Primavera 2013 // Nuovo inizio

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Primavera 2013 // Nuovo inizio

SWisslife // Primavera 2013 // Nuovo inizio

Rivista 3.13

SWisslife 4° anno // Numero 1 // CHF 6.50

www.swisslife.ch/rivista

Foto: www.schlegelvonarburg.ch

Mittente: Nome Cognome Via / N. NPA / Località E-mail Telefono

Condizioni di partecipazione: Possono partecipare al concorso tutte le persone domiciliate in Svizzera a partire da 18 anni, salvo le collaboratrici e i collaboratori del gruppo Swiss Life nonché il personale delle agenzie eventualmente coinvolte nella realizzazione e i relativi familiari. I vincitori saranno informati personalmente. I premi non possono essere conferiti in contanti. Non viene tenuta corrispondenza sul concorso. È escluso il ricorso alle vie legali. I dati possono essere utilizzati per scopi di marketing.

Swiss Life SA Marketing Svizzera General-Guisan-Quai 40 Casella postale 8022 Zurigo


alle ore Sono raggiungibile dalle ore

Argomento:

Desidero una consulenza personale. P.f. contattatemi.

Previdenza professionale (cfr. UPDATE pagina 5) Swiss Life Immopulse (cfr. UPDATE pagina 8) Swiss Life Premium Immo (cfr. UPDATE pagina 9) Altro:

Desidero ricevere maggiori informazioni. Inviatemi la documentazione sui seguenti argomenti:

Termine di partecipazione: 30 aprile 2013

Un fine settimana all’insegna del benessere per due persone all’hotel Schweizerhof di Lenzerheide del valore di 1200 franchi (cfr. UPDATE pagina 10).

È stato per un pelo se i ragazzi non sono stati privati del piacere irresistibile del Tiki schiumeggiante sulla lingua: la produzione di questa polverina frizzante stava, infatti, per essere soppressa. Poi la ditta argoviese Domaco con tanta passione si è data da fare per salvare il marchio. Così come hanno fatto Daniela e Werner Haderer con Wisa-Gloria. e Ursula Capaul, Thomas Weber nonché André Oldani con Alpa.

Una bicicletta Villiger da donna o da uomo. La risposta giusta alla domanda del concorso è:

Il revival dei marchi svizzeri

Voglia di vincere!

SWISSLIFE // Primavera 2013 // Nuovo inizio Che ne direste di una tipica pietanza urana? La ricetta del «ryys und boor» (riso ai porri) si trova al sito www.swisslife.ch/rivista. Buon appetito.


Editoriale // 3

Buongiorno Lo viviamo tutti gli anni: la primavera, ormai alle porte, stimola la voglia di vivere. E risveglia quel nostro impulso interiore che spinge a osare una nuova partenza, verso nuovi lidi, verso il cambiamento. In tutti noi c’è il germoglio che ci induce a osare un nuovo inizio, ricchi delle esperienze del passato, con una nuova idea, un altro lavoro, magari in un’altra parte del mondo. Sono molti coloro che si decidono a compiere il gran passo. Che abbiano raggiunto il fiero traguardo dei 100 anni come Klara Milt-Becker, che, dovendosi trasferire in una casa per anziani, si trovava ad affron­tare una nuova partenza. O magari c’era di mezzo un cambiamento d’aria, come per la cantante Jaël della band svizzera Lunik. Nel caso degli esercenti Beat Walker e Marco Helbling del ristorante im Feld di Gurtnellen si trattava, invece, di decidere di portare avanti una tradizione di famiglia urana.

Ivo Furrer, CEO Swiss Life Svizzera, afferma: «Coraggio, fiducia e fede incrollabile nelle proprie capacità. Proprio ciò che vi auguro per questa primavera.»

Ad accomunare tutti i protagonisti di questa edizione agli impren­ ditori della nostra storia di copertina sono la voglia di fare, l’impegno e la passione. Anche i marchi presentati sarebbero da tempo scomparsi, se qualcuno non li avesse trovati degni di attenzione e non li avesse fatti nascere a nuova vita. Tutti i protagonisti di questa edizione di SWISSLIFE hanno dato vita al proprio sogno: un nuovo inizio. Per farlo ci vogliono co­raggio, fiducia e fede incrollabile nelle proprie capacità. Proprio quello che vi auguro per questa primavera.

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La prestigiosa associazione di categoria «Forum Corporate Publishing» ha conferito a SWISSLIFE un riconoscimento quale migliore pubblicazione in lingua tedesca per la clientela, nel settore dei servizi finanziari.


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Swiss Photo Selection:

Una nuova casa

Un nuovo inizio e non il capolinea: la fotografa Mara Truog ha fatto visita agli uomini e alle donne che risiedono presso le case di riposo della città di Zurigo. E ha incontrato persone con una grande gioia di vivere. Questi ritratti sensibili raccontano le loro storie. 16 Due facce della stessa medaglia:

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Storia di copertina:

Dono per la vita

Il ritorno delle leggende

E all’improvviso erano (quasi) scomparsi: grandi marchi svizzeri quali Tiki, Wisa-Gloria e Alpa erano minacciati dal fallimento, se non fosse stato per donne e uomini visionari e intraprendenti, che hanno rischiato un nuovo inizio. Ma il successo non viene da sé.

Buone prospettive Scrivono libri, studiano l’universo, navigano in Internet e considerano ogni giorno come un regalo: le persone che risiedono nelle case di riposo non sono solo dei ferri vecchi – molti sono contenti di questo nuovo inizio.

Bocciati - le quote di insuccessi agli esami di guida, dall’Argovia fino a Zugo

28 Mix di numeri:

31 Sì, lo voglio:

Il futuro comincia qui.

Responsabile del progetto: Swiss Life Public Relations, Martin Läderach Commissione redazionale: Ivo Furrer, René Aebischer, Thomas Bahc, Monika Behr, Thomas Langenegger, Christian Pfister, Hans-Jakob Stahel, Paul Weibel Responsabile della redazione UPDATE: Dajan Roman Indirizzo della redazione: Rivista SWISSLIFE, Public Relations, General-Guisan-Quai 40, 8022 Zurigo, magazin@swisslife.ch Coordinamento del progetto: Mediaform|Christoph Grenacher, Ittenthal/ Zurigo Ideazione e progettazione: Festland Werbeagentur, San Gallo/Zurigo Traduzione: Swiss Life Language Services Stampa e spedizione: Heer Druck AG, Sulgen; stampato su carta FSC Inserzioni: Mediaform|Christoph Grenacher, Hauptstrasse 3, 5083 Ittenthal, mediaform@mediaform.ch Cambiamenti d’indirizzo/Ordinazioni: Rivista SWISSLIFE, General-Guisan-Quai 40, 8022 Zurigo, magazin@swisslife.ch Tiratura: 100 000 Pubblicazione: 3 volte l’anno (primavera, estate, autunno) Avviso legale: le informazioni relative a servizi e prodotti contenute nella presente pubblicazione non costituiscono un’offerta in termini giuridici. Non viene tenuta alcuna corrispondenza in merito a concorsi. È escluso il ricorso alle vie legali. ISSN 1664-5588

Nuovo avvio per marchi storici Un nome noto non è sufficiente. Con un’idea, un po’ di fortuna e molto impegno può nascere qualcosa di grandioso: nel caso di Alpa of Switzerland si tratta di fotocamere a sistema esclusive.


Sommario // 5

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A Swiss Life:

Claudio Castagnoli

«Voi americani ignoranti!», grida Claudio Castagnoli alias Antonio Cesaro sera dopo sera al pubblico. Lui lo può fare. Dopo ben 900 combattimenti in 12 anni, il «Bad Guy», ragazzo cattivo, ha raggiunto l’olimpo del wrestling. È diventato «United States Champion». 55 I piaceri della tavola:

«ryys und boor» ossia riso ai

porri di Uri 57 Beni Frenkel: Chi è il cattivo ragazzo? Il wrestling non è altro che spettacolo. I combattimenti sono concordati, i vincitori sono decisi in anticipo. E qualcuno deve rappresentare l’uomo nero: lui ad esempio, lo svizzero Claudio Castagnoli.

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Sull’artigiano nell’uomo

Vincete una bicicletta Villiger da donna o da uomo – a seconda del caso Concorso:

60 Fuoriprogramma:

Allegato:

Jaël Malli sulla canzone «What is next»

UPDATE

Leggete cosa hanno in comune la previdenza a favore del personale e il reclutamento, come Swiss Life apre un accesso supplementare ai clienti e in che modo un’impresa dal nome temerario Halsundbeinbruch Film gestisce la sicurezza. Il trionfo dell’assicurazione completa Anche Oliver Hohl di Weber AG a Coira colloca la sicurezza della previdenza professionale al primo posto. Swiss Life gli offre soluzioni su misura, in modo che può concentrarsi sulla guida della sua impresa.

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Una nuova casa

Quando con la vecchiaia gli acciacchi aumentano, molte persone si trovano di fronte a un nuovo inizio: il trasloco nella casa di riposo. La fotografa Mara Truog ha visitato alcune case di riposo della città di Zurigo. E ha incontrato persone con il morale alto. Apprezzano ogni giorno, affer­mano.

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SWISSLIFE presenta in «Swiss Photo Selection» lavori di fotografi svizzeri, inviati allo «Swiss Photo Award – ewz.selection», il premio più importante in Svizzera per la fotografia. www.ewzselection.ch


Swiss Photo Selection // 7

Alfred Ilk (82 anni) abita dal 2009 nella casa di riposo Rebwies a Zollikon. Nativo dell’Austria, il signor Ilk ha lavorato per 55 anni come parrucchiere e oggi il suo hobby è studiare i segreti dell’universo: «Mi affascina ciò che succede al di fuori del nostro pianeta.»

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Konrad Akert (93 anni) vive dal 2000 nella casa di riposo Klus Park. Per mantenere in forma il cervello il neurologo si mette davanti al computer ogni giorno e studia la vita del pioniere industriale Alfred Escher: ÂŤPer certi versi sono uno storico.Âť


Swiss Photo Selection // 9

Lina Schnidrig (83 anni) si sente come a casa propria nella casa di riposo Wolfswinkel. Ha scoperto Internet e ne è entusiasta: «Oggi ho ricevuto un’e-mail da uno dei miei pronipoti. L’ho stampata subito.»

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Rosa Keller (89 anni) si è trasferita nell’aprile 2004 nella casa di riposo Wildbach. È il periodo più bello della sua vita, afferma l’ex domestica. «Fare bricolage, cantare e fare ginnastica insieme: prima non ho mai fatto tutto questo.»


Swiss Photo Selection // 11

Heidi Leupi (81 anni) si è trasferita nell’agosto 2004 nella casa di riposo Klus Park. La signora Leupi, un dottorato in storia, lavora attualmente a uno studio scientifico e ama i giochi di pazienza: «Al gioco del puzzle posso lasciare libero sfogo ai miei pensieri.»

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Bruno Schuler (72 anni) è uno degli abitanti più giovani e vive nella casa di riposo Mittelleimbach da luglio 2009. L’ex postino è felice di non annoiarsi più: «Qui non sono più solo e questa è la cosa più bella.»


Swiss Photo Selection // 13

Klara Milt-Becker (100 anni) abita da maggio 2008 nella casa di riposo Bullinger. La pensionata si allena regolarmente, impara l’inglese e considera ogni giorno un dono. Afferma: «Non vedo l’ora che arrivi la primavera.»

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Elisa Stauffer (90 anni) vive da luglio 2007 nella casa di riposo Laubegg. L’ex commessa del settore alimentari si rilassa con musica classica e ascolta la radio tutto il giorno: «Un concerto per pianoforte di Beethoven è per me come un massaggio al cervello.»


Swiss Photo Selection // 15

Mara Truog: «Mi interessano le persone, i loro sentimenti e i loro stati d’animo.» Mara Truog, nata a Berna nel 1977 e cresciuta a Zurigo, dopo la maturità ha seguito una formazione in fotografia a Londra e a Zurigo, dove nel 2002 si è diplomata in fotografia presso la Scuola superiore delle arti di Zurigo. Dal 2002 lavora come fotografa freelance per la stampa e aziende nazionali e internazionali. Mara Truog è specializzata in ritratti e reportage. Vive e lavora a Zurigo. Per Mara Truog la fotografia è al contempo un’occasione e un pretesto per immergersi nei mondi di altre persone e ritrarle nelle loro realtà. Le foto colpiscono perché rendono visibili speranze, paure e sogni. E perché la fotografa riesce a riprodurre le persone ritratte in maniera naturale, autentica e rilassata. I ritratti scattati nelle case di riposo della città di Zurigo mostrano persone anziane che sono ancora piene di fiducia e gioia di vivere. Le foto sono tratte dal libro «Mein Leben ist mit vielen Geschichten verbunden», pubblicato dalla casa editrice Neue Zürcher Zeitung.

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Contrasto impressionante: in Vietnam Mara Truog ha scattato fotografie in un orfanotrofio, a Zurigo a persone anziane. Entrambi i reportage svelano aspetti importanti del suo lavoro: da una parte, il confronto con l’interlocutore che è una forma di incontro e, dall’altra, la vulnerabilità delle persone, non importa se vecchie o giovani. www.maratruog.com


Testo: Florian Caprez, foto: Severin Nowacki

Dono per la vita Prof. dr. med. Barbara E. Wildhaber, direttrice del reparto di chirurgia pediatrica, ospedale pediatrico di Ginevra

«La piccola Lara aveva nove mesi quando abbiamo effettuato il trapianto. Prima del trapianto si era tentato invano di ripristinare, mediante un’operazione, il flusso della bile. Sapevamo di dover sostituire il fegato, altrimenti Lara sarebbe morta.

Quindi, abbiamo atteso un organo donatore; in Svizzera l’attesa può durare fino a dodici mesi. A volte, attendiamo anche invano; muoiono tuttora bambini, perché manca l’organo donatore. Prima dell’operazione, nel corso di lunghi colloqui tengo a trasmettere ai parenti il mio atteggiamento positivo; nel contempo devo trattare anche l’argomento della morte. Ciò non è facile. Tuttavia, credo sempre fermamente che tutto volgerà al meglio. I bimbi come Lara prima dell’operazione presentano un colorito di un giallo intenso: occhi gialli, lacrime gialle, muco giallo. Inoltre hanno un pancino gonfio e braccine esili. Poi ricevono un fegato sano e, tre mesi dopo, hanno un aspetto completamente sano. Sono eventi come questo che, giorno dopo giorno, ti danno la forza di continuare in questo mestiere – con e nonostante le emozioni che esso comporta. Emozioni che diventano quasi insopportabili quando, ad esempio, riceviamo organi di giovani donatori, soprattutto bambini. Ci si rende conto che ci sono genitori che stanno vivendo il periodo più buio della loro vita. Ma poi considero la situazione sotto il nostro punto di vista, sapendo che grazie a questo organo donatore potrò salvare la vita a un altro bambino.» www.swisstransplant.org


Due facce della medaglia // 17

«Certo, la signora Wildhaber ci ha parlato anche dei rischi legati al trapianto. Tuttavia, quando è arrivata la telefonata che era disponibile l’organo donatore, l’unica cosa a cui siamo riusciti a pensare era che presto il periodo di sofferenze di Lara sarebbe finito.

Sapevamo di affidare il destino ad altrui, di non poter più fare nulla, ma la signora Wildhaber ci ha sempre infuso coraggio, è rimasta ottimista e ci ha trattati in un modo del tutto naturale. Perciò non ci siamo resi veramente conto della gravità delle condizioni in cui versava Lara, di quanto la sua vita fosse sospesa a un filo. Tuttavia, quando il 6 gennaio 2010 il trapianto è riuscito, tutte le emozioni sono venute a galla: abbiamo realizzato che la nostra bambina era stata a un passo dalla morte, che sarebbe bastato il minimo errore durante l’operazione. Ci ha fatto piacere che Lara abbia subito il trapianto insieme a un altro bambino che ha ricevuto l’altra parte del fegato donatore. Per me sarebbe un problema sapere che il donatore era un lattante, così piccolo e leggero come Lara. Ora sappiamo che era una persona giovane, e nient’altro. Nonostante la gioia e il sollievo di vedere che Lara sta di nuovo bene, ogni tanto ancora oggi mi capita di chiedermi perché questa persona sia dovuta morire. Permane un sentimento di empatia per i donatori e i loro famigliari, nonostante la felicità che proviamo.» www.evlk.ch

Christine Bachmann, Schwendibach, mamma di Lara che fra poco compirà quattro anni (*21 marzo 2009)

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erdmannpeisker / Robert Bรถsch

erdmannpeisker / Robert Bรถsch



Storia di copertina // 21

Testo: Christoph Grenacher, foto: Darko Todorovic

Come la fenice dalle ceneri Leggendari marchi svizzeri festeggiano attualmente un ritorno in scena, un revival con nuovi proprietari. Gli esempi di Tiki, Wisa-Gloria e Alpa mostrano che i grandi nomi e la nostalgia non sono garanzia di successo, ma nuove idee e concetti chiari sì.

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cola azienda e che vende pasticche contro le affezioni delle vie respiratorie. Meier produce anche caramelle alle erbe con miele, fa ricerca, inventa, prova e riprova e sviluppa una procedura per trasformare miscele di erbe essiccate in granulato. Così inventò i primi tè alle erbe solubili; il pioniere Meier li battezzò tè istantanei. Oggi l’azienda, guidata da Silvia Huber, figlia di Meier, ha sede a Lengnau (AG), dove produce soprattutto per marchi propri di altre aziende di 35 Paesi (tra cui Migros, Rewe, Tesco, Nestlé, Hipp) e per il marchio proprio Vitalp (tè e caramelle), Dr Doolittle’s (pasticche), Belart (gelatina di frutta), XLEnergy (pillole energizzanti) e per Tiki. Quando la direttrice racconta la storia di Tiki, gli occhi le brillano e più di una volta afferma che ci hanno messo l’anima. Allan ha dapprima venduto Tiki a un produttore di dolciumi italiano. Meier non poteva competere con il prezzo richiesto. Ma gli italiani hanno svuotato l’azienda, perdendo presto ogni interesse a Tiki e l’hanno messa di nuovo in vendita nel 1991. Ancora una volta Meier era interessato all’acquisto e ancora una volta non è riuscito nell’intento. Tiki fu acquistata da un’azienda di marketing zurighese, che era entusiasta del valore emotivo del marchio, ma che non capiva niente di dolciumi. C’era bisogno di qualcuno che potesse produrre la polverina: era giunta l’ora della Domaco di Meier. Tuttavia, Allan aveva affrontato enormi spese

2007 – Per festeggiare i 60 anni di Tiki in Svizzera Domaco adotta nuovamente il design originale di Tiki.

1993 – Invece di esigere le fatture non saldate dell’azienda di marketing, Domaco acquisisce i diritti del marchio di Tiki.

1991 – Gli italiani vendono Tiki. Un’azien­da di marketing di Zurigo acquista i diritti, Demaco produce la pol­verina effervescente. Poco dopo l’avvio della produzione, l’azienda di marketing fallisce.

1990 – Tiki sparisce dalla maggior parte degli scaffali; il marchio praticamente non esiste più.

1980 – Allan vende Tiki a un produttore di dolciumi italiano che continua a produrre a Mont-sur-Lausanne. Tutti i tentativi di vendere i pro­dotti Tiki all’estero falliscono.

1950 – Allan costruisce a Mont-surLausanne la fabbrica Tiki che rifornisce il mercato con i più antichi prodotti dolciari svizzeri. Per tre decenni Tiki lavora con successo in Svizzera.

1947 – Guy Allan, il figlio dell’inventore, fugge in Svizzera e dapprima fa produrre Tiki presso Landolt+Hauser a Näfels (GL).

1907 – Hynek Boleslav Allan inventa Tiki: polvere di soda con un po’ di zucchero e acido.

A

ndarsene a tutti i costi! Via! A Königshof an der Elbe, nella futura Repubblica Ceca, i comunisti rafforzano gradualmente il controllo e nel 1948 prendono il potere. Guy Allan però è già in Svizzera. È un profugo. Non possiede niente. In patria era figlio di un imprenditore di successo. Allan ha guidato come meglio poteva dopo la fine della guerra la ditta del padre, che in passato aveva impiegato fino a 300 dipendenti. Producevano lievito in polvere, detersivi e qualche genere alimentare. Poi, arrivarono i rossi e Allan perse tutto. Il futuro sta in Svizzera. L’unica cosa che porta con sé dalla patria è una ricetta annotata dal padre nel 1907: voleva capire cosa succedeva se alla polvere di soda utilizzata per i saponi aggiungeva un po’ di zucchero. Il risultato fu un prodotto che spumeggiava a più non posso. Chi ha assaggiato la polvere frizzante non la dimenticherà più: la classica pastiglia effervescente Tiki, 4,5 grammi di peso, grande 24×24×6 millimetri, rimanda ai beati giorni dell’infanzia, solletica un dolce formicolio e induce a chiederne ancora. Una maggiore quantità di zucchero, acidificante, acido citrico, idrogenocarbonato di sodio, maltodestrina, acido silicico, agenti distaccanti, dolcificanti e coloranti. In Svizzera agli inizi degli anni 60 Allan conosce Alfons Meier, che aveva appena rilevato da un medico di campagna e farmacista zurighese una pic-

per proteggere la ricetta della polverina effervescente. C’erano i bicchieri segnati in cui i dipendenti versavano gli ingredienti, tre bicchierini di zucchero, un quarto di bicchiere di aroma, ecc., ma niente indicazioni sulle quantità. Demaco, quindi, ha dovuto dapprima ricostruire la ricetta, impresa ostacolata dalle nuove leggi e ordinazioni che vietavano e limitavano l’utilizzo di alcune sostanze. Alla fine, Demaco ha avviato la produzione. L’azienda di marketing di Zurigo non aveva ancora la più pallida idea di come muoversi e ben presto non pagava più le fatture. «E noi», racconta Silvia Huber, «non riuscivamo a vendere tutte queste materie prime e l’enorme quantità di materiale da imballaggio.» «Quindi», continua Huber, «per compensare il mancato pagamento delle fatture abbiamo preso il marchio.» Demaco ha cercato di adattare Tiki allo spirito del tempo, decorando gli imballaggi con figure manga giapponesi e ampliando l’assortimento. Oggi Tiki è disponibile sia in forma di cubetti sia in scatola, come mini shot, in granuli e come destrosio. Nel 2007 Tiki è ritornato al passato con l’adozione del design rétro. Un prodotto originale è un prodotto originale e rimane un prodotto originale. E un’importante storia di successo, aggiunge Silvia Huber, con un’effervescente crescita annua compresa tra il cinque e il dieci percento.


Storia di copertina // 23

Silvia Huber, gerente Tiki, si rallegra dell’effervescente crescita della polverina.

Era la valuta più dura nei luoghi di ricreazione, perché nessuno voleva dare volontariamente nemmeno la più piccola briciola. Nelle gite scolastiche il cubetto effervescente, fatto a pezzettini e sciolto in acqua nelle bottigliette di plastica, era d’obbligo, e i più coraggiosi si facevano sciogliere la polverina direttamente sulla lingua. Tiki era già allora un cult e oggi è di nuovo un mito. Un effervescente pezzo di originale storia svizzera del gusto.

Mitica polverina: Tiki in cubetti al gusto di lampone, limone e coca cola.

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La super coppia Daniela e Werner Haderer va a tutto gas con il marchio tradizionale Wisa-Gloria.

Nell’angolo orientale del paese, la coppia si occupa della protezione della specie svizzera: Daniela e Werner Haderer sono bambini ormai cresciuti con uno scrigno pieno di idee e l’ottimismo contagioso per la fabbrica di giocattoli più antica del mondo: Wisa-Gloria.

La bici rétro: il triciclo Wisa-Gloria Klassik.


N

on c’è nulla che non abbia fatto: a 21 anni l’esame di maestria e la fondazione di un’impresa che costruisce qualsiasi cosa dalla piegatura, foratura, tornitura, fresatura e saldatura del metallo. È così che nascono complementi d’arredo (LongLife), pareti insonorizzate e divisorie costruite in acciaio e riempite a pietra (Swiss Wall), il palco del festival di Bregenz oppure giocattoli, nel cui marchio registrato Haderer ha fuso insieme due delle sue più grandi passioni: sua moglie Daniela e il suo impegno per la solidità: «Danis Kindergartenqualität» è sinonimo di giocattoli robusti, indistruttibili, proprio come la fiducia ispirata da questa super coppia. Lui porta i pantaloni in casa, lei, con i suoi capelli rosso fuoco, è un’icona perfetta della filosofia aziendale: dinamismo, voglia di avventura, passione, «lavoro duro» – ma anche una sana porzione di stabilità, senza la quale il nostro marchio di giocattoli della tradizione svizzera Wisa-Gloria sarebbe già nel tritacarne della storia contemporanea. «Se sopra c’è scritto Svizzera, allora la Svizzera deve esserci anche dentro», postula il quarantottenne. Il suo modo di pronunciare queste parole, nel dialetto del Vorarlberg, che non dimentica nonostante lavori e viva da più di 15 anni in Svizzera, la dice lunga: è vero che gli immigrati sono i migliori rappresentanti della nostra terra, i promotori più efficaci e i propagandisti instancabili della swissness.

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«Ciò che mi succede qui da noi», afferma Haderer da fabbro diplomato, battendo il pugno sul tavolo, «non lo capisco!» Improvvisamente, il mondo soave di quei giocattoli graziosi si allontana; la bici rossa e il cavalluccio a dondolo, il carrellino scricchiolante in legno e la chiocciola a dondolo che fanno scintillare gli occhi dei bambini sono su un universo lontano; dietro gli occhiali sottili, le pupille di Haderer luccicano, sprizzano e brillano; l’uomo tuona: «Ma noi non lo accettiamo!» Una volta, un giornalista gli chiese ingenuamente se la provenienza svizzera fosse un vantaggio per Wisa-Gloria. «Ma cosa va pensando!», rispose Haderer adirato, «in Svizzera no, assolutamente, anzi rappresenta un ostacolo. I prodotti nazionali in Svizzera sono considerati prima di tutto fuori moda, tradizionali, polverosi, in secondo luogo, troppo costosi, anche se non è vero e, in ultimo, nessuno crede che siano costruiti in Svizzera.» Ognuno di questi è un pezzo unico fatto a mano, anche la classica bicicletta rossa, con sella in legno di faggio cresciuto nella regione e gomme in granulato bianco, è costruita ad Au, sulla Zingerstrasse, nel Canton San Gallo. Costa 199 franchi e dura una vita. Per un brevissimo lasso di tempo, anche Haderer sembra rassegnato quando dice: «Tutti nella mia ditta lavorano con passione. Ma con un fatturato così basso l’attività non è più accettabile neanche per una sola persona.»

2008 – Werner Haderer inizia ad Au la produzione Wisa-Gloria sulla base di piani di costruzione sviluppati in proprio.

2007 – Werner Haderer acquista il marchio Wisa-Gloria da Sief van der Wee. Nel prezzo sono compresi un deposito merci, la documentazione aziendale, prospetti – ma non i piani di costruzione per i giocattoli che non vengono più prodotti da anni.

1992 – Ristrutturazioni, riorganizzazioni e la vendita di reparti non redditizi non riescono a impedire l’interruzione della produzione e il licenziamento di tutti i dipendenti. Ueli Bächtold acquista Wisa-Gloria e trasferisce la produzione in Europa orientale.

1975 – Wisa-Gloria non è rimasta al passo con i tempi perdendo l’occasione di adeguarsi all’era della plastica e così deve ridurre i propri dipendenti da 100 a 60. Il direttore d’azienda, disperato, tenta di togliersi la vita.

1960 – Wisa-Gloria diventa leader di mercato mondiale.

1913 – Neeser & Widmer si fonde con Sender & Co. di Sciaffusa, un’altra azienda che produce carrozzine. Nascono così gli stabilimenti Wisa-Gloria di Widmer, Sandmeier & Co.

1882 – L’azienda Neeser & Rohr viene fondata a Lenzburg (AG). All’inizio ha sei dipendenti e costruisce ogni anno 300 carrozzine e tricicli.

Storia di copertina // 25

Ma il successo arriverà comunque; talvolta basta poco, il costruttore sente in qualche modo la verve dietro al marchio, la potenza, la spinta – «quando, cioè, lanceremo il prodotto giusto al momento giusto.» Eccolo dunque, a escogitare sempre nuove idee. Di tanto in tanto, riaffiora il pessimismo: «Tengo molte conferenze in Svizzera. Iniziano sempre allo stesso modo, con la mia domanda al pubblico: ‹Chi pratica lo sci tra di voi?› Tutti alzano la mano. Seconda domanda: ‹E chi indossa sci svizzeri?› Quasi tutti abbassano le mani e io continuo: ‹Ecco, siamo al cuore del problema di Wisa-Gloria.›» Haderer, tuttavia, sa che attirare l’attenzione è fondamentale – e s’impegna molto affinché il marchio WisaGloria goda di considerazione. Alla Fiera dei milionari di Vienna ha esposto recentemente un triciclo in oro 24 carati con sella in microfibra e catarifrangenti in diamanti; arabi e russi hanno mostrato un forte interesse per questo pezzo da 20 000 franchi. Ultimamente, in Giappone ha iniziato a pubblicizzare la Svizzera del Cervino e dei rifugi alpini, la Svizzera globalizzata come la porta per un nuovo reame. I profeti sono partiti dal Vorarlberg e sono venuti in Svizzera per preservare Wisa-Gloria dal declino. «Non siamo quelli che vogliono rivoluzionare il mondo», dicono a tale riguardo Daniela e Werner Haderer. «Vogliamo che mantenga la sua attuale varietà.»


mata agenzia fotografica Magnum – la prima Alpa 12WA costruita con le loro mani. Era il 1998. Tuttavia, la storia di Alpa of Switzerland inizia ottant’anni prima nel Giura vodese, dove la Pignons SA di Ballaigues inizia la propria attività nel 1918. Nel 1944, questo fornitore dell’industria orologiera costruisce la sua prima macchina fotografica reflex. Nel 1965, l’anno migliore della sua storia, Pignons vende 1 300 macchine in 12 mesi. Alla fine degli anni 80, Alpa si avvia però al declino; il futuro si chiama Ashai-Pentax, Nikon, Olympus, Canon e Sony, mentre a Zurigo la coppia Capaul-Weber – sui 50 anni – si pone questa domanda: era tutta qui, la nostra vita? Armonizzare cervello e braccia, creare qualcosa da soli, osare un nuovo inizio: quando Thomas Weber, grafico e psicologo, e Ursula Capaul, insegnante ed etnologa, leggono del fallimento di Pignons SA, non hanno dubbi: ecco l’occasione! Ursula Capual ritiene che sia stata l’antica fama di Alpa a spronarli – e la volontà di salvare il marchio. Nel frattempo, dal cartone creano i primi modelli della loro macchina fotografica. Doveva essere qualcosa di nuovo, di esclusivo, di essenziale: – per l’appunto: medèn ágan. Un miracolo della meccanica, senza eccessi. La rinascita di Alpa of Switzerland è una storia del tutto particolare, raccontata da Thomas Weber:

2012 – La serie di macchine fotografiche Alpa 12 comprende sei modelli. In autunno viene lanciata l’Alpa 12 FPS, una «cassetta degli utensili aperta», a detta del costruttore.

2010 – Alpa lancia il supporto per iPhone da montare sulla macchina fotografica; esso consente di utilizzare l’iPhone con funzione di mirino.

2007 – Capaul e Weber trasformano la loro impresa in una società per azioni della quale, ancora oggi, detengono la maggioranza.

2000 – Le macchine fotografiche Alpa 12 sono precursori dell’utilizzo del dorso digitale.

1996 – Thomas Capaul e Ursula Weber acquistano i diritti del marchio Alpa ed espongono la loro prima macchina fotografica di medio formato alla fiera Photokina di Colonia: Alpa 12 WA (grandan­golo) e Alpa 12.

1990 – L’impresa non ha alcuna possibilità contro i bassi prezzi della concorrenza estera e deve dichiarare il fallimento. L’ultimo modello costruito è l’Alpa 11.

1944 – L’azienda costruisce la sua prima macchina fotografica, l’Alpa-Reflex, modello C e, fino alla fine degli anni 60 si impone come produttore leader di macchine fotografiche reflex.

1918 – Fondazione della fabbrica meccanica Pignons SA a Ballaigues (VD). Fornisce componenti alle fabbriche di orologi.

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i è trattato – ben 15 anni fa – di una fusione fra testa e braccia; «loro due» uniti, da quel momento in poi, anche nel lavoro. «In comune avevamo», afferma Ursula Capaul, «la gioia per ogni forma di tecnologia.» «E la ricerca, completa Thomas Weber, «della massima soddisfazione proveniente dagli oggetti costruiti.» Tanto impegno, passione e volontà di affermarsi si ravvisa nelle voci della coppia che racconta la propria storia, assistita da un diplomato in economia e banchiere, André Oldani, di ben venti anni più giovane e che gestisce l’azienda in qualità di terzo partner. Azienda? Non c’è nulla di consueto in Alpa of Switzerland: il trio non produce semplicemente macchine fotografiche, costruisce prodotti inimitabili del momento immortalato. Medèn ágan (nessun eccesso): questo detto in greco antico scolpito all’entrata del tempio di Apollo a Delfi rappresenta anche il pensiero ispiratore dei tre. Nessun eccesso – ma il meglio che si possa chiedere a un’idea, alla qualità, al materiale e alla produzione. La riduzione all’essenziale, la funzionalità posta al centro, lo strumento come bene più alto della proverbiale creazione di valore. «Costruiamo utensili», confermano gli imprenditori che, attualmente, seguono un percorso innovativo insieme a pochi collaboratrici e collaboratori a Zurigo e che, in passato, hanno venduto al fotografo francese Raymond Depardon – oggi uno dei fondatori della rino-

Dopo esserci guardati attorno a Ballaigues, abbiamo capito: volevamo solo il marchio. Abbiamo scritto, telefonato, senza mai ricevere alcuna risposta. Allora abbiamo pensato che gli svizzeri francesi non ci volessero e che potevamo fare ciò che volevamo. Nel 1994 la coppia soggiorna non lontano da Ballaigues. Durante una passeggiata alla fabbrica, scopre, guardando attraverso una finestra, che nel padiglione c’è ancora tutto: macchine, materiale di lavoro, cartelloni pubblicitari. Ci chiedemmo: come mai si comportano così con noi? Allora, ci venne l’idea: dobbiamo diventare creditori dell’impresa fallita! In questo modo non ci potranno più ignorare! Visto l’elenco dei creditori, i due chiamarono un’impresa che vantava ancora un credito da Pignons SA, lo acquisirono presso la ditta in bancarotta e scrissero all’ufficio d’esecuzione e dei fallimenti che a loro, titolari legittimi di questo credito, spettava ancora del denaro. Poi le cose andarono velocemente. Ci invitarono a una vendita all’asta dedicata esclusivamente al marchio – proprio quello che ci interessava. Ci venne chiesto se volevamo offrire di più rispetto all’offerta formulata dalla famiglia dei titolari. Era ovvio e ci eravamo recati all’asta per quel motivo! Evidentemente nessuno aveva previsto che ci saremmo presentati. Ancor meno, che il 29 febbraio 1996 avremmo anche pagato. A questo punto, avevano il marchio. Morale della favola: tutto è possibile con la passione e il lavoro. Appunto medèn ágan: senza eccessi.


Storia di copertina // 27

André Oldani, Ursula Capaul e Thomas Weber hanno raggiunto grandi obiettivi con Alpa – ma senza eccessi.

Alpa of Switzerland costruisce ogni anno alcune centinaia di fotocamere a sistema di qualità esclusiva: una massiccia parte centrale, l’alloggiamento della macchina, proviene dalla Svizzera orientale, gli obiettivi sono dei migliori produttori tedeschi, i dorsi, analogici e digitali, dei costruttori più precisi al mondo e le impugnature caratteristiche sono di un’impresa svizzera di tecnica medicale. Un’Alpa analogica costa almeno 10 000 franchi; il doppio o anche di più costa invece una macchina fotografica con dorso digitale. Alpa 12 FPS: piattaforma per infinite possibilità.

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Bocciati a tutto gas Zugo

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Si dice che è facile guidare la macchina. Tuttavia, stando alle statistiche cantonali degli esami di guida, accelerare, frenare e parcheggiare non è poi tanto facile. I primi in classifica sono i glaronesi: solo uno su quattro non supera l’esame di guida al primo tentativo. Nel Canton Vaud, invece, quasi un candidato su due deve ripeterlo. (Fonte: asa)

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Überraschend anders.


Sì, lo voglio // 31

Foto: Giorgio von Arb

Il futuro comincia qui. Il matrimonio, passo fondamentale, apre le porte a una nuova fase della vita. Se poi viene celebrato il 12.12.12, il giorno più bello della vita diventa un avvenimento indi­ menticabile.

SWISSLIFE Primavera 2013


La sala «Porträtsaal» del municipio di Lucerna è un posto pittoresco nella Svizzera centrale, che richiama numerose coppie provenienti anche dall’estero, desiderose di celebrarvi il proprio matrimonio. Giorgio von Arb ha fotografato 12 coppie che si sono scambiate il fatidico «sì» il 12.12.12. Un nuovo inizio, verso una vita a due basata sull’unione, l’amore e la fiducia: Il futuro comincia qui.

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Cengiz Kaya (28 ANNI) E Derya Kaya (26 ANNI), BIENNE:

«Siamo assolutamente in armonia, siamo fatti l’uno per l’altra – per questo ci siamo sposati.»

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Mirnes Zukic (29 ANNI) E Rayana Salvino-Zukic (25 ANNI), LUCERNA:

«È tanto che ci amiamo – e sarà per sempre!»


Dan Wunderli (31 ANNI) E Tabea Balderer Wunderli (34 ANNI), MEILEN ZH:

«Ci sposiamo per passare insieme il resto della vita.»

SWISSLIFE Primavera 2013


David Ruf (27 ANNI) E Hülya Ruf Özkan, LUCERNA:

«Ci sposiamo per amore, per percorrere insieme la strada della vita.»


Kuno Koch (31 ANNI) E Marenette Cervantes (27 ANNI), MALTERS LU:

«In una parola: LOVE!»

SWISSLIFE Primavera 2013


Asier Aramburu (37 ANNI) E Silvia Maurer (37 ANNI), LUCERNA:

«Ci sposiamo perché ci amiamo – e perché presto saremo in tre!»


Alex Stoop-Eisenmann (28 ANNI) E Mara Eisenmann (30 ANNI), MALTERS LU:

«Ci sposiamo perché ci amiamo – e perché il 12.12.12 è un giorno speciale.»

SWISSLIFE Primavera 2013


Dan LUCACHICK (61 ANNI) E Wilma LUCACHICK-Arnold (67 ANNI), LUCERNA:

«Vogliamo passare insieme la terza fase della nostra vita.»


Pascal Simmen (33 ANNI) E Fabienne Bammert Simmen (30 ANNI), KÜSSNACHT SZ:

«Ci sposiamo per amore!»

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Sam Brunner (40 ANNI) E Michelle Brunner (36 ANNI), WENGEN BE:

«Per noi sposarci è stato un passo del tutto naturale.»


Pascal Roos (30 ANNI) E Fiorenza Roos-Medici (32 ANNI), LUCERNA:

«Ci siamo sposati perché siamo fatti l’uno per l’altra.»

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Michael Osborne (33 ANNI) E Sarah Osborne-Salter (35 ANNI), LUCERNA:

«Vogliamo essere felici, per sempre.»

SWISSLIFE Primavera 2013


Tutti gli anni vado in Spagna mi sento a casa mia. Sono tante le svolte della vita. La nostra previdenza si adegua. Swiss Life offre soluzioni su misura per ogni fase della vita. Che desideriate formare una famiglia, creare un’impresa od occuparvi della previdenza: noi vi offriamo una buona consulenza. www.swisslife.ch



A Swiss Life // 47

Testo: Michael Bahnerth, foto: Daniel Ammann e WWE

L’energumeno delle Alpi Lo amano, perché sono liberi di odiarlo. Un oriundo di Weggis sta per diventare una star del wrestling. Ha già in tasca il titolo di USA Champion. Si fa chiamare Antonio Cesaro. Ha 32 anni, pesa 115 chili e sfiora i due metri. La storia di un vincente prodotto svizzero di esportazione.

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M

ancano tre ore e mezza alla sua comparsa sul ring. Va da sé che entrerà negli annali della storia. Una piccola storia per l’umanità, ma una grande storia personale. Quando alle nove e mezza entrerà in scena, urlerà al mondo intero che è lui la «personificazione dell’eccellenza». Esagerare fa parte del gioco. Combatterà per circa dodici minuti nel ring, che misura cinque metri per cinque, mimando una lotta all’ultimo sangue a scapito del suo avversario. Gli ci sono voluti dodici anni per finalmente varcare questo ring questa sera. Indosserà aderenti pantaloncini corti, calzini, scarpe, e intorno alle cosce un indumento che assomiglia a ginocchiere spostatesi verso l’alto. Nient’altro. A parte un sorriso sprezzante stampato sulle labbra. Sul percorso verso il ring si aggiungeranno una giacca con la croce svizzera e una cintura trofeo con la scritta United States Champion. Dall’agosto 2012 è proprietario della cintura, lui, uno svizzero in­ neggiato dagli Stati Uniti per il fatto di rappresentare la tipologia del cafone arrogante. In realtà lo amano perché sono liberi di odiarlo. Il suo ring name è Antonio Cesaro. Nella vita reale è Claudio Castagnoli, 32 anni, wrestler di professione. Pesa 115 chili e sfiora i due metri. Fra tre ore e mezza sarà chiamato a difendere il suo titolo. Uno svizzero di Weggis lotterà in difesa del suo trofeo all’Hallenstadion di Zurigo. Questa è la storia che Claudio Castagnoli scriverà nella serata odierna. Ovvio che vincerà contro Jack Swagger, una macchina da combattimento bionda, United States Champion dal 16 gennaio al 5 marzo 2012. Infatti, i «registi» delle storyline del World Wrestling Entertainment (WWE) tengono al personaggio dell’«energumeno delle Alpi», garante di uno spettacolo valido e redditizio. Il WWE guadagna mezzo miliardo di dollari con il wrestling. Claudio mantiene il riserbo su quanto guadagna Antonio. Si limita a dare la notizia che è partito per l’Europa dalla Florida, dove vive, seduto su un «posto centrale dell’aereo». «Clautonio» parla a voce bassa, ha un modo di fare modesto e non conosce nemmeno il suo numero di scarpe. Tira a indovinare puntando sul 42: un’esagerazione all’inverso smisurata, diametralmente opposta al comportamento eccessivo adottato sul ring. Un atteggiamento lontano anni luce dalla realtà come, del resto, lo è il mondo del wrestling, disciplina sportiva inscenata, sospesa tra l’arte e il cattivo gusto, che trasforma l’eterna lotta tra il bene e il male in uno spettacolo che spazia dallo sport al divertimento fino al pubblico ludibrio, tra i fischi e le acclamazioni degli spettatori scatenati. Che per frasi intere intende «f... you» o «finiscilo».

In questo mondo – l’unico in cui negli Stati Uniti il male ha licenza di vincere – Antonio impersona il ruolo dell’intellettuale. Alcuni lo considerano un semideo, perché parla cinque lingue: tedesco, svizzero tedesco, italiano, francese e inglese. A volte Antonio se ne sta in mezzo al ring e declama «eccezionale» in tutte e cinque le lingue. È una delle occasioni in cui gli americani lo fischiano. «Più ti fischiano, più sei popolare» ci spiega Antonio. «Voi americani ignoranti» ribatte allora al pubblico «parlate una sola lingua!» E il pubblico, in risposta, lo fischia ancora di più. I maggiori fischi li ha finora incassati con l’osservazione «voi americani avete i figli più obesi del mondo.» Il boato del pubblico si fa sentire

«Voi americani ignoranti» ribatte allora al pubblico «parlate una sola lingua!» E il pubblico, in risposta, lo fischia ancora di più. In realtà lo ama, perché è libero di odiarlo. anche quando, sul percorso verso il ring, Antonio urla: «Fuori dai piedi, arriva il balivo!» «Ho riso come un matto quando ho sentito la battuta per la prima volta.» Tuttavia, tutto ciò che dice lo dice in accordo con i fautori del WWE. «Ho delle direttive chiare a cui attenermi. Tuttavia, mi è concesso un certo margine di libertà.» Il wrestling è come una telenovela quotidiana. I caratteri sono stereotipi, i cosiddetti gimmick, come il ricco malvagio, il russo violento, lo svizzero arrogante, l’americano buono. Essi seguono le «storyline» e ogni match tra di loro è analogo a un nuovo episodio. Pertanto, ognuno ha il suo ruolo fisso: il buono e il cattivo, il vincitore e il perdente. La reggenza più breve nel wrestling è durata 45 secondi (André the Giant), quella più lunga 2 803 giorni (Bruno Sammartino). Quella di Antonio dura dal 19 agosto, quando ha battuto Santino «The Cobra» Marella. «The Cobra» non funzionava più. Il suo gimmick era sempre legato alla comicità. Quando la comicità si è trasformata in una barzelletta che non faceva più ridere, il WWE ha mostrato il pollice verso. Al di là del


I tifosi ne sono entusiasti: il wrestling è un grande spettacolo con vincitori già predefiniti all’inizio e in cui ognuno è chiamato a impersonare il proprio ruolo. SWISSLIFE Primavera 2013


Claudio Castagnoli è il primo United States Champion europeo dei wrestler. Pertanto, non ha nulla in contrario a mimare il cattivo.


A Swiss Life // 51

ring è questa la vera arte del wrestling: rendere reale l’artificio della messa in scena. È il pubblico, con la sua approvazione o la fantasia degli sceneggiatori a decidere quanto durerà il regno di un wrestler. Tuttavia, anche il wrestler ha in mano il suo destino: se non è più in grado di impersonare il suo ruolo in modo convincente o di conferirgli l’aspetto brillante che lo distingue dalla mediocrità, finisce per essere contato fuori: «one, two, three, out.» Antonio ha al suo attivo circa 900 incontri combattuti in dodici anni. Ama impersonare il cattivo, un «heel» nella terminologia del wrestling. I buoni sono i «face». «Ho sempre impersonato il cattivo. Da cattivo godi di maggiori

Alzarsi, mangiare, palestra, mangiare, spettacolo, dormire… Adesso, vedendolo seduto in questo locale improvvisato nell’Hallenstadion di Zurigo, viene da chiedersi se essere un wrestler è vivere un sogno a cui ambire. libertà.» L’anno scorso gli è stato concesso di vincere il 71% di tutti gli incontri, finora è stato il suo anno migliore: «È forte essere campione statunitense, il primo svizzero sotto contratto, il primo europeo continentale in assoluto a detenere un titolo nel WWE.» Naturalmente ama il wrestling, da sempre: in Svizzera, quando frequentava la scuola di commercio e, più tardi, quando lavorava nel settore commerciale. «Avevo un buon lavoro, un ottimo lavoro. Tuttavia, non sono riuscito a resistere al sogno del wrestling.» Lo ha vissuto durante i fine settimana, combattendo in Svizzera e in Germania. Allora si faceva chiamare «Double C». Il suo primo incontro ufficiale ha avuto luogo il 24 dicembre 2000 nella discoteca «Roxy» a Essen: a Natale è cambiata la sua vita. Ci vuole anche fortuna per realizzare un sogno. La for­ tuna di Claudio è stata quella di vincere una «green card», un biglietto di sola andata nel «land of the free». «Non mi

SWISSLIFE Primavera 2013

sono posto limiti di tempo. Faccio del mio meglio e rimarrò fino al momento in cui sarò soddisfatto del mio lavoro e in grado di guadagnarmi da vivere.» Ha combattuto come «independent», godendo di una piena libertà d’azione. Oggi è un impiegato del WWE. Ciò significa meno libertà e più soldi. Si è guadagnato un posto nell’olimpo dei wrestler. Chi ha visto il film «The Wrestler» con Mickey Rourke ha una vaga idea di quanto sia faticoso questo lavoro. Antonio ha un piccolo ruolo nel film: è seduto in un guardaroba sudicio insieme agli altri wrestler, in attesa di poter salire su un ring in un capannone in un cortile interno, dove li attende un centinaio di spettatori. Era il 2008. Chi conosce questa scena capisce perché Antonio ha in parte rinunciato alla sua libertà, quando nel 2011 ha firmato il contratto WWE. All’epoca aveva trent’anni. Per otto anni si era dedicato al wrestling indipendente di basso livello, si era esercitato, aveva perfezionato il suo gimmick e studiato le mosse, le frasi e gli atteggiamenti aggressivi che suscitano maggiore emozione tra il pubblico. Era giunto il momento di crescere. E di scendere a compromessi. Era ora di tentare un nuovo inizio. Adesso, vedendolo seduto in questo locale improvvisato nell’Hallenstadion di Zurigo, viene da chiedersi se essere un wrestler è vivere un sogno a cui ambire: con il suo completo nero, i piedi lunghi come la coda davanti al chiosco degli hamburger nel foyer, racconta della monotonia della sua quotidianità – alzarsi, mangiare, palestra, mangiare, spettacolo, dormire, e poi si ricomincia da capo… Ha due dita steccate, «legamenti strappati», spiega, «una sciocchezza.» Lo spettacolo è pericoloso e se non si destreggia l’arte del wrestling e, saltando, si sbaglia mira anche di soli dieci centimetri, il gioco diventa molto pericoloso. Ma Antonio ama esibirsi nello spettacolo che gli sta a pennello, dà il meglio di stesso per sopravvivere e per non venire estromesso dal circo ed essere costretto a condurre una vita priva di gimmick. «È come per gli artisti», afferma Claudio, «se non possono esercitare la loro arte, cadono in depressione. Ed esercitare l’arte è un impulso interiore. La vita diventa terribilmente silenziosa se non senti più le voci di 10 000 persone che gridano il tuo nome.»

Michael Bahnerth scrive anche per i giornali ZEIT, Weltwoche, Schweizer Illustrierte, Facts e Cash e lavora attualmente per Basler Zeitung.




Troverete la nostra rivista on line con immagini animate sotto forma di app gratuita per iPhone e iPad in App Store o al sito www.swisslife.ch/rivista


I piaceri della tavola // 55

Un piatto semplice, apprezzato e tipico del Canton Uri: ryys und boor (riso ai porri).

Illustrazioni: Sylvia Geel

Un tempo consumato durante i periodi di digiuno, già a partire da metà del 18° secolo il piatto fa la sua prima comparsa nei libri di ricette. Il «boor» (termine romanico per porro) ha varcato il Gottardo prendendo la stessa strada del riso. Il piatto si abbina perfettamente a un uovo all’occhio di bue o a una salsiccia.

Ryys und boor Far rosolare nel burro le cipolle tritate insieme ai porri tagliati a grossi cubi e alle patate. // Aggiungere il riso e farlo cuocere a fiamma vivace fintanto che non diventa trasparente. // Innaffiare con il brodo e cuocerlo a fuoco lento per 15 minuti. // Mescolare il riso di tanto in tanto per mantenerlo morbido. // Aggiungere brodo quanto basta. // Imbiondire in una padella le cipolle tagliuzzate e l’aglio tritato finemente. // Adagiare il riso in una forma da gratin. A piacimento, mantecare o spolverare con formaggio grattugiato. // Infine, versare sulla gustosa pietanza le cipolle. Consiglio: aggiungere un cucchiaio di mascarpone prima di servire. Ingredienti per 8 persone: 400 g di riso (Vialone o Arborio), 400 g di porri, 300 g di patate, 100 g di cipolle tritate, 50 g di burro, 1 litro di brodo di verdure, formaggio delle Alpi o di montagna del Canton Uri. Glassa di cipolle: 120 g di burro, 200 g di cipolle, 2 spicchi d’aglio.

SWISSLIFE Primavera 2013

Marco Helbling e Beat Walker e il lusso nell’Urnerland Per noi è di massima importanza utilizzare prodotti locali provenienti dalle valli circostanti e dalle Alpi e che arricchiscono la cucina tradizionale urana. Pertanto, riteniamo un lusso persino un piatto così semplice come «ryys e boor» nel mese di marzo – a testimonianza del profondo rispetto che nutriamo per i porri e le patate. Presumibilmente l’«härdepfel», la patata nel dialetto urano, è stata piantata per la prima volta nel nostro suolo a Gurtnellen-Dorf nel 1780. C’è un detto dell’Urnerland che recita: «Dr Härdepfel seit: Chasch mich schteckä, wemp-mi witt, vor em Brachät (Juni) chum-dr nit!» O in altre parole: a ogni cosa il suo tempo. Il fatto curioso è che il campo di patate si trovava esattamente nel luogo in cui dalla quinta generazione stiamo svolgendo la nostra attività – nella casa dal fascino unico costruita nel 1897. Beat Walker e Marco Helbling sono stati insigniti di 14 punti Gault-Millau per le loro creazioni culinarie nel ristorante im Feld a Gurtnellen (UR) e designati come scoperta dell’anno nella Svizzera tedesca nel 2013.


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Beni Frenkel // 57

Non sono particolarmente portato per i lavori manuali. Quando salta la catena della bicletta corro, praticamente in lacrime, dal meccanico e quando si accende una luce sospetta della lavastoviglie per settimane preferisco rigovernare a mano. Eppure insegno lavoro manuale in una scuola elementare svizzera. Ecco com’è successo. Gli esami presso l’istituto pedagogico superiore erano prettamente teorici. Da settimane fra gli studenti circolavano già le soluzioni. Solo il lavoro finale mi dava il mal di pancia. Optai dunque per una nave di polistirolo. Col coltello formai poppa e prua e collocai all’interno dell’imbarcazione alcuni omini Playmobil. Neanche gli altri studenti avevano avuto idee più brillanti. Quando posi la nave sull’acqua davanti alla commissione d’esame, affondò. Mi vergognai non poco, tanto più che normalmente il polistirolo non può affondare. La commissione d’esame comunque mi diede 5–6. Infatti, avevo tenuto un registro dei vari passi, da cui risultava che avevo «studiato in modo approfondito il materiale polistirolo». Da allora insegno lavoro manuale. Più che altro facciamo «lavoretti» manuali. Lo strumento più pericoloso che maneggiamo sono le forbici. I miei timori iniziali, cioè che in particolare i ragazzi si ribellassero, annoiati da tutto questo lavoro basato sull’incollare, si sono dissolti. È vero che da noi in classe troneggia una perforatrice. Ma io dico sempre: «Peccato, ma è rotta!» E con le seghe da traforo ho poco da spartire, per cui non le uso. Non so mai come inserire correttamente i fogli. Non ne vado fiero. Più di una volta ho avuto l’impulso di recuperare nella materia in cui sono lacunoso o di seguire un corso alla Scuola Club Migros, ma non ho mai avuto tempo o voglia per farlo. Fino al giorno in cui mio figlio ha compiuto i sei anni. Anche lui di cognome fa Frenkel e sembra aver ereditato molto dal genitore. Questo mi faceva molta paura. Mi chiedevo se anche lui, come me e prima di noi i nostri antenati, fosse destinato a essere assolutamente negato per i lavoretti pratici. Espressi i miei timori a mia moglie quella

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volta che stava sostituendo una lampadina. Fu un momento di grande emozione per me. Qualsiasi moglie compren­siva avrebbe interrotto il lavoro per abbracciare il marito: «Per me tu sei l’uomo più virile della terra! Non cambiare!» Purtroppo, però, mia moglie non è fatta di questa pasta. «Smettila di lamentarti e comincia a far qualcosa!» È lecito sgridare così un marito sensibile? Profondamente offeso mi rinchiusi in camera mia a mangiarmi un pacchetto di patatine. Su un foglio bianco però scrissi «nuovo inizio». La mattina dopo, un sabato, mi recai con il bambino al centro bricolage. Tutto, qui, aveva un aspetto terrificante. Incontrai numerose persone intenzionate ad abbattere pareti, rinnovare la cucina e acquistare materiale per lavori manuali in classe. Con voce forte e decisa mi rivolsi al commesso: «Dove trovo il polistirolo?» Acquistammo anche colla per legno, coltelli, sassolini brillanti e stoffe colorate. Alla cassa mi sentivo molto virile e pagai in contanti. A casa mi sentii meno virile. Nel viaggio di ritorno, in treno, il pezzo di polistirolo si era frantumato. Il risultato: due grossi pezzi e migliaia di altri piccoli frammenti. Il che, tutto sommato, non era poi un male, visto che così non eravamo più costretti a costruire una grande nave, ma una più piccola. Ci mettemmo di buona lena a incollare. Il ragazzetto faceva del proprio meglio. Quando posammo la nave nella vasca da bagno, fu un momento ricco d’emozioni per me. L’imbarcazione, infatti, stava a galla e pendeva solo leggermente su un lato. Che momento di grande commozione! La maledizione che aleggiava sulla famiglia, finalmente, si era spezzata. Beni Frenkel è maestro elementare e lavora come giornalista freelance tra l’altro per la NZZ am Sonntag. Per SWISSLIFE descrive esperienze quotidiane indimenticabili.


Migliore forma fisica, care signore.

Primavera, tempo di riprendere la bici – tempo di iniziare alla grande. Con l’inizio della stagione delle due ruote, SWISSLIFE mette in palio una bicicletta Villiger Novena da donna e una da uomo del valore di 1049 franchi ciascuna. La bicicletta alu trekking leggera e completamente attrezzata, con deragliatore Shimano Alivio a 27 velocità e sistema di illuminazione Herrmans H-Diver, dispone di tutto il necessario per la gamma Activity. Rispondete alla domanda del nostro concorso: quale ciclista professionista svizzero ha vinto per primo il Tour de France? Buona fortuna!


Concorso // 59

Maggiore resistenza, cari signori.

www.villigerbikes.com Per facilità basta rispondere on line alla domanda (www.swisslife.ch/rivista). Oppure inviateci la cartolina-risposta allegata con la vostra soluzione (scheda della copertina posteriore). Ultimo termine di partecipazione è il 30 aprile 2013. I vincitori saranno resi noti nella prossima edizione di SWISSLIFE. Congratulazioni al signor Jörg Fiechter a Bärschwil SO per aver vinto l’ultimo concorso di SWISSLIFE. La risposta esatta era 632,46 anni.

SWISSLIFE Primavera 2013


60 // Fuoriprogramma

Jaël Malli dei Lunik e il brano copertina «What is next»

«Sentivo che qualcosa stava per finire» But what is next? I’m still thirsty. 
 I’m growing old and it’s way too early. What is next? Now that I’m grounded.
 Can’t anybody show me the next move? «Ho sempre pensato che per me invecchiare non fosse un problema. Pensavo addirittura di scoprire, con il passare del tempo, cosa voglio dalla vita, trovando così una pace interiore. I miei amici, invece, continuavano a dirmi: ‹Vedrai, quando compirai 30 anni, sarà finita la cuccagna.› E così è stato: da questo compleanno rotondo è scaturita una fase riflessiva. Sentivo che qualcosa stava per finire. Intorno ai vent’anni ero una musicista iperattiva e spensierata. Si è in tournée, si viaggia da un luogo all’altro e si ha l’impressione di poter iniziare ogni giorno qualcosa di nuovo. Lo stesso valeva per me: all’epoca seguivo anche una formazione di massaggio wellness, ho iniziato a imparare l’italiano e ho seriamente riflettuto sul fatto di aprire un locale che offre la prima colazione – fedele alla massima: tutto è possibile. Invece, il trentesimo compleanno improvvisamente ha cambiato tutto. Le amiche e gli amici si sono sposati, hanno avuto figli, hanno comprato una casetta – e io? Non ho comprato né casette, né macchine e non ho nemmeno avuto figli. Tuttavia, sentivo che qualcosa in me stava cambiando: sarebbe ora di arrivare a destinazione, sapere cosa vuoi, avere un piano, avere la terraferma sotto i piedi. Ma in un certo senso avevo paura: non volevo prendere decisioni così definitive, mettere radici così solide, essere così «vecchia». Mi sembrava di vivere un atterraggio intermedio: arrivi dal passato vissuto, prosegui verso il futuro non vissuto e ti chiedi: e adesso? – «What is next?»

La domanda era onnipresente. Mi ricordo che mi ha tenuta sveglia per una notte intera, fino alle cinque di mattina, e ha continuato a tormentarmi. A un certo punto ho afferrato la chitarra e sono scesa in cucina. È lì che parole e musica hanno iniziato a sgorgare incessantemente. Il brano è nato proprio così, durante una notte insonne, come lo vuole il cliché dei musicisti! Il brano descrive in un certo qual modo questo senso di disorientamento: e adesso che succede? E che sarà in futuro? Non ho nessun motivo per lamentarmi. Sto bene, ho tutto, tuttavia rimane quella fame e quella sete – «thirsty», la sete di qualcosa in più, di qualcosa di indescrivibile. Tuttavia, quella cosa non la trovo restandomene a casa, in cucina; devo uscire. Così, qualche mese più tardi mi sono messa in cammino e sono andata a Londra per quasi un anno, cercando la sfida, il nuovo inizio. Il periodo trascorso da sola in questa metropoli così stimolante è stato meraviglioso: un luogo in cui nessuno ti conosce, dove ricominciare senza affanni e pensieri – con sé stessi! Sentivo chi sono veramente – e poi, circa un anno dopo essere tornata da Londra, l’estate scorsa ho sposato il mio partner con cui ero insieme da molti anni: anche questo è un nuovo passo, un nuovo inizio.»

La band bernese Lunik nata nel 1997 si annovera tra i gruppi svizzeri più conosciuti. Il suo sesto album in studio «What is next», registrato a Berlino, Berna e sulle Isole Lipari, è uscito lo scorso autunno. Alla cantante Jaël Malli si affiancano il chitarrista Luk Zimmermann e il pianista Cédric Monnier. I Lunik suonano spesso anche insieme ad altri artisti, come ad esempio con la Zürcher Kammerorchester. Attuali date della tournée al sito www.lunik.com


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Argomento:

Desidero una consulenza personale. P.f. contattatemi.

Previdenza professionale (cfr. UPDATE pagina 5) Swiss Life Immopulse (cfr. UPDATE pagina 8) Swiss Life Premium Immo (cfr. UPDATE pagina 9) Altro:

Desidero ricevere maggiori informazioni. Inviatemi la documentazione sui seguenti argomenti:

Termine di partecipazione: 30 aprile 2013

Un fine settimana all’insegna del benessere per due persone all’hotel Schweizerhof di Lenzerheide del valore di 1200 franchi (cfr. UPDATE pagina 10).

È stato per un pelo se i ragazzi non sono stati privati del piacere irresistibile del Tiki schiumeggiante sulla lingua: la produzione di questa polverina frizzante stava, infatti, per essere soppressa. Poi la ditta argoviese Domaco con tanta passione si è data da fare per salvare il marchio. Così come hanno fatto Daniela e Werner Haderer con Wisa-Gloria. e Ursula Capaul, Thomas Weber nonché André Oldani con Alpa.

Una bicicletta Villiger da donna o da uomo. La risposta giusta alla domanda del concorso è:

Il revival dei marchi svizzeri

Voglia di vincere!

SWISSLIFE // Primavera 2013 // Nuovo inizio Che ne direste di una tipica pietanza urana? La ricetta del «ryys und boor» (riso ai porri) si trova al sito www.swisslife.ch/rivista. Buon appetito.


Primavera 2013 // Nuovo inizio

SWisslife // Primavera 2013 // Nuovo inizio

Rivista 3.13

SWisslife 4° anno // Numero 1 // CHF 6.50

www.swisslife.ch/rivista

Foto: www.schlegelvonarburg.ch

Mittente: Nome Cognome Via / N. NPA / Località E-mail Telefono

Condizioni di partecipazione: Possono partecipare al concorso tutte le persone domiciliate in Svizzera a partire da 18 anni, salvo le collaboratrici e i collaboratori del gruppo Swiss Life nonché il personale delle agenzie eventualmente coinvolte nella realizzazione e i relativi familiari. I vincitori saranno informati personalmente. I premi non possono essere conferiti in contanti. Non viene tenuta corrispondenza sul concorso. È escluso il ricorso alle vie legali. I dati possono essere utilizzati per scopi di marketing.

Swiss Life SA Marketing Svizzera General-Guisan-Quai 40 Casella postale 8022 Zurigo


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