CARLO RAMOUS Opere dalle collezioni private
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CARLO RAMOUS Opere dalle collezioni private
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CARLO RAMOUS Opere dalle collezioni private
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Carlo Ramous nasce a Milano il 2 giugno 1926; frequenta il Liceo Artistico presso l’Accademia di Belle Arti di Bologna, per poi continuare gli studi presso l’Accademia di Brera con Marino Marini e Giacomo Manzù. All’Accademia di Brera, nel 1946 espone la sua prima opera di ispirazione antropomorfa liberamente ispirata a Boccioni, Fontana e Melotti. Presto si impone sulla scena della scultura astratta italiana. Allestimenti personali vengono organizzati in tutto il mondo nei più importanti musei e gallerie. Tra tutti i luoghi si citano Milano - Galleria Il Milione (1956), Ginevra - Galleria Jolas (1971), Milano - Piazzetta Reale (1974), La Spezia - Mostra antologica presso il Centro Allende (1977), Gubbio - Antologica. Vent’anni di scultura (1987). Sue opere figurano inoltre in mostre personali e grandi rassegne internazionali: Biennale di Venezia nel 1958, 1962, 1972; Biennale di San Paolo del Brasile del 1961; Quadriennale di Roma nel 1955, 1959, 1973; Triennale di Milano nel 1954, 1960, 1964; Biennale Internazionale di Anversa nel 1965 e nel 1973; e altre importanti rassegne note a livello internazionale da
Milano
02/06/1926 Parigi a Tokio, da Roma a Londra, da Oslo a Milano, da New York da Anversa, da Alessandria d’Egitto a Teheran, da Città del Messico a Budapest, all’Aquila, a Zurigo, a Colonia , a Norimberga, da Berlino a Sidney, all’Aia, a Copenhagen, a Lisbona, a Dusseldorf a Los Angeles, a Lagos. Tra i musei che possiedono le sue opere, vanno ricordati: Museo d’Arte Moderna Villa Giulia di Roma, Museo Cà Pesaro d’Arte Moderna di Venezia: Galleria d’Arte Moderna di Milano, Colgate Museum di New York, Middelheim Museum di Anversa, Museo Forma Viva di Portoroz. Del suo lavoro si è occupata la critica più attenta, Trier, Dorfles, Russoli, Gassiot-Talabot, Valsecchi, Elgar, Ashbery, Ballo, Leveque, Carandente, Alvard, De Micheli, Welcher, Crispolti, Coulan, Natali, Gualdoni, Bettolini. Oltre alle innumerevoli esposizioni personali e collettive, ha eseguito numerosi grandi lavori per l’architettura, tra questi: con l’architetto Mario Tedeschi la chiesa di Santa Marcellina e la chiesa di Don Bosco a Milano; con l’Ingegner Tullio Patscheider i bassorilievi di facciata dello stabilimento Rotocalco Ambrosiana a Cinisello Balsamo, l’imponente facciata di oltre 1000 metri quadri dell’Imprimerie Cino Del Duca a Blois (Francia) e, sempre con Patscheider, la linea di 4
piastrelle decorative per esterni “Patram”. Nelle sue opere la tensione dinamica e la presenza plastica convivono; la spazialità geometrica è parzialmente esaltata e contraddetta da un sapiente gioco di equilibri in grado di sfidare la pesantezza e la rigidità dei materiali utilizzati, quali il legno e il metallo. Le sue opere diventano progressivamente più aeree, ideogrammi o segni in tre dimensioni che trovano la loro giusta collocazione in contesti urbani. “L’ambiente è importante, e solo in funzione di esso l’artista assume la propria identità.” (Alessandro G. Amoroso). “La scultura di Ramous ha effettivamente bisogno di uscire dal Museo o dalla Galleria per confrontarsi con gli spazi all’aperto, col cielo e le case, col verde e col cemento. In questo senso la sua è, per molti aspetti, una precisa intuizione del rapporto scultura-ambiente in una dimensione
16/11/2003 geometrica e antifigurativa che sa però accendere la luce di una fantasia mai gratuita, mai affidata al caso. “ (Paolo Pillitteri) Fra le sculture che hanno lasciato una traccia indelebile nella sua città natale si ricordano “Finestra nel cielo” (1968) in piazza Miani, “Gesto per la Libertà” (1972) in piazza della Conciliazione, e il “Monumento ai Caduti dell’ Isola” (1972) in piazzale Segrino, oltre a numerose opere presenti in luoghi pubblici quali scuole e ospedali. Negli anni Ottanta Ramous elabora la sua ricerca continua in numerose serie di bozzetti, realizzati in lamierino di zinco, veri studi per grandi realizzazioni. Sono piccoli elementi strutturati, dove la forma plastica si dissolve nel suo negativo spaziale e fantastico, per una nuova oscillazione dell’immagine complessiva. La monumentale “Ad Astra” (1992), un complesso di acciaio inossidabile, del peso di 7 tonnellate alto quasi 12 metri è installata in Giappone nella piazza principale di Chiba City. Muore a Milano il 16 novembre 2003. Dal 2 novembre 2006 è inserito tra i benemeriti al famedio presso il Cimitero Monumentale di Milano. 5
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«L’acciaio è così bello a causa della dinamica che evoca e,
ha una tensione verso lo spazio, verso la libertà».
insieme, della solidità e delle sue funzioni». Il grande scul-
Non a caso i suoi progetti per i luoghi urbani, le grandi
tore statunitense David Smith, protagonista dell’espres-
strutture disegnate col ferro nelle piazze, come Fontana
sionismo astratto americano, fu fra i primissimi autori a
faceva coi neon negli ambienti interni, dispiegano ancora
scoprire il potere espressivo, energico e allo stesso tempo
oggi i loro steli simili ad antenne di insetti elegantissimi.
agile, del metallo saldato come forma d’arte.
Una danza di segni scolpita con gesto istintivo e una ca-
Erano i primi anni Quaranta e, di lì a poco, anche Carlo Ra-
pacità rara di misurarsi con l’architettura, con i volumi del-
mous, superata la sua formazione figurativa, la lezione di
la città, con l’aria stessa che gli frulla intorno. Gesto infor-
Marini, il fascino per il mondo arcaico e per la terra soda,
male, forse, ma mai incontrollato come quello dei colleghi
“da lapicida” – come lo avrebbe definito Marco Valsecchi
d’oltreoceano e della loro pittura impulsiva; al contrario,
in un testo splendido del 1960 – cominciò a rapportar-
frutto di una mente lucida, della sua formazione classica e
si spontaneamente con il metallo, con i riflessi delle sue
del sesto senso per lo spazio aperto e il dialogo calcola-
superfici levigate, con la leggerezza della sua materia sti-
tissimo fra ogni composizione e il punto esatto destinato
rata fino a diventare un filo, nei suoi corpi ridotti all’osso.
ad accoglierla.
«L’amore per la materia non ha niente a che vedere con
Rileggendo un brano di Giuseppe Marchiori del 1973, qua-
l’arte» ripeteva Fausto Melotti. E Ramous, da teorico della
si interamente concentrato sull’opera pubblica di Ramous,
scultura altrettanto convinto delle qualità aeree di ogni la-
si capisce fin dalle prime battute quanto la relazione fra
voro (anche del più monumentale), aggiungeva: «l’acciaio
opera e paesaggio possa essere delicata e come Ramous
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Carlo Ramous Disegnare col ferro
sia riuscito a risolverla, con lievità: giocando sull’impatto
tro spazio». Indipendentemente dai limiti. L’armonia, si sa,
severo dei suoi grafismi neri, «ideogrammi plastici» (per
non conosce estensione. E lo dimostrano i suoi cammei di
citare proprio Marchiori), ma mai stridenti, al contrario or-
terracotta, piccoli come ghiande, quanto le opere su carta
ganici al punto da sembrare connaturati, collocati in quel
che – pur rinunciando alla terza dimensione della scultura
luogo, da sempre. Dovessimo rimuovere il famoso Gesto
– bucano lo spazio col volume delle tracce, lo spessore
per la libertà del 1972, da piazza Conciliazione a Milano,
delle linee, la tensione fra le masse.
ne ricaveremmo una sensazione abissale di vuoto. E non
Ecco allora che, per comprendere la vocazione naturale di
perché lo sguardo sia plagiato dall’abitudine, ma perché
Ramous per le forme aperte, libere come l’aria – che per
Ramous ha pensato, per tutta la vita, al valore aggiunto
lui era più importante della materia piena! – una sequenza
dell’arte come cerniera fra tessuti dell’abitare, come in-
di saggi storici aiuta qui a ripercorrere le tappe del suo
contro, dialogo, anello di congiunzione fra dimensioni dif-
pensiero. Un percorso ideale raccolto in una ricca antolo-
ferenti.
gia dipanata dagli anni della sua formazione a quelli della
Un’idea di armonia che si ritrova nel grande formato quan-
maturità si nutre delle parole dei critici affascinati dal suo
to nel piccolo, nei ciclopi da dieci tonnellate d’acciaio,
lavoro e restituisce la doppia anima di Ramous, di teorico
quanto nei bozzetti a misura di palmo, sculture da viaggio,
e di artista, scultore dello spazio e della leggerezza.
calligrafie orientali che prendono corpo nei confini di una camera, intime e comunque incredibilmente solenni. Perché, per lui, la scultura era «costruire uno spazio in un al-
Chiara Gatti
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“Sapevo di non poter raggiungere la verita’, tanto che ho trasferito nel linguaggio dei simboli questo anelito. Lasciandolo libero di suggestionarmi e di sorprendermi. Questo linguaggio, il mio, credo che abbia qualche volta il sapore caldo e struggente della poesia.� Carlo Ramous - 1990
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Carlo Ramous Opere dalle collezioni private
Sulla scia di una importante riscoperta critica che sta ri-
moderno.
guardando da alcuni anni la figura e l’opera di Carlo Ra-
L’impegno messo nella valorizzazione di Carlo Ramous,
mous (1926-2003), questo volume si pone come un agile
testimoniato da episodi recenti, dalle mostre alla Triennale
strumento di consultazione per chi volesse ripercorrere
di Milano o a Cortina d’Ampezzo, è coronato oggi da que-
tutte le fasi della ricerca dell’artista milanese.
sto testo curato con affetto da chi ha conosciuto Ramous,
Le voci degli studiosi che hanno affrontato la sua rifles-
dai collezionisti che ne hanno sostenuto con lungimiranza
sione si mescolano con le sue stesse citazioni, con i suoi
il lavoro nelle diverse epoche della sua attività e tuttora
scritti, insieme a un catalogo di opere selezionate per ogni
ne conservano la memoria, impegnati nel restauro e nella
periodo, in grado di evocarne i motivi, il linguaggio, l’amo-
catalogazione dei singoli esemplari, oltre alla promozione
re per le composizioni perfettamente equilibrate. Il regesto
del suo nome nell’ambito del sistema complesso dell’arte
delle mostre, fra cui le Biennali veneziane e le Quadriennali
contemporanea, che non può dimenticare la qualità della
romane è integrato dai suoi incarichi all’estero, da Parigi a
sua produzione.
Tokio, da Londra a New York, da Città del Messico a Los Angeles. Milano, la sua città, fa da sfondo alla sua vicenda uma-
Walter Patscheider
na e alla sua dedizione per la scultura come espressione d’arte pubblica, segnale nel paesaggio studiato per dialogare con l’architettura e lo spazio del vivere quotidiano,
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Milano
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Bassorilievo - 1945
46 x 32 cm
- 1 9 5 9
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Senza titolo - 1946
30 x 35 cm
Noi veniamo dopo.
giudici; siamo testimoni. Se le nostre opere, le cui pre-
Dopo il novecento italiano, dopo Sironi, dopo Campigli e
messe nascono pur sempre dal glorioso primo mezzo se-
molti altri. Veniamo dopo Léger e gli altri grandi francesi ;
colo, non indugeranno su discorsi, atteggiamenti, maniere
veniamo dopo Picasso.
già scontate, ma senza falsi pudori, diranno chiaramente
In architettura siamo ormai di fronte anche ai grandi mae-
la nostra parola, noi saremo noi.
stri, ai creatori stessi dell’Architettura Moderna.
E già lo siamo.
Anche gli astrattisti sono prima di noi.
E Carlo Ramous, scultore, è certamente uno dei nostri. E’
E di tutti abbiamo ascoltato una parola, una lezione, eppu-
di lui che io architetto voglio parlare e mi si perdoni se lo
re non siamo dei loro. Noi siamo noi.
faccio in maniera forse non ortodossa.
Chi siamo? Non abbiamo nome; stiamo conoscendoci.
Non sono un critico: ho lavorato e lavoro con lo scultore
Lavoriamo ciascuno per conto proprio eppure già nelle
Carlo Ramous e quindi parteggio per lui. Siamo due di noi
mostre, negli studi, sulle pubblicazioni, ci accade di rico-
che si sono trovati e proseguono di conserva. […]
noscerci e, senza avere ancora individuato il linguaggio
Si giunge così alla attuale mostra personale nella quale
che ci accomuna, già ci appare l’unico grande scenario
Ramous ha accolto gli esempi più significativi dell’opera
entro il qual fatalmente si svolgeranno i nostri drammi: l’e-
sua e gli ultimi risultati della sua esperienza.
poca nostra nata alla fine della seconda guerra; la secon-
Ma se importante è ciò che ha fatto ancora più importante
da metà del secolo.
è quello che sta facendo.
Giudicarla non ci interessa; in quanto artisti, non siamo
La sua storia è racchiusa, si può dire, tra due statue delle
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Presentazione mostra alla Galleria Il Milione
molte che espone nella sua personale alla Galleria del Mi-
ritengo che sia importante per Ramous quanto lo è per me.
lione: la mondina e la grande donna seduta.
Che un architetto e uno scultore abbiano potuto impostare
L’artista non ha temi: ha “il tema” e il nostro tema (e quindi
un linguaggio comune tanto da creare opere nelle quali
quello di Ramous) è l’Uomo; e su questo tema, diremo,
l’architettura e la scultura pur rimanendo assolutamente
Ramous ha costruito o meglio ricostruito.
se stesse, siano tanto intimamente fuse da far sì che l’una
Tutte le sue statue veramente “stanno”.
senza l’altra e viceversa perdano ogni significato, mi sem-
Come “sta” un ordine architettonico.
bra un evento degno di nota.
Da qui poi è partita l’attuale ricerca di Ramous che oggi è
Non è qui luogo per soffermarsi sulle premesse e sulle
nel suo pieno sviluppo.
conseguenza di queste esperienze che sono in pieno svi-
Egli non ha rinunciato alla classica statica delle sue statue
luppo; le presenteremo a suo tempo.
(con intenzione ritorno sull’etimologia della parola) ma le
Comunque il mio discorso è tronco, ed è logico che sia
superfici si sono spezzate, la luce creatrice dello spazio
così; non si può mettere una chiusa a un dramma all’ini-
ne è penetrata nella materia dandole nuova vita, tanto più
zio dell’azione; seguiamo con attenzione l’opera di Carlo
fremente in quanto contenuto sempre nel disegno classi-
Ramous scultore.
camente chiuso. Si guardino quei petti, quei torsi di donna, dove i brevi piani e le aspre convessità sono presaghi di respiro vitale.
Mario Tedeschi
Non posso poi omettere di accennare al nostro incontro:
Milano - 1956
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Donna con bambino - 1954
Figura di donna in piedi - 1954 22
Bronzo, 47 x 67 cm
Bronzo, 52 x 13,5 cm
Bassorilievo - 1954 42 x 32 cm
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Parlare del proprio lavoro non è sempre facile, anche se questo noi facciamo quotidianamente, sia pure non con le parole, ma piuttosto attraverso intuizioni, emozioni nostre e degli altri su ciò che è attorno a noi, su ciò che ricordiamo e sullo spazio che ci sta dinanzi. E’ già molto importante capire il proprio tempo nel suo evolversi attraverso il tumultuare degli avvenimenti, nell’ansia delle ragioni che portano gli uomini all’agire per sé e inconsciamente per tutti, nel cercare in definitiva la propria felice verità ; ma oltre a ciò per l’arte esiste un problema di transposizione di valori. Nella realtà apparente esiste un metodo d’indagine e una logica, mentre nell’arte il sistema è diverso, perché differente è la natura del linguaggio e differente è in definitiva la sua entità. Se nell’indagine della realtà apparente è necessario anteporre un metodo altrimenti i conti non tornano, nella realtà visiva dell’arte la logica è di altro genere : è cioè una somma di ricordi, di vibrazioni, di emozioni divenute immagini ; al posto di una inevitabile meccanicità, nell’arte le incognite diventano infinito, una emozione è nel linguaggio plastico già seme di poesia. I ricordi entrano nel
Grande donna seduta - 1955
Terracotta, H 160 cm
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Scultura italiana nel dopoguerra CARLO RAMOUS - 1958
nostro sangue quasi dandogli una diversa densità, le pas-
Il cammino in questa direzione è verso una ricerca di un
sioni sofferte continuano sul battito del nostro cuore : cosi
centro dell’esistente e verso le ripercussioni dello stesso,
le immagini si sommano si sovrappongono si delineano
che vibrano sino ai confini della sua immagine.
nell’architettura della nostra vita. Credo che scultura sia
Ecco perciò che lo spazio non deve piú delimitare una for-
questa architettura.
ma ma entrare in essa nel perenne colloquio tra una ragio-
E’ un costruire uno spazio in un altro spazio.
ne interna le vicissitudini, che intaccano, si riconoscono,
Una scultura che non abbia intorno uno spazio, che non
aggrediscono l’anima dell’immagine.
provochi un colloquio con una dimensione esterna e la
Io credo all’ordine esistente oltre la confusione dell’irra-
sua luce, non vive nel suo tempo. Sarebbe come se una
zionale, oltre il terreno bruciante degli istinti incontrollati.
nostra azione o un nostro sentimento potessero nascere
Perciò rifuggo dal rappresentativo e mi interessano quelle
fuori da noi stessi, fuori dalla nostra vita. Siamo ancorati
forme che aggredite come i desideri piú impellenti abbiano
alla nostra vita, al nostro tempo, anche durante i guizzi piú
il significato dei sentimenti, perché, nonostante tutto, que-
allucinati della nostra fantasia.
sti continuano a brillare come una autentica verità. E cosí
Vorrei che nel mio lavoro ci fossero i colloqui con gli uomi-
scavo il volume lo rompo nella sua profondità alla ricerca
ni le cose che mi stanno dintorno tutti i giorni, con l’ade-
di quell’invisibile struttura, inquieta come una linea svelta,
renza che gli svolgimenti storici hanno col loro tempo : e la
insinuante, lucida e che ha lo stesso sapore di quando ci
convinzione che mi sono fatta che questo accordo è una
si accorge che la nostra vita non ha più confini.
conquista senza fine. Cosí vorrei essere contemporaneo: e cosi spero di dare il mio contributo all’arte. Espressione d’arte è per me un fatto interiore.
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Figura Piegata - 1955
Terracotta, L 33 cm
Solitudine 1956 Terracotta, H 103 cm
Due figure 1957 Terracotta, H 61 cm
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Testa - 1955
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Terracotta, H 22 cm
Il premio Morgan’s paint CARLO RAMOUS - 1959 …Se nell’indagine della realtà apparente è necessario anteporre un metodo altrimenti i conti non tornano, nella realtà visiva dell’arte la logica è di un altro genere; è cioè una somma di ricordi, di vibrazioni, di emozioni divenute immagini; al posto di una inevitabile meccanicità nell’arte le incognite diventano infinito, una emozione è nel linguaggio plastico già seme di poesia. I ricordi entrano nel nostro sangue quasi dandogli una diversa intensità, le passioni sofferte continuano sul battito del nostro cuore; così le immagini si sommano si sovrappongono si delineano nell’architettura della nostra vita. Credo che scultura sia questa architettura. E’ un costruire uno spazio in un altro spazio. Una scultura che non abbia interno uno spazio, che non provochi un colloquio con una dimensione esterna e la sua luce non vive nel suo tempo…
Attenzione 1956
50 x 69 cm
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Senza titolo – 1958
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46 x 32 cm
Senza titolo - 1958
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53 x 39 cm
Senza titolo - 1956
39 x 54 cm
Senza titolo - 1956
Senza titolo - 1958
32 x 47 cm
54 x 39 cm
Ante litteram - 1957
34 x 51 cm
Pannello - 1957
Senza titolo - 1958
220 x 110 cm
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46 x 40 cm
Ceramica2 1956
40 x 80 cm
Ceramica3 1956
Ceramica4 1956
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40 x 80 cm
40 x 80 cm
Ceramica1 1956
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40 x 80 cm
Milano
1 9 6 0
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Bozzetto per Blois - 1961
Bronzo, H 74 cm
- 1 9 6 5
Frantumazione 4 - 1964 35
Bronzo, H 102 cm
La storia di un artista d’oggi, specie se giovane, è ine-
gliersi e affiorare; è l’ora della verità, e non valgono più
vitabilmente fitta di esperienze e di riferimenti cultura-
nemmeno le astuzie dell’intelligenza a mascherare il vuoto
li che possono sembrare contrastanti; e anzi lo sono, e
dello spirito. Per Ramous essa è coincisa con lo scopri-
sono determinati soltanto da un movente di erudizione.
mento della grande facciata della chiesa di Santa Marcelli-
Ma se il richiamo a questa o a quella figura di maestro,
na, alla periferia di Milano. È stato un lavoro lungo e greve;
contemporanea o del passato, avviene per una necessità
le immagini di quel vasto rilievo dovevano essere cava-
di prova e più essenzialmente per appoggiarvi una me-
te fuori nell’ora stessa della gettata di cemento, che non
ditazione che dalla forma penetri nelle profonde ragioni
tarda a rassodarsi, senza più far luogo a camuffamenti,
di un’emozione fantastica da cui essa forma scaturisce,
mettendo in gioco tutta la natura di chi vi lavora. Ramous
allora questa vicenda sfugge al manierismo di un’assimila-
vi ha dato prova, intanto, di una maturità diciamo pure ar-
zione esteriore; diventa la storia di una chiarificazione len-
tigianale, che non so quanti altri posseggano a quell’età;
ta, ma persuasiva nella sua gradualità, delle proprie figure
e sollecitato dal grande impegno di un’opera di tal fatta,
interiori. E nelle sue tappe, anche nei suoi scontri, si vede
ha dato fondo a tutta la sua cultura plastica. Vi si leggono
allora comporsi quel processo formativo attraverso il] qua-
accenti di primitività romanica, misti a figure provenienti
le matura quell’indipendenza di ispirazione, di giudizio e
da un’iconologia neo-cinquecentesca; l’avventante bru-
di espressione, che sola può dar vita alle immagini della
schezza di un lapicida, e il morbido stendersi del chiaro-
fantasia. Una evoluzione culturale, inevitabilmente; ma
scuro martiniano.
valida se condotta a chiarire la propria natura fantastica,
Non neghiamo l’acerbità della prima opera di vero impe-
di modo che l’immagine finisca per scaturire come forma
gno; ma v’è dentro un impeto, un’energia figurativa che
individuata in una poetica verità, e non come esterna e
rivela l’autentica natura di uno scultore, e un avventare di
inerte cadenza stilistica.
racconto e di figure, talune delle quali sembrano venir fuori
E difatti c’è, a un dato punto, quel momento in cui quell’o-
dalla terra in un germinare prepotente, che determina una
scuro nodo interiore, quell’addensamento, deve scio-
naturale monumentalità, al di fuori delle misure in metri e
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Carlo Ramous
centimetri.
bisogna interpretare gli impulsi creativi da essi suscitati.
Non vi si arriva, naturalmente, dalla sera alla mattina.
Con l’avvertenza, tuttavia, e fondamentale per compren-
Lo spoglio delle opere precedenti mette in luce un per-
dere il lavoro di questo giovane scultore, di considerare
corso iniziale che si svolge tra l’evocazione fervorosa di
questi richiami culturali, ora che ne ho indicato il processo
Arturo Martini, sempre ricreata da un’interna inquietudine
formativo, sempre incidenti su un’area concreta della vita,
inventiva, la prepotenza definitoria di Picasso, e l’idea pre-
entro la quale si muovono figure vive, creature individuate
minente di Marino Marini di una scultura creata per volumi
nella densità dell’esistenza, che l’artista afferra e fissa in
e non per sfaldamenti di piani e di luci pittoriche. Non per
presenza eterna prima che le travolga l’onda del tempo
nulla Ramous s’è formato con Marini nella classe di Brera.
o l’affievolirsi della memoria. E’ infatti questa continua
Ma qui, sulla facciata di Santa Marcellina, quell’assimila-
coincidenza dell’immaginazione con la vita nel suo mani-
zione culturale coincide ormai con l’affiorare di una ispira-
festarsi razionale e fisico, che distoglie Ramous dalle buie
zione libera. Al di là di un tessuto variamente configurato
speculazioni di un romantico intrico di sentimenti ango-
di forme, quei maestri hanno svegliato un’emozione, sol-
sciosi, o dagli accumuli di materie amorfe che rispondo-
lecitato una dote creativa spontanea e naturale; per cui
no soltanto a un torbido compiacimento positivistico. Si
quella prima complessa opera proviene da una profonda
guardi ai bronzi della Metamorfosi e della Figura di don-
necessità di esprimersi, da una vita fantastica che si stac-
na, ambedue del 1957, per intendere come la figura reale
ca e si realizza in un’improvvisa presenza poetica. E’ sul
venga riassunta in una realtà poetica, in una forma ide-
piano di questa visionarietà fantastica che si riassomma-
ata in cui fantasia ed esistenza concreta sono ambedue
no i diversi episodi plastici, lungo una prospettiva determi-
pressanti. L’immagine si è determinata con tale guizzan-
nata dall’emozione creatrice più che da una logica visiva.
te perentorietà e bruschezza, da non lasciare dubbi sulla
E poiché altri esempi ancora incroceranno sulla fantasia
destinazione della sua ricerca formale: l’ordine appunto, o
di Ramous, da Giovanni Pisano come da Moore, è soltan-
meglio il ritmo delle grandi masse, la squadratura serrata
to in questa dimensione interiore sin qui prospettata che
dei corpi, con una predilezione per le apparizioni statiche,
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tutte di un pezzo, chiuse dentro i profili come se volessero
dino della Villa Reale di Monza, porta crudelmente questa
opporsi, per via di questa concentrazione volumetrica, alle
spaccatura che la fende da cima a fondo, quasi una fendi-
morbidezze esteriori, ai riflessi del margine luminoso, alle
tura lacerata dal fulmine.
cangianti mobilità dell’aria.
Da questo punto l’architettura formale delle statue di Ra-
Per questo dicevo bruschezza: in un senso di sintesi re-
mous tenta una maggiore apertura ritmica.
pentina, senza allentamenti. E c’è in questi due bronzi,
La forza trattenuta all’interno ora si espande.
come nelle Due Figure e nell’Immagine senza braccia, una
Se fin qui era prevalsa un’idea di blocco, di massa chiusa e
specie di primordiale e trepido atteggiamento di immagine
verticale, ora la struttura si apre, incalza nella dilatazione, so-
che tocca col suo corpo il limite dell’aria che la accoglie.
spinta ad aprirsi da una pressione che cerca l’apparizione
Non è difficile pensarle nel momento vigoroso del loro di-
dinamica, il distendersi del volume in piani larghi, entro cui
vincolarsi per venire in luce. Difatti hanno in sé qualcosa
scoscendono alvei d’ombra profondi. La Piccola scultura
di terragno, di geologico; spingono verso l’alto e lo spazio
del 1958 (tav. 16) riprende il tema del Colloquio dell’anno
come un tronco; e Ramous non le abbandona al facile fio-
prima (tav. 13), ma con un atteggiamento più drammatico
rire, piuttosto le comprime e le serra in un severo bisogno
e divergente delle figure. L’idea si arricchisce e si dispiega
di concretezza formale.
con soluzioni varie nella serie dei bronzetti di questo perio-
Vengono in mente anche certi idoli, certi simulacri arcaici
do, a metà del 1958.
che popolarono le valli dei templi, imponenti, come quelli,
E anche questo dimostra che, alla forza espressiva, si ac-
di tutta la loro misteriosa ed energica presenza. Chiuse
compagna una fertilità di variazioni, tutte collegate a un’im-
in questa severa costruzione plastica, Ramous sembra
magine che sollecita dall’interno la fantasia.
smorzarne ulteriormente le vibrazioni con improvvise con-
Si potrebbe notare che, dell’originaria figura umana, ora è
trazioni, con tagli asciutti di volumi quasi fossero tagli in-
accennato appena uno slancio del passo, una curva ideale
ferti nella carne viva perché non si compiaccia di fregi.
del fianco. Ma non è una astrazione a freddo; soltanto la
La scultura del 1958, che fu vista all’aria aperta nel giar-
frequenza e la meditazione quotidiana su di essa concede
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allo scultore una maggiore libertà di declinazione figurati-
rea come se un velo le alitasse attorno, del gesso che si
va, un più acuto ardimento nell’intuire e dimostrare la sua
chiama Mattino di vento. La repentinità dell’immagine ha
diversa apparizione. Ma è sempre una variazione deter-
contratto in una specie di improvviso fantasma poetico la
minata da un impulso emotivo, come nel Passo d’angelo,
densità reale della figura e la purezza ideale della forma.
o da una bruciante orma lasciata nella mente, come nel
Per cui è bene non insistere troppo sull’apparente astra-
bronzo Quasi un ricordo, che affoca quell’apparire ideale.
zione di queste opere. Non perché vi sia qualcosa di ripro-
E del resto perché soffocare questa ricerca, se ne deri-
vevole nella lezione dell’astrattismo, Ramous vi ha saputo
vano forme più avventanti che possono meglio aiutare la
prendere la parte che gli torna utile; se non altro, una più
concretezza autonoma di un’immagine? L’ Apparizione del
ferma coscienza del discorso formale. Ma dico di non in-
1959, col suo repentino salire di profili e incurvarsi di lim-
sistervi perché non si perda il vero senso di questo suo
pidi piani ascensionali, indica una necessità di più distesa
lavoro che ora entra in un felice arco di maturità, come
assolutezza formale.
dimostrano L’Annuncio e la Donna col velo; perché non
Si direbbe che, dinanzi alla scabra energia dei volumi, al
sfugga l’amorosa « invenzione » sul corpo antico e sempre
rude impasto delle sculture precedenti, in cui batte un’in-
nuovo della creatura umana; perché sia chiaro che non
tonazione romantica del sentimento, intervenga un rigore
vuole perseguire una sua esteriore momentaneità, quanto
purista, un’ansia di pensieri classici che impongono uno
sottolinearne la sua monumentale armonia.
slancio più astraente. Lo si ritrova nel repentino taglio verticale del Risveglio, quasi un’incontenibile impennata di una chiarità, di un’i-
Marco Valsecchi
dea lucida e folgorante. E siccome non sono mai esercizi
1960
d’atélier, frigide speculazioni d’intellettualità, ecco che di quel nitore, di quel limpido aprirsi di piani e impennarsi di profili è rimasta conseguenza nella figura leggera, ae-
39
L’annuncio - 1959
40
Bronzo, H 96 cm
XXXI Biennale Venezia
Ora, in quest’ultimo gruppo di lavori, appare più eviden-
sivo - è usato sempre soltanto come mezzo e non come
te e quasi perentoria l’intenzione dell’artista di costruire
fine!), c’è poi l’ansia esemplificatrice di particolari stati
la sua opera secondo un canone decisamente organico
d’animo e stati di coscienza che si manifesta, ad esempio,
- simbolico: le forme - sebbene del tutto prive di ogni riferi-
nella rottura degli elementi plastici, talvolta quasi divelti
mento naturalistico o illustrativo col mondo esterno - sono
a formare una nuova instabile unità, nelle corrosioni del-
peraltro cariche d’una volontà espressiva e persino narra-
le lamine bronzee che incrinano la levigata superficie del
tiva; gli stessi titoli lo provano: Immagine tesa, Distacco,
metallo, nello sviluppo quasi bidimensionale dell’immagi-
Splendore dell’Intimo.
ne che permette il costituirsi di zone mute e nascoste nel
É forse l’attuale condizione di sgretolamento della perso-
volume, presente ma invisibile, della composizione. Tutte
nalità individuale a manifestarsi in questi bronzi?
situazioni, codeste, che denunciano un’intima simbiosi tra
É la avvertita presenza di uno stato dissociativo che dila-
la materia formata e l’idea che vigorosamente la informa.
nia e sconvolge l’unitarietà dell’individuo e della società? Certo, assieme alla padronanza tecnica, che l’artista pos-
Gillo Dorfles
siede (e si noti come qui il «medium» - il materiale espres-
1962
Risveglio - 1959
Bronzo, H 104 cm
Lacerazione - 1960
Bronzo, H 97 cm
41
Offerta - 1960
Bronzo, H 96 cm
Frantumazione 3 - 1963
Bronzo, H 109 cm
Apertura alla luce - 1964
42
Bronzo, H 72 cm
Dilatazione - 1961
43
Bronzo, H 134 cm
GALERIE BLUMENTHAL JULIEN ALVARD - Paris, 1964
Invitto - 1959
Apparizione - 1959
Bronzo, H 78 cm
Mattino di vento - 1959
Bronzo, H 87 cm
Bronzo, H 100 cm
Figura - 1959
Bronzo, H 89 cm
44
Galerie Blumenthal
Ramous ha iniziato la sua carriera influenzato soprattutto
Si vede fino a che punto l’idea delle frantumazioni, così
da Marino Marini, poi egli si è liberato gradatamente da
affascinante come può sembrare al principio, è una idea
ciò che l’aveva legato alla stretta voluminosità di questo
potente, capace di ispirare un artista durante anni.
scultore. Nei suoi « colloqui » si trova, a partire dal 1958, lo
Ed era in definitiva nella scultura, come Ramous ci fa ve-
sdoppiamento progressivo della forma chiusa che segna
dere con tanta forza, che essa poteva esprimersi nel modo
l’intenzione di spazio al centro del volume.
migliore.
Il tentativo chiuso si apriva ad altre realtà che non erano tutte esterne, ma anche interne tanto materialmente quan-
Julien Alvard
to psicologicamente. Poiché questi vuoti, questi spazi pie-
Paris, 1964
ni di spazio, hanno costituito finalmente un appello per ciò che Ramous chiama le realtà interne, il mondo interiore che rompe la superficie.
Senza titolo - 1960
Bronzo, H 82 cm
Difronte alla luna - 1958
45
Bronzo, H 107 cm
46
Tensione 1961
Bronzo, H 98 cm
Frantumazione1 1963
Bronzo, H 57 cm
Frantumazione2 1963
47
Bronzo, H 56 cm
GALERIE BLUMENTHAL JULIEN ALVARD - Paris, 1964
Fuori catalogo - 1964
48
Bronzo, H 79 cm
New York Herald Tribune
l bronzi dell’italiano Carlo Ramous sono astratti. Le massicce lamiere di metallo piegate sembrano essere sul punto di esplodere come gemme giganti. Talvolta, come nella scultura a forma di tronco d’albero intitolata Essere, tutta l’azione si situa all’interno: noi dobbiamo cercare di decifrare -- dalla superficie inamidata che la scultura volge verso di noi — le lotte interiori. Questa mostra è nello stesso tempo viva ed originale.
J. Ashbery 1964
Fiore n.1 - 1965
Bronzo, H 111 cm
49
L’usage brûle la qualité des mots comme le chlore détruit la fibre des tissus. Pour Bossuet autrefois, «passer» c’était une oraison funèbre, aujourd’hui «passer» c’est comme regarder devant soi, ce n’est plus rien. Pourtant passer c’est réussir. Un inconnu qui sort de l’anonymat réussit à sa façon un passage. Un sculpteur qui s’affirme réussit lui aussi un passage. Oui mais une sculpture! Une sculpture peut-elle signifier un passage? Ramous a eu une idée qui donne à réfléchir, il l’a liée à I’idée de brisement. Bizarre. Non pas bizarre, italien. Italien parce que «frantumazione». La langue francaise qui est comme on le sait «la première du monde» a quand rnéme des trous, elle manque d’un mot. Désastre ou affront, il faut l’emprunter ou le décomposer. Si l’on se résout à le décomposer, on s’aperçoit que briser et passer c’est à peu de choses près la troisième situation de Binswanger, celle que tout le monde connaît, la relation d’un homme avec les autres hommes. Ce philosophe estime en effet qu’il n’y a de «présence individuelle», de «réalisation», qu’au prix d’une affirmation trop vive de soi et que le trop est la condition de la réalité. Passe pour le philosophe qui a bâti tout un système sur Senza titolo - 1964
26,5 x 35 cm
50
des considérations de ce genre, mais comment un sculp-
Galerie Blumenthal “Frantumazione” teur a-t-il pu être intéressé par le fait qu’un homme ne se
naître ces sculptures de bronze, crevassées, si incarnées.
sent homme que lorsqu’il a brisé les résistances de son
Mais peut-étre est-ce tout le contraire, et que c’est à la suite
entourage?
de l’évolution des formes que l’artiste a finalement déchiffré
Il n’y a point d’obstacles en matière artistique du moment
l’état actuel de l’œuvre qu’il poursuit.
que I’art est à l’âge de la liberté inconditionnelle.
Ramous a commencé sa carrière tout d’abord influencé par
Peut-on cependant imaginer un chemin sans obstacle où il
Marino Marini, puis peu à peu il a lâché les liens qui l’avaient
faille briser pour passer? Il se trouve que si la vie courante
attaché à la stricte voluminosité de ce sculpteur. Dans ses
n’offre que peu d’exemples frappants de cette situation,
«colloques», on trouve, à partir de 1958, le dédoublement
au contraire la vie artistique en fournit d’abondants. Il est
pro-gressif de la forme close qui marque le désir d’espace
constant qu’un artiste se sente obligé d’imposer sa préémi-
au cœur du volume. L’entre-prise fermée s’ouvrait à d’au-
nence, si bien qu’on peut dire qu’il n’y a pas d’égalité sans
tres réalités qui n’étaient pas toutes externes mais aussi
supériorité.
internes tant matériellement que psychologiquement. Car
Cette nécessité si étroitement liée au déterminisme artisti-
ces vides, ces espaces pleins d’espace, ont finalement
que est en elle-même un thème pour Carlo Ramous. Inscri-
créé un appel à ce que Ramous nomme les réalités inter-
re dans le bronze cette loi du passage et de l’éclate¬ment,
nes, le monde intérieur qui vient briser la surface.
c’est mettre en évidence une sorte de «sensation critique».
On voit à quel point l’idée des frantumazione si intrigante
Il est frappant de constater combien cette idée, d’essence
qu’elle puisse paraître au début, est une idée forte, capable
évidemment universelle chez Binswanger, prend un aspect
d’inspirer un artiste pendant des années et qu’en définitive
d’actualité intense dans le monde artistique. Faut-il y voir
c’était en sculpture, comme Ramous nous le montre avec
une pensée critique, une sorte d’art poétique personnel
tant de vigueur, qu’elle pouvait le mìeux s’exprimer.
joignant la réa-lité humaine à la réalité assez excessive du monde artistique?
Julien Alvard
Ce qui est étrange c’est que d’une idée si frêle aient pu
1964
51
Senza titolo - 1964
60 x 50 cm
Senza titolo - 1964
42 x 42 cm
52
Senza titolo - 1964
53
50 x 34 cm
Senza titolo - 1960
Senza titolo - 1960
43 x 43 cm
Senza titolo - 1962
54
15 x 21 cm
70 x 50 cm
Senza titolo - 1963
27 x 40 cm
Senza titolo - 1963
55
42 x 52 cm
Piatto1 1962
56
Ceramica, 42 x 32cm
57
Piatto3 1962
Ceramica, 42 x 32cm
Piatto2 1962
Ceramica, 42 x 32cm
Milano
1 9 6 6
58
Mantide - 1968
Bozzetto, zinco, H 34,5 cm
- 1 9 7 2
Araba fenice - 1969
Bozzetto, ferro, H95 cm 59
Articolazione 2 - 1967
60
Legno Padouk, H178 cm
Galleria Blu Milano
E’ quindi da questo nucleo diversamente fisico ed emo-
un’immagine suggestiva anche per le arditezze dei suoi
zionale che la scultura odierna di Ramous esce dal guscio
punti di appoggio e dei suoi lunghi slanci. L’affermazione
della forma chiusa per espandersi in articolazioni di forme
di autonomia è esplicita in ogni singola scultura, e tuttavia
che si innestano, si conglobano l’una nell’altra, imprimen-
è doveroso rilevare come essa non si determini per esclu-
do un moto dinamico in senso strutturale non fine a se
sione di partecipazione, per ipotesi di assolutezze puriste
stesso, ma determinato da quella proposta integrativa di
platonicamente sospese nelle loro perfezioni ideali e piut-
coesistenza e di apertura, di unità e di molteplicità che
tosto cerchi sempre un segno di coesistenza con la vita,
dicevo poc’anzi.
fosse anche solo l’impronta dello scalpello o della mano
Da qui le vigorose proiezioni, anzi le impennate prepotenti
che vi lascia un suo calore di sangue.
di una forma organica che impone il suo ritmo, che proietta la sua energia espansiva, e nello stesso tempo si ag-
Marco Valsecchi
gruma in corpo, si impadronisce dello spazio e costituisce
1968
Urlo - 1966 Legno Padouk, H1 65 cm
Grande ipercostruzione - 1967 Legno Padouk, H1 96,5 cm
61
Cassandra - 1969 Ferro dorato, H75 cm
Di fronte a chi ritiene la modernità di una scultura dipen-
che dello spazio ideale-concreto in sui essa si realizza.
dente da un materiale inconsueto, ecco Carlo Ramous di-
È fuori di dubbio, proprio guardando a queste sculture
mostrare con materiali antichi quali il legno e il ferro che
dell’ultimo tempo di Ramous, che l’artista crede fermamen-
essi non sono che mezzi portanti del’espressione, mentre
te nella responsabilità individuale delle singole presenze,
la “novità “ è anteriore e nasce già dall’idea. L’eccezionalità
ricusando lo sgretolamento della “persona”, sia che venga
di tipo esteriore, di per sé dura quanto un effetto di sor-
perpetrato da presupposti anche estetici, di annientamento,
presa; invece l’immagine tende a collocarsi in uno spazio
sia dagli attentati quotidiani di una “società dei consumi”
e una durata che va oltre lo choc iniziale. Su questo punto
che tutto livella e massifica. Lo si intuisce anche dal suo
Ramous possiede opinioni salde e semmai sembrano ani-
tendere sempre a una scultura di volumi, di aggregati cor-
mate da una polemica, essa non è cercata di proposito ma
posi che costituiscano una unità solida, un organismo che,
resta implicita nell’operare. E d’altra parte pur riconoscen-
nel consistere, anche si contrapponga e si difenda con la
do la giusta parte spettante anche ai materiali, non è qui
sua concretezza.
che Ramous fonda l’essenzialità del suo creare, sibbene
Ma queste opere fanno anche capire che Ramous avverte
nel presentare un evento scultoreo che nell’attimo stesso
quanto questa unità, e non solo dalle scultura ma anche di
in cui concretizza un’immagine non più riferibile a motivi di
lui, uomo d’oggi, sia profondamente diversa da quella uma-
mimesi naturalistica, tende ad arricchire l’orizzonte umano
nistica, centripeta e arroccata gelosamente nei limiti dell’es-
di un’esperienza che non è solo estetica, se investe ragioni
sere. Oggi questa unità tende a proiettarsi lungo le infinite
più segrete del fantasticare e sollecitazioni di cultura tese a
prospettive del conoscere, a immedesimarsi con gli eventi,
sviluppare una nuova percezione emotiva sia dell’esistenza
a sentire la molteplicità degli spazi e persino del tempo, una
62
Presentazione mostra alla Galleria Goethe
volta che la fantasia ha rotto queste maglie fisiche e recu-
di una forma organica che impone il suo ritmo, che proietta
perato una mobilità e una contemporaneità di piani infiniti,
la sua energia espansiva e nello stesso tempo si aggruma
sia nell’ordine fisico che nell’ordine ideale. Mi pare che oggi
in corpo, si impadronisce dello spazio e costruisce un’im-
un artista più che avvertire un’alterità contrapposta, lui e il
magine suggestiva anche per le arditezze dei suoi punti di
mondo, senta la necessità di una immedesimazione, e che
appoggio e dei suoi lunghi slanci. L’affermazione di auto-
la realtà non è qualcosa altro da lui, ma un’identificazione.
nomia è esplicita in ogni singola scultura, e tuttavia è dove-
E allora l’evento realistico non può dissociarsi da questa
roso rilevare come essa non si determini per esclusione di
profonda rivalutazione immaginativa, allo stesso modo che,
partecipazione, per ipotesi di assolutezze puriste platonica-
posta in questa prospettiva, la fantasia non fa che coinvol-
mente sospese nelle loro perfezioni ideali e piuttosto cerchi
gere ed elaborare fatti e intuizioni che appartengono o si
sempre un segno di coesistenza con la vita, fosse anche
integrano alla realtà.
solo l’impronta dello scalpello e della mano che vi lascia un
È quindi da questo nucleo diversamente fisico ed emozio-
suo calor di sangue.
nale che la scultura odierna di Ramous esce dal guscio della forma chiusa per espandersi in articolazioni di forme che si innestano, si conglobano l’una nell’altra, imprimendo un
Marco Valsecchi
moto dinamico in senso strutturale non fine a se stesso, ma
Bolzano - 1968
determinato da quella proposta integrativa di coesistenza e di apertura, di unità e di molteplicità che dicevo poc’anzi. Da qui le vigorose proiezioni, anzi le impennate prepotenti
63
manifesto - 1969
64
203 x 101 cm
Senza titolo - 1971
65
61 x 80 cm
Attraverso le diverse fasi di ricerca si coglie in genere nell’arco evolutivo di Carlo Ramous una concezione costante della scultura come fatto eminentemente plastico, legato allusivamente alla realtà quel tanto che serve a riempire di spessore concreto le forme, le figure bloccate appunto secondo invenzioni che ne facciano emergere libero e puro il valore plastico. Questa costante poetica ha consentito a Ramous di dominare energicamente le forze dispersive e frantumatrici esercitate sugli artisti della sua generazione dal gusto ‘informale’ trionfante intorno agli anni sessanta. La scultura di Ramous non si è mai consumata nelle compiacenze puramente materiche, nei sensibilismi fine a se stessi. Anche quando si è frastagliata in una articolazione di valve e di frammenti multipli c’è sempre stato, al fondo, un nucleo fortemente accentratore, una energia costruttiva e animatrice, una forza di coesione e di unità. In una parola
Senza titolo - 1969
47 x 83 cm
66
Notiziario Arte Contemporanea Brescia - Galleria Moretto: Carlo Ramous
Ramous ha sempre cercato di fissare il palpito della vita
masse, dei blocchi, delle superfici corpose. Ogni scultura
anche quando le sue immagini sembrerebbero liberarsi da
é fatta di pezzi e di incastri pieni di capriccio e di abilità;
ogni riferimento narrativo e naturalistico e maggiormente
pezzi affilati, levigati, a volte vicini al rigore di una forma
inclinare verso la pura forma astratta. Anzi, per quanto al-
primaria; e articolazioni che paiono sul punto di immet-
meno è dato rilevare dalla scelta antologica esposta alla
tere un principio di movimento e di vita nella inerzia delle
‘Galleria Moretto’ e che raccoglie opere dal ‘61-62 fino al
forme. Ora puó essere lo snodarsi di una colonna verte-
‘67, la tendenza prevalente nei lavori più recenti sembra
brale di animale preistorico, ora una struttura capace di
muovere verso una espressione più articolata; lasciando
scagliare una gran freccia verso il cielo; ora sono compo-
al tempo stesso affiorare qua e là tangenze simbolistiche
sizioni rituali, magiche, venate di un brivido onirico: trofei
e vaghi sentori di Art-Nouveau. L’indirizzo di fondo resta
come totem. Con l’ importanza nuova che l’articolazione
quello rivolto a isolare il fatto plastico, volumetrico affinchè
assume si pronuncia ovviamente un suggerimento narrati-
esso possa esprimere per se stesso la sua magia, ma le
vo e, come si diceva, simbolistico; ma cresce soprattutto
pareti, i pilastri - quelle placche, quegli spaccati che sem-
la dimostrazione di sapienza, di intelligenza costruttiva e
brano ricordare certe montagne dell’ultimo Sironi- si van-
compositiva.
no articolando in strutture composite nelle quali gioca più sottile e problematico l’intelletto; dove l’intenzione elabo-
Elvira Cassa Salvi
rata va prevalendo sul gusto della immobile maestà delle
1969
67
A prima vista, rispetto alle opere presentate un paio di anni fa alla Blu, le differenze appaiono piuttosto rilevanti. Basti pensare che si è passati da sculture aeree che modulavano lo spazio, a strutture quasi bidimensionali da appendere al muro. Ma, secondo me, le modificazioni sono soltanto di pelle. La sostanza del discorso è rimasta la stessa. Semmai, come in altri artisti della sua generazione, si è avuta una specie di radicalizzazione. Invece dei legni levigati di un tempo, lamiere e tagli neppure tanto sgrossati. Ma, per il resto, la ricerca resta quella di una “conciliazione” estetica. “ieri forme irregolari che si aggregavano nello spazio in modo suadente, oggi elementi “brutali” che, seguendo un percorso allusivo e fantastico, si dispongono secondo una organizzazione chiaramente estetica.
Sogno - 1971
40 x 50 cm
68
Notiziario Arte Contemporanea
E questa sensazione viene rafforzata dalla presenza di
teriale usato, è rintracciabile al fondo di tutti i risultati di
particolari colori: rossi fiammeggianti, bellissimi o gli spazi
Ramous. A mio avviso, anche come elemento di sottile
bianchi che gli strappi della lamiera aprono con intensis-
allarme. Ad esempio, oltre che per quella radice “informa-
sima suggestione. Le implicazioni di una simile posizione
le” che sembra ogni volta voler riemergere, per la spinta
mi sembrano evidenti. Tramite un ordine “immaginoso”,
che può generare verso un certo abbandono a tale bellez-
riportare il “brutalismo” ad una dimensione estetica. E,
za. Con tutto quello che ciò comporta in fatto di monodia
soprattutto, indicare quanta complessa ricchezza può es-
e, in ultima analisi - per quanto drammatica - di intima
serci in alcuni accostamenti eterogenei o, magari, in una
evasione.
serie di elementi indecifrabili. A parte le culte e armoniose filtrazioni e scelte - tanto più in tempi collettivi quali noi
Francesco Vincitorio
viviamo - un richiamo alla necessità di personalizzare e
1970
interiorizzare l’esperienza. Una persuasione che, in molti casi, perviene ad una struggente bellezza. Quella bellezza che, qualunque sia il ma-
69
L’identità dell’ultimo periodo creativo di Carlo Ramous — artista tra i più importanti nella scultura contemporanea — confluisce nel dualismo di una assiologia: la organicità astratta e la visceralità dell’immagine. Presentificazioni di una costante spazio-temporale che si pre-intenziona attraverso la continuità della sua semantica: il cosmo e la storicità dell’uomo. All’interno di una tale problematica il mutamento delle forme diventa attributo esperienziale della personalità, ontifica ciò che in Ramous esiste come dialettica umana in rapporto al simbolo infinito dell’universo. Ne deriva una originalità emblematica, un segno oggettuale del soggetto psico-fisico, identificati dal permanente essere-in-situazione.
Pedro Fiori Milano Ottobre 1969
Senza titolo - 1971
61 x 80 cm
70
Presentazione alla mostra Inquadrature 33
ll problema è questo: fuori, cioè oltre la camera oscura che
della violenza necessaria per superarlo. Probabilmente non
inverte i significati, la nostra camera oscura, che per suo
è dei poveri di spirito il regno dei cieli. E prima che contro
proprio statuto condiziona le possibilità di comunicare, vi è
altri la violenza è diretta contro se stessi, perché la volontà
altro che possa essere aggiunto alle cartacce sgualcite nelle
di capire comporta sempre la vivisezione delle cose. Quindi
nostre tasche? La cristallizzazione del vuoto, l’altro da sé, lo
di noi, perché, ancora, il mostro della società si fa subito
specchio forse? o non piuttosto un manifesto tracciato con
natura dentro di noi e noi finiamo per essere il mostro (la
brandelli segnici di un sistema linguistico indecifrabile, non
cosa idiota che abbiamo dentro). E le alternative (autono-
recuperabile mai nella sua integrità iniziale?
mia nell’esilio o fare cultura che sia un fare rivoluzionario)
O ancora il solo affacciarsi a guardare pone il rischio di per-
rimangono sostanzialmente improbabili. Confrontandomi: “
dere la possibilità di capire (di qua e di là, ovviamente, cioè
credi, I non vale la pena d’illudersi: / dentro la struttura degli
di perdere la testa per lama di ghigliottina)? ll rischio è nelle
oggetti / il denaro è un nesso sociale, / è cioè linguaggio ll
cose, certo, ma non vi sono probabilità di capire senza far
e basta la grammatica / per strumento di potere, / anche se
conto di questo rischio.
è nell’uso del segno, / non in sé, I la qualità alienante degli
Se la stupidità della società si condensa nel suo porsi come
oggetti // usare d’altra parte il linguaggio / come strumento
tale (ed è fatto al quale partecipiamo direttamente), il rifiuto
rivoluzionario / equivale a imporre / una repressione diversa
di questa deve considerare il rischio di trovarsi istituziona-
/ ma medesima ll non esistono alternative //
lizzato come contrario efficiente e necessario. Di qui dun-
la rivoluzione è un atto, / è farla // non pretendiamola dun-
que tutta la ambiguità del processo. Ma non è pur essa
que / senza coscienza di autodistruzione “.
ambiguità direttamente proporzionale alla comprensibilità nel tempo della comunicazione artistica? La scelta quindi è condizionata: non si può evitare di sporgere la testa. Il sen-
Mario Ramous
so dell’operazione sta piuttosto nella coscienza del rischio e
Firenze - 1970
71
Presentazione mostra La scultura e la campagna
L’unità figurale possente di Carlo Ramous parte da un
prietà, materialmente alla genesi di quest’opera; certo
raggruppamento di solide nozioni plastiche e di statica al
l’articolazione possente diviene il supporto mirabile di un
tempo stesso. Questa sua opera ultima, La grande mano,
gigantesco, ideale gesto umano.
non si accontenta di essere, e sarebbe sufficiente, un elegante ideogramma, per spessori e vuoti, per movimenti e rotture ci dà intatto un senso dinamico, ci consegna l’o-
Aldo Passoni
pera con la carica dell’idea e della metamorfosi operante.
Seregno – 1970
Non so quanto il ferro possa dare, per le sue stesse pro-
Senza titolo - 1972
73 x 50 cm
72
Senza titolo - 1972
72 x 50 cm
Paesaggio - 1971
73
84 x 67 cm
Ce moment créatif de Ramous, que nous définirons de
Dans les images ici proposées, toutes datant autour de
magique-solaire, s’épanouit à la suite de la longue cou-
1965, la tension apparaît conquise, le plan obscure de
rbe de la fragmentation, C’est-à-dire d’une sculpture
l’espace personnel, le sien et commun à tous, projeté en
qui proposait la rupture constante des symboles et des
une explosion de soudaine assurance, de solution pos-
idéologies, ou ancore et seulernent des choses et des
sible. Une houle vitale — saveur de terre, de lymphe, de
images, pour en retrouver le sens, les valeurs, les interac-
raciness - l’ humus irrépressible qui se trouve au fond de
tions intimes; une attitude, eri dépít des apparences, toute
chacun de nous, plus fort que n’importe quel vice super-
autre qu’anarchique, obstinément à la recherche d’une
structurel, semble avoir recouvré son territoire effaçant in-
composante possible qui aurait permis la reconstruction
certitudes et tensions. Une descente aux sources du natu-
d’un système de significations. Comme pour Ramous
rel afin de retrouver la possibilité d’une nouvelle étincelle,
l’angoisse de le non signification, la suspicion de la “perte
d’une expansion ultérieure. A une première imrnobilisation
de poids” de l’impossibilité de se définir soi-même et de
des forces volci substitué un noyau organique prenant de
se reconnaître dans les choses, est la composante princi-
plus en plus de vigeur et de consis tance jusqu’à un point
pale, sa subtile torture existentielle.
d’arrêt à partir duquel le métal prend une consistance
74
Galleria Jolas
nouvelle, plus brillante, détendue, l’insertion d’une dimen-
D’une certaine manière qui ramène presque au paga-
sion qui retrouve, sans plus se replier, les problématiques
nisme, si ce n’est que filtre toujours, dans la définition
antécédentes, maintenant positivement résolues finale-
constructive, la lumière d’une Intelligence avisée, d’une
ment acceptées.
capacité d’utiliser les moyens et leurs resultants. De la
Deux niveaux psychologiques différents qui, controntés et
complexité des motifs naissent les niveaux linguistiques,
reliés, révèlent la genèse d’une affaire humaine, le surpas-
une serie de signes naturalistiques concentrés à l’intérieur
semenl d’une crise, la conclusion d’une histoire intérieu-
d’un espace organique que la structure rend essentiel et
re. Tout est expansion, énergie et campacité, suivant des
fonctionnel à la totalite de l’image.
lignes régulières qui soulignent la force et l’assurance de
Un point nodal, ainsi nous semble-t-il, de le creativité de
l’intention créatrice. De ce syrnbolisme, si voisin de la
Ramous qui rassemble et conclut les episodes précédents
structure de la fleur, naît un rayonnement manifeste, se
et donne de nouvelles indications sur son activité future.
propageant sans contrainte à travers l’espace, solaire, là où la magie se trouve dans l’Intensité avec laquelle la ligne
Aurelio Natali
slmplifie et concentre les forces que l’image contient.
1971
75
Senza titolo - 1972
62 x 44 cm
Senza titolo - 1972
44 x 62 cm
Senza titolo - 1972
76
62 x 43 cm
Senza titolo - 1972
73 x 50 cm
Senza titolo - 1972
62 x 44 cm
Senza titolo - 1972
77
70 x 50 cm
ll rischio è nelle cose. Partiva da questa semplice con-
za razionale; in altre parole, fra la necessità di vivere (di
siderazione una nota del poeta Mario Ramous sull’opera
aderire) e Ia volontà di proteggersi contro la vita.
del fratello scultore, e ne traeva le conseguenze inevitabili.
Visivamente, strutturalmente, le sculture di Ramous hanno
Se vorremo conoscerle, queste cose; se vorremo non solo
sempre tentato di porre in evidenza questa indagine sulla
prenderne atto (e non si tratta necessariamente di “cose”
forma chiusa per estrarne, in spaccature talvolta violen-
nel senso dell’oggetto tangibile) ma penetrarle, comunque
te, il nucleo centrale, e la conseguente articolazione nello
esse siano, qualunque sia ciò che potranno offrirci (ma-
spazio, che è come dire il rilievo che tale rapporto può as-
gari nulla), non vi sarà altra scelta che “sporgere la testa”.
sumere in un’area di giudizio che sfiora la moralità. Le sue
Che è come dire compromettersi, con tutto ciò che questo
carte, di oggi, sebbene sembrino affrontare il problema in
comporta: la piu completa messa a nudo di sé (emotiva,
modo assai diverso per quanto riguarda i meccanismi del-
intellettuale, quotidiana, ecc.), e I’eventuale frustrazione.
la ricerca (e persino, forse, quelli dell’intenzione espressi-
Come altri, forse più di altri, Ramous non ha smesso di
va), non sfuggono al gioco dell’indagine dialettica, metto-
compromettersi, di riprendere ogni volta da capo il discor-
no in atto gli stessi elementi oppositivi caratteristici della
so che sembra ossessionarlo: nell’oscillazione - come
natura anche psicologica dell’artista, ma - mi sembra di
d’altra parte è già stato notato - fra la levigatezza di ciò
notare - con una accentuazione visiva, dichiarata, dell’e-
che possiamo definire esterno (più una conquista che
lemento emozionale che ne ha dettato I’avvio. Il che non
una diretta e naturale manifestazione dell’apparente ) e la
toglie nulla, si badi bene, alle capacità di controllo che si
magmatica, misteriosa visceralità dell’interno; fra la pre-
riconoscono sempre a Ramous; e tuttavia in questo caso
potenza dell’emozione e l’ansia ordinatrice della coscien-
si dovrà parlare di un controllo che si attua volta a volta,
78
Presentazione mostra Galleria Il Gabbiano
secondo Ie esigenze di una immagine singola. Se nessu-
fra l’opera, I’artista e lo spettatore. È come se la sintesi,
na opera (a meno che non pretenda d’esser considerata
sia pure drammatica e instabile, ricercata prima fra la vi-
orgogliosamente e ciecamente un punto d’arrivo inamovi-
sione geometrica e quella evocativa non forzasse più la
bile), può essere intesa come definitiva, più che mai que-
mano; come se Ramous non avesse più ragione di na-
ste “carte” dovranno intendersi come I’espressione di un
scondere un impulso sotto le qualità unificatrici dello stile,
momento di transizione. Non nel senso della precarietà
e piuttosto lasciasse intervenire nello spazio, anagogico
di un loro valore (che qui non è posto in discussione), ma
more, nell’oro di una sospettata risoluzione non estranea
nel senso per cui viene in esse a identificarsi quel mo-
a un’indagine psicologica e forse a inconsapevoli tensio-
mento che è di verifica del proprio passato per una spinta
ni di un ordine affine al mistico, i frammenti di una realtà
successiva; apertura verso eventuali soluzioni compositi-
nello stesso tempo ricercata e rifiutata, relitti morti e radici
ve diverse, momento di meditazione prima di una nuova
feconde allacciati. In questo senso si può trattare, fissati o
scelta. È presto per dire quale potrà essere, ma non per
meglio indicati con un linguaggio assai più “leggibile”, di
scorgere nell’uso stesso di un tono dominante, in quella
paesaggi o di voli d’uccelli, di cave o di gabbie, cunicoli,
assolutezza dorata di fondo che mentre si appella ai sensi
sedimentazioni, percorsi di linfe sotterranee o cristallazioni
si muta in metafora di valori che sfuggono ai sensi (“per
di forme attinenti alla natura riportate in superficie in un
trasportar Ia mente dal mondo della materia a quello dello
momento di più libero abbandono dell’io.
spirito”, secondo I’abate Saint-Denis), una tendenza più accentuata al racconto, seguendo una serie di analogie,
Roberto Sanesi
di allusioni più o meno precisate al rapporto triangolare
La Spezia - 1972
79
Senza titolo - 1970
50 x 70 cm
Senza titolo - 1970
50 x 70 cm
Senza titolo - 1970
48 x 32 cm
Senza titolo - 1970
31 x 45 cm
Senza titolo - 1970
31 x 45 cm
Senza titolo - 1970
31 x 45 cm
80
Senza titolo - 1970
50 x 70 cm
Senza titolo - 1970 81
70 x 50 cm
Milano
1 9 7 3
82
Aggressione - 1973
Ferro, H 68 cm
- 1 9 8 8
Gesto per la libertĂ - 1973 83
Bozzetto, zinco, H 40 cm
I netti profili delle sculture di Ramous, come già notammo
delle convenzioni figurative, adottando un linguaggio segre-
alla Biennale Veneziana del 1972, devono disegnarsi in uno
to, una specie di codice individuale, in cui si assommano, in
spazio ampio: per esempio nello spazio del “paesaggio”
una sintesi risolutiva, elementi molteplici della realtà e della
urbano. Esiste un singolare rapporto tra queste “sigle” mo-
cultura moderna (è indubbio che il progresso della scienza
numentali e lo sfondo anonimo delle periferie cittadine.
e della tecnologia ha influito decisamente sul carattere della
Il nero taglia la grigia monotonia degli sfondi nebbiosi, do-
produzione dell’“oggetto” artistico e sulla concezione stes-
mina come una presenza assurda e misteriosa là dove gli
sa della scultura, dalle promesse originarie dell’avanguardia
ultimi grandi blocchi delle costruzioni, tutte uguali, s’innal-
storica fino a oggi, in campo sempre più vasto di scelte e di
zano ai limiti della verde pianura lombarda, tra le gru e le
sperimentazione dei materiali più nuovi).
armature e gli scheletri in cemento degli alveari che acco-
Ramous ha corretto e semplificato, con severa coscienza
glieranno nuove folle sottratte dal fascino della metropoli
stilistica, i dati linguistici raccolti nel corso di una lunga e
alla libera e sana vita della campagna.
non facile esperienza, tenendo sempre conto di quel rap-
I ferri di Ramous costituiscono, in un simile spazio, assunto
porto fondamentale che deve crearsi tra la scultura e l’am-
ormai a simbolo di un modo di vivere e di pensare, un ma-
biente, e che può essere di energico impatto o di violenta
gico richiamo alla fantasia, un contrapposto originale alle
avversione oppure di armoniosa coesistenza. E ha costruito
consuetudini visive, alla normalità ovvia e livellatrice della
così le sue «figure», provandole spesso, secondo una con-
vita collettiva.
suetudine attuale nello spazio urbano dei centri storici.
Essi sono infatti delle tradizioni plastiche, in vigorose strut-
La prova più recente e più istruttiva è stata per lo scultore,
ture metalliche, di alcune sigle grafiche o dei segni di una
quella di Parma per la varietà delle soluzioni offerte dall’am-
bizzarra scrittura.
piezza degli spazi e dalla diversità degli stili degli edifici, coi
Ci sono tanti modi di risolvere i problemi della difficile co-
quali “i ferri” si sono, per così dire, “confrontati”.
municazione, che pur deve stabilirsi tra l’arte e gli uomini: e
Mentre nel primo caso, la verifica del potere di suggestione
il più semplice e immediato è quello di rompere gli schemi
sui fruitori o, meglio, sulle minoranze, incuriosite dall’appa-
84
I ferri di Ramous
rizione degli strani oggetti metallici, poteva avvenire indi-
impianto scenico delle loro strutture.
pendentemente dal luogo e dallo spazio, soltanto in funzio-
Infatti è interessante notare come in esse si alternino mo-
ne della eccezionalità dell’immagine; nel caso della mostra
vimento e staticità nella composizione di alcuni elementi
a Parma, essa si affermava in virtù della magia del rapporto
associati in modo contrastante e che si rivelano nella loro
che si era stabilito tra le “sigle” e la piazza Garibaldi e il Te-
architettura essenziale attraverso il profilo, davvero scolpito
atro Regio, e la massiccia scultura decisamente monumen-
nello spazio.
tale, nella piazza del Duomo, di fronte al Battistero.
S’è accennato alle sigle e al disegno, per individuare le ori-
Confronti tutti difficili e di grandissimo impegno, ma imposti
gini grafiche del “progetto” plastico a due dimensioni e per
in modo non occasionale, e con esiti particolarmente feli-
fissarne i caratteri tipici, nell’ambito di quell’universo se-
ci, tanto nell’ideogramma plastico, collocato di fronte alla
gnico che accoglie i messaggi creativi dell’artista, e la sua
facciata neoclassica del Teatro Regio, quanto nella scultura
volontà, spesso disperata, di comunicare per vincere la so-
che campeggia nella piazza del Duomo con le sue dimen-
litudine e l’alienazione, le drammatiche situazioni dell’uomo
sioni vistose e con le angolature e le curve dei suoi compatti
moderno.
volumi.
Non bisogna dimenticare l’importanza della scoperta, nel
L’inserimento delle sculture moderne nelle antiche piazze
dopoguerra 1945, degli alfabeti orientali, della loro tradu-
dei centri storici italiani, da Spoleto a Volterra, ha già una
zione nel gesto della pittura e nella struttura astratta della
lunga storia, con molte conferme della validità di certi acco-
plastica, come espressioni di purezza spirituale, di libertà
stamenti o di certi tentativi anche più audaci, che si posso-
fantastica di fronte alla costruzione oggettiva. Il mondo dei
no definire piuttosto d’intervento sperimentale.
segni è anche per Ramous l’indice di una certezza, che si è
Ramous ha avuto l’ambito privilegio di far uscire all’aperto
rafforzata nel tempo, al di là delle angosce e dei turbamenti
le sue sculture, sacrificate nelle sale delle esposizioni o nel-
che avevano dilaniato l’esperienza informale.
lo studio, e di vederle così rivivere in un ambiente urbano
Ora, nell’arte di Ramous, non c’è più traccia di quella prima,
o in uno spazio da esse creato col ritmo e con l’incisivo
comune ricerca per le vie meno sicure dell’inconscio. Allo
85
scultore s’è presentato un altro traguardo più rigoroso. Lo
cresciuta in un clima di cultura che rispecchia lo spirito di
Spazio ansioso che è un esempio probante di questa nuova
una continua elaborazione e sperimentazione d’idee, carat-
via, è certamente una delle opere più complete di Ramous,
teristica di quest’ultimo quarto di secolo.
di quelle non diminuite dalla vicinanza pericolosa di quel
Le scelte di Ramous appartengono dunque al tempo più
battistero parmense inventato da un Le Corbusier del do-
vero delle dissacranti avventure del pensiero e dell’arte, al
dicesimo secolo.
tempo in cui coesistono i sistemi più avversi e le polemiche
La personalità di Ramous s’inserisce, oggi, nella corrente
sono sempre più accese.
della scultura italiana, più attenta al problema, diciamo pure
Ma, nel gioco delle parti, Ramous non ha esitato: ha scelto
sociale, della destinazione dell’opera d’arte e al quale gli
lo spazio, dove gli uomini camminano da secoli, per indurli
architetti italiani sono decisamente allergici.
a guardare le immagini concrete della sua fantasia, gli enig-
Nascono così le prove delle destinazioni effimere, come a
matici ferri, come si guardano i monumenti illustri, purtrop-
Pesaro, a Rimini, a Parma, e son sempre le più indicative,
po col rammarico, nel fondo dell’anima, di conoscere la
nonostante i riflussi di certo estetismo, che minacciano di
effimera durata della loro destinazione.
snaturare il carattere dell’utile esperimento. Ma la natura di Ramous non sembra incline a tali suggestioni, appunto per quel vigore d’immagine e quella capacità
Giuseppe Marchiori
d’impegno nell’assunto estetico e nella vocazione sociale,
1973
che caratterizzano la sua figura artistica e umana. Costruire: questo potrebbe essere il semplice e significativo motto dell’arte di Ramous, avvicinandosi alla fase più matura della sua esperienza di sculture. E costruire racchiudere il senso di una concezione dell’arte non dimentica di alcuni fondamentali principi antichi, ma
86
Sviluppo dell’arco - 1975
87
Bozzetto, zinco, H 45 cm
88
Presentazione alla mostra “Mostra nello spazio Urbano”
Non è un caso che sia proprio Ramous a inaugurare quel
air”) per aprire un dialogo con la sua Milano che, ne siamo
programma di “arredo urbano” che il Comune intende
certi, saprà valutare ancora una volta uno dei suoi artisti
realizzare nelle piazze, vie, parchi e “isole pedonali” mi-
più seri e impegnati.
lanesi. Non lo è perché la scultura di Ramous ha effetti-
La mostra di Carlo Ramous, promossa dal Comune di Mi-
vamente bisogno di uscire dal Museo o dalla Galleria per
lano, tramite gli Assessorati alla Cultura e all’Arredo Urba-
confrontarsi con gli spazi all’aperto, col cielo e le case, col
no, è dunque l’inizio di un programma di intereventi arti-
verde e col cemento.
stici nello spazio cittadino dove diversi scultori milanesi,
In questo senso la sua è, per molti aspetti, una precisa in-
nazionali e stranieri, dovranno confrontarsi.
tuizione del rapporto scultura-ambiente in una dimensione
È, o dovrebbe essere, anche un nuovo passo in avanti sul
geometrica e antifigurativa che sa però accendere la luce
cammino di avvicinare sempre maggiori “utenti” al discor-
di una fantasia mai gratuita, mai affidata al caso.
so dell’arte e della cultura, che è uno dei compiti istituzio-
Ramous è uomo di ricerca, di confronto. È scultore serio,
nali del Comune di Milano
preciso, con mille interessi culturali. È, non dimentichiamo, l’autore di un bel monumento ai Patrioti nel vecchio Quartiere dell’ Isola di Milano, che si staglia a fianco delle
Paolo Pillitteri
fredde geometrie del Centro Direzionale di Milano.
1974
Carlo Ramous, dunque, ha tutte le carte in regola, (e la città di Parma ne sa qualcosa dopo la mostra “en plein
89
Presentazione alla mostra “Mostra nello spazio Urbano” Poiché ci sentiamo moralmente responsabili della voga di
All’origine dell’impegno “spaziale” delle opere di Ramous
esporre sculture moderne nel contesto urbano (l’esperi-
sta il carattere gestuale delle sue composizioni, sicché dina-
mento spoletino del 1962 fu il primo del genere nel mondo),
mismo e stabilità vi coesistano in una stimolante dialettica.
vorremmo, contro la voga, ricondurre il discorso ai suoi ter-
La grande lezione di David Smith, una delle più alte di tutta
mini di legittimità, imprestando a Cesare Brandi il titolo di
la scultura del XX secolo, è stata raccolta da pochi artisti del
un suo articolo sul Corriere della Sera: “La statua giusta al
mondo. Vi fu un momento (proprio a Spoleto, nell’indimen-
posto giusto”, per concordarvi in pieno. Non tutte, infatti, le
ticabile mostra nel Teatro romano), nel quale sembrò che il
sculture contemporanee si adattano all’esposizione nei cen-
collage dei rifiuti di officina – ma abilmente tranciati, puliti,
tri storici della città, né tutti i centri storici sono in grado di
verniciati – scotesse un po’ tutti gli scultori del metallo. E fu
accogliere questa o quell’opera. Di conseguenza, il rapporto
di una certa sorpresa vederne un esito persino in una scultri-
antico-moderno va in fase, soltanto quando – o per armonia
ce “classica” come Barbara Hepworth (nella grande mostra
o per contrasto – le due testimonianze restino autonome, in
antologica alla Tate Gallery). L’assemblage tipico di David
reciproco rispetto, non già l’una parassita dell’altra: vedasi il
Smith e quell’ironia caustica e definitiva che suggellava le
caso Moore a Firenze, esattamente dieci anni dopo Spoleto.
forme chiuse sono, però, rientrati, per i più, nel silenzio del
Nella scultura d’oggi si dà, poi, che alcuni artisti astratti (Phi-
Museo.
lip King e Anthony Caro in Gran Bretagna, Kricke in Germa-
Il vertice di quel grande artista, stroncato drammaticamente,
nia, Ramous in Italia per dire dei più calzanti) creino tenendo
tocca quello di un altro grande americano, fortunatamen-
presente in partenza la destinazione allo spazio urbano delle
te ancora giovanile e operoso vegliardo, Alexander Calder
loro opere.
vogliamo dire, del quale gli stabiles sempre più imponenti e
Ramous, come gli altri scultori citati, sente, mentre ancora
scherzosi (incominciarono anch’essi da Spoleto) sono oggi
sta componendo le sue maquettes, che una volta realizzate
la concezione più elevata di scultura “monumentale” che si
in grande, quelle forme risulterebbero sacrificate in qualsiasi
possa intendere en plen air.
ambiente chiuso (l’ultima sua sala alla biennale ne fu prova).
Carlo Ramous, nel suo rigoroso costruttivismo, è tra i po-
90
chissimi che abbiano saputo così bene leggere nell’opera di entrambi quegli scultori costruirsi un linguaggio che di quei dati culturali rivela d’avere inteso non già questo o quell’’aspetto ma l’ impact generale, la forza d’urto, la vitalità e, sì, la dimensione morale. In perfetta coerenza con i suoi esordi (con i bellissimi legni) egli ha aperto il gesto che ne determinava la prima natura verso due dimensioni, la terza risultando eccentrica rispetto alle prime: ne intravedevamo l’aspetto singolare nel 1966, per una mostra bolognese e scrivevamo: Si vorrebbe usare quasi l’interpretazione del Dorner, per cui in queste opere non c’è mai una “necessità preliminarmente determinante” che ne condizioni la struttura o la forma; e che esse “germinino”, invece da una crescita lentamente maturata durante l’esecuzione… Oggi le ragioni della scultura astratta non vanno esibite così come occorreva qualche anno fa: sono persino giunte ai dibattiti televisivi, sono accette ai mass-media. Diventa ovvio che l’apertura del gesto scultoreo a dimensioni sempre più grandi, presume l’operazione sociale della necessità di prevedere la scultura nello spazio urbano: non nel verde como-
Certo sarebbe troppo desumere che Ramous crei opere con l’ambizione di vederle accanto a quelle dell’Antelami o del Verrocchio, al Tempio Malatestiano o al Colosseo. Il suo operare presume lo spazio come componente viva della forma. Proviamo a vedere queste sculture anche altrove che nei centri storici europei, a Helsinki per esempio oppure a Chicago; oppure, perché no, in qualche parte d’Italia dove finalmente l’Architettura possa scrivere la storia futura del suo presente e non soltanto e sempre quella del suo passato. A furia di conservare per conservare, non stiamo per caso rischiando di trasformare l’Italia in un grande museo senza vita? Il secolo ventesimo sta per andarsene senza che molto sia stato fatto per lasciare a quelli del ventunesimo una traccia importante per fare la teoria dell’architettura e della scultura del precedente. Ramous è scultore nel senso pieno della parola. Le sue opere sono perciò tra i “monumenti” da “vincolare” in una legge della tutela dei beni culturali non burocraticamente intesa.
do e fin troppo ricettivo di un parco (idea più romantica che odierna), bensì fra Duomo e piazzetta reale, in pieno centro
Giovanni Carandente
milanese cioè dove più il traffico umano si condensa.
1974
91
Tensione - 1978
92
Bozzetto, zinco , H 58 cm
Porta del deserto - 1976
Bozzetto, ferro, H 47 cm
Frantumazione 79 - 1979
Proiezione della piramide - 1976
Bronzo, H 16,7 cm
Acciaio Inox , H 13,5 cm
Coesione - 1979
93
Bronzo, H 16,7 cm
Carlo Ramous come è noto, è uno scultore da esterno,
contiene quel tono di abitabilità che non è altro che la
però anche nel “piccolo formato” riesce a dare l’idea del-
impronta della nostra esistenza.
la scultura gestuale, che è un po’ la sua prerogativa.
Per evidenziare ancora il pensiero sull’arredo urbano ri-
L’abbiamo ammirato recentemente dopo l’exploit di
porto l’intervista effettuata in occasione della Mostra di
Milano nella Piazzetta Reale, ed in altre principali città
scultura in Piazza Duomo a Milano.
italiane, e nel 1975 in una mostra di sculture all’aperto itinerante Cadorago - Seregno - Monza - Desio, dove il sentimento dello spazio veniva dominato dalla forma
Qual è il tuo discorso per l’arredo urbano?
senza colori di moda: i soli protagonisti erano i materiali.
Bisognerebbe prima di tutto intenderci su cosa sia arre-
Ramous sperimenta materiali nuovi, forniti dalla tecno-
do urbano e poi eventualmente si potrà parlare del mio
logia più avanzata, con i quali costruisce le sue opere.
discorso.
Tre sono stati i momenti di questo grande artista, che
La città sta diventando sempre più insopportabile e non
sono stati anche puntualizzati recentemente da Giusep-
solo per il ritmo che ha assunto, ma proprio per la con-
pe Marchiori: i legni, i bronzi, i ferri.
fusione dei segnali di informazione che senza criterio or-
Nei ferri: l’evocazione gestuale compare per additarci
dinativo sono stati imposti al cittadino, procurando in lui
una realtà, un sistema, una nuova esigenza di spazio. La
una latente nevrosi. Cosa sono i segnali di informazione?
sua intuizione estetica oserei dire fulminante, conferisce
La città oltre al suo aspetto distributivo di volumi, strade,
una chiara dimensione lirica: il connubio con il vitalismo,
piazze (aspetti fondamentali) ha, o dovrebbe avere, un
elemento essenziale della sua comunicatività.
aspetto estetico.
Le sue sculture sono destinate a soddisfare le esigenze
Tutti gli elementi che concorrono a suggestionare la per-
di qualsiasi città all’erta coi problemi dell’arredo urba-
cezione visiva, sono segnali di informazione, ben inte-
no e soprattutto della “scultura abitativa” dove l’uomo
so. Cosi una scritta, un colore, una facciata di casa, una
assume il ruolo di attore della casa e quindi la scultura
zona verde, sono segnali di informazione che dovrebbero
94
I ferri di Carlo Ramous
contribuire a stabilire ad esaltare i percorsi. Se vogliamo ricordare una città o un paese, noi lo possia-
Come si fa oggi a modificare, a rendere possibile uno
mo ricordare solo attraverso i percorsi che sono la som-
sviluppo più omogeneo, più organico, più naturale
ma dei segnali di informazione che abbiamo recepito.
dell’estetica della città?
Ricorderemo ovviamente i segnali più importanti e poi i
È una risposta difficile. Tuttavia qualche cosa si è tenta-
minori, ma è sintomatico che questa operazione di re-
to ante litteram al tempo della XIV Triennale di Milano,
cupero attraverso la memoria sí identifica nel percorso.
quando ero membro della Giunta esecutiva, la trasfor-
Ora la città è diventata come una radio che trasmette
mazione estetica del centro storico di Pavia, sostituendo
6-8-12 stazioni emittenti contemporaneamente, dalla
scritte, cambiando colori di facciate di case, pedonaliz-
confusione che ne deriva si passa alla noia e qualche
zando, facendo più partecipi i cittadini alle strade e alle
volta alla reazione.
piazze, inserendo sculture, cercando infine di mettere
È un grosso problema ormai di difficile soluzione. La leg-
ordine ai percorsi, esaltando certi punti focali ed asso-
gerezza della nostra generazione di architetti, la specula-
pendo altri aspetti.
zione edilizia che è stata così spudoratamente concessa,
Ma per fare tutto questo prima di tutto ci vuole la volontà
l’inettitudine, il più delle volte, della gestione del potere
politica e ci vuole poi la ripresa di coscienza della citta-
ed ancora la diffusa ignoranza sui problemi di estetica ci
dinanza su questo importante problema del nostro vivere
ha portato alla nevrosi.
e pochi uomini che si dedichino alla soluzione estetica.
E non voglio parlare di nevrosi al chiuso, cioè provocata dal vivere in un certo modo, in un certo spazio imposto, anch’essa una delle più gravi prevaricazioni avvenute nel
È recepito dalla massa questo tipo di ambientazione
nostro tempo, come testimoniano le cronache dei gior-
della scultura?
nali di tutto il mondo.
La domanda coinvolge tutta la problematica della comunicazione ed anche acutizza il divario, sempre esistito,
95
tra la ricerca píù avanzata e l’accettazione di questa ipo-
Tutti gli ignoranti di estetica, e sono tanti purtroppo, sa-
tetica novità da parte della cittadinanza.
ranno oppositori, con soddisfazione finalmente.
Vorrei ricordare a questo punto il mio lavoro di insegnan-
Mentre chi è disponibile sempre all’interesse delle mani-
te, sei anni prima nelle scuole della Umanitaria e cinque
festazioni umane con curiosità, senza remore, chi sa che
anni poi all’Istituto Statale d’arte di Monza. Quando si
dobbiamo conquistare un nuovo spazio e non solo abi-
aprivano le scuole e quando più esattamente i ragazzi del
tabile, mi auguro possa esprimere il suo favore a questo
primo anno cominciavano a lavorare, a disegnare mi ac-
mio grande sforzo.
corgevo che portavano con loro tutto un bagaglio raffaz-
La piazzetta reale è uno spazio urbano che prima era oc-
zonato di bassa cultura di complicazioni inutili, provincia-
cupato da un parcheggio di macchine ed ora è rimasto
li e vecchie, di estetismi poveri e banali. Ed il mio lavoro
vuoto nel silenzio neoclassico del Piermarini, disturba-
è stato proprio quello di sgomberare il campo, di liberarli
to dalla brutta architettura fascista dell’arengario, che
da tutti quei vincoli che avrebbero potuto condizionare la
chissà perchè è rimasta ancora al suo posto. Di fronte al
loro naturale espressione. Non c’era imposizione in que-
palazzo reale la parete del fianco del Duomo, tutta frasta-
sta mia operazione, ma solo un tentativo di liberazione.
gliata, non si sa se voglia essere protagonista in questo
Ora generalizzando è naturale che certe generazioni si
spazio o se voglia essere complementare al palazzo. È
opporranno alla mia espressione. Tutti coloro che non
tutto sommato uno spazio neutro.
vogliono cambiare nulla intorno a sè perchè altrimenti va
Il palazzo reale non è simbolo per noi contemporanei e
in pericolo la loro sicurezza, saranno oppositori.
la parete del Duomo lo è forse troppo. Può essere allora
Tutti quelli che si sentono perduti se non si identificano in
un luogo espositivo considerando che sía il palazzo rea-
un simbolo riconoscibile e paragonabile, questi saranno
le che la sala delle cariatidi sono ormai tradizionalmente
oppositori. Tutti coloro che forse troppo costretti dalle
luoghi espositivi?
difficoltà della vita quotidiana si sentono infastiditi dal
Io ritengo che le opere d’arte debbano essere autonome,
nuovo impegno mentale, saranno oppositori.
che non si debba rincorrere l’idea dell’inserimento, della
96
integrazione con l’architettura. Lo dico perchè ho realiz-
zione visiva dei cittadini.
zato molte sculture inserite compenetrate nell’architet-
Sistemate in punti chiave della città, per esempio all’arri-
tura in Italia ed in Francia e ora credo più all’autonomia
vo delle autostrade, nei grandi svincoli tipo piazzale Lo-
della espressione per un maggiore rigore linguistico. Ed
reto, possono contribuire ad una maggiore focalizzazio-
anche perchè non credo che il problema dell’inserimento
ne e possono testimoniare la presenza del nostro tempo
della scultura nella città possa essere risolto altrimen-
storico.
ti. Tutte le nostre città sono il prodotto di una intensa
Non è vero che non ami più il bronzo, ma sono attratto
stratificazione storica. Non è pensabile demolire tutto e
dal calore e dalla forza del ferro quasi come forza prima-
rifare con ipotetica coerenza, nè credo che soluzioni va-
ria più idonea credo ad interventi nello spazio.
gamente contestatarie o brutalmente ossessive risolvano meglio il nostro modo di vivere. La città è quello che è; bisogna, ripeto, solo riordinare
Ritieni che la scultura ha una ragione di vita solo all’e-
l’estetica e immettere una testimonianza del nostro tem-
sterno o anche all’interno?
po, altrimenti come vanno le cose ora è molto dubbio
La scultura vive dovunque, sia all’interno che all’esterno.
che ai nostri figli si possa lasciare una indicazione, una
Il problema è trovare la scultura giusta per il posto giusto.
testimonianza che provi la presenza di questa nostra ge-
Che io abbia poi un’attitudine più spiccata alle grandi di-
nerazione.
mensioni, questo non significa nulla.
Perchè usi il ferro e non più il bronzo?
La tematica delle tue opere?
Uso l’acciaio perchè lo ritengo più idoneo per le sculture
Credo di essermi sempre occupato della condizione
di queste dimensioni. E sono di queste dimensioni per-
umana nel mio lavoro cercando per quanto mi è stato
chè devono essere dei segnali, devono attrarre la perce-
possibile le motivazioni elementari dell’umanità d’oggi.
97
Non voglio, come dovrei, parlare di tutto il cammino del
lezza dei punti di vista perché cerco la semplificazio-
mio lavoro di scultore. Sono trent’anni ormai. Limito le
ne dell’immagine, perchè cerco l’equilibrio instabile,
mie parole a queste sette sculture in piazzetta reale.
per ricercare una nuova situazione.
Sono quasi tutte provocate dal bisogno che sento di
Sono alla ricerca di strutture nuove per una nuova
esaltare il gesto della mano. Le costrizioni, gli impe-
società.
dimenti, le limitazioni che la società, il sistema ci impongono mi hanno convinto che la mano dell’uomo
Franco Cajani
è ancora una forza, una possibilità di liberazione che
Alla Bottega
comunque nessuno ci può togliere.
Marzo-Aprile 1976
Il consumismo ha avuto vita breve e se ha contaminato molti intellettuali e molti operatori culturali, non mi ha corrotto. Anche queste mie sculture hanno avuto una lunga incubazione e prima di queste altre mi hanno aperto, con lo stesso intendimento, questa strada. Sono dei gesti, ho voluto portare con me il desiderio di rivalsa, di reazione di tanti uomini come me che mal sopportano la limitazione della libertà, l’ingiustizia. Non serve compiacersi nella nevrosi fredda, ma al contrario bisogna ricercare le ragioni fondamentali della vita per andare avanti. In queste premesse sta la ricerca di un nuovo spazio perchè sarà questa presenza, questo gesto che potrà configurarlo sino a dargli un nome. È per questo che ricerco la mutevo-
98
Senza titolo - 1974
76 x 56 cm
Senza titolo - 1974
81 x 58 cm
Senza titolo - 1974
Senza titolo - 1974
99
82 x 58 cm
100 x 80 cm
CARLO RAMOUS è nato a Milano nel 1926: scultore, ha
noi ha dentro.
studiato a Brera con Marino Marini. Nel 1946 espone le sue
Devo dire che molto spesso I’“interno” non va d’accordo
prime opere. Da allora il suo nome è presente in tutto il
con l’“esterno” che esiste oltre il “fare”. Per dirla alla Ca-
mondo con mostre personali e nelle grandi rassegne in-
mus è anche una continua guerriglia tra il subire la storia e
ternazionali, alla Biennale di Venezia nel 1958, 1962, 1972;
il farla. Su questa strada ci si trova a non poter riconoscere
alla Biennale di San Paolo del Brasile nel 1961; alla Qua-
la proiezione del mio “interno”. Ed è probabile che questa
driennale di Roma nel 1955, 1959, 1973; alla Triennale di
proiezione diventi assurda. Di questo mi sto occupando
Milano nel 1954, 1960, 1964; alla Biennale Internazionale di
oggi, di proiezioni assurde. Debbo anche dire che io mi
Anversa nel 1965, 1973.
sono sempre occupato di questo “dentro-fuori” sin dalla
Ramous ha inoltre esposto a Parigi, a Tokio, a Londra, a
mia mostra intitolata Frantumazioni che ebbi a Parigi alle
Oslo, a New York, ad Anversa, ad Alessandria d’Egitto, a
Galerie Blumenthal nel 1964. Julien Alvard, ora scompar-
Teheran, a Città del Messico, a Budapest, a Zurigo, a Colo-
so, che scrisse la presentazione sul catalogo, con la sua
nia, a Norimberga, a Berlino, a Sidney, all’Aia, a Copenha-
acuta intelligenza paragonò questa mia indagine alla 3’
gen, a Lisbona, a Dusseldorf.
situazione di Binswanger. È come pensare che si possa configurare questo nostro “dentro” e nello stesso tempo
Devo scrivere del mio lavoro, ed io lo considero come
vederselo spaccare, rompere in mano e l’immagine che
scrivere di me stesso e della mia vita. La Stendhal dove-
desideravo produrre dal di “dentro” risultava rotta incrinata
va farmi delle domande, ma è difficile fare delle domande
come un vaso caduto.
oggi, come è difficile rispondere. Se mi rivolgessi al mio
E tutto in silenzio, silenzio oggettivo, ma tanto rumore di
“interno”, al suo spessore, non avrei nulla da dire. Ma
“dentro Forse non crederete a questo rumore interno. lo
questo mio “dentro” deve fare continuamente i conti ine-
non sono sordo, per lo meno non lo sono del tutto,
vitabilmente col mio “fuori”, appunto perché attraverso il
la prova è che amo immergermi in tutto quanto mi capita
comportamento si è abituati a giudicare quanto ognuno di
di “fuori”. È la vecchia abitudine di considerare quanto mi
100
“Scultura” CARLO RAMOUS - 1977
propone la vita o la mia provocazione perché ciò avvenga,
Se questa proposta di colloquio, se questa intenzione di
come un’avventura. Poi vennero i manifesti in ferro, curavo
uscire dal chiuso delle gallerie, se questo intendimento di
l’aggressività propria del manifesto senza dire nulla, for-
portare la scultura moderna a livello di segnale di informa-
se senza voler dire nulla. II vuoto-pieno stava prendendo
zione urbanistico è stato positivo, lo spero, certo credo
forma così come uno spazio dilatato da tanti impercettibili
l’importante è di essere stato in grado di proporlo.
avvenimenti. Ricordo che Marco Valsecchi parlò in quella
Per la realtà oggettiva, per la funzione, c’è un mio proget-
occasione di inquietante angoscia, segno di pericolo... Poi
to in Regione Lombardia che dorme. E sarebbe il modo di
l’invito con una sala alla Biennale di Venezia, per la terza
dare forma concreta, programmata alla committenza pub-
volta. Giovanni Carandente paragonò queste sculture alla
blica. Ed è ciò che la gran parte degli intellettuali ed artisti
attivazione dello spazio del Panowski definendole disegni
invocano a gran voce e da molto tempo. È la nuova utenza
nello spazio. Il linguaggio lentamente, mi sembra, diventò
di una nuova società. In verità anche senza pensare ad una
più chiaro, più limpido, ma soprattutto più semplice. Il pas-
nuova società ma solo ad un nuovo modo di agire e di am-
so alle grandi sculture è stato breve e conseguente.
ministrare, in parecchie nazioni occidentali questo sta avve-
Naturalmente feci prima dei bozzetti piccoli immaginando
nendo. Al contrario negli stati orientali questo non avviene,
la grande dimensione che avrei dato loro. Calcolando la
perché essi sono ancora legati alle celebrazioni ed a con-
tensione di questi grandi gesti che volevo fossero rappre-
cezioni che non ho timore di definire vecchie per la cultura.
sentativi di una forte presenza dell’uomo, provocante qua-
Non per una continua liberazione quindi, ma per una stru-
si, un atto di ribellione per ristabilire che il gesto della mano
mentalizzazione della cultura ed una spugna sulla ricerca
può ancora risolvere la coercizione, l’abuso, l’ipocrisia del
visiva.
nostro tempo. Ecco, senza celebrazione ho pensato che
Ecco una parte breve della avventura della mia esistenza
queste grandi sculture abbiano in sé la capacità di interlo-
ed ora ritorno all’assurdo, alle proiezioni assurde, perché
quire al di là di una funzione urbanistica, con inquietudine
molto spesso dall’assurdo si riesce a capire più a fondo
se volete, con tanta gente.
la realtà.
101
Senza titolo - 1974
60 x 44 cm
Senza titolo - 1975
60 x 44 cm
Senza titolo - 1975
60 x 44 cm
102
Senza titolo - 1974
103
60 x 42 cm
L’equilibrio dell’individuo, il comportamento che stabilisce
un linguaggio imposto e non partecipato nelle sue pro-
nel rapporto con la società, è in gran parte sempre la con-
poste di comunicabilità, inevitabilmente comporta nella
seguenza recettiva che ne deduce dall’ambiente: case,
singola persona e di conseguenza nella collettività, motivi
piazze, strade, famiglia, scuola, lavoro, rumore, silenzio,
di decadenza morale.
musica, poesia, giornali, radio, televisione, ecc.. È, per
La funzione della scultura e dell’arte in generale, oggi, nel
meglio dire, una dipendenza del linguaggio con cui sensi-
tessuto urbano, è quella di far vivere all’uomo una forma-
bilizza e identifica la sua personalità critica. Una premessa,
interprete d’una funzione più corrispondente di quella che
questa, che penso non vada sorvolata, affinché la moltitu-
idearono i nostri padri delle generazioni tramandate. Una
dine urbana venga a conoscenza dei significati nuovi che
forma nuova in cui l’intervento non limita nel frammenta-
comporta l’arte contemporanea di cui le sculture gestuali
rio la funzione del l’arte, ma che tramite il rinnovamento
di Carlo Ramous sono un caposaldo dell’avanguardia più
del simbolo produce quell’informazione che alimenta la
attiva. Per cui non si può confondere la freddezza formale,
coscienza unitaria dell’umana specie. Ed in questa visio-
immobilistica di concepire la scultura con l’animazione del
ne non resta che prendere atto come Ramous nelle sue
calore artistico che, evolvendo lo spirito della spiegazione,
sculture abbia creativamente raggiunto quella sollecita-
sa corrispondere a quella reale esigenza d’armonia collet-
zione formale che nel provocare la rottura con il vecchio
tiva a cui oggi nella sua legittimazione d’identità e funzione
linguaggio alterna la novità dell’emozione rasserenatrice
è socialmente chiamata a rispondere l’arte.
d’equilibrio tra il cittadino ed il paesaggio urbano. Un’a-
Essendo pertanto risaputo, ed ad ogni livello di compor-
zione che incontra l’utilità nell’aperto delle strade e piaz-
tamento dell’individuo, che la serenità d’animo della per-
ze, nello spazio, nei luoghi in cui la gente oggi domanda
sona umana, nella sua quasi totalità è ampiamente condi-
più armonia espressiva. Un nuovo confronto che sollecita
zionata dai mezzi di comunicazione, dall’ampiezza critica,
nella pratica gl’interessi culturali odierni e corrisponde alla
dalla forza di reazione con cui l’individuo reagisce nelle
fantasia umana della comunicazione elettronica. Il carat-
diverse situazioni. Anche perchè, l’accettazione acritica di
tere gestuale delle sculture di Ramous assolvono a quella
104
“Sulle vicissitudini del mondo aristico e culturale contemporaneo” Artecultura dialettica che sa concordare dinamismo e stabilità di for-
R: Un contatto enormemente maggiore con la gente —
ma e superare il frastuono d’una tecnica in disarmonia con
con lo spazio, — con il tessuto urbano. Significa tante
l’animo dell’uomo. L’opera dell’artista, per meglio specifi-
cose e non solo una motivazione, non siamo nel campo
care, è ricerca della varietà emozionale, della molteplicità
della aritmetica semplice, perché l’arte è di tutti — la pre-
ritmica del simbolo e non della ripetibilità disgiunta dal
senza della scultura può essere autonoma svincolata ed
quotidiano vivere della gente. Il suo intervento gestuale
anticelebrativa. La banalità del percorso urbano a Milano
rimuove benappunto il latente della settoriale concezio-
è ormai sulla bocca di tutti gli stranieri. Manca di segnali
ne dell’arte per alternarvi l’attivismo della creatività totale:
di informazione. Banalità visiva all’altezza degli occhi, ve-
una dimensione nella quale l’arte diventa concetto univer-
trinistica ossessiva, pubblicità odiosa insiste anche dietro
sale, non per riferimento di singolari espedienti, ma per il
le spalle. Bisogna ridisegnare la città come siamo vera-
coinvolgimento generale che comporta l’utilità nell’attuali-
mente e non come ci viene imposto dalla burocrazia po-
tà dell’informazione circa il dibattito arte-ambiente.
litica. Come siamo e come vorremmo essere. La nostra
Nell’epoca in cui l’uomo vola nello spazio non è ulterior-
casa rovesciata fuori in uno spazio pulsante che cancella
mente possibile soddisfare il linguaggio della vita con la
e pulisce la nostra epidermide, che può distruggere la no-
sola luce di uno stoppino. Ci vuole ben altro. Perchè sia
stra individuale inflessione per una ipotesi di essenzialità
giorno e l’arte luce reale di tutti. Ed ora qualche domanda
più determinata dallo spazio che dalla forma, forse più un
allo scultore che ha collocato le sue opere in tanti Paesi e
impatto che un incontro purtroppo. I significati, se pur esi-
principalmente nella Milano che gli ha dato i natali nell’an-
stono sono molti, così come le implicazioni già significanti
no 1926.
quando appaiono tremendamente.
D: Cosa vuol significare per lei, maestro Ramous, l’in-
D: Cosa vuol provare con la sua dimensione operativa
contro scultura-ambiente fuori dai recinti dei musei e
e quale pratica artistica teorizza?
delle gallerie?
R: Io non teorizzo nessuna pratica artistica, io tengo più
105
a vivere che a teorizzare, il mio fare lo trovo, alcune volte
In quanto ai misteri del cosmo, lasciamoli stare per piace-
così assurdo che mi sembrerebbe pazzesco teorizzarlo.
re, mi accontenterei di fare della poesia. Maestro Ramous io la ringrazio per il suo intervento
D: In che rapporto spazio e gesto s’incontrano nella
chiarificatore e mi abbia cordialmente.
sua scultura? R: Lo spazio credo sia più importante del gesto, è il primo che probabilmente determina il secondo, ma alla fine
Giuseppe Martucci
ciò che conta è la sovrapposizione dei due concetti per
1979
scoprire la scultura. Io non ho nulla contro chi distrugge la scultura, la differenza tra me e questi che distruggono immettendo linguaggi diversi nel loro fare è che io credo ancora alla scultura e credo di rinnovarmi in essa. D: Il costruttivismo è per lei una grammatica, una logica oppure una concezione assoluta del pensiero razionale interessato a penetrare i misteri del cosmo architettonicamente? R: Fare scultura da sempre è anche costruire (è l’unico punto in comune con l’architettura), il continuare a fare scultura potrebbe far pensare ad una logica — una grammatica, che certamente esiste, cosi spero, ma parlo di logica e di grammatica visiva che si può leggere solo con gli occhi.
106
Senza titolo - 1976
Senza titolo - 1975
78 x 60 cm
Senza titolo - 1976
107
119 x 60 cm
90 x 76 cm
108
Senza titolo - 1977
70 x 50 cm
Senza titolo - 1982
70 x 50 cm
Cellophane da scolpire Il Giorno
Sono tempi duri per la scultura, che più di ogni altro setto-
e ferro verniciato, affiancate da alcuni collages in cello-
re artistico paga il filo della crisi che imperversa.
phane molto suggestivi: sono gli esiti di una ricerca con-
Non è certo un problema di qualità dei prodotti, ma di
dotta in un continuo confronto dialettico con l’architettura,
aspetti ben più concreti: la scultura necessita di materiali
alla cui banalità corrente egli contrappone strutture quasi
di alto costo e di tempi lunghissimi di esecuzione, cui si
assurde, ai limiti dell’equilibrio statico.
aggiungono difficoltà come la complessità dei trasporti,
Collocate o soltanto immaginate come elementi del pae-
la minore collocabilità nell’ambiente rispetto ai quadri, ec-
saggio urbano, esse si stagliano come sigle grafiche di un
cetera.
linguaggio inconsueto e moderno sugli sfondi sciatti della
Da ciò la sua scarsa circolazione, per nulla aiutata da una
metropoli, e ci inducono a serie considerazioni sul livel-
critica che dai tempi del Longhi disdegna tutto ciò che
lamento e sull’appiattimento delle nostre abitudini visive.
non è pittura.
Tutt’altra atmosfera emana dalle opere recenti di Pepe,
Sul piano delle idee invece gli scultori italiani sono ancora
pugliese nella produzione precedente, oggi appare chiara
tra i primi del mondo, e ogni loro sortita pubblica’ rappre-
l’intenzione di Pepe di costruire le sue opere secondo uno
senta una sferzata a un ambiente sempre più apatico.
schema apertamente organico-simbolico, che incrinando,
Ne sono un buon esempio le «rentrées» di Carlo Ramous
corrodendo e lacerando le superfici della scultura ne fa
alla galleria Il Dialogo (portichetto di via Manzoni, fino al 2
emergere la realtà più vera, quel senso magico della realtà
marzo) e di Lorenzo Pepe al Graphica Club (via Gesù 17,
che la origina.
fino al 9’ marzo). Rarnous - milanese con venature mitteleuropee — è noto soprattutto per il monumento ai caduti del quartiere’ Isola
Flaminio Gualdoni
- e per le grandi strutture metalliche che espose nel 1974
17 Febbraio 1979
di fianco al Duomo suscitando un vespaio di polemiche. In questa mostra presenta una serie di sculture in acciaio
109
Senza titolo - 1977
50 x 70 cm
Senza titolo - 1977
45 x 62 cm
Senza titolo - 1981
50 x 70 cm
Senza titolo - 1977
50 x 70 cm
110
Senza titolo - 1984
50 x 35 cm
Senza titolo - 1977
62 x 45 cm
Senza titolo - 1984
50 x 35 cm
Senza titolo - 1977
45 x 62 cm
Senza titolo - 1984
111
50 x 35 cm
Senza titolo - 1984
50 x 35 cm
Senza titolo - 1984
28 x 42 cm
Silenzio - 1980
112
Bozzetto, zinco, H 30,5 cm
Immagini e strutture nel ferro e nell’acciaio All’origine dell’impegno “spaziale” delle opere di Ramous
Carlo Ramous, nel suo rigoroso costruttivismo, è tra i po-
sta il carattere gestuale delle sue composizioni, sicché
chissimi che abbiano saputo così bene leggere nell’opera
dinamismo e stabilità vi coesistono in una dialettica: la
di entrambi quegli scultori, da costruirsi un linguaggio che
grande lezione di David Smith, una delle più alte di tutta
di quei dati culturali rivela d’aver inteso non già questo o
la scultura del X X secolo, è stata raccolta da pochi artisti
quell’aspetto ma rimpact generale, la forza d’urto, la vita-
del mondo. Vi fu, un momento (gli anni Sessanta), dopo
lità e, si, la dimensione morale. In perfetta coerenza con
la grande rivelazione europea dello scultore americano
i suoi esordi (con i bellissimi legni) egli ha aperto il gesto
(proprio a Spoleto, nell’indimeticabile mostra nel Teatro
che ne determinava la prima natura verso due dimensio-
romano), nel quale sembrò che il collage dei rifiuti d’offici-
ni, la terza risultando eccentrica rispetto alle prime. Cer-
na — ma abilmente tranciati, puliti, verniciati — scotesse
to sarebbe troppo desumere che Ramous crei opere con
un po’ tutti gli scultori del metallo. E fu di una certa sor-
l’ambizione di vederle accanto a quelle dell’Antelami o del
presa vederne un esito persino in una scultrice “classica»
Verrocchio al Tempio Malatestiano o al Colosseo. Il suo
come Barbara Hepworth (nella grande mostra antologica
operare presume lo spazio come componente viva della
alla Tate Gallery). L’assemblage tipico di David Smith e
forma. Proviamo a vedere queste sculture anche altrove
quell’ironia caustica e definitiva che suggellava le forme
che nei centri storici europei, a Helsinki per esempio op-
chiuse sono, però, rientrati per i più nel silenzio del Museo.
pure a Chicago, oppure, perchè no, in qualche parte d’I-
Il vertice di quel grande artista, stroncato drammatica-
talia dove finalmente l’Architettura possa scrivere la storia
mente, tocca quello di un altro grande americano, fortu-
futura del suo presente e non soltanto e sempre quella del
natamente ancora giovanile e operoso vegliardo, Alexan-
suo passato.
der Calder vogliamo dire, del quale gli stabiles sempre più imponenti e scherzosi (incominciarono anch’essi da Spoleto) sono oggi la concezione più elevata di scultura
Giovanni Carandente
“monumentale” che si possa intendere en plen air.
1979
113
Alla fine della tensione - 1981
Bozzetto, zinco, H 21,7 cm
Ci troviamo alle sei- 1981
Il seme compresso - 1981
La caduta degli dei - 1981
114
Lo schermo distratto- 1981
115
Bozzetto, ottone, H 48,5 cm
È spuntato in giugno a Milano, nell’aiuola di Piazza della
portante è al “ Milione” nel 1956. In quei tempi lavora la
Conciliazione, uno “stabile” di dodici tonnellate di acciaio
terracotta: grandi vasi monocromi di un suo colore molto
verniciato nero, un Gesto per la libertà composto nel 1970
caldo e interventi in architettura come Ia facciata figurativa
e già esposto con altre opere di Ramous nella “personale
della chiesa di S. Maria Marcellina a Milano, in cemen-
all’aperto” in Piazzetta del Palazzo Reale. Esso si aggiun-
to modellato monocromo di forte sapore cromatico. Nel
ge ad altre opere, a Milano, tra le quali il monumento ai
1960 lavora a Blois all’ “Imprimerie” di Cino Del Duca con
patrioti del vecchio quartiere dell’Isola (1972) di acciaio
un ornato lungo un centinaio di metri: un rilievo monocro-
inossidabile sabbiato, svettante su un alto basamento di
mo con marcato giuoco di vuoti e di pieni e una scultura
granito.
astratta di bronzo alta quasi sette metri.
Che Carlo fosse un artista lo seppero presto in famiglia.
Nelle scelte materiche dell’artista ci pare di vedere quattro
Già da ragazzino disegna sui muri di casa e la mamma
successivi periodi: I’età del cotto, del bronzo, del legno e
protesta per guei non previsti “murales”.
infine l’età del metallo in lamiera.
Il talento del ragazzo è subito favorito. Frequenta prima il
Anche l’impegno sociale, e I’ansia esistenzialista proce-
Liceo Artistico e poi I’Accademia di Brera, allievo prima di
dono in chiave materica. O viceversa.
Manzù e poi di Marino Marini.
Già dal 1958 c’è uno sdoppiamento progressivo della for-
Contemporaneamente è iscritto ad Architettura e questo
ma chiusa verso un desiderio di apertura come espres-
si vedrà chiaramente, dopo, nella sua grafica progettuale
sione del mondo interno che vuole arrivare in superficie
e nella plastica costruttivista.
e oltre’ Dal simbolismo del 1962, con le narrative fusioni
A vent’anni, studente, nel 1946, Ramous si lancia in una
bronzee, fino al 1965 c’è il dialogo tra le germinazioni ge-
prima mostra personale per un intimo bisogno di confron-
stuali.
tare e chiarire le proprie attitudini e poí è presente in nu-
È l’ epoca delle “frantumazioni” e qui comincia il successo
merosissime collettive, tra le quali la Triennale di Milano e
dell’artista che si scopre un atteggiamento di tipo esisten-
la Quadriennale di Roma; ma la sua prima personale im-
zialista.
116
Carlo Ramous
Per Ramous, frantumazione significa la lenta rottura che
della, sono dentro, non possono essere appiccicati, come
esiste tra I’uomo e gli altri uomini; ossia la difficoltà a cre-
i fiori sui frontoni dei palazzi Liberty.
are il rapporto tra I’essere e ciò che gli sta intorno, “fra
L’artista deve dirigersi dove la propria espressione trova
I’essere e I’intorno” come dice lui.
comprensione.
Portando avanti questo rapporto si stabilisce la linea di
Con il suo codice individuale, con il suo mondo di segni.
indagine e di lavoro dell’ artista che tenta la strada dell’u-
L’artista deve fare arte, dice Ramous trascurando I’opera
nità, della totalità nei pensanti e nel nostro inconscio. Molti
artistica, evitando etichette e didascalie come alibi alla su-
artisti sono interessati al dramma dell’alienazione e della
perficialità dell’indagine.
sua liberazione.
Dal 1962 in poi Ramous dispone le sue forme: archi, curve
Chi si rassegna e chi no.
spigoli linee angoli.
C’è chi il problema esistenzialista dell’uomo lo vede nel
E’ “l’ansia ordinatrice delle forme” nello spazio reale, sui
suo rapporto con la civiltà delle macchine.
palazzi, nelle piazze, nelle strade.
L’uomo domina la tecnica, ma da essa è dominato e fatal-
Ansia che rivelano quelli artisti che rifiutano la museifica-
mente si perde. Per Ramous I’esistenzialismo non è solo
zione e vogliono le opere in funzione della fruizione pub-
angoscia e morte, ma anche speranza: il fatto di capire e
blica, dell’uomo della strada, e sperano che questo possa
dare un senso alla nostra vita: dal marasma c’è ancora la
godere I’opera e coglierne il messaggio.
possibilità di uscita dell’uomo.
Opera d’arte, dunque, integrata nell’ambiente urbanistico.
Perciò Ramous respinge il concetto di collettivismo per-
Il rapporto arte-ambiente diventa necessario.
ché nell’uomo che abbraccia questo concetto Ia persona-
Solo in funzione dell’ambiente l’artista assume la propria
lità ne esce distrutta.
identità. Nel 1966-67 il concetto di fuga nello spazio.
C’è ora il problema dell’espressione del concetto.
L’artista modella legno e alluminio, modella immagini che
L’astrattismo rifiuta il soggetto, ma il soggetto c’è come
si dissolvono nello spazio.
concetto. I concetti sono dentro le forme che I’artista mo-
C’è la lezione brancusiana nelle stupende composizioni
117
lignee del 1967, come “Colonna Vertebrale”, le “Iperco-
C’è anche la grafica di Carlo Ramous perché uno scultore
struzioni”, Costruzione magica. Nel 1968 c’è Urlo plastico,
della sua statura è un grande disegnatore, prima di tutto.
di legno padouk policromo, che ci ricorda un altro Urlo,
E tanta più progettualità quanto più si va al costruttivismo.
quello di Oslo, anche se i mezzi sono differenti, ma uguale
Il codice segnico, le forme, le proiezioni spaziali, la poetica
è l’angoscia che esce da quelle due bocche.
dello scultore sono nella sua grafica.
Ramous rifiuta etichette, ma il suo impegno nel rapporto
La ricerca di Ramous è ormai arrivata avanti. Il suo alfabe-
arte-ambiente, la monumentalità e l’impiego delle lamiere
to di segni fa un discorso negli spazi liberi, in riva all’acqua
di acciaio lo portano automaticamente a ricerche struttu-
e nei centri storici delle città.
rali.
Nei musei soffoca.
L’omaggio a Calder implica influenza di Calder.
Nell’aria aperta espande il suo mondo, la sua architettu-
Gli stabiles. Negli anni ‘70 Ramous fa maquettes e scul-
ra, la sua plastica, i ritmi, le armonie rigorose delle curve,
ture per l’aria aperta, per le spiagge, i lungolaghi, le città.
degli archi, delle punte, delle slanciate seppure imponenti
Prima scultura a Spoleto, 1962.
geometrie.
Poi esposizioni all’aperto all’Aja, Volterra Monza Parma
Destinazione spazio.
Pesaro Rimini Milano Cadorago. Numerosissime le espo-
Destinazione libertà.
sizioni personali e collettive, tra le quali tre Biennali a Venezia. Verso la monumentalità.
Alessandro G. Amoroso
Grandi lamiere di ferro nero o policromo, ferro galvanizza-
1981
to ottone (“Continuità 1972”), acciaio inossidabile. Citiamo, tutte di acciaio inossidabile, Sviluppo dell’arco 1975, Gesto e Spazio e Tre Situazioni del 1976, le Proiezioni assurde del 1976 e 1977.
118
Eclisse - 1984
119
Bozzetto, zinco, H 30,5 cm
120
Gesto per la libertà Piazza Conciliazione Milano all’Aperto È un ‘Gesto’ in acciaio; un ‘Gesto’ di ampiezza notevole
coscienza e d’amore”, ora “gesto per la libertà”, ora “ge-
(più di sette metri e mezzo per quasi nove metri e mez-
sto per la pace”, ora “atto di speranza che si innalza, non
zo per tre metri e mezzo!), compiuto nel 1972. Se sia un
celebrativo, ma attivo e vero come può essere un atto d’a-
‘gesto di conciliazione’, visto che lo si osserva in piazza
more e come la terra che lo sostiene e da cui nasce”.
Conciliazione, è difficile a dirsi. Si può comunque convenire con l’autore, Carlo Ramous, che ora qualifica il ‘Gesto’
Francesco Ogliari
come “atto di fede nell’uomo”, ora lo definisce “gesto di
1982
Back underground - 1982
Bozzetto, zinco, H 21,7 cm
Sospeso urbano - 1982
Concentrazione sospesa - 1985 121
Bozzetto, zinco, H 22 cm
Bozzetto, zinco, H 290,8 cm
Ala del tempo - 1986
Bozzetto, zinco, H 25,8 cm
Allargare le braccia - 1986
122
Bozzetto, zinco, H 20,5 cm
Ballata nel plenilunio Via Forze Armate Milano all’Aperto
Siamo di fronte a una fusione in bronzo di un originale in
care gli amanti in un attimo eterno. Il gesto del demiurgo
gesso del 1960, alta due metri e trenta centimetri.
cristallizza le forme e rende immortali le anime attraverso
Una scultura cui l’Autore, Carlo Ramous, ha ritenuto dare
la materia che, altrimenti, sarebbe caduca e corruttibile.
un titolo romantico: Ballata nel plenilunio.
Ma qui il tempo non ha più misura. È tensione non visibile
Prima di avere questa sede, la scultura è stata ammirata
che diventa clima respirabile e commensurabile. È vastità
in varie esposizioni: in Brasile, alla Biennale di Sao Paulo
di spazi in cui ritroviamo i canti segreti. È affondare i piedi
e nel Museo di Rio de Janeiro, alla Triennale di Milano,
nell’erba umida e sentirsi crescere come una pianta. È ri-
al Middelheim Museum di Anversa. Quest’opera è un
frangere bagliori come dal cuore spezzato delle meteoriti.
esempio della scultura ‘costruttivistica’ e in plein air che
Avvolgenti e vibranti i piani si dipanano in un contrappunto
da alcuni anni è venuta a contribuire all”arredo urbano’
continuo, quasi il concetto tentasse di liberarsi dalla ma-
di molte città, dopo l’esperimento del 1962 a Spoleto, il
teria che impone le sue leggi, ma che non bastano, nelle
primo del genere nel mondo. Sul significato della ‘ballata’
mani del poeta, per trattenere la spinta vitale che, sola,
è interessante lasciar parlare l’Autore stesso: “... al terzo
la può liberare dalla contingenza e farla diventare tempo
canto del gallo la rugiada brilla sulla pelle di un abbraccio
presente e futuro”.
fermato nell’attimo in cui potrebbe disciogliersi alla luce di un plenilunio d’agosto. La superficie rabbrividisce di sensi
Francesco Ogliari
accaldati e le cesure dei piani diventano tese fino a bloc-
1982
Toccare il silenzio - 1986 123
Bozzetto, zinco, H 25,4 cm
124
Il grande obliquo - 1988
Bozzetto, zinco, H 24,7 cm
Pullsione - 1988
Bozzetto, zinco, H 30,7 cm
Il viaggio - 1987
125
Bozzetto, zinco, H 23,5 cm
Milano
1 9 8 9
126
Da dentro svolgere - 1989
Bozzetto, zinco, H 12,5 cm
- 2 0 0 3
Il tesoro - 1993
Bozzetto, zinco, H 11,7 cm 127
Il sacco era colmo, gonfio ed aperto in cima, aveva la tela
bianco, giallino o marrone stavano immobili, contornati da
tesa in certi punti ed aguzza puntuta in altri, non si poteva
una quantità di carta accartocciata colorata e animata da
chiuderlo, legarlo con un legaccio strettamente, come si
scritti, fotografie di gente urlante, così ancora aggressiva
sarebbe dovuto fare per definire gli avvenimenti contenuti,
nonostante il tempo superato.
e questi, disparati, fuoriuscivano e le loro grida risuonava-
In un giornale di provincia lontana, un giorno incontrai l’as-
no sinistramente in tutta la stanza. Alcuni avevano ancora
senza, era uno strano personaggio pallido ma non sgrade-
la veemenza e l’urlo della cronaca annunciata, altri invece
vole, la sua aria incantata affascinava tutti, si può dire ouì,
erano solo l’eco dell’avvenimento che ancora attraversava
açè qzertutti maooo muni , ed ora tutto è chiaro.
il territorio in lungo ed in largo, come le strade che si in-
Si ripeteva l’affermazione continuamente, era chiaro, era
crociano e che hanno una direzione vicina e lontana nello
evidente, non si capiva cosa in questo avvenire ambiguo,
stesso tempo. I caratteri in nero fondo si stagliavano tra il
ma era chiaro. Si ripeteva nelle righe seguite subito dall’of-
cumulo di notizie ricalcando la vita inquieta nella carta pie-
fuscamento della chiarezza, per dare spazio poi ad un’altra
gata, accartocciata, spiegazzata e strappata, sporca inde-
chiarezza, di breve durata, trovata in un angolo di una carta
centemente.
lucida uscita dal sacco.
Tutto era nel sacco, le notizie gioiose, le carte colorate, lu-
Una figura esile, pallida, vestita di bianco era il fiore della
cide ed opache ed il grigio disseminato da battaglie ecolo-
giornata, muoveva lentamente gli avambracci sottili senza
giste, non fateci più gool nelle notti bianche, sullo sfondo
indicare nulla ed i movimenti aggraziati lentamente faceva-
dipingono rivalità e scontri, di 240 morti, atrocità, dolore.
no corona alla figura. La carta interrotta, strappata, lasciava
Con un suono acuto lamentoso prolungato di un vecchio
un senso misterioso alle parole come una giornata non fini-
cancello che si apre, il sacco si rovesciò e le notizie si
ta, con una struggente nostalgia e la tristezza di non riuscire
sparsero sul pavimento come un mazzo di carte da gioco.
a compiere l’intento di vivere. Il desiderio di smontare le
Alcune carte non avevano scritti e non comunicavano nul-
immagini e il cumulo di significati che le carte suggerivano
la, come le persone che non hanno nulla da dire, di colore
si sovrapponeva al saluto dell’esile figura vestita di bianco
128
Il sacco (racconto) Archivio
ed al suo profumo.
da buttar via. Ma... Ma basta dare un’occhiata a quelle due
I pezzi strappati ricaddero disordinatamente in terra sopra
parafrasi che abbiamo dato sopra, del concetto di autorefe-
le altre carte. Il cumulo era ancora vicino ai piedi, bastava
renza per accorgersi che il problema non è tanto semplice.
un passo per ritornare nella sarabanda e prendere in mano
E infatti: sarà vero che la scultura astratta «ha il proprio si-
uno, due pezzi di carta, ma la caviglia improvvisamente in-
gnificato in sé» o si dovrà dire piuttosto che «essa stessa è
gannata ed indebolita si piegò e fece cadere malamente
il proprio significato»?
lungo disteso tre le carte che sommersero i piedi, le gambe,
Perché le due proposizioni son ben diverse; la prima può
il torso, le braccia e la testa facendo saltare, saltare tutto,
indurre a pensare che dato un certo oggetto sculturale
sino a farlo sparire.
astratto «in esso», cioè in qualche modo «dentro» ci sia un «significato» da cercare, come il nocciolo sta dentro alla
(Carlo Ramous)
ciliegia; la seconda invece induce a pensare che tutto l’oggetto, cioè tutta la superficie dell’oggetto, sia il «significato»
Un’opera di scultura classica ha in genere come oggetto
(la ciliegia stessa e non il nocciolo, o, se il nocciolo, non
la figura umana e questa, è stato detto (Hegel) è il suo «si-
senza la ciliegia).
gnificato».
La questione non è di lana caprina, come sa chi si occupa
Un’opera sculturale astratta ha pure un «significato»? Sì,
di ermeneutica. Chi volesse divertirsi a vedere le posizioni
può dire la critica, appropriandosi la soluzione data da Ja-
possibili che, così in astratto, si possono prendere al pro-
kobson al problema del «significato» dell’opera d’arte lette-
posito, dovrebbe andare a vedersi la Logica hegeliana (nel
raria: l’opera d’arte letteraria è autoreferente, essa stessa è
secondo volume, la logica dell’essenza e del suo correlato,
il proprio «significato»; così, si può dedurre, anche la scul-
l’esistenza).
tura astratta ha il proprio significato in sè, essa stessa è il
Ma non è in astratto che vogliamo noi qui trattare la cosa,
proprio «significato»...
ma invece assai in concreto. L’occasione ci è data da un
La formula è certo elegante e l’autorità di Jakobson non è
curioso incontro: l’incontro con uno scultore astratto che
129
scrive poi anche racconti.
sto; il testo infatti adopera l’articolo determinato in entrambi
Che scrive racconti e che è quindi obbligato a confrontarsi
i casi, per indicare implicitamente un riferimento che si risol-
col fatto del «significato» così come lo intendono critici let-
ve in testimonianza e presenza: la stanza non può essere
terari e linguisti. La speculazione nostra è dunque qui basa-
che quella che è nota e anche visibile a un qualche ego che
ta sul seguente ipotetico calcolo: che non sia possibile usa-
la nomina e lo stesso vale per il territorio.
re la parola scritta come una specie di telescopio, diremo,
Di questo ego, presente in sordina già dal bell’inizio, pren-
per spiare le astronomiche lontananze, gli spazi astrali della
diamo per ora semplicemente atto; lo vedremo riapparire, e
creazione astratta? Certo, non ci sarebbe di grande utilità
in modo assai interessante, alla fine della narrazione.
studiare i racconti dello scultore Ramous (di questi si tratta)
Torniamo alla situazione di partenza: c’è in una certa deter-
dal punto di vista strettamente letterario; non di questo si
minata stanza (di cui non si sa poi altro) un sacco, il sacco.
tratta. Noi vogliamo da lui informazioni sulla scultura, sulla
Che ci fa questo sacco nella stanza?
sua scultura, non sulla letteratura in senso stretto.
È un sacco pieno o vuoto, e se è pieno di che cosa è pieno?
Quindi, vale a dire, nel racconto che prenderemo a con-
È, poi, aperto oppure chiuso? È chiaro che, nell’un caso o
siderare (si chiama Il sacco) noi faremo attenzione (è uno
nell’altro, il senso della spazialità sarà ben diverso. Ancora,
sculture che studiamo) all’uso dello spazio che si fa in esso:
importante per la spazialità: il sacco ha una bella forma pie-
da qui arriveremo a certe conclusioni.
na e rotonda (se è pieno), oppure una qualche forma irrego-
Il racconto «Il sacco» dello scultore Ramous introduce un
lare, più o meno estetica a vedersi?
sistema complicato di spazi l’uno ravvolto nell’altro: lo spa-
Sono tutte domande a cui il racconto risponde esaurien-
zio concluso del «sacco» che funge da tema e dà il titolo al
temente: il sacco è pieno, anzi strapieno, ma aperto, anzi,
racconto, è racchiuso nello spazio di una «stanza», questa
come pare, impossibile a chiudersi; il contenuto del sacco
a sua volta ubicata in un non precisato «territorio».
(e sembra inesauribile) ne fuoriesce e invade lo spazio cir-
S’è detto una stanza, un territorio. Gli articoli indeterminati
costante della stanza.
appartengono alla lingua dell’interprete, non a quella del te-
In che consiste questo contenuto?
130
Ecco il primo effetto a sorpresa: il contenuto è di natura
(«l’urlo della cronaca annunciata») e in tale urlo, come i venti
metaforica; ci stanno dentro «avvenimenti».
dall’otre di Eolo dato in dono a Ulisse, irrefrenabili, riempio-
Di che avvenimenti si tratta? Lo vedremo subito, dopo aver
no di sè la stanza, lo spazio mediano in cui si trova il sacco.
notato che con l’invasione della sfera metaforica è la spa-
Ormai siamo, è chiaro nella surrealtà, insieme nel sogno,
zialità stessa del racconto che si sgemella: a quella quo-
nell’incubo, e nell’allegoria.
tidiana e empirica si sovrappone o almeno giustappone
Le urla del quotidiano invadono «sinistramente» lo spazio,
quella della metafora.
né pare che ci sia sollievo o scampo.
Vediamo ora il carattere del contenuto del sacco, degli
Quando d’un tratto, ed è il secondo effetto a sorpresa, l’os-
«avvenimenti» cioè, che lo riempiono fino a farlo esplodere
sessività rumorosa dell’oggi, insensata a forza di essere
(come avverrà alla fine del racconto).
esplicitamente chiara (ed è rappresentata dal colore nero
Il contenuto del sacco-protagonista è introdotto sulla base
delle parole stampate e dello sporco dei giornali «strappa-
di quello che in retorica si chiama «sinestesia» (famosi i «vi-
ti» -un aggettivo strategico, che ritornerà sul finire), cede
ridia silentia» di Virgilio, ripresi dal Carducci col suo «silen-
il passo a una presenza nuova, al potenziale riscatto: per
zio verde»): qui la corposità tattile di una eventuale merce
cui viene usato il colore bianco, a simbolizzarla, assieme
da trasportarsi nel sacco, viene sostituita dalla fonicità di
alla «lucidità» di particolari «carte», pure presenti nel sacco,
notizie, notizie giornalistiche presenti però nel sacco in una
frammiste alle «notizie» giornalistiche.
duplice materialità: sono notizie stampate («I caratteri in
Il bianco e, più, la lucidità, cioè la luce, indicano la trascen-
nero fondo si stagliavano tra il cumulo di notizie ricalcando
denza: è qui, non a caso, che entra esplicitamente in scena
la vita inquieta nella carta piegata») e stampate su una carta
l’ego narrante («In un giornale di provincia lontana, un gior-
che ha una sua vivacissima presenza, sottolineata da una
no incontrai l’assenza, era uno strano personaggio pallido
serie di aggettivi a cumulo («nella carta piegata, accartoc-
ma non sgradevole, la sua aria incantata affascinava tutti»).
ciata, spiegazzata e strappata, sporca indecentemente»);
La trascendenza dunque come assenza: questo ego parla
ma, insieme, sono notizie urlate, anzi che si urlano da sé
la lingua della più moderna metafisica, quella esistenziale,
131
in particolare heideggeriana; ma insieme della antica e clas-
Una cosa interessa particolarmente in questo discorso:
sica: Dio è in ogni luogo e appunto per questo in nessuno.
come l’autore, il narratore che è scultore, ricorra inconscia-
Per questo l’assenza non potrà dire che parole incompren-
mente a strumenti espressivi del suo altro linguaggio, quello
sibili («oui açè qzertutti maooo muni»), eppure «chiare». Tut-
scultoreo, per dire ciò che la lingua non riesce a dire: così
to in questa «affermazione» continuamente ripetuta, «era
il paradosso della coesistenza nell’ego di quotidianità e di
chiaro, era evidente»; ma d’una chiarezza che ha dell’am-
rapporto all’Altro cerca la propria espressione nella para-
biguo e che comunque subito si offusca, anche se per dar
dossale immagine del sacco che in qualche modo «perde»;
spazio ad una ulteriore chiarezza, quella soggetta e illumi-
così la coincidentia oppositorum che è la definizione del di-
nativa, anche se, questa pure «di breve durata, trovata in un
vino si esprime quasi incidentalmente ovunque in immagini
angolo di una carta lucida uscita dal sacco».
prese dallo spazio («come le strade che si incrociano e che
Il tema vero, il vero contenuto del sacco, è dunque la tra-
hanno una direzione vicina e lontana nello stesso tempo»);
scendenza e anzi l’Assenza e di riflesso allora la condizione
così la trascendenza, persino, trova la sua concrezione alle-
umana, individuata, kirkegaardianamente si direbbe, come
gorica nel fatto della carta «strappata»: «La carta interrotta,
il polo del rapporto impossibile eppure necessario, impre-
strappata, lasciava un senso misterioso alle parole come
scindibile: il rapporto che ci costituisce come persone, che
una giornata non finita, con una struggente nostalgia - la
fa la nostra libertà nella tragedia.
nostalgia dell’Altro».
Ed è difatti una tragedia che conclude il racconto: l’esplo-
Nel racconto lo spazio, l’uso dello spazio, dice la trascen-
sione dell’ego che non regge al confronto e si dissolve nelle
denza e l’Assenza; cosa vorranno dire le forme spaziali
sue componenti: «ma la caviglia improvvisamente ingan-
astratte del Ramous scultore?
nata ed indebolita si piegò e fece cadere malamente lungo disteso tra le carte che sommersero i piedi, le gambe, il torso, le braccia e la testa facendo saltare, saltare tutto, sino
Franco De Favari
a farlo sparire».
Dicembre 1990
132
Il segreto del vento - 1994
133
Bozzetto, zinco, H 47 cm
Sete di infanzia 1994
Comparsa inquieta 1998
134
Bozzetto, zinco, H 37,5 cm
Bozzetto, zinco, H 21 cm
Ad Astra - 1992
135
Bozzetto, zinco, H 43,3 cm
Senna – Mi risulta che i suoi lavori figurano in una trenti-
la sua opera?
na di musei sparsi per l mondo.
Ramous – L’interesse dei giapponesi è un interesse ad avere
Per quanto riguarda Milano, tuttavia, ritengo probabile
informazione culturale, testimonianze europee italiane: così
che la sua opera più conosciuta sia la grande scultura al
dicono.
centro di piazza Conciliazione: quante altre città ospita-
Senna – E’ una risposta un po’ riduttiva, o elusiva.
no i suoi contributi all’arredo urbano?
D’accordo, non insistiamo: ritorniamo alla scultura di
Ramous - Io non credo che solo la scultura di piazza conci-
piazza Conciliazione, che risale al 1970.
liazione, che amo ancora, sia quella più conosciuta dai mi-
E’ un ‘opera che segna un punto d’arrivo: è prosciugata,
lanesi.
essenziale, ricca di musicalità.
Ben inteso mi riferisco ai milanesi che si guardano intorno e
Da allora ritiene sia avvenuta un’ulteriore evoluzione?
non agli altri che non vedono niente camminando ed ancora
Ramous - Sì, credo che dopo la scultura di piazza concilia-
meno andando in macchina e certamente non si interessano
zione ci sia stata in me una vera ed autentica evoluzione. E’
nemmeno di chi ha fatto quella scultura o quella mostra.
dal 1968 che ho utilizzato la libertà che circolava allora dap-
A Milano ho fatto due chiese, in via Espinasse Santa Marcel-
pertutto, pienamente, ricostruendo nel giusto rapporto un
lina ed in via Mar Nero Don Bosco. Poi, un monumento ai pa-
sistema simbolico. Portandomi dietro e prolungando quanto
trioti caduti dell’ Isola in via Sassetti, un altro in piazza Miani,
era nella mia adolescenza, cercando di perfezionare l’inizio,
una scultura in viale Marche davanti ad una scuola, ed altre.
come se sempre da allora io avessi cominciato tutti i giorni
Interventi ne ho tanti, e tanti sono in corso di realizzazione nel
a vivere di nuovo.
mondo ed è prematuro dire dove, per scaramanzia in ogni
Protrarre è stato il mio inconscio impegno. Sapevo di non
caso, se non per difesa da certe persone.
poter raggiungere la verità, tanto che ho trasferito nel lin-
Senna – Non voglio essere indiscreto né intempestivo,
guaggio dei simboli questo anelito. Lasciandolo libero di
quindi non le chiedo di approfondire.
suggestionarmi e di sorprendermi. Questo linguaggio, il mio,
Non è un mistero tuttavia che il suo lavoro sembra aver
credo che abbia qualche volta il sapore caldo e struggente
fortemente attratto l’attenzione di operatori culturali – e
della poesia.
committenti – giapponesi.
Senna – Quanto lei afferma è tanto vero quanto bello.
A cosa attribuisce questo loro particolare interesse per
E quel “cominciare tutti i giorni a vivere di nuovo” in par-
136
La conversazione, Carlo Ramous Artecultura
ticolare, pare il segreto della giovinezza interiore …
la mente.
e della saggezza. Una saggezza antica: “il saluto all’al-
Senna – Sì lei è attivissimo sempre.
ba”, un’antica poesia sanscrita suona, all’incirca: “Ecco-
Peccato che della sua attività creativa lei faccia qualco-
mi davanti a te o padre che mi ha generato innanzi l’au-
sa di un po’ troppo personale: perché è tanto restio ad
ra”. Bene, affrontiamo ogni giorno come se fosse il primo
esporre, almeno in Italia?
… e l’ultimo, magari: tutto avrà senso, allora. Almeno per
Ramous – Non è vero che sia restìo ad esporre in Italia; for-
noi, dentro di noi. E ciò che sta attorno? Com’è mutata la
se lo sono stato una decina d’anni fa, quando stavo difen-
sua visione del mondo in questi ultimi anni?
dendo la mia particolar condizione, mi stavo chiarendo, mi
Ramous - In una intervista condotta da Enrico Corneo a Rai
stavo riscoprendo con la mente sempre all’immaginazione
2 e Nova radio, mi sono sorpreso a dire che ero stanco di
e… quanta cattiveria intorno! E poi, accarezzo ancora il no-
tanta volgarità e che certamente il prossimo secolo sarà se-
madismo.
gnato da una nuova metafisica.
Senna - nessuno è profeta in patria” ci crede?
E’ stata un’uscita così automatica che mi ha fatto pensare
Ramous – mi piacerebbe sfatare la diffusa diceria che “nemo
a tutte le suggestioni che la mia giornata mi procura. Alla
propheta acceptus est in patria sua”, ma in questo caso ci
suggestione di una totalità configurata in modo diverso, che
vuole corrispondenza, interesse non disinformazione.
si formi mentre il tempo scorre.
Senna – auguriamoci che qualcosa cambi prossimamen-
La cui eredità non sia così vincolante ma tutto nasca conti-
te. In fondo, c’è un crescente interesse di fasce sempre
nuamente dall’esistenza e dal suo divenire.
più ampie di pubblico verso l’arte e la cultura. A questo
In modo autonomo od apparentemente autonomo, per rico-
bisogno generalizzato di cultura si dovranno pur dare
struirsi nel linguaggio dell’immagine come auto-rivelazione.
delle risposte adeguate. Magari proprio cominciando
Andare, andare verso non so cosa, inevitabilmente.
dalla riscoperta di quanto di più valido ed attuale già si
Senna – Andiamo tutti verso l’ignoto.
ha sott’occhio. Attendiamo fiduciosi … e attivi. Quindi se
E’ eterno e sempre valido, il quesito sulle origini e sul
mi consente, maestro … buon lavoro … e buona fortuna!
destino dell’uomo. E nel frattempo …
Pier Luigi Senna
Ramous – Lavoro, lavoro quasi sempre, con le mani o con
4 Aprile 1990
137
Senza titolo - 1989
70 x 50 cm
Senza titolo - 1991
96 x 72 cm
Senza titolo - 1993
49 x 37,5 cm
Paradeisos - 1994
42 x 53 cm
Senza titolo- 1994
63 x 70 cm
Senza titolo- 1995
41 x 59,5 cm
La ruota delle cose - 1996
100 x 60 cm
La luce dalla finestra veste ogni cosa - 1996 111 x 110 cm
138
Senza titolo - 1996
60 x 107 cm
Senza titolo - 1993
62 x 45 cm
Senza titolo - 1993
62 x 45 cm
Arcobaleno- 1996
130 x 98 cm
Senza titolo - 1996
103 x 80 cm
Il mare - 1996
130 x 90 cm
Canto nella fessura- 1996
120 x 60 cm
139
Senza titolo - 1993
Senza titolo - 1996
Un corso della vita - 1996
49 x 34 cm
130 x 98 cm
86 x 42 cm
“Perché sono arrivato a lavorare con I’acciaio?
piuttosto ridere...
Perché con I’acciaio il linguaggio della scultura diventa illimitato: perché dà la possibilità
La frase ammonitrice
di partire e andare dove si vuole, creando un’opera, senza
Lo studio di Carlo Ramous, che a Milano è nato nel 1926,
alcuna limitazione, ma anzi aiutando, direi, a volare... La
si trova vicino a Sant’Ambrogio. È a pianterreno e dalle
pietra, invece è lì che pesa, ti attrae a sé e quasi devi lotta-
finestre si vedono i tetti delle automobili che come una
re per dominarla. L’acciaio no, perché (e qui c’entra anche
mandria
un po’ la suggestione, ovviamente) ha, direi, uno “spirito”
stordita occupano tutta Ia via.
moderno, una tensione verso lo spazio, verso la libertà.
Non c’è molta luce e non so se ci arrivi mai il sole. Però si
L’acciaio ti porta con sé...”
vede tutto molto bene. Anche una frase ammonitrice, che
Così mi ha risposto lo scultore Carlo Ramous, l’artista che
così suona: “L’opera d’arte parla a ciascuno secondo la
potremmo definire il “Maestro delle piazze“, dato che le
misura del suo valore intellettivo “Firmato: Schopenhauer.
sue sculture trovano nelle piazze (come si può vedere più
II che intimidisce alquanto il visitatore, al quale viene (al-
e più volte girando per Milano, ad esempio) il loro am-
meno così è capitato a me) di portarsi le mani alla testa,
biente ideale: siano esse con edifici antichi oppur moder-
come per controllarla. È uno studio grande ed ordinato e
ni, siano del centro o della periferia. Certo, Ie sculture di
fa venire in mente, per quanto in esso vi è esposto, una
Ramous non sono dei racconti; sono dei concetti o, se si
biblioteca orientale: sui diversi tavoli e mobili vi sono infatti
vuole, dei pensieri enunciati, da afferrare in velocità da-
(oltre al solito armamentario di lime e martelli, anche di
lI’automobile o dal tram: i quali non lasciano il tempo per
pennelli, dato che Ramous è anche pittore di grande bra-
star li a contemplare un bassorilievo rievocante una batta-
vura (un po’ alla KIee, per intenderci): dei bozzetti, o per
glia, o un miracolo di Sant’Antonio, o un re solennemente
meglio dire dei modellini di venti per trenta centimetri in
galoppante sul suo destriero. Non c’è più tempo per que-
media, che richiamano gli ideogrammi cinesi o giapponesi
sti spettacoli che nella maggior parte dei casi oggi fanno
realizzati in lamiera e poi verniciati e messi lì tutti insieme
140
Carlo Ramous, la scultura coniugata con la libertà Civiltà degli Inossidabili come a formare varie pagine di un misteriosissimo libro.
ambiente. Però anche con queste misure va bene, non ti pare? Anzi secondo un critico statunitense (sto preparan-
Il lavoro attorno al bozzetto
do una mostra in America) proprio questa scultura che tu
Ma ecco il miracolo. Ramous prende uno di quegli “ideo-
vedi segna, o segnerebbe l’inizio di una mia metafisica. Il
grammi” e lo mette nella luce giusta. È una delle sue ulti-
che è vero: perché sto pensandoci da tempo”.
me sculture. “Che tu vedi, - mi dice - in miniatura, per for-
Carlo Ramous è uno scultore che è arrivato ai suoi migliori
za di cose. Infatti, non potrei fare qui un’opera di diverse
risultati attraverso diverse “età”. La prima fu l’età del cotto,
tonnellate, non ci starebbe nello studio e mi sfonderebbe
cioè di sculture figurative modellate con la creta e, appun-
i pavimenti. Perciò devo fare qui il bozzetto e poi portarlo
to, cotto nella fornace o forno. Dopo aver infatti frequenta-
nella fonderia o nell’officina per svilupparlo secondo le mi-
to a Bologna il Liceo artistico con Luciano Minguzzi, venne
sure richieste, con I’aiuto de gli operai specializzati. I quali
a Milano e si iscrisse all’accademia di Brera avendo come
sono bravissimi e non ti sbagliano di un centimetro. Ov-
maestro Marino Marini. Fu certamente un incontro impor-
viamente, seguo il loro lavoro con la massima attenzione,
tante, poiché dal grande scultore toscano c’era sempre
anche perché quando vedi la scultura in formato grande ti
da imparare qualcosa, essendo egli un vero artista nato
può venire I’idea di spostare un elemento, di attenuare o
e quindi capace di far capire nella pratica i principi fonda-
ravvivare iI colore della vernice, oppure di verniciare una
mentali dell’ arte anche a chi, come molti giovani di quegli
parte di un colore diverso. Ad esempio di rosso, come ho
anni, si sentiva portato all’ astratto e guardava quindi più
già fatto. Oppure di lasciare la superficie al naturale, lu-
volentieri alla lezione di un Brancusi e di un Moore che a
cidandola o sabbiandola, secondo i casi. “Ti dirò che da
quella dell’ «ultimo etrusco», come Marino si autodefiniva.
qualche tempo sono tentato di lasciare il nero, che ho usa-
Ramous però, pur ammirando Marino, veniva affascinato
to per anni, per alti colori. Ma devo pensarci, devo “vede-
da Arturo Martini e in particolare dalla sua opera del 1930
re” con I’immaginazione come sarà la scultura, non tanto
“Donna alla finestra”, nella quale la scultura viene portata
per I’effetto quanto per la sua libertà in un determinato
“in un contesto nuovo e particolare con i ritmi di un rac-
141
conto di un fatto che si svolge.
forza espressiva, come dimostrano “Calibro 61”, “Artico-
Arturo Martini, pur rimanendo in un linguaggio figurativo,
lazione n.2” e “Ipercostruzione n.2” che sono del 1966-
porta la scultura al di là del problema statuario, la coin-
67 e confermano come davvero il materiale usato sia
volge con I’ambiente, con lo spazio” (Giorgia Russo), in
determinante per la definizione del linguaggio che ormai
uno spirito mediterraneo che si rifà ai grandi maestri del
in Ramous ha raggiunto una precisa e personale fisiono-
passato.
mia astratta in un “alfabeto” di forme nitide e forti, ideate con una fantasia robusta che mira all’ essenzialità di un
Racconto solenne e incantato
discorso che rifiuta ogni sensibilismo, ogni descrizione: ed
Per qualche anno, cioè dal 1952 al 1957 circa, Ramous
è a questo punto che si fa più frequente I’uso dell’acciaio
modella dunque, preferibilmente in cotto refrattario, figu-
inossidabile al quale il maestro ha cominciato ad affezio-
re e gruppi dove il «racconto» appare solenne ed incan-
narsi intorno al 1960.
tato, dimostrando una personalità molto intensa. Ma già
“E questo perché, come ti ho già accennato” - mi dice
nei bronzi “Due figure” del 1967 e “Colloquio” del 1958
Ramous – “con esso è possibile fare più o meno tutto,
(che viene esposto alla XXIX Biennale veneziana) è evi-
avendo anche il grosso vantaggio che, a differenza ad
dente che qualcosa di nuovo sta avvenendo nella ricerca
esempio della terracotta, del legno e dello stesso marmo,
del giovane scultore che è ormai entrato nella sua età del
I’acciaio inossidabile rimane per sempre qual è. Quindi il
bronzo, più adatto ad esprimere una problematica esi-
pensare, mentre lavori, che stai facendo una cosa che re-
stenziale: nascono così delle forme che “sebbene prive
sterà così com’è anche tra cinquecento anni, in un certo
di ogni riferimento naturalistico o illustrativo col mondo
senso è di stimolo e direi, di conforto anche da un punto
esterno, sono peraltro cariche di una volontà espressiva
di vista psicologico. Mi ricordo che scelsi di lavorare mol-
e persino narrativa” (Gillo Dorfles).
to con l’acciaio inox nel periodo del Sessantotto, quando
Al bronzo seguirà il legno (specialmente il legno padouk),
tutti sentivamo che stava succedendo qualcosa che non
che con il suo colore caldo darà alle opere una maggiore
potevamo non avvertire. Non è che facessi delle sculture
142
legate direttamente a quegli avvenimenti, tuttavia, sentii
Giuseppe Marchiori, “nascono con uno scopo preciso, e
il bisogno di ricorrere a quel materiale perché mi aiutava
cioè comunicare”, dire qualcosa a ciascun uomo median-
meglio di altri a fare quello che volevo, a dire quello che
te un “messaggio cifrato” e misterioso, in grado tuttavia di
volevo dire”.
essere inteso da tutti . Come scriveva ancora Marchiori:
Oggi, a sessantaquattro anni, Ramous è noto in tutto il
“Ci sono tanti modi di risolvere i problemi della difficile co-
mondo: ha fatto oltre trecento mostre, è presente in una
municazione, che pur deve stabilirsi tra I’arte e gli uomini:
trentina di musei e collezioni di Giappone, Svizzera, Fran-
e il più semplice e immediato è il rompere gli schemi delle
cia, Belgio, Olanda, Gran Bretagna, Stati Uniti, Perù, Bra-
convenzioni figurative, adottando un linguaggio segreto,
sile, Germania, paesi Bassi, oltre che naturalmente l’Italia.
una specie di codice individuale, in cui si assommano,
Noto anche perché diverse sue sculture e altorilievi sono
in una sintesi risolutiva, elementi molteplici della realtà,
alla vista di tutti. Nelle piazze e sulle facciate di edifici pub-
e della cultura moderna”. Certo, il modo scelto da Carlo
blici. Basti ricordare, per restare a Milano, Ie chiese di
Ramous non è facile: ma sia il suo messaggio d’angoscia
Santa Marcellina e di Don Bosco, i suoi monumenti all’I-
o di libertà, di luce o d’ ombra, resta il fatto che esso ha
sola e in Piazza Miani, la grande scultura in Piazza della
preso forma come meglio non si potrebbe. A noi quindi
Conciliazione, che è forse la sua più nota.
cercare di capirlo.
Grandi opere all’aperto, dunque, poiché ogni suo lavoro nasce per l’ambiente aperto, più che il museo, per il salotto, per il soggiorno. È il “Maestro delle piazze”, appunto,
Enzo Fabiani
nel senso che i suoi lavori “stanno bene lì”, o stanno me-
1990
glio, come per una destinazione naturale. Lì, in piazza, ma non come elemento decorativo e nemmeno di completamento, ma di comunicazione. Ecco il punto. Questi “segni di una bizzarra scrittura”, come diceva
143
Epigrafe - 1997
144
90 x 80 cm
Scultura città scultura territorio Quaderni di critica, denuncia, proposte e informazione
Il rapporto, I’identificazione e forse il conflitto con l’am-
sioni. Il tempo storico è condizionante per una autentica
biente esiste nel momento stesso in cui lo scultore tra-
tensione, per una apollinea lucidità mentale.
sferisce le tensioni della propria sintesi della realtà in una
Nella città dove esiste una forte stratificazione storica la
sua opera.
presenza poetica della scultura deve essere forte nella sua
Così come il poeta trasferisce in versi le tensioni della
autonomia creativa. Deve poter superare I’anonimato di
propria conflittualità con I’esterno e con se stesso, con le
certe cortine architettoniche e I’inconsistenza degli spazi
passioni e le aspirazioni anche solo intuite.
da esse racchiusi.
Questo modo di fare arte possiede una sua rigorosa au-
In quasi tutte le città del mondo occidentale si tenta I’inse-
tonomia, una vitalità che resiste all’impatto della città, del
rimento della scultura nel tessuto urbano. A Milano quan-
territorio, quasi superando il tempo, insediata nel profon-
do lo si è fatto ha prodotto polemica o ancor peggio il
do dell’esistenza. È simile ad una o a un gruppo di perso-
silenzio.
ne, vestite di colori, che parlano, si animano, si muovono
Il pretendere poi che I’opera d’arte debba uniformarsi
in una piazza attirando lo sguardo con la loro presenza.
all’ambiente in cui la si vorrebbe inserire, spogliandola
L’arte è questa presenza umana, la poesia è presenza
della sua personalità è un’assurdità antistorica. Sarebbe
umana. Il raggiungere questa condizione poetica è identi-
come pretendere che i cittadini si portassero dietro, men-
ficare il tempo storico.
tre percorrono le vie cittadine, i costumi corrispondenti alle
Alcuni artisti ripercorrono le esperienze del passato ma
epoche dei palazzi che incontrano, per non porsi in con-
così facendo le loro opere non possiedono quella tensio-
trasto con I’ambiente.
ne che invece vi veniva trasmessa dagli artisti dell’epoca perché le realtà, le contraddizioni e le conflittualità sono diverse.
Carlo Ramous
Anziché arte si fa in questo modo dell’accademia produ-
Maggio 1990
cendo opere che non sanno trasmettere emozioni e ten-
145
Una parola sopra l’altra 1999
Un lungo sospiro 1999
70 x 105 cm
57,8 x 100 cm
146
Sogno raccontato 1997
147
116x 77,5 cm
Girato l’angolo, la strada si presentava dritta e le case in
lavoro. Il suo vestito era diventato grigio, oppure era sem-
fondo si rimpicciolivano facendo diventare minute le fine-
pre stato grigio ed ora si allontanava nella luce con la sua
stre appiccicate alle pareti. Il marciapiede era sgombro, un
testa pelata e con le sembianze di un sacco stagliato contro
po’ sporco qua e là ma percorribile. Il cielo era sereno e
l’imbuto della strada. È vero! sulla sinistra una palizzata di
la luce faceva luccicare la testa calva del signor Hialeck.
legno faceva continuare il filo del fronte delle case ed il si-
Era grasso e la pancia pronunciata incontrava l’aria prima
gnor Hialeck attraversò attratto la strada e si diresse verso
del suo passaggio. Camminava lentamente e stabilmente
la palizzata. Questa era cosparsa di manifesti colorati ed io
assorto sulla stupidità. Qualche parola mormorava improv-
pensai che fosse attratto dalle scritte o dalle immagini di
visamente, accentuando le rughe e deformando la bocca
questi manifesti, ma invece lui si diresse contro una fessura
mentre passava sotto i bovindi di una casa. Il desiderio di
che seminascosta si prolungava orizzontalmente. Appicci-
sapere come era la stanza all’interno dei bovindi gli fece
cato alla palizzata rimase per un po’ di tempo a guardare
interrompere il pensiero sulla stupidità. Si fermò a guardare
oltre attraverso la fessura.
meglio, a considerare le finestre e lo spazio che all’interno,
Era ridicolo ora il signor Hialeck. La sua pancia gli faceva
le stesse circoscrivevano. Chissà che poltrone e che divani
arcuare la schiena e schiacciare la faccia contro la palizza-
riempivano quello spazio e come si muovevano all’interno
ta, lasciando abbandonate sui fianchi le sue corte braccia.
gli abitanti. «Ma chi se ne frega!» disse forte e continuò a
Tentò di sollevarle per appoggiare le mani sulla palizzata,
camminare. Dove era diretto non l’ho mai saputo. Per un
ma la sua pancia glielo impedì. Non so quanto rimase in
po’ di tempo io lo seguii, osservando come muoveva le
questa posizione, poi si allontanò e rimase ancora per un
gambe, come si comportava il suo busto nel progredire,
po’, perplesso davanti alla fessura. Cosa aveva visto non
come muoveva la sua testa pelata appoggiata al collo così
lo so. Poi continuò a camminare ma più lentamente e ogni
corto e largo, inseguendo il suo sguardo.
tanto si fermava girandosi e guardando la palizzata da
Ma poi mi accorsi che potevo continuare ad osservarlo
lontano. Poi ritornò sui suoi passi con una certa fretta, col
altrettanto intensamente seduto davanti al mio tavolo da
desiderio nello sguardo. Per poi fermarsi e ritornare a cam-
148
La fessura (racconto) Archivio
minare. Certamente doveva avere uno scopo la sua cam-
vedere i giganti, prima che si estinguessero nelle caverne
minata, ma ora un desiderio acceso l’aveva conquistato,
e che sapevano tutto e che potevano risolvere gli enigmi
lasciando in lui una vaga incertezza sul cosa fare. Ritornò
dell’esistenza, della vita e della morte, degli eguali e dei
sui suoi passi lentamente con lo sguardo a terra. Il tempo
contrari, dell’ordine delle stelle ed il pulsare del nostro si-
passava e pensai al signor Hialeck perplesso dentro ad un
stema galattico e forse anche dove stiamo andando tutti e
labirinto a cercare una prioritaria direzione da prendere defi-
tutto in questo turbinare di sabbia e di polvere.
nitivamente. Ma erano possibili simili decisioni, era possibi-
Uno splendido prodigio, doveva esserci, scintillante e lu-
le buttarsi dietro le spalle gli impegni, le cose da fare di tutti i
minoso e raccolto dal vento. Piante dalle foglie d’oro con-
giorni, l’ingranaggio sublime delle relazioni? Ma cosa aveva
tro un eterno arcobaleno ed acque limpide che scorrevano
visto attraverso la fessura? Certamente qualche cosa che
dolcemente tra bordi erbosi che non potevano raggiungere
valesse una decisione alternativa. Mi parve ora che il gras-
l’orizzonte perché non esisteva. O forse dietro la fessura
so corpo del signor Hialeck come attraversato da un tremi-
c’era l’infinito. Questo grande vuoto-pieno dove un ordine
to si scuotesse tutto.
così preciso rendeva tutto diafano e silenzioso. Dove non
Era una fatica per lui, si vedeva. Ma ancora era in dubbio se
ci sarebbe stato più bisogno di muoversi, ma l’immobili-
ritornare a guardare dalla fessura o continuare a camminare
tà sarebbe stato tutto. Ed anche l’intorno dell’immobilità
verso i suoi impegni. Ero di nuovo là sulla strada, a giu-
avrebbe il medesimo senso. E tutto sarebbe stato perfetto
sta distanza ed il suo tremito e la sua indecisione stavano
in se stesso e sempre sarebbe stato cosi. Il signor Hialeck
contaminandomi. Ma l’enigma rimaneva. Ci doveva essere
si guardò intorno e i suoi piccoli occhi avevano impresso
qualche cosa di diverso oltre la fessura, qualche cosa che
le cose viste e capite, mi guardò con felicità e ci capimmo
aveva eccitato il signor Hialeck ed ora stava eccitando an-
profondamente.
che me. Forse era diverso il tempo e ciò che di noi non è scoperto ma esiste, se non altro dimostrato dalla nostra
Carlo Ramous
curiosità e dal desiderio. O forse dalla fessura si potevano
1991
149
Senza titolo- 1994
66 x 68 cm
La frantumazione del quadro - 1997 77 x 100 cm
Appassionatamente - 1999 60 x 89 cm
Sub limine - 1997
Il balcone sull’azzurro - 1998
150
89 x 105 cm
59,5 x 41 cm
Resoconto - 1999
100 x 60 cm
I desideri dell’anima - 1999
151
100 x 60 cm
Il tempo di prima - 1999
119 x 96 cm
Espace du hasard - 1999
78 x 51 cm
Per un artista ciò che conta è comunicare dall’interno quello
sieri. A 26 anni ha la prima personale a Milano. A 30 anni
che gli preme. Se non gli preme niente e ciò nonpertanto
espone al Milione. A 36 ha una sala alla XXXVI Biennale di
produce, cioè insiste a creare forme o creare colore, lo si
Venezia (1972). Le sue Biennali sono tre e innumerevoli le
vede in opere senz’anima. È solo professionismo che ha
esposizioni nei siti aperti delle città.
poco da spartire con l’arte. Se il “dentro” c’è si apre la strada
La scultura che più ci ha impressionato, anni or sono, è
attraverso le mani dell’artista. Se è artista.
quell’ Urlo ligneo del 1966 che, non solo per il titolo, ma per
Anche se i pensieri dello scultore Ramous sono complessi, le
la drammaticità di quella bocca spalancata ci aveva richia-
forme che gli escono dalle mani sono semplici, sembrano
mato al ricordo dell’ “Urlo” di Munch.
semplici, talvolta di tipo costruttivista, talaltra verso il mini-
Forse lo scultore non aveva in mente il dipinto del grande
male. Non è però minimale, che è un’arte che non ammette
norvegese, ma con mezzi diversi e forse con motivazioni
né contenuti né allusioni, perché Ramous, invece, i conte-
diverse aveva evocato sensazioni angosciose dello stesso
nuti ce li ha e ce li mette, i problemi che hanno intrigato mol-
tipo. Come l’ “Urlo” probabilmente in quel momento libe-
ti artisti della sua generazione sono quelli dell’alienazione
rava lo stato d’animo dell’artista, cosi è da pensare che da
dell’uomo, della scissione dell’uomo dalla sua coscienza,
ogni sua opera esca oggi un messaggio.
che nel linguaggio di Ramous è espresso dal progressivo
La scultura è il linguaggio dei pensieri di Ramous. Svilup-
sdoppiamento della forma chiusa.
pa la sua poetica con le grandi lamiere di acciaio. Nel suo
La tendenza a una simbologia astratta era già visibile quan-
alfabeto si ripete spesso una lettera, un segno, una forma
do frequentava Brera e lavorava con Manzù e Marini. Ed era
sinuosa che compare automaticamente in tutte le sue ope-
iscritto ad architettura.
re. Dev’essere la sua simbologia che si estrinseca autono-
Lo scultore Ramous nasce pittore e grafico. Anzi, la grafica
mamente.
è anche oggi per lui un’attività di grande impegno. In scul-
Negli anni ‘60 si afferma il concetto di fuga nello spazio. Va
tura conosce prima il cotto, il bronzo, il legno e infine arriva
verso una monumentalità costruttivistica ed è l’acciaio che
all’acciaio. Sceglie il materiale che meglio serve ai suoi pen-
lo soccorre.
152
Carlo Ramous L’acciaio inossidabile n.3
Grandi lamiere di ferro nero, talvolta con interventi cromati-
È parte centrale di una fontana dai molti zampilli, e le grandi
ci, oppure lamiere di acciaio inossidabile. Predilige la gran-
lamine di acciaio inossidabile scatolato emergono tra i getti
de scultura per l’aria aperta, vicino alle acque, nelle città, là
d’acqua, in sú, sinuose, verso lo spazio. Tutti i suoi segni
dove passa la gente.
sono presenti in quest’opera, e quindi ciò che i segni voglio-
Già nel 1958 c’è uno sdoppiamento della forma chiusa
no dire: angoscia, ma anche speranza.
verso la forma aperta con un segno trascendente, come
Il segno di Ramous è trascendente e sembrerebbe simbo-
un orizzonte lontano che fa pensare alla possibilità della
leggiare lo sforzo per arrivare alle cose che sono al di fuori
molteplicità fenomenica, ma Ramous si sposta a mano a
dell’esperienza, al di fuori del mondo fenomenico; ma l’ar-
mano verso l’esistenzialismo. Con la sua plastica sembra
tista afferma che non si tratta solo di esistenzialismo me-
indicare all’ Io angosciato di uscire da se stesso per ascen-
tafisico, ma è anche concreto, fatto prima di tutto di “pau-
dere a qualcosa di superiore. Lo dice all’inizio con le fusioni
ra”, una paura del mondo che ci circonda, della crudezza
bronzee, le germinazioni gestuali, le frantumazioni, poi con
mostruosa delle specie “Homo”, del suo evoluzionismo
l’acciaio che con i segni interpreta meglio il suo alfabeto e
perverso, della crudeltà e disonestà, del cinismo e dell’im-
l’ansia di stabilire un rapporto con l’ambiente.
barbarimento della gente. Però nel segno c’è anche la spe-
L’ambiente è importante, e solo in funzione di esso l’artista
ranza. Forse l’artista pensa hegelianamente che dopo la
assume la propria identità. Il suo linguaggio simbolico, non
“scissione”, cioè la separazione metafisica del mondo dal-
è facilmente decodificabile. Il linguaggio del profondo. Lo
le sue creature degradate, proprio attraverso la scissione
sdoppiamento, l’apertura della forma chiusa è simbolo più
si arrivi alla “riconciliazione”. È questo che probabilmente
di speranza che di angoscia. Questo é evidente nell’ulti-
esce dal profondo quando l’artista parla di speranza. Altri-
ma opera Ad Astra, installata l’anno scorso a Chiba-City
menti, speranza di che cosa?
in Giappone. È un complesso monumentale di acciaio inossidabile alto
Alessandro G. Amoroso
quasi 12 metri, del peso di 7 tonnellate.
1993
153
Lo sguardo dell’anima - 2000
Happening - 2003
67 x 95 cm
73 x 111 cm
154
Impronta - 1999
155
99,5 x 60 cm
La scultura dopo tutto
“altrove” immediatamente possedibile, come residuo at-
L’equazione “la scultura come l’architettura” infervorava
tivo d’ogni corsa fantastica.
Hegel quando si preoccupava di stabilire quale arte fos-
Quando Arturo Martini affermava “tutta la pittura è nota
se più astratta. Da Hegel viene però una distinzione ma-
dalla scultura”, per qualche verso esagerava. Però quan-
ligna tra scultura e pittura: il dio della scultura non è che
do specificava “l’illusione della pittura è sempre stata
un “oggetto contrapposto”, il divino nella pittura appare
condizionata dalla ricerca della terza dimensione”, forni-
invece “in se stesso” come “vivo soggetto spirituale”.
va una delucidazione incontestabile.
Nella riflessione dell’estetica moderna, alla scultura è
È probabile che la scultura si sia tenuta più fedele alla
stata rimproverata ora la saldezza di un ordine immanen-
sua matrice originaria, obbligata a una fisicità reale, e
te “classico” ora una materialità senza rinvii. Si è det-
che, di necessità, abbia bandito esagerazioni ed ecces-
to Hegel, si potrebbe anche dire Schopenhauer o, più
si. L’ orinatoio di Duchamp lo scolabottiglie, per singolari
nuovo e alla moda, Heidegger in “L’arte e lo spazio”.
che possono apparire, non appartengono alla scultura
Agli stessi scultori la scultura è parsa giunta a un punto
bensì alle traslazioni, sociali e linguistiche, di un’opera
morto, senza possibili ritorni né avanzamenti. ll confronto
di pittura. L’assorbimento nell’area della pittura dell’ope-
con la pittura l’ha umiliata: non prolifica, di crescita rara
ra di invenzione plastica -e interamente affidato ad una
e lenta, non rivoltosa. Quanto diversa dalla pittura scintil-
meditazione rinnovata della fisicità dello spazio - dello
lante di mille impreviste e seducenti risorse. All’età della
scultore Lucio Fontana è, in stessa misura, indicativo.
scultura quella cioè che si è delineata negli anni Ottanta, si è arrivati con naturalezza e all’improvviso. Nella crisi, e
La scultura oltre che canone è confine.
nella riconsiderazione del moderno, i tracciati della scul-
Ciò che caratterizza la scultura dell’ultima stagione è
tura apparivano più vivacemente reagenti e più stabili,
l’abbandono ai “bisogni dell’espressione” e l’esplicitata
capaci di contagiare la pittura in virtuosi contatti specu-
tensione costruttiva. Questo comporta oggi una sorta
lari. La scultura come regola viva e come modello, come
di “dilatazione” dei parametri della scultura e di positiva
156
La scultura di Carlo Ramous attualità e percorsi corruzione: la geometria solida dei materiali può debor-
che negli interstizi di una fattualità ormai sapiente è pos-
dare nell’esilità della materia effimera e sine nobilitate di
sibile ritrovare il “fiato” della prima voce, la naturalezza di
manufatti precari, identificarsi con le innumerevoli virtua-
un gesto che sa tenere la forza inconsumabile del segno.
lità di “elementi” naturali; la monocroma compattezza
Le tecniche influenzano l’artista. Ogni tecnica ha una sua
della scultura della tradizione del mondo occidentale
cultura espressiva: la terracotta seduce i “plasticanti”, il
può aprirsi a colorate interruzioni o tessiture; la compat-
marmo chi ama la scivolosa dolcezza di superfici e rilievi,
ta definizione e congruenza di corpi e volumi impennarsi
i metalli quanti sanno che la durezza è un luogo che può
e sciogliersi nell’ambiente prefigurato; la scultura può
essere modulato senza fine. Ogni oggetto, sagoma, figu-
essere enfatizzata o solo allusa nel suo statuto, vivere
ra può oggi essere ricondotto al modello generativo della
come regola trasgressibile e nello stesso tempo vinco-
scultura. La scultura non può spogliarsi della sua mate-
lante. Più che la pittura, la scultura è sottoposta al gioco
rialità; quando la allude, ne dichiara un’altra, meno greve
delle influenze. Esse vengono da tre versanti: la scultura
ma non meno stabile. E alle veloci mutazioni della pittura
stessa come phylum evolutivo specifico caratterizzato
si rivolge con ardori e vincoli pari. Dietro la materia deve
da interne regole e procedure oltre che da incombenze
scoprire l’energia, dentro il movimento le progressioni
precipue; la pittura come veloce campo di ricerca e di
dell’equilibrio. Ma non può saltare nessun passaggio: è
scambio; il senso generale del mondo che è nutrimen-
obbligata a esplicitare consistenza e costituzione. Il suo
to costante e diverso di ogni secolo. Dentro questi tre
gioco con il tempo la costringe a più lunghe distanze e
termini ogni scultore media altre, dirette e provocanti, in-
prospettive.
fluenze e cerca la propria originale misura: non può igno-
Rispetto al senso generale del mondo, la scultura è ap-
rare le tecniche della sua disciplina che però deve saper
parsa in questo secolo prima inadeguata, poi remota, e
sfidare e superare per non restare chiuso in una fattualità
alla fine ancora attuale e vivente. Per quali meccanismi?
compiaciuta e senza slancio; se sa guardare dentro que-
La scultura riconduce a un nucleo fisico ogni percezio-
ste tecniche, spesso antiche e tuttavia viventi, scopre
ne e riconoscimento nello spazio: è modello prima che
157
oggetto. Propone un ordine delle cose, o un calcolato
e originale orizzonte della scultura italiana.
disordine, in ogni suo momento, opera o frammento. Due tempi e due modi della scultura in Italia Alla conclu-
La scultura di Carlo Ramous.
sione del ventesimo secolo risulta possibile individuare,
Svolgimenti, caratteri e costanti
negli svolgimenti dell’arte italiana, l’attività di differenti
È dai primi anni Sessanta, più esattamente dalla Biennale
generazioni di scultori. Di queste, le generazioni che si
di Venezia del 1962, che la scultura di Carlo Ramous vie-
sono affermate sino agli anni della seconda guerra mon-
ne identificata, nel contesto della nuova scultura italiana,
diale, pure annoveranti personalità di grande talento
come una delle più originali e coerenti della generazione
creativo, appaiono legate a un canone autoctono, forte-
affermatasi dopo il 1945.
mente riflessivo ma anche obbligato a un chiuso modulo
Attitudine costruttiva e rigore lineare di definizione del
figurale.
manufatto plastico risultano subito elementi riconoscibi-
Gli scultori invece che si affermano dopo il 1945, si rive-
li della scultura di Ramous; altri due caratteri vengono
lano più direttamente prossimi ai modelli internazionali
a specificarne precocemente la singolare costituzione:
della scultura, soprattutto astratta; in questi trasfondono
l’esplorazione, o più esattamente la messa in evidenza,
sapienza delle tecniche e invenzione di forme moderne,
dei materiali dal legno ai metalli come componenti ine-
tipiche delle ricerche d’avanguardia coniugate, anche in
liminabili di ogni fisica geometria, e la costanza di una
Italia, tra futurismo e astrattismo nel campo della scultu-
ragione umanistica che svincola ogni gioco costruttivo
ra (i nomi di Boccioni, Fontana e Melotti possono essere
da un chiuso e autoriflettente formalismo.
assunti, in questa direzione, come termini ben identifica-
Così di tutto il lavoro di Ramous di questi anni è pos-
bili di riferimento).
sibile cogliere sempre lo slancio che attraversa tensio-
Negli anni Cinquanta, il profilo della generazione nuova di
ne e gravità dei materiali verso un equilibrio inedito ma
scultori italiani a diretto confronto con le più vivaci espe-
non precario e una risonanza - di segni linguisticamente
rienze internazionali comincia a configurare un differente
attivi, e di concordanze e aspre rotture - che è messa
158
in campo di una simbolicità densa e nello stesso tempo
segni continui dotati di una netta incisività. La scultura di
riverberante.
Ramous non ha mai un limite chiuso e neppure un univo-
L’identificazione di una spazialità geometrica viene esal-
co punto di vista si apre a diverse, coerenti e in armonica
tata, e per qualche verso contraddetta, dal gioco degli
progressione, viste e riconoscimenti.
equilibri e degli spostamenti. Presenza plastica e ten-
Per raggiungere questo risultato Ramous è obbligato
sione dinamica convivono insieme stabilendo ogni volta
a una determinazione plastica rigorosa e nello stesso
una complessione strutturale che sembra sfidare rigidità,
modo aperta ad espansioni percettive fino al limite di un
pesantezza e inerzia dei materiali. Nel lavoro di Ramous
nuovo razionalizzato barocchismo, ed insieme una rinun-
queste costanti risultano però dichiarate dentro una ri-
cia quasi assoluta di ogni ridondanza, allusione, ombreg-
conoscibile cifra stilistica che condensa processualità
giatura compiaciuta.
dinamiche rigorose e risolutive apparizioni nelle quali la
La chiarezza della scultura di Ramous protesa a esplora-
fisicità del dato strutturante è sollecitata verso un’inedita
re la capacità della materia di farsi scrittura e ideogram-
configurazione spaziale.
ma, simbolo stabile di essere frontiera e traguardo di
Più che per linee e angoli retti, la geometria di Ramous si
spazialità concluse ha una sua matrice densa nella con-
espande per ellissi traccianti. Ciò che conta per Ramous
trazione di altri spazi, della immaginazione e della mente,
sembra essere la capacità di mettere a confronto forma
che dichiarano virtualità e confine tra immagini e forme
e spazio secondo aperte, e lucidamente dichiarate, pro-
plastiche. Risultato di questa singolare processualità po-
gressioni. Questa apertura dalla forma alla spazialità è
etica e tecnica è una fluidità della scultura che si fa corpo
sigillata dentro una chiara e calibrata regola strutturale.
leggero quasi senza gravità. La materia liberata nella sua
Da qui la sensazione di netta definizione di ogni scultura
dimensione di energia risulta così evidente tracciato di
come un organismo plastico immobile epperò pulsante
tensioni dinamiche.
nella capacità di espansione fantastica. Da qui soprat-
Nei trent’anni di attività dell’artista, qui documentati,
tutto l’iscrizione nello spazio di spinte e equilibri dentro
molte sculture di grandi ma anche di piccole dimensioni
159
possono confermare la singolare fisionomia dell’opera di
la propria capacità di farsi segno quotidiano e simbolo
Carlo Ramous casi come si è cercato di delineare.
riconoscibile; per qualche verso si rivela necessaria.
Non ottimistica né disperata ma interrogativa, la scultura
Carlo Ramous è artista che non ha eluso questa prova
di Ramous colpisce - e la serie dei bozzetti degli ultimi
della verità della scultura.
anni mi sembra dimostrarlo - per la chiara costanza dei
In diverse città europee e in Giappone, le sue sculture si
suoi complessi elementi strutturanti e per la varietà di
legano a contesti urbani specificando con straordinaria
risoluzioni che ama esplorare in una progressione coe-
intensità lo forzo, produttivo di senso, che l’opera plasti-
rente. Sembra che la ricerca ora punti al confine dove
ca può definire e condensare. Nel paesaggio urbano, le
la forma plastica si dissolve nel suo negativo spaziale
sculture di Ramous si rivelano incagli percettivi dotati di
e fantastico con il quale ama convivere per una nuova
una immediata capacità di esprimere simboli primari e ri-
oscillazione dell’immagine complessiva.
conoscibili. Misurano anche il tempo. La variazione della
Lo spazio abitato da Ramous, va ripetuto, non è mai uno
luce di ogni giorno delle stagioni ne modula evidenze e
spazio statico e neppure chiuso dentro una bloccata e
suggestioni particolari.
ortogonale geometria. È, al contrario, il luogo delle rivela-
Ci sono luoghi a Milano, nelle zone della città più attiva-
zioni oblique e slittanti che segni curvi e definiti determi-
mente industriose, che sarebbe oggi impossibile imma-
nano, mossi da un codice interno di equilibri, oscillazioni,
ginare senza quella creativa cesura liberatoria e fantasti-
mutamenti dinamici e di apparizioni.
ca che l’artista ha saputo realizzare. La crisi della scultura in questo secolo è, per molta par-
Sculture per Io spazio urbano
te, crisi degli spazi di attenzione ma anche di risolutiva
Tra scultura e pittura esiste oggi ancora un punto di ra-
ed efficace costituzione che questa può abitare. II lavoro
dicale differenza significativa. La scultura ho come suoi
creativo di Ramous dimostra in modo convincente come
spazi privilegiati i luoghi aperti della grande comunica-
la scultura può e deve vivere i grandi spazi della comuni-
zione sociale, gli spazi urbani. Qui la scultura dichiara
cazione urbana senza rinunciare ad essere, nel modo più
160
rigoroso possibile, se stessa.
e forze e quello delle apparizioni che la mente sempre organizza dentro schemi coinvolgenti di possibili letture
Contesto e prospettive
fantastiche.
L’opera di uno scultore autentico non vive, neppure oggi,
La suggestione e l’efficacia delle ultime opere, qui illu-
i tempi velocemente trascorrenti della cultura visuale
strate, mi pare lo dimostri in modo convincente.
contemporanea. Cresce lentamente, per direttrici e radicamenti profondi, e muta evidenza con naturalezza e progressioni coerenti.
Vittorio Fagone
Ramous si colloca, con originalità, nel quadro della scul-
1993
tura italiana ed europea di questi ultimi decenni in posizione di rilievo per un’opera che si rivela sempre di più determinata secondo una concezione inedita della spazialità, insieme oscillante e in espansione, per l’individuazione di segni veloci e leggeri, articolati in una complessa e libera costruzione plastica. Le affinità con alcuni protagonisti della scultura contemporanea di radice astrattoconcreta esistono, ma sono piuttosto punti di riferimento e di distanziamento dialettico. Vale più indicare come nel coerente svolgersi del lavoro dell’artista si vada delineando una sottigliezza di scarti compositivi e immaginativi che fanno di ogni singolo Manufatto plastico una matrice densa di evidenze ed emozioni, un nodo tra il mondo della materia e delle sue leggi
161
Strade, muri stanchi e una finestra infuocata - 1999
118,5 x 50 cm
Se tenir autrefois azur - 1999
Celato magico - 2000
92 x 60 cm
116 x 70 cm
162
Il giardino ritrovato - 2000
163
96 x 60 cm
La luna e il sole - 2000
164
95,7 x 57,5 cm
Carlo Ramous Introduzione al catalogo della mostra alla Galleria civica Ezio Mariani
Alla Galleria “Ezio Mariani” espone Carlo Ramous, attraver-
questi ultimi trent’anni di arte figurativa e di scultura in par-
so un’ ampia offerta di sculture e pitture.
ticolare, in Italia e non solo, diventando questa mostra per
E anche questo era un debito che si aveva sia verso l’artista
la Città di Seregno un’occasione prestigiosa per la storia
milanese, sia verso ciò che rappresenta, ossia quella for-
dell’arte contemporanea e per la didattica, tanto ricche
ma espressiva colta e astratta fatta di metalli e di tecniche
sono le sollecitazioni provenienti dalle opere dello scultore
miste, in cui l’osservatore è chiamato, attratto dall’armo-
milanese, che si presenta a noi anche nella meno nota veste
niosità delle curve e dall’apparente contrasto con le leggi
di pittore; ci auguriamo che la Città risponda tributandogli il
della stabilità imposte dalla fisica, per scrutare, riflettere,
dovuto omaggio anche in quest’altra veste splendidamente
riconoscere, conservare.
creativa grazie alla sapienza dell’uso di ogni forma e stru-
Ma questa mostra, si diceva, è soprattutto dare spazio ad
mento possibili.
una forma d’arte che, anche nella persona di Ramous che vive con le sue sculture nelle città di mezzo mondo, fonde l’astratto al concreto, l’espressionismo con le sue sfumatu-
Piero Amati
re simboliche all’impressionismo: è dunque piena ricchez-
1998
za e dinamico fervore delle immagini che transitano nelle meno note tele, e nelle più conosciute sculture. La presenza di Ramous è poi uno sguardo alla storia di
165
Carlo Ramous è uno dei più originali protagonisti della
stabile equilibrio, con forme ondulanti, curve, frammenti
scultura contemporanea, segnatamente della generazio-
d’inventati moduli geometrici irregolari come la scultura
ne affermatasi nel dopoguerra, iniziando dalla Biennale
Ba-o-bab del Museo Middelheim d’Anversa.
di Venezia del 1962, sensibile ai modelli della scultura
Nei moduli ondulanti della scultura titolata Ad Astra del
internazionale astratta e futurista.
1992, in acciaio inox h. 1180 cm., Chuo Park, Chiba City,
Il critico Vittorio Fagone, nell’esauriente saggio nel cata-
Giappone, l’artista con un’intelligenza speculare attinge
logo edito da Charta, Milano 1993, scrive tra l’altro: `Ra-
alla raffinata eleganza della scrittura giapponese e rein-
mous si colloca, con originalità, nel quadro della scultura
venta un’opera che si trasforma, pur conservando i valori
italiana ed europea di quest’ultimi decenni in posizione
plastici del concavo e del convesso, del pieno e del vuo-
di rilievo...”
to, in un simbolo poetico e musicale.
Le affinità con alcuni protagonisti della scultura di radice
La sua scultura s’inserisce armoniosamente e vive
astratta concreta esistono ma sono piuttosto punti di ri-
nell’ambiente urbano di molte piazze del mondo con
ferimento e di distanziamento dialettico”.
un’inesauribile varietà di moduli ellittici, ondulanti, ango-
Carlo Ramous evidenzia una personale specificità, rifiu-
losi, spigolosi, d’una eleganza raffinata.
tando i moduli di un assoluto formalismo che hanno pro-
Osservando una scultura in legno padouk, 60x121,5 del
dotto una noiosa ripetitività in altri scultori amanti della
1968, titolata: Urlo, ho pensato a qualche immagine di
forma astratta chiusa nella stabilità dei volumi verticali
Guernica e all’Urlo di Munch, ma è incontestabile l’origi-
ed orizzontali.
nalità dell’opera dell’artista milanese non solo perché è
Io penso che l’artista milanese abbia dimostrato d’ aver
una scultura, ma perché esprime una pari drammaticità
fatto tesoro anche dei migliori germogli del futurismo più
pur eliminando i riferimenti figurali dei due grandi mae-
che dall’astrattismo e del concretismo, per esaltare quel-
stri, sintetizzando all’estremo limite l’immagine costruita
la tensione dinamica e quella vitale energia che si spri-
con elementi plastici angolosi e spigolosi.
giona dalle sue sculture costruite con un apparente in-
Meno nota ma non meno importante è la pittura di Ra-
166
Il dinamismo musicale nella scultura e nella pittura di Carlo Ramous mous, nella quale arricchisce di nuovi cimenti la sua fer-
rompente di vitalità che si stempra in tonalità sempre
vida creatività, sempre innovativa e di respiro internazio-
più chiare con variazioni che sembrano infinite nella luce
nale.
che sprofonda in uno spazialismo poetico delle preziose
In essa si possono ravvisare le fonti dell’informale,
trasparenze cristalline, evidenziando un lirismo poetico-
dell’impressionismo, del simbolismo, ma con le stesse
musicale di stati emotivi dell’anima.
notevoli differenze che ha la sculstura delle fonti...
L’Assessore alla Cultura Prof. Pietro Amati, continua a
Se la luce è la protagonista assoluta nella sua pittura
dimostrare come in Seregno si possano organizzare mo-
come negli Impressionisti essa però non è di fonte so-
stre di grande significato culturale come quest’antologica
lare,” “En plein air”, non rivela un mondo riconoscibile
di Carlo Ramous che costituisce un evento esemplare.
all’occhio, ma è mentale anche quando si riconoscono frammenti della natura, la luce li trasforma in simboli, in metafore.
Pasqualino Colacitti
Così avviene per l’acqua, l’aria, il fuoco, i paesaggi, le
1993
marine. Egli accetta l’assioma “della spiritualità dell’arte”, di quel “rendere visibile l’invisibile”. Ramous anche nella pittura inserisce spesso metalli, legni, stoffe, carte, riuscendo a coniugare pittura e scultura armoniosamente come raramente accade ad altri artisti. Nella tecnica mista è un maestro per la perfetta fusione dei diversi elementi espressivi: acrilici, smalti, lacche, inserti di materiale povero; carta, stoffe, legni, metalli dominati da un cromatismo rosso, blu, arancione pro-
167
formalmente antimonumentali, cioè antiretoriche, prive della
Arturo Martini nel 1946, alla vigilia della morte, definì
ridondanza e della grandezza del monumento tradizionale.
la scultura “lingua morta”. Come qualificare, allora, la
Anche per questo Ramous è grande. Ha dimostrato di aver
scultura così viva di Carlo Ramous?
capito che la scultura oggi ha tra le sue prospettive fertili an-
Martini, quando parlava di scultura lingua morta, si riferiva
che (sottolineo l’ ”anche”) la funzione monumentale, nel rap-
alla statuaria, da lui stesso per tanti anni praticata. Ne vede-
porto con l’architettura e con la città. È così intervenuto nello
va i limiti, le impossibilità nei confronti del moderno e degli
spazio urbano, contribuendo ad attivizzarlo, aggiungendo-
altri più flessibili linguaggi, quali la pittura, capace di restare
gli qualità, come si può ad esempio vedere nel grande, ma
all’altezza dei tempi e delle sue esigenze. Non negava quindi
libero, essenziale “Gesto per la Libertà” eretto a Milano in
la possibilità di una scultura lingua viva. Come quella, ap-
piazza Conciliazione. Quella struttura di uno scattante equili-
punto di Ramous, che è antistatuaria e capace di dialogare in
brio dinamico, è in completa sintonia con il convulso traffico
modo nuovo, moderno, con lo spazio alla scultura esterna.
metropolitano che quotidianamente la accerchia e trova in
Non solo Ramous, ancora, realizza, come voleva Martini, una
essa un punto di riferimento viabilistico (è collocata al centro
scultura non archeologica e non legata indissolubilmente all’antropomorfismo.
di un’ aiuola rotatoria) e insieme estetico.
Certo, ma Ramous ha anche eretto dei monumenti, a Mi-
Quindi Ramous scultore per i centri storici. Certo. Anche, ma non solo. Oltre che naturalmente a de-
lano e in vari paesi del mondo.
dicarsi ad opere di diversa misura e quindi collocazione,
Sì, ha progettato delle sculture in scala monumentale, ma
168
Le opere dello scultore CARLO RAMOUS “Attualità Italia-Australia”
Ramous non ha trascurato le aree periferiche, quelle più
quadri in rapporto alle sue sculture?
bisognose della qualificazione percettiva, di organizzazione
Non c’è alcuna subordinazione dagli uni alle altre, e vi-
spaziale attraverso la forma dell’ arte che la scultura in sca-
ceversa.
la monumentale può dare. La prova, ad esempio, sempre
Le pitture sensibilissime, vibranti e insieme strutturate di
a Milano, la “Finestra nel Cielo”, un monumento collocato
Ramous hanno un valore autonomo, anche se sono parte
proprio in una zona decentrata, che da esso ha tratto grande
di un impegno espressivo unico, nelle diversità delle sue
giovamento anche sul piano della vivibilità, in tutti i sensi, del
concrete estrinsecazioni. Lo dimostra, ad esempio, il pro-
quartiere. Ancora in periferia, e in tempi ormai lontani, Ra-
tagonismo del segno, però incarnato nel colore, ed entro
mous ha poi creato quasi un unicum , pubblicato in tutto il
una spazialità tridimensionale, che ha le sue caratteristi-
mondo, trasformando in scultura l’intera facciata, prima ine-
che e le sue esigenze.
spressiva, della chiesa di Santa Marcellina in via Espinasse a Milano. Ripeto però per essere chiaro, che Ramous è celebre anche per opere di scala, ma non di valore, minore. Tra le
Luciano Caramel
loro qualità, la leggerezza quasi dei segni nello spazio. Dei
Ordinario di storia dell’arte contemporanea
segni di grande bellezza, carichi di allusioni, di significati non
Università Cattolica di Milano
descrittivi, risolti nella sintesi propria della grande arte.
Luglio-Agosto 2000
Ramous è anche pittore. Quale è il significato dei suoi
169
Sortilegio sognato - 2000
95,5 x 58 cm
la casa dei sogni - 2000
97,3 x 70 cm
170
Incompiuto - 2003
171
79 x 70 cm
Walter Patscheider mi ha chiesto di scrivere qualche riga
sue sculture sono diventate dei significativi segni cultura-
per accompagnare questa mostra di sculture e dipinti di
li dell’identità urbana. E’ il caso del monumento ai Caduti
Carlo Ramous. Lo faccio volentieri proponendomi in futu-
dell’Isola, della Finestra nel Cielo in Piazza Miani, della Bal-
ro di approfondire meglio la ricerca di questo scultore che
lata del Plenilunio in Via Forze Armate, e soprattutto dello
è stato uno dei protagonisti dell’arte italiana, in particolare
straordinario Gesto della Libertà nella rotonda centrale di
dagli anni’50 agli anni’70, e che purtroppo come è successo
Piazza Conciliazione. Ques’ultima scultura astratta è una
anche ad altri artisti di qualità della sua generazione è stato
articolata struttura metallica caratterizzata da una tensione
un po’ dimenticato. Ramous ha partecipato a moltissime
plastica di intensa forza dinamica ma anche da una slan-
mostre, tra cui varie Biennali veneziane e Quadriennali ro-
ciata e aerea leggerezza formale. E’ un simbolo dei grandi
mane, e ha lavorato in Italia e in giro per il mondo da Parigi
valori morali e civili della libertà e anche, in un senso più
a Tokio, da Londra a New York, da Città del Messico a Los
specifico della peculiare creatività formale che ha sempre
Angeles. E soprattutto, naturalmente, a Milano dove alcuni
contraddistinto la visione artistica di Ramous. Questa scul-
172
Presentazione mostra monografica su Carlo Ramous Camperio Gallery, Milano
tura, che appare come un affascinante ideogramma pla-
Francia. In collaborazione con la famiglia dell’artista, Wal-
stico che si libra nello spazio, era stata esposta nel 1974,
ter Patscheider sta lavorando per restaurare e valorizzare il
insieme ad altre analoghe grandi scultura in ferro in una
maggior numero possibile di opere dello scultore. La gene-
bellissima esposizione personale all’aperto nella Piazzetta
rosa donazione di una importante scultura figurativa in cotto
Reale di fianco al Duomo.
refrattario, la Grande donna seduta, che è stata installata
L’impegno di Patscheider per il recupero e il rilancio cultu-
stabilmente alla Triennale di Milano è un primo passo signi-
rale dell’opera di Carlo Ramous, ha un significato sentimen-
ficativo in questo senso. E questa mostra, che presenta una
tale perché è legato alla storia della grande amicizia tra l’ar-
trentina di lavori, tra sculture e dipinti di vari periodi, è un
tista e suo padre Tullio e della lunga collaborazione fra i due
altro tassello di questa meritevole impresa culturale.
che aveva dato vita a realizzazioni molto importanti come per esempio la decorazione scultorea di tutta la facciata
Francesco Poli
(circa 1000 mq) dell’Imprimerie di Cino del Duca a Blois in
Milano, 2012
173
Sculture perdute 37 anni fa in esposizione alla Triennale Parma-Repubblica.it
Arco. Timpano. Continuità. Forme evocate da enormi volute
Vi furono problemi nel trasporto di sculture così grandi.
di metallo che disegnano lo spazio in tre dimensioni. Sono i
L’artista entrò in contrasto con il Comune e si aprì un con-
nomi di imponenti sculture di Carlo Ramous, poliedrico arti-
tenzioso. Le opere vennero smontate e temporaneamente
sta milanese scomparso nel 2003.
trasferite nel magazzini comunali. Caddero nell’oblio. Dopo
Per trentasette anni sono rimaste abbandonate nei magaz-
la morte dell’artista, nel 2003, neppure i curatori della suo
zini comunali di Parma, dimenticate come avanzi di can-
patrimonio artistico ricordavano dove fossero finite. Finché
tiere. Oggi, completamente restaurate e ricomposte, sono
non se ne occupò la stampa.
pronte per essere esposte alla Triennale di Milano. E’ una
E qui entra in scena la passione. Quella per l’arte. Walter
storia che sembra una favola, quella delle opere perdute
Patscheider, architetto e ingegnere milanese, è un signore
di Ramous. Una storia un po’ diversa da quella classica
che ha ereditato dal padre una vasta collezione di sculture
del capolavoro ritrovato per caso in una soffitta e battuto
e di bozzetti di Carlo Ramous. Lui stesso conosceva mol-
all’asta per cifre da capogiro. Repubblica Parma se ne era
to bene l’artista, amico di famiglia da lunga data. Dopo la
occupata nel 2009, quando aveva testimoniato la presenza
scomparsa dello scultore, Patscheider decide di tutelare e
di strani relitti metallici in un’area all’aperto dietro il cimitero
promuovere la sua opera. Anche puntando su scommesse
della Villetta. Si trattava di pezzi di grandi sculture, anche se
che sembravano impossibili. Come il recupero delle grandi
nessuno avrebbe potuto immaginarlo. Arrugginiti e ammas-
sculture perdute a Parma.
sati tra le erbacce, sporchi di terra e di cemento. Erano lì dal
E’ la fine del 2011. Patscheider parte da Milano e arriva a
1974, anno in cui venne organizzata un’esposizione delle
Parma. Vuole vedere con i propri occhi le condizioni delle
opere di Carlo Ramous a Parma.
opere e portarle via. Ma giunto ai magazzini della Villetta,
174
quasi si scoraggia: sono in condizioni pietose. I pezzi me-
seo Rimoldi dedica a Ramous nel decimo anniversario della
tallici sono tutti mischiati, arrugginiti, incrostati di sporcizia.
scomparsa. Una grande soddisfazione per Walter Patschei-
Patscheider decide di tentare lo stesso. Con l’aiuto di un
der. “Carlo Ramous non ha mai voluto vendersi ai commer-
conoscente, titolare di una carpenteria metallica nelle vici-
cianti d’arte - racconta - finché era in vita aveva molti con-
nanze del capoluogo lombardo, recupera il recuperabile. I
tatti e ottimi rapporti nel mondo dell’arte, era conosciuto in
relitti finiscono in un magazzino. E subiscono una trasfor-
tutto il mondo. Quando è mancato, è mancato anche chi
mazione. Ripuliti e restaurati, tornano agli antichi splendori.
portasse avanti il suo discorso. E’ stato dimenticato”. Wal-
Diventano Arco, Timpano, Continuità. Queste le tre opere
ter Patscheider e la sorella Peg si stanno impegnando in
ricostruite grazie ai bozzetti della famiglia Patscheider. Di
prima persona perché questo non accada. Hanno creato
una quarta, Anelito, manca ancora un pezzo. La quinta, Svi-
e gestiscono il sito dedicato all’artista www.carloramous.it e
luppo, è tuttora dispersa. Il destino delle tre sculture rinate
investono tempo e denaro per riportare la sua arte al pub-
è di tornare nei luoghi dell’arte. Timpano sarà scoperta il
blico. Il loro auspicio è che le opere rinate tornino in futuro
prossimo 10 maggio in occasione degli 80 anni della Trien-
anche nella città che le aveva perdute, in una degna collo-
nale di Milano. Per l’occasione l’esposizione permanen-
cazione, per essere ammirate dai parmigiani.
te riceverà in dono anche una scultura in refrattario della collezione personale di Patscheider. Nel giardino, in seguito, sarà esposta anche Continuità. Arco vi sarà collocata
Maria Chiara Perri
a settembre, dopo l’esposizione nella piazza principale di
8 maggio 2013
Cortina d’Ampezzo nell’ambito della personale che il Mu-
175
Era il 1962 quando lo scultore milanese Carlo Ramous fu
e Marco Valsecchi; sue sono le sculture presenti in molte
invitato a Cortina d’Ampezzo a esporre cinque opere in
piazze di Milano e del mondo. Nel catalogo della XXXI Bien-
bronzo all’interno della Rassegna del Bronzetto organizzata
nale di Venezia del 1962 Gillo Dorfles scriveva che in Ra-
nella conca ampezzana. Vi ritornò anche nel 1967, sempre
mous vi è una “intima simbiosi tra la materia formata e l’idea
all’interno della stessa manifestazione.
che vigorosamente la forma”. Nelle opere scultoree, infatti,
Oggi a distanza di quasi cinquant’anni, le opere di Ramous
la materia serve all’artista per veicolare un messaggio, non
sono nuovamente esposte a Cortina al Museo d’Arte Mo-
è mai fine a se stessa.
derna Mario Rimoldi, in una mostra monografica in cui sono
I suoi lavori non sono sfoggio di virtuosismo tecnico, ma
presentate molte sculture in bronzo, in legno e una serie
comunicano sempre un animo profondo e sensibile. È l’ar-
di dipinti. Perché Ramous non è stato solo uno scultore,
tista che si dona: “Io mi apro e vi offro tutto quello che ho”
è stato un artista a tutto tondo, capace di esprimere il suo
diceva. Più che un omaggio al maestro, la mostra cortinese
universo interiore attraverso molteplici mezzi, incluso quel-
si propone, dunque, di raccontare il variegato universo po-
lo della pittura. Il suo lungo percorso artistico lo ha visto
etico di un artista il cui lavoro in questi ultimi anni è stato
passare con padronanza e disinvoltura dall’uso del bronzo
giustamente riscoperto. Al visitatore viene offerta la possi-
a quello del legno, dal pennello intinto nei colori più allegri
bilita di vivere l’intero percorso creativo, dall’ideazione della
alle tinte più scure. Le forme e l’architettura delle sue opere
forma attraverso i bozzetti e i prototipi, fino ad arrivare alle
non hanno quasi mai riferimenti alla realtà, ma pur nella loro
grandi sculture monumentali in ferro o inox che adornano
astrazione sono cariche di una volontà narrativa resa evi-
piazze importanti
dente anche dai titoli, dal forte potere evocativo.
da Milano al Giappone, per le quali Ramous è giustamente
Di lui hanno scritto i più importanti critici da Gillo Dorfles
celebre; alcune di queste grandi sculture potranno essere
a Enrico Crispolti, da Luciano Caramel a Mario De Micheli
ammirate nel percorso esterno al museo Rimoldi, lungo
176
Presentazione mostra “Carlo Ramous un percorso di vita” Museo d’arte moderna Mario Rimoldi, Cortina d’Ampezzo Corso Italia. La mostra permette di scoprire inoltre le inte-
infatti aggiunti nel tempo altri lasciti, come i trecento lavori
ressanti decorazioni parietali realizzate per edifici industriali
di Alis Levi donati
e di culto, in cui l’uso imponente del volume e del bassori-
da Lia Cohen, o più di recente, il comodato di circa cen-
lievo sembra legare idealmente Ramous ai massivi mosaici
to opere della collezione del professor Allaria e il lascito di
di Mario Sironi
un’importante dipinto di Giuseppe Capogrossi da parte del-
in un’affascinante simbiosi tra arte e architettura. Questo
la scrittrice Milena Milani, entrambi avvenuti nel 2012.
aspetto rappresenta sicuramente un ulteriore elemento di
Le quattro nuove sculture di Ramuos contribuiscono dun-
affinità tra la l’opera di Ramous e la collezione del Museo
que a rendere viva la collezione di un museo che da alcuni
d’Arte Moderna Mario Rimoldi che nel 2012 si è arricchita
anni svolge un’intensa attivita di valorizzazione di una del-
di quattro sculture del maestro databili alla fine degli anni
le più importanti collezioni d’arte moderna italiana: da un
sessanta, proprio il periodo in cui si conclude l’intensa at-
lato le mostre a tema e i vari riallestimenti delle sale offrono
tività collezionistica di Mario Rimoldi. Le opere sono state
occasioni sempre nuove per ritornare al museo; dall’altro i
concesse in comodato dall’ing. Walter Patscheider che con
prestiti che il Museo Rimoldi concede ogni anno a impor-
amore e dedizione sta portando avanti un lavoro di rilancio
tanti mostre e
dell’opera del maestro milanese.
istituzioni in Italia consentono di far conoscere e diffondere
I lasciti e le donazioni ricevute in questi ultimi anni testi-
il proprio patrimonio d’arte a un pubblico sempre più vasto,
moniano l’importanza crescente che il museo Rimoldi sta
divenendo così un punto di riferimento per collezionisti e
assumendo presso il pubblico e i collezionisti: all’origina-
amanti del bello.
rio nucleo di circa quattrocento opere donate alle Regole d’Ampezzo da Rosa Braun, moglie del collezionista Mario
Alessandra de Bigontina
Rimoldi, attorno al quale nel 1974 nacque il museo, si sono
Cortina d’Ampezzo, 2013
177
La critica ha da sempre individuato nelle grandi opere di
esordi dei Sessanta in opere come Mattino di vento, Esse-
Carlo Ramous, che abitano con naturale autorevolezza
re o Frantumazione – ma che immediatamente dopo ven-
numerosi spazi pubblici di città italiane e straniere, l’esi-
gono declinati in maniera del tutto diversa, amplificando-
to migliore della lunga, incessante e appassionata ricerca
ne il valore sociale, collettivo, politico. Lo stesso Ramous
dell’artista. Chi rammenti anche soltanto una delle scul-
scrisse nel 1976 a proposito delle sue sculture di notevoli
ture installate in permanenza in un determinato tessuto
dimensioni come di “grandi gesti che volevo fossero rap-
urbano, avrà subito presente le molteplici possibilità di
presentativi di una forte presenza dell’uomo”; e ancora di
dialogo con il contesto architettonico, urbanistico e per-
“un atto di ribellione per ristabilire che il gesto della mano
sino monumentale che l’intervento di Ramous introduce.
può ancora risolvere la coercizione, l’abuso, l’ipocrisia del
Articolate, costruite e sviluppate in un ambiente che qua-
nostro tempo”1.
si sembra averle generate – e mai soltanto ‘ospitate’ – le
L’esaltazione del gesto della mano, il sentimento di rivolta
strutture di Ramous esplicitamente intrattengono e ricer-
intrinsecamente connaturato alla sua azione, se trovano
cano una relazione che attraversa tanto lo spazio quanto il
un contesto fertile nei fermenti politici e negli aneliti ideali
tempo, marcando la propria presenza con l’intensità di un
degli anni Settanta, non possono esservi però circoscrit-
segno, l’energia di un gesto.
ti2. Il gesto della mano è prima di tutto un gesto estetico,
Segno e gesto che transitano senza alcun dubbio nel-
la rivalsa di una forza primigenia in grado di rimuovere
la poetica di Ramous attraverso l’Informale – assimilato
o superare i limiti, gli impedimenti, i vincoli. “La presa di
profondamente negli anni della formazione e lambito agli
possesso del mondo esige una sorta di fiuto tattile. La
178
“Il vuoto dello spazio, il pieno delle cose”
vista scivola sulla superficie dell’universo. La mano sa
e il rigore delle grandi sculture realizzate e messe in opera,
che l’oggetto implica un peso, che può essere liscio o
dal momento che i rapporti sono perfettamente individuati
rugoso, che non è inscindibile dallo sfondo di cielo o di
fin dall’inizio e le proporzioni non necessitano di essere
terra con il quale sembra far corpo. L’azione della mano
amplificate in scala per mostrarsi nella loro ineffabile ‘giu-
definisce il vuoto dello spazio e il pieno delle cose che
stezza’.
lo occupano” . Parole, queste di Henri Focillon, che sem-
Giustezza che non esonera l’artista dall’azzardo, dal
brano attagliarsi perfettamente alla genesi di opere come
mettere se stesso e la propria arte sempre in discussio-
Arco, Continuità, Gesto per la libertà, tutte quante espo-
ne, dall’accettare consapevolmente che “il rischio è nelle
ste nel 1974 nella personale milanese di Piazzetta Reale.
cose”, ma che “non vi sono probabilità di capire senza far
Ciascuna offre, a seconda dei punti di vista assunti dallo
conto di questo rischio”4.
3
spettatore, una prospettiva differente, un modo diverso di articolarsi nello spazio. Nessun prospetto riveste un ruolo egemone, ogni scorcio gode della medesima legittimità e
Marco Pierini
riserva sorprese, emozioni, equilibri insospettabili, scarti
Cortina d’Ampezzo, 2013
imprevisti. E traviserebbe gravemente il lavoro di Ramous chi volesse desumerne la monumentalità dalle grandi dimensioni. I bozzetti, perfettamente compiuti pur nelle loro ridotte misure, posseggono infatti tutta la forza, la qualità
1
Da uno statement di Carlo Ramous pubblicato in “Scultura”, 3, febbraio-marzo 1977, p. 21.
2
Si veda, su questo argomento, l’intervista rilasciata da Carlo Ramous a Franco Cajani nel 1976 (Franco Cajani, I ferri di Ramous, in “Alla bottega”, XIV, 2, marzo-aprile 1976, pp. 25-27).
3
Henri Focillon, Vie des Formes suivi de Éloge de la main (1943), trad. it. Vita delle Forme seguito da Elogio della mano, Einaudi, Torino 19903, p. 110.
4
Mario Ramous, presentazione in Carlo Ramous, opuscolo della mostra, Galleria Inquadrature 33, Firenze 1970. 179
Arco, 1972 - (restaurato 2012)
Ferro verniciato, H 560 cm
Timpano – 1973 – (restaurato 2012)
Ferro verniciato, H 450 cm
180
ContinuitĂ - 1972 - (restaurato 2012)
181
Ferro verniciato, H 700 cm
FOTOGRAFIE DI ALESSANDRO TRIULZI E ARCHIVIO PATSCHEIDER
PROGETTO GRAFICO REALIZZATO DA: STUDIOTESIDESIGN.COM 182
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