Georges Rouault La notte della Redenzione
Georges Rouault La notte della Redenzione
Edizioni ETS
opere grafiche e disegni
Edizioni ETS
Georges Rouault La notte della Redenzione
Georges Rouault La notte della Redenzione
Edizioni ETS
opere grafiche e disegni
Edizioni ETS
Georges Rouault. La notte della Redenzione
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Georges Rouault La notte della Redenzione Opere grafiche e disegni
a cura di Andrea Dall’Asta S.I., Elena Pontiggia, Michele Tavola
Edizioni ETS
Con il contributo della Fondazione Marilena Ferrari-FMR
www.edizioniets.com
Mostra promossa in collaborazione con Galleria San Fedele di Milano Istituzione Musei Civici del Comune di Bologna
Si ringrazia G. e C.A. Sas - Gestioni e Consulenze Assicurative, in modo particolare Andrea Covini
G. e C. A. sas di Chiani, Covini e C. Agenzia Generale MILANO DUOMO Via Muratori 30 – 20135 Milano (MI) milanoduomo@cattolica.it gecasas@gecasas.191.it Un ringraziamento particolare a Luigi Tavola Giuseppe Panza di Biumo Giuseppina Panza di Biumo Caccia Dominioni Si ringraziano inoltre Adriano Guarnieri Giovanni Barbi Giuseppe Campus Maria Luce Cappelleri Giuseppe Ferrari Michelangelo Gamberini Giovanni Mascagni Giampietro Peghetti Centro Servizi Generali, Arcidiocesi di Bologna Volontari dell’Arcidiocesi di Bologna © Georges Rouault, by SIAE 2010
© Copyright 2010 Edizioni ETS Piazza Carrara, 16-19, I-56126 Pisa info@edizioniets.com www.edizioniets.com Distribuzione, PDE ISBN 978-884672582-0
Fondazione Cardinale Giacomo Lercaro Galleria d’Arte Moderna “Raccolta Lercaro” Presidente Fondazione Cardinale Giacomo Lercaro S. E. Mons. Ernesto Vecchi Direttore artistico Raccolta Lercaro Andrea Dall’Asta S.I.
Georges Rouault La notte della Redenzione Opere grafiche e disegni
23 gennaio - 27 giugno 2010
Mostra a cura di Andrea Dall’Asta S.I., Elena Pontiggia, Michele Tavola Testi S. E. Mons. Gianfranco Ravasi
Presidente del Pontificio Consiglio della Cultura
Andrea Dall’Asta S.I. Chiara Gatti Elena Pontiggia Michele Tavola Repertorio bibliografico di Claudia Amato Progetto grafico catalogo Susanna Cerri Progetto allestimento e direzione lavori Paolo Capponcelli – Panstudio architetti associati, Bologna con la collaborazione di Rita Romagnoli Allestimento Tosetto allestimenti, Jesolo
Visite guidate a cura della Fondazione Cardinale Giacomo Lercaro e della Fondazione Marilena Ferrari-FMR. Si ringraziano Maria Lorenzini, Eleonora Onghi e Luca Vivona. In collaborazione con il settore “Arte e Catechesi” dell’Istituto Veritatis Splendor. Servizio di Sorveglianza Associazione Auser, Bologna Crediti fotografici © Fotografie delle opere di Georges Rouault Luca Casonato © Fotografie delle opere di David Simpson Alessandro Zambianchi – Simply.it Collezione Panza
Realizzazione e montaggio cornici Carlo Carisi, Bologna Progetto grafico mostra Enzo Grassi – Colpo d’occhio, Rimini Controllo conservativo delle opere esposte Mariella Gnani, Bologna Segreteria e coordinamento artistico Francesca Passerini Responsabile tecnico Pietro Caccia Dominioni Gestione organizzativa Alessandra Bonzi Ufficio stampa Arcidiocesi di Bologna con la collaborazione di Francesca Passerini
Fondazione Cardinale Giacomo Lercaro Galleria d’Arte Moderna “Raccolta Lercaro” Via Riva di Reno, 57 - 40122 Bologna Tel. +39 051 6566210-211 segreteria@raccoltalercaro.it www.raccoltalercaro.it
Georges Rouault. La notte della Redenzione
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«Jésus sera en agonie jusqu’à la fin du monde...» «Gesù sarà in agonia fino alla fine del mondo…», Miserere, 1926 (particolare)
Come è noto, Georges Rouault è considerato uno dei massimi esponenti dell’arte religiosa del Ventesimo secolo. Un artista scomodo, forse non ancora sufficientemente compreso. Tuttavia, oggi, più che mai, è necessario confrontarsi con la sua opera. Nel corso della sua vita Rouault ha messo in scena la debolezza e la vulnerabilità dell’uomo, osservando e studiando tutto ciò che, allontanando l’uomo stesso da Dio, ne mette in pericolo la salvezza. Nella sua attività di artista Georges Rouault lavora senza risparmiarsi e cerca, al tempo stesso, di essere coerente con la propria ispirazione interiore, rifiutando le mode imperanti e i facili successi. Vive intimamente i problemi del suo tempo, ne riconosce le contraddizioni e denuncia, senza risparmio, ogni ipocrisia. Tuttavia, nella sua opera non troviamo gli accenti del moralizzatore, quanto, piuttosto, uno sguardo di pietà sulle miserie e sulle povertà umane. Rouault identifica i limiti dell’uomo e ce li mostra senza riserve. Ma ogni sua opera è un’apertura alla speranza. Rouault tratteggia la notte che ogni uomo è chiamato ad attraversare per scorgere l’aurora della redenzione. Quello dell’artista francese è uno sguardo misericordioso che, per un credente come lui, è facile avvicinare a quello di Cristo, unico Salvatore del mondo, che denuncia apertamente il peccato ma offre la sua vita per tutti i peccatori. L’idea più viva che emerge guardando le opere di Rouault è forse quella di trovarsi di fronte allo stesso uomo che, ogni giorno, vediamo nelle immagini che ci provengono da ogni angolo del mondo: un uomo al quale hanno rubato la dignità, che deve vivere in una società attenta solo al benessere materiale e che, per questo, non esita a emarginare i deboli, gli indifesi della storia. Ed è un invito al riscatto. † Ernesto Vecchi
Presidente della Fondazione Cardinale Giacomo Lercaro
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Georges Rouault. La notte della Redenzione
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«C’est par ses meurtrissures que nous sommes guéris» «Dalle sue piaghe siamo stati guariti», Miserere, 1922 (particolare)
Sono particolarmente felice di poter offrire il mio contributo alla mostra dedicata a Georges Rouault presso la Galleria d’Arte Moderna “Raccolta Lercaro”. Della Galleria, e della Fondazione Cardinale Giacomo Lercaro di cui è emanazione, condivido profondamente la volontà di dimostrare nei fatti ciò che la Chiesa ha più volte ribadito a proposito della funzione dell’arte come vero e proprio strumento di evangelizzazione capace di rendere «percepibile e, anzi, per quanto possibile affascinante il mondo dello spirito, dell’invisibile, di Dio». Rinnovare il fecondo rapporto tra l’arte e il sacro mostrando le immense potenzialità che l’arte contemporanea sa esprimere quando viene fecondata dalle parole delle Scritture, rappresenta uno degli obiettivi fondamentali della Fondazione Marilena Ferrari-FMR, impegnata dunque a ricomporre nel presente quel rapporto tra etica ed estetica che ha caratterizzato i momenti più alti della storia dell’arte di tutti i tempi. La Fondazione Marilena Ferrari-FMR crede fermamente nella possibilità di questa rinnovata unione tra ciò che è bello, buono e vero, così come crede che l’arte sia il luogo dove i valori e l’identità di una società possono trovare la loro ideale dimora nella bellezza delle forme e nella profondità del senso. Da questo punto di vista l’opera di Georges Rouault assume un valore particolarmente importante, direi quasi esemplare, potendosi leggere come un grande viaggio nella sofferenza degli offesi e degli ultimi a cui l’artista offre la solidarietà dell’uomo e la speranza di riscatto del credente. La centralità della riflessione sulla figura di Cristo di Rouault trova una ideale continuità di intenti nel lavoro sul Discorso della Montagna che la Fondazione Marilena Ferrari-FMR ha recentemente commissionato al pittore forlivese Nicola Samorì, e che dal mese di febbraio 2010 sarà esposto nella stessa Galleria Lercaro, consentendo ai visitatori un confronto tra modalità per molti versi differenti di affrontare il tema antico eppure attualissimo dell’incontro di un artista con il mistero dell’Imago Christi. Marilena Ferrari
Presidente della Fondazione Marilena Ferrari-FMR
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Georges Rouault. La notte della Redenzione
Georges Rouault. La notte della Redenzione
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Rouault e l’Incarnazione
Squelette dansant Scheletro danzante, Les Fleurs du mal, 1934 (particolare)
Mons. Gianfranco Ravasi
Presidente del Pontificio Consiglio della Cultura
«Non mi sento di far parte integrante della vita
Miserere che intreccia male e liberazione, pec-
è lo svelamento supremo della luce, per Goe-
moderna. Il mio vero mondo va a ritroso nel
cato e redenzione proprio come nell’omonimo
the esso era piuttosto la sofferenza della luce
tempo, risale all’età delle cattedrali». Questa
Salmo 51 (50) assegnato dalla tradizione al re
che si frange e rifrange nello spettro cromatico
confessione autobiografica di Rouault – che
artista, Davide. Ancor di più, direi che tutta la
perdendo la sua unità “simbolica”. Ebbene, Rou-
ammicca anche alla sua genesi artistica primi-
sua opera – prescindendo dal rimando esplicito
ault ha scelto una via sconcertante, quella del
genia, quella di maestro restauratore di vetrate
al codice sacro – è costantemente una celebra-
nero che a prima vista sembra essere non solo
medievali – mi permette di svolgere una libera e
zione dell’Incarnazione, il centro teologico del
la cancellazione del colore, ma della stessa luce.
modesta riflessione personale su questo artista,
cristianesimo.
In realtà, il suo è un ossimoro visivo perché la
al quale sono dedicate, nel volume che abbiamo
Infatti, le sue prostitute, i suoi clown, i giudici,
sua è una luminosità notturna, è la luce che si
tra le mani, ben più importanti e accurate ana-
gli orrori della guerra, gli stessi “fiori del male”
annida nel grembo della tenebra fonda. In lui il
lisi ermeneutiche. Egli, infatti, con la sua opera
non fanno che trasformare in teofania anche i
nero diventa non assenza, ma la nuova sintesi
incarna alcuni elementi capitali di un’antica
bassifondi della storia, sulla scia di quel Cristo
dei colori perché, come diceva de Musset, i «can-
tradizione che non temeva di inserire nei propri
che non era venuto per i sani ma per i malati,
ti più belli sono i canti più disperati». In questa
Statuti d’arte una dichiarazione come quella che
che andava in cerca di chi era perduto, che non
linea si ritrova, allora, il cuore stesso dell’Incar-
leggiamo nel programma degli artisti senesi del
temeva la cattiva compagnia degli ultimi, dive-
nazione, la passione e la morte del Figlio di Dio.
Trecento: «Noi siamo manifestatori agli uomi-
nendo ospite di quell’“albergo dei poveri” che è
Un evento che è di sua natura anch’esso un ossi-
ni che non sanno lettura, delle cose miracolose
la regione della notte, dell’emarginazione, del
moro (Dio non può morire perché eterno); eppu-
operate per virtù della fede».
rifiuto. Per questo la figura più amata, sulla qua-
re, esso si fa realtà divenendo «scandalo e stol-
Rouault rivela la profonda sororità tra arte e
le il pittore parigino ricama le sue più intense e
tezza» per la logica formale, come dirà San Pao-
fede, tra immagine e icona, tra simbolo ed epi-
tormentate iconografie, è quella del Christus
lo, ma che è «potenza e sapienza» divina, perché
fania, tra illustrazione ed esegesi. Non per nulla
patiens che trascolora nelle fisionomie dei mi-
è proprio entrando nel dolore e nella morte che
la sua vita e la sua opera furono ribaltate e fe-
serabili della storia. Proprio per questo anche un
Dio può redimere la caducità e il male della sto-
condate dall’incontro sia con uno scrittore fiera-
teologo, com’è chi ora scrive, non ha potuto far a
ria. Per questo la cultura delle origini cristiane, a
mente religioso come Léon Bloy, sia con un pen-
meno di avere sulle sue pareti domestiche una
partire dal III secolo, non temette di immaginare
satore ininterrottamente in marcia sul crinale
litografia rouaultiana.
per Cristo un viso deforme, di accogliere nel suo
tra filosofia e teologia come Jacques Maritain.
E qui entra in scena un altro elemento sugge-
profilo il nero della bruttezza, sulla scia del Servo
Anzi, le sue più possenti litografie sono scandi-
stivo che connette arte e spiritualità, quello del
sofferente cantato da Isaia: «Non ha apparenza
te da titoli emblematici, come l’indimenticabile
colore. Sappiamo che, se per Guitton il colore
né bellezza per attrarre il nostro sguardo, non
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Georges Rouault. La notte della Redenzione
«Nous devons mourir, nous et tout ce qui est nôtre» «Noi dobbiamo morire, noi e tutto quello che è nostro» Miserere, 1922 (particolare)
splendore per poterne godere» (53,2). Lapidario era stato Origene: «Gesù era piccolo, sgraziato, simile a un uomo da nulla», appunto ai clown e agli emarginati sociali di Rouault. Eppure, «è per le sue piaghe che noi siamo stati guariti», continuerà Isaia (53,5), facendo balenare l’alba della Pasqua quando, «dopo il suo intimo tormento vedrà la luce… e il giusto mio Servo giustificherà molti» (53,11). Cantore dell’Incarnazione, Rouault merita forse la definizione che spesso gli attribuiscono i manuali: «il maggior pittore d’arte sacra del Novecento». In realtà, la sua è, però, arte allo stato puro, che non registra e rappresenta il visibile sottoponendolo a decifrazioni con strumenti estrinseci filosofici o teologici o piegandolo ai canoni della catechesi o dell’apologetica. Egli nel visibile, pesante e carnale, tenebroso e opaco, cerca invece di intravedere l’Invisibile che vi è custodito. Un po’ come affermava Hermann Hesse nel suo Klein e Wagner: «Arte significa: dentro a ogni cosa mostrare Dio».
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Georges Rouault. La notte della Redenzione
Georges Rouault. La notte della Redenzione
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Georges Rouault. La notte della redenzione
Qui ne se grime pas? Chi non si maschera?, Miserere, 1923 (particolare)
Andrea Dall’Asta S.I.
Direttore della Raccolta Lercaro
Mai come nel secolo scorso l’espressione arti-
europee. All’ottimismo dei primi anni del No-
male per smascherarne le seduzioni, le continue
stica ha avuto difficoltà a dare voce alla fede
vecento segue un periodo in cui l’uomo è chia-
metamorfosi. Occorre prendere coscienza di
cristiana. Per Georges Rouault, uno dei prota-
mato a guardare la propria meschinità. La sto-
come il male sia presente nel cuore dell’uomo,
gonisti della pittura europea del Novecento, la
ria non è un continuo e inarrestabile cammino
nelle sue intenzioni profonde, nei suoi disegni di
dimensione di fede è, al contrario, la fonte ispi-
verso un progresso infinito, ma ci sono fratture,
morte, nella sua farisaica ipocrisia. L’espressio-
ratrice di tutta la sua attività artistica. La sua
lacerazioni, all’origine di drammi che non pos-
ne artistica è una denuncia di quanto si annida
fede non può essere relegata nell’intimità della
sono essere occultati o cancellati.
nell’uomo e che si ripercuote nella società. Di
coscienza, in un misticismo separato dal mon-
Tra il 1920 e il 1930 l’opera di Rouault emerge
fronte alla vertigine del male commesso, non
do. Per l’artista francese, la fede è testimonianza
come uno scomodo monito di fronte a ogni
può esserci che una condanna o un castigo, ma
di vita. L’arte è una vocazione, esplorazione del
facile e illusorio ottimismo. Rouault si oppone
al tempo stesso, la speranza di una redenzione
mistero. In un clima in cui molti artisti osten-
a qualunque visione estetizzante dell’arte. Di
possibile.
tano un atteggiamento anti-religioso, Rouault
fronte ai massacri e ai genocidi della storia re-
non esita a dichiararsi apertamente cattolico,
cente, non ci può essere alcuna ricerca di un’arte
Il segreto della bellezza
osservante.
che si fondi sui valori autonomi del colore o sui
I temi affrontati da Rouault sono molteplici.
Questo aspetto è fondamentale per compren-
valori puri dei segni grafici. Nessun presupposto
Si incentrano su di un’umanità popolata da
dere come per Rouault, a differenza di tanti ar-
edonistico può essere alla base di una seria ri-
clown, prostitute, giudici, vagabondi, tipi grot-
tisti del Novecento, sia stato impossibile avere
cerca artistica. Di fronte ai traumi laceranti della
teschi, poveri e umili che si contrappongono
imitatori. Rouault resta isolato nel panorama
storia, nessuna fuga in mondi mitici e illusori, di
a presuntuosi e ricchi. Nel suo primo periodo,
artistico europeo. Il suo fare pittorico, abitato da
sogno o di pace, è ammissibile. Nessuna joie de
Rouault si concentra sulle miserie e sull’oscuri-
un’intensa carica espressiva e da un feroce anti-
vivre, nell’immersione della quieta serenità di
tà del peccato in cui s’immerge la tumultuosa
esteticismo, è troppo “personale”. Rouault rima-
una mitica età dell’oro, come proclama Matisse,
vita dell’uomo. In un secondo tempo i soggetti
ne ancora oggi una voce che grida nel deserto
è più ormai rappresentabile. Rouault è interpre-
si collocano in un orizzonte di pace e di quiete.
e indica un sentiero da percorrere nel dramma
te di una presa di coscienza individuale e collet-
Con un espressionismo dai tratti forti e ben
della propria solitudine.
tiva di un’umanità che misura l’orrore commes-
marcati, Rouault riflette su soggetti sacri, ma-
I grandi cicli del pittore francese si collocano
so, il tradimento perpetrato nei confronti della
ternità, figure femminili, volti di Cristo… A una
dopo la grande guerra del 1915-1918. Sono anni
vita, le fratture provocate da una cieca ottusità.
visione dalle forti tinte drammatiche succede
di ripensamento, di “ritorno all’ordine” dopo
Rouault non parla di avvenimenti cronachistici.
una calma che si fa espressione di una pienezza
l’anarchia delle esperienze delle avanguardie
Cerca piuttosto di risalire alle radici stesse del
di vita, di una speranza di riscatto. Una presenza
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Georges Rouault. La notte della Redenzione
Samson tournant la meule Sansone che gira la macina 1893 (scheda catalogo n. 1)
costante accompagna e ispira tutta l’opera del
d’amore. Come dice il grande scrittore francese
tratti, le sofferenze, le tribolazioni, i drammi. Nel
pittore: Gesù Cristo. È il Christus patiens, raffigu-
François Mauriac:
volto dell’uomo e nel volto di Cristo è la risposta
rato nella maestà del suo dolore, devastato e su-
«I suoi clown hanno dei volti di Cristo devastato
alla miseria umana. Quel povero sofferente e in-
blime allo stesso tempo, lacerato e risplendente
e sublime, e le sue prostitute sono delle Maria
sanguinato, siamo noi. Nella sua vita leggiamo
di luce.
Maddalena giunte alla fine della notte. La brut-
la nostra. Nella sua vita diamo un senso al mi-
tezza artificiale delle tele di Picasso spesso mi
stero della nostra esistenza. Senza la sofferenza
Ogni dipinto di Rouault è un viaggio negli abissi
mette a disagio, quella dipinta da Rouault mi
di Cristo, la bruttezza infernale di questo male
dell’animo umano. Una denuncia lucida e spie-
commuove. […] Non so più chi abbia osservato
non può essere accettata. Occorre contemplare
tata. Nelle impressionanti e disfatte prostitute,
che nelle Cattedrali romaniche, Satana aveva
quei volti lividi e sformati, non perché ce ne ver-
dai corpi abbruttiti e deformati, o nei volti in-
qualcosa di Dio. Ebbene direi che nelle vertigini
gogniamo, quanto piuttosto perché possiamo
quietanti e urtanti dei giudici, nella malinconia
di bruttezza di Rouault, attraverso il suo infer-
riflettere, pregare, riscattarci.
dei clown, nella disperazione dei vagabondi, si
no, c’è una promessa di paradiso. Alle frontie-
Gesù porta su di sé il peccato del mondo per li-
rispecchia la miseria e l’abiezione dell’uomo. Di
re dell’universo dipinto da Rouault comincia
berare l’uomo dal male che l’avvolge. Si identifi-
ogni uomo.
la grazia. […] I contorni cupi delle sue tele sono
ca con ciascuno uomo per salvarlo, indicandogli
Tuttavia, se da un lato ogni dipinto è un gelido
come l’aura mistica della sua pittura. […] La ta-
la direzione dove nasce l’aurora. Accompagna
e scioccante capo d’accusa, dall’altro Rouault
volozza di un Rouault è una sorta di dito di Dio
l’uomo alle frontiere dell’universo per indicargli
esprime un dolore profondo, una solidarietà cri-
sulle piaghe del mondo. […] Rouault è il giusto
dove inizia la luce della grazia. Si fa vittima del
stiana, un’intensa commiserazione. Dio si china
che si accusa a nome di tutti gli uomini, e ciascu-
male, della sopraffazione e della violenza per ac-
sulla miseria del mondo. Le lacrime della sua
na delle sue opere afferma la prova del perdono
compagnarlo verso la luce della speranza. Con-
pietà riscattano la meschinità umana. Solo nel-
di Dio» .
duce l’uomo al limitare della notte perché possa
la misericordia è possibile sostenere lo sguardo
La pittura di Rouault diventa una sorta di dito del
volare sulle ali dell’aurora.
di quei volti grifagni e inquietanti. E così terri-
perdono di Dio sulle ferite del mondo. Questa
bilmente umani. Senza misericordia ci sarebbe
umanità ferita, ferocemente dipinta nella sua
Il Miserere
solo condanna, rigetto, rifiuto. Senza via d’usci-
atroce bruttezza, precipiterebbe nelle tenebre
Il Miserere, terminato nel 1927 e pubblicato nel
ta. Senza appello.
se non fosse illuminata da Gesù. Rouault scru-
1948, forse l’esito più alto dell’artista francese,
Quegli uomini, in fondo, siamo noi. Con gran-
ta il male in ogni uomo, senza compiacimenti.
è strettamente legato alla guerra del 1914-1918.
de umiltà Rouault si mette dalla parte di questi
Con contrasti violenti, senza sfumature, ne fa
Nelle 58 acquetinte, Rouault proclama una pro-
“ultimi”, come per chiedere a Dio il perdono,
un’atroce e vendicatrice caricatura. Tuttavia, in
testa contro la miseria, l’ingiustizia, la guerra
per loro. Come un giusto che si accusa a nome
Gesù, Dio è vicino a ogni uomo, assumendone i
e l’impotenza dell’uomo davanti alla morte.
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di tutti gli uomini, perché questi siano salvati. Questi volti caricaturali e grotteschi non possono sprofondare nella disperazione del peccato. C’è un cammino di redenzione possibile. In Gesù, Dio è solidale con gli ultimi della storia. L’arte di Rouault è abitata da un’esigenza
Tuttavia, c’è una speranza che può riscattare F. Mauriac, Un geste d’amour, intervista raccolta da A. Parinaud in “Arts”, 10 luglio 1952, citato in Hommage à Georges Rouault, numero speciale di “XX siècle”, Paris 1971, pp. 76 e 80. Riprendo la citazione da N. Possenti Ghiglia, Il volto di Cristo in Rouault, Milano 2002, pp. 11-12.
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Georges Rouault. La notte della Redenzione
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questo dolore. È l’amore del sacrificio di Cristo. Un’immagine di Maria con il suo bimbo porta come titolo “In tempi neri di provocazione e incredulità, la Madonna di Finisterre vigila”, una deposizione è presentata come “Il giusto, come
legno di sandalo, profuma l’ascia che lo colpisce”. La risposta di Rouault all’ingiustizia, alla violenza, alle contraddizioni di una società accecata nella ricerca del successo e fondata sul potere del denaro e la corruzione, è Gesù crocifisso. Rouault si concentra su volti taciturni, vagabondi, chiusi nella propria sofferenza, gonfi di un nero bituminoso, come a conservare quell’oscurità della terra da cui provengono. Sono la rappresentazione del fallimento della condizione umana, la pattumiera del mondo. L’immagine stessa di Cristo sulla Croce. La loro bocca non parla, è come socchiusa. La drammaticità della storia non può essere rifiutata, ma deve essere vissuta fino in fondo. Tuttavia, custodiscono una speranza. La grandezza dell’uomo è nell’accettazione del dolore. I volti del Miserere, ben lontani dalla sovrumana grandezza degli eroi greci, sono il controcanto del Magnificat. Dio ha scelto gli ultimi, i marginali, i rifiutati dalla società. Su di loro ha posato il suo sguardo. Consapevoli del loro fallimento, attraversano gli abissi del Venerdì Santo. Custodiscono la povertà delle proprie mani, la miseria dei loro volti di dolore. Sono feriti, ma non disperati. Sono l’epifania dell’Ecce Homo. Senza speranza, portano la speranza. È la scommessa di Paolo di Tarso: spes contra spem. Il Miserere è un grido di dolore. Molto diverso, tuttavia, dal grido disperato de l’Urlo di Munch. È il grido di chi, senza speranza, custodisce la speranza. La salvezza è lo sguardo di misericordia di Dio su quei volti. È il velo di pietà sulla miseria umana. È lo stesso grido del Figlio di Dio sulla Croce. Rouault tratteggia i contorni di un Dio della con-
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Georges Rouault. La notte della Redenzione
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Le dur métier de vivre... Il duro mestiere di vivere… Miserere, 1922 (particolare)
dizione del limite che, malgrado il limite, può
L’armonia, l’euritmia, la proportio di derivazio-
coglie la luce della risurrezione. Ciascuna tela è
dire la vita in lui. Come il sole nel suo viaggio
ne classica non permettono di avvicinarci alla
dipinta con un solo colore. Tuttavia, guardando
notturno. Il sole attraversa la notte, ma occor-
sofferenza di quell’uomo. Non reggono l’atro-
attentamente le superfici, si nota come la pen-
re attendere l’alba per poterlo vedere. Occorre
cità della storia. La bellezza di questo Dio si na-
nellata abbia direzionalità differenti. L’angolo di
attraversare gli abissi della notte per potere gu-
sconde, sub contraria specie, nel volto davanti
incidenza del pennello sulla superficie cambia
stare la bellezza della luce.
al quale ci si copre il volto. Questa bellezza ca-
continuamente. La tela appare sempre mutevo-
Per Crucem ad Gloriam? Rouault può rappresen-
povolge il movimento ascensionale che si con-
le e provvisoria. La luce del giorno muta, infatti,
tare in quel volto sfigurato una nuova modalità
centra sull’amore divino che ci eleva nelle altez-
istante dopo istante. I riflessi della luce variano
di raffigurare la bellezza che si fa densità di sen-
ze cristalline dei cieli di un mondo già redento.
senza sosta. Questa superficie contiene imma-
so, la quale rivela un amore che arriva sino alla
La sua bellezza è concepita come Kenosi, in cui
gini inafferrabili di luce, sempre cangianti, mu-
fine. La bellezza esprime il carattere etico della
Dio si dona, perché la vita dell’uomo sia piena.
tevoli. Il quadro si presenta come uno specchio
vita. Il significato più profondo della vita. L’as-
In questo senso, più che la via ascensiva dell’uo-
gettato sul cielo che vive della mutevole luce
sunzione di un’esperienza pienamente umana.
mo, Rouault delinea i tratti di un Dio che, dall’al-
del giorno. Presenze dell’infinito nel finito. La
La salvezza è lo sguardo di misericordia di Dio su
to, scende per farsi prossimo di ogni uomo. In
superficie del quadro sembra come scomparire,
quel volto, quel velo di pietà sul dolore dell’uomo.
questo senso il Cristo è il luogo della Rivelazione
diventando pura vibrazione luminosa che si dif-
Il Cristo di Rouault è ben lontano dalle glori-
della Bellezza, del Verbo che scende negli abissi
fonde nello spazio.
ficazioni accademiche di un Dio sospeso tra
del Venerdì Santo. La sua Bellezza è amore che
È l’infinito nel finito di un’immagine. Come
nubi inaccessibili. In Cristo, Dio assume i tratti
si rivela. È la carità che si dona sino alla fine. È
l’esperienza che l’uomo fa di Dio. Va compresa
di un’umanità fallita, sofferente, lacerata. È un
l’esodo che Dio compie da se stesso verso l’uo-
in un percorso, in un cammino. Si tratta della
Christus patiens. È un Deus absconditus. È il servo
mo. La sua Bellezza si dà attraverso il dono della
storia stessa della salvezza. È la presenza di Dio
sofferente descritto da Isaia. È la kenosi del Servo
propria vita. È la Bellezza di una morte che si of-
al cuore della storia dell’uomo. È la luce della
di Dio che è «il più bello tra i Figli dell’uomo» (Sal
fre per la vita di un altro. La sua Bellezza è la pie-
trascendenza che illumina la nostra oscurità.
45,3). Il suo volto che perdona è per eccellenza la
tà con la quale Dio contempla la miseria umana.
Senza luce la nostra vita sarebbe solo piatta,
via della Bellezza. La sua forza è la sua spoglia-
Dio si rivela nel volto di Gesù. Grazie al Figlio di
inerte, sterile. Senza quella presenza di Dio che
zione, proclama Rouault, quasi a commentare
Dio, la sua luce s’irradia negli infiniti volti degli
la anima dal di dentro, l’esperienza umana spro-
Paolo di Tarso nella lettera ai Filippesi . Dio posa
uomini.
fonderebbe nelle tenebre del peccato. Occorre
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il suo sguardo su un’umanità cieca, abbruttita,
riconoscere l’infinito che abita in noi, al cuore
tragicamente soddisfatta di sé, incapace di ri-
La mostra si conclude con tre opere del pittore
di ogni esperienza. Questa luce è quel volto
conoscere la propria miseria. Questo sguardo si
americano David Simpson. Sono dipinti mo-
che interpella l’uomo in modo sempre nuovo
china su di loro per tendere una mano.
nocromi. Si tratta di modelli straordinari di
e inaspettato. Il cammino di Rouault ci mostra
La bellezza di Dio non può essere interpretata
specchi, di grandi superfici riflettenti, in grado
l’orizzonte in cui si situa la vita umana perché,
con le utopiche promesse del Rinascimento.
di assorbire la luce per poi irradiarla e diffon-
dall’oscurità di un peccato che ci avvolge, sap-
derla nell’ambiente circostante. Da Rouault a
piamo accogliere in noi, per sempre, la luce della
Simpson. L’attesa di una redenzione si fa qui
redenzione.
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cfr. G. Rouault, Sur l’art et sur la vie, Parigi 1971.
esplosione di luce. Al termine della vita, ci ac-
19
Georges Rouault. La notte della Redenzione
Georges Rouault. La notte della Redenzione
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Rouault al torchio
Être Dempsey ou L’acrobate Essere Dempsey o L’acrobata 1927-29
Michele Tavola
L’epopea grafica di Georges Rouault occupa
È emblematico il caso del Miserere, che costò
affinità stilistica e, a un esame sommario, si ri-
circa venticinque anni: ha inizio poco dopo lo
all’artista un lustro di fatiche in stamperia, tra
schia di confondere le due tecniche. L’anomalia
scoppio della Grande Guerra e si arresta quando
il 1922 e il 1927, quando finalmente si procedet-
o, meglio, l’originalità, risiede nel suo modo di
comincia il secondo conflitto mondiale. Un tem-
te alla stampa. Ma, pur avendo tutti i fogli già
incidere le lastre di rame. Per giungere a quel
po relativamente ristretto, se si pensa alla mole
pronti, che attendevano solo di essere raccolti in
tratto così largo e profondo, marcatamente pit-
immane della sua produzione al torchio, ma an-
una cartella e messi in commercio, Rouault de-
torico, che sembra steso con un pennello, l’arti-
che in confronto alla sua intera attività artistica.
cise di intervenire ancora sulle lastre, schiaren-
sta ha escogitato una maniera di lavorare unica
Rouault nacque nel maggio del 1871, durante la
do il segno e stravolgendo un lavoro che aveva
e decisamente innovativa per la sua epoca. Fin
Comune di Parigi, in rue de la Villette, nel dician-
raggiunto livelli qualitativi eccelsi. Dopo anni,
dai tempi di Goya gli incisori utilizzavano l’ac-
novesimo arrondissement, tra il pittoresco Parc
deluso dalle nuove sperimentazioni, finalmen-
quaforte per tratteggiare il disegno e per deline-
des Buttes Chaumont, che era stato costruito
te acconsentì alla biffatura delle lastre. Un’idea
are i contorni delle figure, mentre l’acquatinta
pochi anni prima, e la ripida rue de Belleville, che
così folle può essere giustificata solo dal suo
serviva per lo più a dare i chiaroscuri e le ombre.
dà il nome al quartiere. Anche nelle sue stampe,
tormento interiore, dal suo maniacale perfezio-
Rouault sovvertì le regole e arrivò a conferire un
l’artista si ricordò più volte dei desolati paesaggi
nismo e dalla sua perenne insoddisfazione. Del
senso assolutamente nuovo all’acquatinta, che
periferici, attanagliati dalla povertà, tra i quali
resto, anche quando dipingeva non si compor-
nelle serie dedicate al circo e in Passion è adot-
era cresciuto. Verso la fine del secolo, non anco-
tava diversamente: lavorava per anni a nume-
tata in purezza e nelle altre opere, comunque,
ra trentenne, era già un pittore conosciuto, ma
rose tele contemporaneamente, modificava
serve a creare i segni neri, ampi e potenti, che
alla grafica si accostò piuttosto tardi, solo intor-
quadri virtualmente conclusi decenni prima e
costituiscono l’ossatura del disegno. Invece gli
no ai quarantacinque anni. E quando abbando-
si separava dalle sue creazioni, sempre un poco
sfondi e i passaggi tonali vengono realizzati con
nò definitivamente le tecniche incisorie aveva
riluttante, solo quando mercanti e collezionisti
raschietto, rotella, brunitoio, puntasecca e qual-
davanti a sé ancora vent’anni di vita e di lavoro.
gliele strappavano letteralmente di mano.
siasi altro strumento venga ritenuto opportuno
È difficile districarsi all’interno del suo comples-
Se si riflette su questo particolare modus ope-
dall’autore: l’esito, come si può immaginare,
so opus grafico ed è quasi impossibile tracciare
randi, si può comprendere perché l’opera gra-
porta a una tecnica sporca e imbastardita, as-
un percorso cronologico lineare, a causa del
fica di Rouault presenti una forte omogeneità
solutamente indefinibile e incredibilmente af-
singolare modo di procedere tipico dell’artista.
stilistica e perché, in un’attività protrattasi per
fascinante. L’aneddotica racconta che Ambroise
Il primo ciclo importante a cui Rouault mette
un quarto di secolo, non si registrino evidenti
Vollard, mercante ed editore di Rouault, un gior-
mano è Réincarnations du père Ubu, progettato
e sostanziali evoluzioni. Cambiano i sogget-
no abbia incontrato l’artista armato di tutto ciò
intorno al 1916, mentre l’ultima tiratura licen-
ti, i temi delle serie e le soluzioni compositive,
che serve per fare un’incisione e gli abbia chie-
ziata è quella relativa al grande foglio a colori
estremamente variegate e originali, ma il segno
sto se avesse intenzione di eseguire acqueforti,
(alto quasi 80 cm e largo quasi 60) raffiguran-
di Rouault è sempre coerente e inconfondibile.
acquetinte, bulini o puntesecche. La risposta
te La baie des trépassés, nel 1939. Ma tra l’alfa e
Confrontando la produzione litografica e quel-
dell’artista fu lapidaria: «Chiamatele come vole-
l’omega il cammino è tortuoso, perché Rouault
la calcografica di qualsiasi artista, si nota una
te... Mi danno una lastra, io mi ci butto sopra»1.
affronta contemporaneamente cicli diversi,
differenza nel tratto dovuta, naturalmente, alle
Un criterio di lettura, frequentemente adottato
spesso protrae il lavoro per svariati anni e non
differenze insite in ciascuna tecnica. Ma se si ac-
dalla critica, efficace per districarsi nella giungla
si nega la possibilità di riprendere e rielaborare
costano un’incisione su rame e una litografia di
lastre considerate finite molto tempo prima.
Rouault si rimane sbalorditi dalla sorprendente
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Georges Rouault. La notte della Redenzione
1
P. Courthion, Georges Rouault, Milano 1964, p. 188.
Le bain, Il bagno 1913-1918 circa (scheda catalogo n. 2)
della grafica rouaultiana, concerne l’analisi dei
alla contemporaneità e la capacità di raccontare
cui collaborava a dedicarsi a questa tipologia di
temi e delle iconografie. Escluso Réincarnations
“Il duro mestiere di vivere”, per citare il titolo di
opere, singolari per l’epoca e guardate con dif-
du père Ubu, che rappresenta un episodio isola-
un’incisione del Miserere di cui si riparlerà oltre.
fidenza tanto dai collezionisti di quadri quanto
to e una curiosa eccezione sulla quale si tornerà
L’interesse di Rouault per la stampa d’arte nac-
dai bibliofili. Solo con tali premesse si può spie-
dettagliatamente più avanti, si può operare una
que quando Vollard lo convinse a dedicarsi
gare quanto accadde nel lungo e intenso rap-
divisione in opere di soggetto religioso e opere
all’incisione e il suo addio alla grafica coincise
porto tra il mercante e Rouault.
di soggetto laico. Ma sarebbe più corretto par-
con la morte del grande mercante. Non sono
Nel 1907, interessato dalle sue ceramiche, Vol-
lare di una parte della produzione di ispirazione
semplici coincidenze, Vollard svolse un ruo-
lard lo avvicinò per proporgli un contratto:
spirituale e di una parte più terrena e squisita-
lo straordinariamente importante e, senza le
avrebbe voluto l’esclusiva sulla sua produzione,
mente umana. Nel primo nucleo entrano di di-
sue assidue e costanti sollecitazioni, alle quali
ma l’artista non se la sentì di legarsi in manie-
ritto il Miserere, Passion, i Paysages légendaires e
l’artista rispondeva a volte con entusiasmo a
ra così vincolante. Nonostante il rifiuto, i due
la grande crocifissione del 1936; alla seconda se-
volte con fastidio, Rouault non sarebbe dive-
divennero amici e iniziarono a frequentarsi
zione, invece, afferiscono le due serie di incisioni
nuto l’incisore che conosciamo. E non è un caso
sempre più assiduamente. Ma si può dire che
dedicate al circo (Cirque e Cirque de l’étoile filan-
nemmeno il fatto che il mercante chiedesse al
Vollard divenne davvero il suo mercante, per ri-
te), i cicli litografici intitolati Saltimbanques, Sou-
suo artista di dedicare tempo, molto tempo, al
coprire questo ruolo fino alla fine dei suoi giorni
venirs intimes, Maîtres et petits maîtres d’aujou-
lavoro in stamperia. Ripercorrere le tappe del so-
quando, nel 1913, acquistò l’intero contenuto
rd’hui, Grotesques, La petite banlieue e la grande
dalizio tra i due è indispensabile per ricostruire
dello studio di Rouault, ovvero settecentoset-
stampa Automne. Sul crinale tra le due grandi
correttamente il percorso artistico di Rouault.
tanta opere tra dipinti, bozzetti e disegni, molti
categorie ideali, si collocano Les fleurs du mal, in
Vollard, nelle sue memorie, ricorda che il giova-
dei quali ancora incompiuti, per la cifra di 49.510
cui si coniugano tavole che privilegiano un’in-
ne Rouault, negli anni novanta dell’Ottocento,
franchi3. Durante la Grande Guerra il pittore si
terpretazione mistica del lavoro di Baudelaire e
frequentava la galleria di rue Laffitte, a due pas-
occupò di custodire i tesori di Vollard: circa set-
fogli che rappresentano il teatro della vita, quali
si dall’Opera, e visitava le sue prime esposizioni .
tanta casse, nascoste in provincia, a Saumur,
il lacchè o le vecchie cortigiane tristemente so-
Tra il 1896 e il 1897 Vollard pubblicò i due mitici
vennero stipate di dipinti di Cézanne, Degas,
pravvissute a loro stesse. Georges Rouault era
Album des peintres-graveurs, per i quali chiese
Renoir, Gauguin e molti altri. Ai curiosi che chie-
profondamente cristiano, attento all’essenza
ai suoi artisti incisioni e litografie: era l’origi-
devano a cosa facesse la guardia, Rouault ri-
del messaggio evangelico tanto nella sua esi-
ne di una nuova tradizione artistica, quella del
spondeva che si trattava di vasi da notte. Proprio
stenza quotidiana quanto nella sua opera, e tra
pittore-incisore, che in Francia ebbe un successo
in tempo di guerra nacque l’idea per il primo
i suoi amici più cari si annoverano Jacques Ma-
enorme per dilagare poi in tutto il mondo. Non
libro d’artista commissionato da Vollard, il già
ritain, uno dei più insigni pensatori cattolici del
soddisfatto, agli albori del nuovo secolo, Vollard
citato Réincarnations du père Ubu. Il mercante-
Novecento considerato tra i massimi esponenti
si lanciò anche in imprese editoriali che rivolu-
editore aveva anche velleità letterarie e, benché
del Neotomismo, e Léon Bloy, scrittore dive-
zionarono la storia del libro d’artista. Convinse,
nuto celebre per il misticismo apocalittico e la
o costrinse, praticamente tutti gli artisti con
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spiritualità intransigente. Questa componente è fondamentale per comprendere la sua opera, ma rimane centrale, anche nelle iconografie più strettamente religiose, la costante attenzione
A. Vollard, Ricordi di un mercante di quadri, Torino 1959 (ed. originale: Souvenirs d’un marchand de tableaux, Paris 1948), pp. 236-237.
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Georges Rouault. La notte della Redenzione
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3 Per una ricostruzione puntuale del rapporto commerciale intercorso tra Vollard e Rouault si rimanda a: Rebecca A. Rabinow, Vollard et Rouault, un lien indéfectible, in De Cézanne à Picasso. Chefs-d’oeuvre de la galerie Vollard, catalogo della mostra al Musée d’Orsay, Paris 2007, pp. 175-181.
non fosse un grande scrittore, creò una serie di pièces che hanno come protagonista Ubu, il leggendario personaggio inventato alla fine del XIX secolo da Alfred Jarry. Tra gli inizi del secolo e il 1930 scrisse Ubu colono, Ubu alle colonie, Père Ubu all’ospedale, Père Ubu in aviazione, Père Ubu alla guerra e Père Ubu nel paese dei Soviet. Una vera e propria saga, che l’artista accettò di illustrare a patto che il mercante sostenesse anche un altro progetto che gli stava particolarmente a cuore: il Miserere che, dal punto di vista editoriale, fu un vero e proprio calvario. Vollard, infatti, aveva l’abitudine di imbarcarsi in svariate imprese contemporaneamente, senza troppa fretta di portarle a termine. Di questo atteggiamento fece esperienza anche Chagall, che per l’eccentrico editore, nel giro di circa quindici anni, illustrò in sequenza Le anime morte di Gogol, Le favole di La Fontaine e la Bibbia. Per ciascun libro realizzò un centinaio di acqueforti, ma alla scomparsa di Vollard nessun volume aveva ancora visto la luce. Anche Rouault si trovò a lavorare simultaneamente su più fronti, e a collezionisti ed estimatori che domandavano per quale ragione esponesse così raramente, diceva che Vollard lo obbligava a illustrare troppi
ancora in vita, vennero pubblicati tre libri d’ar-
fatto autoprodotto. La morte di Vollard fu un
libri.
tista firmati da Rouault, Réincarnations du père
vero disastro per Rouault, che dovette intentare
Tra la fine degli anni Venti e gli anni Trenta i pro-
Ubu nel 1932, Cirque de l’étoile filante nel 1938
contro i successori dell’editore un processo, vin-
getti editoriali si moltiplicano, si affastellano, si
e Passion nel 1939, anno della morte di Vollard:
to solo nel 1947, per poter rientrare in possesso
sovrappongono e, per certi versi, si intralciano
quando scomparve improvvisamente a causa
delle ottocentosette opere ancora incompiute,
l’uno con l’altro. Nel 1927 le cinquantotto acque-
di un banale incidente stradale, il Miserere era
che si trovavano in un atelier di proprietà del
tinte che avrebbero effettivamente costituito il
ancora custodito nei suoi depositi. Si dovette
mercante. Ma soprattutto significò la fine del
Miserere erano pronte ma Rouault, pungolato,
aspettare la fine della guerra e la soluzione di
suo lavoro al torchio.
confortato e blandito dal suo editore, si lanciò in
diatribe con gli eredi del mercante perché il vo-
una serie di altre imprese, da Les fleurs du mal ai
lume potesse finalmente uscire, nel 1948, edito
Ancora un passo indietro. Dopo avere presenta-
cicli sul circo, fino a Passion. Mentre Vollard era
dalla Société d’Editions l’Etoile Filante ma di
to nel suo complesso l’opera grafica di Rouault e
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Georges Rouault. La notte della Redenzione
quale avrebbe successivamente dedicato molte illustrazioni. A fronte di questi primi esperimenti, dai quali si ha la sensazione di uno scarso interesse per il medium tecnico, risulta ancora più sorprendente l’exploit dell’Ubu sollecitato da Vollard che, come si è già sottolineato, è il vero demiurgo di Rouault incisore. Con questa serie di ventidue piccole lastre incise tra il 1916 e il 1919, per poi essere rilavorate nel 1928, appare in tutta la sua forza e la sua qualità il segno peculiare dell’artista. Il frontespizio è costituito da un’immagine lirica, un paesaggio tropicale al contempo fiabesco e inquietante, ma il tono dominante delle illustrazioni è caricaturale e sarcastico. Alcune tavole, quali Le noir libéré e Bamboula, mostrano la ricerca di un perfetto equilibrio formale, una solida struttura geometrica e un raffinato contrappunto cromatico ottenuto, non senza un tocco di ironia, con la contrapposizione tra bianchi e neri. L’invenzione più impressionante è Le poisson volant, un animale da moderno bestiario, che sembra evocare creature estinte o mitologiche. Ubu, invece, ha il corpo tozzo, tutto ventre, le gambe corte, la testa tonda e avere chiarito il ruolo chiave svolto da Vollard, è
plari e inciso in occasione della cena degli allievi
calva ed è senza collo: praticamente una mac-
giunto il momento di esaminare nel dettaglio il
del pittore simbolista Gustave Moreau, al quale
chietta che richiama le otto incisioni del 1926
suo tormentato percorso di incisore e litografo.
Rouault deve la sua formazione artistica. Si co-
riunite sotto il titolo di Grotesques, richieste da
Le prime e sporadiche prove giovanili non lascia-
nosce anche una copia in controparte, con pic-
Vollard per un album mai realizzato, ma che,
no certo presagire ciò che sarebbe accaduto nei
cole varianti, dell’incisione Le bain eseguita da
eventualmente, sarebbero potute servire per
tre decenni seguenti. Le due piccole puntesec-
Picasso nel 1905 e pubblicata da Vollard nel 1913
l’Ubu, come era specificato nel contratto tra
che risalenti al 1910, alte circa quindici centime-
all’interno della serie intitolata Les saltimban-
il pittore e l’editore. L’ipocrisia, la meschinità
tri e larghe nove, sono piuttosto acerbe: si tratta
ques: anche Rouault, come Picasso e molti altri
e l’ottusità benpensante sono condensate in
di un Pierrot, di cui si conosce solo qualche pro-
artisti di inizio secolo, amava profondamente il
fogli quali Les deux matrones, vanitose e mise-
va, e un nudo femminile, tirato in ottanta esem-
circo, che andava raffigurando nelle sue tele e al
rabili, Sainte-Nitouche, ovvero la “Santarellina”,
Georges Rouault. La notte della Redenzione
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Cristal de roche Cristallo di rocca 1918-1928 (particolare)
Le politicard e Bon électeur, che rappresentano
messi in stretta relazione, in un certo senso
ed edite rispettivamente dalle Editions des Qua-
due facce della stessa medaglia. I tipi umani,
sovrapposti e intimamente connessi l’uno con
tre Chemins e dalle Editions Porteret, ossia La
moralmente abietti e violentemente sferzati
l’altro. In due fogli esemplari, Toujours flagellé e
petite banlieue, direttamente ispirata a Bellevil-
dallo stilo di Rouault, ritornano, approfonditi e
Le dur métier de vivre, si vedono da un lato Gesù
le, e Paysages légendaires, di più ampio respiro,
amplificati, nelle sette litografie, realizzate tra il
flagellato, raffigurato come un semplice uomo,
in cui la natura ospita la parabola evangelica.
1927 e il 1929, che portano il titolo (ancora una
nudo e indifeso, dall’altro una persona comune,
Tra il 1925 e il 1932, mentre si stava ancora oc-
volta) di Grotesques, ma sono note anche come
prostrata dalla durezza della vita, rappresenta-
cupando del Miserere, Rouault realizzò tren-
Demagogie. Per questa tipologia di personaggi,
ta con la solenne sacralità del Cristo. E in questo
tacinque litografie edite da Edmond Frapier:
il modello ideale al quale Rouault si ispira è ine-
gioco di specchi tra dimensione umana e divina,
Grotesques, di cui si è già detto, Saltimbanques,
quivocabilmente l’opera litografica di Honoré
si inserisce bene la Madonna col bambino em-
relativa al mondo del circo, Maîtres et petits
Daumier che, con la sua vena satirica, nel XIX se-
blematicamente intitolata Bella matribus de-
maîtres d’aujourd’hui (con l’introduzione scritta
colo ha saputo criticare meglio di chiunque altro
testata, ovvero “Le guerre sono detestate dalle
da Maritain), in cui personaggi quali il pagliac-
la società francese.
madri”: dalle madri in generale e non solo dalla
cio o la prostituta, senza retorica e senza mora-
Ben altro impegno venne profuso nel Miserere,
madre del Cristo, con la quale, però, sono tutte
lismo, vengono presentati come maestri di vita.
il capolavoro assoluto, che tocca temi dramma-
idealmente identificate. La metafora della con-
Oltre alle serie, rientrano nelle edizioni di Fra-
tici e universali. Le grandi matrici vennero incise
dizione umana, che è il vero tema del Miserere,
pier anche tre varianti del Cristo in croce, di cui
tra il 1922 e il 1927 ma Rouault aveva iniziato a
è sintetizzata in quella che forse è l’incisione più
la prima venne inserita nell’album Les peintres
progettare il ciclo più ampio e complesso della
significativa del ciclo, nonché una delle opere
lithographes de Manet à Matisse, la Eve déchue
sua vita già nel 1912 e, negli anni della guerra,
più sublimi dell’intera produzione rouaultiana,
e un gruppo di sette ritratti per i Souvenirs inti-
aveva eseguito una serie di disegni. Vollard, a
ovvero il volto del clown triste, sotto al quale si
mes, il libro di memorie dedicato ai suoi maestri
insaputa del pittore, aveva fatto trasporre cento
legge la scritta Qui ne se grime pas?, “Chi non
ideali. La produzione litografica è indubbiamen-
disegni sulle lastre, fotomeccanicamente, con la
si mette una maschera?”. Tra i fogli più belli si
te meno importante, sia quantitativamente che
tecnica dell’héliogravure. Rouault, con un lavoro
annoverano alcuni paesaggi che raccontano il
qualitativamente, rispetto a quella calcografica,
estenuante, rielaborò i rami arrivando a realiz-
dolore dell’esistenza ancora più esplicitamen-
ma non è certo trascurabile. E se, con poche ec-
zare fino a quindici stati intermedi prima di ri-
te dei corpi straziati e martoriati. Si tratta, ad
cezioni, Vollard fu il committente delle incisioni,
tenersi soddisfatto e consentire la tiratura. Ma
esempio, di Mon doux pays, où êtes vous?, in cui
Frapier fu il principale editore delle litografie,
dei cento soggetti iniziali ne vennero selezionati
un piccolo e tranquillo villaggio è devastato dal-
nonché colui che spinse Rouault a dedicarsi a
solo cinquantotto. In un primo momento l’ope-
la guerra e, anziché vedere gli abitanti passeg-
questa tecnica (se si esclude un esperimento del
ra si sarebbe dovuta chiamare Miserere et Guer-
giare serenamente, troviamo cadaveri distesi
1910: La chevauchée, stampata a colori in venti-
re, per rispecchiare in maniera più didascalica il
in primo piano. Oppure di Rue des solitaires e di
cinque esemplari).
duplice tema, religioso e storico. Le crocifissioni
Au vieux faubourg des longues peines, in cui l’ar-
Negli anni Trenta Rouault scoprì l’incisione a
e le immagini di Cristo sofferente compaiono
tista raffigura, benché trasfigurato, il quartiere
colori e realizzò splendidi libri d’artista con la
ripetutamente e si alternano a desolanti visioni
di Belleville. Questo originale modo di intendere
collaborazione di Roger Lacourière, il più gran-
che testimoniano i disastri della guerra. Il dram-
il paesaggio è alla base delle due serie, ciascuna
de stampatore dell’epoca, al quale si affidavano
ma della Passione e la sofferenza umana sono
composta da sei litografie, entrambe del 1929
anche Picasso, Matisse e tutti i più grandi artisti.
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Georges Rouault. La notte della Redenzione
Satan II Satana II, Les fleurs du mal, 1926 (particolare)
Le otto acquetinte per Cirque, ideato insieme
annoverano tra le sue ultime opere grafiche:
all’amico André Suarès, però, furono realizzate
questo lavoro, però, a causa della scomparsa
nell’atelier di Maurice Potin. Questo progetto,
di Vollard rimase incompiuto. Negli anni Venti
nato sotto una cattiva stella, ebbe problemi di
l’artista si era già accostato a Baudelaire, realiz-
varia natura e dovette essere abbandonato. In-
zando quattordici incisioni in bianco e nero nel
nanzitutto il testo che, per i suoi espliciti attac-
1926-1927, ma fu costretto ad accantonare l’im-
chi antiamericani, non piacque affatto a Vollard,
presa perché era sopraffatto dal lavoro per l’Ubu
che proprio in quel periodo stava espandendo il
e per il Miserere. Solo nel 1966, otto anni dopo la
suo mercato negli Stati Uniti. E poi Rouault ri-
morte di Rouault, per volontà delle figlie, questi
mase insoddisfatto del lavoro svolto da Potin:
quattordici fogli vennero pubblicati dalla So-
se si confrontano questi fogli con i successivi
ciété d’Editions l’Etoile Filante. Da Les fleurs du
stampati da Lacourière, per qualità di stampa e
mal meritano di essere ricordate alcune opere
brillantezza dei colori, si può notare un’abissa-
tanto affascinanti quanto inquietanti, quali lo
le differenza. La delusione di Saurès fu grande
Squelette dansant, che reinventa l’iconografia
ma lasciò libero l’amico di lavorare a una nuova
medioevale della danza macabra, e i tre ritratti
edizione di Cirque. Nacque così Cirque de l’étoile
immaginari di Satana.
filante, creato tra il 1934 e il 1936, con testi scritti
Nel periodo estremo dell’attività grafica di
da Rouault stesso e diciassette acquetinte a co-
Rouault si collocano alcune stampe di grande
lori di straordinaria qualità: Le petit nain, Pierrot,
formato, che non appartengono a nessun ciclo.
La petite écuyère e Madame Carmencita sono
L’ultima, del 1939, è La baie des trépassés, riela-
solo alcuni degli indimenticabili personaggi
borazione di una tavola rifiutata del Miserere.
scaturiti dalla fantasia dell’artista. Suarès, però,
Un anno prima comparve Automne, di gusto
poté rifarsi scrivendo Passion, in cui racconta
vagamente simbolista, che rilegge, attraverso
la passione di Cristo aggiungendo personaggi
la lente rouaultiana, Les grandes baigneuses di
d’invenzione alle canoniche figure evangeliche,
Cézanne: si può facilmente notare come l’inter-
dando vita a un testo “apocrifo” intensamente
pretazione del pittore di Aix en Provence data da
spirituale. Il pittore, tra il 1928 e il 1932 fece un
Rouault sia diametralmente opposta a quella
primo tentativo, abortito, nella stamperia di
proposta da Picasso e dai cubisti. Prima di realiz-
Potin. Ma quando Saurès vide le diciassette ac-
zare l’incisione a colori del 1938, il nostro artista
quetinte a colori incise con Lacourière tra il 1935
tra il 1927 e il 1933 aveva eseguito una litografia
e il 1936, ne fu commosso. Pur rappresentando
di medesimo soggetto, di cui si conoscono dieci
un tema tragico, le incisioni di Rouault sem-
prove di stato. Ma il grande capolavoro è il Christ
brano trovare una certa serenità, con un ritmo
en croix del 1936 che, per certi versi, può esse-
narrativo più compassato e armonico rispetto
re ritenuto una sintesi ultima del messaggio
al passato. Nel biennio seguente fu la volta di
espresso nel Miserere, nonché il suo testamento
Les fleurs du mal, dodici incisioni a colori che si
spirituale.
Georges Rouault. La notte della Redenzione
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Georges Rouault. La notte della Redenzione
Georges Rouault. La notte della Redenzione
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«C’est une femme belle et de riche encolure...» «È una bella donna, con generosa scollatura…» Les fleurs du mal, 1927 (particolare)
Dal dramma allo stupore. Il sentimento della bellezza in Rouault Elena Pontiggia
Davanti ai quadri e alle tavole di Georges
femminile possa essere avvilita e diventare una
to di un «divertimento» che maschera «una
Rouault, uno dei maestri dell’espressionismo
fonte di dolore più che di gioia.
tristezza infinita». È, come si diceva allora, una
europeo, siamo spinti a chiederci, se non che
Non siamo di fronte a una Venere vincitrice,
donna di piacere che sarebbe più giusto definire
cosa sia la bellezza (questione troppo ardua per
ma a una creatura vinta, che nella solitudine
donna di dolore.
questa sede e, soprattutto, per le nostre forze),
della sua stanza si osserva senza farsi illusioni.
Del resto Rouault nelle sue opere non accen-
almeno che cosa sia la bellezza nella sua pittura.
Rouault la ritrae accentuandone gli aspetti più
tua solo la laidezza dei soggetti, ma anche il
Già intorno al 1902, infatti, il pittore di Belleville,
urtanti: non gli sfugge la morbidezza e la bian-
disfacimento dei segni. Osserviamo Cassiere
con qualche anticipo sull’esperienza della Brü-
chezza del suo corpo, ma si sofferma soprattut-
del circo ambulante (1904) o Parata (1907). Nel
cke e degli stessi fauves ai quali sarà accostato
to sui suoi occhi pesti e quasi sanguinanti, sul
vasto universo dell’espressionismo europeo si
(Matisse, Marquet, Manguin erano suoi amici
suo sguardo intristito e iroso, sul dettaglio più
possono trovare soggetti più drammatici, ma
e compagni di studi, allievi come lui di Gusta-
squallido che sensuale delle calze. La donna,
nessuno è tradotto in segmenti così corrosi, così
ve Moreau, e Rouault espone con loro al Salon
allora, diventa l’immagine dell’uomo, delle sue
scomposti e decomposti. Il mondo angosciato
d’Automne del 1905, quando il critico Louis Vau-
sconfitte, dei suoi fallimenti. Diventa l’equiva-
di Rouault, in cui la sensualità coincide con la
xcelles li definisce “fauves”, selvaggi), dipinge
lente del clown, che per Rouault era una meta-
degradazione, si riveste di un segno fragile, in-
una serie di opere, come Ragazza del circo, che
fora della vita.
tessuto di grumi, di sgorbi, di ragnatele doloro-
esplorano il brutto e l’osceno. All’equazione tra
È noto il racconto con cui l’artista, in una lettera
se. Un critico come Rivière parlava, nel 1910, di
arte e bellezza sostituisce quella fra arte e verità,
a Schuré del 1905, spiega quello che gli ha inse-
linee che «a forza di sdoppiarsi, di riprendersi,
cioè fra arte e dramma, e a questa nuova poeti-
gnato il mondo del circo. Un giorno, vedendo su
di attraversarsi, captano la forma nei loro infi-
ca si mantiene fedele per almeno un decennio.
un carrozzone un pagliaccio che rammendava
niti allacciamenti»2. Ma il disegno di Rouault,
Osserviamo, per esempio, Ragazza allo specchio
il suo vestito a lustrini, rimane colpito dal con-
nei primi anni del secolo, fa pensare semmai a
del 1906 (foto a pag. 32). Qui una donna giovane,
trasto «fra quelle cose brillanti, scintillanti, fatte
un processo opposto: a uno sfaldamento, a un
ma precocemente invecchiata, seduta davanti
per divertire e quella vita di una tristezza infinita.
disordine convulso, a una flagellazione di linee
alla specchiera, scruta impietosamente il suo
[...] Poi ho approfondito tutto questo. Ho visto
sulla tumefazione delle macchie.
corpo e i suoi occhi bistrati, segnati da un truc-
chiaramente che il “pagliaccio” ero io, eravamo
Analogamente il colore, nei suoi quadri, è domi-
co che sembra un grumo di sangue rappreso.
noi… quasi tutti… Quell’abito ricco, con i lustrini,
nato da un blu umido e sulfureo che, più che al
L’opera riprende l’iconografia classica della Ve-
è la vita che ce lo dà, siamo tutti dei pagliacci, più
primo Picasso, risale direttamente a Cézanne,
nere allo specchio, amata in particolare da Tizia-
o meno, portiamo tutti un abito con i lustrini» .
accentuando la drammaticità della composizio-
no e da tutto il Rinascimento veneto. Tuttavia,
Anche la Ragazza allo specchio, dunque, è una
ne. Le tecniche predilette dall’artista, poi, sono
mentre i maestri cinquecenteschi esprimeva-
sorta di clown: la sua nudità è come il vestito a
l’acquarello, la gouache, il pastello, l’inchiostro:
no con quel soggetto il trionfo della bellezza,
lustrini del pagliaccio e anche lei è lo strumen-
tutti linguaggi che esasperano anch’essi l’in-
1
consistenza e la vulnerabilità del segno.
simbolo dell’armonia della natura e del cosmo (un trionfo appena offuscato dal pensiero della brevità del tempo, perché lo specchio alludeva con discrezione alla fragilità e alla irrealtà delle cose terrene) Rouault constata quanto la grazia
G. Rouault, lettera a Edouard Schuré, 1905, ora in Rouault. Il circo, la guerra, la speranza, catalogo della mostra a cura di Elena Pontiggia (Milano, Fondazione Stelline, febbraio-marzo 2002), Milano 2002, p. 127.
1
29
Georges Rouault. La notte della Redenzione
Rouault dunque, agli inizi del Novecento, comJ. Rivière, Une exposition de Georges Rouault, “La Nouvelle Revue Française”, Parigi, 1 aprile 1910, p. 49. 2
Madonna col Bambino 1935-1939 (?) (scheda catalogo n. 3)
pie una trasmutazione dei valori estetici, così
francese, porta entro breve tempo alla chiusura
gere prostitute, figure del circo, volti e corpi
come Nietzsche invitava a compiere una tra-
dei conventi e l’artista deve tornare a Parigi. Ma
orridi, spingendosi verso esiti fino a quel mo-
smutazione dei valori etici. Al concetto classico
alle circostanze dolorose del fallimento della
mento mai osati. Tocca, così, il vertice estremo
di arte come ricerca della forma contrappone il
colonia segue, nel 1902, un periodo ancora più
di una «cattiva pittura» che non ha uguali in
concetto moderno di arte come ricerca della de-
drammatico. Gravato dal peso di una malat-
quest’epoca in Europa. Nessuno, a questa data
formazione.
tia, Rouault si trasferisce per curarsi ad Evian,
(1902-1904) dipinge opere altrettanto aspre e
Per il pittore di Belleville, comunque, la scelta
in Svizzera. Qui, fra le sofferenze della cattiva
sgradevoli.
di soggetti così drammatici e di uno stile così
salute, inasprite dalla solitudine, si verifica la
I suoi quadri sono dominati dai colori scuri: sono
disfatto esprimeva una vicenda esistenziale al-
svolta decisiva del suo percorso, quella che egli
quadri neri che Léon Bloy (lo scrittore interprete
trettanto dolorosa. Dopo la scomparsa (1898) di
stesso definirà «un momento di follia, o di gra-
di un cristianesimo radicale e apocalittico, che è
Gustave Moreau, di cui era stato l’allievo predi-
zia, a seconda dei punti di vista». Spiegherà,
stato anche troppo, ed erroneamente, avvicina-
letto, Rouault aveva attraversato un periodo di
infatti, in una lettera a Chabot del 1927: «Allora
to al pittore di Belleville, quasi fosse un suo alter
profondo smarrimento. Aveva abbandonato
l’aspetto del mondo è cambiato per me [...]. Ho
ego) definirà un «precipizio nelle tenebre»6.
l’accademia che, ormai, non aveva più interesse
visto quello che vedevo prima, ma con un’altra
Della drammaticità del periodo testimonia an-
per lui, e aveva anche rifiutato di dipingere “alla
forma e un’altra armonia. L’occhio a volte può
che Raissa Maritain, osservando che Rouault
Moreau”, respingendo le offerte dei tanti colle-
mentire? Nella solitudine hanno cominciato a
«viveva allora la fase più dolorosa della sua
zionisti che gli chiedevano opere nello stile e nel
sfilare clown ansimanti, Cristi oltraggiati, Or-
vita. I suoi dipinti neri, atroci, stupivano e scon-
gusto del maestro.
fei straziati dalle Baccanti». E aggiungerà che
certavano i suoi primi amici, i suoi compagni di
Pochi anni dopo, nel 1901, aveva trovato rifugio
le sue opere «non hanno valore, se non nella
studio. […] Egli ha dovuto vivere sulla sua pelle,
nell’abbazia benedettina di Ligugé, dove viveva
misura in cui sono stato commosso e sensibile
volente o nolente, il distacco dai canoni della
come oblato Huysmans, l’autore di À rebours,
alla voce interiore, lontano dalla perfezione con-
bellezza»7.
che allora, abbandonato il simbolismo estetiz-
venzionale e rassicurante dei virtuosi dal cuore
Rouault, dunque, crea col suo sofferto lirismo
zante, voleva radunare presso il chiostro una
spento» .
una pittura che non è più “bella” e che non aspi-
colonia di artisti. «Aveva in mente di formare un
Anche un anno prima, nel 1926, aveva scritto,
ra più non solo a un canone e a una forma idea-
piccolo centro, lontano dai riflettori e dai poli-
ricordando quel nevralgico momento giovanile:
le, ma anche all’armonia.
ticanti delle arti, dove ognuno pensasse solo al
«Ebbi allora una delle crisi morali più violente.
C’è però qualcosa che distingue le figure di Rou-
proprio lavoro; sognava di realizzare il suo pro-
Provavo cose che non si possono spiegare con
ault dagli eccessi di certi espressionisti e, più
getto intorno a un chiostro, dove ogni artista
le parole, e ho iniziato una pittura di un lirismo
ancora, dal cinismo di certi epigoni dell’espres-
avesse un piatto assicurato, e poca smania di
portato all’eccesso, che sconcertava tutti» .
sionismo. È, potremmo dire, un sentimento
affermarsi», scriverà Rouault stesso .
È appunto in quel periodo che inizia a dipin-
profondo di compassione e di partecipazione
3
4
5
La stagione di Ligugé dura solo pochi mesi: la legge contro le associazioni, voluta dallo Stato G. Rouault, Souvenirs intimes (1926), ora in B. Dorival, Georges Rouault. Sur l’art et sur la vie, Parigi 1971, p. 96. 3
nei confronti di chi soffre. Come si identifica col Le tre citazioni sono tratte da G. Rouault, lettera a Georges Chabot, 20 marzo 1927, ora in Rouault. Il circo..., cit., p. 133. 5 G. Rouault, Parler peinture, prefazione a Georges Charensol, Georges Rouault. L’homme et l’oeuvre, Parigi 1926, ivi, p. 132. 4
Georges Rouault. La notte della Redenzione
30
L. Bloy, L’invendable (1904-1907), “Le Mercure de France”, Parigi, 1919, p. 43. 7 R. Maritain, Le grandes amitiés, Parigi 1949, pp. 212221. 6
clown nella già citata lettera a Schuré del 1905 («il pagliaccio ero io»), così, quando dipinge le sue creature più sofferenti, Rouault si immedesima in loro. Nelle sue opere non c’è una volontà di scandalizzare, quanto di riflettere sulla condizione umana. Come lui stesso ha scritto: «Ci sono certi accenti nei volti delle mie Donne, che hanno indotto a pensare che io volessi mostrare l’ignominia di queste creature. Io questa ignominia l’ho vista solo quando gli altri me l’hanno fatta vedere. Per loro provavo solo pietà»8. Già nel 1910, del resto, Maritain chiarisce che il doloroso gineceo di Rouault è una metafora dell’uomo, della sua malattia, del suo peccato originale9. Analogamente le figure del circo rouaultiano dimostrano, quasi evocando gli insegnamenti di Pascal, l’illusorietà del divertimento, l’infelicità e il dramma che si nascondono sotto la maschera dell’allegria. E i giudici, a cui l’artista dedica un lungo ciclo di opere a partire dal 1907, esprimono la fallibilità del giudizio umano, l’ingiustizia della giustizia. Dirà Rouault stesso: «Se ho rappresentato i giudici come figure così penose, è indubbiamente perché ho sempre provato angoscia alla vista di un uomo che deve giudicare altri uomini. Se mi è accaduto di confondere il volto del giudice con quello dell’accusato, questo errore rivelava il mio smarrimento»10. Per Rouault, insomma, il male (relativo o assoG. Rouault, Entretiens avec Jacques Guenne, “Les Nouvelles Littéraires”, Parigi, 15 novembre 1924. 9 J. Favelle [J. Maritain], Peinture et céramiques de G. Rouault, catalogo della mostra, Parigi, Galerie Druet, 1910. 10 G. Rouault, Entretiens avec Jacques Guenne, cit. 8
luto che sia) non è uno spettacolo da osservare
era facile comprendere e, più ancora, approvare
dall’esterno, pensando farisaicamente che non
un mutamento così radicale di prospettiva (un
ci riguardi, ma è una biografia dell’uomo, di ogni
mutamento, sia detto per inciso, di cui a distan-
uomo. Ed è proprio questa assunzione di re-
za di un secolo non si può non cogliere, al di là del
sponsabilità che dà alle sue opere una commo-
valore ormai evidente, anche tutta la potenziale
zione silenziosa, un’intensità partecipe, e che ri-
perniciosità, almeno pensando a dove ci ha por-
media all’assenza di bellezza con una presenza
tati una certa poetica del brutto e dell’osceno).
accentuata di un sentimento di carità.
Già allora, comunque, c’è chi intuisce le moti-
Come reagiscono i critici dell’epoca alla rivolu-
vazioni rouaultiane. E se Léon Bloy manifesta
zione estetica operata da Rouault? Certo non
pesanti riserve nei confronti della sua pittura,
31
Georges Rouault. La notte della Redenzione
Vauxcelles e Morice ne capiscono più intima-
Bloy, anzi, giunge a mettere in dubbio perfino
paesaggi) dominati dai colori scuri, Vauxcelles
mente le ragioni, pur avanzando anche loro del-
l’autenticità del cristianesimo rouaultiano: «Se
aveva osservato: «Quando dipinge una donna di
le critiche.
lei fosse davvero un uomo di preghiera [...] non
piacere non si compiace crudelmente del vizio
Quando infatti Rouault, al Salon d’Automne
potrebbe dipingere queste terribili tele» . Per
come Lautrec, anzi ne soffre e piange». Aveva
1905 presenta il trittico Prostitute, Meretrice, Ter-
Léon Bloy, insomma, la tragica bellezza delle fi-
colto dunque la particolare pietas dell’artista,
sicore, in cui rappresenta i coniugi Poulot, ispira-
gure di Rouault non solo non è bellezza, ma non
anche se poi aveva concluso: «Ma, povero pitto-
ti agli omonimi protagonisti de La femme pau-
è nemmeno tragedia.
re del nero, che errore desolante»13.
vre di Bloy, lo scrittore dissente radicalmente
Invece, quando il pittore di Belleville aveva espo-
Analogamente, quando alcuni mesi dopo, nel
da quell’interpretazione pittorica: il quadro gli
sto al Salon d’Automne 1904 i suoi nuovi temi
marzo 1905, Rouault aveva esposto al Salon des
sembra il ritratto di due «assassini di periferia» .
(prostitute, ballerine, clowns e scene circensi,
11
11
L. Bloy, L’invendable, cit.
12
12
Lettera di Bloy a Rouault, 1 maggio 1907, ibidem.
Georges Rouault. La notte della Redenzione
32
13 C. Morice, Le XXIe Salon des Indépendants, “Le Mercure de France”, Parigi, 15 aprile 1905.
Ragazza allo specchio 1906 (particolare)
Indépendants prostitute e clown, Morice aveva
Rouault pensa di dedicare al filosofo una sezio-
ai paesaggi religiosi: questi ultimi immersi spes-
scritto: «Credo che Rouault sia uno degli arti-
ne del libro di incisioni che sta progettando con
so in una quiete metafisica, scenario di episodi
sti più dotati, più realmente forti che abbiamo
l’editore Florian, intitolata appunto Versailles .
biblici, di vangeli apocrifi, di leggende senza
oggi. Ha un pessimismo terribile. […] Non c’è
Lento e complesso è, nel pittore di Belleville, il
nome.
dubbio che abbia una natura melanconica […].
percorso di ricostruzione della forma. Le sue
Rouault non torna a una compiutezza accade-
Ma ha una sua grandezza» .
opere, però, gradualmente ritrovano una sal-
mica, tanto meno a un virtuosismo compiaciu-
Bisognerà però aspettare il 1910, vale a dire la
dezza architettonica, giungendo, a partire dagli
to, ma attraverso l’armonia del ritmo e la com-
mostra tenuta da Rouault alla Galleria Druet
anni Venti, a una potente sintesi. La composi-
patta costruzione della superficie, riconquista
con la già citata presentazione di Maritain, per
zione si struttura ora come un mosaico di ret-
una contrastata bellezza: una bellezza che non
trovare una lettura più profonda della pittura
tangoli arrotondati, dove quello che conta non è
esclude la sofferenza e il negativo, ma li consi-
dell’artista. «Quest’opera ha una gravità, che si
l’esattezza del disegno, ma l’esattezza del ritmo.
dera con uno sguardo aperto a una speranza
oppone totalmente alla volgare caricatura e alla
Rouault accentua così la geometria dell’imma-
soprannaturale.
derisione. […] L’arte di Rouault è un’arte popo-
gine (costruita a dense tarsie come nelle vetrate
In fondo si può dire di queste opere quello che
lare, di ispirazione sincera e ingenua […]. Quello
di una cattedrale gotica, con forme-colore inca-
Rouault stesso, nel 1926, diceva di Léon Bloy: «In
che vede e rappresenta è la miseria dei nostri
stonate nel nastro nero dei contorni) e insieme
mezzo a un’umanità che adotta nuovi idoli, Bloy
tempi: dei corpi, ma anche dell’anima», scrive
ritrova la musicalità e l’armonia della forma.
a volte soffre, ma il suo abbandono a Dio gli fa
Maritain .
Si sviluppa in queste opere un altro concetto di
dimenticare le miserie di ieri, oggi e domani, e
Il filosofo, dunque, è il primo a cogliere compiu-
bellezza, che non esprime soltanto le lacrimae
gli fa dire con le lacrime agli occhi: Tutto quello
tamente il valore spirituale dell’arte rouaultia-
rerum, ma anche lo stupore di fronte alle cose.
che accade è meraviglioso».
na, distinguendola dalla deformazione fine a se
Trapela da tutte le immagini rouaultiane, ora,
stessa e dalla mera, e in fondo gratuita, ricerca
un senso di meraviglia fanciullesca che, anche
del negativo.
dove si sofferma sui temi della miseria, della
A partire dal 1912, però, Rouault abbandona il
solitudine, del male, della morte, li rappresen-
linguaggio aspro e franante dell’espressioni-
ta con un disegno semplificato ed elementare,
smo e si avvicina a una sorta di primitivismo,
volutamente infantile, capace di comunicare al
influenzato dall’arte gotica, ma anche dal Do-
tempo stesso affabilità e candore. La sua è, per
ganiere Rousseau. È il periodo, questo, in cui
così dire, una povertà di spirito elevata a sapien-
frequenta più assiduamente Maritain, che
za artistica.
aveva conosciuto già nel 1905, ma al quale ora
Con questo linguaggio primitivista, Rouault rac-
si trova anche concretamente vicino, perché
conta i suoi soggetti di sempre, dai personaggi
abita come lui a Versailles. In questi anni, anzi,
del circo a quelli della vita quotidiana, dalla figu-
14
15
16
ra di Cristo ai paesaggi della periferia di Parigi o J. Favelle, Peinture et céramiques de G. Rouault, cit. Si veda la lettera di Rouault a Josef Florian, 1913, ora in François Chapon, Isabelle, Rouault. Catalogue raisonné de l’oeuvre gravé, Montecarlo 1978, I, p. 8.
14 15
G. Rouault, Souvenirs intimes, Parigi 1926 (ristampa riveduta 1953), ora in Rouault. Il circo..., cit., p. 131.
16
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Georges Rouault. La notte della Redenzione
Georges Rouault. La notte della Redenzione
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OPERE
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Georges Rouault. La notte della Redenzione
Georges Rouault. La notte della Redenzione
36
Réincarnations du Père Ubu Grotesques
Il mercante-editore Ambroise Vollard nel corso
schietto e brunitoio. Una prima tiratura, di cui
della sua vita scrisse, tra le altre imprese lette-
Rouault aveva preteso la distruzione e che inve-
rarie, una serie di improbabili pièce teatrali dal
ce venne ritrovata dopo la morte di Vollard, fu
discutibile valore, che hanno come protago-
stampata tra il 1918 e il 1919. Nel 1928 rielaborò
nista Ubu, il mitico personaggio inventato da
le matrici, che vennero biffate dopo una secon-
Alfred Jarry alla fine dell’Ottocento: dall’inizio
da e definitiva tiratura. Oltre alle incisioni su
del secolo al 1930 compose Ubu colono, Ubu alle
rame, Rouault realizzò una serie di disegni che
colonie, Père Ubu all’ospedale, Père Ubu in avia-
vennero xilografati da Aubert e inseriti nel libro.
zione, Père Ubu alla guerra e Père Ubu nel paese
Il formato dell’opera è di cm 44x33. Passarono
dei Soviet. Nel 1916 Vollard propose a Rouault di
ancora alcuni anni prima che Vollard, nel 1932,
illustrare quello che sarebbe stato il suo primo
si decidesse finalmente a far uscire il volume
libro d’artista: fu il pittore stesso a suggerirgli di
in trecentocinque esemplari, di cui trenta fuori
raccogliere i testi sotto il titolo di Reincarnazioni
commercio, numerati in cifre romane.
di Père Ubu, mentre in un primo momento il vo-
Come ebbe a notare Rouault stesso, l’impre-
lume si sarebbe dovuto chiamare Bianchi e neri.
sa, che Vollard aveva minimizzato definendola
Rouault, benché un poco riluttante, accettò di
“una vacanza ubuesca”, costò diciassette anni
realizzare il lavoro (precedentemente proposto
di lavoro. In un testo inedito del 1947, l’artista
ad André Derain e a Jean-Louis Forain, che però
tenne a precisare che le sue opere non erano
rifiutarono), perché l’editore gli aveva promesso
concepite come vere e proprie illustrazioni delle
che, contemporaneamente, avrebbe pubblica-
farse di Vollard, ma che si trattava piuttosto di
to anche il Miserere, progetto particolarmente
“una fantasia a margine del soggetto”. Oltre ai
caro a Rouault per il quale si rimanda alla sche-
fogli inseriti in Réincarnations du Père Ubu, nel
da seguente.
già citato catalogo ragionato sono schedate al-
teressanti prove, oggi assai rare, conservate nel
Quando Vollard vide la tavola di prova, raffigu-
cune incisioni databili tra il 1917 e il 1919, di cui
Musée des Beaux Arts di Bordeaux. Per la loro
rante il Noir aux bras levés, rimase entusiasta.
si conoscono solo alcune prove di stampa, sicu-
forte vena caricaturale, questi fogli sono stilisti-
Tra il 1916 e il 1919 l’artista incise ventitré matrici
ramente afferenti al progetto dell’Ubu ma che,
camente e tipologicamente assimilabili all’Ubu
di piccolo formato, adottando un singolare pro-
nonostante la loro qualità, non ebbero l’onore
e non è certamente un caso che in una nota a
cedimento tecnico che avrebbe utilizzato anche
della tiratura.
margine del contratto fosse sottolineato che i
per il Miserere: il catalogo generale dell’opera
In uno dei numerosi (e spesso disattesi) con-
soggetti avrebbero potuto essere eventualmen-
grafica, redatto da Isabelle Rouault e François
tratti firmati con Vollard, datato 1926, Rouault
te utilizzati anche per Réincarnations. In questi
4. Fille au grand chapeau Ragazza dal grande cappello pagina a fronte: particolare
Chapon, informa che la maggior parte dei dise-
si impegnava a intraprendere “ricerche speciali
stessi anni (1927-1929) Rouault eseguì un ciclo di
gni preparatori vennero riportati fotomeccani-
d’esecuzione tecnica per acqueforti a colori”, al
litografie, edito da Edmond Frapier, pubblicato
camente con il procedimento dell’héliogravure
fine di realizzare una serie di album. Uno di que-
con il medesimo titolo di Grotesques, del quale si
e, successivamente, l’autore intervenne con
sti, rimasto inedito, si sarebbe dovuto intitolare
parlerà più avanti nella sezione dedicata all’ope-
acquaforte, acquatinta, puntasecca, rotella, ra-
Grotesques, per il quale l’artista realizzò otto in-
ra litografica.
37
Georges Rouault. La notte della Redenzione
[m.t.]
5. Le directeur de théâtre Il direttore di teatro
6. L’administrateur colonial L’amministratore coloniale
7. Cristal de roche Cristallo di rocca
8. Sainte-Nitouche La Santerellina
9. Grotesques Grotteschi (Signora con ombrellino)
10. Grotesques Grotteschi (Uomo con gli occhiali)
Georges Rouault. La notte della Redenzione
42
Miserere
La prima idea del progetto che avrebbe genera-
La vera svolta di questa travagliata vicenda
to il Miserere, il capolavoro assoluto di Rouault,
giunse nel 1922, quando Vollard, all’insaputa del
costato anni di lavoro forsennato e attese este-
pittore, fece riportare su grandi lastre di rame,
nuanti, è documentata fin dal 1912. In quell’an-
con la tecnica fotomeccanica dell’héliogravure,
no l’artista propose una serie di ventisei disegni,
cento disegni eseguiti per la maggior parte tra il
raggruppati sotto questo titolo, a Jacques Riviè-
1914 e il 1918. Messo di fronte al fatto compiuto,
re, direttore della “Nouvelle Revue Française”,
da quel momento, fino al 1927, Rouault si gettò
sperando che potessero essere pubblicati sulla
con accanimento su molte delle matrici fotoin-
rivista. Nel 1913 entrò in trattativa con l’editore
cise, rielaborandole radicalmente e intervenen-
cecoslovacco Josef Florian, con il quale iniziò a
do con tutte le tecniche incisorie che riteneva
ideare un libro in cui dovevano essere pubbli-
necessarie per ottenere gli effetti desiderati:
cate opere di vario soggetto, tra cui i disegni in-
acquaforte, acquatinta, puntasecca, bulino,
titolati Miserere. Ma non se ne fece nulla e, con
raschietto, rotella e brunitoio. Per ogni lastra,
il senno del poi, fu una fortuna perché, in quel
prima di giungere allo stato definitivo, venne
periodo, Rouault non aveva ancora iniziato a de-
realizzato un numero impressionante di prove
dicarsi con assiduità alla grafica d’arte e le edi-
intermedie, talvolta fino a quindici, non tutte
zioni progettate avrebbero contemplato solo
però conservate e documentate. A lavoro ulti-
riproduzioni fotomeccaniche.
mato, vennero scelti cinquantotto soggetti, che
Nel 1916 il pittore accettò la proposta di Am-
avrebbero di fatto costituito l’opera, e furono ti-
broise Vollard di illustrare i suoi testi teatrali
rati in cinquecento esemplari ciascuno dal mae-
dedicati alla figura di Ubu, a patto che il volume
stro calcografo Jacquemin. Anni dopo la tiratura
uscisse contemporaneamente al Miserere. La re-
ufficiale l’artista, anziché ritenersi soddisfatto,
ale evoluzione degli eventi disattese di molto le
continuò a intervenire sulle matrici, schiarendo
aspettative di Rouault che, però, negli anni della
e cancellando i segni faticosamente incisi, fin-
prima guerra mondiale disegnò a inchiostro di
ché finalmente le abbandonò e acconsentì alla
china su carta molti dei soggetti che avrebbero
loro biffatura.
costituito la sua opera più complessa. Nel con-
Alla morte di Vollard, nel 1939, il Miserere, però,
tratto firmato con Vollard nel 1921 si parlava
era ancora inedito. Si dovette attendere la fine
ancora di poche incisioni e molte riproduzioni.
della seconda guerra mondiale e la soluzione di
Inoltre il titolo previsto era Chansons françai-
diatribe giudiziarie con gli eredi dell’editore pri-
ses, presto cambiato in Miserere et Guerre, che
ma che la suite potesse essere pubblicata dalla
meglio descriveva i soggetti trattati. Ma in una
Société d’Edition l’Etoile Filante, nel 1948, con il
lettera ad André Suarès, datata 2 maggio 1922,
testo introduttivo dell’autore e con tutti i titoli
l’artista scrisse che il libro si sarebbe chiamato
da lui definiti. Molti fogli, negli anni del conflit-
semplicemente Miserere.
to bellico, andarono rovinati, per cui l’edizione
43
Georges Rouault. La notte della Redenzione
11. Miserere mei, Deus, secundum magnam misericordiam tuam pagina a fronte: particolare
conta quattrocentocinquanta esemplari, di cui quattrocentoventicinque numerati in cifre arabe e venticinque, fuori commercio, in numeri romani. Il formato dell’opera è di cm 68,5x51,5. La serie di incisioni è divisa in due parti: la prima, costituita da trentatré tavole, è quella del Miserere più propriamente detto ed è ispirata dal Salmo 50, che nella versione latina inizia con le parole “Miserere mei, Deus”; la seconda, che conta venticinque incisioni, afferisce in maniera più diretta al tema della guerra. Nell’introduzione Rouault ha scritto: “Dedico quest’opera al mio maestro Gustave Moreau e alla mia coraggiosa e amatissima madre, che, al prezzo di faticose veglie, facilitò i miei primi sforzi sui sentieri dove, giovane pellegrino dell’arte, alquanto sprovveduto, vagabondavo”.
[m.t.]
12. Jésus honni... Gesù vilipeso…
13. Toujours flagellé... Sempre flagellato…
14. Solitaire, en cette vie d’embûches et de malices Solo, in questa vita di insidie e di malizie
15. Ne sommes-nous pas forรงats? Non siamo noi forse dei forzati?
16. Qui ne se grime pas? Chi non si maschera?
17. Au vieux faubourg des Longues Peines Nel vecchio sobborgo delle Lunghe Pene
18. Le dur mÊtier de vivre... Il duro mestiere di vivere‌
19. Il serait si doux d’aimer Sarebbe cosÏ dolce amare
20. Le condamné s’en est allé… Il condannato se n’è andato…
21. Sous un Jésus en croix oublié là Sotto un Gesù dimenticato sulla croce
22. «Il a été maltraité et opprimé et il n’a pas ouvert la bouche» «È stato maltrattato e oppresso e non ha aperto bocca»
23. Rue des solitaires Strada dei solitari
24. Au pays de la soif et de la peur Nel paese della sete e della paura
25. Sunt lacrymae rerum...
26. «Celui qui croit en moi, fût-il mort, vivra» «Chi crede in me, anche se fosse morto, vivrà»
27. Chantez Matines, le jour renaĂŽt Cantate il mattutino, il giorno rinasce
28. «Nous... c’est en sa mort que nous avons été baptisés» «Noi… è nella sua morte che siamo stati battezzati»
29. «Aimez-vous les uns les autres» «Amatevi gli uni gli altri»
30. Seigneur, c’est vous, je vous reconnais Signore, sei tu, ti riconosco
31. Et VÊronique au tendre lin passe encore sur le chemin... E Veronica, dal lino misericordioso, passa ancora lungo la strada‌
32. «Les ruines elles-mêmes ont péri» «Non sono rimaste neppure le rovine»
33. «Jésus sera en agonie jusqu’à la fin du monde...» «Gesù sarà in agonia fino alla fine del mondo…»
34. Ce sera la dernière, petit père! Stavolta è l’ultima, papà mio!
35. Homo homini lupus
36. Face Ă face Faccia a faccia
37. Bella matribus detestata
38. «Nous devons mourir, nous et tout ce qui est nôtre» «Noi dobbiamo morire, noi e tutto quello che è nostro»
39. Mon doux pays, où êtes-voux? Mio dolce paese, dove sei?
40. La mort l’a pris comme il sortait du lit d’orties La morte l’ha colto nel momento in cui usciva dal letto d’ortiche
41. «Le juste, comme le bois de santal, parfume la hache qui le frappe» «Il giusto, come il legno di sandalo, profuma la scure che lo colpisce»
42. De profundis...
43. Dura lex sed lex
44. Vièrge aux sept glaives Vergine dalle sette spade
45. L’aveugle parfois a consolÊ le voyant A volte il cieco ha consolato il vedente
46. En ces temps noirs de jactance et d’incroyance, Notre-Dame de la Fin des Terres vigilante In questi tempi cupi di arroganza e incredulità , la Madonna di Finisterre vigila
47. «Obéissant jusqu’à la mort et à la mort de croix» «Obbediente fino alla morte, e alla morte di croce»
48. «C’est par ses meurtrissures que nous sommes guéris» «Dalle sue piaghe siamo stati guariti»
49. Orphelins Orfanelli
50. AbandonnĂŠ Abbandonato
Georges Rouault. La notte della Redenzione
82
Souvenirs intimes Maîtres et petits maîtres d’aujourd’hui Saltimbanques Grotesques Autoportraits La petite banlieue In questa sezione viene presentata una breve
ideali. Oltre a Moreau si incontrano Léon Bloy,
ma significativa rassegna della produzione li-
André Suarès, Joris Karl Huysmans e Charles
tografica di Georges Rouault, con fogli tratti da
Baudelaire: a tutti dedicò ritratti in litografia
alcune delle serie di maggiore importanza.
che accompagnarono l’edizione del libro. Con-
Nel 1910 l’artista realizzò una prova isolata, una
temporaneamente a Souvenirs intimes, in cui
litografia a colori intitolata La chevauchée, ovve-
vengono celebrati i principali responsabili della
ro “La cavalcata”, tirata in venticinque esemplari
sua formazione intellettuale e umana, Rouault
da Clot, uno dei più importanti maestri litografi
volle rendere omaggio ai “piccoli” maestri di vita
di inizio secolo. L’esperimento, perché così lo si
(come il clown e la donna di strada), gli ultimi
deve chiamare, è di notevole interesse: benché
e i diseredati che conducono esistenze difficili,
si sentisse ancora un forte debito verso l’impre-
con i quali l’artista identifica l’umanità intera.
scindibile lezione di Daumier, il sapiente uso
Non a caso l’introduzione a Maîtres et petits
del colore, il formato di un certo impegno (cm
maîtres d’aujourd’hui venne firmata da Jacques
44x50) e il buon esito qualitativo lasciavano im-
Maritain, insigne filosofo cattolico e amico di
maginare un fertile sviluppo del mezzo tecnico.
Rouault. L’ideale prosecuzione di questa serie è
Ma si dovette attendere il 1925 perché Rouault
costituita dalle tredici litografie per la serie Sal-
tornasse a cimentarsi con la litografia. Questa
timbanques, eseguite sempre per Frapier tra il
volta, però, con una certa continuità. L’editore
1927 e il 1929, in cui ancora una volta viene pre-
che, tra il 1925 e il 1932, ha pubblicato la maggior
sentata un’umanità sofferente e drammatica. I
parte delle litografie di Rouault, è Edmond Fra-
soggetti sono tutti ispirati al mondo del circo, al
pier. Il ritorno a questa tecnica è rappresentato
quale il pittore, proprio in quegli anni, stava de-
dal foglio intitolato Christ en croix, datato 1925 e
dicando un libro, Cirque, con testi di Suarès illu-
inserito nell’album Les peintres lithographes de
strati da acquetinte a colori. Alla profonda digni-
Manet à Matisse.
tà dei pagliacci, dei giocolieri e degli equilibristi,
Oltre a Frapier, con il quale giustamente si iden-
Nel 1926 apparvero due tra le principali serie
si contrappongono i tipi umani del coevo ciclo
tifica il Rouault litografo, meritano una menzio-
litografiche edite da Frapier, i Souvenirs inti-
noto con il duplice titolo di Grotesques e Dema-
ne anche le Editions des Quatre Chemins, che
mes e Maîtres et petits maîtres d’aujourd’hui.
gogie, che rappresenta il trionfo della stupidità,
pubblicarono i due austeri autoritratti qui pre-
Era accaduto che Armand Dayot, direttore del-
dell’ipocrisia e della violenza insita negli abusi
sentati e la serie straordinariamente lirica di sei
la rivista “L’Art et les Artistes”, avesse chiesto
di potere: qui Rouault diede sfogo alla sua vena
paesaggi urbani, tutti ispirati al sobborgo di Bel-
a Rouault un articolo sul suo maestro Gustave
satirica e amara, rappresentando in maniera
leville, dove l’artista è nato e cresciuto, e raccolti
Moreau ma il testo era risultato troppo lungo.
caricaturale quegli attori sociali (Le tribun, Le bil-
sotto il titolo di La petite banlieue (1929). Fogli
Rouault, anziché tagliare il suo scritto come gli
boquet, Citoyen poupard) che nell’Europa degli
quali De profundis e La pauvre église richiamano
era stato richiesto, decise di inserirlo in un vero
anni Trenta avrebbero consentito e alimentato
in maniera forte e diretta i desolati paesaggi che
e proprio libro di ricordi dedicato ai suoi maestri
il dilagare dei regimi totalitari.
si vedono nel Miserere.
83
Georges Rouault. La notte della Redenzione
51. Baudelaire
pagina a fronte: particolare
[m.t.]
52. L’Écuyère La cavallerizza
53. L’Écuyère La cavallerizza pagina a fronte: 54. Fille Ragazza
55. Écuyère assise Cavallerizza seduta
56. Lutteuse Lottatrice 58. Dompteur Domatore
57. Trio Il trio 59. Être Dempsey ou L’acrobate Essere Dempsey o L’acrobata
60. Le tribun ou Idéal Il tribuno o Ideale 62. L’âne ou Aliboron L’asino o L’ignorante
61. Le bilboquet Il bilboquet 63. Citoyen poupard Il cittadino pupazzo
64. Au pas de parade Al passo di parata
65. Autoportrait III Autoritratto III
66. Autoportrait II Autoritratto II
67. De profundis
68. Faubourg des longues peines – La pauvre église Sobborgo delle lunghe pene – La povera chiesa
Georges Rouault. La notte della Redenzione
92
Les fleurs du mal
La storia di Les fleurs du mal, come quella del Mi-
min tirò le quattordici matrici in cinquecento
serere, è lunga e travagliata e procurò a Rouault
esemplari, che non vennero però pubblicati. Il
più dispiaceri che gioie. Il progetto di illustrare
mercante-editore, nei primi anni Trenta annun-
La danse macabre, testo apparso nel 1920 e scrit-
ciò più volte l’uscita del volume, cambiando di
to dal poeta simbolista Georges Faillet detto
volta in volta il numero delle incisioni previste.
Fagus, che era amico di Vollard, venne presto so-
Dopo avere terminato le tavole per Passion, tra
stituito dall’idea di affrontare le poesie di Bau-
il 1936 e il 1938 il pittore tornò a dedicarsi a Les
delaire, che Rouault amava profondamente e
fleurs du mal, dimostrando quanto tenesse al
che conosceva forse fin dai tempi in cui frequen-
progetto. Questa volta incise dodici acquetinte
tava l’atelier di Gustave Moreau. Probabilmente
a colori, tirate in duecentocinquanta esemplari
l’artista non volle ripetere l’errore già commes-
dall’esperto stampatore Roger Lacourière. Con
so con Réincanations du Père Ubu e preferì evita-
una certa libertà rispetto ai testi del grande poe-
re di confrontarsi con un testo che non sentiva
ta, ma intimamente fedele al suo spirito, trat-
nelle proprie corde.
teggiò una galleria di tipi umani indagati con
Secondo lo stesso modus operandi sperimen-
sferzante e profonda introspezione psicologica.
tato per l’Ubu e messo a punto con il Miserere,
Ma anche le nuove e notevoli prove erano de-
intorno al 1925 cinquantadue disegni eseguiti
stinate a rimanere inedite a causa della scom-
nei primi anni Venti vennero riportati su lastre
parsa di Vollard, avvenuta nel 1939. Le incisioni
di rame attraverso il procedimento dell’hélio-
in bianco e nero della seconda metà degli anni
gravure. Questa volta Rouault ne rielaborò solo
Venti presentano un’interpretazione più soffer-
quattordici, lavorando tra il 1926 e il 1927. È pra-
ta e drammatica, affine allo stile e al clima del
ticamente impossibile associare le immagini ai
Miserere. Le più tarde acquetinte a colori sono
versi di Baudelaire ma l’artista, come era solito
invece caratterizzate da un segno più largo e
fare, si lascia suggestionare da un’atmosfera
sereno, accostabile a quello delle incisioni ese-
letteraria per filtrarla attraverso la propria sen-
guite per Passion.
sibilità. Si incontrano quindi un solenne e stra-
Nel 1966, otto anni dopo la morte dell’artista,
ziante Christ aux outrages, iconografia tipica
le figlie si prodigarono per dare alle stampe
della produzione rouaultiana, tre penetranti e
un’edizione di Les fleurs du mal, pubblicata dalla
inquietanti ritratti di Satana, probabilmente
Société d’Edition de l’Etoile Filante, associando
ispirati direttamente a poesie quali Le litanie di
la suite delle quattordici incisioni in nero già
Satana e Preghiera a Satana, e una serie di figure
stampate nel 1927 alle poesie di Baudelaire più
scheletriche, che si annoverano tra le prove più
amate da Rouault. Il libro (il cui formato è cm
originali e convincenti della serie.
45x34) uscì in quattrocentocinquanta copie, di
Rouault, però, in questi anni era oberato dagli
cui venticinque fuori commercio e numerate in
impegni per l’Ubu e il Miserere e fu costretto ad
cifre romane, poiché durante la guerra alcuni
accantonare Les fleurs du mal. Per iniziativa di
esemplari andarono distrutti o vennero irrime-
Vollard, nel 1927 il maestro calcografo Jacque-
diabilmente rovinati.
93
[m.t.]
Georges Rouault. La notte della Redenzione
69. Christ aux outrages Il Cristo degli oltraggi pagina a fronte: particolare
70. Fleur du mal Fiore del male
71. Satan II Satana II
72. Satan III Satana III
73. Squelette Scheletro
74. «La prostitution s’allume dans les rues...» «La prostituzione si accende per le strade…»
75. «C’est une femme belle et de riche encolure...» «È una bella donna, con generosa scollatura…»
76. Squelette dansant Scheletro danzante
77. «Fière autant qu’un vivant, de sa noble stature...» «Fiera, come fosse viva, della sua nobile statura…»
78. Laquais Lacché
79. Juges Giudici
80. Paysage Ă la Tour Paesaggio con la torre
Georges Rouault. La notte della Redenzione
102
Cirque Cirque de l’étoile filante
Come molti artisti del Novecento, tra cui spic-
cui Gide e Cocteau (ribattezzati Gidonini e Cot-
cano i nomi di Picasso, Matisse, Miró, Chagall
cotcotte), ma soprattutto contro gli Stati Uniti
e Léger, anche Rouault amò il circo e ne fu pro-
d’America dove, proprio in quegli anni, Vollard
fondamente affascinato, al punto da farne uno
stava espandendo il suo mercato. La delusione
dei soggetti privilegiati della sua produzione,
di Suarès fu forte, ma lasciò libero l’amico pitto-
sia pittorica sia grafica, in ogni epoca della sua
re di dare vita alla sua opera, chiedendogli come
vita. Non è questa la sede per ripercorrere tutte
sola cortesia di non usare Cirque come titolo.
le opere dedicate a questo tema, dai primi anni
Nuovi testi, nuove incisioni a colori e nuovo ti-
del Novecento fino alle ultime tele, ma si deve
tolo per il volume dedicato al circo che Vollard
almeno ricordare che l’immagine di clown triste
avrebbe pubblicato nel 1938 e che si sarebbe
più potente e intensa che l’artista abbia realiz-
intitolato Cirque de l’étoile filante. Rouault stes-
zato, con ogni probabilità, è una tavola del Mise-
so si occupò anche della parte letteraria e, con
rere intitolata Qui ne se grime pas?, ovvero “Chi
l’assistenza di Lacourière, che riuscì a soddisfa-
non si maschera?”.
re ogni sua richiesta relativa ai colori a costo di
In una lettera del 26 ottobre 1926 Rouault scris-
estenuanti ricerche e ripetuti tentativi, creò di-
se all’amico André Suarès: “Ho qualche stampa
ciassette splendide acquetinte. Nell’ambito del-
da tirare a colori (non parlatene, sono ricerche
la grafica a colori questo può essere considerato
particolari, diverse da quelle che ho fatto fino-
il capolavoro assoluto di Rouault. I soggetti sono
ra). Accettereste di fare un testo per Cirque?”. In
quelli soliti, cari all’immaginario dell’artista, in
quel periodo il pittore iniziava a sperimentare le
cui il mondo del circo non è pretesto per compo-
sue prime incisioni a colori e, contestualmente,
sizioni suadenti e scenografiche, ma i protago-
nacque lo sfortunato progetto di Cirque, desti-
nisti sono diseredati e irregolari costretti a vive-
nato a non vedere mai la luce. Rouault lavorò
re ai margini della società: tristezza e dignità si
nella stamperia di Maurice Potin e, nel 1930, le
mescolano in queste emblematiche figure, con
otto acquetinte raffiguranti pagliacci, acrobati,
le quali l’autore identifica l’umanità intera. Ma
ballerine e cavallerizze erano state tirate in due-
ciò che emerge dalle diciassette tavole, da un
centosettanta esemplari. Ma l’artista non era
punto di vista squisitamente stilistico, è lo stra-
affatto soddisfatto del lavoro del suo stampato-
ordinario rigore formale sommato alla squillan-
re, con il quale ruppe definitivamente i rapporti
te e inarrivabile brillantezza cromatica. Nel 1936
professionali nel 1932 per affidarsi all’esperien-
il maestro calcografo procedette alla tiratura in
za di Roger Lacourière. Intanto Suarès conti-
duecentocinquanta esemplari, di cui trentacin-
nuava a comporre i testi che, presentati nel
que fuori commercio numerati in cifre romane.
1931, non piacquero a Vollard che si rifiutò di
L’opera, dal formato di cm 45,5x34,5, era arricchi-
utilizzarli per l’edizione. Lo scrittore aveva crea-
ta anche da ottantadue disegni di Rouault tra-
to una satira su alcuni intellettuali francesi, tra
dotti in xilografia da Aubert.
103
[m.t.]
Georges Rouault. La notte della Redenzione
81. Le vieux clown Il vecchio clown pagina a fronte: particolare
82. Le vieux clown Il vecchio clown
83. Pierrot noir Pierrot nero
84. Le petit nain Il piccolo nano
85. Jongleur Giocoliere
86. Jongleur Giocoliere
87. Pierrot
88. Dors mon amour Dormi amore mio
Georges Rouault. La notte della Redenzione
110
Passion
In questo libro Rouault si trovò ad affrontare uno dei temi a lui più cari, la Passione di Cristo, e a continuare idealmente la riflessione aperta con il Miserere. Ma se nel Miserere, a tratti, sembra di assistere a un dramma senza rimedio e certe immagini di Cristo in croce o di Cristo morto sembrano non lasciare alcuna possibilità a una futura risurrezione, nelle illustrazioni per Passion l’artista sembra trovare un’inattesa pacificazione e una serenità che solo un credente dalla fede incrollabile può avere. Il progetto, come quasi sempre accadde per i libri d’artista di Rouault, richiese circa dieci anni di gestazione e vide la luce nel 1939, pubblicato da Vollard proprio nell’anno della sua morte. Tra il 1928 e il 1932 realizzò una serie di prove nel laboratorio di Maurice Potin, ma rimase insoddisfatto e abbandonò i lavori: una serie completa
89. Frontespice – Christ aux portes de la ville Frontespizio – Cristo alle porte della città pagina a fronte: particolare
di questi fogli, molto rari e tirati in pochi esemplari, è conservata al museo di Bordeaux. Negli
una volta la loro profonda amicizia, durata una
anni seguenti continuò a coltivare il suo pro-
vita intera: il carteggio tra il pittore e Suarès
getto e giunse a sognare un’edizione con qua-
durò ininterrottamente dal 1911 al 1948, anno in
ranta illustrazioni a tutta pagina. Le acquetinte
cui lo scrittore scomparve. Tra le diciassette la-
a colori effettivamente eseguite furono, però,
stre incise, si trovano alcune scene ambientate
solo diciassette, incise tra il 1935 e il 1936 nella
in contesti urbani e in piena natura, salutate da
stamperia dell’abile maestro calcografo Roger
Suarès come i primi veri paesaggi religiosi creati
Lacourière.
dai tempi di Rembrandt in poi: secondo lo scrit-
Il testo venne scritto dall’amico André Suarès,
tore Rouault era l’unico artista in grado di far ri-
che vi si dedicò fin dalla fine degli anni Venti. Alle
vivere questo genere nel Novecento.
vicende narrate nei Vangeli, lo scrittore aggiun-
Le lastre furono biffate immediatamente dopo
se personaggi ed episodi di sua invenzione, dan-
la tiratura, eseguita da Lacourière in duecento-
do vita a una sorta di testo apocrifo di intensa
quarantacinque esemplari, di cui venticinque
spiritualità. Rouault stesso ebbe a dire che rara-
fuori commercio numerati in cifre romane.
mente si era trovato a illustrare un’opera lette-
L’opera, il cui formato è di cm 45,5x34,5, com-
raria con la quale si sentiva in sintonia così forte.
prende anche ottantadue disegni di Rouault
A questo proposito si deve sottolineare ancora
tradotti in xilografia da Aubert.
111
Georges Rouault. La notte della Redenzione
[m.t.]
90. Chemineau Vagabondo
91. Paysans Contadini
92. Christ et pauvres Cristo e i poveri
93. Ecce homo
Georges Rouault. La notte della Redenzione
116
Christ en croix
La figura di Cristo e, in particolare, la crocifissio-
quindici anni e intrapresa all’inizio degli anni
ne sono temi iconografici che hanno sempre
Venti con le tavole del Miserere. Rouault, in que-
suscitato un particolare interesse in Rouault e
sto frangente, raggiunge un perfetto equilibrio
che l’artista ha meditato e affrontato nell’arco
compositivo, creando figure immobili, cristal-
di tutta la sua vita. La serie spiritualmente più
lizzate nella loro gestualità, e maestosamente
intensa e visivamente più potente di immagini
ieratiche. Allo stesso tempo i personaggi raffi-
cristologiche si trova nel Miserere e, non a caso,
gurati sono svuotati della loro fisicità e diventa-
l’opera trattata in questa scheda nasce dal ten-
no piatte campiture su cui vengono stesi i colori
tativo di rielaborazione di una di quelle incisioni.
che, come in una polifonia antica, danno vita a
La grande crocifissione a colori, datata 1936, è
un complesso contrappunto cromatico.
uno dei più alti capolavori dell’opera grafica di
Oltre allo stato definitivo del Christ en croix,
Rouault e, oltre a essere una delle composizioni
vengono qui presentate le cinque rare prove del
più complesse ed espressive, è anche un prodi-
colore e quella del nero, per mostrare i diversi
gio di tecnica. Ma si deve procedere con ordine,
passaggi necessari e il procedimento tecnico
partendo dall’interpretazione iconografica: il
adottato per ottenere il risultato finale. Oltre
Cristo crocifisso è presentato frontalmente, in
alla lastra del nero (che viene stampata per ul-
primissimo piano (le braccia sono tagliate all’al-
tima dopo che i colori sono già stati riportati
tezza dei polsi, non si vedono le mani inchio-
tutti sul foglio), l’artista eseguì tre matrici per il
date) e il suo corpo si staglia bidimensionale
colore: su ciascuna, però, vennero stesi a mano
sul legno della croce; alla sua sinistra si vede la
più colori, consentendo così di ottenere una
Maddalena inginocchiata, con un abito verde, e
gamma cromatica più ampia. Il processo, assai
alla sua destra la Vergine, interamente vestita
complicato e altamente artigianale, fa sì che
di blu con, al suo fianco, Giovanni evangelista
gli esemplari della tiratura, talvolta, presenti-
in rosso. L’artista, nel rinnovare radicalmente
no piccole differenze. In sequenza si vedono le
l’iconografia sacra, fa riferimento a modelli pre-
prove di stampa delle tre matrici del colore; il
rinascimentali, alla pittura duecentesca e alla
quarto foglio mostra la somma dei primi due
tradizione bizantina.
rami mentre il quinto è la sintesi di tutte e tre
La grande crocifissione (foglio cm 78x57,3; im-
le lastre: a questo punto la stampa è pronta per
magine cm 64,8x48,7), tirata in centosettan-
ricevere i neri ed essere finalmente ultimata.
tacinque esemplari su carta Montval, la pre-
Nel lavoro, il pittore fu coadiuvato dalla grande
ferita da Vollard, è la summa, l’estremo punto
sapienza di Roger Lacourière, il cui contributo fu
d’approdo di una ricerca formale durata quasi
di fondamentale importanza.
117
[m.t.]
Georges Rouault. La notte della Redenzione
94. Christ en croix Cristo in croce pagina a fronte: particolare
95. Christ en croix Cristo in croce Prova della lastra del nero
96. Christ en croix Cristo in croce Prova della prima lastra del colore
97. Christ en croix Cristo in croce. Prova della seconda lastra del colore
99. Christ en croix Cristo in croce. Prova delle prima lastra del colore pi첫 la seconda
98. Christ en croix Cristo in croce. Prova della terza lastra del colore 100. Christ en croix Cristo in croce. Prova delle tre lastre del colore
Georges Rouault. La notte della Redenzione
120
La baie des trépassés
101. La baie des trépassés La baia dei trapassati pagina a fronte: particolare
Quasi tutte le incisioni create da Rouault sono nate per serie, cicli, album o libri, con pochissime eccezioni. Negli ultimi anni in cui si dedicò alla grafica, tra il 1936 e il 1939, realizzò tre grandi acqueforti a colori, autonome e indipendenti da progetti illustrativi: si tratta del Christ en croix (1936), di cui si è detto nella scheda precedente, di Automne (1939), personale rilettura delle Grandi bagnanti di Cézanne, e di La baie des trépassés. Quest’opera, datata 1939, è la rielaborazione di una delle tavole rifiutate del Miserere. Tirato in centosettantacinque esemplari su carta Montval dall’esperto stampatore Roger Lacourière, il foglio è di cm 77,3x57,3, mentre la matrice è di cm 60,8x45. La leggenda vuole che la baia dei trapassati fosse un calmo golfo in Bretagna, dove il mare riportava i corpi dei morti nei naufragi, assai
69. Christ aux outrages Il Cristo degli oltraggi
frequenti tra i pescatori. Sulla triste spiaggia accorrevano i parenti dei pescatori che non avevano fatto ritorno a casa. L’artista compose una scena fantastica e visionaria, che sembra rileggere a distanza la lezione simbolista del maestro Moreau, ma che si confronta anche con il migliore Ensor. Viene descritta una landa desolata, abitata esclusivamente da scheletri che non sembrano compiere alcuna azione precisa. Uno specchio d’acqua separa due lembi di terra e una barca approda su un tratto di costa, dal quale presenze impalpabili salutano in direzione di un deserto apparentemente inabitato. In primissimo piano si stagliano i profili di figure scheletriche che sembrano appena approdate
gine così emblematica e inquietante allo stesso
criteri moderni, non descrittivi e universali, in-
in un metafisico al di là, in un mondo di morti
tempo, si inserisce senza dubbio in quel tentati-
trapreso più volte da Rouault, tanto nella grafica
viventi al di fuori da tempo e storia. Un’imma-
vo di rifondare il genere del paesaggio, secondo
quanto nella pittura.
121
Georges Rouault. La notte della Redenzione
[m.t.]
Georges Rouault. La notte della Redenzione
122
David Simpson
pagina a fronte: 102. David Simpson Sunday Best
I monocromi dell’americano David Simpson, po-
degli oggetti nello spazio, il senso del chiaro-
denza. Senza la luce, l’immagine sarebbe solo
sti a conclusione del percorso delle opere di Ge-
scuro, delle linee, dei contorni. Nella prospettiva
piatta, incapace di dialogare con lo spazio, le
orges Rouault, si presentano come modelli stra-
rinascimentale, infatti, la verità dell’immagine
cose. Sarebbe un solo colore. E basta. Come se
ordinari di specchi, grandi superfici riflettenti,
trae origine dal punto di vista dell’osservatore,
la nostra esperienza umana vivesse senza quel-
in grado di assorbire la luce, per poi irradiarla e
dal quale partono tutte le linee tangenti agli og-
la presenza di Dio che la anima dal di dentro. La
diffonderla nell’ambiente circostante.
getti. Esiste, dunque, un punto che coincide con
monocromia sembra dirci che occorre cogliere
Guardando attentamente la superficie della
l’occhio dell’osservatore, dal quale contemplare
l’infinito, al cuore di ogni immagine. Occorre ri-
tela, notiamo come la pennellata abbia direzio-
la realtà che si squaderna davanti a noi.
conoscere l’infinito che abita in noi, al cuore di
nalità differenti. L’angolo di incidenza del pen-
La verità del “monocromo”, invece, è data dall’in-
ogni esperienza. Questa luce è come la Parola di
nello sulla superficie cambia continuamente.
tegrazione di tutte le “immagini” che si origina-
Dio, che interpella l’uomo in modo sempre nuo-
Certo, la tela si presenta come superficie di un
no dal variare della luce. Se la luce del giorno
vo e inaspettato.
solo colore. Tuttavia, appare sempre mutevole
varia istante dopo istante, anche le immagini
Un parallelo biblico può aiutare a meglio com-
e provvisoria. La luce del giorno, infatti, muta
che si originano sulla superficie della tela sono
prendere il significato della “monocromia” con-
minuto dopo minuto, istante dopo istante. Si
infinite. Anche la posizione dell’osservatore può
temporanea. Consideriamo il brano di Mosè (Es
riflette sulla superficie in maniera sempre dif-
continuamente cambiare. Non è più definita da
3,1-4,6) davanti al roveto ardente. Mosè incontra
ferente. I riflessi della luce variano, senza sosta.
un solo punto. Tutti i punti sono adatti, infatti,
Dio nel fuoco di un roveto, che non si consuma
In questo senso, potremmo dire che questa su-
alla contemplazione delle immagini che si for-
(Es. 3,2): «L’angelo del Signore gli apparve in una
perficie contiene infinite immagini. Immagini
mano sulla superficie. La verità dell’immagine
fiamma di fuoco in mezzo a un roveto. Egli guar-
inafferrabili di luce, sempre cangianti, mutevoli.
nasce, in questo senso, dalla storia che si origi-
dò ed ecco: il roveto ardeva nel fuoco, ma quel ro-
Il quadro si presenta come uno specchio gettato
na dall’incontro tra la luce che si diffonde sulla
veto non si consumava».
sul cielo, che vive della mutevole luce del giorno.
tela colorata e l’osservatore. La verità scaturisce
Il fuoco brucia. Tuttavia, il roveto non si consu-
Presenze dell’infinito nel finito. È come se la luce
da un incontro, mai definito una volta per tutte.
ma. Il fuoco non si spegne. La monocromia sem-
si scomponesse nelle sue molteplici variazioni
Incontro inafferrabile, mai manipolabile. Non
bra definirsi come spazio di questo incontro tra
di colori, di toni. Tutto si fa movimento. Inuti-
statico, come nella prospettiva rinascimenta-
il fuoco e il roveto, tra la luce e la tela colorata,
le cercare di afferrare un’immagine piuttosto
le, ma continuamente in divenire, come la vita
tra Dio e l’uomo. È una pittura che vive della luce
che un’altra. La superficie del quadro sembra
dell’uomo.
che investe la tela, sempre uguale e al tempo
come scomparire, diventando pura vibrazione
La verità della tela è come contrassegnata dalla
stesso sempre differente. È questa l’esperienza
luminosa che si diffonde nello spazio. La visio-
presenza dell’infinito nel finito di un’immagine.
di una trascendenza che richiama a una relazio-
ne cambia continuamente, come se il nostro
Come l’esperienza che l’uomo fa di Dio. Va com-
ne che si diffonde nel mondo e che non cessa di
sguardo potesse intravedere sempre un “ulte-
presa in un percorso, in un cammino. Si tratta
esaurirsi nel tempo.
riore”.
della storia stessa della salvezza. È la presenza di
In questo senso, le tre opere di David Simpson,
Si parla spesso della verità dell’immagine. In
Dio al cuore della storia dell’uomo.
collocate a conclusione del percorso espositivo
queste immagini c’è una verità che scaturisce
La monocromia contemporanea è una pittura
della mostra, vogliono simboleggiare la luce che
dall’integrazione di tutte le immagini in dialogo
fatta di luce, che ricorda i fondi oro medioevali,
attende ogni uomo. È la luce della Redenzione,
tra loro. Non c’è un punto privilegiato dell’os-
in cui lo sfondo richiamava la presenza simbo-
la salvezza con la quale il Dio della vita, attraver-
servatore, come nelle rappresentazioni rina-
lica di Dio che abita da sempre la storia dell’uo-
sando la notte del Venerdì Santo, riscatta l’espe-
scimentali, in cui comprendiamo il significato
mo. La monocromia è una pittura della trascen-
rienza di ogni uomo.
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Georges Rouault. La notte della Redenzione
[a.d.a.]
103. David Simpson Inter Gold (Lacrymosa)
104. David Simpson Sunstruck
Georges Rouault. La notte della Redenzione
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APPARATI
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Georges Rouault. La notte della Redenzione
Georges Rouault. La notte della Redenzione
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Georges Rouault
Schede catalogo a cura di Chiara Gatti
1. Samson tournant la meule (Sansone che gira la macina), 1893 Disegno a penna, mm. 195x75 Bibliografia: B. Dorival – I. Rouault, Rouault – L’oeuvre peint, vol. I, 1988, n. 35 È uno dei numerosi disegni preparatori per il dipinto raffigurante Sansone che gira la macina, oggi conservato presso il Los Angeles County Museum of Art, eseguito nel 1893, con il quale partecipò senza successo al Prix de Rome. Il foglio raffigura le due figure in primo piano sulla sinistra, che assistono impotenti al supplizio di Sansone. Il disegno, pubblicato nel catalogo ragionato dei dipinti dell’artista, è già stato esposto in una grande retrospettiva che tra l’ottobre 1998 e il maggio 1999 ha toccato Tokyo e altre tre città giapponesi, Gifu, Shizuoka e Yamagata. Il Sansone che gira la macina è uno dei primi dipinti di Rouault ed è molto diverso da quella che diventerà, fin dagli inizi del Novecento, la sua cifra stilistica. La composizione, complessa e magniloquente, risente della lezione di Gustave Moreau, suo maestro fin dal 1892, e dello studio dell’opera di Rembrandt, compiuto prevalentemente nelle sale del Louvre. In quest’opera convivono la ricerca di uno stile grandioso e una vena misticheggiante e vagamente simbolista, piuttosto diffusa in Europa verso la fine dell’Ottocento. 2. Le bain (Il bagno), 19131918 circa Acquaforte, puntasecca, rotella, mm. 293x200 Si tratta di una copia in controparte della celebre puntasecca di Picasso, esegui-
ta nel 1905 e pubblicata da Vollard nel 1913 nella serie di quattordici incisioni intitolata Les saltimbanques, alla quale appartiene anche Le repas frugal. Si conosce un’unica prova di stampa e il foglio non è né datato, né firmato, né numerato. In una lettera del 19 novembre 1951, la figlia dell’artista Isabelle Rouault scriveva di avere mostrato la fotografia dell’opera al padre, che ne riconosceva l’autenticità, precisando di non aver mai dato luogo alla tiratura. La datazione è complessa: è improbabile che Roualt possa avere visto il foglio di Picasso prima dell’edizione di Vollard ma, per motivi stilistici, ha sicuramente realizzato la sua copia prima di Réincarnations du Père Ubu. Si ritiene quindi che l’esecuzione vada collocata non prima del 1913 e non oltre il 1918. L’incisione è certamente una delle prime prove grafiche di Rouault e mostra l’incertezza che, agli inizi, aveva ancora con questo tipo di linguaggio. È uno dei rari esempi di rame inciso solo all’acquaforte e puntasecca, senza l’uso dell’acquatinta che compare in quasi tutta la produzione grafica dell’artista. 3. Madonna col Bambino, 1935-1939 (?) Monotipo, mm. 380x270 Il foglio, realizzato con un procedimento tecnico assai raro e complesso, è inedito e non è mai stato esposto: l’attribuzione a Rouault viene proposta per la prima volta in questa sede. Si suppone che il monotipo sia ottenuto sul foglio interposto tra il disegno preparatorio e la lastra su cui è stata stesa la particolare cera grassa utilizzata per eseguire un’incisione alla vernice molle. L’artista, probabilmente, ha ripassato il disegno preparatorio, facendo pressione sul sottile foglio che poggiava sulla matrice: in quei punti la carta ha aderito alla vernice, asportandola. In questo modo Rouault ha eseguito il monotipo e, successivamente, ha potuto procedere alla morsura della lastra, immergendola nell’acido, come nelle altre tecniche di tipo indiretto. Si conosce l’incisione derivata da tale procedimento,
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Georges Rouault. La notte della Redenzione
inedita e nota in un solo esemplare, ma ad oggi non è stato ritrovato il disegno preparatorio, forse perduto. Per le analogie con un piccolo olio datato 1938 e con un grande dipinto del 19381939 (schedati nel catalogo generale dei dipinti, pubblicato da Bernard Dorival e Isabelle Rouault nel 1988, rispettivamente ai numeri 1583 e 2138), si suggerisce una datazione verso gli ultimi anni Trenta. RÉINCARNATIONS DU PÈRE UBU 4. Fille au grand chapeau (Ragazza dal grande cappello), 1918-1928 Acquaforte, acquatinta, raschietto, brunitoio e rotella, mm. 300x200 Bibliografia: Chapon-Rouault, n. 29e Nudo di solenne dignità, che per lo stile e l’impianto compositivo guarda più alle coeve prove del Miserere che allo spirito caricaturale e grottesco che aleggia in Réincarnations du Père Ubu. È una ragazza di vita, rappresentata senza alcun giudizio moralista da parte di Rouault, che negli ultimi trova il germe della salvezza e che nelle loro vite riconosce l’espressione emblematica di un’umanità altrimenti malata. Come il foglio precedente, anche questo è stato tirato da una delle sette lastre lavorate direttamente su rame, senza precedente trattamento all’héliogravure. 5. Le directeur de théâtre (Il direttore di teatro), 1918-1928 Acquaforte, acquatinta e rotella, mm. 300x196 Bibliografia: Chapon-Rouault, n. 27c Per il suo ruolo, il personaggio dovrebbe essere depositario della cultura, ma dietro agli occhiali spessi si nasconde uno sguardo vacuo e idiota. Vanità e ipocrisia trasudano da questa ma-
schera sagacemente ironica, dalla quale emerge quanto Rouault abbia meditato la lezione di Daumier: si tratta, infatti, di uno dei suoi esempi più efficaci di satira sociale. Come viene specificato nel catalogo ragionato della grafica di François Chapon e Isabelle Rouault, questo foglio è stato tirato da una delle sette lastre lavorate direttamente su rame, senza precedente trattamento all’héliogravure. 6. L’administrateur colonial (L’amministratore coloniale), 1919-1928 Acquaforte, acquatinta, puntasecca, brunitoio e rotella, mm. 268x170 Bibliografia: Chapon-Rouault, n. 16e Vestito di bianco e dall’aspetto perbene, è uno dei simboli dell’abuso di potere e dell’ingiustizia imposta con la violenza, a cui Rouault conferisce una fisionomia indefinita ma inequivocabilmente laida e ipocrita. Il gesto solenne, con l’indice puntato verso l’alto, amplifica la solennità del discorso che l’uomo sta tenendo e sottolinea l’importanza che il personaggio vuole attribuirsi, ma in realtà non fa che aumentare lo stridente contrasto con il suo aspetto ridicolo. Alle sue spalle si stagliano le silhouette degli uditori, tracciate con potenti segni all’acquatinta. 7. Cristal de roche (Cristallo di rocca), 1918-1928 Acquaforte, acquatinta, brunitoio e rotella, mm. 315x203 Bibliografia: Chapon-Rouault, n. 21d Ecco un altro dei simboli della vanità verso i quali l’artista è più critico e aspro. Il titolo, Cristallo di rocca, ovvero il quarzo più puro e perfettamente trasparente, stride ferocemente con l’immagine deforme della donna. I tratti somatici raccontano di un’assoluta inconsistenza intellettuale del personaggio, compiaciuto esclusivamente del suo aspetto esteriore, esaltato dall’abitino bianco e dall’appariscente collana. 8. Sainte-Nitouche (La Santerellina), 1918-1928 Acquaforte, acquatinta, puntasecca, brunitoio e rotella, mm. 255x165 Bibliografia: Chapon-Rouault, n. 26h
La Santerellina, con il suo aspetto casto e innocente, elegantemente abbigliata e con al collo una vistosa collana, è la quintessenza dell’ipocrisia. Il titolo in francese presenta il gioco di parole, difficilmente traducibile in italiano, “Santa Non Si Tocca”, che allude a chi maschera i propri vizi e le proprie colpe dietro un’apparenza irreprensibile e falsamente devota. Pochi tratti, come il neo sulla guancia sinistra e lo sguardo basso, a ostentare timidezza, restituiscono con straordinaria forza il carattere di questo personaggio. Non è con le prostitute, sempre raffigurate con grande dignità, che Rouault se la prende, ma con i simboli di una società ottusa e benpensante. GROTESQUES 9. Grotesques (Grotteschi – Signora con ombrellino), 1926 Acquatinta, mm. 440x330 Bibliografia: Chapon-Rouault, n. 210 La vena fortemente caricaturale di quest’immagine giustifica ampiamente il titolo di Grotesques, conferito alla serie di otto fogli, mai pubblicata. Lo stile è quello adottato dall’artista per le illustrazioni più apertamente satiriche di Réincarnations du Père Ubu. La donna, vista di profilo, indossa un vezzoso cappellino che contrasta in maniera stridente con il suo corpo tozzo e sgraziato, facendo così risaltare il suo animo rozzo mascherato in maniera improbabile con modi da gentildonna. 10. Grotesques (Grotteschi – Uomo con gli occhiali), 1926 Acquatinta, mm. 440x330 Bibliografia: Chapon-Rouault, n. 209 Il foglio appartiene alla stessa serie dell’opera analizzata nella scheda precedente. L’uomo, con la testa incassata nelle spalle, ha il volto nascosto da un grosso paio di occhiali, dalla barba fitta e dalla folta chioma che fanno risaltare la sua espressione ebete. È una delle più tipiche maschere caricaturali di Rouault, con le quali l’artista muove la sua critica all’ipocrisia e alla sonnolenza intellettuale di tanta parte della società a lui contemporanea.
Georges Rouault. La notte della Redenzione
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MISERERE 11. Miserere mei, Deus, secundum magnam misericordiam tuam, 1923 Acquatinta, puntasecca, brunitoio, mm. 575x420 Bibliografia: Chapon-Rouault, n. 54e «Abbi pietà di me, o Dio, nella tua grande misericordia» recita il primo versetto del Salmo 50 di Davide, cui Rouault s’ispira per la tavola d’apertura del Miserere. Il ciclo deve giustamente il suo nome all’incipit del celebre salmo biblico penitenziale, a sua volta intitolato Miserere nella traduzione latina della Vulgata. L’artista rievoca, infatti, nella sua straordinaria sequenza di immagini, l’urgenza di pentimento che abita l’uomo colto a invocare la misericordia di Dio. In questo senso, la prima tavola della serie condensa il messaggio di tutto il libro: le miserie dell’uomo accompagnate dal desiderio del perdono e la figura di Cristo che ritorna, di continuo, come un monito e, soprattutto, come icona della salvezza. Le miserie umane possono essere riscattate, infatti, solo da Gesù Cristo, l’uomo dei dolori, colui che assume il peccato del mondo per la salvezza dell’uomo. Qui raffigurato col volto reclinato, sofferente e assorto, è incorniciato da una nicchia che divide idealmente la scena in due parti. Il corpo e l’animo. Afflitto, il primo, nella sua dimensione terrena. Leggero, il secondo, come un amorino alato, simbolo di un sentimento interiore che eleva l’uomo penitente. Anche nello stile, la tavola si pone come manifesto dell’intero ciclo, distinta dalla scelta di un segno nero e spesso, volutamente aspro, in linea con i modi espressionisti degli esordi di Rouault. 12. Jésus honni... (Gesù vilipeso…), 1922 Acquatinta, puntasecca, mm. 548x400 Bibliografia: Chapon-Rouault, n. 55d Facendo seguito alla prima tavola della serie, quest’immagine sembra voler mettere a fuoco un dettaglio dell’opera precedente, concentrandosi esclusivamente sul volto del Cristo offeso, raffigurato nella stessa identica postura, ma abbandonato al suo destino umano senza più alcuna consolazione dello spirito che prima aleggiava sopra il suo capo. A prendere il posto dell’amorino alato c’è qui un cielo bigio e sconsolante contro cui si stagliano gli aculei della corona di
spine dalle dimensioni aggravate, mentre con il grigiore dello sfondo contrastano le carni pallide di Gesù, il volto e il petto, fragili membra simbolo della sua natura umana. Questa tavola fu fonte di ispirazione per un celebre dipinto del decennio successivo, il Cristo datato 1937-38 conservato oggi alla Fondazione Yoshii di Tokyo, capolavoro di umiltà e mestizia. 13. Toujours flagellé... (Sempre flagellato…), 1922 Acquatinta, puntasecca, brunitoio e rotella, mm. 485x365 Bibliografia: Chapon-Rouault, n. 56c L’opera presenta un’altra immagine cristologica in cui i modi espressivi dell’artista raggiungono esiti quasi sconvolgenti. L’inquadratura, prima circoscritta al volto, si apre ora a una panoramica sul corpo che mira a sottolineare la condizione terrena del figlio di Dio, citando l’iconografia tradizionale del Christus patiens d’origine medievale, caratterizzato dal volto dolente, gli occhi chiusi e il ventre inarcato a causa dell’abbandono e del peso degli arti sulla croce. Rouault coinvolge tuttavia nel suo messaggio l’umanità intera, facendo di Cristo il simbolo di un’umanità sofferente che, giorno dopo giorno, si confronta con il proprio dolore, come sembra alludere il titolo. Il rimando all’iconografia della flagellazione è giustificato dall’intensità dell’atteggiamento di Gesù che condensa, dietro le sue spalle ricurve e il costato ferito, tutti gli elementi dell’episodio evangelico, senza tuttavia la necessità di descrivere gli altri personaggi che ne furono protagonisti, diversamente dall’opera pittorica Gesù flagellato del 1930, conservato alla Hugh Lane Municipal Gallery of Modern Art di Dublino, animato dalla figura di Cristo, del boia e degli astanti. Da notare: l’invenzione compositiva che vede il corpo ritagliato giusto all’altezza delle ginocchia, per aumentare il senso di debolezza e vulnerabilità. 14. Solitaire, en cette vie d’embûches et de malices (Solo, in questa vita di insidie e di malizie), 1922 Acquatinta, puntasecca, brunitoio e rotella, mm. 575x415 Bibliografia: Chapon-Rouault, n. 58e
do e desolato. La figura è riportata però qui in un ambiente reale grazie al profilo, appena accennato, di un paesaggio tratteggiato alle sue spalle. Ma il cielo è dello stesso colore della tavola precedente. Plumbeo e senza speranza. «Si nasce e si muore soli, senza averlo voluto, né cercato» scriveva Rouault nei suoi Soliloqui riflettendo sullo stato di abbandono dell’uomo, comparsa ignota nella commedia dell’umana esistenza, costretto a sopravvivere fra insidie e malizie, come sottolinea il titolo. Situazione di angoscia e inquietudine che lo vede ripiegare su se stesso, senza tuttavia perdere la propria dignità come dimostra la presenza scenica del personaggio ritratto che, pur nel suo dolore, sfoggia una posa monumentale e un corpo solido. Significativa, oltre al dettaglio del volto appoggiato su un palmo ricorrente nella figurazione di Rouault, la postura del braccio sinistro che, nella sua fisionomia allungata, incornicia la figura e la scena tutta, in modo analogo a Il duro mestiere di vivere (n. 18). 15. Ne sommes-nous pas forçats? (Non siamo noi forse dei forzati?), 1926 Acquatinta, puntasecca, brunitoio e rotella, mm. 590x435 Bibliografia: Chapon-Rouault, n. 59d Continua l’indagine dell’artista sulla condizione esistenziale dell’uomo. Rouault impagina la scena attorno al corpo del personaggio principale, che contrariamente al solito, qui volge lo sguardo al cielo. La postura del corpo, proteso verso l’alto in uno sforzo quasi muscolare evidenziato dalla torsione innaturale del collo, sembra alludere, da un lato, alla volontà di riscossa, dall’altro alla ricerca disperata di un dialogo con Dio. La riflessione contenuta nel titolo apre un altro paragrafo del pensiero di Rouault che, demolendo la volontà di potenza e l’illusione dell’uomo moderno di essere autorevole ed emancipato, apre gli occhi su una situazione di reale prigionia; su una condizione di schiavitù soggetta al mestiere di vivere e al lavoro letteralmente ‘forzato’ cui egli è costretto per la sopravvivenza della sua famiglia, cui fanno riferimento le figure ritratte in secondo piano. La chiesa sullo sfondo rimanda alla prospettiva di una salvezza possibile.
È questa la risposta umana all’immagine di Cristo che, nella sequenza del libro, la precede. Le movenze sono le stesse. Volto afflitto, corpo nu-
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16. Qui ne se grime pas? (Chi non si maschera?), 1923 Acquatinta, puntasecca, brunitoio e rotella, mm. 565x430 Bibliografia: Chapon-Rouault, n. 61c L’iconografia della maschera, che tanto ha nutrito la riflessione dell’artista sin dagli anni degli esordi, trova in questa tavola un esito di grande intensità. La metafora circense e il travestimento del clown – che, sotto il cappello a cono e gli occhi tinti di bistro, svela il volto reale di un’umanità alla deriva – sottolineano, più che altrove, lo stato di tristezza che aleggia dietro una vita di illusione e di fronzoli luccicanti. Una vita costruita sulla logica dell’apparenza, ma che, al di là delle quinte, a spettacolo concluso, lascia addosso solo un profondo senso di amarezza e solitudine. Lo stesso che trasuda da ogni piega di un viso segnato, tradizionalmente identificato con un autoritratto di Rouault, a sua volta protagonista di una commedia umana, dove anche l’artista non può esimersi dal truccarsi… come tutti gli altri. I forti contrasti di luci e ombre lasciano emergere dal buio pochi, conturbanti particolari, come lo sguardo immobile e prostrato, o la bocca piegata in una smorfia di dolore. Una mestizia che tuttavia nulla concede al sentimentalismo o alla commiserazione. L’eleganza grafica di Rouault fa di questo Pierrot un’icona del male di vivere, ma insieme di una incrollabile dignità umana. 17. Au vieux faubourg des Longues Peines (Nel vecchio sobborgo delle Lunghe Pene), 1923 Acquatinta, puntasecca, brunitoio, mm. 565x420 Bibliografia: Chapon-Rouault, n. 63d Originario del quartiere parigino di Belleville, Rouault sembra ripensare alla sua collina nativa, al vecchio borgo, agli edifici fatiscenti, alla miseria e alla sua infelicità, nell’immaginarsi una sorta di luogo di espiazione e di permanenza terrena, come suggerisce il titolo evocativo della tavola, da cui si potrà evadere solo con la morte. La visione dai contorni quasi fiabeschi è incupita dai toni bui della rappresentazione e dalla presenza incombente dell’albero, allusione (forse) all’albero della vita che qui collega cielo e terra, e che divide in due parti la scena, evidenziando un dettaglio foriero d’un messaggio di speranza, impersonato dalla madre col bambino, richiamo all’iconografia sacra, come pu-
re all’amore fra gli uomini, antidoto all’iniquità. 18. Le dur métier de vivre... (Il duro mestiere di vivere…), 1922 Acquatinta, puntasecca, brunitoio e rotella, mm. 480x360 Bibliografia: Chapon-Rouault, n. 65c La capacità da parte di Rouault di comprendere e avvicinarsi con grande tatto all’universo dei più deboli si manifesta qui nel sentimento di compassione, con cui ritrae questa figura abbandonata al suo sconforto. Nel corpo nudo, indifeso e fragile, l’artista replica una posa analoga a quella utilizzata nella quinta e nella sesta tavola della serie, intitolate rispettivamente Solo, in questa vita fatta di insidie e di malizie e Non siamo forse degli schiavi? La corrispondenza con l’iconografia del Cristo sofferente e flagellato, posto all’inizio del Miserere è altrettanto evidente e contribuisce a rievocare anche in questo caso l’immagine-simbolo di colui che soffre l’ingiustizia. Ad acuirne il messaggio sono le tracce nere e spesse che scavano le fisionomie, gli occhi pesti, le guance, le scapole e il lungo braccio che, piegandosi, incornicia la scena. Il titolo, come di consueto, commenta e integra i contenuti della rappresentazione, ponendo l’accento sulla parola «mestiere», alludendo all’esistenza come un lavoro sfibrante che spezza la schiena e il cuore. 19. Il serait si doux d’aimer (Sarebbe così dolce amare), 1923 Acquatinta, puntasecca e brunitoio, mm. 570x410 Bibliografia: Chapon-Rouault, n. 66d Zoomando su un particolare della tavola n. 17, Au vieux faubourg des Longues Peines, Rouault mette a fuoco la figura della madre col suo bambino. Un tema particolarmente caro all’artista che punteggia il Miserere con tavole commosse e struggenti. Si tratta di uno dei pochi soggetti, presenti nel libro, realmente carico di fiducia, come testimoniano la luce chiara che piove sulle figure, l’espressione dei volti sereni, l’incrocio degli sguardi complici e il calore di un abbraccio senza riserve. Per una volta, inoltre, Rouault depone il suo consueto segno istintivo, duro e volutamente maldestro, in virtù di una linea più morbida e carezzevole, e di ombreggiature dai toni vellutati. I profili dolci dei volti, dei corpi e dei loro gesti tradiscono una partecipazione
amorevole del maestro alla scena, celando probabilmente un omaggio alla madre Marie-Louise Champdavoine a cui il Miserere è dedicato e che, di fatto, si addossò grandi sacrifici pur di assecondare, sin da subito, la vocazione per l’arte del figlio, che la ricambiò con un incondizionato affetto filiale. 20. Le condamné s’en est allé (Il condannato se n’è andato ), 1922 Acquatinta, puntasecca, brunitoio e rotella, mm. 500x345 Bibliografia: Chapon-Rouault, n. 71d La tavola trasferisce, in una prospettiva umana, l’immagine del Cristo flagellato ritratto nelle prime pagine del Miserere. La postura del corpo, le braccia abbandonate lungo i fianchi, il volto reclinato verso il basso, la schiena arcuata: ogni cosa è in linea con l’iconografia di matrice medievale del Christus patiens, su cui Rouault torna quasi con ossessione. Ciò che turba ancora di più, oltre alla profonda disperazione che avvolge il personaggio, è l’idea della condanna cui si fa riferimento nel titolo. La flagellazione di Gesù si reitera e si rinnova nella vita degli uomini. E, come lui, scortato verso la Croce, anche il personaggio qui rappresentato, emblema dell’umanità tutta, è condotto angosciosamente verso il patibolo. 21. Sous un Jésus en croix oublié là (Sotto un Gesù dimenticato sulla croce), 1926 Acquatinta, puntasecca, brunitoio e rotella, mm. 577x415 Bibliografia: Chapon-Rouault, n. 73e Siamo di fronte a una fra le diverse crocifissioni che costellano il Miserere. Cristo salvatore, che ha redento gli uomini con la sua morte e risurrezione, diventa in questa immagine, e nelle altre ad essa simili, un simbolo di salvezza cui Rouault guarda come all’unico bandolo di speranza. Quella di Gesù crocifisso è un’icona che dà senso alla vita e, altresì, alla morte. Come disse di lui Raïssa Maritain «fedele alla sua anima, al suo Dio e alla sua arte, è il più grande pittore religioso del suo tempo». Fermo nella critica aperta all’abbandono della fede da parte degli uomini, cui allude il titolo, l’artista persevera infatti nel suo messaggio di espiazione. La tavola – che è la trasposizione grafica del Cristo in cro-
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ce, un olio su tela del 1920 rispetto al quale risultano omesse le figure dei dolenti – adotta la medesima soluzione del dipinto di un taglio ravvicinato, in cui i dettagli delle mani e dei piedi fuoriescono dall’immagine, concentrando lo sguardo sul costato scarno e ferito. Iconografie analoghe furono sviluppate da Rouault già fra il 1913 e il 1914 quando affrontò con metodo il primo studio del soggetto, convinto del fatto che «un’arte religiosa non la si improvvisa» e pertanto deciso a ritornare sul tema con nuove e profonde riflessioni. 22. «Il a été maltraité et opprimé et il n’a pas ouvert la bouche» («È stato maltrattato e oppresso e non ha aperto bocca»), 1923 Acquatinta, puntasecca e brunitoio, mm. 578x410 Bibliografia: Chapon-Rouault, n. 74c L’insistenza sul tema dell’offesa e dell’umiliazione emerge in un’altra immagine di Cristo, uomo dei dolori, dove la composizione cambia di poco rispetto a quella del Cristo flagellato in testa al Miserere. Il corpo nudo è in parte coperto da un perizoma bianco e incorniciato da un lieve mantello. La nudità tipica degli schiavi resta, soprattutto nel costato percosso, a testimoniare i maltrattamenti subiti di fronte ai quali Gesù non ha reagito, racchiudendo nella sua monumentale postura tutta la dignità del sacrificio. Il senso di oppressione è intensificato dallo sfondo della scena, calato in un buio nero come la pece, dal quale sembra emergere soltanto un’aurea luminosa attorno alla figura e un cerchio di piccoli raggi che richiama il motivo dell’aureola. 23. Rue des solitaires (Strada dei solitari), 1922 Acquatinta, puntasecca e rotella, mm. 365x505 Bibliografia: Chapon-Rouault, n. 76e Il riferimento a una strada del quartiere nativo di Belleville a Parigi è reale. Si tratta, ancora oggi, di una piccola via adiacente a rue de la Villette, di cui l’artista fornisce una descrizione analoga, nei sentimenti, a quella data del Sobborgo delle Lunghe Pene, per quanto il suo istinto grafico lasci più spazio in questo caso a una descrizione veloce, quasi informale, con larghi tratti stesi di getto e dettagli appena abbozzati. L’intento è quello di comunicare un senso di cupa inquie-
tudine e desolazione. Nulla a che vedere con la poesia di un luogo radicato nella sua memoria infantile, illuminato dalle finestre delle case e dai lampioni a gas, magia del progresso, che la nonna lo accompagnava ad ammirare ogni sera, quando nella strada comparivano gli addetti all’accensione. Dimenticato tutto. Ora la Strada dei Solitari (di cui Rouault conserva il nome originale a scapito di nuove intitolazioni anonime) rappresenta per l’artista un altro pretesto per tornare a figurarsi luoghi di travaglio terreno. «Con bagliori elettrici – scrisse l’abate Morel a commento dell’opera nel suo Miserere del 1966 – Rouault spezza e inonda di desolazione la Via dei Solitari, fora le case con finestre e porte così spalancate e traboccanti di oscurità, che queste aperture diventano occhi e bocche, e danno alle facciate l’aspetto stesso dei nostri volti». 24. Au pays de la soif et de la peur (Nel paese della sete e della paura), 1923 Acquatinta, raschietto e rotella, mm. 415x583 Bibliografia: Chapon-Rouault, n. 79c Un paesaggio desolato, una barca senza vela che fluttua sull’acqua di un fiume tetro come la palude Stigia e due figure anonime, un uomo e una donna, in cerca di una rotta da seguire. Popolata di ombre, questa visione di Rouault sembra animata di fantasmi. Una luce spettrale rischiara una vegetazione confusa, dai tratti quasi esotici, dominata al centro dalla presenza di una piccola moschea che rimanda alla fede e ai simboli d’altri paesi. Come nel caso della Strada dei Solitari o del sobborgo delle Lunghe Pene di Belleville, anche qui l’artista potrebbe fare riferimento a un luogo reale trasfigurato nella fantasia. È stato fatto in passato dalla critica il nome del Village de Fenouille, ma i riferimenti restano tuttavia molto sfuocati. Da notare come, anche in questa inedita esplorazione delle tenebre, Rouault non rinunci alle sue iconografie consuete, riproponendo nella posa della donna una soluzione adottata più volte, a partire da Il duro mestiere di vivere. 25. Sunt lacrymae rerum..., 1926 Acquatinta, puntasecca, brunitoio, raschietto e rotella, mm. 580x420 Bibliografia: Chapon-Rouault, n. 80e
de, a dare titolo a questa tavola che, nello spirito di contemplazione delle tragedie della vita terrena, rievoca il sentimento e l’esclamazione di Enea di fronte agli affreschi della distruzione di Troia nel tempio di Cartagine. Le lacrime che versiamo per le cose che ci accadono sono l’unico conforto alla nostra condizione. Questo il messaggio implicito. L’iconografia scelta da Rouault non è tuttavia quella del riferimento virgiliano, ispirato dall’abate Morel, ma quella di Orfeo con la sua lira, icona del poeta cantore dei drammi umani, di cui l’artista si sente l’incarnazione contemporanea. Scrisse, infatti, a tale proposito in una lettera a Suarès dello stesso anno: «Mi sento come Orfeo nel triste soggiorno dei morti. Vivo con loro, penso con loro, li amo, comunico con loro attraverso le loro opere, cosa singolare per un vivente». Ancora una volta, dunque, Rouault cela la propria presenza fra le tavole del Miserere, corifero della commedia messa in scena. Inedita la luce argentea che inonda la composizione, alleggerendola della consueta atmosfera cupa e conferendo al corpo un effetto statuario. 26. «Celui qui croit en moi, fût-il mort, vivra» («Chi crede in me, anche se fosse morto, vivrà»), 1923 Acquatinta e puntasecca, mm. 575x435 Bibliografia: Chapon-Rouault, n. 81e Ispirato a un passo del Vangelo secondo Giovanni (Gv 11,25), il titolo dell’opera rimanda alla celebre esclamazione di Cristo: «Io sono la risurrezione e la vita. Chi crede in me, anche se è morto, vivrà, e chiunque vive e crede in me, non morirà in eterno. Credi tu questo?» chiedeva Gesù a Marta, la sorella di Lazzaro, manifestandole la sua identità di Messia. La domanda viene ora rimbalzata da Rouault a tutti gli uomini, a tutti coloro che guardano alla morte come a una tomba senza via d’uscita, come quella rappresentata nella tavola, popolata di teschi e alla quale nemmeno la croce sullo sfondo riesce a dare luce. Ma Cristo, sottintende l’artista, è la fonte della vita e dunque della risurrezione dei morti. Nell’episodio della risurrezione di Lazzaro, Gesù rivela che l’amore è forte come la morte. La sfida che si presenta all’uomo è quella della fede. Credere o non credere. Si tratta della scelta fra la salvezza e la perdizione. Di fronte a questa scelta, il fedele si aprirà alla vita eterna o precipiterà nelle tenebre della morte.
È un verso di Virgilio, dal primo canto dell’Enei-
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27. Chantez Matines, le jour renaît (Cantate il mattutino, il giorno rinasce), 1922 Acquatinta, puntasecca, brunitoio e rotella, mm. 585x365 Bibliografia: Chapon-Rouault, n. 82d Posta, insieme all’immagine del Battesimo di Cristo, esattamente al centro del Miserere, a separare idealmente le ventotto tavole iniziali dalle ventotto tavole successive, l’opera contiene e manifesta un messaggio di rinascita affidato interamente alla rappresentazione del sole che sorge a illuminare il destino del mondo. La composizione è delle più essenziali: un profilo di terra con un orizzonte lontano, il volo di un gabbiano, e poi cielo, tanto cielo, dominato solo dalla presenza simbolica del disco solare. Il significato è altrettanto chiaro: come il sole ogni giorno rinasce, anche noi risorgeremo. L’esplosione di luce e di vita affidata alla sfera bianchissima sveglia la terra dal suo sonno di morte. Da notare come la struttura arcuata del cielo rievochi la tavola precedente, alludendo alla luce divina, capace di rischiarare la catacomba nella speranza della risurrezione da celebrare con la liturgia delle ore. 28. «Nous... c’est en sa mort que nous avons été baptisés» («Noi… è nella sua morte che siamo stati battezzati»), 1923 (?) Acquatinta e brunitoio, mm. 545x420 Bibliografia: Chapon-Rouault, n. 83e L’immagine del Battesimo di Cristo rappresenta, insieme alla precedente, il cuore del Miserere. È la tavola centrale e, in questo senso, anche la più emblematica della serie, simbolo della rinascita dell’uomo a vita nuova. Nonostante il soggetto assai diverso, l’impostazione della composizione è analoga a quella di Chantez Matines, le jour renaît. Dove prima splendeva la luce calda del sole, ora splende il volto di Gesù coronato dalla mano del Battista e dalla discesa dello Spirito Santo. L’iconografia utilizzata da Rouault si pone in linea con quella tradizionale del Battesimo di Cristo, con la figura del figlio di Dio in posizione frontale e di Giovanni sul fianco nell’atto di battezzare. Tipica dei modi di Rouault è la gestione dei contrasti chiaroscurali che, nel fascio di luce a cono che inonda le figure, acuisce l’effetto emotivo della rappresentazione. La scena solenne ha una sacrale bellezza.
29. «Aimez-vous les uns les autres» («Amatevi gli uni gli altri»), 1923 Acquatinta, brunitoio, rotella e raschietto mm. 590x425 Bibliografia: Chapon-Rouault, n. 84e Tornando sul tema della crocifissione, già trattato in Sous un Jésus en croix oublié là, Rouault pone l’accento questa volta sulla rappresentazione nel suo complesso, aureolando la figura centrale di Cristo con il dolore degli astanti, nel rispetto dell’iconografia tradizionale. Impostato verticalmente, il ritmo della scena è dato dalle linee della croce che scandiscono l’immagine e incorniciano i personaggi. Contrariamente a tavole analoghe, l’artista non stringe l’obiettivo sul corpo del redentore, eliminando mani e piedi, ma circoscrive il tutto all’interno dello spazio compositivo, lasciando i piedi visibili poggiati simbolicamente a terra, mentre le braccia protese fuoriescono appena dalla cornice. Candido nella luce, Cristo ha in volto un’espressione di pace che cela un messaggio di speranza e annuncia la vita oltre la morte. Splendida la descrizione dei corpi dei dolenti, dalle linee morbide e flessuose, anch’essi nudi nella luce e con i volti non più segnati da smorfie di dolore, ma pervasi da un confortante atteggiamento contemplativo. 30. Seigneur, c’est vous, je vous reconnais (Signore, sei tu, ti riconosco), 1927 Acquatinta, puntasecca, brunitoio, rotella e raschietto, mm. 570x450 Bibliografia: Chapon-Rouault, n. 85d L’incredulità di Tommaso è proverbiale. Ma Rouault ne dà in questa scena un’interpretazione allineata al messaggio del Miserere. A partire dal titolo, che rievoca una delle più intense testimonianze di fede nella risurrezione espresse nel vangelo e sintetizzate nella frase «Signore, sei tu, ti riconosco». Non c’è traccia, nell’immagine, dell’uomo incredulo che chiede di toccare in cerca di prove concrete. La sua mano protesa verso il Cristo risorto non lo tocca affatto, piuttosto sembra bloccata nell’attesa di un contatto, in un gesto trattenuto, segno di un rispetto reverenziale. Gli occhi, infatti, guardano verso il basso, atteggiamento di chi crede senza vedere. Prezioso il dettaglio della mano di Cristo, che contraccambia il movimento di Tommaso, conferendo alla composizione una certa simmetria e, soprattutto, suggerendo un dialogo ideale d’affetto e complicità fra i personaggi.
31. Et Véronique au tendre lin passe encore sur le chemin... (E Veronica, dal lino misericordioso, passa ancora lungo la strada…), 1922 Acquatinta, puntasecca, brunitoio, rotella e raschietto, mm. 435,8x430 Bibliografia: Chapon-Rouault, n. 86d Il velo della Veronica, colei che compassionevole asciugò con uno scampolo di lino il volto coperto di sangue e di sputi del Cristo sulla strada del Calvario, compare in questa immagine e ritorna ancora nelle tavole della serie e in quella di chiusura in particolare. Concentrato sul volto di Gesù, Rouault ne ritrae i lineamenti con dolcezza, con uno sguardo all’iconografia antica delle icone. Gli occhi sono chiusi, assorti nella visione di un mistero ultraterreno di cui il velo stesso diviene un simbolo. Tuttavia esso si fa qui simbolo di un altro messaggio di speranza che l’artista suggerisce nel libro. È quello di credere nella presenza ancora viva in terra di chi, come Veronica, con il suo amore e la sua carità, è in grado di consolarci, tergere le nostre ferite e sostenerci con il suo aiuto benevolo. Veronica, dichiara il titolo, «passa ancora lungo la strada». Come a dire che l’amore è fra noi. L’uomo sofferente, il povero, il vilipeso, il solitario, il “forzato” e colui che è piegato dal “duro mestiere di vivere”: tutti loro saranno consolati dall’intervento della misericordia. 32.«Les ruines ellesmêmes ont péri» («Non sono rimaste neppure le rovine»), 1926 Acquatinta, puntasecca e raschietto, mm. 575x445 Bibliografia: Chapon-Rouault, n. 87c La tavola costituisce il frontespizio del secondo capitolo del Miserere, titolato Guerre. La guerra a cui Rouault fa riferimento è naturalmente la prima guerra mondiale e il tema di fondo che costella tutte le opere è la morte. Facendo da controcanto alla prima tavola del libro, l’opera presenta infatti una struttura analoga ad essa, un parallelismo evidente nella soluzione compositiva, con l’immagine incorniciata, il titolo scolpito nella parte superiore e la scena divisa in due parti di cui una circoscritta da un arco, in cui si inserisce la figura protagonista. Inizialmente era quella di Cristo, ora quella di un soldato morto, di cui resta un teschio dall’espressione contrita e che sembra ritratto nel buio del suo feretro. Sopra di lui, l’angelo confortatore della pri-
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ma tavola è sostituito dal velo della Veronica, iconografia cara all’artista, con il volto raggiante di Cristo che illumina di speranza le sorti mortali. Il titolo, tratto da Lucano (Farsaglia, IX, 969), richiama la dolorosa consapevolezza del perpetuarsi della guerra e delle sue distruzioni. 33. «Jésus sera en agonie jusqu’à la fin du monde...» («Gesù sarà in agonia fino alla fine del mondo…»), 1926 Acquatinta, puntasecca, brunitoio, rotella e raschietto, mm. 580x410 Bibliografia: Chapon-Rouault, n. 88e Georges Rouault torna ancora in questa tavola sull’iconografia della crocifissione. In quest’immagine stringe tuttavia la visuale più che altrove, con una ripresa ravvicinata del soggetto che acutizza il senso di fragilità e di tormento del corpo di Cristo, sottolineando le pieghe del costato, le ferite inferte e l’abbandono del capo esanime sulla spalla. L’intervento di una linea fortemente ricalcata e di zone d’ombra allargate a macchia d’olio aumenta altresì il dramma della rappresentazione che trova nel titolo un commento colto ispirato ai Pensieri di Blaise Pascal ed estratto dalla frase originaria «Gesù sarà in agonia fino alla fine del mondo, non bisogna dormire durante questo tempo». Il tema sembra reiterare il concetto espresso dalle tavole del Gesù “vilipeso”, “maltrattato e oppresso”. E, soprattutto, del Gesù “sempre flagellato”, dove la presenza dell’avverbio mette in risalto nuovamente l’idea di tempo, ovvero la nozione di durata: le sofferenze di Cristo continuano con quelle degli uomini. 34. Ce sera la dernière, petit père! (Stavolta è l’ultima, papà mio!), 1927 Acquatinta, puntasecca, brunitoio e raschietto, mm. 588x430 Bibliografia: Chapon-Rouault, n. 89d Si tratta della prima tavola del Miserere in cui Rouault entra nel vivo del racconto legato all’attualità della guerra, con una scena di genere ambientata all’interno di un’umile casa e con protagonisti un padre e un figlio colti in un atteggiamento d’affetto e sofferta complicità. «Sarà l’ultima guerra» sussurra il figlio nell’orecchio del genitore, forte di un amore che conforta e consola. L’illusione è palese. Perché entrambi, vestiti da soldato, sono pronti a partire per l’ul-
tima campagna, sperando sia la decisiva e sognando di poter tornare presto. Ma la morte, con le sue braccia lunghe e il suo passo deciso, avanza verso di loro, a reclamarne la vita. Non è chiaro se Rouault faccia riferimento qui in particolare alla sorte dei padri o a quella dei figli. Il messaggio è universale. La morte (prima comparsa nel libro dell’iconografia dello scheletro) aleggia su tutti. Non è una questione di singoli destini, ma dell’umanità intera. 35. Homo homini lupus, 1926 Acquatinta, puntasecca, brunitoio e raschietto, mm. 580x418 Bibliografia: Chapon-Rouault, n. 90f «L’uomo è un lupo per l’uomo». La celebre espressione latina, partorita da Plauto nell’Asinaria (II, 4, 88) e suggerita a Rouault – come di consueto, nel caso delle massime antiche – dall’abate Morel, rimanda chiaramente al male che nutre le azioni degli uomini. In un gioco di parallelismi con il primo capitolo del Miserere, anche questa tavola, come quella d’apertura di Guerre, sembra la risposta terrena all’immagine che, nell’incipit del libro, allude alla presenza di Cristo nel cuore di tutti. Oltre a Cristo, ahinoi, c’è anche il lupo, avverte l’artista. E il lupo è, per lui, il simbolo della guerra e delle sue efferatezze. La guerra nasce nel cuore degli uomini e li spinge gli uni contro gli altri. L’iconografia dello scheletro domina con sinistra potenza. Sul campo di battaglia, disseminato di teschi, landa desolata di rovina e distruzione, la morte veste la divisa di un soldato, col berretto calato sul volto, che incede a grandi passi fra i suoi simili. Il rimando al tema tradizionale del Trionfo della morte è indubbio e perfettamente riuscito anche nella struttura compositiva, col taglio fotografico, ravvicinato e insinuato dentro la scena con impietosa lucidità. 36. Face à face (Faccia a faccia), 1926 Acquaforte, acquatinta, puntasecca, brunitoio e raschietto, mm. 575x435 Bibliografia: Chapon-Rouault, n. 93c L’immagine è di un’ironia crudele. Nel corso della visita militare, il medico dialoga con la recluta. Lui, enorme, grasso e ben vestito, rievoca la stazza (e il messaggio) dei primi indisponenti “giudici” di Rouault. Il soldato è chiuso all’angolo nella sua fragilità. Col suo fisico asciutto, le guance
scavate, gli occhi pesti, subisce la visita del dottore che occupa – capolavoro di effetti plastici e chiaroscurali – tutto lo spazio della composizione, schiacciando al muro la recluta umiliata dall’indagine sul suo corpo, finalizzata a valutarne l’efficienza per l’esercito. La scena cela, in realtà, il ricordo di un episodio autobiografico, quando cioè l’artista fu dichiarato inabile per la sua gracilità. 37. Bella matribus detestata, 1927 Acquatinta, puntasecca, brunitoio, rotella e raschietto, mm. 584x440 Bibliografia: Chapon-Rouault, n. 95e Ancora una suggestione dall’abate Morel che, in questo caso, suggerì all’amico un verso della prima Ode di Orazio, con il suo richiamo amaro al tema della guerra detestata dalle madri dei soldati. Nell’affrontare il soggetto, Rouault recupera l’iconografia amata della madre e del bambino, già comparsa nella tavola Il serait si doux d’aimer. La dolcezza dei sentimenti profusi contrasta con il richiamo al destino di morte presagito dallo sguardo abbassato della donna e dalla sua espressione riflessiva e dolente. Emblematico il contrasto fra le vesti cupe di lei e il corpo nudo del figlio, dalle carni morbide e rotonde, tuttavia indifese. Da una lettera del 1920 indirizzata a Suarès, si evince che Rouault pensò inizialmente di utilizzare questa tavola come copertina dell’album, salvo poi aver optato per un’altra scelta. 38. «Nous devons mourir, nous et tout ce qui est nôtre» («Noi dobbiamo morire, noi e tutto quello che è nostro»), 1922 Acquatinta, puntasecca e rotella, mm. 515x364 Bibliografia: Chapon-Rouault, n. 96c La citazione oraziana sul tema delle vedove e delle madri di guerra, affrontato nella tavola precedente, tocca ora da vicino la questione della morte, che tutto avvolge e inghiotte. Essa è evocata dall’ombra nera che aleggia intorno alla figura, dai suoi abiti da lutto, dalla sua espressione dolente, dal suo ambiente famigliare drammaticamente svuotato d’ogni luce di vita. La critica ha letto in quest’opera un riferimento autobiografico, un omaggio alla madre vedova, concepito già nel 1912, l’anno della perdita del padre che ispirò all’artista il primo pro-
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getto del Miserere. Splendida la soluzione iconografica del personaggio, costruito con un gioco di linee fluide, forme ogivali che ricordano le fattezze delle madonne bizantine. 39. Mon doux pays, où êtes-voux? (Mio dolce paese, dove sei?), 1927 Acquatinta, puntasecca, brunitoio, rotella e raschietto, mm. 420x594 Bibliografia: Chapon-Rouault, n. 97d I paesaggi di Parigi, di Belleville e di rue de la Villette erano desolanti, ma comunque vivi. Le madri coccolavano i loro figli e la gente si muoveva silenziosa lungo le strade. Ora la morte è passata di lì. La guerra ha lasciato un segno sotto lo stesso campanile del Sobborgo delle Lunghe Pene, dove prima si profilava solo miseria e solitudine e ora, invece, giacciono a terra le vittime del conflitto. In primo piano, distesi al suolo, allineati come i corpi senza nome nelle fosse comuni, i morti sono manichini senz’anima. La loro testa, leggermente sollevata da terra, forse allude nella posa alla ricerca di una luce oltre la morte. Sullo sfondo, colonne di fumo indicano incendi, frutto dei bombardamenti in un panorama di distruzione. 40. La mort l’a pris comme il sortait du lit d’orties (La morte l’ha colto nel momento in cui usciva dal letto d’ortiche), 1922 Acquatinta, puntasecca, brunitoio, rotella e raschietto, mm. 537x332 Bibliografia: Chapon-Rouault, n. 98f Niente divisa da soldato, questa volta, per lo scheletro che cammina sui campi di battaglia. L’uomo, raggiunto dalla morte, ha perso la sua identità. Ora è uguale a tutti gli altri. Non c’è differenza di stato né di rango oltre la vita. Ma solo dimenticanza e tristezza per ciascuno, allo stesso modo. Rouault immagina qui, mettendo in atto una ripresa ravvicinata del corpo del defunto analoga a quella che ha contraddistinto molte raffigurazioni di Cristo presenti nel libro, in una continua corrispondenza fra uomo e Dio, la presa di coscienza del proprio destino fatale, da parte di colui che lo ha appena subito. Il dramma vero di questa tavola (ideazione straordinaria e inedita dell’artista) sta nell’aver trasformato l’iconografia dello scheletro, nella sua consueta accezione maligna, in una figura dolente. Lo sguardo abbassato, le gambe piegate, il vol-
to affranto, lo pongono sullo stesso piano delle madri afflitte o del Gesù offeso. La morte ha preso coscienza della sua stessa amara condizione. 41. «Le juste, comme le bois de santal, parfume la hache qui le frappe» («Il giusto, come il legno di sandalo, profuma la scure che lo colpisce»), 1926 Acquatinta, puntasecca, brunitoio, rotella e raschietto, mm. 585x422 Bibliografia: Chapon-Rouault, n. 99e C’è un rimando chiaro in quest’opera all’iconografia classica del trasporto del Cristo morto. Il soldato ferito è trascinato con delicatezza da un angelo che lo regge per le spalle e da una donna con un bambino ai suoi piedi, interpretata da una parte della critica come la figura consolatrice di Maria che soccorre la miseria umana. Si noti poi come lo stesso dettaglio del braccio esanime che pende sia una citazione colta da precedenti illustri e di derivazione antichissima. A partire dal sarcofago romano col trasporto di Meleagro, essa fu ripresa da Raffaello nella deposizione della Pala Baglioni alla Galleria Borghese, da Caravaggio nella Deposizione dei Musei Vaticani e, persino, da Jacques-Louis David nella famosa Morte di Marat nella vasca da bagno. Un rimando esiste anche con la produzione stessa di Rouault ed esattamente con il dipinto Il clown ferito del 1932 dove tuttavia il protagonista colpito cammina sorretto dagli amici al suo fianco. «È un giovane fiordaliso falciato» scriverà l’artista di questa tavola rimandando alle sue riflessioni sul destino iniquo toccato ai giovani in guerra. A vegliare su di lui resta tuttavia il velo della Veronica, leit-motiv di tutto il Miserere e che qui risplende nel buio grazie a un sapiente intervento del brunitoio. Evocativo è il titolo che cita un famoso detto orientale, dove il legno di sandalo è usato per la produzione degli oggetti di culto. L’amore – lascia intendere – contagia con il suo profumo anche ciò che non ha rispetto di lui, l’ingiustizia e la morte. Messaggio di speranza che armonizza con il sostegno misericordioso delle figure accorse a proteggere il soldato ferito.
42. De profundis..., 1927 Acquatinta, puntasecca, brunitoio, rotella e raschietto, mm. 430x600 Bibliografia: Chapon-Rouault, n. 100e L’immagine sembra proporre la messa in scena di un episodio conseguente a quello della tavola che la precede. Quasi a voler srotolare un racconto preciso fra le pagine del Miserere. Cosa che, di fatto, accade in tutto il libro, ma che talora risulta più marcato e di facile lettura. Dopo essere stato allontanato dal campo di battaglia, grazie al sostegno dell’angelo e della giovane donna, il soldato trova la sua pace nell’interno di una abitazione, proprio ai piedi del velo della Veronica che prima brillava sullo sfondo. Il suo corpo disteso è abbandonato ora in un sonno di morte. Nessun angelo e nessuna donna sono più al suo fianco. Qualcuno si intravede oltre la soglia. Un uomo solleva il braccio, forse in segno di imbonimento o di sostegno ai presenti. Ma lui è solo. Terribilmente solo. Il volto sbiancato, le mani lunghe e pallide sembrano quasi trasfigurate dalle morte e prendono luce dal velo che risplende su di esse come una stella nella notte. La testa del morto, leggermente rialzata, sembra attratta da questa luce, accenno sottile al cammino ultraterreno nella luce di Dio, cui rimanda anche il titolo dell’opera, tratto dall’inizio del Salmo 129 nella liturgia dei defunti, con la preghiera al Signore dall’abisso della morte. Rouault realizzò, nel 1912, un lavoro analogo e dal medesimo titolo, in occasione della scomparsa del padre. 43. Dura lex sed lex, 1926 Acquatinta, puntasecca, brunitoio, rotella e raschietto, mm. 570x430 Bibliografia: Chapon-Rouault, n. 105e L’opera duetta con la seguente Vièrge aux sept glaives in un reale “faccia a faccia” sia nell’impostazione della composizione che nei contenuti celati. Pochi, energici tratti marcano i lineamenti del volto posto qui in primo piano, riconducibile, per via del copricapo a bustina, al ritratto di un soldato. Figura nobile e dignitosa, egli mostra sul viso – miracolo di plasticità, scolpito nella luce – un’espressione irrigidita dagli obblighi della legge e della ragion di stato. Come lascia intendere il titolo, celebre motto dell’antica Roma, il militare, immobile nella sua disciplinata compostezza, è costretto a obbedire a or-
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dini iniqui. Il tema della giustizia terrena, caro al Rouault dei “giudici”, è quanto mai presente e aggravato. 44. Vièrge aux sept glaives (Vergine dalle sette spade), 1926 Acquatinta, brunitoio, rotella e raschietto, mm. 575x408 Bibliografia: Chapon-Rouault, n. 106c Come anticipato nella scheda precedente, l’opera risponde nell’impaginato e nei temi ai contenuti di Dura lex sed lex. Protagonista, questa volta, pur sempre nella ripresa zoomata e nei caratteri accentuati del volto, modellato con un gioco straordinario di contrasti chiaroscurali, è la Madonna, il cui dolore per la morte di Cristo, nella tradizione popolare, è rappresentato da sette spade piantate nel petto. La Vergine è in lacrime e anche le gemme del suo diadema hanno la forma delle gocce del pianto. La giustizia scellerata degli uomini vede nel suo dolore il simbolo dei suoi esiti più infausti. La critica ha interpretato in passato questa figura come la personificazione della Francia, colpita dalla guerra, regale nella postura ma affranta nei lineamenti desolati del volto. 45. L’aveugle parfois a consolé le voyant (A volte il cieco ha consolato il vedente), 1926 Acquaforte, acquatinta, puntasecca, brunitoio, rotella e raschietto, mm. 585x435 Bibliografia: Chapon-Rouault, n. 108d Un messaggio di speranza affiora da questa tavola dai contenuti alquanto emblematici. Nonostante le sofferenze e le ingiustizie subite, dopo essere stati armati gli uni contro gli altri e feritisi vicendevolmente, gli uomini possono tornare a credere in una forma di solidarietà fraterna. È l’unica reale via di assoluzione possibile. La luce del Signore ora risplende sul destino di tutti, piove dall’alto e li avvolge con calore. Non tocca tuttavia al più vigoroso fare strada. Fra il vedente e il cieco, avverte Rouault, toccherà al più fragile e indifeso consolare l’altro con la sua forza interiore. Solo gli ultimi, i deboli, dalle cavità degli occhi vuote e profonde come suggerisce angosciosamente l’immagine, vedranno davvero la strada della salvezza.
46. En ces temps noirs de jactance et d’incroyance, Notre-Dame de la Fin des Terres vigilante (In questi tempi cupi di arroganza e incredulità, la Madonna di Finisterre vigila), 1927 Acquatinta, brunitoio, rotella e raschietto, mm. 585x433 Bibliografia: Chapon-Rouault, n. 109b Alla nota di speranza contenuta nella tavola precedente s’allinea, come sempre nel Miserere, una visione sacra. È quella della Madonna di Finisterre (celebrata dall’artista anche in una sua poesia del 1934), punto d’arrivo sull’oceano Atlantico del Cammino di Santiago, in versione prolungata, per pellegrini inesausti, e che qui rappresenta nell’immaginario di Rouault una meta sospirata, ovvero la fine di ogni umano travaglio. La Vergine, nella sua linearità e nella estrema sintesi grafica, sembra sbocciare dalla terra come un fiore ed espandersi verso il cielo con il capo simile a una corolla. Fra le sue braccia, il figlio, che regge con la mano il globo terrestre. Entrambi guardano verso questa piccola, fragile terra con amorevole compassione. L’immagine iconica è un inno di gloria a Dio. Il titolo assume le sembianze di una preghiera sussurrata fra le labbra. 47. «Obéissant jusqu’à la mort et à la mort de croix» («Obbediente fino alla morte, e alla morte di croce»), 1926 Acquatinta, brunitoio, rotella e raschietto, mm. 580x420 Bibliografia: Chapon-Rouault, n. 110b Nell’atmosfera di speranza che accomuna le ultime tavole del Miserere, questa ennesima presenza della Croce assume un’accezione completamente rinnovata rispetto al “Gesù in agonia” o al “Gesù dimenticato” delle tavole passate. Il bellissimo crocifisso mostra infatti il volto raggiante di luce e di serenità di un Cristo già risorto. Il suo capo è sollevato verso l’alto, contrariamente alla posa abbandonata sulla spalla delle iconografie precedenti. Il corpo è sodo e liscio, senza alcun segno di ferite inferte. Rouault ripropone ancora l’inquadratura ravvicinata – sperimentando un taglio ortogonale della scena vagamente costruttivista – ma in questo frangente è tuttavia lontano dall’idea di penetrarne la sofferenza, quanto piuttosto di metterne in risalto la regalità. Il titolo, ispirato a un
passo di Paolo nella Lettera ai Filippesi (Fil 2,8) rimanda al mistero della Croce, strumento di redenzione e di salvezza, e alla fede di Gesù, fiducioso e obbediente al Padre fino alla morte e in attesa della risurrezione. 48. «C’est par ses meurtrissures que nous sommes guéris» («Dalle sue piaghe siamo stati guariti»), 1922 Acquatinta, brunitoio, rotella e raschietto, mm. 580x470 Bibliografia: Chapon-Rouault, n. 111b Torna ancora il velo della Veronica, questa volta per chiudere il percorso del Miserere. Le spine che coronano il capo di Cristo e il titolo della tavola, tratto dal libro di Isaia (Is 53,5) ricordano che la nostra salvezza è già avvenuta grazie al mistero della Croce. Nel suo messaggio di speranza e di liberazione da ogni male, l’opera torna sul tema della Veronica nella sua doppia accezione: del sacrificio di Gesù e dell’intervento, tutto umano, della donna che lo soccorse sul Calvario. Come a dire che, alla nostra redenzione, concorrono unanimemente Dio e gli uomini. L’invito ad aver fede nella giustizia divina, tanto quanto a scommettere nell’amore del prossimo, è infatti il filo conduttore della cartella intera. L’amore degli altri e il volto consolatore apparso sul sacro velo di lino costellano il Miserere e sono lo specchio della fede dell’artista stesso. «Caro Rouault – esordì l’abate Morel nella sua orazione funebre – tu lo vedi ora quel Volto che tanto e così a lungo hai cercato, come un mistico, nella solitudine del tuo atelier ma non cessare mai di aiutarci a scoprirlo fino a trasformare per la sola sua vita la nostra vita, là dove questo volto è più nascosto, non solo nelle caricature che ci offre l’iconografia corrente, ma in tutti coloro che vanno a piedi nudi nella miseria e nella pena». 49. Orphelins (Orfanelli), s.d. Acquaforte e acquatinta, mm. 580x470 Bibliografia: Chapon-Rouault, n. 135 L’opera appartiene alla serie di tavole escluse dall’edizione definitiva delle 58 del Miserere. Una parte di queste prove scartate furono rilavorate comunque dal maestro con esiti di grande qualità e raffinatezza. È il caso di quest’im-
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magine particolarmente affettuosa e delicata, dove il concetto dell’accoglienza (il personaggio anziano dà ospitalità ai due piccoli orfani sulla sua porta di casa) è sottolineato dal dialogo intimo instaurato fra i personaggi protesi vicendevolmente gli uni verso gli altri in un gioco di curve che evocano il senso dell’abbraccio, oltre che dalle tonalità degli inchiostri, dalle gradazioni ovattate dei grigi mai così vellutati e caldi. 50. Abandonné (Abbandonato), s.d. Acquaforte e acquatinta, mm. 580x470 Bibliografia: Chapon-Rouault, n. 143 Anche quest’opera, come la precedente, appartiene alla serie delle incisioni escluse dall’edizione definitiva del Miserere. Si tratta in questo caso di una rappresentazione sacra ma sempre in linea col tema dell’accoglienza affrontato negli Orphelins. Non collocato tuttavia in un ambiente quotidiano, ma legato piuttosto a una visione spirituale e allegorica, dove l’uomo solo e abbandonato (raffigurato nudo come emblema di fragilità e miseria) trova ospitalità al cospetto di Cristo che ne benedice la venuta e, soprattutto, sotto lo sguardo misericordioso della Madonna, ritratta col bambino in un’effige che costituisce il fulcro ideale dell’immagine, verso cui tendono le linee di forza della scena. SOUVENIRS INTIMES (Ricordi intimi) 51. Baudelaire, 1926 Litografia, mm. 211x165 Bibliografia: Chapon-Rouault, n. 316 Nella serie di litografie che raccoglie i ritratti degli artisti e dei suoi maestri ideali, l’effigie di Baudelaire, inserita nella seconda edizione del volume sempre datato come l’originale al 1926, è forse una delle più intense e conturbanti. L’ammirazione di Rouault per il poeta, sbocciata negli anni di studio sotto la guida di Moreau, lo portò a condividere la sua stessa partecipazione alla sofferenza della condizione umana, individuando nello scrittore un padre nobile e ideale nella denuncia della miseria e di un dolore universale. Non stupisce, infatti, che Rouault, scegliendo di illustrare i Fiori del Male – a partire dal 1934 dietro contratto con Vollard e al fianco dello stampatore Lacourière – concentrò le sue tavole sulle scene
di maggior potenza espressiva, a partire dal Cristo oltraggiato sulla croce, alla figura di Satana, dal tema della bellezza peritura, alla dissoluzione della morte in una sorta di allucinante danza macabra. Qui, rendendo omaggio al suo alter ego letterario, l’artista cerca di affidarne l’indole alla carta, immortalandone lo stesso piglio e la grinta severa che contraddistingue i suoi originari ritratti fotografici. La fisionomia del poeta emerge dal buio, la luce piove dall’alto e acuisce l’ombra calata sugli occhi dallo sguardo deciso e insinuante. Fra le righe emergono i lati oscuri del suo carattere ribelle, la sua inclinazione alla solitudine, le sue reazioni colleriche e i suoi legami con le prostitute, a cui forse si riferisce la presenza della piccola impressione in calce, col profilo di una donna, intrigante e molesta, simile nelle fattezze alla protagonista di Fleur du mal, tavola della serie omonima dedicata al testo del poeta. MAÎTRES ET PETIT MAÎTRES D’AUJOURD’HUI (Maestri e piccoli maestri d’oggi) 52. L’Écuyère (La cavallerizza), 1926 Litografia, mm. 345x205 Bibliografia: Chapon-Rouault, n. 318 Accanto ai maestri ideali dell’arte e della letteratura celebrati nei Souvenirs Intimes, Rouault concepì un album di litografie popolato di quelli che lui identificò come piccoli maestri di vita. Personaggi che animarono le sue riflessioni sulla commedia dell’umana esistenza e che, nella loro fragilità e solitudine, non persero tuttavia mai la dignità. Pagliacci, funamboli, prostitute diventano icone che tornano in immagini-simbolo, come quella della cavallerizza da circo, la ballerina capace di acrobazie eleganti a cavallo del suo destriero, per ammaliare il pubblico, dietro la sua maschera di ginnasta aggraziata. 53. L’Écuyère (La cavallerizza), 1926 Litografia, mm. 335x220 Bibliografia: Chapon-Rouault, n. 318 Quinto e ultimo stato della tavola precedente, dedicata alla cavallerizza del circo e contraddistinto da una variante importate. Torna, infatti, qui la soluzione già adottata da Rouault con il ritratto di Baudelaire: una piccola incisione in calce, raffigurante ora il profilo di un
clown, altro protagonista significativo dell’universo circense, posto in un dialogo ideale con l’immagine della ballerina. 54. Fille (Ragazza), 1926 Litografia, mm. 325x225 Bibliografia: Chapon-Rouault, n. 320 In questa immagine di donna a metà fra l’iconografia della prostituta e il classico nudo in posa, Rouault rispolvera uno dei suoi temi forti degli esordi. I suoi modi espressionistici, la forza plastica dei suoi corpi volutamente sgraziati provocarono, a suo tempo, reazioni di sdegno da parte del pubblico e della critica. Qui, tuttavia, la riflessione di natura esistenziale sconfina nella memoria. La tavola trasforma, di fatto, il personaggio in un’icona. La denunzia caustica lascia il passo alla presenza emblematica di un modello, di un carattere-tipo d’umanità. SALTIMBANQUES (Saltimbanchi) 55. Écuyère assise (Cavallerizza seduta), 1927-29 Litografia, mm. 317x220 Bibliografia: Chapon-Rouault, n. 326 Come anticipato nella scheda della Lutteuse, pur tornando su un soggetto già trattato nei “piccoli maestri” – nel caso specifico quello della cavallerizza circense – Rouault ne modifica il senso, decidendo di ambientare la rappresentazione all’interno di un momento di vita reale, sfuggendo a ogni astrazione tipica dell’album precedente. La giovane amazzone qui non è un’icona-modello, il ritratto in posa di una figura elevata a metafora universale di una condizione umana. Al contrario, abbiamo l’impressione di trovarci dinnanzi a un ritratto intimo, a una storia privata, a una donna con la sua vicenda, fortemente personalizzata, che strizza un occhio alle ballerine alle prove di Degas. Dietro le quinte, a spettacolo finito, la cavallerizza si riposa in un angolo. E nel grigiore della sua solitudine si abbandona, nella stanchezza, a una posa ordinaria.
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56. Lutteuse (Lottatrice), 1927-29 Litografia, mm. 300x230 Bibliografia: Chapon-Rouault, n. 324 Altra scena circense animata da un personaggio ricorrente nell’immaginario di Rouault, ovvero il lottatore, qui in versione femminile. Nella serie dei Saltimbanques, diversamente dai “piccoli maestri”, l’intento dell’artista non è quello di elevare a icona di una condizione esistenziale le figure scelte dal suo repertorio di umili e diseredati, quanto piuttosto di passare in rassegna, a volte anche con occhio impietoso, i caratteri, i ruoli, le attività di varie tipologie umane nel loro aspetto velatamente grottesco. Tutto questo inscenando anche concisi episodi di genere. Come nel ritratto di gruppo con il Trio dei clown. O come, in questo frangente, in cui sembra allestito il set di un incontro di lotta, con la campionessa al centro, dalla muscolatura scolpita, una ragazza del pubblico colta nell’attimo di battere le mani, e un’altra figura, longilinea e asciutta, più simile a un clown che a un avversario, almeno a giudicare dalla veste velata che ne ricopre il corpo come in iconografie analoghe. 57. Trio (Il trio), 1927-29 Litografia, mm. 325x270 Bibliografia: Chapon-Rouault, n. 321 L’immagine del clown, tema amato da Rouault, e contraddistinto da attributi iconografici ricorrenti, come il cappello a punta e gli abiti dalle maniche a sbuffo, resi celebri dalla tavola Qui ne se grime pas? del Miserere (probabile autoritratto dell’artista dietro la maschera circense), ricompare in quest’opera della serie dei Saltimbanques in una soluzione compositiva particolare. Il trio protagonista, raffigurato a mezzobusto, nel rispetto di una impaginazione tradizionale e classica, che posiziona le figure oltre un parapetto appena profilato, costituisce una piccola effige di gruppo, come se ne incontrano altre nella ricerca coeva dell’artista, sia in ambito grafico che pittorico. L’atmosfera che avvolge i protagonisti è intrisa di mestizia. I due pagliacci mostrano sguardi rivolti verso il basso lasciando emergere espressioni di malinconia, mentre la donna, sulla destra, che rimanda a un altro soggetto tipico, quello della ballerina-cavallerizza, osserva i compagni con triste partecipazione. Il lavoro fu fonte di ispirazione per una tela del
1943, titolata ugualmente Trio e conservata oggi in collezione privata. 58. Dompteur (Domatore), 1927-29 Litografia, mm. 360x290 Bibliografia: Chapon-Rouault, n. 329 Continua con il ritratto di un domatore di belve la carrellata di macchiette tratte dal mondo del circo e dello spettacolo. Severo, con l’espressione decisa e il fisico vigoroso strizzato in un abito di scena che ne sottolinea il prestigio, l’uomo è affiancato da una cavallerizza nel suo costume classico. Il rapporto fra i due, fatto di sguardi che si rincorrono (lui la segue, lei tenta di sfuggire alla presa) allude forse a un amore segreto. Ma, nell’espressione mesta, la donna sembra eludere il piglio rapace del domatore. 59. Être Dempsey ou L’acrobate (Essere Dempsey o L’acrobata), 1927-29 Litografia, mm. 320x225 Bibliografia: Chapon-Rouault, n. 332 Si tratta certamente dell’immagine più drammatica all’interno della serie dei Saltimbanques, che vanta riferimenti espliciti con alcune raffigurazioni del Miserere e, soprattutto, con la tela intitolata ugualmente Miserere, conservata alla Fondation Georges Rouault di Parigi, di cui l’artista ripropone la medesima iconografia dell’uomo spoglio con le braccia levate al cielo. La postura ricorda inoltre da vicino quella dello Schiavo di Michelangelo, più volte ammirato dal maestro nelle collezioni del Louvre. Il riferimento all’attualità del suo messaggio è tuttavia la chiave dell’opera. Che, da un lato, rende omaggio alla figura del pugile americano Jack Dempsey, campione dei pesi massimi dal 1919 al 1926, e riconosciuto come uno fra i boxeur più potenti e aggressivi del suo tempo. Dall’altro lato, viceversa, sembra contraddire il tema della forza fisica, tornando sul soggetto frequente dell’acrobata, con tutte le simbologie esistenziali che esso comporta. E che nell’espressione di dolore, nel volto nascosto fra le braccia, nell’invocazione rivolta verso il cielo, manifesta e denunzia la propria fragilità.
GROTESQUES (Grotteschi) 60. Le tribun ou Idéal (Il tribuno o Ideale), 1927-29 Litografia, mm. 285x225 Bibliografia: Chapon-Rouault, n. 335 L’istinto ironico di Rouault si esprime in quest’opera della serie Grotesques in un’immagine che resuscita il grande tema dei tribunali, popolati di giudici, giurati e avvocati nelle loro sembianze caricaturali, nei gesti retorici, nelle espressioni tronfie e nelle stazze pesanti infagottate in abiti borghesi, maschere goffe di un perbenismo fasullo e delatore. Qui, proiettato in primo piano, ritratto di profilo con lo scopo satirico di evidenziarne l’obesità, l’avvocato è impegnato nella sua arringa finale. Gli astanti sono affascinati dalla magniloquenza della requisitoria e restano stregati dal flusso di parole e dalle movenze ampie del tribuno, abile nel celare così menzogne e iniquità. 61. Le bilboquet (Il bilboquet), 1927-1929 Litografia, mm. 315x225 Bibliografia: Chapon-Rouault, n. 336 Protagonista del ritratto fortemente satirico è un personaggio borghese, molto ben vestito – giacca su misura, colletto bianco e farfallino al collo – e dalla pettinatura impeccabile, con la riga in mezzo e leccata di brillantina. Tutto parla di un vero damerino, che però Rouault descrive sagacemente alle prese con il classico gioco del bilboquet, passatempo scacciapensieri amato dai bambini concentrati nel far ricadere la pallina sulla cima del bastoncino cui essa è legata. La morbidezza degli effetti chiaroscurali e la dolcezza nell’espressione dell’uomo, che accenna un mezzo sorriso vagamente ottuso, contribuiscono a calcare la mano sul tono burlesco della messa in scena dove l’artista si diverte a svelare con il sorriso il lato superficiale, infantile e vacuo delle figure bieche della middle-class parigina. 62. L’âne ou Aliboron (L’asino o L’ignorante), 1927-29 Litografia, mm. 315x220 Bibliografia: Chapon-Rouault, n. 337 «Un animale metà asino
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e metà lupo». Questo il commento di Rouault all’opera in esame, cui aggiunse: «La sua biada ci costa cara, ma lui è tanto bravo a ragliare». Come a dire che, di fronte agli imbroglioni disonesti, spesso ci facciamo raggirare facilmente. Di fatto, la rappresentazione è alquanto caustica. L’asino-lupo, ignorante e cattivo come la tipologia diffusa dell’uomo meschino, mediocre e spregevole che nutre l’immaginario comune, è ben abbigliato in vesti borghesi, da cattedratico, con tanto di lettura fra le mani e gli occhiali calati sul naso. Contro la sua presunzione e la sua aggressività arrogante si scaglia il giudizio al vetriolo dell’artista che si esprime qui liberamente, senza mezze misure. 63. Citoyen poupard (Il cittadino pupazzo), 1927-29 Litografia, mm. 340x225 Bibliografia: Chapon-Rouault, n. 341 L’attacco di Rouault alle regole e ai mattatori di ogni potere costituito si concretizza in quest’opera in una critica a un personaggio emblematicamente “salito in cattedra” e ritratto, nella sintesi grafica della tavola, sul podio dell’arringa, immortalato nei suoi begli abiti di rappresentanza e, soprattutto, con il dito puntato verso la folla in un gesto di rimprovero e avvertimento. Mentre tutta l’immagine è avvolta nell’ombra, in un buio pesto uniformemente distribuito sulla superficie, colpisce la luminosità con cui l’artista mette in risalto – memore dell’iconografia dei “giudici” – il capo pelato e rotondo ma senza volto del protagonista, il suo colletto bianco inamidato (diventato ormai un attributo iconografico dell’uomo di prestigio ma senz’anima) e la mano stessa, ritagliata sullo sfondo con segni taglienti che la fanno apparire quasi di metallo, pericolosa e fatale. 64. Au pas de parade (Al passo di parata), 1927-29 Litografia, mm. 320x217 Bibliografia: Chapon-Rouault, n. 338 Marcia al passo dell’oca il personaggio in primo piano, uomo comune, mascherato da clown per nascondere la sua identità sacrificata all’uniformarsi delle masse. Analoga nell’iconografia a un dipinto del 1915, la tavola è un vero e proprio manifesto contro la politica dei regimi totalitari. Mobilitare una nazione nel nome di un’ideolo-
gia è, a detta dell’artista, l’intento di uomini privi di moralità, teorici e intellettuali capaci di annullare l’umanità e la spiritualità altrui in virtù dello Stato. Cosa che emerge chiaramente dalla contrapposizione fra il burattino che cammina al ritmo imposto dal personaggio in abiti scuri alle sue spalle, armato di occhiali da letterato, macchinista diabolico di un nuovo spersonalizzante sistema sociale, teso a livellare gli individui e a governarli psicologicamente. AUTOPORTRAITS (Autoritratti) 65. Autoportrait III (Autoritratto III), 1926 Litografia, mm. 340x245 Bibliografia: Chapon-Rouault, n. 343 Realizzati tutti nel 1926, i tre autoritratti firmati da Rouault condividono un uguale senso di silenzio e riservatezza. L’impostazione analoga deriva dal dipinto su carta realizzato l’anno precedente e oggi conservato al Centre Georges Pompidou di Parigi, dove l’artista, ispirandosi a una sua fotografia dell’epoca, raffigura il suo volto in presa ravvicinata, con una selezione di tratti essenziali che ne individuano la fisionomia in un gioco serrato di luci e di ombre. Diversamente dagli altri due esemplari noti, quello in oggetto manca tuttavia del copricapo dalla falda larga e rialzata che distingue anche il dipinto e ne incornicia il volto dagli occhi socchiusi. Qui, l’intensità dell’espressione è affidata a un’ombra più cupa che inghiotte i lineamenti e a un fascio di luce che bagna il lato sinistro del viso con esiti espressionisti. 66. Autoportrait II (Autoritratto II), 1926 Litografia, mm. 230x170 Bibliografia: Chapon-Rouault, n. 342 Ugualmente all’Autoritratto III l’immagine mostra il volto dell’artista lasciando presagire, nel ritmo chiaroscurale che lo distingue, un’espressione di riserbo, evidente nelle labbra sottili serrate fra loro e negli occhi che sembrerebbero addirittura chiusi in una sorta di sonno leggero. La vicinanza con l’olio del 1925 è ancor più evidente rispetto al terzo ritratto, vista la presenza del copricapo che originariamente rimandava anche al titolo principale del dipinto, L’operaio apprendista, quasi a voler suggerire una divisa da manovale, nell’intento di consegnare al pubblico un’icona allegorica di se stes-
so. Ovvero del lavoratore dedito al “duro mestiere di vivere”, per citare il Miserere, costretto – ancora una volta – a indossare una maschera per nascondere la sua reale identità, assorbito dalla cultura dell’apparenza e dai criteri di livellamento imposti dalla società moderna. Nei suoi autoritratti Rouault si fa dunque portavoce in prima persona del messaggio che innerva tutta la sua ricerca e quella del Miserere in particolare. Non a caso l’impaginazione dell’opera, la sintesi formale, l’atteggiamento del volto e, in un certo senso, anche la presenza del copricapo, rimandano a Qui ne se grime pas? capolavoro del suo libro per eccellenza, immagine del pagliaccio addolorato, emblema di tutta l’umanità. La tavola in esame accompagnava la monografia di Georges Charensol, Georges Rouault, l’homme et l’oeuvre, pubblicata nello stesso anno a Parigi per le Éditions des Quatre Chemins. LA PETITE BANLIEUE (La piccola periferia) 67. De profundis, 1929 Litografia, mm. 333x225 Bibliografia: Chapon-Rouault, n. 344 L’opera porta il titolo di una tavola del Miserere, oltre che di un lavoro concepito già nel 1912 dopo la morte dolorosa del padre. In questo caso l’immagine si allinea però ai contenuti della cartella ispirata alla “piccola periferia” di Belleville, a sua volta già soprannominata (ancora nel Miserere) il Sobborgo delle Lunghe Pene. Nella sequenza delle sei litografie che compongono tale cartella si assiste infatti a una carrellata di scenari desolati, dove i temi di fondo sono quelli della miseria, dell’abbandono e della morte. Evocando nel titolo l’inizio del Salmo 129 della liturgia dei defunti, Rouault immagina un corteo funebre diretto al piccolo cimitero di quartiere. Nella tenebrosità di una scena che ha tutta la potenza di un memento mori, l’incedere lento del carro e le sagome scure dei dolenti, simili nella forma alla donna velata (iconografia classica della morte con la falce) emanano un’aria mortifera e suggeriscono un’idea di sconsolante “non ritorno”. 68. Faubourg des longues peines – La pauvre église (Sobborgo delle lunghe pene – La povera chiesa), 1929 Litografia, mm. 315x230 Bibliografia: Chapon-Rouault, n. 345
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Il luogo raffigurato è quello oramai ben noto nella vicenda rouaultiana della sua nativa Belleville, battezzata con questa definizione lugubre alla luce degli episodi di sofferenza e povertà che la contraddistinsero, soprattutto negli anni del conflitto. La chiesa, indicata nella seconda parte del titolo, compare sempre come emblema del quartiere, sin dalle tavole del Miserere. Qui, tuttavia, la forza dell’invettiva e la disperazione che animano altre scene analoghe sembrano sciogliersi in un atteggiamento vagamente contemplativo. Le figure in primo piano, membri di una famiglia umile e silenziosa, incedono lentamente sul selciato, riportando alla memoria l’iconografia della fuga in Egitto e comunicando un senso di spiritualità tipico del pauperismo evangelico celebrato dall’artista. LES FLEURS DU MAL (I fiori del male) 69. Christ aux outrages (Il Cristo degli oltraggi), 1926 Acquatinta e puntasecca, raschietto e brunitoio, mm. 350x250 Bibliografia: Chapon-Rouault, n. 215d Quello del Cristo vilipeso è uno dei soggetti più amati e trattati da Rouault. Si conoscono, infatti, opere con questo soggetto già nella sua produzione pittorica degli esordi, e successivamente fra le tavole del Miserere, dove l’artista sembra tornarvi con un’insistenza particolare, nell’intento di rimarcare l’idea di violenza e accanimento dell’uomo contro l’uomo. Cosa che anche in questo caso emerge con chiarezza, nella suddivisione in due fasce verticali dell’immagine, una abitata dal Cristo alla colonna, perfettamente inscritto nel tronco dell’albero cui è legato, l’altra dal suo aguzzino, posto simbolicamente ai suoi piedi per acuirne la bassezza morale mentre ringhia verso il volto inerme di Gesù animato da un odio senza ragioni. Annullando ogni azione narrativa, lasciando sullo sfondo il tema della flagellazione vera e propria, Rouault gioca la carta dell’immobilità, dell’incrocio fra gli sguardi e del contrasto potente fra le zone d’ombra e il corpo di Cristo illuminato in modo quasi irreale. Per quanto non vi sia all’interno dei Fiori del Male un riferimento diretto alla scena, l’artista rispolvera una delle sue iconografie care per illustrare Il rinnegamento di San Pietro che apre la sezione della Rivolta, dove Baudelaire si rivolge a Cristo chiedendo ragione del suo stato d’animo: «quando hai visto sputare sulla tua divinità / la crapula del corpo di guardia e delle cucine / quando sentivi conficcare le spi-
ne / nel cranio dove viveva l’immensa umanità». Questa tavola, insieme alle tre successive, appartiene alla serie delle quattordici incisioni tirate da Jacquemin nel 1927 e pubblicate postume solo nel 1966. 70. Fleur du mal (Fiore del male), 1926 Acquatinta e puntasecca, mm. 350x250 Bibliografia: Chapon-Rouault, n. 217 Ispirato ai versi della poesia La bellezza, il lavoro coglie, proprio fra le righe concepite da Baudelaire per celebrare le gioie del fascino effimero e molesto, i suoi motivi portanti. Quello del volto di donna, la sua eleganza, il portamento, l’alterigia e soprattutto il dettaglio dell’occhio profondo, egizio, contornato di bistro, esattamente come recita il poema: «i miei occhi, i miei larghi occhi dalle luci eterne». Rispetto alla scelta del tipico soggetto della prostituta, Rouault mette in campo questa volta una soluzione differente, optando per il ritratto di una donna borghese, colta all’interno di un ambiente elegante (la tenda che agisce da quinta scenica sembra una citazione rinascimentale o di Vermeer), ma la cui espressione fiera trasmette la sensazione di trovarsi dinnanzi a una bellezza pericolosa, capace di imprigionarti, renderti schiavo e, alla fine, annientarti… come successe veramente al poeta nel corso delle sue difficili relazioni sentimentali. Analogamente al Cristo degli oltraggi, la tavola appartiene alla serie delle quattordici incisioni tirate nel 1927 e pubblicate postume nel 1966.
dere modernissima; è un identikit del demonio contemporaneo. Caduti gli attributi iconografici tradizionali, il male si nasconde dietro una maschera di imperturbabilità. La fisionomia è anonima, salvo un accento bizzarro nella soluzione della capigliatura che ricorda una specie di piccola corona raggiante. Quello che tuttavia ne tradisce l’indole perfida e iniqua continua ad essere – denominatore comune nei ritratti del maestro – lo sguardo, con le palpebre abbassate in un atteggiamento di altezzosità e insieme di compatimento per le sorti dei mortali. La bocca sottile e serrata è altrettanto odiosa. Ma l’inquietudine vera nasce dal fatto di poter far riferimento a questo volto umano (e, in un certo senso, comune), per riconoscere il male in coloro che ci circondano. 72. Satan III (Satana III), 1926 Acquaforte, acquatinta, puntasecca, raschietto, brunitoio, mm. 350x258 Bibliografia: Chapon-Rouault, n. 221c Terza riflessione di Rouault sull’iconografia demoniaca che, rispetto alla precedente, mostra alcune variazioni. Il volto di Satana è colto stringendo ulteriormente l’obiettivo sull’espressione, in una ripresa ravvicinata che ne acutizza la ripugnanza. L’uso della linea nera e spessa, volutamente sgraziata, si intensifica nella resa dei lineamenti, nel nero pesto delle pupille dilatate e senz’anima e nella smorfia della bocca, che sembra dischiudersi per mostrare un ghigno malefico fatto di piccoli denti appuntiti. 73. Squelette (Scheletro), 1926 Acquatinta, raschietto, brunitoio e rotella, mm. 350x250 Bibliografia: Chapon-Rouault, n. 222c
71. Satan II (Satana II), 1926 Acquatinta e puntasecca, raschietto, brunitoio, rotella, mm. 350x250 Bibliografia: Chapon-Rouault, n. 220c Fra le quattordici incisioni tirate nel 1927 da Jacquemin e pubblicate nel 1966, compaiono anche tre tavole dedicate alla figura di Satana. La sua immagine diabolica punteggia infatti il capolavoro di Baudelaire; nella sezione della Rivolta e, in particolare, nelle poesie Le litanie di Satana o Preghiera a Satana, che ben testimoniano la propensione tardo-ottocentesca per temi di natura demoniaca cari agli autori romantici, ma attualizzati da Rouault nel suo messaggio di natura esistenziale, più che simbolista. L’effige del diavolo immaginata qui dall’artista è a ben ve-
L’iconografia dello scheletro popola già diffusamente le pagine del Miserere. In questo caso l’attenzione di Rouault è concentrata però sulla figura in se stessa, piuttosto che sull’utilizzo dell’immagine come pretesto nel racconto della vicenda umana condotta inesorabilmente verso la sua vita ultraterrena. Qui lo scheletro non mostra infatti riferimenti con i caratteri di un individuo preciso (vestendo, per esempio, la divisa militare). Esso è la personificazione della morte tout-court. Quella che, nell’iconografia medievale della danza ma-
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cabra, ballava fra gli uomini, latrice del messaggio di un male universale. Venata di ironia, nel balletto inscenato da Rouault, la tavola illustra la poesia di Baudelaire intitolata proprio Danza macabra, e in cui lo scrittore dà fiato alla sua satira violenta, esordendo: «Ridicola Umanità, la Morte ammira le tue contorsioni, sotto ogni clima, sotto ogni sole». La tavola appartiene alla serie delle quattordici incisioni tirate nel 1927 e pubblicate postume nel 1966. 74. «La prostitution s’allume dans les rues...» («La prostituzione si accende per le strade…»), 1927 Acquatinta, puntasecca e brunitoio, mm. 335x238 Bibliografia: Chapon-Rouault, n. 223c Il verso che dà titolo all’opera è tratto dalla poesia Le Crépuscule du soir, nei Tableaux Parisiens de Les Fleurs du Mal. Diversamente dalla tavola a sua volta battezzata Fleur du mal, dominata dalla presenza di una protagonista aristocratica, qui entra in scena la figura di un’umile prostituta, vestita semplicemente, priva di ninnoli, ma con una espressione di dolcezza disegnata sul volto. È una prostituta dei quartieri poveri, su cui Baudelarie posa lo sguardo nelle sue descrizioni della città di notte; la città che vive oltre il crepuscolo, e che si nutre di un calore umano rubato, consolazione ai mali del giorno. La tavola appartiene alla serie delle quattordici incisioni tirate nel 1927 e pubblicate postume nel 1966. 75. «C’est une femme belle et de riche encolure...» («È una bella donna, con generosa scollatura…»), 1927 Acquatinta, puntasecca, brunitoio e rotella, mm. 350x247 Bibliografia: Chapon-Rouault, n. 227d È curioso notare come la donna protagonista di questa immagine sfoggi la stessa dentatura ferina del terzo ritratto di Satana della serie, mostrando i suoi piccoli denti aguzzi fra le labbra dischiuse e un ghigno diabolico dai modi quasi vampireschi. Inutile dire che la dolcezza della prostituta di periferia, che animava Le Crépuscule du soir, è stata profanata dal sopraggiungere di una nuova riflessione di Baudelaire (e di conseguenza di Rouault) sulla moralità e sui vizi dell’uomo. Ispirata ai primi versi della poesia Allegoria, dove il poeta affronta il tema della
bellezza in rapporto ad atteggiamenti immorali, l’artista mette in scena una personificazione terribile dell’immaginario del poeta, figurando una donna ordinaria e volgare, dalla pelle levigata, come accenna Baudelaire, che non esita a sfoggiare in primo piano una scollatura provocante e sguaiata. La tavola appartiene alla serie delle quattordici incisioni tirate nel 1927 e pubblicate postume nel 1966. 76. Squelette dansant (Scheletro danzante), 1934 Acquatinta e maniera nera, mm. 357x258 Bibliografia: Chapon-Rouault, n. 228 Si trova qui riproposta in controparte la medesima iconografia dell’opera Squelette. Immaginando la rappresentazione di una danza macabra, per illustrare la poesia di Baudelaire intitolata proprio Danza macabra, Rouault affronta questa volta, in modo inedito, l’utilizzo della maniera nera per aumentare l’effetto mortifero della scena e caricarne l’atmosfera di un buio spettrale. L’ideale per restituire nel profondo i versi del poeta, contrapponendo la paura all’ironia di un ballo sgraziato. «Vieni forse a turbare, con la tua possente smorfia, / le feste della Vita, o un’antica voglia, / speronando ancora la tua vivente carcassa, / ti spinge, credula, al sabba del Piacere?». Da notare che la tavola non appartiene alla serie delle quattordici incisioni tirate nel 1927 e pubblicate postume nel 1966; essa è nata all’interno del progetto della serie, senza tuttavia poi farne parte. 77. «Fière autant qu’un vivant, de sa noble stature...» («Fiera, come fosse viva, della sua nobile statura…»), 1937 Acquatinta, mm. 357x258 Bibliografia: Chapon-Rouault, n. 277b La poesia della Danza macabra di Baudelaire è fonte di ispirazione per numerose tavole di Rouault legate alla serie. Come sempre, anche in questo caso l’artista non si sofferma su una illustrazione pedissequa del testo, ma lo attualizza e lo reinterpreta alla luce del suo messaggio contemporaneo. Pensando ai versi originari che proseguono, oltre il titolo, «col suo gran mazzo di fiori, il fazzoletto e i guanti, / ella ha la noncuranza e la disinvoltura / d’una civetta magra e stravagante», Rouault allestisce allora il set di un’altra raccapricciante scenetta. Quella che
vede protagonista uno scheletro agghindato a festa, carcassa di una donna un tempo piacente ed elegante che, nella morte, non ha deposto la sua volontà di primeggiare. È il simbolo inquietante di una vanità senza ritorno e di una venerazione della bellezza capace di rubare l’anima a chi la persegue. L’opera fa parte, come le successive, della serie di dodici acquetinte a colori, tirate da Lacourière fra il 1936 e il 1938. Dovevano essere raccolte successivamente in un volume edito da Vollard, ma la sua morte improvvisa, nel 1939, mise fine al progetto. 78. Laquais (Lacché), 1937 Acquatinta, mm. 306x207 Bibliografia: Chapon-Rouault, n. 278b Non esiste una precisa corrispondenza fra l’opera e le poesie di Baudelaire. Come accade di consueto nella vicenda di Rouault illustratore, il suo rapporto coi testi tende a popolarsi di personaggi tipici del suo immaginario, a volte deviando verso argomentazioni più legate a temi d’attualità da lui sentiti maggiormente. Al centro della scena ecco allora il classico damerino, citazione di alcune sue opere degli anni Dieci. Il riferimento al perbenismo borghese e all’ipocrisia del mondo benpensante emerge dalla posa altera del lacché, il servitore, il valletto perfetto, che ubbidisce a testa alta a tutti gli ordini del padrone e ne santifica l’autorità. L’utilizzo del colore fiammante, a contrasto con le zone fredde del blu e del bianco, fa risaltare l’eleganza della tenuta che sancisce un ruolo sociale. Altra maschera. Altra denunzia. 79. Juges (Giudici), 1938 Acquatinta, mm. 308x216 Bibliografia: Chapon-Rouault, n. 279 In questo lavoro, come nel precedente, riaffiora un’iconografia specifica della poetica rouaultiana. Si tratta dei giudici, alla cui figura e autorità discutibile allude spesso Baudelaire anche nei Fleurs du Mal, soprattutto nei regesti spietati degli incarichi corrotti. Ciò che impressiona maggiormente nella tavola è l’ideazione del dialogo fra i due personaggi che si guardano l’un l’altro scambiandosi occhiate di intesa, rimandando forse alla decisione presa in merito al destino del condannato. L’iniquità di giudizio è sottolineata dalle fisionomie dei due, disumanizzate. Il personaggio a sinistra, nella rotondità
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del volto, nella mascella serrata e nei denti sporgenti, sembra alludere addirittura all’icona del teschio, allegoria qui dell’uomo venduto che ha ceduto l’anima al diavolo. 80. Paysage à la Tour (Paesaggio con la torre), 1938 Acquatinta, mm. 307x205 Bibliografia: Chapon-Rouault, n. 281 Lo schema è quello tradizionale delle vedute di Rouault, concentrate il più delle volte sui paesaggi di Belleville. Al posto della chiesa di quartiere, domina però un’alta torre dalla cupola tantrica, che sembra assumere una valenza metaforica, forse legata all’iconografia dell’axis mundi, anello di contatto fra terra e cielo, uomini e divinità. Il nesso con la lirica di Baudelaire risulta ancora una volta sommesso, ma il rimando è certamente quello a taluni contenuti spirituali distillati nei Fleurs du Mal e alla ricerca illusoria di una speranza e di un conforto nel mondo. CIRQUE (Circo) 81. Le vieux clown (Il vecchio clown), 1930 Acquatinta, mm. 325x227 Bibliografia: Chapon-Rouault, n. 202 Similmente alla serie dei Saltimbanques anche quella del Cirque che le subentra ripropone i soggetti cari alla poetica di Rouault, legati al mondo circense come specchio della realtà umana, ovvero condizione tragica di un’umanità costretta a indossare quotidianamente una maschera e ad adeguarsi alla cultura dominante dell’apparenza. Il clown, leit-motiv per eccellenza delle due raccolte, è qui ritratto nell’ennesima declinazione, a dimostrare come l’artista non fosse mai stanco di confrontarsi con il soggetto, nell’intento di svelarne ogni volta lati inattesi. Quello che arricchisce l’opera è il valore aggiunto affidato al titolo. In esso, Rouault offre un indizio sull’età del pagliaccio (che altrimenti non emerge dalla rappresentazione sintetica), dichiarandolo “vecchio”, e ponendolo dunque in antitesi con le raffigurazioni di altri clown, giovani o bambini. Il suo pensiero sembra concentrato sullo studio di una professione che lega l’uomo per la vita intera. E che finisce addirittura per sostituirsi ad essa. L’iconografia tradizionale delle tre età viene insomma riletta dal maestro alla luce del suo immaginario per-
sonale e del carattere di forte attualità della sua denunzia. 82. Le vieux clown (Il vecchio clown), ca. 1930 Disegno a pennello, inchiostro seppia, mm. 360x245 Si tratta del disegno preparatorio per l’opera precedente, la tavola omonima Le vieux clown della cartella Cirque. Fatto di pochissimi tratti essenziali, tipici del bozzetto, stesi velocemente in punta di pennello, il disegno rimanda in ogni dettaglio all’opera finita, a partire dalla posa del clown, all’abito di scena con la grande gorgiera bianca e, soprattutto, allo sguardo espressivo del volto dominato dai due enormi occhi spalancati, specchio di una amara presa di coscienza della propria malinconica situazione. Come dichiarato dall’autentica posta dalla figlia Isabelle Rouault in margine al foglio, l’opera fu inizialmente donata dal padre, intorno al 1936, a Maxime Masure. CIRQUE DE L’ÉTOILE FILANTE (Il circo della stella filante) 83. Pierrot noir (Pierrot nero), 1935 Acquatinta, mm. 302x204 Bibliografia: Chapon-Rouault, n. 241 L’opera vanta un corrispettivo diretto in un dipinto a olio realizzato successivamente, nel 1948, e conservato oggi in collezione privata, dove ritorna la stessa impostazione della scena, ma con un taglio più ravvicinato. Qui la figura del clown è appoggiata a una sorta di parapetto ed è incorniciata da due tende aperte alle sue spalle, quasi a voler evocare il palcoscenico (o, peggio, un teatrino delle marionette…). La fisionomia del personaggio è altrettanto simile, con il viso lungo e circoscritto da una linea ovale, oltre che contraddistinto dall’accenno di un sorriso, nota di leggerezza inedita in un soggetto considerato costantemente metafora della spersonalizzazione e della falsa allegria di chi si sacrifica per il divertimento altrui. La scelta dell’abito nero – che ribalta l’iconografia tipica del Pierrot tutto bianco con una sola lacrima di bistro sulla guancia – è significativa ed emblematica. Interessante osservare come, dovendosi confrontare con il colore, nelle immagini di questa serie, l’esperienza giovanile maturata da Rouault nel mondo delle vetrate artistiche lo
porti a recuperare un antico senso per l’accostamento cromatico e per i riflessi luministici. Toni caldi e freddi a contrasto, come qui accade per il rosso e il nero, il giallo e il blu, accentuano la luminosità della rappresentazione e risultano altresì distribuiti sulla superficie pittorica rievocando la prassi del mosaico di tessere piombate, legate fra loro accuratamente dalla sua indimenticabile linea nera e profonda. 84. Le petit nain (Il piccolo nano), 1934 Acquatinta, mm. 305x206 Bibliografia: Chapon-Rouault, n. 243 È spaventosa e allo stesso tempo commovente questa immagine del nano da circo sulla cui figura toccata dalla disgrazia s’è più volte soffermata l’attenzione dell’artista, sia nell’ambito della ricerca estetica, sia nei suoi pensieri poetici affidati alle pagine di diario. Toccante nella sua deformità, il personaggio ritratto ha la dolcezza di un bambino nella posa e, insieme, l’ostilità dei protagonisti peggiori usciti dalla mano di Rouault; un’ostilità stampata sul volto, come nelle versioni di Satana incise per Les Fleurs du Mal, con cui il nano condivide la piccola bocca dai denti aguzzi. Fa paura e impietosisce. Attrae e repelle. Certamente mirava a tale duplice e sconcertante reazione l’artista nel concepirne l’effige, riassumendo in essa le due origini dei mali del mondo: le tribolazioni inferte dalla natura e il destino che l’individuo si autoinfligge nella scelta di una vita raminga, fallace ed eternamente mascherata. 85. Jongleur (Giocoliere), 1934 Acquatinta, mm. 312x202 Bibliografia: Chapon-Rouault, n. 244b Differenti sono le versioni con cui Rouault affronta il soggetto del giocoliere all’interno di Saltimbanques, di Cirque e di Cirque de l’étoile filante. In Cirque, specialmente, compare una prima variante del tema, caratterizzata tuttavia dai modi tipici dell’album, dai colori terrigni e dalle silhouette dei personaggi tracciate in punta di pennello con segmenti longilinei ed eleganti. La scelta dei colori a contrasto, le tonalità accese dei rossi e dei blu, e soprattutto il ritorno alla linea spessa e grassa degli esordi espressionisti, distinguono invece quest’altra versione, in cui il giocoliere perde di leggerezza in favore di un movimento quasi meccanico, più
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energico e volutamente virile… che ammicca simbolicamente all’abilità di colui che, grazie alla concentrazione e al coordinamento del proprio corpo, è in grado di mantenere in equilibrio tutte le sfere della propria vita. 86. Jongleur (Giocoliere), ca. 1934 Disegno a inchiostro, matita e interventi a biacca, mm. 375x260 Come nel caso de Le vieux clown, ci troviamo di fronte al disegno preparatorio – peraltro inedito – di una tavola del Cirque de l’étoile filante. Il bozzetto tradisce ogni minuzia della concezione finale dell’opera, indicando addirittura i giochi d’ombra e le decorazioni della cornice in cui è iscritta la scena. Nella naturalezza della stesura, nella distribuzione istintiva dei segni che è tale da svelare una natura quasi informale, emerge tutta la vivacità creativa del maestro, la chiarezza del suo pensiero e la sintesi dei concetti, trasferite senza perdere di intensità dallo schizzo all’opera finita. 87. Pierrot, 1935 Acquatinta, mm. 308x208 Bibliografia: Chapon-Rouault, n. 253f Affezionato al motivo del Pierrot, l’artista lo affronta varie volte nel corso della sua produzione. Volendo passarne in sequenza le diverse versioni, ci si accorge subito che questa maschera malinconica rappresenta nel suo immaginario l’unico personaggio d’ambito circense dotato di una dolcezza inconsueta. Nel tratteggiarne i lineamenti, Rouault non cede infatti mai alla tentazione di mostrare il lato oscuro di un carattere “mascherato”, come nel caso del nano stizzoso o del clown dagli occhi sgomenti. Pierrot è umile, triste e riservato. Ma la portata dell’invenzione migliore di Rouault sta nel mostrare che quella di Pierrot non è affatto una maschera. Il suo volto è un volto reale. Pierrot è sincero. È infelice al naturale. Pierrot è l’allegoria dell’uomo che ha il coraggio di guardarsi dentro e mostrarsi per quello che è.
88. Dors mon amour (Dormi amore mio), 1935 Acquatinta, mm. 308x213 Bibliografia: Chapon-Rouault, n. 256b Dopo le note tenere di Pierrot, l’artista si avvicina alla conclusione dell’epopea del circo, iniettando una dose di amore nelle sue tavole più dolci. Come in quest’inno all’affetto materno che riporta in primo piano il tema caro a Rouault del dialogo fra madre e figlio che animò le sue maternità, dagli esordi alle tavole del Miserere. Ora l’ambientazione è quella circense. La madre è uscita dalle file delle ballerine a cavallo. Ha già indossato gli abiti di scena, quando si reca a salutare il suo bambino, al caldo nella culla dietro le quinte. Lo guarda con dolcezza e gli sussurra fra le labbra la frase di tutte le mamme: «dormi amore mio». Nei suoi occhi c’è un amore senza fine. La sua pelle rosa di trucco è liscia come una pesca. E Rouault è bravissimo nel restituirci al tatto questa morbidezza di carni e d’affetti. Di braccia candide che flessuose come onde hanno dimenticato la linea nera e sgraziata che ritagliava i profili delle donne ne Les Fleurs du Mal. Anche il mondo del circo ora non sembra più neppure il rifugio degli umili e dei dolenti. Ma una culla di pace dove, al riparo dai proiettori, si coltiva un amore incondizionato. PASSION (Passione) 89. Frontespice – Christ aux portes de la ville (Frontespizio – Cristo alle porte della città), 1935 Acquatinta, mm. 309x220 Bibliografia: Chapon-Rouault, n. 257b Raffigurato davanti alle porte della città di Gerusalemme, Cristo inizia qui il percorso di dolore. La tavola d’apertura del libro mostra, anche nella soluzione formale, l’intento di costruire un vero e proprio incipit, monumentale ma squisitamente decorativo. Le mura di Gerusalemme agiscono infatti, nella struttura a cornice, da telaio; in esso è ritagliata la porta d’accesso alla città e alla sua storia. Splendidi i motivi ornamentali dal sapore esotico dell’odalisca in primo piano, che avanza verso il lettore, fuoriuscendo ancheggiando dalla scena, e delle torri con le cupole tantriche; oltre alla scelta della tavolozza, nei colori della sabbia del deserto. Su tutto questo risplende e si staglia la figura statuaria di Gesù, nella veste bianca, dal profilo maestoso e nobile.
90. Chemineau (Vagabondo), 1935 Acquatinta, mm. 298x204 Bibliografia: Chapon-Rouault, n. 259 Molti sono i personaggi umili, fra contadini e popolani che animano le descrizioni di Suarès in Passion. A questo repertorio di figure fortemente caratterizzate, attinge Rouault nell’ideazione di immagini che rispecchiano il suo vivo interesse per l’universo umano, dei solitari e dei diseredati. In questo caso, tuttavia, l’attenzione dell’artista è rivolta all’icona del vagabondo, contrapposto nel suo errare sconclusionato alla figura simbolo del bracciante, del lavoratore idealizzato come emblema del “duro mestiere di vivere”. Lo zingaro peregrino sembra tuttavia deporre ogni ombra di negatività per assumere piuttosto il ruolo dell’emarginato, di colui che, senza casa, è in cerca di una vita vera altrove. L’energia della rappresentazione – affidata alla sola potenza del bianco e nero – e il corpo del protagonista proiettato a tutta pagina con una statura tale da dover piegare la schiena per non toccare con la testa il margine superiore della lastra, comunicano un senso di dignità e decoro, proprio dei personaggi malinconici di Rouault. 91. Paysans (Contadini), 1936 Acquatinta, mm. 328x232 Bibliografia: Chapon-Rouault, n. 260b Fanno da contraltare alla figura del ramingo nella tavola Chemineau, questi contadini colti sul campo di lavoro, con i pantaloni arrotolati intorno al ginocchio, a piedi nudi in mezzo alla terra, in una descrizione che rievoca lo spirito più vero delle pagine di Suarès, nelle sue descrizioni della fatica, dello sporco, del sudore e della polvere che riempie gli occhi e si incastra fra i capelli. «Ogni giorno ricomincio di nuovo – scrive – domani sarò sporco di terra fino agli occhi». Rouault coglie nell’immagine la potenza espressiva del poeta. E la arricchisce con una tavolozza di colori luminosi, a partire dal suo azzurro tipico al bianco latte della camicia del bracciante, che riporta simbolicamente alla memoria il bianco della veste di Cristo in tutte le scene della narrazione.
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92. Christ et pauvres (Cristo e i poveri), 1935 Acquatinta, mm. 298x204 Bibliografia: Chapon-Rouault, n. 262 Presente qui nella sua prima versione in nero, l’opera si caratterizza per un ritmo raro della composizione che vede alternarsi, in primo piano, le figure più alte di Cristo e di un apostolo, e quelle più basse, inginocchiate e affrante, degli umili. Sullo sfondo, le torri con le cupole di Gerusalemme si avvicendano perfettamente al ritmo della scena principale, seguendo la scansione armonica delle figure che creano altresì una sorta di andamento ondeggiato nella posa ricurva di Gesù e del discepolo, riproposto dalla cornice che chiude l’opera nella parte superiore a destra. Sintetico nella narrazione, Rouault non manca di comunicare il sentimento dell’episodio in pochi dettagli centellinati. Nell’affettuoso chinarsi di Cristo verso i fedeli. Nel loro strisciare sulle ginocchia in un amoroso atto reverenziale. 93. Ecce homo, 1936 Acquatinta, mm. 318x204 Bibliografia: Chapon-Rouault, n. 263b Per quanto Rouault sia tornato spesso, nel corso della sua ricerca, sull’iconografia dell’Ecce homo, assistiamo in questo caso a un diverso modo di porsi dell’artista nei confronti del soggetto. La tragicità della narrazione messa in atto in opere come le tavole del Miserere, una per tutte Toujours flagellé, o Les Fleurs du Mal, con il Christ aux outrages, lascia il passo all’emergere di una figura fortemente iconica e dalla valenza ideale. Non si tratta più del Cristo uomo fragile e mortale, col petto ferito a sangue e la schiena piegata dal dolore. È il figlio di Dio in tutta la sua regalità che si manifesta ora agli uomini, svelando il suo profilo principesco, il corpo meraviglioso incorniciato da un mantello che, pur nel richiamo alla passione affidato alla tonalità del rosso purpureo, conferisce al personaggio una nota emblematica di nobiltà.
CRUCIFIXION (Crocifissione) 94. Christ en croix (Cristo in croce), 1936 Acquaforte e acquatinta, mm 648x487 Bibliografia: Chapon-Rouault, n. 286c Stato definitivo. Per questo foglio, per la prova del nero e per tutte le prove del colore (nn. 95-100), si rimanda alla scheda in catalogo.
100. Christ en croix (Cristo in croce), 1936 Acquatinta, mm 648x487 Prova delle tre lastre del colore.
LA BAIE DES TRÉPASSÉS (La baia dei trapassati) 101. La baie des trépassés (La baia dei trapassati), 1939 Acquaforte e acquatinta, mm 608x450 Bibliografia: Chapon-Rouault, n. 287b Si veda la scheda in catalogo.
95. Christ en croix (Cristo in croce), 1936 Acquatinta, mm 648x487 Bibliografia: Chapon-Rouault, n. 286b Prova della lastra del nero.
96. Christ en croix (Cristo in croce), 1936 Acquatinta, mm 648x487 Prova della prima lastra del colore.
97. Christ en croix (Cristo in croce), 1936 Acquatinta, mm 648x487 Prova della seconda lastra del colore.
98. Christ en croix (Cristo in croce), 1936 Acquatinta, mm 648x487 Prova della terza lastra del colore.
99. Christ en croix (Cristo in croce), 1936 Acquatinta, mm 648x487 Prova della prima lastra del colore più la seconda.
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DAVID SIMPSON
102. David Simpson, Sunday Best, 1995 Acrilico su tela cm 243,8x203,2 Per quest’opera e per le due seguenti, relative ai monocromi di Simpson, si rimanda alla scheda in catalogo. Collezione Panza 103. David Simpson, Inter Gold (Lacrymosa), 1995 Acrilico su tela cm 244x203 Collezione Panza
104. David Simpson, Sunstruck, 1995 Acrilico su tela cm 243,8x203 Collezione Panza
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Georges Rouault
Percorso biografico a cura di Chiara Gatti
1871 Georges Henry Rouault nasce il 27 maggio in una cantina di rue de la Villette, al numero 51, nel quartiere di Belleville a Parigi. È l’anno della Commune e la situazione a Parigi è drammatica. Belleville è la roccaforte dell’ultima resistenza e teatro di aspri combattimenti presso il cimitero di Père-Lachaise e a Buttes-Chaumont. Georges è figlio di Alexander Rouault, bretone di Montfort, artigiano ebanista, impiegato in una ditta di pianoforti, e di Marie Louise Alexandrine Champdavoine, parigina, impiegata in un ufficio bancario che, per sostenere il figlio negli studi e nella sua predisposizione all’arte, si sottopone a ritmi di lavoro inesausti con lunghe ore di straordinari notturni. 1881 Georges cresce con la sorella Emilie fra il suo quartiere di origine Belleville e Montmartre entrambi animati dai lavori delle botteghe artigiane e dove il piccolo Rouault ha occasione di assistere spesso anche agli spettacoli circensi che tanto influenzeranno la sua produzione giovanile. Non di rado si reca anche nel quartiere del Marais dove, in rue de Sévigné, abitano le zie e il nonno materno, Alexandre Champdavoine. Sarà soprattutto quest’ultimo, grande appassionato d’arte moderna, ammiratore di Courbet, Manet e Daumier, di cui colleziona le incisioni, ad assecondare la vocazione artistica del nipote che, a scuola, già manifesta una straordinaria predisposizione per il disegno. 1885-1890 Alla ricerca di un primo impiego per guadagnarsi da vivere, Georges si imbatte nell’attività del maestro vetraio Tamoni titolare di un piccolo laboratorio dove l’artista ha occasione di avvicinarsi per la prima volta a un mestiere antichissimo. Nel frattempo frequenta i corsi serali dell’École Nationale Supérieure des Arts Decoratifs. Tempo un anno abbandona la bottega di Tamoni e, dopo alcuni impieghi saltuari, trova un’occupazione presso il signor Hirsch celebre
restauratore di vetrate antiche con il quale collaborerà per sette anni (1886-1892) in perfetta sintonia. 1890-1892 Pur coltivando una grande passione per il mestiere dell’arte vetraria, Georges decide di proseguire nello studio della pittura e di iscriversi all’École Nationale des Beaux-Arts di Parigi dove viene subito notato, per l’impegno e lo studio inesausto, dal professore Elie Delaunay che lo condurrà con affetto verso la sua prima maturazione pittorica. Alla morte di Delaunay, avvenuta il 5 settembre 1891, spetta a Gustave Moreau ricoprire l’incarico di docenza del vecchio professore e a prendere sotto la sua guida Rouault guadagnandosi subito, per la sorprendente personalità, la sua stima più profonda. Grazie a Moreau, Georges si avvicina nel tempo allo studio dei classici, da Mantenga a Leonardo a Tiziano. E dei moderni, approfondendo la ricerca di Delacroix, Corot, Cézanne, ma coltivando nell’intimo una forte passione per l’opera di Rembrandt, che segnerà gli esiti della sua pittura dell’epoca, come è evidente nei soggetti e nelle atmosfere ombrose. 1893 Per intercessione di Moreau, concorre al Prix de Rome con Sansone che gira la macina cui tuttavia non verrà assegnato alcun riconoscimento. Il premio è vinto da un certo Mitrecey. 1894 Il 6 febbraio ottiene la medaglia per il secondo premio nel concorso di Fortin d’Ivry con l’opera Coriolano nella casa di Tullio e si aggiudica anche, nel mese di luglio, non senza alcune polemiche da parte del pubblico e della critica, il premio Chenavard con Gesù bambino fra i dottori, segnalata poi anche all’Esposizione Universale di Parigi del 1900. 1895-1896 Georges incontra il padre domenicano Père
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Vallée, guida spirituale nella sua maturazione cristiana e da cui riceve anche il sacramento della Comunione. Concorre nuovamente al Prix de Rome, questa volta con un’opera dal titolo Il Cristo morto compianto dalle pie donne che tuttavia passa nuovamente inosservata, a favore invece di un esercizio scadente di un allievo di Bonnat, tale Larée. Convinto della bontà del lavoro Rouault si propone con esso, l’anno seguente, al Salon des artistes français dove, questa volta non rimane deluso. L’opera viene segnalata dalla giuria per le sue “preziose tenebre”. Nello stesso periodo inizia a frequentare la prestigiosa galleria di Ambroise Vollard, mercante d’arte fra i più importanti di Parigi. 1897 Partecipa al VI Salon des Rose-Croix con due opere di ispirazione religiosa, La Deposizione e Il figliol prodigo. Dipinge separatamente anche Il cantiere, scorcio notturno ispirato alle visioni di Goya. 1898 Muore, il 18 aprile, all’età di settantadue anni, Gustave Moreau. Georges, afflitto dalla scomparsa dell’amato maestro, attraversa una profonda crisi spirituale. Abbandona l’Accademia e decide di proseguire da autodidatta la carriera artistica, isolandosi volutamente dagli ambienti dell’arte del suo tempo. Risale a quest’epoca una nutrita serie di autoritratti e di ritratti di parenti a amici. 1899 Torna al Salon des artistes français con l’opera Cristo e i discepoli di Emmaus e Orfeo. 1900 Espone la già premiata tela con Gesù bambino fra i dottori all’Esposizione Universale di Parigi ottenendo una medaglia di bronzo. Dipinge, nel contempo, paesaggi con la tecnica dell’acquerello e con modi che rispecchiano una riflessione sulla poetica di Millet.
1901 La sua ricerca pittorica si concentra su soggetti ricorrenti, composizioni religiose e scene di vita parigina. Quest’anno è tuttavia segnato dall’incontro, presso l’Abbazia benedettina di Saint-Martin de Ligugé, con lo scrittore JorisKarl Huysmans che sogna di realizzare in loco una comunità di artisti e per questo coinvolge Georges in dibattiti profondi sui nessi fra arte e religione. Il ritiro spirituale di Rouault a Ligugé dura alcuni mesi, in seguito ai quali, nel mese di ottobre, l’artista rientra a Parigi. 1902-1903 Lo Stato francese nomina Rouault primo conservatore del museo Gustave Moreau in rue La Rochefoucauld frutto della trasformazione, per volere testamentario del maestro, della sua casa e del suo atelier in un istituto aperto al pubblico. Inaugurato nel 1903, il 14 gennaio, il museo vanta 800 dipinti, 350 acquerelli e 5.000 disegni. Sono di questo stesso periodo certe sperimentazioni di Rouault sulle tecniche e sui supporti, generalmente dipinti su carta intelati successivamente. Opere in cui compaiono per la prima volta i soggetti circensi dal forte risvolto esistenziale. Contemporaneamente partecipa alla fondazione del Salon d’Automne al fianco del pittore Georges Desvallières, di Matisse, Marquet, Piot e del critico Y. Ramboson. Per l’occasione espone un ritratto, un paesaggio e tre pastelli fra cui un Cristo e i discepoli. 1904 Nel mese di marzo Rouault incontra lo scrittore Léon Bloy autore di libri contrassegnati da una forte critica antiborghese cui l’artista aderisce vivamente. Frutto delle sue discussioni con l’autore sono i primi quadri della serie dei clown e degli acrobati, cupi nei colori e violenti nel gesto che, esposti al Salon d’Automne, destano non pochi malumori da parte dei visitatori e dei critici. Lo stesso Bloy li definisce causticamente «un precipizio nelle tenebre». 1905 Protagonista ancora del III Salon d’Automne, fra ottobre e novembre, raccoglie questa volta critiche negative per i dipinti sul tema delle prostitute, con personaggi ispirati al libro di Léon Bloy La femme pauvre. Parallelamente al Salon des Indépendents espone scene del circo, pagliacci e saltimbanchi. L’unico a comprendere sin da ora la portata del messaggio e la novità della sua pittura è il filosofo Jacques Maritain, amico di Bloy, che individua nelle sue immagini anche una forte componente spirituale. Ancora una volta Bloy non è in sintonia con Rouault e ne critica gli esiti ferali, arrivando anche a mettere in dubbio il suo sentimento cristiano.
1906 Le Ragazze e le Bagnanti presentate al Salon des Indépendents vengono accolte con grande sconcerto, frutto di un atteggiamento ipocrita e moralista di fronte alla cruda verità delle scene. Anche Bloy manifesta pubblicamente la sua perplessità di fronte alla riflessione dell’amico. 1907 Georges si reca per la prima volta in Belgio insieme ad Auguste Marguillier, segretario della «Gazette des Beaux Arts». Attratto dalla dinamica dei processi pubblici, assiste personalmente a molte sedute da cui trae ispirazione per la seria nascente dei lavori dedicati ai tribunali e alle figure dei giudici in particolare. Grazie a Methey, il suo vasaio, ha occasione di incontrare regolarmente Vollard che gli compra alcune ceramiche propone di realizzare delle maioliche che esposte, accanto ai dipinti con scene di tribunali, al Salon d’Automne raccolgono finalmente un certo interesse. 1908 Il 27 gennaio Georges Rouault sposa la pianista Marthe Le Sidaner con la quale si trasferisce negli appartamenti privati del Museo Moreau, dove nascerà – tempo un anno – la prima dei loro quattro figli, Geneviève. Espone al Salon des Indépendents e al Salon d’Automne raccogliendo critiche non entusiaste, capitanate dal giudizio negativo di Apollinaire. 1909 Oltre a intensificare il lavoro di ricerca sui temi dei giudici e dei tribunali, l’artista sigla opere popolate di figure grottesche, personaggi titolati, accanto a figure più dolenti tratte dal mondo della strada, della povera gente e dei contadini. 1910 La famiglia Rouault si trasferisce al numero 51 di rue Blanche raggiunta anche dai genitori di Georges. In questo stesso anno ha luogo la prima mostra personale dell’artista con 180 opere alla Galleria Druet, dal 24 fabbraio al 5 marzo, al 10 di rue Royale, accompagnata da un catalogo con una prefazione di Maritain e seguita da una recensione positiva di Jacques Rivière fra le pagine di «Nouvelle Revue Française» del 14 aprile. Una scelta di suoi lavori compare anche in alcune esposizioni collettive allestite fra Roma, Londra, Monaco di Baviera e la Russia. Nasce la seconda figlia Isabelle. È di quest’anno la prima incisione, ancora maldestra nella tecnica e nella composizione. 1911 Un nuovo trasloco porta la famiglia Rouault a Versailles, al 36 di rue de l’Orangerie, vicina di
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casa dei coniugi Maritain. Nuove sperimentazioni conducono l’artista ad approfondire la tecnica della pittura a olio con lavori dominati dai toni del bruno. L’incontro con lo scrittore André Suarès è determinante per lo sviluppo di alcune sue riflessioni sulle ragioni stesse della pittura affrontate in un intenso scambio epistolare fra i due. In occasione del Salon des Indépendents, il poeta Guillaume Apollinaire definisce Rouault un pittore di «rara e spoglia potenza espressiva». Dopo alcune esposizioni alla galleria parigina Bernheim-Jeune e alla Neue Künstler Vereinigung di Monaco, l’11 dicembre si tiene la seconda personale alla Galleria Druet, commentata in modo entusiasta da Louis Vauxcelles in «Le Gil Blas» il 15 dicembre. 1912 La morte del padre e il profondo sconforto che gliene deriva sono all’origine di nuovi lavori, di matrice più spirituale, come De Profundis, La Vedova e soprattutto il Miserere, pensato inizialmente come un album con tavole e poesie ispirate a ballate popolari sul tema della vita e della morte. Nel mese di agosto nasce il terzo figlio Michel. 1913-1914 La pittura a olio diventa l’interesse primario della sua ricerca estetica, a scapito anche della sua passione per la ceramica, cui tuttavia si interessa sempre di più Ambroise Vollard che finisce per acquistarne addirittura l’intera bottega giovanile. L’avvento della guerra costringe la famiglia Rouault a lasciare Versailles e a riparare a nord, in un paese di campagna, Plestinles-Grèves. La figura di Cristo entra nel suo immaginario, divenendo soggetto dominante di quest’epoca drammatica. 1915-1916 I dipinti di Georges sono segnati dalla tragedia della guerra nei temi e nella scelta delle tavolozze cupe. Dopo un breve soggiorno nella regione di Bordeaux, la famiglia rientra a Versailles e qui nasce la quarta figlia Agnès. L’anno seguente un lungo periodo di malattia vede l’artista interrompere le sue ricerche pittoriche cui tornerà a dedicarsi tempo qualche mese, in seguito a un nuovo trasloco, in rue Blomet a Parigi. Significativa la vendita, a un celebre collezionista americano, tale John Quinn avvocato newyorchese, di un’intera serie di lavori dal titolo Grotteschi. La collaborazione con Vollard si rafforza e vede i due siglare i primi accordi per le illustrazioni del testo satirico Les réincarnations du père Ubu, terminate nel 1932. 1917-1918 Ambroise Vollard diventa il mercante di Rouault.
Il celebre gallerista, dopo aver rilevato la bottega del giovane ceramista versa all’autore 49.150 franchi francesi per 770 opere assicurandosi la vendita in esclusiva del suo lavoro. Libera inoltre per lui l’ultimo piano della sua casa in rue Martignac 28 al fine di fornirgli un nuovo studio e poter seguire da vicino lo sviluppo dei lavori in corso. Fra questi le illustrazioni per Les réincarnations du Père Ubu, la serie di incisioni del Miserere, opere che assorbiranno tutta la sua attenzione per molti anni a venire. 1919 Il 17 ottobre il suo Gesù fra i dottori è acquistato dallo Stato francese e dislocato nella collezione dei dipinti del Musée Unterlinden di Colmar. È la prima opera di Georges Rouault a entrare in una raccolta pubblica. Ancora un cambio di abitazione per la famiglia dell’artista, che approda al numero 20 di rue La Bruyère. 1920 Il collezionista, dottore di professione, Maurice Girardin inaugura una sua galleria privata, La Licorne, presentando per l’occasione cinquanta tele di Rouault. Il successo giunge immediato. Il pubblico rimane colpito dalle ricerche pittoriche del maestro riemerso dopo quattro anni di silenzio. 1921 Fra le pagine della celebre rivista «Nouvelle Revue Français», all’interno della collana «Les Peintres Français nouveaux», a firma di Michel Puy, esce il primo studio scientifico sull’opera di Rouault. 1922 Si tiene la mostra personale alla galleria Barbazangues. Il tema religioso appare, nelle ultime opere dell’artista, sempre più presente. Illustra il libro di Henry Church Les Clowns. Vollard gli mette a disposizione un nuovo atelier in rue Martignac. 1924 Fra il 22 febbraio e il 2 maggio è allestita una grande retrospettiva alla galleria Druet. Il 15 maggio Jacques Maritain pubblica in «La Revue Universelle» un testo sull’amico pittore. 1925 Georges Rouault presenta una sua personale alla galleria Flechtheim di Berlino spostata, successivamente, nelle sede della medesima galleria a Düsseldorf. In omaggio a Cézanne, progetta la decorazione di una fontana per Aixen-Provence, ma il progetto rimane solo sulla carta. Stampa da Edmond Frapier la litografia Christ en Croix. Nel frattempo viene nominato Cavaliere della Legion d’onore.
1926 È l’anno della pubblicazione, per i tipi di Edmond Frapier, dei suoi Souvenirs intimes, scritti illustrati con 6 litografie fuori testo, nei quali ricorda figure importanti per la sua formazione, da Moreau a Bloy, da Huysmans a Renoir e Degas. Sempre con Frapier pubblica Maîtres et petits maîtres d’aujourd’hui, serie di litografie ispirate alla vita dei clown e delle prostitute con un’introduzione di Maritain. Nel frattempo si accosta alla poetica di Baudelaire lavorando, anche l’anno seguente, a 14 incisioni in bianco e nero ispirate a Les Fleurs du Mal, tuttavia accantonate perché troppo impegnato nella realizzazione dell’Ubu e del Miserere e pubblicate postume solo nel 1966 per volontà delle figlie. 1927 Porta a termine presso la stamperia Jacquemin le 58 incisioni del Miserere, che tuttavia saranno pubblicate solo nel 1948. 1929 Georges Rouault realizza scene e costumi per il balletto di Serge Diaghilev (con musiche di Prokofiev e coreografie di Balanchine) Il figliol prodigo, rappresentato al teatro Sarah Bernhardt nei giorni 21, 29, 31 maggio e 4, 6, 12 giugno. Contemporaneamente pubblica per le edizioni Porteret i suoi Paysages légendaires, con 6 litografie fuori testo, 50 disegni e una litografia a colori per i 12 primi esemplari. Per le Éditions des Quatre Chemins sigla la serie di litografie La petite Banlieu, mentre per Frapier vara la pubblicazione dei Grotesques e dei Saltimbanques iniziati nel 1927. Nel periodo natalizio, soggiorna in Svizzera, nel Vallais, a Montana-sur-Sierre, dove durante una festa per bambini, travestito da Babbo Natale, è vittima di un incidente: il suo travestimento prende fuoco e le sue mani riportano alcune piccole ustioni. 1930 Nonostante il parere positivo della commissione del Musée du Luxembourg, il sottosegretario di Stato alle Belle Arti rifiuta di avallare l’acquisto di un’opera di Rouault. L’autore illustra nel frattempo, per la «Nouvelle Revue Française», il racconto di Marcel Arland Les Carnets de Gilbert; inizia anche a lavorare al ciclo delle acqueforti a colori per il Cirque de l’Étoile Filante, di cui scrive il testo, e per Passion di André Suarès, editi poi entrambi da Vollard. Datano infine a questo periodo diverse esposizioni all’estero, da Ginevra a Bruxelles, Londra e Monaco di Baviera; ma anche a New York, alla galleria Brummer, e a Chicago, da Art Club. 1932 Ambroise Vollard pubblica le 22 acqueforti e le
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104 xilografie di Les Réincarnations du Père Ubu. Georges appronta opere di soggetto familiare o ritratti femminili, come quello da cui verrà realizzato il suo primo arazzo per mano degli artigiani di Aubusson. La signora Chester Dale dona allo Stato francese una versione della Sindone, prima tela a figurare nelle collezioni del Musée du Luxembourg. 1933 Georges Rouault presenta la sua prima mostra personale nella galleria newyorchese di Pierre Matisse. 1934 Lavora con lo stampatore Lacourière al ciclo di acqueforti per il Cirque de l’Étoile Filante. Firma, con Vollard, un contratto per la consegna delle tavole del Miserere e de Les Fleurs du Mal. 1935 Espone allo Smith College Museum of Art di Northampton oltre che nella galleria parigina Kaganovitch. 1936 Termina le opere grafiche per il Cirque de l’Étoile Filante, volume pubblicato da Vollard nel 1938 che contempla 17 acquetinte originali e 82 xilografie tratte da suoi disegni. Lavora con lo stampatore Lacourière a 12 acqueforti a colori dedicate a Les Fleurs du Mal rimaste inedite, a differenza delle tavole degli anni Venti in bianco e nero pubblicate postume del 1966. 1937 Fra il mese di giugno e quello di ottobre Rouault è al centro di un’importante retrospettiva allestita al Petit Palais di Parigi dove sfilano 42 dipinti, di cui una ventina concessi in prestito da Vollard. Il critico Waldemar Georges sigla per l’occasione un articolo sull’artista pubblicato dalla rivista «La Renaissance». La mostra attirerà anche l’attenzione dello storico e critico d’arte italiano Lionello Venturi che dedicherà un suo studio approfondito a Rouault, edito poi a New York nel 1940. 1938 Ha luogo al Museum of Modern Art di New York una grande mostra concentrata sull’opera grafica di Rouault. 1939 17 acqueforti a colori e 82 xilografie arricchiscono il libro di André Suarès, Passion, edito da Vollard che, a pochi giorni dalla pubblicazione, il 22 luglio, muore vittima di un incidente d’auto. L’artista con la sua famiglia si trasferisce a Beaumont-sur-Sarthe.
1940-1941 Con lo scoppio della Seconda Guerra Mondiale, la famiglia Rouault si rifugia a Golfe-Juan dove l’artista può continuare il suo lavoro indisturbato. Risale a quest’epoca un’importante mostra itinerante negli Stati Uniti che tocca Boston, allestita all’Institute of Modern Art, Washington, alla Phillips Memorial Gallery e San Francisco, organizzata dal Museum of Art. 1942 Espone alla galleria parigina Louis Carré. 1943 Esce il poema Divertissement, un poema sul tema del circo corredato di 15 illustrazioni a colori, pubblicato da un astro dell’editoria francese come Tériade. 1945 Il Museum of Modern Art di New York dedica a Georges Rouault la prima grande retrospettiva comprendente 161 opere. Esce il libro di Rissa Maritain Les grandes amitiés, dedicato ai più importanti legami d’affetto del marito filosofo: un capitolo verte sulla figura di Rouault. A Milano viene pubblicata invece, dalle Edizioni d’Arte e Scienza, la prima monografia italiana sull’artista. 1946 L’autore è protagonista, al fianco di Georges Braque, di una doppia esposizione personale alla Tate Gallery di Londra. 1947 Rouault vince il processo intentato contro gli eredi di Ambroise Vollard che, dopo la sua morte, miravano a incamerare le opere dell’artista in deposito nei locali del mercante. Il 19 maggio il tribunale decreta la proprietà delle opere da parte dell’artista che ottiene così la restituzione di 800 delle 919 tele in questione, alcune delle quali ancora incompiute. Le rimanenti 119 non verranno più rintracciate. Intanto René Drouin pubblica una raccolta di testimonianze dell’artista raccolte dall’abate (e amico) Maurice Morel nel volume Stella Vespertina; il volume è accompagnato da 12 tavole a colori. L’anno si chiude con una mostra di 40 dipinti alla
galleria Odette des Garets in rue de Courcelles. 1948 In primavera, fra i mesi di aprile e giugno, è allestita una retrospettiva ricca di 270 opere alla Kunsthaus di Zurigo. Tempo pochi giorni, la sua presenza è registrata alla Biennale di Venezia dove la Francia invia 25 suoi dipinti e una scelta di 12 incisioni. È l’anno della pubblicazione tanto sospirata del Miserere. La presentazione della cartella di 58 tavole si tiene da Odette des Garets dal 27 novembre al 21 dicembre. Il 5 novembre Rouault brucia, alla presenza di un usciere, 315 dipinti fra quelli riacquisiti dopo il decreto del tribunale. È avvenuto in questo periodo il suo viaggio di studio attraverso Svizzera e Italia. La morte dell’amico scrittore André Suarès lo addolora profondamente. 1949 Accetta di eseguire alcuni smalti per l’Abbazia di Ligugé, sua antico rifugio negli anni della giovinezza. Altro viaggio di studio fra Belgio e Olanda. Rinnova in questo periodo la sua tavolozza, introducendo nuove tonalità, più chiare, nelle gamme dei verdi, dei gialli e dei rossi. 1951 Per festeggiare il suo ottantesimo compleanno, il 6 di giugno viene inaugurata una serata in suo omaggio organizzata dal Centre Catholique des Intellectuels Français presso il Palais de Chaillot. Durante la serata viene proiettato in pubblico un film realizzato dall’abate Morel sul Miserere. Si tiene una mostra personale alla galleria Samlaren di Stoccolma. 1952 Vengono allestite mostre retrospettive al Palais des Beaux-Arts di Bruxelles, al Museo municipale lo Stedelijk Museum di Amsterdam e al Musée national d’art moderne di Parigi, che nell’occasione acquisisce il dipinto Notturno cristiano per le sue collezioni. 1953 Georges Rouault viene insignito del titolo di Commandeur de l’Ordre de Saint-Grégoire le Grand. Alcuni celebri musei gli dedicano im-
portati antologiche. Dal Cleveland Museum of Art, al Museum of Modern Art di New York, al County Museum di Los Angeles, al Museo Nazionale di Tokio e Osaka. 1954 Tocca alla Galleria d’arte moderna di Milano ospitare, fra aprile e giungo, la prima grande retrospettiva di Rouault in Italia, presentata dall’abate Morel. Parallelamente al Petit Palais di Parigi viene esposta la collezione del dottor Girardin con i suoi 103 lavori realizzati in tecniche diverse, oltre all’intero corpus incisorio del maestro. L’artista diventa anche membro dell’Accademia nazionale di San Luca a Roma. 1955-1956 Si susseguono diverse esposizioni. Al Museo Nazionale di Gerusalemme e al Musée Toulouse Lautrec di Albi. Gli viene inoltre conferito il titolo di Commandeur de l’Ordre des Palmes académiques. Alla fine del 1956, affaticato dagli anni, decide di non dipingere più. Una sua Sindone, riprodotta su arazzo, è appesa sull’altare della Chapelle de Hem, poco distante da Lilla. 1957 Viene nominato Commandeur de l’Ordre des Arts et des Lettres. 1958 Georges Rouault muore a Parigi il 13 febbraio all’età di 87 anni. Il governo francese decide di onorarlo con le esequie di Stato: l’amico padre Maurice Morel, nel corso della cerimonia funebre che si svolge il giorno 17 febbraio nella chiesa di Saint-Germain-des-Près, pronuncia un commovente discorso commemorativo. «Questo parigino – dice – che non aveva perso l’accento e lo spirito dei quartieri di periferia, ci dava l’impressione di rincontrare uno scultore o un maestro vetraio di Chartres. Aveva la loro stessa allegria e la loro gravità. Aveva il loro pudore e la loro freschezza. Aveva la loro fede». Il ministro dell’educazione Billières legge, sul sagrato, un elogio del maestro, accompagnato da un intervento di André Lhote a nome degli artisti colleghi e amici.
David Simpson David Simpson nasce a Pasadena nel 1928. Vive e lavora a Berkeley. Simpson ha esplorato le varie possibilità dell’astrazione sin dai primi anni ‘50. Nel 1964 fa parte della mostra di Clement Greenberg Post Painterly Abstraction al museo d’arte della contea di Los Angeles. Dal 1987, abbraccia il radicalismo del monocromo. Simpson utilizza una pittura acrilica con proprietà particolari. La pittura è composta da titanio biossido, rivestito di particole di mica. L’artista mescola i colori complementari, ma utilizza anche il blu e il nero, per intensificare il colore. La superficie crea particolari effetti visuali, simili a quelli dell’iridescenza. Le sue opere sono conservate nei più importanti musei di arte contemporanea in Italia e all’estero.
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Bibliografia essenziale
Relativa all’opera grafica e ai libri illustrati da Rouault a cura di Claudia Amato
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Rouault: œuvres graphiques, catalogo della
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Wolf Stadler, Georges Rouault, Il circo della stella filante, 17 acqueforti a colori e 8 xilografie, Mondadori, Milano 1985. Georges Rouault-Ölbilder, Aquarelle, das graphische Werk, catalogo della mostra al Kunstamt Wedding, Alte Nazarethkirche di Berlino, Berlino 1988. Paolo Bellini (a cura di), Georges Rouault: incisore e litografo, Triennale europea di Grado, Triennale europea dell’incisione di Grado, catalogo della mostra alla Galleria regionale d’arte contemporanea Luigi Spazzapan di Gradisca d’Isonzo, Ed. della Laguna, Stampa Arti Grafiche Friulane, Udine 1988. Rouault: Miserere, gravures-aquarelles-peintures, catalogo della mostra alla Collégiale SaintLazare, Salle Saint-Pierre di Avallon, Avallon 1990. François Chapon, Le livre des livres de Rouault, Édition André Sauret et Édition Michele Trinckvel, Montecarlo e Parigi 1992. Stephan Koja, Georges Rouault: Malerei und Graphik, Prestel Verlag, Monaco 1993. Georges Rouault: malerier og grafikk 1906-1948, bilder fra samlingen til Idemitsu Museum of Arts, Tokyo, catalogo della mostra alla Billedgalleri di Bergen e allo Stenersenmuseet di Oslo, 1994. Mauro Corradini (a cura di), Georges Rouault. Miserere, catalogo della mostra alla Torre Viscontea di Lecco, Edizioni Galleria Bellinzona, Lecco 2000. Elena Pontiggia (a cura di), Rouault: il circo, la guerra, la speranza. Opere grafiche dalle collezioni milanesi, catalogo della mostra alla Fondazione Stelline di Milano, Edizioni Medusa, Milano 2001.
Georges Rouault. Miserere, catalogo della mostra alla Mole Vanvitelliana di Ancona, Silvana Editoriale, Cinisello Balsamo 2007. Libri illustrati da Rouault Ambroise Vollard, La Politique Coloniale du Père Ubu, Georges Crès et c., Parigi 1919 (in copertina prima versione della tavola Père Ubu). Henry Church, Les Clowns, Éditions des Deux Amis, Parigi 1922 (con 3 disegni). Georges Rouault, Souvenirs intimes, E. Frapier, Parigi 1926 (con 6 litografie fuori testo). Georges Rouault, Les Peintres du cirque, con una prefazione di J. Cocteau, Parigi 1927 (con 2 poesie e 4 disegni). Georges Rouault, Paysages légendaires, Porteret, Parigi 1929 (con 6 litografie fuori testo e 50 disegni, una litografia a colori per i 12 primi esemplari). Georges Rouault, Petite Banlieue, Éd. Des Quatre-Chemins, Porteret, Parigi 1929 (con 6 litografie e 100 riproduzioni di cui 2 colorate a mano dall’artista). Marcel Arland, Les Carnets de Gilbert, Nouvelle Revue Française, 1931 (con una litografia originale e 5 incisioni a colori). Ambroise Vollard, Les Réincarnations du Père
Ubu, Édition Ambroise Vollard, Parigi 1932 (con 22 acqueforti e 104 xilografie). Georges Rouault, Cirque de l’Étoile Filante, Édition Ambroise Vollard, Parigi 1938 (con 17 acquetinte originali e 82 xilografie tratte dai suoi disegni). André Suarès, Passion, Éditions Ambroise Vollard, Parigi 1939 (con 17 acqueforti a colori e 82 xilografie). Georges Rouault, Divertissement, Tériade, Parigi 1943 (con 15 riproduzioni a colori). Georges Rouault, Soliloques, Ides et Calendes, Neuchâtel 1944 (con 8 riproduzioni a colori). Georges Rouault, Stella Vespertina, René Drouin, Parigi 1947 (con 12 riproduzioni a colori). Georges Rouault, Miserere, L’Étoile Filante, Parigi 1948 (con 58 acqueforti). Georges Rouault, Les Fleurs du Mal, L’Étoile Filante, Parigi 1966 (l’edizione è nota anche come Les Fleurs du Mal I) Georges Rouault, Visages, Daniel Jacomet et L’Étoile Filante, Parigi 1969. Scritti su Rouault Michel Puy, Georges Rouault et son oeuvre, «Les Peintres Français nouveaux» n. 8, in «Nouvelle Revue Française», Parigi 1921.
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Jacques Maritain, Georges Rouault, peintre et lithographe, «La Revue Universelle», Parigi, 15 maggio 1924. Claude Roger-Max, L’oeuvre gravé de Georges Rouault, «Byblis», autunno 1931. Christian Zervos, Illustrations de Georges Rouault pour «Les Réincarnations du Père Ubu» de A. Vollard, «Cahiers d’Art», n. 1-2, Parigi 1932. Martha Davidson, Rouault as master of graphic art, «Art News», 8 ottobre 1938. Marie Dormoy, Cirque de l’étoile filante de Georges Rouault, «Arts et Métiers Graphiques», n.68, Parigi 1939. Claude Roger-Max, L’œuvre gravé de Georges Rouault, «Gravure originale en France», Parigi 1939. John O’Connor, The Prints of Georges Rouault, «Carnegie Magazine», Pittsburgh, 3 marzo 1941. William S. Lieberman, Notes on Rouault as Printmaker, «Magazine of Art», Londra, New York, vol. 46, aprile 1953. Waldemar George, Geneviève NouailleRouault, L’univers de Georges Rouault, «Les carnets de dessin» n. 5, Edition Weber, Parigi 1971. Eugène Rouir, Les lithographies de Rouault éditées par Edmond Frapier, «Le livre et l’estampes», XVII, 1972.
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Indice
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Rouault e l’Incarmazione di Mons. Gianfranco Ravasi Presidente del Pontificio Consiglio della Cultura
15
Georges Rouault. La notte della redenzione di Andrea Dall’Asta S.I. Direttore della Raccolta Lercaro
21
Rouault al torchio di Michele Tavola
29
Dal dramma allo stupore. Il sentimento della bellezza in Rouault di Elena Pontiggia
35
Opere a cura di Andrea Dall’Asta S.I. e Michele Tavola
129
Schede Catalogo
147
Georges Rouault Percorso biografico
a cura di Chiara Gatti
a cura di Chiara Gatti
153 Bibliografia essenziale Relativa all’opera grafica e ai libri illustrati da Rouault a cura di Claudia Amato
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Finito di stampare nel mese di gennaio 2010 in Pisa dalle Edizioni ETS Piazza Carrara, 16-19, I-56126 Pisa info@edizioniets.com www.edizioniets.com
Georges Rouault La notte della Redenzione
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Edizioni ETS
opere grafiche e disegni
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