La Loggia di Carlo Alberto nell'Armeria Reale

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La Loggia di Carlo Alberto nell’Armeria Reale ARTE

, STORIA

E RESTAURI DI UN MONUMENTO

TORINESE

T ORINO , ARMERIA R EALE , 24 SETTEMBRE - 24 NOVEMBRE 2011

RITROVATO




La Loggia di Carlo Alberto nell’Armeria Reale

arte , storia e restauri di un monumento torinese ritrovato

Torino, Armeria Reale, 24 settembre - 24 novembre 2011

a cura di Edith Gabrielli con la collaborazione di Massimiliano Caldera


La Loggia di Carlo Alberto nell’Armeria Reale Arte, storia e restauri di un monumento torinese ritrovato Torino, Armeria Reale, 24 settembre – 24 novembre 2011 a cura di Edith Gabrielli con la collaborazione di Massimiliano Caldera

Consulta Valorizzazione Beni Artistici e Culturali di Torino Lodovico Passerin d’Entrèves, Presidente Angela Griseri e Mario Verdun di Cantogno Progetto dell’allestimento Salvatore Simonetti, Torino Istituzioni promotrici Ministero per i Beni e le Attività Culturali Direzione Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici del Piemonte Soprintendenza per i Beni Storici, Artistici ed Etnoantropologici del Piemonte Con il sostegno della Consulta Valorizzazione Beni Artistici e Culturali di Torino I Soci: Alleanza Toro Assicurazioni, Armando Testa, Buffetti, Burgo Group, Buzzi Unicem, Camera di Commercio di Torino, C.L.N., Compagnia di San Paolo, Deloitte & Touche, Ersel, Exor, Fenera Holding, Ferrero, Fiat, Fondazione Crt, Garosci, G. Canale & C., Gruppo Ferrero-Presider, Intesa SanPaolo, Italdesign-Giugiaro, Italgas, Lavazza, Martini & Rossi, M. Marsiaj & C., Pirelli, Reale Mutua Assicurazioni, Reply, Rockwood Italia, Skf, Telecom Italia, Unione Industriale di Torino, Vittoria Assicurazioni Direzione Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici del Piemonte Mario Turetta, Direttore Loris Gherra Antonio Mosca Gennaro Napoli Domenico Papa Nicoletta Reposi Soprintendenza per i Beni Storici, Artistici ed Etnoantropologici del Piemonte Edith Gabrielli, Soprintendente Segreteria del Soprintendente Giovanna Fanelli Franca Giacomodonato Coordinamento amministrativo Michela Gatti Ufficio comunicazione Valeria Moratti Diego Mirenghi Ufficio mostre Anna Maria Bava Mario Lamparelli Armeria Reale Alessandra Guerrini, Direttore Massimiliano Caldera, Vicedirettore Giuseppina Romagnoli Corpo di vigilanza dell’Armeria Reale

Allestimento AZ Group Assicurazioni Vittoria Assicurazioni Trasporti ArteÉ Progettazione grafica Studio Simonetti, Andrea Coppola Apparati didattici Massimiliano Caldera Restauro della Loggia di Carlo Alberto Progetto scientifico Edith Gabrielli Direzione scientifica Alessandra Guerrini, Soprintendenza per i Beni Storici, Artistici ed Etnoantropologici del Piemonte Maria Carla Visconti Cherasco, Soprintendenza per i Beni Architettonici e per il Paesaggio delle Province di Torino, Asti, Biella, Cuneo e Vercelli Direzione dei lavori Salvatore Simonetti Esecuzione dei restauri edili CO. GE.fa S.p.a Esecuzione dei restauri storico-artistici Rava & C. Restauro dei busti marmorei di Carlo Alberto e Vittorio Emanuele II Progetto e direzione scientifica Alessandra Guerrini Esecuzione Roberta Bianchi, Enrica Carbotta, Laboratorio di restauro della Soprintendenza per i Beni Storici, Artistici ed Etnoantropologici del Piemonte Testi in catalogo Roberta Bianchi, Massimiliano Caldera, Enrica Carbotta, Alessandra Guerrini, Antonio Rava, Francesca Rocci Fotografie Vincenzo Piccione, Ornella Savarino, Soprintendenza per i Beni Storici, Artistici ed Etnoantropologici del Piemonte Si ringrazia: Luisa Papotti, Soprintendente per i Beni Architettonici e per il Paesaggio delle Province di Torino, Asti, Biella, Cuneo e Vercelli


Indice

Francesca Rocci Carlo Alberto, il re e l’uomo .

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pag. 13

Massimiliano Caldera Brevi note su Carlo Alberto, uomo politico e di cultura .

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Alessandra Guerrini La Loggia dell’Armeria Reale: vicende storiche e scelte metodologiche dei restauri e dell’allestimento . . . . . . . . . . . . . . . .

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Antonio Rava Il restauro delle superfici dipinte della Loggia .

il restauro della loggia dell’armeria reale

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Roberta Bianchi, Enrica Carbotta Il restauro dei busti di Carlo Alberto e Vittorio Emanuele II .

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schede delle opere in mostra

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Bibliografia

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a Loggia, dalla quale Carlo Alberto nel 1848 annunciò la dichiarazione di guerra contro l’Austria, avviando così il processo che portò all’unificazione del Paese, è uno dei luoghi rappresentativi della città che maggiormente rimanda alle sue radici storiche. Il restauro della Loggia rappresenta, dunque, un momento importante nel panorama delle celebrazioni per i centocinquant’anni dell’Unità d’Italia. L’intervento è stato reso possibile, dall’intervento della Consulta Valorizzazione Beni Artistici Culturali di Torino che, da molti anni, segue con attenzione e convinzione le attività di tutela e di valorizzazione del patrimonio culturale torinese. La Loggia, dunque, rappresenta un nuovo significativo contributo nella lunga storia di restauri, di aperture e di valorizzazione della quale la Consulta è artefice. In un momento di difficoltà generale per l’economia, la vicinanza collaudata e costante di un gruppo ampio tra le maggiori aziende del Piemonte che riafferma, una volta di più, il proprio interesse per il patrimonio culturale deve essere colto come un segnale forte di partecipazione diretta e di responsabilità. Il restauro condotto dalla Soprintendenza per i Beni Storici, Artistici ed Etnoantropologici del Piemonte con la Soprintendenza per i Beni Architettonici e per il Paesaggio, ha consentito di recuperare l’originario assetto decorativo del piccolo e prezioso ambiente nel quale sono stati collocati due busti marmorei ottocenteschi di Carlo Alberto e di Vittorio Emanuele II. Il visitatore potrà dunque godere di un inedito affaccio sulla piazza Castello, attraversando i luoghi che sono stati testimoni di momenti cruciali della nostra storia, ma soprattutto potrà avere un’anticipazione di quell’articolato percorso di visita che dall’Armeria Reale conduce a Palazzo Reale e poi farà accedere alla futura Galleria Sabauda, per giungere infine al Museo di Antichità. La Loggia, infatti, rappresenta uno dei tasselli che in questi mesi andranno a formare il Polo Reale, un progetto ambizioso che è finalmente in via di realizzazione. In occasione del completamento del restauro della Loggia, la Soprintendenza, in collaborazione con la Consulta, presenta una mostra sul tema della figura di Carlo Alberto, personalità complessa che seppe coniugare politica e cultura. Alla sua iniziativa, si deve infatti la creazione e l’apertura al pubblico di una serie di importanti istituzioni piemontesi, compresa la stessa Armeria Reale. Mario Turetta Direttore Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici del Piemonte



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l restauro della Loggia di Carlo Alberto costituisce sotto diversi profili una tappa di rimarchevole importanza nella vicenda dell’Armeria Reale, il museo voluto dallo stesso sovrano sabaudo e aperto al pubblico nel 1837. Si tratta innanzitutto di un evento significativo per la memoria nazionale, cadendo fra l’altro in coincidenza con il centocinquantenario dell’Unità: da questa Loggia, come approfondisce nel catalogo il saggio di Francesca Rocci, Carlo Alberto il 22 marzo 1848 pronunciò la dichiarazione della prima guerra d’Indipendenza e dunque aprì una stagione ricca di fermenti e conseguenze per l’intero Risorgimento. Ne va poi sottolineato il valore sotto il profilo storico-artistico: in particolare, come chiariscono le relazioni di Alessandra Guerrini e di Antonio Rava, viene ora restituito il senso del progetto originario, anche grazie alla scoperta delle delicate finiture a marmorino delle pareti. Senza dubbio, tuttavia, le ricadute più importanti riguardano la fruibilità dell’Armeria stessa in termini spaziali. All’interno è adesso possibile leggere nel modo più appropriato due ambienti chiave del museo, ovvero la sala nota come Rotonda, che recupera così una fonte luminosa determinante, e la celebre Galleria del Beaumont: appare evidente infatti come la sua fuga prospettica riacquisti finalmente la necessaria proiezione su piazza Castello. All’esterno viene ristabilito il giusto rapporto con la città, come sottolinea peraltro la nuova illuminazione, in modo tale da ricucire e valorizzare un frammento, uno spigolo di tessuto urbano tanto ridotto nelle dimensioni quanto in realtà pregno di tradizioni, storia ed arte. Per tutti questi motivi, non solo come dirigente del Ministero per i Beni e le Attività Culturali – ovvero come capo dell’istituto cui è affidata in consegna l’Armeria – ma anche come cittadina italiana, esprimo la mia gratitudine alla Consulta Valorizzazione Beni Artistici e Culturali di Torino, che ha voluto sostenere e promuovere il progetto. Proprio per la consapevolezza del significato dell’iniziativa, la Soprintendenza, sempre con il decisivo apporto della Consulta, ha organizzato questa mostra. Attraverso una selezione dalle collezioni dei nostri musei, la Galleria Sabauda e la stessa Armeria, l’esposizione intende rievocare la figura di Carlo Alberto nel suo duplice ruolo, politico e culturale. Al primo aspetto allude, oltre alla loggia, il prezioso dipinto su porcellana di Abrahm Constantin che raffigura il giovane principe sabaudo alla presa del Trocadero; al secondo, indagato nel catalogo da Massimiliano Caldera, una serie di opere scelte per evocare vuoi il suo amore per le arti e le lettere – come gli altri quattro dipinti di Constantin – vuoi le istituzioni che ha fondato o innovato, la Galleria Sabauda, l’Accademia Albertina e ovviamente la stessa Armeria Reale. Edith Gabrielli Soprintendente per i Beni Storici, Artistici ed Etnoantropologici del Piemonte



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a Consulta Valorizzazione Beni Artistici e Culturali di Torino è nata oltre vent’anni fa e si impegna per migliorare e valorizzare il patrimonio artistico cittadino: ad oggi conta trentadue Soci e ha investito oltre venticinque milioni di euro, in più di trenta realizzazioni. La sua unicità deriva dall’impegno a compiere interventi efficaci, duraturi, caratterizzati da spirito imprenditoriale e, per altro verso, da un rapporto costante e positivo con le Istituzioni e le Soprintendenze. Si è in tal modo consolidato una sorta di modello torinese, che trova nella salvaguardia e promozione del patrimonio cittadino la propria ragione sociale. La Consulta ha progressivamente ampliato la propria attività a favore dei beni culturali, affiancando al restauro e alla conservazione, la valorizzazione e la fruizione, e avviando, negli ultimi anni una riflessione sul rapporto Imprese e Beni Culturali. Sono stati organizzati quattro Workshop: il prossimo sarà dedicato alle opportunità imprenditoriali e professionali per i giovani in questo settore. In occasione delle celebrazioni per il 150° dell’Unità d’Italia, la Consulta ha realizzato l’allestimento del Museo Torino in Palazzo Madama e il sistema di audio e video guide per la riapertura del Museo Nazionale del Risorgimento Italiano in Palazzo Carignano. Nell’Armeria Reale ha restaurato e restituito alla pubblica fruibilità un piccolo gioiello della nostra Città, la Loggia carloalbertina, che riveste una notevole importanza storica perché consentiva alla famiglia reale l’affaccio diretto sulla piazza in occasione di grandi eventi o manifestazioni: da qui Carlo Alberto pronunciò, il 22 marzo 1848, l’inizio della Prima Guerra d’Indipendenza. La Consulta è un valore per il territorio piemontese. I Soci, che hanno dedicato tempo ed impegno, sentono la responsabilità di mantenere e sviluppare questo unicum che Torino ha rispetto ad altre città italiane e di continuare ad agire da stimolo alla società civile. In questi anni ha contribuito a creare una circolarità virtuosa tra Enti Pubblici, Responsabili e Curatori di Musei e Fondazioni, che ha permesso di far conoscere la nostra Città oltre la tradizionale presenza manifatturiera. Lodovico Passerin d’Entrèves Presidente Consulta Valorizzazione Beni Artistici e Culturali di Torino



Carlo Alberto, il re e l’uomo Francesca Rocci

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lla vigilia della prima guerra d’indipendenza Carlo Alberto era prossimo ai cinquant’anni, che avrebbe compiuto di lì a pochi mesi. Sino ad allora, come noto, la sua esistenza politica, personale e di sovrano aveva attraversato fasi diverse, non di rado controverse. Senza pretese di tracciare qui un bilancio né un profilo esaustivo, ripercorriamo brevemente le vicende biografiche e storiche che condussero il re a quel giorno. Il giovane che non doveva essere re Discendente del ramo cadetto dei Savoia Carignano, nacque a Torino nel 1798, ma crebbe fra Parigi e Ginevra, dove i genitori, il principe Carlo Emanuele e la principessa di Sassonia-Curlandia Maria Cristina Albertina, dovettero rifugiarsi poco dopo l’inizio della dominazione francese negli Stati sabaudi, nonostante le loro tendenze liberali. Trascorse la giovinezza fra non poche difficoltà economiche, ricevendo un’educazione aperta, che lo formò all’amore per la scienza e gli studi, e al rigore nel lavoro, che avrebbe ricordato con piacere anche negli anni della maturità. Nel 1814, al suo ritorno nel capoluogo subalpino come sovrano restaurato, Vittorio Emanuele I volle subito con sé il cugino. Già prima di allora la famiglia reale aveva tentato vanamente di sottrarlo all’educazione scelta per lui dalla madre, ma a quel punto dargli una diversa formazione diveniva essenziale, poiché Carlo Alberto appariva ormai il probabile erede al trono, dal momento che né il sovrano né suo fratello Carlo Felice avevano eredi maschi. II giovane fu dunque sottoposto a una nuova educazione – da lui per nulla gradita – ideologica e cattolicamente ortodossa, sotto una rigida disciplina, con l’intento di cancellare le influenze del periodo trascorso all’estero. A differenza di quanto era stato in precedenza, in quegli anni sue caratteristiche furono «la malavoglia, l’indifferenza, la pigrizia, l’avversione allo studio», sebbene ciò non fosse dovuto a «povertà d’ingegno»1. Fra noia e solitudine si sarebbe plasmato parte del carattere chiuso e difficile ai sentimenti del futuro re, portando in evidenza quella che con termini un po’ enfatici è stata definita l’«irrequietezza intima di un animo sensibilissimo e di una mente fantastica»2. Nel settembre 1817 sposò l’arciduchessa Maria Teresa, figlia di Ferdinando III granduca di Toscana. Gli anni di matrimonio che precedettero le intense vicende del 1821 furono i più sereni per Carlo Alberto; iniziò a frequentare l’Accademia dei Concordi – impegnata nella difesa di lingua e tradizioni italiane – e intorno a lui si raccolsero giovani fautori del rinnovamento dello Stato sabaudo, che guardavano con simpatia alla Francia.

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Rodolico, 1930, p. 37. Rodolico, 1930, pp. 39-40.


 la loggia di carlo alberto nell’armeria reale

Nella tempesta del 1821 Anche gli Stati sabaudi furono coinvolti nell’ondata di moti che attraversò l’Europa durante il biennio 1820-1821. Quelle vicende segnarono pesantemente Carlo Alberto, che ne emerse con lo stigma del voltagabbana. Nel 1821, l’insofferenza per la politica retrograda del governo restaurato si univa agli entusiasmi per la Costituzione concessa a Napoli l’anno prima. Diffuse ed insistenti erano le voci sul coinvolgimento di Carlo Alberto in un’imminente azione rivoluzionaria e su incontri del principe con Santorre di Santarosa3. Probabilmente, Carlo Alberto, che condivideva, almeno in parte gli ideali dei rivoltosi, pensò di poter essere «mediatore e quasi arbitro»4 fra trono e cospiratori; rassicurò Vittorio Emanuele I sulla propria rinuncia a qualsiasi tentativo di azione di forza, e pare riuscisse a far rinviare il moto. Frattanto la situazione si faceva più seria, con reparti militari che s’ammutinavano. Il 12 marzo, il re decise di abdicare a favore del fratello, nominando reggente Carlo Alberto in attesa del rientro di Carlo Felice da Modena. Il giorno successivo, fortissime furono le pressioni dei costituzionalisti su Carlo Alberto perché concedesse la Costituzione di Spagna; nulla di meno sarebbe stato accettato e i ministri consigliarono d’accondiscendere, al fine di evitare una guerra civile. La sera stessa la Costituzione di Spagna fu accordata, ma subordinando il provvedimento all’approvazione del re. Cinque giorni dopo, Carlo Felice sconfessò l’operato del reggente, che si dimise e – mentre crescevano le sollecitazioni affinché dichiarasse guerra all’Austria – lasciò di nascosto la capitale, per ritirarsi di lì a poco in Toscana (su ordine del re), perseguitato dalle accuse di tradimento. Cadde in un profondo sconforto che lo spinse a progettare viaggi in terre lontane, perfino a pensare di togliersi la vita5. Lasciò Firenze solo nel 1823, per andare a combattere i rivoluzionari in Spagna, con quello che fu anche un suo simbolico distacco dai movimenti insurrezionali. Nella penisola iberica si distinse per capacità militari e coraggio, acquisendo fama in particolare per l’attacco alla fortezza del Trocadero (agosto 1823). Poco dopo la morte di Vittorio Emanuele I e la salita al trono di Carlo Felice, nel gennaio 1824, Carlo Alberto fece ritorno in patria, dove, però, continuò a vivere in una sorta di separato esilio, designato erede al trono, ma privo del titolo d’altezza reale. Primi anni di regno, fra legittimismo e riforme Alla morte di Carlo Felice, nell’aprile 1831, l’ascesa al trono di Carlo Alberto fu accolta con aspettative contrapposte, concentrate, nell’immediato, sulla posizione che avrebbe assunto nei confronti di Luigi Filippo d’Orlèans, proclamato re dal Parlamento francese pochi mesi prima. Invero, il nuovo sovrano era convinto della necessità di abbattere la monarchia orleanista, ritenendo che la sua affermazione avrebbe avviato un periodo di rivolgimenti in Europa, poiché essa sosteneva, direttamente o indirettamente, i movimenti rivoluzionari6 (così era stato in Belgio e Polonia nel 1830). Di lì a poco, inviò aiuti ai 3 Su un colloquio, avvenuto il 6 o il 7 marzo, esistono due contrastanti versioni; Santarosa, ne La rivoluzione piemontese, sostiene che il principe diede il proprio consenso all’azione rivoluzionaria, mentre Carlo Alberto, nei Memoriali del 1821 e del 1839, lo nega (Talamo, 1977, p. 315). 4 Omodeo, 1940, p. 188. 5 Talamo, 1977, p. 316. 6 Talamo, 1977, p. 318.


 la loggia di carlo alberto nell’armeria reale

carlisti in Spagna e a don Miguel in Portogallo. Difesa del legittimismo e lotta contro le rivoluzioni caratterizzano gli esordi della politica estera di Carlo Alberto, in quella che è stata definita un’«ossessione antiliberale»7. Ne derivarono il raffreddamento dei rapporti con l’Inghilterra e l’avvicinamento all’Austria, che pure guardava con qualche sospetto al nuovo re. Frattanto, i moti ebbero loro abortiti tentativi anche in Piemonte, con una congiura dei Cavalieri della Libertà, scoperta per l’ingenuità d’un partecipante, lo sventato attentato alla vita del re da parte di un mazziniano, elementi della Giovine Italia scoperti nelle fila dell’esercito, così che s’accrebbero ancora le preoccupazioni del sovrano per la stabilità dello Stato e seguirono severe reazioni, non di rado criticate per la loro illiberalità. In quegli anni furono però anche avviate le prime riforme, poi proseguite nel decennio successivo, quella dei Codici civile, penale e del commercio (con connessi l’abolizione di dazi e il miglioramento dei servizi postali); quella di amministrazioni locali e stato civile. S’avviarono colloqui con Roma, che sortirono però, modesti risultati, sebbene Carlo Alberto fosse privo di fini giurisdizionalisti, volendo soltanto poter contare su un clero moralmente e culturalmente migliore, a sostegno della propria opera di governo. Fu dato impulso ai commerci, s’intervenne a favore dell’agricoltura (canali d’irrigazione), furono potenziate le comunicazioni di terra (strade e ferrovie) e per mare (porti di Genova e di Savona); particolare attenzione fu rivolta all’arretrata Sardegna. Rimanevano, tuttavia, non poche incongruenze, quali un sistema d’imposte con gravi sperequazioni, l’assenza di un moderno catasto, l’istruzione affidata principalmente al clero (in particolare ai gesuiti), gli estesi privilegi conservati dai nobili. Lo Statuto La nuova ondata di moti rivoluzionari che attraversò il continente europeo nel 1848 (Palermo a gennaio; Parigi – ove fu proclamata la seconda Repubblica – e Vienna a febbraio, cui sarebbero seguiti i moti in Ungheria, a Praga, in Polonia, nel Lombardo-Veneto, negli Stati pontifici) ebbe nel Regno di Sardegna le caratteristiche particolari di quella che è stata definita dagli storici la «rivoluzione dall’alto», moderata e messa in atto da parte degli stessi ceti dirigenti, prima che la rivolta scoppiasse, grazie alla prevenzione e alla persuasione. Le ulteriori riforme introdotte da Carlo Alberto nell’ottobre 1847 non furono ritenute sufficienti da liberali e riformatori, infiammati per le concessioni appena accordate da Pio IX. Dopo qualche incertezza, il sovrano decise di promulgare lo Statuto, avanzato compromesso fra monarchia ed istanze liberali. La Carta, composta da ottantaquattro articoli, si ispirava a quella di Francia del 1814 (come modificata nel 1830 e in Belgio nel 1831) e raccoglieva i principi fondamentali del liberalismo dell’epoca: inviolabilità della persona e della proprietà, uguaglianza dei cittadini di fronte alla legge, moderata libertà di stampa, diritto di riunione, fiscalità proporzionale (non progressiva), riconoscimento dei culti diversi da quello cattolico (segnatamente, i protestanti valdesi e gli ebrei). Il re rimaneva sovrano assoluto, ma il Parlamento bicamerale esercitava con lui la potestà legislativa, approvava il bilancio, contribuiva a regolare 7

Talamo, 1977, p. 319.


 la loggia di carlo alberto nell’armeria reale

province ed esercito. I senatori erano nominati dal re a vita, mentre i deputati erano eletti da una ridotta percentuale di cittadini selezionati per censo. Il 1848 non sarebbe stato per Carlo Alberto solo l’anno del suo fondamentale provvedimento politico, ma anche quello della guerra con l’Austria, proclamata, appunto, dalla Loggia in piazza Castello. Alla vigilia della guerra Scintilla scatenante furono le Cinque giornate di Milano (18-22 marzo), in cui la popolazione del capoluogo lombardo si rivoltò contro il governo asburgico, e delle quali giunse notizia a Torino già il giorno 19; furono predisposte misure militari, ma non si decise di agire. Gli storici liberali, come prima di loro Cattaneo e Pisacane, hanno accusato Carlo Alberto di essere intervenuto in ritardo, mentre un’azione più immediata avrebbe garantito un rapido successo, sostenendo che la sua decisione fosse stata determinata dall’intento di sfruttare i risultati conseguiti dai rivoluzionari per i propri interessi politici, più che da un sincero sostegno ai moti. Di contro, s’è argomentato che, per alcuni giorni, le notizie che arrivavano a Torino dal capoluogo lombardo non furono del tutto chiare; che modesti erano i quantitativi di truppe sul Ticino, ove fu necessario ammassarle, operazione, fra l’altro, condotta con rimarchevole rapidità. Inoltre, anche nel caso che l’intervento sabaudo sia effettivamente stato non prontissimo, esso sarebbe comunque stato di fondamentale importanza, poiché i rivoluzionari da soli non avrebbero potuto trionfare, essendo il temporaneo controllo di Milano ben diverso da quello duraturo e dell’intero territorio lombardo. In ogni caso, a sospingere Carlo Alberto non vi Angelo Capisani, Ritratto di Carlo Alberto come Gran Maestro dell’Ordine Mauriziano, Torre Pellice, chiesa parrocchiale di San Martino.


 la loggia di carlo alberto nell’armeria reale

furono solo il timore dei democratici e la volontà di controllare in qualche modo le loro azioni, ma anche un radicato credo antiaustriaco8. Carlo Alberto guardava infatti con sostanziale favore alla guerra con Vienna, e, negli anni precedenti, non erano mancati motivi di attrito, tra cui l’opposizione austriaca agli accordi commerciali del Regno di Sardegna con il Canton Ticino, e alla prevista realizzazione d’una linea ferroviaria tra Genova e la Svizzera, che avrebbe escluso il LombardoVeneto. Tuttavia, il sovrano vedeva pure i possibili problemi in ambito interno ed internazionale, dall’inquieta situazione nel Regno sardo, che richiedeva estrema cura, ai possibili influssi repubblicani francesi in Liguria, al favore di Russia e Prussia per l’Austria, alla prudenza suggerita dalla Gran Bretagna. La decisone dell’intervento era imminente. Su «Il Risorgimento» del 23 marzo, a sollecitarla comparve un infiammato articolo di Cavour: «L’ora suprema della monarchia sarda è suonata […] In cospetto degli avvenimenti di Lombardia e di Vienna, l’esitazione, il dubbio, gl’indugi non sono più possibili; essi sarebbero la più funesta delle politiche […] Guai a noi, se per aumentare i nostri preparativi non giungessimo in tempo». Il conte di Cavour rintuzzava poi, ad una ad una le possibili obiezioni sui pericoli derivanti dal contesto internazionale, invitando veementemente alla «grande politica, quella delle risoluzioni audaci»9. Lo stesso giorno, il Consiglio dei ministri decideva l’entrata in guerra, pare fermamente caldeggiata in quella sede dal sovrano in prima persona. Assunta la grave determinazione, il pensiero di Carlo Alberto si rivolse alla folla che si era accalcata davanti alla cancellata di Palazzo Reale, acclamando il re ed incitando alla guerra. Il sovrano attraversò l’Armeria, presentandosi alla Loggia affacciata su piazza Castello, insieme a due deputati milanesi, agitando un drappo tricolore e venendo accolto da grida di giubilo. Così quei momenti nel racconto d’un testimone oculare, il ministro Federico Sclopis di Salerano. «L’impressione che provarono quelli che componevano la comitiva […] è difficile a dipingersi. La persona alta e grave di Carlo Alberto, frammezzo a quegli invitati che annunziavano come una resurrezione di destini tenuti già per insperati, la luce ondeggiante dei doppieri portati dai valletti che rischiarava a lunghi tratti le ombre della galleria, riverberando sulle vecchie armature, indizio quasi di un raggio di speranza che solo ormai potevasi riporre nella guerra imminente, il crescente fremito della folla impaziente ma per nulla irriverente al Sovrano che rompeva il silenzio di quella notte, tutto insomma si ricomponeva in un quadro solenne ripieno di maestà di Re, di avvenire, di storia e di voti di popolo. Erano in quelle persone e in quei luoghi raccolte le aspirazioni di molti secoli»10.

Iniziava la prima guerra d’indipendenza. Verso l’epilogo La guerra segnò la fase conclusiva del regno di Carlo Alberto. Dopo le prime vittorie sabaude a Pastrengo, Peschiera e Goito, conseguite tra aprile e maggio, le truppe austriache passarono alla controffensiva, infliggendo all’esercito sardo pesanti sconfitte a Custoza e Milano, che lo costrinsero a ritirarsi oltre il Ticino e che portarono, il 9 agosto, all’armiNada, 1993, pp. 311-312. Cavour, 1848. 10 Citato in Colombo, 1931, pp. 157-158. 8 9


 la loggia di carlo alberto nell’armeria reale

stizio sottoscritto dal generale Salasco. Pur accusato di tradimento e di incapacità militare, bersaglio dell’avversione dei Lombardi che ritenevano meramente annessionistica la sua politica, Carlo Alberto volle riprendere la guerra, ma fu ancora disastrosamente sconfitto a Novara, e nuovamente costretto a chiedere l’armistizio. Di fronte alla proposta di condizioni di pace che prevedevano l’occupazione della Lomellina e della piazza di Alessandria, Carlo Alberto abdicò a favore del figlio Vittorio Emanuele, partendo nella stessa notte fra il 23 e 24 marzo 1849 per quello che sarebbe stato il suo breve esilio portoghese. Ad Oporto visse in isolamento, rifiutando ogni ulteriore contatto con la politica e la trascorsa esistenza di re, mentre la sua salute declinava. All’inizio dell’estate le sue condizioni si aggravarono rapidamente, sino a che il 28 luglio 1849 lo colse la morte.


Brevi note su Carlo Alberto, uomo politico e di cultura Massimiliano Caldera

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a piccola esposizione celebra il concludersi dei restauri nella Loggia dell’Armeria Reale, diretti dalla Soprintendenza per i Beni Artistici, Storici ed Etnoantropologici del Piemonte e sostenuti dalla Consulta Valorizzazione Beni Artistici e Culturali di Torino ed è incentrata sulla figura di Carlo Alberto, il sovrano che, con la proprie scelte politiche e militari, ha avuto un ruolo importante per l’avvio del Risorgimento e del processo di unificazione italiana. Figlio di Carlo Emanuele di Carignano e di Maria Cristina Albertina di SassoniaCurlandia, il giovane principe, nato a Torino il 2 ottobre 1798, si forma a Parigi, dove i genitori, che avevano aderito al nuovo governo francese, si erano trasferiti. Dopo la morte del padre, si stabilisce con la madre e il patrigno a Ginevra per rientrare definitivamente in Piemonte dopo il 1814. Mancando la discendenza maschile di Vittorio Emanuele I e di Carlo Felice, Carlo Alberto era infatti diventato l’erede presuntivo al trono di Sardegna e, per questo, riceve un’educazione dinastica rigida e devota che avrebbe dovuto correggere le precedenti esperienze formative nel collegio di Saint-Stanislav a Parigi e in quello ginevrino del pastore Vaucher. Nel 1817 sposa a Firenze la figlia del granduca di Toscana, Maria Teresa d’AsburgoLorena. Lo scoppio dei moti del 1821, su cui era informato attraverso Santorre di Santarosa, Giacinto di Collegno e Carlo Asinari di San Marzano, lo vede in una posizione assai difficile e contraddittoria: Vittorio Emanuele I abdica in favore del fratello Carlo Felice, in quel momento a Modena, e si ritira in esilio. In assenza del sovrano, Carlo Alberto assume allora la reggenza, concedendo il 12 marzo la Costituzione di Cadice richiesta dagli insorti. Carlo Felice, rientrato a Torino, reprime con durezza la rivolta e sconfessa l’operato del principe che deve così trasferirsi con la moglie in Toscana. Per riscattarsi agli occhi dei legittimisti europei (e soprattutto dell’Austria che avrebbe potuto ostacolare la sua successione al trono), si arruola nel 1823 come granatiere nel corpo di spedizione francese contro le truppe costituzionaliste spagnole: la sua partecipazione all’assalto del forte del Trocadero, a Cadice, è documentata dal dipinto a smalto su porcellana del pittore svizzero Abrham Costantin, oggi conservato alla Galleria Sabauda (cat. 1) che a sua volta riproduce una tela di Delaroche. Nel 1831 succede sul trono a Carlo Felice e, seguendo gli indirizzi politici del predecessore, avvia inizialmente una linea di rigorosa difesa dell’assolutismo regio: di qui la severa repressione della congiura dei Cavalieri della Libertà (1831) e, soprattutto, delle insurrezioni mazziniane promosse dalla Giovane Italia a Genova e in Savoia (1833-1834). Dalla seconda metà degli anni trenta, il re avvia una prudente stagione di riforme e di ammodernamento delle strutture statali che subisce una decisa accelerazione nel decennio successivo: riorganizza l’esercito, istituisce il Consiglio di Stato, promulga i nuovi codici civile (1837), penale (1839) e del commercio (1842), abolisce gli ordinamenti feudali in Sardegna (1838), procede nello smantellamento delle barriere doganali e nell’abolizione delle corporazioni per approdare, infine, alla concessione dello Statuto, il 4 marzo 1848.


 la loggia di carlo alberto nell’armeria reale

émile-Jean Vernet, Ritratto di Carlo Alberto, 1834, Torino, Galleria Sabauda.


 la loggia di carlo alberto nell’armeria reale

In parallelo si assiste anche a un’imponente stagione di rinnovamento degli istituti culturali torinesi: nel 1831 è ricostituita la Biblioteca Reale, dove confluiscono le antiche raccolte di opere a stampa, disegni e manoscritti appartenuti ai Savoia; nel 1832 le collezioni dinastiche dei dipinti sono aperte al pubblico nelle sale di Palazzo Madama per diventare da privato monumento a patrio monumento, come indica il primo direttore del nuovo museo, Roberto d’Azeglio, nell’introduzione a La Reale Galleria di Torino Illustrata (1836); sempre nel 1832 nasce la Giunta di Antichità e Belle Arti allo scopo di tutelare le passate testimonianze figurative ed architettoniche, mentre nel 1833 è costituita la Regia Deputazione di Storia Patria. Nel 1833 il sovrano cede il collegio di San Francesco da Paola all’Accademia di Belle Arti, oggetto di una generale revisione dei corsi e di un consistente incremento delle collezioni didattiche (lo stesso Carlo Alberto aveva donato all’istituzione la propria raccolta dei cartoni cinquecenteschi di Gaudenzio Ferrari e della sua scuola). Nel 1837 è inaugurata la Reale Armeria nella Galleria del Beaumont, adiacente a Palazzo Reale: il museo, un’indiretta ma efficace celebrazione dei fasti militari sabaudi, intende ricostituire un’armeria dinastica in gran parte dispersa e rinsanguata attraverso una consistente campagna di acquisti sul mercato antiquario milanese e parigino portata avanti dal re; l’istituzione non ha soltanto intenti di celebrazione dinastica ma vuole essere soprattutto un luogo di cultura, come dimostrano, oltre alla presenza di una biblioteca specializzata nelle armi, i disegni e le incisioni che intendono divulgare la conoscenza e lo studio dei pezzi più belli della raccolta (cat. 4). Tutti questi episodi s’intrecciano in modo inscindibile con le commissioni artistiche direttamente promosse dal sovrano che investono tanto gli spazi pubblici della capitale, quanto quelli privati delle residenze: molte coinvolgono artisti che arrivano sia dalle diverse province del Regno, sia dagli altri

Ferdinando Cavalleri, Ritratto aulico di Carlo Alberto, re di Sardegna, 1832, Racconigi, Castello Reale.


 la loggia di carlo alberto nell’armeria reale

stati italiani. La regia di questi interventi si deve al bolognese Pelagio Palagi che, nominato nel 1832 «pittore preposto alla decorazione dei Reali Palazzi», coordina un’agguerrita équipe di pittori, scultori, stuccatori ed ebanisti: a lui si deve la sistemazione dell’Armeria nella Galleria del Beaumont e, dopo il 1837, l’ampliamento del percorso espositivo nella sala della Rotonda e la sistemazione della Loggia; sempre l’artista bolognese segue l’arredo della Sala del Medagliere, allestita per accogliere la vasta collezione di monete, medaglie e sigilli del sovrano. Durante gli anni trenta cambia e si trasforma l’iconografia carloalbertina: al giovane combattente del Trocadero che ostenta la bandiera borbonica nello smalto di Costantin (e nel dipinto di Delaroche), fa seguito l’imponente ritratto aulico eseguito da Ferdinando Cavalleri, l’anno dopo l’incoronazione (Racconigi, Castello Reale): Carlo Alberto si presenta, in un quadro di sontuosa esibizione delle insegne regali, come un sovrano assoluto della Restaurazione, fermo nella difesa del proprio ruolo; più moderna è l’immagine che Horace Vernet dà del re come capo supremo dell’esercito, mentre a cavallo passa in rassegna le truppe sullo sfondo della Valle di Susa: l’effigie (Torino, Galleria Sabauda) è scelta per essere riprodotta da Paolo Toschi nell’incisione pensata per il frontespizio della Reale Galleria, edita dal 1836 (cat. 3). Un messaggio simbolico più sottile, già consapevolmente rivolto all’unificazione nazionale, è racchiuso nella medaglia di Gaspare Galeazzi (cat. 5): il pezzo presenta, su di una faccia, il profilo del sovrano, sull’altra invece lo stemma dei Savoia con il motto di Amedeo VI, l’antenato che, nel XIV secolo, aveva raggiunto la massima espansione territoriale del ducato: il tutto è racchiuso da un fregio con i ritratti degli italiani famosi (Dante, Colombo, Raffaello, Galileo). A partire dagli anni quaranta Carlo Alberto inizia ad allontanarsi dall’Austria, il cui serrato controllo politico sulla penisola entra in rotta di collisione con le ambizioni del Regno di Sardegna. Le rivolte europee del 1848 inducono il re a superare le esitazioni e a farsi il campione dell’unificazione italiana: la dichiarazione di guerra contro l’Austria è proclamata dalla loggia dell’Armeria il 23 marzo. La sconfitta di Novara determina l’abdicazione (28 marzo 1849) a favore del figlio primogenito, Vittorio Emanuele II, e il 28 luglio dello stesso anno Carlo Alberto muore in esilio ad Oporto. Un dipinto di Gaetano Ferri, Il lutto del Piemonte, addì 28 luglio 1849 (Torino, Palazzo Reale), esposto con successo a Parigi nel 1855, raffigura il momento in cui un reduce ferito della prima guerra d’indipendenza riceve dal parroco del paese l’annuncio della scomparsa del re: sullo sfondo il busto in marmo del nuovo sovrano che esemplifica le ambizioni e le speranze, non ancora perdute, del Regno di Sardegna nel ‘decennio di preparazione’.

Gaetano Ferri, Il lutto del Piemonte, addì 28 luglio 1849, 1855, Torino, Palazzo Reale.


 la loggia di carlo alberto nell’armeria reale

Nota bibliografica Per un panorama storico ed artistico di Carlo Alberto si veda Cultura, 1980, I-III; Pinto, 1982, pp. 999-1013; Dalmasso, 1999, pp. 471-482; Pittori, 2001; per la nascita dell’Armeria e il suo inserimento nella politica culturale del sovrano, si veda ora: L’Armeria, 2008.

Sono grato ad Anna Maria Bava, Walter Canavesio, Fausto Desalvo, Gian Giorgio Massara, Valeria Moratti, Ornella Savarino e al personale della Biblioteca del Museo Nazionale del Risorgimento di Torino.


 la loggia di carlo alberto nell’armeria reale


 la loggia di carlo alberto nell’armeria reale

Il restauro della Loggia dell’Armeria Reale



La Loggia dell’Armeria Reale: vicende storiche e scelte metodologiche dei restauri e dell’allestimento Alessandra Guerrini

I

l piccolo ambiente a loggiato, evidenziato dalla grande finestratura e dal timpano soprastante, risale alla risistemazione della parte terminale della manica della Galleria del Beaumont, dovuta a un intervento palagiano databile agli anni fra il 1835 e il 1837. Come è noto, la manica di Palazzo Reale che conteneva la Grande Galleria seicentesca, poi rielaborata da Filippo Juvarra e da Benedetto Alfieri nel Settecento, era collegata in origine al corpo di Palazzo Madama. Nel 1809 il braccio di collegamento venne demolito, mentre nel 1811 un padiglione di collegamento con Palazzo Chiablese venne distrutto da un incendio. La sala che faceva da cerniera tra i tre bracci, detta Rondò, perse quindi la sua funzione e per le nozze di Maria Teresa, figlia di Vittorio Emanuele I, nel 1820, venne trasformata in sala da ballo. Nel frattempo, come mostrano le incisioni dell’epoca l’apparato esterno veniva risolto con un corpo isolato su cui si trovava una meridiana. L’intervento di risistemazione, presumibilmente palagiano, si accompagna al riuso della

Veduta esterna della Loggia.


 la loggia di carlo alberto nell’armeria reale

Galleria del Beaumont per la Reale Armeria e consiste in un riallineamento delle facciate sia dal lato di piazzetta Reale che da quello di piazza Castello, tuttora chiaramente visibile per il diverso colore della muratura in mattoni a vista. Con l’occasione viene creata una loggia finestrata sulla piazza Castello, utile tanto ad illuminare la sala, cui è rimasta la denominazione di Rotonda – che contemporaneamente veniva attrezzata con vetrine a scopo museale – quanto a fornire una possibilità di affaccio per la famiglia reale. In queste occasioni ufficiali presumibilmente la loggia veniva ornata con drappi, come mostra il dipinto del Museo del Risorgimento, di E. Cerva, raffigurante le Manifestazioni in onore del re Carlo Alberto, del 1847. Anche nell’occasione della proclamazione della prima guerra d’Indipendenza il re, insieme ai due figli, si affacciò dalla loggia per parlare direttamente alla folla accalcata nella piazza. L’evento è ricordato dalla lapide in marmo che venne collocata a ricordo al di sotto della Loggia sulla facciata e che recita «La guerra per l’indipendenza d’Italia / da questa loggia bandì re Carlo Alberto il 22 marzo 1848 / compiuti in Roma i destini della patria regnante Vittorio Emanuele II / questa lapide il Municipio pose». L’intervento si è proposto di restituire alla fruizione il piccolo ambiente, che era chiuso e adibito a deposito della collezione numismatica. La creazione di nuovi depositi ha consentito di spostare l’importante collezione, anch’essa di Carlo Alberto, nei nuovi spazi al piano interrato. I saggi stratigrafici eseguiti in fase L’interno della Loggia al termine dei lavori di restauro. di cantiere hanno rivelato, come meglio chiarisce la relazione di Antonio Rava, la presenza di delicate finiture a marmorino che simulavano marmi bianchi e verdi e graniti e impreziosivano il piccolo ambiente, finitura che è stata integralmente scoperta e restaurata. È stato ripulito il pavimento in legno e restaurato il serramento, in cattivo stato, sia dall’interno che dall’esterno, riproponendo l’originale color grigioverde. Il portone ligneo in noce che separa la loggia dalla sala, probabilmente inserito in antico ma non originale, è stato


 la loggia di carlo alberto nell’armeria reale

restaurato e riportato all’originaria finitura a legno. L’intervento è completato dalla realizzazione di una nuova illuminazione che consentirà la lettura dalla piazza Castello dello spazio della Loggia anche in orario serale. Si è scelto in questa occasione di riallestire nella Loggia, davanti alle due nicchie esistenti, due importanti busti in marmo di Carlo Alberto e di Vittorio Emanuele II, già collocati alle testate della Galleria del Beaumont. Il processo encomiastico che porta a celebrare il re Carlo Alberto appena defunto nella Galleria delle armi da lui voluta inizia nel 1850, con l’apposizione del suo busto sulla testata nord della Galleria, che modifica l’originale superficie settecentesca. In una data successiva per ora non meglio precisabile, ma anteriore al 1880, viene collocato sulla testata sud il bel ritratto di Vittorio Emanuele II. I due busti rimarranno in sede fino al 1969, quando l’approfondito restauro della Galleria del Beaumont che precedette il riallestimento del museo portò alla loro rimozione e alla reintegrazione in situ dei marmi settecenteschi. Nell’occasione furono anche rimossi altri due importanti busti, rispettivamente di Italo Vagnetti e di Edoardo Rubino, che raffiguravano Umberto I e Vittorio Emanuele III, tuttora nei depositi del museo, che si trovavano uno dirimpetto all’altro nei campi centrali delle pareti della Galleria. Era stata infatti preoccupazione costante dei successivi direttori del museo di avere sempre presente all’interno dell’esposizione Busto di Carlo Alberto, Torino, Armeria Reale. il ritratto del sovrano regnante.

Si ringrazia vivamente l’arch. Maria Carla Visconti della Soprintendenza per i Beni Architettonici e Paesaggistici, che ha condiviso con la scrivente le scelte metodologiche di restauro degli spazi architettonici.



Il restauro delle superfici dipinte della Loggia Antonio Rava

I

sondaggi stratigrafici preliminari al restauro hanno permesso di chiarire quale fosse l’originario assetto decorativo della Loggia dell’Armeria Reale, che si affaccia su Piazza Castello. Tutte le superfici dell’ambiente presentavano una ridipintura superficiale incongrua, dovuta a diverse stesure che si erano susseguite nel tempo, con un effetto di banalizzazione e svilimento della decorazione originale: questa era giocata su colori tenui accostati e sulla qualità dello stucco lustro che simula materiali preziosi come marmo, granito e porfido. In più punti erano presenti distacchi e cadute degli strati sovrammessi, dovuti ad infiltrazioni, percolature di acqua e delaminazioni spontanee che si erano provocate nel tempo. Dai primi tasselli eseguiti si è rivelata la qualità e completezza degli strati sottostanti, portando ad ipotizzare, in accordo con la Direzione dei lavori, il recupero completo mediante la pulitura, anzichè procedere con una ritinteggiatura che, pur riproponendo gli stessi colori, non avrebbe potuto ridarci l’effetto delle finiture originali. Diversi metodi sono stati testati per raggiungere un buon livello di recupero della fase più antica; è emersa una discontinua adesione delle ridipinture sui vari strati sottostanti, portando a proporre Tasselli stratigrafici sulle pareti della Loggia. interventi diversificati per ottenere un risultato ottimale. Sono stati riscontrati anche distacchi della finitura originale, sottoposta a pressione per via delle efflorescenze saline, sviluppate in più punti a seguito di infiltrazioni di umidità. La riscoperta delle finiture originali è avvenuta mediante discialbo meccanico degli strati sovrapposti, seguita dall’estrazione dei sali solubili ancora presenti: l’acqua distillata ha permesso la solubilizzazione dei sali cristallizzati fino alla completa estrazione attraverso carte giapponesi, imbibite di acqua e mantenute a contatto con la superficie fino a completo essiccamento. Sono stati sperimentati diversi metodi a confronto, come l’azione meccanica manuale a bisturi, utilizzando lame intercambiabili e martelline da tappezziere per scollare gli strati sollecitandoli e i solventi che ammorbidivano le pitture sintetiche tenacemente ancorate. La rimozione degli strati acrilici tenaci che ricoprivano la superficie originale è stata infine realizzata applicando un solvent gel che unisce proprietà addensanti e tensioattive alla miscela solvente favorendo un progressivo ammorbidimento delle tinte più recenti. Si tratta dell’unione di un acido poliacrilico addensante con una base ammina polietossilata tensioattiva, miscelando solventi specifici per la rimozione di resine sinteti-


ďœłďœ˛ la loggia di carlo alberto nell’armeria reale

Tasselli stratigrafici nella zona superiore delle pareti della Loggia.

Il soffitto della Loggia al termine dei lavori di restauro.


 la loggia di carlo alberto nell’armeria reale

che (la formulazione in particolare è stata: 8 ml. Ethomeen C12,1,5 g. Carbopol, 200 ml Acetone, 50 ml. Alcool Benzilico, 25 ml. acqua): l’azione solvente si predispone quindi in modo differenziato sulle varie superfici a polarità diversa, più o meno ossidata, garantendo una attività esclusivamente superficiale, perché gli addensanti non permettono l’infiltrazione indesiderata delle miscele solventi nell’intonaco originale. Naturalmente dalla pulitura sono emersi anche i danni pregressi della superficie sottostante che ne avevano causato l’occultamento: lievi abrasioni superficiali, macchie, scritte, rifacimenti incongrui, zone decoese e zone abrase che hanno richiesto un intervento di stuccatura e ritocco per recuperare l’insieme della composizione nelle migliori condizioni di leggibilità. La stuccatura è stata realizzata con impasti di gesso di Bologna e colla di coniglio sugli stucchi a base di gesso, per accordarsi all’originale dal punto di vista materico, mentre sulle finiture a calce e sabbia si è realizzata una malta di sabbia setacciata e calce aerea stagionata. L’integrazione pittorica è stata realizzata con colori ad acquerello e pigmenti puri, applicando una finitura lustrata con cera microcristallina per apparire identica all’originale circostante. Sono stati utilizzati colori a velatura e a spruzzo, con applicazioni variate per simulare l’aspetto mimetico, e si è graduata la tonalità per ottenere sfumature simili all’originale.

Una delle nicchie della Loggia dopo la pulitura e la stuccatura delle lacune.

Una delle nicchie al termine dei lavori di restauro.



Il restauro dei busti di Carlo Alberto e Vittorio Emanuele II Roberta Bianchi, Enrica Carbotta

I

due busti in marmo bianco lievemente venato, ora collocati nella Loggia dell’Armeria, sono pervenuti al restauro dopo una lunga permanenza nei locali del deposito del museo. Le condizioni delle sculture, in particolare quella di Vittorio Emanuele II, testimoniano vicende conservative travagliate, non facilmente ricostruibili, con rotture di elementi decorativi aggettanti ed alcuni grossolani interventi di incollaggio. La ricerca d’archivio avviata tenterà di far luce sugli eventi, le date ed i motivi che hanno portato alla loro retrocessione da una collocazione d’onore, nelle sale del museo, ai depositi. Dal punto di vista tecnico è apprezzabile la trattazione differenziata delle superfici dei visi e dei torsi dove sono volutamente resi visibili i segni della lavorazione lasciati dagli strumenti impiegati dallo scultore: questo dato è particolarmente evidente nella scultura di Vittorio Emanuele di alta qualità esecutiva. Al sapiente trattamento della superficie marmorea, resa ruvida dalle sottili incisioni degli scalpelli, è affidata l’evocazione dell’effetto materico del tessuto dell’uniforme, esaltato per contrasto dalla levigatezza delle superfici dei volti. Inoltre, l’ovvia scelta di destinare ai visi le zone meno venate del blocco di marmo e quindi più candide, accentua l’effetto di contrasto anche da un punto di vista cromatico. La non uniforme macchiatura di colore giallo-rosato è attribuibile all’alterazione naturale di minerali accessori presenti nel litotipo; la distribuzione disomogenea di questi costituenti accessori è da mettere in relazione al blocco di provenienza. La lunga giacenza lontano da uno sguardo quotidiano, condizione di una sollecita manutenzione museale, ha favorito l’accumulo di depositi di polvere eterogenei, risultati compatti ed in taluni casi coerenti alle superfici, addensatisi particolarmente sul bavero di pelliccia di Vittorio Emanuele a causa della lavorazione a trapano e dell’asperità superficiale; numerosi schizzi di malta grigia erano inoltre diffusi sulle superfici. Entrambe le statue recavano poi i segni di vecchi danneggiamenti e di ripristini: la punta del naso di Carlo Alberto è probabilmente di restauro, come lascerebbero ipotizzare sia il taglio netto del setto, sia l’intensa colorazione rosata dell’inserto collocato, così discordante dal colore circostante. Inoltre, il cordone intrecciato appariva lacunoso. Vittorio Emanuele II presentava una brutta stuccatura di mastice debordante intorno al pizzo della barba; il frammento originale era stato sommariamente ricollocato in situ. Il manufatto risultava anche mancante delle nappe ricadenti dal cordone, già oggetto di un passato intervento come testimoniava la presenza residua di fori d’imperniatura e di stuccature resinose, atte a favorire l’adesione. Le due grosse nappe staccate dalle loro sedi originarie, con i margini di rottura abrasi e imprecisi, avevano lasciato visibili i perni di bronzo che purtroppo non hanno garantito la funzione di sostegno di questi pesanti elementi. La presenza di grossolane stuccature intorno al fiocco rimasto in situ, oltre ad attestare un


 la loggia di carlo alberto nell’armeria reale

(a)

(b)

Il recto e il verso dei busti di Carlo Alberto (a) e di Vittorio Emanuele II (b) prima del restauro.


 la loggia di carlo alberto nell’armeria reale

pregresso intervento di ripristino, segnalano la criticità del punto di ancoraggio dovuta allo scarso spessore del punto di imperniatura. In considerazione degli adesivi impiegati, il busto potrebbe aver subito due distinti interventi di restauro non databili. L’attuale intervento ha inteso restituire dignità ai due pezzi scultorei, rendendone nuovamente apprezzabile la raffinatezza esecutiva, liberandoli dalle concrezioni di malta che aderivano al marmo e dalle stratificazioni e macchie di polveri grasse che li deturpavano. La pulitura è stata graduale e progressiva, calibrata sulla tenacità ed aderenza dei depositi, preceduta dai consueti e localizzati test preliminari, per la scelta ottimale delle modalità e delle tempistiche d’esecuzione. Inizialmente è stato effettuato un lavaggio, con successivo risciacquo, con acqua distillata addizionata di tensioattivo di tipo idrofilo non ionico (Tween 20, nella proporzione dell’1%), esercitando una leggera frizione condotta per mezzo di spazzolini morbidi. Dopo un successivo intervento eseguito con impacchi di carbonato d’ammonio (soluzione satura in acqua demineralizzata) supportato da polpa di cellulosa, della durata variabile da mezzora a due ore in ragione degli addensamenti da rimuovere, si è ritenuto di dover effettuare ulteriori impacchi (AB 57, nella formulazione I.C.R.), protratti per un’ora, e risciacquati accuratamente. Questi ultimi sono stati limitati al busto di Vittorio Emanuele in considerazione delle citate caratteristiche tecnico-esecutive della superficie rugosa del torso e dei profondi incavi del bavero di pelliccia che trattenevano la polvere grassa divenuta molto coerente. L’interno dei fori di trapano è stato successivamente trattato con tamponcini di cotone per asportare i depositi in profondità ammorbiditi dall’impacco. I residui delle stuccature debordanti realizzati con mastice nelle zone di incollaggio delle nappe al cordone sono stati asportati con microtrapano.

Il busto di Carlo Alberto durante la pulitura (confronto fra zone pulite e da trattare), particolare.

Il busto di Vittorio Emanuele II durante le fasi di restauro.


 la loggia di carlo alberto nell’armeria reale

Il naso di Carlo Alberto ed il pizzo della barba di Vittorio Emanuele, incollati in modo impreciso con resine fortemente alterate, sono stati staccati mediante impacchi localizzati di solvente supportato da sepiolite. Ciò ha permesso di trovare un più congruo posizionamento; il nuovo incollaggio è stato eseguito con resina epossidica a due componenti dopo aver isolato opportunamente le superfici di contatto con resina acrilica in soluzione al fine di poter favorire la reversibilità dell’operazione. Valutato il forte inscurimento della resina impiegata in passato per l’adesione della punta del naso e dell’accesa colorazione rosata di quest’ultimo, una volta rimosso l’inserto, sono stati estratti con il solvente tutti i residui del collante alterato tentando così di schiarirlo, per quanto possibile. La riadesione degli elementi staccati è stata effettuata con resina epossidica a due componenti, previo trattamento isolante delle superfici di contatto; i volumi mancanti, dovuti alla perdita di frammenti, sono stati ricostruiti sottolivello con resina epossidica modellabile per consentire successivamente la stuccatura superficiale. In questi casi, infatti, i frammenti non erano perfettamente coincidenti e c’era quindi la necessità di una resina che assolvesse alla duplice funzione adesiva e riempitiva dei vuoti. In considerazione della collocazione dei busti in ambiente protetto si è scelto di eseguire tutte le stuccature superficiali con impasto di Polyfilla in modo da consentire ritocchi cromatici con acquerello, laddove necessario. Al termine dell’intervento si è optato per non eseguire un trattamento di protezione superficiale in considerazione dell’esposizione museale in ambiente controllato; un trattamento filmogeno superficiale avrebbe reso più difficili le necessarie operazioni di manutenzione favorendo la deposizione di polveri, inoltre, l’effetto di saturazione del tono del marmo prodotto avrebbe accentuato le disomogeneità cromatiche.

(a)

(b)

Il recto dei busti di Carlo Alberto (a) e di Vittorio Emanuele II (b) dopo il restauro.


Schede delle opere in mostra


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1. Abrahm Constantin (Ginevra, 1785 – 1855) Carlo Alberto, principe di Carignano, alla presa del Trocadero

Smalto a terzo fuoco su porcellana, cm. 69 x 49 Torino, Galleria Sabauda Inv. 397, V. 173

Particolarmente significativo per l’iconografia carloalbertina è lo smalto su porcellana, che Carlo X re di Francia – come riporta la targa sulla bella cornice neoclassica di legno intagliato e dorato – offrì nel 1829 a Carlo Alberto, quando era ancora principe di Carignano. L’opera è eseguita dal pittore svizzero Abrahm Costantin, attivo in quegli anni per le Manifatture reali di Sèvres, e riproduce in formato ridotto la tela di Paul Delaroche esposta a Parigi al Salon del 1827 (oggi al Museo di Versailles). Il giovane principe è qui raffigurato all’assalto, nel pieno della battaglia per la conquista del forte del Trocadero. Carlo Alberto, infatti, combatte con le truppe francesi guidate dal Duca di Angoulême contro gli insorti spagnoli asserragliati a Cadice: a garantire sul ravvedimento legittimista del principe di Carignano, compromessosi nei moti del 1821, è la grande bandiera bianca dei Borboni che sventola nel fumo degli spari, al centro della composizione. L’episodio della conquista del Trocadero, ricordato nell’obelisco celebrativo progettato da Ferdinando Bonsignore nel parco di Racconigi, si trova anche in uno dei disegni che compongono l’album personale di Carlo Alberto (Torino, Biblioteca Reale, Varia 217): l’acquarello, eseguito da Provaggi, raffigura il Duca di Angoulême che incita le truppe all’assedio di Cadice.

Bibliografia Baudi di Vesme, 1899, pp. 66-68; F. Mazzocca, in Cultura, 1980, I, pp. 363-364; F. Dalmasso, in Garibaldi, 1982, pp. 93-94; Pinto, 1982, p. 1005; Guide, 1991, pp. 32, 65; Pinto, 1993; Maggio Serra, 2004, pp. 100, 105. m.c.


 la loggia di carlo alberto nell’armeria reale

(a)

(b)

(c)

(d)


 la loggia di carlo alberto nell’armeria reale

2. Abrahm Constantin (Ginevra, 1785 – 1855) Raffaello Sanzio d’appresso il ritratto da lui stesso dipinto, che si conserva in Firenze nella R. Galleria (a) Tiziano Vecellio d’appresso il ritratto da lui stesso dipinto, ch’è nella R. Galleria di Firenze (b) Annibale Carracci dal quadro dipinto dal Carracci stesso, esistente nella R. Galleria di Firenze (c) La Poesia d’appresso il quadro di Dolci, esistente presso il Palazzo Corsini a Firenze (d)

Smalto a terzo fuoco su porcellana, rispettivamente cm. 21 x 18; 22 x 17; 21 x 18; 40 x 32 Torino, Galleria Sabauda Inv. 393, V. 185; Inv. 399, V. 184; Inv. 396, V. 179; Inv. 392, V. 174

Le opere sono una selezione dei diciassette smalti, acquistati da Carlo Alberto nel 1825, che riproducono alcuni dei principali capolavori pittorici delle raccolte fiorentine. La cospicua somma pagata in più rate all’artista, 120.000 franchi, indica l’importanza e il pregio di questa tipologia di opere particolarmente apprezzate dai collezionisti ottocenteschi: per questa ragione entrano da subito a far parte, accanto ai dipinti originali, della Reale Galleria di Torino. Constantin, fin dal periodo del suo soggiorno a Parigi, si era esercitato nel disegno copiando i classici del Cinque e del Seicento: dal 1820 al 1826 è inviato dalla Manifattura di Sèvres a Firenze per specializzarsi nella riproduzione dei dipinti antichi, esposti nelle gallerie granducali, servendosi delle attrezzature della manifattura Ginori di Doccia. L’apprezzamento della sua attività espresso da Pietro Giordani sulle pagine dell’ «Antologia» (1824-1825) attesta il pieno inserimento di Constantin nel colto milieu culturale della capitale toscana. L’adozione di questa tecnica, infatti, permetteva di avere non semplici copie ma uno strumento in grado di far riapparire «le opere medesime in quella vivezza e freschezza che elle ebbero appena uscite dalle mani di quei gloriosi facitori», con una fedeltà all’originale superiore rispetto all’incisione e al mosaico. La scelta dei dipinti da copiare per Carlo Alberto ha privilegiato gli esempi della grande pittura classica, con una spiccata preferenza per Raffaello e Tiziano. Le tre immagini degli artisti, rappresentativi delle principali scuole pittoriche italiane, fanno parte della celebre raccolta degli autoritratti degli Uffizi, mentre la Poesia è un’opera della Galleria Corsini che, secondo la tradizione, raffigura la figlia del pittore in vesti allegoriche.

Bibliografia Baudi di Vesme, 1899, pp. 66-68; F. Mazzocca, in Cultura, 1980, I, pp. 481-485; M. Natale, in Raphaël, 1984, p. 208; Guide, 1991, pp. 63-64; Pinto, 1993; Maggio Serra, 2004, pp. 98-106. m.c.


 la loggia di carlo alberto nell’armeria reale


 la loggia di carlo alberto nell’armeria reale

3. Paolo Toschi (Parma, 1788 - 1854) Ritratto di Carlo Alberto (da Émile-Jean Horace Vernet)

Incisione su rame a bulino, mm. 505 x 320 Tavola sciolta inserita in R. d’Azeglio, La Reale Galleria di Torino Illustrata, Torino, Chirio e Mina, I, 1836 Torino, Soprintendenza per i Beni Storici, Artistici ed Etnoantropologici del Piemonte, Biblioteca

L’incisione è tratta dal grande Ritratto di Carlo Alberto eseguito nel 1834 dal francese Émile-Jean Horace Vernet (Torino, Galleria Sabauda) che raffigura il sovrano a cavallo mentre sta passando in rassegna le truppe: un’immagine ben diversa dalle effigi auliche della Restaurazione. Il pittore, che dirige l’Accademia di Francia a Roma dal 1829 al 1834, è uno degli artisti ufficiali di Luigi Filippo e di Napoleone III e si afferma grazie alle sue solenni composizioni storiche, moderatamente aperte alle nuove istanze romantiche. La fortuna della tela è sancita dalla sua incisione, affidata a Paolo Toschi su incarico di Roberto d’Azeglio, il direttore della nuova Reale Galleria. Questi, nel settembre 1834, interpella l’artista parmense e gli chiede un disegno «l’intaglio del quale desidererei dalla V. S. eseguito con quel suo taglio spiritoso, il solo adatto a esprimere il pennelleggiare di quel grande dipintore»: l’immagine era destinata al frontespizio del primo volume della Reale Galleria. In realtà Toschi, tra il 1835 e il 1848, porta avanti due diverse versioni del ritratto di Vernet: una più grande, conclusa nel 1840, l’altra più piccola. La lunga vicenda segue passo a passo la tormentata storia editoriale della Reale Galleria, sontuosa opera in più volumi (ne escono però soltanto quattro degli otto previsti), in cui grandi tavole illustrate dai più noti incisori italiani riproducono i capolavori del museo, con il commento dello stesso d’Azeglio. L’impresa, pensata per promuovere la politica culturale di Carlo Alberto e sostenuta dal sovrano stesso, va incontro a una serie di difficoltà economiche ed organizzative che ne determinano l’abbandono. Il dipinto di Vernet raffigura il re imberbe ma, nel marzo 1848, Toschi deve correggere la lastra della seconda incisione, inserendo quei baffi ‘carbonari’ che Carlo Alberto si era lasciato crescere e che avevano suscitato, insieme con le speranze dei patrioti, i commenti inquieti dei dispacci diplomatici austriaci.

Bibliografia Baudi di Vesme, 1899, p. 23; Clerici, 1915, pp. 1-12; Medioli Masotti, 1973, pp. 116, 122124; F. Mazzocca, in Cultura, 1980, p. 359, n. 337; Malvilla, 2004, pp. 116-121, 125-129. m.c.


 la loggia di carlo alberto nell’armeria reale


 la loggia di carlo alberto nell’armeria reale

4. Pietro Ayres (Cagliari, 1806, noto fino al 1858) Armatura equestre B1

Disegno acquerellato su carta preparata, mm. 615 x 445 Torino, Armeria Reale

L’opera fa parte della serie di disegni che documentano i pezzi più prestigiosi dell’Armeria Reale, commissionata al pittore cagliaritano Pietro Ayres a partire dal 1839 e fino al 1858 per essere tradotta in incisione: l’acquarello qui esposto è identificabile tra quelli indicati in un documento risalente al 1860 nel quale sono elencate le armature riprodotte dall’artista e dal collega Primo Feliciano Meucci. A quest’ultimo si deve anche la traduzione in incisione del disegno in esame (la lastra di rame incisa, databile al 1863-1865, è ancora oggi conservata in Armeria). Il disegno rispecchia perfettamente quel gusto troubadour in voga negli anni centrali dell’Ottocento che presiede alle prime fasi dell’allestimento del museo: raffigura l’armatura equestre B1, acquistata come capolavoro del tardo Quattrocento che si riteneva essere appartenuto al cardinale Ascanio Sforza ma che gli accertamenti filologici del secondo Novecento hanno rivelato essere una raffinata contraffazione risalente all’inizio del secolo XIX.

Bibliografia F. Dalmasso, in Cultura, 1980, p. 391; P. Venturoli, in L’Armeria, 2001, p. 198; Venturoli, 2003, pp. 55-65. m.c.


 la loggia di carlo alberto nell’armeria reale


 la loggia di carlo alberto nell’armeria reale

5. Gaspare Galeazzi (Vigevano, 1800 – Casale Monferrato, 1883) Carlo Alberto, Italiani illustri

Argento, cm. 5,6, g. 86 Torino, Medagliere Reale, D.C. 5753

Il pezzo si deve all’intagliatore lombardo Galeazzi, attivo a Torino per la Zecca a partire dagli anni trenta dell’Ottocento: a lui è affidata sia la medaglia celebrativa per l’inaugurazione del monumento a Emanuele Filiberto (1838), sia la serie dedicata ai Piemontesi illustri (1835-1849). La medaglia qui esposta, battuta anche in bronzo (Medagliere Reale, D.C. 5754; un altro esemplare presso i Musei Civici di Bergamo, Medagliere del Risorgimento, 798), risale al 1847-1848 e raffigura sul recto il profilo del re, con la legenda «Carlo Alberto re di Sardegna» e in basso la firma dell’autore, entrambe in lettere capitali; lungo il bordo corre una fascia sulla quale è ripetuto il motto «FERT», in gotico, con i nodi araldici dei Savoia. Sul verso invece è lo stemma della dinastia, sorretto da un leone che sovrasta un’aquila e indossa un cimiero alato: tutt’intorno è il motto di Amedeo VI «Je atans mo[n] anstre», sempre in gotico. La composizione è racchiusa in un’alta fascia con palmette di gusto palagiano, intervallata dai profili degli italiani illustri: in senso orario troviamo Dante Alighieri, Gailieo Galilei, Raffaello Sanzio e Cristoforo Colombo. È lampante il riferimento non soltanto al ruolo di Carlo Alberto come campione dell’unificazione nazionale (ritenuta già effettiva nel campo delle arti, dalle lettere e dalle scienze) ma anche alle ambizioni dei Savoia, cui allude il rimando al duca che, nel XIV secolo, aveva segnato un apogeo nell’espansione territoriale dello stato. Galeazzi utilizza la stessa effigie del sovrano (con i baffi) anche in altre medaglie che si scalano tra il 1847 e il 1848, come quella Al principe riformatore i popoli riconoscenti, XXX ottobre MDCCCXLVIII (Medagliere Reale, D.C. 5756, un altro esemplare presso il Medagliere Civico di Torino, MG/30).

Bibliografia Camozzi Vertova, 1970, p. 102; Cervini, 2011, pp. 98-99; per l’attività torinese di Galeazzi: A. S. Fava, in Cultura, 1980, III, pp. 985-989, 990, 1142; Pennestrì, 2006, I, pp. 59-68, II, p. 119. m.c.



Bibliografia Cavour, 1848 C. Benso di Cavour, [Guerra immediata senza indugi], in «Il Risorgimento», a. I, n. 74, 23 marzo 1848. Baudi di Vesme, 1899 A. Baudi di Vesme, Catalogo della Regia Pinacoteca di Torino, Torino. Clerici, 1915 G. P. Clerici, Paolo Toschi e Massimo d’Azeglio, in «Nuova Antologia», pp. 1-12. Rodolico, 1930 N. Rodolico, Carlo Alberto principe di Carignano, Firenze. Colombo, 1931 A. Colombo, Carlo Alberto, Roma. Omodeo, 1940 A. Omodeo, La leggenda di C. A. nella recente storiografia, Torino (ora in Difesa del Risorgimento, 2 ediz., Torino 1955, pp. 156-235). Nada, 1966 N. Nada, Dallo Stato assoluto allo Stato costituzionale: storia del Regno di Carlo Alberto, dal 1831 al 1848, Torino. Camozzi Vertova, 1970 G. B. Camozzi Vertova, Medagliere del Risorgimento italiano. Esposizione di Torino 1884, in «Bergomum», 1, pp. 1-265. Medioli Masotti, 1973 P. Medioli Masotti, Paolo Toschi, Parma. Talamo, 1977 G. Talamo, Carlo Alberto di Savoia, in Dizionario Biografico degli italiani, XX, Roma, pp. 310-326. Cultura, 1980 Cultura figurativa e architettonica negli Stati del Re di Sardegna, 1773-1861, catalogo della mostra, a cura di E. Castelnuovo, M. Rosci, Torino, I-III. Pinto, 1982 S. Pinto, La promozione delle arti negli Stati italiani dall’età delle Riforme all’Unità, in Storia dell’arte italiana. Dal Medioevo al Novecento. II. Settecento e Ottocento, a cura di F. Zeri, Torino, pp. 791-1079. Garibaldi, 1982 Garibaldi, arte e storia, catalogo della mostra di Roma, a cura di S. Pinto, Firenze. Raphaël, 1984 Raphaël et la seconde main. Raphaël dans la gravure du XVIe siècle, simulacres et prolifération, catalogo della mostra, a cura di R. M. Mason, M. Natale, Ginevra. Guide brevi, 1991 Guide brevi della Galleria Sabauda. Terzo settore, collezioni

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Finito di stampare nel mese di settembre

2011

per i tipi de

L’Artistica Savigliano





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