Rivista SWISSLIFE // Negozi

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SWISSLIFE 5째 anno // Numero 1 // CHF 6.50

Primavera 2014 // Negozi


Chupa Chups, Coci-Fröschli, Tiki-Würfel e 5er-Mocken riportano la memoria a quando dopo la scuola ci fermavamo al chiosco o dal fornaio a comprare dolci. Decidere cosa scegliere era difficile: cinquant’anni fa la felicità costava 5 centesimi – circa quattro volte meno di oggi. Spesso poi le caramelle si appiccicavano meravigliosamente ai denti.


Editoriale // 3

Buongiorno Mi ricordo quasi con malinconia dei tempi in cui invece di andare a «fare shopping» andavamo ancora a «fare compere». I nostri genitori erano ancora membri della generazione del consumo regionale: andavano dal fornaio, in latteria, dal macellaio (nei giorni speciali c’era perfino una salsiccia). Compravano i loro beni di consumo quotidiano nel negozietto dietro l’angolo. Oggi nei grandi templi dello shopping delle città e degli agglo­ merati urbani troviamo tutto sotto lo stesso tetto. Tuttavia, è interessante osservare questo fenomeno: in questi grandi spazi commerciali le attività creano sempre più spesso delle nicchie, quasi che siano negozietti all’interno del centro commerciale. Il piccolo si ritrova anche nel grande – perché per noi è in qualche modo preferibile, più familiare, più personale. Questo avviene in molti ambiti, anche in tempi di grande diffusione degli acquisti online. Così questa edizione, oltre a un viaggio attraverso la Svizzera, vi propone anche un viaggio pieno di scoperte. I negozietti esistono ancora, ma si sono adeguati allo spirito dei tempi, hanno trovato il loro posto nei moderni comportamenti di acquisto facendo letteralmente un affare. I nipoti dei proprietari del «negozio sotto casa» continuano a praticare la loro maggiore virtù: un incessante impegno nei confronti dei loro clienti. Gentili, disponibili, servizievoli – anche questa è la Svizzera. Vi auguro una buona lettura.

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Ivo Furrer, CEO di Swiss Life Svizzera: «La nostra latteria si trovava in posizione ideale sulla strada per arrivare a scuola. Durante le compere con la mamma il sabato pomeriggio noi bambini pensavamo continuamente a come avremmo potuto investire la nostra paghetta la settimana dopo: in quali caramelle da cinque e da dieci centesimi.»


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Swiss Photo Selection:

Salsicciai della nazione

Cosa sarebbe una sagra, uno zaino per un’escursione o una gita scolastica senza salsicce. Il fotografo Helmut Wachter ha ritratto in Svizzera persone a cui la salsiccia sta davvero a cuore: i macellai che ci mettono anche l’anima per produrre le loro specialità. 18 Due facce della medaglia:

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Super negozio vs. supermarket

Storia di copertina:

I nuovi commercianti di negozi

Sempre diversa, ma sempre con due estremità Ogni regione ha la sua salsiccia. A Cavergno, nella Valle Maggia (TI), è la salsiccia di capra «Cicitt» che il mastro macellaio Stefano Femminis produce come una volta, con molto grasso di capra. Alcuni trovano il suo profumo un po’ troppo pungente.

guidano la controtendenza alla moria di negozi: grazie a buone idee, affascinanti specialità e spirito innovativo, i nuovi proprie­ tari di negozietti attraggono un pubblico che ha di nuovo voglia di genuinità, di prodotti regionali e di un’atmosfera cordiale.

32 Mix di numeri:

Il carrello della spesa nel 1960 – e oggi

35 Negozio di paese a Braunwald:

Il futuro comincia qui.

Responsabile del progetto: Swiss Life Public Relations, Martin Läderach Commissione redazionale: Ivo Furrer, René Aebischer, Thomas Bahc, Monika Behr, Elke Guhl, Christian Pfister, Hans-Jakob Stahel, Paul Weibel Responsabile della redazione UPDATE: Dajan Roman Indirizzo della redazione: Rivista SWISSLIFE, Public Relations, General-Guisan-Quai 40, 8022 Zurigo, rivista@swisslife.ch Coordinamento del progetto: Mediaform|Christoph Grenacher, Ittenthal/Zurigo Ideazione e progettazione: Festland Werbeagentur, San Gallo/Zurigo Traduzione: Swiss Life Language Services Stampa e spedizione: Heer Druck AG, Sulgen; stampato su carta FSC Inserzioni: Mediaform|Christoph Grenacher, Hauptstrasse 3, 5083 Ittenthal, mediaform@mediaform.ch Cambiamenti d’indirizzo/Ordinazioni: Rivista SWISSLIFE, General-Guisan-Quai 40, 8022 Zurigo, magazin@swisslife.ch Tiratura: 100 000 Pubblicazione: 3 volte l’anno; primavera, estate, autunno. Avviso legale: le informazioni relative a servizi e prodotti contenute nella presente pubblicazione non costituiscono un’offerta in termini giuridici. Non viene tenuta alcuna corrispondenza in merito a concorsi. Sono escluse le vie legali. ISSN 1664-5588

Direttamente dal campo alla tavola Che si tratti del negozio alimentare specializzato o della vendita diretta in fattoria: le persone sono disposte ad accettare spostamenti sempre più lunghi per avere la certezza di acquistare verdura, come insalata, asparagi o patate, cresciuta naturalmente nei campi locali.


Sommario // 5

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A Swiss Life:

Thomas Stiefel

Ne è convinto: i centri commerciali devono cambiare radical­ mente per avere successo – e il futuro appartiene ai negozietti. Thomas Stiefel ha osservato bene i consumatori – e con i risultati che ne ha tratto ha realizzato progetti pionieristici. 57 I piaceri della tavola: 59 Beni Frenkel: Tutte le esigenze quotidiane in unico spazio Thomas Stiefel, gerente di «Retailpartners AG», progetta e realizza insieme ai suoi designer e architetti aree vendita e clienti per l’industria, l’economia e il commercio, soprattutto centri commerciali.

60

Filetto di capriolo con strudel di porro

Il super negozio

Vincete uno dei cinque iPad Air Apple in palio Concorso:

Vic Eugster del «Trio Eugster» sulla vecchia canzone «Dörfs es bitzli meh si»

62 Fuoriprogramma:

Allegato:

UPDATE

Leggete come mai il primo cliente di Swiss Life Business Direct non può più fare a meno della rapida soluzione online, perché con One100 si raggiungono più rapidamente i propri obiettivi di risparmio e quale assicurazione permette di guardare con maggiore fiducia alla terza età. Innovativo, creativo e molto conservatore David Schärer di Rod Kommunikation a Zurigo punta tutto sull’innovazione. Per la previdenza professionale, invece, le cose stanno diversamente: in questo campo la società pubblicitaria ha scelto l’assicurazione completa, una soluzione tanto collaudata quanto sicura.

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6 // Protagonisti

Pagina 22 // «Storia di copertina» Lukas Egli

Pagina 57 // «I piaceri della tavola» Sylvia Geel

È stato un viaggio attraverso tutta la Svizzera, dall’Engadina passando per Bienne, fino a Zimmerwald: il giornalista Lukas Egli, che ha scritto, tra l’altro, per la rivista Brandeins, per la Sonntags­Zeitung o la NZZ e oggi lavora alla Weltwoche, si è messo alla ricerca dei discendenti dei nego­ zietti sotto casa per SWISSLIFE. Le sue conclusioni dopo questo reportage: Il negozietto è vivo – nessuna traccia di tramonto.

Spesso la grafica e pittrice Sylvia Geel, che illustra le ricette dei cuochi di Gault&Millau, «lascia cuocere a fuoco lento» un argomento per un certo periodo di tempo, lo porta in giro con sé. Talvolta le viene un’idea per un disegno durante il sonno e al risveglio improvvisamente eccola lì, talvolta si fa ispirare dalla sua ricerca. Poi si siede e conferisce tratti umani – e un incomparabile fascino – a un elemen­ to della ricetta.

Pagina 48 // «A Swiss Life» Tom Haller

Da quando esiste SWISSLIFE, anche Tom Haller è della partita: il foto­ grafo zurighese mette in scena le persone descritte nel ritratto «A Swiss Life». Haller sa fare quello che riesce a pochissimi fotografi: raffigurare i protagonisti in modo sorprendente­ mente naturale. Questo dipende anche dal modo in cui il fotografo si prepara agli scatti: si reca all’appun­ tamento per le foto soltanto quando ha letto il ritratto e non ha più domande senza risposta.

Pagina 35 // «Negozio di paese a Braunwald» Annerös Gisler e Peter Illien

Una coppia vive per il suo negozio di paese a circa 1300 metri sul livello del mare. A Braunwald, il paese dove la circolazione delle auto non è per­ messa, Annerös Gisler e Peter Illien riforniscono gli abitanti del posto e i turisti di alimentari, articoli per la casa, carne – sì, perfino di medicinali. SWISSLIFE ha fotografato con una fotocamera istantanea i clienti dei gestori del negozio. Per fortuna gli scatti risalgono a fine novembre e non durante le feste: in quel periodo circa 450 clienti frequentano il negozio ogni giorno. Dato che dentro non c’è posto per tutti, devono aspettare il proprio turno in fila davanti al negozietto – con pazienza.

Pagina 62 // «Fuoriprogramma» Vic Eugster

La voce è inconfondibile, il suo umo­ rismo onnipresente: quando Vic Eugster ha raccontato degli splendidi tempi del Trio Eugster, ha rivelato anche quanto sono stati importanti il padre, appassionato di musica, e la madre per la successiva carriera milionaria dei fratelli cantanti di Dübendorf (ZH). Per tutta la vita i genitori hanno ricordato ai figli di rimanere con i piedi per terra e di non pensare di essere «meglio degli altri» per il loro successo.


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Assolutamente salsiccia! «Vuoi ancora una rondella di salsiccia?» In Svizzera i bambini crescono con questa promessa nelle orecchie. Spesso è l’inizio di un grande amore. Cervelat sul falò o un prodotto raffinato da buongustai: la Svizzera è un vero e proprio paradiso delle salsicce, con oltre 400 qualità. Il fotografo Helmut Wachter nel 2007 ha ritratto i salsicciai e le loro specialità.

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SWISSLIFE presenta in «Swiss Photo Selection» lavori di fotografi svizzeri, inviati allo «Swiss Photo Award – ewz.selection», il premio più importante della Svizzera nel settore della fotografia. www.ewzselection.ch


Swiss Photo Selection // 9

Mastro macellaio Beat Eggs (macelleria Eggs di Reckingen, Canton Vallese). La barbabietola cotta conferisce a questa salsiccia montanara del Vallese il suo aspetto carnoso.

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Mastro macellaio Bernard Berger (Charcuterie Berger di Payerne, Canton Vaud). Le suoe carnose ÂŤboutefasÂť restano appese per una settimana intera nell'affumicatoio.


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Macellaio di paese Ueli Fuhrer (macelleria Fuhrer di Twann, Canton Berna). Il segreto che si cela dietro la preparazione delle sue salsicce di maiale affumicate non lo svela.

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Mastro macellaio Ferdinand Muheim (macelleria Muheim di Andermatt, Canton Uri). La sua salsiccia casalinga di Uri è fatta per un terzo di carne di mucca, per un terzo di carne di maiale e per un terzo di carne di cervo o di capra.


Negoziante Abdellah Belaatar (Boucherie de la Gare di Losanna, Canton Vaud). La sua specialità è la salsiccia maghrebina «Merguez», che esce fresca ogni giorno dal suo retrobottega.

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Mastro macellaio Pietro Peduzzi (Mazlaria Peduzzi di Savognino, Canton Grigioni). La sua genuina salsiz dei Grigioni deve maturare ed essiccare lentamente all’aria fresca di montagna.


Swiss Photo Selection // 15

Mastri macellai Emil Gröbli e Bruno Gröbli (Gröbli Gebrüder di Dietfurt, Canton San Gallo). Così come queste salsicce all’aglio orsino, i fratelli Gröbli hanno portato a perfezione altri 30 tipi di salsicce.

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Metzgermeister Mastro macellaio Bernard Hans-Rudolf Berger (Charcuterie Jakob (macelleria Berger inJakob Payerne, di Uttigen, Kanton Canton Waadt).Berna). SeineLeüppigen sue salsicce «Boutefas» di fegato hängen e sanguinacci für eine gute vengono Woche create in der seguendo Räucherkammer. le tradizioni dei padri.


Swiss Photo Selection // 17

«L’idea dell’incarico che mi attendeva non mi entusiasmava, anzi lo vedo con freddezza.»

Il fotografo Helmut Wachter, dopo aver studiato architettura a Karlsruhe e aver lavorato diversi anni come architetto freelance, nel 2001 è passato alla fotografia, di cui si occupava già da tempo da autodidatta. Dal 2003 lavora a Zurigo come fotografo freelance. Helmut Wachter si è specializzato in ritratti e reportage per riviste come GEO, Merian, Der Spiegel e Das Magazin. È membro fondatore dell’agenzia fotografica 13 Photo AG.

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La genesi delle immagini è del tutto prosaica. Non ne sentivo il bisogno, figuriamoci se potessi provare passione per gli insaccati e la macelleria in generale. Ho semplicemente ricevuto l’incarico di fornire le immagini per un libro, un lavoro che inizial­ mente ho svolto con un certo scetticismo. Da un lato sono stato sorpreso, ma allo stesso tempo sono state confermate le mie aspettative istintive. In ogni macelleria ci sono le stesse piastrelle bianche e anche gli affumicatoi si assomigliano tutti. D’altro canto, però, le perso­ ne sono diverse come la varietà di insaccati, solo più affascinanti. La sfida era elaborare visiva­ mente ed esteticamente la diversità in un am­ biente sempre uguale, rendendo giustizia alle persone.

Il ritratto di «Stiller Has» si concentra completamente sulla persona di «Endo Anaconda». Il cantante in un ambiente mutevole – dietro le quinte, sul palcoscenico, durante le prove, prima, durante e dopo il concerto. Qui è sempre tutto in movimento, succede sempre qualcosa. Bisogna essere sempre pronti a cogliere l’attimo giusto. Diversamente da quanto accade con i macellai, qui non c’è tempo per la contemplazione. Entrambi i lavori, però, sono affascinanti. www.wachter-fotografie.com


Testo: Yvonne Eckert, foto: Kilian Kessler

Super-negozio

Urs Jeger gestisce il negozio di generi coloniali Kerzenjeger a Soletta. www.kerzenjeger.ch

«La nostra attività è sempre stata in mano agli uomini. Mio nonno ha acquistato il negozio da un parente, era il 1918; vendeva farina, zucchero, lucido per pavimenti… tutto ciò che serviva. Quando mio padre prese le redini del negozio, si specializzò nei tappeti. Si diceva appunto: «Ig goh zum Tapetejeger.» (Vado da «Tapetejeger», gioco di parole for­ mate da «Tapete», carta da parati, e «Jeger», omofono di «Jäger», cacciatore, ossia il cacciatore della carta da parati.) Poiché anche le candele entrarono a far parte dell’assorti­ mento, il negozio cambiò nome, e da 30 anni la gente viene da me, dal «Cherzejeger» (il cacciatore di candele). Per me il negozio c’è sempre stato. Già da giovane davo una mano,

imballavo carta da parati e consegnavo alimentari. La mia filosofia: meglio restare piccoli e fare le cose per bene. Per questo sono sempre alla ricerca di nicchie, sperimento molti prodotti per trovare cosa potrebbe andare bene per il nego­ zio. Naturalmente esiste la concorrenza: Fine Food, Sélec­ tion, i fornitori su Internet. Ma un paio di clic al computer non possono sostituire la visita al negozio. Alcuni dicono che da me c’è un profumo tutto particolare di caffè macinato e di cera d’api. La mia clientela è molto varia, molti sono clienti fissi. Vengono da tutta la Svizzera per acquistare da me i loro amati calisson, un vino particolare o candele spe­ ciali. Sono circondato da cose belle cose tutta la giornata: «È un piacere lavorare in questa atmosfera».


Due facce della medaglia // 19

Testo: Yvonne Eckert, foto: Daniel Winkler

Supermarket

Herbert Bolliger è il capo di Migros, il maggiore dettagliante della Svizzera. www.migros.ch

«Qualcuno ha scritto una volta che la M aran­ cione sta per mamma. Con oltre 500 negozi e oltre un milione di metri quadri di superficie di vendita, Migros è effettivamente importante e ha un’enorme responsabilità già nei confronti dei suoi oltre 87 000 collaboratrici e col­ laboratori e degli innumerevoli fornitori. Questa posizione di forza ci obbliga ovunque e costantemente a promuo­ vere un commercio sostenibile – dal punto di vista sociale, ecologico ed economico. Inoltre, facciamo alla generazione M, alla generazione di domani, promesse impegnative. Il nostro primo compito è quello di offrire prodotti e servizi convenienti. Desideriamo anche sorprendere le nostre

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clienti e i nostri clienti. A tal fine c’è bisogno di novità e di negozi che ispirino. Vogliamo anche crescere e siamo per la concorrenza. Perché la Migros può fare moltissimo, ma non tutto. Perciò la dove c’è Migros, c’è anche spazio per altri. Là dove lavoro, nella Limmatplatz di Zurigo, vive anche il mondo dei negozi più piccoli: accanto al nostro MM c’è un commerciante turco che ha della verdura mera­ vigliosa, un italiano con gustose specialità pugliesi, un fornaio con altre qualità di pane rispetto a quelle che of­ friamo noi. Essi sono un ideale completamento di Migros. E tutti insieme facciamo della Limmatplatz un fantastico paradiso degli acquisti.»


Luca can rest assured he’s got the best shoes. T H E S H O E P E O P LE

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Laurent Houriet (a destra) e Jürg Steiner davanti al loro negozio «Welschland» al centro di Zurigo.


Storia di copertina // 23

Testo: Lukas Egli, foto: Tobias Siebrecht

Torno subito

Forse è vero che i negozi solidali muoiono a frotte. Tuttavia con charme e competenza anche un negozietto ha qualche chance di vivere un grande futuro. I nipoti e le nipoti dei proprietari dei negozi sotto casa, tuttavia, sono straordinariamente creativi: un viaggio nella Svizzera dei negozietti. El

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Spargelhof Rafz Rüdlingerstrasse 51 8197 Rafz 044 869 38 00 juckerfarm.ch

Iniziamo il nostro viaggio di scoperta dalla Ankerstrasse di Zurigo. Qui Lau­ rent Houriet e Jürg Steiner otto anni fa hanno aperto il «Welschland», un ne­ gozio per gli svizzeri romandi che hanno nostalgia di casa. Un locale dal grande fascino, arredato con mobili usati che sembrano provenire dal bro­ cante. Nell’area metropolitana di Zurigo si è diffusa presto la voce che esisteva un nuovo indirizzo a cui rivolgersi per la fonduta, i saucisson, ecc. Che l’ex impiegato commerciale Houriet e il grafico Steiner aprissero un negozio di alimentari non era prevedi­ bile. La circostanza è più dovuta al caso. E il caso è un leitmotiv che si ri­ trova in molti nuovi proprietari di pic­ coli negozi. Come cliente si potrebbe anche dire: un caso fortuito. Laurent Houriet doveva cambiare professione dopo essersi rovinato la schiena come tassista. Nelle sue vicinan­ ze, nell’emergente quartiere 4 si stava li­ berando un negozio. Houriet e Steiner erano fermamente decisi a rilevarlo. Ora avevano un negozietto – restava da decidere: cosa farci? Il loro piano era quello di rilevare una piccola fabbrica di giocattoli di Norimberga che produ­ ceva piccole macchine fotografiche di plastica che permettevano di guardare una serie di diapositive dal mirino. L’af­ fare sembrava fatto, la banca era avvi­ sata, il business plan scritto. Tuttavia durante le loro scorribande per il Giura – erano alla ricerca di locali di lavoro convenienti – nacque una nuova idea.

L’idea del «Welschland», un negozio con i prodotti più pregiati della Svizzera romanda. Prodotti simpatici di piccole aziende a conduzione familiare. Pro­ dotti autentici. Non prodotti alla moda. Laurent Houriet si entusiasma quando racconta dei suoi giri di acqui­ sti che intraprende ogni giovedì. Dei teneri flûte che ha appena scoperto da un fornaio nella zona di Friburgo. Dell’aperitivo nella fattoria in cui va

son, un’eccellente moitié­moitié. Che proprio la fonduta sarebbe diventata la loro campionessa di vendite i due non l’avevano sospettato. Ma in realtà è lo­ gico: la fonduta si mangia in compa­ gnia, con gli amici e i parenti. Nessun altro prodotto si adatta meglio al pas­ saparola. «Abbiamo arredato il nostro nego­ zio semplicemente secondo il nostro gusto», racconta Steiner, che continua

Laurent Houriet, Welschland, Zurigo

«Non potremmo semplicemente aprire una seconda o terza filiale. I nostri fornitori non possono fornire il doppio o il triplo.» a prendere il formaggio d’alpeggio. Della delicata salsiccia al cumino delle Franches­Montagnes. Della piccola av­ ventura quando la neve mette sottoso­ pra il suo giro. Entra subito in azione, si siede al posto del passeggero anteriore, percorre curve per valli e montagne, parla con i produttori. E si innamora della Svizzera romanda, dei suoi paesaggi, dei suoi prodotti. È questo che Laurent Houriet e Jürg Steiner vendono in realtà a Zurigo: un pezzo della patria romanda. Inoltre, hanno uno dei migliori Vacherin, un paio dei migliori saucis­

a lavorare anche come grafico. È pro­ prio questo il fascino del «Welschland»: la semplicità, la schiettezza, l’onestà. Per Jürg Steiner il negozio è molto più di un luogo dove vendere merci. «Qui ci si incontra, si scambiano opinioni. Un negozietto è un pezzo di cultura di paese nel bel mezzo della città», dice. Ed è questo il cuore dell’odierno nego­ zietto, il cui DNA si differenzia in modo fondamentale dal negozio sotto casa di una volta. Una volta il negozietto era generali­ sta. Si appoggiava a un forno e a una macelleria nel centro di un quartiere o


Walter Pfister, titolare della Juckerfarm Rafz, porta i suoi prodotti direttamente dal campo al negozio.


Ludwig Hatecke, macellaio di Scuol, mette in scena l’arte della riduzione con la carne.


Storia di copertina // 27

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di un paese e offriva, oltre a prodotti da forno e carne, tutto ciò che la cucina della classe media poteva desiderare: dal latte al burro passando per la con­ fettura, dai detersivi e dal lucido da scarpe fino alle tinte per i capelli e alla

della sostenibilità, dodici sigilli di qualità: da «bio suisse» passando per «Naturaplan» fino a «Pro Specie Rara». L’etichetta «Proviene dal nostro giardino», tuttavia, non possono uti­ lizzarla. Qui sta l’opportunità del ne­

con crauti e patate). Oppure semplice­ mente per comprare le meravigliose pa­ tate di Rafzerfeld, che profumano di terra. Le patate del campo qui accanto sono diventate un vero lusso in tempi di fissazione per le marche.

Un macellaio come un gioielliere Ludwig Hatecke, Scuol

«La mia filosofia è dare ai miei clienti sempre un po’ di più di quanto si aspettano.»

soda caustica – il droghiere aveva tutto. Per le banane una volta alla settimana passava il furgone Migros. Con la fulminea crescita dei due grossisti Coop e Migros, alla fine degli anni ’80 iniziò la scomparsa dei nego­ zietti. Dapprima ha colto i generalisti, in seguito le macellerie, le panetterie, i caseifici. Dal 2000 in Svizzera un quar­ to dei negozi di paese è scomparso. La fine di questa tendenza non si scorge all’orizzonte. Anche i negozi di prodotti biologici altamente specializzati che hanno ten­ tato di crearsi una nicchia hanno avuto difficoltà a contrastare lo strapotere dei giganti che sempre più spesso co­ prono anche il segmento bio. Coop e Migros non badano a spese per ridurre l’estraniamento tra produttore e con­ sumatore. Lo fanno con le etichette: Coop utilizza, soltanto nel settore

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gozietto d’oggi. Esso offre qualcosa che il grossista non potrà mai offrire e che curiosamente il negozio sotto casa non ha mai voluto veramente offrire: la vici­ nanza.

Il meglio dal campo qui accanto Per esempio la Jucker Farm con i suoi punti vendita che offrono prodotti provenienti dalle fattorie, che si trova­ no a Seegräben (ZH), Jona (SG) e a Rafz (ZH). Qui arriva in pellegrinaggio il buongustaio legato ai sapori regionali in primavera, quando inizia la stagione degli asparagi; qui trova la riottosa pianta che cresce davanti alla porta di casa, ma che al supermercato proviene sempre dal Perù, dal Messico o nel mi­ gliore dei casi dalla regione di Baden. Si reca qui per rifornirsi in inverno di car­ ne di suini allevati all’aperto per uno «Schlachtplatte» (piatto di insaccati

Uno dei primi ad aver capito che occor­ re distinguersi radicalmente come ne­ gozietto è il macellaio Ludwig Hatecke di Scuol (GR). «Io vivo la carne», affer­ ma il 58enne. Hatecke è un tipo disin­ volto e aitante. Indossa jeans e scarpe da ginnastica, la camicia la tiene fuori dai pantaloni. In paese lo conoscono tutti, gli danno del tu. Ma nel lavoro è rigoroso come nessun altro. Ludwig Hatecke allestisce i suoi tre negozi di Scuol (GR), Zernez (GR) e St. Moritz (GR) come un gioielliere. Il locali sono arredati in modo sobrio ed essenziale. Chi varca la porta scorge esattamente due cose: la carne nella ve­ trina ben illuminata – e il macellaio. «La carne è l’alimento più nobile», sostiene Hatecke, «per questo deve es­ sere trattata con il massimo rispetto.» Il rispetto per lui inizia dalla macella­ zione degli animali e dalla lavorazione della carne – e non termina con la pre­ sentazione e il confezionamento. I suoi macellai prendono in mano un pezzo di manzo esattamente 70 volte prima di farne la carne secca dei Grigioni più tenera. «Questa lavorazione manuale deve essere visibile al cliente», dice Hatecke. Chi utilizza le confezioni dell’unione dei macellai ha già perso.


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Quando caffè e vestiti sconcertano i funzionari Coltivare il particolare, l’insperato, lo strambo – chi ne ha abbastanza della carota standardizzata, del turismo del­ lo shopping e delle lotte per gli sconti,

tira un sospiro di sollievo quando en­ tra nell’«Edu’s Coffee & Clothes» nella città vecchia di Bienne. Moda senza tempo statunitense ed europea, borse, articoli in pelle, lampade, scarpe, car­ toline e al centro un bancone per il caffè – un «mix gigantesco», come lo descrive Yvan Ghazarian. Qui Ghazarian, insieme al suo ami­ co d’infanzia Marc Fuhrer, dà libero sfogo alla sua passione per i buoni pro­ dotti e per il buon caffè: occhiali da

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Hatecke impacchetta la carne fresca in carta nera pregiata, la carne secca la decora su taglieri di legno, schiaccia le salsicce creando forme triangolari. Hatecke gestisce una specie di prêt­à­ porter per il côte de boeuf, la carne sec­ ca e il Salsiz. Chi acquista da Hatecke si porta a casa un gioiello. La predilezione per il minimalismo l’ha ereditata dal nonno. Quest’ultimo gestiva una macelleria a Ramosch, nei pressi di Scuol. Erano i tempi prima dell’avvento del turismo di massa, mol­ to prima che il benessere raggiungesse le zone di montagna. La vetrina del nonno di Hatecke era piccola e, di soli­ to, quasi vuota. Non si macellava anco­ ra a cottimo; c’era quello che c’era. La spartana vetrina di Hatecke rispecchia la realtà storica della regione alpina: si lavora soltanto ciò che serve veramen­ te. Per tutto il resto non c’è il tempo. Né il denaro. Il successo gli dà ragione: la carne secca di Hatecke e gli affettati vanno a ruba nei negozi di specialità gastrono­ miche dell’Unterland, la sua carne fre­ sca è molto richiesta nella gastronomia di punta, la gente del posto e i turisti amano i suoi negozi – proprio perché si distinguono così nettamente dai soliti negozi.

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negozietto che nella loro fantasia era cre­ sciuto fino a diventare un’idea concreta. Caffè e abbigliamento: «Ci è voluto un po’ di tempo prima che la nostra clientela comprendesse la nostra idea», dice Ghazarian. Anche la polizia del commercio non riusciva a comprende­ re bene l’abbinamento. Il reparto ga­ stronomico doveva essere separato dal reparto vendite con un muro: questo intimavano i funzionari ai giovani ge­ stori del negozio – ma proprio quello

Yvan Ghazarian, Edu’s Coffee & Clothes, Bienne

«Può darsi che i nostri migliori pezzi non si vendano, mentre altri vadano a ruba – non lo si può mai» sole in legno americani Shwood, borse fatte a mano di Monsieur Mishiba dal­ la Normandia, grembiuli da cucina Stanley & Sonys da Brooklyn e così via. Gli amanti delle marche provenienti da tutta la Svizzera frequentano il con­ cept store nella città vecchia di Bienne. Ghazarian ha lavorato undici anni nel settore degli articoli sportivi sognan­ do di abbinare la vendita a un caffè. Un giorno i tempi sono maturati e ha messo mano al suo progetto con Marc Fuhrer. Hanno svuotato case, sono andati dai negozi di oggetti di seconda mano e da­ gli antiquari per raccogliere mobili per il

era il punto. Nel frattempo i clienti si sono arrischiati ad addentrarsi sempre più all’interno del negozio e anche la polizia ha accettato il concetto. Inoltre si è sparsa la voce che qui si vendono persino i mobili. Yvan Ghaza­ rian aveva visto questo a Stoccolma in un bar in cui un cliente che stava sedu­ to proprio accanto a lui era uscito dal locale con lo sgabello. «Che idea cool!», aveva pensato. Nel frattempo la vendi­ ta di mobili è diventata il loro terzo ramo di attività. Così è il nuovo negozio: poco con­ venzionale, poco ortodosso e sempre


Yvan Ghazarian (a destra) condivide con Marc Fuhrer la passione per le stranezze e le particolaritĂ .


Stefanie Aeschlimann vende solo abiti per bambini salubri e prodotti in modo equo.


Storia di copertina // 31 Schulhaus strasse

Im Réduit Bernstrasse 14 3086 Zimmerwald 079 434 23 60 imreduit.ch

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diverso. E a volte il più bell’angolo di paradiso dello shopping svizzero. Cer­ to, il negozietto praticamente non compare nelle statistiche, i fatturati sono troppo ridotti rispetto a quelli dei leader del mercato. Ma nella fisiono­ mia delle città e dei paesi sta diventan­ do sempre più visibile. E occupa le nic­ chie più piccole.

Sostenibilità ed equità in modo moderno Zimmerwald sul Längenberg, quindici minuti in autopostale da Berna. Un paese rurale, appena 1000 abitanti, tutt’intorno prati e boschi, affacciato sulle Alpi. Qui Stefanie Aeschlimann a novembre ha aperto «im Réduit», un negozietto di abbigliamento per bam­ bini, di oggetti di cartoleria, cosmetici e vino. Tutto da produzione biologica e dal commercio equo e solidale. Soste­ nibile, equo e di classe: è questo il suo credo. All’inizio del 2013 la 41enne esper­ ta di comunicazione e madre di due fi­ gli ha lasciato il proprio posto presso l’amministrazione cantonale di Berna e si è guardata attorno alla ricerca di una nuova attività. Quando la sua vicina le ha raccontato dall’altra parte della re­ cinzione del giardino che i locali dell’ex panetteria sulla Hauptstrasse si sareb­ bero liberati, non ci ha pensato su. Come madre si è spesso irritata per­ ché fa fatica a trovare vestiti per bambi­ ni che siano prodotti veramente in modo equo e solidale e nel rispetto dell’ambiente, e che siano anche belli.

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«Anche in certi negozi di commercio equo­solidale oggi si vendono articoli contenenti plastica che non sono certi­ ficati con chiarezza», dice Stefanie Ae­ schlimann». Già trovare borse per la spesa cor­ rettamente certificate è una sfida. Per

prime esperienze sono assolutamente positive: la gente del paese è contenta che nell’ex panetteria ci sia di nuovo un via vai di gente, gli amici e i suoi vicini di Berna e dintorni apprezzano il suo variopinto assortimento. Manca sol­ tanto un gruppo target: «I clienti per i

Stefanie Aeschlimann, Im Réduit, Zimmerwald

«A Berna non mi sarei mai potuta permettere questo negozio. Il rischio sarebbe stato troppo alto.» non parlare degli articoli da vendere. Poco alla volta ne scopre alcuni: i vesti­ ti per bambini li trova in Svezia e in Belgio; gli articoli di cartoleria li com­ pra in Europa e da un progetto equo e solidale indiano; «tutta merce riciclata o materie prime naturali certificate»; candele di olio di palma di piccoli colti­ vatori colombiani – Stefanie Aeschli­ mann è orgogliosa del suo assortimen­ to. Presto intende offrire anche vestiti da donna. Ha avverato il suo sogno di avere un negozietto? «No», dice. È nato dall’esi­ genza di poter vestire i suoi bambini con abbigliamento «sano». Con la sua iniziativa consente di farlo anche ad al­ tri genitori. Si dà tempo un anno, a sé e al suo negozietto. «È un tentativo», dice. Le

quali il biologico e il commercio equo e solidale sono così importanti che sono disposti a fare un viaggio più lungo per venire fin qui devo ancora raggiun­ gerli», confida Stefanie Aeschlimann.

Tobias Siebrecht si sposta tra Zurigo e San Gallo. Il fotografo mostra il mondo e le persone, in viaggio e nello studio. Che si tratti di modelli, autorità o personaggi, Siebrecht fotografa momenti d’emozione.


Cooosì convenienti! Oppure no? I tempi cambiano e i prezzi con loro: per il nostro carrello della spesa oggi sborsiamo più del doppio rispetto al 1960. Ma attenti: non sono solo i prezzi ad essere aumentati, anche il nostro potere d’acquisto è maggiore. Perciò oggi dobbiamo lavorare circa 4 minuti per un litro di latte, nel 1960 i minuti erano circa 10.

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Allora e oggi: Franck Aroma fr. 2.00

Ovomaltine fr. 9.30 pane fr. 3.30 1l di latte fr. 1.85 patatine fr. 2.20 1kg di zucchero fr. 2.45


Mix di numeri // 33

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ravioli Hero fr. 3.10 crema per la pelle Nivea fr. 5.25 detergente per stoviglie Handy fr. 1.80 pasta fr. 4.40 6 uova fr. 4.90 senape Thomy fr. 1.70


Jörg Steiner e Peter Bichsel nel libro «Tra atelier e strada: ritratti d’artista» di Werner Gadliger.

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Arte – Cultura – Fotografia Venite a visitare il nostro bookshop: benteli.ch

© Werner Gadliger 2002


Negozio di paese, Braunwald // 35

Foto: Ursula Steiner

Il futuro comincia qui. Stanno nel negozio di paese ogni giorno – pronti per i 300 abitanti di Braunwald e i moltissimi turisti che visitano il paradiso chiuso alle auto del Canton Glarona. Per Annerös Gisler e Peter Illien il negozio non è solo un luogo di lavoro, ma anche luogo di incontro. Un sabato Ursula Steiner ha fotografato con una fotocamera istantanea i clienti per i quali il negozio di paese di Braunwald e i suoi proprietari sono un pezzo di casa propria.

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Tesoro, tra Detesto poco sarò a dedicarmi alle casa non mi mie scartoffie aspetta più ci pensa nessuno. Swiss Life. Un’impresa deve affrontare numerose sfide. Siamo lieti di offrirvi il nostro supporto. La previdenza presso Swiss Life offre di più: massima flessibilità e Sono tante della divita. sicurezza con lale piùsvolte ampia gamma soluzioni di previdenza. Metteteci alla prova in un colloquio di consulenza personale. La nostra previdenza si adegua. www.swisslife.ch/imprese Swiss Life offre soluzioni su misura per ogni fase della vita. Che stiate pensando di formare una famiglia, fondare un’impresa o affrontare la questione della previdenza: la nostra consulenza vale oro. www.swisslife.ch



A Swiss Life // 49

Testo: Christoph Grenacher, foto: Tom Haller

Guardare. Ascoltare. Comprare. Ecco una storia che racconta dove faremo la spesa domani. E cosa c’entra tutto questo con i computer – e con l’assoluta intenzione di capire i consumatori. Thomas Stiefel lancia dall’Oberland zurighese il rinascimento del negozietto – nel centro commerciale.

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N

o, la vita non ha una tabella di marcia affidabile. Altrimenti Thomas Stiefel oggi sarebbe un consu­ lente aziendale. Oppure un insegnante di tennis. Oppure un banchiere. Ma per fortuna la vita non è un orario ferroviario. Bensì un’esperienza in cui è possibile crescere. Un viaggio alla scoperta delle proprie esclusive capacità. E una rivelazione che significa: si può imparare molto dall’avventu­ ra della vita. Thomas Stiefel non era uno studente modello. Suo pa­ dre, insegnante di professione, nel 1966 fondò il Lernstudio, una delle prime scuole private della Svizzera. Qui si postula­ va «una cultura dell’apprendimento orientata al rendimen­ to», ma anche la «promozione dello sviluppo di giovani per­ sonalità sicure di sé, attive e critiche». Il figliolo prese piuttosto alla lettera l’aggettivo «critico»: «Ero uno difficile: capelli lunghi, jeans sdruciti, catene, tutto l’armamentario». Ma in qualche modo il ribelle ereditò an­ che una manciata di saggezza. Aveva occhi per vedere la cre­ scita di suo padre nel ruolo di imprenditore. E aveva orec­ chie e sentiva le parole di apprezzamento per il suo genitore. Da qui nacque la convinzione: bisogna partire da piccoli per pensare in grande. E diventare indipendenti il prima possibile. La vita là fuori non è una quarantena e di sicuro non esiste garanzia che la copra. «Fare il figlio di papà», rias­ sume Stiefel oggi, «non faceva per me: non sarei riuscito a combinare nulla vicino a mio padre.» Allora via, fuori di là. Dopo la maturità studia a San Gallo, conduce sondaggi come secondo lavoro – aveva a che fare, ricorda Stiefel, «con la vendita, con la verifica delle esigenze, con quello che desi­ dera l’interlocutore.» Durante gli studi scopre il computer, è affascinato dalle nuove tecnologie e lavora come docente a tempo parziale presso la Wirtschaftsinformatikschule: «Stare davanti alla classe vuol dire presentare, fare da mediatore, è un tipo di attività dirigenziale.» Infine non ha più voglia soltanto di parlare di computer e inizia a vendere prodotti importati dagli Stati Uniti a colleghi, amici e conoscenti. Durante gli studi frequenta la scuola reclute per grana­ tieri e la scuola ufficiali, continua a studiare oltre a svolgere un tirocinio presso una banca e un periodo di prova come consulente aziendale. Quindi, appena compiuti i 27 anni, conclude gli studi; si laurea all’università, ottenendo il titolo di lic. oec. HSG: «A livello di istruzione, avevo ottenuto tutto ciò che mi ero prefissato e dovevo decidere: Cosa fare ora?» Un quarto di secolo dopo siede nella propria azienda a Wetzikon (ZH), guarda dritto negli occhi il suo interlocuto­ re. È vivace, loquace e in gran forma. Il 53enne abita in una casa con vista sul lago e ha un bel gruzzolo da parte. Sono i migliori presupposti per godersi la vita. Stiefel procede con metodo. Per due anni frequenta un corso presso l’Università

di Zurigo, ascolta, prende appunti, impara dalle spiegazioni alla facoltà di scienze economiche e conclude il 2013 con una tesi per un master sullo studio sul futuro dei centri commerciali svizzeri. Tutto questo accade nel suo lavoro se­ condario, ben inteso, perché nonostante il bel gruzzolo e la splendida casa, nella sua principale attività Stiefel è ancora pieno di energie: dirige «Retailpartners AG» e con 20 dipen­ denti circa realizza un fatturato che si aggira sui 15 milioni. Come esattamente? Stiefel: «In qualità di designer e architetti progettiamo, disegniamo e realizziamo superfici di vendita e aree per i clienti per l’industria, l’economia e il commercio.» Il figlio di un insegnante ha un innato senso per gli affari. Inoltre, que­

La vita ha in serbo ancora un paio di compiti per lui: dopo i negozietti e il mondo dei marchi, lo attende la «Champions League»: il mondo dei templi del consumo. sto l’ha imparato da suo padre, ma anche a scuola, bisogna guardare e ascoltare prima di attraversare la strada. Occorre tenere sempre gli occhi aperti, cogliere le occasioni al volo ed essere nel luogo giusto al momento giusto. Caran d’Ache si è avvalsa dei suoi servizi, oltre a Caviar House, Tiffany & Co., Nespresso, Victorinox, Mammut, McDonalds, Swisscom, Transa, Companys, Starbucks, Sunrise, e anche Kuoni. Se uno allestisce questi marchi in modo attraente e cre­ ando valore, se uno sa quale negozietto funziona, perché e come – e per quale motivo un determinato negozio non gua­ dagna mai –, allora potrebbe rilassarsi. La vita è il risultato delle scelte fatte. E non viceversa. Ma la vita, si dice Stiefel, ha ancora un paio di compiti in serbo per lui. Lo attende anco­ ra, dopo i negozietti e i mondi dei marchi, «la Champions League» – il mondo dei templi del consumo: Glattzentrum, Centre Balexert, Emmen Center, Shopping Arena, Länder­ park, Stücki, Westside, Shoppi&Tivoli, Centro Lugano Sud. Nel frattempo in Svizzera esistono oltre 170 centri com­ merciali che coprono una superficie di oltre 5000 metri qua­ dri. Noi consumatori vi spendiamo un quinto dei nostri franchi. Ma questo modello commerciale si sta sbriciolando


Thomas Stiefel nel Sihlcity di Zurigo: ÂŤI centri commerciali devono trasformarsi da negozi poco accoglienti a luoghi emozionanti.Âť SWISSLIFE Primavera 2014


I centri commerciali devono diventare luoghi con una drammaturgia complessiva, una rappresentazione della vita reale, afferma Thomas Stiefel.


A Swiss Life // 53

come le facciate dei colossi di cemento; i ricavi stanno dimi­ nuendo. Il motivo principale è costituito dalla comodità dello shopping su Internet. «Commercio a distanza» è la parola magica del commercio. Ordinare da casa. Pratico, diciamo noi. Pratico? Stiefel ha approfondito questo aspetto – in realtà: noi consumatori, questa la sua prima conclusione, siamo sem­ pre più vecchi. La popolazione degli ultra 60enni nel 2050 sarà più numerosa di quella degli under 15. I «silver shop­ per» arrivano proprio al momento giusto: avremo più tem­ po. E più soldi da spendere. La domanda è semplice: Dove? Stiefel ne è convinto: anche nei centri commerciali! È qui che secondo lui si trovano i negozietti del futuro. I luoghi di acquisto, finora piuttosto poco accoglienti, dovreb­ bero diventare coscienti dei propri legami locali, trasformarsi in un luogo di esperienze; piazze del mercato coperte per così

Il segmento dei «silver shopper» si allarga sempre più: avremo più tempo e più soldi da spendere. La domanda è semplice: Dove? dire, che ci permettano di soddisfare le nostre esigenze quoti­ diane nelle immediate vicinanze e oltre alla nostra residenza e al nostro luogo di lavoro avanzino di grado diventando il «third place», il terzo luogo: fare la spesa, servizi, gastrono­ mia, intrattenimento – non più un sistema isolato dal mondo esterno, bensì un luogo con una drammaturgia complessiva. Il centro commerciale come riproduzione della vita reale, come palcoscenico con mutevoli messe in scena: ginnastica mattutina? corsi di lingue? cucina per i bambini? prove del coro? pedicure? riunione dell’associazione? speed flirting? chat room reali? serate al bowling? ambulatorio medico? palcoscenico musicale? palestre di paintball? centro fitness? cinema multiplex? macelleria? piccolo teatro? cenetta a lume di candela? messa mattutina? concept store? Nulla è impossibile, ritiene Stiefel: il centro commerciale offrirà in futuro innovazione sociale e diventerà il punto di incontro di desideri e di esigenze, di richieste e di attese. Desideri? Esigenze? Richieste? Attese? Ci ricordano qualcosa: Stiefel che conduce sondaggi di marketing, che insegna agli alunni. «Decisivo per la partita», lo definisce oggi – proprio perché sa di cosa sta parlando.

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Quando esce dall’università, a 27 anni, un conoscente gli dice: «Nella tua vita hai già fatto così tanto di quello che ri­ tenevi fosse necessario. Adesso fai per una volta qualcosa che hai voglia di fare.» Chiede a suo padre un prestito di 50 000 franchi e va negli Stati Uniti con Guy Thouin, suo amico di gioventù. Là acquistano computer portatili, li spediscono in Svizzera e nel 1987 aprono il primo «Portable Shop» nella Militärstrasse di Zurigo, dove Stiefel vende notebook in uno spazio di appena 10 metri quadri. Presto aprono il secondo negozio a Zurigo, undici anni dopo i negozi sono dieci – e fatturano 80 milioni. Troppo grande per morire, ma anche troppo piccolo per l’eternità. Il duo vende la catena a Jelmoli, entrambi restano nell’amministrazione; il grande magazzi­ no si pone nuovi obiettivi: 70 filiali, 300 milioni di fatturato, 400 collaboratori. A un certo punto entrambi perdono la passione. Si ritirano, e Stiefel si mette in proprio assieme a una manciata di collaboratori che lo avevano aiutato ad aprire i «Portable Shop». Di nuovo da capo. Cominciare di nuovo da zero. «Guar­ dare, ascoltare, agire». Non passa molto tempo prima che la nuova azienda arrivi ai massimi livelli. Le cose vanno bene, allora Stiefel frequenta l’università e fa il suo master – e trova nell’uniforme mondo dei centri commerciali elvetici la sua nuova sfida. Stiefel pensa che la nostra generazione conosca da tempo le abitudini del mondo della mobilità – e che abbia voglia di un ambiente in cui siano presenti il caldo familiare­locale, il rapido necessario­servizievole e l’affascinante vario­sociale in uno spazio gestibile. In poche parole: i negozi non fungo­ no più unicamente da punti vendita. Stanno diventando spazi di esperienza, showroom, sale giochi in cui possiamo sfruttare ancora più intensamente i nostri smartphone e ta­ blet. Alla caccia all’affare si abbina il nostro naturale impulso al gioco, e il mondo online trova il proprio spazio naturale anche nel mondo reale. Stiefel lo chiama multichanneling: la fusione del negozio «reale» e dell’offerta online «virtuale». Nel 2020, calcolano gli esperti, i consumatori effettueranno ancora circa il 40 % degli acquisti nei normali negozi, mentre un altro 40 % in esercizi commerciali collegati intelligen­ temente offline e online. Solo il 20 % di tutti gli acquisti sarà effettuato solo online. L’80 % dei consumatori, sostiene Stiefel, si sposteranno, quindi, anche in futuro. Dove andranno? Là dove c’è quanto più possibile nello spazio più ristretto: da fare, da provare, da conoscere. Guar­ dare. Ascoltare. Comprare. www.retailpartners.ch


Stockhorn, Oberland Bernese

Sulle nostre cime ci arrivano anche i cittadini. Grazie a 670 impianti di risalita.

Fresca aria alpina, ristoranti panoramici e alte vie con spettacolari punti belvedere: puoi raggiungere tutto comodamente a bordo delle nostre funivie, cremagliere e seggiovie. MySwitzerland.com/estate



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I piaceri della tavola // 57

Escursioni libere per il palato

Illustrazioni: Sylvia Geel

Gli opposti si attraggono: mentre il filetto di capriolo e lo strudel di porro vanno di pari passo, il palato va in delirio tra sorprese dolci-salate. Christophe Pacheco sulla sua cucina di formazione

Filetto di capriolo con semi di acacia tostati, strudel di porro, patate fondenti alla marmellata di mele cotogne e confetti di cacao salati Tagliare la carne a pezzetti, condire con pepe, semi di acacia e fagioli tonka grattati e marinare per un’ora con olio d’oliva, aglio e timo. Salare leggermente i pezzetti di carne, rosolare, aggiungere un po’ di burro chiarificato, voltarli, finire di cuocerli, metterli in caldo // Per la salsa ridurre di un terzo l’aceto, aggiungere scalogno e brodo di selvaggina, ridurre di un altro terzo. Aggiungere burro chiarificato, condire, filtrare, mettere in caldo a bagnomaria. // Strudel di porro: Lavare il bianco del porro, tagliare a dadini sottili, rosolare brevemente nel burro, aggiungere brodo di gallina, aggiungere polenta, lasciare cuocere a fuoco lento per 10 minuti, aggiungere panna, lasciar cuocere a fuoco lento ancora un po’, assaggiare, lasciare raffreddare, quindi spalmare su fogli di pasta brik, arrotolarli a forma di spirale e cuocere per 10 minuti a 180 gradi su una teglia da forno. Tagliare le patate fondenti a pezzettini pronti da mangiare, rosolare brevemente con burro, timo e aglio, aggiungere brodo di gallina, cuocere, plasmare la massa in blocchetti, infornare per 20 minuti a 160 gradi, farcire con marmellata di mele cotogne. // Confetti di cacao: Arrostire le mandorle in forno a 150 gradi per 15 minuti, far fondere il cioccolato a bagnomaria, immer­ gere i pezzi di mandorla nella massa fusa, far asciugare, salare con un pizzico di fleur de sel, posare su carta pergamena. Mettere nei piatti tutto e guarnire con un po’ di salsa e di marmellata di mele cotogne.

Vorrei sensibilizzare i nostri studenti della scuola alberghiera ai buoni pro­ dotti, permettere loro di gettare uno sguardo su ciò che avviene in una cuci­ na, sul lavoro manuale e sulla gestione di una squadra di cuochi. I futuri ge­ stori di hotel devono imparare a capire cosa fa di una cucina una buona cu­ cina, quali sono le esigenze di una squadra di cuochi. Quando gli studen­ ti lavorano qui da noi in cucina, pos­ siamo star loro alle costole, sia duran­ te la preparazione, sia durante la cottura. Lavoriamo a stretto contatto, si vede subito se qualcuno ha capito oppure no. Il nostro sapere, la nostra esperienza, la nostra passione in que­ sto campo è un tesoro che trasmettia­ mo agli studenti. I nostri clienti si meritano il massimo, la migliore qua­ lità possibile. Un pasto squisito poggia sempre sulla tradizione. Mi piace quando il cliente riconosce quello che ha nel piatto. Pertanto, sono a favore di una cucina autentica con prodotti stagionali e locali di eccellenza.

Ingredienti per 8 persone. Carne: 1 kg di filetto di capriolo, 40 g di semi di acacia tostati, 5 g di caffè tostato, 1 fagiolo tonka grattato, 1 pizzico di pepe selvatico, 4 spicchi d’aglio, timo, olio d’oliva. Salsa: ¼ l di brodo di selvaggina, 10 cl di aceto balsamico, 40 g di burro chiarificato, 100 g di scalogno. Strudel di porro: 300 g di porro, 50 g di polenta, 1 dl di brodo di gallina, 8 fogli di pasta brik, 1 dl di panna, 50 g di burro. Patate fondenti: 8 patate Charlotte, 5 dl di brodo di gallina, 100 g di burro, timo, 2 spicchi d’aglio, 200 g di marmellata di mele cotogne e zenzero. Confetti al cacao: 50 g di mandorle intere, 200 g di cioccolato, fleur de sel.

Christophe Pacheco è capocuoco nel ristorante «Berceau des Sens» dell’istituto alberghiero di Losanna (VD). Per le sue arti culinarie il francese è stato premiato con 15 punti da Gault-Millau e nel 2014 è stato dichiarato «scoperta dell’anno» nella Svizzera romanda.

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Illustrazioni: Sarah von Blumenthal

Beni Frenkel // 59

A Wollishofen c’è questo negozietto. Grande forse 20 o 30 metri quadri. Credo si chiami «Süper-Laden». Resta aperto fino alle 10 di sera. Non solo per questo, ma anche per la sua adorabile commessa, il «Süper-Laden» è un super-nome nel quartiere. Talvolta al suo capo vengono idee curiose. Una volta è entra­ to in possesso di dieci biciclette da donna. Sono rimaste ac­ canto alla cassa per circa un anno. Ha avuto più successo con un carico di calcolatrici. Chiedeva 19.95 franchi per un modello. Ne è riuscito a vendere quattro in sei mesi. Quindi ha tentato di vendere le altre 1000 a un franco l’una. A un certo punto le calcolatrici sono finite sul marciapiede. L’ultima idea commerciale che ha avuto è stata una macchina self­service di film porno. Il grosso distributore si trovava vicino al latte e alle uova. Spesso scuotevo la testa pensando alla decadenza morale di Wollishofen. Per dare un segnale mi giravo ostentatamente dall’altra parte rispetto alla macchina. A casa raccontavo a mia moglie quello che avevo visto. La prendevo tra le braccia e la baciavo. «Ti amo, tesoro mio», le sussurravo all’orecchio. Mia moglie. O meglio: la mia anima gemella. Ora sono già dieci anni che sono sposato con la mia dolce metà. Dieci anni – dieci anni armoniosi e felici. Da allora ogni anno è l’anno di matrimonio più bello! La gente mi chiede come facciamo noi due a vivere così felici e innamorati sulla nostra piccola nuvola. Penso che dipenda tutto dal donare al pro­ prio partner tutte le attenzioni più sincere e dal considerarlo la propria anima gemella. La mattina, quando mia moglie e io ci svegliamo contemporaneamente(!), ci guardiamo negli occhi e ci sussurriamo: «Buon giorno, tesoro mio. Ti auguro una meravigliosa giornata armoniosa!» Allora ridacchiamo come due che si sono appena innamorati. La mia amata moglie e io abbiamo due professioni impegnative. Inoltre abbiamo tre incantevoli bambini. È ovvio, quindi, che non

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sempre riusciamo ad adempiere ai nostri doveri coniugali. Ma naturalmente questo non è poi così grave. La sera siamo quasi sempre stanchi ed esausti dal lavoro e dai bimbi. Niente di tragico, però. Le giovani coppie di notte hanno ancora molta energia e fantasia. Noi no, ma va bene così. Esistono altre cose più importanti. Armonia, comprensione e affinità. Recentemente mia moglie mi ha chiesto di procurarmi uno dei film sconci del «Süper­Laden». Oltre a tre litri di lat­ te, una confezione di spaghetti e detersivo per stoviglie. Quando la mia cara moglie desidera qualcosa da me a volte impreco e mi avvio. Ero molto nervoso. Per fortuna ero l’unico cliente nel negozietto. Nessuno mi osservava. Ci ho messo poco a terminare la prima parte degli acquisti. La seconda si è rivelata più complessa. A differenza della monocoltura del resto dell’assortimento del negozio, l’enor­ me scelta di porno era molto impegnativa. Quale film scegliere? L’emozionante storia della casalinga annoiata con l’idraulico o il film di due biondine che restano per errore 90 minuti nella stessa vasca da bagno? Iniziavo a sudare. Poi, all’improvviso, la cassiera carina si trovava accanto a me e mi chiedeva se avevo bisogno di aiuto. No, no, tutto a posto, ora devo andare, grazie. La mia supermoglie arriva tra dieci minuti.

Beni Frenkel è maestro elementare e lavora come giornalista freelance tra l’altro per l’NZZ am Sonntag. Per SWISSLIFE descrive esperienze quotidiane indimenticabili.


Vincete Apple Oplà, qui qualcosa è andato storto. Una mela ha il nome di una pera – e viceversa. Diteci quali nomi sono stati scambiati, e vincete uno dei cinque iPad Air Apple 16GB WiFi.

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// Williams

// Reinette del Canada

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// Rubinola

// Glockenapfel


Wettbewerb Concorso // 61

uno di cinque iPad Air. Partecipate al concorso con la app SWISSLIFE oppure su www.swisslife.ch/rivista. Oppure inviateci la cartolina-risposta allegata con la vostra soluzione (scheda della copertina posteriore). Ultimo termine di partecipazione è il 30 aprile 2014. I vincitori saranno resi noti nel prossimo numero di SWISSLIFE. Congratulazioni a Christian Epp di Grafenort (OW) per aver vinto l’ultimo concorso SWISSLIFE con una settimana di divertimento senza limiti alla guida di una Jaguar F-Type.

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// Conférence

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// Gute Louise

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// Guyot

// Kaiser Alexander

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// Trévoux

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// Gala

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62 // Fuoriprogramma

Vic Eugster del Trio Eugster su «Dörfs es bitzli meh si»

«Ci piaceva essere i perbenisti della nazione» Alex, Guido e Vic Eugster (1970): «Siamo capaci di cantare da spartito – siamo gli unici.»

Ja dörfs es bitzli meh si, dörfs es bitzli meh si – Dörfs es bitzli dörfs es bitzli dörfs es bitzli meh si – Oder gahts eso «Allora nei negozi non c’era ancora niente di confezionato, zucchero, farina, tutto veniva venduto sciolto, e di solito te ne davano un po’ di più. Nessun commesso chiedeva mai: «Ne vuole un po’ di meno?» Andava bene così – venivamo dalle condizioni più povere, ma a casa nostra le cose andava­ no meravigliosamente. Tuttavia sapevamo che volevamo spingerci più in là dei nostri genitori, a cui questo era stato precluso dalla guerra e da tutta l’ingiustizia. Cercavamo il successo, chiaro. Per questo «Dörfs es bitzli meh si» può essere considerato un po’ il titolo esemplare della nostra carriera: volevamo sempre spingerci più avanti per far felice la gente. C’erano molti allora che ci deridevano, che ci combatte­ vano, addirittura. Erano tempi speciali; «Les Sauterelles» erano il primo gruppo pop, noi eravamo gli ultimi della generazione precedente. Questo generava un po’ di conflit­ to, ma per noi era uguale, a noi piaceva essere i perbenisti della nazione. Praticamente non abbiamo scritto nessuno dei nostri testi, avevamo la fortuna che allora c’erano molti buoni pa­ rolieri in giro; per esempio Fredy Lienhard, che scrisse «Dörfs es bitzli meh si». Alex tentava di musicare al meglio questi testi, poi noi ci esercitavamo a lungo per poterli can­ tare bene. Eravamo in realtà i primi ad aver commercializza­ to la canzone di successo in dialetto. Allora naturalmente ci dicevano le solite cose: Sì, volete soltanto fare i soldi – e noi dicevamo, certo che vogliamo fare i soldi! Però che avremmo avuto un successo così grande e che la gente ancora oggi si ricordi di noi, questo non ce lo sarem­

mo mai aspettato. Nostro padre aveva sette fratelli, e tutti cantavano una meraviglia. Ma non potevano sfruttare que­ sto dono. Ci dicevamo: non ci accadrà lo stesso. Potremmo cercare di guadagnare soldi cantando. Puntammo tutto sul trio, lasciammo i nostri lavori. Alex quello di costruttore di pianoforti e io quello di geometra e disegnatore qualificato, nella nostra professione non avremmo mai potuto arrivare così in alto. Forse Guido sì, come agente immobiliare. Così abbiamo girato il Paese per tre anni per 300 franchi a esibi­ zione. Poi arrivò il successo; «O läck Du mir» fu la nostra prima hit. Se oggi si ascoltano le nostre canzoni, non sembra sia passato così tanto tempo. Sono semplicemente tratte dalla vita reale e ben cantate. Avevamo insegnanti di canto, erava­ mo in ottime mani, per esempio quelle del nostro direttore del coro della chiesa, un professore di musica. Lui ci ha inse­ gnato, volevamo veramente cantare da professionisti. Per questo allora apparivamo sempre in televisione e alla radio: potevano telefonarci in qualsiasi momento, facevamo un salto da loro e riuscivamo a cantare dalla partitura, cosa che nessun altro del nostro settore era in grado di fare, ma noi ce l’avevamo nel sangue. Le nostre registrazioni si riescono ad ascoltare ancora oggi perché dicevamo sempre che dovevamo cantare corret­ tamente, chiaramente, che si doveva capire cosa cantavamo. Ci siamo riusciti. Ancora oggi potete suonare i nostri dischi e capire ogni parola... Ma era un lavorone, dovevamo provare come pazzi.» Guido (67 anni), Alex (66 anni) e Vic Eugster (64 anni) di Dübendorf (ZH) iniziarono a registrare i loro pezzi negli anni Sessanta e sono considerati uno dei gruppi di maggior successo dell’intrattenimento svizzero. Molte canzoni del trio sono diventate evergreen («O läck du mir», «Dä söll emal choo», «Dörfs es bitzli meh si», «Ganz de Bappe», «Brödli händ sie kai gha»). Il Trio Eugster ha venduto complessivamente circa due milioni di copie.



www.swisslife.ch/rivista


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