in itinere

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a mio padre

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italo scelza in itinere

per “Progetto”: Memorie e Macchine

testo di Marcello Carlino

edizione NUOVA STAMPA

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Amministrazione Provinciale di Avellino OPERA

con il patrocinio del

Ministero per i Beni e le AttivitĂ Culturali

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Il catalogo monografico dell’artista avellinese Scelza è la prima opera illustrata, realizzata con il contributo della nostra Amministrazione. Il valore e l’importanza di questo lavoro ripaga ampiamente il nostro sforzo. Scelza ci ha per altro fatto dono di un suo trittico di grandi dimensioni, già esposto alla Quadriennale di Roma e che farà parte della nostra pinacoteca. Il trittico è dedicato alla nostra terra e il titolo, “Gli uomini della ricostruzione”, ricorda quanto sia stato duro per la Provincia di Avellino intraprendere la lunga opera di ridare vita alle proprie genti. Il nostro compito è quello di promuovere manifestazioni artistiche, in ogni loro forma, che pongano la nostra terra ed i nostri figli all’attenzione del Paese.

Il Presidente dell’Amministrazione Provinciale

Ing. Francesco Maselli

Avellino, 10.09.1999

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Il percorso della memoria di Italo Scelza si legge in questo catalogo che l’Amministrazione Provinciale di Avellino ha voluto dedicargli quale figlio di questa terra e promotore della sua conoscenza fuori dagli angusti confini della nostra realtà. Questa raccolta è riferita ai suoi quarant’anni di attività. Tutta la sua carriera viene qui ripercorsa nelle sue varie fasi, nelle sue diverse espressioni e moti dell’animo. E’ fortemente leggibile, nell’opera di Italo Scelza, una indissolubile connessione tra artista e territorio e tra artista e società. Fin dagli esordi, traspare il suo impegno nel denunciare il disagio dell’uomo nella società industriale, l’allontanarsi dalla terra e da una realtà contadina che sembrano avere lapide nel ferro del trattore. Il sogno dell’artista, che deve e può cambiare la realtà sociale, sembra disperatamente dissolversi nelle assenze bianche delle sagome umane nei deserti industriali. Ma non è l’uomo a soccombere, è il deserto a rimanere solo. L’uomo perde la bianca angoscia attraverso catartici “inabitacoli” di interiorità, riscoprendo la voglia di rimettere le mani su cose che per troppo tempo ha abbandonato. A suon di musica, egli ricostruisce lo scenario della propria esistenza. Ridipinge le strade, le piazze, riprende le tradizioni popolari danzando, godendo del rumore dei propri passi sul legno del palcoscenico. Gli “stucchi colorati dal sole” ci aprono gli occhi su cose che da troppo tempo non venivano guardate, e ci restituiscono il barocco di Catania ed in generale il barocco di casa nostra. In barba alla parvenza di morte del deserto industriale, noi ci appropriamo dei suoi frutti, dei suoi scarti, rendendoli matericamente vivi nella plasticità dei mosaici. Noi, “le sagome senza volto” siamo stati raccontati da Italo Scelza attraverso la sua “humanitas” pregna della memoria dei luoghi e dei materiali e dei luoghi della memoria. Questi sono quelle stanze della mente che ci salvano da naufragio della società e dalla fine del sogno. L’uomo naufraga sulla “zattera” dell’ideologia, ma si salva rivolgendosi a più profondi e duraturi valori, approdando alla memoria di sé. Le linee generatrici di Mondrian portano dritte al passato, riappropriamocene tracciando una evoluzione di una nostra personale poetica. L’ Amministrazione Provinciale, con questo catalogo, inaugura un impegno con i cittadini dell’Irpinia: d’ora in avanti chi ha fatto conoscere la nostra terra e chi si è imposto quale figlio di questa terra, non potrà non essere onorato dal ricordo della sua terra. Giampaolo Palumbo Assessore alle Politiche Culturali Provincia di Avellino

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Edizione a cura di Francesco Ruggiero Sebastiano Palumbo Patrizia Basile Testo di Marcello Carlino Testimonianze di Vito Apuleo Italo Avellino Enzo Bilardello Mario De Micheli Floriano De Santi Guido GiuffrĂŠ Domenico Guzzi Mario Lunetta Daniele Majone Dario Micacchi Duilio Morosini Giuseppe Neri Carlo Pedretti Paolo Portoghesi Gianni Pozzi Franco Simongini Sergio Zuccaro Biografia Graziella Fargnoli Foto di Mimmo Capone Alfio Di Bella Sandro Filoni Franco Mulas Italo Scelza Oscar Savio Traduzioni Daniela Capaldo Simona Bernabei Pierfrancesco Paolini Realizzazione grafica di Loreto Pantano Piero Luigi Albery

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IN ItinerE per “progetto”: memorie e macchine

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Case a Salento, 1959 /60 - tecnica mista cm 70x100

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Italo Palumbo in arte Scelza nasce ad Avellino nel 1939. Negli anni cinquanta è a Napoli per motivi di studio. Nella città partenopea viene influenzato pittoricamente da due dei suoi insegnanti: Spinosa e Corrado Russo, grossi esponenti, allora, della pittura astratta-informale a Napoli e nel mezzogiorno. Il suo trasferimento a Roma avviene per gradi, intorno al 1961 sostando per ragioni di insegnamento in Ciociaria; tiene continuamente contatti con l’ambiente artistico romano esponendo a Roma nel 1964 alla Galleria “Passeggiata di Ripetta”. Senza escludersi dalla vita artistica ciociara, conosce il pittore Domenico Purificato che lo presenta in una mostra personale ed il critico d’arte Duilio Morosini che lo recensisce positivamente in una mostra del “Gruppo 5”, operante negli anni sessanta in Ciociaria. Era il periodo in cui a Roma nacque, fondato dai critici Micacchi, Morosini, Del Guercio e dai pittori Attardi, Calabria, Farulli, Guerreschi, Gianquinto, Vespignani, Romagnoni il gruppo del “Pro e Contro” e gran parte dei giovani artisti che orbitavano intorno all’ambiente artistico romano venivano affascinati dalle operazioni culturali di quel gruppo. Risale al 1968, stimolato da Antonello Trombadori, il vero impatto con il grande centro urbano; lo precede in provincia una attività di ricerca in cui i fatti del mondo, i grossi problemi politici e artistici impegnano la sua coscienza. L’interesse per la macchina si accentua ed il fascino per un tipo di pittura più netta ed essenziale l’avvia al discorso pittorico all’interno di una dimensione industriale tecnologica-urbana che lo aveva interessato già precedentemente nel periodo in cui, girando per le campagne ciociare, dipinge bozzetti di trattori per eseguire poi un grande quadro sull’affrancazione delle terre, commissionato dall’Alleanza contadina di Frosinone. In questa occasione conosce Carlo Levi che lo incoraggia a continuare la sua ricerca sul sociale. L’interesse pittorico è rivolto, in questo inizio, a Mondrian l’importanza della linea come generatrice di immagini - e a Léger - assimilazione della civiltà industriale al suo nascere attraverso vie di dinamismo pittorico . Espone a Roma nel 1971, presentato dal critico Guido Giuffrè, alla galleria “Ciak”, ed è sostenuto da una critica positiva. Intanto i rapporti con artisti e critici diventano sempre più frequenti. Si serve della geometrizzazione tenendo presente

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anche il linguaggio formale di alcuni realisti tedeschi - come Crossberg - nella sua possanza. Tiene alcune mostre personali a Modena, Brescia, Cortina d’Ampezzo e Bari. È in continua ricerca e desideroso di conoscere - prende studio a Milano per potersi inserire nell’ambiente culturale ed artistico del capoluogo lombardo. Conosce i critici Vittorio Fagone e Raffaele De Grada, frequenta Mario De Micheli e i pittori Ruggero Savinio, Dino Vaglieri ed Ernesto Treccani. La tensione ed il dinamismo della metropoli lo affascinano, intanto la situazione socio-politica del paese è in piena crisi e di conseguenza la sua ricerca riflette il momento storico. D’improvviso, il suo mondo si disintegra e cade in un lacerante pessimismo dove l’uomo sembra abbia perso la propria dimensione di vita; ciò nonostante resta l’illusione che lo stesso non sia disposto ad escludersi completamente. Partecipa nel 1973 ad un’importante operazione di gruppo sul territorio in rapporto all’artigianato locale promossa da Dario Micacchi per il comune di Gualdo Tadino, “Immaginazione e potere” (Editori Riuniti), con gli artisti e con lo stesso critico contemporaneamente partecipa ad un’altra operazione territoriale sul nucleo industriale di Ottana, promossa dall’ENI, esperienze queste che offrirono agli operatori l’occasione per il recupero di un rapporto tra arte e popolo, tra cultura e lavoro. In questa occasione conosce Gianquinto, Basaglia, De Vita, e R. Vespignani che lo presenta in una mostra personale alla galleria Nuova Pesa di Roma. Partecipa sempre nel 1973 al XXI Premio del Fiorino di Firenze - Biennale internazionale di Arte - e contemporaneamente tiene una personale a Firenze alla galleria S. Croce. Nel 1977 il Comune di Bettona (Perugia) unitamente al Comune di Anagni organizzano una retrospettiva con una raccolta di 80 opere dal 1965 al 1977, corredata da una monografia edita dalla galleria “Lastaria” allora operante in Roma. L’artista si accinge, nello stesso periodo, a sperimentare l’uso del video-tape assemblando immagini e suoni sui drammatici avvenimenti politici e culturali del ‘77. In quell’anno viene nominato docente all’Accademia di Belle Arti di Reggio Calabria da dove si trasferisce poi all’Accademia di Belle Arti di Firenze, infine a Roma, tuttora sede del suo insegnamento di pittura. Subito dopo si dedica ad una ricerca sulla condizione umana, nasce una serie di opere che rappresentano ambienti ristretti,

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angusti, drammaticamente rappresentati dove è evidente il tragico frantumarsi delle cose. Questa serie di dipinti, intitolati “Inabitacoli” sono esposti nel 1980 nella galleria “Carte Segrete” in Roma. Successivamente l’amore per la dinamica teatrale lo porta a intraprendere una serie di dipinti, in cui, la forza e la persuasività del suo lavoro stanno proprio in una lucida e incalzante re-invenzione della realtà. Questa serie di quadri viene esposta nel 1981 in una personale nella galleria “Le Ore” di Milano presentata dallo scrittore Michele Prisco, e poi ad Arezzo nella galleria d’arte comunale presentata da Dario Micacchi, completata da una più ampia raffigurazione di studi su balletti contemporanei ispirati a Béjart e Linpsay Kemp. Il ciclo delle opere non fu terminato. Nel 1982 una parte di queste opere viene esposta alla galleria d’arte comunale di Jesi in una mostra organizzata da Dario Micacchi intitolata “La Ruota del presente - una situazione romana”. Nel 1983 partecipa alla rassegna “De umbris idearum” intervento sulla macchina della memoria di Giordano Bruno organizzata da Gianfranco Proietti e tenutasi al Convento occupato di via del Colosseo in Roma - riproponendo il suo discorso artistico in una selezione di opere pittoriche, raccolte sotto il tema “macchina della memoria” ispirate appunto agli scritti del filosofo nolano. Nel 1984 l’interesse si sposta su di una ricerca particolare riguardante il barocco catanese, dovuta alla sensibilità e alla disponibilità del gallerista Virgilio Anastasi che gli commissiona un’operazione culturale straordinaria tutta articolata intorno ai problemi del patrimonio artistico di Catania. Il lavoro nasce formando un laboratorio di ricerca, in cui operano uno scenografo ed un ebanista, dove si ricostruisce un clima artigianale che fu proprio della ricostruzione della città dopo il terremoto del 1693. P. Portoghesi, che lo presenta nel volume, così scrive: “Italo Scelza ci mette di fronte, dopo averli decontestualizzati, brandelli di città, frammenti di architettura scelti in funzione della loro densità, della loro ricchezza formale. Il barocco meridionale, le cornici di pietra intagliata servono di spunto per una indagine fredda su alcuni catalizzatori della memoria collettiva, all’interno dei quali il pittore ritrova la sua immagine rimossa. Queste opere su Catania, intitolate “Gli stucchi colorati dal sole” sono esposte prima a Roma nella galleria “L’Ariete” di via Giulia e poi nello splendido palazzo Gottifredo di Alatri, sede

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Hiroscima, 1963 - olio su tela cm 160x140

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Roma ore 24, 1965 - olio su tela cm 160x120

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Morire a Madrid, 1964 - olio su tela cm 140x160

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del Museo Civico. Le caratteristiche di questo momento sono sia lo studio delle forme classiche di pale; polittici; trittici ecc., sia l’uso del supporto pittorico che diventa legno e vive in simbiosi con esso. Nasce così un suo modo di fare pittura che ancora oggi perdura. Nel 1985 la mostra tenuta all’“Art-message” di Roma è tutta incentrata sul tema di un polittico “Il giardino degli ornelli” che verrà esposto subito dopo a Castel Sant’Angelo in occasione di una rassegna intitolata “Un panorama di tendenze” curata da Luciano Luisi. Nel 1986 partecipa alla XI Quadriennale di Roma con un grande trittico intitolato “Gli uomini della ricostruzione” dipinto a ricordo del terremoto dell’ 80 in Irpinia, sua terra natale. Nello stesso anno l’amministrazione comunale di Supino, luogo della Ciociaria, dove Italo Scelza lavora nel suo studio di campagna, gli commissiona un’opera per la Sala Consiliare e che egli intitola “La valle degli ornelli” in cui rappresenta le varie fasi della nascita e della storia del paese ciociaro. Gli viene ordinato poi dal giovane collezionista Ivo Ruzza un trittico, che rappresenta una sorta di allegoria della campagna e il cui titolo si presta ad una interpretazione ambigua: “Il gioco degli scuri”. Si dedica successivamente ad una grande scenografia. Il Comune di Nola gli commissiona la realizzazione in legno e cartapesta di una grande struttura alta 31 metri che deve rappresentare l’arte ed il mestiere del sarto, in occasione della festa dei “Gigli”. Il giglio, la cui realizzazione si basa su due concetti fondamentali, uno scultureo-architettonico e l’altro pittorico-surrealista, occupa la piazza della città, che si trasforma in palcoscenico, e la grande guglia ne diventa la protagonista principale. Gli studi preparatori ed il plastico del Giglio del Sarto vengono esposti all’interno di una chiesa sconsacrata. Interessato, come sempre, alla cultura di altri paesi, decide di avere un’esperienza nell’America del Nord. Ne 1989 espone in Canada, al Columbus Centre di Toronto, una serie di 50 opere che richiamano l’attenzione di un folto pubblico. Successivamente alcune di esse vengono esposte a San Francisco. Soggiorna per un periodo di tempo a New York dove prende contatti con il mondo artistico americano. Ritornando in Italia, per i Mondiali di calcio, gli viene commissionato dall’EDMA editrice - Modena, una grande edizione grafica intitolata “Itinerario 90”.

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In occasione di un concerto eseguito nell’Aula Magna dell’Università “La Sapienza” di Roma con musiche di Monteverdi dal Coro Franco Maria Saraceni diretto dal Maestro Giuseppe Agostini, Italo Scelza cura la scenografia eseguendo con materiale di recupero (cartone e legno) due grandi cavalli che raffigurano il combattimento di Tancredi e Clorinda e che fanno da fondo alla tragedia in musica ispirata Tasso. G. Agostini scrive in questa occasione..... “Scelza è uno specialista della venerazione per la memoria storica come tale ma rivissuta, rieducata e riedificata con lo spirito inquieto e dialettico della cultura contemporanea”. In questo periodo Italo Scelza ha due importanti commesse: una dal Comune di Sesto Fiorentino, con quattro grandi mosaici che esegue con tre giovani artisti già suoi allievi all’Accademia di Firenze; l’altra dal Comune di Arpino e dall’amministrazione provinciale di Frosinone per affrescare la Sala Consiliare del Comune della Città natale di Cicerone e del Cavalier d’Arpino. Quest’ultima opera, per ragioni burocratiche, non è mai stata eseguita. In questi ultimi anni di riflessione ideologica e pittorica, Italo Scelza rivede e interpreta un’opera dell’800 francese, “La zattera della medusa” di Theodore Géricault che rappresenta l’ammutinamento e il naufragio al largo della costa africana di una nave francese con la conseguente lunga odissea dei superstiti. L’opera viene presa ad esempio e trasfigurata in una serie di dipinti su legno dove ipoteticamente si avverte il grande dramma del naufragio dell’uomo di oggi e la disfatta di ogni ideale. I dipinti sono prima esposti nella galleria “Ca’ d’oro” di Roma e poi a Catania presso la moderna “Art Club”. Partecipa poi a Vasto alla 2ª rassegna di tendenze “Dall’informale alla nuova figurazione” a cura di Floriano De Santi. Italo Scelza espone per conto dell’Hammer Museum di Los Angeles una serie di opere dedicate a Leonardo. Curatori della mostra e del volume sono Giuliano Allegri, direttore della Casa Editrice “La Bezuga” di Firenze e il prof. Carlo Pedretti responsabile artistico del museo Hammer. La mostra su Leonardo diventerà itinerante e sarà esposta in importanti città italiane, europee ed americane (Miami, Los Angeles, Stoccolma, Malmo, Goteborg, Catania, Roma, Amalfi, Anagni). Nel 1994 è invitato a tenere un corso di pittura presso

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l’HUMBOLD University, in California. In quella occasione esegue un grande trittico ispirato alla foresta delle Sequoie. Il dipinto è di proprietà della Pinacoteca Universitaria. Nel 1995 espone una serie di Cartoni ispirati alle Isole di Leonardo nella Galleria L’Indicatore di Roma, a cura di Pino e Teresa Purificato. Sempre nel ’95, espone al Castello di Fumone una serie di opere che continuano il ciclo di Leonardo. Nel 1996 l’artista è impegnato in una serie di interventi culturali, tra questi ricordiamo l’omaggio che il teatro “L’Agorà” di Roma gli rende traducendo alcune sue opere in immagini teatrali con la regia di Enrico Antognelli. Nello stesso anno partecipa alla rassegna curata da Loredana Rea e Massimo Carrillo “Omaggio al Cinema di Carlo Ludovico Bragaglia”. Nel 1997 partecipa alla mostra “Arte a Roma” nella galleria Civica di Arte contemporanea della capitale. A caratterizzare questo lungo percorso artistico di ITALO SCELZA è stata la stretta amicizia con gli scrittori, i poeti e i musicisti; con loro non sono mancate delle vere e proprie collaborazioni, perché nelle sue ricerche storico-pittoriche quasi sempre i poeti e i musicisti hanno partecipato. Per citare alcune di queste occasioni, ricorderemo una delle ultime fatiche di SCELZA su Leonardo. “Schemata”, è infatti il titolo della pubblicazione che ha visto protagonisti i musicisti Giuseppe Agostini, Fabio Agostini, Luca Salvatori, Antonio D’Antò e Lorenzo Pietrandrea, i poeti Mario Lunetta, Paolo Guzzi, Claudio Rendina, Lamberto Pignotti, Sergio Zuccaro e Gianni Godi. Nel 1997 SCELZA partecipa ad una serie di rassegne in Ciociaria, a Boville Ernica, Veroli e Alatri. Nel 1998 tiene una mostra personale a Roma presso l’accademia di Egitto esponendo una serie di quadri sulle Piramidi, in occasione produce con Gianni Godi un video-clip a tema. Nel 1999 tiene una personale a Roma alla Galleria ca’ d’Oro, una al Palazzo della Regione ed una terza mostra nella Chiesa sconsacrata del “Triggio” di Avellino. Nel 2000 terrà una grande antologica organizzata dal comune di Anagni, città dei Papi, in occasione del Giubileo, a New York aeroporto Kennedy a cura dell’”Alitalia” e a Toronto nella storica “ Casa della Corte”.

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Didascalie foto Gente di città, 1961 - tecnica mista cm 40x50 Il cammino, 1962 - tecnica mista cm 50x30 La spiaggia Niza, 1962 - tecnica mista cm 30x45 Crocifissione, 1963 - tecnica mista cm 30x50 Omaggio a Michelangelo, 1964 - olio su tela cm 160x120 6 - La terrazza, 1964 - olio su tela cm 220x220 7 - Terrazzo a Sperlonga (Particolare), - tecnica mista cm 250x110 8 - Moto a Roma, 1965 - olio su tela cm 110x180 9 - I trattori della valle del Sacco (particolare), 1966 olio su tela cm 500x130 10 - Omaggio a Kafka, 1967 - olio su tela cm 100x70 11 - Il volto nella struttura, 1968 - olio su tela cm 160x120 12 - La Vigna del Polvino, 1968 - olio su tela cm 160x120 13 - Le immagini del tempo, 1970 - tecnica mista cm 60x50 14 - Le immagini del tempo, 1970 - tecnica mista cm 60x50 1 2 3 4 5

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SOMMARIO

Biografia Presentazione La città Le costruzioni Gli oggetti Le immagini del tempo Inabitacoli La danza, il teatro Interni Gli stucchi colorati dal sole Le grandi scenografie L’uomo l’ambiente Il mosaico e la piscina La zattera La casa rossa di Humboldt Le macchine di festa Le isole di Leonardo Desertiade La città morta

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PER “PROGETTO”: MEMORIE E MACCHINE A considerare alcune delle opere di Scelza, che appartengono

(si penserà, semmai, come coazione a ripetere, come sbiadito

a questo decennio prossimo a scadere, e a chiudere il secolo,

e innocuo divertimento o, all’estremo, come delirio

colpisce la funzione, di motore e di perno, che vi svolge la

claustrofilo e resa senza lotta al nonsenso): che è poi quanto

memoria: quella memoria cui sono solite richiamarsi,

ha trovato riparo, consentendo un ampio stuolo di fautori e

dichiarandone la centralità, le più recenti autobiografie

di laudatori, sotto l’ombrello capace e protettivo dell’ideologia

scelziane, scritte in catalogo per mano d’autore, e della quale,

del postmoderno.

già nel 1980, rendeva testimonianza, riconoscendone fin dal

All’ideologia del postmoderno la pittura di Scelza non cede

titolo il valore fondante e l’energia costruttiva, un intervento

nemmeno un poco; ed è proprio la memoria il suo punto di

dedicato al grande eretico di Nola, a Giordano Bruno.

resistenza, la sua leva di opposizione: una memoria la cui

Sono esercizi di memoria, infatti, le riscritture e le

pratica, a me pare, deve molto ad una indicazione, o meglio

rielaborazioni compiute, con puntualità e scrupolo analitico,

ad un principio filosofico, di Giordano Bruno.

con acribia, su modelli iconici e, in specie, su un unicum

Si sa che il pensatore, condannato dall’inquisizione romana e

testuale di Géricault; sono lavori di memoria quelli che si

morto sul rogo, sosteneva che la conoscenza non è solo

improntano, intrattenendoli in uno studio e in un confronto e

scienza, ma anche heroico furore e spasmodica tensione (ad

derivandone ispirazione e materia (e cifre e logiche di

altissima temperatura poetica), dovuta certo, a parte subjecti,

composizione da restituire e da riusare), ai modelli progettuali

ad una smania incoercibile di trovare un senso pieno

e, si direbbe, ai protocolli di ricerca di Leonardo.

all’umano stare al mondo, ma pure ingenerata, a parte

La memoria è per Scelza, intanto e in essenza, memoria di

objecti, dalla provvisorietà o dalla trasmutabilità del vero: una

arte, di stili e di tradizioni pittoriche, di iconografie (nel testo

trasmutabilità ed una provvisorietà, inscritte, per dir così,

e in margine ad esso) che hanno sollecitato l’immaginario

nell’ordine dell’universo. E infatti egli, benché fosse nella

collettivo e animato in profondo percorsi di cultura. La

filosofia della natura assai vicino alle teorie copernicane,

memoria è, in forza di ciò, riconoscimento dell’opera (quella

sostenne con straordinaria lungimiranza, in ciò

che si va facendo: l’opera nel suo farsi) quale complesso,

differenziandosi da Copernico, che non si dà un centro

multiplanare itinerario di viaggio fra segni, codici e linguaggi

immobile dell’universo, neanche il sole possedendo questa

espressivi, quale esplorazione anche a ritroso che rincontra e

prerogativa o essendo investibile di tali predicati.

rivede (e lo fa di necessità, secondo una prassi voluta e

Ora, come una ipotesi siffatta porti a ricusare, per principio,

inevitabile) il già fatto, quale cammino e procedura

qualsiasi monocentrismo, e autorizzi, al contrario, un

intertestuale. Epperò - lo comprova che si dialoghi, come in

policentrismo di per sé antidogmatico e fertile di significative

uno spazio mentale, con protocolli di ricerca, e dunque con

potenzialità culturali, è cosa su cui altri ha già discusso

qualcosa che non è stasi o conclusione, ma movimento,

lungamente, e utilmente; lo si dia per assodato, qui, e se ne

apertura, divenire; e ne reca conferma che le variazioni sul

ricavi, del tutto conseguentemente - del resto, l’intervento

tema di un ipotesto costruiscano una articolata sequenza di

bruniano del 1980 aveva per nome aggiunto La macchina

discorso - la memoria non è qui ristretta nelle forme chiuse di

della memoria - che giusto l’inesistenza di una stella fissa o di

una sterile citazione; non è una memoria, insomma, che

un motor immobilis e l’ammissione del policentrismo

incorre in una paradossale conversione e che, alle corte, si

governano il viaggio della memoria di Scelza.

piega ad un’autonegazione e ad una abiura, neutralizzandosi

Non si tratta, cioè, nel caso, di procedere a ritroso, finché ci si

in un mero, smemorato allineamento di reperti, nel quale

imbatte in un punto (una immagine, una figura, un

l’originalità e l’autenticità stanno per intero, valori residuati

linguaggio, uno stile) che è, o si accetta, per fermo e

solo in pallide tracce e evanescenti, dalla parte del citato,

immodificabile, sottratto alla dialettica del confronto. E non si

mentre l’atto della citazione non può caricarsi di alcun

tratta neppure di un percorso, ad imbuto, verso il fuoco della

significato forte e, scontata una definitiva fine della storia,

prospettiva: dal molteplice (l’esperienza in cui siamo gettati)

non può pensarsi come progetto né può pensare un futuro

all’uno (l’origine, l’archetipo stagliato come un’isola felice). Il

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punto che si incontra, invece, è soggetto a spostarsi anch’esso

esplosione, nell’Isola di Leonardo, che sta dabbasso come

ed è colto in movimento, dimensione che si rinnova e si

sede di innesco. Dinamiche spiraliformi e moti a pendolo,

arricchisce come in una sollecitazione energica e tenace, o in

precisi come in un meccanismo ad orologeria, frequentano

un fecondo divenire; e non è unità semplificatoria e

pressoché tutti i pezzi in mostra in Macchine di festa.

riducente, preordinata e limitativa, è complessità polimorfa e

Dire di questi movimenti in atto, e in opera, significa, al

polisensa - perforata da aperture, da spiragli di passaggio, da

tempo stesso, dire che per essi, o intorno ad essi, la memoria

scorci - la stazione raggiunta nel viaggio, tanto che sembra

si rende occasione di incontro, e lievito e incremento nel

che da essa si debba ripartire, e anzi non si possa che

dialogo, di linguaggi diversi. La forma quasi di sezione di una

ripartire, senza soluzione di continuità, senza smettere il

conchiglia, in un cartone, racchiude e tende la figura

cammino della ricerca. Nel che la memoria rintraccia la sua

femminile in proscenio, e la inarca e la stilizza, fino a che

fattualità, la sua concretezza storica, il suo ruolo agonistico e

essa prende sembianze somiglianti al liberty. Un reticolo,

attivo, nient’affatto nostalgico o pago di una verità data e

fatto di materia da arte povera, e provvisto di segnali che

immutabile, da accettare tal quale; e frappone una distanza

rinviano ai collages delle avanguardie storiche o alla

incolmabile da quella memoria (o statica, o inerte, o disattenta

numerologia costruttivistica, stringe in una morsa e soffoca,

e rinunciataria) la cui meta e il cui effetto sono al dunque, lo

altrove, un nudo che parrebbe di maniera umanistica e che,

si sia voluto e programmato o no, l’amnesia (così nelle

nella stretta, sta per deformarsi e per accostarsi alla tipologia

pratiche ispirate all’ideologia del postmoderno; così

di un prigione michelangiolesco (altre figure e stilemi da

purtroppo, e sempre più frequentemente, nella cultura di

Michelangelo, e in particolare la mano della creazione,

oggi).

altrove Scelza ha frequentato). Sotto i Ponti di Leonardo la

Scelza usa la memoria dinamicamente, la incarica di un

corrente si avvolge in fibre di colore intrecciate e trasporta

compito propositivo, storicamente attivo, di analisi laica e di

relitti la cui fattura, talora, deve alla iconografia del cubismo:

ricerca e di rilancio della complessità.

quei vortici a treccia, a loro volta, non appaiono distanti dalle

Si guardi, per reperirne esempi con valore di prova, ad alcune

silhouettes, prossime all’astrazione, in uso nella stagione

opere del ciclo “leonardesco”. Intanto è loro caratteristica, più

simbolista a cavallo tra Ottocento e Novecento, o dalle

volte sottolineata, la disponibilità al movimento, il loro

rappresentazioni dinamico-plastiche tra pre-futurismo e

costruirsi e materiarsi di movimento. È movimento rotatorio

futurismo (penso a Medardo Rosso e al primo Boccioni). Nel

quello innescato dalla struttura come di trottola di una base

mentre, il cielo colorato dalla pirotecnia, che proietta in alto

circolare raggiata (che ripropone alcuni modelli - frammenti

materie e oggetti, richiama palesemente i cieli surrealisti, da

di macchine, parti di congegni scientifici - tracciati dai disegni

Chagall a Mirò.

di Leonardo) e trasmesso (con esiti di sfrangiamento e di

Il variare di queste esperienze e l’attraversarle e il riusarle

moltiplicazione centrifuga dell’immagine, la quale pare girare

nella loro ricchezza, avendo cominciato da Leonardo e

vorticosamente come su un perno; una sorta di rotore

ricominciando una volta incontratolo da vicino, pennello a

compariva, sbalzando un motivo analogo, in una tela del

pennello, nella multiformità della sua arte (un arte come

1982, Le immagini che ruotano) alla figura di fanciulla

ricerca e come progetto), contiene più significati insieme:

sovrastante, profilata secondo canoni quattrocenteschi e

non c’è fatto (o scritto o detto o dipinto) che non si rifaccia (o

sbozzata su iconografie leonardesche, che rotando compone

riscriva o ridica o ridipinga) quando viene portato, quando

una sfera (sferica, appunto, come la terra o come la

irrompe come cosa viva nel tempo qui ed ora dell’esperienza;

rappresentazione tradizionale, geometrica e simbolica,

non c’è studio (o confronto o dialogo) che non si allarghi e

dell’universo). È sventagliamento di oggetti e materie nello

non c’è memoria vera che sia monodirezionale o la cui

spazio, a partire da un nucleo che accumula (un accumulo di

pienezza non sia un’escursione a largo raggio, una catena di

tensione, appunto) piani inclinati, setti prospettici, ingranaggi

associazioni, una sistema di ponti che mette in relazione e in

e tiranti e corde, quello che si produce, quasi a seguito di una

tiro dialettico il simile e il dissimile; non c’è esperienza

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creativa che non sia, perciò, essendo anche altro, ricerca e

analisi, di interpretazione e di riscrittura - con La Zattera della

progetto, dove progetto, alla lettera, è un gettar(si) fuori, oltre

Medusa.

il consueto, verso il futuro.

Niente più di un naufragio, infatti, include il senso

Ha parentela metonimica con il progetto, nella sua giusta

dell’apocalisse, di un’era che finisce, di un destino che si

accezione semantica, la nascita, battuta in tema e installata a

compie: con i relitti di cui la natura e la storia e la dialettica

fulcro di senso, i cui segni si colgono nella forma ovoidale,

del potere disseminano la superficie tutta d’intorno, con le

nel nucleo raggiato inscrittovi, nel cordone ombelicale che ne

rotture e le frammentazioni che ogni rivolgimento comporta,

fuoriesce legato ad una macchia che è quasi una sagoma

con l’angoscia e con l’orrore e con la disperazione che

antropomorfa: la memoria, nel suo senso pieno, è anche -

accompagnano la fine e la morte, con i tentativi di scampare

antifrasticamente - preludio, inizio, nascita; e non si dà

al disastro e di resistere e di riprendere e di ricominciare.

nascita completa - nascita che sia promessa e speranza -

Elementi, questi, che Géricault aveva preso in attenta

senza memoria. Se Leonardo è il genio più grande

considerazione, compulsando dapprima i documenti e i

dell’umanesimo, dedicargli un’esperienza di studio e di

resoconti della sciagura avvenuta in mare, dandosi poi a

ricerca è per Scelza, con tutta probabilità, volgersi a

minutissimi studi anatomici e raccogliendo infine il tutto nel

quell’umanesimo e indicare la necessità di un nuovo

complesso, accurato, veemente racconto su tela.

umanesimo, che si costruisca incontrando i linguaggi, le

L’iconografia del naufragio, ripresa da Géricault e che

anime e le forme che hanno segnato la nostra storia e che

Géricault aveva a suo volta ripercorso in un viaggio della

dobbiamo ritrovare, investire di domande, riusare per

memoria (guardando fra gli altri a Michelangelo e a

prestarle al futuro, per “pro-gettarle”, con un lavoro di

Caravaggio) e riformulato, diviene in Scelza la metafora (di

memoria. E solo in un nuovo umanesimo, che si configuri

significato tanto più forte, poiché liberata da qualunque

quale cammino aperto e consapevole e multidirezionale di

impegno di documentazione e di trascrizione realistica) di

ricerca, sta una via sia pure lunga, una alternativa, una

un’apocalisse storica, della mutazione epocale che

possibilità di rinascita, della cui urgenza e della cui

sopravviene negli ultimissimi anni Ottanta: con sistemi politici

indifferibilità siamo invitati a farci persuasi.

e sociali che vacillano e rovinano e cadono, con ideologie

Quale sia il perché, e quali siano il contesto e le prospettive

prima e a lungo trainanti che si eclissano sembrando non

storiche entro cui si giustificano un bisogno e una volontà di

trovare più spazio nella storia, con una falsa bonaccia (di

rinascita, a me sembra sia detto da Scelza nel ciclo

seguito alla tempesta devastante e contagiosa) che pare fatta

immediatamente precedente, intitolato alla Zattera e

di rassegnazione all’esistente o di inerme accettazione

realizzato tra gli ultimi anni Ottanta e i primi Novanta. È

dell’ineluttabilità delle cose e che però a malapena copre

Géricault, stavolta, l’interlocutore.

gorghi di contraddizione (i cadaveri, i vinti, i relitti del

La scelta di confrontarsi con l’opera del pittore romantico,

naufragio non ancora restituiti dal mare).

che traeva spunto da un fatto realmente accaduto - il

La memoria, in questo ciclo pittorico scelziano, lavora a

naufragio della nave «La Medusa» - , appare tutt’altro che

trovare strumenti e tarare linguaggi, innestando registri e stili,

occasionale o preterintenzionale. Potranno essere intervenute,

per riferire ancora del presente e irrompervi. Anche gli

come spesso accade, suggestioni d’un attimo e in parte

affioramenti del mito, che punteggiano il discorso, hanno una

immotivate, seduzioni di strutture, di orchestrazione pittorica

pertinenza all’attualità: essi dicono di mitologie al crepuscolo

e di colore, che si sono nel tempo solidificate e sedimentate

(che è fra i nomi e i titoli adoperati), o di un crepuscolo degli

fino a costituire l’incipit e dare abbrivo alla ricerca; ma non

dei (e delle ideologie) che chiude il sipario sul passato (e su

v’è dubbio, a mio avviso, che sia stato il tema iconografico, in

ciò che nel passato era valore ingiudicato, sacrale) senza

aggiunta al fatto che esso venisse elaborato da Géricault in un

escludere nuove mitopoiesi (e qui la tensione proiettiva e lo

periodo storico cruciale, in un’epoca di svolta, a rafforzare e

slancio dinamico delle muse, garanti e protettrici delle arti,

determinare in Scelza la volontà di un corpo a corpo - di

che paiono fendere acqua e aria, hanno molto di

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emblematico; emblematico è, in rapporto a loro, l’ornello,

Di raccoglierle, insomma, nell’ambito di un progetto.

pianta della manna, che le fiancheggia e le accompagna e le

Non casualmente, infatti, tra la zattera, i cui frammenti sono

sostiene) e senza rinunciare a pensare e a fingere nuovi

sparsi tutti d’intorno come semi di ricostruzione che potranno

scenari. Perché il naufragio è apocalisse, ma è pure

attecchire e fruttificare, e l’ isola leonardesca con utopici cieli

palingenesi; e Scelza a me pare ponga l’accento, in questo

surrealisti sovrastanti, che è il luogo per antonomasia in cui si

ciclo ispirato a Géricault, più sulla palingenesi che

esprimono fantasia e ragione, concorrendo a disegnare un

sull’apocalisse: sul nuovo inizio, insomma, che è da sperare,

“più umano” diverso futuro, (il futuro in cui, inoltre, le

e da cercare (e da cercare facendo appello alla memoria e a

scissioni e le fratture, le divisioni dell’io sono ricomposte e il

un nuovo umanesimo), in quella che ora si mostra come una

soggetto è recuperato nella sua totalità intera), si dà un filo di

terra desolata, una landa sconvolta abitata dalla morte e dal

continuità nettissimo, forte ed evidente, tanto che questa

senso della fine.

esperienza non potrebbe essere, di fatto, senza quella. E non

Sebbene il quadro della rappresentazione si incentri

casualmente, nelle assi di legno dell’imbarcazione sconnessa

ricorrentemente su immagini di devastazione (assi e pali e

e violata dai marosi, se è dato rintracciare parecchie

alberi spezzati), la semantica di un nuovo inizio è in realtà

suggestioni o sintonie (dal tema e dall’impianto delle

inscritta, in questi testi pittorici di Scelza, con segno tanto

crocifissioni tardocinquecentesche fino alle sequenze di

marcato e insistito da mostrarsi dominante: a ribadire che la

scritture lignee di Ceroli), si ha netta l’impronta, a mio

responsabilità di un compito attivo e propositivo (la volontà

giudizio, delle sculture di Mastroianni, nelle quali, secondo

di sperare, la tenace resistenza all’accettazione dell’esistente)

una cifra stilistica costante, il senso della distruzione

non può scomparire dall’orizzonte ideologico e dal campo di

(racchiuso nei bracci di ferro minacciosi e inquietanti, che

tensioni e dai compiti dell’arte. Proprio la forza centrifuga

assomigliano a congegni bellici) si connette immancabilmente

degli elementi, catapultati a raggio sul mare dal piano della

alla energia costruttiva (tradotta in un dinamismo

zattera, palesemente richiama, in una con la distruzione, ma

d’ascendenza futurista) dello slancio plastico che organizza la

come polo antagonista, la dimensione costruttiva di un

materia e le conquista spazio e respiro.

metaforico tendersi in volo, di uno sfuggire alla stretta, di un

Certo è che la vocazione plastica della pittura di Scelza è

librarsi verso un altrove nel quale altri scenari e altri destini,

cocciuta, tenace, di una fisicità prepotente; e non le basta il

altre utopie siano pensabili ed abbiano spazio. Chi ha

peso dei corpi, presi in una serrata dialettica di pieno e di

sottolineato come questo ciclo scelziano sia caratterizzato da

vuoto, scavati dalla luce (spesso da una rasoiata di luce) e

affioramenti del rimosso, e dalla libertà concessa a dinamiche

modellati da violente escursioni chiaroscurali (e questa è una

inconsce, ha certamente ottime ragioni, purché si aggiunga,

delle anime del Gioco degli Scuri, del 1986, polivalente già

però, che ritorni o liberazioni siffatte, e quel “che” di

nel titolo): corpi che il linguaggio della nuova figurazione

manipolazione ludica che si ravvisa nei legni e nelle tavole (e

piega e volge dal realismo barocco all’espressionismo,

nella reiterazione variata - quanto alle stesse tecniche

secondo una cifra di stile che Scelza non ha mai dismesso.

adoperate - dell’iconografia del naufragio; l’ascolto del

Quella vocazione plastica ha bisogno di un habitat più vasto

rimosso si coglie, del resto, anche nel fatto che Géricault sia

in cui realizzarsi: ha bisogno di fuoriuscire dalla superficie

qui interpretato e praticato in una chiave preminente, quella

dipinta per prolungarsi e diramarsi all’esterno, per interagire

visionaria), risponde appunto ad un disegno culturale

e comunicare confacendosi in pieno al ruolo e al compito

riconoscibile: di richiamare e rianimare, per un nuovo

pubblico dell’arte. Si spiega siffattamente perché, almeno da

umanesimo, anche le risorse del soggetto prima solo in parte

vent’anni a questa parte, nella produzione artistica di Scelza

sfruttate (le risorse più recondite, quelle di norma immolate

le installazioni abbiano così tanta rilevanza, sia da sole sia in

sull’altare del super-Io, del controllo sociale e della logica

rapporto, come di testo tridimensionale con il testo

dell’arte) e di prestarle alla attivazione di ulteriori potenzialità

bidimensionale a fronte, con le tavole e i legni e i cartoni e le

del lavoro artistico, alle aperture di altre frontiere di discorso.

tele; e si spiega allo stesso modo perché le sue elaborazioni,

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e gli eventi a cui esse sono legate, si connotino comunque

congegni realizzati per intero dal lavoro di progettazione,

per una prospettiva di intervento sul territorio. Un progetto

dalla fantasia e dalla ragione umane: strumenti la cui struttura

non è tale davvero, del resto, se non in riferimento alla

consiste in un rapporto cinematico di componenti e una cui

determinatezza storica e geografico-culturale di un contesto e

funzione, tra le altre, è anche la trasformazione e la

in riferimento ad uno specifico orizzonte d’attesa. In

trasmissione di energia.

riferimento ad un territorio, insomma: un territorio come

Un sottotitolo come La macchina della memoria, di sigla e

corpo, organismo vivente con le sue memorie, con i suoi

di chiosa all’intervento bruniano del 1980, a questo punto

valori da ritrovare e da restituire contro i disvalori imperanti,

riassume e dichiara in essenza le ragioni di fondo delle

con un suo umanesimo da strappare alla barbarie che lo

esperienze artistiche successive di Scelza. Ha valore di

incalza: un territorio da riottenere e da abitare. Sono pensate

pronostico quel nome, macchina, che emblematicamente

per il territorio, per esservi immerse e per darne

carica di tensione dinamica e di forza propulsiva la memoria;

testimonianza, per estrarne una storia altra da quella corrente

ma ha anche valore retrospettivo e serve a precisare, a mio

e per improntarvi l’immagine e il senso di una possibile storia

parere definitivamente, gli ambiti e i contorni del lavoro

a venire, di segno radicalmente diverso (il segno della “festa”,

pittorico dell’artista nel decennio, e poco più, precedente.

il segno di una vita collettiva recuperata), le opere degli

Il confronto con l’universo tecnologico che allora Scelza

Stucchi colorati dal sole, un intervento, del 1984, compiuto

veniva realizzando, convergendo con altri che

nella città di Catania: un intervento, tutt’altro che ispirato alla

sperimentavano su oggetti “sociali” analoghi un loro

logica di una estetizzante decontestualizzazione (di una

linguaggio “neofigurativo” (si è fatto, opportunamente, il

enucleazione di elementi fine a se stessa, di un gratuito

nome di Calabria, di Turchiaro), mi pare si caratterizzi, infatti,

piacere del testo), in cui la messa in scena barocca di alcuni

per il suo polimorfismo e la sua polivalenza: per il fatto di

lineamenti peculiari e distintivi della città, occultati da una

essere condotto, insomma, da più angoli prospettici e di

frequentazione abitudinaria o disturbata, comunque corriva

tenere in conto, dunque, diversi punti di vista.

(una frequentazione ad occhi chiusi, che lascia semmai

Il susseguirsi di elementi tubolari è talvolta un vero e proprio

guardare, non più vedere), significa per allusioni la messa in

labirinto (e il labirinto è caos, ma pure ordine; è sintomo di

piazza dell’intera città, la sua uscita in pubblico, dunque la

smarrimento e di erranza ed è, insieme, un simbolo di sfida; e

sua agibilità, la riappropriazione che essa fa di sé, il restauro

nasce come sfida, nella mitologia classica, il labirinto), che

e il ripristino che essa realizza della propria identità

dall’interno, dal chiuso di una fabbrica si trasferisce nello

conculcata e negata. Stucchi e balconi, e legni e cartoni, nella

spazio esterno della città (coniugando, nel mentre,

loro polimatericità, oltreché nella loro esuberanza plastica,

industrializzazione ed urbanesimo). La sinusoide di una scala

nella loro matrice officinesca e artigianale (e, talora, collettiva)

di ferro (con sotto un’ombra d’uomo reclina) indica un

e nella loro fattura, nello stabilire una continuità e un nesso

percorso di alienazione e, allo stesso modo dell’edificio che è

dialettico tra interno ed esterno (che è prodotto culturale

un montaggio di solidi geometrici in forma di tritacarne, con

elettivo del barocco e, in specie, dell’architettura

sopra il collo di una torre sottile e, all’apice, un orologio privo

borrominiana), appartengono alla categoria delle macchine,

di lancette, che ha molto di un occhio prensile e inquisitorio,

che sono un po’ il filo conduttore unitario - la struttura

capace di una ferrea vigilanza censoria, di un dominio

invariante - delle esperienze scelziane degli ultimi vent’anni.

incontrollato e assoluto (è Città, del 1973), appartiene alla

Macchine come coacervi barocchi, macchine teatrali (che

famiglia delle macchine infernali, come quelle che, lugubri e

erano in uso nelle rappresentazioni secentesche e

minacciose, e profetiche, fanno sovente da sfondo al bianco

accompagnavano, nel finale, il colpo di scena), macchine

e nero dei vecchi capolavori del cinema espressionista (e

sacrali e rituali, macchine di festa: macchine come ciò che di

macchine infernali sono gli Altiforni, realizzati nei primi anni

articolato e complesso l’uomo realizza, in forza di esperienza

Settanta). Una simil-olivetti per dattiloscrivere, ma inquadrata

e passione e conoscenza: macchine come meccanismi e

di lato sicché la sua funzione abituale è gran in parte

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occultata, negata (e, intanto, il “taglio” laterale della

e, insieme, sarà segno di crisi e di critica, di deliberata e

rappresentazione appare, a tutti gli effetti, un modo di

ironica cancellazione in sequenza dei luoghi tecnologici

trattamento straniante dell’oggetto da pop art citato e dei

deputati e della topografia simbolica della città. Ecco, il

dettagli iperrealistici che punteggiano la sua superficie), e i

“doppio carattere” di quelle matasse filamentose di tubi e,

contenitori con pertugi e fughe di porte e fili elettrici non si

insomma, la varietà delle declinazioni del tema della

sa a cosa collegati, e di che cosa motori (gli abitacoli sono

macchina, non segue alcuna storia puntuale e lineare che

quinte teatrali, piuttosto, e i serbatoi misteriosissimi congegni,

riguarda la civiltà tecnologica in cui siamo immersi: secondo

o scatole di sorprese; siamo tra il 1974 e il 1975), li diresti

un tracciato che va dall’attrazione alla ripulsa, dal mito alla

invece, senza tema d’errore, macchine celibi (sul modello

demistificazione, dall’utopia alla disillusione, dal sogno al

delle macchine sceniche barocche e di una strabiliante

risveglio. La varietà e la polivalenza dei ruoli e degli usi - e le

invenzione delle avanguardie), stornate dall’uso corrente e

macchine di produzione, le macchine di tortura, le macchine

forse da qualunque uso. Infine, se il lirismo (magari

di festa - sono, invece, presenti contemporaneamente, in

dietro suggerimento di una mitologia

azione simultanea, in tutte le fasi di questa

contadina declinata su un futuro di

stagione d’esordio di Scelza. E si

progresso, del quale è fatta

rendono,

richiesta alla civiltà delle macchine: così mi sembra di

leggere

al

dunque,

manifestazioni e sintomi della curiosità golosa e vorace ma

nella

c o n s a p e v o l e ,

Affrancazione delle terre,

dell’attenzione critica

un’opera ormai più che

epperò propositiva e

trentenne) può investire

capace di progetto e di

e coprire ordigni

speranza, con le quali la

tecnologici e mutarsi in

sua arte, fin dall’inizio, si

lirismo della materia

volge alla modernità e la

(quella, in alcune tele di Scelza,

vive.

accelerata

Marcello Carlino

vertiginosamente e deformata dalla corsa libera e potente, rombante di luce, di una moto), e se il montaggio di paesaggio naturale e paesaggio industriale può ingenerare sospensioni e microclimi metafisici (particolarmente indicativa, sotto questo profilo, Fabbrica del 1972), pure c’è il controcanto di una tuta di protezione e di un fantoccio meccanico a vietare ogni estatica illusione, a confutare idilli stordenti; e il garbuglio di strutture tubolari, prossimo ad essere una macchia raggrumata di colore, andrà attribuito, quanto alle sue motivazioni profonde, ad un impeto gestuale di sapore liberatorio (ad una imposizione del gesto pittorico oltre le costrizioni mimetiche, fuori della gabbia di un universo perfettamente regolato e ordinato), e tuttavia, in alleanza con il lavorio erosivo del tempo, vorrà significare, anche, una implosione del mondo macchinizzato

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FOR “PROJECT”: MEMORIES MACHINES In considering some of Scelza’s paintings, that belong to this

We know that the thinker, censured by Roman Inquisitor

expiring decade, at the end of this century, strikes us the

and suffered at the stake, affirmed knowledge is not only a

role, of motor and hinge, that the memory develops: that

science, but also a heroico furore, a spasmodic strain (in a

memory, which the most recent scelzian autobiographies,

very high poetical temperature), due certainly, a parte

written in catalogue by himself, are used to relate, and to

subjecti, to an incoercible fever to find a full meaning to the

that same memory that, since 1980, an intervention

human life in the world, but generated also, a parte objecti,

dedicated to the magnificent heretic of Nola, Giordano

by the temporaries and transmutability of truth: a

Bruno, bore witness, recognising just from the title the basic

temporaries and a transmutability written in the laws of

value and the constructive energy.

universe. Infact, although he was near to the Copernican

Infact, rewriting and rielaboration are exercises of memory

theories concerning the philosophy of nature, he affirmed

accomplished with punctuality and analytic diligence, on

with extraordinary far-sightedness, unlike Copernico, that

iconic patterns and, in particular, on a textual unicum of

there was not an unmoveable centre in the universe.

Géricault; they are works of memory, which refer to the

Now, many people have just discussed, for a long time and

planning patterns and, or better, to the research files of

without success, as a such hypothesis could incite to refuse -

Leonard.

on principles - any monocentrism and could authorise, on

Memory is for Scelza memory of art, stiles and painting

the contrary - an antidogmatic polycentrism, fertile of

traditions, of iconographies (in the text and in its edge)

significant cultural potentialities; let it is ascertained, in this

which have stimulated the collective imaginary and have

contest, so it derives, on consequence, that just the

deeply animated cultural paths. Memory is, for this reason,

inexistance of a fixed star or of a motor immobilis and the

the recognition of a work as a complex, multiform itinerary

admission of polycentrism, rule the memory journey in

of voyages among signs, codes and expressive languages,

Scelza, on the other hand, the brunian intervention in 1980,

even as a backward exploration, that meets and sees again

had as an added name “La macchina della memoria”.

(and does it necessarily according to a wished and inevitable

There is no matter to go backwards, until we run into a

praxis) what has been just done, as an intertestual

point (an image, a figure, a language, a style) that is or can

procedure. But memory is not here pressed on the closed

be accepted, as steady and unmoveable, conceded to the

forms of a sterile quotation; it is not a memory that runs into

dialectic of comparison. And it has nothing to do with a

a paradoxical conversion and that, in short, complies to a

funnel path, towards the prospective focus: from the

self-negation and to an abjuration, neutralising itself in a

multiplicity (the experience where we have thrown ourselves)

forgetful alignment of reperts, where the originality and the

to the unity (the origin, the archetype).

authenticity are completely on the side of the mentioned

Scelza uses memory in a dynamic way, committing it in a

author, while the quoted act cannot burden itself with any

propositive and historically active task, of laic analysis,

strong meaning and cannot be thought as a project, neither

research and complexity flinging. In finding examples with

as a future: all this, then have found a cover, to allow a

value of test, we look to some paintings of the cycle “after the

large band of supporters and praisers, under the capacious

manner of Leonard”. For one thing, their characteristic,

and protective umbrella of the post-modern ideology.

already underlined, is the availability on movement. It is a

Scelza painting doesn’t give up even a little to the post

rotator movement that is primed by the structure as a

modern ideology, and it is just memory its resistance point,

spinning top with a circular radial base (that reproposes

its opposition lever: a memory that refers, I think, to a

some patterns - fragments of machines, parts of scientific

suggestion or - better - to a philosophic principle of Giordano

apparatus - traced by Leonard’s designs) and conveyed

Bruno.

(with results of fraying and centrifugal multiplication of the

33


image, that looks like spinning vortically as on a pin; a kind

project) includes other meanings: there is not an event (or

of this rotor appeared also on a painting, in 1982, “Le

writing or word or painting) that is not made up (or written

immagini che ruotano”) to the figure of an overhanging girl,

or expressed or painted again) when it’s carried in the time

outlined according to the fifteenth-century canones and

of the experience; there is not study (or comparison or

roughed on Leonard’s iconographies; that figure turns

dialogue) that is not widened and there is not true memory

around and forms a sphere (spherical, exactly, like the Earth

whose fullness is not a large-ray excursion, a chain of

or like the traditional, geometrical and symbolical,

associations, a bridge system that puts in touch and in a

representation of the Universe). It is a fanning of objects and

dialectical situation the like and the unlike; there is not

materials in the space, as from a nucleus that accumulates

creative experience that is not, for this reason, research and

(a tension accumulation, exactly) inclined planes,

project, where the project, literally, I mean throw out oneself,

perspective sectors, gearing, tierods and ropes, all that is

towards the future.

produced after an explosion, like in the “Isola of Leonardo”,

The birth has metonymical relationship with the project, in

that is in the bottom like primer centre. Spiral-shaped

its right semantic meaning; the birth is beaten in theme and

dynamics and pendulous swings, accurate like in a

set up as a sense lynch-pin, whose signs are individuated in

clockwork, haunt almost all the showed pieces in “Macchine

the ovoid-shape, in the inwriting radial nucleus, in the

di festa”.

umbilical cord tied up to an anthropomorhous shaped stain:

Saying about these movements, in act and in work, means,

the memory, in its full meaning, is also - antiphrastically -

at once, saying that, for them or all round them, the memory

prelude, beginning, birth: and there is not a full birth - a

becomes an occasion of meeting for different languages. A

birth that is a promise and hope, too - without memory. If

plain art made of grid, with signals that send to the collages

Leonard is the greatest genius of Humanism, a study and a

of the historical vanguards, holds - as if in a vice - and

research experience dedicated to him, can mean for Scelza,

stifles, somewhere, a nude of humanistic style, that - in the

in all probability, to turn himself to that Humanism and to

vice - is becoming disfigured and similar to the typology of a

grasp the necessity of a new humanism, that is built meeting

Michelangelesque prison (somewhere Sc. has haunted other

languages, souls and shapes that have marked our history:

Michelangelesque figures and, in particular, the hand of

we have to find them again, shoot them questions, reuse and

Creation). Under the “Ponti di Leonardo” the stream wraps

lend them to the future, to “pro-ject” them with a memory

up itself in interwoven colour fibres and carries wreckage

work. And only in a new Humanism, that shows itself as an

whose workmanship - sometimes - reports to the cubism

open, conscious and multidirectional course of research,

iconography. Those plaited whirlpools, once more, are not

there is a long way, an alternative, an opportunity of

different from the silhouettes, next to the abstraction, used

renaissance.

in the symbolist season between the nineteenth and twentieth

Whatever the reason, the context and the historic prospects,

century or by dynamic-plastic representations between pre-

in which a need and a will of renaissance are justified, it

futurism and futurism (I think to Medardo Rosso and the

seems to me that it has been said by Scelza in the

first Boccioni) In the same moment, the coloured sky by

immediately previous cycle, entitled “Zattera” and realised in

pyrotechnics, that projects on high material and objects,

the last years of Eighties and at the first of Nineties. But, for

recalls manifestly surrealistic skies, from Chagall to Mirò.

this time, Géricault is his interlocutor.

The variation of these experiences, the going across them

Choosing to compare himself with the work of art of the

and reusing them in their copiousness, having begun from

romantic painter, that took inspiration from a real fact - the

Leonard and beginning again once that he meets him very

wreck of “the Medusa” ship -, it is not a question of occasion

closely in the variety of his art (an art as research and

or unintentionity. As it often happens, might have the

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suggestions of a moment occurred, seductions of structures,

palingenesy, too; and Scelza - in my opinion - places the

of pictorial orchestration and colour, that have solidified

accent, in this cycle inspired to Géricault, more on the

and sedimented so much themselves in the time that they

palingenesy than on the apocalypse: on the new beginning,

have set up the incipit and given gather way to the research;

that we have to hope and to look for (and to look for

but there is not doubt, in my opinion, that it has been the

appealing to the memory and to a new Humanism), in a

iconographic item, worked by Géricault in a crucial

waste and troubled land, where death and end-sensation

historical period and in a era of changing to strengthen and

live.

determine in Scelza the will of analysis, interpretation and

Although the representation sight centres itself recurrently on

ri-writing with “La zattera della Medusa”, as in a hand to

destruction images (broken axles, poles and trees), the

hand fighting.

semantics of new beginning is written, in reality, in these

The wreck iconography, taken from Géricault and that he

Scelza pictorial texts, with a so marked and persistent sign to

himself also had run again in a memory journey (looking at

show itself dominant: to confirm the responsibility of an

Michelangelo and Caravaggio, among others), becomes in

active and intentional task (the will to hope, the strong

Scelza the metaphor (of a strong meaning, because freed

endurance to the existing acceptance) cannot disappear

from every engagement of documentation and realistic

below the ideological horizon, below the tensions field, below

transcription) of an historical apocalypse, of the epochal

the art tasks. Just the centrifugal force of the elements,

mutations in the last years of Eighties: with political and

catapulted radiantly on the sea from the raft level, recalls

social systems that wobble, spoil and pull down, with trainer

manifestly, together with the destruction but also as

ideologies that disappear because they seem to find not space

antagonist polo, the constructive dimension of a

in the history anymore, with a false dead calm (after the

metaphorical stretching in flight, of a slipping from a pang,

devastater and infection storm) that seems to made of

of a soaring towards another place where other scenaries,

resignation towards everything that is in existence. Or by

other destinies, other utopias can be imaginable and can

unarmed acceptance of things ineluctability that hardly

have some space. Who has pointed as this scelzian cycle is

covers whirlpools of contradiction (bodies, beaten, wrecked

characterized by removal emergence and by freedom

pieces not already rendered from the sea).

accorded to unconscious dynamics, has certainly excellent

Memory, in this scelzian pictorial cycle, works finding

reasons, on condition that it is added that the returns or

instruments and calibrating languages, inserting registers

such liberations, and “everything of ludic manipulation that

and styles, to report about present and to break into. Even

is recognised in the woods and in the tables (and in the

the emergencies of myth, that mark the discourse, have a

varied reiteration of the wreck iconography; the listening

pertinence to the actuality: they talk about towards the end

removal is gathered also in the reason that here Géricault is

(that is among the used names and titles) or about a twilight

interpreted and practised in a preminent key, that is

of gods (or of the ideologies) that drops the curtain on the

visionary) answers just to recognisable cultural design: to

past (and on all that has a sacral, iniudged value in the

recall and reanimate, for a new Humanism, also the subject

past) without excluding new “mitopoiesi” (and here the

resources exploited before only in part (the most recondite

projective tension and the dynamic fling of the Muses,

resources, those usually are sacrificed on the altar of the

guarantees and protectresses of arts that seem to cut water

super-ego, of the social control and of the art logic) lending

and air, are very emblematic; emblematic is, in relation to

them to the activation of further potentialities of the artistic

them, the manna-ash - the manna tree, that flanks, escorts

work, to the opening of other discourse frontiers. To pick up

and supports them) and without resigning to think and

them, to conclude, in the ambit of a project.

imagine new scenaries. The wreck is apocalypse, but

Not casually, in fact, a very clean continuous thread there is

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between the raft, whose fragments are strewn all around like

possible to explain also how Scelza elaboration, and the

reconstruction seeds, that will be able to take root and bear

events to which they are linked, distinguish themselves in

fruit, and the Leonard isle with utopian surrealist overhung

any case for a prospect of presence on the territory. On the

skies, because it is the place “par excellence”, where fantasy

other hand, a project is not really the some if it is not

and reason express themselves contributing to draw “more

reported to a historical and geographic-cultural exactitude

human” different future (a future, also, in which, scissions,

of a contest and in reference to a waiting specific horizon.

breaks, and “ego” divisions are recomposed and the subject

In conclusion, in reference to a territory: a territory is like a

is recovered in its whole totality. This continuous thread is so

body, a living organism with its own memories, its own

strong and obvious that this experience could not exist,

values to refind and return against the prevailing disvalues,

really, without that one. And not casually, we can trace

a sort of its own Humanism to snatch out to the barbarity

many suggestions or syntonies, in the wooden boards of the

that presses it: a territory to achieve again and in which live.

disjoined and surge broken boat (from theme and plant of

The paintings Stucchi colorati dal Sole are thought for the

late-sixteenth century crucifixions to the sequences of Ceroli’s

territory, to be soaked inside, bear witness, extract another

wooden-writings). We can feel the clear trace, in my

history from that current, to impress the imagine and the

opinion, of Mastroianni’s sculptures, in which, according to

sense of a new possible history, of a radically different sign

a steady stylistic code, the destroying sense (contained in the

(the sign of the “festivity”, the sign of a new recovered

menaced and worrying iron arms, that are like war

collective life). The paintings Stucchi colorati dal Sole are an

machines) links itself, inevitably, with the constructive

intervention made in Catania in 1984, an intervention, of

energy (put in a futurist ancestors dynamism) of the plastic

course, not inspired to the logic of an aesthetic

fling that organized the material and gets it space and

decontextualization (of a self- turned enucleation of

breathing.

elements, of a free pleasure of the test). In this work the

The plastic vocation of Scelza painting is certainly

baroque performance of some particular outlines of the

obstinate, strong and of an overbearing physics; and it is not

town, hidden by a usually or troubled habitual visiting (an

enough the bodies weight, taken in a concise dialectic of

habitual visiting with closed eyes, that let more look at than

full and empty spaces, hollowed by the light (often by a

see), means allusively the performance of the whole town, its

razor-slash of light) and modelled by violent “light and

turning out in public, so its feasibility, its self-appropriation,

shade” excursions (and this is one of the souls of “Gioco

the restoration of its frustrate and denied identity that the

degli Scuri”, in 1986, that is polyvalent even in the title):

same town realises.

bodies that the new figuration language folds and turns

Stucco-works and balconies, woods and cartoons, belong to

from the Baroque realism to the Expressionism, in conformity

machine category in their variety of materials and also in

with a style that Sc. has never given up. That plastic vocation

their plastic exuberance, in their workshop and handcraft

needs a vaster habitat in which realising itself: it needs to go

die (and collective, sometimes) and in their making, in

out the painted area stretching and branching outside, to

finding a continuity and a dialectic link between interior

interact, communicate and to agree completely with the rule

and exterior (all this is a chosen cultural product of Baroque

and the public task of art.

and, in particular, of borrominian architecture). In fact,

In this way it is possible to explain because, in his artistic

the machine is a little the unitary thread - the invariable

production of the later twenty years, the installations have so

structure - of Scelza experiences of his last twenty years.

much prominence, either alone or in connection with tables,

Machine like baroque piles, theatrical machine (that were

woods, cartoons and painting, as in a tridimensional text

used in seventeenth-century representations and

with a bidimensional one on the opposite page; that it is

accompanied the “coup de théatre”, in the ending), sacral

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and ritual machines, machines of festivity: machines like all

top, a handless watch, similar an inquisitorial eye, able of a

that of articulate and complex man can realise, for

strong censorial supervision and of a uncontrolled and

experience, passion and knowledge: machines like

absolute dominion. At last, the lyricism (perhaps suggestion

mechanisms and apparatus realised interlay by a project

of a rural mythology waned on a future of progress, that is

work, by human fantasy and reason: instruments whose

required by the machine civilisation: so I intend in

structure consists in a kinematic relation of components

Affrancazione delle terre, a more then thirty-year-old

and whose function , among the others, is also the

painting) can also invest and cover technological implements

transformation and energy transmission.

and changing itself into a lyricism of the material ( in some

A sub-title as “La macchina della memoria”, marks and

Scelza paintings, that material dizzily accelerated and

comments to the brunian intervention in 1980, at this point

deformed by the free, potent, light roared run of a motor-

sums up and declares essentially the basic reasons of Scelza

bike. At last, the assemblage of natural and industrial

next artistic experiences. That name, machine, has a

landscape can also generate suspense and metaphysical

prognostic value and loads, emblematically, the memory

microclimates (from this point of view particularly

with dynamic tension and propulsive force: but it has also a

indicative, is Fabbrica in 1972), but there is the contrast

retrospective value and serves for specifying, definitively in

between a protection overalls and a mechanic puppet to

my opinion, ambits and edges of his pictorial work in his

forbid every ecstatic illusion, and confuting stunning idylls.

former ten-year period.

And the embroilment of tubular structures, on the point of

The comparison with the technological universe that Scelza

becoming a clotted stain of colour, will be attributed to a

was realising in that time, drawing together with others that

gesture surge of liberating smack, and nevertheless, in

were experimenting their own “new-figurative” language on

alliance with constant work of erosive time, it will mean an

“social” objects (it was named, opportunely, Calabria and

implosion of mechanised world. All this will be a sign of

Turchiaro) seems to me being characterised for its

crisis and criticism, of a deliberated and ironic striking off

polymorphism and its polyvalence: this comparison, in fact,

in sequence of the deputed technological places and of the

is led from more perspective corners and so it has to consider

symbolic topography of the town.

different points of view.

That is the “ double character” of those threadlike skein of

The tubular elements sequence is sometimes a really true

pipes and, in short, the variety of the machine theme

labyrinth (and labyrinth is chaos, but order too; it is a

declinations that does not follow any punctual and linear

dismay and wandering symptom and, together, a challenge

history that concernes the technological civility in which we

symptom; on the other hand, it is born as a challenge, in the

are soaked: according to a lay-out that goes from the

classic mythology), that moves from the interior, from a

attraction to the repulsion, from the myth to the

factory enclosure, to the town outside (matching, meanwhile,

demystification, from the utopia to the disillusion, from the

industrialization and urbanization). The sinusoid of an

dream to the reawakening. The variety and the polyvalence

iron stair (with below a man’s bending shadow) points out

of rules and uses - and the production machines, torture

an alienation path and belongs to the family of the infernal

machines, festivity machines - are, instead, present in

machines, like those, gloomy and threatening, that often are

contemporaneity, with a simultaneous action, in all the

the background to the black and white old masterpieces of

phases of his Scelza beginning season. And so are given

the expressionist cinema (and infernal machines are

manifestations and symptoms of a greedy and voracious but

Altiforni , realised in the first Seventy years). Similar is the

aware curiosity , of the a critical attention, that is also

building in City, in 1973, that is an assemblage of a mincer

propositive and able of a project and a hope, with whom

shaped geometric solids, with a slim tower over and, on the

his art, from the beginning, turns towards the modernity

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Ipotesi di crescita tecnologica

LA CITTA’


...Poi la tua fuga su una collina ciociara: i boschi, le montagne tutte intorno, la solitudine dei campi divennero nutrimento quotidiano. Nacquero in quella pace, i i tuoi piccoli anelli, «come una manciata di coriandoli», come un esercito di bocche di ramoscelli gridanti dalle erbe all’uomo il loro accorato legame. Sulla collina l’amicizia di Aldo Turchiaro si aprì fiduciosa alla scelta delle tecniche migliori e all’approfondimento delle problematiche proprie della pittura. Finché volesti Roma (1967). Furono duri i primi tempi: alzarsi all’alba era una necessità per raggiungere la scuola lontana, ma erano contro il sole nascente che si stagliavano gli infiniti tubi tutti intorno alle strutture in cemento armato grattacieli dell’EUR: quelle strutture ti affascinavano, ti stordivano e subito divennero elementi della tua anima. Non più dalle erbe, ma da un mare di metallo, le bocche di ramoscelli mutate in alberi giganteschi invitavano al riposo tra tanti colori. Ecco: cominci a costruire con ogni sorta di metallo visioni di un mondo in cui ogni struttura è legata a un geometrismo esasperato e insieme sospesa nel vuoto, in un assurdo e quasi folle incrociarsi di panchine, sedie a sdraio, nuvole-uccelli e piccoli uomini fatti di gesso; perché anche questi in realtà non sono uomini ma soltanto oggetti che ricordano l’uomo, piccoli automi. Nell’orditura delle mille cose presenti, ferme o sospese nello spazio, nel gioco dei blù, rossi, dei grigi lucenti, il gesso degli uomini seduti, al confronto, è sì affermazione di finitezza, di accettazione supina dell’arcano, ma anche di serenità, di gioioso adattamento a una nuova realtà fantastica nella quale ogni interrogativo non ha più senso e tutto è diventato un balletto senza requie nell’infinito azzurro del nulla. Sogno? Volontà di evasione da una realtà angosciosa in cui sembra che l’uomo abbia perduto ogni traccia di spiritualità e che ogni fiducia in lui va smarrendosi ? Può darsi, ma soprattutto bisogno di tradurre in poesia del colore vertigini dell’anima, amplessi strazianti col mistero del nostro vivere e del nostro morire. E cosa è un tuo « HABITAT»? Immagine di una consapevolezza costruttiva nell’ambito di una dimensione urbana, ma anche porzione di cristallo dalla quale traspare la tua pena segreta, la tua speranza dolente di un mondo fatto di bellezza e di amore.

E di silenzio anche. Quel silenzio di cui, per tua mano, erano pervasi i disegni dei tuoi primi allievi e che ora ritorna. Ma, ora, l’urlo è dentro le immagini, perché tutto è immerso nel vuoto: porte e finestre viste come frammenti di una realtà metafisica, sono indicative di un’esperienza che non consente più illusioni sull’abitabilità umana di una città. Le immagini successive, materiali plastici e metallici, fabbriche, hangars, stadi, edifici ci danno la conferma di una vocazione costruttivista, legate come sono al mondo della tecnica. Esse sono costruite con un geometrismo allucinante e se indubbia è la presa che afferra per un deciso nitore cromatico, si sente tuttavia che una sorta di ambiguità viene alla superficie per il dramma incombente: da un lato il fascino della bellezza che è conquista dell’uomo - il prodigio tecnologico è ormai incontestabile - , dall’altro la paura che è nell’inconscio, come uno spettro che è in noi, che a mano a mano ci divora, vanificando ogni tentativo di liberarcene: la macchina perfetta che abbiamo costruito per inseguire un sogno, ci scoppierà tra le mani e sarà la fine... Daniele Majone

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Mare a Pozzuoli, 1968 - olio su tela cm 70x120

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UN MERIDIONALE NELLA MEGALOPOLI

A MAN from the south in the megalopolis

Aprile 1972

April 1972

Italo Scelza, che proviene dal «profondo Sud» dell’Irpinia, racconta nelle sue tele l’angoscia del meridionale che incontra la megalopoli. Una angoscia, che si manifesta con degli ampi squarci bianchi su tappeti metallici di tubi rosso minio, ma che conserva una poesia antica e delicata. Può esserci poesia in una struttura metallica, in una metropoli schematica e impersonale? Scelza risponde affermativamente anche se questa poesia è piena di nostalgia e di angosce. Non è l’alienazione consumistica; è la grande solitudine dell’uomo nella megalopoli. Nell’efficace «Piazza d’ltalia», nel «Giardini Pubblici», nel «Grande Albero», nella gamma degli azzurri puliti e dei rossi aggressivi nella loro monotonia e vastità, si ritagliano solitarie delle sagome bianche senza volto: gli uomini della grande città. La solitudine degli uomini separati dalla struttura urbanistica o dalla selva di tubi scarlatti. L’uomo, la fabbrica, la città. I tre elementi delle megalopoli che però si trovano su piani diversi: sembrano vicini e frammisti, ma sono talmente lontani perché su dimensioni diverse che non si incontrano mai. Si possono confondere, ma non si incontrano. Questo il messaggio che Italo Scelza trasmette con le sue tele con pudore e molta poesia, senza violenza ma con molta angoscia? E con una tecnica pittorica veramente importante che ripudia il facile e l’impreciso. Eppoi gli «alberi»: gli strani alberi di Italo Scelza fatti anch’essi di tubi aggrovigliati. Alberi decorativi, tracciati minuziosamente a mano con migliaia di cerchi grigi, verdi, blu, gialli, viola: alberi o ciminiere? Decorazione non «natura», come è il «verde» nelle grandi città. Metafisico fantastico e metafisico surreale? Entrambi. Perché le megalopoli sono sempre più fantastiche e sempre più surreali. Scelza coglie questa realtà nei suoi «alberi» che sono, assieme alle sagome bianche e agli squarci candidi e angosciosi, i temi ricorrenti di questa sua prima «personale» cui il giovane pittore meridionale è giunto dopo una intima crisi che gli aveva fatto appendere al chiodo tavolozza e pennelli. L’impatto col metallo risveglierà poi la sua vena pittorica, la sua indole poetica fatta di angosce e paure che il pittore esalta con la nitidezza della sua grafia, con la chiarezza dei suoi colori. Nessun crepuscolo, molta solitudine. Dove andrà Italo Scelza? Una risposta c’è, a nostro avviso, nell’ultima delle sue tele: «il Grande prato». Un quadro notevole. Uno squarcio di pianura composto da un tappeto di tubi verdi, azzurri, marrone che si perde nell’orizzonte: la campagna metafisica di domani ? Italo Avellino

Italo Scelza, coming from the “deep South” of Irpinia, narrates in his paintings the anguish of the Southern man meeting the megalopolis. His anguish expresses itself through big white lacerations on metallic rugs made of minium red pipes, but it keeps an ancient and delicate poetry. Can poetry exist in a metallic structure, in a schematic and impersonal metropolis? Scelza affirms it can exist, even though this poetry is full of anguish and nostalgia. It is not the alienation of the consumer goods era; it is the deep loneliness of man in the megalopolis. In the effective “Piazza d’Italia”, in “Giardini Pubblici”, in “Grande Albero”, ir the range of clean blue and red colours, aggressive in its monotony and vastity, there are solitary white shapes with no face: men in the big city. The solitude of men kept away from the urbane structure or from the wood of scarlet pipes. Man, factory, city. The three elements of a megalopolis are on different levels: they seem near and mixed, but in fact they are very far, because they find themselves in different dimensions that never meet. They can get mixed, but they never meet. This is the message Italo Scelza is conveying through his paintings, showing chastity and poetry, but also a deep sense of anguish, and through a very important pictorial technique refusing what is easy and not precise. And then there are “trees”: the strange Italo Scelza trees also made of entangled pipes. They are ornamental trees, drawn in detail by hand through thousand of grey, green, blue, yellow, violet circles: are they trees or chimneys? They are more a decoration than “nature”, like “green” spaces are in big cities. A fantastic metaphysical or a surrealistic metaphysical element? Both, because a megalopolis is more and more fantastic and metaphysical. Scelza portrays this reality in his “trees” that, together with the white shapes and the innocent and painful lacerations, are the most significant topics of his first one-man exhibition, which the young Southern painter has attained after a long crisis, during which he had stopped painting. The impact with metal will wake his pictorial creativity, his poetry made of anguish and fears exalted by the painter through his shining graphics, and his clear colours. There is no dusk, but still a deep loneliness. In what direction is Italo Scelza going? We think the answer is in his last painting: “il Grande Prato”. This is a remarkable picture portraying a plain structured as a rug of green, blue, brown pipes dissolving in the distance: is this the metaphysical country of tomorrow? Italo Avellino

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IPOTESI SULL’ESITO DI UNA CRESCITA TECNOLOGICA Roma, 1971

Tra le tante ipotesi sull’esito di una crescita tecnologica postulata come alienante, questa di Italo Scelza non è poi la peggiore, e si direbbe anzi, stando al giuoco sottile dell’ironia che la pervade, ch’è da sottoscrivere senz’altro, a scanso di più temibili approdi. Troppi discorsi su codesti approdi, facili profezie spontanee o indotte di tanta giovane pittura fino a ieri, sono stati sgambettati dal loro stesso pessimismo: non tanto per essersi fatti più realisti del re, quanto per l’acquisita coscienza di uno spreco, soggettivo e oggettivo, che avrebbe potuto in verità assumersi in linea di principio prima ancora d’essere registrato nei fatti. Scelza, diciamolo subito, non è epigono di un’arte denunciataria che ha fatto il proprio tempo, se mai ha avuto un tempo proprio; la sua pittura non ha semplici o facili equivalenti verbali, non è insomma, per smentirci prontamente, un’ipotesi, bensì appunto pittura, con tutta l’autonomia, la complessità e la specificità che ne consegue. Evitata con questa pregiudiziale la remora della prevaricazione socio-politica vediamo ora liberamente qual’è il mondo prospettato dalla fantasia di Scelza, sicuri dunque che di fantasia appunto si tratta e non di programma ideologico. Quel mondo si desume facilmente dalla lettura dei singoli quadri, seppure lettura ancora parziale e di comodo espositivo. Da una parte si vede un «Giardino pubblico», di null’altro costituito che di una serie di piani orizzontali in fuga verso un orizzonte inesistente, con panchine, che sono astratte prospettive mentali, popolate di omini di gesso, e la vegetazione ridotta ad alberelli assai poco verdi ed assai poco lussureggianti. Nell’«Albero sulla fabbrica», sui tetti rossi dell’opificio, tagliati ed appena visibili, quasi emarginati come appendice d’un mondo superato, giganteggia un albero di trucioli metallici, di retìna tagliata in brevi filtri ricurvi, sul quale gli stessi omini gessosi, quasi membri anonimi di un medesimo anonimo esercito, se ne stanno come in vacanza, si direbbe assunti in eterna vacanza. Il «Grande albero» è una sorta di sagra dai colori vivaci, come una manciata di coriandoli che prendono corpo e diventano selva di tubi colorati, cespugli metallici, sedie a sdraio sospese in un festoso tecnicolor dove gli uomini si aggirano o siedono smemorati. Nella «Piazza d’Italia» non sono manichini né statue silenti, ma fredde squadre d’acciaio a misurare uno spazio asettico, un ordinatissimo labirinto di tubi sul quale operai senza volto sono intenti a un lavoro misterioso. Si potrebbe continuare, ma ognuno vede, nella breve caratterizzazione che se n’è data, i tratti di un mondo snaturato, dove tutto è fittizio ed inutile. La natura ha preso la consistenza assurda di un metallo, a sua volta quasi organico

e come verminoso; le strutture urbane seguono una lucida follia senza storia né scopo, non hanno funzione alcuna e non sono in alcun modo utilizzabili - eppure risultano abitate da uomini che sembrano trovarsi a tutto loro agio. È indifferente che l’albero nasca dalla terra o resti sospeso nel vuoto, e i tubi che popolano la «Fabbrica sulla spiaggia» sono animata congerie da cui si leva un brusio indecifrabile. Il sogno di Scelza non è quello di Chagall, manca del sorriso e della malinconia, del dolce, accorato, appassionato stupore che sono di un vecchio mondo in cui si è vissuto e amato e sofferto. È piuttosto il sogno reale e allucinante di Gregorio Samsa, o quell’altro, cui ci conducono i binari scorrevoli di questa vertigine tecnologica, laica e consumistica. Ma siffatta lettura è ancora parziale, e Scelza non è moralista ma poeta. Se l’uomo di codesto suo strano mondo non sembra registrare alcun disagio bisogna pure riconoscere che l’ambiente in cui esso vive compie uno sforzo considerevole per confortarlo.Un bioccolo spumoso di detersivo levato dal vento a offendere, a contaminare la chioma pure farraginosa di un albero è in realtà nuvola, gigantesca farfalla che si posa tra grigi verdeazzurri. L’albero non frutta rifiuti, tubi o ferraglia, ma questi son frutti sognati, dove il vermiglione canta sull’oltre mare e il bianco vi s’accorda vibrante. E nel giardino, la singolare verzura ricciolata, come di bigodini non ancora tolti, si leva in volo, a sciogliere nella fantasia i nodi della ragione. L’artista, in altre parole, si muove lungo una prospettiva scelta con la partecipe coscienza di appartenere a un tempo che di scelte non ne lascia troppe - e lo dimostra il cammino compiuto dalla sua pittura, da una materia corposa e da una visione mossa, anzi sommossa da una spinta romanticoespressionista, all’approdo di queste calcolate politezze; ma su quella prospettiva opera poi con ammirevole fedeltà alla matrice lirica ch’è la sua più profonda, ad essa riducendo ogni assunto intenzionale, che senza smentirsi cambia tuttavia natura, e il giudizio si colora d’ironia, e lo sgomento stupisce in una estasi incantata e disincantata insieme. Prendiamo coscienza, sembra voler dire Scelza, dello slittamento pericoloso e assurdo che stiamo vivendo; ma la sua pittura confonde la semplicità di quel concetto, lo smentisce e lo arricchisce, ne annega il senso letterale in quello di un’esperienza ben più complessa e implicante, dove la ragione è quella appunto della fantasia, e non v’è rischio senza la salvezza - limitante quanto risolutiva - dell’arte.

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La piazza d’Italia, 1970/71 - olio su tela cm 180x220

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La fabbrica sulla spiaggia, 1970/71 - olio su tela cm 155x147

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La primavera di plastica, 1970/71 - olio su tela cm 125x125

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Albero alla Magliana, 1970 - olio su tela 150x160

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I GIARDINI DEL FUTURO

gardens of the future

Verrà il giorno in cui avrete quartieri e giardini con uno spazio da vendere ed in cui tutto vi apparirà più che pulito, passato all’autoclave. Nelle sue grandi distese, lastre di polaroide (per il dosaggio e filtraggio razionale della luce) proteggeranno e rigenereranno quotidianamente la vostra vista messa alla prova dal lavoro. Sottosuoli con centrali termiche ed impianti di irradiazione di raggi ultra violetti - diventati servizi urbani - vi garantiranno climatizzazione ed elioterapia nelle stagioni più impervie. Respirerete aria ed assorbirete acqua senza smog e senza batteri: depurate da giganteschi distributori di ozono. Da questo mondo, passato al vaglio di tanti schermi e filtri (nel quale la nevrosi resterà un brutto ricordo del passato), da questo razionalissimo habitat, guarderete al Falansterio di Fourier come ad un preistorico episodio della filosofia utopistica. Ebbene, questo potrebbe essere uno dei modi di leggere la favola avveniristica dipinta dal giovane Italo - Scelza (Galleria Ciack). Naturalmente, come tutte le favole, anche questa ha la sua morale. Una morale che consiste - è ovvio nel dire che tutto ciò sarebbe troppo nitido, troppo terso, troppo ibernato, troppo noiosamente «igienico» per corrispondere ai nostri desideri. Che, se nel mondo di oggi, c’è troppo disordine, in quel tale Falansterio (proiezione distorta - da una mano leggera - di certe più spicciole promesse che ci vengono fatte - e non mantenute - dai televisivi consolatori di turno) ci sarebbe troppo ordine. In altre parole che non abbiamo bisogno di una tale dovizia di correttivi al nostro disagio. Come dire, per concludere: non «ricostruiteci» la natura, miglioratecela (o, perlomeno, non abbandonatela alla prevaricazione che la tecnica sta esercitando, oggi, alle sue spalle). Dateci, insomma, la metà di quanto profetizzate, che basterà all’umana misura alla nostra vita (e lascierà al nostro legittimo «appetito di disordine» quel minimo di margine che gli ci vuole). Ebbene, dobbiamo interpretare tutto ciò come uno spiritoso invito a leggere a rovescio questa figurazione dell’utopia? No, non esageriamo Scelza è un lirico, e, come tale, non intende - né può - indurci a toccare con mano una totale impostura, occultata dietro una tanto limpida rappresentazione del futuribile, quale è la sua. Ha ragione - ecco - , il prefatore - Giuffrè - la dove dice che l’equivocabilità circa il significato di una pittura come questa, resta pur sempre sospesa nel limbo degli incantamenti di cui l’autore vive e fa vivere.

There will be a day when you have quarters and gardens with a lot of space, and where everything is going to look cleaner, as if washed by a tanker. Polaroid plates (for rational dosing and filtering of light) will protect and regenerate daily in its large spaces your sight, put on test by work. Undergrounds with thermic power stations and irradiation plants of ultraviolet rays, now urban structures, will guarantee climatization and eliotherapy in colder seasons. You will breathe air and you will absorb water with no smog e no bacteria: purified by huge ozone distributors. From this world, analysed with screens and filters (in which neurosis will be a memory of the past), from this very rational habitat, you will look at the Fourier Falansterio as if looking at a prehistoric episode of utopistic philosophy. This could be one of the ways of reading the futurist fable painted by young Italo Scelza (Ciak Gallery). Of course, as with all fables, this too has a moral. The moral consists, as obvious, in saying that everything would be too clear, too frozen, too tediously “hygienic” to reflect our desires; that if in today world there is too much disorder, in that Falansterio (distorted projection, with a light hand, of certain little promises made, but not kept, by tv consolers of the moment) there is too much order. In other words, the moral says that we do not need such a number of corrections to our discomfort. As if to say, as a conclusion: do not “rebuild” nature, make it better (or, at least, do not abandon it to what technology is doing at its back, prevaricating it). Give us half of what you are foretelling, which will be enough for our life to be human (and will leave a little margin to our legitimate “appetite for disorder’’). Should we interpret this as a funny invitation to read such representation of utopia upside down? No, this is an exaggeration. Scelza is a lyrical artist, and he does not want, or cannot drive us to touch a complete fraud, hidden behind such a clear representation of the possible future, as his rappresentation is. Giuffré is right in his preface, when saying that the possible deception about the meaning of such a painting is in that limbo of enchantments where the artist lives and makes others live.

Duilio Morosini

Duilio Morosini

Paese Sera, Novembre 1971

Paese Sera, Novembre 1971

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I CONTENUTI URBANI Aprile, 1972

Per come stanno, oggi, i rapporti tra arte e società, non credo

Il fatto che il mondo sia dipinto come uno spazio dove

sia di qualche utilità derivare dalle opere più certe di un

l’immaginazione può muoversi con movimenti quasi musicali,

pittore o magari di una corrente viva qual è quella attuale dei

di balletto - il «ballet mécanique» di Fernand Léger, perché no?

giovani neometafisici attivi tra Roma e Bologna (di contenuti

-, non significa cancellazione o svista dei contenuti tragici e

urbani e non mitici mediterranei) una ricetta di pittura della

violenti del mondo, anzi.

realtà con una pronta indicazione ideologica di maggiore

Italo Scelza parte dalla realtà ma corre avanti con

utilità sociale, di più efficace comunicazione, insomma di un

l’immaginazione. Venuto alla città da luoghi di antica

lirismo urbano al servizio della lotta di classe.

campagna e di più antica natura, ora ne restituisce

Questa del lirismo urbano è una ricerca in atto e va lasciata

un’immagine costruita dal punto di vista della città, con le

libera, anche se ora aiutata o contraddetta nell’analisi e nei

idee e l’esperienza della città industriale, tecnologica e

risultati da noi che facciamo cronaca e critica. Anche perché è

consumistica.

difficile dire, oggi, se si riesca a dare forma esatta al senso

Le occasioni poetiche per quella che diventerà l’immagine

storico-esistenziale del tempo e dell’ambiente nostri più con

visionaria possono essere le più quotidiane e banali: i

la potenza del comico e dell’ironia, oppure con la violenza

materiali plastici e metallici dei cantieri, le fabbriche, le

del terribile, oppure ancora con la grazia del lirismo metafisico

macchine industriali, le vernici, i vapori chimici, il gioco e il

che dà evidenza all’apparizione di nuovi segni, oltre quelli già

conflitto di tutto ciò con l’antica natura: ne viene fuori un

manifestati nello spazio del quadro, d’una «profondità abitata»

«palcoscenico» lirico neometafisico con un balletto di forme e

contemporanea tutta da conoscere e da far conoscere. E

colori bene armonizzati tra il minerale e l’organico. E quello

lascerei posto anche all’ipotesi che si debba, invece,

che poteva essere un carattere originale ma sperduto in

sgomberare il campo dell’esperienza di tutti o quasi tutti i

un’immagine tradizionale della natura - il costruire «tubista»

vecchi segni, magari per dare soltanto evidenza contestatrice

già usato da Léger negli anni venti e da Malevic realista

e provocatoria al rifiuto vero, al vuoto, al nulla.

cubista alcuni anni prima - viene ripetuto ossessivamente,

Lo si potrà dire per un’esperienza di tempo lungo. Intanto,

anche se con grande armonia, fino a diventare un carattere

ciascuno, artista o storico o cronista, o anche negatore di tutto

tipico e fondante per la metafora. Ha capito il lirismo urbano

ciò, stia dentro il tempo, contribuisca a fare quello che egli

di Titina Maselli.

crede sia il nostro tempo, con senso umano ricco e esatto,

Tutte le immagini sono molto costruite e non c’è posto per

tendenzioso e combattente ma senza ricette per mentire sul

niente che non sia costruito e non segua, nella crescita, un

fatto di tenere o no in pugno la vita.

metodo, una geometria; le piazze d’Italia (De Chirico forse ci

Italo Scelza, dal 1969 in qua, ha avviato una ricerca solitaria,

si orienterebbe borbottando ma abbastanza soddisfatto), i

che è nella sua natura, nel suo modo di vedere e pensare, ma

giardini, le spiagge, le valli, le case, gli alberi, le nuvole, le

con lo sguardo bene attento alle ricerche tra analitiche e

acque è tutto ricondotto alla visione di una fabbrica generale

visionarie di altri giovani: ha visto la «tessitura» visionaria di

con sagome di troppo grande e incontrollabile.

verdi, azzurri, grigi e bianchi dei fantasmi sociali di Ennio

L’immagine ironica ha una sua calcolata ambiguità: c’è bellezza

Calabria, ha visto anche la favola primitiva e ironica «alla

delle cose ma anche spettralità. Da pittore intensamente lirico

maniera del Doganiere Rousseau» sulla natura che si mangia

com’è, Italo Scelza lascia all’uomo, e non alla tecnologia e alle

la tecnica che va dipingendo Aldo Turchiaro.

macchine, il significato e la prospettiva della costruzione.

Le immagini di città e di natura che qui presenta Italo Scelza sono ricche di significati e la serenità della visione è come la

Dario Micacchi

preparazione a un’apparizione altra portatrice di significati altri. I quadri sono sempre costruiti con energia, grazia, ironia.

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Urban contents Aprile, 1972

...Italo Scelza starts from reality, then goes on to imagination. He moved to the city from places of old country origin and from an even older landscape, and he now gives us back a picture filtered by the urban viewpoint, based on ideas and experiences of the industrial, technological city, a city of consumer goods. The poetic inspirations of what becomes the visionary image can be very common and off everyday life: plastic and metallic materials used in construction sites, factories, industrial machines, paints, chemical exhalations, the game and conflict of modernity with old nature; the result is a lyrical and neometaphysical “stage” where a dance of forms and colours is performed, a harmony between the mineral and the organic elements. What could be an original feature, but lost in a traditional image of nature - the “tubist” structuring already used by Léger in the 20s and by realist cubist Malevic some years before that - is here repeated obsessively, even though with deep harmony, to become a typical and basic feature of metaphor. He has an understanding for the urban lyricism of Titina Maselli. All images are structured pretty much, and there is no place for what is not built and does not use a method, a geometry in growing; the Italian squares (De Chirico would probably look at them grumbling, but he would be rather satisfied), the gardens, the beaches, the valleys, the houses, the trees, the clouds, the waters, everything is united in a vision of a factory with too big and uncontrollable figures. The ironic image shows a calculated ambiguity: there is beauty in things, but also a ghostly feeling. Italo Scelza is an intensely lyrical painter leaving to man, and not to technology or to machines, the meaning and perspective of building.

Dario Micacchi

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Canta un inno, auguri di primo maggio: «Compagno sole, / non drizzare gli aculei, non sgattaiolartela! / Ordina / alle nubi / di liberare le strade. /  La festa odierna / è la festa dei lavoratori. / E non sabotare: / Sorgi e illumina!». Majakovsky

A hymn sings, have a happy first of May: "Comrade sun, /do not erect your stings, do not run away! / Order / clouds / to free the streets. / Today's feast / is workers feast. / And do not sabotage: / Rise and illuminate!" Majakovsky

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Officina uno, 1972 - olio su tela cm 170x170

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Stadio, 1972 - olio su tela cm 150x150

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Officina tre, 1972 - olio su tela cm 120x120

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Case al Salario, 1972 - olio su tela cm 100x110

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Gli oggetti

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... ecco un altro materiale d’uso ed anche assai volgare, portato alla poesia con invenzione luminosa. Mi riporta alla terra e alle stagioni Italo Scelza con il suo trittico di verdi, bleu e con bianchi poeticamente rubati alla pittura murale delle sacre pareti umbre: colore-materia di una Italia che si può amare, colore-materia di un Mediterraneo che può essere ancora grembo, di una natura da vivere dentro la storia con naturalezza, con dolcezza, con amore che mi riporta all’antica arte. Dario Micacchi ... there is another material of use, and very popular too, carried to the poetry with a light invention. Italo Scelza carries me again to the earth and to the seasons with h is trittic of green, blue and white poetically rubbed from the mural painting of the umbre sacral walls: color-material of a lovely Italy, color-material of a Mediterranean that can be still womb, of a nature that can be lived into the history withty, with sweetness, with a love that carries me again to the old art. Dario Micacchi

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Una “felicità” terrestre definitivamente incrinata Quella dell’ironia è una linea maestra nella vicenda artistica del nostro novecento, e lo è con una varietà di gradazioni tanto ricca quanto composita, dall’iroso sarcastico al beffardo acidulo al satirico blando, finalmente alla grazia sorridente, all’umorismo lieve, al capriccio. I busti per una galleria da allestire idealmente contro il tetro museo della retorica patria o del pigolìo intimistico non mancano, magari senza sovrabbondare: e computando doverosamente e con onesta sapienza gli imprestiti e gli incroci e le generose contaminazioni tra creatività figurativa e creatività letteraria, per esempio, peraltro plateali in epoca di avanguardie storiche, si può abbastanza agevolmente giungere a riempirne tutte le nicchie. Svevo e Palazzeschi, tanto per cominciare, occuperebbero forse le due più grandi, e comunque le due più visitate: loro che, quanto a amicizia e frequentazione di artisti non sono secondi a molti, nel secolo.E coi risultati che sappiamo. Tra l’altro, in modi anche imprevedibili e di grande iniziativa fantastica, a me pare che il palazzeschiano Lasciatemi divertire! continui a lievitare, e a dar frutti, almeno in tutta una già matura fase dell’operosità di un pittore giovane come Italo Scelza, tra il ‘69 e il ‘72: naturalmente, con tutta la capacità evocatrice di sottile disagio che ogni «divertimento» e ogni lirica grazia oggi comportano. Colpiva, nelle sue tele di questi anni recenti, una sorta di innocenza impassibile che si trasformava di colpo in identificazione magica con gli oggetti e col paesaggio. Quanto di allucinato emergeva da quelle spettacolose vegetazioni cilindriche, da quelle fantasie ballerine di tubi in cui restavano come impigliati in una giostra, sedie, macchinari, omìni pallidi e sfocati bioccoli nuvolosi di detersivo, non implicava comunque da parte del pittore alcuna soggezione feticistica. Il suo occhio coglieva la loro aggregazione geometrica e la loro disintegrazione plastica e cromatica con assoluta, gioiosa imperturbabilità: il baratro con tutto il suo orrore si apriva sempre un attimo prima, o un attimo dopo. Quella che Lacan chiama jouissance, marcava il fiabesco universo tecnologico di quel periodo della figurazione scelziana di significati dai quali rimaneva costantemente assente qualsiasi oscurità viscerale, qualsiasi buio dell’angoscia. Lo spettacolo fruiva di una luce totale, mediterranea, abbagliante: e l’unico coefficiente di malessere veniva comunicato, stranamente, dal rigore fanatico dell’esecuzione, dall’esibizione tranquilla e quasi impudica delle forme che celebravano una coesistenza pacifica (il cui prezzo non veniva enunciato se non dall’esiguità minuscola delle sagome umane, tanto simili a innocui ectoplasmi) tra mondo della tecnica, mondo vegetale e presenza dell’uomo. Le opere e i maestri che la pittura di Scelza aveva attraversato con la sua deliziosa turbolenza venivano immediatamente alla mente e allo sguardo, per sparire subito dopo, pacatamente travolti dopo l’uso dalla sua grazia felice, dalla sua (im) pertinente ironia: Mirò e le «piazze d’Italia» di De Chirico debitamente degradate al livello dell’ovvio, il Léger «tubista», Malevic, la Maselli spogliata della sua più caratteristica aggressività. Da questo viaggio pieno

di coincidenze non certo casuali veniva fuori un’autonomia liberata senza sforzo: la faccia di quel viaggiatore lirico che era Italo Scelza era una faccia ben sua. Sono vicende appena di ieri; ma tutti sappiamo quante cose siano successe, quante prospettive cambiate, quante monete svilite da appena poche ore a questa parte. Sulla tersa cosmogonìa scelziana dev’essere passato un brivido, che ne ha cancellato la proliferante vivacità e il luccicante splendore, costringendolo di colpo a una riduzione violenta, seccamente traumatica. L’occhio odierno di Scelza non è più occhio di Tarzan che segue con quieta festevolezza la gloria esuberante di una giungla sia pure artificiale: è l’occhio del cacciatore bianco, omicida e possibile vittima al contempo, carico di sospetto e di allarme. Ed è fisso su un obiettivo alla volta: una macchia per scrivere arancione, che occupa interamente il fondo bleu della grande tela, con la leva di scorrimento pronta a scattare come una mannaia, in un clima di esecuzione la cui emozionalità timbrica agisce tanto brutalmente da eludere qualsiasi sollecitazione di neutralismo pop; o ancora un oggettoserbatoio realizzato su una ricca scala di verdi, che scatena una suggestione enigmatica, intrigante: un quadro che agisce sullo spettatore per gradi, con sinuosa perfidia, e il cui fascino profondo produce una lenta, pertinace aggressione sull’incauto che vi si esorbitano da ogni naturalismo «magico» o «metafisico» in virtù del drammatico frantumarsi delle linee e del colorismo vivacissimo; o la «valvola» che assume, in una specie di repentina «zummata», aspetto di moschea, una mostruosa moschea carica di bianco, calcinata e metallica, sormontata da un minareto molto fallico, incivettito, come da uno stemma che meno surrealista e meno magrittiano non potrebbe essere, da un improbabile orologio privo di lancette: capriccio e ironia contro il bieco sfondo scuro dentro cui si staglia il profilo malvagio, gelido di una costruzione mica tanto ospitale. Su queste chiavi si muove la recentissima pittura di Scelza. La sua «felicità» terrestre sembra definitivamente incrinata, e comunque messa in crisi dallo spaventoso «raziocinio» di eventi della nostra storia di oggi non più misurabili in termini figurativi che non implichino la tragedia, l’angoscia, infine una disperazione senza romanticismo. La fermezza e la lucidità del pittore in questo confronto non lasciano dubbi sull’esito espressivo, sulla sua implacabile ricchezza metaforica, sulla sua spesso lancinante acutezza visionaria. Pur «congelati» dalla sapienza del suo attuale PROGETTO, i doni di Scelza (la sua corposità sensuale, la sua immediata fisicità) e le contraddizioni della sua ideologia e della sua storia personale (il suo costante rapporto di amore-odio, di attrazione-rigetto con la macchina e il manufatto tecnologico) continuano a possedere una carica straordinariamente attiva e a sprigionare una densità stilistica tutt’altro che frequente tra gli artisti italiani della sua generazione. Mario Lunetta

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A totally undermined mundane "happiness" presence. The works and masters that Scelza’s art had gone through with delicious turbulence immediately came to one’s mind and sight, to disappear immediately afterwards, peacefully caught after they had been used by his positive grace, by his (im)pertinent irony: Miro and De Chirico’s “Italian Squares” appropriately brought to the obvious, the “tubistic” Léger, Malevic, Maselli without her characteristic aggressiveness.

Irony is a crucial reference for art in the XX century in its various rich and compound tones: from angry-sarcastic, to mocking-sharp, eventually to smiling grace, light humour, fancy. There are quite a few busts to create a gallery fighting against the grey museum of national rhetoric or of intimist peeping, even without exaggeration: and if, for example, we seriously and honestly consider what literature lent art, and the crossings and rich contaminations between the two creative forms, very clear in the epoch of historical avantgardes, we can easily refer to them to fill up all niches.

This journey full of unincidental coincidences gave birth to an easily attained autonomy: the face of that lyrical traveller, who in fact was Italo Scelza, was one of his typical faces. We are describing events that just happened yesterday: but we all know how many things occured, how many perspectives changed, how many coins became less precious in the last few hours. Mario Lunetta

Svevo and Palazzeschi to begin with, would be placed into the two largest, maybe most popular niches: not many people in this century had friends among artists as they did. And we know the results of such friendships. I think that Palazzeschi’s “Let me enjoy myself!” (“Lasciatemi divertire!”) influenced, in a manner unpredictable and full of fantastic grace, an already mature phase of a young painter’s activity between 1969 and 1972: that of Italo Scelza. We must take into account, of course, the slight awkwardness that every “divertissement” and lyrical grace provoke nowadays. What caught one’s attention in Scelza’s recent paintings, was a kind of impassive innocence, transforming quickly into a magical identification with objects and landscape. There was no hint of feticism in the hallucinated visions of the painter: spectacular, cylindrical vegetation, moving fantasies made of tubes in which, as a merry-go-round, chairs, machines, little pale men and focusless washing powder clouds were entangled. The painter’s eye caught their geometric aggregation and plastic-coloured disaggregation with an absolute and joyous calmness: the chasm always opened one moment before or afterwards. What Lacan defines jouissance marked the fairy-tale technological universe of Scelza’s imagination of that period with meanings bearing no inner obscurity, no painful darkness. The scenery offered a total, Mediterranean, blinding light: the only distress was conveyed, in a strange way, by the painting severity, and by showing forms celebrating a peaceful coexistence in a calm and almost chaste way (the price of which was not described, if not through the little human figures, that were so similar to harmless hectoplasms) between the technological world, the plant-world, and human

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Dal diario di gualdo

from gualdo diary

L’idea di realizzare a Gualdo Tadino un Centro Promozionale per l’artigianato e la piccola industria maturò dall’esigenza di porre le basi per la rinascita culturale ed economica di una città in cui emigrazione e sottoccupazione andavano assumendo proporzioni preoccupanti per l’inadeguatezza delle deboli strutture produttive artigiane. Coscienti che il problema dell’occupazione e dello sviluppo civile può essere risolto soltanto dal successo delle grandi lotte in corso nel Paese per una diversa politica programmatica, ritenemmo tuttavia possibile mobilitare a livello locale tutte le risorse disponibili per valorizzare e potenziare le capacità esistenti. L’incontro degli Artisti con Gualdo Tadino vuole essere la prima esperienza di collegamento diretto e di lavoro comune tra artisti, artigiani, operai e giovani studenti; l’occasione per il recupero di un rapporto organico tra arte e popolo, tra cultura e lavoro. L’incontro vuole essere anche un esempio di come sia possibile rivitalizzare e popolarizzare i beni culturali troppo spesso soffocati da una concezione statica dei musei e delle pinacoteche. Purtroppo ancora oggi l’idea del centro promozionale di Gualdo Tadino, non dà cenni di vita, probabilmente anche questo tentativo di rinascita culturale viene soffocato da un ingranaggio politico-burocratico nel quale tutti i presupposti di nascita delle grandi lotte culturali nel Paese vengono spesso volutamente dimenticate.

The idea of creating in Gualdo Tadino a Centre promoting craftsmanship and small industry came from the need to build thefoundations for the cultural and economic rebirth of a town, where emigration and underemployment were becoming a really worrying problem, because of the inadequacy of the weak productive handicraft structures. We were conscious of the fact that employment and civil development can be overcome only if the big fights going on in the country to achieve a different political planning will be successful: still we thought it would be possible to involve all local resources we could use, to develop and give the right value to what already existed. The Meeting of Artists with Gualdo Tadino is the first experience in a direct connection and common work of artists and artisans, workers, and young students; it is the chance to rebuild an organic relationship between art and the people, between culture and work. The Meeting is also an example of how one can revitalise cultural resources and make them popular, which are too often belittled by a very static concept of museums and art galleries. Today the project for this Centre in Gualdo Tadino has not yet been realised. Also this attempt to make culture live again is probably being belittled and made impossible by politics and bureaucracy, which too often make people forget all foundations of remarkable cultural fights. Italo Scelza

Italo Scelza

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UNA CRESCITA POETICA NELLA PRASSI Risale al 1969 il mio vero impatto

troppo maturo per cedere

istanze all’interno e unitariamente

con il grande centro urbano. Mi

minimamente di fronte ad attività

alle istanze di tutto il movimento alla

precede, in provincia, un’attività di

artistiche prive di un vero organizzato

cui testa è la forza rivoluzionaria più

ricerca in cui i fatti del mondo, i

respiro politico. Si tratterebbe invero

conseguente, il proletariato», ma poi

grossi problemi politici in

di investire il sistema da ogni lato, a

ci si accorge che tutto resta fermo al

discussione, impegnano la mia

tutti i livelli, quello dell’arte in testa e

livello di proteste più o meno

coscienza umana più che la mia

«raccogliere intorno alla classe

individuali. In questa situazione

volontà di fare arte.

operaia, ogni altra forza produttiva,

cerco di avviare un mio discorso

Strutture culturali inesistenti

favorendo il suo distacco dalla

pittorico all’interno di una

all’intorno, scarsa possibilità di

complicità del sistema», ma i mezzi di

dimensione industriale, tecnologica,

stabilire rapporti con l’esperienza

lotta di cui si servono gli artisti sono

urbana, in cui ci sia spazio per la

altrui, una Capitale vicina ma ostile a

soggettivi, slegati, e non può essere

fantasia e, perché no?, per l’ironia e

ogni tentativo di approccio fanno sì

diversamente dato che questi

la speranza. Procedendo, ho la

che il discorso pittorico sia difficile e

operano ritirati in se stessi, chiusi in

preoccupazione costante di creare

lontane le soluzioni.Finché l’ansia di

una sorta di individualismo; e il

rapporti plastici, insieme di forza -

sapermi inserito al più presto nel

lavoro in solitudine sembra l’unico

strutture urbane geometriche,

vivo di un dibattito a livelli più alti

comportamento possibile per gli

sospese nel vuoto, congerie di tubi e

sull’arte contemporanea, mi spinge

artisti nell’illusione che la solitudine

di bulloni, di architetture metalliche,

verso la città definitivamente. Qui ho

possa evitare la loro trasformazione

saldati gli uni alle altre - uomini

modo di rendermi presto conto che il

in puri strumenti di produzione nelle

fragili e malinconici ai quali non

discorso sull’arte deve essere prima

mani del sistema. Si continua a

resta che accettare l’ambiente in cui

di tutto discorso di coscienza politica.

parlare della necessità di elaborare

vivono.

Il modello culturale è quello tipico

«una strategia culturale in concreto,

Mi sono presenti in questo inizio

della società dei consumi con

intesa a costituire dovunque è

Mondrian - l’importanza conferita

interlocutori in posizione di

possibile strutture d’appoggio

alla linea come generatrice di

contestazione, che vanno da gruppi

alternative alle strutture ufficiali», si

immagini - e Léger - assimilazione

intellettuali al movimento

afferma che una lotta si vince solo

della civiltà industriale al suo nascere

studentesco fino alle organizzazioni

«spingendo avanti un progresso

attraverso vie di dinamismo pittorico.

della classe operaia. C’è sì diffuso un

generale di trasformazione della

Intanto i rapporti con artisti e critici

bisogno, una ricerca di verità, ma gli

società, portando avanti, giorno per

marxisti diventano sempre più

sforzi sono isolati e il capitalismo

giorno, ostinatamente, le proprie

frequenti e si fortifica la convinzione

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che le possibilità di successo nella

dell’arte quindi, bensì la morte

del comune di Gualdo Tadino con la

lotta contro il sistema capitalistico

dell’artista in quanto tale. Ma in

sua proposta di esperienza di

«sono soprattutto legate alla

questa prospettiva ci si accorge che è

comportamento non necessariamente

decisione dell’artista, alla fermezza

molto difficile, se non impossibile,

legato alla pittura, che deve

dei suoi propositi, che tuttavia non

operare. Il mio lavoro intanto

esprimersi in piena libertà nell’ambito

possono resistere che in rapporto

prosegue sui binari di una

delle strutture architettoniche della

con le correnti più vive e attive del

prospettiva diversa: la potenza della

città. Si tratta di un lavoro collettivo

pensiero moderno e più ancora con

tecnica è ormai incontestabile; è

che rappresenta oltre che il tentativo

quel committente ideale che sono

l’uomo ad affermarla e solo l’uomo

di uscire dalle strettoie di un

appunto tutte le forze antagonistiche

potrà liberarla dai motivi che la

esasperato individualismo anche un

in azione dentro e contro il sistema

rendono a lui ostile e nemica -

passo avanti contro la coercizione

capitalistico». E’ progettata in questo

orditure metalliche degli stadi,

del sistema, ostile all’artista e alla sua

periodo l’attuazione di un collettivo

architetture tese e levigate di

produzione, per salvare anche la sua

di lavoro con la finalità precisa che la

padiglioni, macchine - torri, ciminiere

creatività dalla mercificazione. Penso

prospettiva finale di questa lotta

d’acciaio.

a un trittico in ceramica - dimensione

deve essere quella «di una società

Continuo a servirmi della

2,20x1,70 - materiale questo che può

futura dove l’artista perderà il

geometrizzazione tenendo presente

ottenere i migliori risultati di

privilegio di essere qualcosa di

anche il linguaggio formale dei

levigatezza e lucentezza cromatica -

speciale, di diverso dagli altri uomini

realisti tedeschi. Vedo Grossberg ma

nel quale far convergere, verso

poiché la concentrazione del talento

mentre il mondo di Grossberg è

un’oggettività lirica, esterni, interni e

artistico in singoli individui - è una

senza speranza perché la macchina e

figura umana. Da una parte e

tesi di Marx - «con la conseguente

la standardizzazione hanno spento la

dall’altra cielo, campagna, roccia, da

soppressione di simile dote nella

pianta dell’amore, io non mi sento

cui attingere motivi di serenità, e al

grande massa degli uomini, è una

nei miei dipinti di dimenticare del

centro l’uomo, roccia egli stesso,

conseguenza della divisione del

tutto l’uomo quasi a tenere vivo uno

nella sua antica dimensione operaia.

lavoro». In tale società «non vi

spiraglio di speranza e di salvezza

saranno pittori, ma, al limite, uomini

per lui.

che, tra le altre cose, si occuperanno

E’ a questo punto che si inserisce

anche di dipingere». Non la morte

l’invito rivolto a 12 pittori da parte

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Italo Scelza


Oggetto macchina, 1974 - olio su tela cm 113x100

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Oggetto serbatoio, 1974 - olio su tela cm 160x160

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La cittĂ , 1974 - olio su tela cm 120x120

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Le immagini del tempo


Le immagini del tempo Milano 28 febbraio 1976

Ancora due anni fa Italo Scelza dipingeva una sorta di favola

puntiglio a dipingere oggi i suoi «scribilli» metallici come lo

costruttiva, un sogno moderno, una vera e propria

impiegava ieri a dipingere le sue più elaborate e perfette

prefigurazione, in cui la nostra inquieta esistenza riusciva a

architetture. È per questo che la sua pittura, come prima, è

conciliarsi coi nitidi prodigi del mondo tecnologico. Non era

una pittura senza ombre, di squillante timbro cromatico, netta,

un sogno di natura positivistica tuttavia, poiché toccava

ferma, scandita.

all’uomo stesso liberare le potenze della tecnica dai motivi

Ecco il punto: oggi come ieri, per Scelza, la pittura è

che ce la rendono ostile. La trama metallica degli stadi, le

un’operazione in cui il dominio razionale dello stile è

taglienti architetture dei padiglioni, le sagome rigide degli

fondamentale, ma è fondamentale perché il processo creativo

edifici razionalisti, le macchine-torri della seconda rivoluzione

è per lui, essenzialmente, un processo di conoscenza.Come

industriale, le ciminiere d’acciaio, s’accampavano allora sulle

non era neoromantica la radice della sua utopia, così non è

sue tele con intatto e netto splendore, si alzavano nel cielo

irrazionale l’immagine del «negativo» che egli intende

con strutture perfette, con totale evidenza. La sua era insomma

rappresentare nelle sue ultime prove. In fondo il suo giudizio

una visione di trasparenza, tersa come un cristallo di rocca

sul «negativo» prende significato proprio dalla natura o qualità

Utopia dunque?

della sua utopia precedente.

Questo io mi chiedevo, presentando come oggi una sua

Scelza intellettualizza le sue emozioni, dà loro pungente

«personale» fiorentina. Era possibile, dentro ai violenti contrasti

precisione, calzante sigillo formale. Anche la rappresentazione

della storia di cui siamo protagonisti, mantenere una simile

del «negativo» si dichiara con una fisionomia plastica limpida e

visione? Fino a che punto Scelza avrebbe potuto sostenere la

tesa. Solo la bellezza, in arte, possiede il potere della

tensione ideale che animava così lucidamente le sue immagini

persuasione. E Scelza ci persuade del «negativo». I suoi

ottimistiche? Erano indubbiamente interrogativi legittimi di

«grovigli» sono quindi il motivo emblematico, enunciato con

fronte ai suoi quadri che rifiutavano di corrispondere, nella

rara perspicuità, di ciò che non funziona nella funzionalità

loro ordinata coerenza, all’incoerenza del disordine in atto

della società tecnologica, sono l’indice catotico celato sotto

nella realtà.

l’apparente perfezione del sistema.

Ora Scelza ritorna con un gruppo cospicuo di opere: e ci

Ma si badi: al tempo stesso tali «grovigli», nella bellezza della

accorgiamo che la sua visione è mutata. La preoccupazione

loro enunciazione formale, fanno ricrescere in noi il desiderio

nei confronti del mondo moderno, la preoccupazione

di veder restituire il valore della strumentazione tecnologica al

legeriana di essere nel ritmo del proprio tempo, rimane. È

servizio dell’umano. È così, nuovamente, il «negativo» si

caduta però la «profezia», la prospettiva o l’anticipazione

rovescia nel suo contrario. L’utopia rifiorisce.

metaforica della liberazione dell’uomo. Non più quindi, nelle sue tele, armoniche e compiute strutture, definite costruzioni,

Mario De Micheli

esatti profili di macchine o strumenti, bensì il groviglio meccanico, il relitto tecnologico, il coacervo, lo scarto. È chiaro dunque che, oggi, Scelza propone un traslato diverso dalla metafora di ieri. Questi «scribilli» metallici che egli dipinge sospesi nello spazio, sullo sfondo vuoto di un telo, questi «oggetti» rotti, inutilizzabili, vogliono appunto indicare la fine traumatica dell’utopia. Eppure Scelza non ha interrotto il suo discorso, anche se il senso ne appare adesso rovesciato. Osserviamo questi quadri recenti. Il metodo e il carattere della sua pittura non sono cambiati: egli cioè pone lo stesso

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Time images Milan, february 28, 1976

Two years ago Italo Scelza was still painting a kind of

shadows, has bright colours, is clear, firm, defined.

constructivist fairy-tale, a modern dream, a kind of

This is the main point: today like yesterday painting for

prefiguration, in which our disquieting existence succeeded

Scelza is something in which the rational supremacy of style

in conciling with clear prodigies of the technological world. It

is crucial, because the creative process is for him basically a

was not only positivist, however, because it was a man who

knowledge process. His utopia was not of neoromantic origin,

had to free technology forces from what makes it hostile to us.

in the same way as his image of the “negative”, that he is

The metallic stadiums, the cutting architectures of pavillions,

trying to portray in his latest pieces, is not irrational. His

the rigid shapes of rationalistic buildings, the machine-towers

judgement on the “negative” derives its meaning from the

of the Second Industrial Revolution, steel chimneys, were still

nature or quality of his preceding utopia.

subject of his paintings bearing the same splendour, they

Scelza’s emotions are intellectual, he makes them precise as a

went up in the sky with their perfect structures, with a

sting, an appropriate formal seal. Even the representation of

complete evidence. His was a transparence vision, terse like

the “negative” bears a clear and tense plastic character. Only

crystal rock, was it Utopia?

beauty in art has the power of persuasion. And Scelza

This was what I asked myself, introducing like today, his one-

persuades us of the “negative”. His “entanglements” are an

man-show in Florence. Was this vision possible among the

emblem, expressed with a rare clearness, of what does not

deep historical contrasts we are witnessing? To what extent

work in the functionality of technological society, they are

could Scelza support the ideal tension that so clearly

hidden under the apparent perfection of the system.

animated his optimistic visions? These questions were

Be careful though: at the same time, such “entanglements”,

legitimate when facing his paintings, refusing to correspond,

in the beauty of their formal structure, make us hope again

in their coherence, to the disorderly uncoherence of reality.

that technological instruments will be at the service of

Scelza, however, is coming back with a generous number of

humanity.

works: and we realize his vision changed. What remains is

So, once again, the “negative” turns into its contrary. Utopia

his Legerian attention to be inside the rhythm of his time.

reflourishes.

What is not there anymore is “prophecy”, the metaphorical perspective or anticipation of man’s liberation. In his

Mario De Micheli

paintings there are no harmonious and accomplished structures, defined buildings, exact profiles of machines and instruments, but there is mechanical entanglement, the crucible, the waste-material. It is therefore clear that Scelza offers today something different from yesterday's metaphor. These metallic “scribilli” he paints hanging in space, on the empty background of a cloth, the broken “objects”, no more usable, mean the very traumatic end of Utopia. And yet Scelza has not interrupted his discourse, even though its meaning seems inverted. Let us observe these recent pictures. His painting method and character have not changed: that is, he is so precise in painting his metallic “scribilli” today as he used to be yesterday when he painted his most elaborate and perfect architectures. This is why his painting , like before, has no

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Viva l’Italia, 1975 - fotogrammi dal film “Officina italiana” di Italo Scelza

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Le immagini del tempo, 1977 - olio su tela cm 120x110

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Le immagini del tempo due, 1977 - olio su tela cm 110x110

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Le immagini del tempo tre, 1977 - olio su tela cm 130x130

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Le immagini del tempo quattro, 1977/78 - olio su tela cm 130x130

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Ipotesi per un paesaggio, 1977 - olio su tela cm 190x220

80


Paesaggio con nuvola, 1976 /77 - olio su tela cm 100x100

81


82


Inabitacoli

83


Inabitacolo uno, 1977/78 - olio su tela cm 110x110

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Inabitacolo, 1977/78 - olio su tela cm 140x140

85


Inabitacolo con oggetti, 1977 - tecnica mista su cartone cm 50x30

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Inabitacolo inondato 1978 - tecnica mista su cartone cm 50x30

87


Interno inabitacolo, 1977 /78 - olio su tela cm 60x60

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Inabitacolo - abitato, 1978 - tecnica mista su carta cm 120x120

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La danza Il teatro

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Interno, 1980 olio su legno - cm 60x60

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Omaggio Lindsay Kemp, 1981 - olio su legno cm 75x110

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Laboratorio scenico

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Lindsay e lo specchio, 1981 - tecnica mista cm 45x30

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Il laboratorio della danza, 1982 - tecnica mista cm 50x70

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Omaggio a Bèjart, 1982 - tecnica mista cm 70x50

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L’uccello danzante, 1981- tecnica mista cm 70x100

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Contorsionista 1981- tecnica mista cm 70x100

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Interni

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Officina veneziana, 1979/80 - olio su tela cm 200x220

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Interno con gabbia, 1980 - olio su tela cm 125x135

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Interno con finestra, 1980 - olio su legno cm 100x60

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Serenella e la sedia, 1980 - olio su legno cm 60x40

105


Interno fiorentino, 1980 - olio su legno cm 45x35

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Interno fiorentino uno, 1980 - olio su legno cm 60x40

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Lo stipo a muro, 1980 - olio su tela cm 140x140

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Scuro dipinto per un ritratto, 1979 - olio su legno cm 90x80

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Il gioco degli scuri - Trittico (particolare), 1981 - olio su legno cm 220x200

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Il gioco degli scuri - trittico, 1980 - olio su legno cm 220x200

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Gli stucchi colorati dal sole

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GLI STUCCHI COLORATI DAL SOLE Gli anni Ottanta saranno ricordati - è facile prevedere - come “il decennio della memoria”. In quasi tutti i campi della cultura i temi della “registrazione”, della riemersione degli archetipi, della memorizzazione, del ricordo, dominano incontrastati e vengono celebrati come una sorta di vendetta storica nei confronti dei lunghi anni dell’amnesia che hanno preceduto questo decennio. Ma che senso ha questa memoria protagonista? E’ sintomo di nostalgia o di distacco, di ritorno, quello appunto che ha come insegna la memoria del computer e il nuovo immaginario tecnologico dell’informatica? Italo Scelza ci mette di fronte, dopo averli decontestualizzati, brandelli di città, frammenti di architettura scelti in funzione della loro densità, della loro ricchezza formale. Il Barocco meridionale, le cornici di pietra intagliata servono di spunto per una indagine fredda su alcuni catalizzatori della memoria collettiva, all’interno dei quali il pittore ritrova la sua immagine rimossa. Per chi vive nella città storica i segni dell’architettura tradizionale entrano a far parte fin dall’infanzia di abitudini visive radicate, che condizionano la immaginazione e per questi segni la lettura storica e filologica costituisce solo una remota possibilità. Generalmente di questi segni il nostro inconscio dà di preferenza una lettura astorica, schiacciandoli in un orizzonte senza tempo. La città è una seconda natura, un paesaggio e le testimonianze di epoche diverse concorrono a formare una identità complessa di cui è ormai parte integrante la nostra vita convulsa, il traffico, la visione frammentaria e disattenta indotta dalle condizioni psicologiche in cui viviamo. Scelza, con grande forza evocativa e con la spregiudicatezza di chi persegue un fine istintivo, ci racconta il nostro raffronto viscerale e ambiguo con la città, il nostro attaccamento ai suoi sogni, la nostra rinuncia a collegarli in un tessuto rigoroso e pedante. E’ un omaggio alla città inteso come “foresta”, alla maniera del Milizia. “Quanto più in questa composizione regnerà la scelta, l’abbondanza, il contrasto, e fin anche qualche disordine, più sarà pittoresca e conterrà più bellezze piccanti e deliziose...” Vuol essere insomma la città - sempre secondo Milizia - un quadro variato da infiniti accidenti; un grande ordine nei dettagli: confusione fracasso e tumulto nell’insieme”. Scelza, con le sue ispirate riflessioni ci aiuta a far luce su quel “grande ordine nei dettagli” che è la grande forza delle città antiche, la grande eredità perduta da ritrovare. Paolo Portoghesi

The 80s will be very likely remembered as a “decade of recollection”. In all the fields of culture ‘recording’ memorization, recollection and the re-emergence of archetypes are the predominant timely subjects now celebrated as a kind of vengeance against the previous years’ forgetfulness. What does recollection mean today? Is it a symptom of nostalgia or of detachment? Is it a return to the past or a raising interest for the memorization and the technological imaginary of computer science? Italo Scelza shows us scraps of towns, fragments of architecture removed from their contest and chosen for their formal richness and wealth. The Sicilian Baroque, the incised stone cornices give the painter an idea for his research on some catalyzers of everybody’s memory: inside those fragments he can find again his repressed imago. For people who live in ancient towns the traces of traditional architecture become, since childhood, deep-rooted visual habits which influence their imagination. A philosophical and historical interpretation of such signs is only a remote possibility. Our unconscious would rather read them unhistorically, flattening them against a timeless horizon. A city is a second nature, a landscape where the traces of past epochs concur informing a complex identity of which our rest less life, the traffic, the fragmentary heedless vision induced by our psychological condition, are now important components. With great creative power and the boldness of one who pursues an instinctive aim, Scelza shows us our visceral, ambiguous relationship with the city, our attachment to its signs, our giving up trying to weave them into a rigorous accurate texture. It is a homage to the city which is seen, after Milizia’s definition, as a “forest”. “The more choice, abundance, contrast and even more disorder will prevail in this composition, the more it will be picturesque and full of pungent, delicious beaties - “the city, in conclusion, wants to be a scene varied by infinite unevenesses, a great order in details, confusion, uproar, turmoil on the whole”. With his inspired reflections Scelza helps us to throw a light upon that “great order in details” which is the great strength of ancient cities and the great lost inheritance to be recovered.

Paolo Portoghesi

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DAGLI STUCCHI COLORATI DAL SOLE ...La scelta del materiale è, dal punto di vista qualitativo, a favore del legno, perché esso è popolare e antico allo stesso

...I decided to employ wood because it is an ancient and

modo, legato al mondo dell’artigianato, quindi più vicino al

popular material, linked to artisanship and apt to give our

sapore antico che l’operazione comporta. Gli amici, fin dal

work and old time’s mark. Ever since the first day’s work my

primo giorno, si sono trovati ad interpretare i progetti con

collaborators found a great accord in the execution of my

molta affinità. La tensione e l’ansia che mi portavo dentro in

projects. I was full of doubts and highly strung but they, who

quei giorni cresceva sempre di più. Gli stessi compagni di

were eager to see the work accomplished at best, reassured

lavoro ne sono stati coinvolti ed anche loro, nonostante mi

me on the success of the experiment.

tranquillizzassero sulla riuscita dell’operazione, erano

So the “Trittico Biscari” and the “Loggia Alessi dei Crociferi”

interessati a vedere l’opera compiuta nel migliore dei modi. E

began to take shape. A research of the right materials is

così che il “trittico Biscari”, la “loggia dei Crociferi”, “la porta

indispensable for an exact reconstruction of historical

all’angolo di San Cristoforo” incominciano concretamente a

elements.

prendere forma. La ricostruzione di elementi storici è stata

Thinking of the stones, the marbles, and the stuccos employed

analizzata attraverso una ricerca dei materiali senza la quale,

by the ancient master builders, I draw many projects and

nessuno studio, poteva essere seriamente preso in

sketches in water-colour.

considerazione. Nascevano così alcuni bozzetti acquarellati e

It was the end of August, in the hot and sunny country, on

matite colorate su cartoni e piccoli progetti veri e propri

the meadows fragrant of mint we composed the “Trittico

pensando alla pietra, agli stucchi ed ai marmi usati dalle

Biscari”: three elements of wood with nine modules like the

maestranze di allora. Siamo a fine agosto e nella calura della

window opening on the courtyard in Palazzo Biscari.

campagna, sui prati odoranti di “mentuccia” componiamo il Italo Scelza

“trittico Biscari” formato da tre elementi in legno ricoperti di tela grigia di cui, ogni elemento, è composto da nove moduli così come è formata naturalmente la finestra del cortile del Palazzo Biscari. Italo Scelza

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“La loggia dei crociferi�, 1980 - olio su legno a rilievo cm 220x200

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Laboratorio - Italo Scelza con lo scenografo Lino Ricciardi e il critico Dario Micacchi

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Laboratorio trittico Biscari, strutture modulari in legno intelato.

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Progetto trittico Biscari, 1983 - matita colorata intelata cm 150x140

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Trittico Biscari, visione completa, 1983 - olio su legno

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Particolare anta terza, 1983 - olio su legno cm 134x64

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La Porta all’angolo di S. Cristoforo, 1980/81 - olio su legno e tela modulare cm 225x180

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Il grande trittico gli uomini della ricostruzione


“GLi uomini della ricostruzione” Il grande trittico “Gli uomini della ricostruzione” è stato dipinto nel 1985 a cinque anni dal terremoto in Irpinia. Le dimensioni delle tre ante unite sono di m. 5,80 x 3,00, esse sono dipinte ad olio su tela ed incorniciate con fasce di legno in pino russo. Nella parte centrale il

dipinto rappresenta uomini nudi in posizione spasmodica e pronti a voler in tutta fretta ricostruire una terra storicamente martoriata. L’opera è stata costruita ed immaginata nello studio dell’autore e i personaggi che la compongono agiscono in un ipotetico palcoscenico dove sono rappresentati oggetti tipici di uno studio con natura morta, alle spalle visioni di architetture in rovina e paesaggio irpino. Nelle due ante laterali sono rappresentate immagini di personaggi che quasi in trappola non riescono ad esprimersi

come vorrebbero. Chiaramente tutti i personaggi sono visti in chiave metaforica. Il dipinto è stato esposto per la prima volta nel 1985 nel Museo Medioevale di Alatri, nel 1986 alla XI quadriennale di Roma interessando grande parte della critica italiana.

“The Men of Reconstruction” The large tryptich “the Men of Reconstruction” was painted in 1985, five years after the Irpinia earthquake. The three joint antas are m. 5,80 X 3: they are oil on canvas paintings, and their frames are made of wooden plates of Russia pine. In the

middle portion of the painting there are naked men in an agonising posture, who are ready and willing to rebuild a historically suffering earth. This work was built and conceived in the author’s studio, and its characters act on a fictitious stage, on which some objects are depicted: they are typical of a still-life study with visions of architectural ruins and Irpinian landscape in the background. The characters painted on the two side antas seem almost trapped, they can not move

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and express themselves as they would. All characters are clearly depicted in a metaphorical way. This painting was displayed for the first time in 1985 in the Museo Nazionale in Alatri, in 1985 it was part of the XI Quadriennale in Rome, when it caught


Particolari del grande trittico, 1980

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“Gli uomini della ricostruzione� trittico, visione completa, 1980 - olio su tela cm 310x560

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le scenografie

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e la piazza divento’ teatro

The long Pagan night

LA LUNGA NOTTE PAGANA

Uno dei concetti per cui il barocco viene contrapposto al

One of the concepts on which the difference between Baroque

rinascimento è l’aspirazione al pittorico (Wolfflin), esso tende

and Renaissance is based is the aspiration to the pictorial

a sostituire le forme classiche, plastiche e lineari, con

(Wolfflin); it substitutes classical, plastic, and linear forms

un’immagine mossa fluttuante, inafferrabile; si cancellano i

with a moving, floating, unattainable image; bounds and

limiti e i contorni e si definiscono i grandi effetti di profondità

contours are wiped off, while the grand effects of spatial

spaziali. È con questo spirito, che il “Giglio del Sarto” occupa

depths are defined.

la piazza, essa si trasforma in palcoscenico e la grande guglia

This is what inspires the "Giglio del Sarto" in relation to the square in which it was placed: the square turns into a stage,

che rappresenta i mestieri del sarto, ne diventa protagonista

and the big spire representing the crafts of the tailor becomes

principale. La rivisitazione, in questo caso, non assume un

the main character. The revisitation in this case does not

senso puramente estetico ma vuole essere anche strutturale,

carry an aesthetic meaning, but it also pertains to structure,

rimettendo con le sue forme, ordine in un disordine che da

while rearranging through its forms a kind of disorder that

tempo, in quest’occasione, sfocia in un “non stile” di dubbio

created a "non-style" of dubious Rococo taste, often with no

gusto “Rococò”, spesso senza alcuna coerenza stilistica.

stylistic coherence.

“Il Giglio del Sarto” è semplice nel suo linguaggio, ma ricco di

The "Giglio del Sarto" bears a simple language, but it is rich

riferimenti storici, senza i quali quest’opera non sarebbe

of historical references, without which this work would not

potuta nascere. La sua realizzazione si basa su due concetti

have been possible. It is based upon two main concepts, a

fondamentali, uno scultoreo-architettonico (Bernini) e l’altro

sculptural-architectural one (Bernini) and a pictorial-

pittorico-surrealista.

surrealistic one.

La conchiglia del grande gruppo scultoreo di base si rivela,

The shell of the big basic sculptural group reveals, with its

con il suo splendore, una forma magica che partorisce due

splendour, a magical form giving birth to two big dolphins

grandi delfini che versano acqua in una vasca sottostante; è la

pouring water into an underlying pool; this is the

rappresentazione della fede. I bassorilievi di fonte surrealista,

representation of faith.

che adornano il grande obelisco con le immagini del mestiere

The bas-reliefs of surrealistic influence, adorning the big

del sarto, sono interrotti in due punti da esplosioni, da una

obelisk with images referring to the crafts of the tailor, are

delle quali emerge la figura del Santo in elevazione. Curioso

interrupted by explosions: from one of these the Saint elevates.

connubio per chi pensa che i due elementi non possano

This is a unusual connection for those who think that the two

convivere, mentre fondamentale appare il concetto di libertà

elements cannot coexist, while the concept of freedom characterising the two structures seems fundamental.

che caratterizza i due percorsi. È la libertà di non definire; la

It is the freedom not to define; the freedom to give a spectator

libertà di dare al fruitore modi di letture articolate e diverse; la

articulate and varied modes of interpretation; the freedom to

libertà di fare spettacolo con grande immaginazione e di

perform imaginatively, and to play ambiguously between

giocare ambiguamente tra finzione e realtà. Sono queste

fiction and reality. These are some of the components that

alcune componenti che trasformeranno la piazza e i vicoli in

will turn the square and tiny streets into a stage, on which all

un palcoscenico, sul quale tutti i nolani diventeranno attori,

people from Nola will become actors, dancers, musicians,

danzatori, musici e giullari… e la lunga notte pagana inizierà.

and jokers: ... and the long Pagan night will begin.

Italo Scelza

Italo Scelza

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Il laboratorio della cartapesta con due moduli in costruzione

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Studi e sviluppo della base del giglio , cartapesta e legno

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La macchina del giglio, laboratorio montaggio

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La grande scultura del giglio

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jazz

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Immagini di laboratorio con gli allievi dell’Accademia di Belle Arti di Frosinone  al festival jazz di Supino.

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La grande scenografia

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dalla “Gerusalemme liberata” con musiche di MONTEVERDI eseguite dal Coro Saraceni diretto da GIUSEPPE AGOSTINI

from “Gerusalemme liberata” music by MONTEVERDI performed by Coro Saraceni direct by GIUSEPPE AGOSTINI

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tancredi e clorinda Monteverdi e la Gerusalemme liberata IN concerto


Laboratorio

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Particolare della scenografia e visione completa della stessa

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“GIGANTOGRAFIA” Scenografia realizzata per l’Eurofestival di Ferentino “GIGANTOGRAPH” Scenography realized for Eurofestival of Ferentino

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Visioni della scenografia “La gigantografia”

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Il mosaico e la piscina

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Mosaico - Particolare

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Italo Scelza, in questa operazione assume ovviamente il ruolo

Italo Scelza is obviously playing the leading role in this

guida, vanta già non poche esperienze in questo senso. E

project, and he already had numerous experiences like this,

l'idea di riprenderle non gli piace affatto.

and he does not at all mind repeating them.

«La prima volta - racconta - fu a Gualdo Tadino, nel '73,

"The first time -- he says -- was in Gualdo Tadino in 1973,

eravamo in venti autori, tutti impegnati in un grande mosaico

there were twenty authors, all of us involved in a large

ispirato a Giotto. Chi ricordo? Vittorio Basaglia, Gianquinto,

mosaic inspired by Giotto. Who do I remember? Vittorio

Mulas, Calabria, Farulli... e tutti gli altri naturalmente. Alla fine

Basaglia, Gianquinto, Mulas, Calabria, Farulli... and all

gli Editori Riuniti stamparono un libro dedicato a quella

others, of course. In the end Editori Riuniti printed a book

esperienza con una prefazione di Dario Micacchi». «Fu la

dedicated to that experience with a preface by Dario

prima - riprende - ma ce ne furono molte altre di esperienze

Micacchi." "It was the first -- continues Scelza -- but there

analoghe. A Ottana per esempio, nel '74, una terribile fabbrica

were other similar experiences. In Ottana, for example, in

realizzata con gran dispendio di mezzi nella piana di

74, a dreadful factory built by ENI with a lot of resources in

Orgosolo dall'Eni. E che presto andò in malora. E poi a

the Orgosolo plain. And that soon went "to pieces". Then in

Saronno, in una iniziativa curata da Mario De Micheli... Erano

Saronno with a project directed by Mario De Micheli... All

esperienze artistiche, ma anche di tipo sociale e l'idea era

these were artistic but also social experiences, and the idea

proprio quella che l'artista potesse modificare la realtà

was the artist could modify social environment..."

sociale...». Certo, i tempi adesso sono cambiati, lo riconosce anche lui,

Time has definitely changed, he too admits it, there is no

non c’è più l’ideologia e si crede poco alla possibilità di

ideology anymore and one does not believe much in the

intervenire nella vita collettiva. Ma Scelza crede anche che

chance to modify the collective life. Scelza, however, thinks

certe esperienze, «se recuperate e continuate con intelligenza»,

that certain experiences, "if recovered, and continued

possano sopravvivere.

intelligently," can survive.

Mosaico dunque, con gli scarti di fabbrica, su qualche muro

Therefore a mosaic on some public wall, made of waste-

pubblico. Il Comune di Sesto Fiorentino dice sì e mette a

materials from factories. The Town of Sesto Fiorentino

disposizione un cantiere, e alloggi per tutti. E il muro

accepts, offers a building site and lodgings for everybody.

naturalmente, scelto dopo varie ipotesi. sarà quello della

And the wall too, of course, chosen after various attempts.

piscina comunale, in piazza Bachelet, giusto di fronte al

The wall will be that of the public swimming pool, in piazza

Museo di Doccia. Un muro né bello né brutto, stile anni ’60;

Bagnolet, in front of the Museo di Doccia. It is neither

abbastanza anonimo, che ha il vantaggio però di essere in

beautiful nor ugly, sixties style; rather anonymous; it has the

ottima posizione, di essere già spartito in grandi riquadri

advantage of being a very interesting location, to be already

rettangolari e soprattutto, grazie all'anonima fattura, di

divided into big rectangular sections, and, thanks to its

prestarsi ad ogni intervento.

anonymity, to be used in every possible way. Gianni Pozzi Gianni Pozzi

151


Rileggendo con più chiarezza di pensiero un'opera d'arte del

Reading with a clearer mind a work of art of the past, and

passato e riflettendo sul contenuto e sul messaggio che essa

thinking about its content and about the message it sends,

trasmette, non si può fare a meno di sottolineare l'importanza

one cannot help underlining the historic relevance it holds,

storica che essa ha e l'emozione che la stessa provoca in chi,

and the emotion one feels in reading it analytically.

analiticamente, la legge. E' da oltre un anno che la lettura

Reading the "RAFT" of Géricault had a very precise meaning

della «ZATTERA» di Géricault assume nel mio pensiero un

in my mind for more than a year, the same meaning the

preciso significato, quello che lo stesso storico del tempo,

historian of that time, Michelet, gave the picture of the

Michelet, diede al quadro del famoso artista francese: «La crisi

famous French artist: "The crisis of an entire society, the fall

di una società interna, la caduta di una ideologia, la fine di

of an ideology, the end of a dream."

un sogno».

Ideological crises caused only apparently a freezing in

Le crisi ideologiche, hanno provocato,solo apparentemente,

thought and action, but the painter, who is lucky to live the

un congelamento di pensiero e di azione, ma il pittore, che

everyday life not only on the concrete and realistic level, but

ha la fortuna di vivere il quotidiano non solo sul piano

especially on the imaginative, goes through such crises in a

realistico, ma soprattutto su quello immaginario, vive queste

direct and intense way, but he captures them in his works

crisi sì, in maniera intensa e diretta, ma le trasmette nelle sue

with all his imaginative strength, so that they can remain

opere con tutta la sua forza e la veemenza immaginativa

and remind important events. My pictorial work began in

perché esse restino e possano fissare date importanti. La

1989 with analytical studies, using classic techniques like

ricerca pittorica iniziata nel 1989 con studi analitici eseguiti

pencil, pastel, water-colour: this brought to creating some

con tecniche classiche dalla matita, al pastello, all'acquerello

small paintings on wood, and then developed into larger

ha portato alla realizzazione di alcuni dipinti su legno di

paintings, up to the large mosaic sponsored by the Town of

piccolo formato per poi svilupparsi in pitture di più grandi

Sesto Fiorentino, made using the waste-materials of the local

dimensioni fino alla esecuzione di questo grande mosaico

ceramics factories: the experience on that territory is

realizzato per conto del comune di Sesto Fiorentino, usando i

documented in a volume and in a graphic edition published

materiali di scarto delle fabbriche di ceramica del luogo.

by "La Bezuga" in Florence.

Questo intervento sul territorio è documentato in un volume e da una edizione grafica edita dalla stamperia d'arte «La

Italo Scelza

Bezuga» di Firenze. Italo Scelza

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Visione completa del mosaico cm 430x230

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l’uomo l’ambiente

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Interno con figure, 1987 - olio su legno cm 70x50

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Lunette, 1987 - olio su legno cm 100x45

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Studio, 1988 - olio su legno cm 60x30

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Studio, 1988 - olio su legno cm 181x40

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Una modella a Firenze, 1988 - olio su legno cm 50x40

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La doccia sotto gli ornelli, 1987 - olio su legno cerato cm 130x100

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La porta sulle nuvole, 1989 - olio su tela cm 160x120

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La modella e la Badia, 1990 - olio su legno cm 105x125

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Particolare del giardino degli ornelli

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Il giardino degli ornelli, 1989 - olio su legno cm 220x160

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La zattera


LA “zattera della medusa” di théodore géricault Nell’anno 1990, assai fertile di idee e di pittura, Italo Scelza ha dipinto alcuni quadri di piccolo e medio formato - quasi formanti una serie organica e con straordinaria immaginazione strutturati su alcune idee molto coerenti nella riflessione tra presente e passato - che nella struttura figurativa, pure molto fantasmatica, ricordano la struttura, tra disperazione e speranza, del famoso, grande dipinto La Zattera della Medusa eseguito nel 1818-1819 da Théodore Géricault ed esposto con esito incerto al Salon. Nel 1816 la Francia si appassionò al tragico evento del naufragio della nave La Medusa e degli scampati al naufragio che, su scialuppe e una zattera, per giorni e giorni cercarono salvezza. Si discuteva delle responsabilità a bordo e delle responsabilità in alto nel governo. Théodore Géricault, che era stato soldato nell’armata napoleonica e amava infinitamente i cavalli e i soldati - e li dipinse molte volte - aveva fatto un viaggio in Italia e aveva riscoperto, nei resti dell’antico e in pittori francesi come Poussin, la visione eroica. Tornato in Francia si interessò appassionatamente al naufragio e alla zattera della Medusa. Studiò i resoconti del naufragio nei tre momenti chiave: quando a colpi di accetta vengono troncate le corde che legavano la zattera alle barche che la trascinavano e la zattera resta in balia delle onde; quando i marinai abbandonati nell’oceano si ribellano agli ufficiali; e, infine, quando i superstiti avvistano la nave salvatrice. Théodore Géricault prese studio, a Parigi, vicino all’ospedale Beaujon e riuscì a trovare un accordo con i medici per studiare, sui malati e sui cadaveri, tutte le sfumature del dolore fisico e dell’angoscia morale fino alla distruzione dell’organismo. Lo studio si riempì di membra tagliate. E questo il periodo che Théodore Géricault dipinge le sue tremende “nature morte” di membra umane e le teste dei ghigliottinati. Nel creare le possenti immagini di energia tesa tra disperazione e speranza, Théodore Géricault si ricordò di Michelangelo del Giudizio Universale e del Diluvio della volta della Sistina nonché di Caravaggio e dei Bolognesi. Quanto ai francesi, oltre a Poussin, teneva in conto Gros e Guérin, Girodette e Jouvenet. Eseguì molti studi e due di essi sono ritenute da molti storici dell’arte migliori del quadro grande (olio su tela, cm 491x716) conservato al Louvre. Il quadro fu comprato dal signor Dedreux-Dorey per 6.000 franchi e fu da lui rivenduto

faticosamente per la stessa somma al Louvre. Théodore Géricault nacque a Rouen il 26 settembre 1791 e morì a Parigi, dopo una caduta da cavallo spavaldamente trascurata, il 18 gennaio 1824. Lo storico Jules Michelet nel 1847-48, professore al Collège de France, tenne un magnifico corso su Géricault che fu interrotto dalle autorità alla terza lezione. Michelet vedeva in Géricault l’artista rivoluzionario nazionale di Francia che non si era piegato alla Restaurazione e che con la Zattera aveva dipinto un’immagine disperata, sì, ma anche piena di speranza. Scrive Michelet: “Vi fu un dialogo sconsolato, un giorno forse del 1823, davanti all’ingresso della sala da ballo dell’Opera, tra un amico mio, uomo di mondo, artista spiritosissimo, e un gran giovanotto, un grand’uomo colpito al cuore, che pareva cercare nei piaceri una più rapida morte. Parlo del primo pittore di questo secolo, l’infelice Géricault. L’amico mio lo vide assai triste tra quella folla allegra, le donne eleganti, le carrozze, le luci; era vestito di gala, aveva i guanti gialli, ma com’era cambiato! L’infinita dolcezza del suo sguardo penetrante aveva ceduto alla durezza di quella maschera terribile che tutti avete ammirato. Il genio ancora riluceva sul volto suo, ma non più l’espressione della forza, anzi vi era un ardore mortale nel far suo quel mondo che da lui fuggiva, e nelle profonde orbite scavate aveva l’occhio del falco!” Così, spettrale e fantasmatico, apparve a Michelet il pittore che aveva dipinto il naufragio della Francia. Non aveva visto venire alcuno in soccorso - aggiunge Michelet - e si era lasciato scivolare dalla zattera.

Dario Micacchi

168


the “raft of ledusa” by théodore géricault In 1990, a very fertile year for ideas and paintings, Italo

He painted various studies, two of which are considered by

Scelza painted some pictures of small and medium size --

art historians as better than the large painting (oil on canvas,

almost creating an organic series, and structured with

cm. 491 X 716) kept in the Louvre. The picture was bought by

extraordinary imagination on some ideas that were coherent

Mr Dedreux-Dorey for 6.000 francs, and it was sold uneasily

in the rethinking of past and present -- that in their figurative

for the same amount to the Louvre.

structure remind of the structure, between desperation and

Théodore Géricault was born in Rouen on September 26,

hope, of the famous, great picture The Raft of Medusa,

1791 and he died in Paris on January 18, 1824 because of a

painted by Théodore Géricault in 1818-19 and exhibited at

uncured fall off a horse. In 1847-48 historian Jules Michelet,

the Salon with no big success.

professor at the Collège de France, held a magnificent course

In 1816 France was deeply involved in the tragic shipwreck

on Géricault, that was interrupted by authorities during the

of La Medusa and everybody was very interested in the

third lesson.

survivors who tried to escape for days onboard a lifeboat and

Michelet saw in Géricault the national revolutionary artist of

a raft. Responsabilities on board and high up in the

France, who had not been defeated by Restauration, and who

government were both being discussed.

in painting the Raft had depicted a desperate image, yet full

Théodore Géricault, who was a soldier belonging to

of hope.

Napoleon's army, and who loved horses and soldiers very

Michelet writes: "There was an unconsoling dialogue, maybe

much -- he painted both many times -- had travelled to Italy,

one day in 1823, before the entrance to the Opera ballroom,

and had rediscovered the heroic vision in the remains of

between a friend of mine, a man of the world, a very

ancient monuments and in French painters like Poussin.

humorous artist, and a strong young man, a great man

Back in France, he gained passionate interest in the

whose heart had been struck, who seemed to look for a more

shipwreck and the raft of the Medusa. He studied the

rapid death in pleasures. I am talking of the first painter of

shipwreck records in the three key moments: when the axes

this century, the unhappy Géricault. That friend of mine saw

cut the ropes tying the raft to the ships dragging it, and the

he was so sad among that happy crowd, the elegant ladies,

raft is left to the mercy of the waves; when the sailors who

chariots, lights; he was dressed up for a gala, wearing yellow

were abandoned in the ocean rebel against the officers, and

gloves, but so much changed! The very sweetness of his

when the survivors see the saving ship.

penetrating eyes was then the hardness of the terrible mask

Théodore Géricault took a studio in Paris near the Beaujon

everybody admired. The genius still shone on his face, but

hospital, and he succeeded in finding an agreement with the

energy did not, in fact there was a mortal ardour in making

doctors there to study, on ill people and corpses, all nuances

the world his, that was escaping from him, and his eyes were

of physical suffering and of moral anguish down to physical

those of a falcon!"

distruction of the organism.

So ghostly did the painter who had painted the shipwreck of

The studio was full of cut body pieces. This is the period in

France appear to Michelet. He had not seen any soccour

which Théodore Géricault paints his dreadful "still lives" of

coming -- adds Michelet -- and he had let himself fall slowly

human limbs and of the guillotined heads.

off the raft.

In creating the powerful images of energy expressed between Dario Micacchi

desperation and hope, Théodore Géricault remembered Michelangelo in the Giudizio Universale and in the Diluvio of the Sistine Chapel vault, Caravaggio, and the Bolognesi. As far as the French are concerned, he remembered Gros and Guérin, Girodette and Jouvenet.

169


La zattera a Italo Scelza

Italo sono passato lunedì mattina c’era la tua macchina sotto la tettoia tu eri uscito a pesca la porta dello studio era aperta ho lasciato un cartone tondo con alcune costole in vista l’ho appoggiato all’anta della porta le altre ferite le avresti inferte tu necessarie tiravi su con la lenza un legno dopo un altro la tela di belgio era un lusso che non volevi permetterti molti erano fradici con gli angoli spugnosi attaccati dalla muffa li soppesavi mentre aumentavi il bottino ho ancorato ad una pietra il cartone per non farlo volare via l’ho cercata nel tuo giardino prato e ornelli c’era la legna per l’inverno le sedie accatastate per gli amici la testa da restaurare per il capro il carro con le stanghe verso il cielo le melemarce sotto l’albero le azalee spoglie e impigrite il budello di gomma per l’acqua in letargo vicino al pozzo ho trovato la scheggia di porfido del vialetto sotto il cipresso schiantato tu depositavi la pesca in un intrico gocciolante di sfasciume sfrangi di cime ancora legati a tavole smozzicate cerniere arrugginite di salsedine stracci che erano state vele schegge bituminose di pali maestri l’arsenale povero di una migrazione li accatastavi a caso ma già ne stimavi l’architettura sono andato via abbandonando la refurtiva il cartone bello come lo scudo di Achille ho lasciato aperto il cancello di ferro dipinto sarà più facile per te ospitare l’ingombro

c’erano i colori ancora gocciolanti sul tuo cavalletto ho appoggiato il pollice al verde e l’ho assaggiato sapeva di naufragio l’acqua è pietosa a volte tu tiravi a riva il necessario solo lo stretto necessario l’avevamo visto insieme a Parigi Géricault ci colò a picco lì in quel preciso momento e anche gli approdi di levante alla televisione “un’umanità in agonia i prezzolati marinai della speranza gli straccioni immobili al vento della tragedia” il mare ti bagnò i piedi squillò anche il telefono lungamente poi riattaccarono la radio era rimasta accesa dalla finestra si vedeva la campagna difronte arrivava il fetore delle fabbriche un uccello meccanico era precipitato in un tuo quadro l’occhio metallico guardava fisso nel vuoto si componeva la zattera e si arricchiva il tuo arsenale sapeva di pece raffreddata mi guardavano i volti di zolfo di Palinuro gli amici irriconoscibili della cosmesi Dario non ce la fece allo stesso modo affondò lo Svedese poi fu la volta di Gino tentasti l’estremo gesto della mano tesa ma avevi dipinto le onde troppo grandi l’ammiraglio decise l’abbandono noi rompemmo gli ormeggi hai fatto quello che potevi i legni non tenevano più e li incollasti con il rembrandt azzurro. Sergio Zuccaro

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“La zattera nella grande lunetta�, 1994 - olio su legno cm 105x220

171


La grande zattera, 1991 - olio su legno cerato cm 110x110

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Particolare della grande zattera, 1991 - olio su legno cerato

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NEL "DOPPIO REGNO" DI ITALO SCELZA Più che una “pittura di storia”, come è parso a qualche

di Géricault, Scelza ha imparato qualcosa di più, un segreto

recensore, nella sua più recente produzione figurativa, Italo

formale. L’esperienza della pittura non ha mai fine e non si

Scelza è tornato a raccontarci l’ombra della vita o - come

conclude nel “testo”, nel prodotto finito: essa, al contrario,

opportunamente s’intitola un suo trittico dell'89 - “Il gioco

attraversa i singoli quadri e ne esce per ricominciare a

degli scuri”: quell'insieme di non-fatti, non-avvenimenti che,

manifestarsi in altri quadri che a loro volta sono illimitati.

accompagnandoci nella nostra esistenza, si allungano e

Un’opera come La sedia di Veroli dell’89 o come La lunetta

crescono intorno a noi fino a formare un alone, uno spazio in

degli odori dell’anno seguente è solo lo spaccato accidentale

cui si disegna, in controluce o di sbiego, il nostro destino.

di un processo che non smette mai di riformarsi e di

Raccontare, per Scelza, è sempre stato diverso dal raccontare

riprodursi. La pittura non può essere formata, se non a

una storia allegorica. Un pittore non dovrebbe mai dedicare la

condizioni di distruggere la visione che le dà la vita.

sua attenzione, secondo l’artista avellinese, a quel superficiale

Si potrebbe definire Scelza un pittore da “laboratorio”, ma è

intreccio di fatti, di gesti e di azioni in cui si organizza

un’etichetta che lo mortifica. Egli non lavora sui materiali

esteriormente la vita. I

morti, il mondo

“fatti” non esistono; e

irrompe

non appena si cerchi

tavole con una vitalità

di cogliere la vita al di

infettiva e contagiosa.

fuori della sua musica,

I vecchi legni dipinti da

della sua ombra, essa

Scelza sono abitati dal

si è già dileguata, o si è

silenzio e dall'infinito

irrigidita

nella

come se ciò che

rappresentazione di sé

vediamo e scrutiamo a

stessa,

pochi centimetri dal

in

un

nelle sue

movimento teatrale.

nostro occhio miope

Senonché, lo strano è

potesse restituirci il

che Scelza non è un

pensiero che l’universo

pittore “scenografico”,

è visibile, nella sua

visivo tout court, di felicità un pò epidermica come i cosiddetti

immensità, in ogni punto, fuori dal nostro sguardo, separato

post-moderni: piuttosto è un artista intimo, solido, concreto.

da noi, nella sua atmosfera tenebrosa, nelle sue inquadrature

Questo paradosso ha un’origine colta. Bisogna partire da due

inesistenti.

grandi solchi culturali che trovano, in lui, una foce spontanea

Per questo la tavolozza scelziana non ama la luce e non la

e naturale: da una parte la grande pittura italiana della fine del

cerca. In Kemp è sospeso del ’90 e nel ciclo La zattera del ’91

Cinquecento nel suo aspetto più drammatico e nel suo

l’orizzonte fenomenologico è tagliato in un punto qualunque,

accento più visionario (Lelio Orsi, Guido Reni), e dall’altra la

segato, come in certe fotografie, da una linea estrema e

poesia simbolica, Rimbaud e Mallarmé, per intenderci. L’antica

brutale, al di là della quale c’è il nulla: tutto ciò che l’obiettivo

pittura emiliana fa da basamento, da ponte che assicura

non ha saputo o potuto aggiungere.

effettualità e vigore alla carpenteria, mentre dai simbolisti

Di proposito, questi quadri di Scelza sono concepiti al limite

Scelza ha ereditato la vertigine chimerica della visione,

del nulla, tagliati e sagomati da termini tali da suggerire che il

l’éclairage, il lampo che accende e fa essere le cose “altre” da

visibile continua ad estendersi, a glorificarsi indifferente al di

come appaiono.

fuori di noi.

Ma dai post-simbolisti e prima ancora dalla poetica romantica

Il caos della visione sembra una metafora dell’inconscio,

174


dove l’ordine è misterioso e il tempo non misurabile; dal quale per incontrollata associazione affiora un’immagine, un ricordo, utili e destinati a gettare luce sulla realtà. Che l’opera ultima di Scelza provenga direttamente dall’inconscio, è incontestabile. In effetti non è più questione, come ne I giardini del futuro del ’71, di personage et son double, ma di un’acquisizione, su di sé, delle molteplicità di un sogno meticoloso, denso di illuminazioni, germinale. E’ un autoritratto della sua avventura, del suo stupore di aver attraversato città, stanze, luoghi, sempre ai confini del sonno, aprendosi alla meraviglia, tanto da essere ora, quel viaggio, un dépassement de soi-même. Ma è forse ancor di più: un ritratto per il quale l’autore si proietta nella sua traccia, assume su di sé quelle rivelazioni del passato da cui sono scaturite nell’83 lavori significativi quali Il trittico Biscari e La loggia dei Crociferi. Credo di aver incontrato raramente, in altri cicli figurativi di questi anni, un terrore così angoscioso della realtà. Senza un grido, senza un sussulto, un movimento di protesta o ribellione, le immagini del “doppio regno” di Scelza si escludono dal mondo. Chi si esclude - dice Freud - si chiude: per l’anima ferita non esiste che l’esercizio sistematico della claustrazione, che qui viene praticato con una mescolanza di felicità e d’orrore, perché Scelza sa bene che rinchiudersi è un gesto che insieme salva e uccide. Mentre ne Il Poseidone di Guido dell’89 e ne L’ornello e le muse del ’90 si nasconde dietro le sue scenografie immaginarie, l’io viene assalito da un acutissimo senso di colpa, che si estende fino a riconoscere in tutto ciò che accade un peccato nascosto. E poi c’è un’angoscia ancora più tremenda: chi gli assicura che, là fuori, la realtà esiste ancora? Forse il mondo è soltanto un riflesso fantastico dell’Es; e, oltre la scenografia, in quel teatro scelziano di volti sfuggenti e di grida che lo hanno tanto impaurito, non esiste nemmeno un’ombra che scivoli silenziosamente dentro lo specchio. Floriano De Santi

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La zattera due, 1990 - olio su legno cerato cm 110x110

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Progetto zattera, 1990/91 - olio su legno cerato

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Il crepuscolo, 1991 - olio su legno, lunetta cerata cm 40x90

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L’officina della zattera, 1990 - olio su legno cerato cm 50x70

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La “zattera della medusa” con gli occhi di un contemporaneo

la zattera dei naufragi, tema caro agli artisti

Il Tempo 9 novembre 1991

Corriere della Sera 30 ottobre 1991

Le crisi ideologiche (dice Scelza)hanno provocato solo

La zattera dei naufraghi è un tema caro alla poesia e alla

apparentemente un congelamento di pensiero e di azione, ma

pittura, da sempre, da Omero a Shakespeare, da Paolo

il pittore, che ha la fortuna di vivere il quotidiano non solo sul

Uccello a Géricault. Italo Scelza cerca di rivivere in termini

piano realistico, ma soprattutto su quello immaginario, vive

attuali l’esperienza di Géricault, immaginata come

queste crisi, in maniera diretta e intensa, e la trasmette nelle

paradigmatica della condizione moderna, in una serie di

sue opere con tutta la sua forza e la veemenza immaginativa

piccoli pannelli che costituiscono una specie di particolare

perché restino e possano fissare date importanti.

“vademecum”, oppure di un piccolo, se così si può definire,

Franco Simongini

dizionarietto del disastro. Colori vivaci pur sotto cieli procellosi, corpi affastellati, pose manieristiche, citazioni da

paesaggi e ombre lunghe in un crepuscolo di luce

altri dipinti costituiscono gli ingredienti di una pittura movimentata, nella quale il senso del trascorrere, della storia

Il Messaggero 21 ottobre 1991

rapinosa degli elementi è tutto, e solo può temperarla la

Il ricordo della “Zattera della Medusa” di Géricault è il tema

gradevolezza del colore, la ricchezza di una strutturazione

che Italo Scelza sviluppa in questa sua personale (galleria Ca’

cromatica che permane sempre rassicurante e confortevole in

d’Oro, piazza di Spagna 81 fino al 7 novembre). Come

un orizzonte che ondeggia e si frantuma. Ed effettivamente le

fotogrammi visti alla moviola scorrono così sulla retina

opere meglio riuscite mi paiono quelle nelle quali si vede il

dell’artista i brandelli della sconvolgente terribilità di quel

fasciame delle navi che si disintegra creando emblemi araldici

capolavoro risolvendosi in suggestioni emozionali. Ciò non

d’invenzione, simbolo d’una signoria sulla natura

per un pedissequo omaggio ma in virtù di un gioco di rimandi

irrecuperabilmente perduta.

che trova Scelza impegnato ad analizzare la situazione del

Enzo Bilardello

vissuto leggendo di quell’opera il senso di dissipazione della società che il suo significato racchiude. Da qui gli spezzoni di forme, l’addensarsi delle tensioni volumetriche, l’estendersi del tessuto pittorico sull’asperità del supporto ligneo, la singolare luminosità dell’insieme che scandisce i dettagli e, nello stesso tempo, li fa debordare dai limiti del quadro. Il tutto nell’ambito di una duplicità di lettura che se angolata dal punto di vista di un ottimismo della volontà consente di interpretare quella frammentazione che attraversa uomini e cose come la speranza redentiva di una possibilità di rinascita dopo la caduta. Quasi per illusione ottica le forme, allora, tenderanno a riassemblarsi per costruire una rinnovata unità nel cui spazio l’uomo possa tornare a guardarsi attorno. Vito Apuleo

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The “Raft of Medusa“ seen by contemporary eyes

the castaway raft, a topic beloved by artists

Il Tempo 9 novembre 1991

Corriere della Sera 30 ottobre 1991

Ideological crises (says Scelza) have only apparently frozen

The castaway raft has always been a topic beloved by poets

thought and action, but luckily a painter, lives the everyday

and painters, from Homer to Shakespeare, from Paolo Uccello

life not only on a realistic, but also on an imaginative level,

to Géricault. Italo Scelza is trying to put Géricault's

he lives such crises in a direct and intense way, and he

experience into modern terms, imagining it as a paradigm of

passes them on his works with all his imaginative strength

human condition at present times: a number of small panels

and violence, so that they can picture important dates.

build a kind of special "vademecum", or a small, as it were, dictionary giving definitions of disaster.

Franco Simongini

Bright colours under yet stormy skies, disorderly put together

Landscapes and long shadows in a dusk full of light

bodies, mannerist poses, quotations from other paintings: all these elements are the main ingredients of a lively painting

Il Messaggero 21 ottobre 1991

style, for which all that matters is in the flowing of events, in

The memory of the "Raft of Medusa" by Géricault is the topic

the violence of natural elements.

developed by Scelza in this one-man-show (Ca d'Oro gallery,

Only pleasant colours and a rich colour structuring can in

Piazza di Spagna, 81, until November 7). Like pictures seen

some way mitigate it, giving it a sense of reassurance and

through a moviola, so do flow in the artist's eye bits of the

comfort in a waving and disintegrating horizon.

shocking terrible sense of that masterpiece, summed up in

The best works seem to be those in which you see the planking

emotional suggestions. It is not a tribute, but a game of

of ships disintegrating to create imaginative heraldic

correspondences in which Scelza is analysing life, while

emblems, which stand for a definitely lost power on nature.

reading in that work the sense of dissipation of society it

Enzo Bilardello

encloses. From this idea come the fragments of forms, the tense volumes, painting on wooden asperity, the luminosity of the whole that underlines details and, at the same time, makes them go beyond the picture frame. All can be read in a double way, that, if seen with optimism of the will allows us to interpret such fragmentation touching men and things, as the redeeming hope of a possible rebirth after the fall. Like in an optical illusion, then, forms tend to come together again, to build a renewed unity inside which man can look around. Vito Apuleo

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LA CASA ROSSA DI HUMBOLDT


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La casa rossa di Humboldt - S. Francisco 1996, trittico - olio su legno cm 220x180

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MACCHINE DI FESTA

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Il costruttivismo mentale

Dreams in sunlight

Definirei la pittura di Italo Scelza una forma di costruttivismo mentale, manipolazione di oggetti che possono esistere solo come concetti, testimonianze di eventi accaduti, un modo quindi di replicare il tessuto misterioso dei sogni alla luce del Sole. E pittura solare lo è, quella di Scelza, nell’avvicendarsi di immagini cui non sempre è conferita presenza umana, ma che dell’umanità condividono il pulsare come nel flusso del sangue rapportato a quello dei fiumi, accenti d’acqua spumosa a ravvivare l’immobilità del cielo come esordio di spettacolo pirotecnico paradossalmente mediano, visione sottesa, quindi, di uno spazio non mai astratto e tanto meno astruso, ma perfino con connotazioni territoriali, dove si può individuare il percorso, sia pure tortuoso, verso la solarità. C’è qualcosa di rituale, in questo, come se l’esito fosse predisposto dalle esperienze emotive, dall’ansia di estrinsecazione, che è poi di superamento, dall’inappagabile desiderio di conseguire la precisa consapevolezza di poter fare della propria creatività conoscitiva lo strumento di recezione dei punti fermi di riferimento, temporali e spaziali, sui quali costruire il mitico edificio destinato ad accogliere quella specie di centrale nucleare che è la mente umana, troppo spesso considerata alla stregua di un chip di computer. La pittura di Scelza, per dirla con una espressione che rischia di suonare cliché, è un universo che si espande in ogni direzione, popolato di punti focali che fanno della prospettiva della memoria un continuo sconvolgimento pur sempre dominato dalla ragione, e che può, quindi assumere connotazioni musicali come a evocare il leggendario suono delle sfere dell’universo pitagorico. Ed è così che Scelza può trasmettere sulla stessa lunghezza d’onda di Leonardo. Egli stesso è solare, ottimista, costruttivo. Nell’etere dei nostri sentimenti, delle nostre ansie e incertezze, delle nostre sofferenze e angosce, il suo messaggio ci giunge, chiaro e distinto, come se viaggiasse da sempre nel tempo.

I would describe Italo Scelza’s painting as a form of mental constructivism, the manipulation of objects that can only exist as concepts, as evidence of things that have either happened, or not yet happened, or are even imagined, a way of reproducing the mysterious texture of waking dreams, of dreams in sunlight. And Scelza’s work is indeed solar painting in its alternation of images that sometimes lack human presence, but which share the pulsation of humanity, like the flow of blood in relation to the stream of the rivers, hints of foamy water, in order to enliven the stillness of the sky, like the beginning of a firework display albeit in daylight, thus a hidden vision of a space which is never abstract and certainly not abstruse, but which even has territorial connotations, where one can identify the route, however tortuous, towards solarity. There is something ritualistic about this, as if the outcome were conditioned by the emotional experience, by the craving to externalize, which is also the desire to exceed oneself, by the insatiable desire to achieve the precise awareness of being able to transform one's cognitive creativity into an instrument capable of receiving those fixed points of reference, temporal and spatial, on which to construct the legendary building designed to receive that sort of nuclear power station which is the human mind, too often considered as a sort of computer chip. Scelza' s painting, to adopt an expression which risks sounding like a cliché, is a universe which expands in every direction, dotted with focal points which continually transform the patterns of memory (the transformation is always under the control of reason), and which can therefore assume musicals, connotations such as the evocation of the legendary music of the spheres, associated with the Pythagorean universe. And it is this which enables Scelza to communicate on the same wavelength as Leonardo. He is himself solar, optimistic, constructive. His message reaches us loud and clear over the ether of our feelings, anxieties, uncertainties, our suffering and anguish, as if it had always traveled in time. Carlo Pedretti

Carlo Pedretti

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I cipressi dell’isola, 1995 - tecnica mista su cartone cm 100x70

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La vergine rotante, 1995 - tecnica mista su cartone cm 130x110

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Le acque, 1994 - tecnica mista su cartone cm 76x56

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Officina  schèmata (particolare), 1994 - tecnica mista su cartone cm 70x100

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Il ponte di Leonardo, 1995 - tecnica mista su cartone cm 90x110

194


I ponti di Leonardo, 1994 - tecnica mista su cartone cm 110x150

195


La cornucopia, 1995 - tecnica mista su cartone cm 70x100

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L’isola di Leonardo, 1995 - olio su legno cm 100x120

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DESERTIADE


La luna di Giza, 1999 - olio su legno cm 70x50

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Figure a Giza, 1998 - olio su cartone cm 90x110

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Il gioco delle vergini, 1997/98 - olio su cartone cm 40x40

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Cheope e la notte, 1998 - olio su tela cm 70x45

203


Il dittico della cittĂ morta, 1998 - olio su cartone cm 140x100

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La notte, 1998 - olio su cartone cm 130x110

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L’altrove di italo scelza L’Oriente è stato sempre una specie di calamita, di suggestivo magnete capace di attirare, di catturare con la forza della sua alterità, la fantasia, l’estro creativo di molti artisti occidentali, scrittori, poeti e naturalmente pittori. Ma quasi sempre esso è stato vissuto e dunque rappresentato nei suoi aspetti più vistosamente folclorici, nei suoi elementi più scopertamente esotici. L’Oriente diventava l’occasione di evasione, pretesto per sfuggire ai disagi della civiltà, approdo ad una realtà edenica e dunque immobile e atemporale. Visioni sostanzialmente false o quantomeno superficiali, di maniera, consolatorie. Oggi, naturalmente, un artista è più scaltrito e meno ingenuo e difficilmente si lascia fuorviare dalle sollecitazioni di più immediata e facile presa. Ma allora cos’è, che cosa può rappresentare l’oriente per un artista contemporaneo se è vero - come è vero - che al di là delle latitudini e delle diverse sedimentazioni culturali e delle differenti tradizioni, l’autentico problema per ogni artista europeo, americano o africano che sia - è quello di instaurare un rapporto credibile seppure drammatico, tra sé e il mondo, tra sé e la realtà, tra sé e la vita? Questo interrogativo mi faceva sempre più pressante davanti ad una serie di opere recenti che Italo Scelza ha dedicato all’Egitto. Che l’artista non fosse interessato all’aspetto più scopertamente esotico e incantato di quel mondo, che non fosse attratto dagli elementi più suggestivamente visivi di quella civiltà, che non si ponesse difronte a quella realtà con la disposizione dell’illustratore, lo si capiva di colpo. L’Egitto al quale Scelza ha attinto non è quello rutilante, folclorico, svelato e dunque stereotipato e prevedibile dalle guide turistiche, ma quello enigmatico, cifrato, simbolico, sottratto al suo immaginario e riemerso dal fondo della memoria storica. Guardando queste sue opere, in cui il dettaglio diventa più eloquente di una dispiegata illustrazione e il simbolo (la Piramide ridotta alla perfezione di un triangolo) più allusivo di una rivelazione, si comprende che questo Oriente immaginato e rappresentato da Scelza non è che un altrove, misterioso e concreto, indecifrabile e palese, dove l’artista raggruma le pulsioni e trasferisce gli enigmi dell’esistenza. A rafforzare questa mia impressione che non di un luogo geograficamente delimitato si tratta, ma piuttosto di uno

spazio metafisico, di una regione dissepolta dai fondali della memoria, concorre un’altra circostanza e cioé che queste tele, dalle quali è scomparsa la presenza dell’uomo (solo sullo sfondo di una di esse si intravede una sagoma fantasmatica) sono abitate dal silenzio e dalla notte, o meglio dal silenzio della notte. Tele giocate sul bleu che tende a sconfinare sul nero , solo a volte screziato da tracce di colore più vivido, queste opere si caricano di una marcata valenza simbolica e quello che esse ci comunicano non è tanto il mistero delle notti orientali, un tema per altro caro a un certo filone di decadentismo europeo, ma la lucida presa di coscienza della condizione umana, che sotto tutti i cieli sotto tutte le latitudini è diventata sempre più aleatoria e drammatica. Così i tre quadri che formano il “trittico” e che all’apparenza rappresentano tende di beduini nel deserto si trasformano in avamposti le cui aperture-feritoie si spalancano forse sull’infinito, o forse, più probabilmente, sul vuoto, sul nulla. Scelza, artista di lungo corso, che è stato sempre spinto da un’ansia di ricerca, da una volontà di decifrare le contraddizioni del reale e che non ha mai rifiutato di misurarsi né con “i miraggi” della tecnologia né di confrontarsi con i grandi temi della tradizione, è approdato, in questa fase più recente del suo lavoro e sulla soglia del terzo Millennio, ad una interrogazione estrema, radicale sulle sorti dell’uomo.

Giuseppe Neri

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L’officina dei ricordi, 1999 - olio su tela cm 220x200

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italo scelza and his “elsewhere” The Orient has always been a sort o magnete, a charmed magnete attracting and capturing, by dint of its own otherness, the fantasy, the creative genius of many Western writers, poets and, naturally, painters. But it was nearly always felt, and therefore represented, in its most gaudily folclohristic aspects, in its most openly exotics elements. Thus the Orient became an occasion of escape, a pretext for running away from our civilization’s discomfors and landing in an Edenic reality, whic was therefore motionless and timeless. Substantially false, or at least superficial, vision-whic are affected and consolatory. Obviously, today an artist is less naive and too shrewdly alert to be taken for a ride and be a prey to immediate and facile lures. What is it then, what can the Orient represent for a contemporary artist, if it is true - as indeed it is - that, anywhere, within any cultural milieu and whatsoever tradition, the real problem for every artist (European, American or African) is to establish a credible - albeit dramatic - relationship between himself and the world, between the inner self and the outher reality, between himself and life? This question was becoming, for me, ever more pressing in front of a series of recent works which Italo Scelza has dedicated to Egypt. That the artist was not interested in the most openly exotic and charming aspects of that world, that he was not attracted by the most picturequely visual elements of that civilization, that he did not place himself in front of that reality with an illutrator’s frame of mind, all this was immediately clear. The Egypt by which Scelza has been inspired is obvipusly not the flamboyant, folkloristic, “revealed” and therefore conventional and stereotyped Egypt of baedekers and tourists’guides, but the mysterious, crypitic, symbolic Egypt, stripped of its “imaginary” and re-emerged from the bottom of historical memory. Looking at these works of his - in which the detail becomes more eloquent than a full-scale illustration and the symbol (a pyramid reduced to the perfection of a triangle) appears more allusive than a revelation - one understands that this Orient, as Scelza imagined and represented it, is nothing but an

“elsewhere”, both mysterious and concrete, indeciphearble and evident, where the Artist conglomerates life’s pulsions and transfers life’s riddles. My impression that this was not a geographically delimitated place but, rather, a metaphysical space - a region unearthed from the depth of memory - was reinfoced by another circumstance - the fact, I mean, that these canvases, from which man is ever absent (only in the background of one you see a ghost-like shape) are innabited by silence and night, or rather by might’s silence. A blue that tends to trespass into blackness, only sometimes mottled by traces of a more vivid colour, prevails in these paintings which are charged with a strong symbolic meaning; and what they communicate to us is not so much the mystery o Oriental nights (a theme cherished by a certain brand of European decadentism) as a lucid awareness of the Condition Humaine (in Malraux’ words) a condition ( or situation) which, under whichever skies and at whatsoever latitude, has become ever more hazardous and dramatic. Thus the three paintings making up the “Trittico” and apparently representing Bedouins’ tents in the desert transmogrify themselves in outposta, whose embrasures - or slit-like openings - perhaps overlook infinity or, more probabbly, nothingness - the void. Scelza, an artist of long standing, who has always been pushed forwards by an anxiety of research, by a will to compete both with technology’s “mirages” and tradition’s major themes, has arrived, in this new phase of his work, on the threshod of the Third Millennium, at an extreme, radical interrogation on Man’s destiny. Giuseppe Neri

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L’uomo di Khan-El-Khalil, 1998 - olio su cartone cm 70x100

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BIOGRAFIA ESSENZIALE

ESSENTIAL BIOGRAPHY

Italo Scelza, pittore e docente di pittura all’Accademia di Belle

Italo Scelza, Artist and lecturer of painting at the Accademia

Arti di Roma, nasce ad Avellino nel 1939. Negli anni ‘50 è a

di Belle Arti of Rome, was born in Avellino in 1939. He lived

Napoli per ragioni di studio. Nel 1960 soggiorna in Ciociaria,

in Naples during the 1950S enabling him to study there. In

per poi trasferirsi a Roma. Nel 1970 prende studio a

1960 he moved to Ciociaria, and after that to Rome. In 1970

Milano. Dal 1962 è presente senza interruzioni nelle più

he opered a studio in Milan. From 1962 onwards he has

importanti gallerie italiane. Sempre attento nell’annotazione

been in the most important Italian art galleries. Always

del momento sociale dell’arte, è un nome ricorrente nelle

aware of the social meaning of art, he is a current name in

mostre di forte tensione storica. I suoi primi interventi sul

exhibitions of strong historic tension.

territorio iniziano nel 1973 a Gualdo Tadino (Immaginazione

His first attempts in this sphere started in 1973 at Gualdo

e Potere - Editori Riuniti), nel 1974 a Saronno (L’Uomo e la

Tadino (Imagination and Power-Editori Riuniti), in 1974 at

città), (Festival Mondiale della Gioventù di Berlino), nel 1979

Saronno (Man and the City), (The World Youth Festival in

(Le Piazze di Messina: Ipotesi per un gioco), nel 1980 (De

Berlin), in 1979 (The piazzas of Messina: Hypothesis for a

Umbris Idearum - La Macchina della Memoria di Giordano

Game) in 1980 (De Umbris Idearum - The Memory Machine

Bruno). E’ specialista della venerazione per la memoria

of Giordano Bruno). He is a specialist in the veneration for

storica come tale ma rivissuta, e riedificata con lo spirito

the historic memory, like so but relived and recostructed with

inquieto e dialettico della cultura contemporanea. A questo

a restless spirit, and in touch with contemporary culture. We

proposito si possono citare due interventi importanti: Gli

can refer to two important events regarding this: The

Stucchi Colorati dal Sole (lettura del fiammeggiante Barocco

Coloured plaster figures of the Sun (reading of the blazing

di Catania) con testimonianza di Paolo Portoghesi e La Piazza

Barocco of Catania) with the testimony of Paolo Portoghesi

diventò Teatro rigenerazione della possente manifestazione

and The Piazza becomes Theatre, a regeneration of the

dei Gigli di Nola. Nel 1986 partecipa alla XI Quadriennale con

powerful manifestion of the lilies of Nola. In 1986 he

un grande trittico Gli Uomini della Ricostruzione e nello

participated in the XI Quadriennale with a large tryptich The

stesso momento dipinge un altro trittico Il Gioco degli Scuri.

Men of Reconstruction and at the same time he painted another tryptich Il gioco degli Scuri. In 1989 he started his

Nel 1989 inizia l’esperienza americana soggiornando prima in

American experience living first in Canada and holding a

Canada tenendo una mostra personale a Toronto e poi in

personal exhibition in Toronto and then in California

California tenendo una mostra in S. Francisco. Le sue opere

holding an exhibition in San Francisco. His works are in

sono in molte collezioni pubbliche e private sia in Italia che

many collections both public and private, in Italy and the

in Europa. Negli ultimi due anni Italo Scelza rilegge

rest of Europe. In the last two years Italo Scelza has re-read

pittoricamente La Zattera della Medusa di Théodore Géricault,

pictorially La Zattera della Medusa of Theodore Géricault, the

l’opera ottocentesca nella quale il grande pittore francese

18th century work with which the great French artist feels

avverte il dramma dell’uomo di oggi. Scelza vive attualmente

man’s drama of today.

tra Roma e il suo studio di campagna in Ciociaria nel territorio

Scelza now lives partially in Rome and partially in his studio

di Supino.

in the Ciociaria countryside in the territory of Supino.

Tra i suoi ultimi studi interessante la sua ricerca su Leonardo

Amongst his latest interesting studies, is his research on

in collaborazione con il Prof. Carlo Pedretti, con il patrocinio

Leonardo in collaboration with Professor Carlo Pedretti,

dell’Hammer Museum di Los Angeles.

under the auspices of the Hammer Museum of Los Angeles.

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ITALO SCELZA, “I DISASTRI DI UNA TERRA” Avellino, 23 novembre 1999

Quando un artista, come nel caso odierno di Italo Scelza, rende omaggio alla propria terra: a quanto di drammatico è accaduto, segnandola profondamente, alla propria terra, non è solo un momento di gratificazione della memoria della quotidianità, ma una maniera ulteriore per affermare presupposti e radicamenti culturali, prima ancora che umani. Si avverte, ne “I disastri di una terra” insomma (il terremoto di Avellino), non solo la partecipazione ad un dolore che può dirsi corale (distruzioni, affanni, perdite, morte), ma un dolore più profondamente segreto. In sintesi, è il rapporto che ognuno conserva del trascorso. Un artista, dicevo, a sua volta conserva e rivela una memoria ulteriore. Che è, naturalmente, il proprio modo di intendere l’arte che si dà in chiave di ismo e che, per quanto possano esser profonde le lacerazioni –o proprio perché assolutamente profonde- appaiono chiarissime dagli esiti generati dalla memoria, appunto. D’altra parte, in “Primi saggi di filosofia delle arti” pubblicato in “Valori Plastici” nel 1919, Alberto Savinio scriveva che “L’Arte nasce dal fecondo grembo della Memoria”. E’ in questa chiave, allora, che vanno lette e considerate le immagini che Scelza propriamente dedica alla memoria del dolore corale, e a quella del suo dolore umano e culturale. I termini memoria ed ismo conducono, perciò, a riflettere circa lo spazio che il pittore occupa oggi, e su quello in cui il suo segno s’inserisce. Discorso che, a sua volta, rimanda ad una riflessione ulteriore su quella che chiamerò la fortuna (o la sfortuna) delle arti figurative degli anni Sessanta e Settanta (decenni in cui Scelza avvia e matura la sua esperienza): momenti di pittura intesi da pochi. Tra l’ultimo informale e le prime sperimentazioni, infatti, molti hanno creduto di poter fare a meno della storia. La quale, per un artista, è la “memoria” di Savinio. Qual è, dunque, l’ambito di Scelza? Si crede di poter dire che questo s’identifica nella situazione di un realismo estraniante (ricordo un quadro d’anni settanta dal titolo Piazze d’Italia) che, per esser tale, prende fiato e corpo sulla meditazione dei codici surreali e, per via di questi, metafisici. Il che per nulla esclude i termini di un impegno anche ideologico (un altro quadro dello stesso periodo: Officina uno), ma sempre e

comunque piegato al prioritario impegno del far pittura. Parimenti, avendo citato Metafisica e Surrealtà, vorrà dirsi che il luogo dell’accennato estraneamento trae, sì, dall’una e dall’altra, tenendo però a mente gli assunti di un dialogo tra Sigmund Freud e Salvador Dalì nel quale il primo dice al secondo che quel che lo interessa della sua pittura non è l’inconscio, ma il “metodo della simulazione”. E pur tenendo a mente che de Chirico parlava di “sogno allo stato di veglia”. Frase che, ovviamente, ne allontana gli esiti da quella “onnipotenza del sogno”, celebrata da Andrè Breton nel “Manifesto del Surrealismo” del 1924, e che condusse al misconoscimento, dopo la prima elezione a referente, del Metafisico da parte dei surrealisti. Freud e de Chirico, in fondo, asseriscono il medesimo concetto. Poiché il “metodo della simulazione” dichiara la presenza della coscienza (un pittore sa bene, infatti, che un dipinto è costruzione di elementi fondamentali e per nulla casuali), così come sostanzialmente cosciente è lo “stato di veglia” del sogno dechirichiano. Credo di poter dire che la pittura di Scelza, nei suoi vari momenti e passaggi, si collochi comunque in questo ambito. Che è estraniante in quanto accetta l’incongruo (apparente) quale formulazione compositiva ed interlocutoria; estraniante, ancora, perché non rigetta la memoria storica (si veda il recente ciclo leonardesco, introdotto da Carlo Pedretti ed esposto a Los Angeles). Il che, si badi, non vuol pur dire che il pittore non sappia e profondamente non viva le condizioni del quotidiano. Qui giunti, sembrerebbe più agevole avvicinarsi alle odierne litografie, nate da disegni ed acquerelli compiuti de visu nei giorni del terremoto. Perché queste parlano, comunque, di storia. Perché, comunque, la catastrofe è essa stessa estraniante. Precisamente, quindi, nelle corde di Scelza. Basterebbe osservare la pagina ove, rastremato nel segno grafico (che è sintesi mentale e, quindi, culturale) è il Palazzo de Concilis. E poi, seguitando a parlar di storia e di memoria, non è dubbio che, quanto meno foneticamente, “I disastri d’una terra” evochino i goyeschi “disastri della guerra”.

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La cittĂ morta, 1999/2000 - olio su cartone cm 60x50

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Bibliografia

Bruno Anatra Presentazione Mostra personale - Roma, 1962 Giuseppe Sciortino Fantasia espressionistica - «La Fiera letteraria» - 21-6-1962 Arturo Bovi Giugno Frusinate - «Il Messaggero» - 3-7-1963 Giuseppe Pensabene Capo Palinuro -«Il secondo d’Italia» - 14-7-1963 Franco Miele Un mondo ricco di suggestioni - «Il Popolo» - 29-6-1963

Mario Giuse Romagna La dimensione lirica - «Unione Sarda» 19-5-1964

Domenico Purificato Presentazione al Catalogo - Mostra personale - Napoli, 1964

Duilio Morosini Alle soglie dell’espressionismo astratto - «Paese Sera» 20-7-1964 Tonino Casatelli Madrid 64 - «Gazzetta Ciociara» - 10 aprile 1964 Carlo Giacomozzi Tensione metafisica - «Vita» - 25-6-1965 Alfonso Cardamone Memoria e storia di un artista - «L’Avanti» - 15-2-1966

Antonello Trombadori Presentazione al Catalogo «testimonianze sul Viet-Nam» - 1963

David Gaeta Presentaismo - Italo Scelza - Cinema Sud - 1968

Guido Giuffré Presentazione al Catalogo - Mostra personale Galleria «Ciak» - Roma, 1971

Italo Avellino Un meridionale nella megalopoli - Vie Nuove - 2-2-1972

Dario Micacchi Natura e città delle opere di Scelza - «L’Unità» - 12-11-1971

Sandra Orienti L’Aggressività tecnologica di Italo Scelza - «Il Popolo» - 16-11-1971

Luigi Scrivo Il poetare di Scelza - Arti e lettere contemporanee - 8-11-1971

Luciano Marziano Progettazione di una società estetica - «Il Margutta» 12-11-1971 Duilio Morosini I giardini del futuro - «Paese Sera» - 18-11-1971 Paolo Ricci Saggio critico - Rassegna di Mezzogiorno - Napoli marzo 1972

Dario Micacchi Presentazione al Catalogo - Mostra personale di Modena - Maggio 1972

Dario Micacchi Il linguaggio dei giovani - «L’Unità» - 21-4-1972

Dario Micacchi Italo Scelza - «Mediterraneo» - Edizioni Graphis 69 - Firenze

Dario Micacchi Saggio critico - Catalogo Rassegna Genazzano - 8-10-1972

Ferruccio Veronesi «Il Resto del Carlino» - 17-4-1972

Mario De Micheli Presentazione al Catalogo - Personale Galleria «S. Croce» - Firenze

Franco Simoncini «Vita» - 7-7-1973

Renzo Vespignani «Estasi tecnologica» - Testimonianza

Guido Giuffré Presentazione mostra personale «Arte Cortina» - Cortina d’Ampezzo, agosto 1973 Dario Micacchi Saggio critico «Immaginazione e potere» - Gualdo Tadino, settembre 1973 Italo Scelza Esperienze e immagini sociali - «Arte Contro» - Milano, 10-11-1973 Mario De Micheli «L’arte presente» - Una pittura lucida - Amalfi, luglio 1974 Dario Micacchi «Una esperienza in Sardegna» - Saggio critico - Edizioni E.N.I. - Agosto 1974 Italo Scelza Testimonianza XXVIII Premio Suzzara Mario De Micheli Saggio critico - «L’uomo e La città» - Saronno, settembre 1974 Mario Lunetta Presentazione Catalogo - Mostra personale «Fante di Fiori» - Bari, novembre 1974

Gerardo Pedicini Presentazione catalogo - Mostra personale - Nola

Sabato Calvanese «Il lavoro Tirreno» - febbraio 1975

Elvira Cassa Salvi «Scelza e tecnologia» - Corriera di Brescia, maggio 1976

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Dario Micacchi «Unità» - 5-10-1976

Dario Micacchi Segnalazione Bolaffi per la pittura 1978

Daniele Maione «Il fantastico di Scelza» - Presentazione Catalogo personale Anagni

Costanzo Costantini «Intervista con l’autore» - «Alla ricerca di spazi alternativi» - «Il Messaggero» 13-12-1977

Francesco Vincitorio «L’alienazione Urbana» - «L’Espresso» 3-7-1977

Carlo Giacomozzi «Metafisica della Fabbrica» - «Vita» 7-10-1977 Dario Micacchi «Quando la città diventa allarmante» - «L’Unità» 7-10-1977 Mario De Candia «Inabitacoli» - «La Repubblica» 10-4-1980 Dario Micacchi «Frammenti di una tempesta da tenere a debita distanza» - «L’Unità» 3-4-1980 Giancarlo Ossola «Ecologia e Utopia» - «L’Unita» 6-2-1981

Alberico Sala «L’Uomo e il suo habitat» - «Corriere della Sera» - 18-11-1981

Sergio Seveso «L’officina di Scelza per una nuova pittura» - «L’Unità» 27-1-1981

Mario De Candia «La Macchina della memoria» - «La Repubblica 20-2-1983» Francesco Vincitorio «Un visionario figerativo» - «L’espresso» 6-3-1983 Dino Pasquali «La personale di Scelza fa riconciliare con la pittuta» - «La Nazione» 24-2-1983

Paolo Portoghesi Catalogo - «Gli stucchi colorati dal sole» - 1983

Gianfranco Proietti Catalogo - «Gli stucchi colorati dal sole» - 1983

Costanzo Costantino «I ricordi si colorano col sole» - Messaggero - 1984 - mercoledì 12

Carmine Benincasa «Gli anni 80 ovvero il decennio della memoria» - Leader arte

Dario Micacchi «Scelza e il sangue del barocco catanese» - L’Unità - 28 ottobre 1985

Dario Micacchi «Italo Scelza: un barocco che chiude ombre e sangue» - L’Unità - 20 novembre 1985

Jolena Baldini (Berenice) «Di mostra in mostra» - Paese sera - 1986 Mario De Candia «Il giardino di Scelza» - Repubblica - 14 febbraio 1986 Renato Civello «L’inedito d’Italo Scelza» - Secolo d’Italia - venerdì 28 febbraio 1986 Gianfranco Proietti «La seduzione affascina l’uomo» - Italo Scelza - Penthouse Tonino De Luca «Provocazioni ecologiche nell’arte di Italo Scelza» - Il Tempo Marcello Fiorimanti «Italo Scelza e la ciociaria» - Il Messaggero Ferrucci veronesi Italo Scelza - «Città del Mundial» - Il Resto del Carlino Michele Fuoco «Gli itinerari di Italo Scelza» - La Gazzetta di Modena - 2 giugno 1990

Giuseppina Radice «I Naufraghi» - Espresso Sera - 12 aprile 1992

Franco SimonGini «La Zattera di Italo Scelza» - Il Tempo - 9 novembre 1991

Alfredo Noto «Credo nell’uomo e nella pittura» - Quigiovani - novembre 1991

Floriano De Santi Presentazione mostra personale alla Galleria «Cà d’oro» Roma e «Arte Club» Catania - 1991

Floriano De Santi «Felicità e Orrore» - Brescia 24 Ore - dicembre 1991

Enzo Bilardello «La Zattera dei naufraghi» - Corriere della Sera - mercoledì 30 ottobre 1991 Vito Apuleo «Speranza redentiva» - Il Messaggero - 21 ottobre 1991 Alfredo Noto «Verso l’Europa» - L’Umanità - 6 novembre 1991 Renato Civello «Italo Scelza l’epopea della crisi» - Il Secolo - dicembre 1991 Angelo Libranti «Italo Scelza» - Rugantino - 30 ottobre 1991 Alfredo Noto «Scelza all’Europarlamento» - Momento Sera

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Mario Lunetta Rispuntano capolavori nascosti - «Roma» il piacere dell’immagine - febbraio 1992

Costanzo Costantini «Presentazione Editrice Grafica» - Schémata 1994

Carlo Pedretti «Presentazione catalogo» - Schémata 1995

Loredana Rea «L’opera come lo specchio della memoria» - Flash Magazine 1995 Renato civello Italo Scelza, La “Forma” del mistero. “Secolo 1999” Giuseppe Neri L’altrove di Italo Scelza. RICCARDO SICA  « Nuovo Meridionalismo» 1999

SERGIO ZUCCARO  « La Zattera»

DOMENICO GUZZI  « I disastri di una terra » 1999

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BIOGRAFIA Alcune mostre personali: 1962 Galleria Passeggiata di Ripetta, Roma. 1964 Galleria La Mansarda, Napoli / Palazzo del Governo, Avellino. 1965 Galleria Linea, Salerno / Galleria Le Muse, Colleferro. 1967 Galleria La Navicella, Cagliari. 1971 Galleria Ciak, Roma. 1972 Galleria Tassoni, Modena. 1973 Galleria La Nuova Pesa, Roma / Galleria S.  Croce, Firenze / Galleria Arte Cortina, Cortina d’Ampezzo. 1974 Galleria Fante di Fiori, Bari. 1975 Galleria Centro Arte, Nola / Galleria Il Portico, Cava dei Tirreni. 1976 Galleria S. Benedetto, Brescia. 1977 Antologica di pittura, Badia di Bettona (Perugia) - Comune di Anagni. 1980 Galleria Carte Segrete, Roma. 1981 Galleria Le Ore, Milano. 1983 Galleria Comunale d’Arte Contemporanea, Arezzo. 1984 Mostra itinerante Galleria Arte Club, Catania. 1985 Galleria Art Message, Roma. 1986 Galleria Ariete, Roma / Galleria S. Vitale, Bologna. 1987 Galleria Fierarte, Frosinone. 1989 Galleria Carrier, Toronto (Canada). 1992 Galleria Ca’ d’Oro, Roma. 1993 Galleria Arte Club, Catania. 1995 Castello Longhi de’ Paolis, Fumone. 1997 Galleria L’Indicatore, Roma. 1999 Chiesa del Carmine, Avellino 2000 Antologica, Sala della Ragione, Anagni / Galleria The Court House, Toronto / Sala Alitalia per l’Arte, Aeroporto “J.F. Kennedy”, New York.

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BIOGRAFIA

Alcune mostre collettive: 1962 IV Premio Nazionale di Anagni (premiato). 1965 III Premio di Pittura Città di Ariano (2° premio). 1967 Rassegna regionale di pittura sull’affranca- zione delle terre, Frosinone (1° premio). 1968 Testimonianza sul Vietnam con Calabria, Caroli, Florida, Mattia, Gismondi, Rea, Loreti e Turchiaro. 1969 Ricerche e ipotesi in Irpinia / Rassegna di grafica internazionale, Roma. 1971 Indagini sull’aspetto surrealista di pittori contemporanei, Roma / Rassegna di grafica internazionale Galleria Ciak, Roma. 1972 VII Rassegna del Mezzogiorno, Napoli / Ras segna della Giovane Pittura Italiana, Genaz- zano / Gli artisti al Festival del P.C.I., Roma / 100 artisti italiani per il popolo del Vietnam, Galleria Bevilacqua La Masa, Venezia / II Premio di Pittura Lunigiana Menhir d’Oro 1972, Villafranca Lunigiana / Rassegna d’arte Montesilvano. 1973 XXI Premio del Fiorino Biennale Internazio nale d’Arte, Firenze / XXVI Premio Suzzara, Mantova / XVII Premio Campigna, Forlì / V Edizione Incontri Silani, Cosenza / Rassegna Nazionale di pittura, Anagni / Immaginazio- ne e potere Esperienza di gruppo, Gualdo Tadino / Festival Mondiale della Gioventù, Berlino / Esperienze di immagini sociali, Milano. 1974 Gli artisti italiani con il Cile, Galleria Alzaia, Roma, Genova, Milano / Il Cile come la Comune, Milano, Parigi / L’arte presente, Amalfi / VI Edizione di Grafica Incontri Sila- ni, Cosenza / XXVII Premio Suzzara, Manto- va / V Edizione del Premio Mazzacurati, Giulianova (fuori concorso) / V Premio 218

Biennale di pittura, Castelnuovo Magra, La Spezia (1° premio) / L’uomo e la città, Biblioteca Civica, Saronno. 1975 Egemonia-Esperienza grafica, Galleria La Nuova Pesa, Roma, Ascoli Piceno, Palermo. 1976 XXVIII Premio Suzzara Evidenza dell’imma gine, Paliano / XIII Premio del Disegno Gal- leria Le Ore, Milano. 1978 I Biennale di Reggio Calabria. 1979 Il Figurativo alle soglie degli anni ‘80 Palaz- zo Cariati, Napoli / Galleria d’Arte Moderna, Palermo. 1980 50 artisti per la Galleria Le Ore, Milano / Artificina-Parola e immagine Museo archeo- logico, Reggio Calabria / Ecologia interni esterni mostra di gruppo Galleria Tavazzi, Roma / Leonardo Chàteau sarriod de la tour, Vallée d’Aoste. 1982 Mostra Nazionale Arte e Ferrovia, Roma, Torino, Prato / Mostra Nazionale La coope- razione e la società in crisi, Perugia, Livorno, Genova, Napoli / La Ruota del Presente una situazione romana, Comune di Jesi. 1983 De Umbris idearum - intervento sulla mac- china di Giordano Bruno - , Napoli, Roma, Venezia. 1985 XI Quadriennale di Roma. 1988 Progetta la rappresentazione del “Giglio” a Nola. 1992 Esegue una grande scenografia presso l’Uni- versità “La Sapienza” di Roma ispirata alla “Gerusalemme Liberata”. 1994 Esegue a Sesto Fiorentino un grande mosai co. 1995 A cura di Carlo Pedretti e Giuliano Allegri esegue una serie di dipinti e una pubblica- zione grafica ispirate a Leonardo, Amalfi, Anagni, Roma, Los Angeles, Stoccolma, Miami. 1997 Arte a Roma, Galleria Comunale di Roma /


Città museo, Boville Ernica. 1998 Mostra Gruppo 5, Veroli. 1999 Mostra internazionale di disegno, Ino-cho Paper Museum, Kochi, Giappone. 2000 Immagine d’impegno-impegno d’immagine, Roma.

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Didascalie foto: Pag. 8 Pag. 19 Pag. 37 Pag. 47 Pag. 68 Pag. 92 Pag. 104 Pag. 122 Pag. 130 Pag. 140 Pag. 146 Pag. 158 Pag. 174 Pag. 182 Pag. 205

- La casa nel giardino degli ornelli - Italo Scelza con Renzo Vespignani - Italo Scelza nello studio di via Pienza a Roma - Italo Scelza con Nino Gian Marco, Andrea Volo (Majakovsky) - Italo Scelza con Mario Sasso - Italo Scelza nello studio del giardino degli ornelli a Supino - Italo Scelza nello studio di V.le Regina Margherita a Roma - Italo Scelza con Gian Maria VolontÊ - Italo Scelza - Festival Jezz Supino con Gaetano Franzese - Italo Scelza a Sesto Fiorentino - Italo Scelza fotografato da Romano Sileone nello studio di Supino - Italo Scelza ad Humbolt - Autoscatto - Italo Scelza nello studio di Humbolt - Il paracadute di Leonardo - Castello di Fumone - Studio per l’opera Fides et Retio

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Si ringraziano i collezionisti: Alberto Sughi, Aldo Sica, Alfredo Pellegrino, Antonio Caruana, Antonio Fazio, Benito Grasso, Carlo Mollica, Carlo S. Vitale, Danilo Scarchilli, Domenico Mariani, Emilia Argenziano, Fabio Agostini, Giancarlo D’Agostino, Gianfranco Della Rocca, Gianfranco Proietti, Gianni Puma, Giulio Barletta, Guido Materazzo, Ivo Ruzza, Ralf Menert, Jleana Catarisano, La Rosa Leda, Levy Diane, Maurizio Concutelli, Pina Fornato, Pippo Zagari, Quinto Pasquazzi, Raffaele Troncane, Tony Porcella, Vincenzo Giordano

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Edizioni Nuova Stampa Frosinone


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