Flores - per impegni presi da mesi, non sarò in Italia. Ma conto che, come ai tempi dei Girotondi, ci

siano manifestazioni in tutte le capitali europee. E che nel frattempo arrivino le due adesioni di cui si sente (e non si capisce) la mancanza, Nanni Moretti e Roberto Saviano, simboli dell’impegno civile delle rispettive generazioni, la cui voce non deve mancare dal palco. Finché c’è lotta c’è speranza”. Intanto sono arrivate al No B. Day anche le adesioni di Giorgio Bocca che interverrà in piazza San Giovanni con un messaggio video, e del premio Nobel per la letteratura José Saramago che ha inviato ai manifestanti un saluto che verrà letto dal palco.

ggi scende in piazza la deOprogetto mocrazia, contro l’infame di un regime putiniano e di un governo “legibus solutus”. La democrazia che non vuole affidarsi a un presidente della Camera che smentisce coi suoi voti (in favore di ogni legge ad personam) le nobili citazioni con cui riempie i suoi libri. La democrazia che vuole contare su se stessa, scende in piazza a Roma ma insieme in tutte le capitali d’Europa. A piazza San Giovanni saranno centinaia di migliaia, dieci o venti volte le cifre che darà la Questura. Come sette anni fa. Questo popolo di cittadini coerentemente democratici, non è mai venuto meno. Da quasi vent’anni è come un fiume carsico. Sembra sparire ma si frammenta in mille rivoli sotterranei. Questa volta, a farlo rie-

mergere, è un gruppo di blogger, età media meno di trent’anni. Una nuova generazione, un segno inequivocabile: la piazza che tra poche ore si riempirà e segnerà l’inizio della fine del regime che ha ridotto l’Italia a macerie. A meno che, una volta di più, a salvarlo non sia l’inciucio di una finta opposizione. Sta a noi impedirlo.

altro giorno, sotto il titolo "Dialogo", il Corriere pubblicava L’in allegro una foto della capogruppo del Pd al Senato, Anna Finocchiaro, conversare col presidente Schifani e con quell'altro statista di Quagliariello. Quella foto, come dice Ellekappa, dovrebbe chiamarsi Pdc: Partito Diversamente Concordi. Se vi si aggiungono le ultime uscite di Violante, Letta e Latorre sul dovere dell'opposizione di salvare Berlusconi dai processi, non si può che giungere, dopo 15 anni di inciuci, all'inevitabile conclusione: il problema non è Berlusconi, ma il centrosinistra. Il centrosinistra che prende i voti (sempre meno) per opporsi al Cavaliere e poi regolarmente gliele dà tutte vinte. Sceso in politica per salvarsi da debiti e galera, Berlusconi è sempre rimasto coerente: si occupa solo degli affari e dei processi suoi. Chi non fa il suo mestiere sono gli "altri". Oggi tutti i cittadini che amano la Costituzione e la democrazia saranno in piazza. Ma subito dopo dovranno lavorare a una nuova manifestazione che costringa il Pd a deberlusconizzarsi: il No Pd Day. Come disse Petrolini al disturbatore che lo contestava da un palco: "Io non ce l'ho con te, ma col tuo vicino Marco Travaglio che non ti butta di sotto".

Un sabato particolare

TROVARCI IN TANTI PER DIRE CHIARO CHE ITALIA È omanda incuriosito il coinquilino in Dlusconi. ascensore: “In piazza per dire no a BerMa non l’avevate già fatto?”. La domanda mi è sembrata, allo stesso tempo, sincera e con una risposta inclusa. La vera frase era questa “io sarei d’accordo. Però abbiamo capito che non serve. Sono quindici anni che si ripete questa invocazione da affollate piazze”. Giusto. E vedo due modi per rispondere. Il primo è che,

Con la generazione blogger

È INIZIATA LA FINE DEL REGIME

IN ATTESA del “No Pd Day”

CI SARÒ perché mi manca il respiro arò in piazza San Giovanni per tre motivi, collegati tra Sguarda loro e in grado di rafforzarsi l’un l’altro. Il primo ricome nasce e chi promuove la manifestazione: è la

se è necessario ripetere un impegno necessario è un dovere, sia morale sia organizzativo. Trovarci in tanti per dire chiaro che Italia è. Però questo appuntamento di centinaia di migliaia di italiani non è un rifare cose già fatte. Molto è cambiato. È cambiato in peggio, dall’irrompere pieno e sfrontato dell’illegalità nella vita pubblica alla evidente corrosione della figura del Capo. La destra che si identificava in lui si è smagliata. La presenza di un numero grande di italiani che dice no in una piazza di libertà è un fatto nuovo, perché nuovo è il pericolo – che si è fatto estremo. La forza di quella piazza sarebbe immensa se ci fosse tutta l’opposizione, secondo il mandato degli elettori. I leader politici ci saranno, in parte e un po’ indecisi. Gli elettori saranno tanti e privi di dubbi. Per questo dico ci saremo tutti. Ed Furio Colombo è qui il fatto nuovo.

piazza virtuale del Web che chiede fisicamente di essere presa in considerazione dalla politica e dai media tradizionali senza etichettature. Il secondo riguarda il movente del raduno: dire no a Berlusconi non perché non ci piace esteticamente ma perché mette a rischio la democrazia con i suoi comportamenti che fanno strame della legalità e fanno rimpiangere Andreotti. Si faccia processare e magari assolvere invece di scappare ad usum caiPaolo Flores d’Arcais mani. Il terzo riguarda la necessità di dire basta: ma non soltanto a Berlusconi bensì a questo atroce andazzo italiano, ai due arlavo qualche tempo fa con una ragazza brasimilioni di disoccupati, a un paese liana che vive qui, la quale si diceva stupita dell’insenza futuro precipitato culturaldifferenza, dell’inerzia, della rassegnazione con cui i mente in un buio oscurantista, giovani italiani accettavano le ripetute e sempre più che riguarda la destra come la sigravi violenze e prepotenze del presidente del Connistra. Senza franchigie per nessiglio. E mi raccontava che nel dicembre del 1992 il suno e senza “turarsi il naso”. Oliviero Beha l No B. Day è una buona notizia per la democrazia. presidente del Brasile Collor de Mello, eletto a gran Manca il respiro. Perché dimostra che in questo paese la politica non maggioranza con suffragio è morta. Infatti quando i partiti - quasi tutti - non diretto (e quindi con una riescono o non possono più rappresentare i loro eletlegittimazione popolare sutori, c’è chi si organizza da solo per esprimere le properiore a quella di BerluLa Costituzione prie idee. Certo, può preoccupare, o indignare, che il sconi), accusato (semplicePd di fatto non ci sia. Ma resta un punto. Anzi il punto: mente accusato) di corrumolte persone hanno in mente un’Italia diversa, più zione e di evasione fiscale giovane, più onesta, più giusta. E adesso attendono era stato sottoposto dalle solo una classe diriCamere a un procedimengente che lo dica con to di impeachment e depoi ricordate di Geordie? De André cantava: lo imchiarezza. Arriverà? Io sto. Ma a spingere le Camepiccheranno con una corda d’oro, rubò sei cernon ho dubbi. In pore a intervenire erano state La parola vi nel parco del re. Era la legge. Non era giusta, anzi litica il vuoto non esimanifestazioni popolari di era odiosa e crudele. Ma il re aveva il potere di farla, ste. Per questo è bello milioni di persone, sopratquale che fosse, perché era il re, per diritto divino. pensare che, anche se tutto giovani, molte delle Poi è arrivata la Costituzione, una legge nuova fatta non sappiamo ancora quali avevano votato De pensarci bene, “Piazza” è la più importante delle parole proprio per il re: non importa che tu sia il re, non chi siano, i nuovi leaMello ma non tolleravano sequestrate dall’egemonia culturale del centrodestra in importa che il tuo potere sia legittimo; deve essere der esistono già oggi. di avere un presidente dequesti anni. Piazza è cittadinanza, l’agorà ateniese. È la celesercitato in maniera giusta. Anche il re, diceva la Alcuni di loro li ritrolinquente. Il NoB.Day, con lula dove nascono i comuni prima e il Rinascimento poi; Costituzione, deve obbedire alla legge. veremo in piazza quecui i giovani di Internet si piazza è la Bastiglia che infilò nel cuore del Settecento i I modi di attribuzione del potere oggi sono camsta mattina. Altri li scosono decisi a scendere dal valori della borghesia, piazza è l’Unità d’Italia, le insurrebiati: il popolo sceglie chi deve governare. Ma che priremo lungo il cammondo virtuale per planare zioni di popolo contro i nazisti. Una piazza silenziosa e all’origine del potere vi sia il diritto divino o il conmino. Ma non dobbiasu quello reale, è una rispocomposta a Milano, nel 1969, disinnescò i timer e le velleità senso popolare, la legge suprema dello Stato resta mo preoccuparci. In sta all’interrogativo di quelgolpiste di piazza Fontana. Piazza San Giovanni è il milione a segnare il limite oltre il quale perfino la demoquesto momento conla ragazza brasiliana. Spedi persone che salutò Enrico Berlinguer nel 1984. Ma piazcrazia diventa tirannide. È per questo che il printa una sola cosa: metriamo che sia un primo pasza è anche il contrario della solitudine catodica in cui Bercipio fondamentale di ogni Costituzione è l’uguatersi, tutti assieme, a so. E che non sia troppo tarlusconi domina da 15 anni. Per questo il centrodestra tiene glianza di tutti i cittadini davanti alla legge. Ed è per camminare. di. Massimo Fini Peter Gomez questa parola in ostaggio: piazza è diventata “il ricatto della questo che oggi siamo qui: per ricordarlo a chi non www.massimofini.it piazza”, “la violenza della piazza”, “l’indebita pressione ha capito che i privilegi del potere non hanno podella piazza”. Ecco perché oggi sarebbe bello spiegarlo a sto in una democrazia costituzionale. Bruno Tinti tutti: democrazia è il contrario di agorafobìa. Luca Telese

È IL PRIMO PASSO speriamo non sia tardi P

ADESSO È IMPORTANTE camminare insieme

I

ANCHE IL “RE” DEVE OBBEDIRLE

V

QUESTO SPAZIO VUOL DIRE DEMOCRAZIA

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