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Piccolo dizionario sudtirolese
Schmirber (f. Schmirberin)
[ˈʃmɪʁbʁ], [ˈʃmɪʁbʁɪn]
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Con questo termine, a metà strada tra sospetto e deferenza, si indicavano un tempo i misteriosi guaritori e le erboriste che curavano con pomate e tinture miracolose. Il termine dialettale “schmirben” equivale al tedesco “schmieren, ölen” (spalmare, ungere). Ancora oggi, senza troppi giri di parole, chiamiamo “Schmirb” qualunque crema idratante, persino quelle preziose e naturali dei produttori che presentiamo a p. 34.
Pfiati!
[ˈpfiːatɪ]
Amy Kadison
Viticoltrice, zoologa e autrice, è originaria degli Stati Uniti e ha vissuto in cinque paesi diversi prima di approdare, nel 2016, in Alto Adige per scrivere la sua tesi. E decidere di rimanere, per amore delle montagne. A partire da questo numero, Amy prosegue la rubrica curata in precedenza da Cassandra Han. Per i lettori di COR esplorerà l’altoatesina che è in lei. E racconterà come l’ha scoperta.
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Né con i tedeschi “Tschüss” o “Auf Wiedersehen” e neanche con “ciao!”, a meno che non si parli italiano. Noi altoatesini preferiamo infatti congedarci con un cordiale “Pfiati!”. Questo saluto è la forma abbreviata, impostasi nel tempo, di “Pfiat di Gott”, ovvero “Che Dio ti protegga”.
Brintschelen
[ˈpʁɪnt ʃələn]
Quando in Alto Adige qualcosa fa “brintschelen”, è bene chiamare i vigili del fuoco. L’esclamazione “Do tuats brintschelen!” corrisponde infatti all’italiano “C’è puzza di bruciato!”. Il suffisso “-elen” è presente anche in altri verbi che descrivono odori sgradevoli. Se per esempio ci pare che qualcosa faccia “mistelen”, significa che c’è dello sterco a portata di naso, se una cantina fa “tebelen” c’è invece odore di muffa.
Le Opzioni
Dopo l’annessione, nel 1919, dell’Alto Adige all’Italia, uscita vincitrice dalla Grande Guerra, con l’avvento al potere del fascismo negli anni venti inizia l’“italianizzazione” dell’ex Tirolo meridionale. Il regime mussoliniano introduce toponimi italiani, scioglie le associazioni, vieta la lingua tedesca e nella nuova zona industriale di Bolzano crea posti di lavoro per gli immigrati del Sud.
Ma il progetto rischia di fallire: si rende necessario trovare un’altra soluzione al problema sudtirolese. Nel giugno 1939 Benito Mussolini si accorda con Adolf Hitler per il trasferimento dei sudtirolesi e nasce il patto passato alla storia come “Opzioni”: gli altoatesini di lingua tedesca vengono messi di fronte alla scelta se trasferirsi nel Reich tedesco o rimanere in patria come italiani a tutti gli effetti.
L’85-90 per cento sceglie di partire, e alla fine della guerra circa 75.000 optanti avranno effettivamente lasciato la loro terra natia. A convincerli era stata la promessa di una zona di insediamento a loro riservata, associata al benessere materiale. La realtà invece fu diversa: gli uomini idonei al servizio militare vennero inviati sui fronti di guerra e le famiglie contadine furono sparpagliate nelle aree occupate dai tedeschi.
Nel 1943 il corso della guerra arrestò il processo di emigrazione, e solo dopo il 1948 i sudtirolesi espatriati poterono rientrare legalmente in Alto Adige, dove però non avevano più nulla. Solo un terzo vi fece ritorno: l’immagine mostra l’arrivo dei rimpatriati alla stazione ferroviaria di Bressanone. Il fotografo Hermann Frass immortalò questi momenti commoventi.