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SWISSLIFE // Autunno 2010 // Decisioni
Trench
Snowboard
Consiglio comunale
Controllo
Farina integrale
Fedeltà
Barca a vela
Famiglia
Viaggio per il mondo
Gioia della maternità
Moderatore star
Lezione di equitazione
Ragazza glamour
Basso elettrico
Carriera sportiva
1˚anno // Numero 1 // CHF 6.50
Dietro questa copertina si nasconde qualcosa che vi aiuterà a prendere delle buone decisioni. Decisioni in materia di denaro, sicurezza e futuro. Per voi come privati o come imprenditori. UPDATE è il supplemento a questa rivista che vi presenta interessanti servizi e prodotti di Swiss Life e che vi offre anche utili consigli e informazioni. Ad esempio, come assicurare ai propri figli un futuro roseo? Come sfruttare ogni mese i frutti dei propri investimenti? E come raggiungere la totale libertà già prima dei 65 anni? Divertitevi a imparare cose nuove.
Coccole
Ballo dell’Opera
Open air
Job sharing
Cura a base di succhi
Portare fuori il cane
Scarpe alte décolleté
SWISSLIFE Autunno 2010 // Decisioni
Zuppa di pomodoro
Safari
Accordare
Costa d’Oro
Arrampicarsi
SMS
Esame di guida
Bighellonare
Calciatore professionista
Amico
Kelly Bag
Ecomobile
Scendere
Gravidanza
Flirtare
Infradito
Matrimonio
Make up
Lezione di yoga
Ravioli in scatola
Dieta
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Scuola di lingue
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Artista
Fumare
Top model
Consulenza per problemi di coppia
Party
Carriera in banca
Sballare
Mountain bike
Alzarsi
Lifting al viso
Vacanze wellness
Presidente d’associazione
Chitarrista rock
Casa di campagna
Amica
Labrador
Studio della medicina
Reginetta di bellezza
Milioni
Fare la doccia
Sicurezza
Scarica di adrenalina
Vacanze su un’isola
Shopping tour
Cabrio
Orto familiare
Antichi valori
Indipendenza
Montblanc
Avventura
Armonia
Moda
Intimità
Appartamento in città
Hotel di lusso
Gioie del campeggio
Gita in città
Penna stilografica
Editoriale // 3
Benvenuti Avete preso una buona decisione. La decisione di leggere SWISSLIFE. In futuro la nostra nuova rivista, che sarà pubblicata tre volte l’anno, vi sorprenderà puntando sull’intrattenimento, con storie interessanti sulla vita e le persone in Svizzera. SWISSLIFE, appunto. Il vostro «sì» a questa lettura è solo una delle molte migliaia di decisioni che prendete ogni giorno. Qualche volta ne siete consapevoli, la maggior parte delle volte no. In questa prima edizione approfondiamo l’argomento delle decisioni. Cosa pensano due persone sulla loro decisione definitiva di divorziare? Perché Jeannette Indlekofer decide nella sua terza fase di vita di chiamarsi Marlene Dietrich? Come reagisce una generazione che a causa di innumerevoli opzioni non è più in grado di decidere? Vi auguro una buona lettura.
SWISSLIFE Autunno 2010
Ivo Furrer, CEO Svizzera: «Ogni giorno prendiamo fino a 20 000 decisioni. In alcuni giorni sembra che siano almeno il doppio.»
06
Swiss Photo Selection:
Le stanze del potere
Le centrali mondiali del potere rappresentano un sistema globalmente integrato di politica, economia e società. Il fotografo Luca Zanier invece le inquadra con grande individualità. 16 Due facce della medaglia:
20
Fulcro:
La decisione giusta
Gli eterni indecisi
La nostra generazione soffre di un’insoddisfazione latente scatenata da un eccesso di possibilità? Il fenomeno della società multi-opzione. 28 Mix di numeri:
Punti di vista Lo svizzero Luca Zanier fotografa le stanze del potere di tutto il mondo, sorprendendo con panoramiche del tutto insolite.
Testa o cuore?
31 Alunni delle prime elementari:
Il futuro comincia qui.
Imbarazzo della scelta Con così tante possibilità, la nostra società ha perso la visione d’insieme. Cifre, fatti e soluzioni di un fenomeno alquanto sconcertante dei nostri tempi. Responsabile del progetto: Swiss Life Public Relations, Martin Läderach Indirizzo della redazione: Rivista SWISSLIFE, Public Relations, General-Guisan-Quai 40, 8022 Zurigo, public.relations@swisslife.ch Coordinamento del progetto: Mediaform, Christoph Grenacher Ideazione e progettazione: Festland Werbeagentur, San Gallo/ Zurigo Traduzione: Language Services, Swiss Life Stampa e spedizione: Heer Druck AG, Sulgen Pubblicazione: 3 volte l’anno (primavera, estate, autunno) Tiratura: 100 000 esemplari Inserzioni: Mediaform, Baumgärtli, 5083 Ittenthal, mediaform@mediaform.ch Cambiamenti d’indirizzo /Ordinazioni: Rivista SWISSLIFE, General-Guisan-Quai 40, 8022 Zurigo, www.swisslife.ch/abbonarsirivista Avviso legale: le informazioni relative a servizi e prodotti contenute nella presente pubblicazione non costituiscono un’offerta in termini giuridici. Non viene tenuta alcuna corrispondenza in merito a concorsi. È escluso il ricorso alle vie legali.
Sommario // 5
50
A Swiss Life:
Io, Marlene Dietrich
Un’attesa di 65 anni e Jeannette Indlekofer è tornata a essere la donna che era venuta al mondo: Marlene Dietrich. Una decisione presa in pochi secondi, il ritorno alla vita vera.
Nuova vita Jeannette Indlekofer ha portato per 65 anni un nome falso. Ora è tornata a essere Marlene Dietrich… e a cantare.
58
Da vicino:
Mauro von Siebenthal, Tobias Hagmann e Gelson Fernandes hanno voltato le spalle alla Svizzera per poter realizzare i propri sogni. Nuove prospettive lontano dalla propria terra. 63 Kuchler:
Alla ricerca del gusto autentico
65 Reeto von Gunten: 66 Concorso:
SWISSLIFE Autunno 2010
Piccole grandi cose della vita
St. Moritz o Zermatt?
68 Fuoriprogramma:
Lontano dalla patria Gelson Fernandes gioca nella nostra nazionale di calcio, sebbene abbia già detto addio da molto tempo alla Svizzera, proprio come altri emigranti.
Addio Svizzera
Steff La Cheffe, l’«hip hop babe»
Le stanze del potere A volte pompose, a volte anonime, perlopiù accessibili al pubblico, talvolta anche segrete. Ma con un elemento in comune: in queste stanze il potere è di casa e qui vengono decise le sorti del mondo. Il fotografo svizzero Luca Zanier le ha visitate, immortalandole con una soprendente individualità.
›››
Nella sezione «Swiss Photo Selection» SWISSLIFE presenta le opere di fotografi svizzeri, riconosciuti fra i migliori dalla giuria internazionale dello «Swiss Photo Award».
Swiss Photo Selection // 7
Consiglio di sicurezza dell’ONU, New York La disposizione dei posti dell’organo più potente delle Nazioni Unite è chiara e lineare: al tavolo rotondo siedono i delegati degli Stati membri, le sedie blu sono riservate ai loro consiglieri, mentre quelle rosse ai membri ONU senza diritto di voto. La galleria dei visitatori è chiusa dal 1993 per motivi di sicurezza. Pagina successiva: Confédération générale du travail (CGT), Parigi Con i suoi 700 000 membri, la CGT è la seconda confederazione sindacale della Francia. Dalla sua fondazione nel 1895, è vicina al partito comunista.
SWISSLIFE Autunno 2010
Assemblea generale dell’ONU, New York L’Assemblea, dove ogni Stato membro può essere rappresentato da un massimo di cinque persone, si riunisce ogni anno a settembre. Contrariamente alle risoluzioni del Consiglio di sicurezza dell’ONU, quelle dell’Assemblea generale non sono vincolanti secondo le norme di diritto internazionale.
Swiss Photo Selection // 11
Consiglio di amministrazione fiduciaria dell’ONU, New York Questo organo delle Nazioni Unite, inattivo dal 1994, aveva il compito di amministrare le colonie dei Regni tedesco e giapponese. Pagina successiva: Parti communiste français (PCF), Parigi Il partito comunista con più iscritti dell’Europa occidentale ha la propria sede a Place du Colonel Fabien, in un edificio in calcestruzzo dell’architetto brasiliano Oscar Niemeyer.
SWISSLIFE Autunno 2010
Swiss Photo Selection // 13
The New School, New York L’università, fondata nel 1919, ha portato a lungo il nome di New School for Social Research; vanta otto facoltà nell’area delle discipline umanistiche. Nella foto: l’auditorium in stile art déco.
Swiss Photo Selection // 15
Luca Zanier: il fascino estetico della stanza nel mirino Luca Zanier (1966), zurighese con radici italiane, ha studiato fotografia dopo un apprendistato come carpentiere, lavorando come assistente fra l’altro di Oliviero Toscani, prima di aprire uno studio fotografico a Zurigo. Dal 1993 lavora in Svizzera e all’estero come fotografo freelance nei settori della pubblicità, dei reportage e dell’arte libera. I suoi punti di forza? Paesaggi, nature morte e persone. Le stanze, come ad esempio quelle del potere, esercitano un fascino speciale su Luca Zanier. Attualmente si dedica agli scatti di capannoni imponenti, corridoi interminabili e chiuse massicce delle centrali energetiche. Gli impianti nucleari, le centrali a carbone o i depositi di stoccaggio sono mondi lontani che sprigionano una logica fredda: cattedrali dell’industria, templi di una società avida di energia da cui dipende la nostra vita moderna.
SWISSLIFE Autunno 2010
Stanze ed energia: nel suo lavoro, Luca Zanier osserva le centrali energetiche da una prospettiva artistica, mentre la pura componente informativa rimane sullo sfondo. La scena è occupata da prospettive, colori e forme e dall’intreccio di tecnica ed estetica. www.zanier.ch
Hannes Moos, architetto,
libero professionista, è stato sposato undici anni con Ursula Schaub: «Il problema di fondo è stato il nostro concetto su come dovesse essere la relazione ideale.»
Testo: Matthias Mächler, foto: Marc Wetli
La separazione è stata la decisione giusta Lui:
«La goccia che ha fatto traboccare il vaso è
Lei:
«Abbiamo avuto inaspettatamente presto il
stata quella sera in cui Ursula era malata e,
bambino, eravamo felici e pensavamo di riuscire dopo una giornata intera passata col bambino,
entrambi a lavorare, a realizzarci e a crescere completamente a pezzi, io sono andato alle
contemporaneamente nostro figlio. Ma nella reprove del gruppo. C’è stata una litigata furiosa
altà le cose sono diverse. I primi anni rimanevo e non ci siamo mai davvero riappacificati.
più spesso io a casa. E per quanto amassi nostro Ursula ha iniziato una relazione extraconiugale
figlio, mi annoiavo. Ero gelosa di Hannes quanche non voleva interrompere. Quando anche io
do aveva un progetto interessante o quando anmi sono preso questa libertà, mi ha buttato
dava in sala prove con il gruppo. Così litigavamo fuori di casa. Da allora viviamo separati, ma
Due facce della medaglia // 17
Ursula Schaub, psicologa,
libera professionista, è stata sposata undici anni con Hannes Moos: «Probabilmente nessuno di noi due è la persona di famiglia nel senso classico.»
così vicini che nostro figlio poteva vederci co-
sempre più spesso su chi pretendesse più libertà. modamente. Nostro figlio è stato fondamentale
Eravamo gelosi dello spazio personale dell’altro. perché io e mia moglie siamo rimasti amici
Ed entrambi eravamo persone dominanti, che dopo la separazione. Per lui abbiamo smussato
volevano avere ragione. Così ci siamo separati, il nostro ego, per rispetto con i nuovi partner
ma siamo rimasti sposati per altri otto anni. Abnon abbiamo mai parlato male l’uno dell’altra.
biamo avuto nuovi partner e all’inizio non era Però così spesso le mie compagne si sentivano
facile: ero triste quando Hannes con la nuova in concorrenza non solo con Ursula, ma anche
compagna e nostro figlio si comportavano come con mio figlio. Oggi Ursula e io abitiamo nello
una famiglia e mi arrabbiavo se Hannes condistesso edificio. Lei da una parte, io dall’altra.
videva la sua opinione nell’educazione del noCapita di non incontrarci per due, tre settimane.
stro bambino. Ma con gli anni, questi sentimenti Ma quando festeggio il compleanno o organizzo
si sono sopiti. Oggi ci sarebbero problemi se una festa, ovviamente c’è anche lei. Se fossimo
il nuovo partner non accettasse che anche i divorrimasti insieme, certamente non avremmo ot-
ziati possono rimanere amici.» tenuto un risultato così buono.»
SWISSLIFE Autunno 2010
THE NEW
CHI GU IDA JAGUA R È S EM
DESIGN Costruire auto splendide e sportive: è questa, da sempre, la filosofia di JAGUAR. Il marchio JAGUAR possiede tutto il fascino che scaturisce da una straordinaria fusione di sportività e lusso in un design inconfondibilmente sensuale. Un fascino che la nuova JAGUAR XJ esprime in modo particolarmente spiccato. L’estetica allungata dei finestrini dalla forma a goccia sottolinea la sua silhouette elegante e funge da motivo centrale del nuovo e avveniristico linguaggio formale JAGUAR. Alla morbidezza delle linee dell’innovativa carrozzeria leggera in alluminio si accompagna la robusta cintura, che ne sottolinea ulteriormente tensione ed eleganza. La nuova XJ si libera di ogni contrassegno estetico prefissato ridefinendo da zero il concetto stesso di lusso sportivo, o come asserisce Ian Callum, capo designer di JAGUAR: «La nuova XJ provoca letteralmente l’osservatore: guardami, ammirami; non mi dimenticherai mai!». Altrettanto indimenticabili sono le prime impressioni suscitate dagli interni: un abitacolo che seduce con una combinazione di design elegante e attuale esprimendo la tipica simbiosi JAGUAR di comfort, lusso e sportività. Le applicazioni dalla finitura cromata e laccata nera si alternano in emozionante contrasto con le superfici in pelle o legno pregiato finemente lavorate. L’ampio tettuccio panoramico in vetro, parte integrante della straordinaria concezione del suo design, assicura una sensazione di spaziosità piacevolmente distesa e luminosa, conferendo agli interni un’autentica atmosfera da club inglese interpretata in chiave moderna e conforme ai tempi. Anche gli innovativi equipaggiamenti di cui è dotata la nuova
XK Coupé
XF Berlina sportiva
XK Convertibile
XJ sottolineano l’eleganza con cui quest’auto sa coniugare modernità e tradizione: dai quadri strumenti virtuali al raffinato sound system Bowers & Wilkins dotato di Media Hub fino al display touch screen Dual View, in grado di visualizzare sul medesimo schermo immagini indipendenti per conducente e passeggero anteriore.
TECNOLOGIA Essere sempre un passo avanti rispetto al presente è la sfida che accompagna JAGUAR sin dall’inizio. La nuova XJ monta i motori JAGUAR più potenti ed efficienti di ogni tempo, in grado di assicurare eccezionali prestazioni su strada e consumi adeguati alle esigenze dei
P R E S T A T O U N P A S S O AVA ANTI.
nostri giorni, uniti alla classica filosofia motoristica JAGUAR. Motori che sono tra i migliori della categoria. Ne è un esempio il nuovo V6 diesel di 3.0 litri dotato di modernissima turbocompressione sequenziale da 275 CV, in grado di sviluppare l’incredibile coppia di 600 Nm e un’accelerazione da 0 a 100 km/h in 6.4 secondi con consumi medi di
XJ 3.0 V6 Diesel è decisamente più leggera rispetto ai modelli concorrenti caratterizzati da valori di emissioni paragonabili. Per la costruzione di una carrozzeria XJ viene utilizzato il 50% di alluminio riciclato. Nella nuova JAGUAR XJ lusso sportivo e impiego sostenibile delle risorse si completano in modo ideale.
75 ANNI
soli 7.0 l per 100 km. Altrettanto convincenti sono i motori a benzina, il V8 di 5.0 litri da 385 CV e il V8 di 5.0 litri supercharged da 510 CV del modello XJ SUPERSPORT. Unica nel settore automobilistico è la carrozzeria monoscocca in alluminio leggero dai pannelli rivettati e incollati, un procedimento derivato dall’industria aerospaziale. La nuova
Il primo modello firmato JAGUAR lasciò gli stabilimenti inglesi 75 anni fa segnando la nascita di un marchio che avrebbe scritto pagine importanti nella storia dell’automobile. La filosofia JAGUAR ha distinto sin dall’inizio lo spirito del suo fondatore Sir William Lyons (1901-1985): una JAGUAR deve essere innovativa, emozionante e sempre inconfondibile. Una JAGUAR deve obbligare a seguirla con lo sguardo emanando una presenza che non passa inosservata. Una JAGUAR deve superare la prova dei tempi con un design intramontabile e svincolato da ogni moda, e continuare ad appassionare anche dopo anni come il giorno della sua prima apparizione. Una leggendaria «success story» fondata sulla più evoluta e raffinata arte automobilistica e sulla scelta di mettere costantemente in discussione le frontiere tecnologiche e stilistiche ridefinendo ogni volta nuovi standard. Sir William Lyons sarebbe orgoglioso della nuova XJ. Le JAGUAR affascinano al primo sguardo assicurando un’esperienza di guida che resta indimenticabile. Sperimentatelo con un giro di prova a bordo della nuova JAGUAR XJ. www.jaguar.ch
AV V E N I R I S T I C A
Modello raffigurato: XJ V6 diesel 3.0 Luxury a partire da CHF 118 000.–, consumo normalizzato 7.0 l /100 km, emissioni di CO2: 184 g / km (media di tutti i veicoli nuovi in Svizzera: 188 g / km), categoria di efficienza energetica C.
«Quando non so ciò che voglio, allora mi chiedo cosa non voglio», afferma Patrick Tönz, di Zugo. «Ad esempio, non voglio né figli, né una famiglia: quello che faccio più volentieri è lavorare, lavorare tanto.»
Fulcro // 21
Testo: Mikael Krogerus, illustrazioni: Clarissa Ebneter, foto: Maurice Haas
Gli eterni indecisi
Abbiamo l’imbarazzo della scelta, 20 000 volte al giorno, e tale abbondanza ci fa spesso perdere la visione d’insieme. Siamo dunque eternamente insoddisfatti senza averne il benché minimo motivo?
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SWISSLIFE Autunno 2010
A
voi la scelta: volete leggere questo articolo o no? O prima volete forse controllare le vostre e-mail? Non passa minuto senza dover prendere delle decisioni, più o meno 20 000 al giorno. E negli ultimi trent’anni sono aumentate in maniera esponenziale. L’indecisione (in medicina, abulia) è diventata un vero e proprio fenomeno. C’è una domanda che tiene occupati psicologi, neuroscienziati ed economisti: quando, perché e come le persone prendono delle decisioni? E cosa facciamo con tutte le possibilità? Il trend non è nuovo: già nel 1994 il sociologo Peter Gross coniò il concetto di società multi-opzione. La sua tesi era tanto semplice quanto plausibile: le nostre possibilità di scelta sono così tante che le percepiamo come un peso enorme. È vero? Viviamo veramente in un mondo dalle infinite possibilità? Le cifre parlano da sé: ad esempio, la scelta nei supermercati è aumentata fino al 400 per cento negli ultimi dieci anni, mentre la durata dei singoli prodotti si è abbassata fino all’80 per cento. La conseguenza? Il numero di decisioni che dobbiamo prendere in
Peso delle decisioni, interruzione della carriera, rifiuto: la generazione dei quarantenni preferisce chiedersi cosa non vuole.
un processo così banale, come quello dell’acquisto, impenna. In realtà, il fatto che una scelta così ampia non implichi necessariamente una grande libertà si spiega con il più famoso degli esperimenti di scelta: il paradosso delle confetture. La psicologa americana Sheena Iyengar ha posizionato davanti a un supermercato un tavolo con vari tipi di confetture, a volte 6, altre 24. Con 24 tipi di confettura sul tavolo, molte persone si fermavano e assaggiavano, senza in realtà procedere con l’acquisto. Al contrario, con 6 tipi di confettura a disposizione, arrivavano meno persone, ma la probabilità di acquisto delle confetture era dieci volte maggiore. Iyengar ha quindi dedotto quello a cui assistiamo tutti i giorni: quando la scelta è troppo ampia, la decisione si fa difficile.
La fine dell’amore Alcuni studiosi, come il politologo Sven Hillenkamp, si spingono oltre: Hillenkamp descrive come questa sconfinata libertà di scelta preannunci perfino la «fine dell’amore»: prendiamo delle decisioni, ma rimaniamo in costante ricerca. Anche chi si sposa, e
Famiglia
Avventura
Libertà
sembra dunque aver fatto una scelta, non smette di cercare. La generazione dei multi-opzionisti, afferma Hillenkamp, è caratterizzata dal desiderio di ottimizzare costantemente la propria vita e dall’ansia di perdere qualcosa. Questo ricorda il motto secondo cui c’è sempre una festa più bella di quella a cui si sta partecipando, danzando... e che si sta cercando.
Disagio fisico Anche il 43enne Patrick Tönz di Zugo conosce il bisogno di trovare qualcosa che lo soddisfi davvero. La sua vita è caratterizzata da tante possibilità e tante decisioni. Si cimenta alla scuola cinematografica, molla gli studi di germanistica e invidia quelli che sanno esattamente ciò che vogliono. Ma riesce comunque a fare carriera. A 35 anni è improvvisamente lì dove aveva sempre voluto essere: produttore cinematografico a Los Angeles. Il suo ufficio? Affacciato su Hollywood Boulevard. I suoi vicini di ufficio? Il registra di «Batman» Christopher Nolan e l’attore Gary Oldman. Sulla carta tutto torna, ma ogni mattina, quando inizia a lavorare, è attanagliato da un disagio fisico. Cosa fare dunque quando tutto parla a favore, tranne il cuore?
Intuizione
Sogni
Cambiamento di lavoro
Fulcro // 23
Patrick Tönz prende una decisione: ricominciare da capo. Questa volta con gli studi di psicologia clinica a Zurigo. Non si pente della scelta radicale, nonostante debba vivere negli anni successivi con solo 1700 franchi al mese. «Di fronte alle decisioni» rivela «ho sempre scelto il nuovo: il mio traguardo è la strada più lunga». Durante gli studi approfondisce il settore del profiling, insegna a vari corpi di polizia e diventa direttore artistico e consulente per le sceneggiature.
Curriculum delle decisioni
La domanda primordiale: cosa non voglio? Molto tempo fa Tönz ha preso un’altra decisione radicale: nessun figlio, nessuna famiglia. Quando la sua compagna trentenne gli dice: «Saresti un bravo padre», lui risponde: «Quello che amo più fare è lavorare». In caso di dubbio scarterebbe la relazione, piuttosto che accordarsi su un compromesso. Tutto questo sembra rigido ed egoista, ma la psicologa Iyengar salterebbe dalla gioia di fronte al caso Tönz. Dal suo esperimento sulle confetture ha dedotto che la domanda più importante in caso di decisione è: cosa non voglio? Rispetto al passato, l’uomo oggi non è più in conflitto con un potente ordinamento sociale. O almeno lo crediamo: la coscienza delle persone bada soltanto a sé stessa e a ottenere la cosa giusta e migliore dalle molteplici possibilità a disposizione. Ma non a tutti riesce. Gran parte delle persone si trova in una sorta di trappola potenziale e pensa: «Se questo fosse diverso, potrei ottenere quello». La paura perenne di fallire colpisce molte persone: l’uomo moderno celebra infatti una fede quasi
SWISSLIFE Autunno 2010
Vieni al mondo. La tua prima decisione: vuoi del latte. Assolutamente. Ti rifiuti di mangiare le rape, di dividere i tuoi giocattoli e di dare un bacio alla nonna. A 4 anni decidi di rinchiudere la tua sorellina nella lavatrice, a 13 scegli tra Luca e Lea, tra hip hop e musica elettronica, tra pallamano e calcio. Poi Facebook. I tuoi genitori divorziano e devi decidere con chi andare a vivere. Vuoi un tatuaggio perché tutti ce l’hanno. Scegli di usare la pillola o i preservativi. Forse scegli di abortire. Scegli un Mac al posto di un PC. Decidi di fare il giro del mondo, poi scegli una nuova religione, una stanza in un alloggio in comune, uno o più partner. Decidi di studiare economia e non recitazione (ti lamenterai spesso di questa scelta). Dopo lo studio, periodo piuttosto scarno di decisioni, in cui conti i crediti e vai alle feste, scegli un lavoro, un partner fisso e di avere o meno dei figli. Sei stressato e inizi un corso di Bikhram yoga o di pilates. Frequenti un corso di pittura, di ballo od opti per la psicoterapia. I tuoi figli: iscriverli alla Steiner oppure alla scuola europea trilingue? A quarant’anni rifletti se non sia il caso di cominciare da capo. Ti fai un esame di coscienza o scegli il tradimento, fai straordinari oppure opti per un periodo sulle Alpi. Ti ritiri da Facebook e ti iscrivi a Parship. Lavori al tuo profilo oppure in giardino. Scegli una casa di proprietà, tutte le assicurazioni possibili e una buona bottiglia di vino. Decidi
«di fare finalmente qualcosa per te stesso» o ti trasferisci più vicino ai tuoi nipoti. Decidi dove vuoi invecchiare, se vuoi essere cremato, chi saranno i tuoi eredi. E poi, improvvisamente, non deciderai più.
Magaly Tornay, 32 anni. «Nessuno vuole mollare.» La nomade dei tempi moderni sa di crearsi lei stessa delle pressioni. E ogni tanto si arrabbia per le circostanze, che non le lasciano scelta.
Patrick Tönz, 43 anni. «Scelgo sempre il nuovo.» Per il professionista cinematografico, la strada più lunga è sempre stata il suo traguardo, e il lavoro è sempre al primo posto.
Fulcro // 25
Anja Waldkircher, 18 anni. ÂŤCosa rimpiangerei da vecchia?Âť La futura ostetrica ha un rapporto difficile con le decisioni. Non vuole fare o perdere niente che in futuro potrebbe rimpiangere.
SWISSLIFE Autunno 2010
Alta formazione, consapevolezza dello stile, egocentricità, buon networking: la generazione dei ventenni si aspetta un’opzione di vita prevedibile; questo dà sicurezza.
religiosa nella libertà di scelta del singolo. Anche i disoccupati non credono più negli ostacoli di un sistema, nei limiti dovuti alla classe o al sesso. Pensano che tutto dipenda da loro stessi. Questo stile di vita multi-opzionale colpisce in maniera particolarmente dura i giovani. Parlando con gli psicologi, un’intera generazione di adolescenti è già stressata dalle decisioni che deve prendere tra alcuni anni. Lo psicologo canadese Piers Steel ha scoperto che sono soprattutto i giovani con buone prospettive ad avere problemi nel prendere decisioni: tre su quattro studenti di college americani lamentano di non riuscire a prendere decisioni e di continuare ossessivamente a rimandarle.
Cosa rimpiango da vecchio? Se la situazione corrisponde anche alla realtà svizzera, allora Anja Waldkircher, una studentessa diciottenne di Basilea, dovrebbe essere già stressata. È intelligente, carina, ha tutte le possibilità. Ma si sente estremamente debole nel prendere decisioni. Quando, ad esempio, non sa se andare o meno a un festival, Anja ricorre a un metodo radicale. Si pone una sola domanda: «Se fossi un’anziana moribonda, mi pentirei di non aver fatto questa cosa?» D’altro canto, rispetto a tante sue coetanee, Anja ha forse già preso la decisione più grande di questa fase di vita. Sa cosa vuole fare: l’ostetrica e ha già in vista un posto di formazione professionale.
Tempo libero
Curiosità
Salvo imprevisti, in due anni finirà il liceo, viaggerà per un anno e poi inizierà il suo percorso formativo a Berna. Le sue opzioni di vita non sembrano molteplici, ma ben prevedibili.
Ci soffermiamo solo sulle prime dieci possibilità È possibile che le opzioni ci sembrino infinite, ma che in realtà ci comportiamo secondo modelli relativamente omogenei? I sociologi descrivono spesso la nostra società come un motore di ricerca, un oceano di possibilità. Se corrisponde al vero, allora forse è come con Google: elaboriamo una scelta solo in base ai primi dieci risultati, con la conseguenza che la biografia di Anja sembra prevedibile nonostante la maratona di decisioni. Il modo in cui decidiamo non dipende esclusivamente da noi e dal nostro coraggio di agire. Spesso sono le circostanze esterne alla nostra sfera d’influenza a caratterizzare le decisioni: nel caso di Magaly Tornay, 32 anni, di Bienne, è il ruolo di genere. Magaly Tornay è quello che si può definire una nomade dei nostri giorni. Ha studiato, è andata all’estero e oggi fa la pendolare tra Zurigo e Londra. Come per molte donne della generazione che ha superato per la prima volta gli uomini in termini di diplomi universitari, per Magaly Tornay si prospetta una forma del tutto nuova di maternità. Il suo compagno, anche lui
Formazione
Stile di vita
Sicurezza
in carriera e spesso fuori casa, non è contrario. Entrambi si trovano davanti a decisioni postmoderne: chi si pone in secondo piano a favore dell’altro? Quale delle due carriere è più importante? Chi guadagna quanto? Dove abitare? «Nessuno vuole mollare», spiega Magaly Tornay. E le opzioni sono limitate. «Anche oggi le donne altamente qualificate, non appena diventano mamme, si vedono improvvisamente relegate a posizioni part time o hanno semplicemente la funzione di arrotondare lo stipendio.» Secondo Magaly Tornay, da tempo questo non è esclusivamente correlato alle scelte individuali, ma anche alle condizioni sociali, come la carenza di asili nido, impieghi part time per i padri e possibilità di carriera per le madri.
La tortura di dover essere e fare tutto Sebbene Magaly Tornay sia consapevole delle strutture sociali che influiscono sulle sue decisioni, conosce la pressione della promessa multi-opzione: «C’è una sensazione che è quella di sentirsi sempre in ritardo e già troppo vecchi per le prospettive di vita e i sogni originari. Le tante possibilità che si prospettano portano a credere di dover realizzare anche tutti i propri sogni. La mia generazione soffre di dover essere e fare tutto: successo nel lavoro, nella vita sessuale, bravi genitori, sentirsi a casa nelle metropoli.»
Fulcro // 27
«C’è sempre un rischio residuo» Signor Niederberger, lei è l’autore del libro «Am liebsten beides». Perché è così difficile prendere decisioni? Quando prendo una decisione, devo sempre anche schierarmi contro qualcos’altro. Inoltre, la nostra società permette a malapena di sbagliare e fallire. Per questo vogliamo andare sul sicuro. Ogni decisione comporta però un rischio residuo, temuto proprio dalle persone con un forte bisogno di sicurezza. Sono poi convinto che molte persone non conoscono bene i propri obiettivi e valori e non hanno criteri con cui poter soppesare le alternative.
Quali sono allora i consigli per queste persone stressate dal peso delle decisioni? Il politologo Hillenkamp afferma: «Le persone credono che ci sia soltanto la loro di scelta. Dimenticano che lì fuori c’è un mondo, una società, forse perfino un destino. Che non sono necessariamente responsabili se non hanno successo o si ammalano.»
Sogni di vita
Carriera
Maternità
Successo
Scegliamo realmente tra varie opzioni? Non scegliamo il più delle volte la strada già battuta? Ogni persona è sospesa tra il desiderio di stabilità, abitudine e sicurezza da un lato, e il desiderio di cambiamento e novità dall’altro. In realtà è presumibile che la maggior parte delle persone decida solo quando la sofferenza data dallo status quo diventa più grande della paura dell’ignoto. Come si può imparare a dare ascolto all’intuito? Molte persone hanno paura della loro voce interiore. Ascoltano soprattutto quello che pensa la gente intorno, i genitori, gli amici e i colleghi di lavoro. Il nostro motore di vita più importante è spesso la paura e le aspettative eccessive. Anche quando è il corpo a ribellarsi, noi non ne riconosciamo i segnali. Sono solo il burnout o l’infarto a indurci a prendere la scelta che avremmo dovuto compiere già da tempo. Per ascoltare l’intuito servono luoghi e tempi per un ritiro consapevole. Non sono necessarie lunghe ore di meditazione: sono sufficienti passeggiate ed escursioni.
Relazioni
Sesso
Denaro
Multifunzionale, orientata al successo, internazionale, consapevole della propria identità: la generazione dei trentenni non accetta i fallimenti e vive un’insoddisfazione costante.
Crede nel destino? Se dentro di me si nasconde un piano divino, credo che questo non sia in contraddizione con il mio compito di decidere in merito alla mia libertà personale. Ci dia un consiglio per prendere una decisione corretta. Il miglior esercizio è quello di Ignazio di Loyola del XVI secolo: proibirsi il gioco dei pro e dei contro per tre giorni, come se fosse stata scelta un’opzione. Si annotano quindi tutti i pensieri, le sensazioni e i sogni. Poi si passa a un’altra variante. Alla fine si analizzano gli appunti utilizzando la griglia dei principali criteri di decisione. Lukas Niederberger, nato nel 1964, è teologo, autore, consulente, guida rituale e responsabile di corsi nei settori conduzione, etica, processo decisionale, spiritualità. Abita a Lucerna.
SWISSLIFE Autunno 2010
Quando le donne decidono con la testa.
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Alunni delle prime elementari // 31
Il futuro comincia qui. Borsone per la ginnastica, astuccio, panino per l’intervallo – e molto entusiasmo. A fine estate è iniziato il futuro per 330 bambine e bambini del Canton Obwaldo. Il fotografo Kilian Kessler ha visitato tutte e 33 le classi, con le alunne e gli alunni delle prime classi – orgogliosi e pieni di attese come nel resto della Svizzera.
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SWISSLIFE Autunno 2010
ALPNACH, 1a elementare della signora Küchler // Dietro (da sinistra a destra): Lukas, Lara, Carol, Kevin, Axel, Laurin // In mezzo (da sinistra a destra): Naël, Julia, Felicia, Nino, Reto, Oliver // Davanti (da sinistra a destra): Aurel, Larolyne, Darina, Tim, Karin
ALPNACH, 1a elementare del signor Zürcher // Dietro (da sinistra a destra): Marvin, Bleraud, Manuel, Manisha // In mezzo (da sinistra a destra): Julia, Moira, Lara, Louri, Fabienne // Davanti (da sinistra a destra): Dominic, Gian, Thomas, Joel, Magdalena, Beritan, Leana
ALPNACH, 1a elementare del signor Pichler // Dietro (da sinistra a destra): Jonas, Kasaka, Sandro, Dylan, Kim, Jannis, Lara, Gian, Jara // Davanti (da sinistra a destra): Celina, Nils, Eliane, Samuel, Elias, Makhdiyabonn
ENGELBERG, 1a elementare della signora F端rling // Dietro (da sinistra a destra): Tiago, Luis, Jasmin, Cara // Davanti (da sinistra a destra): Lisa, Tobias, Alex, Annika
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ENGELBERG, 1a elementare della signora Odermatt // (da sinistra a destra): Anita, Mario, Albert, Lucien, Robert, Valerie
ENGELBERG, 1a elementare della signora N채pflin // Dietro (da sinistra a destra): Ricarda, Luca, Daria, Ivan, Heiri // Davanti (da sinistra a destra): Salome, Ivan
ENGELBERG, 1a elementare della signora L端thold // Dietro (da sinistra a destra): Alessandro, Nao, Ricardo // Davanti (da sinistra a destra): Lena, Muriel, Djordje, Marlene
ENGELBERG, 1a elementare della signora Zgraggen // Dietro (da sinistra a destra): Romina, Boris, Jill, Melanie // Davanti (da sinistra a destra): Mauro, Gian, Silvan
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ENGELBERG, 1a elementare della signora Kaeslin // Dietro (da sinistra a destra): SofianĂŠ, Chiara, Jonas, Alessia // Davanti (da sinistra a destra): Marco, Lorena, Janis
FLĂœELI-RANFT, 1a elementare della signora Ettlin // Dietro (da sinistra a destra): Corina, Dominik, Abinaya // Davanti (da sinistra a destra): Katja, Jonas, Lara
GISWIL, 1a elementare della signora Blättler // Dietro (da sinistra a destra): Svea, Nadine, Noah, Jan, Tina, Res, Milan // In mezzo (da sinistra a destra): Sara, Tamara, Fabienne, Philipp, Rahel, Oliver, Beni, Nayana // Davanti (da sinistra a destra): Saids, Matthias, Jan, Remo, Lena, Marina, Carolin
GISWIL, 1a elementare della signora Borter // Dietro (da sinistra a destra): Yvonne, Soraia, Joy, Patricia, Michèle, Leandra, Tina, Elena, Luli, Daniel, Jonas // Davanti (da sinistra a destra): Tamara, Fabienne, Julia, Xavier, Chanphichai, Alexandre, Philip, Nicolas, Urs
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KĂ„GISWIL, 1a elementare della signora Gisler // Dietro (da sinistra a destra): Manuel, Hannes, Blerina, Jasmin // Davanti (da sinistra a destra): Alin, Durim, Gloria
KĂ„GISWIL, 1a elementare della signora Omlin // Dietro (da sinistra a destra): Kai, Nico, Jean // Davanti (da sinistra a destra): Tamara, Melchior, Dijana
KERNS, 1a elementare della signora Ettlin // Dietro (da sinistra a destra): Eskil, Elianne, Elias, Linus, Theo, Alisha, Alida, Stafanie, Kevin, Pascal // Davanti (da sinistra a destra): Severin, Jonas, Jenis, Tim, Jonas, Darvin
KERNS, 1a elementare della signora K端chler // Dietro (da sinistra a destra): Sereina, Nils, Jonas B., Sven, Fabian, Jolen, Kaja, Jil, Andrea, Kevin // Davanti (da sinistra a destra): Ruben, Lea, Luana, Jonas I., Lia, Elena, Alessia, Jonas Ba.
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KERNS, 1a elementare della signora Lederer // Dietro (da sinistra a destra): Elias, Lars, Arthur, Erdzan, Ilirjana, Florentin, Mia, Marco, Gian // Davanti (da sinistra a destra): Saifulach, Sven, Dinah, Damaris, Flavia, Nadia
KERNS, 1a elementare della signora Kunz // Dietro (da sinistra a destra): Seraina, Jan, Annina, Noah, AndrĂŠ // Davanti (da sinistra a destra): CĂŠleste, Jasmin, Denise, Nadja
LUNGERN, 1a elementare della signora K端chler // Dietro (da sinistra a destra): Marielen, Laura, Dario, Evelin, Samira // Davanti (da sinistra a destra): Lynn, Julia, Laurin, Ramona
LUNGERN, 1a elementare della signora Zimmermann // Dietro (da sinistra a destra): Laura, Adrian, Selina // Davanti (da sinistra a destra): Rahel, Jana, David
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MELCHTAL, 1a elementare della signora Dahinten // (da sinistra a destra): Christian, Andrea, Tamara, Gian-Luca
SACHSELN, 1a elementare della signora Rey // Dietro (da sinistra a destra): Adneta, Sandro, Anlona, Dennis, Dorien, Carmen, Roman, Celina // In mezzo (da sinistra a destra): Nadine, MichĂŠle, Joy, Sina, Alessio, Sophie // Davanti (da sinistra a destra): Katja, Laurin, Marius, Jan, Max, Nina
SACHSELN, 1a elementare della signora Bl채ttler // Dietro (da sinistra a destra): Kiran, Nora, Maria // Davanti (da sinistra a destra): Igor, Katja
SACHSELN, 1a elementare della signora Britschgi // Dietro (da sinistra a destra): Jonas, Rino, Leonie, Joel // Davanti (da sinistra a destra): Lynn, Latoya, Ronja
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SARNEN, 1a elementare della signora Schrackmann // Dietro (da sinistra a destra): Meara, Luca, Deborah, Danilo // Davanti (da sinistra a destra): Elena, Ruben, Julia
SARNEN, 1a elementare della signora Wicki // Dietro (da sinistra a destra): Nael, Anas, Leona, Maria // Davanti (da sinistra a destra): Lina, Jael, Jens, Maurus
SARNEN, 1a elementare della signora Wieland // Dietro (da sinistra a destra): Mona, Philipe, Marco, Nora // Davanti (da sinistra a destra): Eileen, Daniell, Veljko
SARNEN, 1a elementare della signora Progin // Dietro (da sinistra a destra): Philip, Noah, Lino, Yanik // Davanti (da sinistra a destra): Lorena, Sorey, Bettina
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SARNEN, 1a elementare della signora C. Jakober // Dietro (da sinistra a destra): Sabrina, Annamaria, Janina, Ines // Davanti (da sinistra a destra): Leon, Livio, Nico
SARNEN, 1a elementare della signora Odermatt // Dietro (da sinistra a destra): Dejana, Manir, Steven, Nils, Sari // Davanti (da sinistra a destra): Veronika, Ronja, Nicolas
SARNEN, 1a elementare della signora Ragot // Dietro (da sinistra a destra): Kerstin, Barbara, Leony // Davanti (da sinistra a destra): Michael, Adriatik, Patrik
STALDEN, 1a elementare delle signore Luchsinger e Infanger // Dietro (da sinistra a destra): Leonie, Marco, Fabian, Andreas, Severin // Davanti (da sinistra a destra): Stefan, Morena, Fabio, Luca
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WILEN, 1a elementare della signora Bucher // Dietro (da sinistra a destra): Joel, Severin, Annina, Joana, Luciano // Davanti (da sinistra a destra): Belina, Emely, Alessia, Tatjana, Simon, Fionn
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Testo: Barbara Klingbacher, foto: Tom Haller
Io, Marlene Dietrich
Marlene Dietrich ha dovuto aspettare 65 anni prima di poter essere Marlene Dietrich. Una decisione presa nei panni di Jeannette Indlekofer, in pochi minuti.
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I
n una piacevole serata d’estate, Jeannette Indlekofer torna a essere Marlene Dietrich. L’oscurità avvolge le cime dell’Appenzello e il tendone in cui il figlio sta festeggiando il suo matrimonio. Jeannette Indlekofer è fuori, nell’erba umida. Si infila un abito da sera ed è nervosa. Tra poco sarà sotto la luce dei riflettori, tra poco dovrà cantare. Questo è il suo regalo di nozze per gli sposi. Se suo figlio lo sapesse, non sarebbe certo entusiasta. Rovinerà il matrimonio di Stefan, aveva pronosticato un’amica. Ma Jeannette Indlekofer non ha cambiato idea, sarà di nuovo Marlene Dietrich. Per la prima volta da quasi mezzo secolo. In questa sera d’estate, la vita di Marlene Dietrich ricomincia da capo: questa vita che era iniziata oltre sessant’anni fa, alla vigilia della Seconda guerra mondiale.
«Marlene Dietrich?», dicevano quando attraversava il confine, «Scenda per favore, dobbiamo ispezionare le sue gambe». La ragazza, nata nel 1939 a Lahr in Germania, è stata Marlene Dietrich per 19 anni, sebbene all’inizio le circostanze non parlassero a favore: la donna giovane e nubile che portò questa bimba in grembo non si chiamava Dietrich. Aveva desiderato un figlio e a questo proposito aveva perfino cercato un uomo bello e forte. Ma un marito, quello non lo voleva. Un progetto del tutto inaudito per quei tempi. Né la famiglia, né il bel signor Dietrich erano d’accordo. In paese era sulla bocca di tutti. Logorata dai rimproveri, la giovane donna decise di sposarsi e diventare la signora Dietrich. «Avendo fatto trenta, facciamo trentuno» pensò, e decise che, in caso
fosse stata una femmina, l’avrebbe chiamata Marlene. Proprio come la cantante di cui ammirava la caparbietà. Il signor Dietrich però non la pensava allo stesso modo. Non riusciva proprio a sopportare «questa femmina». Con l’inizio della guerra, e fedele alla madre patria, dovette partire militare prima della nascita della figlia. E al suo ritorno, la frittata era già fatta. Sua figlia si chiamava proprio come non doveva chiamarsi: Marlene Dietrich. Nei 19 anni trascorsi da Marlene Dietrich, la ragazza sognava una carriera sotto i riflettori. Voleva diventare una ballerina o una cantante lirica; sapeva muoversi bene e la sua voce melodiosa non passava inosservata nemmeno nel coro della scuola. La ragazza continuò a covare i propri sogni in silenzio e in segreto, perché quando raccontò al padre i suoi progetti, questo le disse di togliersi i grilli dalla testa e che doveva impegnarsi di più nello studio. Quando, dopo l’istituto commerciale, Marlene iniziò a lavorare in Svizzera, non perse soltanto i suoi sogni, ma anche il suo nome. Il suo nuovo capo, un pasticcere nel Canton Argovia, le disse il primo giorno: «Marlene Dietrich? Qui nessuno si può chiamare così. La chiameremo Jeannette!» Aveva 19 anni. Jeannette Dietrich non rimpiangeva il suo nome. Aveva dovuto rispondere a troppe domande, ascoltare troppi commenti ed era stanca anche degli scherzi dei doganieri. «Marlene Dietrich?», dicevano quando attraversava il confine, «Scenda per favore, dobbiamo ispezionare le sue gambe». Questo nome era troppo importante, risvegliava aspettative che Jeannette non poteva più soddisfare già da tempo con i propri sogni. Quando si trasferì nella Svizzera orientale e sposò il suo secondo capo, il proprietario del Caffé Indlekofer, fece cancellare il cognome Dietrich dal passaporto. Marlene Dietrich trascorse la sua vita nei panni di Jeannette Indlekofer per più di quarant’anni. Lavorava alla caffetteria, era famosa per le più belle decorazioni del quartiere, ha allevato due figli e, dopo la morte di suo marito, ha gestito da sola l’azienda familiare. Una vita piena di lavoro. Il canto? Lo aveva abbandonato, insieme al suo nome. E forse non avrebbe più pensato né al canto, né al nome, se non ci fosse stato questo matrimonio. Questa
Il programma non era questo: Jeannette Indlekofer diventa Marlene Dietrich.
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Da sei anni, ogni esibizione inizia allo stesso modo: con ÂŤLili MarlenÂť.
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festa, che l’avrebbe trasformata nuovamente da Jeannette Indlekofer in Marlene Dietrich. La decisione arrivò in pochi minuti. Solo tre settimane prima, il figlio di Jeannette Indlekofer aveva comunicato la data delle nozze. Volutamente, perché sapeva che sua madre avrebbe altrimenti architettato qualcosa per quel giorno. E Jeannette Indlekofer sapeva bene cosa non voleva suo figlio
La sua amica aveva delle riserve, ma procurò comunque un pianista e un abito da sera. Un conoscente aiutò a introdurre di nascosto una pianola e il riflettore nella tenda. al matrimonio: nessun discorso, nessun gioco, nessuna poesia, nessuna foto e nessun aneddoto della propria infanzia raccontato dalla mamma. Doveva essere un matrimonio per esteti, pieno di stile, perché gli sposi erano una coppia conosciuta di fotografi. Alla festa infatti non erano invitati solamente famigliari e amici, ma anche stilisti e redattori di moda da Parigi, Milano e New York. Il figlio avrebbe preferito che la mamma si godesse semplicemente la festa; ma Jeannette Indlekofer voleva dare un contributo, e doveva essere un buon contributo. Ed ecco il ricordo riaffiorare: il suo vecchio nome e la voce che gli apparteneva. Quello stesso giorno Jeannette Indlekofer acquistò il CD con i migliori brani della cantante. Si chiuse in una roulotte appartata e cantò, per la prima volta da decenni. Intonò le canzoni insieme a Marlene Dietrich,
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per tre settimane e senza poter leggere una singola nota. La sua amica aveva delle riserve, ma procurò comunque un pianista e un abito da sera. Un conoscente aiutò a introdurre di nascosto una pianola e il riflettore nella tenda. Il tutto all’insaputa degli sposi. Fino al momento in cui le chiacchiere degli invitati si troncarono improvvisamente. In una piacevole serata d’estate, ecco che sale sul palco una signora sessantacinquenne che non è più Jeannette Indlekofer. Più tardi le racconteranno che su figlio era scattato in piedi, cinereo, e un compagno di calcio aveva sussurrato che sua madre era matta. Ma lei non vede e non sente nulla. Fa un cenno al pianista, prende il microfono e inizia. «Tutte le sere, sotto quel fanal…» cantava, e la sua voce era profonda proprio come la canzone richiedeva «… presso la caserma ti stavo ad aspettar. Anche stasera aspetterò…» La cantante interpreta sei brani e alla fine, la tenda è avvolta in un silenzio di tomba. Alcuni ospiti hanno le lacrime agli occhi. Poi scoppia un fragoroso applauso senza fine, il figlio sale sul palco, abbraccia la madre e continua a ripetere: «Non lo sapevo! Non immaginavo che sapessi cantare.» In questa sera, durante i sei brani, Jeannette Indlekofer è tornata a essere Marlene Dietrich. La Marlene Dietrich che da bambina ha sempre voluto essere. Benché non fosse programmato, la storia non finisce con questa apparizione. Nei sei anni trascorsi da allora, Marlene Dietrich è andata ogni settimana a lezione di canto e ha affinato la sua voce. Si esibisce regolarmente, nei circoli culturali e nei bar degli hotel, e anche se il suo repertorio è più vasto di quello della prima sera, inizia sempre con la stessa canzone: Lili Marlen. Rimpiange di aver ritrovato solo così tardi la sua passione? «Sì, in realtà sì», afferma l'ormai settantunenne. Anche se i tempi e la situazione di allora erano complicati per questo tipo di sogni, avrebbe dovuto almeno provarci. Ma poi aggiunge che comunque è meglio tardi che mai. La vita è lunga abbastanza per avere due identità. Ora la cantante della Svizzera orientale è famosa con entrambi i nomi e, assorta nei propri pensieri, si chiama a volte Jeannette, a volte Marlene. A dire il vero, sempre più spesso Marlene.
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Addio, Svizzera
In un vigneto, all’università o in un campo da calcio, per realizzare un sogno si decide spesso di emigrare, per puntare verso nuovi orizzonti. Via dalla propria patria verso un luogo in cui realizzare i propri sogni.
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Da vicino // 59
Cile Forma di governo: repubblica presidenziale Superficie: 756 096 km2 Montagna più elevata: Cerro Aconcagua (6962 m) Numero di abitanti: 16,8 milioni Reddito medio: 9525 USD/anno Tasso di disoccupazione: 9,7 % Automobili/1000 abitanti: 94 Medici/1000 abitanti: 1,2 Studenti/1000 abitanti: 25 Cellulari/1000 abitanti: 407 Linee ferroviarie: 6585 km
Mauro von Siebenthal, 52 anni, originario di Locarno, aveva un sogno: creare un vigneto e produrre vini selezionati. L’avvocato ha trovato la sua terra promessa in Sud America. «In Cile, a quarant’anni, ho provato a ricominciare... per fortuna.»
A
nche mio nonno è emigrato. Nel 1910 si trasferì in Ticino da Londra e lì conobbe una bella ragazza, mia nonna. Anche io ho detto addio alla Svizzera per seguire una grande passione: il vino. Fin da ragazzo sognavo di fare il viticoltore. Fino all’età di 40 anni ho pensato a come poter realizzare questo sogno. Non avendo un podere di mia proprietà e volendo piantare un mio vigneto, capii presto che non avrei potuto imbarcarmi in questa avventura in Europa. Alla fine del 1997 andai a trovare un mio amico artista in Cile. Lui mi mostrò delle foto della Valle di Aconcagua. Capii subito che questo era il pezzo di terra che avevo cercato. Questa
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scelta non è stata un’imposizione per me, sapevo che dovevo agire con coerenza se volevo realizzare il mio sogno. Acquistai i primi dieci ettari, completamente inselvatichiti, all’inizio del 1998. A quei tempi non parlavo una parola di spagnolo. Molti mi dissero: «Sei impazzito!» Ma io diedi ascolto al mio intuito. A Panquehue, dove abito ora, il clima è asciutto, arriva un vento fresco dall’Oceano Pacifico e c’è il sole 350 giorni l’anno – condizioni ideali per la viticoltura. Tuttavia non avevo nessuna garanzia di successo. È quindi una soddisfazione ancora più grande essere annoverati tra i produttori sudamericani di vini selezionati. La sfida più grande, all’inizio, è stato formare
un team che funzionasse e lavorasse in armonia. Dopo dodici anni, il 90 per cento dei miei dipendenti è ancora con me, e questa è la soddisfazione più grande. Abbiamo piantato 100 000 vitigni e abbiamo costruito una cantina e una casa. Non sono arrivato in Cile con idee preconcette, al contrario: mi sono lasciato sorprendere. Sono rimasto colpito soprattutto dalla bellezza della natura e dal dinamismo economico. In Svizzera mi interessavo di arte e di cultura. Qui adoro viaggiare per ore in una strada in mezzo a un bosco e non incontrare anima viva. Questi grandi spazi e questa calma non si trovano più in Europa. Mi sono trasferito definitivamente qui solo un anno fa. Prima ho continuato a lavorare saltuariamente come avvocato in Ticino. In Cile ho ricominciato una nuova vita a quarant’anni, per fortuna. Non mi manca il passato, ma non vorrei rinunciarci.
Tobias Hagmann, 35 anni, di Zurigo, sa da molto tempo che prima o poi leverà le tende e lascerà la Svizzera. Ora la scelta è ricaduta sugli USA, dove è cresciuta sua moglie. «La condizione, però, è che troviamo entrambi lavoro.»
Stati Uniti d’America Forma di governo: repubblica presidenziale federale Superficie: 9 629 091 km2 Montagna più elevata: Mount McKinley (6194 m) Numero di abitanti: 307,2 milioni Reddito medio: 46 442 USD/anno Tasso di disoccupazione: 9,6 % Automobili/1000 abitanti: 477 Medici/1000 abitanti: 2,8 Studenti/1000 abitanti: 51 Cellulari/1000 abitanti: 542 Linee ferroviarie: 228 464 km
P
oco tempo fa mi sono accorto con stupore di abitare a Zurigo già da dieci anni. Non ero mai rimasto così a lungo in un posto. Ma adesso qui abbiamo le giornate contate e io corro dalla mattina alla sera per organizzare le cose: dichiarazione fiscale, cassa malatti, trasporti cargo. Io e mia moglie siamo sempre stati convinti che prima o poi saremmo andati a vivere all’estero. L’unico dubbio era: dove andare e qual era il momento giusto. La scelta ora è caduta sugli USA, perché mia moglie è cresciuta lì. La cosa più importante per noi è iniziare un progetto comune. Io per ora sono nella migliore situazione iniziale, perché essendo laureato in scienze politiche ho ottenuto una borsa di studio di due anni e mezzo. All’inizio lavorerò per sei
mesi in un «Think Tank» a Washington DC nel settore della politica internazionale. Poi passerò per due anni alla Berkeley University di San Francisco. Qui mi concentrerò sul confronto tra i conflitti regionali in due città dell’Africa orientale. L’ambiente accademico negli USA è molto più competitivo che in Svizzera, ma le persone sono comunque molto disponibili ed educate. Sono contento di questo nuovo ambiente accademico. La condizione, però, è che troviamo entrambi lavoro. Se nel giro di un anno questo non dovesse accadere, considereremo l’ipotesi di tornare in Svizzera. Tra i posti in cui vivere valuteremmo Basilea o Ginevra. Mi piace anche l’idea di vivere da qualche parte in Olanda o in Scandinavia. L’ambiente accademico
lì è bellissimo e l’Europa settentrionale è molto accogliente per le famiglie. Non mi ha mai entusiasmato viaggiare per il mondo. All’estero mi interessa molto di più il confronto con la popolazione. Durante la mia ricerca sul campo, in Africa orientale, mi sono reso conto che attraverso il rapporto con la diversità ho imparato molto di più su di me e sulla mia cultura. Visitando un nuovo luogo si aprono nuovi orizzonti e spesso si scoprono nuovi lati di se stessi. Mi mancherà la tanto elogiata organizzazione svizzera, le montagne... e le FFS. Quando, in una bella giornata domenicale, viaggio in un treno svizzero e guardo fuori dal finestrino, ciò che vedo e vivo è la mia immagine romantica della Svizzera.
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Italia Forma di governo: repubblica parlamentare Superficie: 301 336 km2 Montagna più elevata: Monte Bianco (4807 m) Numero di abitanti: 60,4 milioni Reddito medio: 35 435 USD/anno Tasso di disoccupazione: 8,8 % Automobili/1000 abitanti: 575 Medici/1000 abitanti: 4,2 Studenti/1000 abitanti: 33 Cellulari/1000 abitanti: 963 Linee ferroviarie: 19 507 km
Capo Verde, Sion, Manchester, Saint-Etienne, Verona: per il calcio, il giocatore della nazionale Gelson Fernandes, 23 anni, si sposta ovunque sia richiesta la sua presenza in campo. Non teme le novità. «Finora sono sempre stato benissimo nei luoghi in cui ho vissuto».
P
er un calciatore i trasferimenti non sono nulla di speciale. Lasciare la Svizzera non è stato comunque un passo difficile, perché in passato ho lasciato il Canton Vallese per andare in Inghilterra. E ovviamente sono stato anche un po’ orgoglioso che il Manchester City abbia pagato al mio club, l’FC Sion, la seconda somma più alta mai pagata in Svizzera. Io so che la mia vita è il calcio, la mia patria è il campo. Mi serve, però, sempre un po’ di tempo per ambientarmi in una nuova città e in un nuovo club. Apprezzo comunque il fatto di potermi immergere in mondi diversi e di conoscere altre persone e culture. Gli
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orizzonti si allargano e io vivo esperienze importanti per la mia vita. Non ho paura di ciò che è nuovo, anche se in ogni luogo vi sono vantaggi e svantaggi. Per principio cerco di ignorare i lati negativi e di concentrarmi su quelli positivi. È per questo che non esiste un luogo di cui potrei dire: non ci metterò mai piede. Forse dipende dal fatto che mi sono sempre trovato bene in qualsiasi posto in cui sono vissuto. A Capo Verde, dove sono nato, a Sion, dove vivono i miei genitori e dove mio padre taglia ancora l’erba dello stadio, poi a Manchester, fino a poco tempo fa a Saint-Etienne e ora a Verona. Dell’Africa amo il carattere delle persone, la loro
forza. Della Svizzera la perfetta organizzazione e la serietà. Di Manchester mi ha colpito la passione per il calcio e l’atmosfera cosmopolita. Della Francia l’apertura mentale delle persone; a Saint-Etienne le persone sono molto gentili. Il paesaggio del sud della Francia è meraviglioso e mancherà un po’ anche a mia moglie e alla mia bambina. Verona la devo ancora scoprire, per fortuna parlo l’italiano, questo rende tutto più semplice. Ovviamente mi manca la Svizzera quando sono all’estero, per questo torno spesso a visitarla, almeno una volta al mese. Ho una casa nel Vallese – qui mi sento a casa. Torno anche una volta all’anno alle Isole di Capo Verde, le mie radici africane sono molto importanti per me. Arriverà senz’alto il giorno in cui metterò in piedi qualcosa lì. Qualcosa che possa aiutare la gente. Sono legato anche all’Inghilterra, dove vive la famiglia di mia moglie.
Il futuro è già iniziato: SWISSLIFE è disponibile anche come App per iPad e iPhone e come e-magazine all’indirizzo www.swisslife.ch/rivista
Kuchler // 63
È consigliabile cuocere a fuoco lento la lombata di capriolo? No, altrimenti si perde la caratteristica migliore: la crosta. La carne deve poter riposare per essere servita tenera come il burro e presentare un colore rosa uniforme. Quindi, spegnere il forno e lasciarlo aperto per cinque minuti per far riposare la carne.
Christian Kuchler sulla ricerca del gusto autentico
La ricetta
Illustrazione: Sylvia Geel
Di recente ho mangiato l’agnello presso un cuoco rinomato. La carne è stata servita con gelatina di frutti della passione e burro alla lavanda. Tutte queste essenze esotiche hanno completamente coperto il sapore della carne. A mio avviso è stato un peccato.
Condire la lombata di capriolo con pepe e bacche di ginepro tritati. Rosolare brevemente a fuoco vivo in olio di oliva. Aggiungere burro, uno spicchio d’aglio, un rametto di rosmarino e uno di timo. Bagnare la carne. Poi cuocerla a fuoco lento per 2-3 minuti nel forno a 220 gradi e dopo 3 minuti lasciarla cuocere nel sughetto. Per finire, cospargerla di fiore di sale. Ingredienti: 1 lombata di capriolo, fiore di sale, pepe e bacche di ginepro (tritati), rosmarino, timo, 1 spicchio d’aglio, 50 g di burro, 2 cucchiai di olio d’oliva.
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Io sono un purista: se mi concedo il lusso dei prodotti migliori e più puri, voglio anche assaporare il loro vero sapore. Per questo motivo utilizzo pochissime spezie. E solo ingredienti dell’ambiente naturale dell’animale. Con la lombata di capriolo quindi rosmarino, timo e bacche di ginepro. Perché la lombata di capriolo possa sprigionare il suo vero sapore nel palato è necessario bagnarla. Dopo aver rosolato la carne, togliere la padella dal fuoco, inclinarla, tenere la carne nella parte superiore della padella e bagnarla continuamente con il succo che si è creato. Christian Kuchler della trattoria Schupfen a Diessenhofen TG è la nuova scoperta della guida Gault Millau per il 2010.
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10 x 2 carte giornaliere. I dettagli a pagina 10 di UPDATE.
www.giornatedisoletta.ch
Reeto von Gunten // 65
Ci sono esperienze che si preferirebbe evitare durante le vacanze, come i borseggiatori e i pomeriggi bloccati negli ingorghi. Così come è meglio non fare la conoscenza dei ricci di mare. Tranne quando questi si mostrano ridotti al corpo interno, il fragile scheletro di calcare. Infatti, privi di aculei e appendici, rivelano quella forma di bellezza perfetta che solo la natura sa creare. Con attenzione e un po’ di fortuna, non è difficile trovarli. Abbondano come la sabbia del mare, per così dire. Solo che la maggior parte è già rotta. Sbriciolati dal continuo attrito della sabbia, deformati, spezzati dall’urto con gli scogli o segnati dal vento e dal tempo. Trovare lo scheletro intatto di un riccio di mare può richiedere molto tempo ed è quindi una magnifica attività per le vacanze. Personalmente, la ricerca mi è costata un pomeriggio sotto il sole cocente e un’altra spiacevole esperienza: per diverse notti, la scottatura non mi ha fatto dormire tranquillo. Ma ne è valsa la pena: il trofeo è stato un bellissimo riccio di mare ancora intatto che ho regalato a mia moglie. Anche perché dovevo farmi perdonare il fatto di averla lasciata sola un intero pomeriggio a occuparsi dei bambini allora ancora piccoli. Ricordo che in quel periodo passavano il tempo cadendo dalle scale e mangiando la sabbia. Riporre quel corpo così fragile sicuro nella valigia è stato un piccolo capolavoro e il fatto che abbia resistito al viaggio è un vero miracolo. Una volta disimballato con cura, il gioiello si è meritato un posto d’onore in casa. Come si è dimostrato poco più tardi, però, la scelta non è stata molto felice. L’oggetto bianco e splendente è stato scoperto subito dagli occhi curiosi
SWISSLIFE Autunno 2010
di mio figlio, sempre alla ricerca di qualcosa di nuovo, finendo presto nelle sue manine scoordinate. Sento ancora l’eco dell’impatto. Ore spese alla ricerca della perfezione, la dolorosa scottatura, lo sforzo per portare a casa un souvenir unico, tutto questo si è frantumato con un rumore cupo sul parquet. Da allora al riccio manca una cosiddetta piastra interambulacrale, una di quelle file dove una volta erano radicate le articolazioni degli aculei. La perfezione è distrutta, con quella fenditura che assomiglia a un ghigno beffardo. Ci sarebbe di che disperarsi, se non fosse che il danno è stato provocato da mio figlio. Istintivamente ai propri figli si perdona tutto più rapidamente di quanto non si possa immaginare. Ora il nostro riccio di mare ci piace quasi più di prima. Proprio il suo difetto, quel vuoto un po’ ridicolo, ci ricorda che a volte la vera perfezione sta nell’imperfezione. Dopo le successive vacanze al mare, si è aggiunto un altro piccolo riccio. Grazioso com’è, è rimasto perfetto e intatto, i bambini questa volta hanno fatto la loro parte. Così i due reperti adesso fanno mostra di sé su un davanzale e quando spolveriamo ci raccontano della mutevolezza di un ricordo. E della bellezza nel corso delle cose. Reeto von Gunten scrive per SWISSLIFE sugli oggetti con una storia particolare. Il conduttore radiofonico (DRS3), autore e narratore è affascinato dalle piccole grandi cose della vita.
Foto: Hotel Kempinski St.Moritz, Swiss-Image, Grand Hotel Zermatterhof, Tourismus Zermatt
Concorso // 67
Vincete un soggiorno a 5 stelle a Zermatt o a St.Moritz Prendete un paese di contadini dimenticato da Dio, un autentico visionario e una tragica sciagura: ecco fatta una meta turistica di altissimo livello. Ma quale? All’inizio arrivarono gli inglesi che hanno sempre avuto la stoffa dei conquistatori. Dopo essersi spinti fin nel cuore dell’Africa, a metà del XIX secolo si misero in testa di scoprire la Svizzera e finirono in capo al mondo: in un oscuro villaggio in una valle altrettanto oscura. L’unica pensione del posto aveva sei letti, come nelle fiabe, ed era gestita così male da un medico che perfino i consumati britannici non riuscivano più a farsi passare la rabbia per il pessimo rapporto qualità/ prezzo a forza di bicchieri di whisky.
Di quale delle due mete turistiche svizzere di altissimo livello si parla nell’articolo? Rispondete su www.swisslife.ch/rivistaconcorso oppure inviateci la cartolinarisposta preaffrancata contenuta nell’inserto UPDATE. Potete vincere 2 giorni per 2 persone con colazione e cena a lume di candela nell’hotel a 5 stelle di vostra scelta: il «Kempinski» di St.Moritz o il «Zermatterhof» di Zermatt. Il termine per par tecipare è il 31 dicembre 2010. Il nome della vincitrice o del vincitore sarà pubblicato sul prossimo numero di SWISSLIFE.
SWISSLIFE Autunno 2010
Fu infine un saponaio e candelaio a rendere più professionale l’attività con gli agiati ospiti del Regno Unito e ad avviare un vero e proprio boom alberghiero dietro i sette monti. Come «riscaldamento», comprò la pensioncina dell’ospitale dottore e già poco dopo puntò al top: costruì su un’alpe poco distante l’albergo più in quota d’Europa. L’affermazione definitiva l’albergatore dalle grandi doti e dalla scarsa istruzione la dovette più a una catastrofe, che trasformò da un giorno all’altro il sonnacchioso borgo in una meta turistica di livello mondiale, che al suo fiuto per i clienti. La meta turistica famosa in tutto il mondo che è ancora oggi.
68 // Fuoriprogramma
Steff la Cheffe
Im Momänt ke Job. Im Momänt ke Schul. Im Momänt ke Fründ. Im Momänt uf Tour. Im Momänt nume Musig. Im Momänt nume Moves. Es muess aus us mir use. Das isch aus woni bruch. «Nell’autunno del 2008, quando avevo appena iniziato i miei studi in animazione socioculturale, mi ha telefonato l’arpista Andreas Vollenweider per invitarmi a partecipare a un progetto. Aveva sentito dire che a Berna viveva una beatboxer. Il beatboxing è una tecnica rap in cui si imitano i suoni delle percussioni con la bocca, il naso e la faringe. Mi ha chiesto se volevo accompagnarlo come sezione ritmica nella sua tournée. Abbiamo iniziato a provare, abbiamo fatto i primi concerti. E ho capito che non riesco a mettere d’accordo scuola e musica. Così mi sono decisa a interrompere gli studi. Nell’autunno del 2009 siamo andati in tournée, tra l’altro anche in Germania, dove abbiamo suonato quasi ogni sera in una città diversa, per tre settimane. Abbiamo dormito nel pulmino, abbiamo mangiato nel pulmino, eravamo parecchio in viaggio. Mi sentivo incredibilmente libera. Mettere da parte gli studi, licenziarsi dal lavoro part time al
Foto: Ellen Mathys
«Un’hip hop babe così tosta» chiosco, nessun problema di soldi, fare soltanto musica, come ospite, senza grosse responsabilità: un sogno. Allora mentre ero seduta sul pulmino e guardavo il panorama sfrecciarmi davanti, ho ascoltato il materiale per il mio primo album. C’erano anche un paio di beat chill out che si adattavano perfettamente alla mia sensazione di volo, di decollo. Ho iniziato quindi a scrivere quasi automaticamente. Così è nata questa canzone che tratta con tranquillità di temi a me cari: indipendenza, autonomia, libertà. Una parte di libertà me la prendo anche sul palco. La libertà di giocare con la figura artistica di Steff la Cheffe, di portarla agli estremi e anche di ironizzare sulla cultura rap machista. Mi godo questo ruolo, anche se ci sono uomini che prendono Steff la Cheffe per oro colato e quasi non osano rivolgermi la parola. Forse credono che io sia veramente una ragazza hip hop così tosta. Quali saranno le mie prossime mosse? Entro dicembre devo decidere se riprendere gli studi, mi abbuonerebbero il primo anno. D’altro canto il mio primo CD ha venduto molto bene e da questo autunno sono in giro per la mia prima tournée da solista. Ma puntare tutto sulla carta del rap in dialetto svizzero tedesco? È sensato? Non lo so. Questo probabilmente mi accompagnerà per tutta la vita: sempre questa lotta tra la testa e la pancia!» In «Fuoriprogramma» SWISSLIFE ritrae musicisti svizzeri che descrivono come è nata una canzone. Steff la Cheffe è la rapper bernese di 23 anni che si sta imponendo sulla scena hip hop, da sempre dominata dagli uomini. Il suo album di debutto «Bittersüessi Pille» è tra i CD svizzeri più venduti del 2010. Dopo «Annabelle», da settembre su iTunes è disponibile il secondo singolo «Im Momänt».
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Dietro questa copertina si nasconde qualcosa che vi aiuterà a prendere delle buone decisioni. Decisioni in materia di denaro, sicurezza e futuro. Per voi come privati o come imprenditori. UPDATE è il supplemento a questa rivista che vi presenta interessanti servizi e prodotti di Swiss Life e che vi offre anche utili consigli e informazioni. Ad esempio, come assicurare ai propri figli un futuro roseo? Come sfruttare ogni mese i frutti dei propri investimenti? E come raggiungere la totale libertà già prima dei 65 anni? Divertitevi a imparare cose nuove.
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