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INCONTRARE BAGETTI
Acquerelli disegni incisioni dalle collezioni torinesi A cura di ANGELA GRISERI, FRANCESCA PETRUCCI, ROSSANA VITIELLO
UMBERTO ALLEMANDI & C. TORINO ~ LONDRA ~ VENEZIA ~ NEW YORK
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Loghi in bianco e nero
INCONTRARE BAGETTI Acquerelli disegni incisioni dalle collezioni torinesi Torino, Accademia Albertina, Pinacoteca 11 ottobre 2011 - 11 gennaio 2012 a cura di Angela Griseri, Francesca Petrucci, Rossana Vitiello
ISTITUZIONI PROMOTRICI Accademia Albertina di Belle Arti di Torino Soprintendenza per i Beni Storici, Artistici ed Etnoantropologici del Piemonte Consulta Valorizzazione Beni Artistici e Culturali di Torino con il sostegno della Consulta Valorizzazione Beni Artistici e Culturali di Torino I Soci: Alleanza Toro Assicurazioni, Armando Testa, Buffetti, Burgo Group, Buzzi Unicem, Camera di Commercio di Torino, C.L.N., Compagnia di San Paolo, Deloitte & Touche, Ersel, Exor, Fenera Holding, Ferrero, Fiat, Fondazione Crt, Garosci, G. Canale & C., Gruppo Ferrero-Presider, Intesa SanPaolo, Italdesign-Giugiaro, Italgas, Lavazza, Martini & Rossi, M. Marsiaj & C., Pirelli, Reale Mutua Assicurazioni, Reply, Rockwood Italia, Skf, Telecom Italia, Unione Industriale di Torino, Vittoria Assicurazioni
ACCADEMIA ALBERTINA DI BELLE ARTI TORINO Marco Albera, Presidente Guido Curto, Direttore Francesca Petrucci Rosella Grassi
DI
SOPRINTENDENZA PER I BENI STORICI, ARTISTICI ED ETNOANTROPOLOGICI DEL PIEMONTE Edith Gabrielli, Soprintendente Rossana Vitiello CONSULTA VALORIZZAZIONE BENI ARTISTICI E CULTURALI DI TORINO Lodovico Passerin d’Entrèves, Presidente Angela Griseri Mario Verdun di Cantogno PROGETTO DELL’ALLESTIMENTO Massimo Venegoni, Studio Dedalo ASSICURAZIONI Vittoria Assicurazioni MOVIMENTAZIONE OPERE E TRASPORTI ArteÈ Mostre d’Arte ASSISTENZA MOVIMENTAZIONE OPERE Tiziana Sandri, Soprintendenza per i Beni Storici, Artistici ed Etnoantropologici del Piemonte PROGETTAZIONE GRAFICA Massimo Venegoni, Studio Dedalo
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APPARATI DIDATTICI Rossana Vitiello, Angela Griseri UFFICIO STAMPA Donata Massobrio, Accademia Albertina di Belle Arti di Torino Maria Cristina Lisbona, Consulta Valorizzazione Beni Artistici e Culturali di Torino RESTAURI Kristine Doneux, Torino Stefania Passerini, Soseishi snc, Torino Direzione lavori Rossana Vitiello, Soprintendenza per i Beni Storici, Artistici ed Etnoantropologici del Piemonte
REFERENZE FOTOGRAFICHE Archivio Fotografico della Soprintendenza per i Beni Architettonici e per il Paesaggio delle Province di Torino, Asti, Biella, Cuneo e Vercelli Archivio Fotografico e Archivio Restauri della Soprintendenza per i Beni Storici, Artistici ed Etnoantropologici del Piemonte Biblioteca dell’Accademia Albertina di Belle Arti di Torino Galleria Civica d’Arte Moderna e Contemporanea di Torino Ernani Orcorte
CATALOGO Coordinamento grafico Claudia Carello Coordinamento redazionale Silvia Fiocco Ricerca iconografica Valentina Razeto
RINGRAZIAMENTI Antonella Affronti, Paola Astrua, Enrico Barbero, Virginia Bertone, Daniela Biancolini, Domenica D’Ambrosio, Andreina Griseri, Giovanna Incisa Cattaneo, Vittorio Natale, Daniela Patrignani, Giovanni Romano, Ornella Savarino, Mercedes Viale Ferrero. Un grazie particolare ai collezionisti che hanno gentilmente concesso le opere in prestito
In copertina «Paesaggio alpestre con un corso d’acqua nella valle e villaggio sulla sommità di una rupe», 1800-1810 circa
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hi cerca su Internet notizie su Giuseppe Pietro Bagetti, trova, tra oltre 18.900 «risultati», la voce dell’enciclopedia Wikipedia che nella sintetica biografia di questo straordinario artista torinese scrive: «Pur avendo studiato come architetto presso l’Università di Torino, è noto per la sua collaborazione con l’armata francese durante la prima campagna napoleonica d’Italia». E suona strano quel «pur», quasi che gli artisti fossero vincolati a una parte politica e non, già allora, dei liberi professionisti disposti a lavorare, e non a collaborare come avviene oggi, con il committente istituzionale che si rivolge a loro e li paga. Che fossero i Savoia o Napoleone, Bagetti dipingeva ciò che gli veniva commissionato, senza prevenzioni ideologiche e senza piegarsi a enfasi celebrative. Era un vedutista, un abilissimo topografo, che descriveva luoghi e vicende storiche, certo anche battaglie, e verrebbe da dir fedelmente, se non che, sia chiaro, Bagetti non è di certo un cronista né un fotoreporter di guerra (non è Robert Capa!), è molto di più: un pittore dal talento eccezionale che va ben oltre il paesaggio o il mero evento storico descritto, per creare un’atmosfera poetica, leggibile soprattutto nei cieli vastissimi, attraversati da nuvole, cirri e nebbie con stile precocemente romantico, tanto che verrebbe da definirlo un «piccolo Turner» (ma perché poi piccolo?!), dove montagne, colline, pianure e soprattutto, ripeto, il cielo, che occupa spesso quasi due terzi del quadro, diventano il correlativo oggettivo di uno stato d’animo appassionato ed emotivamente commosso, che risente dei grandi cambiamenti politici e sociali allora in atto, senza prendere posizione, senza schierarsi, però partecipando a quei moti «rivoluzionari» in chiave estetica e anche etica. Così non c’è da stupirsi se, dopo aver lavorato per Napoleone, Bagetti lavora per Vittorio Emanuele I, da artista libero qual è, regalandoci vedute del «nostro» Piemonte che quando vengono portate all’estero, soprattutto in Francia, comunicano la bellezza di quel territorio pedemontano che non è lontano e ostile, ma anzi amichevolmente contiguo, tanto da farci considerare Giuseppe Pietro Bagetti come il miglior ambasciatore di quell’alleanza tra Piemonte e Francia che si conclude con l’Unità d’Italia.
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Ben venga, quindi, questa mostra che, sia pur piccola, celebra la caratura internazionale di un grandissimo artista, di cui vengono esposte per la prima volta tutte insieme la maggior parte delle opere conservate in Accademia Albertina oltre a una ricca selezione di opere di collezione privata, molte delle quali inedite. Un grazie sentito all’amico Lodovico Passerin d’Entrèves, Presidente della Consulta per la Valorizzazione dei Beni Artistici e Culturali di Torino, per la sua ferma determinazione a sostenere sempre le sorti della Pinacoteca Albertina e ad Angela Griseri che ha consentito la realizzazione della mostra con il suo impegno appassionato e militante. Un particolare ringraziamento va inoltre a Rossana Vitiello, funzionario responsabile del Patrimonio storico dell’Accademia Albertina per la Soprintendenza per i Beni Storici, Artistici ed Etnoantropologici del Piemonte, che non si è limitata a seguire le fasi di progettazione della mostra ma che ha anche dato un significativo apporto scientifico nella fase del restauro dei dipinti su carta di Bagetti, condotto con grande perizia dalle docenti di Restauro dell’Accademia Albertina, Stefania Passerini e Kristine Doneux, coadiuvate da alcune studentesse del biennio specialistico. Il mio sentimento di gratitudine va, infine, last but not least, alla professoressa Francesca Petrucci, ottima docente di Storia dell’arte dell’Accademia, e alla professoressa Rosella Grassi, instancabile responsabile della «nostra» Biblioteca, che, insieme al gruppo di giovani ricercatori che collaborano al riordino e all’inventariazione del patrimonio storico della nostra Istituzione, hanno curato la redazione dei saggi storici sulla presenza di Giuseppe Pietro Bagetti all’Accademia Albertina e delle schede relative alle opere conservate in Pinacoteca, nei Depositi e nella Biblioteca Storica. GUIDO CURTO Direttore Accademia Albertina di Belle Arti
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a collaborazione della nostra Soprintendenza con l’Accademia Albertina, istituto d’eccellenza nel sistema della cultura e delle arti piemontese, consegue oggi, a due anni dalla realizzazione del nuovo allestimento della Pinacoteca, un altro importante risultato: una mostra che, realizzata grazie al sostegno della Consulta per la Valorizzazione dei Beni Artistici e Culturali di Torino, fa perno sull’esame delle opere su carta di Giuseppe Pietro Bagetti con il fine di giungere a una più ampia e corretta riconsiderazione della sua intera figura. Oltre a pezzi di varia provenienza, il pubblico potrà ammirare l’intero nucleo grafico di Bagetti di proprietà dell’Accademia: ai disegni normalmente esposti verranno infatti uniti gli altri al contrario normalmente custoditi nei depositi, i quali sono stati restaurati - con la direzione scientifica della nostra Soprintendenza, nella figura di Rossana Vitiello - dai docenti dei corsi di restauro dell’Accademia stessa, coinvolgendo gli allievi del secondo e del terzo anno. Il presente catalogo, inoltre, costituirà per tutti, studiosi e appassionati d’arte, un valido ausilio alla visita, coniugando gli approdi della ricerca scientifica con l’intento divulgativo. Siamo dunque di fronte a un efficace modello di collaborazione: agendo insieme, sia pure su piani diversi, la nostra Soprintendenza, l’Accademia Albertina e la Consulta per la Valorizzazione dei Beni Artistici e Culturali di Torino sono riuscite a confezionare un’iniziativa che nell’attuale congiuntura di crisi economica e di spaesamento culturale si segnala per rigore di metodo e capacità di rivolgersi a un vasto pubblico. EDITH GABRIELLI Soprintendente per i Beni Storici, Artistici ed Etnoantropologici del Piemonte
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a Consulta per la Valorizzazione dei Beni Artistici e Culturali di Torino è nata oltre vent’anni fa con lo scopo di migliorare e valorizzare il patrimonio artistico cittadino: a oggi conta trentadue Soci e ha investito oltre venticinque milioni di euro, in più di trenta realizzazioni. Consulta è un unicum che Torino ha rispetto ad altre città italiane. Le Aziende e gli Enti torinesi incrementano ogni anno i loro programmi di comunicazione e sponsorizzazione con un impegno comune a favore del restauro, conservazione e valorizzazione del patrimonio artistico della propria città. In tal modo si è favorito il consolidamento di un modello torinese che ha contribuito a creare una circolarità virtuosa tra Soprintendenze, Enti pubblici, responsabili e curatori di Musei e Fondazioni, facendo conoscere la nostra Città oltre la tradizionale presenza manifatturiera. L’interesse della Consulta per la Pinacoteca dell’Accademia Albertina - istituto di formazione di eccellenza e di antica tradizione - risale a quindici anni fa: il sostegno della Consulta rientra nell’ambito dell’attività pluriennale per la Pinacoteca, iniziata nel 1995 con la ristrutturazione, il nuovo allestimento e l’apertura al pubblico delle dodici sale espositive. In quell’occasione particolare attenzione è stata rivolta all’esposizione del prezioso nucleo dei sessanta cartoni cinquecenteschi di Gaudenzio Ferrari e della sua scuola, donati dal re Carlo Alberto. Nel 2005 è stata realizzata, in collaborazione con la Compagnia di San Paolo, la mostra «Bartolomeo Cavarozzi Sacre Famiglie a confronto». Nel 2011, nell’ottica di proseguire l’impegno per una maggiore valorizzazione e fruizione della Pinacoteca, la Consulta ha programmato due iniziative: il Progetto didattico, dedicato agli studenti di alcuni licei cittadini, volto ad avvicinare i giovani al patrimonio artistico della Città e la mostra, che qui presentiamo, «Incontrare Bagetti. Acquerelli disegni incisioni dalle collezioni torinesi», progettata a seguito del restauro, sostenuto dalle Aziende ed Enti Soci Consulta, di alcuni acquerelli dell’artista torinese: un’occasione preziosa perché, accanto alle opere dell’Accademia Albertina, sono esposte significative opere di collezioni private, alcune inedite e sconosciute al pubblico. Si è privilegiato il «pittore di paesaggi», intesi come luoghi dove protagonista è la Natura, spettacolo sublime colto nel suo accadere. Ringrazio le Aziende e gli Enti soci della Consulta, l’Accademia Albertina di Belle Arti e la Soprintendenza per i Beni Storici, Artistici ed Etnoantropologici del Piemonte per l’impegno profuso e i collezionisti privati per aver messo a disposizione le opere di Bagetti. LODOVICO PASSERIN D’ENTRÈVES Presidente Consulta Valorizzazione Beni Artistici e Culturali di Torino
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Sommario
11 Incontrare Bagetti MERCEDES VIALE FERRERO 12 Fortuna e affermazione di Bagetti in Antico Regime PAOLA ASTRUA 18 Giuseppe Pietro Bagetti all’Accademia FRANCESCA PETRUCCI 24 Note sul restauro delle opere su carta di Bagetti dell’Accademia Albertina ROSSANA VITIELLO 30 Le stampe di Giuseppe Pietro Bagetti nella Biblioteca dell’Accademia Albertina di Torino ROSELLA GRASSI 38 Le sorti di una collezione. Storie e vicissitudini degli acquerelli sabaudi di Giuseppe Pietro Bagetti ENRICO BARBERO 44 Al servizio di Napoleone: le opere di Giuseppe Pietro Bagetti nelle raccolte della Galleria Civica d’Arte Moderna e Contemporanea di Torino VIRGINIA BERTONE 49 Tavole 81 Schede 93 Bibliografia
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Incontrare Bagetti MERCEDES VIALE FERRERO
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Torino incontrare Bagetti non è difficile: lo troviamo a Palazzo Reale, alla Galleria d’Arte Moderna, alla Biblioteca Reale, all’Accademia Albertina. Un incontro speciale ha luogo proprio ora all’Accademia Albertina: vi sono ritornati i Bagetti restaurati, accompagnati da altri di raccolte private e quindi non visibili negli abituali percorsi delle visite museali. È un’occasione preziosa per i - come chiamarli? «bagettofili» (tra cui mi annovero) convinti che in Bagetti vi sia sempre e ancora qualcosa da scoprire: qualche immagine rara da catturare con un nuovo sguardo, qualche messaggio da percepire con un’osservazione più attenta. Un invito alla ricerca nasce dal confronto tra due momenti del gusto - a distanza di circa un secolo e mezzo l’uno dall’altro -, cioè tra i dipinti di Bagetti pervenuti all’Accademia Albertina nel 1841 per donazione della vedova Cristina Galleani, e i Bagetti scelti da collezionisti e amatori d’arte in tempi vicini all’oggi. Si potrà, in presenza delle opere, verificare ciò che unisce, oppure divide, questi due momenti; osservare quale parte della complessa attività dell’artista sia stata privilegiata dagli intenditori; indagare il rapporto, sempre molto stretto, tra la produzione pittorica di Bagetti e i suoi scritti: insomma, riprendere il filo dei tanti discorsi sollecitati da un’arte che elude le etichette e le definizioni convenzionali. Un’analogia tra ieri e oggi è subito evidente: in entrambi i casi il Bagetti «pittore di battaglie» è quasi ignorato; mentre è presente con esempi eccellenti il Bagetti «pittore di vedute». Chi domina, tuttavia, è il «pittore di paesaggi», intesi come luoghi ove protagonista è la Natura; e qui forse le vie delle raccolte si disgiungono. Tra i dipinti dell’Albertina se ne possono individuare alcuni che mostrano i fenomeni naturali nel loro accadimento, come spettacolo sublime offerto all’occhio di un osservatore devoto capace di coglierlo nell’attimo fuggente e di consegnarlo per sempre alla contemplazione dei posteri: la luce tremula dell’aurora, le nuvole vaganti, la luna che filtra tra le nubi, il nembo che si profila all’orizzonte. È una visione del creato che si potrebbe definire esaltante e quasi rassicurante. Dalle raccolte private si può estrarre un gruppo di tutt’altro carattere, in cui Bagetti ha fissato gli aspetti di una Natura tanto imperante quanto segreta e ostile per rupi incombenti, boschi densissimi, rocce scoscese, alberi irrigiditi dal gelo, sterpaglie intricate, acque oscure; quando qualche minuscola figura vi si inoltra risalta la sproporzione tra la pochezza dell’uomo e la misteriosa grandezza del mondo che lo circonda. Sarebbe probabilmente inutile cercare la ragione di preferenze così diverse; basterà, per giustificarle entrambe, ricondurle alla perspicacia con cui Bagetti seppe indagare e interpretare la multiforme essenza della realtà sensibile. 11
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Fortuna e affermazione di Bagetti in Antico Regime PAOLA ASTRUA
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iuseppe Pietro Bagetti si qualifica già dai suoi primi esordi come personalità di singolare statura per sapienza creativa, complessità culturale e capacità di rinnovamento nella tradizione. La prima notizia a lui relativa, finora nota, è formulata dall’autorevolezza di un intellettuale di primo piano sulla scena culturale non solo piemontese, il barone Giuseppe Vernazza di Freney, che nelle sue note manoscritte conservate in Accademia delle Scienze cita l’autorizzazione a esercitare l’architettura conseguita da Bagetti il 23 dicembre 1782 dopo un esame avente per tema un «Arco trionfale»1. C’è da chiedersi se per la realizzazione di tale soggetto l’artista già non avesse preso a modello l’arco romano di Susa, tradotto in disegno nella sua originaria integrità, senza traccia cioè dei danni occorsi al monumento per l’usura del tempo, allora già all’attenzione del neonominato Intendente per la provincia di Susa, conte Gian Francesco Galeani Napione, che ne disponeva immediati provvedimenti di salvaguardia, attuati nel corso del 1783. Vernazza, allora Segretario di Stato di Vittorio Amedeo III, a illustrazione del proprio saggio Della moneta secusina, edito da Giacomo Fea a fine dicembre 1793, si avvarrà plausibilmente, se pur dieci anni più tardi, proprio di questo stesso disegno o di una sua fedele replica autografa, fatta incidere nel 1791 a Luigi Valperga, l’accreditato incisore di Sua Maestà cresciuto all’Accademia di Belle Arti di Parigi2. La fondante istruzione di Bagetti architetto era avvenuta presso la Regia Università di Torino, che dal 1762 a cura del Magistrato della riforma aveva istituito al proprio interno corsi di studio mirati ad assicurare una formazione qualificata alla professionalità topografica per agrimensori, misuratori e architetti civili e idraulici, futuri tecnici da inserire nell’ordinamento burocratico dello Stato sabaudo3. Le radici della cultura di Bagetti affondavano in questa solida formazione scientifica, nella tradizione del rilevamento catastale e di vedute prospettiche di paesaggio, urbano e naturale, che avevano visto quale antesignano l’architetto Giovanni Battista Borra, autore tra l’altro della serie di «Vedute di Torino» (1749), e quindi Ignazio Sclopis di Borgostura, anch’egli aristocratico viaggiatore cosmopolita e ingegnere geografo al servizio del sovrano sabaudo con incarico di rilevare le piazzeforti delle corti di Napoli e di Toscana. Lo stesso Vernazza era stato estensore del manifesto per la sottoscrizione, nel gennaio 1780, della serie allora riedita delle «Vedute della città di Torino e degli altri luoghi notabili degli Stati del Re» incise da Sclopis nel 1775, autore anche della grande «Veduta di Torino dalla parte della Porta del Po» rea12
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Fig. 1. «Veduta di Caramagna», 1794 circa, inchiostro nero e bruno, acquerello con rialzi di tempera su carta vergata avorio, Torino, Galleria d’Arte Moderna e Contemporanea, Gabinetto Disegni e Stampe, f. 2182
lizzata nel 1777 con dedica al sovrano, grande estimatore di tali soggetti dal vero, genere in progressiva affermazione a corte rispetto alla pur sempre diffusa e apprezzata tradizione arcadica dei «paesaggi e boscarecce» di Vittorio Amedeo Cignaroli, membro docente per tale genere pittorico della Reale Accademia di pittura e scultura, designato fin dalla sua prima istituzione (1778)4. L’attenzione per gli aspetti meteorologici del cielo, lo studio degli effetti luminosi filtrati dalle nubi, il saper tradurre in lirico pittoresco le leggi matematiche della topografia accomunarono per diversi aspetti l’ormai maturo gentiluomo di Borgostura e il ventenne Bagetti alle sue prime prove tutte «fatte sul posto» e firmate con la qualifica di «arch.to»: le due «Vedute della Praia dal centro d’essa», «guardando a ponente» e «a mezzanotte» (1785), e la «Veduta della città di Chieri riguardante mezzogiorno» (1788) ora nel Castello Reale di Racconigi. Dalle note manoscritte del Diario di Carlo Felice si apprende che il giovane artista l’11 agosto 1787 aveva sottoposto all’esame della corte proprio «des desseins de la Preia et un du casin du Marquis de Barol» Ottavio Falletti, gentiluomo di camera di Vittorio Amedeo III, personaggio eminente per nome, ricchezza e ingegno5. La magistrale sapienza di topografo, che sa padroneggiare con piena consapevolezza i mezzi di resa prospettica già nell’ottica spaziale degli architetti della rivoluzione, in particolare di Claude Nicolas Ledoux, si manifestava a evidenza nelle due «Vedute di villa presso Chivasso» e di «Cortile di villa», con firma e data 1790, dove l’osservatore si perde con lo sguardo fino al lontano dilatato orizzonte, enfatizzato attraverso l’accorgimento della quinta del finto passepartout ovale in primo piano6. Analoghe impostazioni prospettiche venivano adottate dall’artista anche nelle due «Veduta del Regio Parco» e «Veduta di Caramagna» della GAM di Torino (fig. 1), di poco successive. Proprio nel 1790 13
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Fig. 2. «Veduta di Saorgio verso levante», 1793, inchiostro nero e bruno, acquerello con rialzi di tempera su carta vergata avorio, firmato: «Bagetti Architetto», collezione privata
si registra sulle pagine della Biblioteca Oltremontana, a difesa della tradizione nei Piemontesi per l’«amore delle bell’arti e il buon gusto in esse», l’elogio, insieme ad altri tre artisti, delle «opere primaticcie [...] del signor Bagetti che si esercita nell’architettura civile e disegna siti campestri, rocce, cadute d’acqua, e simili con tal ammirazione degli intelligenti, che lo chiamano già il secondo Vernet; è da osservare, che a tutto questo accoppia il giovane un raro talento colla musica, per cui rapisce chi ascolta nella armoniosa melodia delle sue composizioni», doti che inducevano a sperare per lui «molta celebrità [...] e gloria per la nazione»7. L’educazione musicale sotto la guida del celebre Gaetano Bernardino Ottani aveva concorso ad affinare particolarmente sensibilità e gusto estetico dell’artista, portandolo a esercitarsi anche in composizioni musicali, non sempre tuttavia così apprezzate dagli intenditori8. Altra esperienza formativa di peso nell’esercizio e pratica della pittura ad acquerello per il nostro autore era stata quella maturata alla scuola di Pietro Giacomo Palmieri, particolarmente della sua più tarda attività segnata da un paesaggismo sublime, ove la natura era colta negli aspetti più inospitali e aspri. Le tre «Vedute del Santuario di Oropa» (1790) «fatte sul posto» per il regio elemosiniere Carlo Vittorio Ferrero della Marmora e le quattordici «Vedute del Piemonte e del Nizzardo» incise e colorate all’acquerello in collaborazione con Luigi Valperga certo contribuirono a confermare nel sovrano sabaudo «i vantag14
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Fig. 3. «Veduta del campo di Brois verso mezzogiorno», 1793, inchiostro nero e bruno, acquerello con rialzi a tempera su carta preparata cerulea, firmato: «Bagetti Architetto», collezione privata
giosi riscontri della singolare abilità e perizia nel disegno della quale è fornito l’architetto e disegnatore Giuseppe Bagetti», come recita la patente del 2 agosto 1793, con la quale veniva conferito all’artista l’incarico di disegnatore regio di vedute e paesi, il grado di capitano e dato ordine di seguire la corte e l’armata sabauda nel contado di Nizza e a Tolone per disegnare gli eventi di quella campagna militare ed eseguire i diversi piani topografici alla stessa relativi, come alla sua morte ricordava la vedova nella sua supplica al re di Sardegna9. Appartengono a questo momento le due suggestive prove con la «Veduta di Saorgio verso levante» (fig. 2) e la «Veduta del campo di Brois verso mezzogiorno» (fig. 3), firmate da «Bagetti architetto / 1793», di collezione privata, delle quali si conservano anche le versioni incise nel Castello Reale di Racconigi10. Si riferiscono a memorie di luoghi ripresi durante le campagne militari dell’esercito sabaudo anche i due acquarelli con «Guado di Cavalleria» e «Assalto ad un castello» del Museo del Risorgimento di Torino, dipinti però dall’artista al suo rientro in città dopo la pace di Parigi: «a Torino / 1797» recita la scritta sul finto passepartout ovale, disposto in verticale per offrire all’autore maggiori possibilità di divagazione sull’immensità della natura e la precarietà degli eventi, suggerite attraverso il perdersi nel vastissimo cielo di nubi e fumi prodotti dagli scontri bellici. Gli incessanti studi sugli effetti mutevoli del cielo che avevano accompagnato l’attività di Vernet e la variabili15
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tà meteorologica delle nuvole nei disegni e acquarelli di Cozens affiorano nella cultura figurativa di Bagetti sul finire del secolo. La ricerca del pittoresco, dell’infinito, si delineava dietro il nuovo gusto dell’epoca con attrazione per l’orrido, lo straordinario, accompagnata dal desiderio di attingere a una dimensione sovrumana e sublime. Questo nuovo sentire già in parte si era espresso nella serie di dipinti a inchiostro e acquerello con «Paesaggio roccioso con figure», «Paesaggio montano con armenti», «Paesaggio con cascata», «Paesaggio invernale», «Paesaggio con guado», tutti databili intorno al 1795, della GAM di Torino11. L’osservazione della natura si presta anche a scene di paesaggi boscosi, in non grande formato e in delicato monocromo, serenamente pervasi da brume campestri e popolati da figure colte nella quotidianità del lavoro: «Paesaggio con lavandaie» della GAM, «Agguato di briganti» (1796) e «La spartizione di bottino» di collezione privata12. Alla morte di Vittorio Amedeo III, avvenuta il 16 ottobre 1796 nel Castello di Moncalieri, Bagetti era stato riconfermato nei propri incarichi dal suo successore: era stato infatti designato nel 1797 a ricoprire contemporaneamente la cattedra di disegno topografico nella Scuola del Genio e nel Reale Corpo di Artiglieria, oltre a rivestire l’incarico per l’insegnamento della stessa disciplina ai Paggi di Benedetto Maurizio duca del Chiablese, zio e cognato del regnante. Durante gli anni difficili della monarchia di Carlo Emanuele IV non si conoscono opere certe di Bagetti; è noto soltanto che, durante l’effimera restaurazione sabauda successiva all’occupazione di Torino da parte del generale Suvarov, l’artista, forse non senza formale spirito di opportunità, offriva alla corte la «Veduta dell’assedio di Torino da parte degli austro-russi», incisa da Giuseppe Saverio Chianale. Il suo disegno ancora una volta fissava in memoria con oggettiva evidenza un evento drammatico per la storia della capitale sabauda. Sul ruolo di spicco riconosciuto a Bagetti anche durante il complesso frangente del governo provvisorio istituito a Torino nel dicembre del 1798 con a capo Ange Marie di Eymar, commissario civile del Direttorio esecutivo del Piemonte, è testimone l’invito rivoltogli a far parte della delegazione dei «letterati ed artisti più celebri in tutti li generi, rappresentati dai capi dell’Accademia» secondo le indicazioni date da Parigi dal ministro delle Relazioni estere Carlo Maurizio Talleyrand. Il commissario Eymar, sensibile cultore di scienze, lettere e arti, aveva infatti organizzato a Torino il 5 gennaio 1799 una cerimonia con pranzo ufficiale per celebrare l’anziano Luigi Lagrange. A tale incontro, oltre ai presidenti del governo provvisorio e della Municipalità di Torino, al presidente e al segretario dell’Accademia delle Scienze, prendevano parte con Bagetti tutti gli artisti accademici, rappresentanti dell’antica Accademia Reale di pittura e scultura istituita poco più di vent’anni prima da Vittorio Amedeo III: Palmieri, Porporati, Pécheux, Collino, Bonzanigo e Angelo Boucheron. La presenza dell’architetto topografo militare Bagetti, allora definito dall’ospite promotore Eymar «pittore di paesini», sembrava dunque prefigurare le luminose sue sorti a venire quale «lieutenant paesagyste», felice illustratore delle campagne napoleoniche in Italia e non solo, quindi come «pittore di battaglie, di vedute e di paesaggi», titolo ufficiale con il qua16
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le amerà autodefinirsi ed essere riconosciuto quando, con l’appoggio del marchese Alfieri di Sostegno, rientrerà di nuovo al servizio dei sovrani sabaudi restaurati, Vittorio Emanuele I e Carlo Felice, che gli riconobbero finalmente anche un significativo ruolo di docente nella nuova Accademia di Belle Arti in corso di riforma. 1
drea Bracco e nello sfondo Regio Parco» di collezione privata torinese, VIALE FERRERO 2000, pp. 28-32. 7 Biblioteca Oltremontana e Piemontese, 1790, I, p. 116 8 BAUDI DI VESME 1963-1982, I, pp. 63-65. Filippo De Boni, oltre a definire Bagetti «principe degli acquarellisti», ne rammentava la genialità nel saper improvvisare sul cembalo (1840). Come teorico, dalle pagine del «Courrier de Turin», il 30 marzo 1809, l’artista interveniva con un articolo intitolato Musique, in risposta a uno precedente a firma di Grassi, asserendo criticamente che «pour disserter sur un art, il ne suffit pas d’en connaître les règles. Il faut encore en avoir le sentiment. Ceux qui à chaque note ont besoin que la parole leur dise de quoi il s’agit n’entendent pas du tout le langage de la musique». Nello stesso anno «M. Bagetti amateur» era stato designato dal prefetto del Dipartimento del Po a fare parte di una commissione di otto membri per la scelta di un pensionato gratuito nel Conservatorio imperiale di Parigi. 9 Per la serie delle vedute del Piemonte: TOMIATO 2000, pp. 11-28; per le lettere patenti: BAUDI DI VESME 19631982, I, p. 67. La guerra tra il Regno di Sardegna e la Repubblica francese era iniziata nel settembre del 1792 con l’invasione della Savoia fino a Montmélian e del Nizzardo fino a Saorgio. Bagetti disegnerà la «Pianta de’ forti e trinceramenti della città di Tolone diffesi dalle truppe alleate [...] contro i francesi repubblicani. Li 1o ottobre 1793», incisa da Giovanni Saverio Chianale, ora in BRT. 10 ROSCI 1980, III, p. 1246, n. 1382. Nelle versioni incise Bagetti si firma come «arch. disegnatore di S.S.R.M.» e puntualizza i riferimenti cronologici degli eventi ritratti nella ripresa rispettivamente al: «15 aprile 1793» per Saorgio e «16 aprile 1793» per il Campo di Brois «nel contado di Nizza, presa sul posto, luogo occupato dall’Armata Sarda». La scoscesa natura di Saorgio, che con i suoi orridi non mancava di colpire la fantasia dei viaggiatori tra cui, nel settembre del 1789, l’agronomo inglese Arthur Young, era stata anche oggetto di rilevamento topografico a fini militari a opera di Spirito Nicolis di Robilant, che nel 1794 firmava la Carta rappresentante il forte di Saorgio, dove erano riportati tutti i trinceramenti e l’ubicazione del campo dei tre battaglioni stanziati sul luogo: BRT, Dis. III, 36. 11 TOMIATO 2009, pp. 53-75, con bibliografia precedente e partic. p. 57. 12 VIALE FERRERO 2000, pp. 33-36.
BAUDI DI VESME 1963-1982, I, pp. 63-80, partic. p. 63, fonte per la conoscenza dell’attività di Bagetti tuttora indispensabile. 2 Sull’interessante vicenda del rame inciso, custodito nell’Archivio di Corte presso l’Archivio di Stato di Torino, e dei suoi diversi impieghi a illustrazione di opere di Vernazza: ASTRUA 1981, pp. 284-286. Le cordiali relazioni di Vernazza e Bagetti sono documentate anche dal disegno monocromo acquerellato dello stesso artista avente a soggetto la «Lapide marmorea di Germano e Marcella», conservato in Accademia delle Scienze a Torino in allegato al testo Germani et Marcellae ara sepulcralis secondi curis illustrata ab Josepho Vernazza, edito a Torino nel 1796 (Acc. Scienze, Miscellanea Gazzera, 30. 9). 3 ROMANO 1978, pp. 101-103, 113-114; nuova ed. 1991, pp. 94-95, 105-106. 4 Nella descrizione dell’Appartamento dei reali principi a Villa della Regina, nel 1788, vengono ricordate «ventidue vedute delle Reali campagne e delle più amene situazioni del Piemonte» realizzate da Ignazio Sclopis e Pietro Palmieri, mentre ventiquattro «Vedute della Savoia» di Domenico Olliveri arredavano l’appartamento di Madama Felicita, del re e della regina (Biblioteca Reale di Torino, d’ora in poi BRT, Miscellanea Vernazza 8, foglio 16; LEVI MOMIGLIANO 1987, p. 141, n. 50). Intorno alle stesse date Carlo Felice di Savoia duca del Genovese annotava nel proprio Diario il 30 maggio 1787: «Le roi nous fit voir (à la Vénérie) des tableaux de Cignaroli, représentant diverses vues de la Savoie». Sarà sempre Vernazza a essere estensore del foglio di sottoscrizione del 1796 per una serie di trentasei «diverse vedute di delizie Reali e di situazioni bellissime e queste e quelle negli Stati di S.M. il Re di Sardegna del celebre Cignaroli», incise da Luigi Valperga e Giovanni Saverio Chianale. 5 Questi «desseins» furono portati personalmente da Bagetti al sovrano nella residenza del Castello di Moncalieri (BRT, Casa Savoia, V, 15, 1787, p. 238). La «Veduta del Casino del marchese di Barolo» non è stata reperita. È andato perduto anche l’edificio, costruito con ampio giardino su progetto di G. B. Feroggio sulla strada della Venaria; di esso rimangono i disegni di decorazione e arredo dell’ornatista di corte Leonardo Marini. 6 GRISERI, GABETTI 1973, p. 8. È stata a ragione avvicinata a queste due opere anche la suggestiva «Veduta del Meisino con la cascina e filatura di seta del banchiere An-
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Giuseppe Pietro Bagetti all’Accademia FRANCESCA PETRUCCI
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onostante gli importanti incarichi di docenza ricevuti da Vittorio Amedeo III, che lo stimava a tal punto da nominarlo, il 2 agosto 17931, «nostro disegnatore di vedute e paesi», Giuseppe Pietro Bagetti fu onorato della carica di Professore Accademico soltanto il 1o aprile 1822, con patente regia concessa da Carlo Felice: partecipò, dunque, alla vita dell’Accademia riformata, dal 14 aprile di quell’anno, data della prima seduta, tenuta nella Sala delle Statue del Palazzo dell’Università2, al 30 novembre 1829, per essere in seguito quasi sempre assente, fino alla morte il 29 aprile 1831. La sua vicenda biografica è, così, particolarmente esplicativa del profondo mutamento che segnò la storia e la struttura dell’Accademia dalla sua prima fondazione nel 1778 alla nuova fase ottocentesca, quando l’attività didattica divenne preminente e organizzata secondo regole precise, comuni alla quasi totalità delle Accademie di Belle Arti esistenti in Italia3. Il nome di Bagetti compare tra gli artisti stipendiati dalla Casa dei Savoia in una lista che, a partire dal 1777, annovera anche le spese dell’Accademia di Pittura, Scultura e Scuola del Nudo4: è un documento utile per intendere come l’Accademia fosse allora considerata alle strette dipendenze del potere regio e come i docenti fossero gli stessi artisti operosi per la corte nelle diverse specialità, strutturati, anche in relazione agli emolumenti, secondo una gerarchia dei generi, che anteponeva a tutte le discipline la pittura di storia e la scultura, cui seguivano la pittura di ritratto, di paesaggio, di frutti e ornati, e poi, ancora, le cosiddette arti applicate, ossia miniatura, tessitura di arazzi, incisione dei sigilli, intaglio di mobili, oreficeria. Nei Regolamenti approvati nel 1778 da Vittorio Amedeo III si fissava una composizione del corpo accademico che annoverava il Gran Ciambellano come direttore primario, un Segretario Perpetuo con il titolo di Direttore e Segretario, un Primo Pittore di Sua Maestà con il titolo di Direttore Artista, dieci Accademici d’Onore, quattordici Accademici professori, un custode e un modello, impiegato anche per pulire i locali5. Direttamente gestita dal sovrano, l’Accademia non aveva una sede autonoma: per le premiazioni e le adunanze, i membri costituenti l’Accademia avevano la disponibilità di due sale in un appartamento al piano terreno del Palazzo Reale6. Per i lavori destinati ai Savoia, ogni artista necessitava di collaboratori, che, in questo modo, svolgevano sia il loro percorso scolastico sia l’apprendistato, ed erano destinati, se bravi, a succedere al maestro nell’impiego presso la corte. Oltre a questo insegnamento pratico secondo la tradizione della bottega rinascimentale, la didattica era affidata alla Scuola del Nudo, che si teneva per cinque mesi in inver18
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no e per tre in estate e che risulta la sola preparazione prevista per accedere alle Scuole superiori di Pittura e Scultura. Per le lezioni di disegno dal nudo, il modello veniva messo in posa mensilmente da un professore, il quale aveva anche il compito di correggere le prove grafiche; al termine del corso, il Primo Pittore premiava i tre studenti più meritevoli con un assegno mensile di 15 lire. Ruolo eminente nell’Accademia era quello di Lorenzo Pecheux, «Primo Pittore e direttore della Reale Scuola del Nudo e della fabbrica della tapisserie d’alto liccio»7: per assolvere questi compiti vari, il pittore godeva di un alloggio nel Palazzo dell’Università in via Po, dove erano collocati anche gli ambienti destinati alla Scuola di Pittura e all’arazzeria. Lo studio regio di scultura, condotto dai fratelli Collino, si trovava invece nell’ala del Palazzo Reale lungo il Bastion Verde, dove sarebbe rimasto, affidato dopo la loro scomparsa a Giovan Battista Comolli e quindi alla direzione di Giacomo Spalla, fino al 1834, quando fu traslocato per congiungersi alle altre scuole nella nuova sede del convento di San Francesco da Paola donata da Carlo Alberto8. Alla caduta della monarchia, l’Accademia attraversò un periodo di crisi: il Governo Provvisorio garantì l’occupazione all’incisore Porporati e a Lorenzo Pecheux che, grazie all’indiscussa fama artistica, riuscì a proteggere la sua posizione eminente nell’altalenarsi delle situazioni politiche9. Mentre la Scuola di Pittura riusciva a sopravvivere decorosamente, quella di Scultura attraversò un periodo di crisi economica, denunciata da una lettera firmata dai Giovani dello Studio Nazionale di Scultura (Giacomo Spalla, Giovan Battista Bogliani, Giuseppe Battistelli, Amedeo Rizzi, Santino Servino), che da mesi non percepivano alcuno stipendio10. La generale riorganizzazione delle scuole e dell’università, con un decreto del 5 aprile 1801, vide riunite le Scuole di Pittura, di Disegno del Nudo e di Scultura, cui si deliberò di aggiungere la Scuola di Architettura, a costituire la nuova facoltà universitaria dell’École spéciale des arts du dessin11; soltanto nel luglio 1803 si ebbe la conferma che scuole e professori erano stati approvati12. Si cercò anche di dare una sistemazione logistica a questa nuova Facoltà, e un ordine del 12 messidoro indicò l’ex convento di San Francesco da Paola come luogo designato: nonostante il sopralluogo dei professori, che indicarono gli spazi adatti alle diverse scuole e al museo di statue e quadri, la resistenza di Pecheux, restio ad abbandonare il suo privilegiato alloggio nel palazzo dell’Università, impedì l’unione degli insegnamenti in un’unica sede, i cui lavori di risistemazione prevedevano, inoltre, costi onerosi13. Con la Restaurazione, Carlo Felice prese di nuovo in considerazione le sorti e la sistemazione dell’Accademia, che egli ricondusse all’assetto normativo del 1778 con le variazioni necessarie al nuovo corso storico. Con patente del 27 settembre 1821, il sovrano nominò Giovan Battista Biscarra suo Primo Pittore, Capo e Maestro della Scuola di Pittura e Disegno e Direttore della Scuola del Nudo dell’Accademia14, e onorò con lettere del 1o aprile 1822 i dieci Accademici Professori, tra cui il nostro Cavaliere Giuseppe Bagetti, inserito come Pittore Ingegnere nell’organico15, di cui facevano parte anche Giovanni e Luigi Bernero, Ferdinando Bonsignore, Angelo Boucheron, Amedeo Lavy, Giuseppe Monticoni, Fabrizio Sevesi, Giacomo Spalla, Luigi Vacca16. La rifondazione dell’Accademia assunse nel 1824 un Regolamento che, pur richiamando19
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si a quello del 1778, dichiarava il nuovo corso fin dall’intitolazione della scuola, che da Accademia di Pittura e Scultura si denominò allora Accademia di Belle Arti17, comprendendo in questo modo anche Architettura e Disegno. Anche se permaneva l’annoso problema della mancanza di una sede unitaria tra le varie scuole, l’Accademia riformata, in accordo con la cultura della Restaurazione, poneva in primo piano l’organizzazione di una didattica efficace, realmente utile per la crescita culturale e tecnica di un numero crescente di allievi secondo una visione «democratica» dell’istruzione pubblica. Il nuovo assetto didattico prevedeva un corso preparatorio, uguale per tutti gli iscritti - accolti se almeno dodicenni -, che comprendeva due corsi di Disegno, una Scuola dell’Anatomia e una delle Statue, la Scuola del Nudo, delle Pieghe, della Prospettiva, della Storia e della Poetica. Dopo aver compiuto questo percorso, i giovani potevano accedere all’insegnamento superiore di quel ramo delle arti figurative per cui dimostravano maggiore predisposizione e, dunque, passare alle Scuole speciali di Pittura, Architettura, Scultura e Incisione. Anche se non è chiaramente indicato nei registri accademici, sembra che Bagetti tenesse la Scuola di Prospettiva, destinata alla formazione iniziale degli studenti, in cui, secondo i Regolamenti, «si porgono le regole del ridurre in prospettiva ogni sorta d’oggetti, e s’insegna a determinare il grado di luce competente ai corpi delineati»18: lo fa ipotizzare l’assegnazione della nomina specifica di Professore di Prospettiva a Pietro Fea il 22 dicembre 182919, proprio a breve seguito della malattia di Bagetti, che dalla fine di novembre lo aveva allontanato dalla vita accademica; d’altronde, la sua riconosciuta abilità nell’aver approntato «un nuovo genere di trattare l’acquerello con grande intelligenza di effetto e scienza prospettica»20 rendeva Bagetti particolarmente adatto a fornire le basi propedeutiche del disegno prospettico a tutti i giovani che avrebbero poi proseguito gli studi nelle diverse scuole speciali. La sua formazione da architetto, l’esperienza di disegnatore e le vaste conoscenze acquisite nei numerosi viaggi in Piemonte e in Francia resero stimolante la sua presenza in Accademia fin dalla proposta, formulata il 24 novembre 1822, di associare i colleghi professori di pittura e scultura «al corpo degli edili nella sorveglianza degli edifici torinesi»21, così da garantire l’articolata sorveglianza del patrimonio storico e artistico cittadino. Se nei diversi documenti accademici Bagetti è nominato sia come «Pittore di Battaglie di Sua Maestà»22 sia come «Professore Pittore»23 o «Professore di disegno»24, le competenze di architetto-ingegnere gli vengono riconosciute nel febbraio 1825, quando è nominato, insieme a Ferdinando Bonsignore e Fabrizio Sevesi, come commissario «per schiarire il tema d’architettura da proporsi al Concorso triennale»25. Il 18 agosto dello stesso anno, Bagetti, con Ferdinando Bonsignore, Amedeo Lavy, Fabrizio Sevesi, Luigi Vacca, Vittorio Bernero, manifestano «il vivo desiderio di essere fregiati del diploma della Reale Accademia di Belle Arti», che viene prontamente concesso26: quello degli anziani maestri è certamente un atto di deferenza verso la nuova istituzione, ma il voler assumere il nuovo titolo fornito dall’Accademia sembra anche, implicitamente, significare la loro condivisione dell’attuale corso impresso agli studi. Probabilmente proprio per fornire un sussidio manualistico alle sue lezioni, Bagetti pubblica nel 1827 un trattato dal titolo Analisi della unità d’effetto nella pittura e della imitazione nelle belle arti, di cui fa subito omaggio al Presidente dell’Acca20
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demia: la dedica di «questo semplice trattatello di principj elementari» lo indirizza a un anonimo «amico» in cui sembra di poter riconoscere l’allievo ideale, vista la semplicità del linguaggio usato e le spiegazioni prolisse, adatte a un principiante da condurre per mano sulla strada della tecnica disegnativa, fondamento di pittura, scultura, architettura e incisione. Più volte l’autore insiste sulla necessità di proporre norme teoriche chiare e precise che possano guidare «il genio» e «l’inventiva» individuale, così da legittimare implicitamente il ruolo stesso dell’insegnamento accademico. Inoltre, per avanzare esempi conosciuti a sostegno delle sue teorie, Bagetti fa riferimento a sculture classiche - l’«Apollo del Belvedere», il «Gladiatore morente», il «Gladiatore combattente»27 - le cui copie in gesso erano utilizzate nella didattica accademica fin dal tempo di Pecheux28, così da rendere il suo discorso teorico ancora più intrinseco alla quotidianità della scuola. Se, Fig. 1. GIACOMO SPALLA, dunque, il trattato di Bagetti può essere considerato un manuale «Ritratto di Giuseppe Pietro per gli allievi dell’Accademia, si presenta anche come autorevo- Bagetti», 1800-1814 circa, Accademia le testimonianza in merito al dibattito teorico sulla pittura di pae- marmo, Albertina, Pinacoteca, saggio che interessava Torino dall’inizio del secolo, a seguito de- Sala VIII, inv. 297 gli scritti pubblicati in Inghilterra e in Francia29, e a dimostrazione dell’apertura culturale di Bagetti, formatosi su principi scientifici illuministi. In questi anni l’Accademia ripropone all’attenzione pubblica la sua difficoltà di ottenere una sede unitaria, ancora più necessaria a seguito del nuovo corso di studi, pubblicando, nel 1829, come tema del Concorso triennale di architettura un Vasto edifizio ad uso di una Reale Accademia di Belle Arti con tutte le sale necessarie nelle Scuole, Biblioteca, Galleria per li quadri sì antichi che moderni, altra per le statue, bassirilievi e gessi, altra per le più belle incisioni tanto antiche che moderne, gran sala per le radunanze solenni ed altre per l’esposizione de’ capilavori e per la solenne distribuzione de premi30. Non è chiaro se ai partecipanti fosse stato dato come riferimento il Convento di San Francesco da Paola, destinato all’istituzione fin dall’inizio del secolo, ma proprio questa sede fu donata ufficialmente da Carlo Alberto come definitiva sistemazione dell’Accademia nell’aprile del 1833. Purtroppo Bagetti non partecipò al nuovo corso storico dell’istituzione scolastica: il 29 aprile 1831 scomparve dopo lunga malattia e le sue solenni esequie furono onorate dall’accompagnamento dei professori suoi colleghi e dalla presenza dell’Invalido Francesco Gaudina, usciere e custode dell’Accademia, che sorreggeva le torce destinate in dono alla parrocchia31. Per ricordarne l’impegno nella docenza e testimoniarne il sincero legame affettivo con l’istituzione, la vedova Cristina Galleani volle assicurare al defunto sposo la partecipazione, anche nel futuro, alla vita accademica e renderlo vivo e presente nella sontuosa sede realizzata dal sovrano per l’Accademia, completata e inaugurata nel 183632: nel suo testamento rogato l’8 aprile 1840 e aperto il 3 dicembre dell’anno successivo, a morte avvenuta, la signora lasciò in dono, oltre al consistente nucleo di incisioni - di cui tratta Rosel21
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la Grassi in questo stesso volume - il busto in marmo del marito eseguito dal collega Giacomo Spalla - ora esposto in Pinacoteca -, e dodici opere di Bagetti, cioè «sei quadri originali dipinti all’acquerello, quattro dei quali in foglio grande e due di piccole dimensioni con cornice dorata, sei altri paesaggi d’invenzione pure inquadrati con cornice dorata»33. Da una ricognizione ulteriore, eseguita con due colleghi dal professor Palmieri, di cui egli rendiconta al Segretario dell’Accademia Michele Cusa in data 12 dicembre 1841, risulta l’aggiunta del dono di altri due quadri, oltre a quelli menzionati nel testamento34. Secondo il Bollea, sembra che in Accademia rimanesse anche il ritratto di Bagetti, dipinto a olio dal collega Serangeli, che la vedova desiderava fosse esposto nel Palazzo Reale insieme alla collezione delle battaglie eseguite dal defunto marito: l’opera, però, è attualmente sconosciuta e dispersa35. Come ha ben ricostruito Paola Astrua36, le quattordici opere legate dalla vedova di Bagetti all’Accademia furono collocate dapprima nella Stanza del Presidente, vicine al busto di Spalla sistemato nell’anticamera, poi trasferite, negli anni cinquanta dell’Ottocento, nella Galleria nuova al primo piano, dove fu sistemata la collezione di quadri e sculture. Nel 1925 nella Stanza del Segretario furono però inventariati dodici acquerelli, gli stessi che nel 1933 Noemi Gabrielli catalogò come esposti nella settima sala della Pinacoteca, e, curiosamente, Alessandro Baudi di Vesme, negli appunti anteriori al 1923, anno della sua morte, ricorda presso l’Accademia Albertina soltanto «due paesaggi del Bagetti, in cornice»37: poiché egli dà precise notizie di opere di Bagetti presenti nella Biblioteca dell’Accademia - undici disegni di cornici in un cilindro di latta e un album di paesaggi acquerellati, per lo più datati 182038 -, si può ipotizzare che anche i due quadretti fossero stati collocati lì e che, ancora negli anni trenta, fossero presenti tutte le opere donate da Cristina Galleani, a cui, nel 1982, si aggiunse l’incisione acquerellata con «Torino, veduta del Monte dei Cappuccini e dell’antico ponte sul Po», offerta all’Accademia da Carlo Oreste Strocco39. Attualmente soltanto undici sono i dipinti di Bagetti conservati in Pinacoteca, né si hanno indicazioni documentarie relative ai soggetti dei quattro acquerelli di piccole dimensioni mancanti. Le opere di Bagetti conservate in Accademia sono dunque, per la quasi totalità, quelle scelte dalla vedova, che sembra aver voluto presentare l’opera del coniuge nei diversi momenti espressivi legati alla personale evoluzione stilistica e culturale. I due piccoli «Dintorni di Barge», come il «Ponte sospeso fra due gole», sono collegati alla serie di «Vedute del Piemonte e del Nizzardo», eseguite tra il 1793 e il 1795, vicine alla serie di piccoli paesaggi datati allo stesso 1795 e ora alla Galleria d’Arte Moderna di Torino. La «Veduta di Pavia», fedele versione pittorica dell’acquerello della «Prise de Pavie le 24 Floréal an.4-1796», disegno a penna e inchiostro realizzato d’après nature dal Bagetti tra il maggio 1803 e la primavera 1805, testimonia la sua attività di topografo militare obbligato alla descrizione scientificamente esatta40. Le «Nuvole bianche sul mare», l’«Aurora sul mare» e il «Boschetto» appaiono, invece, paesaggi ideali, ordinati su un equilibrio classicistico affidato all’opposizione orizzontale di cielo e terra, secondo i principi enunciati nel suo trattato: «Tutta la superficie terrestre orizzontale e il cielo sono oggetti di tale natura, che hanno sempre la massima parte della loro superficie fuori dei limiti della pittura; quello di questi due oggetti, che è realmente il più vasto, è il cielo, per conseguenza con questo s’in22
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tenderà, che debba trovarsi il massimo contrasto»41. Improntati a una moderna visione sentimentale e romantica sono, infine, il «Paesaggio montuoso con insenature presso la costa», il «Paesaggio alpestre con un corso d’acqua nella valle e villaggio sulla sommità di una rupe»42, il «Plenilunio sul mare», che si collegano ai trenta paesaggi d’invenzione da lui realizzati per Carlo Felice negli anni venti, sicuramente in relazione alla nuova concezione soggettiva della natura proposta anche da Massimo D’Azeglio, che proprio agli Accademici torinesi aveva presentato i suoi giovanili lavori romani nella seduta del 28 luglio 182243. Così, la presente iniziativa, nel rendere omaggio alla creatività e all’abilità tecnica del pittore, intende anche rinnovare la gratitudine dell’Accademia nei confronti di Cristina Galleani che, con intuito e sensibilità, ha voluto consegnare all’istituzione una preziosa testimonianza della variegata produzione artistica dell’amato coniuge: grazie a lei, Bagetti continua a dialogare da maestro con i tanti nostri giovani allievi che sostano incantati ad ammirare i suoi magici lavori. 1
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BAUDI DI VESME 1963-1968, p. 63. Accademia Albertina di Belle Arti di Torino, d’ora in poi AABA TO, 21, n. 4: verbale della prima seduta. 3 Sull’argomento, si vedano i contributi presentati in RICCI 1992. 4 AABA TO, 4, n. 4. 5 Nel documento succitato, si specifica infatti «al modello di pittura viene assegnato l’obbligo di pulire le scale, camere ed altri siti della detta Fabbrica di tapisserie ad alto liccio». 6 AABA TO, 4, n. 6, Prima adunanza della R. Accademia di Pittura e Scultura, 18 aprile 1778. 7 AABA TO, 4, n. 4. 8 AABA TO, 4, n. 76. 9 Secondo una memoria conservata in Archivio di Stato di Torino, d’ora in poi ASTO, Governo Francese, 1798-1814, f. 509, n. 1, il 18 dicembre 1798 l’artista fu nominato Pittore della Nazione dal Governo Provvisorio della Nazione Piemontese, il 4 marzo 1799 Membro della Commissione delle Scienze e delle Arti e il 24 gennaio 1801 Membro dell’Accademia delle Scienze, Letteratura e Belle Arti. 10 ASTO, Governo Francese, 1798-1814, f. 509, n. 4. 11 ASTO, Accademia di Belle Arti, n. 1002. 12 ASTO, Governo Francese, 1798-1814, f. 509, n. 7. 13 ASTO, Governo Francese, 1798-1814, f. 09, n. 7 e n. 6. Una lettera del 18 Messidoro dell’anno XI della Commissione Straordinaria per i conti dell’Ateneo mostra un preventivo di 15.000 franchi per sistemare le Scuole nel convento di San Francesco di Paola, e questa cifra non è sostenibile, considerato il bilancio dell’ateneo dell’anno precedente. Per l’esame di questa vicenda, si veda POLI 1982, pp. 87-88. 14 AABA TO, 4, n. 16. 15 AABA TO, 11, n. 1. 16 Ibid. 17 AABA TO, 4, n. 26. 18 AABA TO, 11, n. 11. 19 AABA TO, 4, n. 7. 20 AABA TO, 4, n. 35.
AABA TO, 4, n. 19. AABA TO, 4, n. 45. 23 AABA TO, 4, n. 7. 24 ASTO, Istruzione Pubblica-Accademia di Belle Arti, n. 1002. 25 AABA TO, 4, n. 90, art. 5. 26 AABA TO, 4, n. 90. 27 BAGETTI 1827, p. 23. 28 BOLLEA 1936b, p. 158 e p. 430; Appendice, n. 31. 29 ASTRUA 1980, pp. 240-241 e p. 267; TOMIATO 2000, pp. 12-13. 30 AABA TO, 4, n. 48. 31 AABA TO, 4, n. 63 e AABA TO, 566. 32 AABA TO, 4, n. 63. 33 AABA TO, 18, cc. 37-38. 34 AABA TO, 18, c. 39. 35 BOLLEA 1936a, pp. 211-214. 36 ASTRUA 1980, p. 74. 37 BAUDI DI VESME 1963-1968, p. 79. 38 Ibid. 39 AABA TO, Archivio corrente, Donazioni Pinacoteca, 19 marzo 1982. 40 ASTRUA 1995, pp. 74-75. 41 BAGETTI 1827, p. 34. 42 Questo dipinto è stato identificato da Giovanni Romano con un disegno comparso alla vendita degli eredi Imoda Dalmazzo, tenuta a Torino il 25 febbraio 1808, e, di conseguenza, datato anteriormente a quella data; ma la descrizione dell’opera come «un ancien chateau ruiné. élevé sur un rocher taillé presqu’à pica u bord d’un lac, vu quelques moment après l’orage», e le piccole misure - «11 pouces sur 8» riportate in BAUDI DI VESME 1963-1968, p. 768, non sembrano giustificare tale riconoscimento, mentre lo stile esecutivo propone senz’altro una datazione più tarda. Si veda ASTRUA 1993, pp. 72-75 e, nel presente volume, la scheda n. 5. 43 AABA TO, 21, n. 7.
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Note sul restauro delle opere su carta di Bagetti dell’Accademia Albertina ROSSANA VITIELLO
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esposizione dedicata agli acquerelli di Bagetti dell’Accademia Albertina è stata occasione per effettuare il restauro di quelli non esposti al pubblico e conservati nei depositi della Pinacoteca. Il lavoro ha coinvolto i docenti dei corsi di «Restauro opere su carta», Stefania Passerini, e di «Restauro della pittura», Kristine Doneux, che, all’interno dell’attività didattica, coinvolgendo gli allievi del secondo e del terzo anno di corso, hanno formulato un progetto di intervento di restauro conservativo delle singole opere e delle relative cornici1. Oggetto del restauro sono stati tre piccoli acquerelli a monocromo raffiguranti «Paesaggio alpestre con ruderi di castello (dintorni di Barge)» (inv. 362; cat. 4), «Ruderi di un castello che si specchiano in un lago (dintorni di Barge)» (inv. 363; cat. 3), «Ponte sospeso fra due gole» (inv. 364; cat. 2), e due grandi disegni ad acquerello dal titolo «Aurora sul Mare» (inv. 366; cat. 7) e «Paesaggio alpestre con un corso d’acqua nella valle e villaggio sulla sommità di una rupe» (inv. 368; cat. 5), tutti provenienti dal lascito del 1842 di Cecilia Galleani, vedova di Bagetti, e un’incisione su rame colorata ad acquerello con «Torino, veduta del Monte dei Cappuccini e dell’antico ponte sul Po» (inv. S-20; cat. 1), appartenente alla serie di quattordici vedute del Piemonte e del Nizzardo, acquisita dall’Accademia nel 1982 con la donazione di Carlo Oreste Strocco2. Tutte le opere sono inquadrate da cornici in legno dorato o dipinto, fermate sul retro Fig. 1. «Aurora sul mare», 1800-1810 circa, da una tavoletta lignea o da un cartone; in acquerello su carta incollata su cartoncino, Torino, Accademia Albertina, Pinacoteca, depositi, inv. 366. particolare, i due acquerelli di maggiori diParticolare durante il restauro in cui sono visibili le mensioni si presentavano entro cornici di macchie brune (foxing) sul cielo e il tassello testimone dei depositi superficiali rimossi durante la pulitura uguale fattura, con decorazioni applicate 24
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in pastiglia a perle e foglie stilizzate, una delle quali in cattivo stato di conservazione, con parte della decorazione distaccata, abrasioni, graffi e cadute della preparazione e della lamina dorata. Il progetto, concordato con la direzione della Pinacoteca e con il funzionario responsabile della tutela della Soprintendenza per i Beni Storici, Artistici ed Etnoantropologici del Piemonte, è stato impostato in modo da permettere agli allievi dei corsi di collaborare ad alcune fasi del lavoro: dalla reda- Fig. 2. «Aurora sul mare». Particolare parte inferiore durante il restauro, in cui zione preliminare delle schede sullo stato di della è visibile la presenza di microrganismi sotto forma conservazione delle opere, alla pulitura a sec- di chiazze bianche di forma circolare co del recto e del verso dei fogli, dal consolidamento e disinfezione nel caso di presenza di attacco biologico riscontrato sul supporto cartaceo, al montaggio finale delle opere, ove possibile, entro passepartout di cartone a riserva alcalina per una idonea conservazione. Anche per quanto riguarda le cornici, sono state effettuate dagli studenti del corso di «Restauro della pittura» le operazioni di pulitura, di consolidamento della doratura e della cromia, di disinfestazione del legno, così come la rimozione di precedenti incollaggi e il rimontaggio di eventuali pezzi distaccati, con successiva stuccatura delle lacune con gesso di Bologna e colla di coniglio. Le operazioni finali di reintegrazione cromatica e restituzione estetica dei disegni ad acquerello e delle cornici (effettuate con colori ad acquerello o lamina metallica), necessarie per una corretta lettura dell’opera, sono state lasciate all’esperienza del docente-restauratore3. Le diverse fasi del lavoro sono state effettuate in accordo con il funzionario della Soprintendenza e sotto la guida del docente di Restauro; queste si sono svolte nei laboratori didattici dell’Accademia Albertina dove, durante le ore di lezione, venivano trasferite le opere oggetto di intervento. Nel caso del grande acquerello «Aurora sul mare» (cat. 7) e dell’incisione con la «Veduta del Monte dei Cappuccini» (cat. 1), è stato necessario il trasferimento dei due fogli nel laboratorio torinese della ditta Soseishi snc, per effettuare la deacidificazione a tampone, utile per alleggerire le macchie gialle riscontrate in alcuni punti del supporto cartaceo di entrambe le opere. Tale intervento è stato realizzato direttamente dalla restauratrice Stefania Passerini coadiuvata dalle restauratrici Sonia Antoniazzi e Viviana Goggi, docenti di «Restauro del libro e materiale fotografico» presso l’Accademia Albertina di Torino. Prima del restauro gli acquerelli presentavano problematiche conservative caratteristiche e ricorrenti nelle opere su carta4. Questa, essendo un materiale igroscopico, è parti25
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colarmente sensibile all’umidità, che la indebolisce, favorendo la crescita di microrganismi e di funghi che si nutrono della cellulosa e della gelatina in essa contenuta. Per questo motivo la carta ingiallisce, la sua superficie viene erosa e si ricopre di macchie brune (foxing) (fig. 1). Umidità e calore favoriscono inoltre l’insorgenza di microrganismi, che si presentano invece come chiazze bianche di forma circolare (fig. 2). A queste problematiche, presenti in modo diverso sulle opere oggetto del restauro, si devono aggiungere quelle legate alla presenza della colla animale che unisce i fogli di carta al supporto secondario in cartoncino su cui sono stati fissati, creando un terreno favorevole per lo sviluppo di muffe. Anche la tecnica ad acquerello è di delicata conservazione. L’umidità che indebolisce la carta danneggia anche la gomma contenuta nell’acqua utilizzata come legante dei pigmenti (acqua gommata), mentre l’eccessivo calore e la luce la fanno seccare con la conseguente caduta del colore. Per questi motivi, il restauro del disegno, a causa della fragilità del supporto e della labilità delle materie usate, presenta notevoli difficoltà e viene eseguito quasi esclusivamente a scopo conservativo. Nel nostro caso, le operazioni effettuate su Fig. 3. «Torino, veduta del Monte dei Cappuccini e dell’antico ponte sul Po», 1793-1795, incisione su rame tutte le opere sono iniziate con la spolveacquerellata, incollata su cartoncino, Torino, ratura dei fogli con pennelli di setole fini Accademia Albertina, Pinacoteca, depositi, inv. S20. L’opera prima del restauro e con la pulitura a secco con gomme in lattice sul recto e wishab bianca extramorbida sul verso. L’intervento di restauro sui tre acquerelli a monocromo ha previsto le operazioni di pulitura, di deacidificazione e di consolidamento, effettuate con la collaborazione degli studenti presso il laboratorio didattico dell’Accademia. Per ottenere la planarità dei fogli di carta, le opere sono state messe sotto pressa prima del montaggio sul nuovo passepartout in cartoncino. La pulitura dell’incisione acquerellata con la «Veduta del Monte dei CappucFig. 4. «Torino, veduta del Monte dei Cappuccini cini» e del disegno «Aurora sul mare» è e dell’antico ponte sul Po». Il verso dell’opera prima avvenuta, come già ricordato, nel laboradel restauro in cui sono visibili le tracce di inchiostro passate dal recto torio della ditta Soseishi, poiché entram26
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Fig. 5. «Aurora sul mare». Particolare durante il restauro in cui sono visibili la delaminazione dei fogli di cui è composto il cartoncino e il distacco localizzato del supporto primario
be le opere necessitavano di un attento intervento per via umida. Questo è stato effettuato per tamponamento con una soluzione deacidificante a base di idrossido di calcio, utile per alleggerire alcune macchie riscontrate in certi punti del cielo, dovute a intrusioni all’interno dell’impasto della carta5 (fig. 1). Questo tipo di pulitura ha conferito una maggiore luminosità al supporto, caratteristica che soltanto con l’intervento a secco non si sarebbe riuscita a ottenere. Inoltre, le due opere sono state portate in laboratorio per effettuare l’intervento di reintegrazione cromatica delle abrasioni del cielo, dovute all’azione degli insetti xilofagi che si nutrono della cellulosa della carta (fig. 2). La «Veduta del Monte dei Cappuccini» è caratterizzata da un segno inciso su rame molto sottile, quasi a imitazione del disegno a penna, successivamente acquerellato dall’artista (fig. 3). Il sottile foglio di carta vergata è applicato su un cartoncino di controfondo ottenuto unendo insieme più fogli di carta pesante. Oltre alle problematiche ricorrenti del degrado della carta, l’opera presentava un’ulteriore difficoltà relativa all’alterazione chimica dell’inchiostro, che dal recto del foglio è passato sul verso, come è visibile nell’ovale dell’incorniciatura che racchiude la veduta imitando un finto passepartout, nel ponte e sulla riva in primo piano; tracce, queste, dovute a una maggiore quantità d’inchiostro usato per la stampa degli stessi particolari (fig. 4). Sul delicato acquerello «Aurora sul mare» erano visibili alcune abrasioni superficiali causate da una pre27
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Fig. 6. «Aurora sul mare». L’opera con la cornice dopo il restauro
cedente rottura del vetro della cornice di protezione. L’opera su carta è incollata su un cartoncino di supporto, riquadrato da una bordura dipinta di nero che, fortemente decoesa, è stata consolidata e fissata. Nella parte inferiore di questo supporto secondario era visibile un attacco biologico causato da una infiltrazione d’acqua che ha provocato la delaminazione dei fogli di cui è composto il cartoncino e il distacco localizzato del supporto primario (fig. 5). Il foglio di carta e il supporto si presentavano infatti ondulati e l’attacco biologico aveva generato delle piccole cadute di colore localizzate. A causa del diverso assorbimento dell’umidità tra il foglio, che si è deformato aumentando di dimensioni, e il cartoncino, rimasto più rigido, l’adesione tra le due parti si è potuta effettuare solo nella zona del bordo inferiore. In entrambe le opere, a seguito della pulitura, della disinfestazione e della deacidificazione, eseguite a tampone sul verso del disegno, in corrispondenza del pregresso attacco biologico il supporto cartaceo è stato rinforzato con carta giapponese, mentre le stuccature delle abrasioni più profonde sono state effettuate con polpa di cellulosa e adesivo specifico. La reintegrazione cromatica di tali abrasioni è stata realizzata con acquerello, mentre per abbassare il disturbo delle macchie più scure (foxing), ormai irreversibile, si è intervenuti con il ritocco a gessetto. Riacquistata l’originale planarità, tutte le opere, eccetto «Aurora sul mare», sono state rimontate nella relativa cornice restaurata senza l’inserimento di un passepartout, separa28
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ti dal cartone o dalla tavoletta di chiusura da un cartoncino a riserva alcalina per impedirne il contatto. Anche la battuta della cornice è stata distanziata dal disegno utilizzando distanziali in cartoncino per non far aderire il vetro all’opera (fig. 6). I lavori di restauro sugli acquerelli di Bagetti dell’Accademia Albertina sono stati anche occasione per una revisione dello stato di conservazione delle opere collocate nel percorso di visita della Pinacoteca. Durante le operazioni di smontaggio dalla cornice per effettuare la pulizia del vetro e la spolveratura del paesaggio «Plenilunio sul mare» (inv. 372; cat. 8), sulla superficie pittorica sono state riscontrate alcune ridipinture, dovute probabilmente a un precedente restauro. Queste, unite alla stesura in modo disomogeneo di una vernice lucida oggi ingiallita, appesantiscono la trasparenza dell’acquerello in più punti, creando difficoltà nella lettura complessiva dell’opera. La stessa tipologia di vernice è tuttora visibile nell’acquerello «Paesaggio alpestre con un corso d’acqua nella valle e villaggio sulla sommità di una rupe» (inv. 368; cat. 5). Il complessivo buono stato di conservazione dell’opera, che ha determinato un minimo intervento conservativo, lascia supporre, come nel caso prima citato, la presenza di un precedente restauro di cui non è stata trovata documentazione6. 1
Doneux, Torino, direzione lavori: Rossana Vitiello. Per le problematiche relative al degrado e al restauro della carta si vedano: COPEDÈ 1991; COPEDÈ 1993; Conservazione e salvaguardia 2001; FROSININI 2006; CARRARINI, CASETTI BRACH 2006; PLOSSI, ZAPPALÀ 2007; CASETTI BRACH 2010. Sul restauro delle opere su carta di Bagetti si veda il testo pubblicato dal restauratore Guido Nicola nel pieghevole Mostra di 36 tempere del Bagetti (NICOLA 1979). 5 Il degrado della carta avviene in modo più o meno grave in base alla qualità della carta stessa. Tale problematica era un particolare su cui Bagetti era esigentissimo, tanto da segnalare, in occasione dei lavori effettuati per il Dépôt de la Guerre di Parigi, in un’occasione di invio di carta scadente, «di recarsi da M.me Coffier, in rue de Coq a Parigi», dove si sarebbe trovata la migliore. Si veda in proposito BERTONE 2006, p. 24. 6 Entrambe le opere sono state restaurate con finanziamento ministeriale nel 1992 da Costantino Savio che ha effettuato soltanto un intervento conservativo constatando già la presenza delle ridipinture e del fissativo di protezione (Capitolo 2035-1991, perizia n. 36 dell’11 ottobre 1990; lettera d’incarico del 31 dicembre 1991 in Archivio corrente della Soprintendenza BSAE del Piemonte, cartella «Accademia Albertina»). Per l’acquerello «Plenilunio sul mare» confronta anche ASTRUA 1993, p. 74.
Il progetto di restauro redatto dalle restauratrici Stefania Passerini, per le opere su carta, e Kristine Doneux, per le cornici in legno, è stato autorizzato in data 31 gennaio 2011 (prot. n. 980, 34.16.07); ai lavori di restauro hanno partecipato i seguenti allievi: Nenad Bogojevic, Valeria Ciminiera, Laura Dellapiana, Angela Facciolo, Giuliana Labud, Francesca Paluan, Marija Pésanovic, Sofia Poggio, Martina Rinaudo, Sara Rostagno, Silvia Sinesi, Sefora Spaccamonte; si veda la pratica conservata presso l’Archivio corrente della Soprintendenza per i Beni Storici, Artistici ed Etnoantropologici del Piemonte, cartella «Accademia Albertina». 2 Sulla storia delle collezioni e delle acquisizioni dell’Accademia Albertina si vedano i recenti: VITIELLO 2008, pp. 54-79 e PETRUCCI, VITIELLO 2009, con relativa bibliografia. Le quattordici vedute del Piemonte e del Nizzardo furono in parte eseguite in collaborazione con Luigi Valperga, dal 1790 incisore di Sua Maestà, la cui tecnica, particolarmente raffinata, si era maturata nei lunghi anni di soggiorno presso l’Accademia di Parigi dal 1779 al 1885. Si vedano ASTRUA 1980, scheda 260, pp. 238-239; TOMIATO 2000, scheda n. 1, p. 14. 3 Si vedano le schede di restauro nn. 25584-25588, 26158, in Archivio Restauri Soprintendenza per i Beni Storici, Artistici ed Etnoantropologici del Piemonte, Restauro 2011: Stefania Passerini, Soseishi snc, Torino e Kristine
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Le stampe di Giuseppe Pietro Bagetti nella Biblioteca dell’Accademia Albertina di Torino ROSELLA GRASSI
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e incisioni ad acquaforte tratte dai disegni di Giuseppe Pietro Bagetti conservate nella Biblioteca Storica dell’Accademia Albertina sono pervenute nel 1841 attraverso il lascito di Cristina Galleani vedova Bagetti per desiderio del suo illustre marito e documentate negli atti accademici nel verbale di seduta del 14 dicembre 1841. All’apertura dell’atto testamentario, avvenuta il 3 settembre 1841, queste risultavano destinate ad arricchire il patrimonio grafico dell’Accademia torinese, «ventitre stampe incise dai disegni dipinti di Bagetti rappresentanti le Battaglie di Napoleone prime prove dopo lettera, numero quarantadue stessa collezione avanti lettera, due stampe il passaggio del Niemen, e il Tedeum cantato a Parigi nell’epoca della restaurazione, incise in Russia, state regalate da quell’Imperatore al Cavaliere Bagetti, dai di cui disegni furono tratte»; furono altresì donati «per gradire qual memoria di questo [...] Bagetti [...] sei quadri originali dipinti ad acquerello, quattro dei quali in foglio grande e due di piccola dimensione con cornice dorata, sei altri paesaggi d’invenzione pure inquadrati con cornice dorata»1. Nell’elenco dei doni datato 8 marzo 18422, oltre ai due ritratti del pittore - il primo eseguito da Serangeli, non più presente in Accademia3, il secondo, attualmente esposto in Pinacoteca (inv. 297), da Giacomo Spalla -, viene documentata la presenza di altri «quattordici paesi4 quadri originali con cornice dorata dipinti all’acquarello dal Cav.e Prof.e Bagetti». Se gli acquerelli incorniciati di Giuseppe Pietro Bagetti donati dalla vedova trovano collocazione in Accademia nelle sale di rappresentanza, come descritto da Francesca Petrucci in questo volume, le stampe sciolte delle battaglie napoleoniche vengono da subito conservate nella Biblioteca dell’Accademia, a sancire il valore di exemplum attribuito all’opera del maestro per gli allievi della scuola. Nella Biblioteca probabilmente erano presenti anche i «disegni all’acquerello di vedute e costumi» di Bagetti andati perduti5 -, oltre alla raccolta di stampe rilegate Vues / des Champs de Bataille / de / Napoléon / en Italie / dans les années 1796, 1797 et 1800. Dessinées sur les lieux par M.Bagetti, capitaine ingénieur géographe. Gravées et terminées au dépôt Général de la guerre. Sous la direction de M. le lieutenant général de la guerre. Sous la direction de M. le lieutenant général Pelet, pubblicata a Parigi nel 1835 e pervenuta in Accademia (inv. 3927; coll. I.O.1.2 GF 179) tra il 1856 e il 18976. A conferma di ciò Giuseppe Lavini nel Catalogo della Biblioteca pubblicato nel 18977 colloca i materiali grafici di Bagetti in diversi capitoli dell’inventario tematico. L’album Bagetti - Vue des champs de bataille de Napoléon. 30
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Fig. 1. GIUSEPPE PIETRO BAGETTI e IGNAZ SEBASTIAN KLAUBER, «Té Deum chanté à Paris le 10 Avril jour de Paques de l’année 1814. Et fin de la guerre de 1812-1813 et 1814», 1812-1814, acquaforte, Torino, Accademia Albertina di Belle Arti, Biblioteca Storica, collocazione T.bag.3, inv. i.1672
Paris 1835 vol. 1 folio; Disegni all’acquerello di vedute e costumi figura al capitolo X tra i Disegni, incisioni acqueforti, litografie, fotografie, ecc. / Medaglie e - Tecnica, storia e critica del disegno e dell’incisione insieme alle 67 grandi incisioni rappresentanti paesaggi e fatti d’arme che illustrano le guerre napoleoniche (cartella) folio grande, ma compare anche nella sezione della Geografia artistica al capitolo XIII8, mentre nel capitolo XXI, dedicato alla Pittura - Tecnica, storia e critica / Speciale della pittura Lavini segnala la presenza di due copie del volume9 Analisi della unità d’effetto nella pittura e della imitazione nelle Belle Arti / del Cavaliere Bagetti10, una donata dall’autore nel 182711 e l’altra pervenuta nel 1837 con il lascito del professor Monticoni12. L’album rilegato e il nucleo di stampe sciolte, conservate nelle cassettiere del Gabinetto dei Disegni e delle Stampe della Biblioteca Storica dell’Accademia, si sono fortunosamente salvati dalla dispersione e dai danni provocati dalla guerra, e meriterebbero un’analisi sistematica di confronto con le incisioni delle battaglie napoleoniche tratte dai disegni di Bagetti esistenti in altre collezioni torinesi13. Le incisioni sciolte dell’Accademia Albertina compongono un nucleo non omogeneo di fogli, nel quale sono incluse ventitré battaglie prime prove dopo lettera14 e quarantadue avanti lettera15, incise dai disegni acquerellati dal Bagetti relativi alla prima campagna d’Italia del 1796 e alla seconda campagna napoleonica del 1800, oltre alle due stampe relative alla campagna in Russia rappresentanti il passaggio del fiume Niemen e il Tedeum cantato a Parigi16. I disegni dai quali sono tratte le incisioni della prima campagna sono stati eseguiti da Giuseppe Pietro Bagetti per conto della Sezione Topogra31
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Fig. 2. GIUSEPPE PIETRO BAGETTI e IGNAZ SEBASTIAN KLAUBER, «Passage du Niemen le 12 Juin 1812 et commencement de la guerre de 1812-1813 et 1814», 1812-1814, acquaforte, Torino, Accademia Albertina di Belle Arti, Biblioteca Storica, collocazione T.bag.2, inv. i.1671
fica Piemontese (diretta dal generale Joseph-Marie-François de Martinel tra il 1802 e il 1805)17 e raffigurano le vedute del territorio compreso tra la Liguria e il Piemonte: in merito alle incisioni, in occasione dello studio che ha messo a confronto i disegni appartenenti alle collezioni della GAM, Galleria Civica d’Arte Moderna e Contemporanea di Torino, e i disegni appartenenti al Service Historique de l’Armée de Terre conservati allo Château de Vincennes18, è stata ricostruita una puntuale cronologia ed è stata pubblicata, da Cecilia Ghibaudi, la corrispondenza figurativa tra le stampe appartenenti al Museo napoleonico di Mombasiglio, i disegni preparatori della GAM di Torino e gli schizzi appartenenti alla Biblioteca Reale di Torino19. Dall’analisi della corrispondenza, conservata a Vincennes, intercorsa tra Bagetti e il Dépôt de la Guerre risulta che i disegni delle battaglie furono inviati all’esame del Dépôt a partire dal 180420, ovvero quando la realizzazione da parte di Bagetti non era ancora conclusa21, e che solo a partire dal 1807 il Dépôt acconsente al trasferimento dei disegni sui rami affinché vengano incisi22. La realizzazione delle incisioni viene portata a compimento nel 183423 e l’anno successivo segue la pubblicazione a Parigi della raccolta rilegata, intitolata Vues / des Champs de Bataille / de / Napoléon / en Italie / dans les années 1796, 1797 et 1800. Dessinées sur les lieux par M. Bagetti, capitaine ingénieur géographe. Gravées et terminées au dépôt Général de la guerre. Sous la direction de M. le lieutenant général de la guerre. Sous la direction de M. le lieutenant général Pelet. L’edizione conservata nella Biblioteca Storica dell’Accademia Albertina risulta simile a quella della Biblioteca Reale di Torino, nonostante abbia una rilegatura più modesta, sia priva dell’ex libris del re Carlo Alberto 32
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e versi in uno stato conservativo assai più precario. In seguito all’analisi compiuta sul materiale appartenente alle raccolte dell’Albertina e alla comparazione iconografica delle acquaforti, si è rilevato che nella raccolta pubblicata nel 1835 sono state inserite tavole mancanti tra i fogli sciolti, e precisamente la tavola IV («Vue de Voltri, Position défendue par le Général Cervoni avec 3000 Français contre 10000 autrichiens - 10 avril 1796») incisa da Schroeder e Misbach; la tavola VIII («IIème vue du Château de Cosseria investi par les troupes du Général Augereau - 13 avril 1796») incisa da Schroeder; la tavola XIII («III vue de Dego / nouvelle attaque des position abandonnées dans la nuit par les troupes qui les avaient occupées la veille - 15 avril 1796») incisa da Pillement; la tavola XXVIII («Vue des hauteurs de S. Michel - le Général Joubert passe le Tanaro sous le feu de l’ennemi, pour entraîner les troupes par son exemple - 19 avril 1796») incisa da Schroeder e Misbach; la tavola XXXII («Vue du bourg de Casal-Pusterlengo / l’avant-garde des français pour suit les autrichiens - 9 mai 1796») incisa da Schroeder; la tavola LIV («Vue du bassin de Rivoli entre les monts Corona et Pipolo. L’armée française attaque l’ennemi et le chasse des hauteurs d’ont il s’était empare - 4 janvier 1797») incisa da Desaulx; la tavola LXIII («Vue des ville et citadelle d’Ivrée. L’avant-garde de l’armée française escalade la citadelle et entre de vive force dans la ville - 21 mai 1800») priva del nome dell’incisore. I titoli didascalici delle incisioni sciolte dopo lettera hanno carattere quasi celebrativo delle vittorie dei francesi sul campo. Le incisioni dell’album rilegato, riprodotte quasi sempre dalla stessa matrice, hanno titoli che registrano con maggiore obiettività i fatti accaduti: spesso non vengono registrate le imprese ma la presenza dei generali in campo, con l’evidente abbandono, rispetto alle stampe sciolte, della datazione rivoluzionaria a favore del calendario gregoriano. Sparisce dalla tavola X dell’album (riferita alla «IIIème Vue du Vieux Château de Cosseria» incisa da Felipe Cardano) il nome di Bonaparte e si sceglie di attribuire ai generali Joubert Banel e Quesnel l’iniziativa dell’attacco della città. La trasmissione ai posteri delle imprese viene così modificata a favore di poteri diversi e forse anche strumentalizzata dalla politica di Luigi Filippo, che acconsente alla pubblicazione della raccolta nel 1835. La presenza di diversi pittori, disegnatori, topografi sul campo, insieme a Bagetti, durante le campagne napoleoniche d’Italia è ormai accertata da numerosi studi, che tendono ad approfondire quali siano state le relazioni tra gli artisti, quali le precise indicazioni del Dépôt de la Guerre e quanti e quali gli incisori preposti a tramandare in forma grafica le vedute originali. A proposito della «Veduta di Ceva», che raffigura il ritiro dei piemontesi nel forte e l’arrivo dei francesi, ne esistono, tra i fogli sciolti, tre versioni che presentano alcune varianti: la prima, incisa da Friedrich Schroeder, viene ripresa nell’album del 1835 alla tavola XVI; la seconda, opera dell’incisore Claude François Fortier, stampata da un rame più piccolo, presenta nell’album la parte superiore ingrandita da un cielo più ampio e risulta ritagliata e incollata su supporto cartaceo; infine la terza, copia esatta di Fortier, trova corrispondenza con la tavola XVII dell’album. L’incisione sciolta, prova dopo let33
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tera, della «Vue de la ville d’Alba Pompeia... 7 Floréal an IV», corrisponde alla tavola XXV dell’album. Entrambe furono incise da Friedrich Schroeder, ma la tavola sciolta è impressa da un rame più piccolo rispetto all’incisione rilegata, nuovamente incisa secondo la richiesta del Dépôt de la Guerre che imponeva ai disegnatori e più tardi agli incisori impegnati a illustrare le battaglie napoleoniche precise e rigide indicazioni esecutive24. Nel caso dell’incisione avanti lettera relativa al «Passaggio del Tagliamento», opera di François Jacques Dequevauviller, non conclusa e corrispondente alla tavola LX dell’album che ha per titolo Passage du Tagliamento vis-à-vis Valvasone... 16 mars 1797, ci troviamo di fronte a una evidente mancata corrispondenza iconografica. L’incisione sciolta è, con tutta probabilità, una prova di stampa ripresa dal disegno conservato alla GAM di Torino (inv. Mus:1/64), non corrispondente, se non nel soggetto, alla tavola inserita nell’album e incisa dallo stesso Dequevauviller, che riprende l’acquerello originale conservato a Versailles (inv. MV 2512). Alcune stampe sciolte presentano altri interessanti spunti di riflessione: ad esempio è evidente l’esecuzione a più mani della veduta da cui è tratta la «IV.ème vue de Dego / l’ennemi attaqué inutilement à Monte-Maglian... Général en chef Bonaparte s’élance à la tête... 26 Germinal an IV», incisa dalla stessa matrice da Lameau e Misbach corrispondente alla tavola XIV dell’album del 1835, che ha per titolo IV.ème vue de Dego / L’ennemi est Chassé de toutes parts et la victoire est décidée / 15 april 1796. Nel disegno di Bagetti dal quale deriva, il paesaggio sembra assumere la valenza di quinta davanti alla quale si svolge la scena, animata da una folla di militari che incede prorompente, con la truppa e i cavalli al trotto eseguiti con tutta probabilità da un disegnatore diverso, che forse riprende disegni di Horace Vernet o, più probabilmente, di Bacler d’Albe25. Questa incisione, presentata a Napoleone nel 1807, piacque all’imperatore e lo convinse a commissionare proprio a Bacler d’Albe, allora direttore del Gabinetto Topografico, la realizzazione di due vedute, il «Passaggio del ponte di Lodi» e il «Po presso Piacenza»26. Per l’incisione sciolta avanti lettera che rappresenta il «Passaggio sul Po dell’Armata francese», incisa da Claude François Fortier, corrispondente alla tavola XXX dell’album che ha per titolo Vue du Po, vis-à-vis la ville / passage du Po par l’Armée Française 7 mai 1796 (riferibile al disegno a penna blu e matita conservato alla GAM di Torino27 e all’acquerello conservato al Musée National des Châteaux de Versailles et Trianon28), risulta assai interessante constatare che sul campo, insieme al pittore piemontese che esegue il disegno d’après nature come confermato dall’iscrizione lungo il margine inferiore esterno del disegno della GAM29, avevano già operato Bacler d’Albe e Horace Vernet, le quali vedute vennero incise da Mercoli fils e da Bertaux30. Così è documentata la loro presenza anche per la veduta della città di Lodi di cui l’Accademia possiede una probabile prima prova di stampa incisa da Lameau e Misbach, che conserva la linea della battuta a matita, mentre si conosce l’incisione di Giacomo Mercoli padre disegnata da Bacler d’Albe31. Nel caso della veduta «Vue des ville et citadelle de Tortone... 9 Floréal an IV», incisa da Misbach e Perdoux e pubblicata nel 1835 come tavola XXVII dell’album parigino, risulta invece che Bagetti fosse presente il giorno della battaglia per34
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Fig. 3. GIUSEPPE PIETRO BAGETTI e CLAUDE FRANÇOIS FORTIER, «Veduta di Cluse», 1807-1835, acquaforte, Torino, Accademia Albertina di Belle Arti, Biblioteca Storica, collocazione T.bag.1.60, inv. i.1667
ché arruolato nelle file dell’esercito del re di Sardegna e che la realizzazione della stessa per il Dépôt de la Guerre si avvalesse degli schizzi eseguiti in quell’occasione32. Meriterebbe un maggiore approfondimento di studio e ricerca anche l’incisione avanti lettera della «Veduta del borgo di Binasco», eseguita da Jean Desaulx e corrispondente alla tavola XXXXbis dell’album, dal titolo Vue du borg de Bignasco / Incendie de ce bourg... 24 mai 1796, nella quale risulta evidente l’incompletezza del disegno relativa all’angolo del castello e la volontà di Bagetti di rappresentare gli abitanti che fuggono impauriti dal borgo alla presenza delle truppe francesi, interpretata nella stampa della raccolta del 1835 in modo da eliminare l’enfasi del terrore a favore della rappresentazione documentaria con l’edificio storico perfettamente ricostruito. Concludo questa succinta analisi con un’osservazione scaturita dal confronto delle numerose incisioni sciolte con quelle della raccolta: queste ultime rivelano spesso sostanziali differenze e modifiche apportate al paesaggio, risultano spesso di dimensioni non corrispondenti e tratte da disegni diversi. Tra tutte le incisioni in possesso dell’Accademia solo una, la «Veduta del forte di Cluse (Valle d’Aosta)», incisa avanti lettera da Fortier, che corrisponde alla tavola LXIV dell’album dal titolo Vue du défilé fortifié de la Cluse... 16 mai 1800, riporta la firma autografa a matita del maestro Giuseppe Pietro Bagetti. Permane ancora incertezza documentaria riguardo l’attribuzione dei disegni originali a Bagetti in relazione all’attività dei numerosi altri disegnatori contemporaneamente attivi sui campi di battaglia per svolgere la medesima funzione per il Dépôt de la Guerre. 35
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1 AABA TO 18, Atti Accademici (1841-1846), verbale 14 dicembre 1841. 2 AABA TO 502, Elenco dei doni presentati alla Reale Accademia 1842-1854, 8 marzo 1842. 3 Il ritratto a olio di Serangeli secondo il Bollea trovò collocazione in una delle sale della Biblioteca contro il volere della vedova Bagetti, la quale desiderava fosse destinato alla Galleria dedicata alle Battaglie dei Savoia, dipinte dal marito, in Palazzo Reale. Si veda BOLLEA 1936a, pp. 211214. 4 AABA TO 18, Atti Accademici (1841-1846), c.39: il 12 dicembre 1841 Pietro Palmieri, esecutore testamentario della defunta vedova, annuncia all’Accademia di aver ricevuto una nota supplementare al testamento «nella quale viene specificato doversi aggiungere due altri quadri eseguiti dal fu Cavaliere Prof.e Bagetti, a quelli già mentovati nel testamento». 5 Alessandro Baudi di Vesme ricorda un volume contenente diciannove schizzi acquerellati e undici tavole di decorazioni per cornici conservate in un cilindro di latta: si veda BAUDI DI VESME 1963-1982, I, p. 79. 6 Il volume compare per la prima volta in LAVINI 1897; mentre non risulta citato nel catalogo completo dei libri della Biblioteca compreso nell’inventario del 1856 (AABA TO 520, Inventario della Reale Accademia di Belle Arti, 1856). 7 LAVINI 1897 p. 82. 8 Ibid., p. 11. 9 Ibid., p. 169. 10 BAGETTI 1827, attualmente in Biblioteca ne esiste una copia sola (inv. 2402, coll. II.G.5.2). 11 AABA TO 21, R. Accademia Albertina - Atti accademici 1822-1840. Duplicato, Seduta accademica del 25 novembre 1827. 12 AABA TO 600, Galleria Mossi e Cartoni 1825-1870: Oggetti d’arte spettanti all’eredità del fu Professore Monticoni, stati Legati con suo testamento alla Reale Accademia delle belle Arti di Torino, 1837. 13 L’indagine delle copie esistenti è stata condotta da: Paola Astrua, Virginia Bertone, Cecilia Ghibaudi e Marco Gioannini in BERTONE 2000; VIALE FERRERO 1957. 14 Di seguito viene riportato l’elenco delle acquaforti, prime prove dopo lettera, conservate nella Biblioteca dell’Accademia Albertina con la data di stampa desunta da: Appendice / Dépôt de la Guerre - Camps de Bataille / état des Vues des Champs de Bataille / d’Italie, gravées au dépôt général de la guerre, pubblicato in GHIBAUDI 1997 e VIALE FERRERO 1957. Nell’Appendice di Cecilia Ghibaudi sono riportati anche i prezzi di vendita delle incisioni. 1) Vue de la Ville et du Château de Nice... 8 Germinal an IV (1796), incisa da Joseph Perdoux nel 1809 (inv. i.1608); 2) Vue de la Ville de Savone... 20 Germinal an IV, incisa da Sonnerat nel 1809 (inv. i.1610); 3) Vue des Hauteurs de Monte-Legino... (Negino) 21 Germinal an IV, incisa da Friedrich Schroeder nel 1809 (inv. i.1611); 4) Vue des Hauteurs de Monte-Notte... 22 Germinal an IV, incisa da Victor Pillement nel 1809 (inv. i. 1612); 5) Vue du village de Carcare... après le Victoire de Monte-Notte 23 Germinal an IV, incisa da Lameau nel 1809 (inv.
i.1613); 6) II.ème vue du Vieux Château de Cosseria... 24 Germinal an IV, incisa da Lameau nel 1809 (inv. i.1614); 7) II.ème vue du Vieux Château de Cosseria... 24 Germinal an IV, incisa da Felipe Cardano nel 1809 (inv. i.1615); 8) I.ère vue de Dego / au moment de l’attaque générale de cette position... 25 Germinal an IV, incisa da Claude François Fortier nel 1809 (inv. i.1616); 9) IV.ème vue de Dego / L’ennemi attaqué inutilement à Monte-Magliano... Général en chef Bonaparte s’élance à la tête... 26 Germinal an IV, incisa da Lameau (inv. i.1618); 10) IV.ème vue de Dego / L’ennemi attaqué inutilement à MonteMagliano... Général en chef Bonaparte s’élance à la tête... 26 Germinal an IV, incisa da Lameau nel 1808 (inv. i.1619), copia della precedente; 11) Vue des hauteurs de Monte-Zemolo, 26 Germinal an IV, incisa da Legrand nel 1809 (inv. i.1620); 12) Vue du Fort de Ceva / evaquation du Camp retranché par les piemontais..., 16 avril 1796, incisa da Friedrich Schroeder nel 1808 (inv. i.1621); 13) Vue de la ville de Ceva..., 28 Germinal an IV, incisa da Claude François Fortier nel 1809 (inv. i.1622); 14) I.ère Vue des environs de Mondovi... 3 Floréal an IV, incisa da Lameau nel 1808 (inv. i.1625); 15) II.ère Vue des environs de Mondovi... 3 Floréal an IV, incisa da Lameau nel 1809 (inv. i.1626); 16) Vue de la ville de Benne... 5 Floréal an IV, incisa da Claude François Fortier nel 1810 (inv. i.1627); 17) Vue de la ville de Cherasco... 6 Floréal an IV, incisa da Felipe Cardano nel 1809 (inv. i.1628); 18) Vue de la ville d’Alba Pompeia... 7 Floréal an IV, incisa da Friedrich Schroeder nel 1809 (inv. i.1630); 19) Vue des ville et citadelle de Tortone... 9 Floréal an IV, incisa da Misbach nel 1809 (inv. i.1632); 20) Vue des ville et cittadelle d’Alexandrie 16 Floréal an IV, incisa da Sonnerat nel 1809 (inv. i.1633); 21) Vue des ville et citadelle de Plaisance 18 Floréal an IV, incisa da Misbach nel 1809 (inv. i.1634); 22) I.ère Vue de la Ville de Lodi... 21 Floréal an IV, incisa da Lameau nel 1808 (inv. i.1637); 23) II.ème Vue de la Ville de Lodi / Passage de l’Adda... 21 Floréal an IV, incisa da Lameau e Misbach nel 1808 (inv. i.1638). 15 Di seguito viene riportato l’elenco delle acquaforti, prime prove avanti lettera, conservate nella Biblioteca dell’Accademia Albertina: 1) Veduta di Albenga (1796), incisa da Felipe Cardano (inv. i.1609); 2) II veduta di Dego, incisa da Godefroy (inv. i.1617); 3) IV veduta di Dego, incisa da Lameau e Misbach (inv. i.1619); 4) Veduta del Forte di Ceva, incisa da Friedrich Schroeder (inv. i.1621); 5) Veduta della città di Ceva, incisa da Claude François Fortier (inv.i.1623); 6) II veduta delle alture di St. Michel, incisa da Joseph Perdoux (inv. i.1624); 7) Veduta della città di Fossano, incisa da Ballard (inv. i.1629); 8) Veduta della città di Cuneo, incisa da Felipe Cardano (inv. i.1631); 9) Veduta del passaggio del Po da parte dell’armata francese, incisa da Claude François Fortier (inv. i.1635); 10) Veduta del villaggio di «Fombio», incisa da Louis Croutelle (inv. i.1636); 11) Veduta della città di Crema, incisa da Sonnerat (inv. i.1639); 12) Veduta della città di Pizzighettone, incisa da Jean Desaulx (inv. i.1640); 13) Veduta della città di Cremona, incisa da Edme Bovinet (inv. i.1641); 14) I veduta di Pavia, incisa da Friedrich Schroeder (inv. i.1642); 15) Veduta della città di Milano, incisa da Claude François Fortier (inv. i.1643); 16)
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Pietroburgo 1817), allievo di Wille a Parigi, che all’inizio della Rivoluzione abbandonò la capitale francese per viaggiare in Germania e approdare in Russia, dove fu chiamato per ricoprire la carica di Direttore dell’Accademia di Belle Arti di San Pietroburgo. In una data compresa tra il 1814 e il 1832, secondo la vedova Bagetti, diede alle stampe i due disegni del marito. Le stampe, di cui non sono attualmente rintracciabili copie nelle collezioni pubbliche di Torino, furono pubblicate nell’Histoire de l’expédition de Russie, avec un atlas, un plan de la bataille de la Moskwa, et un vue du passage du Niemen. Tome premier, curata da Georges de Chambray e pubblicata a Parigi nel 1823 (si veda VIALE FERRERO 1957; BENEZIT 1999, VII, pp. 834-835). 17 Si veda GHIBAUDI 2008b, pp. 35-43. 18 Ibid. 19 GHIBAUDI 2008a, p. 78. 20 GHIBAUDI 2008b, p. 37; risultano mancanti i documenti e la corrispondenza anteriore al 1804. 21 Si veda per confronti VIALE FERRERO 1957. 22 GHIBAUDI 2008b, p. 41. 23 Ibid., p. 45. 24 Sull’attività del Dépôt de la Guerre si vedano: GHIBAUDI 1997 e VIALE FERRERO 1957. 25 La presenza sul campo di diversi disegnatori aspetta ancora un’approfondita analisi: nonostante ciò è appurato che il pittore Horace Vernet e il generale Bacler d’Albe fossero contemporaneamente attivi sui campi di battaglia per incarico del Dépôt de la Guerre precedentemente al Bagetti. Alcuni documenti non datati conservati nella Collezione Bertarelli di Milano confermano che i disegnatori lavoravano a stretto contatto con gli incisori che avrebbero poi trasferito su rame le vedute. 26 FRASCA 1999, XVIII, fasc. 2, p. 523. 27 Si veda GHIBAUDI 2008a, scheda 33, inv. 1/32. 28 Ibid., p. 193 (inv. MV2478). 29 Ibid., pp. 247-97. 30 L’incisione eseguita da Michelangelo «Mercoli fils», Le 18 Floréal de l’an 4 Rép. ain. l’Armée français sous les ordres du Gen.al en chef Bonaparte passe le Po à Plaisance peint sur le lieux par Bacler d’Albe, 480 x 655 mm, Collezione Bertarelli di Milano (cart.g. 4-28), fu incisa precedentemente al 1802, data della morte dell’incisore. 31 L’incisione di Giacomo Mercoli padre è conservata alla Collezione Bertarelli di Milano (cart.g.4-29). 32 Si veda GHIBAUDI 2008a, p. 37.
Veduta del borgo di Soncino, incisa da Jean Desaulx (inv. i.1644); 17) Veduta del borgo di Binasco (inv. i.1645); 18) II veduta di Pavia, incisa da Jean Desaulx (inv. i.1646); 19) Veduta del borgo e del castello di Castiglione, incisa da Robert Delaunay (inv. i.1647); 20) Veduta delle alture di Castiglione, incisa da Felipe Cardano (inv. i.1648); 21) Veduta della città e del castello di Lonato, incisa da Claude François Fortier e J. F. Cazenave (inv. i.1649); 22) Veduta del borgo di Gavardo, incisa da Claude François Fortier (inv. i.1650); 23) Veduta delle alture e della piana di Castiglione, incisa da Joseph Perdoux (inv. i.1651); 24) Veduta del castello della Pietra nella valle d’Adige, incisa da Robert Delaunay (inv. i.1652); 25) Veduta del villaggio di Lavis, incisa da Claude François Fortier (inv. i.1653); 26) Veduta del villaggio di Primolano, incisa da Jean Baptiste Reville (inv. i.1654); 27) Veduta del forte di Covolo, incisa da Victor Pillement (inv. i.1655); 28) Veduta della piazza di Mantova, incisa da Felipe Cardano (inv. i.1656); 29) Veduta del villaggio e del ponte di Arcole, incisa da Claude François Fortier e terminata da Lapin (inv. i.1657); 30) Veduta di Ferrara e del Monte Baldo, incisa da Jean Desaulx (inv. i.1658); 31) Veduta di Rivoli e di una parte della vallata dell’Adige, incisa da Felipe Cardano (inv. i.1659); 32) Veduta generale della battaglia di Rivoli, incisa da Louis Croutelle (inv. i.1660); 33) Veduta del borgo di Anghiari, incisa da Jean Baptiste Tillard (inv. i.1661); 34) Veduta della Madonna della Corona, incisa da Victor Pillement (inv. i. 1662); 35) Veduta dei dintorni di Mantova, incisa da Louvet (inv. i.1663); 36) Passaggio del Tagliamento, incisa da François Jacques Dequevauviller (inv. i.1664); 37) Veduta della città di Gradisca, incisa da Felipe Cardano (inv. i.1665); 38) Veduta del Gran San Bernardo, incisa da Jean Desaulx (inv. i.1666); 39) Veduta della Cluse in Valle d’Aosta, incisa da Claude François Fortier (inv. i.1667); 40) I veduta della Battaglia di Marengo, incisa da Victor Pillement (inv. i.1668); 41) II veduta della Battaglia di Marengo, incisa da J. F. Cazenave (inv. i.1669); 42) Veduta del villaggio di Marengo, incisa da Jean Duplessi Bertaux e Robert Delaunay (inv.i.1670). 16 Le due incisioni sono tratte da disegni di Giuseppe Pietro Bagetti, di cui non è conosciuta l’attuale collocazione, redatti il primo durante la campagna di Russia, che il paesaggista piemontese seguì dopo il 1812 al seguito della Grande armata, il secondo a Parigi probabilmente tra il 1813 e il 1814, data del suo ritorno a Torino. I rami furono incisi da Ignaz Sebastian Klauber (Augusta 1753 - San
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Le sorti di una collezione. Storie e vicissitudini degli acquerelli sabaudi di Giuseppe Pietro Bagetti ENRICO BARBERO
I
l piano terreno del Palazzo Reale di Torino custodisce l’importante collezione di vedute realizzate da Giuseppe Pietro Bagetti su committenza sabauda. La raccolta è allestita negli ambienti che furono utilizzati da Vittorio Emanuele III, suddivisa tra la Sala di Ricevimento e la Camera da Letto1 dove, tra le altre, è allestita la veduta di Moncalieri. Qui l’abile artista immortalò l’antico castello sabaudo posto a coronamento dell’abitato, residenza che avrebbero dovuto essere la sede della collezione di acquerelli. Questa residenza era stata depredata di gran parte del suo arredo durante la dominazione napoleonica, ma Vittorio Emanuele I, all’indomani del rientro negli Stati di Terraferma, diede il via a una rinascita del complesso. Tra gli abbellimenti che si sono ordinati per il castello di Moncalieri si cita una Galleria interamente destinata ai quadri rappresentanti i fatti d’arme, dove i principi della Casa Savoia e le loro armate hanno dato prova di valore. Il numero di questi quadri sarà considerevole e si apprende con piacere che il re ha voluto incaricarne M. l’architetto Bagetti suo disegnatore.
La descrizione, pubblicata da Modesto Paroletti nel 1819 nel libro Turin et ses curiosités, permette di identificare parte della collezione oggi allestita nella residenza torinese con quella ordinata all’indomani della Restaurazione al Bagetti. Tale indicazione era già stata trascritta da Paola Astrua nel 1980 quando pubblicò il Disegno presentato dall’architetto Bagetti per semplice dimostrazione dell’effetto che dovrebbe fare la galleria di Moncalieri decretata da S. S. R. M. Per essere la Galleria delle Battaglie, tracciando così le importanti linee guida sugli allestimenti della collezione2. Gli acquerelli da collocare nella Galleria della manica laterale del Castello di Moncalieri avrebbero dovuto essere quarantasei, collocati su un unico registro lungo tutte la pareti dell’ambiente, inquadrate all’interno di una raffinata decorazione progettata dallo stesso artista. Le vedute, figlie della volontà sovrana di esaltare l’antico potere della casata raggiunto grazie alle grandi vittorie, compongono uno straordinario progetto non completato. Già nel 1822, all’indomani dell’abdicazione di Vittorio Emanuele I in favore del fratello Carlo Felice, sembra che diciotto quadri realizzati fossero collocati non a Moncalieri, bensì nella Galleria delle Battaglie del Palazzo Reale di Torino3, dove tra le storiche battaglie vinte da Casa Savoia, raffigurate dall’autore sulla base di documentazioni scritte e iconografiche, erano stati inseriti episodi del passato recente come «L’entrata del Re [Vittorio Emanuele I] nel 1814 a Torino», dove l’abile pittore realizzò un’istantanea che restituisce in 38
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Fig. 1. «Entrata del Re [Vittorio Emanuele I] nel 1814 a Torino», acquerello su cartoncino, Torino, Palazzo Reale, inv. 3557
ogni minimo dettaglio la facies dell’ingresso dal Po di Torino in quegli anni. Il nuovo sovrano fece continuare il lavoro di Pietro Bagetti, dapprima proseguendo secondo le linee programmatiche iniziali, ma via via mutando la composizione in modo tale che il soggetto ritratto non fosse più l’avvenimento storico ma la natura. Nel 1830 la collezione risultava così composta: trentaquattro opere raffiguranti «Fatti d’Arme» e trenta raffiguranti «Paesaggi di composizioni e vedute» collocate nella «Galleria Grande del Castello verso mezzogiorno» come descritto nel Catalogo dei Quadri esistenti nella Galleria del Real Castello di Torino, fatti dal Cavalier Giuseppe Bagetti, Architetto, Pittore di S.M., ispettore del genio civile, Professore alla R. Accademia di Belle Arti all’Accademia R. Militare4. Da questo documento si desume come già Carlo Felice avesse dato il via a un riordino delle collezioni pittoriche reali e non solo; già nel 1829 il Palazzo Madama era stato scelto come luogo dove conservare l’importante collezione di dipinti facenti parte dell’eredità lasciata da monsignor Mossi di Morano, che costituirà poi il nucleo principale di fondazione della Pinacoteca dell’Accademia Albertina5. Probabilmente l’esistenza di un così cospicuo numero di dipinti nel castello presagiva l’intenzione di una loro musealizzazione; forse è per questo motivo che nello stesso palazzo venne dunque collocata la collezione di acquerelli come descritto in chiusura al Catalogo dei Quadri del 1830: «La Galleria grande del Castello6 verso mezzogiorno è completa. Essa contiene 64 quadri dell’Autore Bagetti»7. In realtà però la collezione Mossi di Morano rimase nel castello per un breve periodo8; alcuni dipinti vennero già spostati nel 1831 in occasione «dell’apparato funebre per 39
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Fig. 2. «Moncalieri», acquerello su cartoncino, Torino, Palazzo Reale, inv. 3563 rosso
S.M. Il Re Carlo Felice»9. Forse questa prima quadreria influenzerà pochi anni dopo le decisioni di Carlo Alberto, che proprio nello stesso castello istituirà la Regia Pinacoteca aperta nel 1832. Non trovarono però più posto nella nuova istituzione gli acquerelli del Bagetti: infatti Carlo Alberto li fece collocare nuovamente nel Palazzo Reale; il giorno 11 aprile 1837 venne emesso il mandato di pagamento per Gabriele Capello detto Moncalvo per aver «fatto n. 25 rosoni turniti del diametro di cm 21/2 quali si sono tagliati in metà e rapportatovi sopra li numeri da 1 al 50, messovi dietro un pezzo di legno a ciascuno onde poterli riporre sovra le cornici e servono per li quadri rappresentanti le vedute del Cav. Bagetti»10. Il 26 luglio dello stesso anno poi gli indoratori Secondo Bonzanigo, Pietro Fagiani e Filippo Martini si occuparono di tingere «di Giallo n. 67 cornici all’intorno, e raschiati i bigliettini di carta, a ciascheduna, e rappezzato d’oro nel medesimo sito che vi era la carta, le quali cornici sono dei Quadri del Sig.r Cav.e Bagetti che vi è nella Camera della Colazione di S.M.»11. Non tutta la collezione era però collocata in quella sala; infatti nel 1844 Gabriele Capello fu pagato per aver messo in opera due dipinti del Bagetti nelle Camere dette degli Archivi; pochi mesi dopo emise parcella per aver «levato da opera tutti li quadri del Cav.re Bagetti dalla Camera di Colazione di S.M. il Re quali sono 67 e collocati tutti nella Galleria Daniel a norma delli ordini ricevuti e da questa trasportati di nuovo nella Camera di Colazione di S.M. e collocati ognuno a suo posto»12. Probabilmente questo temporaneo spostamento fu dovuto ai lavori di ammodernamento voluti da Carlo Alberto. I cambiamenti voluti dal sovrano però continuarono; infat40
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ti poco dopo lo stesso Capello venne nuovamente pagato per aver «in più volte levato da opera 12 quadri del Bagetti dalla Camera di Colazione di S.M.» in sostituzione dei quali vennero collocati opere di «Storelli, Cerutti e Rasori»; gli acquerelli vennero spostati nell’Appartamento degli Archivi13. La sostituzione continuò in più riprese tra il 1844 e il 1847, quando vennero inseriti dipinti realizzati da diversi artisti, tra cui Marghinotti14, Belletti15 e Cusa16. La collezione, poco alla volta spostata nell’Appartamento degli Archivi17, iniziò un periodo di dispersione tra i molti ambienti del Palazzo Reale. Clemente Rovere, nella sua Descrizione del Reale Palazzo di Torino, ricorda che per un certo periodo parte della collezione era stata collocata nel primo piano in «luogo oscuro» e la maggior parte nel «guardiamobili»18, ma già nel 1858 un nucleo significativo delle opere, cinquantasette delle sessantanove originarie, risultavano collocate al piano terreno. Erano appese alle pareti della sala che un tempo era stata la «Camera del Talamo di Madama Felicita» a quel tempo poi ribattezzata «Camera del Bagetti»19. Nella stessa collocazione rimasero almeno sino al 1881, quando vennero descritte nella sala divenuta parte dell’appartamento utilizzato dai Duchi d’Aosta20. Probabilmente a causa dell’eccessiva umidità di cui soffre questo ambiente, nel 1910 un acquerello raffigurante un «Paesaggio» venne scaricato dall’inventario del Palazzo Reale, retrocesso al Demanio dello Stato e dato in consegna all’Intendenza di Finanza di Torino insieme ad altri dieci dipinti del palazzo che si trovavano in «avanzato stato di deperimento»21. Gli altri acquerelli poco alla volta erano stati spostati in altri ambienti della re-
Fig. 3. «Assedio di Torino: piano d’attacco fatto a Superga da Vittorio Amedeo II e il Principe Eugenio nel 1706», acquerello su cartoncino, Torino, Palazzo Reale, inv. 3586 rosso
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sidenza torinese, probabilmente per motivi conservativi; nel 1911 un nucleo importante della collezione, composto da trentadue opere, risultava collocato nella «Guardaroba» attigua all’appartamento del principe ereditario probabilmente in deposito, mentre gli altri acquerelli erano allestiti in diverse sale del palazzo. Il successivo Inventario del palazzo, redatto ormai in epoca repubblicana nel 1966, registra l’intera collezione depositata in quelle che erano le tribune reali della Cappella Regia. Durante la seconda guerra mondiale infatti gran parte dei dipinti, degli arazzi e degli «oggetti d’arte» del palazzo furono trasferiti in luoghi considerati sicuri al di fuori della città per sfuggire alle incursioni aeree che devastarono l’antica capitale sabauda22; la stessa sorte sembra essere toccata anche alla collezione di acquerelli. Tale precauzione consentì all’immenso patrimonio di sfuggire alle distruzioni e alle dispersioni belliche; nel 1948 tutte le collezioni rientrarono nel Palazzo Reale di Torino, ma solo una parte venne ricollocata al sito pre-bellico. Per questo motivo ancora nel 1966 si ritrovava l’intera collezione di opere del Bagetti stoccata in quegli ambienti divenuti depositi. Solo dopo i restauri, eseguiti in parte nel 1971, in occasione della riapertura dell’Appartamento di Madama Felicita e in parte nel 197823, si arrivò alla loro esposizione in diverse mostre per poi giungere, a fine anni novanta, all’allestimento dell’intera collezione nell’Appartamento del Re, luogo climaticamente adatto alla sua conservazione, dove oggi la si può ammirare. 1 Soprintendenza per i Beni Architettonici e del Paesaggio di Torino, d’ora in poi SBAP TO, Inventario Palazzo Reale, 1966. 2 CASTELNUOVO, ROSCI 1980, p. 269. 3 Stato descrittivo dé Quadri esistenti negli appartamenti del Reale Palazzo di Torino 1822 (ASTO, Corte, Archivi Privati, Archivio Alfieri di Sostegno, mazzo 28). Il condizionale utilizzato in questa frase è dettato dal fatto che non è certo che a quella data gli acquerelli fossero già stati collocati nella Galleria delle Battaglie del Palazzo Reale, dal momento che il documento in oggetto descrive nella Galleria del Beaumont come già collocati i quattro bassorilievi raffiguranti «La liberazione di Torino dall’armata francese», «La difesa del Colle dell’Assietta», «La Battaglia d’Aution» e «La Battaglia di Guastalla», opere che in realtà furono realizzate da Giacomo Spalla in un momento successivo, tra il 1825 e il 1830. La loro posa nella Galleria avvenne infatti nel 1830 come attestato dalle parcelle di Quirico Biglia, che preparò gli sfondati per il loro collocamento (ASTO, Casa di S.M., Parcelle e Conti, 1830, reg. 1310, n. 267), da quella di Giovanni Massore, che li trasportò dallo studio di Spalla alla Galleria (ASTO, Casa di S.M., Parcelle e Conti, 1830, reg. 1310, n. 330), da quella del serragliere Giacomo Beltrami, che preparò le staffe in metallo per ancorarli alla parete (ASTO, Casa di S.M., Parcelle e Conti, 1830, reg. 1311, n. 360), e da quella dei minusieri Giuseppe Detoma e Giovanni Boggio, che realizzarono i tasselli in legno di noce per fissare i bassorilievi (ASTO, Casa di S.M., Par-
celle e Conti, 1830, reg. 1311, n. 376). Probabilmente il documento in oggetto descrive come sarebbe dovuto diventare l’allestimento dei quadri del Palazzo Reale di Torino secondo le intenzioni del 1822. 4 ASTO, Corte, Archivi Privati, Archivio Alfieri di Sostegno, mazzo 36. 5 Il 19 settembre 1829 il signor Monticoni scrisse infatti al marchese Carlo Emanuele Alfieri di Sostegno gran ciambellano di S.M. e presidente dell’Accademia delle Belle Arti: «Ho l’onore di annunciare a Vostra Eccellenza che i quadri sono stati ritirati nel Reale Castello, nelle camere occupate dal debito pubblico e appesi semplicemente al muro senza quell’ordine voluto dalle opere classiche, sopra la cui collocazione attendo la visita di V.E. e gli ordini che in seguito vorrà ben far dare dall’Ill.mo Cav. Cesare di Saluzzo» (ASTO, Corte, Archivi Privati, Archivio Alfieri di Sostegno, mazzo 36). 6 Più volte è infatti ricordata una Galleria dei Quadri nel Reale Castello di Torino nelle parcelle dei lavori eseguiti da diversi artigiani nel 1830: i falegnami Giuseppe De Toma e Giovanni Boggio, il serragliere Tommaso Discalzo (ASTO, Casa di S.M., Parcelle e Conti, reg.1309, n. 104) e il capomastro Andrea Marchioni, che inviò il muratore Giuseppe Ottino per eseguire dei lavori nella Galleria dei Quadri sotto la direzione del Conte di Canelli (ASTO, Casa di S.M., Parcelle e Conti, reg. 1310, n. 300). 7 BAUDI DI VESME 1963-1982, I, p. 78; CASTELNUOVO, ROSCI, p. 270.
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14 ASTO, Casa di S.M., Parcelle e Conti, 1845, reg. 3364, n. 536. 15 ASTO, Casa di S.M., Parcelle e Conti, 1846, reg. 3368, n. 300. 16 ASTO, Casa di S.M., Parcelle e Conti, 1847, reg. 3374, n. 418. 17 Appartamento poi chiamato dei Quadri Moderni. 18 ROVERE 1858, p. 221. 19 Ibid., pp. 179-180. 20 SBAP TO, Inventario degli Oggetti d’Arte Esistenti di proprietà della Dotazione della Corona esistenti nei Reali Palazzi in Torino, 1881. 21 Ibid., Bolletta di Scarico 14, 1910. 22 Tra i luoghi sicuri utilizzati per «ricoverare» l’immenso patrimonio del Palazzo Reale di Torino si ricorda il Castello Ducale di Agliè, dove vennero trasferiti da prima gli arazzi, poi i dipinti e molti arredi al punto di saturare completamente le sale della residenza alladiese. 23 CASTELNUOVO, ROSCI 1980, p. 270.
Vi rimasero per il periodo in cui si discusse la controversa questione dell’eredità con il marchese Ludovico Pallavicini di Parma che era stato nominato erede universale dell’arcivescovo. 9 Inventario numerico dei quadri ritirati dalle Sale del Debito Pubblico nell’occasione dell’apparato funebre per S.M. Il Re Carlo Felice (ASTO, Corte, Archivi Privati, Archivio Alfieri di Sostegno, mazzo 36). 10 In contemporanea il Capello stava modificando le cornici della Galleria del Daniel dove sistemò gli intagli di cinquantun cornici e modificò la decorazione inferiore per collocarvi la numerazione ancora oggi esistente (ASTO, Casa di S.M., Parcelle e Conti, 1837, reg. 3319, n. 288). 11 ASTO, Casa di S.M., Parcelle e Conti, 1837, reg. 3320, n. 524. 12 ASTO, Casa di S.M., Parcelle e Conti, 1844, reg. 3360, n. 1035. 13 Ibid.
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Al servizio di Napoleone: le opere di Giuseppe Pietro Bagetti nelle raccolte della Galleria Civica d’Arte Moderna e Contemporanea di Torino VIRGINIA BERTONE
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ell’aprile del 2000 la GAM esponeva nella sua interezza la raccolta dei centotré fogli delle «Vues des Campagnes des Français en Italie (1796 e 1800)» di Giuseppe Pietro Bagetti con l’intento di far conoscere quel prezioso fondo di opere, ricollegandosi idealmente alla mostra curata da Mercedes Viale Ferrero nel 1957, l’anno successivo all’acquisizione della prestigiosa raccolta. Una puntuale schedatura del corpus accompagnava l’esposizione offrendo l’occasione per riconsiderare l’appassionante storia dell’acquisto e indicare, sulla scorta di nuove ricerche d’archivio, le date di esecuzione degli acquerelli1. Con la prospettiva di oggi si può affermare che essa rappresentò anche l’avvio di un percorso che avrebbe portato, nel 2003, all’inventariazione generale dell’ampio patrimonio grafico del Museo - oltre trentanovemila esemplari - e, nel 2009, alla pubblicazione di un catalogo che ne ricostruiva la storia presentando una scelta di circa quattrocento disegni delle raccolte ottocentesche2. Lo studio e la valorizzazione del patrimonio grafico sono a tutt’oggi fra le priorità del programma scientifico della GAM. Coerente con questa direzione di lavoro è stata la
Fig. 1. «Entrata dei Francesi a Cuneo per la porta di Nizza, attraversando il Gesso», 1805, penna a inchiostro bruno, inchiostro nero acquerellato, acquerello e tracce di matita su carte vergate bianche, Torino, Galleria d’Arte Moderna e Contemporanea, Gabinetto Disegni e Stampe
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Fig. 2. «Allegoria napoleonica», 1801 circa, acquerello e tempera bianca su carta avorio, Torino, Galleria d’Arte Moderna e Contemporanea, Gabinetto Disegni e Stampe
creazione della «Wunderkammer», uno spazio in cui vengono presentate le eccellenze della collezione3 e che, con la sua visibilità, contribuisce all’ambizioso progetto - che ha trovato il sostegno della Consulta per la valorizzazione dei beni artistici e culturali di Torino - dell’apertura di un Gabinetto Disegni e Stampe GAM. L’invito a prendere parte all’iniziativa che oggi pone l’accento sulla ritrovata bellezza del nucleo di opere di Bagetti dell’Albertina è un’occasione gradita per ricordare che, oltre al corpus delle battaglie napoleoniche, la GAM conserva dell’artista torinese un gruppo di diciannove tra acquerelli e incisioni databili all’incirca fra il 1790 e il 18204. Com’è noto, Bagetti conseguì le patenti di architetto civile e militare presso la Regia Università di Torino il 23 dicembre 1782: la sua solida formazione scientifica, che affondava le radici nelle campagne di rilevamento catastale promosse nel corso del secolo in Piemonte, costituì uno degli aspetti essenziali della sua cultura. Se ne coglie il riflesso sia nelle quattordici «Vedute del Piemonte e del Nizzardo» incise e colorate ad acquerello - di cui alcuni esemplari sono conservati presso la GAM - che egli realizzò intorno al 1793 in collaborazione con Luigi Valperga, sia nell’impaginazione di altri dipinti pressappoco coevi, come la «Veduta del Regio Parco» e la «Veduta di Caramagna» (1794 circa), anch’esse nelle collezioni del Museo, dove «le esigenze di obiettività documentaria si conciliano con quella viva sensibilità per i valori atmosferici e luminosi che sarà poi costante in tutto l’arco dell’attività di Bagetti»5. 45
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Fig. 3. «Paesaggio con cascata (sottobosco con monaco)», 1810-1820, inchiostro nero acquerellato e acquerello su carta vergata avorio, Torino, Galleria d’Arte Moderna e Contemporanea, Gabinetto Disegni e Stampe
La propensione per un vedutismo rigoroso non impedì a Bagetti di cogliere tempestivamente le novità del gusto di Pietro Giacomo Palmieri. Giunto a Torino nel 1778, dopo aver soggiornato prima a Parma e poi a Parigi, Palmieri si impose offrendo esempi di un paesaggismo colto, che guardava a Salvator Rosa e a Claude Vernet, ricco di sapienti effetti di profondità suggeriti dalla presenza di rocce impervie e cascate. A quei modelli rinviano alcuni acquerelli delle raccolte GAM eseguiti da Bagetti prima del finire del secolo: «Paesaggio roccioso con figure» del 1795 (fig. 4), «Paesaggio con armenti», «Paesaggio montano con cascata», «Paesaggio invernale sotto la neve» e «Paesaggio con guado», dove lo scenario naturale si anima di talune notazioni realistiche. Una simile attitudine alla rappresentazione di una natura quieta, segnata dalla vita quotidiana degli uomini, si coglie in un altro gruppo di paesaggi ad acquerello, presumibilmente eseguiti dall’artista torinese verso la fine del Settecento o i primissimi anni dell’Ottocento, pervenuti al Museo attraverso il lascito del pittore Angelo Beccaria (1898). Nel giugno del 1800 Bagetti entrava a far parte dell’Ufficio Topografico Piemontese e veniva assegnato, con il rango di «capitano ingegnere geografo», all’Armata di Riserva; in seguito alla battaglia di Marengo il corpo veniva sciolto e i suoi membri trasferiti al Dépôt de la Guerre di Parigi. Assegnato all’Armata d’Italia, egli sarebbe tornato a Torino nel 1801 e a quell’anno viene riferita l’esecuzione dell’«Allegoria Napoleonica» (fig. 2), giunta nelle collezioni civiche nel 1984 attraverso il legato di Mario Moretti. Ispirata da un moderno sentimento del sublime, la scena mostra un aspro sperone roccioso sulla cui vetta è posto un sacello: la salita allude all’ascesa eroica del Primo 46
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Console «au Temple de la Gloire», un’immagine celebrativa il cui fascino è accresciuto dall’uso degli effetti liquidi del colore che conferiscono alla rappresentazione un respiro visionario e grandioso. Nell’ottobre del 1802, Bagetti entrava a far parte della Section topographique di stanza in Piemonte. Per volontà di Bonaparte la Section ebbe il compito di realizzare le vedute dei campi di battaglia della prima e della seconda campagna d’Italia, recandosi sugli stessi luoghi dei combattimenti al fine di poter conseguire una ricostruzione assolutamente fedele ai dati fisici e storici. Il progetto era coerente con le esigenze di documentazione militare dettate dal Dépôt de la Guerre, cui si affiancavano le ambizioni personali del giovane général en chef Bonaparte, che ne intuì prontamente le potenzialità di comunicazione e promozione attraverso la celebrazione delle proprie azioni militari. Sostenuto da queste motivazioni, il progetto prese corpo attraverso un accurato lavoro preparatorio e ripetute ricognizioni sul campo, la cui esecuzione richiese circa otto anni di lavoro. Dopo gli schizzi preliminari effettuati sul posto, si procedeva alla realizzazione di disegni, di formato più grande, che venivano inviati a Parigi per l’approvazione. Questi fogli - ancora conservati allo Château de Vincennes - costituivano la fase intermedia dell’elaborazione; spesso recavano fitte annotazioni a margine e l’indicazione dell’angolo ottico. Anello successivo nella sequenza esecutiva prevista dal Dépôt erano le vedute oggi alla
Fig. 4. «Paesaggio roccioso con figure», 1795, inchiostro nero e bruno acquerellato e acquerello su carta avorio, Torino, Galleria d’Arte Moderna e Contemporanea, Gabinetto Disegni e Stampe
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GAM, che rappresentano la redazione definitiva, a tavolino, del precedente materiale grafico raccolto. Appartenute al Dépôt de la Guerre, esse giunsero in seguito al principe Eugène de Beauharnais che le volle per la sua collezione personale. Apparse sul mercato antiquario nel 1956, insperatamente libere da vincoli da parte del governo francese, le vedute entrarono a far parte delle raccolte dalla GAM grazie a una generosa e serrata collaborazione tra Vittorio Viale e Pietro Accorsi. Proprio sulla base dei disegni torinesi la complessa catena di lavoro giungeva al temine e veniva autorizzata l’esecuzione degli acquerelli oggi conservati al Musée de Versailles, che nei documenti ufficiali di trasmissione tra Bagetti e il Dépôt de la Guerre assumevano la definizione di tableaux. In parallelo al suo impegno professionale, Bagetti svolse un’autonoma attività di paesaggista che nelle collezioni del Museo è documentata dal «Valico alpino sotto la neve», in cui l’artista raffigura la salita al Moncenisio, e dal «Paesaggio all’Aurora» che ne costituisce il pendant. In entrambi egli si avvalse di uno speciale tipo di montaggio con finto passepartout nero che conferisce alla scena un’intensa profondità, come una sorta di suggestiva lente ottica che potenzia l’effetto di lontananza. Una soluzione che Bagetti scelse a più riprese e che suggeriva l’idea di messa a fuoco di una parte di un paesaggio ben più ampio. A fare da contrappunto a queste serene rappresentazioni del mondo naturale sono alcuni paesaggi di ben diversa temperatura emotiva, dipinti fra il primo e il secondo decennio dell’Ottocento, tra cui spiccano i due celebri acquerelli intitolati «Paesaggio con cascata (sottobosco con monaco)» (fig. 3) e «Paesaggio roccioso con alberi divelti (sottobosco con animali)», appartenuti al senatore Antonicelli e giunti alla GAM grazie alla donazione della moglie Renata Germano (1982). In essi Bagetti evocava il fascino degli aspetti più inquieti e notturni di una natura d’invenzione, attingendo a un immaginario connaturato alla categoria estetica del Sublime. Nel loro complesso le opere che la GAM conserva concorrono dunque a testimoniare la cultura sfaccettata di Giuseppe Pietro Bagetti nel cui felice talento oggi riconosciamo, grazie a una lunga stagione di studi, un protagonista nel passaggio fra Sette e Ottocento cui riuscì di ricongiungere il panorama artistico piemontese con l’orizzonte europeo. 1 Il riferimento è alle mostre Giuseppe Pietro Bagetti: pittore di battaglie e di paesaggi 1764-1831 (VIALE FERRERO 1957) e a Giuseppe Pietro Bagetti pittore di battaglie. Vues des campagnes des français en Italie (1796 e 1800): i disegni delle campagne napoleoniche della Gam di Torino (BERTONE 2000). 2 Si veda in proposito BERTONE 2009. 3 Le iniziative svolte dal 2009 a oggi in Wunderkammer hanno riguardato Pietro Giacomo Palmieri, Enrico Gamba, Antonio Fontanesi, Vittorio Avondo ed Enrico Reffo. In concomitanza con l’esposizione all’Accademia Al-
bertina viene presentata una scelta dei fogli di Giuseppe Pietro Bagetti («Al servizio di Napoleone: fogli scelti dagli Album delle Vue des Campagnes des Français en Italie» di Giuseppe Pietro Bagetti, Torino, GAM, 20 ottobre - 11 dicembre 2011). 4 Per una riflessione sulle opere delle raccolte GAM si veda TOMIATO 2009, I, pp. 53-61. Alle schede curate dalla studiosa si fa riferimento anche per la bibliografia delle opere citate in questo contributo. 5 Ibid., I, p. 53.
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1. «TORINO, VEDUTA DEL MONTE DEI CAPPUCCINI E DELL’ANTICO PONTE SUL PO», 1793-1795, INCISIONE SU RAME ACQUERELLATA INCOLLATA SU CARTONCINO, ACCADEMIA ALBERTINA, PINACOTECA
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2. «PONTE SOSPESO FRA DUE GOLE», 1795 CIRCA, ACQUERELLO SU CARTA INCOLLATA SU CARTONCINO, ACCADEMIA ALBERTINA, PINACOTECA
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3. «RUDERI DI CASTELLO CHE SI SPECCHIANO IN UN LAGO (DINTORNI DI BARGE)», 1795 CIRCA, ACQUERELLO SU CARTA INCOLLATA SU CARTONCINO, ACCADEMIA ALBERTINA, PINACOTECA
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4. «PAESAGGIO ALPESTRE CON RUDERI DI CASTELLO (DINTORNI DI BARGE)», 1795 CIRCA, ACQUERELLO SU CARTA INCOLLATA SU CARTONCINO, ACCADEMIA ALBERTINA, PINACOTECA
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5. «PAESAGGIO ALPESTRE CON UN CORSO D’ACQUA NELLA VALLE E VILLAGGIO SULLA SOMMITÀ DI UNA RUPE», 1800-1810 CIRCA, ACQUERELLO SU CARTA INCOLLATA SU CARTONCINO, ACCADEMIA ALBERTINA, PINACOTECA
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6. «NUVOLE BIANCHE SUL MARE», 1800-1810 CIRCA, ACQUERELLO SU CARTA, ACCADEMIA ALBERTINA, PINACOTECA
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7. «AURORA SUL MARE», 1800-1810 CIRCA, ACQUERELLO SU CARTA INCOLLATA SU CARTONCINO, ACCADEMIA ALBERTINA, PINACOTECA
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8. «PLENILUNIO SUL MARE», 1800-1810 CIRCA, ACQUERELLO SU CARTA INCOLLATA SU CARTONCINO, ACCADEMIA ALBERTINA, PINACOTECA
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9. «PAESAGGIO MONTUOSO CON INSENATURE PRESSO LA COSTA», 1800-1810 CIRCA, ACQUERELLO SU CARTA INCOLLATA SU CARTONCINO, ACCADEMIA ALBERTINA, PINACOTECA
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10. «BOSCHETTO», 1820-1831 CIRCA, ACQUERELLO SU CARTA INCOLLATA SU CARTONCINO, ACCADEMIA ALBERTINA, PINACOTECA
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11. «VEDUTA DI PAVIA», 1805-1810 CIRCA, ACQUERELLO SU CARTA INCOLLATA SU CARTONCINO, ACCADEMIA ALBERTINA, PINACOTECA
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12. ANALISI DELLA UNITÀ D’EFFETTO NELLA PITTURA E DELLA IMITAZIONE NELLE BELLE ARTI / DEL CAVALIERE BAGETTI, TORINO 1827, BIBLIOTECA DELL’ACCADEMIA ALBERTINA
13. GIACOMO SPALLA, «RITRATTO DI GIUSEPPE PIETRO BAGETTI», 1800-1814 CIRCA, MARMO, ACCADEMIA ALBERTINA, PINACOTECA
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14. GIUSEPPE PIETRO BAGETTI (DISEGNATORE), FRIEDRICH SCHROEDER (INCISORE) E MISBACH (INCISORE), «VUE DES HAUTEURS DE S. MICHEL / LE GÉNÉRAL JOUBERT PASSE LE TANARO SOUS LE FEU DE L’ENNEMI, POUR ENTRAÎNER LES TROUPES PAR SON EXEMPLE / 19 AVRIL 1796», INCISIONE AD ACQUAFORTE E BULINO, BIBLIOTECA STORICA DELL’ACCADEMIA ALBERTINA
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15. GIUSEPPE PIETRO BAGETTI E GIUSEPPE FRANCESCO MARTINEL, «IL GENERALE JOUBERT ATTRAVERSA IL TANARO», ACQUERELLO SU CARTA, COLLEZIONE PRIVATA
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16. «PAESAGGIO CON ARCHITETTURA», 1794, MATITA, CARBONCINO E GESSO BIANCO SU CARTA PREPARATA, COLLEZIONE PRIVATA
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Ritoccare cornice nei punti indicati
17. «VEDUTA PRESSO UN CASTELLO IN ROVINA», PENNA, ACQUERELLO SU CARTA BIANCA, COLLEZIONE PRIVATA
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18. «VEDUTA DI CASELETTE», 1790-1795, INCHIOSTRO E ACQUERELLO SU CARTA, COLLEZIONE PRIVATA
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19. «ALBERI SULLA RIVA DI UN LAGO», 1820-1830, ACQUERELLO SU CARTA, COLLEZIONE PRIVATA
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20. «PAESAGGIO CON CASCATA E CONTADINI AL LAVORO», 1795-1800, ACQUERELLO SU CARTA, COLLEZIONE PRIVATA
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21. «PAESAGGIO CON CONTADINI», ACQUERELLO SU CARTA, COLLEZIONE PRIVATA
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22. «PAESAGGIO INVERNALE CON CONTADINI», ACQUERELLO SU CARTA, COLLEZIONE PRIVATA
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23. «PAESAGGIO ROCCIOSO INVERNALE CON ORSO», 1795 CIRCA, ACQUERELLO CON RIALZI DI BIACCA SU CARTA, COLLEZIONE PRIVATA
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24. «CHIESETTA GOTICA CON PROCESSIONE DI CONFRATELLI», 1791, ACQUERELLO SU CARTA, COLLEZIONE PRIVATA
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25. «VEDUTA DELLA MANDRIA DI CHIVASSO A VOLO D’UCCELLO», 1801 CIRCA, ACQUERELLO SU CARTA, COLLEZIONE PRIVATA
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26. «VEDUTA DEL CORTILE PRINCIPALE DELLA MANDRIA DI CHIVASSO», 1801 CIRCA, ACQUERELLI SU CARTA, COLLEZIONE PRIVATA
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27. «SOTTOBOSCO CON ROCCE E ALBERI SPEZZATI SOTTO MINACCIA DI TEMPORALE», 1810-1820, ACQUERELLO SU CARTA, COLLEZIONE PRIVATA
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1. GIUSEPPE PIETRO BAGETTI Torino, veduta del Monte dei Cappuccini e dell’antico ponte sul Po, 1793-1795. Incisione su rame acquerellata su cartoncino, 210 x 272 mm; montata su un pannello di legno e racchiusa entro una cornice in legno dipinto nero con battuta dorata. Torino, Pinacoteca Albertina, depositi; Donazione Carlo Oreste Strocco, 1982. Inv. S20. Iscrizioni: sul recto: in basso al centro fuori dall’ovale del finto passepartout «Valperga e Bagetti f.»; in basso al centro fuori dal rettangolo disegnato a penna «V.A DEL MONTE». Sul verso: in basso a destra a matita «291» e a penna «Valperga e Bagetti f.» (forse autografa). Sul verso della tavoletta lignea di protezione: in alto al centro etichetta di colore argento «Accademia Albertina di Belle Arti-Torino / Inv. N. 520 / P. Bagetti / Gior. N. Veduta del Monte dei Cappuccini». Sulla cornice: in alto a destra manoscritto a inchiostro blu su etichetta dentellata «291». Restauri: incisione, Stefania Passerini, Soseishi snc 2011; cornice, Kristine Doneux, 2011. L’incisione acquerellata entra nelle collezioni della Pinacoteca nel 1982 con la donazione Strocco, allievo e in seguito professore di disegno presso l’Accademia. Nell’elenco della donazione (AABA TO Archivio corrente, Donazioni Pinacoteca, 19 marzo 1982) compare come «Veduta del Monte dei Cappuccini, di P. Bagetti (non compreso nell’inv.)», mentre nella perizia eseguita nel 1997 sulla donazione il disegno è indicato come «P. Bagetti, veduta del Monte dei Cappuccini, incisione acquerellata, ovale entro cornice del XIX sec., cm. 24 x 30; valore, lire 800.000 (ottocentomila)». Bagetti è autore tra il 1793 e il 1795 di una serie
di quattordici vedute di località del Piemonte e del Nizzardo, eseguite con la collaborazione di Luigi Zaccaria Valperga, incisore di sua maestà (il cui nome compare però, nella serie completa, solo in questa prima veduta). L’opera è dunque posteriore al 1793, anno in cui il pittore è nominato da Vittorio Amedeo III «nostro disegnatore di vedute e paesi» ed è incaricato di documentare il passaggio dell’esercito piemontese verso il contado di Nizza, «incominciando dalla di lui partenza da Torino per rendersi a Cuneo, e continuando fino a che egli si restituisca alla Capitale al nostro seguito...» (Baudi di Vesme 1963-1982, I, p. 63). Il ritorno del pittore è documentato nel 1796, ma le vedute sono già terminate l’anno precedente, quando Giovanni Battista De Gubernatis ne reinterpreta due (Galleria Civica d’Arte Moderna e Contemporanea di Torino, Collezione De Gubernatis, album n. 7, n. 823 e 833). Si tratta della prima veduta eseguita alla partenza da Torino, come indicato nel titolo apposto all’esemplare di collezione privata esposto nel 2000 (Viale Ferrero 2000, p. 11 e scheda 1, p. 14: l’incisione in mostra, proveniente dalla Collezione Chiantore, riporta a penna «IA V.A DEL PIEMONTE »). Il periodo in questione è stato indicato (Dalmasso 1975, p. 138 e n. 22) come quello di più stretta collaborazione con Pietro Giacomo Palmieri a Torino (Baudi di Vesme 1963-1982, III, p. 768) prima del passaggio in Accademia (1802). Bagetti collaborerà in seguito con il figlio di Palmieri Pietro Giovanni all’esecuzione di nove piante di Torino (disegnate da Bagetti e incise da Palmieri), pubblicate nel 1819 nell’opera di Modesto Paroletti Turin et ses curiosités, edita presso i fratelli Reycends a Torino (Peyrot 1965, pp. 417-423). ERIKA CRISTINA
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BIBLIOGRAFIA: Levi Momigliano 1987, pp. 140-142; Invernizzi 1990, pp. 74, 77, fig. col. 82; Viale Ferrero 2000, pp. 11-15. 2. GIUSEPPE PIETRO BAGETTI Ponte sospeso fra due gole, 1795 circa. Acquerello su carta incollata su cartoncino, 170 x 264 mm; cornice dorata coeva. Torino, Pinacoteca Albertina, depositi; lascito Cristina Galleani Bagetti, 1842. Inv. 364. Iscrizioni: sul verso del cartoncino, in alto a sinistra, firma autografa a penna «Bagetti pinxit»; in alto a destra, manoscritto a inchiostro nero «364». Sul retro ligneo di protezione: in alto al centro, stampato in nero su etichetta di carta rossa «R. Accademia Albertina delle Belle Arti / Torino»; al centro, dattiloscritto su carta bianca «364. BAGETTI. Ponte sospeso fra due gole»; in basso a destra, stampigliato in nero su etichetta con bordi dentellati «364»; in alto a sinistra, stampigliato in blu su carta bianca «7». Restauri: acquerello, Stefania Passerini, 2011; cornice, Kristine Doneux, 2011. L’opera è parte del nucleo di quattordici acquerelli donati dalla vedova del pittore nel 1842 all’Accademia Albertina di Torino. Da rintracciarsi probabilmente tra i «sei altri paesaggi di invenzione» citati nell’allegato del 14 dicembre 1841 (AABA TO 18, Atti accademici (1841-1846), Seduta CLXII, 8 marzo 1842, annesso n. 2, foll. 37-38), la veduta alpestre di piccolo formato, raffigurante un ponte a tre arcate percorso da un viandante tra ripide pareti rocciose, spartisce con i dieci acquerelli della donazione ancora in possesso dell’Albertina simili vicende storiche.
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Registrato negli inventari del 1846 e del 1856, il quadro è annotato nel 1925, con numero d’ordine 71, da Giuseppina Jona nella «Saletta di passaggio» (AABA TO 600, Descrizione della dott. Jona dello Stato della Galleria Mossi avanti il rimaneggiamento del 1925, e appunti forse di Lionello Venturi a matita, 1925, fasc. 32, carta incollata tra i foll. 16 e 17) e nel 1933 da Noemi Gabrielli nella Sala VII della galleria. I successivi inventari fino alla metà del Novecento attestano l’opera nei depositi insieme a tutti gli altri acquerelli conservati (AABA TO Cartella Pinacoteca; AABA TO 614, Quadri esposti in galleria e deposito). L’acquerello, dipinto presumibilmente negli stessi anni delle due vedute dei dintorni di Barge (Invv. 362-363), condivide con esse il gusto per il pittoresco e, nonostante il carattere intimo, mostra una particolare attenzione alla conformazione geologica delle pareti rocciose: interesse che è stato rilevato contraddistinguere gran parte della prima attività dell’artista. Le vedute del Santuario d’Oropa e quelle della Praia, considerate dalla critica notevoli prove giovanili, sono dominate, così come il piccolo monocromo dell’Albertina, dall’imponente catena montuosa. Lo studio dell’olografia alpina e la sua trasposizione cartografica, dagli anni settanta del XVIII secolo, sono tradizioni ormai consolidate negli ambienti scientifici piemontesi, come dimostrano l’attività dell’abate Lirelli, le ricerche di Giuseppe Vernazza e i progetti dei Filopatridi per una grande descrizione storica, statistica e geografica del Piemonte (Gentile 1981, pp. 112-129). La geologia è, inoltre, materia molto discussa all’interno dell’Accademia delle Scienze di Torino, dove gli studi del cavaliere Spirito Nicolis di Robilant sono costante oggetto di confronto, forse con lo stesso Bagetti, la cui attività nell’istituzione è documentata almeno dal 1788 (Astrua 1980, pp. 236-237). FABIO CAFAGNA
BIBLIOGRAFIA: Gabrielli 1933a, p. 141; Bollea 1936a, pp. 213, 299; Petrucci, Vitiello 2009, p. 42.
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3. GIUSEPPE PIETRO BAGETTI Ruderi di castello che si specchiano in un lago (dintorni di Barge), 1795 circa. Acquerello su carta incollata su cartoncino, 120 x 180 mm; cornice dorata coeva. Torino, Pinacoteca Albertina, depositi; lascito Cristina Galleani Bagetti, 1842. Inv. 363. Iscrizioni: sul verso del cartoncino, in alto a sinistra, firma autografa a penna «Bagetti pinxit»; in alto a destra, manoscritto a inchiostro nero «363/363». Sul retro ligneo di protezione: in alto, manoscritto a inchiostro nero con grafia autografa «BAGETTI. Dans les Alpes aux environs / de Barge»; a sinistra, manoscritto a lapis rosso «311»; al centro, stampato in nero su etichetta «R. Accademia Albertina di belle arti / Torino / Inventario Generale / 71»; in basso a sinistra, dattiloscritto su carta bianca con timbro dell’Accademia Albertina (1928-1948 circa): «363. BAGETTI. Ruderi di un castello»; a destra, stampigliato in blu su carta bianca «5». Sul bordo superiore della cornice dorata, a destra, stampigliato su etichetta in carta profilata d’oro «363». Restauri: acquerello, Stefania Passerini, 2011; cornice, Kristine Doneux, 2011. Dall’ingresso in Accademia, il dipinto ha condiviso le vicende di cui si è data notizia a proposito della veduta, suo pendant, «Paesaggio alpestre con ruderi di castello (dintorni di Barge)» (Inv. 362). I due piccoli acquerelli, ispirati dai panorami alpini circostanti la località di Barge - a cui Bagetti dedica l’undicesima delle «Vedute del Piemonte e del Nizzardo», incise da Luigi Valperga nel 1793-1795 - mostrano i ruderi di un castello che si specchiano nelle limpide acque di un lago montano, stretto tra scoscese pareti di roccia. Secondo Paola Astrua, la pressoché monocroma stesura del colore, che dal bruno e dal rosa vira verso le tonalità fredde del grigio, avvicina i paesaggi all’attività giovanile del disegnatore topografo, quando, ancora apprezzabili gli apporti della produzione del maestro
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Pietro Giacomo Palmieri, si registrano i primi scambi con Giovanni Battista De Gubernatis (Astrua 1995, p. 72). La datazione al 1795 è ammessa sulla base del confronto con le cinque vedute raffiguranti paesaggi rocciosi con cascate, burroni e viandanti, anch’esse di piccolo formato, conservate presso la Galleria d’Arte Moderna e Contemporanea di Torino (Invv. AA/112-116) e datate da Franca Dalmasso, che rinvenne l’anno di esecuzione iscritto su una di esse accanto alla firma del pittore (Dalmasso 1972, p. 138; Astrua 1980, p. 244). Gli acquerelli dell’Accademia Albertina, veloci e puntuali ricordi di viaggio, s’inseriscono nel gusto protoromantico della produzione bagettiana, che traeva ispirazione dal Voyage pittoresque di J.-C. Richard di Saint-Non e dal modello di paesaggio con figure e orridi sperimentato da Palmieri. Infine, le rovine, inserite suggestivamente nell’ambiente e indagate secondo particolari condizioni di luce, ricorrono con frequenza nei dipinti di Bernardino Ottani, insegnante di musica dell’artista durante gli anni del conservatorio (Viale Ferrero 1957, p. 4; Tomiato 2000, p. 71). FABIO CAFAGNA
BIBLIOGRAFIA: Dalmasso 1975, pp. 242-262; Astrua 1995, pp. 72-73; Petrucci, Vitiello 2009, p. 42. 4. GIUSEPPE PIETRO BAGETTI Paesaggio alpestre con ruderi di castello (dintorni di Barge), 1795 circa. Acquerello su carta incollata su cartoncino, 120 x 180 mm; cornice dorata coeva. Torino, Pinacoteca Albertina, depositi; lascito Cristina Galleani Bagetti, 1842. Inv. 362. Iscrizioni: sul verso del cartoncino, in alto a sinistra, firma autografa a penna «Bagetti pinxit»; in alto a destra, manoscritto a inchiostro nero «362/363». Sul retro ligneo di protezione: in alto, manoscritto a inchiostro nero con grafia autografa «Bagetti. Dans les Alpes aux / environs de Barge»; a destra, manoscritto a lapis rosso «311»; al centro,
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stampato in nero su etichetta «R. Accademia Albertina di Belle Arti / Torino / Inventario Generale / 71»; in basso a sinistra, stampigliato in nero su etichetta con bordi dentellati «362». Sulla parte interna della tavola lignea di protezione: in alto al centro, stampato in nero su etichetta di carta rossa con timbro dell’Accademia Albertina (1928-1948 circa) «R. Accademia Albertina delle Belle Arti / Torino»; in basso a sinistra, dattiloscritto su carta bianca con timbro dell’Accademia: «[36]2. BAGETTI. Paesaggio alpestre»; in basso a destra, stampigliato in blu su carta bianca «18». Sul bordo superiore della cornice dorata, a destra, stampigliato su etichetta in carta profilata d’oro «362». Restauri: acquerello, Stefania Passerini, 2011; cornice, Kristine Doneux, 2011. L’opera entra nelle collezioni dell’Accademia Albertina per legato della vedova Cristina Galleani Bagetti nel 1842. Dall’allegato testamentario, notificato dal notaio Bosio in data 14 dicembre 1841 e di cui fu esecutore Pietro Giovanni Palmieri, figlio di Pietro Giacomo (AABA TO 18, Atti accademici (1841-1846), Seduta CLXII, 8 marzo 1842, annesso n. 2, foll. 37-38), si apprende che facevano parte del lascito anche «due [acquerelli] di piccola dimensione con cornice dorata», da identificarsi verosimilmente con la veduta alpina dei dintorni di Barge e con il suo pendant (Inv. 363). Nel 1846 l’opera, insieme con gli altri tredici acquerelli donati, è esposta nella Camera del Presidente, come attesta l’inventario dei beni mobili redatto nel dicembre di quell’anno (AABA TO 519, Inventario dei Mobili e Gessi della R.le Accademia Albertina di Belle Arti. 31 Xbre 1846, fol. 7). Dieci anni più tardi, sempre con lo stesso nucleo di dipinti, è registrata con numero d’ordine 4 nella Galleria nuova al primo piano (AABA TO 520, Inventario di tutti i Mobili, Quadri, Gessi, Statue, Libri, Arredi ed altri oggetti d’Arte esistenti nei locali della Reale Accademia Albertina di Belle Arti e di spettanza della Dotazione della Corona, 1856, f. 275v.; AABA TO 521, foll. 265v.-267). In seguito, nel
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1925, le due vedute dei dintorni di Barge sono censite nella Stanza del Segretario con i numeri 37 e 39 da Giuseppina Jona, alla quale la Commissione addetta al riordino dell’Accademia ha affidato la rilevazione dello stato della galleria (AABA TO 600, Descrizione della dott. Jona dello Stato della Galleria Mossi avanti il rimaneggiamento del 1925, e appunti forse di Lionello Venturi a matita, 1925, fasc. 32, f. 7v.). Antecedentemente la seconda guerra mondiale, i piccoli acquerelli sono menzionati, infine, nel 1933 da Noemi Gabrielli nella Sala VII del percorso espositivo, dedicata alle testimonianze di cultura neoclassica e ottocentesca, e nel 1936 nella pubblicazione postuma La Galleria dell’Accademia di Luigi Cesare Bollea. FABIO CAFAGNA
BIBLIOGRAFIA: Dalmasso 1975, pp. 242-262; Astrua 1995, pp. 72-73; Petrucci,Vitiello 2009, p. 42. 5. GIUSEPPE PIETRO BAGETTI Paesaggio alpestre con un corso d’acqua nella valle e villaggio sulla sommità di una rupe, 1800-1810 circa. Acquerello su carta incollata su cartoncino, 600 x 890 mm; cornice dorata coeva. Torino, Pinacoteca Albertina, depositi; lascito Cristina Galleani Bagetti, 1842. Inv. 368. Iscrizioni: sul verso a matita «368» e «3» in alto a sinistra. Restauri: acquerello, Laboratorio Costantino Savio, 1992; cornice, Laboratorio Maria Grazia Ferrara, 1993; acquerello, Stefania Passerini, 2011; cornice, Kristine Doneux, 2011.
na Jona la indica nella Stanza del Segretario, descrivendo: «Paesaggio collinoso illuminato sullo sfondo da un raggio di luce - Il terreno a profondi spacchi lascia scorrere un corso d’acqua azzurro che forma un lago - Il solito ponte ad arcate in muratura e una carovana di contadini che attraversano su una lingua di terreno (vedi altro 36 a pag. 11)», (AABA TO 600, Descrizione della dott. Jona dello Stato della Galleria Mossi avanti il rimaneggiamento del 1925, e appunti forse di Lionello Venturi a matita, 1925, fasc. 32, f. 8). Infine Noemi Gabrielli, nel 1933, riporterà l’acquerello nella Sala VII della Pinacoteca al n. 368. L’acquerello posto a confronto con «Paesaggio montuoso con insenature presso la costa» potrebbe risalire alla medesima datazione del primo decennio del XIX secolo. Come ricorda M. Tomiato (Tomiato 2002, pp. 311-313) il giovane Bagetti fu certamente influenzato dalla pubblicazione del Voyage Pittoresque di J. C. Richard di Saint-Non, dato alle stampe in quattro volumi tra il 1781 e il 1786 (Lamers 1995). Pur non essendo qui la sede per un paragone approfondito dell’opera con gli acquerelli del topografo piemontese, possiamo accennare solo che i disegni e le incisioni del paesaggista Claude-Louis Chatelet (Parigi 1749-1750-1795), uno degli illustratori principali del Voyage, si possono avvicinare all’opera in esame, e più in generale, alle opere bagettiane, dove si intravedono i medesimi piccoli personaggi circondati da uno sconfinato paesaggio rappresentato a volo d’uccello e i simili soggetti là reali e qui d’invenzione, come rovine, acquedotti o paesi in lontananza. BEATRICE ZANELLI
Dall’ingresso in Accademia avvenuto nel 1842 per lascito testamentario della vedova Bagetti, Cristina Galleani, l’opera condivide la stessa sorte delle altre; nell’inventario che annota la posizione dei mobili e dei gessi a partire dal 1846 viene enumerata nella Camera del Presidente (AABA TO 519, Inventario dei Mobili e Gessi della R.le Accademia Albertina di Belle Arti. 31 Xbre 1846, fol. 7). Nel 1925 Giuseppi-
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BIBLIOGRAFIA: Gabrielli 1933b, p. 9; Bollea 1936a, pp. 213, 299; Petrucci,Vitiello 2009, p. 42. 6. GIUSEPPE PIETRO BAGETTI Nuvole bianche sul mare, 1800-1810 circa. Acquerello su carta, 350 x 515 mm; cornice dorata coeva, rifoderato.
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Torino, Pinacoteca Albertina, Sala VIII; lascito Cristina Galleani Bagetti, 1842. Inv. 369. Restauri: acquerello, Laboratorio Costantino Savio, 1995-1996. L’opera entra nelle collezioni dell’Accademia Albertina nel 1842 con il lascito di Cristina Galleani vedova Bagetti, assieme ad altri tredici disegni (AABA TO 18, Atti accademici (1841-1846), Annesso II, 14-12-1841, Seduta CLXII). Nel 1925 Giuseppina Jona la segnala nella saletta di passaggio come: «Una marina che si interna in un piccolo golfo - Grandi nuovole bianche intorbidano il cielo mentre sulla spiaggia passa un gruppo di pescatori» (AABA TO 600, Descrizione della dott. Jona dello Stato della Galleria Mossi avanti il rimaneggiamento del 1925, e appunti forse di Lionello Venturi a matita, 1925, fasc. 32, f. 10). Nel 1933 Noemi Gabrielli registra l’opera con numero di inventario 369 nella Sala VII della Galleria dell’Accademia, e, nell’inventario degli oggetti d’arte (Gabrielli 1933a, p. 10) lo descrive come «Nuvole bianche sul mare, pescatori sulla riva». Sono state notate tangenze tra l’opera paesaggistica di Bagetti e quella del francese Jules-César-Denis Van Loo, a Torino a partire dal 1790 (Astrua 1980, p. 233): a questo proposito è stata anche ricordata la consonanza tra le istruzioni ricevute da Bagetti per l’esecuzione delle scene di battaglia delle campagne napoleoniche e quelle impartite a Joseph Vernet (che nel 1753 dipinge ventiquattro vedute di porti francesi su commissione del marchese di Marigny, futuro sovrintendente architettonico del regno del re di Francia Luigi XV), da cui il giovane Van Loo sembra prendere ispirazione nel momento in cui gli vengono commissionati da Vittorio Amedeo III alcune vedute aggiornate delle residenze e dei possedimenti sabaudi delle campagne intorno a Torino. Questi legami sono particolarmente significativi nell’analisi del metodo di indagine e di esecuzione artistica di Bagetti, che sembra cogliere numerosi spunti dalla cultura paesaggistica di stampo francese. ERIKA CRISTINA
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BIBLIOGRAFIA: Gabrielli 1933b, p. 9; Griseri 1978; Astrua 1980, vol. I, p. 233. 7. GIUSEPPE PIETRO BAGETTI Aurora sul mare, 1800-1810 circa. Acquerello su carta incollata su cartoncino, 545 x 822 mm; cornice dorata coeva. Torino, Pinacoteca Albertina, depositi; lascito Cristina Galleani Bagetti, 1842. Inv. 366. Iscrizioni: sul verso, a matita in alto a sinistra «366». Sulla cornice dorata coeva: sul recto sul bordo inferiore al centro stampato in nero su etichetta dentellata «366»; sul recto sul bordo inferiore a destra etichetta dentellata senza scritte; sul verso sul bordo superiore a destra stampato in blu su etichetta bianca «221». Sulla tavola lignea di protezione sul verso: in alto al centro dattiloscritto in nero su etichetta bianca «366. BAGETTI. Aurora sul mare»; in alto a sinistra stampato su etichetta rossa «R. Accademia Albertina delle Belle Arti-Torino», a mano a matita «Tramonto / Bagetti» e con timbro dell’Accademia (circa 1929-1948). Restauri: acquerello, Stefania Passerini, Soseishi snc. 2011; cornice, Kristine Doneux, 2011. L’opera entra nelle collezioni dell’Accademia Albertina con il lascito di Cristina Galleani vedova Bagetti nel 1842, assieme ad altri tredici acquerelli (AABA TO 18, Atti accademici (1841-1846), Annesso II, 14-12-1841, Seduta CLXII), identificabile come uno dei «[...] sei quadri originali dipinti all’acquerello, quattro de’ quali in foglio grande [...] con cornice dorata». Nella revisione inventariale del 1846 è esposta insieme agli altri tredici nella Camera del Presidente (AABA TO 519, Inventario dei mobili e gessi della Reale Accademia Albertina delle Belle Arti, 31 dicembre 1846, fasc. non rilegato, p.n.n.), mentre nel 1925, registrata nella Stanza del Segretario (AABA TO 600, Galleria Mossi e Cartoni 1825-1870, fasc. 32, Descrizione della dott. Jona dello Stato della Galleria Mossi avanti il rimaneggiamento del
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1925, e appunti forse di Lionello Venturi a matita, 1925, f. 7), viene così descritta «32 (alt. 55 x 79) - Bagetti - Acquerello - Il sole che sorge dal mare - In primo piano una striscia di terra alberata che si protende [...] acque». Nel 1933 Noemi Gabrielli la registra nella Sala VII della Galleria dell’Accademia con il numero di inventario 366. L’opera può essere messa in relazione, così come «Boschetto» (Inv. 370), ai trenta «Paesaggi di invenzione» commissionati a Bagetti da Carlo Felice, conservati a Palazzo Reale e, fin dal loro ingresso, esposti affiancati alla serie dei «Fatti d’arme» di Casa Savoia. L’attenzione dell’artista al mondo naturale e lo studio puntuale degli effetti luministici hanno indotto la critica ad avvicinare gli acquerelli di questo periodo ai «Paysages composées» di Pierre Henri de Valenciennes (Astrua 1980, p. 277) e a ipotizzare una profonda conoscenza della pittura olandese seicentesca (Romano 1978, pp. 161-165). ERIKA CRISTINA
BIBLIOGRAFIA: Bollea 1936a, p. 213; Astrua 1980, vol. I, p. 277; Romano 1978, pp. 161-165. 8. GIUSEPPE PIETRO BAGETTI Plenilunio sul mare, 1800-1810 circa. Acquerello su carta incollata su cartoncino, 643 x 735 mm; cornice dorata coeva. Torino, Pinacoteca Albertina, depositi; lascito Cristina Galleani Bagetti, 1842. Inv. 372. Iscrizioni: sul verso del cartoncino nell’angolo in alto a sinistra a inchiostro «372»; entro etichetta profilata d’oro incollata in basso al centro sul recto della cornice dorata a penna «372»; sul retro del dorso ligneo di protezione al dipinto, su etichetta «372 BAGETTI. Plenilunio sul mare»; ed entro etichetta bianca a penna «R. Accademia Albertina»; su etichetta in cartoncino stampigliato in blu copiativo «124»; manoscritto a matita nera «5». Restauri: acquerello, Laboratorio Costantino Savio, 1992; cornice, Laboratorio Maria Grazia Ferrara, 1993.
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L’acquerello venne donato all’Accademia Albertina dalla vedova Bagetti con lascito testamentario nel 1842, già pochi anni dopo compariva nell’inventario del 1846 (AABA TO 519, Inventario dei Mobili e Gessi della R.le Accademia Albertina di Belle Arti. 31 Xbre 1846, fol. 7), appeso a decoro della camera del presidente cavalier Ippolito Spinola. Nel 1925 Giuseppina Jona, chiamata nella commissione per il riordino della Pinacoteca, annota nella Stanza del Segretario: «Notturno effetti di luna in un cielo sconvolto da nubi su una marina - Una scogliera sormontata da archi e ruine - Monocromia in azzurro cupo (vedi alla 35 a pag. 12)» (AABA TO 600, Descrizione della dott. Jona dello Stato della Galleria Mossi avanti il rimaneggiamento del 1925, e appunti forse di Lionello Venturi a matita, 1925, fasc. 32, f. 7). Nel 1933 Noemi Gabrielli lo inventaria al n. 372 della Sala VII della Pinacoteca, mentre Luigi Cesare Bollea nel 1936 lo indica tra i monocromi come uno «sciupato e oscurissimo Plenilunio sul mare» (Bollea 1936a, p. 213). L’opera, databile, come ricorda Paola Astrua, tra il 1805 e il 1810, rappresenta una veduta notturna, soggetto caro al Bagetti, il quale ne lascia numerose versioni (Astrua 1993, pp. 74-75). L’acquerello, se confrontato ai paesaggi d’invenzione di due decenni successivi, è subordinato, come rimarca Roberto d’Azeglio, «all’ascendente di un solo punto luminoso e di un solo forte scuro ossia a quell’unità d’effetto che tanta magia introduce nelle opere d’arte, sul quale tema [Bagetti] compose un libro, in cui radunò molti consigli utili a chi lo coltiva» (D’Azeglio, Memorie sui pittori piemontesi, Ms. fll. 41-43; Miscellanea Vico, SBSAE). Così Bagetti tende a rivelare i due aspetti della sua formazione, da un lato lo studio regolare del paesaggio letto attraverso le ordinate vedute prospettiche e dall’altro la liricità della musica espressa attraverso le tonalità, le sfumature e quel senso di pittoresco preromantico, già letto da Giovanni Romano e da Pierluigi Gaglia (Romano 1978; Gaglia 1982, p. 169) che si intravede in alcune sue opere, come il «Plenilunio sul mare». BEATRICE ZANELLI
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BIBLIOGRAFIA: Gaglia 1982, p. 169; Astrua 1993, pp. 74-75; Petrucci, Vitiello 2009, p. 42. 9. GIUSEPPE PIETRO BAGETTI Paesaggio montuoso con insenature presso la costa, 1800-1810 circa. Acquerello su carta incollata su cartoncino, 590 x 880 mm; cornice dorata coeva. Torino, Pinacoteca Albertina, Sala VIII; lascito Cristina Galleani Bagetti, 1842. Inv. 367. Iscrizioni: sulla tavola lignea di protezione sul verso: in alto a sinistra stampato su etichetta rossa «R. Accademia Albertina delle Belle Art-Torino», a mano a matita «Bagetti paesaggio [...]» e con timbro dell’Accademia (1929-1948 circa); in alto a sinistra stampigliato in inchiostro blu su etichetta bianca «119»; al centro in alto dattiloscritto in nero su etichetta bianca «367. BAGETTI. Paesaggio montuoso»; in basso a destra due etichette dentellate, stampigliato in nero su una «367»; a destra al centro stampigliato in nero su etichetta dentellata «367». Restauri: acquerello, Laboratorio Costantino Savio, 1992; cornice, Laboratorio Maria Grazia Ferrara, 1993. L’opera entra in Accademia Albertina con il lascito di Cristina Galleani vedova Bagetti nel 1842, assieme ad altri tredici acquerelli. Nella revisione inventariale del 1846 è esposta nella Camera del Presidente (AABA TO 519, Inventario dei mobili e gessi della Reale Accademia Albertina delle Belle Arti, 31 dicembre 1846, fasc. p.n.n.), mentre nel 1925 risulta nella Stanza del Segretario (AABA TO 600, Galleria Mossi e Cartoni 1825-1870, fasc. 32, Descrizione della dott. Jona dello Stato della Galleria Mossi avanti il rimaneggiamento del 1925, e appunti forse di Lionello Venturi a matita, 1925, f. 7) e viene così descritta: «33 - Bagetti (alt. 58 x 87 cm) Effetto di sole - Un raggio in un cielo tempestoso rischiara una vallata percorsa da un fiume su cui è gettato un ponte a 5 archi - Sullo sfondo una marina che si [...] fra lingue di terra e villaggi. Terreno oscuro, roccioso in I piano - alla
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sommità di [rocche] stanno le rovine di un forte». Nel 1933 Noemi Gabrielli la indica, con il numero di inventario 367 «Paesaggio montagnoso con insenature presso la costa», esposta nella Sala VII della Galleria e descritta come uno dei «vaporosi acquerelli» dell’artista. Secondo Giovanni Romano (Romano 1978, p. 137 e p. 191, nota 79) il paesaggio è anteriore al 1808, in quanto identificabile con un disegno messo all’asta quell’anno dagli Imola-Dalmazzo, ma, secondo quanto annotato da Francesca Petrucci in questo volume, le misure, riportate da Baudi di Vesme (Baudi di Vesme 1963-1982, III, p. 768), non corrisponderebbero a quelle dell’opera; Paola Astrua (Astrua 1993, p. 72) confronta il dipinto con i disegni di Bagetti databili tra 1802 e 1805 conservati alla Galleria Civica d’Arte Moderna e Contemporanea di Torino, eseguiti dall’«artiste paysagiste» per la sezione topografica attiva in periodo napoleonico. Il punto di vista molto rialzato permette al pittore di riprendere il paesaggio in tutta la sua ricchezza, pur mantenendo quella «unità d’effetto» che anni dopo darà il titolo alla sua opera scientifico-letteraria: se nel primo piano Bagetti inserisce efficacemente il particolare narrativo di alcune figure intente a raccogliere delle fascine al di sotto delle rovine di un antico castello posto a vedetta sulla rupe, scendendo a valle nessun particolare si perde fino all’orizzonte, grazie a una sapiente illuminazione che si fa più rarefatta mano a mano che la visuale si abbassa e si allontana. ERIKA CRISTINA
BIBLIOGRAFIA: Gaglia 1982, p. 169; Astrua 1993, pp. 72-73; Petrucci, Vitiello 2009, p. 31 e fig. col. 11. 10. GIUSEPPE PIETRO BAGETTI Boschetto, 1820-1831 circa. Acquerello su carta incollata su cartoncino, 405 x 535 mm; cornice dorata coeva, rifoderato. Torino, Pinacoteca Albertina, Sala VIII; lascito Cristina Galleani Bagetti, 1842. Inv. 370.
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Iscrizioni: sul verso del cartoncino entro piccola etichetta a penna «61»; ed entro etichetta bianca a penna «R. Accademia Albertina». Restauri: acquerello, Laboratorio Costantino Savio, 1996; cornice, Laboratorio Maria Grazia Ferrara, 1993. L’opera entra a far parte della collezione dell’Accademia Albertina con lascito testamentario della vedova Bagetti nel 1842. Luigi Cesare Bollea, un secolo dopo, ricorda l’acquerello nell’elenco dei doni come «un Boschetto con una casa e nuvole sul fondo percorso da un viandante» (Bollea 1936a, p. 213), e sottolinea «semplici bozzetti in massima parte, questi acquerelli appesi alle pareti della casa - avevano parlato allo spirito e al cuore della moglie nei dieci anni di vedovanza». Nella continuazione dell’inventario dell’Accademia Albertina datato 1846 (AABA TO 519, Inventario dei Mobili e Gessi della R.le Accademia Albertina di Belle Arti. 31 Xbre 1846, fol. 7), l’acquerello viene annotato alle pareti della Camera del Presidente. Nell’inventario del 1925, l’ispettrice Giuseppina Jona lo indicherà in una saletta di passaggio descrivendo: «Un corso d’acqua scorre in un bosco controluce. Passa il guado un viandante, mentre il chiarore dello sfondo lontano sotto fitte nubi a pecorelle, appare una casa» (AABA TO 600, Descrizione della dott. Jona dello Stato della Galleria Mossi avanti il rimaneggiamento del 1925, e appunti forse di Lionello Venturi a matita, 1925, fasc. 32, f. 10); pochi anni dopo nel 1933 Noemi Gabrielli lo inventarierà al n. 370 della Sala VII della Pinacoteca. L’opera presenta alcuni elementi indicativi dell’artista che Paroletti enumera nell’articolo pubblicato sul «Courrier de Turin» nel 1806: «Des riantes prairies, des cieux paisibles, des doux ruisseaux, des fleuves tranquilles et d’arbres majestueux composent quelque fois ses dessins» (Baudi di Vesme 1963-1982, I, p. 65). Dal paragone dell’acquerello con la serie dei «Paesaggi d’invenzione», commissionati da Carlo Felice a Bagetti e conservati a Palazzo Reale, si potrebbe ipotizzare una data non distante dall’ultimo decennio di vita dell’artista (1820-
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1831). Ritornano infatti i medesimi scorci di campagna, i cieli annuvolati, i viandanti a passeggio sui sentieri e alcuni grandi alberi in primo piano che incorniciano la scena. Come sottolinea Paola Astrua, rimandando alla comparazione di Bagetti con Valenciennes, «indistintamente in tutte queste opere vi è uno studio del mondo naturale indagato nei suoi aspetti di spazio incommensurabile e di luce variabile, che gradua e sfuma ammorbidendoli tutti i contorni degli oggetti» (Astrua 1980, p. 277). BEATRICE ZANELLI
BIBLIOGRAFIA: Gabrielli 1933a, p. 9; Bollea 1936a, pp. 213, 299; Petrucci, Vitiello 2009, p. 41. 11. GIUSEPPE PIETRO BAGETTI Veduta di Pavia, 1805-1810 circa. Acquerello su carta incollata su cartoncino, 505 x 800 mm; cornice dorata coeva. Torino, Pinacoteca Albertina, Sala IX; lascito Cristina Galleani Bagetti, 1842. Inv. 365. Iscrizioni: in basso a sinistra «Vue de Pavia par Bagetti»; sul retro al centro è campita in nero la numerazione «31», circoscritta da un triangolo vergato in rosso a pennello; entro piccola etichetta in carta profilata in blu è stampigliato «365»; su altra etichetta in carta è dattiloscritto «365. BAGETTI. Veduta di Pavia». Sul retro della cornice entro etichetta in carta stampigliato in nero «220», sul recto della cornice al centro in basso, entro etichetta in carta con profilo dorato è stampigliato in nero «365». Restauri: acquerello, Laboratorio Costantino Savio, 1993; cornice, Laboratorio Maria Grazia Ferrara, 1995. L’opera entra nelle collezioni dell’Albertina con lascito testamentario della vedova Bagetti nel 1842 e condivide la sorte degli altri acquerelli che formano la donazione. Nell’inventario del 1846 risulta collocata nella Camera del Presidente (AABA TO 519, Inventario dei Mobili e Gessi della R.le Accademia Albertina di Belle Arti. 31 Xbre
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1846, fol. 7), mentre nell’inventario del 1925 l’ispettrice Giuseppina Jona la descrive nella Stanza del Segretario al n. «31 - Bagetti (alt. 50 x 80 cm) - Firmato con la scritta (V. di Pavia) Una vasta pianura nel cui sfondo si coglie la città, forse di Pavia. Attraversata da una [...] e tortuosa fila di soldati - a sinistra in I piano una chiesa acquerello» (AABA TO 600, Descrizione della dott. Jona dello Stato della Galleria Mossi avanti il rimaneggiamento del 1925, e appunti forse di Lionello Venturi a matita, 1925, fasc. 32, f. 7). Infine, Noemi Gabrielli nel 1933 indicherà l’acquerello, esposto con tutti gli altri, nella Sala VII della Pinacoteca al n. 365. L’opera viene avvicinata e confrontata da Paola Astrua (Astrua 1995, pp. 74-75) con il disegno a penna e inchiostro conservato alla Galleria d’Arte Moderna e Contemporanea di Torino (n. 42 del primo dei due volumi delle Vues des Champs de bataille de Napoléon en Italie...), realizzato da Bagetti al seguito del Dépôt de la Guerre tra il 1803 e il 1805, durante il rilevamento delle campagne napoleoniche. La datazione dell’opera (18051810), subito successiva allo schizzo a china, viene proposta da Giovanni Romano, che la avvicina a un altro acquerello raffigurante la presa di Fossano, in collezione privata torinese (Romano 1993, p. 60). Interessante notare che sarà l’acquerello e non lo schizzo a venire poco dopo riprodotto su rame da Friedrich Schroeder nella tavola XXXVIII (I.ère ville de Pavie / Le Général Angerau s’empare de cette ville. / 13 mai 1796) del volume Vues des Champs des batailles de Napoléon en Italie dans les années 1796, 1797 et 1800, pubblicato nel 1835. In Albertina, oltre al volume, viene conservata tra i fogli sciolti donati dalla vedova Bagetti la medesima incisione avanti lettera, che non si discosta da quella riprodotta nel 1835: si ipotizza dunque che derivi dalla stessa matrice, nonostante non riporti il nome dell’autore (inv. i.1642; coll. T.bag.1.35). Sia nell’acquerello sia nelle incisioni vengono così illustrate da Bagetti le caratteristiche del paesaggio agrario e la realtà urbana con i monumenti di maggior spicco. È forse il disegno tracciato uni-
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camente a penna rappresentante la «Veduta di Pavia», di cui parla Cecilia Ghibaudi, arrivato al Dépôt de la Guerre entro il 6 maggio 1807 e di cui non abbiamo un possibile riscontro, la chiave tra l’acquerello dell’Albertina e le stampe, che sappiamo dalla Ghibaudi terminate il 12 luglio 1810 (Ghibaudi 1997, p. 125). ROSELLA GRASSI
BIBLIOGRAFIA: Gabrielli 1933b, p. 9; Astrua 1980, vol. I, p. 254; Petrucci, Vitiello 2009, p. 40. 12. GIUSEPPE PIETRO BAGETTI Analisi della unità d’effetto nella pittura e della imitazione nelle belle arti / del cavaliere Bagetti. Volume edito dalla Stamperia Reale, Torino 1827; rilegato in verde, 157 pp.; 22 cm. Inv. 2402. Collocazione: II.G.5.2 Iscrizioni: sul dorso scritte a inchiostro nella parte superiore «Analisi Bagetti» e nella parte mediana «BAG. 1825(?)»; nella parte inferiore etichetta novecentesca con a penna la collocazione «II.G.5.2». Nella seconda di copertina etichetta dell’inventario del 2008 con la collocazione odierna «II.G.5.2». Sul frontespizio e sull’ultima pagina il timbro dell’Accademia Albertina (1833-1873 circa); sul retro del frontespizio due etichette, l’una sull’altra riportanti l’antica collocazione «Sala II Scaffale I Piano 2 n. ordine 22 n. volumi 1 n. inv. 1146» cancellata e riscritta a matita «Sala II Scaffale O Piano 5 n. ordine 2 n. volumi 1 n. inv. 1285», applicata su di esse una terza etichetta che riporta il n. «2402». Nella prima pagina il timbro dell’Accademia Albertina (18901925 circa); a pagina 149 a inchiostro il n. d’inventario odierno «2402» e il timbro della Biblioteca dell’Accademia Albertina (2008). Il 25 novembre 1827 Giuseppe Pietro Bagetti dona alla Reale Accademia il saggio Analisi della unità d’effetto nella pittura e della imitazione nelle belle arti, appena pubblicato dalla Stamperia Reale (AABA TO 4 R. Accademia Al-
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bertina. Origine e sviluppo dell’Accademia, I, 1792-1846, fasc. 100, Memorie estratte dalle sedute accademiche dal 1824 al 1835). Dall’inventario dei volumi dell’Accademia Albertina del 1848 appartenente all’Archivio di Stato di Torino (ASTO, Ministero della Real Casa, Azienda Generale della Real Casa, Regno di Carlo Alberto, n. 1962) si rilevano due copie dell’opera conservate nella Biblioteca Storica, una riferibile alla donazione dell’autore e l’altra facente parte della donazione Monticoni del 1837 (AABA TO 600, Galleria Mossi e Cartoni 1825-1870). Nell’inventario del 1856 diventano tre (AABA TO 520, Inventario della Reale Accademia di Belle Arti, 1856); a oggi non è stato possibile risalire alla data dell’ingresso del terzo esemplare; inoltre, un unico volume è sopravvissuto alla dispersione e non è possibile identificare di quale dei tre si tratti. Il desiderio dell’autore di rendere partecipi i suoi colleghi e, soprattutto, i suoi studenti del testo teorico da lui pubblicato si desume dalla rapidità con la quale entra a far parte del fondo bibliografico dell’Albertina. L’«Opuscolo, che tale piacque chiamarlo al troppo modesto Autore» (Recensione firmata P. L. R. [ma P. Palmieri], in «Gazzetta Piemontese», n. 137, 15 novembre 1827), vuole essere un manuale teorico, che, contestualizzato in una cultura di fine Settecento, come sottolinea Giovanni Romano (Romano 1978; Astrua, Romano 1972, pp. 5161), non si allontana dagli scritti di Bossi, divenendo fonte della cultura giacobina e napoleonica, antiromantica. Purtroppo non si hanno notizie dei modelli utilizzati da Bagetti come metodo di insegnamento, anche se questo potrebbe aiutarci a capire il bisogno dell’autore di trattare egli stesso la materia. Inoltre dal regesto dell’inventario dei volumi del 1848 (ASTO, ibid.), non risultano presenti, durante la docenza di Bagetti in Accademia, né il saggio parigino dedicato alla prospettiva delle battaglie di Lespinasse, ipotizzato acquisto del professore da Giovanni Romano (Romano 1978), né le considerazioni sul paesaggio di Déperthes del 1818 e le innumerevoli
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pubblicazioni dedicate alla prospettiva e al paesaggio che oggi compongono parte del fondo bibliografico dell’Albertina. Forse è stata proprio la mancanza di manuali a spingere l’autore alla stesura dell’Analisi della unità d’effetto quale strumento a uso degli allievi. Vale la pena riportare, come testimonianza della critica contrastante dell’opera, rispetto ai numerosi encomi ricevuti da Bagetti, una lettera, ritrovata da Monica Tomiato nell’Archivio Canina (ASTO, Archivio Canina, mazzo 18), destinata all’architetto da parte di Giovanni Battista Biscarra, datata 16 ottobre 1827 dalla quale si ricava: «Il nostro Prof.re Cav.re Bagetti ha scritto un libretto sull’analisi dell’effetto nella pittura [...] poiché parlando al Bagetti nelle sue massime assai giuste, e ben ragionate, nomina gli oggetti rappresentabili nell’arte con termini geometrici al segno, che toglie un poco il piacevole del suo tema, e porta a molti ritrosia, e confusione, non essendo dall’autore rappresentata da qualche schizzo, o vignetta, che varrebbe al caso molto a proposito». BEATRICE ZANELLI
BIBLIOGRAFIA: Astrua, Romano 1972, pp. 51-61; Poli 1982, p. 197; Tomiato 2002, pp. 190-195. 13. GIACOMO SPALLA (Torino 1776-1834) Ritratto di Giuseppe Pietro Bagetti, 18001814 circa. Marmo, 58 x 25 x 25 cm (con piedistallo). Torino, Pinacoteca Albertina, Sala VIII; lascito Cristina Galleani Bagetti, 1842. Inv. 297. La scultura, ricordata nell’atto di donazione della vedova Bagetti come «il busto in marmo di Carrara rappresentante detto Cavaliere Bagetti mio ottimo marito di sempre cara e grata ricordanza, scolpito dal professore Spalla» (AABA TO 18, Atti accademici (18411846), Seduta CLXII, 8 marzo 1842, annesso n. 2, f. 37v.), è censita negli inventari dei beni mobili degli anni
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1846-1856 (AABA TO 519, Inventario dei Mobili e Gessi della R.le Accademia Albertina di Belle Arti. 31 Xbre 1846, fol. 6v.; AABA TO 520, Inventario di tutti i Mobili, Quadri, Gessi, Statue, Libri, Arredi ed altri oggetti d’Arte esistenti nei locali della Reale Accademia Albertina di Belle Arti e di spettanza della Dotazione della Corona, 1856, f. 185v.; AABA TO 521, f. 183v.) e segnalata da Giuseppina Jona nel 1925 nella Sala dei Professori con numero d’ordine 70 (AABA TO 600, Descrizione della dott. Jona dello Stato della Galleria Mossi avanti il rimaneggiamento del 1925, e appunti forse di Lionello Venturi a matita, 1925, fasc. 32, f. 17). Dal 1933, anno in cui Noemi Gabrielli la registra nel Salone e nella Sala del Consiglio, è dimenticata nei depositi della Pinacoteca e confusa con il ritratto del marchese Filippo Asinari di San Marzano dello stesso Spalla (Inv. 296), come attestano gli apparati iconografici delle pubblicazioni della stessa Gabrielli (Gabrielli 1933a, p.n.n.) e di Luigi Cesare Bollea (Bollea 1930, p. 37; Bollea 1936a, pp. 12-13). Il busto è finalmente identificato in occasione della mostra «Cultura figurativa e architettonica negli Stati del Re di Sardegna 17731861», grazie al confronto con il ritratto a disegno di Pietro Giovanni Palmieri conservato nella Biblioteca Reale di Torino (Pescarmona 1980, p. 208). L’opera, di carattere privato, dichiara gli stretti legami intercorsi tra i due artisti, l’uno scultore e l’altro disegnatore topografo delle campagne napoleoniche, confermando, com’è stato dimostrato, l’influenza dei precetti bagettiani nella composizione dei rilievi che lo Spalla esegue per la Galleria Beaumont (Pescarmona, 1976, p. 52; Di Macco 1977, pp. 181, 191). In linea con quanto sostenuto in precedenza, Franca Dalmasso assegna il busto agli anni napoleonici, ponendo l’accento sul «mirabile incrocio di partecipazione emotiva e limpida razionalità», che rese Spalla celebre ritrattista anche negli anni della Restaurazione, quando diviene titolare della cattedra di scultura dell’Accademia torinese (Dalmasso 1995, p. 76). FABIO CAFAGNA
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BIBLIOGRAFIA: Dalmasso 1982, p. 27; Dalmasso 1995, p. 76; Petrucci, Vitiello 2009, p. 41. 14. GIUSEPPE PIETRO BAGETTI, disegnatore e FRIEDRICH SCHROEDER (1768-1839), incisore MISBACH (attivo tra il XVIII e il XIX secolo), incisore Vue des hauteurs de S. Michel / Le Général Joubert passe le Tanaro sous le feu de l’ennemi, pour entraîner les troupes par son exemple / 19 aprile 1796 tratta da Vues / des Champs de Bataille / de / Napoléon / en Italie / dans les années 1796, 1797 et 1800. Dessinées sur les lieux par M. Bagetti, capitaine ingénieur géographe. Gravées et terminées au dépôt Général de la guerre. Sous la direction de M. le lieutenant général Pelet, Parigi 1835. Incisione ad acquaforte e bulino, 700 x 1060 mm; battuta 580 x 855 mm. Torino, Biblioteca Storica dell’Accademia Albertina. Inv. 3927; coll. I.O.1.2 GF 179, PL.XVIII. Iscrizioni: in basso a sinistra «Dessinè sur les lieux par le Cap.Ing. Gèographe Bagetti»; al centro Vue des hauteurs de S. Michel / Le General Joubert passe le Tanaro sous le feu de l’ennemi, pour entrainer les troupes par son exemple / 19 aprile 1796, in basso a destra Graveè par Schroeder Friedrich e Misbach; in alto a destra «PL.XVIII». L’incisione fa parte della raccolta di stampe dal titolo: Vues / des Champs de Bataille / de / Napoléon / en Italie / dans les années 1796, 1797 et 1800. Dessinées sur les lieux par M. Bagetti, capitaine ingénieur géographe. Gravées et terminées au depot Gèneral de la guerre. Sous la direction de M. le lieutenant général Pelet, pubblicata a Parigi nel 1835 e pervenuta in Accademia Albertina (inv. 3927; coll. I.O.1.2 GF 179) tra il 1856 e il 1897. Il volume compare per la prima volta nel catalogo redatto da Giuseppe Lavini (R. Accademia Albertina di Belle Arti di Torino Catalogo delle opere esistenti nella Biblioteca, Vincenzo Bona, Torino 1897), mentre non risulta citato nel catalogo completo dei libri della Biblioteca compreso nell’inventario
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del 1856 (AABA TO 520, Inventario della Reale Accademia di Belle Arti, 1856). Lavini nel 1897 lo colloca sia nell’inventario generale tra i Disegni, incisioni acqueforti, litografie, fotografie, ecc. / Medaglie e - Tecnica, storia e critica del disegno e dell’incisione, insieme ai Disegni all’acquerello di vedute e costumi e le 67 grandi incisioni rappresentanti paesaggi e fatti d’arme che illustrano le guerre napoleoniche (cartella) folio grande di Bagetti, sia nella sezione della Geografia artistica, sottolineando il carattere topografico e storico dell’opera. L’incisione, di cui non esiste riscontro nella collezione di stampe sciolte lasciata dalla vedova Bagetti nel 1842 all’Accademia, rappresenta il fatto eroico descritto dal capitano Martinel, Capo della sezione topografica del Dépôt de la Guerre, compiuto dal generale francese Joubert che attraversò impavido il fiume Tanaro, tra le raffiche di colpi di fucile, per essere d’esempio alla truppa. L’incisione trova affinità con il disegno conservato alla Galleria d’Arte Moderna e Contemporanea di Torino intitolato «Combattimento al passaggio del Corsaglia» (Mus. I / 20) e con l’acquerello «Combattimento al passaggio del Corsaglia, 19 aprile 1796» conservato nelle collezioni del Musée National des Chateaux de Versailles et Trianon (inv. MV 2544) (Bertone 2000, pp. 85, 183). ROSELLA GRASSI
BIBLIOGRAFIA: Bertone 2000, pp. 85, 183; Museo Bonaparte 2008, p. 66. 15. GIUSEPPE PIETRO BAGETTI e GIUSEPPE FRANCESCO MARTINEL Il generale Joubert attraversa il Tanaro, acquerello su carta, 440 x 637 mm. Collezione privata. Il 19 aprile 1796 un attacco dei francesi presso San Michele, alla confluenza della Corsaglia nel Tanaro, fu respinto dagli austro-piemontesi. I francesi risalirono quindi il corso del torrente Corsaglia e trovarono un passaggio più a monte. Il generale Joubert, che aveva attraversato da solo il Tanaro, tornò indietro, sempre sotto il fuoco
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nemico, per non esporre inultimente i suoi uomini. Un disegno a Parigi (Ministère de la Défense, inv. C443) sempre a penna e tocchi d’acquerello, presenta una panoramica molto estesa orizzontalmente ed è intitolato «Veduta del Tanaro». Al di sotto si legge il visto di approvazione «Vu Martinel». Martinel intervenne dunque nell’invenzione compositiva del soggetto; anche in questo acquerello sembra si possa riconoscere la sua diligente maniera disegnativa, accanto al più vivace e sensibile tocco di Bagetti. In particolare sembrano da attribuire al Martinel gli schieramenti dei soldati, alquanto rigidi. Questo soggetto fu dunque l’ultimo al quale Bagetti attese prima di ottenere una permission che si protrasse dal 27 giugno al 12 settembre 1803. L’episodio è raffigurato anche nella serie di dipinti ad acquerello di Bagetti conservata a Versailles e, con il titolo un po’ sviante «Vue des hauteurs de S.t Michel. Le général Joubert passe le Tanaro sous le feu de l’ennemi pour entraîner les troupes par son exemple», alla tavola 18 della raccolta di incisioni pubblicata a Parigi nel 1835 («Vue des champs de bataille...»). Questa iniziativa editoriale si inserisce nel movimento di recupero patriottico dell’epopea napoleonica delineatosi poco dopo il 5 maggio 1821. La loro diffusione per mezzo di stampe, già decisa da Napoleone e interrotta alla sua caduta, viene ripresa e portata a termine, come si è detto, nel 1835. L’acquerello trova corrispondenza nell’incisione ad acquaforte e bulino contenuta nella raccolta, conservata all’Accademia Albertina, «Vues des Champs de Bataille de Napoléon en Italie dans les années 1796, 1797 et 1800. Dessinées sur le lieux par M. Bagetti, capitaine ingénieur géographe. Gravées et termine au dépôt du Général de la guerre. Sous la direction de M. le lieutenant général Pelet», Parigi 1835, tavola XVIII, per cui si veda la scheda n. 14 del presente catalogo. ANGELA GRISERI
BIBLIOGRAFIA: Viale Ferrero, 2000, pp. 39-42; Grassi, scheda n. 14, in questo volume.
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16. GIUSEPPE PIETRO BAGETTI Paesaggio con architettura, 1794. Matita, carboncino e gesso bianco su carta preparata, 30o x 41o mm. Firmato «G. P. BAGETTI 1794». Collezione privata. Per questo «Paesaggio» lavorato, costruito a carboncino e gesso bianco, preziosa la datazione, con firma, 1794: inserisce questo studio fascinoso negli anni segnati dall’apprezzamento di Vittorio Amedeo III con la qualifica nel 1793 per il Bagetti quale «nostro disegnatore di vedute e paesi», confermando «la singolare abilità e perizia del disegno». In realtà il «Paesaggio con architettura» rivela quanto la singolare, sorprendente perizia, fosse innestata nelle complessità di una cultura indirizzata ad aperture singolari. È il capitolo di svolta individuato con ricchezza di elementi per un profilo inedito, avvincente, da Giovanni Romano, 1978. Partendo da questa linea, Paola Astrua (Astrua, 1980) per il «Paesaggio con architettura» allora presentato in mostra, ha fissato riferimenti per gli scambi che vedevano il Bagetti attento al paesaggio di memorie storiche, genere in primo piano nel 1793, che aveva segnato nel Salon parigino l’affermazione di Valenciennes e della scuola, nodo decisivo sottolineato nelle preziose diramazioni da Romano (1978, p. 151). Interessato nella novità di quegli agganci, Bagetti procede in quegli anni di svolta con la sua ricerca individuale, esperimento in divenire, come appunto dimostra la struttura del «Paesaggio» qui esposto. Fissa il nucleo architettonico, precisato nel titolo, in senso rigoroso: gusto classico segnato con la cadenza ternaria delle aperture arcuate, riprese abbinate nel nucleo laterale, sensibile il percorso della terrazza costellata di vasi, aperta da una scala in tutta luce; nodo intenso in primo piano, lo spazio per il manto arboreo di forte carattere selvatico, alternato in tono chiaro con lastre di terreno roccioso, dominato dai due alberi, perno naturale bilanciato dalla massa boschiva che definisce l’apertura; su tutto il filtro del lume univoco fissa le due colonne, accento protagonista nel nodo architettonico
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che emerge nel carattere atmosferico centrato nel colle, e precisa l’unità d’effetto, conquistata. L’intreccio intenso della ricchezza vegetale lascia spazio per una mandria, minimizzata ma essenziale: a lato il pastore in atteggiamento pensoso, nodo di valore primario, segnale di un pensiero erudito, perno della poetica sublime che rimanda agli esempi classici del Pecheux; sono stati segnalati da Romano scegliendo i paesaggi d’après nature lavorati a Tivoli, apprezzati a livello internazionale, e tra questi uno «assez grand où sont Mecenas, Virgili, Properce, et Horace debout, qui leur récite une ode». ANGELA GRISERI
BIBLIOGRAFIA: Baudi di Vesme 1963-1982, vol. III, pp. 796-799; Romano 1978, p. 144; Astrua 1980, p. 242. 17. GIUSEPPE PIETRO BAGETTI Veduta presso un castello in rovina, penna, acquerello su carta bianca, 417 x 422 mm. Collezione privata. Firmato in basso a destra, sul passepartout, subito al di sotto della piccola fascia dorata. È una delle più belle aggiunte recenti al corpus di Bagetti paesaggista, per la nettezza del taglio a lente ottica, per la grandiosa invenzione del cielo altissimo, per l’equilibrata scelta degli elementi uniti a formare un tipico «paysage composé» (Romano 1978; nuova ed. 1991, pp. 140-154); non appare di poco interesse anche la cura nell’allestimento del controfondo e del passepartout colorati: la firma sullo stesso passepartout indica che fu Bagetti in persona a farsene carico e probabilmente fu da lui controllata anche la cornice (risultano purtroppo irreperibili le sue «decorazioni per cornici: tavole 11. Conservate in un cilindro di latta» ancora viste dal Vesme nella biblioteca dell’Accademia Albertina: Baudi di Vesme, 1963-1982, p. 79). Su opere di questo genere si misura il livello di qualità del Bagetti paesaggista, prima che diventi un inflazionato «pittore di paesini» (Levi Momigliano, 1987, p. 144); deve essere stato ispirato anche
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dall’eleganza delle presentazioni il collezionismo piemontese di Bagetti, di cui si conoscono esempi precoci: si veda il caso della collezione Imoda Dalmazzo, già in vendita nel 1808 (Baudi di Vesme 1963-1982, p. 768). [Questo testo è tratto da Romano, 1993, pp. 62-63.]
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lità atmosferica. Anche l’utilizzo del nitido segno della penna, inusuale nella produzione finita di Bagetti, prefigura una traduzione su rame.
BIBLIOGRAFIA: Ottani Cavina 2001, p. 31.
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20. GIUSEPPE PIETRO BAGETTI Paesaggio con cascata e contadini al lavoro, 1795-1800. Acquerello su carta, 415 x 575 mm. Collezione privata.
BIBLIOGRAFIA: inedito.
GIOVANNI ROMANO
18. GIUSEPPE PIETRO BAGETTI Veduta di Caselette, 1790-1795. Inchiostro e acquerello su carta, 205 x 280 mm. Collezione privata. Come chiarisce anche l’iscrizione autografa che l’accompagna («Veduta di Caselette - BAGETTI f.»), il disegno raffigura il castello e una parte del sottostante borgo di Caselette. Sullo sfondo si erge il monte Musinè, con a mezza costa il Santuario di Sant’Albano. Il castello, passato per eredità dai Cauda, estintisi nel 1794, ai conti Cays e oggi proprietà dei Salesiani, si presenta, al pari del santuario, nella sua veste precedente le trasformazioni ottocentesche, probabilmente contemporanee al rimodellamento del giardino circostante, progettato da Xavier Kurten nel 1837 (Accati, Fornaris, Larcher 2010, pp. 138-139). Il disegno è preparatorio per una serie di stampe colorate ad acquerello con «Vedute del Piemonte e del Nizzardo» pubblicate da Bagetti nell’ultimo decennio del Settecento in collaborazione con Luigi Valperga (Astrua 1980, pp. 238-241). La copia di due vedute da parte di De Gubernatis nel 1795 e un’incisione di Chianale da un disegno di Bagetti del 1793 di una pur differente veduta di Saorgio aiutano a meglio datare la serie intorno all’anno in cui Bagetti venne nominato «disegnatore di vedute e paesi» di Sua Maestà (1793). Sebbene il disegno non coincida con nessuna delle quattordici incisioni note, è accomunato alla serie dal soggetto, dall’impaginazione (che finge un passepartout ovale) e soprattutto dal razionale rigore prospettico, che evolve la tradizione di Ignazio Sclopis esaltando il dato paesaggistico e una nuova sensibi-
19. GIUSEPPE PIETRO BAGETTI Alberi sulla riva di un lago, 1820-1830. Acquerello su carta, 416 x 570 mm. Collezione privata. Sulla riva di uno specchio d’acqua (un lago o l’ansa di un fiume), le fronde di un bosco brillano colpite da una luce laterale, sotto impervie pendici rocciose che svaporano indefinite nella penombra. Sul finire del giorno, questo «paesaggio di luce» avvolge una madre che si riavvia verso un indefinito ricovero con sotto braccio la sporta e per mano un figlio, distratto dalla presenza di un cane. L’uso quasi monocromo di acquerelli grigi e bruni esalta l’effetto luminoso e dolcemente sfumato della veduta, che coglie la magia quasi irreale di un momento fugace. L’opera è stata giustamente accostata da Anna Ottani Cavina alla serie di paesaggi d’invenzione eseguiti per Carlo Felice di Savoia dopo il 1822 ed entro il 1830 e oggi conservati in Palazzo Reale: il confronto con «Sito remoto in fondo a una valle» (Ottani Cavina 2001, p. 310) o con «Boschereccio» (Castelnuovo, Rosci 1980, fig. p. 277) risulta particolarmente stringente. In quest’ultimo decennio di attività, Bagetti, accademico professore di pittura presso l’Accademia torinese, è portato a privilegiare i paesaggi d’invenzione, nella ricerca di quell’«unità di effetto» cui dedica un trattato pubblicato nel 1827. Un testimone d’eccezione come Roberto D’Azeglio coglieva un aspetto determinante di quella ricerca nella sottomissione della composizione «all’ascendente di un solo punto luminoso e di un solo forte scuro» (Memorie sui pittori piemontesi, Miscellanea Vico, Soprintendenza per i Beni Storici, Artistici ed Etnoantropologici del Piemonte). VITTORIO NATALE
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Due contadini sono intenti a falciare nella radura in primo piano, ma è il paesaggio il vero protagonista della scena, con la cascata che precipita a sinistra da un sito boschivo e selvaggio e le rupi coperte di vegetazione che chiudono lo sguardo verso il rustico villaggio di fondo, dove all’ombra di un casolare una donna, osservata da un cane accucciato, è impegnata a filare. Uno stormo in volo controluce accentua la profondità della composizione, tra la penombra in primo piano e la luce abbagliante che rende quasi diafana la visione in lontananza. Attraverso le tonalità dei grigi e qualche tocco di bruno, Bagetti esibisce straordinaria sensibilità e virtuosismo tecnico nella resa atmosferica e luministica della veduta. Il risultato è prossimo a una serie di cinque fogli posseduti dalla GAM, cronologicamente orientata intorno alla data 1795 che compare su uno di questi acquerelli. La serie, come il nostro incorniciata da un finto passepartout a inchiostro e filetto dorato, è caratterizzata dalla presenza di rupi scoscese e da edifici campestri di gusto pittoresco, oltre che da personaggi popolari, perlopiù ritratti di spalle, occupati in varie attività. Il ricordo della produzione nordicizzante di Palmieri appare vivo, ma addolcito attraverso delicati trapassi luministici, esaltati dalla tecnica dell’acquerello, per i quali sembra ipotizzabile anche la riflessione sul vedutismo francese di Claude-Joseph Vernet, forse favorito dal soggiorno torinese di Jules-César-Denis Van Loo, presente nella capitale sabauda dal 1790. VITTORIO NATALE
BIBLIOGRAFIA: inedito.
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21. GIUSEPPE PIETRO BAGETTI Paesaggio con contadini, acquerello su carta, 400 x 510 mm. Firmato «BAGETTI fecit». Collezione privata.
22. GIUSEPPE PIETRO BAGETTI Paesaggio invernale con contadini, acquerello su carta, 400 x 510 mm. Firmato «BAGETTI fecit». Collezione privata.
Il paesaggio si vale di una sottile intensa definizione che alterna la grafia incisiva con variazioni di tocco lenticolare, alleggerito, essenziali nella scelta dell’inquadratura arborea naturale, che si ricollega alla struttura sperimentata da Pietro Giacomo Palmieri, «celebre disegnatore della penna», apprezzato per cultura e per indubbia abilità grafica, a Torino in grande prestigio dal 1782. Nel 1788 circa era avvenuto l’incontro con il Bagetti, al quale la tecnica prestigiosa del Palmieri avrebbe suggerito il carattere illusionistico sorprendente, qui precisato nella resa del manto selvatico che riveste il terreno, nel rilievo della luce intensa per i panni stesi al sole, modellando gli alberi in primo piano e rendendo leggeri i legni del cancelletto e della ringhiera agreste. Peraltro il risultato della ricerca in crescita è nella resa sottilmente illusiva della muratura lavorata per il casolare, con rampicanti che indirizzano all’attenzione vivacissima sul dato naturale, suggestivo e autentico nella resa degli alberi, dato prioritario per l’inquadratura del paesaggio silente, sfondo pittoresco per il lavoro della famiglia, precisato nei tre contadini. Oltre ai rapporti con Palmieri, il fondale lavorato per gli alberi, il cielo fissato nella luminosità dell’ora solare, segnano il sensibile contatto maturato dal Bagetti con le opere di Julius César Van Loo, momento critico specificato da Giovanni Romano e ancora da Paola Astrua, con il riferimento alle opere rivolte all’indirizzo scientifico, meteorologico, con temi per paesaggi con «effetto d’alba» e «effetto tramonto», validi qui per misurare i confronti con i due «Paesaggi» ora presentati, lavorati appunti in alterne ore riservate alle riprese naturali.
Il primo piano emerge con neri intensi per la resa degli arbusti sulla riva e segna lo stacco creativo con il bianco del terreno nevoso; ancora neri per definire tronchi d’alberi scossi dal gelo invernale. L’inquadratura selvatica fissa l’area della torre campestre, affiancata da portico stallatico con tetto sconnesso. Il carattere pittoresco risente del modo grafico tipico del Palmieri, qui proposto con attenzione dilatata al carattere atmosferico: così la neve, precisata come tappeto naturale, elemento centrale su cui poggia la veduta. È rilevata nel cielo intenso, a precisare l’ora serale, il tramonto, segnato dal rientro dei due contadini. La resa atmosferica rigorosa porta ai confronti con i «Paesaggi» entrati al Museo Civico d’Arte Antica di Torino, pubblicati da Luigi Mallè nel 1965, studiati da Franca Dalmasso (1972 e 1973) precisando la data del 1795 posta su uno degli esemplari e avvicinandoli alle ricerche di César Van Loo e per altri elementi al Palmieri; gli stessi disegni sono stati criticamente analizzati da Paola Astrua nel 1982 (p. 263), con indicazioni di scambi con la Svizzera per il genere del paesaggio sensibile ricollegato al romanticismo di Caspar Wolf, di Ludwig Hess, Heinrich Wust, in particolare sulla diffusione in Piemonte di un paesaggio riservato alla committenza aristocraticoborghese, attenta a un tipo di vedute dedicate all’arredo delle ville: in quest’ambito si collocavano le prove del Palmieri e dello stesso Bagetti.
ANGELA GRISERI
BIBLIOGRAFIA: inedito.
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BIBLIOGRAFIA: inedito. 23. GIUSEPPE PIETRO BAGETTI Paesaggio roccioso invernale con orso, 1795 circa. Acquerello con rialzi di biacca su carta, 505 x 410 mm. Collezione privata.
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Come testimonia un bollino incollato sul retro, appartenne all’antiquario Accorsi questo acquerello firmato («BAGETTI fec[...]»), che raffigura un desolato paesaggio composto da rupi taglienti e stratificate. La veduta invernale, che giace sotto un cielo plumbeo, è introdotta a sinistra da una quinta in penombra, dove i pini cari a Cignaroli sono scarnificati fra tronchi spogli e rinsecchiti, mentre un orso si aggira furtivo sulla sponda di un corso d’acqua. La veduta d’invenzione è vicinissima alla poetica di Palmieri e alla sua tecnica, per la giustapposizione quasi xilografica dei contrasti monocromatici, e si colloca per stile accanto a tre di una serie di cinque acquerelli di Bagetti, uno dei quali datato 1795, posseduti dalla GAM (Tomiato 2009, pp. 54, 56-57 e figg. 3436), con i quali condivide anche l’elegante profilatura in oro. Il giovanile debito di Bagetti nei confronti di Palmieri è efficacemente ricordato da Roberto D’Azeglio («invaghitosi delle opere del celebre Palmieri [...] venne da quell’artefice [...] incoraggiato alla coltura del disegno [...] in una contrada sì ricca di siti pittoreschi, di copiose acque, di alberi maestosi e di scoscese montagne», in Tomiato 2002, p. 311). Non molto dissimili dovevano essere alcuni dei disegni esposti al Salon parigino del 1798, che dimostrano un particolare interesse per le rese atmosferiche e stagionali: fra gli altri un «Forêt dévastée par un ouragan» e un «Campagne couverte de neige» (Heim, Béraud, Heim 1989, p. 132). VITTORIO NATALE
BIBLIOGRAFIA: inedito. 24. GIUSEPPE PIETRO BAGETTI Chiesetta gotica con processione di confratelli, 1791. Acquerello su carta, 670 x 460 mm. Collezione privata. L’acquerello monocromo, composto attraverso la sapiente modulazione dei grigi, raffigura i membri di una confraternita, incappucciati nel loro costume, che rientrano in processione in una chiesetta. Essi recano fiaccole, una
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croce, uno stendardo (con il simbolo dell’eucarestia?) e una statua della Vergine protetta da un ricco baldacchino ligneo barocco. Sulla facciata gotica dell’edificio troneggia la statua di un vescovo sul timpano. Separato da un corso d’acqua, si erge sullo sfondo un casolare che ingloba i resti medievali di una fortificazione. La firma e la data che compaiono in basso a destra («BAGETTI in.t / et fecit / 1791») aggiungono un dato prezioso alla ancora parzialmente incerta cronologia del pittore. L’impaginazione della scena per mezzo di una ripa boschiva in penombra a modo di quinta sulla destra è frequente in questi anni, fra le vedute di Oropa del 1790 e la veduta di Caramagna del 1794. Il punto di vista è però ravvicinato e confidenziale, come nella serie di «Vedute del Piemonte e del Nizzardo» che Bagetti realizza intorno al 1793 in collaborazione con Luigi Valperga. La veduta, forse d’invenzione, dimostra comunque una spiccata sensibilità per l’osservazione reale e, anche nella descrizione dei personaggi che assistono all’evento, un’attenzione per il pittoresco e la vita quotidiana. In quest’opera giovanile l’esperienza di Palmieri, che caratterizzerà in modo più deciso altre opere monocrome, di poco successive, si coniuga con la tradizione paesaggistica piemontese di fine Settecento, di Sclopis soprattutto.
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gazzini, posto all’incrocio di due stradoni fiancheggiati da olmi, furono conclusi dall’architetto Giuseppe Giacinto Bays nel 1767. Lo stabilimento venne soppresso nel 1797. Dopo aver ospitato con scarso successo parte di un gregge di pecore importato dalla Spagna nel 1792, nel 1801 la Mandria venne data in concessione dal governo francese alla Società Pastorale, che rilanciò l’allevamento ovino di merinos. L’azienda, dedita all’intero ciclo della lana, fino alla commercializzazione dei tessuti prodotti presso il soppresso convento della Visitazione di Torino, nel 1804 contava cinquemila capi e cinquecento operai. Le due vedute vengono generalmente datate al 1790, ma nessuna data è attualmente riscontrabile. La presenza di greggi minutamente descritte (nel primo caso in quattro appezzamenti, nel secondo all’abbeveratoio centrale) sembra tuttavia mettere in relazione gli acquerelli alle vicende successive al 1801, cui rimanda anche un componimento poetico presente sul retro (forse dedicato dallo stesso Bagetti a Carlo Lodi di Capriglio, socio fondatore della Società Pastorale). Una data successiva alle vedute di Oropa del 1790 e prossima all’impresa delle battaglie napoleoniche sembra peraltro consona alla razionale esattezza prospettica e alla straordinaria resa atmosferica di queste opere.
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BIBLIOGRAFIA: inedito.
BIBLIOGRAFIA: Griseri, Gabetti 1973, p. 8 e figg. 1-2; Astrua 1980, I, p. 243; Astrua 2000, p. 23.
25-26.GIUSEPPE PIETRO BAGETTI Veduta della Mandria di Chivasso a volo d’uccello, Veduta del cortile principale della Mandria di Chivasso, 1801 circa. Acquerelli su carta, 550 x 720 mm circa ciascuno. Collezione privata.
27. GIUSEPPE PIETRO BAGETTI Sottobosco con rocce e alberi spezzati sotto minaccia di temporale, 1810-1820. Acquerello su carta, 580 x 430 mm. Collezione privata.
La Mandria di Chivasso, destinata alla selezione e alla riproduzione di razze equine, venne istituita per volere di Carlo Emanuele III nel 1760. Importanti lavori di canalizzazione e la realizzazione di un fabbricato centrale con funzioni di alloggio, stalle e ma-
scheletro animale corroso dal tempo suggeriscono un senso di inesplorata solitudine e di immobile silenzio. Già nel 1806 Paroletti notava la capacità di Bagetti di esprimersi nei suoi paesaggi attraverso un doppio registro espressivo, nel filone del classicismo di Albani da una parte e della pittura visionaria di Salvator Rosa dall’altra, apparecchiando nel secondo caso un repertorio di rocce, fulmini, tronchi annegati e sradicati, foglie piegate dalla tempesta, neve, voragini, precipizi e cascate. In entrambi i casi straordinariamente efficace è la resa della luce che pervade il paesaggio, sempre perfettamente coerente con il variare degli effetti atmosferici e con il momento prescelto. L’acquerello, firmato in basso a destra («BAGETTI / In fecit») e provvisto sul retro di etichetta della galleria «La Bottega di san Luca», si apparenta a un piccolo nucleo di altri dipinti di Bagetti che raffigurano sottoboschi selvaggi e ombrosi, dall’atmosfera inquietante e solitaria. Due si conservano alla GAM (Tomiato 2009, pp. 56, 60-61 e figg. 74-75); un altro in collezione privata (Viale Ferrero 2000). Nessuno di questi reca una data, per cui la cronologia del gruppo, pur collocandosi di certo nella fase matura della carriera dell’artista, rimane generica.
Un angolo incontaminato di bosco con rocce aggredite da rampicanti, alberi contorti e tronchi rinsecchiti coperti di licheni è illuminato dalla fioca luce argentea che filtra attraverso un cielo incombente di nebbie e basse nubi grigie. L’erba segnata dallo scorrere dei rivoli di acqua piovana e uno
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BIBLIOGRAFIA: Dragone 2002, p. 145; Tomiato 2009, p. 61 fig. 53.
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Bibliografia A cura di FABIO CAFAGNA, ERIKA CRISTINA, BEATRICE ZANELLI
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1930
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© 2011 UMBERTO ALLEMANDI & C., TORINO FINITO DI STAMPARE IN TORINO NEL MESE DI SETTEMBRE 2011 PER I TIPI DELLA SOCIETÀ EDITRICE UMBERTO ALLEMANDI & C.