TNM n°14 • MARZO - APRILE 2012 • periodico mensile
www.tacticalnewsmagazine.it • € 6.00 “Poste Italiane SpA, Spedizione in Abbonamento Postale DL 353/2003 (convertito in legge 27/02/2004 n°46) art. 1 comma 1 LO/MI”
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FOCUS ON
la leggenda di Carlos HatHcock
REPORT FROM AFGHANISTAN
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EDITORIALE EDITORIALE EDITORIALE EDITORIALE EDITORIALE
Sono nato in Italia, sono un cittadino italiano, amo il mio paese e soprattutto amo e rispetto i miei connazionali, nel silenzio più assoluto ho sempre riposto fiducia nelle istituzioni e nel nostro governo, anche se in molte occasioni non avrei dovuto farlo...questo silenzio rimasto soffocato per molto tempo si è trasformato ora in unico grido...forte... vigoroso... e collettivo
BASTA ... A quella parte di politicanti scaltri ma allo stesso tempo ingenui, appollaiati sulla vostre splendide poltrone in velluto rosso... io dico BASTA... BASTA CON LE CHIACCHIERE, adesso è ora di agire e di riportare a casa alle loro rispettive famiglie Salvatore Girone e Massimiliano Latorre.
BASTA PARLARE... ADESSO DOVETE AGIRE (ritagliate questa pagina, fotocopiatela ed esponetela ovunque, strade comprese... fatelo per Salvatore Girone e Massimiliano Latorre, fatelo per le loro famiglie, fatelo per noi, fatelo per voi... ma sopratutto fatelo per ambire ad una Italia senza chiacchiere). «Massimiliano Latorre e Salvatore Girone, sono orgoglioso di voi e voi mi rendete orgoglioso di essere italiano» Mirko Gargiulo (Tactical News Magazine)
RIALE EDITORIALE
INDICE INDICE INDICE INDICE INDICE INDICE INDICE INDICE
Military - Law Enforcement - Security n°14 - marzo-aprile 2012 - mensile
EDITORIALE 2 NEWS 6 HOT POINT 20 CONTRATTISTI
FOCUS ON 26
NEL MIRINO DI «PENNA BIANCA»
FOCUS ON 34
ESIM GLOBAL - A RISK MANAGEMENT COMPANY
INTERVIEW 36
INTERVISTA AD UNA CELLULA DI BOKO HARAM
REPORT FROM 44 TASK FORCE 45
REPORT FROM 48 TASK FORCE GRIFO
REPORT FROM 52 THE UNIT
WAR MOVIE 58 ACT OF VALOR
ARMI MILITARI 68
F 2000 - IL POLIMERO BELGA
INSIDE 74
U.R.N.A. - CZECH SPECIAL POLICE UNIT
TEST BY TNM 88
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LAW AREA 100
L’INFALLIBILE FIUTO DEI CANI ANTIDROGA IN UNIFORME GRIGIA…
TIRO TATTICO DA DIFESA 106 REPORT FROM 112 EMERGENZA NEVE
FIRE TEST 118
IL RITORNO DEL COGUARO
EXA 2012 122
INIZIATIVE EXA - LAW ENFORCEMENT 2012
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www.tacticalnewsmagazine.it Direttore responsabile Mirko Gargiulo Direttore editoriale Mirko Gargiulo mirko.gargiulo@tacticalnewsmagazine.it Direttore commerciale Giovanni Petretta giovanni.petretta@tacticalnewsmagazine.it Art director Matteo Tamburrino tambetti@gmail.com Impaginazione echocommunication.eu Pubblicità Fabio Boscacci fabio.boscacci@tacticalnewsmagazine.eu Collaboratori Davide Pane, Gianluca Favro, Gianluca Sciorilli, Gianluca H., Fabio Rossi, Galdino Gallini, Marco Sereno Bandioli, Carlo Biffani, Giovanni Di Gregorio, Roberto Galbignani, Zoran Milosevic, Gabriele Da Casto, Marco Strano, T. Col. GdF Mario Leone Piccinni, Marco Buschini, Michele Farinetti, Ovidio Di Gianfilippo, Sergio Giacoia, Mario Vilardi, Alberto Saini, Marco Strano, Dott.ssa Milena Borreani, Lorenzo Prodan, Vincenzo Cotroneo Fotografie ISAF, Department of Defense, Stato Maggiore Esercito, U.S. Navy, NATO Multimedia, The National, Command Special Naval Warfare, Onu Media Press, Zoran Milosevic, Michele Farinetti, Marco Buschini, Fabio Boscacci Redazione redazione@tacticalnewsmagazine.it Periodico mensile edito da: CORNO EDITORE Piazza della Repubblica n. 6 20090 Segrate - Milano - P.IVA 07132540969 Stampa Reggiani Spa Via C. Rovera 40, 21026 Gavirate (VA) Distributore Pieroni Distribuzione s.r.l. Viale Vittorio Veneto, 28 - 20124 Milano Registrazione Tribunale di Milano n.509 del 27 settembre 2010 Iscrizione al ROC 20844 Tutti i diritti di proprietà letteraria, artistica e fotografica sono riservati, ne è vietata dunque ogni duplicazione senza il consenso scritto della Corno Editore
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AROUND THE WORLD
COMMERCIALI
ISRAELE SCEGLIE L’ADDESTRATORE M-346 L’M-346 di Alenia Aermacchi è stato selezionato dal Ministero della Difesa di Israele per addestrare i piloti della propria Forza Aerea. Giuseppe Giordo, Amministratore Delegato di Alenia Aermacchi e Responsabile del Settore Aeronautico di Finmeccanica, ha così commentato: “Ringraziamo il Ministero della Difesa israeliano per la fiducia riposta e la scelta dell’M-346 che conferma l’eccellenza del prodotto, frutto della professionalità e della capacità delle risorse di Alenia Aermacchi”. Il velivolo è stato appena consegnato all’Aeronautica Militare Italiana e, a breve, entrerà in servizio con la Forza Aerea di Singapore. “Questo nuovo e importante traguardo – ha continuato Giordo – rappresenta il risultato della collaborazione sinergica tra l’industria e le Istituzioni italiane e costituisce un successo di grande valore per l’industria aeronautica italiana dell’alta tecnologia e per l’intero sistema Paese”. Saranno circa 30 gli M-346 che andranno a comporre la flotta di addestratori della Forza Aerea Israeliana e rimpiazzeranno i TA-4 Sky-Hawks, attualmente operati dalla IAF (Israel Air Force). La firma ufficiale del contratto è prevista per la metà del 2012 e i velivoli saranno consegnati al Cliente a partire dalla metà del 2014. L’M-346 rappresenta la piattaforma ideale per un sistema integrato d’addestramento di ultima generazione, configurabile anche per ruoli operativi come velivolo da difesa avanzato a costi contenuti (Affordable Advanced Defence Aircraft). L’M-346 è stato progettato seguendo i più recenti criteri di “design-to-cost” e “design-to-maintain” con un sistema avionico che è pienamente rappresentativo dei caccia di nuova generazione fra i quali Eurofighter, Gripen, Rafale, F-22 e il futuro JSF. A seguito del contratto firmato alla fine del 2009, per la fornitura di un primo lotto di sei velivoli M-346 e del sistema di addestramento a terra, sono stati consegnati all’inizio dell’anno i primi due velivoli M-346 all’Aeronautica Militare Italiana. Alla fine di settembre 2010 è stato firmato il primo contratto internazionale con il Governo di Singapore, nell’ambito del programma Fighter Wings Course (FWC). Il Team, formato da ST Aerospace (Prime Contractor), Alenia Aermacchi e Boeing, si è aggiudicato la fornitura di 12 velivoli M-346 e dei relativi sistemi di addestramento a terra (GBTS). La consegna dei primi aeroplani è prevista nel corso di quest’anno. A febbraio 2009 l’M-346 è stato selezionato dagli Emirati Arabi Uniti nell’ambito della gara per la fornitura alla Forza Aerea di 48 nuovi velivoli in versione sia operativa, sia addestrativa. L’M-346 è, inoltre, il velivolo che recepisce, nella sua configurazione, tutte le caratteristiche indicate dall’European Staff Target (EST) concordato dalle nazioni AEJPT (Eurotraining).
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LA FOLLIA OMICIDA DEL SOLDATO USA . 50MILA $ PER OGNI VITTIMA AFGHANA Si sarebbe preso una pausa, di un’ora, nella sua base, il sergente Robert Bales, quando la notte dell’11 marzo scorso ha massacrato con un pioggia di fuoco 17 civili afghani in due villaggi della regione di Kandahar. Questo è quanto ritengono gli inquirenti militari, dopo le prime indagini e interrogatori sui luoghi della strage. La rivelazione è emersa nelle ultime ore grazie a due funzionari americani che hanno chiesto di mantenere l’anonimato e rafforza la ricostruzione secondo cui Bales avrebbe perpetrato la strage da solo, al contrario di quanto affermano alcune fonti afghane e anche lo stesso presidente Hamid Karzai, secondo cui “secondo quanto riferisce la nostra gente, l’aggressore non era uno A sinistra soltanto, ma erano in tanti”. Dopo l’incriminazione il sergente ufficiale del sergente Bales per l’assassinio di Robert Bales 17 persone - nove bambini e otto adulti - gli Stati Uniti hanno intanto pagato 50 mila dollari per ogni civile ucciso, ha riferito un membro del consiglio provinciale di Kandahar, aggiungendo che alle famiglie delle vittime è stato detto che si tratta di soldi che “arrivano dal presidente americano Barack Obama”. Fonti della Nato si sono rifiutate di fare commenti in merito, mentre fonti americane hanno solo confermato l’avvenuto indennizzo, rifiutandosi di precisarne l’entità. Frattanto, il sergente Bales rimane confinato nella prigione di Fort Leavenworth, dove sono detenuti i più noti criminali dell’esercito americano, o presunti tali: tra di loro il soldato Bradley Manning, accusato di essere la ‘talpa’ che ha fornito a WikiLeaks centinaia di migliaia di documenti ‘classificati’ che hanno messo in imbarazzo il Pentagono, il Dipartimento di Stato e le cancellerie di mezzo mondo. O il sergente Mark Kools, che convertitosi all’Islam nel 2003 in Iraq ha lanciato una granata in una tenda uccidendo due ufficiali americani e ferendone altri 14. O diversi altri soldati che sono nel braccio della morte in attesa che venga eseguita la pena capitale a cui sono stati condannati, in alcuni casi anche oltre 20 anni fa. Anche Bales rischia la condanna a morte, ma il suo avvocato civile, Henry Browne, intende dare battaglia fino all’ultimo colpo, usando l’arma dell’infermità mentale, ma non solo. In un’intervista ha affermato che “la gente comprende che noi abbiamo creato questi soldati...i vostri soldi delle tasse, i miei soldi delle tasse, finanziano questo. Abbiamo delle responsabilità. Per questo il governo lo vuole dipingere come un soldato rinnegato”. E ancora: “Non sono certo che si tratti della metafora giusta, ma nei film di Frankenstein il mostro non era Frankenstein, il mostro era il dottor Frankenstein, che lo ha creato”. Browne, che ha difeso diversi casi “impossibili” e viene giudicato come uno dei più autorevoli e controversi avvocati della costa Ovest degli Usa, ha anche raccontato di esser stato “commosso” da Bales in un colloquio in carcere: “Mi ha guardato e mi ha chiesto Starai con me fino in fondo?. Non sapevo cosa dire. Ho risposto, ci sarò fino a quando potrò permettermelo”.
HAMAS RICORDA YASSIN UCCISO 8 ANNI FA: “LOTTA ARMATA CONTRO ISRAELE UNICA VIA” Il movimento islamico di Hamas ha ribadito il valore della resistenza armata contro Israele come unica strada ‘’valida’’ per liberare le terre palestinesi, mentre qualsiasi altra scelta è una “scommessa perdente”. Parlando all’ottavo anniversario della morte del fondatore del gruppo, Sheikh Ahmed Yassin, ucciso il 22 marzo del 2004 dai missili israeliani che colpirono la sua auto a Gaza, Hamas ha chiesto al presidente dell’Autorità nazionale palestinese (Anp) Abu Mazen (Mahmoud Abbas) di evitare nuovi negoziati con lo Stato ebraico. Il nemico sionista, hanno detto gli esponenti islamici che governano Gaza, usa i negoziati come una copertura alla continua costruzione di insediamenti e alla giuidizzazione di Gerusalemme. Intanto Hamas punta il dito contro Israele per la crisi energetica e la mancanza di carburante nella Striscia di Gaza. Il ministro degli Esteri di Hamas, Mohamed Awad, ha detto che “Israele è direttamente responsabile della crisi energetica”, “La crisi deve finire presto”, ha sottolineato, auspicando “il contributo di tutte le parti per risolverla”. “Israele e l’Autorità nazionale palestinese sono al 100% responsabili per la crisi energetica in corso”, ha ribadito anche Mahmoud al-Zahar, esponente di spicco di Hamas, secondo cui “c’è una cospirazione per rovesciare il governo di Hamas a Gaza”. Al-Zahar ha quindi chiesto all’Egitto di aiutare “i palestinesi a risolvere la crisi”.
JOSEPH KONY 5000 SOLDATI GLI DANNO LA CACCIA Cinquemila soldati dell’Unione Africana stanno dando la caccia a Joseph Kony, il leader del gruppo ribelle ugandese, esercito di resistenza del signore. La missione sabato da Giuba, capitale del nuovo Stato del Sud Sudan. Kony è ricercato dalla Corte penale internazionale per crimini di guerra e contro l’umanità, in particolare contro l’infanzia. La missione basata al confine tra sud Sudan e Repubblica democratica del Congo, durerà fino alla cattura di Kony. “La nostra missione è impedire a Kony di infliggere ulteriori sofferenze alle persone delle aree colpite”, ha detto il rappresentante speciale per la cooperazione anti-terrorismo dell’UA, Francisco Caetano Madeira. Kony sarebbe alla guida di circa 200 uomini, divisi in piccoli gruppi tra la Repubblica democratica del Congo, il Sud Sudan e la Repubblica centrafricana. E’ accusato di aver fatto rapire numerosi bambini per farne dei soldati o per sfruttarli sessualmente. Lo ha denunciato a livello mondiale su internet un video diffuso da una ong statunitense e visto oltre 100 milioni di volte.
OBAMA IN COREA DEL SUD PER IL SECONDO SUMMIT SUL NUCLEARE Con un giubbotto di pelle scura da top gun, il presidente americano Barack Obama ha visitato, per la prima volta, l’ultimo confine della Guerra Fredda: la Dmz, la zona demilitarizzata che separa dal 1953 le due Coree, all’altezza del 38° parallelo. In un gesto di solidarietà verso l’alleato sudcoreano, viste le tensioni con Pyongyang, Obama ha raggiunto con l’elicottero ‘Marine One’, poco dopo essere arrivato in Corea del Sud, Camp Bonifas, il comando militare sotto l’egida Onu a 400 metri dalla Dmz e dal villaggio di Panmunjom. Zone tutte già ‘ispezionate’ da illustri predecessori come George Bush nel 2002, Bill Clinton nel 1993 e Ronald Reagan nel 1983. “Siete la frontiera della libertà”, ha detto incontrando circa 50 soldati riuniti in sala mensa. “Il contrasto tra le Coree del Sud e del Nord non poteva essere più chiaro, non poteva essere più netto, in termini di libertà e prosperità”. Il presidente, da una piattaforma d’osservazione, ha scrutato con un binocolo oltre cortina dietro un vetro anti-proiettile, osservando la bandiera nordcorena a mezz’asta nell’ultimo giorno di lutto a 100 giorni dalla morte del ‘caro leader’ Kim Jong-il. La sua visita in Corea del Sud cade col secondo summit sulla sicurezza nucleare di Seul (blindata e dove oggi s’è tenuta una protesta anti-nucleare) e le turbolenze intercoreane sul lancio del ‘satellite’ annunciato da Pyongyang, tra il 12-16 aprile, nei festeggiamenti del 15 aprile per i 100 anni della nascita del fondatore e ‘presidente eterno’, Kim Il-sung. I capi di Stato e di governo (tra cui il premier Mario Monti) di 53 nazioni e i vertici di 4 organizzazioni internazionali sono attesi a Seul per la due giorni che si aprirà domani. Obama ha lanciato il primo vertice a Washington due anni fa, mentre l’appuntamento sudcoreano punta a elaborare azioni più specifiche per prevenire che materiali nucleari finiscano nelle mani di gruppi terroristici. Corea del Nord e Iran non sono ‘temi all’ordine del giorno’, ma di fatto lo sono stati già negli incontri bilaterali pre-summit. Obama ha chiarito, dopo il colloquio con il presidente sudcoreano Lee Myung-bak, che il presunto satellite TNM ••• 8
(ritenuto essere un test di missile a lunga gittata, i cui pezzi sono in fase di assemblaggio alla base di Tongchang) aumenterebbe l’isolamento di Pyongyang con “conseguenze negative”, mentre Lee ha rimarcato che c’è condivisione sul fatto che ogni “provocazione” troverebbe “risposta ferma”. Il colloquio in programma con il presidente cinese Hu Jintao includerà, ha detto l’inquilino della Casa Bianca, la domanda su “cosa faranno per influenzare” il cambio di comportamento della Corea del Nord, rilevando che Pyongyang “appare ancora instabile” dopo il cambio di leadership, con la morte di Kim Jong-il e dell’investitura del terzogenito Kim Jong-un. Ad eccezione di Pyongyang, a Seul ci saranno gli altri leader dei negoziato a Sei, in stallo da dicembre 2008: il presidente russo Dmitri Medvedev e il premier giapponese Yoshihiko Noda. Quanto all’Iran, c’è ancora tempo per una soluzione diplomatica, ma la finestra a disposizione “si sta chiudendo”, ha avvertito Obama al termine del colloquio con il premier turco Recep Tayyip Erdogan. Insomma, una lotta contro il tempo.
SEMINARIO PRESSO IL COI Un seminario sul tema “Counter-Improvised Explosive Device – attack the network” si è tenuto il 13 marzo scorso, presso la Main Conference Room del Comando Operativo di vertice Interforze (COI) in Roma, alla presenza del Capo di Stato Maggiore della Difesa, Generale Biagio Abrate. All’evento – senz’altro esclusivo per il tipo di approccio al tema oltre che per il rilievo dei relatori – hanno partecipato esperti delle Forze Armate, rappresentanti del Ministero degli Esteri (in particolare, il Direttore Generale della Cooperazione allo sviluppo del MAE, Ministro Elisabetta Belloni), degli Interni, della Magistratura nonché studiosi provenienti dal mondo accademico. Scopo del seminario era quello di evidenziare le particolari forme di contrasto al fenomeno degli ordigni esplosiviimprovvisati (Improvised Explosive Devices – IED), di crescente impatto sulle operazioni fuori area, e di esplorare le possibili aree di cooperazione tra le Istituzioni interessate, incrementando la protezione delle forze e della popolazione civile nei teatri operativi – con particolare riferimento all’Afghanistan – attraverso la condivisione di lezioni apprese, di esperienze maturate, di valutazioni ed analisi, di progetti ed iniziative. Dopo l’intervento di apertura del Capo di Stato Maggiore del COI, Generale di Divisione Aerea Settimo Caputo, il seminario si è sviluppato con interventi dei relatori appartenenti sia al mondo militare che esterno, a sottolineare come il contrasto agli IED sia un tema le cui implicazioni trascendono lo specifico ambito militare, imponendo un approccio globale e multidisciplinare. L’evento si è concluso con l’intervento del Comandante del COI, Generale di Corpo d’Armata Marco Bertolini, che ha evidenziato il ruolo cruciale dell’addestramento nel fronteggiare efficacemente la minaccia degli IED che è “precedente ad ISAF, e non terminerà con ISAF”, e del Capo di Stato Maggiore della Difesa, Generale Biagio Abrate, il quale ha rimarcato la straordinaria, pericolosa evoluzione del fenomeno IED, “che travalica i limiti etici e legali che vincolano il combattente tradizionale, che conta su una vera e propria rete di finanziamento, approvvigionamento, realizzazione e sfruttamento”, e che pertanto esige “capacità di contrasto anche a livello strategico nazionale e multinazionale non solo nel “Counter-IED” ma, soprattutto, nel cosiddetto Combattimento Ibrido, che costituirà una delle principali forme di lotta che dovremo contrastare nel prossimo futuro”.
RABBIA IN ISRAELE PER LE INCHIESTE SULLE COLONIE Israele chiude le porte alle Nazioni Unite che per la prima volta indagheranno sull’impatto degli insediamenti israeliani sulle vite dei palestinesi. Lo Stato ebraico potrebbe ritirare il proprio ambasciatore presso il consiglio per i diritti umani dell’Onu che ha preso la decisione di aprire l’inchiesta sulle colonie. Il primo ministro Beniamin Netanyahu l’ha definita ipocrita. “Il fatto che Israele sia continuamente utilizzato come capro espiatorio, non solo ci fa arrabbiare ma è anche imbarazzante per il resto del mondo, perché viene permesso di utilizzare gli ebrei come capri espiatori ancora una volta”, dice Semin Navon, una colona dell’insediamento di Gush Atzion, in Cisgiordania. La decisione è una nuova vittoria per la causa palestinese per l’Anp, che ritiene lo stop agli insediamenti nei territori occupati nel 1967 una delle precondizioni per la ripresa dei negoziati. “Faremo tutto il possibile per spingere il governo israeliano a bloccare la costruzione di insediamenti, inclusi quelli a Gerusalemme”, dice il capo negoziatore palestinese Saeb Erekat, “e ad accettare i confini del 1967, al fine di proteggere la soluzione a due Stati, un’opzione che invece il governo israeliano con la sua tattica sta distruggendo”. I circa 500mila israeliani di Cisgiordania e Gerusalemme Est vivono accanto a due milioni e mezzo di palestinesi spesso bersagli di attacchi da parte dei coloni secondo l’ufficio per gli affari umanitari dell’Onu. Ai palestinesi inoltre viene spesso vietato di costruire case e accedere ai servizi di base.
IL DIRITTO DELL’IRAN DI ATTACCARE ISRAELE Dopo anni vissuti nel timore di un attacco militare israeliano, Teheran sta adesso contemplando l’idea di un attacco preventivo, considerati i preparativi israeliani per un raid aereo contro le istallazioni nucleari iraniane. Citando il diritto a una autodifesa preventiva e invece di aspettare che Israele faccia la prima mossa, l’Iran dovrebbe muoversi prima e mutilare la capacità di Israele di dare vita al minacciato attacco. Questo piano iraniano di lanciare un attacco preventivo è perfettamente legale e in accordo col diritto consuetudinario internazionale, secondo il parere di diversi analisti politici di Teheran: “Secondo la carta delle Nazioni Unite, l’Iran ha il diritto proprio all’autodifesa che in questo caso si tradurrebbe al diritto di rispondere alla chiara e presente minaccia di attacco imminente da parte dello stato di Israele, in palese violazione delle leggi internazionali”, ci dice, con la garanzia dell’anonimato, un giurista politico dell’università di Teheran. In parole povere, gli argomenti legali di Teheran in favore di un attacco preventivo si poggiano su diversi elementi incrociati. Primo: secondo l’articolo 51 della Carta delle Nazioni Unite, l’Iran ha il diritto di attaccare Israele in quanto quest’ultimo si è già prodigato in una serie di atti ostili che includono gli assassinii di scienziati nucleari iraniani, vari sabotaggi e cyberguerra con conseguenze letali, per non menzionare le dichiarazioni
di intenti di un attacco all’Iran nell’immediato futuro da parte di suoi capi politici e militari. Secondo: questi atti illegali, unitamente alle dichiarazioni di intenti, costituiscono un’imminente minaccia alla sicurezza nazionale iraniana, definita in base al diritto consuetudinario internazionale nei termini di atti ostili di offesa da
serie di altre ragioni: • l’Iran non ha mai minacciato di usare la sua capacità nucleare per attaccare Israele; • esiste un impedimento legale contro qualsivoglia attacco ai siti nucleari iraniani, alla luce della risoluzione 533 della Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica che proibisce attacchi
parte di uno stato contro un altro. Terzo: l’Iran ha già esaurito tutti i suoi mezzi diplomatici per evitare un attacco israeliano, e protestare a più riprese presso il Consiglio di Sicurezza dell’ONU è stato inutile in quanto non è mai stato ascoltato. Quarto: la dichiarata intenzione da parte di Israele di attaccare l’Iran viola la legge internazionale per una
simili e li considera violazioni della legge internazionale; • l’Iran è uno dei firmatari del Trattato di Non-Proliferazione, la sua dirigenza ha rinunciato formalmente agli armamenti nucleari, c’è assenza di qualsivoglia trattato che impedisca all’Iran di dotarsi un suo ciclo del combustibile nucleare e ancora
RETI USA IN PERICOLO Reti militari statunitensi a rischio attacco: lo hanno riferito gli esperti per la sicurezza del settore intervenendo presso la Sottocommissione per i Servizi Armati del Senato. I responsabili per la sicurezza hanno anche aggiunto che, con ogni probabilità, la penetrazione è già avvenuta e eventuali tentavi di fermarla potrebbero rivelarsi vani. Gli esperti della sicurezza statunitense hanno riferito che le reti mliitari del Paese sono in pericolo e che molto probabilmente sono già state penetrate. I membri dell’Agenzia per la Sicurezza Nazionale degli Stati Uniti e dei laboratori governativi hanno ammesso di aver peccato di una certa supponenza nel difendere le reti dei computer della Departement of Defense (Dod). Il dottor James Perry, responsabile del Centro di analisi di informazione dei sistemi presso i Sandia National Laboratories, ha affermato: TNM ••• 10
“Abbiamo sbagliato modello mentale qui. Penso che dobbiamo andare verso un modello dove si assume che l’avversario è nelle nostre reti”. Il dottor Micheal Wertheimer, direttore di ricerca e sviluppo presso la National Security Agency (NSA), ha imputato i problemi nella difesa delle reti militari alle scarse difese messe in campo dall’esercito statunitense: bassi salari, ritardi nelle promozioni e, in alcuni casi, anche la congela del salario stesso sarebbero le cause della mancanza di attrattiva che affliggerebbero posti di lavoro nella sicurezza informatica. Nel 2010 sono stati assegnati 726 dottorati di ricerca in informatica a cittadini statunitensi, di cui solo 64 sono stati firmati per un servizio pubblico.
oggi, dopo approfondite ispezioni alle sue istallazioni, l’AIEA non ha mai rilevato deviazioni di materiale nucleare verso fini militari; • i fatti, compresi alcuni rapporti del Washington Post che citano l’opinione del Ministro della Difesa statunitense Leon Panetta, lasciano capire che Israele è ben oltre la fase preparatoria di un attacco e si sta scaldando per implementare questo piano nei prossimi mesi. Considerato tutto ciò, esiste una ricca base legale per un attacco preventivo da parte dell’Iran verso Israele, senza discutere se ci stia o meno pensando o se ne avrebbe davvero l’effettiva capacità. Secondo i rapporti dei media iraniani, l’Iran dispone di circa 11.000 missili in grado di colpire obiettivi su tutto il territorio israeliano. Ma lasciando da parte il discorso militare e restando nei limiti degli argomenti legali, l’illegittimità delle intenzioni ostili di Israele e la legittimità del diritto iraniano di attaccarlo per primo sono due facce della stessa medaglia. Anche le sanzioni ONU contro l’Iran dovrebbero essere considerate illegali, secondo la legge internazionale. Secondo le bozze della commissione legale internazionale, un atto illegale intenzionale da parte di uno stato comprende due elementi (art. 3): l’elemento oggettivo che consiste in azione o omissione contraria a un obbligo internazionale e l’elemento soggettivo che ha a che fare con le intenzioni di uno stato. Nessuno dei due elementi è presente rispetto al programma nucleare iraniano. L’assenza di prove che evidenzino la destinazione del materiale nucleare per scopi militari - confermata dopo estese ispezioni dei siti iraniani da parte dell’AIEA e insieme all’esplicita rinuncia alle armi nucleari da parte della dirigenza iraniana che si poggia su basi politiche, religiose e morali - costituisce un ostacolo tanto all’applicazione di sanzioni quanto alla realizzazione delle minacce di guerra all’Iran. Questo è un promemoria per i diversi osservatori internazionali che hanno acclamato le recenti critiche di Barack Obama rivolte agli “irresponsabili tamburi di guerra contro l’Iran”, tralasciando il fatto che le esplicite minacce di Obama di tenere aperta “l’opzione militare” costituiscono una violazione della carta delle Nazioni Unite che proibisce minacce simili da parte degli stati membri. Ma Obama, una volta professore di diritto costituzionale, persegue negli errori con l’Iran, continuando a sostenere che, una volta esauriti i canali diplomatici, gli Stati Uniti potrebbero
SIRIA, DAMASCO APPOGGIA IL PKK CONTRO LA TURCHIA ANKARA – Un rapporto di intelligence posto all’attenzione del governo turco conferma con nuovi dettagli che l’amministrazione siriana ha riesumato il suo passato sostegno al Partito dei lavoratori del Kurdistan (Pkk), la formazione terroristica che si batte per l’indipendenza del sud-est della Turchia a maggioranza curda. L’appoggio, sottolinea il sito di un autorevole giornale turco sintetizzando il dossier, viene dato per ritorsione all’ostilita’ della Turchia nei confronti del regime di Damasco. Componenti del Pkk possono muoversi liberamente all’interno della Siria, portare armi e lanciare campagne propagandistiche contro la Turchia, riferisce il rapporto dei servizi segreti come scrive Hurriyet Daily News. Questa liberta’ concessa ai terroristi curdi, scrive il sito citando proprie fonti affidabili, rappresenta un chiaro cambiamento della politica siriana che aveva messo al bando il Pkk nel 1999 in ossequio ad un accordo con la Turchia. La Siria, ricorda la versione inglese del quotidiano Hurriyet, aveva dato un enorme appoggio al Pkk durante gli anni Novanta per destabilizzare la Turchia, paese con il quale aveva cattivi rapporti a causa della contesa provincia meridianale di Hatay e l’uso delle acque dell’Eufrate. Oltre a dare protezione ad Abdullah Ocalan, il leader del Pkk ora all’ergastolo in Turchia, Damasco consentiva ai terroristi curdi di addestrarsi per compiere attacchi in territorio turco. Allarmi di vario tipo sull’uso che la Siria sta facendo della questione curda per mettere sotto pressione la Turchia erano circolati a piu’ riprese e in varie forme nei mesi passati.
ricorrere all’opzione estrema di attaccare le istallazioni nucleari iraniane. Come hanno correttamente sottolineato vari assennati opinionisti statunitensi, tra i quali il professore di giurisprudenza di Yale, Bruce Ackerman, in un recente editoriale sul Los Angeles Times, ogni attacco di tale natura sarebbe illegale secondo i fondamenti della legge internazionale. Facendo eco all’opinione di Ackerman, va aggiunto che alcuni esperti pro-Israele che tendono a legittimare l’attacco israeliano hanno volontariamente distorto il significato e gli obiettivi del diritto all’autodifesa, presentandone una concezione alquanto dubbia che si rifà al tentativo fallito della amministrazione Bush di allargare il concetto di autodifesa preventiva e che fu fortunatamente sconfitto all’ONU. Simili a un déjà vu storico,
gli attuali strali pro-Israele che spingono verso un attacco all’Iran, sono sorprendentemente simili a quelli sentiti prima della guerra degli Stati Uniti contro l’Iraq, che fu totalmente legittimata agli occhi dell’opinione pubblica grazie alla pressione esercitata dall’esercito propagandistico di Israele nei confronti della stampa occidentale. La grande domanda è se la comunità internazionale ha imparato o meno la lezione del fiasco iracheno e, ancora più importante, se le voci della ragione potranno prevalere su quelle che spingono per un altro disastroso conflitto in Medio Oriente. Secondo tutti gli indizi, nei prossimi mesi potremmo avere la risposta a questa stringente domanda. (DI KAVEH L. AFRASIABI - Asia Times)
COMMERCIALI SEMPRE AL FIANCO DEGLI OPERATORI... 5.11 ATAC™ FLASHLIGHTS La 5.11 di Modesto (California), leader nella produzione delle innovative rechargeable flashlights, ha introdotto la nuova linea di torce tattiche ATAC™, alimentate a batterie classiche. Il guscio è costruito in aerospace grade aluminium che ne assicura una lunga durata e resistenza agli urti e alle intemperie. Tutti i modelli sono provvisti di tasto di “accensione momentanea”, clip metallica di fissaggio e batterie.
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• ATAC L2 è lunga circa 5.3 pollici ed è ideale per essere impiegata in operazioni di pattuglia o intervento operativo. Nella modalità High eroga un’intensità di 222 lumens per 4 ore, coprendo una distanza di circa 106 metri. Possibilità di essere utilizzata in modalità High, Low e Strobe. Il blocco del tasto di accensione previene accensioni accidentali durante il trasporto. Alimentata con due batterie al litio CR123A. Viene venduta a $84.99.
• ATAC A2 è lunga circa 6”. E’ ideale per essere utilizzata da ispettori, meccanici e off-roaders. Nella modalità High eroga un’intensità di 162 lumens per circa 1 ora e 45 minuti, coprendo una distanza vicina ai 127 metri. Possibilità di essere utilizzata in modalità High, Low e Strobe. Alimentatata con due batterie alkaline AA. Viene venduta a $64.99. • ATAC PLx è lunga circa 5” ed è in versione slim come una penna e, come tale, può essere portata in ogni situazione giornaliera. Utilizzabile solo in modalità High eroga un’intensità di 69 lumens per circa 3 ore, coprendo una distanza di circa 47 metri. Alimentata con due batterie AAA. Viene venduta a $29.99.
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IL CQB SECONDO ISRAELE... MEPRO-M5 - RED-DOT OPTIC SIGHT L’israeliana MEPROLIGHT ha lanciato sul mercato, presentandolo alla fine di settembre 2011 presso i padiglioni fieristici del DSEI 2011 di Londra, il nuovo Red-Dot Optic Sight MEPRO-M5. Il nuovo dispositivo è la risposta dell’azienda alle necessità degli operatori militari e di polizia per le operazioni CQB. Il MEPRO M5 pesa circa 280gr., è stato ottimizzato per essere utilizzato “con entrambi gli occhi aperti”, per essere abbinato a visori notturni di II^ e III^ generazione e con dispositivi di ingrandimento delle immagini. E’ la soluzione ideale per equipaggiare armi portatili come assault rifles e sub-machine guns. Il suo display misura 33 x 22mm e permette una rapida acquisizione del target senza complicazioni di parallasse. L’M5 utilizza la tipologia di fissaggio MILSTD-1913 – Picatinny – è alimentato da due batterie AA con un dispositivo di autospegnimento che ne porta l’operatività di impiego a circa 8.000 ore. www.meprolight.com
Copia esteticamente fedele del pugnale distribuito agli Operatori del primo corso G.O.I. tenutosi nell’anno 1952. E’ stato meccanicamente migliorato grazie all’impiego di acciaio al Cobalto N690 ed alla struttura smontabile. • Peso: g.398 • Lunghezza totale: mm 291 • Lunghezza lama: mm 175 • Spessore lama: mm 5 • Acciaio lama: N690 – 58HRC • Dentatura: NO • Lama brunita MIL-C-13924 black • Impugnatura in cuoio pressato • Finitura: arrotatura piana www. extremaratio.com
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BATTLE TESTED SOD SHELL - VIPERA - COMBAT PRO SANDSTORM Giaccone termico antivento da combattimento. Il taglio corto è studiato per dare la massima compatibilità all’utilizzo di prime linee articolate oppure rescue belt configurate combat. La chiusura frontale è affidata ad una poderosa cerniera spirale YKK gr 8 in pattern. Un cordino elastico presente sulla bordatura inferiore permette di ottimizzare la lunghezza e quindi il confort. Il cappuccio sagomato permette grande libertà di movimento e unalta protezione termica. Il guscio interamente rivestito di una speciale trama di Cordura traspirante protegge gli strati sottostanti dall’abrasione e dagli utilizzi estremi. La membrana antiacqua/antivento di ultima generazione conferiscono al Vipera caratteristiche che eccedono ogni specifica dei capi dichiarati antivento. I rinforzi di cordura 500 in pattern posti lungo tutto il perimetro del capo garantiscono un notevole rinforzo nelle zone di maggior usura oltre ad offrire una mimesi effettiva della sagoma. Le cerniere YKK in pattern regolano e chiudono le aperture ascellari, particolarmente pratiche quando, oltre al Vipera, si indossano eventuali protezioni balistiche. Le 3 tasche esterne e la tasca interna portadocumenti, sono chiuse con cerniere YKK in pattern. La tasca pettorale è posta a destra per facilitarne l’utilizzo con l’arma imbracciata. Tutto il capo gode di un ottima traspirazione. Le cuciture sono assicurate da fili di nylon ad alta tenacità. La struttura è rinforzata nei punti di maggior sollecitazione da travette fino a 64 punti e altezza fino a 0,5 cm. www.sodgear.com
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I RAGAZZI DI MAD MAX CO SEMPRE A CACCIA DI NOVITÀ... SMITH OPTICS ELITE - GOGGLE OUTSIDE THE WIRE (OTW) TURBO FAN E’ finalmente arrivata sul mercato italiano, la linea di occhiali della famosissima azienda americana“Smith Opctis Elite”in esclusiva per MAD MAX. Il modello in fotografia è il GOGGLE OUTSIDE THE WIRE (OTW) TURBO FAN. Questo specifico modello è dotato di sistema di ventilazione ad alta tecnologia con di ventola micro-elettronica, silenziosa ed efficace, che evita l’appannamento indirizzando all’esterno l’aria umida. • Certificazioni: anti-impatto, US standard MIL-DTL-43511D, ANSI Z87.1-2003 and EN166 standards • Mascherina in schiuma antimicrobica e antifiamma. • 2 modalità di ventilazione regolabili. • Il pulsante di accensione/spegnimento è utilizzabile anche con i guanti. • Il posizionamento della ventola, a basso profilo, non interferisce con la visiera dell’elmetto. • 2 Batterie incluse mod. AAA per il funzionamento della ventola, con spegnimento automatico e alloggio resistente ad acqua e polvere. • Dotato di fascia elastica regolabile. Montatura in colore nero. • Trattamento lenti: antigraffio e antiappannamento. • Massima correzione della distorsione visiva grazie al trattamento “Tapared Lens Technology” (TLT). Il kit è formato da: • Contenitore imbottito in nylon, con attacchi molle per posizionamento verticale o orizzontale. • 2 lenti: chiara, scura. www.madmaxco.com
VEGATEK TECHNOLOGY LA POLIMERICA MADE IN ITALY VEGATEK è la nuova serie di fondine in polimero nata dall’esperienza e conoscenza tecnologica acquisita negli anni dalla VEGA HOLSTER. Il processo di lavorazione avviene mediante la messa a punto di particolari stampi, macchinari e materiali appositamente nati per la produzione in termoformatura di fondine per arma corta e dei relativi accessori. Il materiale polimerico usato dalla VEGA HOLSTER ha una altissima resistenza all’abrasione, all’urto, agli agenti atmosferici, ai prodotti chimici, alle sollecitazioni di trazione e alle fonti di calore. I vantaggi di una fondina in polimero VEGATEK sono molteplici: • leggera • indeformabile • l’arma rimane sempre perfettamente in posizione • dotata di sistemi di sicurezza semplici, veloci, immediati e di facile comprensione • dotata di più tipologie di passanti per cintura • prodotto di qualità, interamente costruito in Italia direttamente dalla VEGA HOLSTER, una delle aziende leader nel mondo per la produzione di fondine ed accessori per arma corta. www.vegaholster.com (nella foto il modello per la Beretta PX4)
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“ROCKY” GUANTO TATTICO A VARIAZIONE DI SPESSORE Il successo della linea Vega Gloves Division è indiscutibile e ormai vanta oltre venti modelli di Guanti professionali adatti a tutte le esigenze. Il modello “ ROCKY “ presenta sul dorso un tessuto traspirante leggero. Sul palmo, invece, presenta materiale tecnico/sintetico effetto scamosciato anti scivolo. Variazione di spessore nei punti di maggiore usura o sensibilità. Doppia regolazione tramite velcro su dorso e polso. www.vegaholster.com
TRIJICON ATWS ATWS™ ADVANCED THERMAL WEAPON SIGHTS L’ATWS™ fornisce immagini nitide attraverso l’oscurità totale, nebbia, fumo e polvere. L’apparato è da utilizzare in congiunzione con sistemi di puntamento con ingrandimento come gli ACOG®; con un campo visivo di 7° e un ingrandimento di 1x si adatta perfettamente ai modelli 4x32, senza alterazioni all’azzeramento ed alla compensazione di caduta. E’ inoltre possibile impiegarlo separatamente, con un campo visivo doppio ed un ingrandimento di 0,5x smontandolo dall’arma e riportandolo alla configurazione di tiro per ingaggiare il bersaglio, una volta che questo è stato identificato. Il contrasto può essere modificato passando velocemente da bianco = caldo a nero = caldo, grazie all’intelligente posizionamento dell’interruttore, attivabile dal tiratore senza che questi debba staccare le mani dall’astina dell’arma. Questo prodotto è riservato unicamente ad organismi militari e di polizia appartenenti ai paesi della NATO. www.peztco.com
RAPID ASSAULT TOOLS RATDOOR RE-BREACHABLE TRAINING DOOR Le innovative porte da addestramento RAT DOORS possono essere utilizzate come struttura amovibile e autoportante, oppure come parte integrante di complessi addestrativi fissi, grazie al particolare telaio, che ne consente il fissaggio a pareti in muratura o legno. Caratteristiche principali: • Nessun componente usa e getta. • Tempo di reset della serratura dopo ogni utilizzo: 3-5 secondi. • Lavorazione di elevata qualità, per garantire anni di impiego continuo. • 25 diversi possibili metodi di breaching, con cardini riutilizzabili. • Settaggio della resistenza della serratura regolabile, per simulare qualsiasi tipo di porta, da quelle civili da interno alle blindate di tipo industriale. • Possibilità di aggiungere un cancello esterno opzionale che richiede un primo breaching verso l’esterno. • Capacità di sostenere 8 tipi di breaching meccanico, breaching con gli esplosivi e breaching balistico, sia verso l’esterno sia verso l’interno utilizzando un’unica porta. • Realizzabile su misure richieste dal cliente. • Assistenza post vendita. • Possibilità di scelta della colorazione www.peztco.com
NITESTIK TECNOLOGIA INTERNA DI PIGMENTI FLUORESCENTI NATURALI Prodotto dalla “McNETT” e’ il localizzatore portatile luminoso più intenso, ecologico e waterproof, grazie alla nuova tecnologia di pigmenti fluorescenti naturali al suo interno. L’anello portachiavi, permette di applicarlo a borse, tende da campeggio, vestiario, collari per animali etc. • Durata: 10 anni. • Ricaricabile in pochi minuti con luci naturali e artificiali. • Mantiene la fluorescenza per 12 ore anche in situazioni di buio completo. • Visibilità: 20 metri. • Waterproof fino a 30 metri. • Contenitore anti-raggi UV in acrilico colorato. • Dotato di anello portachiavi di 2,3 cm. • Dimensioni: 5 (lunghezza) X 1 (spessore) cm. • Colori: verde, arancione e blu.
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DALL’ARTICO AL DESERTO, MASSIMA PROTEZIONE CON NANUK CASE Questi contenitori professionali, prodotti dall’azienda canadese Nanuk, sono studiati per proteggere apparecchiature sensibili, strumentazione elettronica ed armi negli ambienti più difficili. Ogni dettaglio è stato perfezionato per offrire la massima protezione e prestazione sia per combattere il caldo del deserto che le freddissime temperature dell’Artico. Le cases Nanuk sono leggere, impermeabili a tenuta stagna, a prova di polvere e resistenti agli urti. Sono state progettate per superare le rigide specifiche militari. Premendo il pulsante di blocco è possibile aprirle senza sforzo, a differenza di quelle con apertura a “scatto forzato”. Ogni modello è disponibile vuoto, rivestito con schiuma espansa, riempito di gomma piuma o con un set divisorio imbottito modulabile. Sono disponibili in una varietà di colori tra cui nero, grafite, argento, verde oliva, arancio, giallo e bianco. Possono essere facilmente personalizzate e serigrafate con un logo o altri elementi grafici per l’identificazione. Tutti i prodotti sono garantiti a vita. www.nanukcase.com
PERFECTA TP II LA PENNA TATTICA IN ALLUMINIO. La penna tattica Perfecta TP II è una penna dall’aspetto “tactical”, con refil intercambiabile. E’ costruita in alluminio aeronautico e può essere utilizzata in situazioni di emergenza come strumento di autodifesa, ad esempio con le semplici tecniche del Kubotan o per rompere il vetro di un’automobile in caso di sinistro stradale. Dati: Lunghezza: 15 cm Diametro: 14 mm Peso: 45, 5 g Colore del corpo: titanio Refil: intercambiabile, fornito di serie colore nero. www.zonamilitare.it
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Argomenti trattati:
Marco Buschini nasce in Veneto nel 1965. All’età di 9 anni inizia a praticare assiduamente le arti marziali, ottenendo riconoscimenti agonistici a livello internazionale. Studia in Italia, Giappone e Stati Uniti. A 18 anni si arruola nella Polizia di Stato. A 30 anni entra a far parte, in qualità di istruttore, del GOS (Gruppo Operativo Speciale) della Polizia di Stato.L’8 settembre 2002, durante un’operazione di Polizia, viene gravemente ferito, portando comunque a termine con successo l’operazione, tanto da essere insignito di gradi per meriti straordinari e medaglia d’oro alle vittime del dovere. Nel 2004, in seguito alle lesioni riportate viene posto in quiescenza e fonda l’A.S.O., l’Accademia di Sicurezza Operativa, insieme al suo maestro di tiro, collega e amico, Marte Zanette. Attualmente l’A.S.O. è una delle più importanti scuole in Italia per la formazione professionale degli addetti alla sicurezza pubblica e privata. Marco Buschini si è allenato presso maestri o istruttori in molti paesi stranieri, tra i quali Francia, Svizzera, Israele, Stati Uniti e Giappone.
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DI CARLO BIFFANI - CARLOBIFFANI@GMAIL.COM
Nella posizione di manager di società di security, da anni, ricevo numerosi curricula, con proposte di collaborazione e richieste d’impiego che spaziano in quanto a dati riportati, dalla categoria del credibile e professionale, sino a quelle del fantasioso e dell’immaginario. Da quando poi collaboro con TNM, ho modo di assistere da una posizione privilegiata, al fiorire di giudizi e commenti sulla mitologica figura del “contractors” ovvero, stando a quanto afferma la vox populi, di quella tipologia di operatori che sarebbero frequentemente ex soldati – meglio se ex forze speciali – quasi mercenari - esperti di combattimento armato e non - rotti a qualsiasi esperienza, che troverebbero, il condizionale è d’obbligo, impiego in scenari di crisi in giro per quelli che sono paesi più o meno a rischio, o in mari pullulanti di pirati, dotati di molte armi e di pochi scrupoli e profumatissimamente pagati da società che sarebbero, per i più, un incrocio fra la mitica Spectre di “bondiana” memoria ed una delle tante Company che abitano la City londinese.. Osservando questo fenomeno non saprei dire se abbiano la meglio in me, sentimenti di repulsione, di sconforto o di benevolenza, ma di certo mi sembra arrivato il momento di analizzare con voi quali siano le caratteristiche che contraddistinguano il settore, che annovera certamente al suo interno alcuni elementi pittoreschi, ma che è anche connotato da eccellenti professionalità e da persone che sanno indubbiamente il fatto loro. Se è vero come è vero che uno degli obiettivi che mi sono proposto, sin dalla prima ora e che ha trovato ampia corrispondenza nella linea editoriale della rivista, è sempre stato quello di provare a promuovere cultura della sicurezza, allora varrà la pena trovarci d’accordo anche TNM ••• 20
sull’uso di una terminologia che sia adeguata al raggiungimento del fine, che è appunto quello di far crescere la cultura di settore e che serva per marcare in modo netto la linea di confine che delimiti l’area nella quale agiscono e si confrontano i professionisti o quelli che aspirano a diventare tali, da quella in cui agiscono figure meno nobili. Quindi perché non partire dalle parole che usiamo per raccontare chi siamo? Bene, allora sarà importante sottolineare un primo passaggio. Non siamo contractors. O meglio, la definizione che a me sta antipatica e suona stridente quasi quanto quella di mercenario, definisce in termini di traduzione letteraria solo chi è di fatto un contrattista. Ed allora cerchiamo di capirci su un fatto. Sotto contratto sono gli ingegneri, gli idraulici, gli addetti alla logistica, i piloti civili di elicotteri, gli addetti alle mense, i saldatori e tutti gli appartenenti alle innumerevoli categorie che compongono il variegato mondo degli espatriati che sono impiegati fuori area, in zone del mondo nelle quali si fa ricostruzione, oppure si estraggono materie prime o si provano a contrastare la fame e la povertà. L’essere contrattisti, o come qualcuno genericamente dice “contractors” non significa, di suo, imbracciare un fucile e svolgere servizi armati a favore di questo o quel cliente. Pur rimanendo nella macrocategoria che inquadra tutti coloro i quali svolgono un lavoro sotto contratto, sarà bene stabilire un primo punto fermo. Noi siamo una specie diversa di contrattisti, siamo infatti, dei security contractors. Cosa fa il security contractors? Beh, in genere, si occupa di protezione di persone, di beni, di strutture, di materiali e lo fa sia attraverso la pianificazione di procedure e di attività tese alla creazione ed all’ottenimento di standard ai quali
il fruitore, leggasi anche cliente, dovrà attenersi per minimizzare il rischio al quale è esposto, che mediante la fornitura di servizi di protezione armata in maniera diretta od indiretta, ovvero grazie a sinergie poste in essere con realtà locali alle quali ci si affida quando non si ha la possibilità, per motivi legati alla mancanza di autorizzazioni, di erogare direttamente il servizio armato in un determinato paese. Per svolgere servizi armati è infatti necessario disporre di autorizzazioni emanate dalle autorità locali, il cui ottenimento è subordinato al dimostrare di avere determinati requisiti e sarà bene sottolineare come, in tal senso, le maglie della burocrazia di paesi come l’Iraq e l’Afghanistan si siano nel tempo decisamente andate stringendo, limitando il numero delle compagnie autorizzate e ponendo vincoli di ogni tipo all’operato di tali società. Anche per questo, ritornando alla mia esperienza personale, molto frequentemente, mi sono trovato poi a fornire figure professionali aventi il compito di “facilitatori” professionisti in grado di fare da cuscinetto fra il cliente e le realtà locali e di gestire al suo posto le relazioni con i fornitori sul posto, senza così dover impattare su veti che ci impediscono di operare anche nella erogazione diretta del servizio di protezione armata. Sarà bene ricordare che in merito a tale specifico argomento, il trend del governo iracheno è quello di ritirare, nel prossimo futuro, le licenze ad operare in quel paese, a tutte le PSC extra-nazionali, costringendo così tutte le compagnie straniere ad aprire società di diritto locale ed ad impiegare un sempre maggior numero di risorse locali. Per quanto sta al tumultuoso scenario afgano, sembrerebbe invece che, anche sulla scia dello sdegno provocato dai recenti, assurdi, fatti di cronaca
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riguardanti sembrerebbe più di un soldato USA, il presidente Karzai abbia deciso di accelerare il processo di passaggio della gestione della sicurezza nelle uniche mani di realtà governative locali e di PSC composte da personale afgano. Esaurito rapidamente il capitolo riguardante il chi, il cosa, ed il come, riterrei utile a questo punto del ragionamento, provare a rispondere alla domanda che più frequentemente mi viene rivolta e che spesso vedo proporre, dai frequentatori di blog dedicati alla security ai vari esperti che di volta in volta vengono coinvolti. In Italia è vietato fare il security contractors? La mia personale risposta è certamente no. E si basa su una serie di considerazioni logiche suffragate da limitate, ma sostanziali, conoscenze giuridiche. Il Codice Penale riferito all’art. 288, nel quale si parla di arruolamenti o armamenti non autorizzati a servizio di uno Stato estero (pena prevista da 4 a 15 anni di reclusione così aumentate per effetto dell’art. 7, L. 12 maggio 1995, n. 210 di Ratifica ed esecuzione della convenzione internazionale contro il reclutamento, l’utilizzazione, il finanziamento e l’istruzione di mercenari), sanziona in maniera evidente tale crimine definendone però un principio. Mercenario è colui il quale per interessi o tornaconto personale combatte fianco a fianco, in una delle compagini in conflitto, o fa reclutamento con tale fine, senza che il soggetto sia riconducibile ad una attività legittimata da
il presidente afgano Karzai, ha deciso di accelerare il processo di passaggio della gestione della sicurezza nelle uniche mani di realtà governative locali e di PSC composte da personale afgano.
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missioni riconosciute in ambito internazionale e lo faccia quindi al di fuori del Diritto, che sancisce di fatto quali siano le circostanze necessarie al riconoscimento dello status di combattente legittimo. Ora vorrei proprio chiedere ai tantissimi esperti che incontro sulle pagine di FB o che mi capita di sentire talvolta per radio o televisione, quali sarebbero a loro avviso i punti di contatto fra la Norma nazionale e le attività che il security contractor svolge in paesi quali l’Iraq o l’Afghanistan? Perché se in alcuni casi, il soggetto che stiamo descrivendo, si trova a fornire servizi di protezione armata in contesti extra nazionali ed in paesi nei quali tale pratica non solo è contemplata ma soprattutto regolata dalla Legge e dal Diritto, e lo fa a favore ed a vantaggio non di una delle compagini coinvolte nel conflitto, ma di quello di realtà commerciali locali, impegnate nella salvaguardia e la sicurezza di soggetti privati, o della popolazione locale, qualcuno sa spiegarmi cortesemente dove sia il reato? Tutto questo, senza perdere TNM ••• 22
mai di vista il fatto che, se svolto secondo i crismi della correttezza e dell’intelligenza, tale lavoro dovrebbe essere svolto, ed in moltissimi casi lo è, informandone le nostre autorità nazionali, ovvero le rappresentanze diplomatiche italiane in loco. Semplice: una volta arrivati nel paese dove si presterà il servizio, si passa all’ambasciata od al consolato e si registra la propria presenza, magari chiedendo di fare due chiacchiere con qualcuno dei rappresentanti diplomatici per avere un contatto diretto e per raccogliere quante più informazioni possibili sulla situazione in teatro. Bene sarebbe poi, chiedere di poter parlare con gli operativi del servizio di protezione del personale diplomatico, che frequentemente sono operatori del Tuscania ed in alcuni casi anche del 9° RGT Col Moschin, che certamente apprezzeranno un approccio educato e professionale, basato sul rispetto dei ruoli. Ma tornando alla realtà nazionale, mi si potrebbe forse obiettare che il nostro sia un paese nel quale, in ogni momento,
potrebbe capitare che un esponente della Magistratura decida d’interessarsi alle attività di cui stiamo trattando. Ora non ho certo la pretesa di voler far passare attività tanto delicate ed almeno potenzialmente “pericolose” per qualcosa che si possa fare senza attuare tutte le dovute cautele ed a cuor leggero, ma mi sembra quantomeno fuorviante, immaginare che dietro ogni consulente per la sicurezza “contrattista”, si celino le sembianze del vile e sanguinario mercenario, che prima spara e poi pensa e che gira il mondo infischiandosene delle regole e del Diritto. Se così fosse non si spiegherebbe come le PSC e le PMC abbiano potuto avere l’esplosione, in termini di crescita che hanno avuto negli ultimi 15 anni, spesso lavorando a fianco di compagini ufficialmente riconosciute o nell’ambito di missioni internazionali sancite dall’ONU, servizi dei quali, sarà bene sottolinearlo, si avvale da anni anche il nostro Paese. PSC, PMC e scenari internazionali. Per spiegare questo passaggio mi avvarrò, in
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parte, di uno studio compiuto per la nostra società, dal Generale Gennaro Scala, pubblicato sul nostro sito web qualche anno fa , ma ancora di grandissima attualità. In ambito internazionale, la problematica è di certo più complessa ed articolata che in quello nazionale e riguarda quei Paesi che ancora non dispongono di una struttura statale e di meccanismi d’attuazione di nascenti legislazioni (failed states), mancando ancora di forze centralizzate in grado di assolvere finanche i più elementari compiti di sicurezza, nonostante gli sforzi in tale direzione (organizzazione, formazione, supporto tecnico e logistico) nel frattempo profusi da Stati appartenenti a coalizioni esterne al Paese stesso intervenute - su mandato dell’ONU o su decisioni della NATO – per stabilizzare, pacificare, concorrere all’instaurazione di regimi democratici. Stati che, date le speciali e peculiari caratteristiche di teatro e del contesto ambientale, si sono visti costretti, a loro volta, a ricorrere al concorso di Private Military Company, Private Security Contractors (PSCs), Private Military Corporations, Private Military Firms, Military Service Providers, tutte connotazioni anglosassoni per definire, a diverso titolo, il ruolo delle attuali compagnie militari e di sicurezza private, i cui servigi coprono un ampio spettro di attività che vanno dall’intelligence alle scorte, dalla logistica alla fornitura di servizi per la difesa, dall’assistenza al soccorso medico e paramedico, dal garantire la sicurezza al personale di ONG ai trasporti/rifornimenti/distribuzione di aiuti umanitari sino a forme di impiego militare vero e proprio come nel caso delle zone di conflitto a bassa intensità e laddove non sia politicamente, diplomaticamente ed economicamente conveniente l’impiego di truppe regolari convenzionali. Si tratta di circa trenta multinazionali, per lo più registrate negli USA ed in Gran Bretagna, che, pur non intervenendo direttamente, svolgono anche il ruolo di consulenti per la sicurezza,
consiglieri militari ed antinarcotici (Colombia, Haiti, Darfur), consentendo così alle forze locali di non distogliere unità dalle azioni tattiche sul terreno. Buona parte dell’addestramento al peacekeeping offerto dagli USA a truppe africane è, in realtà, svolto da privati anche per il concomitante crescente disimpegno occidentale in talune missioni internazionali. Il Center for Public Integrity riporta che, dal 1994, il Dipartimento della Difesa degli Stati Uniti ha stipulato 3.601 contratti con CPM americane, per un valore di circa 300 miliardi di dollari. Secondo alcuni analisti ed osservatori, ciò è un’inevitabile conseguenza del taglio dei costi riconducibile ad una responsabile privatizzazione degli aspetti critici del settore militare. Tuttavia, per molti, la tendenza è fonte di preoccupazione, posto che le CMP non sono soggette ad un controllo parlamentare diretto e potrebbero risultare più dispendiose dello stesso servizio eventualmente prestato in economia dalle forze armate tradizionali. Inoltre, dal 1999, diciassette fra le più importanti CMP americane hanno ufficialmente erogato 12,4 milioni di dollari per le campagne elettorali per il Congresso o per l’elezione dello stesso Presidente degli Stati Uniti, facendo così aperta attività lobbistica. In atto, si calcola che i costi annuali per compiti di
sicurezza demandati a privati ascendano a circa 150 miliardi di dollari ripartiti tra circa 30 compagnie angloamericane. CONCLUSIONI Credo che la più difficile e complicata fra tutte le sfide possibili nel nostro settore, sia quella di fare in modo che “l’altro” ovvero l’interlocutore di turno, non ci percepisca in maniera differente da come percepirebbe un qualsiasi professionista di qualsivoglia altro settore. Meno saremo eccessivi, più sapremo essere portatori di soluzioni e non di ansia e pseudo-militarismo, più sapremo interagire con il mondo del business e con quello universitario e maggiori saranno le possibilità che si possa essere davvero accettati da tutti e che si possano definitivamente offrire al nostro settore nuove opportunità d’impiego e di crescita. Non so se e quando sarà possibile veder prosperare in Italia realtà correlate al settore della mitigazione del rischio, delle dimensioni e delle capacità di alcune fra le più conosciute compagnie anglosassoni, ma di una cosa sono certo: dipenderà da noi, da quanto sapremo diffondere di noi un’immagine altamente professionale, sganciata dallo sgangherato mondo del para-militare e più aderente a quello del business. Questa volta sta solo a noi, fare in modo che a nessuno venga più in mente di chiamarci mercenari. TNM ••• 23
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DI PAOLO PALUMBO
NEL MIRINO DI «PENNA BIANCA»
LA LEGGENDA DI CARLOS HATHCOCK, SNIPER DEI MARINES
Carlos mentre posa insieme al suo fucile Model 70 Winchester 30-06 Springfield, sul quale aveva montato un cannocchiale Unertl da 10 ingrandimenti
In una giornata afosa, un soffio di vento spazzava la fitta vegetazione carica di umidità, dando un po’ di sollievo ad alcuni soldati nord vietnamiti che montavano di guardia davanti alla porta di una baracca, situata nel cuore della giungla. A parecchi metri di distanza, in perfetta simbiosi con la natura circostante, due occhi osservavano i movimenti dei militari dell’NVA (North Vietnamese Army): un tiratore scelto del corpo dei marines era pronto a colpire silenziosamente la sua vittima. Il giovane volontario, che oramai da giorni strisciava sulla poco ospitale terra vietnamita, si chiamava Carlos Hathcock. Gli era stato ordinato di fulminare, con un singolo colpo, un alto ufficiale dell’esercito nord vietnamita. Dopo aver trascorso quattro giorni nascosto negli anfratti della giungla, con i muscoli quasi atrofizzati a causa della necessaria immobilità, Hathcock, esplose un unico micidiale proiettile contro la divisa grigio verde indossata dall’alto ufficiale nord vietnamita, eliminando il suo bersaglio. Il sergente artigliere Hathcock, in Vietnam nel 1966, non era alla sua prima missione e tra i pochi tiratori scelti dei marines in servizio era già diventato una leggenda. Sulla sua testa, oltre la piuma bianca che decorava il suo “boonie hat” da cui il soprannome datogli dai vietnamiti “Lông Tràng” “Penna Bianca”, pendeva una taglia messa dal governo del nord: un solo uomo con il suo fucile era, infatti, riuscito a causare più perdite a “charlie” che non un intero reparto di fucilieri. Andava, dunque, assolutamente fermato! I RECORD DEL VIETNAM Nel febbraio del 1967, Carlos Norman Hathcock II, sedeva davanti ad una mitragliatrice M-2 calibro 50, osservando la vasta pianura sottostante. Il suo compito era quello di controllare il passaggio di eventuali vietcong i quali solevano attraversare quel lembo di terra
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per collegarsi al famoso sentiero di Ho Chi Min, arteria fondamentale per l’approvvigionamento dei guerriglieri. Quel giorno, affiancato dal suo “spotter” (osservatore), Hathcock scrutava minuziosamente il terreno quando un giovane indigeno attraversò la lente del suo cannocchiale Unertl ad otto ingrandimenti. Il suo profilo, nitido e chiaro, era spezzato da un pesante fardello nel quale Hathcock ed il suo osservatore, il sergente Charles Roberts, intravidero diverse, armi e munizioni. La distanza del bersaglio era alquanto improba, circa 2.286 yard (2.090 metri): il tiratore fermò il suo sguardo sul bersaglio, il dito accarezzò il grilletto tirandolo delicatamente verso se, in un solo momento, un sordo “bang” ed il corpo del vietnamita si accasciò a terra, tirandosi dietro il prezioso carico. Era stato un tiro fuori dal comune, ma Carlos era avvezzo a tali prestazioni. Quando Hathcock si arruolò nel corpo del Marines, la sua fama di tiratore era già consolidata nel mondo civile, la sua abilità con il fucile nasceva, infatti, nei poligoni di tiro dell’Arkansas, sua terra natia. Nel 1959, prima di indossare la divisa e successivamente partire per la guerra, Hathcock aveva già collezionato numerosi premi, vincendo alcune tra le più prestigiose gare di tiro a segno degli Stati Uniti. La sua prestazione con la potente Browning M-2 era solamente l’inizio di una brillante carriera che lo avrebbe portato a diventare il migliore tiratore scelto dei marines e promotore della formazione di altri sniper, gettando le basi per le moderne “Sniper School” di tutto il mondo. La sua carriera in Vietnam proseguì su sentieri non sempre facili, non solo per la difficoltà delle missioni cui era sottoposto ed allo stress che ne derivava, ma anche a causa dei suoi stessi superiori, i quali pur beneficiando dei risultati da loro ottenuti, non capivano il modus operandi dei tiratori scelti. La guerra nella giungla si prestava bene a
questo tipo di soldati silenziosi, considerati spesso dei solitari e delle persone schive, non abituate al chiassoso cameratismo degli altri fucilieri. La fama di Hathcock salì alle stelle quando riuscì ad eliminare uno dei più temuti avversari dei marines americani: nome in codice “Apache”. Il suo nome era diventato un incubo per ogni soldato di pattuglia il quale
di avere soprattutto quando si trattò di eliminare un altro tiratore, ingaggiato dai vietnamiti con il preciso compito di ucciderlo. Lo scontro tra i due cecchini si trasformò in una partita a scacchi, fatta di stratagemmi e piccoli trucchi che misero in seria difficoltà “Penna Bianca”; il marine aveva ricevuto da non molto il nuovo fucile Model 70 Winchester 30-
Cappello con visiera della North Vietnamese Army
temeva di cadere nelle sue mani; Apache non era altro che una spietata donna vietcong la quale si divertiva a torturare barbaramente i prigionieri lasciando che le loro urla strazianti giungessero fino ai commilitoni. La storia di Apache durava da mesi e sia gli ufficiali sia i semplici marine non vedevano l’ora che qualcuno la eliminasse e l’unico modo era quello di affidarsi ad un tiratore scelto. A “Penna Bianca” toccò l’onore di eliminare la pericolosa avversaria e questo fece. Dopo giorni di paziente osservazione ed ad un coordinamento con le altre unità dei marines, Carlos, riuscì ad intrappolare la donna nella sua “killing zone” annientandola con grande soddisfazione. Oltre all’indiscutibile abilità al tiro, il silenzio, la capacità di sfuggire alla vista dell’avversario, la pazienza e l’orientamento erano le armi principali di un tiratore scelto; tutte qualità che Carlos dimostrò
06 Springfield, sul quale aveva montato un cannocchiale Unertl da 10 ingrandimenti. Il duello si concluse in modo leggendario: secondo il rapporto steso da Carlos e confermato dal suo osservatore, lo sniper avversario era stato eliminato grazie ad un colpo penetrato nel cannocchiale, fino ad oltrepassarle l’occhio ed il cervello. Un colpo difficile, reso possibile solo grazie ad un fortuito riflesso del sole sulla lente dell’ottica montata sul MosinNagant del vietnamita, che ne aveva rivelato la posizione. In seguito, molti si interrogarono sulla veridicità dei fatti e solo anni dopo, lo stesso colpo fu provato al poligono: i risultati ottenuti con un fucile moderno dimostravano che il tiro era davvero possibile, ma che occorrevano doti straordinarie per eseguirlo. Le continue missioni nella giungla stavano debilitando la salute di Hathcock: il suo fisico era sempre più spossato e dimagriva TNM ••• 27
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La fama di Hathcock salì alle stelle quando riuscì ad eliminare uno dei più temuti avversari dei marines americani: una vietcong, nome in codice “Apache”
sulla leggenda di “Penna Bianca”, un articolo che doveva rimanere all’interno dei canali militari (come era stato assicurato allo stesso Hathcock), ma che arrivò ben presto sul tavolo della povera donna. Questa volta però il ritorno di Carlos nella giungla avvenne con presupposti diversi: l’esperienza accumulata nel primo anno in Vietnam e le sue capacità facevano di lui un istruttore ideale. Il corpo dei Marines si accorse che aveva disperatamente bisogno di tiratori scelti e solo Hathcock poteva garantire loro un alto standard formativo. Quando nel 1969 fu assegnato ad una nuova unità di tiratori scelti (7° plotone tiratori scelti dei marines), “Penna Bianca” constatò di persona che la situazione andava necessariamente corretta: i marine erano tenuti lontani dal loro addestramento quotidiano a causa di assegnazioni assurde e prive di senso, mentre all’interno del reparto aleggiava un’aria di lassismo che stava abbassando l’operatività a livelli preoccupanti. Dopo un duro faccia a faccia con il suo superiore, Hathcock, decise di fare di testa sua, prendendo in mano la situazione: i tiratori furono così sottoposti ad esercitazioni continue alle quali si affiancavano vere e proprie missioni. Grazie ai suoi insegnamenti l’unità raggiunse un livello tale che ottenne il record di uccisioni confermate: 72 nel solo mese di luglio.
velocemente. Ogni tanto il suo corpo veniva colpito da tremori, accompagnati da forti dolori, che gli rendevano difficile persino camminare; era solo il preludio di qualcosa di molto più grave. Dopo un breve periodo di congedo durante il quale Carlos era tornato a casa, l’insofferenza alla vita civile ed il forte cameratismo che lo legava ai compagni rimasti in TNM ••• 28
guerra, convinsero “penna bianca” a ritornare in azione, infrangendo così la promessa che aveva fatto alla moglie di non mettersi più nei guai. Per tutelare sua moglie e non darle troppo pensiero, Hathcock le nascose sempre quello che faceva realmente al fronte, tuttavia, a spiattellare tutto ci pensò la stampa: nel 1967, la rivista militare “Sea Tiger” pubblicò un lungo resoconto
LA VOLONTÀ DI UN GRANDE UOMO Il 16 settembre 1969, Carlos Hathcock decise di seguire una pattuglia di marines in una missione “sniper”, era il momento di salire a bordo dei blindati trasporto truppe (APC) e dirigersi verso il punto da cui sarebbe partita la sortita. “Penna Bianca” si sistemò al centro del convoglio, accovacciandosi fuori dal blindato, così da controllare la strada e respirare un po’ d’aria. Ad un certo punto il veicolo di punta abbandonò il sentiero principale per dirigersi verso la giungla: lasciare la strada maestra non fu però una scelta
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Le Sniper School del Corpo dei Marines sono principalmente tre e si trovano una a Quantico in Virginia, la seconda a Camp Lejeune, nel North Carolina e la terza a Camp Pendelton; in aggiunta, alcune classi si brevettano alla base di Kaneohe Bay, nelle Hawaii.
fortunata. Nel mezzo del convoglio, una fragorosa esplosione sconquassò l’aria, immediatamente gli APC di punta compresero di essere caduti nel bel mezzo di una trappola, il blindato dove sedeva Carlos si trasformò in una palla di fuoco, investendo di fiamme e fumo il povero tiratore. Nonostante i traumi, “gunny” non si perse d’animo e prima di crollare al suolo strappò dalla morte altri suoi commilitoni che erano rimasti intrappolati. Le ferite riportate da Hathcock apparivano realmente gravi, buona parte del corpo era ricoperto da ustioni di terzo grado, il che significava un alto rischio di morte. Il suo corpo esamine fu velocemente imbarcato su un elicottero e trasportato sulla nave ospedale USS Repose, per poi essere definitivamente trasferito in un centro specializzato negli Stati Uniti: il Brooke Army Hospital a San Antonio (Texas). Curare le ustioni è una cosa davvero difficile, il fisico di Hathcock era già abbastanza debilitato, tuttavia sopportò con grande forza una serie di delicati interventi, affinché i medici potessero ricostruire buona parte dei suoi tessuti. Nel corso di queste degenze, quando ormai il peggio sembrava passato, una notizia terribile colpì il morale di “Penna Bianca”: esami obiettivi portarono alla luce che Carlos Hathcock era affetto da sclerosi multipla. Il tiratore dei marines ripensò allora a quei drammatici momenti in cui il suo corpo pativa dolori inspiegabili: erano le prime manifestazioni della patologia. Se per le ustioni esisteva una cura, per la sclerosi multipla no, la malattia poteva essere solo rallentata, ciò nondimeno la condanna era scritta. Prima di essere uno dei migliori tiratori al mondo, Hathcock era un marine, dotato di una forza di volontà non comune. La notizia lo ferì, ma egli aveva visto di peggio e la malattia sarebbe stata solo l’ennesima “Apache” da combattere e distruggere! Nonostante la sua salute precaria, non appena fu in grado di reggersi in piedi ed imbracciare nuovamente un fucile, il primo pensiero di Carlos fu quello
di ricominciare a sparare. Malgrado la moglie cercasse di dissuaderlo, Carlos si recava puntualmente al poligono: il suo fisico era ancora debilitato, i tessuti trapiantati non si erano completamente cicatrizzati ed ad ogni cambio di posizione e lo stesso rinculo dell’arma riapriva le ferite. Il coraggio e la volontà erano tuttavia più forti del dolore; la caparbietà di Hathcock smosse anche l’alto comando dei marines
che decise di riammetterlo (1970) alla base di Quantico, in Virginia, con l’incarico d’istruttore nella “Sniper School”. Quando i giovani marines assistevano alle sue lezioni sgranavano gli occhi, essi sapevano di trovarsi davanti ad una leggenda vivente; per Carlos, indossare nuovamente la divisa fu come rinascere, una sensazione che disgraziatamente ebbe breve durata. La sclerosi multipla avanzava e le TNM ••• 29
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Fucile di precisione BARRET M-82, il capostipite dei calibri 50.
cicatrici continuavano a provocargli dolori terribili: nel 1979, durante un esame di tiro alla Scout Sniper School di Quantico, crollò davanti ai suoi allievi. L’episodio era il chiaro segno che Carlos Hathcock era giunto alla fine di un percorso, alla fine della sua carriera, dopo 19 anni e 10 mesi di onorato servizio, una Silver Star e 93 uccisioni confermate. TNM ••• 30
L’EREDITÀ DI HATHCOCK Gli ultimi anni di vita di Carlos Hathcock non furono semplici, sempre impegnato nella ricerca di qualcosa che potesse dare un senso alle sue giornate trascorse fuori dal Corpo dei Marines. Il problema era convivere con la marea di ricordi che vivevano nella sua testa; il tiratore scelto non era tanto ossessionato da problemi di coscienza per quello che
aveva fatto, lui ammazzava i nemici che a sua volta volevano ucciderlo e sapeva che il suo particolare modo di farlo aveva risparmiato molte vite umane. Effettivamente la dottrina sull’impiego di piccoli gruppi addestrati si addiceva particolarmente alla guerra combattuta in Vietnam, dove lo spiegamento di grandi masse di fanteria si era rivelato inutile e
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Nel 2009 il caporale dell’Household Cavalry Craig Harrison freddava due talebani alla distanza di 2.475 metri, utilizzando un Accuracy International AWSM (Arctic Warfare Super Magnum) L115-A3 con proiettili .338 Lapua Magnum
Carlos Hathcock però moriva solo fisicamente, giacché la sua memoria ed il suo operato restavano vivi e presenti all’interno del Corpo dei Marines. La sua esperienza ed i suoi insegnamenti furono la base di partenza per la messa a punto dei corsi Scout-Sniper che avrebbero preparato i migliori tiratori scelti del mondo, inoltre a lui venne dedicato uno dei più prestigiosi tornei di tiro, il “Carlos Hathcock Award”, che ogni anno premiava il miglior tiratore. Di fronte a questa tragica scomparsa anche il Corpo dei Marines decise di dare un sostanzioso contributo nella lotta contro la sclerosi multipla, donando alla ricerca 5.000 dollari raccolti tra i soldati e gli ex commilitioni di Carlos. A differenza delle scuole dell’US Army (operative dal 1955), i marines preparano soldati particolari, non solo abili nel tiro a lunga distanza, ma soprattutto ottimi ricognitori ed acquisitori di informazioni. Il moderno “8541” – numero che contrassegna l’incarico di tiratore scelto dei marines – deve, infatti, essere addestrato mentalmente e fisicamente ad operare in modo indipendente dietro le linee nemiche per lunghi periodi: l’abilità con il fucile è solo un piccolo tassello rispetto a quanto uno sniper dei marines apprenderà nelle terribili settimane dello SSBC (Scout Sniper Basic Course). Le Sniper School del Corpo dei Marines sono principalmente tre e si trovano una a Quantico in Un McMillan TAC 50 è l’arma utilizzata dal caporal maggiore Rob Furlong, per Virginia, la seconda a Camp Lejeune, abbattere un talebano alla distanza di 2 nel North Carolina e la terza a Camp .430 metri Pendelton; in aggiunta, alcune classi si brevettano alla base di Kaneohe Bay, nelle Hawaii. L’operazione modello che aiuta a comprendere le vere particolarmente dispendioso in termini guerra “silenziosa”, ma di fronte alle funzioni tattiche di uno sniper – non umani. L’utilizzo della fanteria era prestazioni ottenute da Hathcock e solo quelli dei marines – è proprio utile per il controllo del territorio o dal suo plotone dovettero ricredersi. quella effettuata da “gunny” Hathcock per condurre operazioni su larga Negli Stati Uniti, la vita di Carlos era quando eliminò l’alto graduato scala, tuttavia erano unità speciali sorretta dall’amore della moglie e dalle dell’NVA: infiltrazione nel cuore della come i SEAL, i Berretti Verdi, le speranze nutrite verso la carriera del giungla, acquisizione obiettivo, attesa LRRP ed infine gli sniper dei marines figlio Sonny, anche lui marine e tiratore del momento opportuno, fuoco sul a fare la differenza. Inizialmente, scelto. Purtroppo, “Penna Bianca” non bersaglio e rapido disimpegno. Queste come abbiamo visto, i grandi capi del poté seguire la vita militare del suo cinque azioni richiedono qualità fisiche “beneamato Corpo” mostrarono una figliolo: il 23 febbraio 1999 si spense, e mentali molto salde, frutto di un certa diffidenza verso questo tipo di dopo un lungo e penoso declino fisico. addestramento che includa TNM ••• 31
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capacità di orientarsi, di resistere a qualsiasi temperatura ed ambiente, ma soprattutto riuscire ad entrare in perfetta simbiosi con la natura circostante. Per un tiratore scelto, la capacità di rendersi invisibile equivale alla sua abilità nel tiro a lunga distanza, oltre a garantirgli la stessa sopravvivenza in territorio ostile. Nella prima fase di addestramento nelle scuole Scout Sniper vengono saggiate le attitudini del candidato (per accedere deve ricoprire almeno il grado di caporale) e gli vengono successivamente insegnate tutte le nozioni relative a quanto dovrà fare poi in missione. Uno sniper è anche uno spotter e viceversa, in altre parole il ruolo da tiratore è intercambiabile con quello di osservatore: questo è un concetto di estrema importanza e l’allievo lo sperimenterà sulla propria pelle durante le dure sessioni di tiro. Nella prime settimane di addestramento, il candidato dovrà misurarsi con diverse prove di mira “a distanza conosciuta” (KD “Know Distance), su diverse linee di tiro (da
Nella prima fase di addestramento nelle scuole Scout Sniper vengono saggiate le attitudini del candidato (per accedere deve ricoprire almeno il grado di caporale) e gli vengono successivamente insegnate tutte le nozioni relative a quanto dovrà fare poi in missione
una base di 300 yard fino a 1000). Su ogni linea, il tiratore dispone di 5 colpi per un totale di 35 colpi da sparare, di questi almeno 28 devono entrare nel “nero” del bersaglio altrimenti si è inesorabilmente fuori. Un buon centro dipende dalle capacità del tiratore, ma anche dalle valutazioni e dai dati forniti dal suo osservatore, il quale deve tener conto di tantissimi fattori quali il vento, la temperatura, il dislivello, l’umidità dell’aria ecc. Tutte queste valutazioni sono supportate da moderni strumenti i quali, certamente, non erano a disposizione di “gunny” Hathcock, che doveva fidarsi soprattutto del suo istinto. La seconda fase del corso punta sulle capacità di tiro a distanze sconosciute (UKD Unknow distance) e nelle tecniche di inseguimento ed acquisizione del bersaglio attraverso un duro percorso, nel quale l’allievo marine deve celare la sua posizione agli istruttori/osservatori. La terza ed ultima fase prevede lo svolgimento di una missione tipo: il candidato supererà il test solo se sarà in grado mettere in atto tutto quello che ha
appreso durante il corso ed imparato a memoria la sua Bibbia, il manuale FMFM 1-3B; qualora l’esame fallisse, disporrà di un’unica possibilità d’appello ripetendo da principio l’intero corso. Il record di tiro a lunga distanza, stabilito dal sergente Carlos Hathcock in Vietnam, è rimasto imbattuto fino ai giorni nostri; il suo centro, utilizzando una calibro 50, è all’origine di quello che oggi sono una serie di fucili per sniper che hanno lo stesso calibro, su tutti, la famiglia M-82 prodotta dalla Barrett Firearms Company. Dopo la sua prestazione con l’M2 in molti hanno avvicinato il suo record: una serie interminabile di dati più o meno veritieri provenienti da ogni sezione sniper del mondo confermava o smentiva l’infrangersi dei 2.090 metri. I dati confermati però, avvalorano un dato importante che lo stesso “penna bianca” non avrebbe gradito: l’ironia della sorte ha voluto, infatti, che il nuovo record venisse stabilito grazie all’abilità di due tiratori canadesi
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ed un inglese! Nel 2002 il caporal maggiore Arron Perry del reggimento Princess Patricia’s Canadian Light Infantry eliminò il suo bersaglio ad una distanza di 2.310 metri; lo stesso anno e proveniente dal medesimo reggimento, il caporal maggiore Rob Furlong, uccideva un talebano alla distanza di 2.430 metri utilizzando un McMillan TAC 50. L’ultima uccisione certificata risale al novembre 2009 quando il caporale dell’Household Cavalry Craig Harrison freddava due talebani alla distanza di 2.475 metri, utilizzando un Accuracy International AWSM (Arctic Warfare Super Magnum) L115-A3 con proiettili .338 Lapua Magnum. Chissà che risultati avrebbe ottenuto Carlos con le stesse armi? DAL VIETNAM UN’ESPERIENZA PREZIOSA I marines non furono gli unici a trarre insegnamento dalla guerra nella giungla e non furono i soli a servirsi con successo di tiratori scelti. Nel giugno del 1968, l’esercito (US Army) inviò al fronte un istruttore sniper, il maggiore Willis K. Powell, in servizio presso Fort Benning, Georgia. Il suo lavoro portò alla nascita della Sniper School della 9a Divisione di Fanteria, la “Reliable Academy”. Nel dicembre 1968, i 72 neo brevettati furono inviati presso la 9a divisione nella provincia di Long An: a ciascun battaglione furono assegnati 6 tiratori, 4 per ogni brigata. Anche qui, come accade nei marines, i primi risultati non furono all’altezza delle aspettative; il cattivo impiego dei tiratori scelti era imputabile all’inesperienza
dei comandanti di compagnia, i quali non sapevano sfruttare al meglio le loro capacità. Il problema fu risolto assegnando le squadre sniper direttamente al quartier generale di battaglione che cominciò a schierare i suoi uomini in azioni notturne e nelle imboscate diurne. Il nuovo provvedimento diede i frutti sperati: nell’aprile del 1969, i tiratori della 9a divisione contavano 346 uccisioni confermate, in un solo battaglione – dal 12 aprile al 9 maggio dello stesso anno – gli sniper eliminarono 39 vietcong. Il miglior tiratore dell’esercito era il sergente Alderbert F. Waldron, della 9a divisione, con 113 uccisioni confermate in soli 5 mesi. Carlos Hathcock ebbe il merito di essere il primo, l’innovatore, l’uomo le cui azioni servirono da guida ed insegnamento a buona parte dell’esercito americano e non solo.
Tutte le scuole di tiratori scelti del mondo hanno ben impresso il nome di Hathcock nei loro insegnamenti: “One Shot – One Kill” , un colpo un morto, a significare che per questo tipo di soldati non esiste una seconda opportunità nel mondo silenzioso e nascosto di quelli che erroneamente chiamano “cecchini”. Non possiamo certo definire “cecchini” i sergenti Randall Shughart e Gary Gordon (Medaglie d’Onore del Congresso), sniper della Delta Force, che il 3 ottobre 1993, in Somalia, sacrificarono la loro vita per fornire copertura ai feriti di un elicottero Black Hawk abbattuto. Mi sembrava doveroso ricordarli, poiché il loro stesso coraggio animava il sergente Hathcock ed anima ancora oggi chiunque dia qualcosa di speciale per il suo paese.
FONTI Per chi volesse approfondire l’argomento suggerisco la lettura del bellissimo libro di Charles Henderson, Tiratore scelto (Milano, 2009); un altro volume fondamentale per comprendere il mondo sniper – dal punto di vista più propriamente tecnico – è il manuale di John Plaster, Ultimate Sniper: An Advanced Training Manual for Militare and Police sniper, non esiste ovviamente una versione italiana; un altro libro particolarmente interessante è quello di Hans Halberstadt, Trigger men, anche questo non tradotto e pubblicato nel 2008. Disponibili presso libreria Ritter di Milano: www.ritteredizioni.com
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ESIM GLOBAL
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Negli ultimi anni abbiamo conosciuto ESIM (ESIM-H3 High Security Solutions – Italy & Latin America) per la sua straordinaria competenza e professionalità nei vari ambiti della Security e del Training a livello nazionale e internazionale. Abbiamo seguito la sua evoluzione e la sua crescita fin dai primi giorni della sua avventura imprenditoriale. L’esperienza internazionale dei suoi fondatori Gianluca Sciorilli (la maggior parte delle persone del settore lo conoscono non solo come operatore, ma come uno tra i più rinomati e qualificati istruttori) e Carlo Ponzo (anche lui veterano della security ed executive protection) hanno permesso ad ESIM di potersi strutturare in un tempo molto breve, e proporsi nel mercato globale come unico punto di riferimento in grado di soddisfare qualsiasi esigenza di sicurezza, fornendo servizi di sicurezza, soluzioni di training e di consulenza ai massimi livelli. L’iniziativa imprenditoriale più recente di ESIM è una joint venture (JV) con Global One Resource Group (G1) una security & training company americana capitanata niente di meno che da James Sierawski ex US Navy SEAL ed Agente di Polizia. G1 gestisce un grande centro polifunzionale di addestramento tattico nei pressi di Salt Lake City, Utah (USA). Il centro di formazione è completo di svariati poligoni per armi corte e lunghe, tracciato automobilistico,
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“shooting houses”, alloggi e sala pranzo. In questa struttura di formazione vengono condotti programmi di formazione per il Dipartimento della Difesa USA per diversi Gruppi Operativi delle Forze Speciali USA, Dipartimenti di Polizia, Agenzie Federali e numerose Private Security Companies (PMSC). Lo scopo di ESIM Global è quello di coniugare e sommare le migliori esperienze e soluzioni del settore professionale della sicurezza Europea con quelle Americane. Questo dà ad ESIMGlobal una capacità di ampia portata che non ha eguali sul mercato, grazie ad un network qualificato in grado di supportare e sostenere attività di security a livello internazionale per le corporates ed organizzazioni operanti sul mercato globale, fornendo le più avanzate soluzioni ed i servizi più specializzati. I servizi offerti da ESIM Global includono: Program Management, Intel & Investigation, Executive Security, Integration Technology, Service Guard, Rescue & Evac, Maritime Security, Vulnerability Assessments, Emergency Preparedness & Response Planning, Training Services, Cyber Security, Geopolitical Analisys. Inutile dire che le competenze specifiche dei dirigenti, consulenti ed operatori di ESIM Global sono il risultato di anni di esperienza negli ambiti più evoluti della sicurezza privata oltre che nelle più rinomate Unità delle
Forze Speciali USA ed Agenzie Federali e di un incessante aggiornamento e studio delle diverse problematiche, degli scenari e delle soluzioni di sicurezza più evolute, al fine di garantire ai propri clienti i più elevati standard di sicurezza e
riservatezza. Il concetto di operatore della sicurezza per ESIM Global non è assolutamente quello stereotipato e “militareggiante” del “security contractor con il fucile in mano” ma di un moderno professionista della sicurezza, selezionato, educato e formato per svolgere al meglio i più diversi servizi di security che gli vengono affidati, e quindi di raccogliere, classificare e gestire informazioni utili, integrarsi al meglio negli scenari con le tecnologie
Jim Sierawski
ESIM GLOBAL - ITALY Via Vittorio Veneto 74/A 28041 ARONA (NO) www.esimservice.com info@esimservice.com ESIM GLOBAL – USA 638 Independence Parkway, Chesapeake , Virginia 23320 United States of America www.globaloneusa.us jim59@rocketmail.com
e con gli ambienti in cui opera, con senso di responsabilità, intelligenza e competenza. Per quanto riguarda il training, i corsi di formazione tenuti da ESIM Global sia in Italia che negli USA, grazie alla loro moderna didattica ed ai propri docenti, rispondono ad ogni esigenza di formazione e aggiornamento; dai corporate security manager fino agli operatori della security privata ed gli appartenenti alle Forze Armate e di Polizia, naturalmente con programmi didattici specifici. Ad esempio per quanto riguarda l’addestramento sul “Terrorism Prepardness” ESIM Global si avvale della consulenza di Daniel Sharon (ex Israeli Special Forces – Golani Brigade e Israeli CT Police) titolare della israeliana SSTS, il quale è conosciuto per essere probabilmente il massimo esperto al mondo di “Counterterrosrism Body Language”, che è lo studio del “linguaggio non parlato” e delle espressioni del volto e del corpo finalizzato alla identificazione a distanza della minaccia prima che questa si manifesti come tale, a cui Sharon ha dedicato ben 25 anni di studio. I diversi programmi didattici di Daniel Sharon vengono utilizzati da ESIM Global per la formazione sulla sicurezza di infrastrutture critiche e siti strategici ma anche di aziende ed edifici pubblici laddove sia prevista la realizzazione di un protocollo di sicurezza adeguato. TNM ••• 35
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Intervista ad una cellula di
HARAM
GIOVANNI DI GREGORIO
Dopo i recenti avvenimenti qui in Nigeria ed alle stragi più o meno esternate al resto del mondo, riuscire ad arrivare direttamente alla fonte delle informazioni ci è sembrata l’unica via per saperne di più, avremmo dovuto, ad ogni costo, intervistare qualche terrorista di “Boko Haram”. Beh, fedele alla motto di TNM, “sempre in prima linea”, ci abbiamo provato e ci siamo riusciti! Un lavoro di contatto che è durato diverse settimane. Successivamente ad una serie d’incontri con personaggi politici e poliziotti dalla fedina penale non proprio immacolata, faccendieri ed azzeccagarbugli per nulla raccomandabili, dopo qualche maneggio di denaro, di regali e promesse, arriva finalmente la data dell’incontro. Con il dissenso del Sergente Capo Scorta dei MOPOL, che fino ad allora erano stati preziosi nel loro incarico di protezione, continuo la strada da solo,
con un autista ormai fedele. Uno dei nostri primi contatti con personaggi legati all’islam radicale della città di Kano, ci invita a raggiungere la cittadina di Mugrum, nella regione di Yobe. Cittadina fluviale, relativamente vicina al confine del Niger, da cui ricevono aiuti economici ed armi. Mi dà una lettera da consegnare ad una persona che avrei incontrato appena arrivato in un luogo ben definito e facilmente riconoscibile per noi, in modo tale da agevolarci nell’impresa. Quindi, dopo un breve studio del territorio, prendiamo la strada più agevole (si fa per dire), viste le condizioni pessime del manto stradale e dal modo di guidare dei nigeriani. Ancor prima d’aver raggiunto la città in questione e più nel dettaglio nei pressi di Kunjum, veniamo fermati da un blocco stradale realizzato con tronchi d’alberi e pietre, subito dopo una curva, senza avere la
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possibilità d’invertire il senso di marcia. Immediatamente, dietro di noi, scorgiamo la presenza di una decina di persone con il volto coperto, armate di tutto punto con AK47 ed RPG. Con modi non proprio gentili ci invitano a scendere dall’auto. Mani sulla testa e senza troppi indugi ci fanno inginocchiare. Naturalmente, come si dovrebbe fare in queste occasione, cerco d’essere remissivo ed accondiscendente ad ogni richiesta. Nell’incertezza della natura religiosa del gruppo armato, non saluto, come uso fare in presenza di mussulmani con il solito.. “SALAM ALIKUM..”, esclamo un generico “Hallo People” e fra di essi c’è chi mi risponde. Cerco di spiegare chi siamo ed offro dei soldi, nell’eventualità che si tratti dei “soliti banditi” che imperano nella zona. Ma quello che sembrava essere il capo della banda, senza troppa cortesia, mi dice in pich-english: “STAI ZITTO! NON VOGLIO I TUOI SOLDI OCCIDENTALI, QUELLI LI BRUCEREMO, COME BRUCEREMO TE SE TENTI DI SCAPPARE. SAPPIAMO CHI SEI E COSA SEI VENUTO A FARE. DAMMI LA LETTERA! (il tutto accompagnato da qualche percossa). Naturalmente, in quel frangente, pensavo al mio contatto, che mi aveva detto: “STAI TRANQUILLO, NON TI FERMERA’ NESSUNO, LI INCONTRERAI A MUGRUM, VEDRAI CHE SARA’ UNA PASSEGGIATA”. Comincio a preoccuparmi quando chiedono al mio autista, con il fucile puntato alle tempie, se fosse cristiano o mussulmano. Non lo lascio nemmeno rispondere, mi faccio avanti e chiedo di lasciarlo andare in quanto si tratta solo di un lavoratore onesto, con me solo per poter far mangiare la propria famiglia. Diversamente da come avrei immaginato, lo hanno lasciato andare, senza la nostra auto, nel frattempo depredata da viveri ed altro (ndr). L’autista viene incappucciato e caricato su un veicolo, con la promessa che l’avrebbero rilasciato in un punto non noto. Io vengo legato, braccia dietro la schiena, con una corda di canapa pungente, mi tolgono gli anfibi della Crispi, apprezzati e contesi, visto che tutti erano in ciabatte. Stesso destino per il mio orologio. Quindi vengo incappucciato e fatto salire su un pick-up, dove vengo percosso leggermente ma di continuo, per infastidirmi e farmi perdere il senso di orientamento. Appreso che conoscevano le squadre di calcio italiane come Milan, Inter e Roma ed nomi di Totti e Del Piero, ho cercato di fare breccia sul loro minimo sentimento affettuoso. Io, che personalmente non seguo il calcio, in un attimo, mi sono trasformato nel Bruno Pizzul de noi artri!! Quindi cerco, sin da subito, di seguire il filo logico dell’ilarità per poter allentare la tensione, mentre cerco di carpire qualche informazione spaziale e dei luoghi, nonostante fossi incappucciato. Ad un certo punto ci fermiamo di botto, sbatto la testa sul pianale del pick-up, sento scendere con foga gli stessi terroristi e li sento parlare a bassa voce. Dopo un po’ di tempo (che non saprei quantificare), risalgono sui mezzi e fanno retromarcia. Posso intuire che sono incappati in un pattuglia dell’esercito impegnata nelle ormai note attività di controllo del territorio. Dopo un po’ di strada mi fanno salire su una barca, nel frattempo avevo completamente perso la mia cognizione temporale e spaziale ed anche se non potrei giurarlo, avevo la sensazione che si fosse fatto anche buio. Il fiume mi faceva pensare che stavamo andando a Mugrum, ma in quelle condizioni avrei potuto essere in qualsiasi posto. Sbarchiamo in luogo dove si avvertivano odori di cibo appena cucinato e grida di bambini e dentro di me cercavo
di convincermi che, comunque, non mi avrebbero mai fatto del male. Scendendo dalla barca sento l’acqua alle caviglie ed a piedi nudi percorro un tratto di strada che, contando i passi, era circa 200mt. Mi fanno entrare in una baracca puzzolente, maleodorante e piena di zanzare. Mi slegano e mi tolgono il cappuccio: ecco apparire davanti a me un uomo. Mi guarda e dice: “WELCOME MASTA!”. Intuendo d’essere arrivato a destinazione ed al cospetto della persona che cercavo, saluto in arabo ed egli, con grande stupore, risponde amichevolmente. Mi fa portare da mangiare. Con grande disgusto accetto, pur di non offendere i miei nuovi “amici”, consapevole del fatto che nei giorni successivi avrei avuto qualche problema intestinale.. ma in certi casi bisogna proprio scendere a compromessi. Mi guardo in giro e noto che sono attorniati da oggetti semplici ed umili, nel piccolissimo spazio di una baracca di legno e pezzi di lamiera recuperati chissà dove. Ma una cosa non manca mai in un villaggio di Boko Haram, la presenza dei Kalashnikov. In silenzio tombale, interrotto solo dal rumore delle zanzare, egli mi scruta da capo a piedi e con faccia stupita, realizza che sono scalzo. Al ché grida qualcosa in lingua Hausa ed arriva un “seguace” che indossava i miei Crispi. Gli viene ordinato di riconsegnarmeli e con mia grande gioia, torno a calzare i miei anfibi! I miei piedi si erano leggermente feriti ed in una situazione igienico/sanitaria precaria, un’infezione, era l’ultima cosa che volevo. Quindi, approfittando del tempo concessomi per il pasto, comincio a fare domande. TNM: Come posso chiamarla? BH: Matar, che in arabo significa PERICOLO. In realtà il vero pericolo per la Nigeria non sono io, ma il presidente Goodluck, che con le sue amicizie occidentali vuole cristianizzare il nostro popolo. TNM: Beh, non mi pare che Goodluck abbia creato una “crociata” contro l’islam!?! BH: invece si, ha iniziato quando ha accettato di proseguire il suo mandato senza che nessuno di noi l’avesse votato democraticamente. Lui doveva dimettersi a sua volta e dare la possibilità ai nostri esponenti di stare al potere. Il potere piace a tutti e Goodluck ne sta approfittando, a scapito della popolazione islamica. Manda l’esercito e la polizia ad arrestare gente innocente, solo perché sospettata o solo perché mussulmana. Questo è tipico degli occidentali, l’hanno fatto in Iraq ed in Afghanistan. TNM: L’Afghanistan è un po’ diverso dalla realtà nigeriana, non le sembra? BH: Forse solo dal punto di vista geografico, ma sul contenuto della nostra lotta non ha alcuna differenza. In Afghanistan noi combattevamo contro gli invasori occidentali e stessa cosa stiamo facendo nella nostra nazione, combattiamo l’occidentalizzazione del Paese. E con l’aiuto di Allah misericordioso riusciremo a sconfiggere il demone del peccato. TNM: mi sembra di capire che ha avuto esperienze in Afghanistan. BH: Molti di noi combattenti sono andati in aiuto dei nostri fratelli mussulmani e con loro ci siamo addestrati. L’Afghanistan è stato il nostro territorio preferito, anche come territorio di studio della nostra fede religiosa. Alcuni sono stati nel Caucaso ed in Europa. TNM: Nel Caucaso, intende... Cecenia? TNM ••• 37
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BH: Si, in Cecenia, in aiuto dei nostri fratelli e qualcuno di noi è rimasto ferito per colpa dei porci russi, ma ne abbiamo uccisi tanti. TNM: ..ed in Europa? BH: tanti africani di fede islamica hanno combattuto tra le fila dei bosniaci, in nome di Allah. Tanti sono ancora in Europa a professare la nostra grande fede e potrebbero immolarsi in Suo nome (Allah) per la nostra causa. TNM: Boko Haram, come si finanzia e come sopravvive? BH: tanti mussulmani credono nella nostra causa. La nostra è una Jihad! Se Allah ha voluto munirmi della sua fede e di un’arma, significa che io sono qui per servirlo fino alla morte. TNM: mi parla di morte, ma che ne pensa degli innocenti uccisi nella strage del venerdì nero? BH: La guerra non fa feriti. Questa è Jihad e chi ci ostacola è destinato a morire. Ti preoccupi dei civili occidentali uccisi dai nostri attentati, ma nessuno si preoccupa delle sevizie e torture alle nostre donne, da parte dell’esercito, solo perché è motivato dal volere del governo centrale? Anche Goodluck fa uccidere gli innocenti, ma nessuno dice nulla. Noi avevamo annunciato che sarebbe iniziata la guerra e cosi è successo! TNM: Il governo centrale cerca di combattere un fenomeno disgregante, un fenomeno che fa perdere credibilità alla nazione intera, che ha già dei gravi problemi per sua natura. BH: Nessuno ha capito che noi vogliamo la secessione del Nord dal resto della Nigeria e nessuno ci potrà fermare. Questo è il volere del popolo islamico, questo è il volere del nostro Allah. Noi vogliamo un nostro paese nigeriano, islamico, fondato sulla Shaaria, che è l’unica legge terrena giusta emanata dal Profeta. TNM: ci sono regioni, come Abuja, dove vi è la convivenza pacifica tra diverse religioni. Perché non continuare su questa linea? BH: Il fondamentalismo islamico è ben accentrato nelle nostri regioni perché noi crediamo in Allah come unico fondatore della nostra creazione e del nostro vivere quotidiano. Noi non riconosciamo un governo centrale, rappresentato da un infedele, che cerca in tutti i modi di occidentalizzare il Paese intero, solo per un suo interesse mediatico ed economico. TNM: quali sono i canali di approvvigionamento di Boko Haram? BH: abbiamo la fortuna di confinare con nazioni di fede islamica nel nord e comunque esiste una rete internazionale di sostenitori e volontari per Allah. Vede il mio AK? Era in Sudafrica e sicuramente avrà ucciso un bianco inglese. Tanti simpatizzanti, in tutto il mondo, raccolgono fondi economici TNM ••• 38
per la nostra causa, anche dall’Italia. In particolare i fratelli algerini e chadisti ci aiutano tanto, a volte sacrificandosi in prima persona. TNM: infatti circa 200 chadisti, mercenari, sono stati arrestati.. BH: (mi interrompe e grida) non sono mercenari! Nessuno ha pagato! Sono volontari di Allah! TNM: si ok, ma sembra che siano stati arrestati dopo una notte di baldoria con uso di alcol e droghe.. BH: menzogne!! solo menzogne occidentali per screditare la purezza del credente mussulmano. Per combattere la nostra Jihad noi dobbiamo essere sempre vigili e con la mente sgombra da ogni turbamento. L’alcool è il primo demone che noi combattiamo fino ad arrivare all’infedele. TNM: Quindi per voi Goodluck è solo un grande bugiardo? BH: Certo che lo è! Ha ingannato tutto il popolo nigeriano con la sua farsa, salendo al potere in modo illegittimo, è naturale che sia un bugiardo, uno che prende in giro le persone. Ma lui non ha capito che una parte del popolo non è d’accordo con la sua politica oligarchica e centralista. Mi dica se non è tipico degli occidentali? TNM: non mi pare che la storia dica questo, facciamo l’esempio di Saddam Hussein o Gheddafi.. erano mussulmani ed erano anch’essi centralisti. BH: questa è la storia che voi occidentali avete scritto, nella vostra continua crociata per infangare la religione di Maometto ed Allah misericordioso. Per noi è cosa diversa. Gheddafi è stato un grande mussulmano che ha aiutato la sua gente e la nostra causa. Voi l’avete sfruttato e quando non vi serviva più l’avete ucciso. In particolare voi italiani. Saddam è stato uno dei più grandi leader della storia dell’islam, ucciso per mano carnefice degli sporchi imperialisti americani e per la loro propaganda occidentale. TNM: tornado a parlare dell’Italia.. (mi interrompe) BH: lascia stare, voi italiani siete famosi per essere dei volta faccia. La questione libica ci ha fatto capire. Seguite gli americani dappertutto come un cane fedele. Avete tanti interessi in Nigeria e siete opportunisti, ma questa non è una questione che riguarda la nostra causa. Se mi volevi chiedere se c’erano esponenti di Boko Haram in Italia, ti dico di no! Ma di sicuro ci sono dei simpatizzanti e sostenitori che lavorano in Italia onestamente. TNM: come fanno arrivare i loro soldi alla vostra setta? BH: semplicemente tramite i propri familiari che, a loro volta, ci fanno pervenire quanto ci serve... (Pausa) Mentre sto per pronunciare la prossima domanda mi interrompe. BH: noi non siamo una setta religiosa! Noi non abbiamo un
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predicatore! Noi non facciamo suicidi di massa! Boko Haram è un’organizzazione fondata sugli insegnamenti radicali del Corano e del Grande Allah misericordioso. E’ stata definita “setta” ingiustamente, solo per minimizzare il problema da parte del Governo. Vedi, io ho studiato all’estero, ho girato il mondo, ho visitato anche Roma e Milano, ma vivo nella semplicità, perché è Allah che vuole questo. Boko Haram è un punto di svolta per tutti i mussulmani della Nigeria che crede nel vero Islam e nelle leggi terrene ad esso collegato. Per noi, tutto quello che è occidentale è il demonio, è peccato! Noi crediamo che l’introduzione e l’applicazione della Shaaria possa risolvere la situazione nigeriana (almeno nelle regioni del nord) e combattere la corruzione che dilaga nel Paese a causa di un governo illegittimo. TNM: mi sembra che la corruzione in Nigeria esista già dai tempi della fine del colonialismo inglese e nel tempo, si sono susseguiti diversi governi di fedi religiose diverse. BH: la corruzione è stata la causa del colonialismo occidentale. Il colonialismo ha dissanguato la nazione ed il popolo nigeriano, riducendolo alla povertà assoluta e quindi costretto a peccare. Il demone del denaro sporco è stata la conseguenza del colonialismo occidentale ed imperialista. TNM: quindi Boko Haram è la soluzione a tutto. Non le sembra un po’ troppo utopistica? BH: l’utopia è qualcosa che non esiste, qualcosa che non è reale. Ma Boko Haram c’è! Esiste ed ha migliaia di seguaci guidati da Maometto ed Allah misericordioso. Il volere di Allah è un cosa che puoi vivere con gli insegnamenti puri del Corano. Una vita vivibile è possibile. Solo Allah ci può indicare la strada per la salvezza e noi vogliamo diffondere il suo volere. TNM: come si entra a far parte di Boko Haram? BH: con la preghiera per il nostro Grande Allah! TNM: si ma di fatto.. avviene un certo tipo di “arruolamento”? BH: Allah decide chi deve diventare prediletto. Noi osserviamo, divulghiamo la voce dell’islam e chi vuol ascoltare ci trova. Le moschee sono un buon luogo di ritrovo per arricchire le nostre file. Naturalmente avviene anche tramite conoscenze dirette con persone pronte a sacrificare al martirio la propria vita per Allah. Essi rinunciano ai beni materiali e decidono di vivere in clandestinità. Un altro aspetto è che siamo tutti parenti, per evitare che qualcuno possa tradire. TNM: quindi i vostri adepti rinuncino ai beni materiali.. ma in un video apparso su internet, il vostro portavoce, che smentiva di essere stato arrestato, veniva ripreso in un ambiente agiato, attorniato dai familiari e con un orologio d’oro al polso. BH: il nostro portavoce deve apparire come una persona comune per muoversi in certi ambienti. Lui è’ una persona di un certo livello culturale e proviene da una famiglia benestante e comunque ha donato molti dei suoi soldi alla nostra causa .. Mr. Abubakar Shekau, nostro capo e leader spirituale, lui rappresenta al meglio Boko Harm. Lui è il migliore e non ha paura di niente e di nessuno, perché ha con se la forza donata dal Grande Allah. TNM: Quindi c’è sempre qualcuno che fa da leader, come in un esercito, in un governo.. BH: Naturalmente ci vuole una buona organizzazione se si vuole combattere il sistema. La nostra organizzazione
si basa su un sistema a cellule verticistiche chiuse. Solo i vertici si conoscono tra di loro ma solo in pochi hanno il potere assoluto, affidato loro da Allah. In alcuni aspetti, noi siamo organizzati come la vostra mafia calabrese, con cui, tra l’altro, alcuni nigeriani, in special modo quelli del sud, hanno collegamenti forti. TNM: La mafia calabrese si chiama ‘ndragheta. Che tipo di affari svolgono i nigeriani con i calabresi? BH: noi non trattiamo con loro e non ci interessa, ma i nigeriani del sud trattano droga, armi e prostituzione. Proprio quelle cose che Boko Haram combatte. Tutto quello che viene utilizzato dagli occidentali, per i membri di Boko Haram, è bandito. Noi applichiamo alla lettera il Corano ed Allah è il nostro mentore, colui che ci guida nelle decisioni di ogni giorno. TNM: anche in quella di uccidere e fare attentati? BH: è Jihad! Allah ci guida! TNM: però indossate Jeans, che sono lo stereotipo americano per eccellenza. BH: …ci adattiamo alle circostanze. TNM: quanti seguaci seguono Boko Haram? BH: non posso dirlo. TNM: non so 1000? BH: (sorride) 1000? Forse in Italia con il vostro Garibaldi. Boko Haram è potente! Boko Haram è nella politica, nella vita quotidiana di ogni buon mussulmano delle regioni del nord, è dappertutto. In Nigeria siamo 180milioni e la metà siamo mussulmani, fai tu un paragone in termini di numeri e ti sei dato una risposta. Se non proprio membri di Boko Haram, tanti sono i sostenitori e gli affiliati. TNM: Quindi mi conferma che il collegamento con la politica esiste. BH: Certo! Noi combattiamo il sistema, sia da dentro che da fuori. Nostri sostenitori siedono al tavolo dei governi regionali della Nigeria. Perché i nostri sostenitori sanno che un giorno prenderemo il potere contro la corruzione dei Cristiani ed il nostro grande imam Abubakar, sarà la nostra guida al governo islamico della Nigeria del nord. La Shaaria sarà il nostro fondamento legislativo ed il Corano ci indicherà la strada della salvezza. TNM: Chi decide come e quando fare un’azione terroristica? BH: le nostre sono azioni di guerra, non terroristiche. Noi siamo in guerra con il governo centrale di Goodluck. Ogni cellula è indipendente dalle altre, sono localizzate in diverse zone della Nigeria ed ognuno di noi ha un’area di competenza. Lo scopo è simile a tutte le cellule, fare guerra al Governo. Esiste un comitato centrale dove solo i vertici delle cellule possono partecipare, per discutere degli approvvigionamenti e delle azioni da intraprendere, per avere un filo comune fra tutte le cellule. Anche noi abbiamo un servizio d’intelligence ed un servizio di polizia, forse più efficace del loro. TNM: quante volte vi incontrate e dove? BH: ma tu vuoi proprio sapere tutto?!? (sorride) ..ci incontriamo di frequente ed in posti prestabiliti in totale segretezza, al momento. TNM: come comunicate? BH: passaparola, tra gente fidata e qualche apparecchiatura satellitare. TNM: mi spieghi meglio ..anche telefoni satellitari? Non TNM ••• 39
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avete paura d’essere intercettati? BH: Si va alla moschea non solo per pregare.. i telefoni satellitari li possiamo usare perché i servizi d’intelligence nigeriani non sono buoni. TNM: si ma lei sa benissimo che Goodluck ha amicizie con gli occidentali e potrebbe chiede aiuto in tal senso. BH: gestiremo quest’emergenza quando si verificherà un caso d’intercettazione. Al momento lavoriamo in questo modo perché siamo sicuri di quello che facciamo. TNM: come avviene la pianificazione di un’azione di “guerra”? BH: con metodologia militare, come ci hanno insegnato i fratelli libici ed afghani. Scegliamo un paio di obiettivi e ne studiamo la fattibilità. Quindi individuato il target, decidiamo come agire. Usare l’esplosivo o no, oppure un azione di guerriglia e combattimento armato. A volte decidiamo di combinare le due cose. TNM: La maggior parte dei vostri obiettivi sono enti governativi, caserme di polizia e chiese cristiane. Perché avete attaccato la sede delle Nazioni Unite? BH: le Nazioni Unite non rappresentano per nulla l’unità dei vari Paesi del mondo. Le Nazioni Unite sono la rappresentazione effettiva dell’occidente e degli Stati Uniti d’America. L’ONU vuole controllare il nostro Paese per far sì che le compagnie occidentali si arricchiscano ed anche voi italiani avete molti interessi in Nigeria. L’ONU è il vostro mezzo per fare business, a scapito del popolo nigeriano e dei mussulmani in particolare. TNM: ma anche nazioni mussulmani siedono tra i banchi dell’ONU.. (mi interrompe) BH: si, sono li! Seduti e basta, non hanno voce e non comandano. Perché l’occidente troneggia su tutti ed in particolare gli USA, il cui presidente ha rinnegato le proprie origini africane e sta saccheggiando la sua stessa terra. TNM: quindi mi sembra di capire che anche gli USA sono un vostro target. BH: non sono il nostro target diretto, ma tutto l’occidente e l’occidentalizzazione della Nigeria per noi è demone. TNM ••• 40
Noi non vogliamo che le nostre Regioni, in prevalenza mussulmane, siano date in mano ai cristiani che, per logica, sono occidentali. I cristiani devono lasciare le nostre regioni perché non li vogliamo, sono il demone. E se non se ne vanno come abbiamo chiesto, li uccidiamo tutti! TNM: agli stranieri riservate la stessa procedura o li sequestrate..? BH: se serve alla causa, noi uccidiamo tutti coloro che ci ostacolano. In merito ai sequestri, non siamo gli unici ad effettuarli, anche bande criminali organizzate, che più delle volte non riescono a gestire la cosa e finiscono con uccidere il sequestrato. TNM: che mi dice del tedesco sequestrato ultimamente? BH: non è stata una mia azione e quindi non posso dir nulla. TNM: come è diventato il capo di una cellula di Boko Haram? BH: con la preghiera. TNM: direi che è stato alquanto facile, non pensa? BH: solo se si è un vero mussulmano e si dimostra di esserlo, con la devozione ad Allah, si diventa un buon leader. TNM: forse anche perché ha studiato.. BH: non significa nulla! Per Allah siamo tutti uguali ed è lui che sceglie per noi. TNM: Boko Haram, sembra sia molto più radicale rispetto ad Al Qaida. BH: Al Qaida è per noi il simbolo della lotta all’imperialismo occidentale di livello internazionale e che il grande Osama riposi bene, per l’eternità. Noi ci rifacciamo ad essa e condividiamo gli insegnamenti, ma ogni gruppo armato mussulmano anti occidentale, crea una propria linea, dettata dalla propria realtà sociale. Gli algerini si muovono in una certa maniera, gli afghani in un’altra, gli asiatici in un altro modo. Nel nostro contesto nigeriano, il nemico è il nostro governo corrotto e cristiano di Goodluck. Noi pensiamo alla nostra gente e non ci interessa, al momento, internazionalizzare il nostro pensiero. Noi vogliamo vivere da mussulmani nelle nostre terre mussulmane e combatteremo per questo, fino alla morte, fino a quando il Grande Allah vorrà. TNM: quindi mi conferma che Al Qaida è vostra ispiratrice? mantenete ancora dei contatti? ..anche dopo la morte di Osama Bin Laden? BH: sin dalla nostra fondazione abbiamo avuto contatti ed aiuti da Al Qaida. Tutt’ora continuiamo, anche se ridimensionati, ad avere legami con loro. La morte dello sceicco Osama è stata una grande ferita inferta dagli USA e Barack Obama è direttamente responsabile della sua uccisione. Nessuno dice nulla per la morte di Osama o della fine ingloriosa che hanno fatto fare al suo cadavere. Ecco perché combattiamo l’occidente! Perché esso vive nella presunzione di una verità non assoluta, ma da tutti forzatamente accettata! ..e provano a farla accettare anche a noi mussulmani. In Nigeria del nord, noi siamo la verità! Ed Allah la nostra guida. Con l’islamizzazione delle regioni del nord faremo grande il Paese e scacceremo il demone cristiano. TNM: Nel sistema nigeriano è ben radicato il fenomeno della corruzione, a tutti i livelli, lei mi vuol dire che se voi sarete al potere non esisterà più questo tipo di problema? BH: il nostro sentimento religioso è puro e grazie alla legge coranica della Shaaria, il nostro governo, sarà trasparente e
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privo di tutti i vizi introdotti dall’occidente e dai preti. TNM: la Chiesa ha condannato la vostra dottrina terroristica, in special modo la strage di Natale. Avete mai provato a trovare un mezzo colloquiale con i preti? BH: Perché non mi chiedi se la Chiesa ha provato a colloquiare con noi? La strage di Natale è stato un atto dovuto! Per far capire a tutti, Goodluck e mondo intero, che noi stiamo combattendo con ogni mezzo per la nostra causa nel Nord della Nigeria e ci siamo spinti ad Abuja, proprio perché capitale di uno stato accentratore ed intoccabile. E, se servirà, noi ci sposteremo fino alle regioni del sud, pur di diffondere la nostra voce ed il nostro dissenso ad un potere oligarchico e corrotto. La Chiesa ha solamente depredato la nostra cultura ed è stata complice nell’occidentalizzazione dell’Africa. La nostra Africa e la nostra Nigeria, per tradizione, è mussulmana. Africana, non occidentale. Ecco perché cacceremo via tutti i cristiani e tutti coloro che ci impediranno di consacrare i nostri territori all’islam ed al Grande Allah. TNM: come vorrebbe chiudere l’intervista?
BH: Allah akbar!! Dopo qualche convenevole per i saluti del caso e la restituzione del mio orologio, m’incappucciano nuovamente, questa volta senza legarmi le braccia e riprendiamo la strada di ritorno. Quindi mi imbarco, di seguito salgo su un’auto. Sostiamo in un luogo che non saprei proprio indicare (né tantomeno il tempo strascorso), in ogni caso sono riuscito a riposarmi un po’ per poi riprendere nuovamente la strada del ritorno. Mi hanno riportato nello stesso luogo dove ero stato preso. Il mio autista, Haminu, era li ad aspettarmi con altri esponenti del gruppo armato. Saliamo in auto e ci dirigiamo verso Kano. Da questa esperienza concludo, come analista, che il fanatismo religioso di qualsiasi forma e credo, se applicato in modo radicale, rappresenta un grave danno per la nazione che ne subisce le conseguenze. La sottile linea di confine tra quello che viene inteso come azione di “guerra” ed azione “terrorista” è alquanto labile e talvolta pericolosamente instabile.
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REPORT FROM REPORT FROM REPORT FROM REPORT FROM REP
DI GIANLUCA HERMANN
M REPORT FROM REPORT FROM REPORT FROM REPORT FROM REPORT Tiro da piattaforma aerea da parte di uno sniper del 9° rgt., notare l’impiego del Barrett m107 con Aimpoint m1, una soluzione ideale per tiri consecutivi su veicoli.
REPORT FROM REPORT FROM REPORT FROM REPORT FROM REP
Il tiro con gli snipers dagli elicotteri non è una novità assoluta per la Task Force 45, sono anni che viene praticato dalle Forze Speciali. Le specifiche riguardano il Pilota, che necessita di un addestramento che tenda a “trattenere” l’elicottero in hovering nelle varie angolazioni del Tiratore e che riesca a far sì che la condizione sia sempre primaria all’Operatore, per favorirne un’attività di Tiro specifica.
M REPORT FROM REPORT FROM REPORT FROM REPORT FROM REPORT
Operatore del 9°rgt in assetto helysniper, l’arma e’ un TRG 42 Sako in calibro.338 Lapua Magnum. Sebbene le armi bolt action non siano le piu’ indicate per questo compito, il calibro sicuramente fornisce un ottimo potere d’arresto contro veicoli.
Sniper armato con knight’s armament mk11 mod.0 equipaggiato di soppressore. Ottima combinazione per tiri celeri senza dover riaggiustare il tiro tra un colpo e l’altro grazie al rinculo ridotto. Questa soluzione e’ particolarmente efficace se si impiega munizionamento armour piercing.
Il fucile dev’essere “imbracato” in maniera flessibile, al fine di poter attutire quanto più possibile le inevitabili vibrazioni del velivolo. Al di là di ogni scenografica interpretazione di tale attività dobbiamo affermare con estrema chiarezza che il Tiro con Arma Lunga dall’elicottero NON E’ un tiro di precisione, ma esclusivamente un tiro d’Interdizione.
Team sniper del 9° rgt, in preparazione per un attivita’ di osservazione e tiro da elicottero. L’operatore al centro del velivolo e’ il coordinatore e capoteam dei due tiratori posizionati ai fianchi.
Può inoltre essere effettuato anche un “tiro traslato” su bersagli mobili. Pertanto, è altresì condizione necessaria un’intesa tra equipaggio di Volo e shooter. Per quest’attività di “tiro d’interdizione” sul bersaglio, viene utilizzato un sistema impropriamente detto olografico, ovvero con sistema elettronico di puntamento. Si può asserire e garantire che, secondo l’Arma e la grandezza
dello strumento olografico, si possono ottenere risultati accettabili a non più di 100/200 mt. ma anche questo dipende dall’addestramento del personale che, in una attività del genere, deve essere assiduo e costante, ecco perché in A-stan le SF tendono costantemente a provare assetti specifici in continuazione, dando molto spazio alla sinergia tra il Personale di Volo ed il Tiratore.
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DI GIANLUCA HERMANN
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Lt.Col. OF-4 Sergio De Francesco T.F.G. Commander
La task Force Grifo della Guardia di Finanza nasce sulla base di richiesta avanzata nel settembre del 2006 al comando generale delle Fiamme Gialle da parte dello Stato Maggiore della Difesa, allo scopo di utilizzare le specifiche professionalità del Corpo per svolgere una qualificata attività addestrativa nei confronti dei collaterali organismi afghani. L’accordo tra il Comando Generale della GdF e lo SMD è stato regolato, inizialmente, da un pacchetto d’ordini definito con il COI. La missione è finanziata dal Parlamento Italiano inquadrando espressamente la GdF nella legge di proroga delle Missioni Internazionali nella parte relativa alla Missione NATO ( non article 5) in Afghanistan. La Task Force Grifo è pertanto una Missione Nazionale, non dipendente, quindi, dalla catena di Comando ISAF, ma direttamente dal Comando Generale della Guardia di Finanza con sede a Roma. Non tutti sanno che la Guardia di Finanza è un’organizzazione con una lunghissima tradizione militare, risalente al 1774, il cui bagaglio tecnico professionale nonché umano, Le ha consentito di essere impiegata nei secoli in ogni teatro critico ove abbia operato l’Italia e che quindi il dispiegamento in territorio afghano la trova perfettamente in grado di assolvere ai delicati compiti ai quali è destinata, magari in silenzio e senza particolari clamori, ma con la stessa professionalità e specificità che la contraddistingue sia in Patria che nelle altre missioni estere. L’obiettivo iniziale è stato l’addestramento del personale della IV Zona West della ABP (Afghan Border Police), allo scopo di migliorarne le tecniche operative e , in particolare, le capacità di controllo e sicurezza delle frontiere. L’attività addestrativa è stata poi estesa ai funzionari delle Dogane afghane (Afghanistan Customs Department) e agli agenti della
Polizia doganale (Customs Police), al fine di affinare le tecniche di contrasto all’evasione dei tributi doganali, che attualmente costituiscono la quasi totalità del gettito erariale di quel martoriato paese chiamato Afghanistan. Attualmente l’attività addestrativa è stata implementata con il 1st Anticorruption and Illegal Profits Course per Funzionari Governativi presso il Regional Command
West di Herat. E’ in avanzata fase di realizzazione un corso di informatica con relativa (è quasi un “unicum” in Afghanistan) aula attrezzata. Notevole successo sta riscuotendo il primo International Airport Course, espressamente organizzato per le nuove strutture aereoportuali realizzate in A-stan. Ulteriore elemento di eccellenza è dato dalla pubblicazione in breve tempo di un corposo testo
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Nella foto in mezzo: Operatore della Task Force Grifo durante l’inaugurazione del nuovo terminal dell’areoporto di Herat
bilingue, inglese/dari, finalizzato al supporto giornaliero alle attività che la ABP si troverà a svolgere nelle nuove strutture aereoportuali a vocazione internazionale. Con RC West, la Task Force collabora da sempre per la risoluzione delle varie problematiche per le quali viene espressamente richiesto il contributo tecnico della Task Force. La progettazione del nuovo Aeroporto Internazionale in collaborazione con il PRT di Herat è una di quelle, assieme alle materie di contrattazione con le aziende locali per una migliore comprensione delle dinamiche doganali, e non per ultima, la dogana con il confine Iraniano di Islam Qalah. Sotto il profilo politico, i rapporti tra Iran e Afghanistan, in passato contraddistinti da rapporti di amicizia e identità culturale (specialmente per le provincie occidentali), sono ovviamente più tesi attualmente a seguito dell’intervento delle Forze della Coalizione. Da un punto di vista criminale, l’Afghanistan è
notoriamente il massimo produttore mondiale di oppio, i cui proventi costituiscono la principale fonte di finanziamento per la lotta clandestina. Il contrabbando di beni di vario genere e la corruzione dei funzionari preposti al controllo sono fenomeni percepibili a chiunque metta piede in A-stan. Per la lotta la terrorismo, il controllo delle Frontiere è fulcro essenziale, affinchè non giungano sostegni umani e Armi da Fuoco alla causa delle ribellione contro il governo afghano e le Forze ISAF. AFGHAN BORDER POLICE E’ una Forza di Polizia alle dipendenze del ministro degli Interni, con compiti di Difesa Militare delle Frontiere, controllo dell’area doganale (50 Km dalla linea di confine), contrasto del contrabbando, del traffico di droga e Armi, contrasto dell’immigrazione clandestina, supporto alle altre Forze di sicurezza nella tutela dell’Ordine. ABP ha una forza organica attualmente di oltre 16.000
unità tra ufficiali, NCOs ed agenti, ed una forza effettiva di 12.000 unità. AFGHANISTAN CUSTOMS DEPARTMENT L’ACD dipende dal ministero delle Finanze e, a mezzo della Direzione Generale di Kabul, di quelle provinciali e delle loro articolazioni, provvede a determinare il valore dei beni e riscuotere il loro relativo debito doganale; prevenire e denunciare fatti di contrabbando, partecipare alla preparazione di accordi internazionali in materia doganale, predisporre dati statistici sul commercio estero per le istituzioni pubbliche, supervisione sui beni doganali in tutto lo stato. A livello nazionale, si divide in tredici Direzioni provinciali e di un ufficio presso l’aeroporto di Kabul, tutti dipendenti dalla Direzione Generale di Kabul. Le Direzioni sono relative alle Provincie di Herat, Kandahar, khost, Paktia, Paktika, Kunar, Mazar, Andkhoi, Takhar, Farah, Badakhshan, Zabul, Jalalabad.
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CUSTOMS POLICE La ADC annovera nel proprio organigramma anche un contingente di Polizia Doganale composto da 40 ufficiali, 32 sottufficiali-graduati (NCOs) e 532 agenti. La Customs Police, è una Forza di Polizia preposta a garantire una cornice di sicurezza nelle aree doganali ed è costituita da personale amministrativamente gestito dal Ministero degli Interni e funzionalmente posto alle dipendenze dello Afghan Customs Department. L’ADDESTRAMENTO La missione principale della TF Grifo è l’addestramento, che viene svolto nei confronti del personale dell’Afghan Border Police e dell’Afghanistan Customs Department. I corsi prevedono cicli formativi da una a quattro settimane (a seconda del tipo del corso), condotti presso le due aule realizzate dalla GdF all’interno del Regional Training Center di Herat. I corsi, frequentati oramai da più di 1000 persone tra agenti della ABP e funzionari doganali, sono principalmente incentrati sulle
tecniche avanzate di controllo doganale e di polizia e comprendono lezioni teoriche e attività pratiche. Le materie spaziano da nozioni basiche di geo-politica alle leggi afghane, tra le quali il codice penale e codice di procedura penale, leggi doganali, leggi antidroga e la legge contro la corruzione dei pubblici ufficiali. Le attività pratiche si sostanziano nelle tecniche dei controllo del veicoli e dei passeggeri e, per la ABP, nella predisposizione di posti di controllo, nelle tecniche di perquisizione, di cattura, antisommossa e altro inerente all’OP. I programmi vengono definiti in stretta collaborazione tra la GdF ed i responsabili dell’Afghan Border Police. Vengono sviluppati al fine di fornire ai discenti il tipo di addestramento più consono alle reali necessità riguardo i loro compiti specifici di polizia. Le medesime relazioni sono mantenute con i vertici dell’Afghan Customs Department, sia per aggiornare i programmi con le novità normative in materia doganale, sia per avere un’idea dello standard tecnico dei controlli e delle procedure adottate nel Paese.
PIANO DI STUDI Border System and International Organizations • Definitions and the Italian and European System • Outlines of International commerce discipline • Worldwide organizations involved in Afghanistan • Afgan Penal Code • Law of corruption • Drug Law • The bank law • Law on Preservation of Afghanistan’s Historical and Cultural Heritages and Artifacts • CITES • Law Firearms • Law of passport • The police law • Pratical Skills • Team building & leadership • Training Un ringraziamento speciale, per l’accoglienza e la disponibilità accordatami al Lt.Col. OF-4 Sergio De Francesco T.F.G. Commander
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DI GIANLUCA HERMANN
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...CHI VIVRÀ QUESTA GIORNATA ED ARRIVERÀ ALLA VECCHIAIA, OGNI ANNO, ALLA VIGILIA FESTEGGERÀ DICENDO:”DOMANI È SAN CRISPINO”; POI FARÀ VEDERE A TUTTI LE SUE CICATRICI E DIRÀ: “QUESTE FERITE LE HO RICEVUTE IL GIORNO DI SAN CRISPINO”… DA VECCHI SI DIMENTICA E COME GLI ALTRI, EGLI DIMENTICHERÀ TUTTO IL RESTO, MA RICORDERÀ CON GRANDE FIEREZZA LE GESTA DI QUEL GIORNO…
E’ l’alba, una splendida alba stamattina, a Farah, l’orizzonte limpido mi fa percepire una visuale perfetta a 360°, riesco a scorgere un orizzonte bellissimo senza nuvole. Veleno e gli altri mi aspettano ai mezzi. L’aria è fresca mentre salgo sul Buffalo, mi sistemo alla meglio tra Murdok ed il Tenente Cuba, per quanto sia gigantesco il MRAP (Mine Resistant Ambush Protect) l’interno è stretto e lungo, le Armi d’appoggio, con gli equipaggiamenti, sono sistemati alla meglio, tutto pare disordinato, ma non lo è; Punto avvia il motore Diesel Mack ASET AI-400 da 330 KW (450 HP) di quest’animale d’acciaio di 36,32 tonnellate. L’Unità è pronta a muovere. L’uscita dalla Base è lenta, polvere si alza a mo’ di colonna, preannunciando all’esterno il nostro movimento, Bettyblu mi sorride passandomi l’acqua, “sarà lunga la giornata...”. La 2° Compagnia Guastatori “Cinghiali” è un’Unità a cui le beghe vengono sempre assegnate, ma d’altronde, nel “nulla circondato dal nulla” di questo paese chiamato Afghanistan, tutto risulta pericoloso e problematico. Solo la preparazione e la competenza fanno sì che la pelle si riporti in Base ogni volta che si esce a sbrigar problemi, ogni stramaledetta volta che qualche insurgents o altro si metta a piazzare ordigni ad ogni lato di quella specie di terra battuta che qui chiamano strada. Gli Uomini sono sereni, anni di Missioni, di addestramento fanno sì che, assieme alla loro
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cementata Fratellanza, risultino sempre padroni delle loro azioni, sempre consci del Mestiere delle Armi che svolgono in questa lontana terra martoriata. I nomi non hanno importanza, qui vige la regola dei Nick, ognuno ha la propria storia, Tutti condividono la Vita ed il Lavoro dell’Unità, perché ogni movimento, ogni disattenzione di uno ricade su tutti, per questo vivono e dormono assieme, in perfetta sinergia con quelle macchine d’Acciaio che li proteggono da un esterno minaccioso, sempre pronto a colpire. Vederli in Azione è l’essenza dell’Essere Militare, di quell’antico
Gennaio 2007 viene assegnata al 5° Reggimento Genio Guastatori in Macomer (NU), il quale entra a far parte della Brigata Meccanizzata “SASSARI” come unità di Unità Combat Support. Da tale data, la 2^ Compagnia Guastatori “CINGHIALI” inizia un addestramento intensivo in Italia e all’Estero (Es.: Scambio con il “1ro Regimiento de Ingenieros” N°1 dell’Ejército de tierra, con sede in Burgos, SPAGNA) e sul territorio nazionale partecipa all’Operazione “STRADE SICURE” LA STORIA in quel di Roma, contribuendo La 2^ Compagnia Guastatori “CINGHIALI” nasce dalle ceneri della fattivamente alla sicurezza della Capitale. Dal Settembre del 2009 Compagnia Guastatori “SASSARI”, all’Aprile del 2010 viene schierata con sede in quel di Cagliari. Dal 10 Mestiere tanto bistrattato ed odiato, che fa si che il resto del mondo occidentale e moderno possa continuare a svegliarsi indaffarato e distratto, senza tante preoccupazioni, ogni santa mattina a venire. La 2^ Compagnia è questo, Mezzi e Uomini intrinsecamente uniti, Vita e Coraggio nel Nulla circondato dal Nulla… fino alla fine del mondo, senza che noi, in esso, non saremo menzionati; noi pochi. Noi felici, pochi.
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per la prima volta “ABROAD” nello svolgimento dell’Operazione ISAF XIII, presso la FOB “EL ALAMEIN” di Farah, a supporto della TaskForce SOUTH. Dopo circa un anno e mezzo viene schierata nuovamente con gli stessi Tasks, sempre a Farah, presso FOB “DIMONIOS”, per l’Operazione ISAF XVII. CHI SONO QUELLI DELLA 2^ COMPAGNIA GUASTATORI “CINGHIALI” La 2^ Compagnia Guastatori “CINGHIALI” è composta da ragazzi/e Sardi/e, ad eccezione di Qualcuno, che nel difficile ed impegnativo terreno Afghano, tra le montagne, il deserto e le impervie gole, affrontano e lottano efficacemente e costantemente contro il Sistema IED. La maggior parte di loro sono Guastatori “SASSARINI”, anzi, per essere pignoli “TATTARINI”, perfetta sintesi tra i Guastatori che durante il Secondo Conflitto Mondiale gridavano “VARCO” tra i campi minati del Nord Africa e gli intrepidi Sardi della Brigata “SASSARI”, che tanto erano temuti dagli Austro-Ungarici, appellandoli così “DIMONIOS”. La base di questa Compagnia sono loro, subito dopo, non per importanza ma solo per la loro prima fila davanti al pericolo, ci sono i Guastatori A.C.R.T. (Advanced Combat Reconaissance Team), ovvero coloro che si occupano della Ricognizione e della Ricerca degli Ordigni Esplosivi Improvvisati lungo gli itinerari, sempre coadiuvati dagli assetti cinofili del Genio che, con i loro Pastori Belga Malinois, assicurano un contributo notevole nell’individuazione degli IED e non cercano Tartufi. Proprio quando ci si trova davanti ad un UXO o ad un IED, ecco che entrano in campo i nostri Artificieri EOD, che con il loro lavoro di precisione e minuzioso, disinnescano gli Ordigni sia inesplosi che improvvisati. La 2^ Compagnia “CINGHIALI” non finisce qui, ci sono anche gli Operatori Mezzi Speciali del Genio che,
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THESE MIST COVERED MOUNTAINS ARE A HOME NOW FOR ME, BUT MY HOME IS THE LOWLANDS AND ALWAYS WILL BE SOME DAY YOU’LL RETURN TO YOUR VALLEYS AND YOUR FARMS AND YOU’LL NO LONGER BURN TO BE BROTHERS IN ARM... con l’ausilio delle loro macchine movimento terra, costruiscono i COP a favore delle CF (Coalition Forces) e delle ANSF (Afghan National Security Forces), sempre coadiuvati dai risolutivi meccanici che monitorizzano l’efficienza di tutti mezzi, dal VTLM “LINCE” ai sicurissimi mezzi MRAP, ovvero dal mastodontico BUFFALO al MAXXPRO, passando per il COUGAR. Questi mezzi sono fondamentali per le missioni di ROUTE CLEARENCE, in quanto permettono un’elevata protezione dalla minaccia IED e messi a sistema con i Robot Wheelbarrow MK VIII PLUS, con
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i fucili di precisione BARRETT, rendono veramente difficile la vita agli insurgents nel piazzare IED lungo le MSR (Main Supply Route) e le ASR (Alternative Supply Route), battute costantemente e quotidianamente dalle CF per garantire la FOM (Fredoom of Movement). Proprio lungo queste strade, tante volte sterrate, polverose e difficili da praticare, i Guastatori della 2^ Compagnia “CINGHIALI” scrutano e controllano ogni palmo di sabbia, per rendere sicuro il passaggio di tutte le altre Unità presenti nell’Area di Operazione.
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THE ONLY EASY DAY WAS YESTERDAY Straordinario mix tra racconto eroico e tecniche cinematografiche all’avanguardia, ACT OF VALOR ha come protagonisti un gruppo di autentici effettivi delle forze speciali della Marina Militare statunitense. Cronaca romanzata di un’autentica operazione portata a termine dalle United States Navy Sea, Air & Land forces (SEAL), Act Of Valor accompagnerà il pubblico in un viaggio adrenalinico in un mondo imprevedibile pieno di pericoli. Un film che entrerà nella storia di Hollywood. Una missione per liberare un agente della CIA rapito svela per caso una trama agghiacciante, con conseguenze potenzialmente inimmaginabili, e una squadra scelta tra le élite delle forze armate, un gruppo di guerrieri ad altissimo addestramento, viene inviata in missione top-secret. I valorosi uomini del Plotone “Bandito” cominciano una corsa contro il tempo da un punto caldo del mondo all’altro in una missione che si allargherà sempre di più. Act of Valor unisce sequenze di combattimento strabilianti, tecnologie di guerra di ultima generazione ed emozioni mozzafiato, creando un film d’avventura e d’azione inedito che esibisce le capacità, l’estenuante addestramento e la tenacia dei più grandi eroi d’azione di tutti i tempi: i veri SEAL della marina americana.
NOTE SULLA PRODUZIONE Nel 2007 la Bandito Brothers di Los Angeles ha realizzato un breve documentario sull’Equipaggio Guerra Speciale della Marina Militare Statunitense (Special War Combatant-CraftCrewmen - SWCC). Derivazione degli operatori dei pattugliatori della guerra in Vietnam, tra i principali compiti della SWCC c’è quello di inserire squadre SEAL in destinazioni apparentemente impossibili, dove svolgono lavori delicati ed estremamente pericolosi, e al momento opportuno recuperarle. “Abbiamo realizzato un film di sette minutisulla realtà di questi uomini” - racconta Max Leitman, socio della Bandito Brothers e produttore esecutivo di Act of Valor. “Conoscendoli meglio, ci hanno veramente ispirati, e questo credo si veda nel nostro lavoro, concepito come un omaggio, qualcosa che possono mostrare alle loro famiglie e ai loro amici per far capire a tutti in che cosa consiste il loro lavoro. E anche la Marina Militare ha riconosciuto la passione che abbiamo messo nella realizzazione del film”. Il caso ha voluto che i Reparti Guerra Speciale della Marina, di cui fanno parte i SEAL e la SWCC, abbiano visto questo breve documentario proprio mentre valutavano diversi progetti per un lungometraggio sulle loro attività. “Erano stati avvicinati da decine di produzioni per la realizzazione di un film sui SEAL” racconta Mike “Mouse” McCoy, regista di Act Of Valor
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insieme a Scott Waugh. “La Marina aveva risorse sufficienti per appoggiare un solo progetto. Svariate produzioni hanno presentato i loro progetti, ma alla fine è stato scelto il nostro”. Il Capitano Duncan Smith, 27 anni di servizio in Marina e ancora attivo nei SEAL, è stato uno degli elementi chiave nello sviluppo di Act of Valor. “Volevamo un tramite per raccontare nel modo più autentico possibile chi siamo e chi non siamo” sottolinea. “L’idea doveva essere approvata dai vertici. Questo è il primo film che parte come progetto del Comando Guerra Speciale della Marina Militare. Lo scopo era di consentire a dei civili di venire a vedere come siamo e cosa facciamo, con enfasi particolare sui quotidiani sacrifici dei nostri militari e delle loro famiglie”. “Il prodotto finito è veramente unico”, dice. “Cattura l’ethos dei SEAL come nessun film prima d’ora. Si spara davvero, si vedono i veri militari - e non solo quelli dei SEAL. I piloti e gli aviatori coinvolti nel film, gli equipaggi dei sottomarini, sono tutti militari autentici. La sceneggiatura è stata scritta e riscritta per riflettere il più accuratamente possibile come le operazioni si svolgono nella realtà. A proposito di realismo, il film va ben oltre quanto il pubblico abbia mai visto. Nessun altro film aveva mai veramente colto il cuore dei SEAL, il lavoro di squadra, la tecnologia avanzata, l’addestramento”. Coraggiosa miscela di realtà e finzione, Act of Valor vede dei veri SEAL della Marina Militare in ruoli da protagonista e offre il primo sguardo autentico sul loro mondo. Per raccogliere materiale per il progetto, a Waugh, McCoy e ai loro partner della Bandito Brothers è stato consentito un accesso esclusivo al mondo di quella che è la forza più enigmatica e di élite tra tuttele forze armate americane. Per mesi McCoy e Waugh hanno frequentato il Commando Guerra Speciale della Marina di San Diego in California per conoscere in prima persona gli uomini di questa élite. “Eravamo convinti che il modo migliore per far raccontare la nostra storia era permettere a un osservatore obiettivo di vedere tutto quello che facciamo”, spiega il Capitano Smith. “I Bandito Brothers erano le persone giuste, perché sono fondamentalmente degli atleti. Come ex stuntmen, sono dei professionisti che lavorano quotidianamente in ambienti ad alto rischio, quindi in grado di apprezzare chi siamo e quello che facciamo”. Immersi in quell’atmosfera,
Uscita in Italia 4 Aprile 2012
GLI U.S. NAVY SEALs PROTAGONISTI RORKE Età: 38 anni Stato d’origine: California Data d’arruolamento: 9 ottobre 1998 Designazione: Guerra Speciale Grado: Tenente Comandante dal primo agosto 2008 Incarichi: Guerra Navale Speciale (NSW) Commando d’Addestramento Avanzato 2010-oggi Commando Addestramento di Base NSW 2007-2010, Unità Guerra Speciale West Coast 2004-2006, Unità Guerra Speciale East Coast 1999-2004 Onorificenze e decorazioni: Stella di bronzo al valore, Medaglia d’elogio Marines, Marines Achievement Medal, Medaglia per la Guerra Globale al Terrorismo MICHAEL Età: 40 anni Stato d’origine: California Data d’arruolamento: 5 luglio 1990 Date trasferimento Flotta di Riserva: 1 settembre 2011 Grado/Classe: Capo Operatore Guerra Speciale (SEAL) – SOC (SEAL) dal primo gennaio 2002 Incarichi: Guerra Navale Speciale (NSW) Commando d’Addestramento Avanzato 2006-2011,NSW Gruppo Uno 2004-2006, Unità Guerra Speciale West Coast 2002-2004, UnitàMobile Artificieri West Coast 1999-2000 Onorificenze e decorazioni: Medaglia d’elogio Marines, Marines AchievementMedal con “V” per “valoroso”, Marines Achievement Medal (5), Elogio dell’Unità Navale, Elogio Unità Meritevole, Medaglia Buona Condotta (6), Medaglia per la Guerra Globale al Terrorismo DAVE Età: 34 anni Stato d’origine: New York Data d’arruolamento: 5 settembre 1996 Grado/Classe: Capo Operatore Guerra Speciale (SEAL) – SOC (SEAL) dal 19 luglio 2007 Incarichi: Unità Guerra Speciale West Coast 2009oggi, Commando Addestramento di Base Guerra Navale Speciale (NSW) 2007-2009, Unità Guerra Speciale West Coast 2000-2007, Battaglione Costruzioni Anfibie II 1997-1999 Onorificenze e decorazioni: Medaglia d’elogio Marines con “V” per “Valoroso”, AMarines chievement Medal (3), Nastro Azione di Combattimento, Medaglia Buona Condotta (2), Medaglia di Spedizione Guerra Globale al Terrorismo AJAY Età: 43 anni Stato d’origine: New York Data d’arruolamento: 14 maggio, 2001 Grado/Classe: Operatore di Prima ClasseGuerra Speciale(SEAL) – SO1 (SEAL) dal 31 dicembre 2006 Incarichi: Guerra Navale Speciale (NSW) Commando d’Addestramento Avanzato 2009-oggi,Unità Guerra
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tra la vita professionale e privata dei SEAL’, i realizzatori del film hanno cominciato a impregnarsi di questa cultura. “Prima di tutto erano gli uomini a ispirarci”, dice McCoy. “Ci hanno aperto un sipario sul loro mondo. Prima di tentare di raccontare una storia, abbiamo cercato di capire chi fossero veramente”. E dietro quel sipario hanno scoperto una razza tutta particolare di guerriero—un gruppo sorprendentemente eterogeneo di uomini di elevata intelligenza, addestrati alla perfezione e con talenti unici, profondamente impegnati verso il loro paese e i loro commilitoni. “Questi uomini vivono una vita segreta”, racconta Waugh. “Ed è una vita incredibile. Anche noi siamo uomini d’azione e questo progetto era come un invito a nozze. Ma non è che sapessimo molto sui SEAL prima di cominciare. Abbiamo scoperto che compiono azioni miracolose, che hanno delle capacità fisiche ed emotive che la maggior parte di noi si sogna. Io sono ex stuntman e uno stuntman deve essere una specie di tuttofare, ma specializzato in niente. Devi saper fare tutto: andare a cavallo, in motocicletta, domare un incendio, cascare dall’alto e così via. Per i SEAL la disciplina è molto simile, solo che loro sono specializzati in tutto”. Secondo il Tenente Comandante Rorke, tra i protagonisti del film, le precedenti caratterizzazioni cinematografiche dei suoi
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uomini sono poco rappresentative ed era contentissimo di condividere parte del suo quotidiano con gli autori del film. “Non siamo un branco di brutti ceffi aggressivi e odiosi”, dice. “Quella componente esiste in parte, in quanto dobbiamo essere aggressivi sul campo di battaglia, ma quando siamo a casa o tra di noi non siamo per niente così. I SEAL sono perlopiù uomini tranquilli e umili che vogliono solo servire il proprio paese”. GIÀ DELLE STELLE Conoscendo meglio gli uomini del plotone SEAL di San Diego, McCoy e Waugh si sono trovati a prendere in considerazione una nuova e mai sperimentata possibilità per il loro film. Invece di fare dei casting con attori, avrebbero usato dei veri militari SEAL nei ruoli principali. “Assicurarci che tutto il nostro lavoro sarebbe stato un omaggio al servizio che questi uomini rendono al paese era diventato il nostro mantra” dice McCoy. “Usando degli attori il rischio era che avremmo dato una falsa rappresentazione dei SEAL. Questo lo sapevamo, perché era già successo con altri film”. Una breve rassegna della storia recente del cinema americano rivela che gli ultimi tre film in cui appaiono militari SEAL hanno come protagonisti Charlie Sheen, Demi Moore e Bruce Willis,
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dice Leitman. “Tutti bravissimi attori, ma non sono veri SEAL. Sentivamo che scegliere dei divi non avrebbe reso loro giustizia”. Più ne parlavano, più McCoy e Waugh si convincevano che l’unico modo per raggiungere l’autenticità di cui avevano bisogno per onorare veramente i soggetti del loro film era utilizzare dei veri effettivi come protagonisti. “Quando ti trovi di fronte a un militare SEAL vedi uno sguardo”, dice Waugh, “un’intensità e un’aura che è quasi impossibile imitare. Come fa un attore a interpretare un uomo in servizio attivo da 20 anni in un reparto del genere?”. McCoy fa l’esempio di un film sul basket con varie scene in cui i giocatori dei Los Angeles Lakers scendono in campo. “Preferisci vedere un mucchio di attori, che hanno imparato a giocare un mese prima di girare, o i veri Lakers?” Era la prima volta nella nostra carriera che dovevamo dirigere dei personaggi autentici e non degli interpreti”. La parte più difficile, dicono i registi, è stata convincere i SEAL. “Quando eravamo ormai decisi a utilizzare veri militari nel nostro film, questi ci hanno tutti risposto di no,” dice McCoy. “Dicevano che apparire in un film non era roba per loro. Andava benissimo aiutarci nelle nostre ricerche, ma non di più, perché avevano il loro lavoro da svolgere. Poi, quando hanno capito meglio chi eravamo e il nostro atteggiamento, hanno cominciato
Speciale West Coast 2003-2009 Onorificenze e decorazioni: Achievement Medal Servizi Uniti, Medaglia d’elogio Marines con “V” per “Valoroso”, Medaglia Buona Condotta, Medaglia Campagna d’Iraq, Medaglia Guerra Globale al Terrorismo SONNY Età: 41 anni Stato d’origine: Florida Data d’arruolamento: 19 settembre 1988 Grado/Classe: Capo Operatore Guerra Speciale (Mare, Cielo, Terra), SOC (SEAL) dal 16 settembre 2010 Incarichi: Unità Guerra Speciale West Coast 2004oggi, Unità Guerra Speciale East Coast 1999-2004, Demolizione Subacquea di Base/Scuola SEAL, 19981999, UnitàMobile Artificieri (EODMU) II 1996-1998 e 1992-1995, USS Holland(AS 32) 1989-1992, Commando Addestramento Reclute 1988 Onorificenze e decorazioni: Medaglia d’elogio dei Marines, Marines Achievement Medal (6), Premio Guarda Costiera, Medaglia Buona Condotta, Medaglia Difesa Nazionale RAY Età: 32 anni Stato d’origine: California Data d’arruolamento: 8 dicembre 1997 Grado/Classe: Operatore di Prima ClasseGuerra Speciale (SEAL) – SO1 (SEAL) dal 16 dicembre2006 Incarichi: Guerra Navale Speciale (NSW) Commando Addestramento di Base 2011-oggi, Unità Guerra Speciale West Coast 2003-2011, Comandante Attività Flotta di Okinawa 1999-2002, Commando Addestramento Reclute 1997-1998 Onorificenze e decorazioni: Stella d’Argento, Stella di Bronzo con “V” per “Valoroso”, Medaglia d’Elogio Marines (2), Marines Achievement Medal, Nastro Azioni di Combattimento, Medaglia Buona Condotta (2), Medaglia Campagna d’Iraq DUNCAN SMITH Età: 53 anni Stato d’origine: California Data d’arruolamento: 26 luglio 1985 Designazione: Guerra Speciale Grado: Capitano dal 16 aprile 2010 Incarichi: Comando Guerra Navale Speciale (NSW) 2008-oggi. Centro Guerra Speciale Navale 2005–2008. Comando Guerra Navale Speciale 2001 – 2005. 4 Incarichi di Combattimento post-11 settembre, Addestramento Volontari 2011-oggi, Vari Incarichi Riserve Marina/Mobilitazione 1990-2011, Unità Guerra Speciale West Coast 1986-1989 Onorificenze e decorazioni: Medaglie al Merito (3), Medaglia d’Elogio dei Marines (3), Marines Achievement Medal, Nastro Azioni di Combattimento, Medaglia Servizio di Difesa Nazionale, Medaglia Campagna d’Iraq, Medaglie Guerra Globale al Terrorismo/Spedizioni, Medaglia Servizio Volontario Eccezionale
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a farsi coinvolgere, convincendosi che forse il film era un’opportunità per far conoscere la loro comunità al mondo”. Benché il suo comandante lo abbia indicato per il film, l’Operatore di Guerra Speciale di Prima Classe Ajay era riluttante fino all’ultimo. “Inizialmente non volevo essere coinvolto nel progetto,” dice James. “Non m’interessa la fama o la gloria, ma vorrei solo gettare una luce sui diversi aspetti dei SEAL. Questo è sicuramente il ritratto più fedele di come operiamo che si sia mai visto al cinema. I registi ci hanno dato molto spazio, consentendoci di creare la storia come volevamo che fosse raccontata, e per noi questo ha fatto la differenza”. Dopo aver deciso di commemorare nei titoli i militari del Gruppo Guerra Navale Speciale uccisi a partire dall’11 settembre 2001, un nucleo di uomini ha firmato l’assenso a partecipare alla film. Il Gruppo Guerra Navale Speciale e i SEAL hanno dato un appoggio incondizionato al progetto, a patto che i realizzatori lavorassero rispettando le esigenze lavorative dei militari. “Era naturale, non volevamo sottrarre gli uomini ai loro addestramenti e alle loro operazioni”, dice Waugh. Come avviene nella realtà, la squadra SEAL di Act of Valor è guidata da un ufficiale, il Tenente Comandante Rorke, e da un militare di alto rango, il Capo Operatore Guerra Speciale Dave. “Il rapporto tra i due protagonisti è
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molto importante,” spiega McCoy. “Nella vita reale sono molto amici, ma uno è il capo dell’altro e c’è un forte rispetto. Era interessante esplorare questa dinamica”. Il Tenente Comandante fa da collegamento tra la squadra dei SEAL e gli alti ranghi della Marina Militare. “Il Tenente è un uomo completo,” dice Waugh. “È molto intelligente, colto, laureato. È stato a Ramadi in Iraq nel 2006 e ha ricevuto una Stella di Bronzo. È un leader nato e un abilissimo caposquadra”. “Il Capo Operatore Dave è un po’ il suo opposto,” dice McCoy. “Un surfista, un padre di famiglia, la personificazione di cos’è un SEAL. È affettuosissimo con la sua famiglia e simpatico e divertente con tutti. Ma una cosa è certa: non vorrei essere tra i suoi nemici. È alto due metri ed è forte da far paura. Può lanciare in aria uno pneumatico di trattore come fosse la gomma di una bicicletta. Il suo lavoro è di interagire con il plotone e con il Tenente, è quella la catena di comando”. --Waugh fa l’esempio dell’Operatore Guerra Speciale di Prima Classe Ajay. Prima di arruolarsi nel 2001, Ajay, che è nato in Trinidad, ha dovuto farsi scrivere delle lettere di raccomandazione da Senatori e Membri del Congresso e ha avuto bisogno di una deroga per l’età. “Ajay apprezza l’America molto più di tanti americani” dice Waugh. “Faceva boxe Muay Thai ed è tra gli omini più divertenti
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e carismatici che abbia mai incontrato. Ma, allo stesso tempo, non vorrei mai litigare con lui”. Secondo Ajay, fallire nello scopo di diventare un SEAL non era un’opzione. “Non c’era un Piano B. Essere un SEAL richiede senso dell’onore, coraggio, impegno e spirito di fratellanza”. Poi c’è Weimy, il cecchino della squadra. “La sua pazienza è tale che può restare appostato su un tetto giorno dopo giorno in attesa di quei due secondi in cui dovrà sparare,” dice Waugh.“La sua visione del mondo è tutta tattica, come se fosse nato per diventare un SEAL. Ma poi ha una grazia unica”. Il responsabile comunicazione della squadra è Ray, “un ossimoro vivente” secondo Waugh, perché è un uomo di pochissime parole. “Ray è incredibilmente bravo in tutto quello che fa”, dice McCoy. “È un uomo completo, con delle capacità eccezionali, ma è anche di un’umiltà spiazzante”. Il “duro” del gruppo è Sonny. “È uno dei tipi più cattivi che abbia mai incontrato ed è un gigante”, dice Waugh. “Ma è anche un tipo alla mano e sempre disposto a divertirsi. Fino al momento in cui il dovere lo costringea diventare ringhioso, è simpatico e sorridente”. Infine c’è Mikey, che secondo me è l’ultima persona che ti aspetteresti di incontrare tra i SEAL. “È un tipo senza pretese, mentre dovrebbe averne molte”, dice il regista. “È un corridore di mountain bike a livello mondiale. Fa surf, vela, è un
VAN O Età: 42 anni Stato d’origine: Oregon Data d’arruolamento: 21 ottobre 1988 Grado/Classe: Capo Operatore Superiore Guerra Speciale (Mare, Cielo e Terra), SOCS (SEAL)dal 16 gennaio 2007 Incarichi: Comando Congiunto Operazioni Speciali Aeree Europa 2010-oggi, Unità Guerra Speciale West Coast 19982010, Addestramento Guerra Speciale 1998, Unità Guerra Speciale East Coast 1994-1998, Sede Marina Militare di Bethesda 1993-1994, Centro Guerra Speciale della Marina Militare 1992-1993, Centro Medico della Marina Militare 1991-1992, Base/Arsenale Marina Militare 1989-1991, Comando Addestramento Reclute 1988-1989 Onorificenze e decorazioni: Stella di Bronzo, Medaglia al Merito, Medaglia d’Elogio Marines, Marines Achievement Medal (6), Medaglia Buona Condotta, Medaglia Forze Armate WEIMY Età: 36 anni Stato d’origine: California Data d’arruolamento: 9 dicembre 1997 Grado/Rango: Capo OperatoreGuerra Speciale – SOC (SEAL) dal 16 marzo 2009 Incarichi: Unità Guerra Speciale West Coast 2009-oggi, Commando Addestramento di Base Guerra Navale Speciale (NSW) 2007-2009, Centro NSW 2005-2007, Unità Guerra Speciale West Coast 1999-2005, Comando Addestramento Reclute 1997-1998 Onorificenze e decorazioni: Stella di Bronzo con “V” per “valoroso”, Cuore Viola, Medaglia di Elogio dell’Esercito con “V” per “valoroso, Medaglia d’elogio Marines, Marines Achievement Medal (2), Elogio Unità Navale, Medaglia Buona Condotta, Medaglia Servizio Difesa Nazionale Distribuzione: M2 Pictures Uscita in Italia: 4 aprile 2012 Regia: Mike “Mouse” McCoy e Scott Waugh Sceneggiatura: Kurt Johnstad Fotografia: Shane Hurlbut Montaggio: Scott Waugh e Michael Tronick Scenografie: John Zachary Musiche originali: Nathan Furst Prodotto da: Mike McCoy e Scott Waugh Distribuzione Italia: M2 Pictures Ufficio stampa M2: Carmen Danza Ufficio stampa film: REGGI&SPIZZICHINO Communication
I protagonisti sono effettivi dei SEAL della Marina Americana Insieme agli attori professionisti: Roselyn Sánchez Alex Veadov Jason Cottle Nestor Serrano
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grande sportivo in generale e non ti aspetteresti mai di vederlo in guerra. Ha anche una collezione di giocattoli nel garage, come una barca non funzionante e una Harley senza gomme. Sta nei SEAL da 21 anni”. Lavorare con questi attori della prima ora è stato sorprendentemente facile, secondo i registi. “Spesso con gli attori ho delle lunghe conversazioni sul personaggio”, spiega Waugh. “Ma in questo film non dovevamo dirigere attori che dovevano interpretare dei personaggi. Stavamo direttamente dirigendo i personaggi. Posso mai mettermi a discutere con il personaggio in persona?”. I SEAL che hanno partecipato al film non vogliono essere chiamati attori perché dicono di aver semplicemente fatto quello che fanno tutti i giorni. “La parte più difficile sono state le battute,” dice Ajay. “Andare in giro a sparare, correre, comunicare via radio e così via era roba di tutti i giorni per noi. Mettersi lì a parlare con qualcuno senza che sembrasse finto, ecco la parte veramente difficile”. Anche vedersi su uno schermo è qualcosa a cui dovevano abituarsi, dice Rorke. “Quando senti la tua voce alla segreteria telefonica in genere non ti piace. È qualcosa che secondo me molti hanno provato, qui la sensazione va moltiplicata per mille su uno schermo di 15 metri. Nel nostro lavoro ci aspettiamo la perfezione. Alla fine mi sono TNM ••• 64
concentrato più sugli altri uomini che non su me stesso, ma hanno fatto un ottimo lavoro. Penso che il prodotto finito piaccia a tutti noi e ci ha emozionati tantissimo”. Nel cast di Act of Valor i personaggi non interpretati da veri SEAL sono gli attori professionisti, Roselyn Sánchez, nota per la serie televisiva “Senza traccia”, e Nestor Serrano, protagonista di decine di film e serie TV. “Abbiamo cercato di inserire gli attori più talentuosi che siamo riusciti a trovare, ma sopratutto abbiamo selezionato personalità leggermente più discrete”, dice Waugh. “Attori che potevano integrarsi bene nel film e con dei militari che recitano se stessi. Lo standard è stato innalzato per gli attori”. Un volto relativamente poco noto nel film è quello dell’attore Jason Cottle, che interpreta Abul Shabal. Waugh ricordava Cottle, un veterano della scena teatrale newyorchese, dai tempi in cui lui stesso batteva i palcoscenici come giovane attore. “Era uno degli attori più straordinari che avessi mai incontrato”, dice Waugh. “Volevamo qualcuno poco conosciuto tra il pubblico cinematografico e che riuscisse a trasmettere un vero senso di terrore nel suo ruolo. Mi è venuto subito in mente Jason Cottle, personaggio dotato di un’intensità incredibile”. Siamo sicuri che questo film lascerà un’impronta indelebile nel panorama dei War Movie.
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ARMI MILITARI ARMI MILITARI ARMI MILITARI ARMI MILITARI Il fucile d’assalto, denominato F2000, è un bull pup con calciatura in materiali polimerici e nuove soluzioni meccaniche perfettamente integrate con la vecchia tecnologia.
DI MAURICE LA CROIX
TARI ARMI MILITARI ARMI MILITARI ARMI MILITARI ARMI MILITARI A
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IL LANCIAGRANATE DA 40 MM, DISEGNATO DALLA FN PER L’F2000. Il lanciagranate, di tipo convenzionale, viene aperto spingendolo in avanti. Il grilletto del lanciagranate è stato progettato per posizionarsi esattamente sotto a quello del fucile. Per evitare confusione funziona solo in doppia azione, in questo modo il tiratore anche se posiziona il dito indice sul grilletto sbagliato si accorge subito della differenza del peso di scatto e della corsa. Sul lato destro del lanciagranate, due bracci ribaltabili svolgono la funzione di mirino e tacca di mira per il lancio della granata.
Essendo assente la finestra di espulsione in prossimità della camera di scoppio, risulta impossibile un’ ispezione visiva della camera stessa, pertanto i progettisti hanno realizzato una botola di ispezione posta dietro all’ottica.
Il fucile d’assalto, denominato F2000, è un bull pup con calciatura in materiali polimerici e nuove soluzioni meccaniche perfettamente integrate con la vecchia tecnologia. La canna del fucile è parte integrale di un modulo che comprende anche il condotto di espulsione e la slitta Std Mil 1913 di attacco dell’ottica. Le pareti del condotto di espulsione del bossolo servono da ancoraggio della canna nella parte inferiore e, superiormente, da base di aggancio del gruppo ottico. Il modulo è molto interessante e curioso: per la prima volta la canna non è un componente a sé stante ma comprende altri elementi che ne aumentano la rigidità e, al contempo, servono a dissipare il calore. Il condotto di espulsione dei bossoli svolge anche la funzione di intercapedine di TNM ••• 70
raffreddamento e, per questo, ha diverse fresature di ventilazione. I bossoli, muovendosi lungo il condotto, spostano l’aria calda e la fanno fuoriuscire dal fucile. La parte anteriore della canna, esposta per circa 50 mm, è lavorata con fresature circolari per aumentare la superficie della canna stessa e, quindi, la dissipazione del calore. Il rompifiamma tipo Vortex è angolato verso l’alto e con fori di vampa disposti sul piano orizzontale e superiore; nella parte interiore il rompifiamma non ha fori, per evitare che i gas diretti verso il terreno alzino nuvole di polvere oscurando la vista del tiratore. Il gruppo otturatore, con il pistone dei gas e le relative aste guidamolla e molle di recupero, è alloggiato all’interno della calciatura e copre il pacchetto di scatto. Solo l’asta
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SCHEDA TECNICA Costruttore: Fn Herstal Sa, Voie del Liege 33, B-4040 Herstal Belgio Modello: F2000 Calibro: .223 Remington tipo Ss109 Velocità alla bocca: 900 metri al secondo, granata 76 metri al secondo Cadenza di tiro: da 800 a 900 colpi al minuto , a seconda della posizione della valvola di regolazione dei gas Lunghezza totale: 694 mm , 727 mm con il lanciagranate Lunghezza canna: 400 mm, canna lanciagranate 230 mm Rigatura canna: 4 righe ad andamento destrorso con un passo di un giro in 7 pollici Peso a vuoto: 3.600 grammi, 4,.600 con lanciagranate Calciatura: in resina epossidica rinforzata con fibra di vetro Meccanica: In acciaio con guida dei bossoli in polimeri Sistema di funzionamento: a presa di gas indiretta con valvola di regolazione dell’afflusso dei gas Otturatore: otturatore con otto alette di chiusura in testa Scatto: singolo, cane interno, in Abs estraibile dall’arma Selettore: a ghiera su tre posizioni, posto sotto al grilletto. Caricatore: prismatico da 30 colpi costruito secondo specifiche Stanag Organi di mira: sistema di puntamento ottico da 1,6 ingrandimenti, in alternativa computer di tiro programmabile con compensazione automatica sul reticolo della caduta della pallottola e sull’oculare e nella parte superiore dell’ottica per la compensazione della caduta della granata da 40 mm. Alimentazione del computer di tiro tramite pacco batteria posto nel calcio del fucile. Peso del sistema ottico: 1.000 grammi
di rinvio del pistone dei gas è posta sul lato sinistro del fucile, scorrendo parallelamente alla canna. L’afflusso dei gas viene controllato da una valvola regolabile posta sul lato sinistro del castello, con un funzionamento analogo a quello dello Steyr Aug. Agendo sulla valvola di regolazione dei gas, cambia anche la cadenza di tiro del fucile, compresa tra gli 800 e i 900 colpi al minuto. L’asta di rinvio è solidale al portaotturatore che, a sua volta, controlla un otturatore a testa rotante con 8 tenoni di chiusura (un funzionamento analogo a quello dell’Aug o dell’M16). Il fucile è privo di un espulsore vero e proprio ma usa un sistema ingegnoso e alquanto inusuale per espellere il bossolo. Subito dopo lo sparo l’otturatore arretra, trascinando con sè il bossolo, arma il cane interno e
torna ad avanzare, sempre con il bossolo agganciato alla faccia dell’otturatore. Nel momento in cui il bossolo entra in contatto con una nuova cartuccia presente nel caricatore, o una volta terminate le munizioni con il risalto dell’elevatore del caricatore, il bossolo si inclina verso l’alto, inserendo il colletto dentro la guida in teflon posta dietro alla camera di scoppio. Sospinto dalla parte superiore dell’otturatore, entra completamente dentro alla guida in teflon che, a sua volta, lo convoglia dentro il condotto di espulsione. Nel momento in cui l’otturatore va in chiusura, il bossolo entra in contatto con una leva posta sopra l’otturatore che, con un colpo secco, lo inserisce completamente e definitivamente dentro il condotto di espulsione. Un anello elastico TNM ••• 71
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in teflon impedisce al bossolo il ritorno in camera di scoppio. Essendo assente la finestra di espulsione in prossimità della camera di scoppio, risulta impossibile un’ ispezione visiva della camera stessa, pertanto i progettisti hanno realizzato una botola di ispezione posta dietro all’ottica. Il coperchio della botola è stato realizzato in modo da interferire con la linea di mira, di conseguenza è impossibile sparare con il coperchio aperto. Il gruppo di scatto è alloggiato nella parte posteriore del calcio, subito sotto alla guida del portaotturatore e sopra al vano batterie. Per estrarlo è sufficiente tirare l’anello posto posteriormente, non occorre agire su viti o spine. Il pacchetto di scatto è derivato da quello del P90, a sua TNM ••• 72
volta ispirato a quello dello Steyr Aug. Oltre al cane e alla sicura manuale e automatica, include due disconnettori: nel tiro semiautomatico viene impiegato solo il primo mentre, quando si spara in automatico, entrano in funzione entrambi, in successione. Di conseguenza, posizionando il selettore in automatico, per sparare a raffica è necessaria una trazione decisa: i due disconnettori partono in successione, prima un solo colpo e successivamente la raffica. Il caricatore, per motivi di standardizzazione Nato, è identico a quello dell’ M16. Il pulsante di sgancio è a pressione, posto centralmente rispetto all’asse dell’arma e riparato dai colpi dal ponticello del grilletto e dal bocchettone del caricatore.
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DI ZORAN MILOSEVIC
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L’unità speciale della polizia Ceca “Útvar Rychlého Nasazení” (URNA) può essere considerata, al momento, una delle migliori del suo genere e rappresenta risposta più valida del Ministero degli Interni Cechi contro il terrorismo, il crimine organizzato ed altre attività malavitose. La Repubblica Ceca nasceva dalla disgregazione della vecchia Cecoslovacchia, che univa due entità nazionali, quella Ceca e quella Slovacca. Subito dopo l’indipendenza, avvenuta dopo la pacifica separazione dei due Stati, la Repubblica Ceca cominciò ad avvicinarsi al trend di vita capitalistico tipico delle nazioni occidentali modificando anche le sue strutture di sicurezza, allineandole agli standard Europei. Tuttavia, come accadde in diversi stati ex-comunisti, accostarsi all’occidente ebbe alcune ripercussioni. Molteplici gruppi TNM ••• 76
criminali intravidero una grande opportunità nella nuova e giovane democrazia. Unitamente alla malavita russa, la Repubblica Ceca, fu invasa da organizzazioni criminali ben organizzate provenienti da Turchia, Albania, Bulgaria, Polonia, Grecia e dal Kosovo. Essi combattevano per il controllo del territorio e per la spartizione del “bottino”. Negli ultimi dieci anni, il più grave problema per la Polizia Ceca fu rappresentato dalla mafia Kosovara, che ad oggi è la più organizzata, brutale e pericolosa associazione a delinquere presente sul territorio; essa conta circa 10.000 affiliati e si finanzia grazie al traffico di droga e alla prostituzione. Questo è il motivo per cui la Repubblica Ceca ha istituito un’unità di risposta immediata, fondata ai tempi della Cecoslovacchia, nominata Útvar rychlého nasazení,
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meglio conosciuta negli ambiti occidentali sotto l’acronimo di URNA. Su richiesta del governo socialista e di alcune forze di polizia, il ministero degli Interni decise di reclutare un’unità speciale che fosse costituita esclusivamente da uomini selezionati, addestrati e ben equipaggiati e che fosse in grado di opporsi, con successo, a differenti minacce criminali. Questo significava disporre di un gruppo scelto preparato a sventare dirottamenti di aeroplani e contrastare un gran numero di attività terroristiche compresi gli attacchi dinamitardi. Prima dell’arrivo delle forze speciali di polizia, l’azione antiterrorismo spettava alle forze militari le quali, però, non erano adeguatamente addestrate per questo tipo di missioni. Dopo le prime operazioni e dopo aver apportato significativi cambiamenti
alla propria organizzazione e ampliata la giurisdizione, finalmente nell’agosto del 1981, secondo quanto approvato nel decreto ministeriale 52/1980, già adottato agli inizi del 1980, l’unità di risposta immediata ottenne lo status di forza più importante di tutta la polizia e preordinata alla lotta di qualsiasi attività criminale. L’unità prese il nome di Direttorato e fu posta sotto il comando del “Sboru národní bezpecnosti” (SNB), ossia l’Assemblea Nazionale di sicurezza. Per completare l’effettivo richiesto alcuni uomini dell’unità speciale vennero reclutati fra alcuni reparti di elite, in special modo fra le truppe aviotrasportate. A partire dal 1981 fino al 1985, iniziò un lungo processo di addestramento degli agenti ed allo stesso tempo fu scelto il loro armamento. Furono dotati di pistole automatiche Vz.Skorpion cal. 7,65 Browning, fucili d’assalto Vz.58 cal. 7,62 e fucili da cecchino di manifattura Sovietica SVDN-1 Dragunov (Vz.63) 7,62x54 R mm, oltre che a fucili modificati Vz. 54 7,62, fucili a pompa, lanciagranate RV-85 cl. 26,5 e svariati modelli di pistole. Come simbolo di riconoscimento i membri dell’unità di polizia adottarono un basco rosso. Tra i primi incarichi affidati al gruppo speciale vi fu quello di contenimento e controllo delle manifestazioni pubbliche, ciò nondimeno in breve tempo avvennero ulteriori cambiamenti. Nel 1985 l’unità cambiò il nome in “Odbor zvláštního urcení”, ossia “dipartimento per gli interventi speciali” e fu messa alle dipendenze del Ministero degli Interni. Un cambiamento di comando che ebbe ripercussioni negative sul reparto dal momento che essa venne utilizzata dal governo comunista Ceco per arginare il movimento di protesta portato in piazza delle organizzazioni anti-governative alle quali aderivano un grande numero di civili; agli uomini dell’unità fu concesso di utilizzare metodi repressivi piuttosto crudeli, specialmente durante il periodo fra il 1988 ed il 1989. Dopo il colpo di stato del 1989 il partito comunista fu rimosso dalle posizioni di potere e di conseguenza TNM ••• 77
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anche all’interno della polizia avvennero alcuni importanti cambiamenti; l’unità antiterrorismo entrò in una nuova fase della sua evoluzione: l’addestramento si focalizzò sugli interventi in caso di rapimento e dirottamenti operati da organizzazioni criminali pericolose. Il dipartimento, nello stesso anno cambiò ancora nome in “Jednotka rychlého zásahu Federální policejní sluzby” (JRZ FPS), Unità per l’intervento immediato delle Forze di Polizia Federali. Il cambio della denominazione portò anche ad un’alterazione del simbolo di riconoscimento dell’unità e così il basco rosso, nel novembre 1989, fu rimpiazzato da un basco di colore verde scuro. Nel febbraio del 1990, la fine del regime oppressivo comunista permise all’unità JRZ di riguadagnare l’ambito operativo per cui era stata formata e nello stesso anno, di partecipare ad un’azione per la liberazione di ostaggi. L’unità JZR fu tra le prime a beneficiare del nuovo corso politico e della conseguente apertura verso gli altri paesi europei; gli ufficiali della polizia ceca furono, infatti, inviati all’estero per apprendere nuove tecniche dai loro colleghi stranieri. Inoltre lo Stato decise di impiegare maggiori risorse finanziarie così da acquistare l’equipaggiamento più idoneo ad un’unità moderna. Il 1990 fu anche l’anno in cui l’unità cambiò nuovamente appellativo per assumere quello definitivo di “Útvar rychlého nasazení” (URNA - unità per l’intervento immediato delle forze di polizia Ceche), riprendere il simbolo iniziale e indossare nuovamente il basco rosso. ORGANIZZAZIONE E COMPITI La missione principale affidata a questa specifica unità di polizia è di addestrare uomini all’utilizzo di nuovi equipaggiamenti e armi sofisticate, per condurre azioni ad alto rischio che potrebbero coinvolgere dei civili messi in situazione di grave pericolo. Questo significa che l’unità deve essere capace di svolgere i seguenti compiti: • interventi contro gruppi terroristici, rapitori e pirati dell’aria; • interventi contro la criminalità organizzata e criminali pericolosi; • protezione e sicurezza di alti funzionari del governo o personalità importanti nazionali ed estere; • proteggere diplomatici Cechi durante meeting o incontri internazionali;
• sedare rivolte carcerarie; • aiutare la cittadinanza colpita da disastri naturali. Come membro della NATO, la repubblica Ceca è divenuta parte importante della coalizione guidata dagli Stati Uniti d’America, che ha partecipato alla guerra al terrorismo internazionale e alla stabilizzazione post conflitto in Iraq. Proprio in Iraq i team dell’URNA sono stati impiegati per la messa in sicurezza dell’Ambasciata Ceca a Baghdad, oltre alla protezione di diplomatici ed altri obiettivi particolarmente sensibili. L’esperienza acquisita in Iraq si è rivelata preziosa migliorando notevolmente le tattiche d’impiego dell’unità. I team URNA, che solitamente operavano in abito civile, più di una volta, sono stati bersaglio della guerriglia Irachena e del terrorismo Islamico, ma gli specialisti Cechi si sono comportati da TNM ••• 79
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eccellenti professionisti. Dopo la guerra in Iraq il futuro dell’unità di polizia Ceca si concentrerà soprattutto sulle operazioni in ambito civile con un conseguente cambio di tattiche e procedure. Oggi la Repubblica Ceca ha un totale di otto differenti team d’intervento regionali, destinati allo svolgimento delle missioni anti-terrorismo, ma solo l’URNA ha la giurisdizione su tutto il territorio nazionale ed estero. Queste unità regionali sono sottoposte alla giurisdizione della Forza di Polizia d’Intervento (porádkové Policie) e si occupano di sedare eventuali rivolte, mentre l’URNA è sotto l’autorità organizzativa del Servizio di Polizia Criminale (službu kriminální Policie uno vyšetrování). Specificatamente, l’unità è sotto il diretto comando del Capo della polizia, ma l’unica persona che può effettivamente dare il via libera alle azioni è il Ministro degli Affari Interni. Al fine di eseguire con successo la propria attività, l’URNA ha un’organizzazione interna molto simile al resto delle forze speciali. L’unità è comandata da un ufficiale di polizia con il grado di tenente colonnello (attualmente è Libor TNM ••• 80
Lochman) che ha tra i suoi doveri quello di sovrintendere la formazione e il reclutamento di nuovi candidati, analizzare l’operatività e monitorarne le attività quotidiane. La struttura interna del gruppo comprende, fatta eccezione per il comando (amministrazione), due ulteriori sezioni, una operativa ed una di servizio speciale, con un effettivo di circa 110 membri. La sede del gruppo è ubicata nel sobborgo meridionale di Praga. Il comando, oltre a dirigere gli ufficiali e i propri vice, comprende anche il servizio amministrativo in cui lavorano segretarie, autisti, personale che si occupa di questioni legali ed uomini addetti alla logistica addetti alla manutenzione delle attrezzature, la preparazione dei veicoli per lo svolgimento delle attività programmate, l’uso di armi e munizioni necessario per l’addestramento al tiro e così via. La sezione operativa d’intervento (sekce rychlého nasazení), - la parte più autorevole e significativa del gruppo - si compone di tre team d’assalto (zásahové skupiny). Ogni team è composto da 21 uomini, divisi in sottounità di cinque persone che hanno il compito di effettuare le operazioni
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ad alto rischio. All’interno delle sezioni operative esiste un gruppo di formazione destinato all’addestramento dei candidati per l’ingresso all’interno dell’URNA. In testa alla squadra d’assalto c’è un ufficiale col grado di colonnello, egli ha a disposizione vari specialisti che si occupano di EOD, tiro di precisione, negoziatori, radio comunicatori e conducenti di veicoli speciali. Le squadre sono, inoltre, completate da uomini i quali posseggono diverse specializzazioni che variano da esperti in antiterrorismo fino agli specialisti EOD (Explosive Ordinance Disposal). L’unità è dotata,inoltre, di 5 artificieri addestrati ad operare in ambiente subacqueo. Il Servizio specializzato (sekce speciálních služeb) è migliorato da uomini con diverse competenze rispetto a quelle già summenzionate. In questo gruppo ci sono tiratori scelti, specialisti in sistemi di comunicazione, personale che si occupa di gestire le informazioni per le unità riguardo ai diversi obiettivi e tipi di missione che possono incontrare. Inoltre, ci sono negoziatori qualificati per sostenere colloqui con criminali
che detengono persone in ostaggio: queste figure aiutano a tracciarne il profilo dei sequestratori, comprenderne le loro intenzioni e determinare quale sia il momento opportuno per neutralizzarli. Sono in servizio inoltre paracadutisti, autisti specialisti in ricognizione (che operano in ambienti urbani e rurali), con il compito di raccogliere informazioni preliminari utili all’intervento successivo dei colleghi. I team d’assalto si alternano nella disponibilità d’intervento su chiamata ed entro 45 minuti dall’allarme sono pronti ad agire su tutto il territorio della Repubblica Ceca. Nel caso in cui la situazione richieda un sostegno aggiuntivo, un secondo team è pronto ad entrare in azione entro quattro ore dal momento della chiamata. Per le situazioni di crisi complesse, come il dirottamento aereo o la detenzione di un gran numero di ostaggi in un edificio, il resto del gruppo si aggrega entro 24 ore. L’URNA coopera con successo con unità simili nel mondo. Oltre alle tradizionali visite ed agli scambi di esperienze, si svolgono corsi di formazione in comune con il 22° Reggimento SAS britannico, unità francesi GIGN e RAID, SIE belga, gli italiani GIS e NOCS, la svedese CTU, la UOU slovacca ed occasionalmente con altre unità europee ed americane. Allo stesso modo, URNA è membro dell’organizzazione ATLAS ed il suo staff partecipa alla missione UNMIK in Kosovo, anche se in realtà sono all’interno della squadra speciale di polizia TNM ••• 81
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UNMIK, meglio conosciuta come Special Team 6. L’unità partecipa regolarmente anche a competizioni regionali ed internazionali riservate alle forze speciali di polizia e nel suo palmares può vantare il secondo posto (subito dopo la Cina) nell’edizione di maggio 2011 – tenutasi a Budapest nella gara di tiro con fucili sniper. SESSIONI DI FORMAZIONE La selezione dei candidati idonei a prestare servizio nell’unità rappresenta un processo lungo e difficile; all’aspirante viene richiesto un lungo periodo di privazioni e uno sforzo che metterà alla prova la sua volontà. L’addestramento è progettato in modo da soddisfare i requisiti essenziali per la buona riuscita delle operazioni contro il terrorismo, per fornire il servizio al Dipartimento, per sopprimere il crimine organizzato e soprattutto per arrestare delinquenti pericolosi. Gli agenti di polizia che tentano il concorso per occupare i posti vacanti all’interno dell’URNA devono passare un rigoroso processo di selezione e formazione al fine di selezionare i membri più idonei alla realizzazione di operazioni ad alto rischio. La dura selezione tende a valutare la vera motivazione dei poliziotti oltre a individuare coloro i quali posseggono una serie di requisiti in materia di idoneità fisica, stabilità emotiva e capacità di analizzare la situazione. L’URNA ammette alla selezione tutti i sergenti delle forze di polizia su base volontaria, da un età minima di 23 fino a quella massima di 30 anni, con un’esperienza lavorativa di almeno tre anni (più ulteriore istruzione e formazione professionale), istruzione scolastica di livello superiore, uno stato di buona salute e ottima preparazione fisica, abilità nel nuoto e possesso di una patente di guida di categoria B. I candidati che soddisfano i requisiti di base, formano un gruppo che deve superare un check-up diviso in tre step ad eliminazione in modo che il candidato che TNM ••• 82
non passi una fase venga automaticamente espulso dal corso di formazione. La prima fase prevede un esame utile a tracciare i limiti fisici del candidato, il secondo test è in realtà una prova scritta (della durata che va da 6 ad 8 ore) efficace per comporre un personale profilo psicologico derivato dalla resistenza allo stress, capacità di adattamento, attitudine di lavoro in team, intelligenza e flessibilità nei compiti da eseguire. Coloro che superano questi primi due test passano alla terza prova necessaria a scremare ulteriormente i candidati più idonei per forma fisica. Gli aspiranti dovranno, dunque, superare diversi test ginnici: 60 metri di corsa, il numero di piegamenti eseguiti in un minuto, il numero massimo di addominali eseguiti in due minuti, 400 metri a nuoto, salire lungo 4,5 metri di corda nel più breve tempo possibile, attraversare un percorso ad ostacoli due volte in 4 minuti. Passati queste prove estenuanti gli esaminandi hanno accesso alla seconda parte della selezione. Questa comprende una prova di sei giorni nei quali viene valutato lo stato psico-fisico del candidato, così come il suo comportamento in condizioni di forte affaticamento, la capacità di sopportare uno stress costante per un lungo periodo di tempo e di prendere decisioni in situazioni critiche. Particolare importanza viene data al lavoro di squadra, e alla dedizione e motivazione personale dimostrata durante le prove. I candidati devono compiere continue marce d’orientamento zavorrate, portare a termine obiettivi in cui viene messa a dura prova la loro resistenza, forza, abilità e conoscenza. Durante questi test essi sono anche privati del sonno come fattore di stress aggiuntivo, in modo che tutte le loro virtù e capacità, buone e cattive che siano, vengano chiaramente espresse e di seguito analizzate. Ogni attività dei candidati viene accertata ed ha un tempo limite di esecuzione, è monitorata dagli istruttori e membri anziani delle unità e viene svolta sotto controllo medico. A questo punto, un ulteriore blocco è rappresentato dal colloquio personale con i membri del
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consiglio dell’URNA incaricati di verificare se il candidato ha reagito bene alle prove finora sostenute, misurando, inoltre, la sua motivazione e le ragioni per unirsi al team. Il contatto diretto con il tirocinante consente al Consiglio di prendere decisioni precise al momento di selezionare i potenziali futuri specialisti. Capacità ritenute necessarie nei candidati sono: • Intelligenza sopra la media, capacità d’apprendimento, di definire e risolvere i problemi in situazioni di stress; • Ambizione e autodisciplina; • Flessibilità e adattamento, capacità di pensiero non convenzionale, innovazione e improvvisazione; • Maturità, soppressione di comportamenti impulsivi, ingenui o esagerati; • Disciplina interiore; • Stabilità psicologica, in particolare quella emotiva, il che significa che il candidato non dovrà essere soggetto a rischio di problemi psicologici; • Capacità di accettare le critiche, pazienza e capacità di sopprimere i propri sentimenti; • Ottimismo e un buon senso dell’umorismo; • Capacità sociali e di comunicazione con altre persone; • Aggressivo e coraggioso, intendendo la capacità di mostrare aggressività, ma anche essere in grado di controllarla; • Capacità di rimanere operativo e concentrato sul conseguimento degli obiettivi anche se ci sono segnali di pericolo; • Comportamento morale ed etico, ossia agire in conformità alle norme e valori sociali ed avere un forte senso di giustizia, onestà, responsabilità e motivazione positiva verso il lavoro. Per un comandante che sceglie quale dei candidati debba essere ammesso nella sua squadra, un colloquio è certamente il modo giusto per scoprire ciò che ogni individuo può offrire e come si inserirà nel team. Al termine di questa selezione, solo il 75% dei candidati entrano a far parte dell’URNA. Se l’aspirante URNA supera con successo questo colloquio, lo attende un percorso formativo molto versatile, intenso e difficile che si protrarrà per un paio di mesi e che non tutti riusciranno a portare a termine. Durante questo periodo, il tirocinante, viene istruito in varie discipline: • preparazione tattica speciale, mirata a risolvere problemi di ostaggi in edifici, aerei, treni, bus ecc; • vari tipi di tiro; • sessioni di allenamento di scalata ed azione con l’uso di elicotteri; • autodifesa con arti marziali; Tutte queste attività sono integrate con una corretta preparazione fisica. Posto all’interno dei una ex base militare sovietica, a 75 TNM ••• 83
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km da Praga, i tirocinanti hanno anche a disposizione un poligono di tiro e un ampio spazio per la pratica sulle tecniche di salvataggio e hostage rescue. Una parte speciale dell’addestramento è rivolta alla formazione degli specialisti, che prevede la frequentazione di corsi di paracadutismo, lezioni di topografia, educazione sanitaria e pronto soccorso, corsi d’ingegneria di base e speciali, eventuale formazione per tiratori scelti, corsi legati al nuoto ed operazioni in acqua, corsi di guida, di diritto e di psicologia. Le reclute necessitano poi, allo stesso modo, d’imparare l’utilizzo dell’attrezzatura speciale messa a disposizione dell’unità. Dopo aver completato la formazione di base, il candidato, riceve la qualifica di Operatore URNA e viene quindi inviato alle squadre operative per iniziare a partecipare alle esercitazioni collettive, in modo da acquisire confidenza con i compiti che, in seguito, verranno loro assegnati; i nuovi arrivati partecipano, inoltre, come osservatori o semplice supporto a reali azioni d’arresto di criminali o operazioni antiterrorismo. EQUIPAGGIAMENTO SPECIALE La natura delle attività Urna richiede un equipaggiamento individuale speciale di elevata qualità e tecnologia, che include tutti gli elementi necessari per concludere con successo azioni di crisi come rapimenti, protezione VIP ed arresto di criminali o terroristi. L’URNA dispone di un arsenale con diversi modelli di armi ed equipaggiamenti occidentali e nazionali. Visti i compiti di questa unità, l’arma principalmente usata è, come per molte altre nazioni, il famoso MP- 5 calibro 9x19 Parabellum della casa tedesca Heckler & Koch, con munizionamento di vario tipo che va dai colpi innocui della canadese SIMUNITION, alla ceca TNM ••• 84
Sellier Bellot, fino a munizioni di tipo Mag tech 3D. Uno dei modelli di quest’arma più utilizzato è l’ A5 con calcio regolabile e raffica controllata di tre colpi. L’arma può essere dotata di una rail sotto la canna, fabbricato dalla svizzera Brugger & Thomet ed un’altra rail posta sulla parte superiore dell’arma, prodotto dalla nazionale SGB Praga. È possibile quindi aggiungere diversi dispositivi accessori, quali torce stroboscopiche, puntatori olografici EOTech o di produzione nazionale della SGB OKO, utili ad un puntamento veloce o anche delle Trijicon ACOG TA11 3,5 x35 con reticolo illuminato al trizio, per l’utilizzo in ambienti scarsamente illuminati o di notte. Alcune armi sono state modificate per il supporto di eccellenti ottiche tedesche x4 Zeiss Hensoldt per tiro preciso fino a 100 metri di distanza, utilizzato assieme a puntatori laser che operano nel campo delle lunghezze d’onda del visibile. Oltre alla versione A5, l’URNA, utilizza una versione integrata con un silenziatore SD-6, mentre una terza versione di quest’arma MP-5KA4-PDW (Personal Defence Weapon), con calcio di fattura americana CHOATE MACHINE &TOOL, viene di solito utilizzato per missioni di protezione VIP. Per quanto riguarda le armi secondarie, i membri URNA utilizzano pistole austriache Glock 17, che utilizza le stesse munizioni degli MP-5; è, inoltre possibile posizionare sotto questa pistola una torcia tipo Insight M3X. Oltre a questo modello, l’unità, ha a disposizione anche la Glock 19, di calibro maggiore. L’URNA ha accesso anche ad altri modelli semiautomatici di pistola, come la tedesca Walther P99 o la nazionale Zbrojovka CZ-75D Compact, o le CZ-75 e CZ-85, il tutto, in calibro 9x19 millimetri Parabellum, per mantenere coerenza con il calibro degli MP5. Nell’arsenale URNA non mancano armi automatiche come il VZ61 “Scorpio” di
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fabbricazione ceca, CZ calibro 7,65 x17mm Browning ( .32 APC), arma con un raggio d’azione estremamente grande, con una cadenza di 850 proiettili al minuto. Quest’arma è particolarmente indicata per il trasporto occultato sotto i vestiti ed è anche possibile applicarvi un silenziatore per un uso più discreto. Per lo stesso scopo, l’unità, ha a sua disposizione diverse armi automatiche israeliane IMI Mini Uzi, calibro 9 millimetri. Un’altra arma automatica utilizzata è la belga Fabrique Nationale Herstal, il P-90 con il rivoluzionario calibro 5,7 x28mm, con caricatore trasparente in polimeri da 50 proiettili SS190, capace di attraversare con successo un giubbotto balistico. Per uno scopo più specifico, come ad esempio sfondare serrature o porte, per facilitare gli ingressi nelle stanze o fermare automezzi, gli operatori speciali dispongono di fucili italiani ad anima liscia calibro 12 millimetri come il Franchi e il Benelli. Il più utilizzato e conosciuto fucile di questo tipo è l’italiano Benelli modello M3T, con possibilità di utilizzare le munizioni Magnum. Una versione ceca del VZ.58 Kalashnikov calibro 7,62 x39mm viene utilizzata in situazioni in cui è necessaria un’arma di calibro più potente e una grande potenza di fuoco, come le azioni di combattimento in Iraq o durante l’arresto di pericolosi criminali o in incursioni, durante posti di blocco stradali ecc... Questo fucile può utilizzare tutta una serie di accessori prodotti dall’israeliana TDI. Tra le armi utilizzate figura anche l’eccellente fucile G-36 Heckler & Koch nelle versioni G-36Export, con la possibilità di fissare un caricatore maggiorato da 100 proiettili ed un compatto G-36KV, dotato di un puntatore ottico fisso HK con un ingrandimento di potenza x3.5, con presa anteriore ed un puntatore Laser. È anche possibile modificare l’arma togliendo la normale maniglia superiore sostituendola con quattro guide Picatinny in alluminio, alle quali è possibile fissare un’impugnatura anteriore o una potente torcia tattica americana Streamlight TLR-1. Ultimamente, alcuni membri URNA, sono stati visti utilizzare fucili H & K-416, acquistati in un numero limitato, probabilmente in sostituzione dei vecchissimi VZ.58. Nell’unità URNA sono presenti almeno 10 tiratori scelti estremamente qualificati per azioni in cui è richiesta una particolare precisione. Sono dotati di un modello di fucile da sniper di produzione nazionale congiuntamente a tre modelli di produzione estera considerati fra le armi migliori al mondo. Il primo modello è un fucile Ceco con configurazione bull-pup, costruito in base alle esigenze del team. Utilizza il sistema di bloccaggio del CZ Mauser 98, in calibro .308 Winchester ed è dotato di un’ottica con ingrandimento x6. Il fucile russo Dragunov 7,62 x54 R è un altro modello utilizzato dall’ URNA: anche se non molto preciso, il Dragunova ha un efficiente potere d’arresto ed un’ottima cadenza di tiro. Quest’arma di solito è usata dalle squadre disposte intorno all’ambasciata ceca a Kabul e Baghdad. Lo svizzero Sig Sauer SSG-3000 calibro 7,62 x51mm (.308 Win.) viene utilizzato per il tiro fino a più di 600 metri di distanza. Quest’arma, lunga 1.180 millimetri e dal peso di circa 5 chili, ha un calcio ergonomico e regolabile ed una
canna di 23,5 pollici che consente un’eccellente precisione. Per il gruppo ottico viene utilizzata una Leupold naVari-XIIII, con ingrandimento 6,5-20x50mm e per operazioni notturne, un puntatore norvegese Simrad Optronics KN252F. Il fucile di miglior qualità nell’arsenale Urna è sicuramente il SAKO TRG-22 calibro .308 Winchester, con lunghezza della canna di 26 pollici, recentemente affiancato ad un fucile dello stesso calibro e stesso produttore, il SAKO TRG-42 calibro 8,6 x70mm (.338 Lapua Magnum), entrambi destinati al tiro fino a 1500 metri. L’ottica usata è una Schmidt & Bender PMII (Marksman Police) 5-25x56mm. Ulteriori armi scelte per diversi utilizzi sono un lanciagranate 40 millimetri “Granatpistole” H & K, che utilizza vari tipi di munizioni 40x46 come CS/15P, CS/1-D, SIGN Impact, stordenti , accompagnato dai vecchi obsoleti modelli RV85 calibro 26,5 millimetri. Per quanto riguarda le operazioni in condizioni di scarsa visibilità e di notte, Urna, dispone di dispositivi quali il norvegese Simrad KN252F, 2nd Generation Plus, visori notturni monoculari dello stesso produttore, serie GN, di 3a generazione. L’equipaggiamento personale comprende una divisa mimetica modello digitale, come l’americana ACU, destinata all’uso nelle aree urbane. Solitamente i poliziotti operano in tenuta nera, di fabbricazione nazionale della XENA di Praga o anche in blu scuro, fabbricate in Nomex e Goretex dalla nazionale Vývoj Trešt. È interessante ricordare che, secondo la legge ceca, le forze di polizia non possono indossare divise militari attualmente in uso nella Nazione. Sotto la normale divisa, gli agenti, durante le inrruzioni, di solito indossano giubbotti balistici Petris modello P2023 e sopra di essi indossano giubbotti tattici prodotti dalla nazionale DASTA, con sistema MOLLE. Completano la divisa elmetti Petris modello P3001, caschi Pro-Tech, stivaletti Magnum di tipo HI-Tec Midnite e Puma, occhiali balistici ESS, ginocchiere e gomitiere HATCH “Centurion”, guanti di protezione “Operator HATCH” in tessuti con Nomex e Kevlar, fondine Safariland, cinture MARS, svariati accessori per pistola e caricatori sempre MARS, maschera NBC MAR-95, scudi balistici Bristol ed altro ancora. Vengono anche forniti di capi invernali Vývoj Trest ECWCS 2000, tute mimetiche Ghillie modelli “Faden” per mimetismi nella vegetazione verde e folta, “LEAVES” per il periodo autunnale ed “HEJKAL” per quello invernale. TNM ••• 85
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LEGGERO VERSATILE MODULARE Abbiamo già avuto modo di parlare di questa grande azienda nell’articolo relativo alla recensione della fondina SERPA, pubblicata sul numero 9 di TNM, nel mese di settembre 2011. Brevemente, quindi, ricordo che BlackHawk nasce nel 1993 dall’idea di Mike Noell, un ex istruttore dei Navy SEAL. Design ed innovazione tecnologica sono i punti salienti sui quali il Gruppo ha costruito la sua reputazione nella produzione di equipaggiamenti specifici per il Military ed il Law Enforcement. L’azienda reputa molto importanti e decisivi i feedback risultanti dalla diretta collaborazione con l’utente finale e che vengono utilizzati per poter accrescere le caratteristiche di tutti i prodotti. BlackHawk è leader nella produzione di tactical gear, protezioni balistiche, prodotti per forze di Polizia, fondine, sistemi d’idratazione, guanti di protezione, abbigliamento e calzature, coltelli, strumenti d’illuminazione, strumenti di effrazione, calciature per armi destinate alla riduzione del rinculo da sparo. L’azienda ha sede a Norfolk, in Virginia, con impianti produttivi in Nord Carolina, Montana ed Idaho ed è certificata UNI EN ISO 9001-2000. STRUTTURA Il prodotto può definirsi come un corpetto modulabile tattico, con possibilità di poter addizionare delle protezioni balistiche, sia in configurazione “soft” che “hard”. La struttura principale è interamente realizzata in Cordura® Dupont 1000 denari con trama “ripstop”, materiale sul quale si fa affidamento per le peculiarità di resistenza e d’impiego protratto per lungo tempo. Nella parte interna, a contatto con il torso dell’utilizzatore, è rivestito con rete tridimensionale ad alta resistenza che, operando un’effettiva separazione dall’abbigliamento, protende ad assicurare un ottimo confort e traspirazione in qualsiasi condizione climatica d’impiego. La superficie esterna dell’intera struttura è rivestita con un sistema di fissaggio ideato per l’impiego di un “set-up” con buffetteria specifica BlackHawk, che utilizzi i sistemi S.T.R.I.K.E®. e Speed TNM ••• 90
Clips™. Le dimensioni sono, comunque, appropriate e compatibili per ricevere il più diffuso sistema MOLLE (Modular Lightweight Load-carrying Equipment). La predetta struttura è realizzata con pals in nastro certificato MilSpec ed assicurata con un filo ad alta tenacità. Il vest presenta un’apertura frontale composta da un pannello assicurato tramite tre nastri velcrati. Questo viene utilizzato per fissare il sottostante “cummerbund”, realizzato in due semisezioni e regolabile su quattro posizioni. Le due porzioni, all’altezza del fianco, sono
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ulteriormente rinforzate con tre supporti plastici, cuciti internamente in posizione verticale ed in corrispondenza dei pals. Nella parte superiore dello schienale è presente una robusta maniglia di trasporto, sempre in nastro certificato, destinata all’eventuale recupero dell’operatore in difficoltà. Ancora, nella parte alta, sia del pannello posteriore che di quello anteriore, è stata applicata una striscia in velcro per apporre delle patch identificative tipo POLICE, SWAT, SHERIFF ecc.. E’ possibile addizionare, per incrementare la superficie protetta, delle coperture
specifiche per il collo (frontale e posteriore), per le braccia, le spalle, la parte superiore della coscia ed una piattaforma pelvica. QUICK RELEASE SYSTEM Il vest è caratterizzato dalla presenza di un semplice e rapido dispositivo di sgancio denominato “Cutaway”. Operazione che si determina afferrando con la mano forte l’anello di sicurezza in plastica di colore nero, posizionato all’altezza di una delle due spalle TNM ••• 91
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REMINGTON 870 TACTICAL LAW ENFORCEMENT La scelta nr.1 nella categoria “pump action shotgun” da parte delle più importanti Law Enforcement Agency americane. Lunghezza della canna 18,5” (47 cm), peso circa 7 libbre (3,2 kg.), calibro 12 con capacità nel serbatoio tubolare di 6+1 colpi. E’ interamente costruito in acciaio con finitura milspec black. L’esemplare ritratto nelle foto è equipaggiato con calcio telescopico BlackHawk Knoxx SpecOps per la riduzione del collasso di sparo, slitta rail con porta colpi MESA Tactical, astina Surefire 628 con tactical light. Importatore: www.paganini.it
Il corpetto modulabile tattico ha la possibilità di poter addizionare delle protezioni balistiche, sia in configurazione soft, foto a sinistra, che hard foto a destra.
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e praticando una trazione energica verso il basso. Procedura che è resa possibile dal cablaggio, attraverso idonee asole ed occhielli, di una fascia in materiale plastico. Quest’ultima, che è possibile posizionare sia sul lato destro che su quello sinistro, una volta estratta, consente di separare il vest nelle sue componenti principali. Azione che ne determina, quindi, la rapida caduta a terra o apertura in caso di traumi o ferite, permettendo l’accesso al busto dell’utilizzatore. ATTAGLIAMENTO E COLORI Il prodotto viene confezionato nelle taglie: Small, Medium, Large, XLarge. Il perfetto adattamento alla conformazione fisica dell’operatore si realizza operando sia sulla registrazione delle fasce in velcro, collocate sulle spalle, che sul cummerbund, che come già accennato, ha la possibilità di poter essere regolabile su quattro lunghezze. Le suddette spalle sono rinforzate con una copertura in Non Slip HawkTex®, un materiale gommoso ad alta “grippabilità”, idoneo ad assicurare un buon appoggio per il calcio di armi lunghe. E’ disponibile nelle colorazioni black, olive drap e coyote. PROTEZIONI BALISTICHE All’interno della struttura principale possono essere inserite, attraverso due aperture posizionate nella parte inferiore di ciascun pannello, esclusivamente le specifiche protezioni balistiche appositamente disegnate da BlacKHawk e certificate NIJ standard 0101.06. Protezioni assemblate in due tipologie: la ELITE, con livello di protezione IIIA e formata da strati di materiale balistico Twaron® e Dyneema® e la V.I.P., avente le medesime peculiarità ma caratterizzata da un peso leggermente maggiore ed assemblata con strati di Twaron® e Kevlar®. Per entrambe è stata adottata una cover esterna, di colore nero, realizzata in nylon
200 denari con trattamento in poliuretano, per renderle impermeabili ed impedire, quindi, il decadimento delle caratteristiche di protezione balistica. Sono presenti, inoltre, due tasche esterne nelle quali possono essere ulteriormente alloggiate delle piastre rigide stand alone livello IV, sino alle dimensioni massime di 10.5” X 13.25”. REPORT DELLE PROVE Questo armour vest è in dotazione a numerose agenzie di polizia americane e quindi largamente provato sul campo dai molti operatori in forza ai vari team SWAT, SRT ed ESU, che lo hanno configurato in base alle loro esigenze operative e d’impiego. BlackHawk ha pensato e realizzato un prodotto realmente performante e leggero, il cui peso a vuoto, infatti, supera di poco un chilogrammo. Nonostante la sua struttura sia stata progettata per contenere gli ingombri la superficie protetta è di gran lunga superiore ad altri analoghi modelli, prodotti da aziende concorrenti. L’opportunità di poter essere adeguatamente attagliato alle caratteristiche fisiche dell’operatore gli attribuisce una buona gestibilità dei materiali trasportati che si trasforma, inevitabilmente, in un comfort difficilmente eguagliabile, anche dopo molte ore d’impiego. Grazie alla perfetta ripartizione dei numerosi pals è possibile distribuire in modo ottimale le tasche equipaggiamento ed i carichi, in modo da agevolare, di conseguenza, la mobilità e la velocità di estrazione dei caricatori. Una buona efficienza è stata dimostrata durante la movimentazione in ambienti ristretti, peculiari nelle operazioni CQB o delle Dinamic Entry, permettendo, inoltre, di assicurare un’eccellente possibilità di gestione sia dell’arma lunga, con tactical sling, che di quella corta. Abbiamo provato ad effettuare delle rapide procedure di salita e discesa da alcuni veicoli, anche se non di tipica configurazione operativa, trovandole particolarmente impegnative, come era prevedibile, soprattutto con la configurazione completa delle piastre balistiche stand alone.
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Per le prove abbiamo utilizzato l’eccellente fondina della ditta americana Black Hawk. Il modello da noi utilizzato è denominato Sistema SERPA®, la quale presenta il sistema brevettato AUTO LOCK® per il blocco immediato dell’arma non appena riposta. Per info sul sistema SERPA e i Prodotti BLACK HAWK: www.madmaxco.com
La prova di trascinamento dell’operatore in difficoltà non ha portato a segni di cedimento della relativa maniglia, fissata nella parte posteriore, anche se è stata fissata in direzione orizzontale e non, come avrei auspicato, con cuciture verticali prolungate sino al bordo inferiore del manufatto. Buono anche il grip fornito dai supporti gommosi presenti su entrambe le spalle, che si sono dimostrati utili nella gestione sia del puntamento che del rilevamento durante il tiro con le armi lunghe. Per ultimo, vorrei soffermarmi sulla facilità e rapidità di attuazione della procedura di sgancio rapido, realizzabile, con un minimo di training, in circa 3 secondi, nonché, del successivo riassemblaggio, molto intuitivo e possibile in circa un minuto. Ritengo, in conclusione, che il prodotto testato sia di alta qualità, realizzato con i migliori materiali, da una delle aziende leader del settore a livello mondiale e di poterlo promuovere a pieni voti. Un prodotto che potrà trovare uno spazio operativo sia nella dotazione del professionista che in quello ludico del softgunner esigente. Il prezzo indicativo del vest “nudo” è di circa 400$ che sale, vertiginosamente, a 3400$ circa nella versione abbinata alle balistiche della serie ELITE ed allestita con tutte le protezioni accessorie. www.blackhawk.com TNM ••• 98
Si ringrazia: Mad Max & Co. di Formello (Roma) importatore nazionale dei prodotti BlacKHawk per la fornitura di tutti gli equipaggiamenti e l’abbigliamento tattico di questo marchio. www.madmaxco.com Alessandro ZANIN amico, grande appassionato e collezionista di armi da fuoco e bianche per il supporto tecnico.
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DI T.COLONNELLO GDF MARIO LEONE PICCINNI E M.A. AD – AC VITO VERARDO
L’INFALLIBILE FIUTO DEI CANI ANTIDROGA IN UNIFORME GRIGIA… L’IMPORTANTE CONTRIBUTO DELLE UNITÀ CINOFILE ANTIDROGA DELLA GUARDIA DI FINANZA ALLA LOTTA AL TRAFFICO DI SOSTANZE STUPEFACENTI.
LA SELEZIONE E L’ADDESTRAMENTO DEI CANI DA IMMETTERE IN SERVIZIO. Il rinomato Servizio Cinofili della Guardia di Finanza ha origine nel lontano 1952, anno in cui, conseguirono il brevetto di istruttore i primi sottufficiali delle Fiamme Gialle. Nell’ambito di tale iter addestrativo vennero utilizzati esclusivamente cani pastori tedeschi, acquistati in Germania, i quali vennero sottoposti ad un intenso tirocinio di otto mesi presso la Scuola di Pubblica Sicurezza di Rocca di Papa (Roma). E’ quindi in quegli anni, molto dopo l’esperienza del conflitto Italo-Turco in territorio libico del 1911, nell’ambito del quale alcuni cani addestrati e condotti da finanzieri furono impiegati in specifiche attività militari, che il Corpo avverte il bisogno di organizzare un Servizio Cinofili con la formazione di personale specializzato ed
allevamenti propri. Il primo corso di formazione, istituito nel 1953, formò ben 44 unità cinofile anticontrabbando, le quali furono poi destinate ai vari reparti del Corpo dislocati sull’arco alpino per il controllo della frontiera. Nei successivi 1955 e 1956 fu dapprima costituito il centro allevamento di Castiglione del Lago (Perugia) e quindi il centro di Intimiano (Como) destinato all’addestramento delle unità cinofile. Negli anni a seguire, il dilagare del problema “droga”, principalmente diffusosi tra i giovani della società moderna, ha fatto sì che le Forze di Polizia di molti paesi si siano ingegnate ed organizzate per contrastare e combattere più efficacemente il fenomeno, in continua crescita sino ai giorni nostri, utilizzando varie metodologie. L’inarrestabile diffusione del traffico, dello spaccio e del consumo di sostanze stupefacenti e psicotrope, ha quindi spinto molti governi a prendere specifici provvedimenti per contrastare efficacemente il fenomeno; in tale ottica, potenze mondiali come gli stessi Stati Uniti d’America sono stati tra i primi a studiare apposite tecniche per mettere a punto un metodo di addestramento in grado di rendere sfruttabile il potere olfattivo dei cani nella lotta al traffico ed allo spaccio di droga. La tecnica di addestramento dei cani antidroga è difatti stata ideata dal Servizio Doganale degli Stati Uniti d’America ed introdotta in Europa ed in tutti i paesi NATO, attraverso un corso di specializzazione tenutosi nel 1975, a Front Royal, Stato della Virginia, iter addestrativo cui hanno partecipato anche alcuni militari della Guardia di Finanza. E’ quindi nel 1976 che, le Fiamme Gialle, hanno avviato il primo corso di specializzazione per conduttori di cani antidroga. I primi cani utilizzati dalla Guardia di Finanza sono i “precursori” degli odierni cani anticontrabbando, cani impiegati nelle zone di vigilanza doganale, addestrati per essere lanciati all’inseguimento di contrabbandieri, spalloni e trafficanti. Oggi, l’addestramento dei cani si tiene presso il Corso di Addestramento ed Allevamento Cani della Guardia di Finanza, sito a Castiglione del Lago (PG). Si tratta, senza timori di smentita, di un corso che TNM ••• 101
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vanta, tra le Forze Armate e di Polizia operanti in Italia ed in campo internazionale, il primato nella fornitura di cani per l’impiego nelle varie specializzazioni. Presso il Reparto di Castiglione del Lago sono in forza i cosiddetti riproduttori; si tratta di pastori tedeschi, pastori belga malinois e labrador, cani dotati di elevate qualità caratteriali, fortemente propensi a socializzare con persone ed animali, muniti di tempra, temperamento, attitudine al lavoro, vigilanza ed adeguata aggressività, tutte qualità che poi gli stessi “riproduttori” potranno trasmettere ai cuccioli. Una volta nati, i cuccioli, vengono immediatamente affidati ad un esperto, che li accudisce fino al compimento di circa un anno d’età. Quest’ultimo è, in tale contesto, figura importantissima, soprattutto nella prima fase di crescita dell’animale. È difatti proprio nelle prime settimane di vita che il cane, attraverso l’imprintig, apprende e socializza ed è per questo motivo che il personale preposto a tale TNM ••• 102
specifica attività deve essere altamente qualificato per formare soggetti psicologicamente equilibrati. Oltre allo svezzamento, l’esperto ha il compito di sottoporre il cucciolo ad una prima fase di pre-addestramento, nella quale insegna all’animale a superare gli ostacoli, a vincere ogni timore e gli impartisce alcune nozioni di base sull’addestramento vero e proprio. Rispetto a tale delicata fase addestrativa, l’incaricato, redige una scheda valutativa, dove evidenzia il carattere ed indirizza il cane al futuro impiego (antidroga, anticontrabbando/antiterrorismo, soccorso alpino, antivaluta) in base alle peculiari inclinazioni dell’animale. I cani selezionati per intraprendere l’iter addestrativo devono quindi essere soggetti in possesso di determinate caratteristiche che ben possano, anche in futuro, attagliarsi alla variegata e spesso difficile attività operativa in cui essi saranno chiamati a cimentarsi. Dovranno essere cani in grado di muoversi agevolmente in
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spazi estremamente angusti come i magazzini carichi di merci da sottoporre a controllo o capaci di muoversi con concentrazione in aree diverse e dall’ampiezza variabile, come stazioni ferroviarie, aeroporti, metropolitane e porti. E’ per tale motivo che nella scelta dei soggetti viene attribuita estrema importanza anche alla valutazione dell’albero genealogico dell’animale selezionato. In particolare, tra i cuccioli selezioni, quelli che palesano l’attitudine al gioco, l’olfatto sviluppato, l’istinto predatorio e propensione alla caccia, vengono scelti per essere introdotti nell’attività antidroga. Ed è a questo punto che i cani cominciano a giocare con un oggetto, chiamato in gergo “manicotto”. Si tratta di un asciugamano di spugna arrotolato ed assicurato alle estremità con del nastro adesivo rinforzato. Ad una delle estremità del manicotto viene legata una cordicella lunga un paio di metri; il manicotto viene quindi trascinato per terra
davanti ai cuccioli, i quali, per l’innato istinto alla caccia, cercano di raggiungerlo ed afferrarlo. Nel momento in cui uno dei cuccioli riesce ad abbrancare l’oggetto, gli altri componenti la cucciolata cercheranno di sottrarglielo, dando il via così un gioco di forza, il “tira e molla”; è attraverso questo gioco, che il manicotto diverrà l’oggetto più desiderato dal cucciolo. Oggi, a seguito della chiusura del Centro Addestramento Cinofili di Intimiano (CO), il Corso Allevamento ed Addestramento Cinofilo di Castiglione del Lago (PG) è divenuto, di fatto, il solo centro cinofilo del Corpo, struttura cui è demandato il compito di allevare ed addestrare i cani e preparare il personale specializzato. E’ d’obbligo specificare che, oltre alle unità antidroga in argomento, le unità cinofile della Guardia di Finanza, si distinguono in: • unità cinofile antivaluta (cash dog); • unità cinofile di soccorso alpino; TNM ••• 0103
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• unità cinofile antiterrorismo/anticontrabbando. Motto delle unità cinofile della Guardia di Finanza è l’appropriata espressione “Candida pro causa ense candido”, letteralmente, un’arma pura per una giusta causa. LA SELEZIONE DEI FINANZIERI CONDUTTORI Perché un militare possa divenire conduttore di cane, è necessario il requisito della volontarietà, pertanto il personale interessato a questa qualifica può segnalarsi per essere sottoposto alla selezione. Nella prima fase della selezione, della durata di circa tre giorni, al finanziere viene assegnato un cane, che egli dovrà accudire e con il quale dovrà interagire; in questa fase sarà valutata l’attitudine cinofila, qualità innata in ogni individuo. Nella seconda fase vengono effettuati dei test ed un colloquio. I militari che superano queste due fasi, saranno sottoposti ad una prova psico-attitudinale, che rivelerà il carattere dei futuri conduttori, questo affinché possa essere costituita una “unità cinofila” con affinità caratteriale e creare un binomio, uomo/cane, inscindibile negli anni in cui essi combatteranno lo spaccio ed il traffico di sostanze stupefacenti fianco a fianco. L’ADDESTRAMENTO Una volta composta l’unità cinofila, inizierà il corso di addestramento, il cui iter si basa esclusivamente sul gioco. L’animale, infatti, verrà indirizzato, attraverso degli esercizi mirati, esclusivamente con il condizionamento positivo: rinforzo verbale (bravo) o con un premio (carezza), nel caso in cui effettui un’azione positiva; e l’assenza di premio o l’omissione verbale in caso di azione o reazione negativa. Preliminarmente alla prima parte dell’addestramento del cane antidroga, il manicotto verrà rinchiuso in un armadio contenete sostanza stupefacente, la spugna, grazie alle TNM ••• 104
proprietà di assorbimento, acquisirà l’odore della sostanza. Successivamente verrà effettuato il primo lancio “a vista”. Il cane, verrà stuzzicato con il manicotto, lo stesso sarà lanciato in un prato, facendo in modo che l’animale possa vederlo. Quindi si sguinzaglierà l’animale e si inciterà a prendere il suo giocattolo preferito. Nel momento in cui il cane afferrerà il manicotto, il conduttore effettuerà il “tira e molla”. Questo gioco, verrà riconosciuto dal cane ed in questa fase l’animale percepirà l’odore emanato dal suo giocattolo preferito e lo assocerà. Gli esercizi successivi, saranno sempre più difficili, volti a sfruttare non più la vista ma l’olfatto del cane, pertanto, inizialmente si farà sparire il manicotto all’interno di alcuni cartoni, poi nelle valigie, successivamente nelle autovetture e così via, fino a che l’animale dovrà trovare il suo giocattolo occultato in doppi fondi con sostanze che coprono l’odore della droga; situazioni che, di fatto, riproducono la realtà operativa. Durante il corso di specializzazione, dalla durata di sei mesi, il cane impara a riconoscere tutte le sostanze stupefacenti e psicotrope presenti sull’illecito mercato ed ad eseguire controlli e perquisizioni in ogni luogo (autovetture ed ogni tipo di mezzo, spazi aperti, persone, locali, abitazioni). In tale periodo, tra il conduttore ed il cane, nasce e si sviluppa un forte legame, basato sulla reciproca fiducia e sulla necessaria sinergia. Le unità antidroga devono essere in grado, infine, d’individuare le moderne smart drugs, delle quali ben 41 nuove tipologie sono entrate in Italia nel 2010. Il cane antidroga, in fase di ricerca, è quindi attratto dall’odore emanato dalla sostanza stupefacente, che riesce a distinguere anche se accortamente nascosta. Al seguito del suo conduttore, il cane, non sa che in realtà sta cercando della droga, il suo obbiettivo è trovare il suo manicotto, il giocattolo con il quale è stato addestrato e che, come anticipato, durante l’attività addestrativa era stato impregnato dell’odore dello stupefacente. E’ quindi del
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tutto infondata la convinzione comune che i cani antidroga della Guardia di Finanza vengano drogati per poi cercare accanitamente le sostanze stupefacenti perché in crisi di astinenza. Qualunque cane, difatti, qualora dovesse giungere a contatto diretto con sostanze psicotrope o stupefacenti rischierebbe di danneggiare gravemente i propri organi vitali e metterebbe a rischio la propria vita. L’IMPIEGO DELLE UNITÀ CINOFILE ANTIDROGA Le unità cinofile della Guardia di Finanza, impiegate per la repressione del traffico e dello spaccio di sostanze stupefacenti in stazioni ferroviarie, negli aeroporti, nei porti, sulla frontiera ed in perquisizioni, permettono quotidianamente di conseguire numerosi e cospicui risultati di servizio, fornendo inoltre rilevanti elementi investigativi che hanno consentito di avviare efficaci attività investigative nel settore degli stupefacenti in danno di organizzazioni criminali senza scrupoli e pronte ad utilizzare qualsiasi mezzo illecito per il loro fine criminale. La struttura attuale della Guarda di Finanza prevede che presso gran parte dei Reparti territoriali siano presenti unità cinofile in numero non inferiore a 2 unità; in Reparti aventi sede in aree metropolitane, ovvero presso scali portuali, aeroporti e zone di specifico interesse operativo, le unità cinofile sono raggruppate in una o più Squadre, composte da minimo quattro unità coordinate da un istruttore cinofilo. I Cinofili, inoltre, su richiesta, operano e danno il loro apprezzato apporto sia ad altre Forze di Polizia, sia ad altri Comandi del Corpo. LAVORO INTENSO ED INGENTI SEQUESTRI IN DANNO DELLE PIÙ AGGUERRITE ORGANIZZAZIONI CRIMINALI Sono numerosi i sequestri di sostanze stupefacenti che hanno visto protagonisti i militari della Guardia di Finanza ed i cani antidroga. Qualche numero può rendere l’idea di quanto impegnativa e seria sia la lotta ai cartelli dei trafficanti. Nel 2010 sono stati ben 22.464 i soggetti verbalizzati dalla Guardia di Finanza per violazione alla normativa sugli stupefacenti (D.P.R. 309/90), di cui 9.180 denunciati e 3.135 tratti in arresto. Nel complesso si tenga presente che nel nostro Paese sono state sottoposte a sequestro, nel 2010, ben 31 tonnellate di stupefacenti: in particolare, 3,8 tonnellate di cocaina, 943 chilogrammi di eroina, 30 chili di cannabinoidi sintetici, 6 chilogrammi di ketamina. Nel 2011 sono state circa 6 le tonnellate di cocaina sequestrate ai trafficanti sul territorio italiano. Un giro d’affari da 24 miliardi di euro all’anno; 9,7 miliardi il volume relativo al business della sola cocaina. Un mercato che implica la presenza sull’illecito mercato di oltre 350.000 spacciatori sul territorio italiano. Consapevoli dell’importanza della loro opera e del delicato compito ad essi affidato, le unità cinofile antidroga, operano quotidianamente, permettendo ai militari delle Fiamme Gialle di sequestrare ingenti quantitativi e trarre in arresto spacciatori e trafficanti, ma anche di segnalare le piccole quantità occultate su semplici consumatori. Operano
in porti, caselli autostradali, aeroporti, luoghi di grande transito ed afflusso, piazze e quartieri. Alcuni esempi. Nell’ottobre 2011, la Guardia di Finanza di Reggio Calabria infierisce un duro colpo alla ‘ndragheta, portando a termine un imponente sequestro di ben 560 kg circa di cocaina purissima, nel porto di Gioia Tauro, a bordo di una nave portacontainer. Ad Ancona le unità cinofile permettono il sequestro di 112 kg di marijuana, stipata in due doppi fondi e suddivisa in 110 involucri di cellophane, nascosta a bordo di un autoarticolato proveniente dalla Grecia, appena sbarcato dalla motonave Minoan. A dimostrazione di come i preziosi cani agiscano anche in supporto ad altre Forze di Polizia, si può citare il recente sequestro di ventuno chili di eroina purissima rinvenuti dagli agenti della Polizia Stradale di Como grazie al fiuto di un cane antidroga della Guardia di Finanza ad un corriere milanese sull’autostrada che collega la Svizzera alla città meneghina. Ufa, uno dei cani antidroga in servizio presso l’aeroporto “Leonardo da Vinci” di Fiumicino, ha recentemente sventato l’introduzione nel territorio nazionale di una partita di cocaina, da cui sarebbero state ricavate oltre trentamila dosi “da strada”, per un valore di mercato pari ad un milione di euro. Oltre 114 chili di cocaina sono stati sequestrati recentemente nel porto calabrese di Gioia Tauro nascosti in confezioni di zucchero destinati ad una azienda del nord Italia; lo stupefacente era stato abilmente occultato in tre borsoni ricoperti di sterco per sviare il fiuto dei cani antidroga. Lo scorso novembre, i finanzieri di Venezia, hanno fermato una vettura condotta da un cittadino bulgaro, a bordo della quale il pastore tedesco antidroga ha immediatamente iniziato a segnalare con insistenza sul longherone del telaio. L’auto è stata quindi sottoposta ai raggi dello scanner mobile che ha permesso di individuare 24 panetti pari a complessivi 12 chilogrammi di eroina del tipo brown sugar trafficata da potenti organizzazioni criminali turche, che sono poi stati recuperati con l’utilizzo di un flessibile impiegato per tagliare il telaio dell’auto. Più recente, il grosso sequestro operato dalla GdF a Genova, di oltre 275 kg di cocaina stipata in un container proveniente dal Sud America, importata da una organizzazione di trafficanti composta da italiani e colombiani. Vi sono poi una miriade di sequestri, con le unità cinofile che sovente intervengono a supporto dei reparti investigativi; si pensi al caso di un’autovettura fermata ad un casello autostradale, in quanto sospettata a seguito di indagini tecniche, di trasportare sostanze stupefacenti. L’intervento delle unità cinofile sull’autovettura fermata darà modo ai militari di individuare la sostanza illegale e di sottoporla a sequestro, anche se occultata in doppi fondi e quindi nascosta agli occhi dell’operatore. Un’arma pura per una giusta causa, sono effettivamente questo i cani antidroga, il solo vero vantaggio che può vantare chi combatte il traffico e lo spaccio di stupefacenti rispetto agli agguerriti narcos; ma anche uno strumento importante in grado di “bonificare” e pulire da criminali luoghi sensibili come le scuole ed i luoghi frequentati da giovani ed adolescenti. TNM ••• 105
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DI SERGIO GIACOIA
LE NORME DI SICUREZZA FONDAMENTALI NELL’USO E MANEGGIO DELLE ARMI DA FUOCO PORTATILI TNM ••• 106
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Nel numero precedente di TNM abbiamo espresso un concetto di prioritaria importanza per qualsiasi tipologia di attività di tiro con le armi da fuoco portatili: l’argomento “principe” è quello che riguarda le norme ed i comportamenti di sicurezza nel loro uso e maneggio. Chiunque, a qualsiasi titolo, maneggia un’arma da fuoco, corta o lunga che sia, deve osservare scrupolosamente le regole di sicurezza prestabilite, che derivano da considerazioni tecniche, dall’esperienza sul campo e dal buon senso. Questi comportamenti di sicurezza sono finalizzati principalmente alla sopravvivenza dell’utilizzatore e di terzi, ma anche alla salvaguardia da ferimenti accidentali, più o meno gravi, nonché ad evitare danneggiamenti alle cose. Un’arma in se non è in grado di danneggiare niente e nessuno! Quello che può fare danno è il maldestro, superficiale, improprio o criminale utilizzo di essa. Prima di passare alla trattazione dell’argomento a cui è dedicato quest’articolo, si ritiene opportuno ricordare, in maniera sintetica, le già trattate quattro norme di sicurezza fondamentali:
1• Considerare un’arma sempre carica fino a prova contraria. 2•Non rivolgere mai il vivo di volata a nessuno/nessuna cosa che non si voglia colpire. 3•Tenere il dito fuori dal grilletto fino a che non si e’ deciso di sparare. 4•Certezza del bersaglio: essere sempre sicuri dell’identificazione del bersaglio e di cosa c’e’ dietro ed in prossimita’ dallo stesso. Queste quattro regole valgono sempre, sia dentro che fuori dai luoghi di addestramento al tiro! Nell’attività operativa di servizio, così come presso un qualsiasi tipo di poligono di tiro, oppure in casa o in ufficio, ecc.., se si rispettano le norme comportamentali di cui sopra, non accadrà mai alcun incidente di tiro! A completamento ed integrazione delle quattro regole fondamentali si aggiungono le così dette, norme di sicurezza complementari o specifiche. Questo pacchetto di norme di sicurezza si differenzia dalle prime quattro dal fatto che esse sono riferite a specifici
Se ci si trova in un poligono di tiro, qualsiasi sia la federazione a cui appartiene la struttura, bisogna osservare scrupolosamente il regolamento interno del poligono stesso
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Sempre a proposito dei comportamenti di sicurezza da tenere in poligono, sicuramente c’è l’obbligo di utilizzare gli appositi presidi sanitari: gli occhiali da tiro, cuffie/tappi per la protezione acustica
ambienti, situazioni o tipologie di armi, nonché possono essere derivanti da leggi e/o regolamenti. Ad esempio il maneggio di messa in sicurezza di un determinato modello d’arma potrebbe presentare una manipolazione diversa rispetto ad un altro tipo, magari per il solo fatto di avere una concezione ingegneristica diversa, pur trattandosi sempre di una pistola. Cercheremo ora di fare una carrellata, il più possibile esaustiva, di quelle che sono le principali regole di sicurezza complementari. • Se ci si trova in un poligono di tiro, qualsiasi sia la federazione a cui appartiene la struttura, bisogna osservare scrupolosamente il regolamento interno del poligono stesso. Di norma, lo si trova affisso ai muri del poligono o viene consegnato a tutti i frequentatori all’atto dell’iscrizione. Anche se vi sono disposizioni che non corrispondono con le esigenze addestrative di un frequentatore, questi ha lo stesso l’obbligo di osservare il predetto regolamento. A tal proposito vi sono due figure che all’interno dei poligoni dispongono del potere/ dovere di far osservare le norme di sicurezza. In primo luogo abbiamo la figura del “Direttore di tiro”, egli deve presenziare ad ogni attività a fuoco che si svolge all’interno del poligono, essendo il responsabile della sicurezza e dell’osservanza del regolamento interno, inoltre alla fine dell’esercitazione deve provvedere TNM ••• 108
affinché sia effettuata la prevista attività di bonifica degli ambienti che hanno riguardato l’esercitazione stessa e quant’altro previsto dalle norme e regolamenti in materia di sicurezza delle strutture e dell’addestramento al tiro. Anche gli “Istruttori di tiro” hanno il compito di far osservare tutte le norme di sicurezza, oltre a doverle insegnare agli allievi ed ai frequentatori vari. La regola è che bisogna ottemperare a tutti gli ordinativi degli istruttori e dei direttori di tiro. • Sempre a proposito dei comportamenti di sicurezza da tenere in poligono, sicuramente c’è l’obbligo di utilizzare gli appositi presidi sanitari: gli occhiali da tiro, cuffie/tappi per la protezione acustica (l’ideale è usare entrambi, perché l’orecchio ascolta anche dalla parte posteriore, attraverso le ossa del cranio e pertanto i soli tappi non bastano a proteggere correttamente l’udito da traumi acustici, il più delle volte irreversibili), è opportuno anche l’uso di berrettini con visiera, per evitare che i bossoli possano infilarsi tra gli occhiali ed arrecare danno agli occhi (durante un’esercitazione, un tiratore al quale era entrato un bossolo incandescente attraverso gli occhiali, sparò involontariamente al collega alla sua sinistra nell’atto di piegarsi in avanti). Ogni direttore di tiro, coadiuvato dagli istruttori, deve vigilare che questo sia fatto. • Qualora l’attività di training si dovesse svolgere in siti
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occasionali, bisogna accertarsi che vi sia un “parapalle” da compromettere seriamente la sopravvivenza! Sempre idoneo a trattenere i calibri che si utilizzano, una che il marsupio non sia dietro le spalle o addirittura persona dovrà poi avere l’onere di essere il responsabile portato al seguito, non attaccato alla vita! Inoltre c’è dell’attività di tiro che si andrà a svolgere, al fine di anche il rischio concreto che lo si possa dimenticare su assicurarne la disciplina, che ovviamente riduce la qualche bancone di bar o in auto. Le signore poi dovranno possibilità di incidenti. scegliere se portare l’arma in modo corretto per la loro • Importante è sapere che se si spara su superfici dure, sicurezza o dare la precedenza al look! La fondina ideale, lisce o liquide, le pallottole, nel rimbalzare su queste che corrisponde ai dettami delle norme complementari di superfici, potrebbero prendere delle imprevedibili sicurezza, è quella che racchiude in se le caratteristiche direzioni, con tutti i rischi che ciò comporta (specchi di: occultabilità, di giusta ritenzione dell’arma, che abbia il d’acqua, rocce, ferri, ecc..). grilletto coperto e che consenta d’impugnare la stessa in • Un comportamento certamente prudente è quello che modo definitivo.. deve essere ovviamente anche comoda. ci suggerisce di controllare l’arma prima dell’utilizzo, • Anche le armi lunghe (fucili o pistole mitragliatrici) hanno affinché la camera di cartuccia e la canna siano pulite il loro corretto porto in sicurezza, ossia l’utilizzo della e prive di ostruzioni, qualora così non fosse, bisogna cinghia di trasporto. Queste possono essere sia tattiche provvedere alla rimozione dell’ostruzione, pena la che tradizionali (quelle tradizionali sono però più idonee concreta possibilità dello scoppio della canna! al trasporto vero e proprio che all’utilizzo in attività • Non è possibile pensare di poter usare le armi se non si operative, come nel caso di quelle tattiche). In ogni caso è impensabile l’uso e il maneggio di un’arma lunga senza è in perfetto stato di coscienza e cioè nel caso in cui si indossare il cinghiaggio più idoneo all’utilizzo che se ne fosse sotto l’influenza di alcool o droghe; non bisogna vuole fare. permettere a nessuno di utilizzare un’arma se questi è in stato di ubriachezza, sotto effetto di droghe o comunque in • Altro avvertimento per i tiratori è quello di utilizzare delle stato di alterazione psichica. munizioni idonee e sicure. Può sembrare un’ovvietà ma quanti incidenti, anche gravi, si sono verificati per Anche il modo di portare le armi fa parte delle norme aver sbagliato una ricarica o per aver utilizzato cartucce complementari di sicurezza. vecchie o comunque alterate? • Se le munizioni vengono spesso maneggiate o cadono in • Nel normale porto in abiti civili è opportuno utilizzare terra, un professionista che si rispetti, deve sostituirle per sempre un’adeguata fondina, ciò significa che qualsiasi evitare brutte sorprese. altro tipo di porto è da ritenersi fuori dalla sicurezza come • In più bisogna spesso verificare che l’arma, specie se ad esempio l’usanza di mettere la pistola nei pantaloni (c. non viene utilizzata a fuoco per lunghi periodi, abbia d. “porto alla messicana”), questo è un comportamento la completa funzionalità delle sue parti, congegni e errato ed abbastanza comune tra i possessori di armi meccanismi, in pratica che tutto funzioni regolarmente. corte, così come lo è quello di utilizzare per il porto Pulire l’arma al termine di ogni attività a fuoco e marsupi, borse e borselli vari (l’unica tipologia di periodicamente, anche nel caso d’inattività è sicuramente marsupio che ci sentiamo di avallare è il “marsupio ad più che opportuno per la sicurezza degli utilizzatori. Che estrazione rapida” concepito specificatamente per il porto senso ha portare al seguito un’arma per scopi difensivi se dissimulato dell’arma ma che consente all’utilizzatore questa non è perfettamente idonea al funzionamento. di estrarre l’arma abbastanza rapidamente). Portare l’arma nei pantaloni non dà un’idonea ritenzione della Se vediamo le cose da un punto di vista prettamente stessa ed in caso di colluttazione, la pistola potrebbe operativo: facilmente essere sottratta o cadere. Se l’operatore si dovesse trovare in situazioni di inseguimenti appiedati, di • è fortemente consigliabile non camminare, o peggio corse oppure nell’esigenza di scavalcare un muro o un ancora correre, arrampicarsi o semplicemente seguire cancello, l’arma rischia di essere perduta. Inoltre l’arma un collega/amico tenendo l’arma impugnata carica e stessa è esposta a corrosione, per la vicinanza con il pronta al tiro (cartuccia camerata e cane armato per le sudore del portatore (al quale si rovinano anche i vestiti), armi corte). Questo è un comportamento tipico di chi, per non parlare poi dell’estrazione sicuramente più non portando il colpo in canna, si trova ad armare la lenta ed impacciata, con la possibilità che qualche parte pistola durante un’operazione di polizia o, in generale, dell’arma s’impigli nell’abbigliamento. Un altro pericolo al momento del bisogno. A tal proposito possiamo che si corre nel mettere l’arma in cintura deriva dal fatto affermare, a ragion veduta e senza paura di smentita che il grilletto potrebbe impigliarsi nei vestiti, lasciando (qualsiasi cosa ne pensino gli israeliani o prescrivano partire un colpo accidentale. Chi ha la maldestra abitudine alcune “librette” di corpi armati italiani, con rispetto di tenere la pistola nel marsupio o nella borsa, deve anche parlando per entrambi) che portare la cartuccia avere la consapevolezza che, di fronte ad un’improvvisa camerata e pertanto avere l’arma sempre pronta al aggressione armata, il tempo di estrazione è così lungo fuoco ma con il cane abbattuto (ovviamente con la sicura TNM ••• 109
TIRO TATTICO DA DIFESA TIRO TATTICO DA DIFESA TIRO TATT Nel normale porto in abiti civili è opportuno utilizzare sempre un’adeguata fondina, ciò significa che qualsiasi altro tipo di porto è da ritenersi fuori dalla sicurezza come ad esempio l’usanza di mettere la pistola nei pantaloni
armi da fuoco bisogna sempre utilizzare gli appositi luoghi “carico-scarico armi”, presenti in ogni struttura militare e di polizia che si rispetti. Qualora non vi fossero, bisogna scegliere un luogo idoneo (es. angoli dei muri portanti). In ogni caso bisogna rivolgere l’arma verso punti idonei, a secondo di dove ci si trova, comunque rivolgere il vivo di volata verso materiali che possano, in qualche modo, assorbire l’eventuale palla partita accidentalmente. • Per quanto concerne la custodia, attenersi alle leggi ed ai regolamenti è buona cosa, oltre ad essere obbligatorio! Nelle abitazioni le armi vanno detenute/conservate in luoghi sicuri, al di fuori della portata di bambini, di terzi o di persone non in grado di intendere e di volere o comunque in stato di alterazione psichica. • Se l’arma deve essere abbandonata in casa per periodi più o meno lunghi e non si ha un armadio blindato, la stessa va smontata (smontaggio da campagna) ed i vari componenti nascosti in diversi luoghi (non dimentichiamoli però!). • Ogni arma va comunque riposta scarica, con le munizioni custodite a parte. Queste sono solo alcune delle norme di sicurezza complementari più comuni, potremmo elencarne anche altre, come ad esempio quelle riferite a determinate ordinaria manuale disinserita) è a tutti gli effetti una armi, piuttosto che ad altre. Ritengo di concludere norma di sicurezza! Ma di questo parleremo in modo più questa trattazione ribadendo alcune considerazioni già approfondito in un’altra occasione. espresse nel precedente articolo su TNM. Nonostante • Sempre in attività operativa, se si devono usare entrambe tutti gli avvertimenti e le “prediche” degli istruttori di le mani per fare una qualsiasi cosa, come ad esempio tiro, in molti poligoni, in moltissime realtà operative, salire su una scala ripida, l’arma va assolutamente nonché nei luoghi dove si ha a che fare con le armi, riposta in una fondina avente un idoneo sistema di ritegno troppo spesso si assiste ad una “leggerezza” di inserito, nel caso di armi lunghe va assicurata al corpo con comportamento nell’osservanza dei comportamenti l’idonea cinghia di trasporto. di sicurezza. La responsabilità cade soprattutto su • Qualora ci si trovi in autovettura, non si deve chi è demandato per legge a far osservare quelle assolutamente appoggiare sul sedile o tenere tra coscia regole. Vi sono poi tutte quelle persone che assumono e sedile o mettere nel cassettino del cruscotto l’arma; in atteggiamenti superficiali, vuoi per ignoranza o per caso di abbandono veloce dell’auto o di incidente, si rischia troppa fiducia nelle proprie conoscenze in materia. che la stessa rimanga incustodita con le possibili gravi Nella mia esperienza, prima di operatore e poi conseguenze che da ciò possono derivare. d’istruttore, nonché di direttore di tiro, ne ho viste e • La regola generale del porto, sia per attività di servizio che sentite “di tutti i colori”, più di una volta la mia vita è di difesa personale è che la pistola debba essere messa stata concretamente in pericolo per colpa di soggetti che sempre nello stesso posto, ossia al fianco, lato forte ed hanno violato le più elementari norme di sicurezza! Se in una fondina idonea! Se così non si facesse (una volta proprio devo “essere sparato”, preferirei che fosse per la si porta a destra, un’altra la si mette sul sedile della qualche nobile causa e non per colpa di qualche idiota! macchina, un’altra ancora nel marsupio o in una fondina Per fortuna posso ancora raccontare questi episodi! ascellare) si rischierebbe che, in stato di stress, per alcuni Nonostante il sincero impegno di tanti bravi istruttori secondi ci si potrebbe dimenticare dov’è l’arma, la mano e direttori di tiro, nonché di responsabili di poligoni o forte andrà dove è andata il più delle volta, ma purtroppo di semplici tiratori, ancora veniamo a conoscenza di quel giorno fatale, magari, la pistola si potrebbe trovare in violazioni della sicurezza che spesso causano morti e un altro punto! feriti! Da queste pagine voglio lanciare un ennesimo appello a tutti coloro i quali hanno a che fare con le Un’altra annosa problematica sono i colpi “accidentali” armi: per il bene di tutti osserviamo scrupolosamente i partiti nelle caserme o negli uffici di polizia. comportamenti e le norme di sicurezza, il mondo è già un luogo pericoloso di per se, non rendiamolo ancor più • Ebbene, per le manipolazioni di carico e scarico delle rischioso con i nostri comportamenti stupidamente errati! TNM ••• 110
TATTICO DA DIFESA TIRO TATTICO DA DIFESA TIRO TATTICO DA DIFE
REPORT FROM REPORT FROM REPORT FROM REPORT FROM REP Bv206 emergenza neve valle Roveto 9°Reggimento Alpini l’Aquila
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EMERGENZA
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DI MR GWYN
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Esercito Italiano, una risorsa per il Paese. Molto spesso ce ne ricordiamo soltanto quando si presente un’emergenza e l’unica risorsa spendibile nell’immediato sono i militari. E cosi, lo scorso mese di febbraio, quando neve e gelo hanno immobilizzato gran parte del Paese, i primi a essere stati impiegati, fin dalle primissime ore, sono stati gli uomini e le donne dell’Esercito. Il primo intervento si è svolto nel tardo pomeriggio del 3 febbraio, quando sono stati evacuati oltre duecento passeggeri rimasti bloccati in prossimità di Cesano di Roma sulla linea ferroviaria
Roma – Viterbo. Ospitati presso la Scuola di fanteria di Cesano, dove hanno cenato e dormito, il giorno seguente sono stati accompagnati alle loro abitazioni nella zona del viterbese. L’emergenza prosegue e le Regioni più colpite sono quelle del Centro – Nord. Da un impegno iniziale di circa 200 militari e 20 mezzi si raggiungono le oltre 2000 unità e 400 veicoli tattici e speciali, tra cui il Veicolo Tattico Leggero Multiruolo (VTLM) “Lince” e il cingolato “BV 206”. Nel Lazio sono intervenuti circa 900 militari e 150 mezzi, in Emilia Romagna e nelle Marche oltre 200 militari TNM ••• 113
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9 Reggimento Alpini valle Roveto loc. San Vincenzo distribuzione viveri zone isolate
e 100 mezzi con i rispettivi equipaggi e in Abruzzo 300 militarie 30 veicoli. In tutta Italia, ecco i Reparti che hanno operato per il ripristino della viabilità, soccorso alla popolazione e la messa in sicurezza: L’Aquila e provincia – 9° Reggimento alpini, 3° reggimento alpini, 123° Reggimento fanteria “Chieti”, 57° Battaglione “Abruzzi”, 10° Reggimento trasporti e 33° Reggimento artiglieria terrestre “Acqui”; Roma e provincia – 1° Reggimento granatieri di Sardegna, Reparto Comando e Supporti Tattici della Brigata “Granatieri di Sardegna”, 6° Reggimento genio pionieri, Scuola di fanteria dell’Esercito, Comando di artiglieria, Reggimento lancieri di “Montebello” (8°), Comando genio, 11° Battaglione trasporti “Flaminia”, 8° Reggimento trasporti “Casilina”, Comando Logistico dell’Esercito, 11° Reggimento trasmissioni “Leonessa”; Pesaro e Urbino – 28° TNM ••• 114
Reggimento “Pavia”, 2° Reggimento genio pontieri, 2° Reggimento genio guastatori, 8° Reggimento genio guastatori, Reggimento genio ferrovieri; Frosinone – 80° Reggimento Addestramento Volontari, 21° Reggimento genio guastatori, 6° Reggimento genio pionieri, raggruppamento Unità Addestrative, Comando Logistico Sud, 41° reggimento “Cordenons”; Siena – 186° Reggimento paracadutisti; Forlì e provincia – 66° Reggimento fanteria aeromobile “Trieste”, Reggimento genio ferrovieri, 7° Reggimento alpini, 2° Reggimento genio guastatori, 3° Reggimento genio guastatori; Bologna – 121° Reggimento artiglieria contraerei, 6° Reggimento trasporti, Reggimento genio ferrovieri; Arezzo – Reggimento Addestrativo del Comando Genio, 6° Reggimento genio pontieri, 8° reggimento trasporti “Casilina”; Grosseto e provincia – Reggimento
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“Savoia Cavalleria” (3°); Rimini – 2° Reggimento genio guastatori, reggimento genio ferrovieri; Ancona e provincia – 10° Reggimento genio guastatori, 28° Reggimento “Pavia”, 2° Reggimento genio pontieri, 2° Reggimento genio guastatori, 8° Reggimento genio guastatori; Isernia – 11° Reggimento genio guastatori; Viterbo – Scuola Sottufficiali dell’Esercito, 1° Reggimento AVES “Antares”, Comando Aviazione dell’Esercito, 28° Gruppo Squadroni “Tucano”, Centro Addestramento Aviazione dell’Esercito; Rieti – scuola NBC (Nucleare, Chimico e Biologico), 2° Reggimento genio; Caserta – 21° Reggimento genio guastatori; Napoli – 2° Reggimento AVES “Sirio”; Chieti – 123° Reggimento fanteria “Chieti”; Avellino – 232° Reggimento trasmissioni, 21° Reggimento genio guastatori, 11° Reggimento genio guastatori; Foggia – 11° Reggimento genio guastatori, 10° Reggimento di
manovra; Barletta, Andria e Trani – 82° Reggimento fanteria “Torino”, 9° Reggimento fanteria; Vibo Valentia – 4° Reggimento genio guastatori; Benevento – 21° Reggimento genio guastatori; Potenza – 21° Reggimento genio guastatori, 8° Reggimento artiglieria terrestre, 1° Reggimento artiglieria terrestre, 3° Reggimento artiglieria terrestre, 8° Reggimento alpini, 11° Reggimento genio guastatori, 131° Reggimento carri. In queste straordinarie situazioni di emergenza nazionale, l’Esercito interviene solo se interessato dalle Prefetture locali, e senza avanzare alcuna richiesta economica alle Amministrazioni locali. Tutti i Reparti, da quelli operativi agli Istituti di formazione, hanno impiegato il proprio personale e i mezzi a disposizione. TNM ••• 115
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IL RITORNO
DEL COGUARO
DI FLAVIO BOTTICIN
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ma con qualche problema nel cal. 9x21, limitatamente alle cariche più leggere. Fu la prima arma di Beretta ad adottare il sistema di chiusura a corto rinculo con canna roto-traslante, che rese celebre la Styer modello 1911 cal. 9mm Styer, arma in dotazione all’Imperial Regio esercito Asburgico nella prima guerra mondiale e che, come preda bellica, andò ad armare molti dei nostri ufficiali in servizio nelle colonie fino al secondo conflitto mondiale. L’arma, dotata di fusto in lega, si presenta con un’estetica grintosa. Colpisce a prima vista la corta impugnatura che la porta ad un’altezza di 126 mm e con una canna di 92 mm raggiunge una lunghezza totale di 178 mm, per un peso di 800 gr scarica. Viene consegnata con un caricatore di 13 colpi che la rende adatta per il porto occulto e con uno da 15, dotato di un raccordo che prolunga l’impugnatura, rendendola più comoda ed adatta all’uso in E’ tornato il Coguaro! Gradita sorpresa fondina esterna. Le dimensioni ed i pesi sono quelli della PX4 ma con una di Beretta, anche se con un marchio canna più lunga di 9 mm. L’azione è diverso “Stoeger”, più precisamente mista (singola e doppia) con un peso Stoeger Cougar 8000L. Stoeger è di scatto di 1800 gr in singola. Lo il marchio di commercializzazione sgancio è netto e preciso, la doppia di un’azienda turca dell’Holding azione per questo modello è di 4700 Beretta. In Turchia il basso costo del gr, con una trazione omogenea fino lavoro permette di produrre armi a allo sgancio del cane che, con un po’ costi convenienti. Si scrive Stoeger, di pratica, risulta prevedibile. Nel si legge Beretta. La sua progenitrice 1998 venne presentato il mod. 8000L Cougar 8000 nasce nel 1991 nei che differiva per avere il carrello cal.9x21- 45 ACP-40 SW, funzionando alleggerito e l’impugnatura accorciata perfettamente nei calibri maggiori,
conferendogli completa affidabilità e maggiore compattezza. Quest’arma è in dotazione agli Ufficiali dell’Arma dei Carabinieri. FUNZIONAMENTO Il sistema è a corto rinculo, con canna roto-traslante. Allo sparo il carrello e la canna, saldamente uniti tramite i due tenoni posti su due risalti ricavati nel carrello, retrocedono di circa 5 mm per poi cominciare il movimento rotatorio, che si completa con altri 3mm di corsa, svincolando così il carrello e dando inizio al ciclo di alimentazione. AZIONE Il sistema si basa su una doppia azione, del tutto simile al mod. 92/98 della BERETTA già noto. Si può aggiungere che l’estrema garanzia di funzionamento è stata ampiamente collaudata sulle armi in dotazione agli eserciti di tante nazioni in tutte le latitudini ed a numerosi Corpi di Polizia. SISTEMA DI SICURE 1•Sicura abbatticane ambidestra: permette, se inserita, di mettere il colpo in canna in tutta sicurezza (disassa la parte finale del percussore ed abbatte il cane). Può essere inserita e disinserita molto agevolmente con il pollice della mano che impugna l’arma, senza modificare l’impugnatura.
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SCHEDA TECNICA Costruttore: Stoeger (Azienda del Gruppo Beretta) Distributore: Fabbrica d’Armi Pietro Beretta S.p.A. Modello: Stoeger 8000L Cal. 9x21IMI Capacita caricatore: 13 colpi-15 colpi Azione: Singola / Doppia Lunghezza: 178 mm Lunghezza canna: 92 mm Spessore: spessore 32 mm Altezza: 126 mm Linea di mira: 131 mm Peso: 800 gr Pulsante sgancio caricatore: Invertibile per mancini Materiali: Fusto in lega, carrello in acciaio Canna: Martellata Finitura: Superficiale, antiriflesso nero opaco su superfici fosfatate
3•Sicura automatica al percussore: Blocca saldamente il percussore finché il grilletto non viene tirato a fondo.
2•Monta intermedia del cane: impedisce al cane di colpire il percussore se per motivi accidentali dovesse sganciarsi, fermandosi sulla prima monta di
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scatto. Può essere utile inserire la monta intermedia per accorciare la corsa del grilletto per chi porta l’arma con il colpo in canna e spara il primo colpo in doppia azione.
SMONTAGGIO L’arma è provvista di un chiavistello di smontaggio che permette di separare l’arma portando la leva verso il basso, in questo modo si può separare il carrello completo di canna, molla e blocchetto che provoca la rotazione della canna dal fusto. Attenzione: Nel rimontaggio, vincolare sempre il carrello all’hold open, poi ruotare il chiavistello nella sua posizione originaria. Lo sgancio del caricatore, posto alla base del ponticello, è reversibile per i tiratori mancini. MIRE Il mirino e la tacca di mira sono
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A sinistra caricatore da 13 colpi A destra caricatore da 15 colpi
cercando di simulare un intervento difensivo nelle situazioni più comuni in cui potrebbe trovarsi una guardia giurata. Partendo con l’arma in fondina, colpo in canna e cane abbattuto, estraendo velocemente, sparando il primo colpo in doppia azione e doppiando i colpi sul bersaglio, sparando anche a più bersagli nella stessa azione di fuoco, fino a scaricare il caricatore. Abbiamo provato anche qualche caricatore sui piattelli metallici, piazzandoci ad una ventina di metri per saggiarne la precisione anche su bersagli piccoli e lontani, facendoli cadere ad ogni colpo. Per provare la vera precisione della nostra COUGAR ci siamo portati a 15 mt ed impugnando l’arma a due mani, abbiamo sparato su una sagoma francese, mirando prima alla testa e poi al centro del bersaglio. L’arma, allo sparo, vuoi per merito dell’impugnatura o del sistema di chiusura, si domina molto bene nel tiro rapido con un rilevamento che definirei pneumatico, che permette un rapido riallineamento sul bersaglio. Risulta poi poco affaticante nelle lunghe sessioni di tiro.
inseriti in guide a coda di rondine e muniti di punti di riferimento bianchi. La tacca di mira è bene aperta per permettere una rapida acquisizione del bersaglio. IMPRESSIONI A FUOCO Per saggiare l’arma ci siamo recati al centro sportivo Le Tre Piume di Agna (Pd) dove, da sempre, abbiamo beneficiato di una squisita ospitalità. Oltre alle numerose linee da trap e percorso caccia, l’impianto è dotato di numerose linee di tiro a 25 mt per il tiro dinamico sportivo, molto bene attrezzate. Cosa che non guasta inoltre è la cucina ottima ed abbondante. L’arma nuova era già stata provata durante un corso per istruttori di
tiro della durata di 5 giorni durante i quali ha sparato circa 1000 colpi, tutti ricaricati con 4,5 gr di W 450 e palla di 124 grani lrn funzionando perfettamente senza averla mai pulita. La sua strana impugnatura si è dimostrata ottima con entrambi i caricatori, preferendo il caricatore lungo, sopratutto per chi ha mani grandi. Per questa prova sono state impiegate 50 cartucce BLACK MAMBA E 50- 123 fmj, sempre della FIOCCHI. Abbiamo usato varie posizioni di tiro cercando di favorire un inceppamento che non si è mai verificato. La COUGAR viene commercializzata da BERETTA come arma per le Guardie Giurate, pertanto l’azione a fuoco si è svolta
GIUDIZIO SULL’ARMA Arma molto ben fatta, rientra nella qualità delle armi BERETTA, di ottima precisione ed immediata “famigliarizzazione”. La sicura ambidestra è facilmente azionabile con il pollice, sia nell’inserimento che nel disinserimento, cosa non riscontrata in modelli di altre marche ed altre fasce di prezzi, dove si rendeva necessario l’intervento dell’altra mano. Facile al maneggio, risulta idonea all’armamento di guardie giurate alle quali viene proposta con un prezzo di lancio speciale. Un ringraziamento particolare al Poligono di Tiro di Agna (PD) per l’assistenza prestata, la cordiale ospitalità e l’ottimo pranzo.
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INIZIATIVE LAW ENFORCEMENT 2012 CORSO PER L’IMPIEGO TATTICO DELLA PISTOLA
CORSO PER L’IMPIEGO TATTICO DELLO SHOTGUN
CORSO DI BALISTICA IN AMBITO DIFENSIVO
Istruttore: Paolo Brocanelli, istruttore della Guardia di Finanza e pluricampione italiano IPSC (International Pratical Shooting Confederation), italiano ed europeo IDPA (International Defensive Pistol Association)
Istruttore: Roberto Vezzoli, Assistente Capo della Polizia di Stato, vice campione del mondo e pluricampione Europeo e Italiano IPSC e ct delle nazionali di shotgun
Istruttore: Matteo Cagossi, armiere della Guardia di Finanza, istruttore tiro sniping della Guardia di Finanza, campione italiano UITS e istruttore istituzionale UITS
Target frequentatori: polizie locali e guardie particolari giurate (in sessioni separate)
Target frequentatori: forze di polizia dello Stato, Polizie Locali e guardie particolari giurate (in sessioni separate)
Target frequentatori: forze di polizia dello Stato, Polizie Locali e guardie particolari giurate (in sessioni separate)
Durata dell’incontro e periodicità: Durata dell’incontro e periodicità: 150/180 minuti; prima lezione ore 120/150 minuti; prima lezione ore 10, seconda lezione ore 14. 10, seconda lezione ore 14
Durata dell’incontro e periodicità: 150/180 minuti; prima lezione ore 10, seconda ore 14
Contenuti del corso: • Sicurezza passiva e attiva • Analisi, spiegazione e utilità dell’equipaggiamento (abbigliamento, fondine e protezioni balistiche) • Tipologia scelta dell’arma corta • Cenni di balistica sul munizionamento per arma corta • Tecniche di tiro difensive/ operative (introduzione, concetti di sicurezza, tecniche varie: tiro dietro copertura alta e bassa, mano forte e debole, pivot laterali e sfruttamento dei ripari occasionali) • Risoluzione inceppamenti • Impiego illuminatori – torce tattiche • Question time
Contenuti del corso: • Cenni legali inerenti le munizioni utilizzabili in ambito difensivo • Raffronto balistico fra calibri normalmente impiegati in ambito difensivo (7,65 Browning, 9 corto, 9x19mm e 9 Nato, 9x21, .357Sig, .40 S&W, .45 acp, .223 Remington, .308 Winchester, calibro 12) • Cenni di balistica interna ed interazione arma-cartuccia • Cenni di balistica esterna (gittata, traiettoria, rimbalzi, ecc.) • Balistica terminale (cessione energetica; stopping power delle combinazioni calibri-palla; penetrazione e sovra penetrazione nei diversi materiali) • Eventuale introduzione alle protezioni balistiche (classe, protezione, ecc.) • Introduzione alla razionale scelta calibro-arma • Question time
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Contenuti del corso: • Norme di sicurezza nell’impiego tattico del fucile calibro 12 • Pompa e semiauto, pro e contro delle due meccaniche vDescrizione generale delle caratteristiche del munizionamento calibro 12 (palla, pallettoni, pallini e non letale), efficacia operativa • Posizioni di tiro: in piedi e in ginocchio, sfruttamento dei ripari • Tecniche di caricamento • Transizione d’arma da fucile a pistola sfruttando le cinghie tattiche • Question time
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Mostra Internazionale Armi Sportive, Security e Outdoor
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Exa raggiunge nuovi traguardi SICUREZZA e LAW ENFORCEMENT
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LUNEDÌ 16 E MARTEDÌ 17 APRILE NUOVE INIZIATIVE FORMATIVE DEDICATE ALLE FORZE DELL’ORDINE AGGIORNAMENTI SU: NORMATIVE, SICUREZZA PASSIVA E ATTIVA, SHOTGUN, IMPIEGO TATTICO DELLA PISTOLA E DEL FUCILE, BALISTICA, TECNICHE DI CARICAMENTO E POSIZIONI DI TIRO.
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APRI DI MARCO BUSCHINI
La vista delle persone sottoposte a stress negativo può subire un’alterazione consistente in una riduzione del campo visivo. È quindi fondamentale che chi è costretto a difendersi con un’arma da fuoco abbia un adeguato addestramento e che, se deve sparare, lo faccia con entrambi gli occhi aperti
Nel tiro tattico di difesa, in una statistica mondiale, è risultato che negli ultimi 40 anni in ottanta nazioni, tra cui anche l’Italia, i conflitti a fuoco hanno avuto per circa il 90% dei casi una distanza che varia da 50 centimetri a 10 metri, con una media di 5 metri. Si evince che, anche in addestramento, dovremmo stare ad una distanza media di 5 metri e massima di 10. Cosa succede quando una persona affronta situazioni ad alto rischio? Studi medici hanno
evidenziato che un uomo che affronta una situazione di paura, detta anche “stress negativo”, avrà comportamenti psicofisici che creeranno problemi e limiti in varie capacità. Uno di questi sarà la riduzione della capacità visiva. Una persona senza difetti visivi avrà una visione centrale, cioè la capacità di vedere nitidamente tutto ciò che è davanti a lui e una, detta periferica, che gli permetterà di vedere in maniera più o meno nitida ciò che avrà di lato fino a circa 90° e quindi
CAMPO VISIVO ZONA MONOCULARE SINISTRA
IONE BINOC ULA DI VIS A N RE ZO B
ZONA MONOCULARE DESTRA
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EMIRETINE NASALI EMIRETINA TEMPORALE SINISTRA
EMIRETINA TEMPORALE DESTRA PUNTO CIECO
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la somma dei due occhi gli darà una visione di circa 160°. Premesso che lo stress è un parametro soggettivo, le persone, a seconda del loro carattere, arrivate alla soglia dello stress negativo, dovuta ad esempio al conflitto a fuoco, potranno avere una riduzione del campo visivo, il c.d. “effetto tunnel” fino a 10° per occhio,
provando la “visione a tunnel”, cioè un visione binoculare, come se guardasse all’interno di un binocolo. Essendo la persona impegnata nella difesa, dove la capacità visiva sarà determinante, non potrà permettersi di diminuire, chiudendo un occhio, la sua capacità visiva già compromessa. Tenuto conto della media distanza dei 5 metri, e degli studi medici, per quanto riguarda la capacità visiva e la tecnica di tiro di difesa, che vuole che sotto i 7 metri non si usino gli organi di mira, possiamo sostenere che chi si difende dovrà sparare ad occhi aperti. Il nostro cervello ha la capacità di dirigere il corpo nello spazio. Sfruttandola, l’operatore dovrà puntare il vivo di volata verso il bersaglio e regolandosi sulla silhouette dell’arma fare fuoco. Nel caso in cui il bersaglio sia ad una distanza sopra i 7 metri, traguarderà gli organi di mira ma con entrambi gli occhi aperti. In questa seconda ipotesi, cioè quando saremo costretti a sparare
da una distanza superiore ai 7 metri, dovremo usare la tacca di mira e il mirino. Un altro fattore limitante è l’occhio umano che per sua natura non riesce a mettere a fuoco entro 2 metri più cose contemporaneamente. Se dovessimo porre una domanda ad una classe di 10 persone che portano un’arma per difesa chiedendo: “Quando mirate cosa mettete a fuoco? Tacca di mira, mirino o la sagoma?”, avremmo almeno tre risposte diverse: tacca di mira, mirino, sagoma. Gli organi di mira composti dalla tacca di mira e il mirino servono a indirizzare il vivo di volata dell’arma in un punto preciso della sagoma. La tacca di mira collimata con il mirino ha la funzione di mettere in linea sia in alzo
che in deriva l’arma. Il mirino, una volta collimato con la tacca di linea, serve a indicare l’esatto punto dove il colpo verrà collocato sulla sagoma. L’ideale sarebbe riuscire a mettere a fuoco tutte e tre, ma visto i limiti sopra descritti dovremo per prima cosa mettere a fuoco la tacca di mira, vedendo leggermente sfuocato il mirino. Una volta collimata la tacca di mira con il mirino, “lo strumento” tacca di mira non servirà più e quindi porteremo il nostro fuoco sul mirino che verrà posizionato sul punto esatto della sagoma che comunque verrà vista sempre meno nitida rispetto al mirino. Chiaramente tutto questo con l’allenamento ridurrà i tempi in frazioni di secondo. Per concludere occhi aperti e mirino a fuoco! TNM ••• 125
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TECNOLOGIE INVESTIGATIVE: GLI STRUMENTI PER SCOPRIRE LE BUGIE DI MARCO STRANO
L’interrogatorio, negli ambienti di polizia e in scenari militari, è un contesto in cui uno o più soggetti (interroganti) cercano di acquisire informazioni da un altro soggetto che, ragionevolmente, potrà tentare di nascondere in parte o totalmente la verità. Compito degli interroganti, in tal senso, è quello di individuare gli elementi potenzialmente menzogneri nelle risposte dell’interlocutore. Per individuare le bugie, gli interroganti utilizzano in primo luogo il buon senso e le informazioni acquisite preliminarmente da altre fonti (umane e documentali) ma, a volte, si fanno aiutare da strumenti in grado di rilevare nei soggetti delle alterazioni fisiologiche o comportamentali collegate alla paura di essere smascherati o al maggior impegno cognitivo necessario a “inventare” situazioni mai vissute. Nel corso della storia sono stati sviluppati diversi
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strumenti per aiutare l’investigatore a individuare le bugie durante un interrogatorio. In Cina, fino ad un paio di secoli fa, alle persone interrogate veniva fornita una piccola quantità di riso con l’ordine di sistemarlo sotto la lingua. Dopo l’interrogatorio l’imputato lo doveva sputare sulla mano: se il riso risultava inumidito dalla saliva allora le persone potevano ritenersi fortunate in quanto potevano conservare la testa sopra il proprio collo; se il riso, viceversa, risultava asciutto, il soggetto veniva decapitato. Alla base di questa tecnica vi era la teoria per cui la bocca rimane asciutta in presenza di fattori stressanti (la famosa salivazione azzerata di Fantozzi) e quindi di presunta colpa. Verso la fine dell’800 il padre della Criminologia Cesare Lombroso rese pubblici alcuni esperimenti, utilizzando una macchina da lui realizzata, l’“idrosfigmografo”, che rivelava i cambiamenti della pressione del sangue e della frequenza
cardiaca e che serviva proprio per verificare la verità delle risposte dei sospetti criminali (ad una pressione più accelerata corrispondeva un indizio di colpa). I primi sistemi veramente efficaci, basati su tecnologie analogiche, iniziano a diffondersi però negli ambienti militari solo durante la seconda guerra mondiale. Nel 1939, L. Keeler inventò la famosa “macchina della verità”, che si chiama tecnicamente poligrafo o Lie Detector, uno strumento in grado di registrare i cambiamenti fisiologici, come il ritmo respiratorio, la pressione sanguigna, il ritmo cardiaco, la sudorazione ed il riflesso psicogalvanico (cioè la variazione della resistenza della pelle al passaggio di stimoli elettrici) che, vengono ritenuti indicativi della paura da parte del soggetto che la sua menzogna venga scoperta. I primi poligrafi analogici avevano quattro sensori: una cintura pneumatica attorno al petto, una
Marco Strano Direttore Tecnico Capo (Psicologo) della Polizia di Stato, Dirigente Nazionale dell’UGL Polizia e Direttore scientifico dell’ICAA (www.criminologia.org)
attorno allo stomaco per la misurazione di cambiamenti della profondità e del ritmo della respirazione, un manicotto al braccio per registrare l’attività cardiaca e un quarto sensore composto da elettrodi metallici applicati alle dita per rilevare le più piccole modificazioni della traspirazione. Nel primo strumento di Keeler le informazioni provenienti dai quattro sensori venivano trasformate in impulsi elettrici che facevano poi muovere dei pennini ad inchiostro che scrivevano un tracciato su un rullo di carta in movimento. Con l’avvento delle tecnologie digitali, più o meno a partile dal 1980, gli strumenti per la rilevazione della menzogna hanno avuto un notevole sviluppo e sono divenuti molto sofisticati ed efficienti, oltre che di basso costo. Il funzionamento di tali strumenti si basa generalmente sulla capacità di scoprire il falso nella risposta di un soggetto a cui è stata posta una domanda specifica. L’individuazione può avvenire prima della risposta, durante la risposta o dopo la risposta (in base alle diverse metodologie/ strumentazioni utilizzate. Alcuni dei sistemi per evidenziare le bugie, come i moderni poligrafi, si TNM ••• 127
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Schermata del programma del moderno analizzatore di stress vocale, sviluppato da una azienda statunitense (VSA x13 cobra-pro)
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basano ad esempio sulla capacità di localizzare delle alterazioni fisiologiche o comportamentali nella fase subito antecedente alla risposta a una domanda, nel momento in cui il soggetto si appresta a mentire. In queste tecnologie è richiesta quindi una risposta monosillabica (SI/NO) a una domanda precedentemente formulata al fine di evitare che l’attività fisiologica (respiratoria e vocale) connessa alla verbalizzazione possa interferire sulla capacità di lettura dello strumento. Normalmente questi sistemi hanno attualmente 8 canali e sono centrati sull’individuazione di microattivazioni del Sistema Nervoso Simpatico, conseguenti al timore del soggetto che lo strumento possa individuare la menzogna. Le domande vengono pianificate accuratamente, inserendone alcune “sensibili” all’interno di una serie “generica” o “irrilevante. Un moderno poligrafo è in grado addirittura di segnalare il deflusso del sangue dalle estremità verso il corpo, eventuali micromovimenti del soggetto e altri parametri molto raffinati. I dati forniti dai sensori attaccati a colui che è sottoposto a esame poligrafico, vengono trasformati in dati digitali, giungono a un software (che gira su un normale PC) e vengono elaborati in automatico. Il tracciato viene visualizzato sul monitor e può essere memorizzato per successive analisi.
Altre tecnologie necessitano invece di una risposta più lunga e articolata (RA) poiché si basano sulla individuazione di modifiche foniche (frequenza in hrz) o nell’alterazione della temperatura facciale o ancora nella individuazione di micromovimenti. Per il loro funzionamento corretto è quindi necessario che il soggetto effettui dei “racconti” di durata sufficiente a una valutazione soddisfacente. Tra questa classe di strumenti il più diffuso è il Voice Stress Analyzer. Nel 1964, Charles R. McQuinston realizzò il primo apparato in grado di individuare una potenziale bugia attraverso l’analisi dello spettro della voce. L’esercito statunitense cercava in quel periodo una soluzione alternativa al poligrafo che non avesse alcun collegamento visibile con il corpo dell’individuo e che potesse quindi essere utilizzato anche all’insaputa del soggetto interrogato. Lo strumento proposto da McQuinston era un piccolo apparecchio basato sul concetto che lo stress emotivo fa diminuire l’afflusso di sangue intorno alle corde vocali (che si allungano impercettibilmente) e ciò induce cambiamenti misurabili nella voce umana. Aveva un sistema ad aghi e rullo di carta in movimento, simile al poligrafo dello stesso periodo storico.
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Nel 1939, L. Keeler inventò la famosa “macchina della verità”, che si chiama tecnicamente poligrafo o Lie Detector
I moderni analizzatori di stress vocale, sviluppati da aziende statunitensi (VSA x13 cobra-pro) e israeliane (L.V.A. nemesico) sono invece dei software e l’apparato che li ospita è un normale PC dotato di microfono. Tra i vantaggi di questi strumenti c’è il fatto che possono essere utilizzati anche con comunicazioni telefoniche o via radio e che una registrazione fatta in precedenza può essere valutata in seguito. il soggetto, inoltre, può essere ignaro del fatto di essere intervistato e che questa intervista potrebbe essere in seguito analizzata. In Gran Bretagna sono stati condotti esperimenti inserendo una tecnologia di analisi della voce nelle linee telefoniche a cui i cittadini si rivolgono per segnalare un reato (es. il furto della propria autovettura) e in generale nelle linee telefoniche dove il volume di truffe e simulazioni risulta statisticamente elevato.
postura, nella gestualità, nello stile linguistico, nel paraverbale (pause, volume, vocalizzi ecc.) rispetto a quando invece stanno raccontando dei fatti realmente vissuti. Lo studio delle registrazioni audiovideo consente poi ai tecnici con esperienza specifica, di individuare i “punti” in cui il soggetto ha prodotto dei racconti menzogneri. In un successivo interrogatorio sarà quindi possibile approfondire con ulteriori domande le situazioni sospette. Ovviamente la procedura di utilizzo necessita dell’acquisizione audiovideo del comportamento dell’individuo che sicuramente sta dicendo la verità (parlando ad esempio del più e del meno) in uno scenario di assoluta tranquillità e senza ingenerare ansia al fine di poter poi individuare modifiche apprezzabili quando invece sta costruendo dei racconti menzogneri Un sistema relativamente e la sua mente “lavora” semplice sul piano in maniera differente, strutturale, ma che generando alterazioni necessita di protocolli comportamentali interpretativi complessi e involontarie. Tra i raffinati, si chiama B.A.S segni di menzogna che (Behavioral Analysis normalmente vengono System), progettato e individuati dal sistema realizzato dagli specialisti B.A.S., si annoverano dell’ICAA ed è costituito da specifiche gestualità o un apparato di registrazione posture, modifiche nello audio video (nascosto) e stile linguistico (es. diverse di software per l’analisi di forme verbali), incremento, modifiche comportamentali decremento o diversa (verbali, non-verbali e collocazione delle pause paraverbali) impercettibili. all’interno delle frasi e La filosofia applicativa di molto altro ancora. questo sistema si basa sul fatto che le persone Tra le ultime “tecniche” che mentono tendono a rivelatrici di menzogna produrre delle variazioni bisogna annoverare comportamentali nella l’utilizzo di un particolare TNM ••• 129
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Tracciato idrosfigmografo lombroso
di questa strumentazione è però abbastanza fantasiosa, considerando le sue dimensioni (e quindi la non trasportabilità in un’aula di tribunale o in un contesto operativo) e il suo elevatissimo costo, oltre al fatto che il soggetto sottoposto a tale prova deve essere inserito all’interno di un angusto tubo.
tipo di telecamera (termocamera) che riprende immagini termiche del viso e i sistemi con sensori termici (datalogger) che vengono applicati con dei cerotti in alcuni punti del viso. La teoria sottostante all’impiego di tali tecnologie, sviluppata negli anni ‘90 da un gruppo di ricerca britannico, è che il dire bugie (anzi, il timore che esse vengano scoperte), provocherebbe un’improvvisa affluenza di sangue in alcune parti della faccia, ed in maniera peculiare vicino gli occhi, sugli zigomi e sulle orecchie, aumentando in quei punti la temperatura. TNM ••• 130
Ulteriori studi vengono condotti attualmente con l’elettroencefalogramma e con altri apparati in grado di documentare alterazioni dell’attività elettrica del cervello. Questi sistemi, che prevedono l’applicazione di una semplice cuffietta con elettrodi sulla testa del soggetto, sono ancora in fase sperimentale e tentano di evidenziare delle anomalie specifiche quando l’individuo si appresta a confezionare una menzogna. Il tracciato EEG si modifica infatti, normalmente, nelle varie attività vitali dell’individuo. Interessanti esperimenti Durante i sogni ad esempio sono stati poi condotti con vengono prodotte delle la risonanza magnetica onde specifiche così come funzionale RMF, strumento nel corso di altre fasi in grado di individuare in dell’attività neurofisiologica. tempo reale quale parte La possibilità di individuare del cervello viene attivata degli specifici “tracciati” dal soggetto sottoposto durante la fabbricazione di all’analisi. Il concetto una menzogna o quando di fondo in questo caso il soggetto teme di essere è che alcune parti del scoperto, rappresentano cervello sono deputate le fondamentali ipotesi alla creazione di concetti applicative di questa tecnica. mentre altre sono deputate Anche il riconoscimento di alla rievocazione di ricordi. un volto noto sembrerebbe Ovviamente la “creazione” produrre alcune onde di una menzogna, in cerebrali specifiche e linea teorica, dovrebbe tale circostanza offre attivare una specifica interessanti scenari in area, fornendo così una ambito investigativo: informazione utilissima nel mostrando ad esempio al corso di un interrogatorio. sospettato la fotografia di L’applicazione “tattica” una vittima di omicidio è
possibile capire dal tracciato EEG (potenziali evocati) se tale persona era stata, o meno, in precedenza da lui conosciuta. Attualmente il gruppo di ricerca italiano più avanzato rispetto all’applicazione operativa delle tecnologie per la rilevazione delle menzogne è quello dell’International Crime Analysis Association che sta sviluppando un sistema complesso con la collaborazione di una equipe del Centro di Neurologia Sperimentale dell’Istituto San Raffaele di Milano (D.ssa Letizia Leocani). L’obiettivo è quello di standardizzare un sistema integrato di strumenti, utilizzando in contemporanea il Poligrafo, l’Elettroencefalogramma, il B.A.S (Behavioral Analysis System), il rilevatore termico del viso e il voice stress analyzer con un gruppo di soggetti volontari e in situazioni operative reali. Il limite degli di esperimenti sulla rilevazione della menzogna svolti in laboratorio è ovviamente la difficoltà a riprodurre artificialmente il “timore di essere scoperto” nel soggetto, scenario che è alla base di molte delle alterazioni fisiologiche e comportamentali su cui pongono attenzione gli strumenti. L’impiego delle tecnologie digitali in questo delicato settore è inoltre complesso e a mio avviso dovrebbe essere limitato ad operatori altamente qualificati e aggiornati, dotati di una buona formazione in ambito psicologico e neurofisiologico.
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FULCRUM C
È la versione compatta del Fulcrum, ne mantiene tutte le caratteristiche di solidità e robustezza ma, grazie alle ridotte dimensioni della lama ed all’impugnatura E.R.M.H. Compact, è facilmente portabile ed occultabile. Il fodero automatico rigido si può posizionare orizzontalmente o verticalmente grazie ad un tek-lock L’unica sicurezza del fodero è automatica con estrazione e reinserimento a pressione, questo dettaglio ne fa uno strumento dall’uso intuitivo ed estremamente veloce, particolarmente indicato per l’uso d’emergenza e per la difesa. Peso: g 200 Lunghezza lama: mm 110 Lunghezza totale: mm 210 Spessore lama (principale): mm 6,3 Acciaio della lama: n690 (58hrc) Impugnatura: E.R.M.H. Materiale impugnatura: forprene Dentatura parziale: si Lama: Geocamo (disponibile anche con lama e impugnatura nera)
COL MOSCHIN COMPACT Il “Col Moschin” è stato adottato ufficialmente dal Nono Reggimento Incursori nel 2002, Questo modello esprime la quinta essenza del coltello da combattimento puro, a tal punto da essere stato riconosciuto internazionalmente come uno dei migliori pugnali da combattimento contemporanei. EXTEMA RATIO dopo 10 anni dalla crezione del “Col Moschin” ci propone questa nuovissima versione “compact” dell’ormai famoso fratello maggiore.Prodotto in due colorazioni classiche, nero e desert warfare viene fornito con fodero rigido da cintura con belt lock. Peso: g 209 Lunghezza lama: mm 110 Lunghezza totale: mm 212 Spessore lama (principale): mm 6,3 Acciaio della lama: Bohler n690 (58hrc) Arrotatura: piana Impugnatura: E.R.M.H. Materiale impugnatura: forprene Dentatura parziale: no Lama: Brunita mil-c-13924
ERMH ERMH (Extrema Ratio Multipurpose Handle) , in collaborazione con la Facoltà di Scienze Motorie dell’Università di Perugia, un’impugnatura che si presta straordinariamente bene al lavoro ed al combattimento, con il grip delegato ad un incavo che assottiglia l’impugnatura fornendo un utile presa alle tre dita forti della mano (che compongono il sistema opponibile). L’impugnatura è asimmetrica ma dritta, permette il cambio di presa dinamico da “sabre” a “reverse”, lascia sporgere l’estremità del codolo passante che può essere impiegato come passante per un laccio o come protuberanza contundente. Si adatta alle mani maschili e femminili di tutte le dimensioni normali ed all’uso di guanti termici. E’ monoblocco, facilmente smontabile e permette un ottimo grado di manutenzione ordinaria e straordinaria al coltello. E’ prodotta per iniezione in “Forprene”,un elastomero la cui resistenza alle temperature estreme (-40/+120) consente il superamento dei test N.A.T.O.
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DA SPECTRE COMBAT SHIRT HCS La DA Spectre Combat Shirt è un articolo studiato e testato su tutti i teatri che attualmente impegnano le nostre FFAA. Particolarmente adatto a climi torridi questa Combat Shirt garantisce pelle asciutta e traspirazione oltre ogni confronto. Una speciale microfibra composta da 2 esclusive mescole di nuova generazione garantisce un equilibrio biologico grazie alle particelle d’argento che ostacolano lo sviluppo dei batteri e un nuovo parametro di espulsione del sudore con conseguente effetto “pelle asciutta”. Il design completamente rivisto garantisce confort in tutte le situazioni e compatibilità con tutti gli assetti specifici da combattimento. I gomiti sono protetti da toppe di Cordura che alloggiano le protezioni soft estraibili in dotazione. Per info: www.sodgear.com TNM ••• 134
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I gomiti sono protetti da toppe di Cordura che alloggiano le protezioni soft estraibili in dotazione.
S.O.D.
DAL 1938 VESTE I PROFESSIONISTI Sod produce abbigliamento tecnico militare di altissimo livello dal 1938. Nella azienda ad Empoli (Firenze), siono sempre alla ricerca di nuove proposte per soddisfare le esigenze di ogni cliente, cercando di dare risposta alle domande di ognuno di loro. I tecnici della S.O.D. sono tutti specializzati e le loro sofisticate apparecchiature vengono utilizzate con esperienza pluriennale ed in continua evoluzione per rispondere alle necessità degli utilizzatori finali. Lo spirito aziendale è quello della COLLABORAZIONE, sia all’interno dell’azienda sia con i clienti per poter sempre rispondere al meglio ad ogni loro esigenza.
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TACTICAL GADGET TACTICAL GADGET TACTICAL GADGET TACT FOTO DI GIANNI D’AFFARA
STRIKE ONE... INNOVAZIONE E TECNOLOGIA MADE IN ITALY
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ARSENAL FIREARMS nasce dai 30 anni di esperienza come scrittore nel settore armiero e designer di armi Nicola Bandini e dall’altrettanta esperienza e conoscenza, quale collezionista di armi e pistole in miniatura, del maestro Dimitry Streshinskiy. Entrambi questi illustri personaggi del settore, hanno fuso le proprie esperienze e passioni in un unica visione di un comune percorso che porterà finalmente innovazione nel settore armiero nazionale e internazionale. L’ARSENAL FIREARMS è stato fondata ufficialmente, diventando operativa e ottenendo varie licenze in diversi Paesi, nel corso del 2011. Dopo mesi di intenso lavoro finalmente il 9 marzo 2012 l’azienda ha avuto il suo debutto mondiale salendo ai vertici della cronaca nel prestigioso palcoscenico della fiera di norimberga IWA. Punta di diamante della produzione dell’ ARSENAL FIREARM, la cui commercializzazione è prevista a partire dall’autunno 2012, è la pistola semiautomatica STRIKE ONE. La STRIKE ONE è una pistola nata e concepita per gli impieghi di difesa e servizio. L’azienda descrive il suo gioiellino come “la più veloce pistola da servizio disponibile oggi sul mercato”, Costruita rispettando i moderni layout delle attuali pistole in commercio, ovvero con carrello metallico e fusto in polimeri munito di rotaia MIL-STD-1913 Picatinny sotto il dust cover per l’installazione di eventuali accessori tattici. La STRIKE ONE presenta una gran quantità di caratteristiche uniche, a cominciare dallo scatto in sola singola azione e prevede un percussore interno che opera principalmente sul piano orizzontale. L’intero sistema opera in linea, e prevede una canna fissa e un asse estremamente basso, il peso del grilletto rimane basso, il sistema di chiusura rapidissimo e lo sgancio del percussore netto e corto. ARSENAL FIREARMS per la STRIKE ONE ha realizzato una serie di accessori che la rendono modulabile a pressoché tutti gli impieghi, a cominciare dalla LRC (Long Range Conversion). Siamo in attesa di ricevere luce verde per una prova sul campo, dove saggeremo le peculiarità di questo gioiello di vocazione internazionale ma con un cuore tutto italiano. (Un particolare ringraziamento a Gianni D’Affara e Nicola Bandini per le fotografie concesse) Per info: www.arsenalfirearms.com
La STRIKE ONE ha realizzato una serie di accessori che la rendono modulabile a pressoché tutti gli impieghi, a cominciare dalla LRC (Long Range Conversion).
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DI PROTEUS
PORTE APERTE AL FURTO D’IDENTITA’ DUMPSTER DIVING Formalmente si tratta del fraudolento impossessamento delle generalità di una persona, per potersi a questa sostituire e trarne un indebito vantaggio, quasi esclusivamente economico. Si tratta di un fenomeno in crescita che, secondo statistiche, colpirebbe una percentuale prossima al 25% della popolazione. La surrettizia acquisizione dei dati personali di un individuo può avvenire in diversi modi, non solo col il veicolo informatico. Forme più subdole e sicure consentono al criminale di raggiungere ugualmente lo scopo. Eccone una. IL DUMPSTER DIVING, NON NECESSARIAMENTE SOLO PER CLOCHARD. Il Dumpster Diving, più conosciuto come Trashing (da trash, spazzatura), indica sostanzialmente l’immersione nei cassonetti dell’immondizia per reperirvi materiale, soprattutto documentale e costituisce uno dei veicoli più diffusi per realizzare furti d’identità. Se c’è chi crede che tale pratica sia conosciuta solo ai pochi si ricreda: esistono in proposito pubblicazioni, come quella di tale Joe Rutney che pretende addirittura di svelarne i segreti, affermando di procurarsi da vivere, in maniera egregia, con i proventi di tale attività. Direi tuttavia, senza avere letto il libro, che il buon Joe faccia riferimento al reperimento di beni materiali ed oggetti di un qualche valore economico. Noi sappiamo però che, nell’epoca attuale, il bene più prezioso è l’informazione, pertanto veicoleremo il nostro interesse e questo piccolo studio, senza pretese, in questa direzione. La pratica del Dumpster Diving, talvolta rilevabile nella letteratura e nella filmografia, è sempre stata associata in via esclusiva alla sfera dello spionaggio industriale o all’hacking; più precisamente ad intenzionali incursioni, da parte di pirati informatici, nei confronti di contenitori TNM ••• 138
di rifiuti ubicati nei pressi di stabilimenti industriali, uffici e strutture pubbliche, allo scopo di reperire informazioni sensibili quali copie di documenti d’identità, elenchi di personale, organizzazione degli uffici, turnazioni di lavoro, recapiti telefonici, fax, e-mail, portafoglio clienti, partner commerciali e financo User-ID. password e quant’altro di cartaceo possa essere stato inavvertitamente gettato senza la precauzione di distruggerlo in tutto o in parte, tale da pregiudicarne così la ricostruzione ed il discernimento. Di questa pratica ci riferisce Kevin Mitnick, il mitico “condor”, pioniere dell’hacking. In tale ottica, inoltre, questa pratica verrebbe attuata come azione prodromica ad attacchi di livello superiore e diretto, portati con i metodi propri dell’ingegneria sociale, argomento di eccezionale interesse ed attualità, senz’altro da approfondire, di cui lo stesso Mitnick fece ampiamente uso per pianificare le sue incursioni. Non mancherebbero nemmeno, sulla materia, ipotesi di illustri precedenti storici. Esisteva in passato il pettegolezzo circa la possibilità che un famoso scienziato nucleare avesse attinto materiale determinante per le sue ricerche, poi coronate da successo, dal cestino della carta straccia di un collega diventato poi, suo malgrado, altrettanto famoso. (confido nel perdono del lettore, che capirà il motivo del mio essere vago). In questo caso la pratica, concretizzabile in un attacco di tipo interno ad una struttura portato da un dipendente o da persone che abbia l’accesso autorizzato ai locali, verso il cestino della carta straccia e quanto in esso potenzialmente contenuto, assume la denominazione di Bin Riding (da bin – cestino, appunto). Quanti sinonimi per indicare una minaccia che perlopiù, quotidianamente, snobbiamo. IL PROBLEMA Tutto quanto precede è possibile perché la cultura della
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sicurezza, da parte del cittadino comune, si attesta ancora purtroppo a livelli primordiali. Nonostante i media, alla luce dei quotidiani fatti di cronaca, mettano in guardia sui pericoli della mancata attuazione, anche a livello elementare, di una vera e propria politica di sicurezza personale e familiare, un sondaggio per testare la diffusione e l’idoneità di quest’ultime restituirebbe un risultato sconfortante e di seguito ne mostrerò un piccolo riscontro. Certo, tutti sappiamo che dobbiamo diffidare dell’e-mail provenienti da un mittente sconosciuto, del sito internet ingannevole, dei pianti del principe nigeriano che ci chiede aiuto per rientrare in possesso delle sue ingenti ricchezze, pagandoci profumatamente il disturbo, di chi ci promette guadagni facili con attività di intermediazione finanziaria verso committenti attestati in reali o ipotetiche repubbliche dell’est e così via. Ma in analogico? (adoro questo vocabolo) cioè semplicemente esistendo? Quasi chiunque, abitudinariamente, sia nella sua qualità di privato che di dipendente pubblico o privato, nel gettare i rifiuti domestici o aziendali, specie documentali, non attua, per pigrizia e scetticismo, strategie di protezione adeguate ossia, in primis, distruggere o rendere inutilizzabili i supporti di qualsiasi natura su cui possono essere contenuti dati sensibili sulla propria persona, famiglia o azienda; non si rende conto, in sostanza, che la realtà supera la finzione e che la sua identità, non solo digitale, è perennemente esposta a rischio. Per introdurre il lettore ai pericoli che si nascondono dietro ad una superficiale valutazione della minaccia, prendo spunto da una lodevole, negli intenti, iniziativa di recente avviata in un piccolo paese del nordovest italiano, ossia la raccolta di rifiuti differenziata con il metodo porta a porta. In sostanza, a ciascun nucleo familiare sono stati consegnati sacchetti in plastica di colore diverso ove stoccare i rifiuti in modo differenziato e circostanziato, ciò naturalmente insieme ad una ampia diffusione di pieghevoli, molto interessanti, relativi ai vari tipi di rifiuti ed al loro criterio di stoccaggio. I sacchetti dovranno quindi essere posizionati al di fuori delle relative abitazioni, sulla pubblica via, dopo le ore 20.30 del giorno precedente a quello indicato per il loro ritiro, previsto nella mattinata. Mi sembra un grande segno di civiltà, adeguato ai tempi, in grado di sensibilizzare l’intera cittadinanza ai problemi legati all’ambiente e realizzare per davvero una necessaria politica di
ecosostenibilità... Dal punto di vista della sicurezza personale però, eccepisco. Ogni sacchetto reca un codice a barre che individua in maniera univoca l’utente (naturalmente si tratta di un codice alfanumerico contenuto in un database ad esclusiva consultazione dell’amministrazione comunale di riferimento) così da consentire l’individuazione e quindi la comminazione di una sanzione a chi dovesse aggirare, dolosamente o colposamente, l’onere (centenari soli al mondo compresi). Non è certo la Pubblica Amministrazione che ci preoccupa. Tralasciamo il codice a barre. Ma un sacchetto della carta pieno di dati, a disposizione tutta la notte sulla pubblica via? Parliamone. Sicuramente il sistema informatico di quell’amministrazione comunale è “bucabile” dal primo ragazzino smanettone come nel film “War Games”, ma al curioso cronico, che approssimativamente individua il bersaglio, basta solo allungare la mano. Anche al ladro d’identità. Poi insomma, se proprio non frega niente a nessuno di cosa abbiamo mangiato la sera prima, oppure se abbiamo giaciuto con nostra moglie prendendo precauzioni meccaniche contro gravidanze inaspettate, forse il sacchetto della carta potrebbe interessare a qualcuno che non vede l’ora di intestarci qualche mutuo trentennale per l’acquisto di un attico terrazzatissimo sulla curva del tabaccaio a Montecarlo o in subordine di farci pagare a rate un televisore a led full HD da 50 pollici davanti al quale godersi un film alla faccia nostra. Ed avrebbe tutto il tempo a disposizione per scegliere il suo benefattore inconsapevole. Agli integralisti dell’ecosostenibilità, posso ricordare che la sicurezza, per l’essere umano, è un’esigenza primaria e si colloca poco al di sotto del nutrirsi, del
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riassemblabili, poiché sommariamente strappati. Pare inoltre che esista un vero e proprio mercato, dove la merce in vendita, secondo un vero e proprio tariffario, è l’identità di un individuo ed i suoi dati sensibili. Quanti, infatti, in possesso di una modesta sensibilità al problema, nell’attuare parzialmente le contromisure, stoccherebbero il materiale sommariamente frammentato, tagliato o distrutto nello stesso contenitore di rifiuti. In questo caso esiste la concreta possibilità di ricomporre i frammenti e mentre per un neofita si tratterebbe solo di un certosino lavoro di pazienza e fortuna, per chi fa di tali ricerche il proprio target, ossia un ladro d’identità, sarebbe un ragionevole investimento di tempo in vista di sicuri profitti. Ecco un esempio del materiale potenzialmente reperibile, di rilevante importanza informativa, nei rifiuti solidi urbani: • Documentazione cartacea (estratti conto bancari, ricevute bancomat o di carte di credito, codici bancari, fatture, bollette di utenze domestiche, documentazione sanitaria, scontrini fiscali, tagliandi omaggio, giornali e riviste e relativi talloncini dormire e del respirare aria pulita, pertanto ben venga applicati, tessere associative scadute, agende differenziare, ma l’utente non professionale sia reso dismesse, rubriche telefoniche o parti di esse, edotto che un minimo programma di sicurezza personale appunti cartacei, promemoria, assegni compilati ed abitativa non è paranoia, ma intelligente autotutela. errati etc..) Questa è la mia personale valutazione e lascio • Supporti magnetici c.d. E-WASTE (hard disk, Cdall’amico lettore le dovute considerazioni. A riprova di Rom/Dvd, floppy disk, chiavi usb, tutti questi ultimi quanto affermo, consta che uno studio commissionato ancorché danneggiati o non funzionanti, schede al RISSC (Centro di Ricerche e Studi in tema di telefoniche prive di credito, ricariche telefoniche, Criminalità e Sicurezza) condotto a Schio (VI), avvalori carte di credito scadute). il mio pregresso pontificare. Nella città di Schio, la raccolta differenziata è condotta già da tempo con Aggiungo, dal punto di vista investigativo, perché vi grande partecipazione della cittadinanza. Lì è stato assicuro hanno la loro valenza: avviato il progetto denominato “Identity Trash”, cioè • Rifiuti alimentari “pattumiera di identità” nell’ambito del quale sono • Vestiario dismesso state esaminate immondizie di un migliaio di famiglie • Imballaggi e qualche centinaio di aziende, cercando di dimostrare • Medicinali o packaging ad essi relativi, blister e come sia facile impossessarsi dei dati personali “bugiardini” delle persone con la pratica del Dumpster Diving. • Altri oggetti vari Gli esperti del RISSC, dopo aver esaminato qualche Cioè praticamente tutto ciò che buttiamo. tonnellata di spazzatura, avrebbe affermato che in Cosa trarre da questi ultimi rifiuti è materia che diparte una percentuale di poco inferiore al 50 % dei sacchetti dalla deduzione, strumento che mi è tanto caro. analizzati sia stato trovato materiale documentale contenente informazioni di elevata sensibilità per la LA SOLUZIONE sicurezza individuale delle persone. Quindi, è accertato Rassegnamoci. Non potendo disporre di un che un’apprezzabile percentuale di furti d’identità inceneritore domestico, è naturale che il problema potrebbero provenire proprio dal trashing. I risultati non possa essere completamente azzerato, ma con dell’indagine hanno confermato la concreta possibilità qualche piccolo accorgimento, con un minimo di spesa della ricostruzione della biografia di un individuo e (obbligatoriamente un po’ di più, se siamo una piccola della sua famiglia semplicemente esaminando la sua azienda) possiamo contenere sufficientemente il immondizia. Inoltre, lo studio avrebbe rilevato che la problema. Il minimo sindacale: una macchina distruggiquasi totalità delle informazioni reperite era contenuta documenti. Ne esistono diversi tipi. Le discriminanti su fogli di carta integri, o al massimo, facilmente sono, in linea generale, la dimensione del frammento TNM ••• 140
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prodotto dall’azione distruttiva ed il valore dei dati da distruggere. Lo standard DIN 32757 è il protocollo che stabilisce il grado di sicurezza necessario in relazione al tipo d’informazione ed al danno collaterale scaturibile dalla sua eventuale diffusione, alle caratteristiche fisiche dei supporti contenenti i dati ed al volume d’informazioni di necessaria distruzione. Le macchine distruggi-documenti sono quindi dimensionate, prodotte e diffuse secondo i seguenti parametri. • il livello di sicurezza così come da standard DIN 32757; • il volume di taglio, ossia numero di fogli distruggibili per sessione. Per quanto riguarda i livelli di sicurezza, lo standard citato stabilisce cinque gradi di riservatezza in relazione alla misura di taglio del documento, correlata all’importanza delle informazioni da distruggere ed alla loro idoneità a creare danni in caso di erronea divulgazione. Più compiutamente, i livelli di dividono in:
Abbiamo circoscritto il problema ed individuato una parziale, attuabile da chiunque, soluzione. Ce n’è per tutte le tasche, viceversa, per tutti, consiglio forbici, pazienza e stoccare la risulta in contenitori diversi, da smaltire anche in tempi diversi. Il tempo perso ci ripaga in tranquillità.
è vero?. Scherzavo, non volevo girare il coltello nella piaga. L’attività, da un lato, può considerarsi eticamente poco corretta e sgradevole sotto il profilo dell’azione, da un’altro tuttavia, costituisce un momento premiante e remunerativo per il reperimento d’informazioni, anche di elevato grado di utilità, non altrimenti acquisibili. I rifiuti che ho poc’anzi elencato, dicono molto, se non tutto, di noi. L’utilità di questa attività ai fini investigativi, mirata ad una persona fisica, si materializzerà non solo nel reperimento del dato sensibile, di cui magari già dovremmo disporre in ragione dell’incarico istituzionale ricoperto, bensì nella formazione della complessa architettura nella quale figureranno, con una buona approssimazione, elementi inconfutabili circa la vita del bersaglio e dei suoi conviventi, sulle sue condizioni di vita e sul relativo tenore, sui suoi movimenti e sulle sue abitudini, sui suoi passatempi e passioni, devianze e quant’altro potenzialmente rilevabile e deducibile. Se tralasciamo tutti quei dati reperibili in forma palese, per cui in teoria i tempi di ricerca verrebbero drasticamente abbattuti (e.g. documenti sui quali possono trovarsi informazioni specifiche complete - si presti particolare attenzione a tutti gli altri supporti dai quali può riuscirsi a trarre informazioni e riscontri di valore probatorio). Mi riservo, ad esempio, in una trattazione futura, di mostrare materialmente quante informazioni attendibili o supposizioni positivamente veicolanti possono trarsi da uno scontrino fiscale della spesa, semplicemente analizzando la merce ivi descritta.
DI CONTRO, L’UTILITA’ PER L’INVESTIGATORE C’è da dirsi che il dumpster diving non rientra nelle attività usuali dell’operatore della sicurezza o dell’investigatore, anche perché presenta (in alcuni casi si può dire presentava) qualche difficoltà in ordine all’acquisizione mirata del materiale riferibile al bersaglio. Prima si trattava di una lunga attesa nei pressi del cassonetto, nel riconoscimento del bersaglio e del colore del suo sacchetto, quindi maschera, bombole e via di dumpster diving sperando di trovare il sacchetto giusto. Oggi, per fortuna, c’è il codice a barre sul sacchetto, non
CONCLUSIONI Desidero che l’Amico lettore possa interpretare quanto ha letto con una duplice valenza, la prima, da investigatore, relativa a quanto può trarre, in termini di informazioni, da ciò che potrebbe reperire (occorre riconoscere il valore di ogni oggetto o documento sotto forma di contenitore d’informazioni), la seconda per capire, in assenza di una costante ed adeguata politica di sicurezza personale, quante e quali tracce, quindi quante informazioni, ogni giorno, possono inconsapevolmente lasciarsi a disposizione di chiunque.
Livello 1 Documenti comuni la cui riservatezza viene meno allo scadere della loro utilità temporale. Livello 2 Documenti interni. Taglio a strisce da 3,8 a 6 mm. Livello 3 Documenti riservati, relativi a terze parti. Taglio a strisce 1,9 mm oppure tutti i tagli a frammenti compresi fra 4 x 25 e 3,8 x 40 mm. Livello 4 Documenti vitali per l’azienda o l’organizzazione Taglio a frammenti 1,9 x 15 mm. Livello 5 Documenti segretissimi, la cui diffusione creerebbe danni irreparabili alla struttura di riferimento. Taglio a frammenti 0,8 x 12 mm.
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THE ULTIMATE SNIPER.
SHOOTER’S BIBLE GUIDE TO AR-15S
Questo volume è sicuramente una delle migliori opere di riferimento su una delle armi più universalmente apprezzate, l’AR-15s. Uno dei massimi esperti affronta questo argomento fin dalle origini storiche per poi esaminare le armi realizzate dalla pletora di produttori, dentro e fuori gli Stati Uniti che hanno utilizzato il sistema di derivazione AR per realizzare centinaia di cloni e Edizione aggiornata e derivati, facendo diventare quest’arma la preferita negli ampliata di quella classica ambienti delle “Special Forces” di tutto il mondo. Consiglia del 1993 che ha influenzato un’intera generazione di tiratori scelti degli eserciti e delle polizie di tutto il mondo. Il lavoro è le munizioni più appropriate e offre consigli su come stato completamente rivisto e rielaborato, nuove fotografie, migliorare e personalizzare l’arma. L’autore analizza la versatilità dell’AR-15s, ne spiega le parti e le funzioni, disegni e grafici specifici, carte aggiornate, informazioni aggiunge la descrizione dei modelli dei diversi produttori, collaterali, dettagli sulle tre principali aree tecniche del e infine aggiunge una sezione dedicata alle novità sul tiro di precisione: tiratori, capacità di tiro, tattiche. Tra ciò mercato. Centinaia di modelli, pezzi e accessori sono tutti che viene proposto: - I modelli più tecnicamente avanzati delle armi utilizzate, ottiche, munizioni, equipaggiamento accompagnati da fotografie a colori e in bianco e nero. specificatamente disegnato o adattato per usi militari o di polizia - Le tattiche più recenti e le modalità tecniche per AUTORE: contrastare il terrorismo in diverse situazioni ambientali: Doug Howlett: giornalista appassionato di caccia e tiro, montagne, deserti e aree urbane del Medio Oriente e lavora alla rivista “American Hunter”, organo della National dell’Asia centrale – L’analisi dell’evoluzione delle tecnologie, Rifle Association. compresi laser, visori notturni, sistemi di puntamento (FLIR) e programmi balistici - Dettagli balistici e dati EDITORE: Skyhorse Publishing di traiettoria per le armi - Un capitolo completamente INFO: brossura 20 x 26,5 cm. pag. 234 interamente illustrate nuovo su lezioni pratiche di “countersniping” in Iraq e in con foto b/n e colori Afghanistan – Un aggiornato indirizzario americano per LINGUA: inglese corsi di addestramento. Insomma una vera Bibbia per i PREZZO: 30,00 euro tiratori scelti. DISPONIBILE PRESSO: www.ritteredizioni.com
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IMPIEGO TATTICO
I talebani hanno un misterioso piano che coinvolge i servizi di intelligence iraniani e pakistani, entrambi interessati ai segreti di cui un mullah è in possesso e che intende usare in guerra. Il Distaccamento operativo Alpha di Delaram, insieme a un reparto italiano costituito da elementi provenienti da reparti diversi, si lancerà in un’operazione speciale, densa di imprevisti e battaglie tra mercenari e guerriglieri. Una minaccia incombe in questa lotta tra spie e ha un nome in codice: Jibril. Nel romanzo appare in tutta la sua evidenza la “diversità di pensiero” tra la comunità delle forze speciali e il loro modus operandi e la struttura militare tradizionale, portata molto spesso alla ricerca del compromesso.
Sicurezza, tipi di armi, munizionamento, condizioni di pronto, tipologie di porto, ricaricamento tattico e di emergenza, posizioni di tiro, tecniche di tiro, cambio tattico delle munizioni, cambio tattico dell’arma, risoluzione di malfunzionamenti, tecniche di tiro in caso di ferimento, impiego del fucile come arma contundente, tecniche di ritenzione dell’arma sono gli argomenti trattati in questo volume da un riconosciuto istruttore di tiro. Ogni tecnica proposta - spesso tecniche differenti per raggiungere lo stesso scopo - è stata selezionata dopo prove personali e efficacia riconosciuta, accompagnata da numerosissime fotografie corredate di didascalie che offrono l’immediatezza della spiegazione. Il libro è ricchissimo di informazioni e dettagli, un vero manuale da studiare frase per frase.
LA RELIQUIA DEL PROFETA
AUTORE: James C. Copertino: ufficiale di complemento in Marina, arruolato nei Corpi Speciali, è stato protagonista di innumerevoli operazioni in Libano, Iraq e Afghanistan. Attualmente lavora come consulente per la sicurezza. EDITORE: Armando Curcio Editor INFO: Brossura 14 x 21,5 cm. pag. 608 LINGUA: italiano PREZZO: 22,00 euro DISPONIBILE PRESSO: www.ritteredizioni.com
DEL FUCILE A CANNA LISCIA
AUTORE: Riccardo Massantini: istruttore di tiro a livello internazionale sia in ambito tattico che sportivo. Ha acquisito il diploma di istruttore della National Rifle Association of America, di istruttore tattico Surefire e della Accademia Benelli-Beretta. EDITORE: Edizioni Quatrini INFO: Brossura 17 x 24 cm. pag. 154 interamente illustrate con foto b/n LINGUA: italiano PREZZO: 30,00 euro DISPONIBILE PRESSO: www.ritteredizioni.com