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Il paradosso dell’acqua 2.2.2

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2. CITTÀ DIFFUSA

2. CITTÀ DIFFUSA

Tendenzialmente, in architettura ed urbanistica, l’acqua non viene considerata come elemento centrale a causa della sua forma, troppo fluida ed allo stesso tempo complessa, difficile da manipolare e domare. In virtù di questo, è interessante ponderare le ragioni dello studio che, alle luci della crisi climatica in corso, pone attenzione sui cambiamenti del paesaggio acquatico del Veneto. Soprattutto in questa regione, l’acqua è allo stesso tempo elemento di costruzione e distruzione del territorio, generando in questo modo un paradosso. La città diffusa del nord-est italiano è allo stesso tempo un caso specifico e paradigmatico, emblema di una forma diffusa di insediamenti acquatici, agricoli e urbani strettamente correlati. L’organizzazione della rete idrologica e della mobilità, l’intreccio delle trame dei campi agricoli, la distribuzione degli insediamenti, narrano questo processo a lungo termine, fatto di sovrapposizioni, con lo scopo di distribuire adeguatamente l’acqua dove manca e di eliminarla dove è in eccesso.

Il Veneto, tramite l’osservazione delle ca- ratteristiche geomorfologiche del terreno, come ad esempio la trama, la granulosità del suolo e la sua struttura, può essere suddiviso in due grandi fasce: l’altopiano secco e la pianura umida. L’altopiano secco è composto principalmente da ghiaia di rilevante spessore, presenta un elevato drenaggio ed un basso scorrimento superficiale delle acque. La pianura umida, invece, è costituita da argilla a trama fine, presenta quindi un tasso di infiltrazione quasi nullo. A cavallo tra questi due territori, a causa di una improvvisa diminuzione della permeabilità dovuta alla presenza di terreni misti di ghiaia e sabbia, si trova una fascia di sorgenti, lungo le quali le acque sotterranee riemergono grazie ad una spinta verso l’alto. A valle di questo sistema idrologico si posiziona il territorio lagunare, seguito dalla linea di costa, il più sollecitato dal cambiamento climatico.5

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Le fasce sono contraddistinte da dispositivi idraulici e infrastrutture con caratteristiche e scopi diversi. Il territorio che comprende l’altopiano asciutto è percorso da un reticolo formato da piccoli canali, che hanno lo scopo di renderlo coltivabile. Esso, sta però cadendo in disuso, rimpiazzato da un sistema di distribuzione dell’acqua tramite apposite tubature. Dell’antico sistema, oggi, rimangono solo alcune tracce ed alcuni resti dei canali prefabbricati in cemento posti lungo i bordi delle strade.

Sull’altopiano asciutto si trovano varie chiuse e dighe che hanno lo scopo di tenere il flusso d’acqua sotto controllo, rallentandolo. A completamento del quadro, le cave di ghiaia, dove la continua estrazione per l’edilizia sta rischiosamente erodendo il filtro naturale del terreno che ha sempre garantito l’approvvigionamento di acque di falda.

La zona sorgiva è quella in cui l’acqua, sgorgando, mantiene una temperatura costante, garantendo il mantenimento delle zone umide, ricche di biodiversità. A sud delle sorgenti, i fossi di scolo dei canali principali, posti a ritmo regolare che segue l’antica centuriazione romana, hanno il compito di direzionare l’acqua in eccesso verso il mare. Questo è il territorio più fragile, soggetto ad inondazioni, a causa della natura del terreno ed ai continui processi di urbanizzazione. Le grandi reti infrastrutturali tagliano il territorio per intero, trasversalmente alla direzione dell’acqua, fungendo da dighe. Ai margini della laguna, invece, sono posti i sistemi di pompaggio, che insieme al sistema di argini e canali hanno contribuito e permesso il preservamento della Laguna Veneta. Osservando il territorio entro questi termini, bisogna confrontarsi con la contraddizione che si genera, tipica dello stesso. Il Veneto, è sempre stata una delle regioni più piovose d’Italia. Nonostante ciò, la qualità dell’acqua non rispetta determinati standard, e le risorse idriche sono carenti. Questo paradosso, è strettamente legato al cambiamento climatico, che si manifesta a livelli estremi in questo luogo. Esso infatti, porta a lunghi periodi di siccità, proprio come sta accadendo in questo determinato momento storico, alternati da improvvisi e violenti temporali. Il terreno ha perso la sua naturale abilità di trattenere o dissipare l’acqua in eccesso, a causa del processo di impermeabilizzazione della superficie del suolo, restituendo così un territorio sempre più fragile. Questo processo è la causa principale dell’acqua piovana non smaltita, ne consegue una minore infiltrazione con una lenta e scarsa reintegrazione delle falde acquifere che,

Veneto: territorio della dispersione Città unita alla ridotta capacità di trattenere l’acqua piovana, porta ad un’impennata del rischio idrogeologico in caso di precipitazioni.

A questa situazione si aggiungono gli elevati costi di gestione, non solo ambientali, sempre più ingenti. A causa dell’urbanizzazione diffusa, la probabilità che si verifichino eventi di questo tipo è cresciuta a dismisura e con essa la presenza di merci e persone nelle aree sottoposte a rischio. Gli spazi destinati all’acqua sono sempre più ristretti ed esposti ed i danni ai territori della città diffusa sono cospicui. Inoltre, l’elevato consumo di acqua potabile per le crescenti esigenze domestiche e le tecniche di irrigazione antiquate hanno dato un considerevole apporto alla già difficile situazione. I cambiamenti climatici, il suolo impermeabilizzato e gli sprechi, sono tra le cause principali della scarsa disponibilità e qualità delle acque sotterranee, e di conseguenza, dell’estrema situazione di carenza idrica.

Città diffusa

Veneto: territorio della dispersione

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