SWISSLIFE Primavera 2012 // Storie urbane
SWISSLIFE // Primavera 2012 // Storie urbane
Mittente: Nome Cognome Via/n. NPA/Località E-mail Telefono
Scannerizzate con il telefonino i codici QR e gustate le storie urbane di Alex Capus. (È facile utilizzare i codici QR: cfr. pag. 54)
Condizioni di partecipazione: Possono partecipare al concorso tutte le persone a partire da 18 anni domiciliate in Svizzera, esclusi le collaboratrici e i collaboratori del gruppo Swiss Life e le eventuali agenzie coinvolte nella realizzazione nonché i rispettivi famigliari. Le vincitrici e i vincitori riceveranno una comunicazione personale. I premi non possono essere convertiti in contanti. Non viene tenuta corrispondenza sul concorso. È escluso il ricorso alle vie legali.I vostri dati possono essere utilizzati per scopi di marketing.
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Swiss Life SA Marketing Svizzera General-Guisan-Quai 40 Casella postale 8022 Zurigo
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3° anno // Numero 1 // CHF 6.50
www.swisslife.ch/rivista
Map data © OpenStreetMap contributors, CC-BY-SA
Rivista 3.12
Sono raggiungibile dalle ore
Argomento:
Desidero una consulenza personale. P.f. contattatemi.
alle ore
Swiss Life Business Profit (cfr. UPDATE pag. 5) Swiss Life Classic Crescendo Duo (cfr. UPDATE pag. 6) Opportunità d‘investimento presso Swiss Life (cfr. UPDATE pag. 8) Altro:
Desidero ricevere maggiori informazioni. Inviatemi documentazione sui seguenti argomenti:
Termine per la partecipazione: 30 aprile 2012
Uno dei cinque buoni regalo di Ochsner Sport del valore di 200 franchi ognuno (cfr. UPDATE pag. 10).
La soluzione è:
Una cena e un pernottamento per due persone al Grand Hotel Dolder di Zurigo del valore di 1 500 franchi circa (cfr. pag. 58)
Voglia di vincere!
SWISSLIFE // Primavera 2012 // Storie urbane Scaricare le app per i codici QR e immettere il codice con il telefonino: buon divertimento con le storie urbane die Alex Capus!
Le storie dietro i nostri codici QR sono tratte dall’ultima raccolta di articoli di Alex Capus, «Der König von Olten kehrt zurück» (Knapp Verlag).
Editoriale // 3
Buongiorno Spesso diciamo che le città svizzere sembrano grandi paesi: ci si familiarizza facilmente con i quartieri e si conoscono subito le persone. Non dobbiamo affannarci a scegliere tra città e campagna, tra frenesia e tranquillità, tra grandi e piccoli spazi. Recentemente mi sono trasferito con la mia famiglia dal tranquillo comune di Wiesendangen a Winterthur. Sebbene sia da sempre fortemente legato alla campagna, apprezzo sempre di più i vantaggi offerti dalla vita cittadina. «Storie urbane» è il tema di questo numero che vi terrà compagnia nel periodo primaverile: con una panoramica ricca di sfumature sulle città del nostro Paese, sugli uomini e gli animali che le abitano rendendole interessanti e plasmando la loro diversa cultura. Grazie a questa incredibile coesistenza tra campagna e città e al reciproco dare e ricevere, giorno per giorno sperimentiamo nuovamente la molteplicità del nostro territorio. Le storie urbane contenute in questo numero mirano a illustrare la Svizzera in cui viviamo: un unico grande paese in grado di ospitare anche le città.
SWISSLIFE Primavera 2012
Ivo Furrer, CEO Swiss Life Svizzera: «Ho vissuto le mie storie urbane nella piccola città di Lucerna, ma anche in metropoli come Londra, Francoforte e Zurigo. L’ultimo capitolo della mia guida personale delle città ora s’intitola Winterthur.»
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Swiss Photo Selection:
Una città nella città
Costruita negli anni Sessanta, Le Lignon è considerata ancora oggi una soluzione esemplare per risolvere l’emergenza casa. Il fotografo Meinrad Schade con la sua opera premiata «Le Lignon» immortala la vita nel colosso abitativo di Ginevra. 16 Due facce della medaglia:
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Fulcro:
Città contro campagna
Parigi solo andata
Abitazioni ad alta densità, made in Switzerland L’edificio più lungo d’Europa si trova a Ginevra: il complesso abitativo di Le Lignon si estende per un chilometro, culmina con due grattacieli alti 200 metri e offre alloggio a 5 500 persone.
Il passo dal paesino alla città non è sempre facile. Soprattutto se il paese si chiama Weinfelden e la città Parigi. A 19 anni Peter Stamm accettò un lavoro da impiegato in un ufficio lungo la Senna. E scoprì il suo desiderio di scrivere. 28 Mix di numeri: 31 Buona caccia:
Cittadini… bestialmente affascinanti Il futuro comincia qui.
Responsabile del progetto: Swiss Life Public Relations, Martin Läderach Commissione redazionale: Ivo Furrer, René Aebischer, Thomas Bahc, Monika Behr, Thomas Langenegger, Christian Pfister, Hans-Jakob Stahel, Paul Weibel Direttore della redazione UPDATE: Dajan Roman Indirizzo della redazione: Rivista SWISSLIFE, Public Relations, General-Guisan-Quai 40, 8022 Zurigo, magazin@swisslife.ch Coordinamento del progetto: Mediaform, Christoph Grenacher, Ittenthal Ideazione e progettazione: Festland Werbeagentur, San Gallo/Zurigo Traduzione: Language Services, Swiss Life Stampa e spedizione: Heer Druck AG, Sulgen Pubblicazione: 3 volte l’anno (primavera, estate, autunno) Tiratura: 100 000 esemplari Inserzioni: Mediaform, Baumgärtli, 5083 Ittenthal, mediaform@mediaform.ch Cambiamenti d’indirizzo/Ordinazioni: Rivista SWISSLIFE, General-GuisanQuai 40, 8022 Zurigo, www.swisslife.ch/abbonarsirivista Avviso legale: le informazioni relative a servizi e prodotti contenute nella presente pubblicazione non costituiscono un’offerta in termini giuridici. Non viene tenuta alcuna corrispondenza in merito a concorsi. È escluso il ricorso alle vie legali. Stampato su carta FSC.
Canali, taverne, fonduta di formaggio La Parigi dei turisti è diversa da quella dei suoi abitanti. Nel suo saggio Peter Stamm traccia un quadro della città della Senna che solo chi ha vissuto lì più di un paio di giorni è in grado di descrivere.
Sommario // 5
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A Swiss Life:
Roger Widmer
Il parkour, sport di tendenza, è nato nei sobborghi di Parigi e anche in Svizzera desta grande interesse: un percorso diretto attraverso la città ricco di ostacoli da superare in modo spettacolare. Roger Widmer è considerato il pioniere tra i tracciatori svizzeri.
55 I piaceri della tavola:
Su e giù dai muri C’è sempre una via più rapida, basta volerlo: Roger Widmer la trova saltando nel vuoto, scalando i muri delle abitazioni e camminando in equilibrio su parapetti.
57 Reeto von Gunten:
58
Saluti di primavera dal Ticino
Immagini all’amo
In palio una cena e un pernottamento per due persone al Grand Hotel Dolder. Concorso:
60 Fuoriprogramma:
Allegato:
Come mettere il lavoro di tutta una vita in buone mani In molte PMI e aziende familiari la successione è un tema estremamente attuale. In UPDATE scoprite come un’azienda di Lucerna ha risolto la questione della successione e cosa bisogna considerare a tale riguardo.
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Phenomden sulla canzone «Stadt»
UPDATE
Scoprite come aumentare le opportunità di rendimento per il capitale delle casse pensioni, come Swiss Life concilia perfettamente sicurezza e flessibilità in campo previdenziale e cosa dovreste considerare, a livello d’investimenti, in tempi di crisi.
Una casa, 17 000 stanze
Il complesso residenziale più lungo d’Europa si trova a Vernier GE. Lungo 1060 metri, ospita 5500 inquilini. Le Lignon fu costruito negli anni Sessanta dall’architetto Georges Addor. Il fotografo Meinrad Schade ha documentato la vita degli abitanti di questo colosso abitativo ginevrino.
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In «Swiss Photo Selection», Swiss Life presenta le opere di fotografi svizzeri, premiati dalla giuria internazionale dello «Swiss Photo Award – ewz.selection». www.ewzselection.ch
Swiss Photo Selection // 7
La mostruosa risposta allâ&#x20AC;&#x2122;emergenza casa a Ginevra di 40 anni fa: con Le Lignon il concetto di edilizia ad alta densità è stato applicato in modo estremamente radicale e senza riscontri (finora) in alcuna altra zona della Svizzera.
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8 // Swiss Photo Selection
Lâ&#x20AC;&#x2122;artista Justin McMahon davanti al suo murale alla stazione degli autobus: fin dalla sua nascita vive a Le Lignon e deve sempre convincere i fattorini della pizzeria a consegnargli la sua pizza al prosciutto davanti alla porta di casa. A destra: Una romantica scena serale ha un effetto diverso: qui le tensioni sociali sono allâ&#x20AC;&#x2122;ordine del giorno. Doppia pagina seguente: Le Lignon possiede un proprio codice di avviamento postale, due chiese, i piĂš alti grattacieli di Ginevra, un centro commerciale interno, scuole e oltre 40 associazioni, dal club italiano al circolo delle bocce.
Swiss Photo Selection // 13
5 500 persone sotto lo stesso tetto: grazie a progetti impegnati nel sociale per giovani e disoccupati la situazione è diventata più tranquilla a Le Lignon. Pagina a sinistra: C’è sempre qualcosa da sistemare: lavoratori durante la pausa pranzo sul tetto del complesso di Le Lignon. Tra gli insediamenti abitativi rientrano anche i due grattacieli separati sullo sfondo.
SWISSLIFE Primavera 2012
La piscina più alta di Ginevra si trova a circa 100 metri di altezza sopra il 28° piano di uno dei due grattacieli. Offre una splendida vista sulla città e sui dintorni. Ma può essere utilizzata solo dagli inquilini di questo condominio.
Swiss Photo Selection // 15
Meinrad Schade: «Questo luogo mi ha piacevolmente sorpreso.» Il fotografo Meinrad Schade (classe 1968) si è laureato in biologia presso l’università di Zurigo, prima di dedicarsi alla fotografia. Dopo la formazione come fotografo ha lavorato inizialmente come fotoreporter. Nel 2002 si è messo in proprio come fotografo ritrattista e di reportage e ha seguito alcuni progetti fotografici. Nel 2011 Schade ha vinto il più importante premio assegnato dalla giuria dello Swiss Photo Award e il premio nella categoria «Fotografia redazionale». Prima di recarsi a Ginevra per documentare fotograficamente Le Lignon, Meinrad Schade si è trovato spesso a ripensare al libro «Noi, i ragazzi dello zoo di Berlino», all’eroinomane Christiane F., alla sua vita nei palazzi grigi e anonimi dispersi da qualche parte nei sobborghi di Berlino. Anche Le Lignon non gode di una buona reputazione. «Mentre fotografavo ho capito che questo quartiere non merita la sua fama», afferma Meinrad Schade. «Con tutti i problemi che comporta la convivenza di così tante persone, questo posto mi ha sorpreso piacevolmente. Perché? La risposta la trovate nelle mie foto».
SWISSLIFE Primavera 2012
Dal 2007 Meinrad Schade documenta in un progetto a lungo termine scenari collocati a una diversa distanza spaziotemporale dai centri di conflitto. Finora sono nate le serie «Erinnerung an den Grossen Vaterländischen Krieg in der ehemaligen Sowjetunion» (foto 1), «War and Peace Show» su una gigantesca rievocazione storica che ha luogo in Inghilterra, durante la quale si mettono in scena episodi della seconda guerra mondiale (foto 2) e una serie che narra dell’area utilizzata per i test nucleari dell’ex URSS, nell’attuale Kazakistan (foto 3). www.meinradschade.ch
16 // Due facce della medaglia
Testo: Simone Ott, foto: Kilian Kessler
Vita urbana Anita Schlegel (47 anni), direttrice commerciale Museum Haus Konstruktiv, Zurigo
A 20 anni mi trasferii dal Canton San Gallo a Zurigo. Grazie al mio primo lavoro entrai in contatto con persone dell’ambiente artistico e cultu rale, rendendomi subito conto di essere nel posto giusto.
Mi ha sempre interessato la cultura e in città ho trovato persone che condividevano le mie stesse passioni. Anche dal punto di vista professionale la città mi offre opportunità che in campagna non avrei mai avuto. L’unica soluzione sarebbe stata fare la pendolare, possibilità per me impensabile. Apprezzo il fatto che in città coesistano molte sottoculture e diversi stili di vita e questa convivenza per me ha un effetto liberatorio. Sicuramente in città si tende a vivere un po’ nell’anonimato, ma per me va bene. Perché si può fare ciò che si vuole. I miei parenti pensano che mi senta sola in città. Ma questo non è assolutamente il mio caso. Mi sento perfettamente a mio agio nell’ambiente urbano, proprio perché non ho una mia famiglia qui. C’è sempre qualcosa da fare: uscire con le amiche, andare al cinema o a una mostra ogni volta che si desidera. E per me il mutevole scenario quotidiano della città è una vera e propria ispirazione. Una commistione di stili: autoctono e elegante, triviale e intellettuale, svizzero e internazionale. In questo modo la città mantiene vivo il mio interesse.
Eine Schweizerin? Nö. Rund mit rechten Winkeln verkörpert der NOMOS-Klassiker Tangente zugleich Glashütter Manufaktur und allerfeinstes „Made in Germany“. Form und Qualität sind zeitlos, dauerhaft, vielfach preisgekrönt – eine Uhr, die uns hilft, wir selbst zu sein. Mit automatischem Aufzug – ebenfalls ein Glashütter Kaliber – heißt das Modell Tangomat. Wie man es dreht ...
... und wendet: In Glashütte, einer Art Schweiz im Kleinformat, sind die Ansprüche an gute Uhren und ihre Werke noch viel höher als die Berge drumherum. Schönste Uhrenklassiker und mehr finden Sie auf der Baselworld, Halle 1.1, Stand A27. In der Schweiz im guten Fachhandel. Und überall hier: www.nomos-glashuette.ch, www.nomos-store.com. Modell Tangente gibt es in der Schweiz für mindestens 1540 Franken, Modell Tangomat ab 2420 Franken bei: Aarau: Widmer Goldschmied; Basel: Elia Gilli Schauraum; Bern: Helen Kirchhofer, Uhrsachen; Chur: Unix Goldschmiede; Davos Platz: André Hirschi; Lausanne: Viceversa; Locarno: Zoltan Gioielli; Luzern: Langenbacher Goldschmied; Olten: Jürg Brunner, Maegli; Samnaun Dorf: Hangl; Solothurn: Maegli; St. Gallen: Labhart Chronometrie; Winterthur: Wehrli; Zug: Maya Sulger; Zürich: Daniel Feist, Zeithalle – und im Zürcher NOMOS-Flagshipstore.
Due facce della medaglia // 19
Amore per la campagna Stefan Brunner (25 anni), muratore, attualmente si sta specializzando per diventare capomastro, Ganterschwil, SG
Vivo nella fattoria dei miei genitori. La fattoria e la terra circostante sono di nostra proprietà e nessuno può dirci cosa fare. Per me questa situazione è sinonimo di libertà.
Inoltre, abbiamo molto spazio, ad esempio, per un’officina in cui posso dedicarmi al bricolage ogni volta che voglio. Per me vivere a contatto con la natura è molto importante: posso osservare la natura, passeggiare nei boschi, contemplare di notte il cielo stellato che in città non è così suggestivo. Dato che la nostra fattoria si trova 700 metri sopra il livello del mare, godiamo di solito di una posizione privilegiata al di sopra della fitta coltre nebbiosa che ci permette di osservare dall’alto il nebbione grigio. A casa viviamo come una famiglia patriarcale: genitori, nonni e bambini, tutti insieme. Questa convivenza mi fa sentire amato e protetto. In campagna tutto è più personale, si percepisce la vita in modo più diretto. Non esco più di una o due volte la settimana. Credo che troppe distrazioni non facciano bene. Non ho amici solo in paese, vivono un po’ ovunque. Con i moderni mezzi di comunicazione la distanza non è più un problema. Mi reco spesso in Paesi in via di sviluppo e lavoro per progetti di assistenza e cooperazione. Il mio mondo supera i confini del paesino in cui vivo.
Fulcro // 21
Luci di periferia
Testo: Peter Stamm, foto: Marco Benedetti
A 19 anni Peter Stamm si trasferì a Parigi. Era stressato dal rumore e dalla confusione prodotti dalla moltitudine di persone e aveva nostalgia di casa. Poi scoprì la notte, il jazz e il suo bisogno di scrivere.
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SWISSLIFE Primavera 2012
I
l viaggio ebbe inizio un sabato di dicembre di 27 anni fa. In realtà a 19 anni ero troppo vecchio per essere accompagnato alla stazione dai miei genitori, ma si trattava di un viaggio speciale: non avevo comprato il biglietto di ritorno. La mia partenza per Parigi coincideva con il distacco dalla casa della mia famiglia. Mentre frequentavo la scuola reclute, mi ero presentato presso l’Ufficio nazionale svizzero del turismo, un ente statale che, ormai con il nome di Svizzera Turismo, promuove le località turistiche della Svizzera e che ha sedi in molti Paesi. Mi presentai al colloquio di lavoro in uniforme. Quando mi chiesero se ero disposto a lavorare all’estero, in un primo momento dissi di no. Oltre a lavorare, mi ero ripromesso di prendere la maturità e poi volevo iscrivermi all’università per diventare scrittore, anche se non sapevo bene come raggiungere questo obiettivo. Alcuni giorni più tardi mi telefonarono in caserma. Era il capo del personale dell’Ufficio nazionale del turismo che mi informava di dover trovare qualcuno per un posto di lavoro a Parigi e mi chiese se ero interessato. Il contabile dell’ufficio parigino era stato membro degli esploratori svizzeri (uno dei molti club svizzeri a Parigi) e si era ferito mortalmente durante una caduta da un ponte di corde che si era costruito da solo. Chiesi un po’ di tempo per pensare alla proposta. Poco dopo accettai. Il treno per Zurigo era pieno di giovani che si recavano al cinema o in discoteca nella vicina città. La mia valigia
era stranamente fuori luogo, proprio come i miei genitori in piedi sul marciapiede della stazione mentre cercavano di affrontare con dignità quel momento. Ma la sosta fu sufficiente solo per un brevissimo saluto, poi il treno partì. Immagino i miei genitori fare ancora qualche rapido passo per seguire il treno e poi ripercorrere la strada di casa nella fredda serata di dicembre. Per loro era arrivata la fine di un ciclo, mentre per me iniziava un periodo completamente nuovo. Arrivai a Parigi in tarda serata. Pioveva e sebbene l’albergo fosse solo a dieci minuti dalla Gare de l’Est, decisi di prendere un taxi. L’autista non aveva mai sentito nominare l’Hôtel de la Nouvelle France, il quartiere della stazione era pieno di piccole pensioni con
la mia camera proprio in fondo al corridoio. Non misurava più di otto metri quadri. Una stanza come quella di «Mr. Bleaney» nella famosa poesia di Philip Larkin: Bed, upright chair, sixty-watt bulb, no hook/Behind the door, no room for books or bags … Ma mi sentii subito a mio agio in quell’ambiente, protetto dalle sue dimensioni ristrette, comunque a contatto con la città grazie alla vista su un paesaggio di tetti. Durante i primi mesi del mio soggiorno mi guardai intorno per trovare una casa, ma alla fine rinunciai a cercarla e rimasi tutto l’anno nella mia piccola stanza. Non ricordo più come trascorsi il primo giorno a Parigi, probabilmente passeggiai senza meta sotto la pioggia e
La mia valigia era stranamente fuori luogo, proprio come i miei genitori mentre cercavano di affrontare con dignità quel momento. nomi altisonanti e misere camere. Mi portò in una caserma della polizia che aveva lo stesso nome e il gendarme di guardia mi spiegò la strada per arrivare all’albergo che si trovava nelle vicinanze in una stradina piuttosto buia. La reception a quell’ora era deserta, le chiavi dell’albergo e delle camere erano in una busta sotto lo zerbino. Trascinai la mia valigia per quattro piani e trovai
mi preparai del tè con il mio bollitore a immersione, che talvolta uso ancora oggi. Ero già stato due volte a Parigi e pensavo di conoscere la città abbastanza bene. Ero salito sulla Torre Eiffel e avevo visto la Monna Lisa al Louvre. Ma la facilità con cui riuscivo ad orientarmi nel centro di Parigi mi aveva fatto dimenticare che si trattava di un gigantesco agglomerato urbano in cui
Fulcro // 23
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viveva un numero di persone mille volte superiore a quelle del paese in cui avevo trascorso i primi diciannove anni di vita. In Svizzera andavo a piedi in ufficio e conoscevo almeno la metà delle persone che incontravo per la strada. A Parigi stavo in piedi, schiacciato nel metrò, annusando l’odore di capelli
dalla provincia. Non mi interessavano in modo particolare i monumenti, ma le persone. Scoprii alcune delle zone più tetre della «città delle luci», i quartieri poveri e decadenti a nord, snobbati anche dai miei colleghi francesi che dopo il lavoro sparivano in fretta e furia nei loro sobborghi. Spesso ritorna-
Quando una di quelle donne ci chiedeva d’accendere o ci afferrava per un braccio dicendo «Sali con me?», ci sentivamo adulti. sporchi e profumi dozzinali. Il mio primo giorno di lavoro non ero salito sul primo treno perché troppo affollato, ma il treno successivo e quello ancora dopo erano ugualmente pieni, una miniera inesauribile di persone. E mentre nel mio paese avevamo avuto un cinema, a Parigi c’erano 400 sale o forse più tra cui dover scegliere. Per strada, in qualsiasi momento della giornata, non eri mai solo né riuscivi a trovare un po’ di tranquillità. I primi mesi pensai spesso di abbandonare il mio posto di lavoro e di tornare a casa. Ma ero troppo orgoglioso per mollare tutto. Di settimana in settimana mi ambientavo sempre più e mi abituavo al ritmo veloce e al contempo lento della città, alla routine di tutti i giorni. Iniziai a esplorare Parigi con la curiosità e la mente priva di pregiudizi tipica dei giovani che vengono
vo solo a notte fonda dalle mie escursioni. La mia taverna preferita, il «Cordial», era gestita da Paco, un algerino che di tanto in tanto nel retrobottega vendeva giacche di pelle o cassette musicali la cui provenienza era spesso un mistero. Quando da sotto le spesse tende filtrava ancora un raggio di luce, si poteva bussare sul vetro anche molto dopo l’orario di chiusura. Allora il proprietario spiava con fare sospetto attraverso una fessura nella tenda e subito dopo toglieva il catenaccio alla porta facendo cenno di entrare. Lì si riunivano anche la maggior parte dei miei amici, i figli dei gendarmi e un paio di impiegati svizzeri che come me alloggiavano in albergo. Parlavamo e bevevamo fino all’alba. In ufficio non c’era molto da fare. Il mio predecessore aveva trascorso le sue giornate conteggiando gli articoli di
cancelleria. Su ogni scatola di matite o di bloc-notes erano indicati la quantità iniziale e la data del prelievo. Le immagini religiose con cui aveva addobbato l’ufficio, le avevo staccate da un po’ di tempo e sostituite con manifesti turistici della Svizzera, paesaggi innevati e immagini di quella natura che tanto mi mancava a Parigi. In compenso qui ho trovato molte cose che mi erano mancate a casa. Quell’anno andai ottanta volte al cinema, vidi tutti i classici che nel nostro piccolo cinema di campagna non avevano mai proiettato, come C’era una volta il West, Fuga di mezzanotte o Papillon, ma anche film d’azione meno rinomati con doppio spettacolo a prezzo ridotto. Quando uscivo dal cinema e a passi rapidi percorrevo i Grands Boulevards, ancora affollati anche a notte inoltrata, mi sentivo come gli eroi di quei film, uomini soli in città buie che rivestivano nello stesso tempo il ruolo di preda e cacciatore. Un collega mi fece scoprire il mondo del jazz trascinandomi continuamente al New Morning, un piccolo locale jazz in Rue des Petites Ecuries dove si esibivano i grandi jazzisti. Diversamente si poteva assistere alle loro performance solo al famoso Olympia. Alle volte capitava che, durante la pausa di un concerto, veniva da me in albergo, mentre io ero già a letto, e mi obbligava a seguirlo per non perdere la seconda parte di una serata geniale. Grazie a lui sentii suonare Lionel Hampton e George Adams, Niels-Henning Ørsted Pedersen e Chet Baker, che morì poco dopo.
Fulcro // 25
Durante una gita in Normandia mangiai per la prima volta nella mia vita dei frutti di mare, iniziai a fumare e comprai il mio primo dopobarba, «Jules», un profumo all’aroma di cannella che ancora oggi mi sembra di sentire nell’aria. Con i miei amici mi aggiravo nel quartiere a luci rosse di Rue du Faubourg Saint-Denis. Ascoltavamo le trattative tra prostitute e clienti osservando gli uomini che scomparivano negli androni delle case per poi ricomparire dopo poco. E quando una di quelle donne ci chiedeva d’accendere o ci afferrava per un braccio dicendo «Sali con me?», ci sentivamo adulti e ci allontanavamo spediti. La mia Parigi diventava ogni giorno più grande, le mie passeggiate mi conducevano sempre più spesso nei quartieri della periferia. Scoprii il Parc des Buttes-Chaumont, un meraviglioso piccolo paesaggio fiabesco nel 19° arrondissement, i canali parigini, le taverne dei camionisti sulla tangenziale dove servivano una fonduta di formaggio straordinaria. Al grande mercato delle pulci presso la Porte de Clignancourt acquistai un impermeabile militare inglese che indosso in quasi tutte le foto di quel periodo. Durante le vacanze estive andammo a trovare i nostri amici francesi sull’Atlantico in un campeggio riservato ai gendarmi e ai loro familiari. A mezzogiorno mangiavamo ostriche sulla spiaggia e di sera ballavamo in una discoteca improvvisata. E alla fine c’era anche una ragazza austriaca, che inizialmente aveva una stanza nel nostro albergo e
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Peter Stamm: la sua prima opera è stata Habermus «Non sono obbligato a scrivere, ma amo la scrittura più di ogni altra cosa», dichiara lo scrittore Peter Stamm (49 anni) riguardo al suo lavoro, «non mi annoia mai, anzi mi stimola di continuo. Non ho mai avuto, né ho tuttora, la sensazione di raggiungere l’obiettivo desiderato.» Il romanzo di debutto di Stamm, «Agnes», è stato pubblicato nel 1998. Lo scorso anno, con i suoi ultimi racconti «Seerücken», lo scrittore nato in Turgovia è stato nominato per il premio della Fiera del libro di Lipsia e per Premio svizzero del libro. Per Stamm un buon testo è valido se vive: «Secondo me questa è la felicità.»
Il testo pubblicato fa parte del nuovo libro Paris, Liebe, Mode, Tête à Tête (Editore Corso).
Il primo testo ancora disponibile di Stamm è una ricetta per la pappa d’avena che scrisse all’asilo. Un altro testo degli esordi, «una poesia su Ferdi Kübler, un ciclista che una volta mi aveva regalato una foto autografata e un berretto con la visiera». Non si ricorda più quando decise di dedicarsi alla scrittura come lavoro, scrive Stamm che ora vive a Winterthur: «So solo che la notte di Capodanno prima del mio ventesimo compleanno ebbi l’idea per un romanzo che solo un
anno più tardi portai alla sua pessima conclusione. Non sapevo come si diventa scrittori e se allora avessi saputo che ci sarebbero voluti ancora 15 anni prima della pubblicazione del mio primo romanzo, difficilmente avrei continuato.»
Fulcro // 27
poi si era presa un piccolo monolocale nelle vicinanze. Ma questa è un’altra storia. Alla Gare de l’Est, da cui quell’anno partii un paio di volte per trascorrere le ferie in Svizzera o per un week end prolungato, c’era un cartellone «Arruolati nella legione straniera». Non pensai mai seriamente di diventare un legionario, ma un giorno ordinai i documenti all’indirizzo indicato. Alimenta-
te, nella terra c’è qualcosa di tuo, che anche quando non ci sei resta ad aspettarti». Il mio paese rappresentava la mia infanzia alla quale non potevo o volevo tornare, ma che non ho mai perduto. Parigi mi ha procurato delle ferite che per uno scrittore sono più importanti degli studi di letteratura o dei corsi di scrittura creativa. In questa città gigantesca, in cui spesso mi sono senti-
«Parigi mi aveva inferto alcune ferite che per uno scrittore sono più importanti degli studi di letteratura». va la promessa di un mondo ancora più grande, dove non c’era solo la strada per tornare a casa ma anche strade che conducevano oltre, verso sud, nel mondo arabo e africano. Parigi mi ha fatto crescere. Ho imparato che le persone, come diceva Hugo Lötscher, non hanno radici ma gambe. E che in questa grande città era possibile scomparire nella solitudine di una minuscola camera o tra la folla. Ognuno era responsabile di se stesso, chi non si sforzava, si perdeva. Al contempo mi riconciliai con il mio paesino e compresi ciò che scrisse Cesare Pavese in «La luna e i falò»: «Un paese ci vuole non fosse che per il gusto di andarsene via. (…) Un paese vuol dire non essere soli, sapere che nella gente, nelle pian-
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to solo, disorientato e infelice, la letteratura è diventata un mezzo di sopravvivenza. Una sera, in occasione di una visita ad amici, entrai in un cortile interno che sembrava un pozzo in cui regnava una quiete perfetta. Dopo mesi di rumore e di confusione questo silenzio improvviso fu come uno choc, come un risveglio repentino. Mi ero abituato a Parigi, ma la città continuava a richiedere una fatica eccessiva. Da quel momento cominciai a non uscire più così spesso, a evitare i miei amici e a mangiare in camera invece che al ristorante. Sedevo alla finestra e guardavo per ore i cortili interni, leggevo sempre più e passeggiavo da solo per la città. Il mio bisogno di dare forma a ciò che vivevo e
vedevo diventò sempre più forte e iniziai a scrivere i primi testi con la vecchia macchina da scrivere Hermes in ufficio, sulla quale aggiornavo le schede dei conti. Alcuni di questi testi non erano più lunghi di un paio di righe, piccole scene, sensazioni e ogni genere di pensieri dal gusto saccente. Quasi tutto è perduto, ma un paio di frammenti, alcuni ricordi si ritrovano nel primo romanzo che ho scritto poco dopo il mio ritorno in Svizzera. «Allora ero felice. (…) Sulla piccola barca a remi nel Bois de Boulogne a Parigi, con un buon amico e questa ragazza svizzera che non mi piaceva particolarmente, ma che era piena di vita e abbronzatissima, come l’estate nel parco, con la sua gonna bianca corta e le braccia e le gambe scure». Il titolo del romanzo si ispirava a una citazione di Charles Baudelaire, «Un sogno di pietra», e iniziava e finiva su un treno per Parigi. Giustamente non trovò un editore. Ma fu un inizio, come il mio viaggio a Parigi, da cui non sono mai veramente ritornato.
Il fotografo Marco Benedetti, classe 1961, vive a Bienne e nel 2011 gli sono stati conferiti diversi premi internazionali. Le sue foto raccontano storie tranquille e poetiche che non vogliono essere a tutti i costi moderne, ma rendono sempre omaggio alla bellezza.
Cittadini… bestialmente affascinanti
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La città di Zurigo è l’area più urbanizzata della Svizzera. Oltre a diverse centinaia di migliaia di abitanti, ospita una fauna sorprendentemente varia: circa 894 specie animali trovano qui il proprio habitat. SWISSLIFE vi presenta, riportando come esempio uno dei rispettivi rappresentanti, i gruppi più importanti e svela quanti esemplari di questa specie sono stati avvistati in città.
6
La vanessa io è una delle 64 farfalle diurne che vivacizza lo spazio aereo di Zurigo.
La biscia dal collare rappresenta una delle sei rare specie di rettili zurighesi.
97
12
Il gambero di fiume è un artropode che rientra tra le dodici specie di crostacei presenti.
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La rana verde minore, uno dei dodici anfibi individuati, è un ibrido tra la rana dei fossi e la rana verde maggiore.
Il picchio verde, insieme ad altri quattro membri della famiglia dei picchi, rientra tra le 97 specie di uccelli presenti.
Mix di numeri // 29
43
40
Il cinghiale è uno di loro: in città sono presenti 40 specie di mammiferi, dal tasso alla puzzola, fino ad arrivare al ghiro.
La libellula pelosa è una delle 43 specie di libellule e rientra tra le 555 specie di insetti documentate a Zurigo.
La chiocciola, insieme ai suoi 100 conspecifici, è uno degli animali più diffusi nell’area urbana.
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La cavalletta verde, una delle 31 specie di cavallette, per fortuna non si sposta in sciami.
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27
Il pesce persico, come quasi tutte le 27 specie di pesci, vive nel lago e nei fiumi.
Fonte: Stadtfauna – 600 Tierarten der Stadt Zürich, Haupt Verlag, illustrazioni: www.atelier-symbiota.de /Alexander Schmidt
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FATE FIORIRE GLI AMBIENTI: CON SILENT GARdEN dI CRÉATION BAUMANN.
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Pattugliatori // 31
Foto: Giorgio von Arb
Il futuro comincia qui. Almeno una volta la settimana si trovano su strade, piazze, raccordi e garantiscono lo scorrere del traffico e la sicurezza dei pedoni.
SWISSLIFE Primavera 2012
Il Kadetten-Korps Basel (KKB) è composto da ragazze e ragazzi dai dodici anni in su. Non guadagnano un cen tesimo perché il loro è un lavoro di volontariato, inoltre partecipano continuamente a corsi di formazione e per fezionamento. SWISSLIFE ritrae dieci pattugliatori e due responsabili mentre erano impegnati a lavorare con gioia un sabato di pioggia alla Messeplatz di Basilea.
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Mathieu Kroll (14 anni), pattugliatore, Basilea: «Faccio sì che il trasporto pubblico abbia sempre la precedenza».
SWISSLIFE Primavera 2012
Giuseppe Di Falco (14 anni), pattugliatore, Basilea: ÂŤtrovo interessante regolare il trafficoÂť.
sven D. (13 anni), pattugliatore, Münchenstein Bl: «Mi diverto quando posso assumermi delle responsabilità».
SWISSLIFE Primavera 2012
Denny Mai (14 anni), pattugliatore, Basilea: ÂŤil pattugliatore del traffico deve sempre mantenere il controllo dâ&#x20AC;&#x2122;insiemeÂť.
ivan huGentoBler (13 anni), pattugliatore, Basilea: ÂŤnoi ci divertiamo sempre e fra noi regna un bel cameratismoÂť.
SWISSLIFE Primavera 2012
Mirco cucci (21 anni), sergente maggiore, Basilea: ÂŤcon il nostro lavoro garantiamo la sicurezza sulle stradeÂť.
clauDio roMeo (27 anni), capitano aggiunto, Basilea: «provvedo a un’utile attività nel tempo libero presso il Kadetten-Korps Basel».
SWISSLIFE Primavera 2012
sven ruF (14 anni), pattugliatore, Basilea: «ciò che imparo qui mi sarà certamente utile in futuro».
Mayuran sivanathan (13 anni), pattugliatore, Basilea: ÂŤDobbiamo essere gentili, disponibili e attenti nei confronti di tuttiÂť.
SWISSLIFE Primavera 2012
DoMiniK chastonay (13 anni), pattugliatore, Basilea: «ogni intervento è diverso e si impara sempre qualcosa di nuovo».
GaBriele santoro (14 anni), pattugliatore, Basilea: «È impegnativo tenere sempre tutto sotto controllo».
SWISSLIFE Primavera 2012
alex staMMherr (13 anni), pattugliatore, Gempen Bl: «il nostro compito è garantire lo scorrimento continuo del traffico».
A Swiss Life // 47
Testo: Barbara Klingbacher, foto: Tom Haller
Il tracciatore Per Roger Widmer strade e scale rappresentano semplicemente delle possibilità, non degli ostacoli. Il tracciatore di Berna cerca il proprio percorso, pianificandolo in modo più rapido ed efficiente di quanto progettato dagli architetti.
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SWISSLIFE Primavera 2012
A
lcune settimane fa Roger Widmer ha conquistato una nuova zona: una terrazza grigia immersa tra siepi e muri di cemento, disabitata e inutilizzata, un non luogo urbano, proprio come piace a lui. Il trentunenne si scalda i muscoli con la massima cura, poi scivola sulle panchine, dove ormai nessuno si siede più, avanza in equilibrio sui mancorrenti, che non proteggono nessuno, e oltrepassa muri da tempo dimenticati. Widmer ripete i movimenti in successione, agilmente e apparentemente senza sforzo. Finché improvvisamente una voce risuona attraverso l’area. «Ehi tu! Scendi subito!», urla il custode avvicinandosi a passi rapidi. Per Roger Widmer è facile comprendere l’altra prospettiva. «Il custode si trova davanti un individuo sporco con i pantaloni larghi che fa tutto ciò che è vietato», dice. L’uomo pensa di avere davanti a sé uno scapestrato e si immagina solo seccature, atti di vandalismo e violenza.» Da dodici anni Widmer pratica lo sport urbano del parkour. Si è trovato spesso in queste situazioni. E in realtà gli piacciono questi incontri. Perché per lui non sono diversi dai muri e dai salti nel vuoto che affronta di continuo: sfide che bisogna superare. Seccature, atti di violenza e vandalismo? Il custode non potrebbe sbagliarsi di più. Roger Widmer ha fondato nel 2008, insieme ad amici, la ditta ParkourONE e da allora si guadagna da vivere con questo sport. Mette in scena delle performance e compare in spot, ma soprattutto insegna nelle scuole e nei centri sociali per i giovani, collabora con centri per la prevenzione delle tossicodipendenze, con la polizia e tiene corsi di management. Questo «scapestrato» ha studiato per diventare orefice, ha un diploma da insegnante, una linea di abbigliamento con il marchio «Etre fort», di cui una percentuale del ricavato viene investita a favore dell’ambiente, e svolge l’incarico di ambasciatore di Pet-Recycling. Inoltre, Widmer è sposato e padre di due bambini piccoli che «educa proprio secondo i principi del parkour.» Nonostante la barba Widmer sembra avere meno di 31 anni. È snello e ben allenato, ha una mente rapida e parla in modo corretto e preciso. Per spiegare la filosofia che sta alla base di questo sport, allunga una mano piena di calli dovuti a cemento e acciaio. Ogni dito indica un principio, dice Widmer: umiltà, fiducia, rispetto, prudenza e rinuncia alla competizione. «Etre fort pour être utile», «essere forti per essere utili» recita il motto del parkour, uno slogan che si addice perfettamente anche agli esploratori. Ed effettivamente è un tracciatore, come si definiscono i protagonisti di questo sport, niente altro: uno «che spiana la strada», cerca il suo percorso.
Tralasciando la filosofia, è semplice spiegare il parkour: «Si tratta di arrivare da A a B nel modo più rapido ed efficiente», afferma Widmer. Il metodo è stato sviluppato in passato dall’esercito francese per fuggire attraverso la giungla senza disperdere troppe energie. Alla fine degli anni Ottanta il figlio di un soldato, David Belle, trasferì questa tecnica nel paesaggio urbano dei sobborghi parigini. Le strade e i vicoli di una città sono semplicemente delle possibilità, non ostacoli. Dove gli altri vedono muri, un tracciatore individua dei percorsi, intravede delle scale su facciate apparentemente lisce e passaggi invece di precipizi. «Non seguiamo le indicazioni di architetti e urbanisti», dice Roger Widmer. «Vediamo il terreno in modo nuovo, con gli occhi di un bambino e la mente di un adulto.»
«Ecco questo individuo sporco con i pantaloni larghi che fa tutto ciò che è vietato. L’uomo pensa di avere davanti a sé uno scapestrato e si immagina solo seccature, atti di vandalismo e violenza.» Già da bambino Roger Widmer di rado sceglieva una strada già battuta. Da ragazzino imparò da solo a usare il monociclo, mentre tutti gli altri giocavano con il pallone da calcio. A dodici anni si invaghì del suono del didgeridoo e se ne costruì uno da solo. A 18 anni vide un reportage sul pioniere del parkour David Belle e decise di dedicarsi a questo sport. A Widmer poco importava che all’epoca non ci fossero posti dove poterlo imparare. Proprio il giorno successivo andò alla ricerca del suo primo non luogo, un posto abbandonato presso la stazione di Münsingen. Camminò in equilibrio sui parapetti, saltò da un muretto all’altro, si appese ai tronchi degli alberi in alto, instancabilmente per ore, ogni giorno. «Mi sono sempre piaciute le forme semplici ed essenziali», dice «e non esiste uno sport più essenziale del parkour: qui conta solo il proprio corpo e l’ambiente circostante.»
Sempre di corsa: nella cittĂ vecchia di Berna ormai si sono abituati ai percorsi insoliti di Roger Widmer. SWISSLIFE Primavera 2012
Il suo regno è rappresentato dai parapetti della città : il tracciatore Roger Widmer.
A Swiss Life // 51
Roger Widmer e i suoi amici, che si sono uniti a poco a poco, hanno dato vita al primo gruppo di parkour fuori dalla Francia. Per quattro anni hanno imparato questo sport da autodidatti, diventando particolarmente orgogliosi delle capacità sviluppate. Ma quando nel 2004 si recarono a Lisses in Francia, il paese di residenza di David Belle e la mecca del parkour, «lì abbiamo capito che non eravamo ancora arrivati da nessuna parte», dice Widmer. Una buona lezione di umiltà, perché anche per la superbia esiste una massima estremamente saggia: «Chi crede di essere il più grande perché è riuscito a superare un muro alto, dimentica che ne esistono sempre di più alti», dice Widmer. Ma non potrebbe mai rinunciare agli anni da autodidatta. Gli hanno insegnato il
«Indipendentemente dall’ostacolo che si incontra sulla propria strada, non si può cambiare una situazione problematica, ma solo puntare a migliorarsi per superarla».
rispetto: per la propria paura e per l’esperienza. Perché solo l’esperienza permette di calcolare il rischio nel parkour. Quali dimensioni devono avere le sporgenze per permetterti di scavalcare i muri? Quale materiale ha una buona presa, quale è scivoloso? Con quanta ruggine un parapetto diventa instabile? In dodici anni Widmer si è creato una specie di banca dati tattile con migliaia di prese e salti che gli permette di prendere decisioni rapidissime durante un percorso. Questa capacità forse gli ha salvato la vita. Due anni fa, mentre era in giro con la sua moto a Münsingen, fu tamponato da un’auto che viaggiava a 50 chilometri orari. Già in fase di caduta Widmer cercò una via, individuò il punto meno pericoloso sul bordo della strada, modificò la direzione della sua caduta, fece una capriola: tutto in una frazione di secondo. La moto è finita sotto l’auto e Widmer si è rotto una gamba. «Sentivo che mi ero fatto male», si ricorda. «Dissi agli automobilisti agitati che dovevamo mettere in
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sicurezza il luogo dell’incidente e chiamare la polizia, poi dovevo andare in ospedale.» Widmer restò così tranquillo che il medico dell’ambulanza pensò che fosse sotto choc. «In quel momento», racconta «mi resi conto che i dieci anni di parkour mi avevano reso più forte anche mentalmente». Nelle vicinanze della torre Blutturm sulla sponda del fiume Aare, intorno allo stadio di atletica leggera di Wankdorf o sulla Grosse Schanze in centro città: i passanti bernesi si sono abituati alla presenza dei tracciatori. Il parkour è diventato uno sport alla moda; per i corsi di preparazione di ParkourONE ci sono liste di attesa. Ma chi inizia a praticare questo sport perché è considerato trendy, abbandona quasi subito. L’allenamento è duro. «Così duro», dice Widmer, «che non si ha la forza di pensare al suo fascino». Sebbene l’obiettivo sia sempre il superamento dei propri limiti, il parkour non è uno sport competitivo. «A un tracciatore non inte ressa chi corre più veloce, chi si arrampica più in alto o salta più lungo», dichiara Widmer. «Nessun allenatore ti dice se ti muovi correttamente, ma te lo farà capire il pavimento o il muro.» Durante i corsi Widmer insegna ai ragazzi non solo le tecniche alla base di questo sport, ma anche le sue regole di vita: indipendentemente dall’ostacolo che si incontra sulla propria strada, non si può cambiare una situazione problematica, ma solo puntare a migliorarsi per superarla. Questo sistema funziona anche quando l’ostacolo, per una volta, è rappresentato da un custode furioso che si avvicina a passi rapidi urlando «Vattene subito!». Roger Widmer finisce di raccontare l’aneddoto. Quel pomeriggio si diresse sulla terrazza verso il custode, disse il suo nome e gli spiegò cosa faceva lì. Cortesemente, in modo educato e rispettoso. Naturalmente avrebbe rispettato il divieto del custode. Ma dopo quella conversazione l’uomo gli permise addirittura qualcosa che Widmer non si sarebbe concesso da solo: arrampicarsi sulla facciata dell’edificio. Lo «scapestrato» e il presunto ben pensante si salutarono sorridendo. Alla prossima, disse il custode e aggiunse: «Se fossi più giovane, ci proverei anch’io.»
La pluripremiata autrice e giornalista Barbara Klingbacher vive e lavora a Zurigo.
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È facile utilizzare i codici QR
1 // Caricate un QR Code Reader sul vostro smartphone. Tra l’altro la maggior parte delle app gratuite funziona perfettamente.
2 // Attivate l’app e puntate la camera sul codice QR: l’app lo riconosce immediatamente e lo decodifica.
3 // È sufficiente toccarlo una volta per usufruire subito di un contributo filmico, audio o di testo.
I piaceri della tavola // 55
Semplicità, ma di ottima qualità: saluti di primavera dal Ticino Le cose buone spesso sono a portata di mano, basta semplicemente scoprirle: ad esempio, i saltimbocca di asparagi di Magadino. Preparati con la formagella locale, incantano i sensi e coronano la primavera gastronomica.
Illustrazione: Sylvia Geel
Matthias Althof parla dei prodotti freschi
I saltimbocca di asparagi di Magadino con formagella fusa e insalatina primaverile Mondare e cuocere gli asparagi, avvolgerli con il prosciutto crudo e una foglia di salvia lasciando libere le punte. Con una fetta di prosciutto crudo preparare una decorazione a forma di rosa e metterla sull’involtino di asparagi, cuocere in forno a 160 gradi per circa 6 minuti finché il prosciutto diventa croccante. Riscaldare leggermente la formagella, da 3 a 5 minuti, in una padella o gratinarla, versarla sull’involtino di asparagi. Servire con insalatina primaverile, magari già con aglio orsino, condita da un dressing alle erbe aromatiche ed aceto o con patate novelle. Ingredienti per 4 persone: 480 g di asparagi verdi cotti, 16 fette di prosciutto crudo (circa 80 g), 160 g di formagella tagliata a fette, insalatina primaverile
SWISSLIFE Primavera 2012
Per me è importante lavorare con i produttori locali che mi forniscono ingredienti sempre freschissimi, impossibili da reperire in altro modo. Non a caso il formaggio di capra della Val Onsernone proviene da una fattoria di nome La Capra Contenta. E la carne di vitello prodotta in allevamenti regionali viene dalla macelleria di Intragna. Io utilizzo i prodotti della valle e li acquisto da persone che mettono la massima cura e passione nel loro lavoro artigianale, produttori che ogni tanto vengono da me a bere un bicchiere di vino o a pranzare con la famiglia. Questo ci unisce. Lavorare con i loro prodotti rende più facile cucinare: un po’ di asparagi di Magadino, un po’ di prosciutto crudo di maiale locale, formagella di un’alpe gestita con cura, insalatina primaverile, ed ecco pronto un piatto suberbo! Matthias Althof gestisce il ristorante Tentazioni a Cavigliano TI insieme alla moglie, la pasticciera Elvira Soler Althof. Per la sua arte culinaria è stato insignito con 15 punti Gault Millau e acclamato come rivelazione del 2012 in Ticino. www.ristorante-tentazioni.ch
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Reeto von Gunten // 57
In origine voleva dedicarsi alla pesca con la mosca. Ma si è rivelata troppo complicata per lui. Perciò il nostro autore ora «va a pesca» con una macchina fotografica immortalando momenti di vita reale. Un giorno, tra la prima e la quarta settimana civile del nuovo anno, la mia intenzione di fare jogging si è persa per la strada. Tuttavia la mia coscienza sporca è sempre lì a ricordarmi la mia pigrizia e il tempo che passa. In origine volevo dedicarmi alla pesca con la mosca. Questa attività trasmette una sensazione di pace, un equilibrio quasi zen, per lo meno nei miei ricordi di questo film cinematografico. Purtroppo la realtà aveva in serbo per me un equipaggiamento incredibilmente complicato, scartoffie burocratiche da evadere e ore di preparazione tecnica. Inoltre la mia motivazione risentiva dell’idea di dover uccidere qualcuno come punto culminante del mio hobby. E questa è stata anche la fine della pesca con la mosca. Riposi in pace. Ma: voglio ancora stare in movimento. E siccome porto gli occhiali, a causa della presbiopia dovuta all’età, sento questo strano impulso a voler affinare la mia sensibilità, naturalmente in senso metaforico. Riuscire finalmente ad avere una visione d’insieme, capire la vita. Ma questo era un piano: cercare di vedere lontano! Sano spirito di esplorazione! All’aperto invece che davanti allo schermo! Mi piace l’idea! Quindi ho deciso, da quell’inconsapevole fotografo amatoriale che sono, di diventare almeno un fotografo dilettante e mi sono immerso in siti web di fotografia, ho trascorso interi pomeriggi su libri di foto, mi sono occupato in modo approfondito di composizione dell’immagine e della soggettività della nitidezza. E qui ho scoperto qualcosa. Qualcosa che potrebbe essere definito «pura fotografia»; praticamente l’opposto di tutto quello che è possibile fare con un telefono e alcune applicazioni. Ho sempre nutrito sospetti nei confronti
SWISSLIFE Primavera 2012
dei programmi di elaborazione dell’immagine. Chi modifica le foto dopo, in fin dei conti contribuisce solo al flusso delle onnipresenti immagini false. Mi interessa molto più ritrarre la realtà. Il reale che vedo durante le mie scorrerie attraverso la città che mi hanno ispirato la maggior parte delle storie. Lì dove vivo e posso osservare la vita intorno a me. E mi sono anche inventato una massima per il lavoro, in fondo le proprie esigenze vogliono essere espresse in parole e quindi seguite con risolutezza. Così come per il jogging, tra la prima e la quarta settimana civile. Quindi non aspirerò ad immagini impressionanti, ma mi metterò alla ricerca di spontaneità e autenticità, di quel momento che non è prevedibile e che scompare nel giro di pochi secondi. Per questo mi sono procurato una fotocamera che richiede una certa abilità manuale, ma non mi obbliga a regolare l’autofocus né a impostare la modalità «Panorama» perché ignora completamente simili funzioni. E il primo scatto è coinciso con la foto che tutti si fanno da soli solo per la gioia di avere una nuova fotocamera: un autoritratto allo specchio, neanche tanto migliore di quello scattato con il telefono. Inoltre successivamente ho applicato un «effetto antiriflesso» al computer. La mia strada è ancora lunga. E per il momento sono poco convinto di potervi mostrare una delle mie «fotografie reali» in uno dei prossimi numeri. Ma mi sto dando da fare. Promesso. Reeto von Gunten scrive per SWISSLIFE di cose con una storia particolare. Questo speaker radiofonico (DRS3), autore e narratore è affascinato dalle piccole meraviglie della vita.
Siete abbastanza preparati? QUALE CITTÀ INNALZERÀ NEL 2012 UN MONUMENTO ALTO 175 M A SE STESSA? D > WINTERTHUR A > BASILEA
IN QUALE CITTÀ SI TROVA IL PRIMO GRATTACIELO DELLA SVIZZERA? G > LOSANNA N > GINEVRA
IN QUALE CITTÀ È POSSIBILE AMMIRARE IL CAMPANILE PIÙ ALTO, 101 M, DELLA SVIZZERA? G > THUN U > BERNA
Vincete un pernottamento al Grand Hotel Dolder di Zurigo.
Concorso // 59
SU QUALE CITTÀ DOMINA QUESTA CATTEDRALE ALTA 74 M? L > FRIBURGO N > SOLETTA
DOVE SI TROVA L’EDIFICIO SVIZZERO PIÙ ALTO (PER ORA) CON I SUOI 126 M? L > BASILEA O > ZURIGO
DI QUALE CITTÀ È SIMBOLO QUESTO PONTE CON TORRE? D > SAN GALLO N > LUCERNA
Messi uno accanto all’altro, i più grandi monumenti architettonici svizzeri formano un’impressionante e grandiosa skyline. Ma quale edificio si trova in quale città? Se componete correttamente le lettere delle soluzioni si formerà il nome di una nota località e, con un po’ di fortuna, potete vincere una cena e un pernottamento per due persone del valore di 1500 franchi nel miglior hotel cittadino svizzero (rating degli alberghi della rivista economica BILANZ 2011): il Grand Hotel Dolder a Zurigo. Partecipate in Internet (www.swisslife.ch/rivista) a questo concorso o rispondete alle sei domande sulla cartolina-risposta (aletta della copertina posteriore). Ultimo termine di partecipazione è lunedì 30 aprile 2012. La vincitrice o il vincitore verrà reso noto nel prossimo numero di SWISSLIFE. Congratulazioni al signor Marco Montanari, 6010 Kriens, vincitore dell’ultimo concorso, un sistema home theatre Sony Blu-ray BDV-L800 del valore di 899 franchi offerto da Sony. La risposta corretta era: A.
SWISSLIFE Primavera 2012
60 // Fuoriprogramma
Phenomden sulla sua canzone «Stadt»
«È bellissimo essere di nuovo qui.» Sie wär nüüt ohni eus mir wäred nüüt ohni sie i ihre inne findet’s statt und drumm suechemer sie jede liebt sini eigeni‚ s isch ganz egal ob Basylon, Burn oder Z’riich-shitty «Un anno fa sono stato via per un periodo piuttosto lungo, ho trascorso dieci mesi a Kingston, in Giamaica, ho vissuto sulle colline della City, a Redhills, in cinque minuti si arrivava in pieno centro, rumoroso, caldo, uno sballo – ti senti nell’universo come se fossi a casa tua, in un altro luogo, in un’altra città. Lì ho scritto molte canzoni, ho trascorso un periodo bellissimo, ma in un certo qual modo ho anche dimenticato come ci si sente quando ci si muove in un ambiente familiare, tra amici e conoscenti. Quando sono tornato qui in Svizzera sono rimasto davvero colpito. Lavoravo in un’officina di assistenza bici, nella quale arrivavano clienti che mi riconoscevano e dicevano: «Bello che sei tornato, quando pubblichi un nuovo album?» – e io pensavo, wow, grandioso: è bellissimo essere di nuovo qui. Erano così cordiali, mi ha davvero commosso, tornare a casa così e rendermi conto che la gente qui è felice per me e addirittura mi aspetta! Ho rincontrato i miei amici, sono tornato nei luoghi a me familiari, nelle vie del quartiere che conoscevo – ero a casa mia, nel luogo in cui mi sentivo bene,
era davvero la mia città. Ho però anche notato, soprattutto quando ero in studio, che le canzoni che avevo scritto in Giamaica non soltanto erano diventate più melodiose, ma anche più universali per quanto riguarda i temi affrontati. Me lo hanno detto anche i musicisti della mia band, The Scrucialists, che però hanno aggiunto: «Si sente che non hai scritto queste canzoni a casa tua a Zurigo.» Poi ho incontrato Stereo Luchs, avevamo già scritto alcune canzoni in cui criticavamo moltissimo ciò che accade nelle città: speculazione, penuria di alloggi, difficoltà nei trasporti. Ma poi ci siamo detti: forza! Invece di parlare delle cose che non vanno bene, sarebbe bello dire cosa ci piace della città – ed è così che è nata questa canzone. La canzone rispecchia perfettamente il mio stato d’animo, avevo ricevuto davvero una calda accoglienza qui in questa città, che è come un piccolo paese, si frequentano gli stessi luoghi, ci si incontra negli stessi bar, negli stessi quartieri, e ci si accorge che a volte una città è come un piccolo mondo. Per questo ho inserito nella canzone anche qualche soprannome, un cittadino non si deve prendere troppo sul serio. Non importa se si tratta di Lufern (Lucerna), Senf (Ginevra), Lug (Zugo), Winterchur (Winterthur), Basylon (Basilea), Burn (Berna) o Tüüri-city (Zurigo) – le città sono come una relazione amorosa: pensi, cavoli, che bella storia e, in men che non si dica, ne hai abbastanza e sei felice di potertene andare – per un momento. Ma è straordinariamente bello anche vivere il ritorno, anche a Z’riich-shitty.» Phenomden è attualmente in tour in Svizzera con il suo nuovo album «Eiland». È accompagnato dalla sua band The Scrucialists, a volte anche da Stereo Luchs, con cui ha inciso la canzone «Stadt». Grazie al suo facile reggae in stile giamaicano e ai suoi testi gradevoli quanto impegnati, Phenomden è tra i più importanti rappresentanti di una nuova scena musicale svizzera indipendente. www.phenomden.ch
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Desidero una consulenza personale. P.f. contattatemi.
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Swiss Life Business Profit (cfr. UPDATE pag. 5) Swiss Life Classic Crescendo Duo (cfr. UPDATE pag. 6) Opportunità d‘investimento presso Swiss Life (cfr. UPDATE pag. 8) Altro:
Desidero ricevere maggiori informazioni. Inviatemi documentazione sui seguenti argomenti:
Termine per la partecipazione: 30 aprile 2012
Uno dei cinque buoni regalo di Ochsner Sport del valore di 200 franchi ognuno (cfr. UPDATE pag. 10).
La soluzione è:
Una cena e un pernottamento per due persone al Grand Hotel Dolder di Zurigo del valore di 1 500 franchi circa (cfr. pag. 58)
Voglia di vincere!
SWISSLIFE // Primavera 2012 // Storie urbane Scaricare le app per i codici QR e immettere il codice con il telefonino: buon divertimento con le storie urbane die Alex Capus!
Le storie dietro i nostri codici QR sono tratte dall’ultima raccolta di articoli di Alex Capus, «Der König von Olten kehrt zurück» (Knapp Verlag).
SWISSLIFE Primavera 2012 // Storie urbane
SWISSLIFE // Primavera 2012 // Storie urbane
Mittente: Nome Cognome Via/n. NPA/Località E-mail Telefono
Scannerizzate con il telefonino i codici QR e gustate le storie urbane di Alex Capus. (È facile utilizzare i codici QR: cfr. pag. 54)
Condizioni di partecipazione: Possono partecipare al concorso tutte le persone a partire da 18 anni domiciliate in Svizzera, esclusi le collaboratrici e i collaboratori del gruppo Swiss Life e le eventuali agenzie coinvolte nella realizzazione nonché i rispettivi famigliari. Le vincitrici e i vincitori riceveranno una comunicazione personale. I premi non possono essere convertiti in contanti. Non viene tenuta corrispondenza sul concorso. È escluso il ricorso alle vie legali.I vostri dati possono essere utilizzati per scopi di marketing.
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3° anno // Numero 1 // CHF 6.50
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Rivista 3.12