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Presentazione

Bocale, luogo d’incanto, di pace di serenità. Può sembrare una scelta curiosa l’aver voluto pubblicare con i miei tipi un saggio su un luogo di villeggiatura, piccolo, sconosciuto ai più, cullato dalle onde dello Stretto. Una scelta opinabile, discutibile. E invece no, caro lettore. Raccontare di Bocale tramite la penna di un bocalese d’adozione, Salvatore Moschella, è un modo per sognare e per sentire il mediterraneo vigore di un tratto di territorio calabrese sospeso tra mito e realtà. Un punto dove la storia perde significato e fa spazio all’immanenza onirica di un passato glorioso. Siamo nella Magna Grecia, nel suo centro sospesi tra una Trinakria ribelle e una Calabria più mansueta, in una delle culle della civiltà occidentale, al cospetto di un mare che è stato spettatore delle migliaia di vite, parlanti lingue diverse, che hanno fatto di questa regione la loro casa. non dunque luogo di villeggiatura, ma spunto per riflettere sull’essenza millenaria della civiltà Occidentale che qui ha uno dei suoi perni.

Dino Marasà

Prefazione

Dopo la pubblicazione di quattro o cinque opere, Moschella non si è voluto ancora arrendere. Deporre la penna sullo scrittoio sarebbe per lui una resa alla vita, una sorta di pietrificazione dello spirito.

Quale sia l’argomento, Salvatore Moschella ha un prorompente, incontenibile bisogno di scrivere, di esprimersi.

Vuole esternare i suoi pensieri, i suoi ricordi, le sue riflessioni per offrirli a tutti. Tenuti dentro, rischiano di scoppiare, e allora Salvatore li libera da questa prigionia interiore, li porta alla luce, li ordina e li offre ai suoi amici lettori, specie quelli di Reggio Calabria, che così possono venire a conoscenza di tante belle e interessanti cose sulla nostra città, come in questa fattispecie, il mondo di Bocale.

La maggior parte degli argomenti oggetto di narrazione appartengono alla realtà, esprimono concretezza, ma non ci vuole molto ad accorgersi che su tutto si estende un velo di commozione, di ardore sentimentale, di nostalgica malinconia: è l’anima di Salvatore che si proietta sulle cose e si intinge di afflato poetico ciò di cui si parla.

Case, piazze, viali, mare, cielo, e così via, sono come umanizzati, stretti in unità di vita e di affetti.

Ognuno che legge, può trasferire alla sua piazza, alle case del suo riunione, al suo verde, ai suoi domestici animaletti questo senso di legame con le cose.

A volte la descrizione è così analitica da poter sembrare fredda e monotona, ma Moschella sa superare questo rischio con la partecipazione, con la capacità di compenetrazione con ciò che descrive.

Questa volta il libro ha una sua particolarità: non c’è nulla qui di romanzesco.

Tutto è calato nel borgo di Bocale, nella sua toponomastica, nell’impegno e nel desiderio, che autorità e semplici cittadini hanno sempre avuto, di ampliare, di abbellire, di allargare le potenzialità sociali e il senso dell’unione. Si avverte sempre una gran voglia di migliorare, di rafforzare il sentimento di appartenenza, “di stringersi tutta a coorte”, per rendere più bello il paese, più ricco di offerte sociali, umane, artistiche, aprendosi al moderno senza mai cancellare il passato.

Merito di Salvatore è quello di aver saputo affondare il suo sguardo a tutto tondo in questa realtà antica affamata di modernità, di farla sentire come un solo amichevole blocco di affetti, iniziative e scopi da realizzare, facendo di Bocale una piccola Patria, “luogo di incanto, di pace e di serenità”.

Sandro Mario Giambelluca

Reggio Calabria 22 marzo 202

Da oltre un decennio, esattamente nel luglio del 2010, io e mia moglie abbiamo acquistato una casetta nel rione case popolari della frazione di Bocale del Comune di Reggio Calabria. Trattasi di un bilocale ed accessori posto all’inizio del primo filare di case lato mare, con annesso giardino, in mezzo al quale troneggia un secolare mandorlo, dalla cui delicata e precoce fioritura bianca rosa nasce un grosso frutto di qualità “avola”, che viene usato per preparare i confetti che i novelli sposi distribuiscono il giorno delle nozze come simbolo di fortuna e di prosperità. Accanto due alberi di limoni “quattro stagioni” e un vecchio fico, anch’esso secolare, che a poco a poco ci sta lasciando. Tutto intorno un’aiuola, che a primavera inoltrata si ravviva di multicolori con il rifiorire delle piante e dei fiori che Marina, mia moglie, cura con tanto amore e competenza. Dicono che abbia il pollice verde, se ciò significa amare la natura con tutti i colori dell’arcobaleno, allora è vero, perché ogni cosa che passa per le sue mani si rinvigorisce di una tale forza che presto si trasforma in nuova vita e in vivaci colori. Un Gazebo e qualche ombrellone attutiscono la calura estiva, ed alla cui ombra mi distendo, per leggere in ritiro qualche piacevole libro o per scrivere i miei appesantiti pensieri che l’età impone. Questo luogo è un’oasi di verde e di pace, la cui vista si estende per prima su un profumato bergamotteto, per allargarsi subito dopo sullo Stretto di Messina e sui dirimpettai monti Peloritani, e sulla eruttante Etna che d’inverno con la cima vestita di neve appare uno spettacolo della natura. Un luogo pieno di storia, di eventi, di amori e di mediterraneità, tanto caro al mio amico pittore astrattista Carlo Lotti, che, attratto da tanta bellezza, ha scelto questo borgo per trascorrere gran parte dei mesi dell’anno e per dipingere qui le sue tele.

Magia del luogo

Questo è un luogo magico, il paese della “Fata Morgana”, miraggio che soltanto qui si può osservare in tutta la sua miticità. Anche nei deserti africani si osserva lo stesso fenomeno nelle calde mattinate d’estate.

In questo luogo, però, lo spettacolo acquista una surreale atmosfera e tutt’altro valore simbolico, per la peculiarità del luogo, che appare reale al manifestarsi dell’evento.

Quell’unione, formata originariamente da un grande ammasso di terra non separato dal mare, detto Pangea, che ancora oggi gli abitanti dello Stretto, reggini e messinesi, riescono solo ad immaginare, sognando il loro ponte che l’unisca realmente e non idealmente. Anche il re barbaro Teodorico, giunto all’estremità sud della penisola italica, si pose il problema di come attraversare agevolmente, per proseguire il viaggio in tranquillità, quel tratto di mare vorticoso che separa la costa calabrese da quella siciliana, che all’inizio del viaggio non pensava di trovare, ma che invece ha trovato. Quel mitico mare di Scilla e Cariddi, narrato ancor prima da Omero nell’Odissea, che tanti problemi ha creato al leggendario Ulisse.

La vicina città di Messina si riflette, in particolari condizioni climatiche e di luce, soprattutto nelle mattinate d’estate, in giornate calde e umide, prive di vento o mare calmo, sulle acque dello Stretto in una miriade di danzanti immagini e colori, e Messina appare unita con Reggio come nel mitico sogno del re Teodorico e dei reggini.

Questo è il territorio in cui i pittori, indipendentemente dai loro stili pittorici, vengono a cercare le immagini e i colori per creare le loro oniriche tele. Un luogo dove si possono ammirare i più incantevoli tramonti del mondo, dove gli ultimi flebili raggi del sole si riflettono sul mare tracciando su di esso una lunga scia luminosa colore dell’arancio, tipica pianta delle nostre parti. Forse è qui che la pittrice Prima Rosa Campomaggiore, in arte “Primula”, ha ritrovato nuovi luminosi colori per dipingere la sua Tuscia. Ciò è stato possibile avendo Ella girato la Calabria e la Sicilia in lungo e in largo, per creare assieme agli amici quei grandi murales Naif che l’hanno resa famosa in tutta Italia, grazie anche alle buone ed affettuose relazioni che ha mantenuto con i colleghi pittori: Carmen Crisafulli di Messina, Clara Salardi di Luzzara (R.E.) Salvatore Caramagno di Catania, Gino Incerti di Lazzara, Franco Mora di Viadana - Mantova - e tanti altri. (Di questa talentuosa pittrice, che Carlo mi ha idealmente presentato, vi parlerò a breve.)

Una breve biografia di Carmen Crisafulli di Messina: in quasi cin- quant’anni di attività ha prodotto opere di rilevante successo artistico. Molte sue tele si trovano al Museo Nazionale dei pittori naif “Cesare Zavattini” a Luzzara (Mantova) e tanti altri musei italiani. Ha dipinto oltre 300 murales in tutta Italia. (Quello nella foto è un murales dipinto su una parete di una abitazione del borgo marinaro di Melito Porto Salvo.) Dice di sé stessa: “La mia vita è stata vissuta ed allietata dallo smisurato amore che ho per l’arte, che ha assorbito ed a cui ho concesso gran parte del mio vivere. Le mie tele e miei murales vivranno oltre il mio tempo e continueranno a far sì che io esista ancora. Spero vogliate bene anche a me, che con dedizione, sacrificio, affetto e gioia ne sono la sola, appassionata, creativa e commossa artefice”; ho avuto modo di conoscere la Crisafulli e di apprezzare le sue tele e i suoi murales, e vi assicuro che è veramente artisticamente talentuosa.

Un quadro naif- l’Etna esplosiva - di Carmen Crisafulli (Al centro) amica di Primula Campomaggiore, accanto il sottoscritto, Carlo Lotti, mia moglie Marina e dietro Santina.

Intanto continuo a descrivere questo unico luogo pieno di quiete e tranquillità per dimostrare che ciò che ci accade, ciò che esiste, ciò che vediamo ed ammiriamo non è dovuto a casualità, come ci vogliono fare credere i nostri scienziati con le loro teorie sull’evoluzione, sul cosmo e sull’universo in espansione, ma che c’è un certo disegno che Qualcuno ha voluto abbozzare per poi lasciare a noi il compito di completarlo.

Scrive Papa Benedetto XVI: “Non siamo il prodotto casuale e senza senso dell’evoluzione. Ciascuno di noi è il frutto di un pensiero di Dio. Ciascuno di noi è voluto, ciascuno è amato, ciascuno è necessario.

Non vi è niente di bello che essere raggiunti, sorpresi dal Vangelo di Cristo.

Non vi è niente di più bello che conoscere Lui e comunicare agli altri l’amicizia con Lui.”

Non possiamo non far tesoro di queste belle parole se vogliamo trovare la pace nei nostri cuori e vivere in semplicità e serenità.

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