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TNM N°16 • GIUGNO 2012 • PERIODICO MENSILE

WWW.TACTICALNEWSMAGAZINE.IT • € 6.00 “POSTE ITALIANE SPA, SPEDIZIONE IN ABBONAMENTO POSTALE DL 353/2003 (CONVERTITO IN LEGGE 27/02/2004 N°46) ART. 1 COMMA 1 LO/MI”

M I L I T A R Y • L A W ENFORCEMENT • SECURITY

FOCUS ON

BOARDING TEAMS TECNICHE DI ARREMBAGGIO

SPECIAL OPERATION LA GUERRA AL TERRORE

TEST BY TNM

S.O.D. SPECTRE PLATE CARRIER HCS

HALO-HAHO IN VOLO CON GLI INCURSORI DEL 9° LAW AREA

CONTRAFFAZIONE E CRIMINE ORGANIZZATO

B.D.S.A.

CORSO ISTRUTTORI DI TIRO TATTICO DIFENSIVO

ARMI MILITARI I.W.I. X95




EDITORIALE EDITORIALE EDITORIALE EDITORIALE EDITORIALE

VIVA L’ITALIA Non sono un appassionato di calcio, preferisco il rugby come sport di squadra, ma la nazionale è la nazionale, dunque per me è imperdibile. Come molti quindi ho seguito Italia-Inghilterra, quarti di finale dei campionati europei di calcio. Amo il tripudio di tricolori, l’inno cantato a squarcia gola da Buffon, uno dei pochi momenti in cui noi italiani non litighiamo tra fratelli e ci avviciniamo con un unico comune fine, come tutti i giorni invece dovrebbe essere ma, ahinoi, non avviene. Come esercizio propedeutico a tener la mente allenata alla lingua inglese ho seguito la partita sulla BBC. Arriva il rigore di Diamanti che assegna la vittoria all’Italia e il commentatore inglese esclama: “Giustizia è fatta, i rigori hanno dato la vittoria a chi la meritata in campo !” Frequento il mondo sportivo inglese da quando, quale presidente e fondatore della Federazione Italiana Tiro Lunga Distanza, partecipo ed accompagno in Inghilterra i tiratori italiani che si preparano a rappresentare l’Italia in questa affascinante disciplina. Ho potuto profondamente apprezzare in questo modo uno dei principi cardine della società inglese ovvero l’onesta sopra ogni cosa, sia nella vita sportiva quanto nella vita di tutti i giorni. Io sarò onesto con voi, come sempre cerco d’essere: non sono il migliore direttore responsabile che vi poteva capitare, non sono quello più preparato e non sono quello più esperto. Credo che l’Editore e il suo staff, mi abbiano scelto invece per la mia volontà di continuare a camminare nella vita, la mia insistenza nel costruire e, quando se è necessario, per la mia perseveranza nel lottare per le buone cause. Io vedo TNM come una buona causa. Nella società anglofona, un’altra caratteristica che apprezzo è la “cultura militare” di cui è impregnata. Basta entrare in una qualsiasi libreria inglese e troveremo scaffali zeppi di libri di cultura militare e biografie di combattenti. Basta capitare in Inghilterra in Novembre durante la settimana del “Support Our Troops” (supportiamo le nostre truppe) dove troveremo dal primo ministro, al giudice, al maestro , al gestore del pub con appuntato al petto il “pin” che dimostra di aver donato denaro in supporto dei feriti in combattimento e delle famiglie dei caduti. Nella loro cultura è dunque chiara la posizione che occupano le Forze Armate all’interno della società. Credo che TNM sia uno strumento di cultura che, oltre a fornire informazioni utili al professionista del settore, possa anche avvicinare maggiormente i giovani a così importanti istituzioni nazionali quali le nostre Forze Armate e Forze dell’Ordine. Una delle mie più recenti soddisfazioni è stato il poter vedere, in prima persona, ragazzi di 20 anni che mangiavano polvere e soffrivano per aspirare a diventare “incursori”; la “meglio gioventù” italiana, che ha ancora valori in cui credere e che vuole “vivere la vita” anzi che farsi trasportare da essa. Abituato a quel che ti passa davanti sul marciapiede, credetemi che è stata una grande boccata di ossigeno per l’anima. TNM e il suo fondatore Mirko Gargiulo, hanno fatto fino ad ora un grande lavoro di cultura. Io sono onorato che abbiamo scelto la mia persona per aiutarli in questa impresa e sono felice di poter dare il mio contributo al già tanto che è stato fatto. Quello che mi posso augurare maggiormente per il futuro, è che il lavoro che svolgerò insieme a Mirko, porti ancora più giovani a voler contribuire a difendere la nostra nazione, la nostra società e le nostre famiglie dai pericoli che quotidianamente “la parte insana dell’uomo” ci mette di fronte. Un pensiero a chi, con orgoglio, porta già tutti i giorni la nostra bandiera nel mondo e a chi ha sacrificato la propria vita per essa, ieri, oggi, domani. Viva l’Italia ! Marco Alberini (Direttore responsabile)


RIALE EDITORIALE


INDICE INDICE INDICE INDICE INDICE INDICE INDICE INDICE

EDITORIALE 2 NEWS 6 HOT POINT 20 MOSCA È PRONTA ALLA GUERRA MONDIALE

VOX POPULI VOX DEI 24 OCCHIO AI GIOSTRAI… E ANCHE AI MILLANTATORI

SPECIAL OPERATIONS 28 I FANTASMI DI STIRLING - SECONDA PARTE

BLOGGING THE SECURITY 38 THE FIRST BLOG ON “EXECUTIVE PROTECTION & CORPORATE SECURITY”

LONG RANGE SHOOTING 40 SAKO TRG M10

FOCUS ON 46 TACTICAL 1ST MEDICINE AND ROPE TRAINING

FOCUS ON 54 BOARDING TEAMS - TECNICHE DI ARREMBAGGIO

COLTELLI TATTICI 72 SPECWAR - IL COLTELLO DEI NAVY SEALS

INSIDE 74 HALO HAHO - IN VOLO CON GLI INCURSORI DEL NONO

PERSONNEL RECOVERY 96 PREPARAZIONE

ARMI MILITARI 102 UNA CARABINA DUE CALIBRI

TEST TNM 110 SPECTRE PLATE CARRIER HCS

SPECIAL REPORT 118 NASCE TADPOLES TACTICS THE UNIVERSITY OF STRATEGIC SHOOTING

LAW AREA 122 CONTRAFFAZIONE E CRIMINE ORGANIZZATO

BERETTA DEFENCE SHOOTING ACADEM 132 CORSO ISTRUTTORI DI TIRO TATTICO DIFENSIVO BDSA

POINT OF VIEW 134 ALPHA 22 138 BOOK 142

Military - Law Enforcement - Security n°16 - giugno 2012 - mensile www.tacticalnewsmagazine.it Direttore responsabile Marco Alberini marco.alberini@tacticalnewsmagazine.eu Direttore editoriale Mirko Gargiulo mirko.gargiulo@tacticalnewsmagazine.it Direttore commerciale Giovanni Petretta giovanni.petretta@tacticalnewsmagazine.it Art director Matteo Tamburrino tambetti@gmail.com Impaginazione echocommunication.eu Pubblicità redazione@tacticalnewsmagazine.eu Collaboratori Gianluca Favro, Gianluca Sciorilli, Fabio Rossi, Galdino Gallini, Marco Sereno Bandioli, Giovanni Di Gregorio, Zoran Milosevic, Gabriele Da Casto, Marco Strano, T. Col. GdF Mario Leone Piccinni, Marco Buschini, Michele Farinetti, Ovidio Di Gianfilippo, Sergio Giacoia, Alberto Saini, Marco Strano, Lorenzo Prodan, Vincenzo Cotroneo, Daniel Piga, Paolo Palumbo, Daniel Sharon, Norbert Ciano Fotografie ISAF, Department of Defense, Stato Maggiore Esercito, U.S. Navy, NATO Multimedia, The National, Command Special Naval Warfare, Onu Media Press, Zoran Milosevic, Michele Farinetti, Marco Buschini, Marco Alberini, Norbert Ciano Periodico mensile edito da: CORNO EDITORE Piazza della Repubblica n. 6 20090 Segrate - Milano - P.IVA 07132540969 Stampa Reggiani Spa Via C. Rovera 40, 21026 Gavirate (VA) Distributore Pieroni Distribuzione s.r.l. Viale Vittorio Veneto, 28 - 20124 Milano Registrazione Tribunale di Milano n.509 del 27 settembre 2010 Iscrizione al ROC 20844 Tutti i diritti di proprietà letteraria, artistica e fotografica sono riservati, ne è vietata dunque ogni duplicazione senza il consenso scritto della Corno Editore


CE


AROUND THE WORLD A CURA DI MARCO ALBERINI, MIRKO GARGIULO, GIUSEPPE MARINO

EGITTO, MORSI PROCLAMATO PRESIDENTE IN PIAZZA LA GIOIA DEI FRATELLI MUSULMANI L’esponente del partito islamico sarà il primo capo di Stato del dopo Mubarak. Ha ottenuto 13 milioni di voti. Il risultato del ballottaggio, che lo vedeva opposto all’ex premier Ahmed Shafiq, ha scatenato scene di tripudio in piazza Tahrir, dove erano assiepati migliaia di sostenitori dei Fratelli musulmani. Le sue prime dichiarazioni: “La rivoluzione continua, unita. Rispetterò i trattati internazionali” IL CAIRO. Dopo trent’anni di regime di Hosni Mubarak, il suo successore, il primo democraticamente eletto nella storia d’Egitto, è un Fratello musulmano: Mohamed Morsi. Che nel suo primo discorso alla nazione in tv ha promesso che ‘’la rivoluzione continua’’, lanciando un appello all’unità e promettendo che rispetterà i trattati internazionali, tra cui l’accordo di pace con Israele. Ci sono vari aspetti che rendono storiche queste elezioni presidenziali i cui risultati sono stati annunciati dopo un’attesa snervante di una settimana, durante la quale il candidato dei Fratelli Musulmani e il suo rivale, l’ultimo premier sotto Hosni Mubarak, Ahmad Shafiq, hanno entrambi cantato vittoria. Ma a vincere alla fine è stato Morsi, il candidato che era stato soprannominato ‘la ruota di scorta’ perché arrivato in corsa solo dopo l’esclusione di quello preferito dalla Fratellanza, Khairat el Shater. Ingegnere con un dottorato della Southern California University, il primo presidente non militare nella storia del paese è anche stato spesso nelle prigioni di Mubarak, quando la Confraternita era un movimento illegale in Egitto. L’ultima volta, Morsi è finito in prigione nel ‘venerdì della rabbia’, il primo della rivoluzione di gennaio 2011. ‘’Sarò il presidente di tutti gli egiziani’’, ha detto ancora Morsi, il nuovo presidente del più popoloso paese arabo, considerato strategico per la sua vicinanza con Israele col quale ha firmato gli accordi di pace di Camp David e perché attraversato dal Canale di Suez. La sua vittoria è storica non solo per l’Egitto, ma per tutto il Medio Oriente. Il candidato dei Fratelli musulmani ha vinto col 51,73% dei TNM ••• 6

voti pari a 13.230.131 voti contro i 12.347.038 del suo avversario e cioè il 48,27% dei voti. Uno scarto di quasi novecentomila voti. Subito dopo l’annuncio sono cominciate a fioccare congratulazioni ed auguri. Fra le più significative, quella del capo del Consiglio militare Hussein Tantawi, seguita da una dichiarazione sulla pagina Facebook, nella quale la giunta auspica che Morsi sappia assumersi la responsabilità del popolo ‘’in rivolta’’ e sollecita una riconciliazione nazionale. Auguri anche dalla Chiesa copta

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che notoriamente aveva, anche se non esplicitamente, indirizzato i fedeli verso Shafiq. La vittoria di Morsi chiude la fase di confusione e incertezza delle ultime sttimane , ma non apre quella della fine delle rivendicazioni della piazza. Malgrado voci insistenti, secondo le quali l’annuncio della sua vittoria sarebbe stato il frutto di un accordo con i militari in cambio dell’accettazione delle modifiche costituzionali e lo scioglimento del Parlamento.


AEREO TURCO ABBATTUTO DALLA SIRIA. SALE LA TENSIONE ANKARA-DAMASCO BRUXELLES. Venti di guerra tra Turchia e Siria dopo l’abbattimento del jet militare turco (La contrarerea siriana la notte del 24 giugno, ha abbattuto un caccia F24 turco mentre si trovava, secondo la versione turca, nello spazio aereo internazionale tra Ankara e Damasco). Damasco smussa i toni, ma denuncia le infiltrazioni di “gruppi terroristici’’ che arrivano dal confine nord. Ankara tuona: “E’ stato un atto ostile’’. Stati Uniti, Gran Bretagna e Italia condannano l’accaduto. La vicenda è sul tavolo dei ministri degli Esteri dell’Ue in Lussemburgo, che hanno approvato un nuovo pacchetto di sanzioni. SANZIONI. Il nuovo pacchetto di misure precisa il divieto, per le compagnie di assicurazione, di coprire le consegne di armi o di equipaggiamento non letale ma che puo’ essere usato a fini repressivi, al regime di Damasco. Le nuove sanzioni - riferiscono fonti includono poi l’aggiunta di un’altra persona e cinque società all’elenco di quelle per le quali è previsto il congelamento dei beni e il blocco dei visti. Il pacchetto prevede anche una deroga al congelamento degli asset per favorire le transazioni, collegate ad attività di studenti, ricercatori e attività accademiche, come ad

esempio l’erogazione di una borsa di studio. La questione del ruolo delle assicurazioni nell’embargo contro la Siria è stato sollevato dalla Gran Bretagna, dopo il caso di una nave di un armatore russo che trasportava degli elicotteri d’attacco destinati a Damasco. ASHTON. L’Unione europea si aspetta che la Turchia non contribuisca ad alimentare la tensione con la Siria. Lo ha detto l’alto rappresentante della Ue Catherine Ashton. “Siamo molto preoccupati da ciò che è successo e molto preoccupati per le famiglie dei due piloti scomparsi’’, ha detto la Ashton. “Ci aspettiamo che la Turchia sia trattenuta nella sua risposta’’, ha aggiunto. PECHINO. La Cina spera che Siria e Turchia mantengano la calma ed esercitino moderazione nella risoluzione della questione relativa all’incidente del jet turco. Lo ha detto in conferenza stampa il portavoce del ministero degli esteri cinese Hong Lei. “La Cina - ha detto Hong sta seguendo da vicino al questione e ha ricevuto diverse informazioni sull’accaduto. Poichè la situazione nella regione è molto sensibile, è necessario che tutte le parti restino calme e usino moderazione, gestendo l’incidente attraverso i canali diplomatici così da scongiurare l’aumento delle tensioni’’.

KENIA, ESPLODE BOMBA IN UN BAR: TRE MORTI TRENTA I FERITI, DI CUI QUATTRO IN CONDIZIONI GRAVI È di tre morti e 30 feriti il bilancio della bomba fatta esplodere in un bar di Mombasa (Kenya) la sera del 24 giugno. Secondo quanto riferiscono fonti locali, la granata è esplosa intorno alle 22.00 in un locale della zona di Mishomoroni, dove decine di persone assistevano alla partita di calcio Italia-Inghilterra. Testimoni hanno riferito che la granata sarebbe stata lanciata da un auto, con a bordo due uomini e una donna, che è riuscita ad allontanarsi prima che l’ordigno esplodesse. NESSUNA RIVENDICAZIONE. I feriti sono stati trasportati presso il vicino Coast General Hospital di Mombasa, mentre l’intera area è stata isolata dagli agenti dell’antiterrorismo per le indagini. Nessun gruppo ha finora rivendicato la responsabilità dell’attentato, ma l’incidente è avvenuto appena 48 ore dopo l’avviso emanato dall’ambasciata americana su possibili attacchi a Mombasa.


PIRATI SOMALI E MAFIA ITALIANA: ECCO LE PROVE Una commissione di esperti nominata dall’Unione Europea sta indagando sui legami esistenti tra pirati e signori della guerra somali e mafie italiane, in materia di rifiuti tossici. Le indagini dell’Ue sono partite dal recente libro d’inchiesta di Michel Koutouzis, criminologo di fama internazionale, che al momento sta svolgendo indagini sul tema per l’Onu e per l’Ue. Secondo quanto scrive Koutouzis nel libro Crime, Trafficking and Networks, infatti, la criminalità organizzata basata nel sud Italia (Camorra, ‘Ndranghetta e Sacra Corona Unita) – rifornisce i signori della guerra somali con armi provenienti dal mercato nero dei Balcani occidentali in cambio del permesso di smaltire i rifiuti. Sarebbe la Sacra Corona Unita pugliese, da anni “specializzata nel commercio clandestino balcanico e curdo di armi”, a rifornire Ndrangheta e Camorra. Queste ultime, poi, farebbero la seconda parte del lavoro commerciando con gli africani. “Tonnellate di rifiuti vengono scaricati ogni anno al largo nelle coste somale, sudanesi ed eritree sotto il naso di innumerevoli navi da guerra che avrebbero proprio il compito di controllare il trasporto nel Mar Rosso e nel Golfo di Aden”, ha spiegato il consulente Onu e Ue. “Una parte dei ricavi, del valore di centinaia di milioni di euro l’anno, viene riciclato da industrie turistiche in Kenya e Tanzania”, ha detto ancora Koutouzis, aggiungendo che si tratta di una pratica non certo nuova.A confermare queste affermazioni, c’è anche un rapporto delle Nazioni Unite del 2005, secondo il quale lo tsunami del 2004 nell’Oceano Indiano ha rotto alcuni depositi di piombo, cadmio e mercurio, oltre che altri depositi di rifiuti ospedalieri e chimici. Rifiuti che, arrivando sulle rive delle città di Hobbio e Benadir, avrebbero ucciso almeno 300 persone. Alexander Rondos, ex diplomatico greco e attuale inviato speciale dell’Unione europea per il Corno d’Africa, lo scorso 19 giugno ha affermato a Bruxelles che è molto plausibile ciò che Koutouzis analizza nel suo libro, e che è necessario monitorare più assiduamente la situazione dei traffici.Anche l’ammiraglio inglese

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Duncan L. Potts, al comando della missione diplomatico-militare Atalanta, ha affermato la necessità di mantenere in Seychelles un centro regionale anti-pirateria e intelligence al fine di controllare i traffici. A parer di Potts, però, non ci sarebbero ancora prove certe che testimonierebbero il legame italiano con i pirati somali.Da parte sua, Koutouzis, riferendosi ai depositi di rifiuti tossici ritrovati nell’Oceano Indiano, ha affermato: “sono certo che in molti sono a conoscenza di quei traffici ma preferiscono non fare niente per cambiare le cose”. Raggiunto al telfono da un importante quotidian inglese, ecco di seguito la piccola intervista

concessa: Koutouzis, come mai è così sicuro dell’esistenza di legami tra i pirati somali e la mafia italiana? Ne sono sicuro perché non è una cosa nuova, è solo una cosa di cui si parla molto poco nel vostro Paese. Il motivo è che ci sono interessi fortissimi che impediscono di farlo. Io però sono certo di questi legami anche perché, ormai quasi vent’anni fa, sono stati alcuni mafiosi “pentiti” della Ndrangheta a confessarlo. Hanno detto di essere stati pagati per sbarazzarsi in mare dei rifiuti radioattivi di 32 imbarcazioni. In mezzo a questi rifiuti sono state ritrovate le sostanze più tossiche: plutonio, torio-234, solfato di


ammonio. Dopo qualche anno delle organizzazioni ecologiste e dei magistrati italiani hanno denunciato il silenzio dello Stato in merito a questi episodi. Molte denunce, quindi, sono state depositate dopo il 1994, ma si è trattato sempre di indagini che hanno finito per essere archiviate in tempi brevissimi. Perchè secondo lei? A mio avviso le autorità italiane hanno volutamente deciso di mettere la sordina a quei loschi affari. Sono certo di questo. È stato proprio Sebastiano Venneri, vice presidente della Ong napoletana Legambiente a confermarmelo. C’è interesse, ripeto, a seppellire questi affari, però sono cose che alla lunga vengono a galla. Nel settembre del 2008, per esempio, grazie ad un robot teleguidato si è scoperta una nave affondata nel 1992 nelle coste occidentali della Calabria. Questo ha permesso successivamente di individuare un carico costituito da 120 bidoni di rifiuti radioattivi che si trovava a 500 metri di profondità. Ovviamente il carico era stato affondato nella costa calabrese dalla mafia locale e, come spiego anche nel mio libro, quel carico era solo uno dei tanti (una trentina in tutto) che riposano nei fondi marini italiani. Si tratta di uno dei fatti che Venneri vi può confermare. Ma sono storie iniziate molto tempo fa. Lo sapevano bene la giornalista italiana Ilaria Alpi e il fotografo che è stato ucciso con lei nel 1994 a Mogadiscio. A questo proposito, vi ricordo che nel 2007 il giudice Emanuele Cersosimo, non convinto di come le indagini erano state liquidate, ha chiesto che queste potessero essere riaperte. Cersosimo era sicuro che l’omicidio di Ilaria Alpi e del fotografo Miran Hrovatin fossero stati ordinati da qualcuno al fine di impedire che i due continuassero a raccogliere informazioni proprio sulla relazione tra il traffico d’armi e i rifiuti tossici. Chi ha ammazzato Alpi e Hrovatin semplicemente non voleva che l’opinione pubblica italiana sapesse. Ma allora perché, nonostante tutte queste prove che la rendono certo dell’esistenza di legami tra pirati somali e mafia italiana, l’ammiraglio Potts ha affermato che non ci sono forti evidenze che testimoniano tali legami? In realtà l’ammiraglio Potts conosce molto bene la situazione. Se da

IL MONDO ANIMALE IN AUSILIO A QUELLO MILITARE La Boston Dynamics, azienda statunitense operante prevalentemente nel settore dell’ingegneria robotica, sta sviluppando una serie di robot aventi fattezze e caratteristiche di mobilità ottenute adottando soluzioni tecniche ispirate al mondo animale. Nello specifico alcuni di tali robot dell’azienda statunitense attualmente in fase di sviluppo, peraltro in piena linea con le tendenze attuali, saranno destinati ad affiancare operatori militari nel corso delle loro attività nei teatri di missione. Uno dei più recenti modelli sviluppati ha la denominazione di RHex. Si tratta di un piccolo robot del peso di soli 13,5 chilogrammi, telecomandato fino alla distanza di circa 600 metri ed in grado di operare con un’autonomia di sei ore. RHex, che a breve dovrebbe essere dislocato in affiancamento alle truppe statunitensi in Afghanistan, è trasportabile agevolmente all’interno di uno zaino. Essendo dotato di videocamere per fornire immagini sia frontali che posteriori, e risultando in grado di muoversi agevolmente sia sul terreno che in acqua, dovrebbe risultare uno strumento indubbiamente efficace per la ricognizione sul campo a livello tattico di squadra. Il robot descritto non si configura come una novità particolare, molti sono infatti già oggi i sistemi robotici dispiegati sui campi di battaglia. Esso comunque costituisce l’ennesimo tassello nel processo di “robotizzazione” dello strumento militare terrestre a cui oggi si assiste.

un lato è vero che ha sostenuto che bisogna fare delle verifiche ulteriori, dall’altro ha affermato la necessità di creare una task force con base a Seychelles proprio al fine di controllare i traffici illeciti che sfuggono completamente al controllo statale. Questo significa che c’è consapevolezza della questione. Bisogna poi tener conto del fatto che la situazione nell’Oceano Indiano è molto complessa. Per venirne a capo bisognerebbe controllare anche il traffico di pietre preziose che interessa tutta la regione. Tutto è collegato laggiù, e avere una visione di insieme del problema è fondamentale, per questo io sono ben felice che si sia deciso finalmente di inviare una task force ad hoc. Si tratta di un problema veramente vasto e quando dico che molti ne sono a conoscenza ma fanno finta di non vedere, mi

riferisco soprattutto alle regioni vicine che non fanno niente per cambiare le cose. Troppi interessi forti, quindi, a parer di Koutouzis. Troppi interessi che sono riusciti finora a mettere la sordina a un problema che c’è anche se non si vede. Non si vede perché, evidentemente, è molto ben organizzato. D’altronde, afferma il criminologo nel suo libro “chi dice caos non dice necessariamente assenza di autorità. La Camorra e la Ndrangheta italiane hanno trovato degli interlocutori per riuscire a liberarsi annualmente dei rifiuti sulle coste somaliane, sudanesi ed eritree davanti agli occhi dormienti di un numero incalcolabile di navi da guerra il cui compito sarebbe proprio quello di controllare il trasporto di merci del Mar Rosso e del Golfo di Aden”.


L’ECUADOR DÀ ASILO POLITICO A JULIAN ASSANGE Il fondatore di Wikileaks, soggiorna da martedì 19 giugno, nella sede diplomatica di Quito a Londra per evitare l’estradizione in Svezia, ha detto di essere pronto a vivere in Ecuador, Paese che ha mostrato “un certo sostegno” alla sua richiesta di asilo politico Juliane Assange, rifugiatosi nell’ambasciata di Quito a Londra per evitare l’estradizione in Svezia, ha detto di essere pronto a vivere in Ecuador, aggiungendo che il Paese sudamericano ha dimostrato “un certo sostegno” alla sua richiesta di asilo politico. L’ex hacker ha invece puntato il dito contro la sua patria d’origine, l’Australia, accusandola di averlo abbandonato. “Il popolo ecuadoregno ha mostrato sostegno (alla mia causa). Ho sentito che l’ambasciatore dell’Ecuador in Australia ha fatto dei commenti favorevoli. Alla lunga saranno solidali”, ha detto in un’intervista alla radio australiana, la prima da quando si è barricato nella sede diplomatica. Quanto al governo di Canberra, invece, il suo comportamento è stato “una vera e propria dichiarazione d’abbandono”. “Spero che ciò che sto facendo attirerà l’attenzione sulle questioni nascoste sotto questa vicenda”. Il presidente dell’Ecuador, Rafael Correa, ha fatto sapere che la sua Amministrazione si prenderà “tutto il tempo necessario” ad analizzare il caso del fondatore di Wikileaks. “Stiamo analizzando le motivazioni dell’asilo politico e prenderemo una decisione al momento opportuno”. L’Ecuador, ha aggiunto in un’intervista a Bbc Mundo, “difende il diritto alla vita e occorre verificare se esista un pericolo di morte. Non potremmo mai consentire che una persona che ha chiesto asilo politico vada incontro ad una condanna a morte, specie per crimini politici”, ha aggiunto il leader sudamericano, riferendosi alla possibilità che, dalla Svezia, l’ex hacker australiano sia poi estradato negli Usa.

AVATAR PROJECT DARPA INVESTE 7.000.000 DI DOLLARI Nel budget 2013 della statunitense DARPA risulterebbero previsti circa 7 milioni di dollari destinati allo sviluppo delle prime fasi del così detto “Avatar project”. Il progetto in questione, il cui nome richiama in modo inequivocabile il noto recente film di grande successo in tutto il mondo, ha lo scopo di arrivare a sviluppare idonee interfacce fisiche ed algoritmi matematici-informatici atti a consentire ad un operatore/soldato di instaurare un rapporto uomo-avatar con un sistema robotico di fattezze umanoidi. Nelle attuali dichiarazioni si parla, in modo molto più generico, di sistemi robotici bipedi, in funzione della tecnologia attualmente disponibile e di quella in fase di sviluppo comunque, il passaggio da macchina definita semplicemente come bipede, a macchina di fattezze umanoidi è minimo.Indiscrezioni riporterebbero che il sistema di controllo potrebbe essere di tipo “braincontrol” ovvero un controllo diretto del robot da parte dell’operatore che non dovrebbe far altro che “pensare” una data istruzione.

CASSIDIAN CONTRO LA MODERNA PIRATERIA Cassidian, la divisione difesa e sicurezza di EADS, sta al momento sviluppando un nuovo sistema di rilevamento e tracciamento armi a guida laser da imbarcare su unitá navali della flotta canadese. Il sistema elettronico in argomento, che inizierá le fasi di test sul campo a partire da luglio 2012, consentirá dunque, alle unitá navali su cui sará imbarcato, di rilevare specie nelle fasi di pattugliamento costiero ad esempio, eventuali tracce laser emesse da armi e strumenti di vario genere in mano a elementi ostili operanti nell’ambito degli attuali conflitti asimmetrici. I puntatori laser di missili spalleggiabili, ad esempio, attualmente largamente usati dai moderni “pirati”, saranno così rilevabili e triangolabili e dunque potranno essere fatti oggetto di fuoco di interdizione atto ad eliminare le minacce rilevate. Il sistema, che prende la denominazione di LOCATES (Laser Optical Countermeasures and Surveillance Against Threat Environment Scenarios), oltre a rilevare le tracce laser di puntatori per sistemi d’arma missilistici, potrá altresì rilevare i laser di telemetri, designatori laser nonchè altri sistemi che sfruttino il laser come “core”.L’esigenza di un tale sistema è stata sentita dalla Marina canadese, e presumibilmente troverá seguito anche nelle altre marinerie occidentali, in quanto il contesto operativo attuale caratterizzante le moderne operazioni navali militari, spesso vede impegnate le unità in pattugliamenti sotto costa dove, forze irregolari, sempre più equipaggiate, sono solite bersagliarle. Sebbene il fuoco in questione risulti scoordinato ed impreciso, poichè fortemente imprevedibile può risultare alle volte efficace e dunque dannoso.

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EGITTO, IL NEO PRESIDENTE MORSI: “RELAZIONI CON L’IRAN PER UN NUOVO EQUILIBRIO STRATEGICO NELLA REGIONE” ...SALE LA PREOCCUPAZIONE DI ISRAELE Il nuovo presidente egiziano, l’islamista Mohammed Morsi, è favorevole ad una ripresa delle relazioni fra Iran ed Egitto, interrotte da trent’anni, per creare un nuovo “equilibrio strategico” nella regione: è quanto riporta l’agenzia di stampa iraniana, la Farsi. La ripresa e il rafforzamento delle relazioni bilaterali “creerà un nuovo equilibrio strategico regionale e fa parte del mio programma”, ha spiegato Morsi in un’intervista rilasciata a Parigi poche ore prima della sua vittoria. L’Iran ha accolto con soddisfazione la vittoria di Morsi, il primo Presidente democraticamente eletto del Paese; Teheran aveva rotto le relazioni diplomatiche con il Cairo nel 1980, per protestare contro il trattato di pace firmato fra Egitto ed Israele. SUBITO CONTRO LA GIUNTA MILITARE: NON A RIDUZIONE DEL POTERE DEL PRESIDENTE Il neo eletto presidente contro la recente decisione del consiglio militare di ridurre i poteri del presidente: “Respingo la decisione del consiglio militare di restringere l’autorità del presidente. Non hanno il diritto di decidere su questo’’, ha detto Morsi in un’intervista alla Fars. Riferendosi alle misure prese dal Consiglio militare per annullare di fatto le elezioni parlamentari, sintetizza l’agenzia iraniana, Morsi ha detto “che in effetti puntavano a me perché i generali avevano capito che ero molto vicino alla presidenza. Volevano acquisire potere a loro vantaggio’’.“Avevano nel mirino il candidato islamico’’, ha insistito riferendosi a se stesso. STAMPA ISRAELIANA PREOCCUPATA. E’ una preoccupazione unanime quella che esprimono i quotidiani israeliani per la vittoria di Mohamed Morsi, candidato dei Fratelli musulmani, alle elezioni presidenziali in Egitto. “Tenebre in Egitto”, titola lo Yediot Aharonot, principale quotidiano popolare, alludendo ad una delle dieci piaghe riportate nella Bibbia. “Israele è preoccupato dall’arrivo al potere dell’islam estremista in Egitto”, anche se Morsi ha promesso di rispettare gli impegni internazionali dell’Egitto, rileva il giornale. “Pericolosa vittoria”, insiste l’editorialista Semadar Perry ricordando che Morsi ha già guidato un comitato per “la guerra contro l’impresa sionista” e che Hamas fa parte dei Fratelli musulmani. “Israele deve essere pronto a tutte le eventualità”, mette in guardia Alex Fishman, evocando una possibile revisione degli accordi di pace e degli impegni economici. “La paura è diventata realtà: i Fratelli musulmani sono al potere in Egitto”, titola Maariv, quotidiano di centro-destra, aggiungendo: “Il trattato di pace è a rischio”. Yaacov Katz, esperto di affari militari del Jerusalem Post, afferma che “niente cambierà a breve nelle relazioni con l’Egitto, poiché Morsi deve affrontare sfide più pressanti di una guerra con lo Stato ebraico”. Ma l’arrivo al potere dei Fratelli musulmani “avrà una influenza sulla crescente minaccia terrorista nel Sinai”.

LA GERMANIA SCOPRE I LIMITI DEL “WILKOMMENSKULTUR” TEDESCA (LA CULTURA DEL BENVENUTO) E SI SCONTRA CON ESSI. Il Ministro degli Interni tedesco, Hans-Peter Friedrich (CSU), ha ordinato la perquisizione di 71 tra luoghi di culto, abitazioni e centri islamici legati al movimento radicale dei salafiti. E, per la prima volta in Germania, ha messo al bando un gruppo islamico: il Millatu Ibrahim. In valutazione per lo stesso procedimento anche altri due gruppi salafiti: Dawa FFM e Die Wahre Religion.Il tutto è cominciato con un’azione senza precedenti alle prime luci dell’alba del 14 giugno, in cui un migliaio di poliziotti, suddivisi in sette Lander compresi tra Amburgo, Schleswig-Holstein, Bassa Sassonia, Berlino, Baviera, e soprattutto in Assia e Nord Reno-Westfalia, le regioni in cui le tensioni sociali appaiono più preoccupanti, hanno sequestrato una quantità ingente di materiale probatorio, video, computer portatili, telefoni cellulari, che nei prossimi giorni sarà passato al vaglio degli investigatori.Un unico arresto è stato effettuato ai danni di un cittadino britannico, inseguito da un mandato di cattura internazionale.Una segnalazione verso il movimento salafita era giunta dai servizi segreti tedeschi, in quanto il movimento è ritenuto il gruppo più pericoloso tra quelli presenti sul suolo germanico. Il movimento salafita ed i suoi adepti si professano apertamente “contro l’ordine costituzionale e contro i principi di comprensione tra le culture”, facendo così vacillare la comprensione della Wilkommenskultur” tedesca.Il Ministro degli interni tedesco ha dichiarato di volersi muovere non solo per vie legali, ma anche tramite un’azione politica nazionale, per cercare di isolare i gruppi estremisti da tutte le altre organizzazioni musulmane tedesche.In risposta alle dichiarazioni ministeriali, l’associazione delle comunità turche in Germania (TGD) ha immediatamente fornito il suo appoggio al governo tedesco, ma ha allo stesso tempo richiesto maggiore prevenzione nella quotidianità sociale per evitare che i giovani musulmani arrivino alle organizzazioni estremiste come quelle mese sotto inchiesta oggi.


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MOSCA È PRONTA DI THIERRY MEYSSAN

ALLA

GUERRA MONDIALE


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La crisi siriana ha cambiato natura. Il processo di destabilizzazione che avrebbe dovuto spianare la strada ad una legittima azione militare dell’Alleanza Atlantica è fallito. Togliendosi la maschera, gli Stati Uniti hanno pubblicamente indicato la possibilità di attaccare la Siria senza l’approvazione del Consiglio di Sicurezza, come hanno fatto in Kosovo, facendo finta d’ignorare che la Russia di Vladimir Putin non è quella di Boris Eltsin. Dopo essersi assicurato il sostegno cinese, Mosca ha sparato due colpi di avvertimento in direzione di Washington. La continuazione delle violazioni del diritto internazionale da parte della NATO e del GCC, può ora aprire un conflitto mondiale. Il presidente Vladimir Putin ha messo il suo terzo mandato sotto il segno della sovranità del suo paese contro le minacce lanciate direttamente contro la Federazione Russa dagli Stati Uniti e dalla NATO. Mosca ha ripetutamente condannato l’espansione della NATO, le basi militari sulle sue frontiere e lo schieramento della difesa antimissile, la distruzione della Libia e la destabilizzazione della Siria. Nei giorni successivi alla sua investitura, Putin ha passato in rivista l’industria militare russa, le sue forze armate e il suo sistema di alleanze . Ha continuato questa mobilitazione con la scelta di fare della Siria la linea rossa da non oltrepassare. Per lui, l’invasione della Libia da parte della NATO è paragonabile a quella della Cecoslovacchia da parte del Terzo Reich, e quello della Siria, se ciò dovesse accadere, sarebbe paragonabile a quella della Polonia che scatenò la seconda guerra mondiale. Qualsiasi interpretazione di quanto sta accadendo nel Levante, in termini di rivoluzione/repressione interna siriana, non è solo falsa, ma impallidisce di fronte ai problemi reali e svela una mera comunicazione politica. La crisi siriana è soprattutto un palcoscenico del “rimodellamento del grande Medio Oriente”, un altro tentativo di distruggere l’”Asse della Resistenza”, e la prima guerra della

“geopolitica del gas” . La posta in gioco oggi in Siria, non è se Bashar al-Assad riesca a democratizzare le istituzioni da lui ereditate o se le monarchie del Golfo wahhabite riescano a distruggere l’ultimo regime laico nella regione e a imporre il loro bigottismo; ma quali frontiere separeranno i nuovi blocchi, la NATO (Organizzazione del Trattato Nord Atlantico) e la SCO (Shanghai Cooperation Organization) Alcuni dei nostri lettori probabilmente hanno sussultato alla lettura della frase precedente. Infatti, da mesi, i media occidentali

armata ha aumentato le sue azioni non solo contro le forze di sicurezza, ma contro i civili e tutti i simboli multi-culturali e multi-confessionali. Hanno ucciso sunniti progressisti, poi hanno ucciso a caso alawiti e cristiani per forzare le loro famiglie a fuggire. Hanno bruciato più di 1500 scuole e chiese. Hanno proclamato l’effimero Emirato islamico indipendente di Bab Amr, dove hanno stabilito un tribunale rivoluzionario che ha condannato a morte più di 150 miscredenti, macellati uno per uno dal loro boia. E questo non è lo spettacolo pietoso di alcuni politici disonesti riunitisi nel

e del Golfo martellano tutti i giorni sul fatto che il presidente Assad rappresenta una dittatura settaria a favore della minoranza alawita, mentre la sua opposizione armata incarna la democrazia pluralista. Uno sguardo sugli eventi è sufficiente per screditare questo travisamento. Bachar al-Assad ha indetto in successione le elezioni comunali, un referendum e le elezioni parlamentari. Tutti gli osservatori concordano sul fatto che le elezioni si sono svolte in modo sincero. La partecipazione popolare ha raggiunto oltre il 60%, anche se gli occidentali l’hanno descritta come una “farsa”, e l’opposizione armata che sostengono ha impedito ai cittadini di andare alle urne nei quattro distretti sotto il loro controllo. Nel frattempo, l’opposizione

Consiglio nazionale siriano in esilio, mostrando un progetto democratico di facciata estraneo alla realtà sul terreno dei crimini dell’esercito libero “siriano”, che da molto tempo nascondeva la verità. Inoltre, chi può credere che il regime laico siriano, di cui l’esemplarità era celebre non molto tempo fa, sarebbe diventato una dittatura religiosa, mentre l’esercito libero “siriano”, supportato dalle dittature wahhabite del Golfo e prono alle ingiunzioni dei predicatori takfiriti, sarebbe divenuto un esempio di pluralismo democratico? L’evocazione da parte dei funzionari degli Stati Uniti di un possibile intervento internazionale al di fuori del mandato delle Nazioni Unite, il modo con cui la NATO aveva smembrato la Jugoslavia, ha provocato rabbia TNM ••• 21


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e preoccupazione a Mosca. La Federazione Russa, che finora era in una posizione difensiva, ha deciso di prendere l’iniziativa. Questo cambiamento strategico è causato dall’urgenza della prospettiva russa, e dall’evoluzione favorevole sul terreno in Siria . Mosca ha proposto di istituire un Gruppo di contatto sulla Siria per riunire tutti gli Stati interessati, vale a dire gli Stati vicini, le potenze regionali e internazionali. Si tratta di sostituire con un forum per il dialogo l’attuale dispositivo belligerante creato dagli occidentali con il termine orwelliano di “Conferenza degli Amici della Siria”. La Russia continua a sostenere il Piano Annan, che in realtà è solo il recupero appena modificato del piano presentato da Sergej Lavrov alla Lega Araba. Si rammarica del fatto che questo piano non sia applicato, ma respinge la colpa sulle fazioni dell’opposizione che hanno preso le armi. Secondo A. K. Lukashevich, portavoce del ministero degli esteri, l’esercito libero “siriano” è un’organizzazione illegale secondo il diritto internazionale. Anche se assassina ogni giorno dai 20 ai 30 soldati siriani, è pubblicamente sostenuto dagli Stati della NATO e del GCC, in violazione del Piano Annan . Passando come fautore della pace di fronte a una NATO guerrafondaia, Vladimir Putin ha chiesto alla CSTO di preparare lo schieramento dei “colbacchi blu” in Siria, sia per separare i belligeranti siriani che per combattere le forze straniere. Nikolaj Bordjuzha, segretario generale della CSTO, ha confermato che dispone di 20.000 uomini addestrati per questo tipo di missione e sono immediatamente disponibili. Questa sarebbe la prima volta che il CSTO dispiegherebbe una forza di pace al di fuori dello spazio ex sovietico. Punto sul vivo, il segretario generale dell’ONU Ban Ki-moon ha cercato di sabotare questa iniziativa offrendosi improvvisamente di organizzare lui stesso un gruppo di contatto. TNM ••• 22

Alla riunione a Washington del gruppo di lavoro sulle sanzioni della Conferenza degli Amici della Siria, la segretaria di stato degli USA Hillary Clinton ha ignorato la proposta russa e ha inasprito il sostegno al cambiamento di regime. In Turchia, i parlamentari dell’opposizione hanno visitato i campi dei profughi siriani. Non hanno trovato più di mille rifugiati registrati dalle Nazioni Unite nel campo principale, ma al contrario, la presenza di un arsenale nel campo. Hanno poi interrogato all’Assemblea il primo ministro Recep Tayyip Erdogan chiedendogli di rivelare la quantità di aiuti umanitari accordati ai fantomatici rifugiati. I deputati ritengono che il campo profughi sia una copertura per una operazione militare segreta. Ospita in realtà dei combattenti, per lo più libici, che lo usano come base arretrata. I deputati hanno suggerito che questi combattenti sono coloro che hanno fatto irruzione nella zona, quando il massacro di Hula ha avuto luogo. Queste informazioni confermano le accuse dell’ambasciatore russo al Consiglio di Sicurezza, Vitalij Churkin, secondo cui il rappresentante speciale di Ban Ki-moon in Libia, Ian Martin, ha utilizzato i mezzi delle Nazioni Unite destinati ai rifugiati, per inviare in Turchia i combattenti di al-Qaida. In Arabia Saudita, la frattura tra re Abdullah e il clan Sudeiri si è di nuovo manifestata. Su invito di Abdullah I, il Consiglio degli Ulema ha emesso una fatwa dichiarando che la Siria non è terra di jihad. Ma al tempo stesso, il principe Faisal, ministro degli esteri, ha chiesto di armare l’opposizione contro l’”usurpatore alawita”. Mentre Ban Ki-moon e Navi Pillay, rispettivamente segretario generale e alto commissario per i diritti umani, indirizzavano la loro requisitoria contro la Siria davanti l’Assemblea generale dell’ONU, Mosca ha lanciato due missili balistici intercontinentali. Il colonnello Vadim Koval, portavoce della RSVN, ha ammesso il test di lancio di un Topol, lanciato da

un silo nei pressi del Mar Caspio, ma non ha confermato quello del Bulava lanciato da un sottomarino nel Mediterraneo. Tuttavia, il lancio è stato osservato in tutto il Medio Oriente, da Israele all’Armenia, e non ci sono altre armi note che potrebbe lasciare simili tracce nel cielo. Il messaggio è chiaro: Mosca è pronta alla guerra mondiale se la NATO e il GCC non ottempereranno agli obblighi internazionali, come definito dal Piano Annan, e continuano ad alimentare il terrorismo. Secondo quanto riferito, questo colpo di avvertimento è stato coordinato con le autorità siriane. Mosca sollecitava Damasco a liquidare l’Emirato islamico di Bab Amr, subito dopo che la leadership del presidente al-Assad era stata confermata dal referendum costituzionale, e incoraggiato il Presidente a liquidare i gruppi dei mercenari nel paese non appena il nuovo Parlamento e il nuovo Primo ministro saranno insediati. È stato dato l’ordine di passare da un atteggiamento difensivo ad un’azione offensiva per proteggere il popolo dal terrorismo. L’esercito nazionale ha pertanto avviato l’attacco contro i bastioni dell’esercito libero “siriano”. La lotta nei prossimi giorni sarà difficile, soprattutto perché i mercenari hanno mortai, missili anticarro e ora missili terraaria. Per abbassare la tensione, la Francia ha immediatamente accettato la proposta russa per la partecipazione ad un gruppo di contatto ad hoc. Washington ha inviato d’urgenza Frederic C. Hof a Mosca. Contraddicendo le dichiarazioni fatte ieri dalla segretaria di stato Hillary Clinton, il signor Hof ha a sua volta accettato l’invito russo. Non c’è tempo per lamentarsi dell’estensione dei combattimenti in Libano, né di sproloquiare su una possibile regionalizzazione del conflitto. Dopo che per 16 mesi hanno destabilizzato la Siria, la NATO e il GCC hanno creato una situazione di stallo che ora può degenerare in una guerra mondiale. Fonte: www.voltairenet.org


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VOX POPULI VOX DEI VOX POPULI VOX DEI VOX POPULI VOX DEI

Occhio DI IVAN COSENTINO

ai giostrai… e anche ai millantatori Spettabile redazione, sono un assiduo lettore della vostra bellissima rivista. Nel numero di aprile/maggio di quest’anno ho letto un articolo scritto da un lettore di TNM intitolato: “Attenti ai giostrai”. Il testo mi ha particolarmente colpito, al punto tale da volerne fare una specie di integrazione che spero, il Direttore Editoriale Mirko Gargiulo, vorrà pubblicare. Premetto che chi scrive è un ex appartenente a un “corpo d’elitè” delle FF.OO. italiane, il quale attualmente svolge servizio ordinario in un reparto di più basso profilo, ma pur sempre in prima linea contro il crimine. Di conseguenza credo di poter esprimere umilmente la mia opinione a proposito della proliferazione di scuole e accademie private finalizzate all’addestramento degli operatori della sicurezza (dove per operatori intendo tutti coloro che, a vario titolo, hanno a che fare con questo variegato, ma affascinante mondo: FF.OO., FF.AA., Polizie Locali, G.p.G., ecc.) e dei privati cittadini foto Matt Cioffi detentori di porto d’armi o possessori di armi per difesa abitativa. La prima considerazione è che in molti paesi occidentali, primo fra tutti gli Stati Uniti, il “privato” è visto con un “occhio” diverso rispetto la cultura in Italia. Mi spiego meglio: oramai da tempo il settore privato è considerato alla stessa stregua, se non anche meglio, di quello pubblico, sia in termini di efficienza, sia per quanto concerne professionalità e aggiornamento delle tecniche proposte. TNM ••• 24

Infatti, i governi si rivolgono con maggiore frequenza alle “agenzie private” (vedi tutta la questione “contractors”) per risolvere i problemi riguardanti la sicurezza. Vi dirò di più, i vari corpi armati governativi, senza particolari problemi di etica, ingaggiano “privati” ai fini dell’addestramento dei militari e/o dei poliziotti. Nel nostro paese un fatto simile è ancora considerato un’eresia. Negli U.S.A. si possono permettere una tale pratica poiché sanno senza dubbio a quale accademia rivolgersi nel caso abbiano bisogno di consigli riguardo la sicurezza, anche perché c’è una antica tradizione in tal senso. Lo stesso non può dirsi per l’Italia, dove vuoi per un diverso retaggio culturale in materia, vuoi per semplice ignoranza, anche chi dovrebbe “capirne” di certe questioni, brancola nel buio! L’idea dominante di molti politici nostrani, condivisa anche da alcuni funzionari, è che persone bene addestrate equivalgono a più “Rambo” per strada dal “grilletto facile” e quindi maggiori problemi da gestire “diplomaticamente/ politicamente”; questi signori non hanno capito, tuttavia, che meno si è addestrati e più si tende a fare un uso sproporzionato della forza, con tutti i problemi che ne conseguono. Un esempio per tutti: se la famosa liberazione del generale americano Dozier fosse stata eseguita da personale ordinario sarebbe certamente finita con uno spargimento di sangue da entrambe le parti, mentre il N.O.C.S. della Polizia di Stato, addestrato


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a dovere, ha liberato l’ostaggio senza sparare neanche un colpo e arrestando tutti i terroristi delle Brigate Rosse. Da qualche anno a questa parte anche da noi si sta muovendo qualcosa, e sempre più enti pubblici, in primis le polizie locali e provinciali, ma anche alcune forze statali, si stanno orientando verso l’alternativa “privata” per addestrare i propri uomini. Purtroppo per problemi di “mentalità”, di organizzazione logistica, nonché per fattori economici, nel nostro Paese ci si esercita poco e male e le pubbliche amministrazioni del comparto sicurezza, nonostante i buoni propositi, non riescono a far fronte alle esigenze del settore. Il risultato è: operatori e civili armati con un bagaglio addestrativo prossimo allo zero, che significa persone con un’arma senza capacità di gestione dell’arma stessa. Un vero pericolo per tutti! Allora ben vengano anche in Italia le scuole e le accademie private. Sarebbe auspicabile che il Governo si rivolgesse a loro per sopperire alle carenze di sicurezza e di addestramento, se così si facesse i costi per i contribuenti sarebbero bassi e il personale più preparato! Detto ciò, dobbiamo fermarci un attimo e riallacciarci all’articolo da cui siamo partiti. Il problema vero in Italia e che stiamo vivendo un momento storico nel quale c’è una grande richiesta di “sicurezza”, sia da parte dei privati cittadini, i quali vogliono difendersi legittimamente da una criminalità sempre più agguerrita, sia da parte di operatori del settore che desiderano aumentare le proprie conoscenze tecniche per tutelarsi meglio e di conseguenza difendere meglio. In più c’è una richiesta di preparazione aggiuntiva da parte di militari impegnati in mille tipologie di servizi che prima non facevano e, in ultima analisi, vi sono persone che cercano qualifiche inerenti a questo mondo ai fini di un posto di lavoro, sempre più difficile da trovare. Perché non dirlo: è anche un po’ scoppiata la moda dell’ “operatività”, è una cosa che affascina e molti ci si tuffano a capofitto. Ed ecco che, alla luce di tutto ciò, il “mercato” della sicurezza prolifera, perché ovviamente si sente “odore di business”. Intendiamoci, la libera imprenditoria va incentivata giacché aiuta l’economia a “girare”, ma il “cliente” non deve essere preso in giro! Ben vengano anche cento, mille accademie, o innumerevoli negozi di armi, buffetterie e materiali tattici, a condizione che propongano dei “prodotti” veri, concreti, senza vendere fumo! Attenzione dunque agli operatori che millantano fantomatiche esperienze in Italia o all’estero, oppure a chi afferma di aver militato nei più improbabili scenari operativi e di aver fatto parte dei reparti speciali. Spesso si tratta di fanfaroni o semplici mitomani, persone che la mattina aprono la saracinesca del negozio della profumeria della moglie e stanno alla cassa, il pomeriggio vanno al poligono a fare gli istruttori di tiro (magari sono anche dei tiratori eccezionali che fanno “numeri da circo” con la pistola) e la domenica si vanno a lanciare col paracadute al locale aereo club. Nulla di illegale o di immorale, per carità. Ognuno è libero

di fare ciò che vuole, soprattutto finché si insegna a qualcuno a sparare per vincere una gara di tiro sportivo, diversamente le cose cambiano se gli stessi soggetti pretendono di insegnare a un vigile urbano come sopravvivere in un conflitto a fuoco o a uscire indenne da un’aggressione con un bastone, ad esempio, o a uno sfortunato gioielliere a proteggersi da un attacco armato e via dicendo. Sempre più spesso chi insegna nelle scuole d’addestramento private, nonché in molti poligoni appartiene a questa categoria che un famoso istruttore definiva “gli istruttori della tazza”, vale a dire coloro che hanno appreso le tattiche e le tecniche sfogliando le riviste di settore seduti sulla tazza… del gabinetto (con rispetto parlando) senza aver fatto neanche lontanamente un’ora di reale servizio o aver mai visto in faccia un criminale; non hanno la più pallida idea di come ci si sente quando la tua vita è messa in pericolo. A questo punto la domanda sorge spontanea: ci sono in Italia accademie serie, con istruttori provenienti da reali esperienze operative, nonché capacità didattiche concrete e accertate, che “sanno fare e sanno far fare”? La risposta è sicuramente si, e non è neanche molto difficile scoprirle, basta prendere le dovute informazioni rivolgendosi a veri operatori di vostra fiducia e leggendo bene le proposte: ognuno potrà trovare quello che realmente cerca. Diffidate da quelli che ostentano improbabili curriculum e poi per professione vendono giocattoli (con rispetto parlando per i giocattolai, degno e utile mestiere), diffidate anche da chi afferma di possedere la “ricetta” definitiva per tutti i mali sparlando di tutto e tutti, l’invidia è una brutta bestia! Un’ultima considerazione per il collega, autore di quell’articolo. È ovvio che addestrare dei civili alla “liberazione ostaggi” è certamente eccessivo, ma ognuno è libero di gettare i suoi soldi dove meglio crede (le scuole private nascono per scopo di lucro e non per una missione etico-morale, pertanto come biasimarle se vendono anche ai civili questo tipo di prodotto), mi sembra al pari anche eccessivo per gli operatori della sicurezza che non operano in determinati reparti, in questo caso però ci può anche stare a fini di “cultura generale”. Quello che posso sicuramente condividere (e qui dissento da lui) è mettere insieme, ad esempio, dei tiratori con diverse finalità di utilizzo dell’arma (difesa personale, sevizio di polizia o militare, difesa abitativa, ecc.). Credetemi che trovarsi di fronte un uomo armato è quasi la stessa cosa per tutti: si lo stress da combattimento, devo levarmi dalla sua linea di tiro e cercare velocemente un riparo, ma nel contempo devo rispondere al fuoco spostandomi e anche essere preciso e rapido, sperando che la mia arma funzioni a dovere (il tutto in media dura circa tre secondi e poi si contano i morti e i feriti)! Se riesco a fare tutto questo efficacemente, forse ho possibilità di sopravvivere! La differenza tra un gioielliere o un’aggredito in casa e un poliziotto è minima! Spero di non essere sembrato polemico, non ho fatto riferimenti TNM ••• 25


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espliciti a nessuno tanto meno ho pubblicizzato qualcuno, si è trattato solo dell’opinione personale di uno che ha un po’ di esperienza in materia, confutabile in qualsiasi momento: “chi ha orecchie per intendere, intenda”. Un saluto a tutti e state attenti la fuori! “per andare a vedere le recite di Beppe Grillo, io che sono un ex …, mi sono dovuto mettere la barba finta e la parrucca, perché sicuramente c’erano i Carabinieri che facevano le foto a chi andava ad ascoltarlo…”. Ma vi pare che i Carabinieri abbiano il tempo, l’interesse e la voglia di mettersi a fotografare piazze o platee di spettatori di Beppe Grillo? Neanche fossimo in Cina o nell’ex Unione Sovietica!!!. Con questo mi sembra di poter ben delineare di che livello di esperienza stiamo parlando e dove non ci si deve orientare per una formazione seria e professionale. Chiudo dicendo che per contro, alla fine, dopo ricerche disperate ed ingenti spese inutili, proprio grazie a TNM, e di questo ve ne sarò grato per tutta la vita, ho trovato una scuola professionale, di professionisti veri, con docenti di alto livello, infatti alcuni di loro scrivono sulla vostra che io definisco: “Moderna Opera d’Arte”. Detto questo non mi vergogno a espormi a segnalare una realtà operante nell’ambito della sicurezza e della formazione

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professionale presente nel nord Italia, in Lombardia. Una realtà pura, operativa e vera, senza tanti fronzoli coreografici, ma con tanta sostanza giunta a livelli davvero elevati perché chi ne fa parte la stima se l’è guadagnata sul campo e non ne fa segreto. L’esperienza degli istruttori non è trattenuta gelosamente, ma viene trasmessa con generosa professionalità agli allievi. Li ho certamente incontrato immediato riscontro nella realtà operativa, e ho incontrato professionisti che preparano professionisti e che sanno anche insegnare a chi ancora conoscitore non è, ma che lo vuole diventare, responsabilmente e con la consapevolezza delle proprie capacità. Ne ho avuta addirittura una doppia “prova del nove” quando personalmente, in una situazione operativa (che sono costretto a celare per ragioni di segreto professionale), ho attuato gli insegnamenti e le conseguenze sono state assolutamente positive. Conferme che parlano da se. Quindi, esistono delle realtà positive anche nella nostra bella Italia, che vanno seriamente considerate perché di elevato livello e soprattutto perché serie e libere come lo siete Voi di TNM. P.S. ovviamente tutto quanto descritto è documentabile!!!

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DI PAOLO PALUMBO

I FANTASMI DI STIRLING IL SAS BRITANNICO E L’ANTITERRORISMO SECONDA PARTE

Londra, 5 maggio 1980, era una giornata come le altre per gli uomini di affari che camminavano con passo affrettato per le strade della City; un giorno uguale anche per molti commercianti i quali avevano, di buon ora, aperto i loro “shop” di souvenir, pronti ad accogliere orde di turisti giunti a visitare la capitale inglese. Questa percezione di collaudata routine non passava certo per la testa di John McAleese, caporale del 22° SAS il quale, da alcuni giorni, sostava a Princess Gate davanti all’ambasciata iraniana, in attesa di un qualsiasi ordine. A dire il vero tutta la stampa e i network internazionali avevano gli occhi puntati su quella strada dove, da ormai cinque interminabili giornate, alcuni terroristi iraniani avevano preso in ostaggio 26 persone. Il governo inglese, guidato dalla “Lady di ferro” Margaret Thatcher, non aveva mai smesso di trattare con gli estremisti i quali chiedevano il rilascio di alcuni prigionieri nella lontana provincia del Khuzestan (Iran). Dopo cinque giorni di estenuante dialogo e forte tensione, i mediatori della polizia erano arrivati a un punto morto in cui le parole non servivano più a nulla. Il primo ministro britannico non poteva indugiare oltre e, senza esitazione, acconsentì l’incursione delle sue amate forze speciali. John McAleese era uno di questi eletti, appartenete a uno dei corpi di élite più preparati al mondo, e ora lui stesso doveva dimostrare di cosa era capace. L’azione del 5 maggio è nota a tutti,

sarebbe quindi inutile descriverne ogni singolo momento, ciò nondimeno per i membri del “Reggimento” si trattò di una giornata storica: dopo anni di operazioni segrete, ora si trovavano sotto gli occhi del mondo intero. Centinaia di giornalisti e cameraman stavano puntando i loro obiettivi sulle bianche pareti dell’edificio, dove si muovevano, in perfetta sincronia, uomini vestiti di nero armati di tutto punto. Come in un appassionato incontro di boxe, gli speaker dei telegiornali commentavano i concitati momenti del duello tra i buoni del SAS e i cattivi iraniani. Abbiamo visto il modo in cui il SAS operasse in Irlanda

del nord contro l’IRA, una tipologia di terrorismo del tutto differente dall’estremismo islamico che stava colpendo gl’interessi occidentali in diverse parti del globo. Le azioni tipo condotte dagli irlandesi erano state codificate; il soldato dell’IRA, sebbene mosso da convinzioni religiose e politiche non inferiori a quelle dei musulmani, agiva in modo più prevedibile, meno fanatico. Il terrorismo islamico aveva dimostrato tutta la sua brutalità in occasione delle Olimpiadi di Monaco nel 1976; quello fu solo l’inizio di una lunga escalation di attentati e rapimenti a danno di tutto il mondo occidentale.

Mimetizzarsi con l’ambiente circostante e assumere le sembianze del nemico è una delle regole fondamentali di sopravvivenza per gli uomini del SAS: tecniche imparate durante le campagne in Malesia, Oman e Irlanda del Nord

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L’esaltazione per la Jihad (Guerra Santa) e una forte determinazione erano le peculiarità che delineavano gli estremisti islamici i quali erano resi ancora più forti e pericolosi dalla frammentazione delle loro “cellule” operative. La struttura dell’IRA era militare, seguiva quindi una logica piramidale; quella dei gruppi Jihadisti somigliava ad una ragnatela, dove ogni filo rappresentava un collegamento, ogni intersezione un ruolo ben definito,

modo improvviso e violento. Osama bin Laden, l’uomo che durante la guerra fredda era stato adulato e sovvenzionato dalla CIA in funzione antisovietica, comandava una delle organizzazioni più estese e temibili di tutto l’estremismo islamico: Al Qaeda (La Base). Tramite un video trasmesso dall’emittente araba Al Jazeera, lo sceicco saudita rivendicò l’attentato alle Twin Towers ammonendo gli Stati Uniti e l’Occidente che quello sarebbe

Blair, sapeva che il suo destino era legato indissolubilmente allo storico alleato; l’intero comparto militare britannico fu, quindi, messo in stato di allerta, pronto a partire per il primo obiettivo individuato dall’Intelligence americana: l’Afghanistan. Nel mese di ottobre il presidente Bush intimò al governo talebano del Mullah Omar di consegnare Osama bin Laden alle autorità americane, nel caso contrario ne avrebbe pagato le conseguenze. I talebani che, ricordiamolo, non rappresentavano la volontà di tutto il popolo afghano, non ammettevano la prepotenza con la quale gli Stati Uniti imponevano la loro volontà. Il Mullah Omar era legato a bin Laden da un sentimento di personale amicizia oltre che da interessi economici non indifferenti: con questi presupposti, dunque, era inammissibile per il leader talebano cedere alle pressanti richieste americane. A migliaia di chilometri di distanza, in una stanzetta fumosa dell’aeroporto di Hereford, alcuni ufficiali del SAS discutevano della situazione; pochi giorni prima il comandante del “Reggimento” aveva portato lo standard di operatività degli squadroni ai massimi livelli di guardia. Gli alleati americani del CENTCOM Passano gli anni ma i metodi per muoversi nel deserto afghano o iracheno non sono molto dissimili (Central Command) avrebbero agito in da quelli usati da David Stirling. modo abbastanza prevedibile scatenando sull’Afghanistan una ma facilmente intercambiabile. stato solo l’inizio di un lungo periodo di campagna di bombardamenti aerei, Le autorità internazionali, che per terrore. Quel terribile giorno non per poi concentrarsi sull’offensiva prime fronteggiarono il problema del furono solo le Torri Gemelle a terrestre impiegando un “alto terrorismo jihadista, non disponevano sgretolarsi; a crollare fu, infatti, tutto il potenziale di fuoco”. L’esperienza ancora degli strumenti adatti a sistema di sicurezza mondiale fino a degli uomini del SAS, tuttavia, portava comprenderne il meccanismo e quel momento considerato l’unico a credere che questo metodo non per questo incorsero in numerosi modello difensivo capace di arginare sarebbe bastato e che, per sconfiggere fallimenti. L’esperienza accumulata gli attacchi di questi fanatici. Il le cellule di Al Qaeda, si doveva dagli uomini del SAS si rivelò, ancora presidente George W. Bush, a combattere una guerra “non una volta, la giusta chiave di lettura posteriori giudicato in parte convenzionale”. Inoltre gli inglesi per affrontare il problema; lo stesso responsabile per l’accaduto, in un conoscevano bene l’Afghanistan; la fronte irlandese – ripeto, lontano famoso discorso tenuto dinanzi lo regione del “Grande Gioco” era ben dalle problematiche messe in campo scheletro delle Torri promise ai presente nel DNA del Commonwealth! dagli islamici – fornì ai militari del poliziotti del NYPD, ai pompieri del Un terreno insidioso, aspro, pietroso Reggimento alcune nozioni che si FDNY, ma anche al mondo intero, che dove secoli addietro l’Impero dimostrarono utili, anni dopo, anche quell’azione non sarebbe rimasta britannico aveva lasciato numerosi nel centro di Baghdad. impunita e che, molto presto, i soldati e dove, negli anni Ottanta, si terroristi avrebbero udito il grido di era incagliata la possente macchina da LA GUERRA GLOBALE AL TERRORE: vendetta del popolo americano. guerra sovietica, schiacciata L’AFGHANISTAN Probabilmente furono quelle parole a dall’incontestabile valore dei dare inizio alla prima fase della guerra guerriglieri di Ahmad Shah Massoud, il Quanto accadde l’11 settembre 2001 a al terrore che trascinò le forze armate leone del Panjshir. Quando il New York cambiò il volto del mondo americane e buona parte della NATO, presidente americano diede il via intero: gli Stati Uniti, percepiti come il nella più grande operazione militare all’operazione “Enduring Freedom”, gli demonio dal fondamentalismo contro il terrorismo islamico. Il primo uomini dello A Squaron erano già da islamico, erano stati colpiti al cuore in ministro inglese, il laburista Tony alcuni mesi impegnati in un campo TNM ••• 30


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d’addestramento nell’Oman, mentre il G Squadron stazionava ad Hereford in attesa dell’ordine di partenza. Tra le priorità espresse da Downing Street vi era, nondimeno, quella di vigilare sulla sicurezza nazionale, ma per questo era già stato allarmato il team antiterrorismo e Scotland Yard. La partenza dell’A e G Squadron per il Pakistan, inaugurava l’operazione “Determine” la quale prescriveva che gli inglesi operassero insieme all’Alleanza del Nord e agli alleati, per scovare e annientare le basi di Al Qaeda in Afghanistan. Una volta giunti in Pakistan le forze speciali inglesi si trasferirono verso l’aeroporto di Bagram, a 40 km nord di Kabul: su i compound dell’istallazione vigilavano i Royal Marines e l’SBS. Non appena messo piede a terra gli uomini di Hereford si sistemarono in un hangar nel quale svolsero quelle che in gergo si chiamano SOPs (Standar Operating Procedures), vale a dire controllare, pulire, sistemare tutto il necessario per svolgere una missione; una pratica fondamentale per non farsi cogliere impreparati allorquando l’ordine sopraggiunga. E questo non ritardò ad arrivare! Tra i diversi aspetti tattici, l’operazione Enduring Freedom appurava la qualità dei rapporti tra i militari americani e quelli inglesi, in particolare in seno alle forze speciali. Era evidente che il comando americano delle SOF (Special Operation Forces) non era intenzionato a cooperare con il SAS per la cattura di bin Laden: era altresì palese che l’orgoglio nazionale americano frenasse ogni interferenza alleata nelle iniziative condotte per uccidere o imprigionare il terrorista saudita. Questa battaglia si consumava soprattutto a livello di intelligence e stati maggiori, tuttavia era frustrante, per gli uomini del SAS, essere destinati a operazioni secondarie o di scarsa importanza. Tra gli obiettivi considerati, a torto, marginali dal generale Tommy Franks, comandante del CENTCOM, vi erano i campi d’oppio, fonte principale dell’economia nazionale afgana: grazie ai semi di papavero i talebani e Al Qaeda garantivano i fondi necessari per le loro guerre. L’operazione “Trent”, nella quale furono coinvolti gli Squadron del SAS aveva come scopo la distruzione di un importante campo

Il peggior incubo per un soldato delle forze speciali è quello di dover affrontare il nemico con metodi convenzionali o su di un terreno completamente scoperto che non garantisce alcun riparo. Questa situazione in Iraq e in Afghanistan è all’ordine del giorno.

d’oppio sorvegliato da un non precisato numero di terroristi di Al Qaeda. Non appena gl’incartamenti del piano operativo giunsero sul tavolo del comandante del “Reggimento” qualcosa fece strabuzzare gli occhi ai presenti: secondo la tabella di marcia l’intera operazione si sarebbe svolta in pieno giorno, una cosa ampiamente contraria al modus operandi non solo del SAS, ma di tutte le forze speciali. Il SAS non poteva essere impiegato come un reparto di fanteria, predisposto per attacchi frontali alla luce del sole; per di più quasi tutti i movimenti erano allo scoperto e, viste

le caratteristiche del terreno, non era certo un vantaggio. Come potevano gli ufficiali del CENTCOM preordinare un’operazione di Special Forces standosene seduti a miglia di distanza in un’umida stanza di Tampa in Florida? Era dalla seconda guerra mondiale che il SAS non fronteggiava una battaglia simile: di giorno e su terreno aperto! L’unica notizia positiva era la garanzia di copertura aerea messa a disposizione dagli F-18 Hornet della US Navy. L’avvicinamento e l’infiltrazione doveva attuarsi tramite l’aviolancio di otto uomini secondo il metodo HALO (High Altitude Low TNM ••• 31


SPECIAL OPERATIONS SPECIAL OPERATIONS SPECIAL OPERATI L’utilizzo di una forza speciale come il SAS ha permesso allo stato maggiore dell’esercito britannico di operare in zone impervie e in ambienti ostili senza grandi perdite di uomini. Solo la preparazione di questi uomini e il loro particolare addestramento hanno permesso la cattura di numerosi terroristi infiltratisi tra le file dell’esercito iracheno.

Opening): i parà, una volta prossimi all’obiettivo, avrebbero mantenuto i contatti con la forza principale composta dal resto dell’A e G Squadron. In particolare era previsto che lo Squadron G fornisse un nutrito FSB (Fire Support Base) così da coprire l’avanzata dei compagni. Teoricamente gli uomini del SAS non sbagliavano: incursione HALO a parte, lo svolgimento dell’operazione “Trent” racchiudeva molti concetti affini alla guerra tradizionale, abitualmente affidata alle truppe di linea. Malgrado tutte le incongruenze, l’ordine andava comunque eseguito al meglio. Gli otto paracadutisti si lanciarono ad alta quota da un C-130, una volta a terra presero posizione assicurando la TLZ (Tactical Landing Zone) in attesa dell’arrivo dei commilitoni. Il resto degli Squadron A e G sopraggiunse su altri due C-130 i quali, una volta atterrati, scaricarono dai piani di coda le famose Pinkie e altri mezzi ruotati più pesanti con i rifornimenti e le munizioni; ad aprire la colonna c’erano, inoltre, alcuni operatori motociclisti che fungevano da “occhi” all’intero convoglio. Le azioni successive avvennero in perfetta simultaneità, secondo le classiche manovre d’attacco dei reparti di fanteria: la resistenza opposta dai terroristi fu dura e alcuni uomini del SAS rimasero seriamente feriti. I terroristi non erano particolarmente TNM ••• 32

addestrati, ma combattevano con grande fervore e convinzione. Dopo un furioso scontro a fuoco, il rombo dei jet della marina americana sconquassò il terreno: gli F-18 scaricarono i loro Maverick sui depositi principali dell’istallazione, mandando in fumo tutto il prezioso carico di droga. Al suolo, il SAS irruppe nella struttura principale, uccidendo i difensori e sequestrando materiale e documenti utili all’intelligence. La battaglia era durata quattro ore: un’infinità rispetto le infiltrazioni mordi e fuggi alle quali erano avvezzi gli eredi di David Stirling. L’operazione era riuscita, tuttavia qualcosa non aveva funzionato nei piani alti di comando. In primo luogo il SAS non doveva essere schierato in simili iniziative, ciò nondimeno gli uomini di Hereford avevano dimostrato di essere i migliori laddove il fattore “tecnologico” era ininfluente sul risultato. A posteriori, le bombe sganciate dagli F-18 potevano causare un vero disastro, nonché numerose vittime da fuoco “amico”; i piloti e i membri del G Squadron non si erano, infatti, coordinati, ma cosa ancor più grave i jet americani non avevano acceso gli LTM (Laser Target Markings). Dopo “Trent”, le azioni del SAS proseguirono lontano dalle polemiche da tavolino, anche se queste influivano sulla vita operativa degli inglesi. Nel corso dell’attacco a Tora Bora, ad esempio, la Delta Force recitò la parte del leone e l’alto comando americano si guardò bene da coinvolgere le truppe speciali di Sua Maestà. Non c’era, dunque, da stupirsi se il SAS preferisse operare da solo, appoggiandosi agli alleati americani soltanto per il supporto informativo/ tecnologico (The Guardian, 5 luglio 2002). Oggi, il Ministero della Difesa britannico resta molto “abbottonato” riguardo le operazioni delle sue forze speciali, sia per tutelare gli uomini che vi prendono parte, sia per doveroso riserbo. I dati alla mano però parlano chiaro: da circa 60 anni gli uomini del SAS non subivano perdite così pesanti come in Afghanistan. Il canale militare “Military News” - in un articolo dell’8 marzo 2010 – ha confermato l’uccisione di 80 uomini del SAS dall’inizio di Enduring Freedom: una cifra così alta è riscontrabile solo nella seconda guerra mondiale. Per questo


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motivo l’alto comando inglese è stato costretto a mobilitare numerosi riservisti sia del SAS, sia dell’SBS. Se l’Afghanistan provocò tensioni e rivalità tra operatori inglesi e americani, queste proseguirono in Iraq, dove il presidente George W. Bush aveva scatenato il secondo – inutile – round contro il terrorismo internazionale. LA CAMPAGNA IN IRAQ: TASK FORCE BLACK Secondo l’amministrazione americana un altro “santuario” del terrorismo internazionale era l’Iraq di Saddam Hussein. Con il dittatore iracheno gli americani avevano già un conto aperto dal 1991 quando George Bush padre, aveva protetto il Kuwait dalle sue mire espansionistiche. Nel marzo del 2003 le medesime forze che misero a ferro e fuoco l’Afghanistan (con qualche esclusione) attaccarono al cuore il regime di Saddam puntando direttamente verso Baghdad. Il SAS aveva già conosciuto il deserto iracheno nel 1991, durante Desert Storm. Le imprese delle forze speciali inglesi contro le installazioni di SCUD rimangono negli annali della storia militare, grazie al fulgido resoconto di Andy McNab nel best seller “Pattuglia Bravo Two Zero”. Nell’operazione “Iraqi Freedom” le implicazioni emotive erano differenti, la guerra di Bush figlio aveva altri scopi, ma soprattutto si concentrava nella fantomatica ricerca delle armi di distruzione di massa. Il primo gruppo del SAS a entrare in Iraq fu lo D Squadron il quale formava un piccolo distaccamento addetto all’intelligence della 1a divisione corazzata britannica (settore di Basra, Operazione Row). Una seconda unità, il B Squadron, fu impiegato nel settore d’attacco ovest, mentre il D Squadron venne destinato a forza elitrasportata. La permanenza di queste due unità speciali si esaurì non appena terminò la prima fase dell’invasione: una volta raggiunti gli obiettivi principali, agli uomini esausti del B e D Squadron si avvicendarono i membri dello G Squadron. Come per la precedente campagna in Afghanistan, il coordinamento delle operazioni speciali fu affidato a una maggioranza di alti ufficiali americani i quali contrassegnarono i membri del SAS

con la sigla Task Force 14. Oltre a scovare le temibili armi di distruzione di massa, il CENTCOM del generale Stanley McChrystal aveva come bersaglio complementare l’arresto delle varie “eminenze” del partito Ba’ath di Saddam Hussein. Il 16 giugno, lo G Squadron partecipò, congiuntamente alla Delta Force, alla cattura di Abid Hamid Mahmud al-Tikriti, generale dell’esercito iracheno. Nell’agosto del 2003 lo G

rete jihadista proveniente dai paesi limitrofi. La guerra in Iraq pose ancora una volta l’accento sulle diversità tra le forze speciali inglesi e quelle americane. Gli uomini del SAS soffrivano una certa “abbondanza” tecnologica presente tra le file dei reparti americani, fortemente dipendenti dalla logistica; di contro la Delta Force e i Navy SEAL nutirvano qualche perplessità circa il “modus operandi” degli inglesi i quali vestivano

I signori della guerra…

Squadron ricevette il cambio dall’A Squadron, il più anziano del SAS: lo squadrone arrivò in un brutto momento per la coalizione la quale subiva quotidianamente un numero molto alto di attentati. A mietere vittime erano, come in Afghanistan, gli IED e in particolare gli V-BIED (Vehicle-Borne Improvised Explosive Devices). Le operazioni tipo alle quali il SAS partecipava erano dirette a ripulire il territorio dalla presenza dei terroristi di Al Qaeda che, in Iraq, infiltravano combattenti attraverso i confini con l’Iran, l’Arabia Saudita e la Siria. In particolare, alcune azioni – come “Abalone” (Ramadi, ottobre 2003) o l’operazione “Aston” (Baghdad, febbraio 2004) – svelarono come gli iracheni fossero affiancati da una vasta

come iracheni, mimetizzandosi tra di loro. Questo “mimetismo tra gli indigeni”, tipico del SAS, scaturiva dall’esperienza irlandese in cui mischiarsi alla popolazione locale era la indispensabile per la riuscita di una qualsiasi missione. Inoltre, il generale McChrystal, interpretava la lotta al terrorismo secondo una visione “industriale”, vale a dire una catena di operazioni militari condotte con un grande dispiegamento di mezzi; non a caso il generale americano teneva sempre a debita distanza il SAS sia dalla sua Delta Force, sia dalle risoluzioni del JSOC (Joint Special Operation Command). La “Task Force Black” – così fu battezzato il SAS in Iraq – venne alla ribalta delle cronache inglesi dopo il fallimento TNM ••• 33


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La ricetta per ottenere sempre migliori risultati è un addestramento continuo in tutto gli ambienti operativi.

dell’operazione “Hathor” (settembre, 2005) in cui due membri dell’A squadron caddero nelle mani della polizia irachena, considerata facinorosa e pericolosamente vicina alla milizia sciita. Era solo questione di giorni e i due operatori inglesi sarebbero stati giustiziati o, peggio ancora, venduti a qualche cellula di Al Qaeda; quindi non c’era tempo da perdere. Il Ministero della Difesa britannico, impaludato dal lungo iter diplomatico, non poteva autorizzare azioni di “personnel recovery”. Il comandate del SAS e il generale dell’esercito John Gordon Lorimer (comandante della 12a brigata meccanizzata), noncuranti delle conseguenze che la loro decisione avrebbe causato, passarono all’azione. Un blindato APC “Warrior” puntò verso TNM ••• 34

la stazione di polizia con la speranza di creare un diversivo; non appena gli iracheni videro i fucilieri di Sua Maestà scatenarono una feroce sassaiola e alcuni lanci di bottiglie molotov. A questo punto il blindato accelerò verso il muro della prigione abbattendolo: nella confusione alcuni uomini del SAS penetrarono nelle celle liberando i due colleghi. Secondo i parametri del SAS, l’operazione – nonostante la liberazione dei prigionieri – era stata un disastro, non solo perché frutto di una decisione autonoma, ma soprattutto perché aveva sovvertito il difficile equilibrio tra occupanti e locali. Il portavoce del Ministro degli Interni del nuovo governo iracheno, Ibrahim al-Jaafari, commentò l’accaduto ironicamente: “Il modo in cui le forze armate britanniche hanno

tentato di liberare i loro prigionieri ha avuto uno sviluppo non molto felice, davvero poco fortunato” (BBC News – 20/09/2005). L’azzardo di Jamiat diede al SAS un nuovo nome da battaglia: Task Force Knight. Pochi mesi dopo, nel novembre del 2005, l’A Squadron tornò ad Hereford, rimpiazzato dal B Squadron con un’importante novità: il turno di permanenza al fronte da quattro mesi venne aumentato a sei. Una brutta sorpresa per i “cavalieri” del SAS! Il mese di novembre fu particolarmente infausto per la coalizione poiché le milizie sciite incrementarono gli attacchi dinamitardi e i rapimenti; tra questi il più grave fu quello di Norman Kember un professore canadese, oppositore del governo Bush, che si trovava in Iraq insieme ad altri attivisti cattolici.


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Uno dei sistemi di infiltrazione preferiti dagli uomini del SAS resta quello delle mitiche “Pinkie”, ma anche delle motociclette che formano gli “occhi” dell’intera operazione.

assimilabile al modello operativo del SAS: un’attenta raccolta d’informazioni e la successiva neutralizzazione del nemico, in questo caso un commando dinamitardo iracheno. In questa circostanza, fu fondamentale l’azione di tre snipers i quali, con i loro L115A, colpirono simultaneamente tre attentatori “kamikaze”, prima che innescassero il loro mortale carico. Appeso ai muri della sala operativa nella base aerea di Balad, sede della Task Force 145 (Navy SEALS, Delta Force), primeggiava il ritratto di uno degli uomini più ricercati dell’Iraq: il giordano Abu Musab al-Zarqawi, Per la sua liberazione, gli uomini di fedelissimo di bin-Laden. Il suo Hereford, spesero tutte le loro gruppo, Ansar al-Islam, indipendente energie: dopo mesi di lunga da Al Quaeda, era ideatore di buona osservazione, a marzo del 2006, nel corso dell’operazione “Lightwater”, gli parte degli attentati orditi contro le truppe americane e della NATO. uomini dell’A Squadron irruppero in L’uccisione del terrorista, avvenuta un’abitazione poco fuori la “Green Zone” nella quale trovarono Kember e grazie alle bombe sganciate dagli F-16 dell’Air Force, fu in buona parte merito gli altri ostaggi in prigionia da 118 del SAS il quale, giorni prima, durante giorni. Gli operatori del SAS erano l’operazione “Larchwood 4”, arrestò esausti, “Lightwater” gli aveva Abu Haydr (pseudonimo); costui, obbligati ad un tour de force molto sottoposto a un incalzante faticoso, con prolungate azioni interrogatorio, svelò agli inquirenti notturne: “In Irlanda del Nord – rivelò un ufficiale del B Squadron – molto del dove si nascondeva Sheik al-Rahman, nostro tempo trascorreva in operazioni consigliere spirituale del terrorista giordano. Una volta rintracciato di intelligence. Qui in Iraq ogni sortita si trasforma subito in una pattuglia da al-Rahman non fu difficile scovare combattimento” (Task Force Black, p. anche al-Zarqawi, in una casa prossima al villaggio di Baquba. I 128). L’operazione “Marlborough” missili fecero il resto! Nel maggio del (Baghdad, luglio 2005) è forse la più

2006, lo Squadron B – che vantava innumerevoli successi – lasciò il posto allo D Squadron. Da molto tempo circolavano notizie allarmanti circa una massiccia penetrazione iraniana tra i miliziani; in particolare l’organizzazione Quds Force (unità speciale dell’Armata delle Guardie della Rivoluzione Islamica) riforniva di armi e denaro i guerriglieri iracheni. Il perno attorno al quale ruotavano le relazioni tra le due fazioni islamiche si chiamava Qais Khazali, numero uno nella lista dei ricercati dell’Intelligence internazionale. All’interno dell’operazione “Crichton”, condotta su larga scala dall’esercito britannico, gli operatori del SAS arrestarono Laith Khazali, fratello di Qais, che fu trovato in possesso di diversi incartamenti provanti il coinvolgimento della Quds Force in molti attentati e nell’uccisione di cinque soldati americani. Il 30 maggio 2009 gli ultimi uomini di Hereford (G Squadron) lasciarono Baghdad: in sei anni di spiegamento le forze speciali inglesi conseguirono risultati eccezionali. Un aspetto interessante emerso dal lavoro del SAS in Iraq è la proporzione tra arrestati e “uccisi in azione” che denota una chiara superiorità dei primi sui secondi (si stima che le vittime del SAS si aggirassero intorno alle 400 unità); questo dato è da considerarsi positivo, soprattutto se paragonato all’alto numero di vittime – non solo TNM ••• 35


SPECIAL OPERATIONS SPECIAL OPERATIONS SPECIAL OPERATI

La garanzia dell’anonimato durante le operazioni militare è essenziale per garantire la sicurezza degli operatori delle special forces inglesi. Questa segretezza è stata spesso messa a rischio dalla stampa e da alcuni scrittori, ex appartenenti al SAS, i quali hanno rivelato particolari importanti circa alcune missioni. Per scongiurare questo pericolo il quartier generale del SAS ha istituito una sorta di commissione di controllo per valutare gli scritti degli ex membri.

miliziani – causato dalle Special Forces americane. Anche per quanto riguarda gli interrogatori dei prigionieri non si hanno notizie di Abu Ghraib targate UK: a questo proposito il “Reggimento” si era sempre battuto affinché i loro prigionieri non fossero consegnati nelle mani della CIA, famosa per i suoi metodi poco ortodossi. LO SCANDALO SAS/ MARK URBAN La bibbia delle operazioni del SAS in Iraq è il libro di Mark Urban, “Task Force Black”, edito nel 2010. Alcune delle informazioni riportate in questo articolo sono tratte dalle sue pagine, oltre che da diversi servizi usciti sui principali quotidiani inglesi. Quando il libro di Urban apparve in libreria ebbe l’effetto di una bomba all’interno del SAS. Mark Urban rivelava, infatti, alcuni nomi di ufficiali del “Reggimento” tra cui quello del tenente colonnello Richard Williams, direttore delle Forze speciali in Iraq. Il testo violava il codice di segretezza che avvolgeva tutte le operazioni del SAS; all’interno del reparto fu subito predisposta una commissione d’inchiesta per valutare il passato e il presente di tutti quelli che avevano in qualche modo aiutato a redigere dei libri in cui si parlava delle azioni del Reggimento. Come conseguenza il colonnello Williams, grazie al quale furono catturati non meno di 3.500 tra miliziani e terroristi,

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veniva allontanato dalla base in attesa di chiarimenti. La stessa sorte era toccata al generale Sir Peter de la Billiere, direttore delle forze speciali durante Desert Storm, il quale divenne “persona non grata” a Hereford per aver divulgato, nelle sue memorie, alcun dati sulle operazioni del SAS. La cosa che più insospettiva la commissione di Hereford era che il libro di Urban riportava alcuni nomi di operatori coinvolti e altri no, ancora, strano caso, tra i più menzionati spiccava il colonnello Williams, come se fosse colluso con l’autore. Gli avvocati di Mark Urban e quelli del Ministero della Difesa esaminarono a lungo la trama del libro al fine di assodare se, effettivamente, il suo contenuto avrebbe potuto compromettere la sicurezza nazionale e le future operazioni in Iraq e Afghanistan (The Indipendent, 5/05/2010). Il libro fu giudicato scomodo e inopportuno, ma ineccepibile dal punto di vista legale: “Task Force Black” rimase così in libreria diventando un best seller della letteratura militare. VERSO IL FUTURO: I GIOCHI OLIMPICI DEL 2012 Per la Gran Bretagna si avvicinano giorni molto importanti: le Olimpiadi, infatti, metteranno a dura prova le forze di sicurezza inglesi, già da tempo mobilitate per affrontare qualsiasi

minaccia terroristica. Gli Special Projects team del 22° SAS (con base a Londra), grazie a piccoli elicotteri Little Bird, soprannominati “Killer Egg”, saranno pronti a intervenire rapidamente in qualsiasi parte della città: “i vantaggi che questo tipo di velivoli hanno in un teatro d’operazioni cittadino è innegabile, essi possono raggiungere posti impossibili per qualsiasi altro mezzo aereo. In passato il SAS si è addestrato a lungo con questi elicotteri e adesso è pronto a qualsiasi evenienza” (London Evening Standard, 9/01/2012). È già da qualche mese che, in gran segreto, gli squadron del SAS si esercitano all’interno del villaggio olimpico giacché, in questi casi, l’addestramento non è mai abbastanza. Chiunque voglia sovvertire la quiete del Regno Unito, non solo durante le Olimpiadi, è avvisato: i fantasmi di David Stirling vigilano sulla capitale e continueranno a farlo ancora per molti secoli…”Who Dares Win”!

LE FONTI Due sono i testi fondamentali consultati: per l’Afghanistan il libro di Mark Nicol, Ultimate Risk. SAS contact Al Qaeda, (Oxford 2003) mentre per l’Iraq, Mark Urban, Task Force Black (Londra, 2010). Buona parte delle informazioni sulle operazioni militari e il loro esito sono tratte da articoli apparsi sulle principali testate giornalistiche inglesi e americane (citate tra parentesi nel testo) oltre alla lettura di articoli importanti come quello di Mark Bowden, The Ploy, apparso su The Atlantic nel maggio 2007.


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BLOGGING THE SECURITY BLOGGING THE SECURITY BLOGGING

THE FIrsT BLOG ON “EXECUTIVE

DI LUCA TOMAIUOLO

mi è stato chiesto di scrivere Quando per questa rivista ho accettato di buon grado, onorato di poter far parte di una realtà

nuova, innovativa e connotata da quello che ritengo il principale aspetto nei progetti ai quali partecipo: la passione. Allo stesso tempo mi sono accorto di come la “mia” platea cambiasse radicalmente. Chi segue “Blogging the Security” lo fa perché incuriosito da quel che trova o perché, conoscendolo, sa cosa cerca. Qui chi mi legge è perché apre la rivista e io stesso, idealmente, mi trovo tra i suoi pensieri, le sue passioni, le sue ricerche. Mi sono dunque chiesto come poter iniziare questa avventura, dando al progetto qualcosa di mio. Quale modo migliore se non quello di parlare di informazione, tematica alla quale tengo molto, spesso tralasciata e sottovalutata in Italia. Ma prima ancora, vi siete mai chiesti cosa sia la disinformazione? Facciamo un rapido esempio: in Africa viene rapito un cittadino italiano, in una zona particolarmente appetibile per fare investimenti. L’operatore era lì per motivi personali, ma la “tal ditta” di sicurezza, interessata a un appalto particolare e desiderosa di ottenere maggiore visibilità, ha convenienza a far credere che il sequestrato fosse lì per una missione aziendale sotto copertura. La “tal ditta”, prendendo contatto con una testata giornalistica benevola, mette in giro la voce che “il connazionale è lì come operatore di sicurezza, in passato dipendente della tal ditta”. Un’immediata smentita dell’azienda, rimette ufficialmente le cose a posto: nel frattempo però, un responsabile della stessa, si reca in quella zona con ben altro incarico, facendo credere a tutti che sia lì per trattare il rilascio. Segue quindi la seconda smentita ufficiale della “tal ditta”. Ora tutti i giornali seguiranno la vicenda, innescando quel fenomeno dell’effetto eco il quale porterà tutti a parlare della notizia, dando la possibilità alla “tal ditta” di avere la giusta attenzione per fare i propri interessi. Intanto la magistratura non potrà far nulla, poiché in realtà la “tal ditta” non è implicata nella vicenda: ha sempre smentito e detto la verità. Ha semplicemente usato un’informazione per trarne un vantaggio, ma mai in forma ufficiale. Un esempio particolare, certo, ma basare la verità su bugie o le bugie su verità, fa parte del “gioco”. Questo

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esempio, a grandi linee simile a quello che ricordo di aver letto su un libro qualche anno fa, è semplice nei contenuti e nella forma, ma allo stesso tempo efficace e disarmante; e in maniera meno complessa è assimilabile a molte forme quotidiane di informazioni. Ed è proprio questo il fulcro del discorso. Fino a quando questo gioco si fa nel mondo personale poco interessa; quando questo metodo inizia ad essere applicato al settore professionale, non è più un gioco, ma interesse di tutti. Le stesse foto, spesso delineano un ottimo veicolo informativo, ma come molti sapranno, tagliare un’immagine o giocare con la prospettiva genera commenti fuori luogo. È necessario in questo caso decontestualizzare la cosa, parlare della foto in maniera distaccata. Dire “è assolutamente sbagliato” è dissimile da affermare “prendendo spunto da questa foto potremmo parlare di chi commette simili errori nell’operatività ecc.”. L’approccio è diverso, discorsivo, non condannante e non condannabile dagli altri lettori. Se prendo una foto e la taglio, posso far nascere errori inesistenti nello scatto principale: non faccio emergere errori, li creo dal nulla. E, se ci ricolleghiamo al discorso sull’informazione, con questo metodo sto creando l’esatto opposto logico. Per addentrarci meglio nel discorso, dobbiamo partire da un presupposto fondamentale: oggi il dato (inteso come informazione interessante e potenzialmente valida) é tutto. Chi lavora in questo settore sa bene quanto entrare in possesso di un dato valido sia essenziale per potersi muovere con cognizione. Quello che molti ancora non comprendono, nostro malgrado, é come l’uomo con la pistola soccomba contro l’uomo con “la pistola fumante”. Elargitori, consapevoli o no, d’informazioni, saturiamo il settore con una marea di dati, molto spesso non convalidati nemmeno da noi stessi. Siamo nell’era del “mi piace”, dell’utilizzo di prodotti veloci, facili da assimilare e quindi difficili da proporre in maniera completa. Come si fa, dunque, a fare informazione, quando chi legge, spesso, vuole solo captare, sentire, vedere ma non comprendere, ascoltare e guardare? Lo si fa proponendo quello che riteniamo utile, ma soprattutto sarebbe ora che ci rendessimo conto che


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PROTECTION & CORPORATE SECURITY” fare informazione non è solo compito dei giornali, dei sistemi informativi, delle riviste settoriali, dei blog o dei professionisti affermati. Potenzialmente, se i contenuti sono efficaci, nel momento in cui parlo con voi, io faccio informazione. Voi stessi, poi, parlando con altri, fate informazione. Partecipare al mondo delle informazioni non è solo un diritto: è un importante dovere, capace di bilanciare l’intero panorama; a patto che lo si faccia in maniera giusta. Portare i soliti esempi è una pratica che appartiene ormai a una realtà superata, quasi quanto stravolgere la stessa. Una concretezza informativa che questa rivista presenta in maniera ottimale, ma non dobbiamo dimenticare che é una realtà, non quella assoluta ed è giusto che sia così. Quindi mi chiedo, come è possibile che spesso molti abbiano la pretesa di rappresentare la realtà?

per me è informazione: contenuti validi che creano attese, conoscenze, competenze, anche costruite sul momento. È un po’ come quando si decide di scrivere un libro, senza mettersi nei panni del lettore, con la boriosa volontà di dire la propria, imponendo un punto di vista personale, non chiedendosi cioè se quel che si scrive arriverà nella maniera in cui si vuole, privo di condizionamenti o fraintendimenti. Il rischio è proprio quello di presentare qualcosa, senza dare la possibilità a chi legge di assimilare nella maniera corretta i concetti. La conseguenza? Che quest’ultimo riporti quanto letto in maniera non corretta, facendosi egli stesso, inconsapevolmente, dispensatore di informazioni poco valide.

Dire: “Io sono un contractor” è un modo inutile, a mio modesto parere, di raccontarsi, soprattutto perché si commettono due gravi errori: nel dirlo in maniera (In)formazione: informare e formare allo stesso così “poco utile”, creando false aspettative, e perché tempo. Una dicotomia unica. Un continuum logico e definirsi un contractor è di per sé un errore, oltre che rappresentativo forte, prodromico, prospettico. un azzardo. Leggendo, commentando su internet, parlando o scrivendo, voi fate, consapevolmente E fare informazione, lo facciamo tutti. Chi più, chi o no, informazione. La cosa fondamentale è se lo meno, giacché diffondere notizie è facile. Fare in modo fate nel modo corretto, dando a chi vi legge, ascolta che queste siano formative e ricche di contenuti è un un’opportunità di replicare e una giusta onestà po’ più difficile. Non che io ci riesca, non prendete il intellettuale. Criticare una foto o un concetto è discorso come un innalzamento personale, ma almeno facile: farlo in modo da lasciare all’altro lo spazio di si parte dal presupposto di volerlo fare. La cultura della rispondere è un po’ più difficile, non farlo, cercando di sicurezza in Italia è un concetto ancora troppo lontano, comprendere l’altro, quasi impossibile. Se non vi fidate con il risultato che la security è vista come qualcosa da delle mie parole, siccome per molti sono un totale “sfruttare” e non su cui investire; parallelamente questo sconosciuto, fidatevi di Denis Diderot che ha 300 anni in vale anche per le informazioni che trasmettiamo. Molto più rispetto a me e che esprime il concetto di critica in spesso si vedono operatori che le sfruttano, per darsi maniera disarmante: “È facile criticare giustamente; è un tono, anziché investirci su con un sano dibattito in cui difficile eseguire anche mediocremente.” mettersi in gioco. Sulle fanpage si pubblicano spesso foto così da parlarne insieme, in maniera costruttiva. Per maggiori approfondimenti: Accade che qualcuno non commenti per paura del bloggingthesecurity.wordpress.com giudizio, qualcun’altro annota per paura di essere scavalcato o lo fa dando la marca dell’ultimo modello di anfibi e il codice identificativo NATO del fucile di turno, dimenticandosi che dietro ogni cosa c’è un mondo su UTILIZZA IL TUO cui parlare. Tanti altri invece commentano dicendo la SMARTPHONE PER loro in modo serio, a volte informato, ma comunque in VISIONARE IL BLOG maniera discorsiva aprendosi al dibattito. Ecco, questo,


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Apriamo con una negazione: non esiste il calibro perfetto! Ogni differente utilizzo o profilo di missione, richiede un’arma con il calibro adeguato all’impiego. Constatato ciò, le parole d’ordine nella progettazione dei nuovi sistema d’arma sniper sono “modularità ed intercambiabilità”. Beretta Defence Tecnology (BDP), la nuova divisione della Beretta Holding che curerà le richieste che provengono dai settori militare e polizia, sposa in pieno questo concetto e presenta il suo nuovo sistema d’arma denominato TRG M10. Il TRG M10 è frutto dell’esperienza acquisita da Sako con i TRG 21/22 e 41/42 utilizzati dalla nostre Forze Armate e di Polizia e da colleghi di tanti altre nazioni. Sako aveva presentato nel 2010 ad Eurosatory di Parigi e allo Shot Show di Las Vegas dei TRG 22 e 42 “estremizzati” con calciature pieghevoli e chassis alleggeriti ma Beretta Holding aveva divulgato poche notizie e commenti su questi modelli. Ora dopo la presentazione del TRG M10, possiamo comprendere che con tutta probabilità si trattava di “studi in corso” per arrivare a delineare il nuovo attuale sistema d’arma. Siamo così arrivati al TRG M10, carabina bolt action dalla grande modularità e intercambiabilità, al punto che l’operatore è in grado con pochi minuti di lavoro, cambiando canna, otturatore e caricatore, utilizzando strumenti alloggiati nello chassis della carabina, di convertire l’arma da 7,62x51mm NATO (.308-Winchester), a 300 Winchester Magnum oppure .338 Lapua Magnum. TNM ••• 42

w a al la edicat ary in d e n it io : vers rsione mil a 26” e ll’alto d 10. Da na da 20”; v m e canna M G R u n T n a o c g v a o e u m r n e a t l u s e p e d la ch ni versio bro 308 win calibro 338 “Due cali in t n e forcem

Oltre alla già descritta intercambiabilità il TRG M10 ha le seguenti caratteristiche salienti: • calciatura ripieghevole (sia verso destra che verso sinistra) in acciaio; • chassis in alluminio macchinato dal pieno e rifinito con tecnopolimeri rinforzato con fibra di carbonio; • rotaia Picatinny da 0 fino a 30 MOA; • quattro lunghezze di canna disponibili, cioè 16, 20, 23,5 e 26 pollici per il calibro 7,62x51mm NATO, 20, 23,5 e 26 pollici per il calibro .338 Lapua Magnum e 23,5 e 26 pollici per il .300 Winchester Magnum; • spegni fiamma con filettatura esterna per permettere il montaggio di un soppressore di suono; • otturatore con doppio estrattore; • scatto match regolabile da 0,99 grammi a 2 Kg. Sicuramente il TRG M10 risponde a pieno alle caratteristiche richieste dal USSOCOM (Comando Operativo Congiunto delle Forze Speciali americane) per il programma PSR, o “Precision Sniper Rifle”, che ha lo scopo di adottare un fucile di precisione modulare capace di adattarsi rapidamente ai diversi profili di missioni operative. Tactical News Magazine avrà a breve il piacere di provare per voi la nuova nata in casa Beretta Holding: la carabina per impiego sniper TRG M10.


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“Sniper in appostamento da osservazione. Il TRG M10 dell’operatore è in calibro 300 winchester magnum, distinguibile dalla presenza di due anelli alla fine della canna”


Per i lettori di TACTICAL NEWS Magazine

LE GRANDI COLLANE IN DVD E BLU RAY VIETNAM in HD Durata: 260’

Non è la guerra che conoscete. È la guerra che hanno combattuto. Il conflitto più discusso e controverso del XX secolo non è mai stato riproposto in modo tanto vivido. Le voci di donne e uomini che vissero in prima persona la tragica esperienza del Vietnam calano lo spettatore nell’orrore della guerra, giorno per giorno. Riprese inedite restaurate e selezionate tra centinaia di ore di repertorio, spesso con l’audio registrato in presa diretta e sequenze girate in super8 dagli stessi soldati, fanno di questa produzione la più realistica e drammatica sul Vietnam. Oltre 4 ore di filmati che raccontano il conflitto, senza trascurare le reazioni dell’opinione pubblica americana e lo sfondo politico. Dall’arrivo delle forze statunitensi nel Sudest Asiatico, alle battaglie di Ia Drang e Dak To, all’Offensiva del Tet, ad “Hamburger Hill” e all’Operazione Lam Son 719, fino al travagliato ritorno in patria delle truppe americane.

Eccezionali documenti filmati inediti

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LE GRANDI BATTAGLIE DELLA STORIA Durata: 14 ore

Negli ultimi 250 anni vi sono state battaglie che hanno segnato il corso della storia: conflitti dalle cui sorti sono dipesi i destini del mondo. Ma quali sono state le ragioni che hanno permesso a un esercito di prevalere? Quali le mosse decisive per l’esito della battaglia? Questa produzione ricostruisce, attraverso immagini di repertorio e animazioni in computer grafica, le fasi cruciali di 16 grandi battaglie, da Balaclava a Waterloo, da El Alamein alla Guerra del Golfo. Un’opera grandiosa, raccolta in 4 DVD in grado di soddisfare la sete di curiosità e di sapere degli appassionati di storia militare. Contiene il libro di 128 pagine “LE GRANDI BATTAGLIE DELLA II GUERRA MONDIALE”. Cofanetto 4 DVD Codice: COF 7048 Prezzo speciale € anziché € 39,90

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Quest’opera descrive la drammatica ascesa e caduta del Terzo Reich attraverso le testimonianze più significative di coloro che vissero in prima persona l’epoca del regime nazista. Il cofanetto è composto da due DVD, realizzati grazie a un’accurata ricerca di documenti video, in gran parte a colori, reperiti negli archivi ufficiali e in quelli privati di videoamatori dell’epoca. Accanto ai film di propaganda e alle scene delle adunate oceaniche, compaiono filmati familiari, di vacanze e compleanni, che rivelano un altro volto della Germania nazista: i milioni di uomini e donne travolti dal carisma di Adolf Hitler. Estratti di cinegiornali d’epoca, sequenze di guerra e inediti documenti di repertorio ritraggono gli orrori delle persecuzioni contro gli ebrei e dei campi di sterminio. A commento di tante immagini che hanno drammaticamente fatto la storia, i ricordi, le lettere, le speranze e le paure della gente comune che visse sotto il Führer. Un’opera che svela come un uomo determinato a far risorgere la Germania, sia riuscito a creare un enorme consenso e a realizzare i suoi piani, portando alla rovina il popolo tedesco. Cofanetto 2 DVD Codice: COF 7060

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ll caccia bimotore P38 è considerato uno dei migliori aerei mai costruiti: il suo progetto rivoluzionario contribuì alla sconfitta giapponese durante la II Guerra Mondiale. Conosciuto come il “diavolo a due code” il P38 è diventato una leggenda.

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Nel luglio 1944, un nuovo caccia Progettato nel 1935, il Supermarine tedesco apparve sulla scena. Era il Spitfire rappresentò un duro avversario Messerschmitt 262, il primo caccia per i tedeschi in un momento storico operativo con propulsione a getto. cruciale. Questo DVD è un viaggio nelUtilizzando ricostruzioni a colori e in- la storia di un aereo leggendario che, terviste, questo DVD rievoca il mondo grazie al coraggio dei suoi piloti, ebbe della gara per il primato nei cieli. ragione dell’allora invincibile Luftwaffe.

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TACTICAL 1 MEDICINE ST

AND ROPE TRAINING A CURA DELLA REDAZIONE

arrampicata in montagna, Personnel Recovery, e operazioni anfibie. TMR ha come “mission” fornire ai propri clienti una gamma completa di corsi mirati all’utilizzo di materiali e tecniche sempre aggiornate, di cooperare con ditte e compagnie per lo studio e sviluppo di nuove attrezzature e creare una standardizzazione della sicurezza ed efficienza in operazioni internazionali. La policy della TMR è di predisporre addestramenti “in TMR nasce dalla profonda esperienza del suo fondatore, loco”, dando così la possibilità al cliente di investire Norbert Ciano, il quale ha alle spalle sedici anni di lavoro come paramedico, soccorritore di nuclei SAF (Speleo Alpino tutto il tempo e le risorse nella preparazione e non nella logistica degli spostamenti. Per rendere i training più Fluviale) dei Vigili del Fuoco tedeschi ed eli soccorritore, inoltre, vanta una collaborazione a livello internazionale con completi, Norbert Ciano si avvale dell’esperienza di vari membri di corpi scelti di polizie e forze armate internazionali collaboratori esterni i quali offrono la loro competenza con specializzazioni in tecniche di soccorso paramedico oltre che nell’aspetto tecnico della materia anche in (MOS18D), anti terrorismo, tecniche di movimento e quello tattico e operativo. LA TMR è una Compagnia che organizza corsi specifici di medicina d’urgenza abbinati all’utilizzo di corde in ambiente tattico, tecniche di movimento in montagna, invernale ed estivo, istruzione all’utilizzo di funi con uso di elicotteri, addestramento e supporto per situazioni di emergenza inquadrate nello spettro delle PR, e attività anfibie.

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Fasi di addestramento di High Altitude Tactical Repel (Duisburg - Germania)

I servizi forniti dalla TMR sono: • Training Deployment consulting, che mette a disposizione l’esperienza della compagnia per sviluppare metodologie e tecniche necessarie allo svolgimento di specifiche e peculiari attività del cliente. • Tactical Rope Access, in altre parole le tecniche utili ad entrare all’interno di edifici utilizzando corde. • Tactical Repel, climbing and belay, tecniche di arrampicata in ambiente urbano. • High angle Rescue, ovvero manovre di recupero e soccorso a personale da punti elevati e molto esposti (montagna, palazzi, ponti, piattaforme petrolifere, impianti eolici ecc) TNM ••• 48

• Tecniche di movimento tattico in ambiente montano. • HEC (Human External Cargo), vale a dire tutte le tecniche per l’utilizzo di elicotteri e corde in operazioni tattiche e di soccorso. • Tactical Medicine Training • Emergency Medicine Training • Tactical Emergency Medical Training • PRS training (Prevent Resist & Survive), un addestramento specifico per fronteggiare eventuali situazioni ove il cliente dovesse essere oggetto di sequestro. • Risk Assessment • Urban and Rural tactical Movement and Evasion • Amphibious Training • Diving Medicine


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TMR, recentemente ha iniziato una cooperazione con la ECMS, una compagnia tedesca che ha maturato un sistema semplice pratico ed estremamente sicuro per effettuare tutte le operazioni di HEC, nonché operazioni tattiche di intervento per il soccorso con utilizzo di elicotteri. Da questa cooperazione è nato un iter propedeutico basato sull’utilizzo di questo nuovo e rivoluzionario sistema di ancoraggio, permettendo alla TMR di alzare lo standard di sicurezza ed efficacia delle operazioni HEC. D: Quando è nata la TMR e con quale idea? R: La TMR nasce nel 2008 a seguito di una richiesta specifica di formazione medica e tecnico-tattica da parte dei corpi della polizia speciale tedesca. Da qualche tempo questi corpi speciali (SEK) cercavano di implementare le tecniche di TNM ••• 49


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Membro della Polizia Speciale Tedesca in fase di addestramento alla tecnica di irruzione da una finestra


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soccorso medico all’interno dei loro normali corsi operativi: in questo hanno trovato in Norbert Ciano un professionista molto qualificato. L’idea iniziale della TMR era di portare gli operatori dei corpi speciali a uno standard di conoscenza e sicurezza più elevato così da operare in autonomia in qualsiasi situazione, senza dover aspettare soccorsi o aiuti esterni che rappresentavano una forte limitazione. D: Chi sono I clienti abituali di TMR? R: TMR fin dal principio ha lavorato a stretto contatto con i vari reparti di polizia speciale dei cantoni tedeschi e con le unità di polizia speciale federale. In seguito a queste collaborazioni e dalla conoscenza vicendevole, la TMR ha poi iniziato a partecipare e fornire la preparazione anche ai reparti della polizia speciale militare tedesca. A oggi la TMR lavora attivamente con molti gruppi tedeschi e può vantare tra i suoi clienti i team dei NAVY SEALS statunitensi. D: Com’è passata la TMR da addestramenti specifici in campo medico con l’utilizzo delle corde alla preparazione di corpi come i NAVY SEALS? R: Le conoscenze tecniche del socio fondatore della TMR, Norbert Ciano, coprivano molti degli addestramenti richiesti da questi corpi speciali. Al principio tali corsi preparatori erano comunque limitati alla parte tecnica delle materie, lasciando la gestione degli aspetti tattici ai reparti stessi. Con il tempo, grazie anche dell’acquisizione di nuovi collaboratori provenienti da reparti speciali militari e di polizia europea, la TMR ha ampliato lo spettro delle tecniche addestrative offerte, andando a creare dei training a 360° che propongono non solo i soli aspetti tecnici delle varie discipline, ma anche quelli tattici. Da qui è poi nata la collaborazione con I team NAVY SEALS e NAVY SPECIAL WARFARE UNIT stanziati in Germania. Con I team specifici abbiamo sviluppato un addestramento ad hoc in ambiente montano innevato, portando gli allievi a un livello di conoscenze tecnico pratico eccellenti. Inoltre, grazie al nostro network, abbiamo messo in contatto vari reparti e coadiuvato con loro l’impianto e la realizzazione di tirocini congiunti. D: Nell’introduzione abbiamo visto che uno dei target della TMR è creare una standardizzazione della sicurezza ed efficacia a livello internazionale. Cosa intende? R: Da sempre l’unificazione di tecniche e materiali è sinonimo di sicurezza e successo. La nostra collaborazione con varie ditte e compagnie ci ha permesso di creare uno standard addestrativo di alto livello, unendo sicurezza e rapidità d’intervento; questo grazie anche al continuo studio delle necessità dei vari utenti e all’evoluzione dei materiali e delle tecniche in uso. Inoltre, com’è successo con la polizia speciale cantonale tedesca, dare a più reparti similari le stesse nozioni, ha permesso che gli stessi fossero in grado di compiere operazioni collegate senza dover ricevere alcun addestramento preventivo, giacché utilizzavano le medesime tecniche e metodi. Anche se riconosciamo

Norbert Ciano fondatore della TMR con alle spalle sedici anni di lavoro come paramedico, soccorritore di nuclei SAF (Speleo Alpino Fluviale) dei Vigili del Fuoco tedeschi ed eli soccorritore, inoltre, vanta una collaborazione a livello internazionale con membri di corpi scelti di polizie e forze armate internazionali. HEC training con Paramedici austriaci

che sia un piano ambizioso, la nostra idea di base è comunque creare questa standardizzazione, sfruttando le nostre esperienze, il nostro network e la competenza sui materiali e le problematiche, raccogliendo e analizzando le necessità dei vari clienti. La TMR si pone come obiettivo principale di studiare tecniche aggiornate e sicure, adatte TNM ••• 51


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Unità di Navy Seals in addestramento a Cervinia

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Membri del Naval Special Warfare Unit, in addestramento lunghe le rive di un fiume in Germania.

a ogni situazione e al passo con i tempi, sollevando quindi gli operatori del settore dal difficile compito dello studio e ricerca. La TMN, ad esempio, in seguito alle pretese particolari di alcuni clienti, ha studiato, in collaborazione con vari produttori tedeschi, un sistema di quick release da utilizzare durante operazioni di anti terrorismo, per l’entrata tattica in una stanza attraverso le finestre e partendo calandosi dal tetto o da un vettore ad ala rotante. Questo studio, effettuato da noi, ha parzialmente tolto ai reparti la responsabilità della ricerca e della certificazione, creando, in compenso, uno strumento di facile e sicuro utilizzo che incontra il favore anche di unità che non erano state coinvolte negli studi preparatori. D: La TMR fornisce quindi training e collaborazioni maggiormente per unità di Polizia speciale e delle forze armate. Ha anche altri utenti? R: A oggi la TMR ha dato i suoi servizi maggiormente ai reparti sopra indicati, ma ha anche provvisto alcuni corsi specifici a reparti civili dell’elisoccorso e di soccorso alpino. Siamo sicuramente propositivi in tal senso: è ormai un dato di fatto che tecniche ed equipaggiamento studiato e sviluppato da reparti militari e di polizia venga poi assorbito anche in ambito civile. Basta pensare, ad esempio, ai tanti corsi di sopravvivenza che oggi sono impartiti anche a civili. Chiaramente è da specificare che molte delle attività le quali in campo militare o di polizia, per la peculiarità di

intervento e luoghi, vengono considerate lecite per il solo scopo di poter salvare una vita, in campo civile hanno una regolamentazione totalmente differente. Ecco quindi che un corso di pronto soccorso civile non proporrà insegnamenti che nello stesso campo possono essere effettuati solo da personale altamente qualificato (esempio, dottori). D: Quali sono I vostri progetti futuri? R: A questa domanda è difficile dare una risposta completa. Sicuramente TMR vuole continuare nel suo percorso di crescita e miglioramento, sia personale, sia per i nostri presenti e futuri clienti. Poter aprire maggiormente il nostro servizio a enti anche civili e sicuramente uno dei nostri target futuri; come detto sopra, molti dei corsi predisposti dalla nostra compagnia trovano una facile locazione nel mondo “civile” per tutte quelle persone che siano impegnate in aree o lavori a rischio. Un esempio sono tutte quelle ditte che hanno lavori in Medio Oriente, o gli operatori dei campi eolici o altri. Un altro target di TMR è la sempre maggiore cooperazione con le industrie del settore da noi coperto, per lo studio di materiali ed equipaggiamenti. Infine TMR è una compagnia unica nel suo genere, infatti, a oggi, non ci sono molte organizzazioni al nostro livello, che associno addestramento medico a tecniche di corda. Tra gli obiettivi importanti vi è anche quello di espandere i nostri training anche al mondo delle Personnel Recovery. TNM ••• 53


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BOARDING TEAMS

TECNICHE DI ARREMBAGGIO Di CAPITANO DI VASCELLo Marco BANDIOLI

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COMBATTERE “DA PONTE A PONTE”

Mare Mediterraneo (maggio 2010) operatori della marina militare italiana mettono in sicurezza il ponte dopo essersi calati con la corda sulla nave container USNS LCPL Roy M. Wheat (T-AK 3016) del Military Sealift Command durante l’esercitazione Phoenix Express 2010. La Phoenix Express è un’esercitazione di 2 settimane progettata per rafforzare la partnership marittima e migliorare la stabilità nella regione attraverso l’interoperabilità e la cooperazione tra i partners dell’Africa, Europa e USA.

La tecnica dell’abbordaggio ha una storia millenaria nell’arte della guerra sul mare e, più specificatamente, nell’ambito delle battaglie navali dove, dopo una prima fase a distanza di furioso fuoco d’artiglieria proveniente dai cannoni di bordo, si passava alla fase di affiancamento e successivo assalto, armi in pugno, dei marinai. Nella terminologia marinaresca il verbo “abbordare” significa “accostare tra di loro i bordi (le fiancate) di due navi”. Una volta avvicinate le due navi, si appoggiavano delle tavole di legno per permettere il passaggio dei marinai da una nave all’altra (“da ponte a ponte”) per poi ingaggiare feroci combattimenti a corpo a corpo con il nemico. Ancora oggi, nel dialetto genovese, “appoggiare” si dice “arembare”, da qui il termine “arrembaggio” vale a dire quella particolare tattica navale che prevede l’assalto, con marinai, fanti di marina o soldati, della nave nemica per poi catturarla e/o affondarla, secondo gli ordini ricevuti. Le stesse “trireme” dell’Impero romano erano strutturate per compiere gli abbordaggi ed erano dotate di rampini o di un particolare palo mobile ove sulla cima vi era un gancio (chiamato “corvo”) per agganciare la nave nemica e consentire poi l’arrembaggio vero e proprio. Inoltre, dal 1600, tale tattica fu adottata anche dai pirati,

dai bucanieri, dai filibustieri e dai corsari per assaltare, depredare e/o catturare le navi commerciali che trasportavano merci preziose o di interesse. Per inciso, la dottrina navale moderna non fa differenza tra abbordaggio e arrembaggio, in altre parole tra “boarding” e “maritime assault”, e impiega unicamente il termine “Boarding”, che è la stessa definizione normalmente usata nel settore civile – sia aeroportuale, sia portuale – per indicare semplicemente l’“imbarco”: l’azione generica di salire a bordo di aereo o di una nave. IL CONTESTO OPERATIVO ATTUALE Per inquadrare correttamente le operazioni militari che ipotizzano un eventuale un “Boarding”, è necessario fare alcune premesse che ci portano indietro di oltre vent’anni. Alla caduta del muro di Berlino (9 novembre 1989), con l’implosione dell’Unione Sovietica, lo sgretolamento politico del Patto di Varsavia e la fine della “Guerra Fredda”, si concretò l’illusione che il mondo intero avrebbe avuto un futuro sostanzialmente privo di guerre. In realtà la paura di una guerra totale, che avrebbe coinvolto tutto e tutti, era stata per anni fonte di stabilità. Svanita tale paura, si sono ridestati vecchi contrasti tra alcuni Paesi, controversie tra presunte identità etniche e rialimentati antichi rancori regionali, sono emersi contrasti religiosi creando così TNM ••• 55


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nuove tensioni e conflitti che una volta sarebbero stati chiamati “minori”. In generiche situazioni di crisi o di ostilità, inoltre, le mafie locali, le bande criminali e le organizzazioni terroristiche hanno incrementato le loro TNM ••• 56

attività clandestine. Da uno stato di tensione si può arrivare rapidamente a una situazione di crisi che può sfociare in un conflitto armato. Osservando i vari conflitti che sono avvenuti negli ultimi decenni, si può ragionevolmente affermare

che i medesimi hanno avuto inizio senza una formale “dichiarazione di guerra” che, nella quasi totalità dei casi, sarebbe stata di difficile realizzazione pratica per la mancanza di un destinatario ufficiale. Infatti, sovente le ostilità

nascono all’interno di sovranità nazionali o di realtà locali circoscritte, senza contare che sarebbe veramente difficile consegnare una “dichiarazione di guerra” a un’organizzazione terroristica! In definitiva,


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Un membro del FGS Schkeswig Holstein si addestra nella discesa con corda dall’hangar della nave. La fregata tedesca FGS Schleswig - Holstein era l’ammiraglia della forza navale della flotta del mediterraneo.

(PSOs). In ambito marittimo tutte quelle operazioni militari tese a eliminare i possibili rischi o contrastare e colpire le varie minacce provenienti dalle attività inerenti al settore marittimo – dai traffici illegali, dalle attività criminali alla pirateria o al terrorismo – vengono dottrinalmente definite come “Maritime Security Operations”, ovvero Operazioni di Sicurezza Marittima. LE “MARITIME SECURITY OPERATIONS” (MSO)

esistono delle situazioni critiche, in cui non si può parlare di “guerra” in senso stretto o nei termini classici stabiliti dalla dottrina, ma nemmeno di pace in senso generale. Per fronteggiare militarmente una guerra

non conclamata o tutte quelle situazioni di tensione, instabilità, crisi, e vari tipi di minaccia (narcotraffico, terrorismo, pirateri), sono state stabilite delle particolari operazioni militari le quali, dalla metà degli anni

90, sono definite come “Operazioni militari diverse dalla guerra” (Military Operations Other Than War – MOOTW). Alla luce del fatto che nel Trattato del Nord Atlantico (il Trattato della NATO) le “operazioni di guerra” sono previste dall’articolo 5 (article five), le operazioni di “non guerra” vengono anche definite come “Non article five Military Operations”, intendendo così tutte quelle operazioni militari che si svolgono comunque in tempo di pace o in una situazione di pace prevalente. Se tali operazioni si sviluppano come risposta a uno stato di tensione o a una situazione di crisi, tali iniziative assumono la definizione di “Crisis Response Operations”(CROs) nell’ambito delle quali, come sottospecie, trovano collocazione formale anche le “Operazioni per la pace”, meglio note come “Peace Support Operations”

Come accennato, le “Maritime Security Operations”, da ora MSO, sono operazioni navali (di connotazione nazionale o multinazionale) che prevedono un’ampia varietà di missioni di tipo sia “military”, sia “constabulary”. Le military sono inerenti l’antiterrorismo, la Protezione di Forze Operative o di naviglio mercantile, l’antipirateria, le attività di Presenza e Sorveglianza, di Intelligence, mentre le constabulary, ovvero di Polizia, vanno dalla repressione di attività criminose o criminali all’applicazione di regole di Diritto Internazionale Marittimo (per esempio l’esercizio del “diritto di visita” o del “diritto di inseguimento”). Tra le diverse MSO, sono incluse anche le cosiddette “Maritime Interdiction Operations” (MIO), Operazioni di Interdizione Marittima che, secondo le necessità, o dagli obiettivi da conseguire, dagli TNM ••• 57


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interessi da difendere e dai livelli collaborativi o coercitivi richiesti, possono ritenersi anch’esse di natura military o constabulary. Si tenga presente che le MIO non esercitano un’interdizione in senso stretto, ovvero di attività tese a rallentare, arrestare o distruggere le forze nemiche, o i loro rifornimenti, prima che arrivino nella zona della battaglia. Le MIO in oggetto sono nate inizialmente come operazioni di sorveglianza del traffico marittimo commerciale volte a realizzare embarghi navali coercitivi mediante l’applicazione di determinate misure/ azioni di interdizione. In seguito, si sono ampliate come operazioni volte a contrastare sia atti di “terrorismo marittimo d’alto mare”, impiegando unità navali d’altura (quindi di Marina), che atti di “terrorismo marittimo costiero”, adoperando unità costiere (quindi della Guardia Costiera, della Polizia). Fattore in comune di queste operazioni è che a bordo del naviglio militare impiegato, sono presenti gruppi d’incursione, ovvero di arrembaggio, specializzati in interventi finalizzati ad interdire la navigazione in zone particolari di mare (Interdiction) o identificare il naviglio sospetto, fermarlo, visitarlo, ispezionarlo e, eventualmente, catturarlo e dirottarlo in porti sicuri per procedere al sequestro. In ragione di quanto appena detto, il Boarding viene spesso denominato


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anche, con un termine concettualmente più ampio, di “VBSS”, ovvero “Visit, Board, Search and Seizure” (visita, abborda, ricerca e cattura). Le MIO, inoltre, possono prevedere anche l’interdizione marittima in acque internazionali per porre in atto una “difesa

ambito non sono le “Low Intensity Operations”, bensì le “Leadership Interception Operations”, ovvero quelle operazioni volte alla ricerca, all’identificazione e alla cattura di Leaders, o esponenti di particolare rilievo, di organizzazioni terroristiche o di forze ostili. Analizzando

preventiva”, in altre parole per contrastare una minaccia anche solo generica e potenziale, o per eseguire un Embargo Navale o un Blocco Navale. Per inciso, un Embargo, se non per legittima difesa, è decretato dal Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite e messo in atto in applicazione a una specifica Risoluzione: in tal caso la MIO, pur mantenendo la stessa sigla, assume però la dizione di “Maritime Interception Operation”. Per completezza d’informazione, esistono anche le LIO, che in tale

le varie tipologie di operazioni navali MSO/ MIO/LIO, il Boarding è dunque l’elemento tattico sostanziale per l’assolvimento di tutte quelle missioni in cui sia previsto, o divenga necessario, salire a bordo di una nave o di un natante. L’attuazione di un Boarding, come si vedrà più avanti, può essere abbastanza complessa e richiedere specifiche capacità e conoscenze. Per tale motivo alcune marine militari classificano il Boarding/VBSS come una “Maritime Tactical

Operation” (MTO), ossia come una piccola operazione militare a se stante. TIPOLOGIE DI “BOARDING”

SOUDA BAY, Creta (12 Maggio, 2012) Lo specialista alle operazioni di 3° Classe Craig Sperry (sinistra), membro del team di abbordaggio assegnato alla fregata missilistica USS SImpson (FFG 56), sale a bordo della nave di addestramento Aris sotto la supervisione delle Forze speciali greche durante una esercitazione.

Un’azione di abbordaggio si può sviluppare in due possibili situazioni che sono individuate dall’atteggiamento, amichevole o meno, dimostrato dal naviglio che sta per essere oggetto di un abbordaggio. L’azione, in termini dottrinali, si può quindi svolgere di un ambito definito “collaborativo” (Compliant boarding), o in uno “non collaborativo o ostile” (Non compliant/Non permissive boarding). Dal punto di vista tattico, il “Boarding” si svolge con diverse regole di esecuzione che sono principalmente determinate dalle condizioni meteomarine (mare, vento, pioggia, visibilità), dai mezzi a disposizione (nave con battelli pneumatici e/o elicotteri) e dalle caratteristiche del naviglio da abbordare (es. tipologia e funzione, tipo di carico, sovrastrutture presenti, valutazioni sulla massima velocità esprimibile, tipo di propulsione e organi di governo, altezza del bordo libero delle fiancate). La scelta tra le diverse norme di esecuzione è, inoltre, subordinata dalla possibilità di impiegare i mezzi a seconda dell’opportunità/necessità tattica, nonché di eventuali vincoli, che faranno propendere verso una delle seguenti configurazioni operative: TNM ••• 59


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Esercitazione dei Royal Marine inglesi imbarcati come team di abbordaggio a bordo della Royal Navy.

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• la nave fornisce protezione e invia un battello pneumatico per effettuare il Boarding; • la nave fornisce protezione e invia un elicottero per effettuare il Boarding; • la nave invia un elicottero che fornisce protezione ed un battello pneumatico che procede per il Boarding; • la nave invia un elicottero

che fornisce protezione ed un altro elicottero che procede per il Boarding. La squadra che esegue l’arrembaggio, anche se viene poi in seguito suddivisa in sottosquadre di minore consistenza, è definita “Boarding Team” o “Boarding Party”. La nave dalla quale parte l’azione del Boarding diventa la cosiddetta “Piattaforma di Lancio -

PdL” (detta anche “Parent Ship”) per i mezzi che trasportano il Boarding Team. A tale nave PdL, qualora non sia sede di Comando Tattico, viene conferita un’autonomia operativa utile per stabilire sia le modalità di avvicinamento, sia il proprio pre posizionamento rispetto la nave da abbordare. L’impiego del Boarding Team sarà valutato in base all’opportunità/ necessità tattica di far salire gli uomini da un battello pneumatico sulla nave da abbordare o se farli scendere sulla nave da un elicottero, tenendo presente che la nave da abbordare potrebbe trovarsi ferma in mezzo al mare (static/floating) o in navigazione (underway/ steaming). Anche quando si deve affrontare una situazione valutata “tranquilla”, è opportuno, tuttavia, aspettarsi che la stessa possa degenerare rapidamente e trasformarsi in una missione “ad alto rischio”. Un atteggiamento all’apparenza “collaborativo” in realtà potrebbe rivelarsi ostile e, conseguentemente, il Boarding Team potrebbe improvvisamente trovarsi ad affrontare un ambiente “non collaborativo”. Al fine d’illustrare il Boarding in un’ampia panoramica, in modo da non trascurare alcun elemento, verrà considerata l’organizzazione e la condotta di un Boarding impiegando una nave (per svolgere le funzioni di comando, controllo e protezione), un gommone


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o un elicottero (per il trasferimento del Boarding Team) e un Boarding Team classico, costituito da una dozzina di uomini (per portare a termine la missione assegnata).

richiede un naviglio di settore, i diversi modelli di unità navali (navi militari), di aerei e di elicotteri ora impiegate dalle marine militari sono state a suo tempo concepite, costruite e armate per ADEGUAMENTO DELLO affrontare un conflitto sul STRUMENTO AERONAVALE mare di tipo “classico”. AL BOARDING Le moderne unità navali (come gli aerei, gli elicotteri e i sommergibili) sono Tralasciando la tipologia naturalmente dotate di delle navi anfibie, che

Il benvenuto dato dalla fauna locale alla squadra di abbordaggio della HMS Alban.

apparecchiature e armi che rappresentano il massimo dell’innovazione tecnica e che consentono lo sviluppo di “battaglie navali” a grandi distanze (parliamo di centinaia di kilometri). Tutto questo discorso comporta che un naviglio idoneo per una vera e propria battaglia navale moderna, con grandi distanze in gioco, risulta, se non opportunamente modificato, poco adeguato a un utilizzo nelle moderne Maritime Security Operations, dove si cerca il contatto con imbarcazioni che devono essere avvicinate e abbordate con i mezzi più idonei. In termini pratici, il naviglio impiegabile nell’ambito di una MSO, e più segnatamente per un Boarding, deve, infatti, disporre: un locale opportunamente attrezzato a “Centrale Operativa” per la pianificazione e condotta di operazioni tipo MSO (prevedendo quindi apparati radio specificatamente dedicati al collegamento tra Centrale Operativa, mezzi di protezione e Team/Teams); dei locali per imbarcare e alloggiare un intero Boarding Team; dei locali/spazi idonei allo stivaggio di attrezzature (comprese quelle da intrusione e scasso), e armi del Boarding Team; un locale “officina” per le necessità tecniche del Boarding Team; spazio dedicato, in un hangar o in idonea zona sul ponte di volo, per poter ospitare un eventuale container con l’attrezzatura necessaria agli elicotteri per effettuare un Boarding TNM ••• 61


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Boarding Team imbarcato sul cacciatorpediniere lanciamissili USS Oscar Austin (DDG 79), conduce una ricerca visiva per la ricerca di possibili elementi ostili, durante una esercitazione.

da elicottero; gru con caratteristiche “anti-pendolamento” per la rapida movimentazione, messa a mare e recupero, anche in situazioni meteorologiche particolarmente avverse, di battelli pneumatici d’assalto nonché eventuali recessi, ricavati nelle parti esterne delle sovrastrutture, attrezzati per ospitare e ricoverare i battelli stessi; scivolo/rampa di alaggio con relativo argano/ verricello o, in alternativa, un bacino interno (allagabile e con portellone poppiero) dotato di adeguate gru a portale/a carro ponte per la messa a mare e il recupero di battelli pneumatici d’assalto di grandi dimensioni; almeno una mitragliatrice pesante (cal. 12.7x99 mm.) e/o una mitragliatrice lanciagranate (per granate da 40 mm.); una “cala corderia” sufficientemente ampia per immagazzinare almeno un paio di tipologie di “cavi per intrappolamento eliche”. In sostanza, un’unità navale che possieda tali requisiti è in grado di assumere la funzione operativa di nave “PdL” (“Piattaforma di Lancio”), in altre parole di avere le capacità di mettere a mare, gestire e recuperare natanti di minori dimensioni e di compiere operazioni di volo con elicotteri tatticamente dedicati. Le attività di Boarding prevedono l’avvicinamento, affiancamento e appoggio a contatto sulla murata (fiancata) della nave da abbordare da parte del


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Mare Mediterraneo (27 Marzo 2010) membri della Marina Portoghese aspettano istruzioni dopo aver abbordato la nave container USNS LCPL Roy M. Wheat (TAK 3016) della Military Sealift Command durante l’esercitazione Phoenix Express 2010.

natante che trasporta il Boarding Team. Riguardo al fatto che la fiancata della nave possa avere una murata alta (bordo libero alto, High Freeboard) o bassa (bordo libero basso, Low Freeboard) e dalle condizioni del mare può cambiare, secondo vari fattori contingenti, la scelta operativa del tipo di Boarding da realizzare: impiegare i battelli pneumatici, e quindi adottare tattiche che vedono il movimento del Boarding Team dal basso verso l’alto, con tecniche di “ascesa”dal battello alla nave (HCBT/Hook and Climb Boarding Techniques - Tecniche di Boarding con Rampino e salita in Arrampicata) oppure un movimento dall’alto verso il basso, e quindi con tecniche di “discesa”dall’elicottero alla nave (VIBT/Vertical

Insertion Boarding Techniques - Tecniche di Boarding con Infiltrazione in discesa Verticale). O con entrambe le tecniche. La scelta di usufruire di battelli pneumatici in tali tipi di operazioni marittime, è principalmente dovuta al fatto che la loro costituzione, grazie alla precipua struttura dei loro tubolari genericamente definiti “di gomma”, è

l’unica che può garantire a un natante, anche in condizioni proibitive di mare grosso, di andare a sbattere violentemente contro la murata di una nave in navigazione senza andare letteralmente in pezzi dopo pochi urti, così da continuare la sua corsa rimanendo aderente alla murata stessa (cosa importante per permettere agli uomini di salire a bordo in sicurezza). I BATTELLI PNEUMATICI MILITARI Un membro della squadra di Force Protection fornisce copertura durante l’abbordaggio di un mercantile.

Il mondo dei battelli pneumatici, comunemente chiamati “gommoni”, è vasto e non esiste a riguardo un’adeguata letteratura tecnica che approfondisca criteri e aspetti fisico-nautici sull’argomento. Alla luce della grande TNM ••• 63


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CRRC (Combat Rubber Raiding Craft/Combat Rubber Reconnaissance Craft). Battelli pneumatici da combattimento per incursione o per ricognizione. Sono battelli versatili e manovrieri e possono essere aviolanciati.

versatilità d’impiego di questi natanti, abbinata all’evoluzione dei materiali fibro-elastomeri degli ultimi anni, da un uso inizialmente sportivo e diportistico, si è rapidamente passati anche a un utilizzo militare. Inoltre, tale evoluzione ha creato dei ”natanti” che chiamarli ancora “gommoni” è TNM ••• 64

estremamente riduttivo. I battelli pneumatici per impieghi militari si suddividono in due grandi categorie, i CRRC e i RIB/ RHIB: • CRRC (Combat Rubber Raiding Craft/Combat Rubber Reconnaissance Craft). Battelli pneumatici da combattimento per incursione o per ricognizione. Sono battelli versatili e manovrieri e possono essere aviolanciati. In tale famiglia di natanti confluiscono i vari gommoni “smontabili e sgonfiabili” (quindi più facilmente trasportabili) che si possono suddividere, a seconda che la “carena” (spesso impropriamente chiamata “chiglia”) sia interamente sgonfiabile o meno, in altre parole “battelli a carena pneumatica” (quindi tutto il natante è sgonfiabile) e “battelli a carena semi-rigida”(la carena è parzialmente rigida e generalmente smontabile dai tubolari, che sono sgonfiabili). In generale, i modelli con carena quasi piatta sono usati quando è necessario doverli “spiaggiare e occultare” rapidamente, mentre i modelli con carena a “V”


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sono più idonei per una maggiore “tenuta” al mare grosso. • RIB o RHIB, secondo la dicitura americana o britannica (Rigid-hulled Inflatable Boat / Rigid Hull Inflatable Boat). Battelli pneumatici a carena rigida. Sono battelli pneumatici di maggiori dimensioni a carena interamente accorpata a tubolari non smontabili, con maggiori capacità operative e tattiche, equipaggiati con armi, con notevoli possibilità di autonomia, di velocità e trasporto di molti uomini. Sono, a tutti gli effetti, delle vere e proprie imbarcazioni da ricognizione e combattimento dotate di potenti motori, generalmente entrobordo, con eliche controrotanti, elevata autonomia (e quindi raggio d’azione), notevole capacità di carico e numerosi “accessori”.

Per i Boarding si preferiscono, ovviamente, i RIB. ATTIVITA’ DI “PRE-BOARDING”

non collaborativo”). Com’è buona regola per le attività operative, tutto l’occorrente deve essere preparato, controllato e verificato in congruo anticipo. Quanto detto è ancora più vero in mare dove, se si è dimenticato qualcosa a terra, è difficile, se non impossibile, poter rimediare a eventuali dimenticanze. Per quanto riguarda il Boarding, bisogna aggiungere che l’impiego degli uomini e dei mezzi potrebbe avvenire con un preavviso minimo e quindi senza avere a disposizione il tempo necessario per approntare al meglio materiali, equipaggiamenti e apparecchiature. RIB o RHIB, secondo la dicitura americana o britannica (Rigid-hulled Inflatable Boat / Rigid Hull Inflatable Boat). Battelli pneumatici a carena rigida. Sono battelli pneumatici di maggiori dimensioni a carena interamente accorpata a tubolari non smontabili, con maggiori capacità operative e tattiche, equipaggiati con armi, con notevoli possibilità di autonomia, di velocità e trasporto di molti uomini.

IL BOARDING IN TERMINI GENERALI

Esamineremo ora le varie tattiche impiegate nei Le predisposizioni e le Boarding, senza definire azioni propedeutiche al ogni volta se si tratti Boarding, ossia le attività o no di una situazione di “Pre-boarding” sono collaborativa, poiché le decisive per la buona stesse azioni renderanno riuscita dell’evento tattico. chiara la distinzione. Per Per attività di Pre-boarding questioni didattiche, e intendiamo: quindi per illustrare tutti • le predisposizioni della gli aspetti operativi della nave che controllerà questione, prenderemo tatticamente il Boarding in considerazione un Team; generico Boarding la • le predisposizioni della cui finalità è l’ispezione nave e/o dei mezzi a bordo di una nave (battelli o elicotteri) che mercantile portacontainer, forniranno protezione al in navigazione in alto mare, Boarding Team; vengono impartite alla alla ricerca di un presunto • le predisposizioni degli nave da abbordare in carico illegale e pericoloso uomini e dei mezzi che caso di “abbordaggio stivato in container o effettueranno il Boarding; collaborativo”); all’interno della nave • le azioni di avvicinamento • le azioni per far rallentare stessa. e preposizionamento Il concetto tattico si o fermare la nave da rispetto alla nave da sviluppa nei seguenti punti: abbordare e le eventuali abbordare nonché le • contattare via radio/a azioni tattiche di relative comunicazioni lampi di luce la nave e interdizione e coercizione (ovvero le istruzioni che (in caso di “abbordaggio fornire le istruzioni per TNM ••• 65


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Mar rosso (21 Agosto 2010) Membri della Tactical Law Enforcement, Detachment 404 della Guardia costiera USA. Il team imbarcato sulla lancia missili USS Princeton (CG 59) simula un operazione di assalto nel Mar Rosso. La Princeton fa parte della Task Force combinata 151, una forza multiazionale creata nel gennaio 2009 per condurre operazioni di contro pirateria nel golfo dell’Aden e nel bacino somalo.


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effettuare un Boarding. In tale momento si può già intuire se sarà un Boarding collaborativo o meno; brandeggiare e orientare le armi di bordo, pronte a dei colpi di avvertimento; • fermare o, perlomeno, rallentare la nave da ispezionare (per non far perdere tempo prezioso per la consegna del carico); • invitare il Comandante a rimanere in plancia solo con il timoniere, far lasciare in sala macchine solamente il Direttore di macchina e un tecnico, convogliare il resto dell’equipaggio teoricamente accentrato in un unico locale tutto l’equipaggio e per facilmente controllabile ispezionare l’intera la (generalmente nella zona nave (in genere, se non della mensa); si è sufficientemente • garantire sempre in sicuri della presenza ogni momento, e sino del carico che si sta ad azione ultimata, una cercando, i container adeguata “copertura” si ispezionano “a del Boarding Team in campionamento”, come movimento impiegando misura di deterrenza). armamento medio o Essere consapevoli che pesante. Cannone e gli uomini dei gruppi che mitragliera dalla nave conducono l’ispezione PdL, mitragliatrici della nave, soprattutto medie/pesanti, fucili sottocoperta, sono anticarro dall’elicottero spesso irraggiungibili via inviato in “protezione” e radio; mitragliatrici leggere/ • mantenere un costante medie dal battello inviato contatto radio con gli in “protezione”; uomini del Boarding e • inviare il Boarding Team a controllare visivamente bordo, con i mezzi ritenuti la nave sotto ispezione, più opportuni (battello nonché i mezzi posizionati pneumatico elicottero) per la protezione; Tutti in esito alla valutazione i sottogruppi nei quali tattica della situazione; il Boarding Team si è • il Team (che sarà sempre diviso saranno dotati di in contatto radio con radio e procederanno la PdL), una volta a a ispezionare bordo, si suddividerà in accuratamente i locali vari gruppi minori per della nave attenendosi controllare la plancia, la alle procedure di sala macchine, la sala copertura e movimento radio, il locale dove è tattico sul terreno che

Yokosuka, Giappone (5 Agosto 2009) membri della squadra di ispezione, abbordaggio, ricerca e confisca assegnati al cacciatorpediniere lanciamissili USS Curtis Wilbur (DDG 54) si avvicinano alla loro nave per mettere in atto una esercitazione di ispezione.

tattiche per l’esecuzione di un Boarding: i metodi per far fermare una nave che assume un comportamento non collaborativo, le tecniche usate per abbordare una nave da un gommone o da un elicottero. BLOCCARE UNA NAVE

La prima vera difficoltà, tralasciando le condizioni meteo-marine che potrebbero rendere inattuabile un Boarding, è quella in cui s’incorre quando la nave da sono generalmente ispezionare non intende impiegate nella fermarsi e farsi abbordare perlustrazione dei rientrando, a pieno titolo, centri abitati (combat in una situazione “non techniques in build-up collaborativa”. A questo areas); punto, dopo i doverosi • a termine ispezione “Colpi di avvertimento” controllare il reimbarco (WS: Warning Shots) con del Boarding Team, cannoni o mitragliatrici, la il quale avviene mediamente eseguito con nave prosegue la sua rotta, bisogna fermarla per poi i battelli pneumatici; abbordarla. Dato che una • recuperare a bordo il cannonata direttamente Boarding Team. in plancia è considerata È opportuno analizzare un’azione “politicamente nel dettaglio alcune poco corretta”, i metodi per importanti procedure TNM ••• 67


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bloccare una nave, senza oltremodo danneggiarla, devono inevitabilmente agire o sugli organi di governo (timoni e/o eliche) o su quelli di propulsione (motori, sala macchine o centrali elettriche). Sono individuati due metodi: • bloccare le eliche con un “cavo intrappolatore” (PERT: Propeller Entangler Rope Technique). La nave PdL, che avrà già opportunamente approntato e “abbisciato” a poppa un cavo di rafia (propeller entangler rope), o una verrina d’acciaio (propeller steel-wire entangler), di adeguata lunghezza (almeno 100/200 metri), dovrà manovrare a elevata velocità per tagliare la rotta della nave da bloccare, passando a brevissima distanza, e dovrà contemporaneamente “filare a mare” il cavo intrappolatore. La nave da abbordare, anche contromanovrando, non potrà evitare di finire con TNM ••• 68

gli organi di governo e/o di propulsione (DFT: Disabling Fire Technique). Si chiama appunto “Fuoco incapacitante” (DF: Disabling Fire) e si esegue dalla nave PdL, o da un elicottero in volo stazionario (in hovering), impiegando mitragliere, mitragliatrici o fucili anticarro/antimateriale sparando sulla nave per colpire direttamente la zona motori e/o i timoni. I tiratori scelti, per tale compito, impiegano rigorosamente fucili in cal. 12.7x99 mm. Per inciso, il “Fuoco incapacitante” non deve essere confuso con il cosiddetto “Fuoco d’arresto” che è invece una tipica azione di fuoco difensivo della fanteria. ABBORDAGGIO DA BATTELLO PNEUMATICO A CARENA RIGIDA

Sopra: Polaris Point, Guam (10 Dicembre 2010) Marines assegnati alla 3° compagnia di ricognizione risalgono a bordo USS Frank Cable (AS 40). La Franck Cable provvede alla manutenzione e supporto dei sottomarini e delle navi da superficie schierate nell’area di responsabilità della 7° flotta USA Sotto: Un membro del SEAL Team 8 durante una missione di addestramento sulla petroliera USNS JOSHUA HUMPHREYS

le eliche sul cavo che, avvolgendosi velocissimo almeno a un elica, andrà a bloccare l’asse, e quindi la propulsione. Peraltro, liberare l’asse di un’elica avvolto strettamente da un cavo è una bella impresa, anche in condizioni di mare calmo. Se poi il cavo è una verrina d’acciaio, bisogna imbarcare personale subacqueo specializzato per l’utilizzo di una cesoia idraulica o fiamma ossidrica subacquea. Per il detto intrappolamento, alcune Marine, anziché i cavi, utilizzano speciali reti (RGENS: Running Gear Entanglement Net System); • sparare per danneggiare

L’abbordaggio effettuato da un battello pneumatico prevede l’adozione di tecniche di salita, o di arrampicata dette “Tecniche di Boarding con Rampino e salita in Arrampicata” (HCBT: Hook and Climb Boarding Techniques). Se il Boarding è collaborativo, sarà la stessa nave a far calare sino al battello una biscaggina, o abbasserà una passerella, per permettere al Boarding Team di salire a bordo. Se il Boarding non è collaborativo, il Team è obbligato a scegliere autonomamente come arrampicarsi. In questo frangente è impiegata la tecnica con il “rampino d’arrembaggio”: o lanciato a mano con una sagola oppure


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proteso con una apposita lunga asta telescopica. Una volta che il battello si affianca alla murata della nave, vi deve rimanere “incollato” anche se questa si muove a causa del mare grosso, a questo punto è lanciato/proteso un rampino che, una volta fatta presa alla sovrastruttura della nave, permetterà a un operatore del Team di salire a bordo, mettere in sicurezza una biscaggina e consentire la salita ai compagni. Tutto questo avviene, ovviamente, con la “copertura” fornita dalla nave PdL, da un elicottero o da un altro battello. Le tecniche di “aggancio” si possono riassumere come segue: • lancio di rampino d’arrembaggio (HGH: Handled Grappling Hook); • impiego di asta telescopica con rampino (TGH: Telescopic Grapnel Hook); • impiego di fucile lanciasagola/lancia rampino (GHG: Grapnel Hook Gun / ALM: Assault Launcher Max); Le tecniche di salita/ arrampicata si possono riassumere come segue: • arrampicata con fune in tecnica alpinistica (Climbing techniques); • arrampicata con apparecchiatura “ascensore/discensore” a fune (TAAD: Tactical Assault AscenderDescender / ACTSTA: ACT Safe Tactical Ascender); • arrampicata tramite biscaggina/biscaglina (Ladder / Jacob’s ladder); • salita tramite scaletta metallica (Ramp); • salita tramite passerella (Gangway). Naturalmente sono

necessari i vari accorgimenti per fare tali operazioni anche con mare mosso garantendo la sicurezza del Boarding Team. ABBORDAGGIO DA ELICOTTERO L’impiego di elicotteri per il supporto di fuoco, per trasferire, infiltrare e/o esfiltrare personale militare in/da un’area considerata ostile o nemica, è stato usato dagli americani nella guerra del Vietnam e dai britannici nelle Falkland (Falklands/Malvinas). In particolare sono state sperimentate e usate tecniche d’infiltrazione/ esfiltrazione con gli elicotteri le quali, grazie alla loro versatilità tattica, sono ora impiegate da quasi tutte le forze armate e di polizia del mondo per l’assolvimento di determinate missioni. È necessario un breve accenno alle varie tecniche impiegate per inquadrare le scelte effettuate per decidere le metodologie da usare nello specifico caso. La tecnica inizialmente impiegata per recuperare rapidamente degli uomini, evitando che l’elicottero atterrasse in una zona pericolosa è quella che generalmente è conosciuta con il termine di STABO (STAbilized BOdy) o STABO Rig System (SRS): l’elicottero, in hovering (anche ad una discreta altezza), cala sino a terra una cima con un certo numero di moschettoni ai quali il personale, dotato di apposita imbragatura, si aggancia alla parte terminale della fune stessa e vi rimane appeso durante l’esfiltrazione. La tecnica è riconoscibile non

appena si vede un elicottero in volo con una lunga cima alla fine della quale sono appesi, a grappolo, cinque o sei uomini che, per stabilizzare il proprio corpo, allargano braccia e gambe (da qui il nome STABO). Detta tecnica è stata migliorata: la SPIE (Special Patrol Insertion/Extraction), come viene definita oggi, viene usata per infiltrare o esfiltrare rapidamente una intera pattuglia usufruendo di una o più funi. L’impiego è stato esteso anche,

Sopra: Ocean atlantico Marines del 24° Marine Expeditionary Unit (24th MEU) si calano con le corde da un CH-53 Super Stallion Sotto: Un Navy SEAL membro Naval Special Warfare Group 1 a Coronado, California, in discesa veloce con la corda da un elicottero US MH-47 chinook sulla piattaforma di volo della AOE-59 Hwachun

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Un operatore della squadra di abbordaggio della Kystjegerkommandoens (Comando ranger costiero)

mm), garantisce una certa stabilità nel vortice di aria generato dalle pale dell’elicottero. ADDESTRAMENTO PER LE “MARITIME SECURITY OPERATIONS”

da alcune marine, per l’infiltrazione/esfiltrazione su navi, anche se lo “sgancio rapido” da una fune potrebbe essere molto difficoltoso in determinate circostanze. Da qui la necessità di “liberarsi” rapidamente della fune con la quale ci si è calati da qualche parte! Tra le diverse tecniche di discesa da un elicottero, chiamate HRST (Helicopter Rope Suspension Techniques), ci sono due metodi principali: il primo prevede che gli uomini scendano in corda doppia (Rappelling), con discensori o speciali moschettoni, e che indossino, oltre l’equipaggiamento da combattimento, anche una specifica imbracatura; in alternativa quelle che prevedono la rapida discesa, senza alcun fissaggio, TNM ••• 70

La NATO, naturalmente, già nel 2003 aveva realizzato la necessità di preparare, • Ladder: gli uomini in teoria e in pratica, il scendono calandosi da personale che le singole una o più biscaggine Marine intendevano (metodo comunque lento); impiegare per attività di • Fast Rope/Swarming interdizione marittima in Rope: discesa in scivolata generale e di Boarding in tenendosi con mani particolare. In una delle più e piedi a una spessa classiche cornici pelagiche fune (Rope), definita in del Mediterraneo, a Creta, italiano “Barbettone” e più precisamente nella o “Canapone”, che non baia di Suda (Souda Bay) richiede imbracature e in una struttura della consente a più uomini una Marina Militare ellenica, discesa molto veloce su la NATO ha reso operativo una medesima fune; nel 2007, dopo quattro • FRIES (Fast Rope anni di correttivi, un centro Insertion/Extraction di addestramento per System): è una variante impiegando unicamente operazioni d’interdizione del Barbettone che una grossa cima (Rope) marittima e di deterrenza prevede una fune su cui farsi scivolare, uno navale chiamato “NATO del Fast Rope fornita dopo l’altro, sino a terra Maritime Interdiction di appositi anelli (di tenendosi saldi con mani e Operational Training Center” materiale resistente) piedi. (NMIOTC). L’addestramento per agganciarsi con un Sinteticamente, le tecniche prevede le varie forme di moschettone di sicurezza, di discesa sono le seguenti: Boarding, con ispezione per cui non è possibile • SPIE (Special Patrol alle navi e ai container, scivolare lungo la fune Insertion / Extraction): il movimento tattico su stessa. È una procedura tecnica a se per infiltrare terreno, il combattimento che si avvicina molto alla ed esfiltrare rapidamente a corpo a corpo e, più in già citata tecnica SPIE. un gruppo di uomini che si generale, tutta quella Per il Boarding, è agganciano a una fune; preparazione tatticouniversalmente impiegata • Rappelling/Abseiling: operativa del personale discesa in “corda doppia”, la tecnica con il Barbettone mirata al contrasto della (Fast Descent Rope), che consente la discesa minaccia asimmetrica in con elicottero in volo con imbracature e un contesto marittimo. Al stazionario a un’altezza discensori e, se si vuol riguardo, e per completezza che può variare dai 5 ai procedere rapidamente, d’informazione, anche un 15 metri dal ponte della a ogni uomo si indirizza certo numero di solide nave su cui il Team deve una singola fune. Se, organizzazioni private di scendere. Il Barbettone è per esempio, occorre Contractors “marittimi” preferibile anche perché infiltrare quattro uomini (es. Blackwater Worldwide, il peso della fune stessa, servono quattro punti di Recce Group, Sea Marshals) che è abbastanza spessa ritenuta sull’elicottero e prevede tale tipologia di (diametro minimo 44 quattro funi da discesa; addestramento.


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SPECWAR

IL COLTELLO DEI NAV TNM ••• 72


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AVY SEALS DI ALESSANDRO ZANIN

Nel panorama mondial e delle lame da battagli a, o fighting knives, alcun i personaggi sono stati fondamentali per lo svi luppo e il collaudo di coltelli che hanno lascia to il segno per via della loro altissima spec ializzazione e ingegnerizzazione. Nomi come Ernest Em erson non hanno bisogno di presentazioni, poiché su di loro sono stati rivers ati fiumi di inchiostro. Il progetto di questo notevole coltello è da imputare al bando di concorso indetto nel 199 4 dai NAVY SEALS per l’adozione ufficiale nell’equipaggiamento individuale standard. A quel tempo Emerson era già universalmente conosci uto e la sua collaborazion e con i reparti speciali da va già i suoi frutti con alc uni folders di notevole quali tà (i primi VIPER). Non era no maturi i tempi delle colla borazioni eccellenti con Benchmade (il CQC7) e non era ancora, o quas i, arrivato il suo folders CQ C6 e CQC7 Custom, fab bricati artigianalmente in nume ri molto limitati per i SE ALS. Tuttavia la fama di Emers on cresceva e rimbalza va dalla est coast alla west coast nei comandi del Na val Special Warfare; i SEAL S allenandosi con Erne st contribuirono a renderlo una vera e propria legge nda vivente nell’addestrame nto del fighting-knife. Il suo nome va accomu nato a Dick Marcinko, de l SEAL Team 6, indiscusso e ca rismatico leader dal ca rat tere indisciplinato, a Jim Pa chet Watson anche lui fam os o SEAL, creatore di proge tti speciali (GERBER SIL VE R TRIDENT/M.O.D. TRIDE NT): tutti compagni di ba ttaglia pluridecorati, con espe rienza, amici e consule nti diretti di Emerson . A on or del vero, questa notev ole lama deve la sua fama a un privato collezionis ta texano che ne ha comm issionato il disegno come prototipo estrapolando le caratteristiche partic olari che hanno reso unico il folder CQC6: la lama tip o “Tanto” con punta ribas sata a filo solo su un lat o in ATS 34 con finitura sabb iato acciaio battle tested da Emerson, durezza di 60 Rockwell, un’impugnatu ra in sintetico antiscivolo, iso lato alla corrente, e all ’us ura da materiali corrosivi, de tto GRIVORY molto sim ile allo ZYTEL. Un codolo termi nale in acciaio inox 304 co n funzione di martello o “sk ull crusher”. L’azienda che ne ha cu rato la messa in produzio ne è stata la TIMBERLINE/G ATCO del Colorado, ditta leader nei progetti semi -custom negli anni Novan ta molto curati e con tiratur a limitata. Stabilito il dis eg no dell’intero coltello, bisog nava lavorare oltre che sull’impugnatura, e sull’e rgonomia, anche sul sis tema di ritenzione con un fod ero tattico multiposizio ne : l’imput è stato dato da Vanghn Nealy con una custodia in kydex e cordura balis tica con doppio sistema di tenuta, mai visto prima su un modello di produ zione industriale di quegli an ni. Il coltello è stato ins ignito nel 1994 del premio “m igliore creazione dell’a nno” in U.S.A. e ha partecipato vittoriosamente ai massa cranti tests dei NAVY SEALS. Solo il prezzo elevato e la difficoltosa produzio ne semi-custom ne hann o impedito il successo me ritato.


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A CURA DELLA REDAZIONE COPYRIGHT IMMAGINI MARCO ALBERINI BY TNM E 9° REGGIMENTO INCURSORI

IN VOLO CON GLI INCURSORI DEL NONO

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TECNICA DI INSERZIONE TRAMITE AVIOLANCI CON PROCEDURE HALO-HAHO

dalla presenza di aeroporti e strisce d’atterraggio. L’inserzione tramite aviolancio consente di sfruttare al massimo l’autonomia e l’ampio raggio Una delle fasi più delicate delle d’azione degli aerei da trasporto Operazioni Speciali è I’inserzione/ ma limita la quantità di materiale e infiltrazione ovvero, quella serie di mezzi trasportabili riducendo quindi attività condotte per portare il nucleo l’autonomia delle unità paracadutate di incursori dalla base operativa sino a oltre che essere fortemente ridosso dell’obiettivo per I’assolvimento subordinata delle condizioni del proprio compito. La differenza meteorologiche. Inoltre, dal momento tra inserzione e infiltrazione è che in cui l’operatore prende terra vi è la prima è effettuata tramite mezzi una fase di massima criticità durante non propri delle Forze Speciali (aerei, la quale il personale non è pronto navi, elicotteri, sommergibili, etc. al combattimento ed è vulnerabile etc..) mentre la seconda si sviluppa a qualsiasi attacco da parte di forze con l’impiego di veicoli in dotazione avversarie anche scarsamente alle Forze Speciali (automezzi, organizzate. Questa fase, durante motoveicoli, trasportatori di superficie la quale gli operatori si liberano del e subacquei etc. etc) ovvero a piedi. paracadute, condizionano il materiale Tra i metodi di inserzione più usati e e l’armamento per il trasporto e il da sempre caratteristici delle Forze combattimento e si riuniscono in unità Speciali che, non a caso, sono prima operativamente significative, ha una di tutto dei paracadutisti militari, durata estremamente variabile legata vi è I’aviolancio che consente alle alla tipologia di aviolancio effettuato e unità trasportate di prendere terra di paracadute impiegato, alle condizioni evitando l’atterraggio del velivolo atmosferiche, all’addestramento del e, di conseguenza, precludendo personale ed alla morfologia della TNM ••• 76

zona di atterraggio. Proprio per le considerazioni poc’anzi enunciate, gli incursori prediligono aviolanci notturni, in zone remote, scarsamente individuabili, di ridotte dimensioni e, magari, in condizioni meteo al limite, effettuati per piccoli nuclei e soprattutto con modalità tali da occultare o dissimulare anche il velivolo che li trasporta. Da questa esigenza si è cominciato ad utilizzare, alla fine degli anni settanta, la modalità di aviolancio da alta quota. Storicamente i lanci da alta quota provengono dagli studi effettuati dal Colonnello John Stapp che alla fine degli anni ’40 conduceva in America esperimenti, che eseguiva personalmente, riguardanti le procedure di espulsione dei piloti di aereomobili ad alta quota. La US Force ha continuato poi negli anni ’60 questo tipo di esperimenti e arrivando poi al primo documentato lancio operativo ad alta quota condotto da membri del MACV-SOG durante la guerra del Vietnam che si sono infiltrati con questa tecnica in Laos. Il


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Incursore del 9° reggimento “Col Moschin” in fase di preparazione per lanci HALO HAHO con arma e zaino al seguito; si noti la configurazione a “zaino dietro”, tecnica studiata e approfondita dal 9° reggimento per migliorare la stabilità del paracadutista durante i lanci.


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Particolare sugli strumenti analogici e digitali per la navigazione da alta quota; gli strumenti sono alloggiati in un apposito supporto che rimane all’esterno della buffetteria pettorale per un’agevole consultazione da parte dell’incursore in volo

9° reggimento “Col Moschin”, pioniere nel settore in Italia, ha cominciato ad adottare questa tecnica agli inizi degli anni ottanta dotandosi sia dei materiali necessari sia delle procedure e dell’addestramento indispensabili a garantire l’efficacia dello specifico sistema di inserzione. Una volta eseguiti i primi lanci sperimentali con le Forze Speciali statunitensi, il reggimento ha messo a punto uno specifico corso tramite il quale abilita TNM ••• 78

gli operatori già in possesso del brevetto da incursore e già avvezzi ai lanci operativi in caduta libera (con equipaggiamento, armamento, diurni e notturni) alla specifica procedura di lancio da alta quota con apertura del paracadute quasi immediata (High Altitude High Opening - HAHO) oppure con apertura alle quote usuali (High Altitude Low Opening - HALO). Oltre ad affrontare le difficoltà addestrative il reparto si è dotato

sempre di equipaggiamenti specifici ed all’avanguardia che sono stati manutenzionati nel tempo, aggiornati, modificati in base alle esigenze ed adattati per renderli compatibili con le nuove tecniche e procedure. Il reparto, unica unità della Difesa italiana in grado di esprimere la capacità di infiltrare nuclei di Forze Speciali da alta quota, possiede attualmente lo “stato dell’arte” per quanto attiene agli strumenti avanzati di navigazione


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Fase di preparazione ai lanci HALO HAHO; l’operatore assicura all’imbragatura lo zaino facente parte dell’equipaggiamento.

aerea e ai materiali specifici per i lanci HALO/HAHO. Da evidenziare anche che il 9° reggimento ha mantenuto con caparbia e determinazione tale capacità ininterrottamente sin dagli inizi degli anni ottanta facendo anche fronte, per circa un decennio (dal 1994 al 2004), all’indisponibilità di velivoli dell’Aeronautica Militare per tale tipologia di aviolanci ed impiegando nello specifico periodo unicamente velivoli civili oppure

effettuando i corsi e gli addestramenti all’estero con paritetiche forze di paesi alleati ed amici. Le problematiche dell’Aeronautica, legate sia all’indisponibilità di equipaggi specificatamente abilitati sia a questioni puramente tecniche (in tali anni le linee di volo degli aerei da trasporto sono cambiate passando dai vecchi C130H e G222 ai moderni C130J e C27) sono ora completamente risolte e il reggimento conduce con regolarità attività HALO/HAHO sia con velivoli militari sia con velivoli civili mantenendo volutamente la specifica abilità ad impiegare le due diverse

tipologie di aeromobili. La dimensione strategica del 9° reggimento è ulteriormente evidenziata dalla capacità HALO/HAHO in quanto, impiegando le specifiche procedure, unità operative del reparto possono essere infiltrate preservando la natura occulta e riservata dell’operazione con minimo preavviso, tempi contenuti (legati alla velocità, prontezza e disponibilità degli assetti aerei), in ogni parte del mondo (non necessitano di strutture idonee a far atterrare velivoli e gli incursori, specificatamente addestrati, possono atterrare anche in spazi ridotti) ed anche a grandissima


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Gruppo di incursori del 9° reggimento “Col Moschin” in attesa per un lancio HAHO addestrativo


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distanza dalle basi di partenza. Grande ed apprezzata sorpresa è stato scoprire che il 9° reggimento è utilizzatore della tecnica “tandem” cioè il trasporto di un passeggero da parte di un paracadutista. Questa tecnica militarmente è utilizzata in occasione di particolari operazioni in cui è necessario paracadutare personale tecnico specializzato che però non è abilitato e che non ha le capacità in autonomia di lanciarsi. Non solo il 9° reggimento ne è utilizzatore di tale tecnica ma è stata a tal punto consolidata e strutturata da permettere al reparto di possedere la capacità militari, nel senso operativo e tattico del termine, di trasportare

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passeggeri ad alta quota con l’impiego di apparecchiature ad ossigeno. IL CORSO DI ABILITAZIONE AI LANCI CON PROCEDURE HALO/HAHO PER INCURSORI. Il 9° reggimento è l’unico reparto delle Forze Armate italiane a possedere il know how per organizzare il corso di abilitazione alla condotta di aviolanci da alta quota. Tale addestramento, riservato agli incursori dell’Esercito già qualificati, ha una durata di circa 18 giorni ed include l’effettuazione di minimo 12 lanci da alta quota di cui minimo due da 24.000 piedi, due notturni da minimo 18.000 piedi con

armamento ed equipaggiamento completi e 4 lanci da minimo 18.000 piedi di navigazione (HAHO). Il personale prima di accedere al corso effettua un importante addestramento in camera ipobarica al fine di assumere la consapevolezza delle risposte del proprio fisico alla respirazione di ossigeno ed alla esposizione alle bassissime pressioni tipiche delle alte quote. Il corso inizia con una parte teorica durante la quale vengono illustrati i materiali, gli equipaggiamenti e gli strumenti che si impiegano e vengono approfonditi elementi di meteorologia, calcolo di navigazione aerea, topografia e procedure aviolancistiche, cenni sulle


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patologie fisiche legate all’eccesso ed alla carenza di ossigeno ed all’ipotermia. Per accedere al corso, oltre al brevetto da incursore (che implica, tra l’altro, di aver conseguito l’abilitazione ai lanci con la tecnica della caduta libera), bisogna dimostrare di possedere una consolidata confidenza e abilità nell’effettuare lanci in caduta libera diurni e notturni, con equipaggiamento ed armamento completo su superfici terrestri ed in mare sapendo risolvere inconvenienti e modeste difficoltà legate alle condizioni meteo ed a imprecisione del punto di uscita e garantendo l’atterraggio in prossimità del punto di arrivo pianificato. Al

termine del corso ogni frequentatore ha acquisito la capacità di saper pianificare ed eseguire aviolanci tattici da alta quota impiegando i materiali in dotazione e calcolando le navigazioni da effettuare in base ai venti ed alle condimeteo del momento. IL CORSO PER ASSISTENTE DIRETTORE DI LANCIO CON PROCEDURE AD OSSIGENO (ADLO). Oltre a brevettare gli incursori, il 9° reggimento ha da tempo istituito un corso per Assistente Direttore di Lancio con procedure ad ossigeno. Tale figura è infatti necessaria ed importantissima

durante i lanci ad alta quota. L’ADLO supporta il Direttore di lancio occupandosi principalmente di tutti gli equipaggiamenti di stoccaggio e di erogazione di ossigeno, della loro corretta collocazione a bordo del velivolo, del loro regolare impiego, della sicurezza degli operatori e della risoluzione dei problemi legati ai citati equipaggiamenti che si dovessero creare a bordo. Il corso ha la stessa durata del corso di abilitazione. Per accedervi bisogna essere incursori, avere conseguito l’abilitazione ai lanci da alta quota da almeno 5 anni, aver effettuato almeno 40 lanci con procedure ad ossigeno ed aver conseguito la qualifica di

Lockheed C-130J Hercules in fase di rullaggio; il 9° reggimento effettua con regolarità attività HALO-HAHO sia con velivoli militari, che con velivoli civili, mantenendo volutamente la specifica abilità ad impiegare le due diverse tipologie di mezzi


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Incursori del 9° reggimento a colloquio con il proprio DL (Direttore di Lancio) prima dell’imbarco per un lancio HALO


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Direttore di Lancio con la tecnica della caduta libera.

nella parte posteriore del corpo sotto al complesso paracadute. Lo “zaino dietro” permette all’incursore un I MATERIALI E GLI EQUIPAGGIAMENTI. controllo più accurato della propria posizione durante la caduta libera L’imbragatura consentendo, nei lanci con tecnica per i lanci tutto dietro. HALO, il riordinamento quindi la Realizzata dagli Incursori del 9° minor dispersione del team, nella fase reggimento, consente di effettuare i dell’aviolancio cosiddetta a “paracadute lanci in caduta libera tenendo lo zaino chiuso”, fino alla quota di apertura. TNM ••• 86

Il paracadute. L’evoluzione dei materiali di costituzione dei paracadute ha portato negli ultimi anni ad utilizzare “vele” sempre più performanti in grado di aumentare notevolmente le distanze percorribili durante la navigazione a paracadute aperto. In particolare, il 9° reggimento si è dotato di paracadute modello MTIZ e PARIS che permettono,


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Fase di imbarco di incursori del 9° reggimento su di un velivolo civile; il DL controlla attentamente ogni procedura

della vita evitando quindi i primi sintomi durante la navigazione fino al di ipotermia dovuti al deflusso del raggiungimento di quote fisiologiche sangue dalle dita delle mani. dove la pressione parziale crescente del gas non rende più necessario tale Gli apparati individuali per la ausilio. sfruttando la loro forma semiellittica respirazione ad ossigeno. e la porosità zero del tessuto, di Ogni singolo operatore e dotato sia Le “mucche”. percorrere in determinate situazioni di una maschera per I’erogazione Così simpaticamente chiamate non anche 70 km di distanza calcolata sul dell’ossigeno che viene attaccata al sono altro che delle bombole di terreno. Questi paracadute utilizzati casco, sia di una bombola individuale ossigeno alloggiate all’interno di per la navigazione sono sempre con ossigeno che viene agganciata un contenitore che presenta, nella adattati con prolunghe per i comandi, all’imbragatura del paracadute. Con parte superiore, dei bocchettoni per accorgimento pratico che consente a questi sistemi I’Incursore è in grado, I’erogazione dell’ossigeno stesso. chi guida la vela di poter effettuare tutte una volta abbandonato il velivolo, di Le “mucche” vengono montate a le manovre tenendo le mani all’altezza respirare autonomamente ossigeno bordo dei velivoli e permettono agli


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Incursori durante le fasi del volo di respirare, collegandosi ai bocchettoni, ossigeno da esse evitando di utilizzare la bombola individuale agganciata all’imbragatura del paracadute. Gli equipaggiamenti termici. L’esposizione alle basse temperature durante la navigazione a paracadute aperto è il primo nemico da combattere nei lanci con tecnica HAHO. Raggiungere i - 50°C alla quota di 8000 m anche nel periodo estivo non è un ipotesi remota. Le uniche armi per combattere I’ipotermia sono le combinazioni termiche capaci di proteggere I’lncursore dal freddo dal TNM ••• 88

vento e dall’acqua ma che allo stesso tempo devono essere resistenti alle sollecitazioni esterne, impiegabili dal combattente una volta arrivato a terra, occupare poco spazio, non intralciare i movimenti e consentire la traspirazione. Il 9° reggimento ha realizzato, in collaborazione con ditte specializzate, dei capi di vestiario ad alta tecnologia per l’impiego nello specifico contesto. Le nuove combinazioni sono composte da giacca, pantaloni, sovra calzari e da un paio di guanti che presentano anche un alloggiamento per l’eventuale scaldino chimico. L’abbigliamento è di colorazione mimetica ed è polivalente,

ovvero può essere impiegato dal combattente che dovesse operare in clima estremamente freddo o artico. Le radio. La capacità di C2 (Comando e Controllo) è alla base del successo di tutte le Operazioni Speciali moderne. Per la riuscita di un’infiltrazione HAHO notturna le radio sono un equipaggiamento fondamentale. Gli Incursori utilizzano durante gli aviolanci le stesse radio che vengono poi utilizzate per la condotta della missione e che garantiscono trasmissioni sicure. Gli apparati possono essere interfacciati ad altra strumentazione.


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Incursori del 9° reggimento “Col Moschin”nella stiva di un C-130J pronti per un lancio HALO, nella parte centrale del velivolo si notato gli erogatori di ossigeno indispensabili durante la navigazione in alta quota


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La plancia strumenti e gli strumenti di navigazione. Per raggiungere il punto desiderato di atterraggio, che può distare anche 70 km dal punto di rilascio, ogni Incursore naviga utilizzando una strumentazione montata su appositi braccetti estensibili che permettono di poter leggere i dati necessari in ogni momento della navigazione anche di notte e con la maschera per l’ossigeno indossata. Di base la strumentazione per la navigazione è costituita da un GPS (Global Positioning System) cartografico di ultima generazione e da una bussola retroilluminata. Chiaramente la “vecchia” cartina topografica è sempre parte integrante dell’equipaggiamento per la navigazione e viene sempre portata al seguito. TNM ••• 90

I sistemi di navigazione avanzata. Il reparto è dotato di sistemi di navigazione avanzata sui quali però vige il massimo riserbo. Da quanto ci è dato immaginare, si tratta di veri e propri “complessivi” che ogni paracadutista può portare durante il lancio, in grado di visualizzare la posizione di ogni paracadutista in navigazione, calcolare automaticamente le rotte ed i tempi delle navigazioni, visualizzare cartine e foto satellitari e fornire altre tipologie di dati connessi con i calcoli del punto di uscita. Tali sistemi sono interfacciabili con apparati radio in grado di inviare le informazioni citate ad una centrale operativa. I sistemi per il calcolo dell’HARP. Per poter calcolare il punto di uscita HARP (High Altitude Release Point )

il 9° reggimento dispone di software che permettono, una volta inseriti i dati relativi alla intensità e direzione del vento alle vari quote, di calcolare sia la distanza massima percorribile da un determinato paracadute sia la rotta di navigazione. Riportando i menzionati dati sui software cartografici, i team sono in grado di eseguire un’accurata pianificazione della navigazione da compiere. I lanci operativi Da un punto di vista operativo le due tecniche di lancio da alta quota (HALO/HAHO) vengono adottate in base alle necessità ed alle condizioni dell’ambiente meteomorfogeografico ed in funzione dell’avversario. La tecnica HAHO viene impiegata quando si ha la


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Incursori del 9° reggimento in volo per un lancio HALO, configurazione a dell’equipaggiamento a “zaino dietro”

necessità di pianificare un punto di uscita dal velivolo a rilevante distanza dal punto di atterraggio. Sfruttando la quota e l’efficienza delle vele in dotazione (paracadute a profilo alare con grande velocità di avanzamento rispetto alla velocità di caduta) e calcolando l’influenza delle correnti che, in determinate condizioni e a certe altezze possono superare velocità di 40 metri al secondo (circa 140 Km/h), si riescono infatti a coprire in navigazione a paracadute aperto distanze che possono superare i 60/70 Km. E’ possibile quindi oltrepassare linee di confine, zone non permissive, fasce in cui le armi di difesa aerea sono particolarmente concentrate lanciandosi a debita distanza e proseguendo a paracadute aperto.

Nel caso di una nazione costiera, il lancio può avvenire sulla verticale delle acque internazionali (senza violare lo spazio aereo nazionale) ed il personale può atterrare con facilità nell’entroterra, ben al di là della linea di costa. La procedura HALO è più indicata allor quando si ha la necessità di mantenere alta la quota di volo dell’aeromobile (per sottrarlo alla vista e delle armi di difesa aerea ovvero per confondere la traccia del

velivolo con le rotte abitualmente impiegate da aerei commerciali) ed aprendo il paracadute il più basso possibile (intorno ai 1000 metri) si possono raggiungere in breve tempo e occultamente zone di atterraggio in prossimità di specifici obiettivi. Le difficoltà che si devono affrontare per condurre con successo tali attività sono molteplici. Intanto è necessario disporre il più dettagliatamente possibile della situazione atmosferica


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La fasi di un lancio HAHO: l’incursore si lancia dal portellone, a 5 secondi di caduta apre il paracadute, si raggruppa con il resto del team che si mette in navigazione verso l’obiettivo

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e meteorologica del momento poiché, in base all’intensità ed alla direzione delle correnti e dei venti alle varie quote viene calcolato il punto di uscita e quindi la rotta degli incursori. Bastano piccole variazioni che la precisione del lancio (e quindi la possibilità di compiere la missione con esito positivo) può essere compromessa. Il personale deve essere inoltre equipaggiato per affrontare temperature bassissime. A quelle quote la temperatura scende facilmente sotto i -50” C e la resistenza del fisico a tali condizioni estreme è messa a durissima prova, Anche gli equipaggiamenti, come gli uomini, devono essere “speciali”, poiché a quote così alte per molti materiali si scende sotto la temperatura di transizione duttile-fragile e gli stessi si rompono con impressionante facilità alla minima sollecitazione. Si pensi agli schermi LCD delle strumentazioni (GPS, PC, calcolatori di rotta etc. etc.) od al vestiario che, qualora si laceri, sottoporrebbe a serio rischio di congelamento I’Incursore ancora prima che lo stesso abbia toccato terra. L’allenamento, la resistenza ed anche la forza fisica sono da considerarsi un prerequisito irrinunciabile poiché il lancio rappresenta solo l’inizio della missione per le Forze Speciali, seguirà l’infiltrazione (spesso a piedi, con carichi rilevanti, in territorio ostile e spesso in condizioni meteorologiche e ambientali al limite), il conseguimento dell’obiettivo e, se tutto va bene, I’esfiltrazione ed il ritorno alla base. Arrivare “spompati” all’atterraggio o magari solo snervati dall’eccesso di adrenalina accumulata durante il lancio può compromettere la buona riuscita dell’operazione. La professionalità, la confidenza con l’ambiente e gli automatismi nell’applicare le corrette procedure si rivelano quindi elementi essenziali ed indispensabili per la condotta di tale tipologia di lanci.


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PERSONNEL RECOVERY

E N O I Z A R A PREP DI DANIEL PIGA

In questa mia seconda analisi dedicata al mondo delle operazioni PR (Personnel Recovery), ritengo opportuno specificare che nessuno degli articoli scritti a riguardo ha l’intenzione di promuovere un sedicente “corso per corrispondenza” su tale mondo, bensì far conoscere questo complesso sistema il quale esprime uno sforzo enorme sia in termini umani, sia di mezzi per il recupero, talvolta, di un solo uomo. Per questo motivo non troverete nulla su come si svolgono gli addestramenti, bensì una descrizione generale delle operazioni e della preparazione tendenzialmente rivolta alla comprensione del sistema. Detto questo, e tornando al tema principale di questo nuovo capitolo, oggi voglio porre l’attenzione sul primo dei quattro pilastri sul quale ogni operazione di PR si sostiene: la preparazione. L’approntamento TNM ••• 96

delle PR è suddiviso in due fasi principali; una prima ove verrà focalizzato lo studio e la successiva stesura delle dottrine e delle policy, l’educazione e il più approfondito addestramento di tutte le parti interessate nelle operazioni PR, oltre lo sviluppo e acquisizione di equipaggiamenti idonei. Dopo questo primo momento sarà possibile passare alla seconda parte, la quale avverrà a ridosso della partenza del soggetto, o unità, o forza armata per una zona di impiego “a rischio”, che avrà lo scopo specifico di preparare tutti i possibili attori alla specifica missione. LA PREPARAZIONE GENERALE O A LUNGO TERMINE Policy e dottrine Tutte le operazioni moderne di PR prendono le mosse


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dalle operazioni effettuate in passato, dove i vari esperti e responsabili di settore hanno carpito tutte quelle informazioni necessarie a modificare e aggiornare il sistema per le operazioni future. Scorrendo le diverse dottrine (SOP) scritte dalla seconda guerra mondiale a oggi, è evidente quali e quante migliorie siano state apportate nel tempo. Fin tanto che i conflitti più moderni (come la guerra del Vietnam, la prima guerra del golfo, la guerra delle Falkland ecc.), avevano ancora una linea di fronte definita, un nemico palese da combattere e quindi uno scontro “abbastanza convenzionale”, le missioni PR erano generalmente confidate a personale di reparti speciali o similari, piloti e servizi segreti (giacché questi erano gli unici a operare oltre le linee nemiche e quindi più esposti a rischio di cattura). Con l’evoluzione dei conflitti e il

netto cambiamento del tipo d’impiego e missioni in cui (generalmente parlando) le nazioni della NATO si sono confrontate, la policy e le dottrine delle PR hanno subito un profondo cambiamento, andando a includere in tali operazioni qualunque persona, sia militare, sia civile, considerato “elemento Isolato”. Chiaramente, mentre la dottrina (quasi mai definitiva), una volta aggiornata, rimanga pressoché uguale per tutte le nazioni che eseguono operazioni di PR, le policy possono cambiare e distinguersi anche notevolmente. Infatti, mentre le dottrine o SOP (Standard Operational Procedure) dettano una linea guida generale su come le PR debbano essere organizzate, gestite ed eseguite, ogni stato detta la linea di condotta da adottare nei differenti casi in cui si dovessero prospettare elementi isolati. Pur non ritenendo opportuno, né tantomeno TNM ••• 97


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L’educazione e l’addestramento di tutto il personale partecipante alle operazioni di PR sono complessi e ricchi di variabili.

necessario, commentare come le diverse nazioni scelgano su metodologie specifiche d’intervento, mi sembra importante porre l’accento su questa differenza; per meglio spiegare questo concetto è sufficiente dire che taluni governi, fronte a determinate situazioni di “elementi isolati”, prediligano l’uso della diplomazia, mentre altri favoriscano l’intervento delle varie forze armate. Altri esempi del perché tali policy e dottrine siano state modificate negli anni, possono essere facilmente evinte andando a sfogliare i quotidiani usciti nei periodi dei passati conflitti e quelli odierni. All’epoca si potevano leggere decine di annunci a proposito di prigionieri fatti da forze regolari nemiche le quali erano sempre o quasi appartenenti a forze regolari di una o di un’altra nazione; gli stessi prigionieri venivano poi generalmente (non sempre) trattati secondo i parametri dettati nelle Convenzioni di Ginevra e mantenuti, fino alla liberazione, in “sedicenti’ TNM ••• 98

campi di prigionia. Chiaramente la percentuale maggiore di catture avveniva tra le file di reparti speciali, o piloti, quindi comunque personale che operasse all’interno del territorio nemico e oltre la linea del fronte. Nei quotidiani contemporanei le notizie riportano sempre più spesso episodi di sequestro di personale sia militare, ma soprattutto civile, che non faceva parte di questi reparti d’élite; oggi chi compie catture o rapimenti non sono più (nella maggior parte dei casi) forze regolari di un determinato esercito nazionale, bensì ribelli, terroristi, o guerriglieri di varie fazioni, sicuramente non più firmatari della convenzione di Ginevra, ma solo in cerca di un mero ostaggio nel tentativo di avere un impatto mediatico/ politico da poter poi sfruttare per interessi legati a soldi, armi, liberazione di “fratelli di guerra”. Un altro esempio del perché le policy abbiano subito tali cambiamenti deriva dagli screzi scaturiti dalla cattura


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da parte di nazioni non belligeranti, o comunque non direttamente coinvolte nell’area operativa, di personale militare o civile che per diversi motivi si trovino in luogo non autorizzato (come avvenne con i Marinai britannici catturati dagli Iraniani nel 2008). Anche in questi casi, se pur in una situazione completamente differente da missioni o guerre, il personale arrestato si troverà in una circostanza dove un’operazione di PR (probabilmente condotta soprattutto a livello politico) sarà necessaria. Da questi esempi, è quindi possibile evincere e comprendere le motivazioni che hanno spinto tutte le nazioni appartenenti alla NATO e oltre, a incrementare-modificare e implementare le dottrine PR inizialmente create nel passato. Educazione e addestramento L’educazione e l’addestramento di tutto il personale partecipante alle operazioni di PR sono complessi e

ricchi di variabili, difficili da spiegare esaustivamente in poche parole o righe. È necessario quindi specificare, che anche in questo caso, abbiamo una suddivisione della categoria “addestramenti” in due settori ben definiti. Il primo di questi settori è formato da tutto il personale che sarà coinvolto in un’operazione di PR rivolta al recupero: gli elementi delle varie cellule Comando e Controllo (CC), i reparti di volo, i team di ricerca e recupero che agisce sul terreno e così via. Queste esercitazioni saranno comunque conglobate nella normale routine addestrativa alla quale i vari attori partecipano: ad esempio, reparti di volo che compiono manovre per le varie missioni o compiti assegnatigli, potranno eseguire le stesse tattiche d’infiltrazione e movimento congiuntamente a una missione di recupero. Il motivo di quest’ultima affermazione pare evidente, le operazioni di PR per molti aspetti non differiscono molto da altre azioni militari, inoltre, come detto nel primo capitolo, non esistono reparti dedicati solamente al recupero, bensì ogni persona o assetto impiegato in un teatro operativo potrà/dovrà diventare attore principale di queste operazioni ogni qualvolta ne sia richiesta la partecipazione. Parte fondamentale di questa fase sarà lo studio di policy e dottrine, affinché tutto il personale sia sempre in grado di ambientarsi e operare immediatamente all’interno di un’operazione PR, senza dover quindi perdere tempo a capire la metodologia d’impiego quando ormai un’operazione PR fosse “on course”. Il secondo settore d’addestramento è invece dedicato a tutti coloro i quali corrono il rischio di diventare “elementi isolati”. Anche in questo caso buona parte delle lezioni impartite è inclusa nella normale routine formativa di un soldato. Chiaramente in questa fase il ruolo maggiore è da imputarsi all’ormai famoso e abusato corso SERE (Survive Evade Resist Escape) ed alla comprensione delle policy nazionali TNM ••• 99


PERSONNEL RECOVERY PERSONNEL RECOVERY PERSONNEL RE Un altro elemento che riveste grande importanza nella preparazione e studio di tutte le operazioni di PR, è l’equipaggiamento. Durante il recupero e il trasporto di prigionieri o dispersi, determinati equipaggiamenti ed attrezzature sono fondamentali per la sua riuscita.

mentre per tutto quel personale che per incarico o posizione manterrà un rischio palesemente basso, si limiterà l’insegnamento a un livello più blando (ma non meno importante). Altra problematica di questa fase addestrativa è rappresentata dalla coordinazione tra i vari elementi facenti parte un’operazione di PR. Come detto nel primo capitolo, l’assetto JOINT sia nazionale sia multinazionale è una peculiarità specifica di queste missioni. In ogni pratica, per quanto ben organizzata e coordinata, non è sempre possibile mettere insieme tutte le parti costituenti specialmente se si parla di assetti multinazionali. In questo caso, spesso, accade che il personale si ritroverà a lavorare con altre forze solo nel momento in cui una reale operazione PR sia lanciata. È per questo motivo che la produzione di dottrine e addestramenti standardizzati non solo a livello nazionale, ma anche nella NATO diventa di fondamentale importanza. Solo la completa applicazione di una dottrina comune a tutti può far si che le operazioni di PR svolte in assetto JOINT multinazionale possano avere un’alta percentuale di successo.

e delle dottrine in uso. Detta così, come spesso è frainteso, questa parte parrebbe abbastanza semplice, ma in realtà è molto complessa e presenta (talvolta) mancanze a vari livelli. Per comprendere agevolmente è necessario specificare che se un Corso SERE richiede solamente 3-5 settimane, il personale partecipante dovrà già avere nozioni specifiche che talune volte non appartengono all’iter addestrativo di tutti i soldati o civili (esempio abilità alla navigazione con uso di carte su grande scala, capacità di determinare una valida zona di atterraggio per elicotteri ecc.). Oltre a questo fattore vi è da considerare che preparare tutti i membri delle forze armate, anche per un corso di sole tre settimane, a causa anche della complessità del corso stesso, è uno sforzo che sia in termini economici, sia di tempo nessuna nazione può permettersi. L’organizzazione di tali cicli preparatori richiede, infatti, uno sforzo enorme, un numero d’istruttori elevato e un impegno finanziario certamente importante. Per questo motivo, nelle dottrine emanate negli ultimi anni, questi corsi sono stati suddivisi in tre livelli addestrativi, andando a informare e istruire il personale sulla base del compito assegnato e del rischio reale di trovarsi in situazioni critiche. Ad esempio, sarà necessario inoculare un percorso completo (quindi di massimo livello) a tutto il personale che parteciperà materialmente a operazioni di recupero (e quindi a forte rischio di trovarsi a sua volta in una situazione di “elemento isolato”), TNM ••• 100

Equipaggiamenti Un altro elemento che riveste grande importanza nella preparazione e studio di tutte le operazioni di PR è l’equipaggiamento. È sicuramente facile dedurne i motivi, infatti, se analizziamo i cinque momenti fondamentali di un recupero prigionieri o dispersi, non potremmo fare a meno di notare che alcune attrezzature sono fondamentali per la sua riuscita. Se è possibile confermare che non sussiste alcuna operazione di PR senza un elemento isolato, allora sarà altrettanto verosimile che non possa esistere elemento isolato se nessuno ne sarà informato. Alla base di questa semplice equazione c’è lo studio e sviluppo dell’equipaggiamento necessario. Più le dotazioni saranno efficienti e di facile e sicuro impiego, più le probabilità di eseguire con successo un recupero di “elemento isolato” saranno alte. Anche in questo caso, un ruolo da protagonista nell’evoluzione degli equipaggiamenti è stata l’evoluzione dei conflitti e dei teatri operativi, ma soprattutto lo sviluppo tecnologico; grazie a questi due fattori, gli equipaggiamenti in dotazione al personale impiegato in territorio “ostile” sono andati via via migliorando sia nella qualità, sia nell’accessibilità’; essi sono, infatti, assegnati non solo a piccoli gruppi di personale altamente qualificato (come i piloti o gli agenti segreti), bensì sono ormai accessibili e distribuiti alla maggior parte del personale impiegato sul terreno. Come accade per buona parte della formazione, l’equipaggiamento che oggi il personale ha in dotazione per operazioni di PR è lo stesso usato anche per altri tipi di operazioni. Andando a vedere cosa c’era nello zaino del team SAS che entrava in IRAQ nella prima guerra del Golfo, e analizzando gli


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equipaggiamenti odierni di un normale soldato, noteremo, infatti, che non solo è dotato di molti attrezzi che allora avevano solo le FS, ma sono anche migliorati notevolmente la qualità e il funzionamento degli stessi. Ad esempio, quando ancora i GPS (Global Position System) erano un’utopia anche per i piloti (negli anni ’90 spesso i piloti Durante “Enduring Freedom” alcuni piloti di di aerei non propriamente elicotteri assodarono una notevole difficoltà a compiere atterraggi tattici in luoghi desertici, nuovi navigavano con GPS dove a causa della turbolenza creata dal rotore acquistati in commercio), e dal successivo sollevamento di sabbia nell’aria oggi tutti i soldati o durante la fase di atterraggio, non avevano più la capacità di stimare la distanza dal suolo, con il quasi sono dotati di tale conseguente impedimento alla discesa. strumentazione, anche in grado di comunicare tempestivamente la loro successivo sollevamento di sabbia nell’aria durante posizione in modo autonomo(senza quindi la necessità la fase di atterraggio, non avevano più la capacità di effettuare alcuna comunicazione radio). Non so dire di stimare la distanza dal suolo, con il conseguente se questa tecnologia inizialmente sia stata sviluppata impedimento alla discesa. Al fine di migliorare le per esigenze di PR, o se sia evoluta per situazioni condizioni quindi, preferirono il volo senza porte e operative classiche. Quello che è certo, è che con lo apportarono una variante alle SOP di tutte le operazioni studio che ormai tutte le nazioni stanno portando avanti di volo, includendo ovviamente in primis le missioni PR. per sviluppare “il soldato del futuro”, c’è da aspettarsi Modifiche di questo genere nelle procedure standard che presto ogni singolo uomo sul terreno, venga delle operazioni di PR sono normalmente attuate non in dotato di apparecchiature e strumentazioni in grado grande scala, bensì solo ove tale cambiamento si renda di mantenerlo in contatto costante con la base, e di effettivamente necessario. Durante questa fase poi comunicare all’istante posizione, condizioni e ogni altra saranno riviste le esercitazioni, andando a intensificare informazione utile allo svolgimento delle operazioni e (ove possibile) tutti gli addestramenti specificatamente alla sopravvivenza del soldato stesso. mirati alle operazioni di PR, andando a trattare elementi caratteristici delle zone d’interesse. Saranno introdotti, LA PREPARAZIONE A BREVE TERMINE inoltre, allenamenti e/o lezioni specifiche sull’ambiente Con questo paragrafo entriamo nella seconda fase nel quale si dovrà operare, quindi nozioni base e della preparazione, in altre parole tutto l’insieme di avanzate su movimento e sopravvivenza in territori studi preparativi e addestramenti necessari prima desertici, giungla o qualunque essi siano. In fine, vi sarà dell’immissione in teatro operativo o in aree ad alto uno studio del caso e approvvigionamento di materiali rischio. Questa fase inizierà sempre con uno studio ed equipaggiamenti specifici, questo anche in base alle approfondito dell’area d’impiego, andando a porre possibilità economiche e alle innovazioni tecnologiche maggiore attenzione sulla situazione geopolitica del momento. nel territorio d’interesse (ciò per poter definire con maggior precisioni quali e quanti tipi di minacce e CONCLUSIONE rischi possano esserci), il clima, la tipologia di terreno Abbiamo quindi visto a grandi linee come si sviluppa e ecc. Anche in questo momento policy e dottrine svolge tutta la preparazione a queste operazioni di PR. avranno un ruolo importantissimo: a differenza della Ovviamente quello che qua è stato descritto in poche prima fase di preparazione però, esse non subiranno righe nella realtà richiede spesso molti anni. Non è, più alcuna modifica sostanziale, ma semplicemente infatti, così semplice impugnare policy e dottrine ed lievi varianti tali da adattare le procedure all’area apporre modifiche o altro, come non è difficoltoso d’impiego specifica. Per fare un esempio, alcuni organizzare degli addestramenti specifici su vasta scala, piloti di Black Hawk, durante “Enduring Freedom” magari anche in contesto multinazionale. Certamente in Afghanistan, assodarono una notevole difficoltà a l’ambiente operativo nel quale i membri della NATO compiere atterraggi tattici in luoghi desertici, dove operano insieme negli ultimi anni, ha agevolato molto a causa della turbolenza creata dal rotore e dal questo processo. TNM ••• 101


ARMI MILITARI ARMI MILITARI ARMI MILITARI ARMI MILITARI

UNA CARABINA DUE CALIBRI X95: L’ARMA DELLE FORZE SPECIALI DELLA PROSSIMA GENERAZIONE La storia del X95 è partita con la creazione della sub-machine gun IWI Micro-Tavor 9 mm, progetto conseguente allo sviluppo del assault rifle Micro-Tavor .5.56 mm. . Il nome Micro-Tavor è stato poi abbandonato nel 2008 e l’arma è stata rilanciata come X95, con l’idea di una carabina a doppio calibro. L’X95 è stato concepito in stretta collaborazione con operatori dei corpi speciali israeliani per rispondere alle loro specifiche esigenze. Strutturalmente progettato per contrastare le moderne minacce terroristiche in ambienti ristretti ed urbani, mantenendo un’ottima manovrabilità in questi luoghi, grazie alle ridotte dimensioni. L’ X95 è per eccellenza l’assault rifle delle Forze di difesa israeliane (IDF). Inizialmente erano state disegnate e proposte anche le versioni camerate nei calibri 40 S&W e 45 ACP, ma successivamente è stata poi prodotta solo la versione 9 × 19 mm. Come anticipato l’X95 è progettato per l’utilizzo di munizioni calibro 5.56 × 45 mm, ma è possibile impiegare un kit di conversione, di facile installazione, che può modificarne l’arma nel calibro in 9x19 mm, tutto ciò in base alla situazione tattica e all’impiego operativo dell’arma. L’utilizzo del kit di conversione elimina quindi la necessità di avere a disposizione due armi differenti per differenti impieghi. Il costruttore afferma che i due modelli sono simili per il 70% della struttura. Anche l’addestramento viene ridotto poiché l’arma , utilizzata nelle due versioni, mantiene misure, forma e caratteristiche di maneggio identiche. La carabina X95 ha la stessa configurazione bullpup dei modelli full-size, da cui si distingue di poco nella struttura per la versione del calibro base 5.56 × 45 mm. La versione 9 × 19 invece si differenzia per alcuni aspetti progettuali e di funzionamento: per esempio il sistema di chiusura TNM ••• 102


TARI ARMI MILITARI ARMI MILITARI ARMI MILITARI ARMI MILITARI A

X95 con MEPRO MOR ottica reflex e designatore laser, di seguito al MOR è montato un MEPRO MX3 Magnifier

SCHEDA TECNICA • configurazione Bull pup. • design ergonomico ottimizzato. • caricatori da 30 munizioni • silenziatore (optional). • composto da polimero modificato resistente ad alti impatti • canna intercambiabile • ottica reflex integrata • conversione da ottica diurna a notturna senza azzeramento

• 100% ambidestro. • capacità “OTB” • progettato per un minimo livello di manutenzione per l’operatore e l’armiere • ottiche di emergenza al trizio per il combattimento con scarsa fonte di luce • intercambiabile al 100% • blocco apertura otturatore all’ultimo colpo • tutte le parti di metallo con trattamento anticorrosione


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Dall’alto: X95 con soppressore di suono, ottica MEPRO 21 e flash light In basso: X95 dotato di ottica MEPRO 21 e MINIMON-I monoculare intensificatore di luce gen. III

a massa battente con funzionamento a otturatore chiuso, per l’impiego delle munizioni 9x19 mm. Inizialmente il Micro-Tavor usava caricatori (Uzi) da 32 munizioni, mentre ora per l’X95 si è optato per un adattatore nel caricatore originale da 5.56 mm. per consentirne l’utilizzo con il 9x19 mm. Il kit di conversione completo consiste dunque nella canna del calibro minore, l’otturatore e TNM ••• 104

nel predetto adattatore per il caricatore. Come per il Tavor, l’interruttore di controllo del fuoco è ambidestro, come anche la posizione della leva di armamento. Con questa modularità, gli operatori possono utilizzare la stessa piattaforma per una grande moltitudine di scenari, risparmiando tempo nell’addestramento e nelle parti di ricambio riducendo così anche i costi totali.


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S.O.D. SPECIAL OPERATION DEPARTMENT

SPECTRE PLATE CARRIER HCS DI FABIO ROSSI FOTO DI MICHELE FARINETTI

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Il prodotto descritto è “made in Italy” caratterizzato dal marchio della S.O.D. - Special Operation Department, ramo della affermata azienda di moda e abbigliamento Brooklyn S.r.l., il cui Quartier Generale è ubicato a Empoli (Firenze). S.O.D. produce abbigliamento ed equipaggiamento tecnico militare di altissimo livello dal lontano 1938 e attualmente ha raffermato queste peculiarità con commesse per forniture anche oltre i confini nazionali. L’azienda è alla costante ricerca di nuove proposte, tecnologicamente avanzate, sia nei materiali che nel design, in grado di fornire all’utilizzatore finale le massime performance. Molto importanti, infatti, sono i reports degli operatori che impiegano sul campo i loro prodotti e dai quali l’azienda ricava le modifiche e le soluzioni per il loro perfezionamento. Consiglio una visita al loro sito internet per poter visionare la corposa proposta di prodotti. STRUTTURA La conformazione dello Spectre permette di catalogarlo come “plate carrier modulabile” ed è caratterizzato esteticamente da una foggia decisamente classica. Alcuni accorgimenti costruttivi lo rendono, però, un capo unico e ne incrementano il confort e la vestibilità, soprattutto per gli operatori che devono indossarlo per prolungati periodi di tempo. La struttura portante, come tutti gli accessori, è completamente confezionata con l’utilizzo di Cordura® Dupont 1000 denari, che è un indubbio sinonimo di qualità, garanzia e durata. Le colorazioni attualmente disponibili sono il Black, l’ HCS, il Crye Multicam e il Vegetato italiano. Un allestimento BCM di fissaggio universale ricopre completamente TNM ••• 108

la superficie esterna in modo tale da poterlo assemblare con qualsiasi tipologia di buffetteria, reperibile in commercio, dotata del sistema MOLLE - MOdular Lightweight Load-carrying Equipment. L’armamento dei pals è composto da un nastro di ottima qualità che, a sua volta, è cucito con filo ad alta resistenza; in tutte le versioni di tonalità le tre


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righe pettorali e dorsali sono ricoperte con velcro. L’apertura anteriore dello Spectre avviene agendo su di un pannello velcrato; questo è abbinato ad un “cummerbund” suddiviso posteriormente in due sezioni, le cui regolazioni di attagliamento vengono determinate attraverso due fasce, sempre ricoperte con velcro. All’interno del “cummerbund” sono state

ricavate due tasche, una per lato, nelle quali possono essere fissate delle idonee buffetterie o sistemati piccoli oggetti o documenti. Una rete tridimensionale ad alta resistenza riveste la parte interna del plate carrier permettendo di innalzarne la traspirabilità e il comfort in ogni condizione climatica di impiego. Nella parte dorsale superiore è stata fissata la TNM ••• 109


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classica maniglia di trasporto per il recupero dell’operatore in difficoltà. Nella parte frontale e in quella posteriore sono allestiti due compartimenti idonei a poter accogliere delle piastre balistiche rigide “stand alone”, la cui stabilità è affidata a delle fasce di regolazione con velcro. Abbiamo configurato il nostro Spectre con un setup costituito da buffetterie S.O.D. e così composto: per la parte frontale due file di magpouch per caricatori in cal. 5.56 mm, tre interne al pannello di chiusura e due esterne e una tasca “admin” sulla fascia pettorale. Sulle fasce laterali lombari del “cummerbund” due large utility, anche se il loro accesso non è sicuramente dei più idonei. Sul pannello posteriore, le cui dimensioni nei plate carriers sono notoriamente limitate, abbiamo sistemato un piccolo zaino, che può contenere un sistema di idratazione e utilizzando i suoi pals esterni, due ulteriori utility pouch. ATTAGLIAMENTO L’azienda crede molto nella personalizzazione dei prodotti, infatti, lo Spectre viene confezionato in tre taglie M, L ed XL e la perfetta regolazione dell’attagliamento si ottiene, come già detto, “lavorando” sia sui nastri velcrati posteriori del cummerbound sia tramite le due fasce presenti sulle spalle. Quest’ultime sono rifasciate con due elementi soft, amovibili tramite velcro, che incrementano il comfort, soprattutto quando il peso stivato raggiunge livelli elevati. Sono inoltre presenti due righe di pals BCM che possono essere utilizzate per fissare e proteggere il cablaggio di un apparato di comunicazione o il tubo del sistema di idratazione e, due porzioni di velcro “femmina”, nella parte


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Alcuni accorgimenti costruttivi lo rendono, un capo unico e ne incrementano il confort e la vestibilità, soprattutto per gli operatori che devono indossarlo per prolungati periodi di tempo.

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TASCA POSTERIORE PER ALLOGGIAMENTO PIASTRA BALISTICA

a contatto con l’abbigliamento, per aumentare la stabilità.

TASCA FRONTALE PER ALLOGGIAMENTO PIASTRA BALISTICA

REPORT DELLE PROVE Abbiamo testato il prodotto durante una sessione di addestramento in poligono ottenendo un buon risultato nella gestibilità dei materiali trasportati, che concorre a determinare, quindi, un buon comfort generale. L’abbinamento di queste ultime caratteristiche con il design “slim e low profile” TNM ••• 113


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ESPLOSO VISTA ESTERNA ESPLOSO VISTA INTERNA

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VIPERA Giaccone termico antivento da combattimento. Il taglio corto è studiato per dare la massima compatibilità all’utilizzo di prime linee articolate oppure rescue belt configurate combat. La chiusura frontale è affidata ad una poderosa cerniera spirale YKK gr 8 in pattern. Un cordino elastico presente sulla bordatura inferiore permette di ottimizzare la lunghezza e quindi il confort. Il cappuccio sagomato permette grande libertà di movimento e un’alta protezione termica. Il guscio interamente rivestito di una speciale trama di Cordura traspirante protegge gli strati sottostanti dall’abrasione e dagli utilizzi estremi.

SOD COMBAT LINE PARÀ ONE PANTS 1.2 Pantaloni da combattimento in NyCo 50%-50% con trama Rip-Stop. L’estrema ergonomia del capo conferisce a questi pantaloni una libertà di movimento senza eguali. La struttura modella il corpo e ne segue le linee con aggressività assicurando la massima efficacia anche nell’utilizzo delle varie tasche presenti sul capo. La chiusura è affidata al doppio bottone slotted in pattern e ad una cerniera YKK in pattern. L’imbottitura sul girovita e i passanti in Cordura rendono confortevole l’utilizzo delle rigger belt anche in configurazione pesante. Il taglio innovativo e la capienza delle tasche scaldamano ne rende agevole l’utilizzo anche in presenza di fondine.


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Si ringrazia: BROOKLYN S.R.L. S.O.D. SPECIAL OPERATION DEPARTMENT Via XI Febbraio, 27 50053 Empoli (FI) tel. (+39) 0571 73041 / 73042 fax. (+39) 0571 72175 www.sodgear.com


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REGOLAZIONE DEL CUMMERBUND

della struttura, accrescono, come risultato finale, la rapidità e la fluidità nei movimenti nonché la velocità di estrazione dei serbatoi alloggiati nella buffetteria. Abbiamo utilizzato, come già in altri test, un SUV di medie dimensioni per analizzare le fasi di discesa e risalita da automezzi; qui abbiamo apprezzato il prodotto con un set-up minimale approntato sul pannello posteriore, soluzione obbligata, avendo riscontrato parecchie difficoltà dovute all’eccessivo spessore della configurazione iniziale a causa delle ridotte dimensioni degli spazi. Anche in questa occasione sono state effettuate delle prove a fuoco, sia da posizione static, sia in movimento, che hanno permesso di osservare una buona capacità da parte dell’operatore, sia nella gestione del tiro con l’arma lunga sia con quella corta. È stata anche appurata la tenuta della maniglia di trasporto che, anche se fissata per un breve tratto della parte posteriore, ha permesso di poter trascinare l’operatore, completamente equipaggiato, non evidenziando difficoltà o cedimenti strutturali. Per concludere, il manufatto analizzato, confezionato e commercializzato da questa seria azienda nazionale, non ha deluso le aspettative, dimostrando un livello qualitativo ben oltre i prodotti di alcune blasonate aziende straniere d’oltre oceano. Il prezzo senza accessori è di 299 euro. TNM ••• 117


SPECIAL REPORT SPECIAL REPORT SPECIAL REPORT SPECIAL R

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CIAL REPORT SPECIAL REPORT SPECIAL REPORT SPECIAL REPORT SPE Shooting on the move con Us Marshals

NASCE

TADPOLES TACTICS

THE UNIVERSITY OF STRATEGIC SHOOTING A CURA DELLA REDAZIONE

Tadpoles Tactics si differenzia dalle realtà simili del settore fondamentalmente per tre aspetti fortemente caratterizzanti: anzitutto la vocazione spiccatamente internazionale della struttura, il costante aggiornamento e la ricerca dei più moderni e concreti materiali formativi ed un canale di dialogo privilegiato nei confronti dei professionisti in divisa. Il carattere internazionale di Tadpoles Tactics è evidente già al primo approccio, oltre a essersi dotata fin dalla nascita del codice NATO NCAGE, ha rilasciato i suoi primi attestati agli operatori spec. ops. del 131st Rescue Squadron – Pararescue Jumpers in California. Questa sfida, accettata da chi non teme di mettere in discussione i propri materiali, sviluppati appositamente ed in esclusiva, è stata, oltre che un grande successo, il primo passo verso lo sviluppo negli Stati Uniti d’America TNM ••• 119


SPECIAL REPORT SPECIAL REPORT SPECIAL REPORT SPECIAL R Bersagli esplodenti “Tannerite”

di Tadpoles Tactics: nel breve futuro, infatti, sarà costituita in territorio USA una struttura apposita, destinata ad ospitare allievi americani e italiani, gestita in collaborazione con personale americano di straordinaria esperienza e professionalità. Il bagaglio di materiali, tecniche, studi ed esperienze che nasce da questo continuo dialogo con i professionisti del settore (Forze Speciali USA, U.S. Marshals, Law Enforcement Officers, Unità Antiterrorismo - STF, veterani) permette agli allievi di Tadpoles Tactics di avvantaggiarsi delle più selezionate fonti addestrative e di uscire dagli schemi del “solito” sistema formativo proposto. Questa necessità di ricerca e sviluppo, ha fatto sì che l’offerta formativa si dotasse, a completamento, di ulteriori corsi relativi al primo soccorso medico e alla difesa personale a mani nude. Fornire all’allievo o all’operatore solamente un insieme di tecniche e di tattiche operative/difensive per l’utilizzo delle armi da fuoco non è sufficiente: l’obiettivo della didattica di USS - Tadpoles Tactics è offrire una strategia comportamentale complessiva, sia essa difensiva o operativa, che accompagni l’individuo in ogni momento TNM ••• 120

della sua vita o del suo lavoro, attraverso un mindset che lo possa aiutare anche quando uno specifico protocollo non è attuabile. Le suddivisione dei corsi proposti è necessaria ma non stringente: è possibile, su richiesta, ritagliare programmi specifici e su misura. In ogni caso, tecniche e tattiche si dividono per soggetti: operatori militari, forze di polizia, rescue team, o cittadini responsabili. Quando è necessario ed opportuno i programmi formativi diventano interdisciplinari e i diversi soggetti possono avvantaggiarsi di tecniche e metodologie prese in prestito dai differenti scenari, costituendo lo standard migliore per fronteggiare qualsiasi tipo di minaccia o situazione critica. A livello logistico, l’attività di consulenza viene prestata senza limiti geografici in tutto il mondo; privati o Istituzioni possono usufruirne nelle location che più si avvicinano alle loro esigenze, sempre nel rispetto delle normative locali e in strutture adeguate. Un’anticipazione importante: ad ottobre Tadpoles Tactics ospiterà in Italia un istruttore americano di assoluto rilievo. Stay tuned!


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TIRO OPERATIVO DI DIFESA

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Una guida ai fondamenti del tiro di difesa e operativo. Un prodotto rivolto a tutti i possessori di pistole per difesa personale e ai professionisti della sicurezza. Essere in possesso di un’arma non vuole dire sapersi difendere. Nelle situazioni di pericolo si deve tener conto di molti fattori che possono alterare le percezioni e avere effetti negativi sul corpo e la mente. Quando si viene aggrediti non si ragiona lucidamente, il respiro diventa affannoso, i battiti cardiaci aumentano, le mani e le gambe tremano e sudano, e si può avere una diminuzione dell’udito e della vista. Queste cause ostacoleranno il normale uso dell’arma. Per questo motivo è importante conoscere bene le tecniche e allenarsi in modo efficace. L’istruttore: Marco Buschini.

• La nomenclatura dell’arma • Le norme di sicurezza Il DVD contiene un libretto di 16 pagine • Singola e doppia azione che approfondisce • La sicura abbatticane alcuni argomenti • Il carico dell’arma trattati nel DVD. • Lo scarico dell’arma Codice DVD: • La condizione psicologica D&B6861 • Il tiro di pronta risposta Durata: 40 minuti • La posizione di ready • Il tiro in ginocchio • Il tiro disteso al suolo • Il tiro in movimento • Lo sfruttamento dei ripari • Il cambio caricatore in emergenza • Gli inceppamenti e i malfunzionamenti dell’arma

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Argomenti trattati:

Marco Buschini nasce in Veneto nel 1965. All’età di 9 anni inizia a praticare assiduamente le arti marziali, ottenendo riconoscimenti agonistici a livello internazionale. Studia in Italia, Giappone e Stati Uniti. A 18 anni si arruola nella Polizia di Stato. A 30 anni entra a far parte, in qualità di istruttore, del GOS (Gruppo Operativo Speciale) della Polizia di Stato.L’8 settembre 2002, durante un’operazione di Polizia, viene gravemente ferito, portando comunque a termine con successo l’operazione, tanto da essere insignito di gradi per meriti straordinari e medaglia d’oro alle vittime del dovere. Nel 2004, in seguito alle lesioni riportate viene posto in quiescenza e fonda l’A.S.O., l’Accademia di Sicurezza Operativa, insieme al suo maestro di tiro, collega e amico, Marte Zanette. Attualmente l’A.S.O. è una delle più importanti scuole in Italia per la formazione professionale degli addetti alla sicurezza pubblica e privata. Marco Buschini si è allenato presso maestri o istruttori in molti paesi stranieri, tra i quali Francia, Svizzera, Israele, Stati Uniti e Giappone.


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DI T.COLONNELLO GDF MARIO LEONE PICCINNI

CONTRAFFAZIONE E CRIMINE ORGANIZZATO:

ANALISI DI UN FENOMENO DILAGANTE CAPACE DI AVVINGHIARE TUTTI I SETTORI ECONOMICI. GENESI ED EVOLUZIONE DI UN TRUST PARASSITARIO La contraffazione è un qualcosa che la letteratura fa risalire sino alle origini della storia dell’umanità, dai vasi e dai prodotti artigianali recanti sigilli copiati dell’antica Roma, sino al più celebre tra i falsi storici, un falso editto dell’Imperatore Costantino che finì per attribuire al Pontefice sovranità temporale sull’intero Impero Romano d’Occidente. Normalmente, con il termine contraffazione, vengono individuate tutte quelle merci considerate pericolose e non genuine, che recano segni mendaci o elementi distintivi falsi, ovvero che non rispondono ai requisiti minimi previsti per la categoria merceologica della quale fanno parte. Nella sua accezione più ampia e da un punto di vista meramente tecnico, la contraffazione si riferisce a fenomeni principalmente riconducibili alla produzione di merci che rappresentano o includono riproduzioni illecite di beni tutelati dal copyright (siamo in presenza della cosiddetta pirateria), ovvero alla fabbricazione e messa in commercio di prodotti che illegalmente recano un marchio identico ad un marchio registrato o che comunque non possa essere distinto da tale marchio. Attualmente, l’esistenza di strumenti

particolarmente efficaci e la globalizzazione dei mercati, rendono possibile la realizzazione di traffici estremamente remunerativi ed inimmaginabili tempo addietro, conferendo alla contraffazione la dimensione di una vera e propria holding criminale, capace di analizzare le dinamiche del mercato e di adattarsi alla domanda, di muoversi secondo le dinamiche delle imprese multinazionali e di sfruttare le condizioni favorevoli offerte dalle nuove tecnologie.

Prodotti contraffatti.

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Il fenomeno è quindi causa di gravi ripercussioni sull’intera economia del nostro Paese e della stessa Comunità Europea, si tratta di un gigantesco ed illecito business che avvinghia, stringendoli come presi da una morsa lenta ma inesorabile, tutti i settori merceologici: cosmetici, prodotti alimentari, pelletteria, articoli sanitari, abbigliamento, sigarette, farmaci, giocattoli, articoli di elettronica. I fatti di cronaca e gli ingenti e ricorrenti sequestri operati dalle Forze di Polizia


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dimostrano come, oramai, non esista categoria merceologica impermeabile alla illecita pratica della contraffazione. La capacità di innovazione e di ricerca, tradizionalmente alcuni dei punti di forza dell’apparato produttivo ed imprenditoriale nazionale, sono quindi messi in serio pericolo dall’interesse della criminalità organizzata all’illecito mercato del falso, con conseguenti deviazioni degli scambi commerciali e nascita di casi di concorrenza sleale. La contraffazione rappresenta quindi un’oggettiva grave minaccia per l’intera società civile, un fenomeno che reca danno e penalizza fortemente produttori e commercianti onesti oltre che costituire gravi rischi per la salute e la sicurezza stessa dei consumatori. A tal proposito non si pensi ad esagerazioni lessicali, ma si rifletta sui pericoli oggettivi che possono derivare dalla riproduzione non autorizzata di prodotti come farmaci e medicinali, giocattoli, pezzi di ricambio per automezzi e velivoli, alimenti e bevande. Purtroppo la cronaca recente è triste testimone del giustificato allarmismo che il fenomeno determina: è il caso di alcuni prodotti farmaceutici contraffatti che poi si scoprì contenere glicoldietilene (una sostanza tossica, utilizzata nella

preparazione di liquido refrigerante per veicoli), che nel 2006 causò la morte di oltre 100 persone a Panama, o del latte in polvere contraffatto che nel 2004, in Cina, provocò la morte di almeno 13 bambini, o ancora del raki contraffatto, la tipica bevanda alcolica turca, contenente livelli letali di metanolo, che cagionò il decesso di 23 persone. Oggi sono proprio i farmaci a rappresentare motivo di grande apprensione; la loro diffusione è in incremento incessante, grazie principalmente alla espansione planetaria di internet, impareggiabile canale di commercializzazione su larga scala, uno strumento utilizzato fortemente anche dalle organizzazioni criminali. L’Organizzazione Mondiale della Sanità quantifica in una forbice compresa tra il 7% e il 10%, la percentuale dei prodotti farmaceutici contraffatti presenti sul mercato, (tale percentuale raggiungerebbe il 30-40% in alcune regioni del continente africano); 50% sarebbe invece la percentuale dei farmaci pericolosamente acquistati dai consumatori direttamente on line da portali web sospetti o non ufficiali. Il ricorso alla rete, con riferimento sia al canale business to consumer, sia a quello business consumer to consumer, trova motivazione in fattori

come la semplicità di operare l’offerta in forma anonima, ovvero di potersi celare dietro identità fittizie. Internet ha quindi svolto un ruolo importante e fortemente contribuito alla attuale oggettiva internazionalizzazione della contraffazione. La continua crescita della domanda di prodotti del settore calzaturiero e della pelletteria poi, che spesso per la notorietà raggiunta dalle maison produttrici rappresentano per i consumatori veri e propri status symbol, ha determinato la nascita e lo sviluppo di un enorme mercato del falso, finendo per attrarre l’interesse di falsari e contraffattori incoraggiati dalla opportunità di conseguire cospicui profitti. Per realizzare tali obiettivi, i sodalizi criminali, possono oggi servirsi di manodopera a basso costo, materie prime facilmente reperibili, software ed attrezzature sempre meno costose. In generale si può affermare che l’espansione frenetica del fenomeno contraffazione è peraltro favorita dalla relazione tra elevati profitti realizzabili e rischi giuridici comparabilmente circoscritti, connessi al commercio degli stessi prodotti contraffatti. A supporto di tale tesi ed a titolo TNM ••• 123


LAW AREA LAW AREA LAW AREA LAW AREA LAW AREA LAW ARE Giocattoli contraffatti e pericolosi per la salute dei più piccoli.

di esempio, si pensi che a fronte di sanzioni previste per i reati contraffattivi meno afflittive rispetto a quelle previste in caso di traffico di stupefacenti, i profitti realizzati dal commercio di software contraffatto sono nettamente più elevati rispetto a quelli conseguibili mediante lo spaccio di sostanze stupefacenti. Oltre al citato conveniente rapporto costi-benefici, buona parte degli analisti, attribuisce lo sviluppo della cosiddetta industria del falso ai seguenti fattori principali: • la crescente domanda sul mercato di prodotti “marchiati” che rappresentano uno status symbol; • l’oggettiva difficoltosa situazione economico-finanziaria di molte piccole imprese; • la possibilità, per chi volesse entrare nell’illecito circuito produttivo, di reperire con facilità manodopera disponibile a fornire prestazioni di lavoro clandestinamente, in modo occasionale ed a prezzi relativamente bassi; • la progressiva delocalizzazione TNM ••• 124

I farmaci contraffatti sempre più spesso vengono commercializzati attraverso i portali internet.

di alcune fasi intermedie di produzione; • la crescente possibilità di reperire e di impiegare strumenti ed apparecchiature tecniche in grado di rendere semplice la duplicazione di beni e prodotti appartenenti a qualsiasi categoria merceologica.

Il fenomeno trova poi ulteriori elementi di scarso contrasto nei sempre più celeri ed assidui scambi di merci e di persone tra i vari Stati e l’inesistenza o l’attenuazione dei controlli alle frontiere. La filiera produttiva della contraffazione, quindi, oggi si sviluppa in senso verticale, partendo dalla


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fase iniziale del reperimento delle materie prime e del know how, sino alla commercializzazione finale dei prodotti. Il fatto che il know how originario di molti o della quasi totalità dei prodotti sia oggi in possesso di un numero sempre maggiore di soggetti in grado di realizzare merci del tutto uguali ed indistinguibili da quelle originali, è un ulteriore elemento di vulnerabilità delle già limitate potenzialità preventive. Da un punto di vista pratico, la realizzazione di prodotti contraffatti può avvenire sottoforma di sovrapproduzione degli ordinativi, ovvero, più frequentemente, in altre location produttive, ma sempre da parte degli stessi operai che lavorano o hanno lavorato in passato come façonniers in laboratori ed officine che producono per l’impresa madre. In definitiva, quello della contraffazione è un fenomeno con un forte impatto negativo su molteplici aspetti: • sul mercato, in quanto la presenza di prodotti falsificati danneggia l’immagine delle aziende che lecitamente producono e dell’intero mercato che dovrebbe garantire la liceità e la regolarità delle transazioni che in esso si realizzano; • sulla salute e sulla sicurezza dei consumatori; • sulle casse dell’erario pubblico, sono difatti manifeste le perdite fiscali determinate dalla mancanza di qualsivoglia imposizione sul reddito derivante dalla illegale attività. Gli Stati devono, inoltre, fare fronte a costi per attuare efficaci misure anticontraffazione, come il sostentamento ed il consolidamento di strutture di controllo, il sostenimento dei costi dei procedimenti giudiziari e delle campagne di sensibilizzazione pubblica. STIME DI UN CRIMINE DAI RISVOLTI SEMPRE PIÙ TRANSNAZIONALI L’Italia è senza dubbio uno degli Stati membri della Comunità Europea maggiormente coinvolti e colpiti dal fenomeno contraffazione, sia in quanto Paese produttore che consumatore. Nel nostro Paese, difatti, si registra

una domanda di prodotti falsi elevatissima, anche perché molti degli articoli contraffatti rappresentano un forte richiamo per tante persone che legalmente non avrebbero la possibilità economica di permettersi determinati beni. La storica presenza sul territorio di brand e marchi prestigiosi, ha invece permesso a produttori non autorizzati di utilizzare illecitamente i know how acquisiti, facendo dell’Italia un Paese produttore di prodotti contraffatti. Il pericoloso dilagare del mercato del falso, inoltre, rappresenta una seria minaccia per la competitività di un Paese come l’Italia, la cui struttura economica è primariamente fondata su imprese di piccole e medie dimensioni, le quali incontrano oggettivi difficoltà a dotarsi di strumenti idonei a contrastare in proprio l’illecito fenomeno. Anche se il fenomeno viene troppo spesso percepito dai consumatori come una forma non pericolosa di criminalità, la contraffazione in realtà causa danni letali, come le 200.000 persone che ogni anno muoiono di malaria in quanto curate con farmaci contraffatti o i 50.000 bambini che hanno perso la vita dopo aver ricevuto una vaccinazione antimeningite rivelatasi contraffatta. Oramai la cosiddetta industria del falso non può essere più considerata come un fenomeno periferico e secondario dell’economia mondiale. World Trade Organization (WTO) ed OCSE stimano nel 10% la percentuale di prodotti contraffatti rispetto al totale dei beni commercializzati sul pianeta; i beni illegali ammonterebbero ad un valore pari a 450 miliardi di dollari. Organizzazione Mondiale delle Dogane e Commissione Europea valutano invece che nell’ultimo decennio il fatturato dell’industria dei beni contraffatti sia aumentato del 1600% ed attribuiscono al fenomeno della contraffazione e della pirateria il 7% della merce commercializzate a livello mondiale, per un valore che oscilla tra i 200 e i 300 miliardi di euro. Il 70% della produzione mondiale di prodotti contraffatti proviene dall’area del sud-est asiatico (Cina principalmente, poi Taiwan, Malesia, Corea, Thailandia,

Pakistan), mentre il restante 30% della produzione mondiale proviene dal bacino del Mediterraneo; i beni sono destinati per il 60% al mercato europeo e per il restante 40% ad altre zone del pianeta. Secondo uno specifico rapporto elaborato dall’OCSE, i paesi d’origine delle merci contraffatte sarebbero nel complesso 149 (27 dei quali sono paesi OCSE; solo Islanda, Irlanda e Svezia sarebbero esclusi dalla citata black list). Per ciò che attiene all’area occidentale, i paesi capofila sono senza dubbio l’Italia, la Spagna, la Turchia, il Marocco ed i Paesi dell’ex blocco sovietico; Olanda e Belgio, invece, rappresentano zone di transito dei prodotti contraffatti oltre che luoghi di stoccaggio e confezionamento. Il fenomeno contraffazione è anche presente negli Stati Uniti, ove dilaga principalmente nel settore delle componenti elettroniche e dei beni di lusso. Il fenomeno trova peraltro fattore di sostegno nelle cosiddette “aree di libero scambio” (free Trade Zones o FTZs), ovvero aree che alcuni paesi hanno giuridicamente ubicato al di fuori della giurisdizione doganale, rendendole immuni a controlli ed ispezioni doganali; esempi importanti sono Panama e Dubai, oltre alle note FTZs della Repubblica Popolare Cinese, all’interno delle quali il divieto di scambiare prodotti contraffatti è una mera finzione commerciale, tenuto conto che le merci in transito non possono essere sottoposte a controllo od ispezione alcuna. Si stima che in Italia il volume d’affari dell’industria del falso ammonti ad una cifra tra i tra 4 ed i 7 mld di euro; il 60% del fenomeno riguarderebbe il settore della moda. Come si evince dai dati pubblicati sul Libro Verde della Commissione Europea “La lotta alla contraffazione ed alla pirateria nel mercato interno”, è possibile stimare che nell’UE le merci contraffatte rappresentino: • dal 5% al 10% delle vendite di pezzi di ricambio di autoveicoli; • il 6% dei farmaci; • il 10% delle vendite di CD; • il 16% delle vendite di videocassette TNM ••• 0125


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Sopra: controllo della Guardia di Finanza presso un laboratorio clandestino. Sotto: operazione congiunta tra Carabinieri e Polizia Locale che ha portato al sequestro di DVD, Borse di Prada, scarpe Hogan e altro abbigliamento contarffatto.

e DVD; • il 22% delle vendite di calzature ed articoli d’abbigliamento; • il 35% delle vendite di software. La contraffazione avrebbe causato la perdita di circa 40.000 posti di lavoro negli ultimi 10 anni, determinato un mancato introito fiscale pari al 21% del gettito IVA ed all’8% del gettito IRPEF. Da un punto di vista geografico, le aree della Penisola in maggior misura interessate alla produzione di prodotti contraffatti sono: Napoli (ed in particolare i noti “quartieri spagnoli”, le zone di Ottaviano, S. Giuseppe TNM ••• 126

Vesuviano e Terzigno), la Lombardia, l’hinterland milanese in particolare e la provincia di Prato (ove imponente è la presenza di cittadini di etnia cinese). Con riferimento ai sequestri di articoli contraffatti, i numeri parlano di un totale di 112.806.145 pezzi sequestrati dalla sola Guardia di Finanza nel 2009 (69 milioni di articoli sottoposti a sequestro per contraffazione, oltre 13 milioni sequestrati per la tutela del made in Italy e circa 30 milioni per violazione delle norme sulla sicurezza dei prodotti) e di 12.759.690 pezzi sottoposti a sequestro

dall’Agenzia delle Dogane. Gli stessi sequestri operati dalle Forze di Polizia dimostrano come negli ultimi anni la tipologia di prodotti contraffatti si sia dilatata, svariando dai beni di lusso a prodotti che possono avere un impatto sulla salute, come i farmaci, parti di autovetture, cibi, giochi per bambini, sigarette. Secondo recenti stime, la contraffazione in Italia alimenterebbe un giro d’affari pari a circa 7,8 miliardi di euro l’anno, mentre sempre secondo la stessa fonte, il mercato del falso a livello mondiale avrebbe raggiunto oggi quota 18 miliardi di euro. Ovviamente una stima esatta non è realizzabile proprio a causa della capacità delle organizzazioni criminali di celare e riciclare i proventi delle imponenti attività illecite connesse al florido mercato del falso. Come ovvio, l’industria della contraffazione non pubblica i propri bilanci, motivo per il quale le stime sono necessariamente induttive e quasi sempre elaborate per difetto. Secondo ricerche realizzate da Confindustria, il valore complessivo dei prodotti contraffatti in Italia ammonterebbe a circa 7 miliardi di euro; mentre secondo uno studio Sos Impresa Confesercenti (XII Rapporto 2010), il valore della contraffazione in Italia si attesterebbe su circa 6,5 miliardi di euro. La DIA, infine, quantifica il valore dei prodotti contraffatti in Italia tra i 3,5 ed i 6 miliardi di euro. A fronte di un fatturato che supera i 7 miliardi di euro, la perdita per il bilancio dello Stato in termini di mancate entrate fiscali, tra imposte dirette e indirette, ammonterebbe ad oltre 5 miliardi di euro; nel complesso il 2,5 per cento del totale del gettito dello Stato. Secondo il Censis, la contraffazione sarebbe stata causa della perdita di 250.000 posti di lavoro negli ultimi 10 anni a livello mondiale; 100.000 circa i posti di lavoro persi nella sola Comunità Europea. Con riferimento all’Italia, gran parte dei prodotti contraffatti provengono dalla Cina; la merce inizia un percorso, spesso via mare, passando attraverso Stati dove vigono scarsi controlli, sovente cambiando i documenti di


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trasporto ed essendo imballata a più riprese, fino a giungere nelle aree di destinazione per lo stoccaggio e la commercializzazione finale. Nel dettaglio, analizzando il fenomeno per singolo settore merceologico, il giro d’affari delle merci contraffatte in Italia espresso in miliardi di euro, sarebbe il seguente: moda 3.6, elettronica 1.4, giocattoli 0.6, cosmetici 0.5, farmaci 0.2. In ogni caso, è possibile affermare che l’Italia, a differenza dagli altri paesi, ha posto in essere una vigorosa azione di contrasto e di controllo all’import di merci a rischio provenienti soprattutto dalla Cina. Le inchieste internazionali condotte nel settore, hanno evidenziato come uno dei maggiori pericoli per l’industria legale italiana (e che interessa principalmente il settore moda e quello alimentare), sia oggi rappresentato dal cosiddetto Italian Sounding, ovvero la diffusione all’estero di prodotti che riportano nomi e loghi riconducibili all’Italia, ma che in realtà nulla hanno a che vedere con veri prodotti “made in Italy”.

in materia di marchi, brevetti, diritti d’autore, segni distintivi e modelli, relativamente al loro esercizio e sfruttamento economico”. Il contrasto alla contraffazione ed alla commercializzazione di prodotti non conformi agli standard di sicurezza europea e nazionali, rappresenta quindi un comparto operativo di assoluta rilevanza strategica per il Corpo, che destina risorse operative proprio ai controlli ed alle indagini anticontraffazione. Si tratta di un’attività principalmente basata su peculiari attività investigative orientate ad individuare gli anelli della filiera sia produttiva che commerciale della contraffazione e del falso, quali i canali d’importazione e d’esportazione, i laboratori di produzione ed i siti di stoccaggio e distribuzione delle merci illegali, sempre più spesso gestiti da organizzazioni criminali a strutturazione tipicamente “imprenditoriale”. Questi i dati principali dell’ultimo Rapporto sulle attività della Guardia di Finanza, per l’anno 2010 in materia di Si stima che all’estero 1 prodotto contraffazione: alimentare italiano su 4 sia contraffatto • oltre 110 milioni i prodotti contraffatti e che il fenomeno Italian Sounding o pericolosi sequestrati in Italia nel valga oggi circa 60 miliardi di euro corso del 2010; in termini di export, di cui 24 miliardi • 13.234 i soggetti denunciati con riferimento al ricco mercato all’Autorità Giudiziaria; nordamericano, 26 a quello dell’area • non esistono tipologie merceologiche europea e circa 10 agli altri mercati immuni al rischio contraffazione: (importante in tale ottica anche il ricambi per auto, caschi per mercato cinese). Secondo una ricerca motocicli, farmaci, cosmetici, ICE, se l’Italia riuscisse a recuperare giocattoli, figurine, oltre ai una quota pari al 25% sul mercato classici articoli di pelletteria ed nordamericano rispetto al fenomeno abbigliamento, accessori e prodotti Italian Sounding, il fatturato legale del Made in Italy; delle nostre imprese farebbe registrare • rispetto all’anno precedente, i un incremento pari ad oltre 4 miliardi sequestri di beni di largo consumo di dollari. hanno fatto registrare un aumento del 36%, mentre quelli di prodotti ALCUNI DATI SULLE ATTIVITÀ DI pericolosi per la salute sono saliti del CONTRASTO 33%; La Guardia di Finanza è, ai sensi • a testimonianza del sempre più forte della Legge n. 189 del 23 aprile 1959 il coinvolgimento della criminalità e del Dlgs. n. 68 del 19 marzo 2001, organizzata nell’illecito business, la Forza di Polizia specializzata nella sono state 341 le persone denunciate prevenzione e repressione di tutti per associazione a delinquere gli illeciti economici e finanziari, finalizzata alla contraffazione e 98 cui spetta l’attività di “prevenzione, quelle tratte in arresto (ben 50% ricerca e repressione delle violazioni rispetto all’anno precedente).

Il Rapporto IPERICO relativo al periodo 2008-2010, stilato dagli organismi preposti al controllo del territorio, parla di 56.055 sequestri operati dalle Forze di Polizia, per un totale di 174.207.586 articoli contraffatti sottoposti a sequestro. Gran parte dei sequestri sono stati operati in 4 regioni della Penisola: nel Lazio (12.156 operazioni, ovvero circa il 22% del totale dei sequestri effettuati sull’intero territorio nazionale), in Lombardia (8.664 sequestri, il 15,5% del totale), in Campania (6.760, circa il 12,1% del totale) ed in Puglia (5.358, il 9,6% dei sequestri complessivi). Le 4 regioni raggruppano quindi nel complesso quasi il 60% dei sequestri effettuati su tutto il territorio nazionale. In materia di sequestri, le categorie merceologiche maggiormente colpite, con una percentuale pari al 72% del totale delle operazioni, sono gli accessori (20.587 sequestri), i capi di abbigliamento (11.701) e le calzature (8.112 sequestri). I dati GdF sui soggetti segnalati all’Autorità Giudiziaria per contraffazione, parlano del 47% di soggetti italiani, 20% senegalesi, 16% cinesi e 5% marocchini. Il Valore stimato dei sequestri operati nel solo 2010, ammonta a complessivi euro 1.786.427.515 . Oggi i canali commerciali attraverso i quali vengono immesse nei circuiti le merci contraffatte spaziano dalle attività commerciali regolari, ai mercati irregolari, sino alle moderne vetrine sul web. In definitiva, anche se il canale di distribuzione cardinale dei prodotti contraffatti rimane quello che vede coinvolti ed impiegati illecitamente i cittadini extracomunitari (nordafricani e senegalesi in modo particolare), la diffusione della rete ha creato nuovi frequentatissimi canali di distribuzione. Per ciò che attiene alle attività di contrasto al fenomeno contraffazione a livello internazionale, la lotta avviene principalmente attraverso organizzazioni come la World Customs Organization (WCO), la World Intellectual Property Organization (WIPO) e l’Organizzazione Mondiale del Commercio. TNM ••• 127


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CRIMINALITÀ ORGANIZZATA E CONTRAFFAZIONE Oggi la contraffazione è un’attività criminale in rapida e forte espansione, un settore altamente seducente per la criminalità organizzata, principalmente per il fatto che l’illecita attività rende possibile realizzare profitti estremamente elevati, spesso anche a fronte di rischi penali relativamente bassi e con riferimento a molte aree geografiche del pianeta, per la mancanza di deterrenti legislativi. La diffusone su scala planetaria dei beni illeciti è oggi peraltro fortemente favorita dall’abbattimento dei confini nazionali, dalla globalizzazione e dalla conseguente apertura di nuovi mercati globali, dall’internazionalizzazione dei mercati. Gli innegabili effetti perniciosi del fenomeno sono quindi determinati anche dal sempre più frequente coinvolgimento delle consorterie criminali nell’illecito business, un fattore quest’ultimo, chiaramente emerso nel corso della recente audizione del Comandante Generale della Guardia di Finanza, Nino di Paolo, presso la Commissione parlamentare d’inchiesta sui fenomeni della contraffazione e

della pirateria. Il rapporto dipinge la contraffazione come un fenomeno criminale sempre più multiforme, articolato e transnazionale, in forte correlazione con l’evasione fiscale e contributiva, connesso al riciclaggio di denaro sporco, allo sfruttamento del lavoro nero ed al favoreggiamento dell’immigrazione clandestina. Il Comandante Generale della Forza di Polizia più intensamente impegnata nel contrasto all’illecito fenomeno, ha parlato della contraffazione come di un business nel quale emergono “i notevoli interessi e le sempre più forti ingerenze della criminalità organizzata, sia endogena che straniera”, attratta dai grandi profitti derivanti del mercato del falso, “a fronte di investimenti finanziari abbastanza contenuti e di un grado di rischiosità inferiore rispetto ad altre forme di attività delittuose”. Facendo il proprio ingresso nella gestione dei traffici dei falsi, il crimine organizzato ha imposto al settore un passaggio da un’attività di natura artigianale ad una produzione su larga scala, settata su impostazioni tipicamente industriali. Accade così che in determinate aree del territorio nazionale, ove più

Ai sensi del Regolamento CE n.1383/2003, una merce è contraffatta quando alla stessa“è stato apposto senza autorizzazione un marchio di fabbrica o di commercio identico a quello validamente registrato o che non possa essere distinto nei suoi aspetti essenziali da tale marchio di fabbrica o di commercio”. Secondo una recente indagine dell’osservatorio del Politecnico di Milano sul commercio elettronico, il fatturato dell’e-commerce nel nostro Paese crescerebbe ogni anno di circa il 50%. Il noto multimarket planetario e-Bay, ad esempio, crescerebbe annualmente di oltre il 100%, contando, solo in Italia, su circa 3.000.000 di utenti mensili, oltre 100 milioni di pagine visitate al mese e 20.000 negozi virtuali.

dalla produzione al commercio, dallo stoccaggio ai servizi di consulenza. Sul piatto, per attirare gli investimenti stranieri, ci sono esenzioni fiscali, riduzione dei dazi sulla riesportazione, sgravi sui contributi per i lavoratori assunti, piena proprietà dell’impresa senza obbligo di partner locali. Che il modello funzioni, è fuori discussione: il miracolo cinese è cominciato proprio da oasi come queste, con il delta del Fiume delle Perle in prima fila. Tracciare una mappa di tutte le zone esistenti è pressoché impossibile…”, tratto da “L’impresa globale va a caccia di free zone”, di Micaela Cappellini, Il Sole24Ore, settembre 2010. Fonte: Confesercenti, Centro Studi e Ricerche sulla legalità e criminalità economica, “Contraffazione e criminalità informatica: i danni all’economia e alle imprese”, 2007 e successivi aggiornamenti. Fonte: ricerca di Federalimentare. Il Rapporto prende il nome dalla banca dati condivisa sulla contraffazione dai

“…le Free trade zone sono quelle aree, all’interno di uno stato, in cui il governo fissa condizioni agevolate per l’esercizio dell’attività imprenditoriale,

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incisivo è il controllo del territorio da parte delle organizzazioni mafiose, le “famiglie” o le “cosche” impongano “la vendita dei prodotti contraffatti agli esercizi commerciali regolari, sostituendo questa prestazione al pagamento del pizzo”. La criminalità organizzata e le potenti famiglie mafiose, ricorrerebbero all’acquisto di merci contraffatte e falsificate, per riciclare profitti provenienti da altre attività illegali, come il traffico di stupefacenti e di armi. Gli investimenti di consorterie criminali organizzate hanno consentito la realizzazione di apposite strutture per la riproduzione industriale di beni contraffatti aventi le stesse peculiarità delle imprese legali. Si tratta quindi di siti e laboratori dotati delle più moderne tecnologie e con la possibilità di utilizzare per la veicolazione delle merci le medesime rotte utilizzate per i traffici illegali di armi, droga ed esseri umani. Oggi la contraffazione rappresenta quindi un’attività delinquenziale dai tratti transazionali, tramutata dalle organizzazioni criminali in una vera e propria holding capace di avvinghiare qualsiasi settore commerciale, di appagare la domanda

vari organismi a vario titolo coinvolti nel contrasto all’illecito fenomeno. Articolo 473 del Codice Penale, “Contraffazione, alterazione o uso di marchio segni distintivi ovvero di brevetti, modelli e disegni”: “Chiunque, potendo conoscere dell’esistenza del titolo di proprietà industriale, contraffà o altera marchi o segni distintivi, nazionali o esteri, di prodotti industriali [c.c. 2569, 2575, 2584, 2592, 2594], ovvero chiunque, senza essere concorso nella contraffazione o alterazione, fa uso di tali marchi o segni contraffatti o alterati, è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni e con la multa da euro 2.500 a euro 25.000 [c.p. 29]. Soggiace alla pena della reclusione da uno a quattro anni e della multa da euro 3.500 a euro 35.000 chiunque contraffà o altera brevetti, disegni o modelli industriali, nazionali o esteri, ovvero, senza essere concorso nella contraffazione o alterazione, fa uso di tali brevetti, disegni o modelli contraffatti o


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Un laboratorio cinese in Italia. Spesso i lavoratori sono sottoposti ad orari di lavoro massacranti, vengono pagati in nero e vivono all’interno degli stessi laboratori in condizioni disumane.

derivante da consumatori consapevoli e di trarre in inganno consumatori inconsapevoli. I networks che si occupano oggi di realizzare prodotti e provvedere alla loro allocazione sul mercato, sono dotati di estrema flessibilità, una peculiarità che consente loro di poter cambiare luogo o struttura a seconda delle esigenze del mercato o alle necessità operative. Il traffico delle merci illegali è peraltro agevolato dalle spedizioni intermodali e favorito dall’enorme volume di container che ogni giorno transitano nei porti della Penisola e negli hubs commerciali; un elemento oggettivo che rende impossibile poter operare approfonditi controlli sui container movimentati quotidianamente. Per le avvedute organizzazioni criminali risulta agevole, in presenza di tali condizioni, far transitare i carichi illegali attraverso destinazioni differenti in modo da dissimulare la reale provenienza delle merci ed ingannare gli organi di controllo sul vero luogo d’origine delle stesse. Anche nel settore contraffazione, le metodologie adottate dalle organizzazioni criminali per conservare il controllo sull’illecito mercato sono spesso basate sulla alterati. I delitti previsti dai commi primo e secondo sono punibili a condizione che siano state osservate le norme delle leggi interne, dei regolamenti comunitari e delle convenzioni internazionali sulla tutela della proprietà intellettuale o industriale [c.p. 474-bis, 474-ter, 474-quater, 517]”. Articolo 474 del Codice Penale, “Introduzione nello Stato e commercio di prodotti con segni falsi”: “Fuori dei casi di concorso nei reati previsti dall’articolo 473 [c.p. 4], chiunque introduce nel territorio dello Stato, al fine di trarne profitto, prodotti industriali con marchi o altri segni distintivi, nazionali o esteri, contraffatti o alterati è punito con la reclusione da uno a quattro anni e con la multa da euro 3.500 a euro 35.000 [c.p.p. 31]. Fuori dei casi di concorso nella contraffazione, alterazione, introduzione nel territorio dello Stato, chiunque detiene per la vendita, pone in vendita o mette altrimenti in circolazione, al fine di trarne profitto, i prodotti di cui al

violenza, con sistematico ricorso all’intimidazione ed alla corruzione. È il caso del recente attentato al direttore dell’associazione nazionale per la lotta contro la pirateria audiovisiva russa, rimasto vittima di un tentativo di omicidio a seguito di un’operazione condotta a contrasto della contraffazione. In Italia, ad esempio, secondo la Direzione Nazionale Antimafia, esponenti della camorra stabilitisi

in Liguria, obbligavano i negozianti ed operatori commerciali locali ad acquistare dal proprio gruppo criminale e poi rivendere al pubblico false griffe e prodotti contraffatti, inserendoli quindi nei normali circuiti di vendita e piazzandoli a consumatori inconsapevoli o convinti di acquistare prodotti originali. Le organizzazioni criminali più forti coinvolte nel mercato della contraffazione sono, senza dubbio, la Yakuza giapponese, le Triadi

Decreto Legge 14 marzo 2005, n. 35, “Disposizioni urgenti nell’ambito del Piano di azione per lo sviluppo economico, sociale e territoriale”, Articolo 1, “Rafforzamento del sistema doganale, lotta alla contraffazione e sostegno all’internazionalizzazione del sistema produttivo”: comma 7 “… salvo che il fatto costituisca reato, e’ punito con la sanzione amministrativa pecuniaria fino Articolo 474 ter del Codice Penale, (articolo a 10.000 euro l’acquisto o l’accettazione, senza averne prima accertata la legittima aggiunto dalla lettera c) del comma provenienza, a qualsiasi titolo di cose 1 dell’art. 15, L. 23 luglio 2009, n. 99), che, per la loro qualità o per la condizione “Circostanza aggravante”: “Se, fuori dai di chi le offre o per l’entità del prezzo, casi di cui all’articolo 416, i delitti puniti dagli articoli 473 e 474, primo comma, sono inducano a ritenere che siano state violate le norme in materia di origine e commessi in modo sistematico ovvero attraverso l’allestimento di mezzi e attività provenienza dei prodotti ed in materia di proprietà intellettuale. La sanzione di cui al organizzate, la pena è della reclusione da due a sei anni e della multa da euro 5.000 presente comma si applica anche a coloro che si adoperano per fare acquistare o a euro 50.000. Si applica la pena della reclusione fino a tre anni e della multa fino ricevere a qualsiasi titolo alcuna delle cose suindicate, senza averne prima accertata la a euro 30.000 se si tratta dei delitti puniti legittima provenienza…”. dall’articolo 474, secondo comma”. primo comma è punito con la reclusione fino a due anni e con la multa fino a euro 20.000. I delitti previsti dai commi primo e secondo sono punibili a condizione che siano state osservate le norme delle leggi interne, dei regolamenti comunitari e delle convenzioni internazionali sulla tutela della proprietà intellettuale o industriale [c.p. 474-bis, 474-ter, 474-quater]”.

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LAW AREA LAW AREA LAW AREA LAW AREA LAW AREA LAW ARE Sopra: Il porto calabrese di Gioia Tauro, un importante hub commerciale all’interno del quale transitano milioni di container. Forti gli interessi della criminalità organizzata. Tratto da www.calabriah24.it Sotto: ispezione della Guardia di Finanza all’interno di una cartoleria alla ricerca di eventuali prodotti contraffatti

cinesi, la mafia russa e la camorra (come noto una criminalità pioniera in due particolari forme criminali di investimento: il traffico di rifiuti ed appunto la contraffazione). In Italia le indagini di polizia giudiziaria hanno evidenziato una forte propensione a collaborare ed a stringere accordi relativi alla spartizione delle aree geografiche ed ai settori di intervento commerciale, tra la camorra ed alcune organizzazioni criminali cinesi. In Campania, ad esempio esistono numerosi laboratori gestiti da cinesi aventi collegamenti con la camorra, che procura le materie prime e si TNM ••• 130

occupa della distribuzione sul territorio dei prodotti finiti, dividendo poi parte degli introiti con i cinesi. Le indagini sulla camorra e le dichiarazioni di alcuni collaboratori di giustizia hanno inoltre permesso di accertare come le consorterie criminali camorristiche governavano ed amministravano i proventi della contraffazione in ogni area del pianeta, Sud America, Est Europa, Penisola Iberica, Centro e Nord Europa, Australia, Stati Uniti. Come emerso da investigazioni svolte dalla Guardia di Finanza e dalle altre forze di polizia, particolarmente significante risulta

la presenza delle organizzazioni camorristiche, mediante propri emissari, in siti di produzione locali, in paesi come la Turchia, la Cina e la Romania. Un elemento che può rendere l’idea di come la contraffazione in Italia sia un business in gran parte nelle mani della criminalità campana, è rappresentato dal fatto che il maggior numero dei procedimenti in carico alle singole Direzioni Distrettuali Antimafia, inerenti reati di contraffazione, sono stati iscritti presso la DDA di Napoli. La consorteria camorristica maggiormente attiva nel campo della contraffazione è rappresentata dal clan Mazzarella, avente ramificazioni ed importanti investimenti in Germania, Penisola Iberica, Inghilterra, Danimarca e Stati Uniti, un ulteriore conferma dell’esistenza di precisi e diretti legami tra criminalità organizzata ed il mercato della contraffazione, con ramificazioni internazionali ed accordi tra organizzazioni criminali italiane e straniere. La Direzione Distrettuale Antimafia di Reggio Calabria ha infine recentemente portato a galla infiltrazioni di natura mafiosa nell’ambito dell’importante porto commerciale di Gioia Tauro, evidenziando collegamenti tra la potente cosca Molè della ‘ndrangheta e la mafia cinese, finalizzati ad importare ingenti quantitativi di merce sottofatturata proveniente dalla Repubblica Popolare Cinese. Il porto di Gioia Tauro si conferma quindi un valico di elevata importanza strategica per i gruppi criminali, autoctoni ed esteri, dediti all’illecita introduzione in Italia non solo di ingenti quantitativi di sostanze stupefacenti e di armi, ma anche di merci industriali recanti marchi falsificati e contraffatti, destinati poi alla commercializzazione su tutto il territorio nazionale. Per l’attività di contrasto a livello di intelligence, un cenno merita il sistema Falstaff, uno strumento che consente di comparare le peculiarità dei prodotti sospettati di contraffazione con quelle dei prodotti autentici; il sistema, che consiste in una banca dati alimentata dagli stessi titolari


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Prodotti contraffatti.

dei diritti, permette agli operatori economici di agevolare la dogana nel contrasto alla contraffazione. Vi è infine internet, uno strumento dalle enormi potenzialità, capace di ampliare la flessibilità organizzativa del sodalizio criminale dedito al commercio di prodotti contraffatti e di garantire l’anonimato al venditore ed all’acquirente. In ogni caso, nonostante le prospettate sinergie tra feroci organizzazioni criminali che interessano il mercato del falso, la contraffazione è comunque considerata con particolare tolleranza dall’opinione pubblica. Si tratta evidentemente di un problema culturale riguardante anche i consumatori di beni contraffatti cui far fronte con vigore e decisione: anche per la contraffazione vale un assunto che deve far riflettere: non vi è offerta laddove non vi è domanda.

LA NORMATIVA ITALIANA IN MATERIA DI CONTRAFFAZIONE La legge n. 99 del 2009 intitolata “Disposizioni per lo sviluppo e l’internazionalizzazione delle imprese, nonché in materia di energia”, UN’ECONOMIA INQUINATA rappresenta il cardine della normativa DAL FENOMENO nazionale vigente in materia di Il danno economico generato contrasto alla contraffazione. Si tratta dalla contraffazione a sfavore di una legge speciale che ha rivisitato dell’impresa legale può essere gli articoli 473 e 474 del Codice Penale identificato nelle mancate vendite e previsto un notevole innalzamento subite da quest’ultima, nella perdita delle pene ed istituito importanti novità di immagine e di credibilità del come la confisca diretta obbligatoria marchio sul mercato, nelle spese dei pezzi contraffatti anche per legali sostenute per la tutela dei equivalente. L’articolo 474 ter del diritti di proprietà intellettuale, Codice Penale introduce le aggravanti nella riduzione della redditività degli nel caso in cui condotte, punite ai sensi investimenti in ricerca, innovazione dei citati articoli 473 e 474, siano svolte e marketing. È provato che i prodotti in forma imprenditoriale o sottoforma contraffatti vengono realizzati nel di attività organizzata. Dal punto di vista più completo disprezzo delle norme giuridico, quindi, l’articolo in questione a tutela della salute e sicurezza, configura un’associazione a delinquere finendo per costituire un serio simile a quella prevista dall’articolo pericolo per il consumatore, svilendo 416 bis del Codice Penale, ovvero quella che è la funzione tipica del l’associazione a delinquere di stampo marchio, ovvero di garantire un mafioso. Il delitto di associazione a segno di riconoscibilità mediante delinquere finalizzato alla commissione il quale l’utente sceglie sulla dei delitti cosiddetti di contraffazione base di specifiche caratteristiche ricade quindi nell’elenco dei reati del prodotto. Allo stesso modo, che, ai sensi dell’articolo 51 comma la contraffazione toglie risorse 3 bis del Codice di Procedura Penale, all’Erario pubblico attraverso sono di competenza delle Procure l’evasione delle imposte sia Distrettuali Antimafia coordinate dirette che indirette e danneggia il della Direzione Nazionale Antimafia. lavoratore impiegato nella filiera del Così come previsto dalla normativa falso, il quale patisce una condizione vigente in materia di contrasto al di lavoro manchevole dei diritti e traffico di sostanze stupefacenti, delle garanzie previste dalle leggi. anche la Legge n.99/2009 premia

l’eventuale collaborazione prestata all’Autorità Giudiziaria ed alle Forze di Polizia, qualora detta cooperazione si configuri come uno strumento di reale disarticolazione delle organizzazioni criminali. Aspetto ancora più importante è che Legge in argomento ha previsto, anche per il contrasto alla contraffazione, la possibilità per Autorità Giudiziaria e Forze di Polizia, di operare con specifiche azioni “sotto copertura” (acquisti simulati, agenti infiltrati, agente provocatore, sequestri ritardati), determinando il passaggio della competenze delle azioni investigative alle Procure distrettuali. Oltre che prevedere anche per la contraffazione la possibilità di applicare sequestri preventivi in virtù di quanto previsto dall’articolo 321 del Codice di Procedura Penale con consequenziale confisca penale obbligatoria, anche per equivalente e per sproporzione, la Legge in argomento ha ora stabilito la possibilità per le Forze di Polizia, di poter utilizzare per le attività investigative i beni (come automezzi, imbarcazioni, strumenti elettronici) sequestrati ai responsabili del reato di contraffazione. Va evidenziato, infine, che il Decreto Legge sulla competitività n.35/05, ha inasprito le sanzioni anche per coloro che acquistano prodotti contraffatti; la sanzione per coloro che si rendono responsabili di detta violazione, anche se rimane di natura unicamente amministrativa, può raggiungere la cifra di 10.000 euro. TNM ••• 131


DEFENCE SHOOTING ACADEMY

Si è concluso QUANDO? È una notizia che completerebbe la frase il primo corso ufficiale per Istruttori di tiro tattico difensivo della Beretta Defence Shooting Academy. Il corso, capitanato dal Direttore dell’Accademia Beretta Marco Buschini, allievo per molti anni del maestro Marte Zanette e coadiuvato dal “Chief Instructor” Sergio Giacoia, ha visto la partecipazione di dodici persone, tra cui diversi appartenenti alle forze di Polizia e all’esercito italiano, oltre a professionisti della sicurezza. Per citarne solo alcuni, hanno aderito: un tenente colonnello dell’esercito, un tenente del 7° Alpini, un maresciallo dei Carabinieri, un istruttore di tiro della Guardia di Finanza, due appartenenti alla Polizia Roma Capitale, un addetto alla sicurezza della FAO, un Magistrato della Procura di Milano. Il corso si è svolto presso il poligono “Le Tre Piume” di Agna (PD), una grande struttura addestrativa con la possibilità di eseguire molte tecniche difficilmente realizzabili in altre strutture. Da non dimenticare poi, l’occasione di acquistare le munizioni in loco grazie a un’armeria ben fornita. A cornice di tutto, nella struttura diretta egregiamente dai fratelli Mario e Giovanni Carli, c’è una trattoria, dove si possono assaporare i sapori di piatti genuini di un tempo. Il percorso formativo, della durata di ottanta ore (dieci giorni divisi in due periodi da cinque) è stato frazionato tra lezioni di teoria in aula e pratiche sul campo. Le parti TNM ••• 132

CORSO ISTRUTTORI DI TIRO TATTICO DIFENSIVO BDSA

teoriche hanno toccato vari argomenti tra cui le tecniche di tiro, le peculiarità delle armi da difesa BERETTA, le tecniche d’insegnamento in aula e sul campo, lo stress dell’operatore nel conflitto a fuoco. Le giornate iniziavano sempre in aula alle ore nove, dove i docenti affrontavano i vari argomenti, coinvolgendo gli allievi in discussioni costruttive e valutative sulle diverse tecniche e teorie degli insegnamenti. A tal proposito, il Direttore Marco Buschini, sostiene che, avendo in classe allievi con varie esperienze in materia di armi, si ottengano maggiori risultati che attraverso un approccio destrutturato dell’insegnamento, dove gli allievi partecipano in maniera attiva alle lezioni confrontando le loro teorie con quelle dei docenti. In questo modo, sostiene Buschini, gli allievi non subiscono le lezioni in maniera passiva, ma partecipano attivamente migliorando l’apprendimento. Dopo la pausa pranzo, alle due e mezza il corso è proseguito sul campo di tiro, dove gli allievi hanno avuto modo di applicare le tecniche e gli insegnamenti appresi al mattino in aula. Durante le giornate di studio, si esaminano le armi Beretta in particolare: Pistole serie 80, 90, Px4 Storm, 8000 Cougar, Carabina CX4 Storm, Fucile CX4 Storm Cal.12. Il tiro insegnato dalla BDSA è sicuramente diverso da ogni altro metodo: in queste lezioni si affrontano i problemi di un tiro da combattimento, dove le

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DEFENCE SHOOTING ACADE

Colonnello Dott. Antonino TROIA Comandante del centro Addestramento della II Brigata Mobile CC Riceve il Diploma AD HONOREM di Istruttore di tiro operativo

prime lezioni. Una lezione è stata tenuta dal professor Martino Farnetti, Vice Questore Aggiunto della Polizia di Stato in quiescenza, perito balistico forense tra i più famosi del paese. I partecipanti hanno potuto assistere alla sua lezione di balistica terminale con lo studio di vari casi realmente accaduti. Verso la fine del corso, ci ha onorato la presenza del Colonnello Antonino Troia Comandante del centro addestramento della seconda brigata Mobile Carabinieri, che ha assistito e in parte partecipato alle conflitti bellici nel mondo, varie attività in aula e a in primis Afghanistan e fuoco. Alla fine del corso gli Iraq, molte delle esperienze è stato conferito un Diploma con armi lunghe e corte di Istruttore di tiro BDSA ad le quali fino a poco tempo honorem. fa erano accettate dai più Al superamento degli come definitive, ora non esami, agli allievi è stato lo sono più. Durante le rilasciato un Diploma di lezioni, grande attenzione Istruttore di tiro tattico è stata data ai metodi Difensivo BERETTA che d’insegnamento che per un costituisce titolo ed è valido Istruttore sono fondamentali al credito formativo. al pari delle tecniche di tiro. Visto il successo di questa Gli allievi hanno studiato prima esperienza, e le varie I partecipanti del corso mentre ricevono l’ambito diploma di istruttore di tiro operativo alcune metodologie di richieste già pervenute “Public Speaking”, di agli uffici dell’Accademia gestione dell’aula, vari Beretta, è stato fissato il coperture e il movimento di Marco Buschini, poliziotto modi di fare una lezione e in pensione, ha una prossimo corso che avrà chi spara e dell’avversario lavoro di gruppo. Alcune lunga esperienza di luogo sempre ad Agna sono tenuti sempre in combattimento con le armi volte, i partecipanti hanno (PD) nelle date 01-04/22considerazione. A ogni messo in pratica prove da fuoco e a mani nude. 26 ottobre 2012. Per lezione, gli allievi sparano di comunicazione in aula Come gli altri Istruttori partecipare basta avere muovendosi nelle quattro ripresi da una telecamera della BDSA, si reca spesso un porto d’armi da difesa, direzioni verso un riparo che carpiva gli eventuali caccia o tiro a volo e alto, medio, basso o a ponte. all’estero per scambi e errori nel linguaggio verbale possedere una pistola da studi con famosi Istruttori Le tecniche di emergenza, e non, così da poterli di tiro, tra tutti Chuck difesa. soluzione di inceppamenti eliminare. Taylor, per essere sempre e manipolazioni tattiche, La sicurezza durante tutto aggiornato nelle evoluzioni vengono effettuate sempre Per informazioni in movimento se non della tecnica e della tattica. il corso è stata assoluta, ed iscrizioni: A differenza di quello che nessun concorrente ha dietro a dei ripari sicuri. sostengono vari istruttori di violato le quattro norme Ogni pratica tiene in BDSA: considerazione i movimenti tiro, Buschini afferma che le base della sicurezza tel. 041.432946 tecniche, negli ultimi anni, nell’uso delle armi da fuoco, e il rischio dell’operatore, Fax 041.5704897 sono in continua evoluzione: né le secondarie, regole che ma in egual misura bdsa@beretta.com in occasione dei vari sono state soggetto delle quelli dell’avversario. TNM ••• 133


POINT OF VIEW POINT OF VIEW POINT OF VIEW POINT OF VIEW DI DANIEL PIGA

UNA POSSIBILE SOLUZIONE… UNA POSSIBILE PROFESSIONE A seguito della crisi economica che ha investito tutta l’Europa ed in particolare la nostra amata nazione, si è parlato molto, in termini economici, del comparto sicurezza Italiano. Esso, infatti, è per molti versi considerato un elefante pesante sull’orlo del collasso, estremamente costoso (il 70% dei fondi è oggi destinato agli stipendi) e necessitante di modernizzazione, soprattutto a fronte dei numerosi impegni internazionali che lo vede coinvolto e dei numerosi tagli che la nostra nazione è stata costretta a dare, nel tempo, al comparto stesso (30% negli ultimi anni). Nei mesi passati, su quasi tutte le testate giornalistiche Italiane (ed in alcune internazionali), si è scritto ed ipotizzato molto su come ridurre lo strumento dalle attuali 182.467 unità (tra militari, civili, uomini e donne) a circa 151.000 unità; ciò per permettere allo Stato d’investire non più del 50% (pari a circa 7.100 Milioni di Euro) delle risorse economiche nelle paghe degli appartenenti al settore e dedicarne la rimanenza all’aggiornamento d’equipaggiamenti, materiali e strutture. Sono state formulate le più disparate ipotesi, nei corridoi delle caserme e degli uffici pubblici il brusio delle ipotesi aumentava a dismisura senza peraltro trovare riscontri oggettivi nella parte dirigente e responsabile delle scelte. I vari articoli di giornale si susseguivano, fornendo indiscrezioni giorno dopo giorno. Chiaro sin da subito (soprattutto agli appartenenti al settore) che arrivare, nel breve periodo, ad una soluzione del problema, sarebbe stato molto difficile, se non addirittura impossibile. In primis si è parlato del passaggio del personale del comparto sicurezza agli enti pubblici, poi di aspettativa comandata (o scivolo), poi di part-time, poi di questo poi di quello. Ma, in fine, una decisione sembra esser stata presa: ..aspettare. Si, aspettare che i vecchi escano per termini d’età o anzianità (che nel frattempo, contrariamente alle reali necessità fin ora descritte, è stata aumentata di ben tre anni), aspettare che il tempo faccia da se la dovuta cernita di personale, per avere, forse fra venti anni (2032 la data ipotizzata), finalmente un comparto sicurezza composto dalle famigerate 151.000 unità (che a quel punto, si osa immaginare, saranno ormai mediamente sopra i 40 anni d’età, limite oltre il quale un soldato non è più propriamente “operativo” al 100%) e poter allora iniziare a parlare di nuovi TNM ••• 134

e più seri metodi d’assunzione, attagliati alle necessità ed ai numeri richiesti. Ora, probabilmente, starete pensando che quest’articolo voglia essere una delle solite lamentele sterili ed inutili del comparto sicurezza, ma così non è; si tratta infatti della dovuta premessa ad un personale pensiero, forse una necessità, che sembra nessuno abbia mai valutato ed evidenziato. Si parla spesso della grande professionalità e dedizione del personale facente parte di questo importantissimo ed insostituibile comparto nazionale, ma mai (per lo meno con reale fattibilità) si è parlato della possibilità di portare nel mondo civile la loro professione e professionalità. Sembra quasi che il mondo del comparto sicurezza sia uno Stato a sé stante, con le proprie regole, leggi e persone.. da non “mischiare” al mondo cosiddetto “civile”. Bene, forse non molti sanno (o pensano) che il personale del comparto sicurezza, fin dall’inizio della propria carriera e per tutto il perdurare della stessa, apprende ed applica un gran numero di “mestieri”, paritetici a quelli cosiddetti “civili”, (talvolta anche molto rischiosi), ove la profonda conoscenza tecnica e didattica della materia, sta alla base della positiva qualificazione a tali impieghi. Allo stesso tempo, gli stessi, una volta varcata la porta dell’ente statale ed affacciati al mondo civile, non sono legalmente riconosciuti; tali nozioni, abilità e doti vengono di fatto “perdute” ed il personale, ormai fuori dalle mura del comparto, si ritrova ad essere spesso considerato alla stregua di un “comune” (mi si permetta il termine) studente uscito dal liceo classico... Ecco quindi che, insegnanti qualificati di varie specialità, tecnici, maestri d’arte, istruttori e specializzati, non hanno possibilità, non solo di praticare la materia da loro ormai profondamente conosciuta, ma nemmeno di apportare alla stessa società “civile” l’esperienza e la conoscenza acquisita in tanti anni di lavoro presso il Comparto Sicurezza Italiano (cosa che in molte altre nazioni, come accade ad esempio nella vicina Germania, è molto apprezzata ed anche fortemente incentivata). Ad esempio, un istruttore militare di paracadutismo non potrà mai, nel mondo civile, insegnare il paracadutismo (a meno che non abbia la possibilità di spendere decine di migliaia di euro per corsi, esami ed abilitazioni varie, alla stregua di ogni altro normale cittadino,


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In data 16 febbraio 2012, l’attuale ministro della difesa, ha illustrato le linee guida del suo progetto di riduzione dello strumento militare. Nel suddetto progetto si può leggere, ad esempio, che vi saranno degli incentivi, per permettere al personale del comparto sicurezza il transito al mondo civile.

pur padroneggiando la professione) come anche un tecnico di corde non potrà lavorare nel mondo civile come tecnico, perché non abilitato dall’ente preposto.. e ancora, una guida alpina militare non potrà mai esercitare il suo mestiere nel mondo civile, ecc.. Eppure gli stessi elementi possono, anzi devono, esercitare la loro professionalità quando impiegati con forze armate estere, quando impegnati in operazioni di protezione civile o quando, in ogni momento, fosse richiesto da enti “civili” un supporto di tecnici militari o della polizia (come ad esempio alcune università Italiane fanno; esse “sfruttano” tecnici del comparto sicurezza per elaborare e fornire “master” in varie materie, master che gli studenti pagano, a volte anche cifre consistenti e che fruttano al “tecnico” un pranzo, nella migliore delle ipotesi). Insomma, penso che anche per voi lettori sia possibile delineare delle incongruenze evidenti in questa situazione. Poche, ad oggi, sono le specialità che ancora sono riconosciute a pieno in campo civile, come per i medici, i piloti d’aerei ed elicotteri, gli istruttori di scuola guida ed altre, ma tutto il resto rimane una “professionalità blindata”. Alla luce di quanto detto, la mia considerazione dovrebbe essere abbastanza semplice, ma prima riassumiamo i punti sopra citati:

aumentando gli anni di necessario servizio prima della pensione, ecc..; • Al personale del comparto sicurezza è riconosciuta un’ampia professionalità; • La professionalità del personale e la loro professione, seppur “godute” anche da enti esterni, sono “blindate” all’interno delle “mura dello Stato”.

Ciò detto (e vale anche per molti altri colleghi), non comprendo come, dopo tante riunioni, tanti studi e tante parole spese, nessuno abbia mai preso in considerazione la possibilità di riconoscere le qualifiche (tutte) degli appartenenti al comparto Sicurezza Italiano, anche come qualifiche civili, insomma a dare agli stessi una possibilità di svolgere fuori dalle mura del comparto la loro professione. Vorrei comunque specificare che non sto menzionando possibilità di compiere un secondo lavoro (per quanto molte altre nazioni già lo facciano) ma semplicemente parlo di riconoscere ad un appartenente al comparto le sue qualifiche, nel momento in cui volesse transitare al mondo “civile”. Questa “dimenticanza / disattenzione” sarebbe stata comprensibile ed accettabile in un momento in cui si fosse cercato di aumentare i numeri del personale del comparto sicurezza e quindi, fornire tale possibilità, avrebbe • Si chiedono al Comparto Sicurezza sacrifici sempre portato ad un probabile esodo di fondamentali risorse maggiori per portare lo stesso ad un regime funzionale tecniche specializzate non voluto. Ma ad oggi, quando più ottimale; si sentono la necessità e la volontà di ridurre lo strumento, • Le varie manovre finanziarie hanno drasticamente quando più si vorrebbe vedere un esodo spontaneo del inciso sull’economia dell’intero comparto, non solo a personale in esubero (sembra quasi che si forzi il personale a cercare strade alternative con riduzioni delle pensioni, livello generale (negli stanziamenti), ma anche a livello individuale, bloccando gli aumenti per anzianità di servizio, aumento degli anni ecc.), nessuno ha ancora preso in TNM ••• 135


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considerazione la possibilità di rendere finalmente tutte le di conoscenze” tra il mondo del comparto sicurezza ed qualifiche del personale militare valide ed accertate per il il mondo privato. Un ottimo esempio di quanto appena mercato civile. In data 16 febbraio 2012, l’attuale ministro affermato è rappresentato dal mondo degli artificieri della difesa, ha illustrato le linee guida del suo progetto di (EOD) del Comparto Sicurezza; essi lavorano con esplosivi, riduzione dello strumento militare. Nel suddetto progetto congegni, materiali e sistemi non comunemente usati si può leggere, ad esempio, nel mondo “civile” e che vi saranno degli incentivi, viceversa. Questo obbliga per permettere al personale il personale del Comparto del comparto sicurezza il Sicurezza a fare corsi ed transito al mondo civile, aggiornamenti continui per come quello d’imporre alle poter poi applicare la loro aziende che siglano contratti competenza in un lavoro con il comparto stesso civile (ad es. una cava). (per contratti dai 100.000 In questo caso, sarebbe euro in su) di garantire una sufficiente fare come percentuale di posti (per fanno in molti altri Stati: “eventuali” nuove assunzioni) qualificare il personale non a personale già proveniente solo con corsi specialistici dal Comparto Sicurezza. interni al comparto, ma Ma nuovamente sorge LA con corsi riconosciuti nel Un istruttore militare di paracadutismo non potrà mai, nel mondo civile, domanda importante… se “mondo civile” (ove sono insegnare il paracadutismo a meno che non abbia la possibilità di spendere a quel personale non sono trattati comunemente tutti decine di migliaia di euro per corsi riconosciute legalmente gli argomenti d’interesse le qualifiche e l’esperienza civile) per affrontare, ottenuta in anni di professionale servizio, come potranno con un ulteriore “step”, la parte specifica del Comparto accedere a tali lavori? Forse in apprendistato? o reparto d’appartenenza. Potrei disquisire a lungo su Uno dei più grandi ostacoli che s’interpongono ad un quest’argomento, trattando nel dettaglio ogni specialità possibile cambiamento, è rappresentato dalle “lobbie di ed impiego, ma sono convinto che il concetto sia ormai categoria” che non vedrebbero con molto favore l’afflusso di chiaro. In un momento come questo, durante il quale lo personale altamente qualificato dal mondo statale a quello Stato sta cercando un modo per alleggerire lo strumento privato. Semplicemente esse (le lobbie) vedono la cosa “difesa e sicurezza”, in un momento in cui tutti vorrebbero come una concorrenza sfavorevole, soprattutto in virtù del vedere un esodo naturale di personale dal comparto, fatto che, il pensiero comune (in Italia), inquadra lo statale parlare di pensione anticipata con scivolo (ma nel frattempo come una persona che ha ottenuto le qualifiche in maniera aumentata di tre anni), parlare di pensioni ridotte o parlare semplice, senza quindi aver dovuto fare tutti quei sacrifici di passaggio all’amministrazione pubblica senza una reale (sia economici che materiali) che invece (sempre secondo il parificazione di categoria e di compensi, non può essere parere di queste “lobbie) sono richiesti nel mondo “civile”. realmente considerato LA soluzione. Viceversa, dare a quei Ovviamente questo pregiudizio (a mio parere) non è solo professionisti (che del loro mestiere hanno fatto un vanto sbagliato, ma anche molto offensivo. Basti pensare che un nazionale in campo internazionale) la possibilità di portare istruttore di tiro “statale”, ad esempio, ha dovuto affrontare la propria esperienza nel mercato civile, trasferendo tutta una selezione ed una concorrenza interna solitamente la loro professionalità ad un mondo commerciale avido fortissima prima di accedere a tale qualifica, ed una di competenze, porterebbe il duplice vantaggio di ridurre volta ottenuta, ha potuto/dovuto praticare la sua attività velocemente il pesante elefante e favorire il mercato civile incessantemente per tutta la sua carriera, addestrando stesso (favorendo quindi, in qualche modo, anche lo sviluppo personale di ogni provenienza sociale e sesso, personale economico). Probabilmente, così facendo, il nostro governo straniero durante le missioni internazionali, personale vedrebbe uno sgonfiamento reale, progressivo e rapido che, talvolta, non era nemmeno lì per una sua volontà del Comparto Sicurezza, dando così la possibilità a tante esplicita, ma bensì, inviato per necessità dalla Forza Armata nuove leve di trovare la loro strada al suo interno, dando allo d’appartenenza. In oltre, molto spesso, il personale del stesso tempo ossigeno alle casse del comparto stesso. Comparto Sicurezza, al fine di raggiungere LA qualifica, ha anche dovuto superare altri corsi professionali ed ha quindi Chiudo ringraziando il Direttore Mirko Gargiulo e la (in molti casi) qualifiche e conoscenze con uno spettro redazione di TNM per aver avuto la possibilità di scrivere molto più ampio del paritetico civile, cosa che potrebbe, in su quest’importante rivista un articolo che vuole essere fine ultimo, rendere la vita difficile ad un “professionista sicuramente costruttivo (se pur un tantino polemico) e mi civile” che cerca occupazione. Un altro reale problema auguro che possa dare spunti di riflessione a chi di questi è rappresentato dalla non sempre perfetta “comunione pensieri fa il suo mestiere quotidiano. TNM ••• 136


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ESPERIENZA E PROFESSIONALITÀ Alpha 22 Shooting Club è una scuola di tiro operativo difesivo, lunga distanza e difesa personale.La scuola nasce dalla passione e dall’esperienza dei fondatori i quali possono vantare una conoscenza a 360° in materia di tiro, dei materiali, e tecniche di difesa personale. LA MISSION: Efficienza, costanza e realismo sono le basi sulle quali si fonda Alpha 22 Shooting Club.Gli istrutturi di Alpha 22 possiedono un’ampia conoscenza in materia di tiro, acquisita e cresciuta anche grazie alle numerose esperienze in Italia e all’estero. E’ proprio grazie alla loro esperienza sono in grado di aiutare tutti i partecipanti ai corsi a non fare errori che in alcuni casi, potrebbero essere fatali.Le tecniche di tiro vengono assimilate con lo studio e con allenamenti continui, senza tralasciare il fattore sicurezza per la propria persona TNM ••• 138

e per chi ci circonda.Gli scenari proposti saranno di diverse tipologie e il tiratore potrà confrontarsi con ognuna di esse, imparando a valutare in breve tempo quale è la reazione più consona in quel determinato momento. Gli istruttori di Alpha 22 monitoreranno costantemente le azioni degli allievi. Durante i corsi sono inoltre previste delle sedute con fasi di reazione sotto stress, causato da azioni e reazioni in varie circostanze: la tecnica di tiro si può definire assimilata solo se si superano queste prove.


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KRAV MAGA ARTE MARZIALE DEI CORPI SPECIALI ISRAELIANI Il Krav Maga è l’arte marziale preferita dalla maggior parte degli eserciti, dei corpi speciali e delle forze dell’ ordine delle nazioni occidentali. Esso fornisce metodi non letali (per civili e forze dell’ordine) e metodi letali (per militari) per sopravvivere concretamente alle aggressioni reali. Questa disciplina di rapido apprendimento e continuamente aggiornata comprende: Colpi mirati ai punti deboli e vitali (con gambe e braccia e relative difese); combattimento contro più aggressori; lotta a terra; difesa da coltello, bastone, pistola; uso del coltello, del bastone telescopico ecc. Interamente illustrato in b/n. AUTORE: Giovanni Viscione: laureato in scienza della comunicazione, è presidente della FIRMA (Federazione Italiana Russian martial Art). Ha praticato per diversi anni Kick boxing, Thai boxe, Kempo, Karate, stili interni di Kung fu e altre discipline. Ex-istruttore di Shoot Fighting attualmente ricopre la carica di supervisore regionale della Federazione Krav Maga Italia; è anche il primo istruttore italiano di Systema, l’arte marzialedegli Spetnaz russi. EDITORE: Edizioni Mediterranee (stampato nel 2008) INFO: Formato 17 x 24 – 190 pagine interamente illustrate LINGUA: italiano PREZZO: 24,50 euro DISPONIBILE PRESSO: www.ritteredizioni.com

GUN DIGEST SHOOTER’S GUIDE TO 1911 Sicuramente una delle migliori opere di riferimento per tiratori professionisti, collezionisti e storici, questo libro è una dettagliatissima guida di uso della più famose creazione di John Brownings. Il volume offre consigli, trucchi e tecniche per comperare e utilizzare al meglio il modello 1911. Accompagnato da centinaia di dettagliate fotografie delle armi e degli accessori, munizioni comprese, offre inoltre le reali valutazioni di più di 50 varianti. AUTORE: Robert K. Campbell: l’autore ha un’esperienza di vent’anni nel settore della polizia americana. E’ istruttore di tiro e si occupa anche di testare i nuovi prodotti nell’ambito delle armi da combattimento. E’ uno degli scrittori più prolifici in questo ambito, collaborando anche ad un “magazine”online (www.gunblast.com). EDITORE: Gun Digest Book (stampato nel 2011) INFO: Formato 21 x 27, 5 cm – 190 pagine con circa 300 illustrazioni in b/n LINGUA: inglese PREZZO: 25,00 euro DISPONIBILE PRESSO: www.ritteredizioni.com


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THE SAINTS THE RHODESIAN LIGHT INFANTRY

MILITARY SURVIVAL LE TECNICHE DI SOPRAVVIVENZA DELLE FORZE SPECIALI E DEI CORPI D’ELITE Le tecniche di sopravvivenza – da predisporre trappole per animali a costruire un igloo o a curare punture di insetti e serpenti – non solo rappresentano una risorsa indispensabile per escursionisti amanti della natura selvaggia, ma possono diventare chiave di volta per trarsi fuori da molte situazioni di emergenza. Questo volume, in un agile formato tascabile, con oltre 300 disegni, spiega nel dettaglio tutte le tecniche seguite dai più importanti corpi d’élite del mondo, gli stessi che quotidianamente si confrontano con ambienti ostili e imprevisti di ogni genere, e che devono sempre contare su procedure sicure, sperimentate e davvero efficaci. AUTORE: Cris MacNab: ex-operativo del SAS inglese è esperto di survival, tema al quale ha dedicato circa 20 volumi di cui alcuni tradotti in lingua italiana dalle edizioni Mediterranee. E’ anche autore di innumerevoli romanzi ambientati nella comunità delle forze speciali. Vive in Galles dove svolge corsi sulla caccia in ambienti estremi. EDITORE: L’Airone (stampato nel 2011) INFO: Formato 12,5 x 18 – 317 pagine con circa 300 illustrazioni in b/n. LINGUA: italiano PREZZO: 20,00 euro DISPONIBILE PRESSO: www.ritteredizioni.com

Nell’arco di diciannove anni di storia, dal 1961 al 1980, la Fanteria Leggera Rodesiana operò strettamente nell’ambito legato alla controguerriglia, furono dei “cacciatori” per eccellenza. Composta da elementi di oltre 20 nazionalità, fu una sorta di Legione Straniera (molti giovani europei si arruolarono volontari per difendere i valori dell’”Occidente”). In particolare quest’unità definì (operativamente) il concetto di “Fireforce” ovverosia “Forza di fuoco”, concetto che prevedeva uno spiegamento rapido aviotrasportato in collaborazione con l’Aviazione e i “Selous Scouts”, l’altra famosa unità antiguerriglia rodesiana. La tecnica adottata ebbe effetti devastanti sulla guerriglia comunista di Mugabe e Nkono. Gli uomini della Fanteria Leggere effettuarono un numero di missioni con un altissima percentuale di perdite per il nemico (si contano tra i 12.000 e i 15.000 nemici uccisi a fronte di 85 deceduti in azione e 50 dispersi). I soldati del RLI, furono insigniti di 4 medaglie d’argento e 42 di bronzo. Imponente anche l’apparato iconografico, il testo è quasi interamente illustrato con foto per metà a colori e metà b/n. In allegato un DVD. AUTORE: Alexandre Binda: nato in Monzambico nel 1945, nel 1965 entra a far parte delle Forze Armate Rodesiane. Dal 1968 al 1982 grazie alla sua esperienza operativa e alla sua conoscenza linguistica fa parte di un Combat-Tracker teams in supporto all’esercito portoghese che operava in Monzambico contro la guerriglia comunista. Trascorre circa 15 anni nell’Esercito Rodesiamo (praticamente fino al cambio di regime nel paese). Vive attualmente in Inghilterra e tra l’altro scrive articoli per il Lion & Tusk, il giornale del Rhodesian Army Association. EDITORE: 30° South Publisher (stampato nel 2007) INFO: Formato 22,5 x 27 – 544 pagine con oltre 400 illustrazioni in b/n e a colori. LINGUA: inglese PREZZO: 70,00 euro DISPONIBILE PRESSO: www.ritteredizioni.com


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