TNM 2

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E W FEBBRAIO 2011 PERIODICO MENSILE

EURO 5,00

FIRE TEST DRAGUNOV IN CAL. 9,3X64

REPORT FROM

TACTICAL NEWS MAGAZINE - MENSILE ANNO I - N. 2 FEBBRAIO 2011 - SPEDIZIONE IN ABBONAMENTO POSTALE 70% - FILIALE DI MILANO

WWW.TACTICALNEWSMAGAZINE.IT • TNM n°2

N

MILITARY • LAW ENFORCEMENT • SECURITY

LA QUALIFICA DEI TIRATORI SCELTI DEL “COL MOSCHIN”

TEST BY TNM

PIRATE - CORPETTO MODULABILE TATTICO CORAZZATO

UNITÀ SPECIALE

ANTITERRORISMO SAJ DI BELGRADO

COLTELLI TATTICI POHL FORCE ALPHA 3

ARMI MILITARI NEGEV CAL. 5,56 NATO

MILITARY DIVING

MUTA “INTELLIGENTE” PER I SE.A.L.S



Trade Show Leaflet.indd 2

12/3/10 16:14:22


EDITORIALE EDITORIALE EDITORIALE EDITORIALE EDITORIALE UNA VOLTA È NESSUNA VOLTA, DUE VOLTE SONO MEZZA VOLTA E TRE VOLTE SONO UNA VOLTA! Ed ecco a Voi, puntualissimo come sempre (quando si mente bisogna farlo spudoratamente), il numero di febbraio di TNM. A parte gli scherzi, ci scusiamo con i nostri lettori, ma come disse Goethe, uno dei più grandi pensatori tedeschi: “Una volta è nessuna volta, due volte sono mezza volta e tre volte sono una volta!”, e anche noi, giovani editori, abbiamo bisogno di un po’ di “rodaggio” per mettere a punto quella complessa macchina che consente la pubblicazione di una rivista nei tempi prefissati. A maggior ragione quando la nostra scelta di fondo è la “qualità” più della “quantità” la quale ovviamente richiede necessariamente tempi più lunghi. Ma come tutti siamo disposti ad aspettare pazientemente i ritardi di una bella donna, sono convito che anche i nostri lettori preferiscano attendere qualche giorno in più, ma avere fra le mani una rivista graficamente e strutturalmente più curata e aggiornata, per quanto possibile, fino all’ultimo minuto e soprattutto con 16 pagine in più di contenuti. Nel numero di gennaio avevamo parlato di pirateria marittima e delle relative contromisure delle forze internazionali impiegate nel golfo di Aden. Anche se qualche risultato era stato ottenuto, il sequestro della petroliera italiana “Savina Caylyn” avvenuto l’8 febbraio scorso da parte di pirati nell’Oceano Indiano, rende il fenomeno di nuovo attuale. Auguriamo vivamente al comandante della nave Giuseppe Lavadera e a tutto il suo equipaggio nonché al personale di bordo della fregata “Zeffiro”, che sta seguendo da vicino gli accadimenti, che tutto si possa al più presto risolvere nella maniera migliore, anche grazie a quello “spirito italiano”, unico è irripetibile, che ci ha sempre contraddistinto nel mondo. Proprio per ricordare questo “spirito” e al contempo celebrare i 150 anni di unità del nostro Paese a partire da questo numero ci sarà una nuova rubrica; “Res Gestae” (gli atti di) che, in concerto con l’ufficio stampa dello Stato Maggiore dell’Esercito, renderà onore, di volta in volta, all’opera di uno dei tanti nostri caduti nell’adempimento del proprio dovere, poiché questi eventi non possono e non devono essere dimenticati. Sempre in questo mese parleremo nella rubrica: “Hot Point” del narco traffico in Messico, dove quotidianamente la guerra ai cartelli miete decine di vittime. Al momento di andare in stampa abbiamo appreso che il 16 febbraio è stato barbaramente ucciso un agente speciale dell’Agenzia di Sicurezza USA ( ICE ) che operava nell’ambasciata di Città del Messico. L’omicidio dell’agente dell’ICE è da ritenersi una cosa molto preoccupante ai fini del delicato rapporto tra USA e Messico, in quanto è il primo omicidio in assoluto su territorio messicano di un agente americano. Il problema della sicurezza da quelle parti scotta molto e la redazione di TNM anche in questo caso è riuscita ad anticiparVi un tema molto delicato, d’altronde la nostra filosofia editoriale è quella di essere sempre in prima linea in questo nostro immenso villaggio globale. Un immenso villaggio globale che in questo momento non sta attraversando un momento felice, basti pensare alle numerose proteste di piazza che hanno coinvolto e destabilizzato l’Africa Mediterranea. In particolare l’Egitto che è riuscito a capovolgere il regime autoritario di Mubarak, già da due anni in bilico dopo lo sganciamento degli USA. Queste proteste si stanno diffondendo in tanti Paesi che fino ad ora abbiamo sempre definito e vissuto come “moderati”, al punto di diventare, spesso e volentieri, meta delle nostre vacanze. In questo numero di TNM affronteremo anche argomenti più “leggeri” come l’alimentazione consigliata in un pattugliamento 24/36h, la nuova professione degli Operatori della Sicurezza, una dettagliata recensione su un must della Special Equipment- il Pirate - e molto altro... sperando sempre di incontrare, anche questa volta, il Vostro favore. Grazie ancora della Vostra gentile e cortese attenzione. Mirko Gargiulo


RIALE EDITORIALE


INDICE INDICE INDICE INDICE INDICE INDICE INDICE INDICE

02

068

06

LA DIVISIONE ETNICA AFGANA

016

INSIDE

EDITORIALE NEWS FATTI E MISFATTI

018

SCENARI OPERATIVI

074

SAJ UNITÀ ANTI TERRORISTICA DI BELGRADO

HOT POINT

082

022

DRAGUNOV LA TIGRE DI IZHMASH

NARCO-WAR

RES GESTAE

024

REPORT FROM

LA QUALIFICA DEI TIRATORI SCELTI DEL “COL MOSCHIN”

026

OPERAZIONI TATTICHE O.K.O.C.A. OPERAZIONI TATTICHE IN AMBIENTE DESERTICO

034

TEST BY TNM SPECIAL EQUIPMENT - PIRATE

042

MILITARY DIVING

UNA MUTA SPECIALE PER I SEALS

048

ARMI MILITARI LMG NEGEV

FIRE TEST

088

NEWS LAW ENFORCEMENT & SECURITY

090

SECOND CHANCE

PROTEZIONI BALISTICHE INDIVIDUALI

096

TACTICAL FITNESS

IL CONDIZIONAMENTO FISICO NEI CORPI SPECIALI

100

OPERATORE DELLA SICUREZZA

UNA VOLTA SI CHIAMAVANO BUTTAFUORI

104

SUPER CUSTOM

052

UNA CUSTOM IN 45ACP

OPERAZIONE ISOTOPE

COLTELLI TATTICI

SPECIAL OPERATION

106

054

POHL FORCE

AFRICAP

CTACTICAL GADGET

PMS’C

056

REGOLE D’INGAGGIO

IL DECALOGO DEL SOLDATO

060

TACTICAL MEDICIN TACTICAL CASUALTY COMBAT CARE

062

110

114

SOFT AIR FAIR FERRARA REPORT DALLA FIERA

116

TEST ASG

G&G SIG SAUER 552

124

TECNICHE DI COMBATTIMENTO CONSIGLI COMBATTIMENTO INDIVIDUALE RAVVICINATO

COME NUTRIRSI DURANTE UNA PATTUGLIA H24-36


CE


AROUND THE WORLD AFRICA E MEDIORIENTE EGITTO IN FIAMME Cairo – Situazione in rapida evoluzione in Egitto. Ad oggi, gli USA, starebbero trattando le dimissioni immediate di Hosni Mubarak, da rimpiazzarsi con un esecutivo di transizione guidato dal vicepresidente Omar Suleiman, ex direttore dei servizi segreti, con l’appoggio delle forze armate. I dimostranti in Piazza Tahrir (circa due milioni, secondo fonti giornalistiche) hanno annunciato che continueranno le proteste, finché Mubarak non avrà presentato le proprie dimissioni. Un milione gli egiziani scesi in strada invece ad Alessandria. Intanto si registrano violenti scontri tra manifestanti e sostenitori del regime, oltre a saccheggi, in buona parte effettuati dalla polizia, nota per l’elevato tasso di corruzione fra le sue fila. A margine delle proteste, preoccupa la possibilità che la Fratellanza Musulmana (gruppo islamico nelle cui fila ha militato anche Ayman al-Zawahiri, braccio destro di Osama Bin Laden), possa partecipare a future elezioni democratiche.

COMMERCIALI

ROVESCIATO IL REGIME DI BEN ALI Tunisi – Un mandato di cattura è stato spiccato contro il deposto presidente Zine el-Abidine Ben Ali ed i suoi familiari, fuggiti in Arabia Saudita. La fuga ha posto fine a tre settimane di dure proteste contro il regime e di scontri, che hanno provocato oltre 100 morti. Il regime di Ben Ali si è reso responsabile del clima di povertà e corruzione, diffusosi nel Paese nel corso dei 24 anni che lo hanno visto al potere. Le sommosse di Tunisi hanno scatenato un effetto domino, provocando rivolte in quasi tutto il nord Africa e Medioriente.

TNM ••• 06

TENSIONI IN ALGERIA Algeri – Abdelaziz Bouteflika, presidente e capo del governo algerino, ha annunciato l’abrogazione dello stato d’emergenza, in vigore nel Paese da quasi 20 anni. Al potere dal 1999, Bouteflika viene accusato dall’opposizione di aver causato l’aumento dei prezzi del cibo con le sue politiche economiche e di non essere stato in grado di utilizzare le risorse energetiche algerine, per migliorare le condizioni socioeconomiche della popolazione. A Gennaio, gli algerini hanno sfidato il governo, manifestando in piazza e chiedendo il ripristino delle libertà personali e collettive oltre alla liberazione dei prigionieri politici.


DISORDINI IN YEMEN Sana’a - Il Presidente Ali Abdullah Saleh ha recentemente annunciato che non si ricandiderà per le elezioni del 2013, passando invece il potere al figlio. La dichiarazione d’intenti non è però servita a placare gli animi di migliaia di manifestanti che, riunitisi nei pressi dell’università della capitale, hanno chiesto a gran voce le dimissioni immediate di Saleh. Nonostante la presenza, ad appena un chilometro di distanza, di sostenitori del governo, non si sono registrati scontri tra gli opposti schieramenti. Le proteste sono state innescate dalla discussione in parlamento sull’abrogazione dei limiti alla ricandidatura del presidente, facendo quindi temere che Saleh potesse rimanere in carica fino alla sua morte.

NUOVO ESECUTIVO IN GIORDANIA Amman – Le proteste contro l’incremento dei prezzi del grano hanno portato re Abdullah a sciogliere il Governo. Il giuramento di un nuovo esecutivo non ha però placato parte dell’opinione pubblica, che vorrebbe l’elezione diretta del primo ministro. Nei mesi precedenti il governo ha reintrodotto i sussidi a favore dei ceti disagiati ed aumentato gli stipendi dei dipendenti pubblici. Re Abdullah ha dato ordine al nuovo primo ministro di colpire duramente la corruzione ed avviare riforme per un sistema di governo maggiormente democratico.

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STATI UNITI ERGASTOLO PER L’ EX GUARDIA DEL CORPO DI BIN LADEN

L’ FBI SGOMINA LA MAFIA NEWYORCHESE New York – Con un’operazione senza precedenti per numero di personale coinvolto ed arresti effettuati, oltre 700 agenti della divisione newyorchese dell’ FBI e delle polizie locali hanno portato dietro le sbarre 127 appartenenti a Cosa Nostra. Gli ordini di cattura sono stati eseguiti a New York, Rhode Island ed in New Jersey ed hanno visto tra gli obiettivi, membri delle famiglie Colombo, Gambino e DeCavalcante. La famiglia Colombo sarebbe stata la più colpita, con l’arresto dell’intera leadership. Diversi i capi d’accusa, che vanno dall’associazione mafiosa, all’estorsione, al gioco d’azzardo, al traffico di narcotici fino all’omicidio. Le indagini hanno portato alla luce come, una parte consistente delle attività di riciclaggio effettuate dalla Cosa Nostra statunitense, si avvalesse del circuito delle scommesse su internet.

New York – Ahmed Khalfan Ghailani, il primo ex detenuto di Guantanamo ad essere processato da un tribunale civile, è stato condannato all’ergastolo per il ruolo avuto negli attentati alle ambasciate USA a Nairobi e Dar es-Salaam del 7 Agosto 1998, che costarono la vita a 224 persone. Dopo essersi unito ad Al Qaeda, Ghailani divenne l’esperto di esplosivi dell’organizzazione, procurando gli ordigni per entrambe le stragi. Nei sei anni successivi agli attentati, Ghailani si recò in Afghanistan per addestrarsi, divenendo la guardia del corpo di Osama Bin Laden. Nel 2004, al termine di uno scontro a fuoco con le forze di sicurezza pachistane durato ben 14 ore, il terrorista fu arrestato e trasferito a Camp X-Ray, nella baia di Guantanamo.

RATIFICATO IL NUOVO TRATTATO START Washington – Stati Uniti e Russia hanno formalmente approvato il nuovo trattato START (Strategic Arms Reduction Treaty), che fissa il limite delle testate nucleari strategiche per ciascun paese a 1,550 e quello dei vettori e bombardieri a 700. Le carte sono state firmate separatamente dal Presidente russo Dmitry Medvedev e da quello americano Barack Obama ad inizio Febbraio, mentre il trattato è stato ratificato con uno scambio di documenti, avvenuto tra il Segretario di Stato Hilary Clinton ed il Ministro degli Esteri Sergei Lavrov, in occasione della Conferenza sulla Sicurezza a Monaco di Baviera. Il Primo trattato START venne firmato dalle due super potenze il 31 Luglio 1991.

OBAMA ANNUNCIA TAGLI ALLA DIFESA Washington – Per il quinquennio 2012 – 2016, il Presidente Barack Obama ha annunciato tagli alla difesa per 78 milioni di dollari. 47,000 tra membri dell’esercito e Marines saranno mandati a casa, mentre verranno cancellati il programma General Dynamics Expeditionary Fighting Vehicle dei Marines, l’acquisto di missili terra-aria SLAAMRAM Raytheon e di 124 caccia F-35 Lockheed Martin. La cancellazione di tali programmi, consentirà di contro l’acquisto di nuovi bombardieri a lungo raggio, il miglioramento dei carri Abrams, dei corazzati Bradley e dei veicoli ruotati Stryker, mentre la US Navy riceverà sei nuove unità. L’opposizione repubblicana ha annunciato battaglia, sostenendo che il Presidente stia chiedendo alle forze ancora impegnate in Afghanistan di “fare di più, ma con meno risorse”. TNM ••• 08


ASIA NUOVI CADUTI ITALIANI IN AFGHANISTAN Herat – Il 2010 si è concluso in maniera drammatica per il contingente italiano in Afghanistan. Il 31 Dicembre, il ventiquattrenne Caporal Maggiore degli alpini Matteo Miotto è stato centrato da un cecchino durante uno scontro a fuoco con insorgenti che hanno attaccato base “Snow”, avamposto italiano nella valle del Gulistan. Il 19 Gennaio 2011 un altro Alpino ha perso la vita a Bala Murghab. Si tratta del Caporal Maggiore Luca Sanna, ucciso da un colpo alla testa esploso da un uomo con indosso un’uniforme afghana. Il soggetto, avvicinatosi al Caporal Maggiore ed un collega, il Caporale Luca Barisonzi, fingendo un malfunzionamento della sua arma, ha aperto il fuoco contro i due militari. Colpito ad una spalla, Barisonzi ha riportato danni al midollo spinale e rischia la paralisi di braccia e gambe. Immediatamente dopo l’attacco, l’attentatore è riuscito a dileguarsi.

EUROPA TERRORISMO: ARRESTI IN CALABRIA

LAGUNARI E BERSAGLIERI CATTURANO CAPO TALEBANO Bala Balouk – Il giorno successivo alla morte del Caporal Maggiore Sanna, l’esercito e la polizia afghana, supportati da una compagnia del Reggimento Lagunari “Serenissima” su blindati Lince, rinforzata da un plotone di Bersaglieri su corazzati “Dardo”, hanno condotto un’azione di sicurezza nei villaggi di Nurzai e Takht-e-Mansur. L’operazione, nome in codice “Drottinsdagr”, ha avuto luogo nell’area di Bala Balouk a circa 100 km a est di Farah, dove era stata segnalata la presenza d’insorgenti. Un importante capo talebano e due insorgenti sono stati catturati. L’operazione si è svolta con il supporto di un velivolo Predator della Task Force Astore dell’Aeronautica Militare e di elicotteri A129 Mangusta della Task Force Fenice dell’AVES per il CAS (Close Air Support) per un totale controllo dell’area. I villaggi sono stati dapprima cinturati dai Lagunari e successivamente rastrellati dalle forze afghane affiancate dai Bersaglieri. Il Colonnello Giovanni Parmiggiani, comandante della Task Force, ha dichiarato: “Sono particolarmente soddisfatto e fiero dei risultati che stiamo conseguendo con queste operazioni, che riportano sotto il controllo governativo porzioni sempre più estese di territorio della provincia di Farah, elemento essenziale per il rilancio economico della zona”.

Catanzaro – La Polizia di Catanzaro, di concerto con la Polizia Postale e delle comunicazioni di Roma, ha arrestato tre immigrati musulmani con l’accusa di addestramento ad attività di terrorismo internazionale. A finire in manette sono stati l’Imam della comunità marocchina di Sellia Marina (un paese sulla costa ionica tra Catanzaro e Crotone), suo figlio ed un terzo individuo, appartenente alla comunità marocchina di Lamezia Terme. Il terzetto utilizzava internet per procacciare e diffondere files multimediali, inerenti ad attività d’addestramento all’uso di armi, esplosivi e di software utilizzabili per il sabotaggio dei sistemi informatici. L’operazione è stata coordinata dal servizio centrale antiterrorismo della direzione centrale della Polizia di prevenzione. L’attività d’indagine si è basata su centinaia di pedinamenti, intercettazioni telefoniche ed ambientali, nel corso delle quali i tre avrebbero commentato: “Sarebbe bello morire da martiri”.

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AROUND THE WORLD

COMMERCIALI MAGNUM PRESENTA ALLO SHOT SWOW 2011 DI LAS VEGAS I NUOVI BOOTS SPIDER 8.1 E SIDEWINDER COMBAT IN COLORAZIONE DESERT MULTICAM HPI Queste calzature, dalla struttura leggera ed adatte ad ambienti con clima caldo, sono state progettate e testate su richiesta delle Special Forces americane, inglesi e mediorientali. Tutte le superfici, comprese le suole, sono stampate utilizzando su licenza l’originale design Precision Crye MultiCam®. La tecnologia Magnum Ion-Mask™ è stata impiegata per migliorare le qualità idrofobiche delle superfici rendendole maggiormente protette contro l’assorbimento dell’umidità. Attualmente sono assegnate in sperimentazione ad alcuni reparti presenti in territorio afgano. Saranno disponibili sul mercato civile a partire dal mese di luglio/agosto 2011.

SIDEWINDER HPI MULTICAM® • Tessuto originale Crye MultiCam® • Tec-Tuff cuoio resistente a strappi e abrasioni • Certificazione EN 20347:2004 standard per le calzature professionali • Occhielli Lace: in caso di usura o graffi non produrranno riflessi • Suola rigida del sottopiede flex • OrthoLite® ammortizzante soletta interna estraibile • Breathe Righ™ interno per ottimizzare la traspirazione e il comfort • Intersuola in poliuretano a doppia densità • Suola Vibram® Sidewinder

www.magnumboots.com

SPIDER 8.1 HPI - MULTICAM® • Tessuto originale Crye MultiCam® • La pelle e nylon balistico 1650 denari • Tec-Tuff cuoio resiste a strappi e abrasioni • Vent-Guard™ tecnologia antisabbia • rinforzo exoframe TPU per il sostegno plantare • Fodera in rete per il massimo comfort e traspirabilità • certificazione EN 20347:2004 standard di sicurezza • Design ergonomico • Sistema TPU: non viene rilevato dal Metal® TNM ••• 010


ARSENIK TACTICAL EYE : EXCEED ALL EXPECTATIONS Per rispondere all’esigenza di protezione degli occhi del personale in operazione ARSENIK® tacticaleyes, del Gruppo Ars Optical Srl, ha sviluppato una serie di occhiali e maschere balistici altamente performanti. Con la nuova collezione verrà lanciata la nuova EAGLE: una maschera protettiva antisabbia ed antischegge rispondente a tutte le normative tecniche militari, studiata per ottenere la massima efficacia protettiva unita al massimo confort. Le lenti Spektra® Defence da 3.0 mm in policarbonato garantiscono una visione nitida e senza distorsione ottica, e proteggono sia dagli agenti esterni che dai raggi UV. Le chele laterali elettrosaldate assicurano una tenuta ottimale della maschera sia con l’elmetto che senza, mentre l’elastico intercambiabile ignifugo può essere disponibile con silicone nella parte interna. La montatura è in poliuretano ed è disponibile in colore nero e sabbia. Le lenti sono disponibili in colore trasparente e fumo e su richiesta con protezione laser. www.arsenik.it

BLACK PATRIOT BLACK PATRIOT è stato ideato e progettato valutando le specifiche esigenze delle Forze Speciali ed abbina, ad una solida resistenza, l’eccellente funzionalità ed affidabilità di tutta la gamma degli orologi proposti nella collezione MTM Special Ops™. Questi orologi per le loro caratteristiche sono certificati GSA (U.S. General Services Administration) a norma MilSpec MIL-W-46374F e realizzati in edizione numerata. La gamma di orologi MTM è prodotta in solido acciaio Inox 316L o in Titanio ed ogni orologio è dotato di corona a vite di sicurezza, tecnologia che lo rende waterproof 100/200 metri e fino a 1100 metri nel caso del rivoluzionario modello Xtreme Ops Seal Team. La serie di orologi militari Pro Ops è stata per anni riservata esclusivamente alle Special Forces U.S.A., S.W.A.T. Team, Secret Service, Navy Seal, Army Ranger, Piloti Air Force, Police Officers, Delta Force Units, agenti DEA, FBI, SAS. Gli orologi militari MTM Special Ops sono oggi disponibili anche per il pubblico civile, esclusivamente tramite distributori ufficiali. In Italia sono commercializzati da: RB COMPONENTI srl, Via Padana Superiore 45 25045 Castegnato (Brescia) tel.+39 030 2140420 fax.+39 030 2140430 www.specialopswatch.it STRUTTURA: cassa in solido acciaio inox 316L satinato placcato in PVD nero, diametro 44,5 mm (senza corona), spessore 13,5 mm, fondello a vite in acciaio inox 316L, corona a vite con chiusura ermetica in acciaio inox 316L placcato in PVD nero, impermeabile fino a 200 mt (21 atm.), ghiera girevole unidirezionale in acciaio inox 316L placcato in PVD nero, vetro Zaffiro con rivestimento antiriflesso, peso: 250 gr., movimento Cronografico al Quarzo Citizen Miyota OS2 BATTERIA: agli Ioni di Litio a lunga durata QUADRANTE: quadrante in fibra di Carbonio stile NASA, lancette di ore, minuti e secondi crono in posizione centrale, lunetta dei secondi a ore 6:00, lunetta dei 60 minuti crono a ore 9:00, lunetta delle 24 ore a ore 3:00, finestra della data a ore 4:30 ILLUMINAZIONE: lancette e numeri luminosi (SuperLuminova C1) CINTURINO: bracciale in solido acciaio inox 316L placcato in PVD nero con chiusura deployant e chiusura di sicurezza firmata.


NOVITÀ PRIMAVERILI IN CASA PROPPER Propper International™ and Digital Concealment Systems sono orgogliosi di annunciare il lancio in primavera 2011 della nuova mimetica A-TACS ® ACU. A-TACS rappresenta un radicale passo in avanti nella scienza della tecnologia di occultamento. Il processo brevettato A-TACS sostituisce i pixel quadrati con piccoli pixel a forma organica, eliminando tutti gli angoli di 90° gradi per creare un aspetto più naturale. I pixel organici sono suddivisi in raggruppamenti più ampi organizzati all’interno del modello, creando cosi un unico “modello all’interno di un modello” che consente alla nuova A-TACS di nascondere l’operatore in modo più efficace e a distanze maggiori rispetto al passato. Il pattern dispone anche di una più ampia gamma di colori naturali inter-mista per occultamento. Il colore di base è un marrone chiaro neutro, progettato per integrarsi senza problemi in ambienti aperti, rocciosi e aride.Le parole del marketing manager Giovanni Asaro non danno spazio a dubbi in base all’impegno profuso in questo progetto “Siamo impegnati a fornire il miglior abbigliamento possibile per i soldati e gli ufficiali che servono il nostro paese, e la nostra partnership con A-TACS solidifica questo sforzo”. A-TACS ACU è cucita seguendo specifiche militari ed è costituita da 65%polyestere e 35% cotone ripstop. info@a-tacs.com

FOX TRACKER... “PER ESCURSIONISTI TATTICI” La Fox di Maniago oltre è oramai da tempo un punto di riferimento essenziale nel panorama italiano ed europeo come produttrore di coltelli tattici e utility, la certificazione ISO 9001:2008 ottenuta è la dimostrazione della serietà e qualità di questa azienda tutta italiana. Il TRACKER è un utility knife solido e robusto, l’ acciaio utilizzato è il N690Co che assicura una durezza di 58/59 HRC. La finitura è nera opaca antiriflesso e resistente ai graffi grazie ad un trattamento Foxionic a 72/75 HRC. Il fodero è in cordura, di colore nero con sistema MOLLE. La sua robustezza e le sue caratteristiche lo rendono un eccelente strumento per escursionisti o personale militare che debba operare in zone impervie. Lama: in acciaio inox N690Co 58/60HRC Trattamento Lama: Foxionic a 72/75HRC Manico: Forprene Lunghezza lama: 150mm. Spessore della lama: 6mm. Lunghezza totale: 280mm. Bilanciatura: avanzata a 1.5cm. dal ramo di guardia inferiore Peso: 310g. www.foxcutlery.com

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SPECOPS TAC-1 AMMUNITION BAG Articolo confezionato dalla SPECOPS Srl, azienda nata nel 2004 in Polonia, che si occupa della progettazione e della produzione di equipaggiamento tattico all’avanguardia destinato alle forze speciali militari, alle forze dell’ordine e ad altre unità operative. La struttura di questo marsupio è prodotta in Cordura® Dupont 1000 denari con colorazione multicam con ottime rifiniture e cuciture eseguite a doppio passaggio per aumentarne la resistenza. Le generose dimensioni ne caratterizzano il profilo e sono state studiate per accogliere, all’interno del comparto principale, un contenitore in neoprene termoformato predisposto allo stoccaggio di 50 munizioni in calibro 338 Lapua Magnum. Sulla parte frontale è inoltre presente una tasca multifunzione all’interno della quale possono essere inseriti documenti o tabelle balistiche; ulteriore materiale o strumentazione di piccole dimensioni può essere trattenuto tramite una serie di elastici. Sia il contenitore principale che la tasca sono chiusi tramite robuste cerniere e tenuta ermetica. Tutte le superfici esterne sono rivestite con pals in nastro compatibili M.O.L.L.E. Sistem; la cintura per il fissaggio al corpo è costruita in nastro e la chiusura è affidata ad una fibbia tipo “fastex” in tecnopolimero. Questo articolo è particolarmente indirizzato per coloro che praticano l’attività del tiro a lunga distanza o l’attività venatoria in montagna in quanto permette il trasporto di una cospicua riserva di munizioni in condizioni di assoluta sicurezza e protezione. Protezione contro gli urti, contro le polveri ma soprattutto contro le avverse condizioni meteorologiche. Utile inoltre, estraendo il contenitore amovibile in neoprene, per il trasporto di piccoli oggetti durante attività di outdoor o trekking leggero. it.specops.pl

IL NUOVO “ASSO NELLA MANICA” DI ISRAELE La famiglia dei fucili d’assalto Ace si basano sul ormai affidabile e collaudato meccanismo del Galil. L’ ACE 31 è stato studiato e progettato per venire incontro alle esigenze del moderno campo di battaglia. La sua ergonomia e le sue dimensioni lo rendono particolarmente adatto per operazioni CQB. La famiglia dei fucili d’assalto Ace sono armi versatile e di facile utilizzzo; le guide Picatinny fungono da piattaforma per montare una vasta gamma di dispositivi ottici e accessori vari. Peso: kg 2.95 Lunghezza: mm 730 con calcio esteso - mm 650 con calcio retratto Lunghezza canna: mm 215 Capacità serbatoio: 30 munizioni in calibro 7.62X39. Velocità alla volata: 600 m/s Rateo di fuoco: 650 colpi/minuto www.israel-weapon.com

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Ars Optical Group - ITALY - defence@arsenik.it


Ars Optical Group - ITALY - defence@arsenik.it

PROTEUS - MARSUPIO MULTITASCHE DELLA MAXPEDITION L’azienda Americana MAXPEDITION di Gardena (California) nata nel 1988 si è subito affermata nel campo della produzione di tactical equipment, grazie ad un ottimo rapporto qualità/prezzo. I materiali utilizzati di alta qualità e la cura con cui vengono confezionati sono sicuramente la carta vincente di questa azienda. Il Proteus puo essere utilizzato sia come marsupio multitasche, sia come soluzione integrativa per missioni a corto raggio. Molto solido e versatile, MOLLE compatibile. Può essere agganciato ai vest modulari tramite clip MALICE long (non inclusi) oppure indossato tramite il cinturone posto sul retro. Realizzato in cordura dupont 1000 denari trattata al teflon, con procedimento DURAFLEX, per l’impermeabilizzazione e una durata nel tempo eccezionale. www.armysport.it

ASOLO La Asolo è una azienda veneta che dal 1975 produce calzature per l’outdoor ed il trekking, partendo dalle semplici scarpe da passeggio per arrivare agli scarponi più tecnici destinati ad attività maggiormente impegnative. L’ FSN 95 GTX è uno scarponcino tecnico indirizzato al trekking medio/ leggero, con un design moderno ed accattivante, foderato in tessuto Gore-Tex con cuciture termosaldate. La tomaia è costituita da pelle scamosciata idrorepellente con uno spessore compreso tra gli 1,6 e 1,8 mm.e presenta degli inserti in Cordura® Dupont 1100 denari. La soletta è in materiale polipropilenico mentre il sottopiede anatomico in Lite 2, un materiale composto da tessuto Cambrelle®, feltro assorbente e schiuma E.V.A®. La suola è in gomma loggata “Asolo” ed il produttore la definisce “a scolpitura aperta”, risulta alquanto morbida durante l’utilizzo e permette, quindi, di garantire un ottima aderenza anche su terreni maggiormente impegnativi e sconnessi a svantaggio di una maggiore tendenza all’ usura. Il puntale è irrobustito con uno strato di gomma ruvida di colore nero. Lo scarponcino viene prodotto in un’ unica colorazione Wool/Sand, le misure vanno dal 39 1/3 al 48 ed è disponibile la versione con pianta larga mentre il peso medio è di circa 650 gr. Il prodotto è stato adottato, per le sue peculiarità di leggerezza e robustezza, dall’unità americana PJ - Parajumper Rescue - facenti capo alla AFSOC. AirForce Special Operation Command deputati al recupero e trattamento medico di operatori militari e civili in zone ostili. www.asolo.com TNM ••• 015


FATTI E MISFATTI FATTI E MISFATTI FATTI E MISFATTI FATTI

DI PIERPAOLO VERRE

LO “SPORT” DELL’ANNO

Da anni m’interesso al problema della pirateria e mi avvalgo sia di notizie dirette di persone che sono state nelle aree interessate a questa singolare attività criminale, che sembra uscita dal buio dei secoli passati, sia di fonti aperte per mantenermi costantemente aggiornato. Non mi ero mai imbattuto in articoli redazionali come quelli che, qualche mese fa, sono apparsi su certe riviste cartacee o tuttora presenti sul web, che informano e reclamizzano “crociere” al largo della Somalia. A prima vista nulla di strano, ma leggendo con più attenzione, si evince che queste compagnie di navigazione russe offrono, già dai primi mesi del 2010, gite, per così dire, “di piacere” lungo le coste del Corno d’Africa. Di quale sollazzo si tratta? È chiaramente un’affermazione provocatoria, in quanto, da diversi anni, è noto come le acque antistanti le coste somale siano diventate territorio fertile per gli attacchi dei ”nuovi pirati”; il “bello” è che queste singolari agenzie di viaggi offrono il discutibile divertimento di andare a caccia proprio di questi delinquenti del mare. Non è una novità, così come la “noia” che i ricconi di tutto il mondo provano per aver avuto troppo dalla vita, al punto da degenerare nella patologia mentale per ciò che riguarda la realizzazione dei loro più oscuri desideri. Basti pensare che durante l’operazione “Pace in Galilea”, all’inizio degli anni 80’, mentre le forze armate d’Israele invadevano il Libano per combattere i palestinesi ed i primi integralisti armati, già esistevano queste fantomatiche “agenzie di viaggio” che garantivano il “Tiro al profugo” con tanto di noleggio d’elicottero ed arma al seguito. Nella Serajevo in guerra, tristemente nota per l’uso criminale degli Sniper, che sparavano sui civili, persino alcune agenzie italiane offrivano il brivido di emulare i cecchini con tanto d’istruttore al seguito. Oggi, a quanto pare, il “Trend” legato alle escursioni di caccia ai pirati, offre lussuosi yacht privati al largo delle TNM ••• 016

coste somale per una somma che si aggira attorno ai 6000 $ al giorno. Gli yacht salpano da Mombasa (Kenya) alla volta di Djbouti e navigano lentamente in prossimità delle coste somale, attirando l’attenzione dei pirati, inducendoli ad attaccare. I viaggi sono effettuati navigando con palese insistenza ad una distanza tale dalla costa che risulta quasi impossibile non essere avvistati. Se i pirati attaccano, i passeggeri a bordo dello yacht possono aprire il fuoco con armi proprie o prese a noleggio; la scelta è delle migliori: dai buoni vecchi AK 47 Kalashnikov ai sempre validi Colt M-16/M4, mitragliatrici Minimi in cal.5,56mm.e Barret in 12.7mm., (arma, ovviamente se in mani esperte, in grado di colpire bersagli con precisione, a distanza di oltre 1500mt), fino ad arrivare agli RPG-7. Quindi, per i “veri appassionati”, esiste la possibilità di portare la propria arma. Da questo esempio di giornalismo investigativo, si evince che “la crociera” è addirittura offerta a pacchetto per intere combriccole: “divertimento assicurato per l’intera famiglia”, quindi. La navigazione continua, su e giù per le coste Somale e si parla di occasioni addirittura multiple .


FATTI E MISFATTI FATTI E MISFATTI FATTI E MISFATTI FATTI E MISFA

A bordo è possibile usufruire del servizio bar, con caffè e snacks sul ponte, mentre si osserva l’orizzonte, in attesa di veder apparire le barche pirata. I pasti purtroppo non sono inclusi ed a giudicare dai prezzi, non è cosa da poco. La pubblicità esorta a sbrigarsi, in quanto i posti e le cabine sono in numero limitato e prenotando entro una certa data, ci sono 100 colpi in traccianti gratis nel calibro a scelta. La velocità mantenuta dall’imbarcazione consente di poter esser facilmente avvistata (4-5knts.) ed inoltre le luci di coronamento vengono accese appena cala il sole, in modo da attirare queste fantomatiche imbarcazioni pirata. Il tutto dura otto giorni, al termine dei quali, il sito cita “soddisfatti o mezzi rimborsati”, in caso non ci fossero almeno due tentativi di abbordaggio. Sul Web vengono riportate addirittura testimonianze lasciate alla libera interpretazione del lettore: ”ho fatto almeno tre morti nel mio viaggio: è decisamente meglio del “Big Game”; “… mi sentivo come il Komandant in Schindler List”. È la solita storia dei Radical Chic che vogliono provare l’ultima ebbrezza ma senza troppi rischi. Le testimonianze continuano:” Sei attacchi in quattro giorni: più di quanto mi aspettassi. Ed ho fatto tre morti più altri due ne ha fatti il mio figlio di 12 anni”. Insomma, “divertimento” assicurato per grandi e piccini. Le armi sono per lo più noleggiate, sotto stretto controllo di operatori a bordo, che fungono anche da “osservatori al tiro” dando indicazioni e supporto nell’indirizzare il fuoco. Stando cosi le cose, c’è poco da stare allegri. Anche se, è

mia personalissima opinione, che si tratti di una cosiddetta “bufala” per truffare gonzi, sempre a caccia di novità sul web, di avventure di cui vantarsi, non essendo stati in grado o non avendo mai avuto sufficienti scariche di adrenalina nel corso della loro vita. Cinicamente, potrebbe essere definito il “gioco dell’anno”, ma in ogni caso, anche se i pirati sono diventati una vera e propria piaga, essi non hanno per codice proprio fino ad ora ucciso nessuno; anzi la vita degli ostaggi è tutelata in funzione del riscatto che sarà pagato. Non importa quindi quanto questi “nuovi pirati” imperversino le acque Somale o quanto pericolosi siano, è essenziale che questi “nuovi cretini” non si sostituiscano agli organi di polizia e controllo che operano ad interdire le azioni dei primi. È inoltre noto che la pirateria si debba combattere prima a terra: con interventi a favore dell’instaurazione di un governo stabile di cui la Somalia è completamente priva da circa trenta anni, più precisamente, dalla cacciata del dittatore Siad Barre nel 1991. In ultima analisi, tutto ciò, potrebbe spingere i pirati, che finora non hanno mai ucciso nessuno, ad aprire il fuoco per primi, uccidendo partecipanti alla crociera, o peggio, ignari marittimi che non abbiano forse neanche mai imbracciato un’arma. Tristemente, più il problema della pirateria si andrà diffondendo in quelle acque, più, da parte di chi predica un certo tipo di controllo e risoluzione del problema, tenderà ad aumentare la violenza.


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DI ENRICO CERRETA

NARCO-WAR, COUNTER-CARTEL

OPERATIONS IN MEXICO Ad oggi il Messico è impegnato in un’aspra lotta contro il narcotraffico e la narco-corruzione. Le caratteristiche di tale fenomeno sono molteplici poiché coinvolgono la sfera sociale, politica, economica e militare del Paese. Il narcotraffico messicano, suddiviso in cartelli, può essere elevato al grado di movimento insurrezionale sia per la dimensione di violenza che ha causato negli ultimi anni, sia per la capacità di inscenare operazioni psicologiche cercando di delegittimare lo Stato attraverso manifestazioni anti-governative. Il primo allarme di questo nuovo conflitto interno si ebbe nel 1995, quando ci fu un importante trasferimento di pasta base di cocaina dalla valle peruviana di Huallaga sino in Messico. Il trasferimento indirizzato alla famiglia Quintero Paeyan di Guadalajara avvenne in seguito allo sfaldamento del Cartello di Medellin e ne furono

concause il massiccio intervento di DynCorp in Colombia per defoliare le piantagioni di coca (aree più estese dell’intero territorio svizzero) e la chiusura delle rotte aeree caraibiche che, fino ad allora, avevano permesso il transito della droga dalla Colombia alla Florida. Questa giuntura temporale è fondamentale per comprendere lo sviluppo della spirale di violenza che ha determinato, sino ad ora, la scena politica. Essendo parte integrante degli scenari geopolitici, la droga, ha favorito il caos e la nascita di nuove strutture di potere in Messico, accrescendo in modo significativo le possibilità dei trafficanti, che negli Stati Uniti, per prima cosa, si appropriarono delle reti di distribuzione della cocaina appartenute ai colombiani. TNM ••• 018

Inoltre, in quel periodo, il prezzo di mercato della cocaina salì del 2500% dal produttore al consumatore, permettendo l’accumulo di narco-capitali. Il gruppo criminale più forte del Messico in quegli anni era ancora il cartello di Juarez, capace di devolvere oltre 5 milioni di dollari al mese per la corruzione delle autorità locali. Tuttavia, nel cosiddetto triangolo d’oro messicano, area che comprende Chihuahua, Durango e Sinaloa, iniziò a scalare le gerarchie criminali Joaquín Guzman Lorea, (attualmente l’uomo più ricercato del Messico) insieme ai fratelli Beltrán Leyva. Cresciuto nei pressi della città di Culiacan, Guzman detto “El Chapo”, estese la sua influenza sino a controllare 17 dei 31 Stati che compongono il Messico, in sostanza il cartello di Sinaloa controlla i traffici illeciti di tutta la Sierra Madre Occidentale. Negli stessi anni, sulla sponda opposta del Paese, si stava rafforzando il cartello del Golfo. Questo cartello, principale rivale di quello di Sinaloa, è considerato ibrido, poiché formato anche da agguerriti paramilitari, i Los Zetas. Guidato da un “triumvirato” di cui fanno parte Cardenas Guillen, Costilla-Sanchez e Lazcano-Lazcano il cartello del Golfo mise sotto i suoi talloni l’intera Sierra Madre Orientale e numerose piazze di spaccio in Texas, tra cui la città di San Antonio. Dopo lo spettacolare arresto di Cardenas Guillen (2007) i Los Zetas hanno iniziato a pesare maggiormente all’interno dell’organizzazione criminale, sino a diventare il perno su cui ruota tutta l’organizzazione. Pertanto, al vertice del cartello sono emersi numerosi leader zetas, in particolare Miguel Trevino-Morales in grado di far cambiare addirittura il nome al cartello divenuto a partire del 2010, La Compania. A quel punto il problema delle organizzazioni forti e delle istituzioni messicane deboli assunse una portata internazionale, poiché i cartelli messicani ormai divenuti “stati paralleli” inondarono il mercato nero statunitense con un flusso di droga che rendeva oltre 25 miliardi di dollari l’anno. Un commercio sommerso che percorre le “zone grigie” frontaliere, alimentando di conseguenza anche una grave minaccia per la difesa statica dei confini USA. I narcos messicani, dotati di strategie finanziarie anche oltre confine, sono esperti nell’esportare rapidamente attività economiche integrandole nel sistema Paese statunitense, soprattutto perché sui circuiti finanziari internazionali si muovono ogni giorno circa 1400-1500 miliardi di dollari, la cui origine, nel complesso, risulta


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HOT POINT HOT POINT HOT POINT HOT POINT HOT POINT HOT Menmbri della polizia federale di Ciudad Juarez

difficilmente accertabile. Ciò incrementa notevolmente il fattore sicurezza, riducendo drasticamente qualsiasi differenza tra frontiere “esterne” e quelle “domestiche”. Da qui discendono meccanismi politici di “sovranità aggregata”, che nello specifico prevedono uno sforzo congiunto USA Messico volto al contrasto del narcotraffico. Già a partire del 2003 il Messico ospitò la Commissione per la Sicurezza Emisferica (OSA), contribuendo alla formulazione di un concetto di sicurezza panamericano che prevede l’uso della forza per mantenere la stabilità sul continente. Tale impegno politico rinnovato nel Marzo 2009 confida nella DEA quale punta avanzata della lotta al narcotraffico. L’agenzia governativa statunitense ha circoscritto il problema della sicurezza in 8 dei 31 Stati federali messicani, tuttavia è la fascia frontaliera USA - Messico che costituisce il nodo del problema, aggiungendo al dibattito politico, l’incognita di un massiccio intervento militare da parte degli Stati Uniti, almeno in alcune città-chiave per il controllo dei “corridoi della neve” quali Tijuana, Ciudad Juarez e Monterrey. Intanto, la cooperazione tra le due Nazioni si regge sul Piano Merida, iniziativa redatta dall’Amministrazione Bush con il Presidente Calderon ed approvata dal Congresso USA Menmbro della polizia (2007) per oltre un federale di Ciudad Juarez miliardo di dollari da devolvere in tre anni allo scopo di promuovere la cultura della legalità. Il cuore operativo di questo progetto rappresenta l’assalto frontale del Governo messicano ai cartelli. Tale linea di condotta strategica, irrobustita dal supporto del Piano Merida ha ottenuto buoni risultati come ad esempio la cattura e l’estradizione negli USA di oltre 2000 narcos nel biennio 2009-2010, in particolare anche criminali del calibro di Carlos Beltran Leyva. Segnali incoraggianti provengono anche dalla composizione della cocaina esportata negli Stati Uniti, sempre meno pura e spesso sostituita sul mercato dal crack e dalle anfetamine. Tuttavia, secondo dati emessi dal Dipartimento di Giustizia USA nel corso del 2010 i rischi rappresentati dal narcotraffico sono ancora altissimi. Pertanto, gli sforzi degli Stati Uniti sono aumentati notevolmente, al punto che la DEA ha messo a segno un numero significativo di arresti (2.666), sequestrando inoltre TNM ••• 020

circa 75 tonnellate di droga. Tale operazione condotta su territorio statunitense (2010) è denominata “Deliverance”. Altre novità sono state introdotte nel campo della sicurezza USA, in particolar modo nel settore tecnologico con l’entrata in servizio del satellite TacSat-3 (Maggio 2010). La necessità di utilizzare un nuovo satellite di piccole dimensioni, più difficile da rilevare e disturbare, come il TacSat-3 è derivata da ragioni di sorveglianza strategica. Infatti, con la stretta collaborazione fra repubbliche bolivariane sudamericane e la repubblica islamica dell’Iran, in particolare con accordi militari stipulati tra Ecuador ed Iran (Gennaio 2009), negli Stati Uniti ha iniziato a farsi largo l’ipotesi che l’unità Pasdaran al-Quds avesse intrapreso segretamente contatti anche con i cartelli messicani in funzione anti-USA. Quest’eventualità aprirebbe scenari geopolitici pericolosi anche perché le reti su cui transita il flusso di droga sono le stesse dal quale passano i traffici illeciti di armi. A tal riguardo gli esperti di intelligence sono allarmati anche a causa dei narco-messaggi presenti sul Web, poiché le decapitazioni effettuate dai narcos e contemporaneamente riprese dalle loro telecamere dimostrano un fenomeno nuovo per il Messico; si tratta di esecuzioni copiate al fondamentalismo islamico di Al-Qaeda.Le applicazioni tattiche utili alla sicurezza nazionale prodotte dal TacSat-3, quindi, risultano numerose ed offrono un maggiore controllo dei confini porosi, anche perché come ha sottolineato più volte la Guardia Nazionale statunitense, al problema del narcotraffico si coniugherebbe quello dell’immigrazione clandestina. Da questa duplice motivazione scaturirebbe il bisogno di una partnership USA - Messico sempre più solida, facendo addirittura entrare il Paese latinoamericano nella struttura bi-nazionale di difesa aerospaziale detta NORAD, così come ha espresso l’Ammiraglio James A. Winnefeld Jr., al vertice del USNORTHCOM. Purtroppo, esistono dei gravi contraccolpi politici, meglio identificati in termini di vite umane, a fronte di queste contromisure utili a combattere duramente i cartelli soprattutto in aree maggiormente sensibili del Messico come ad esempio il deserto di Sonora. La guerra al narcotraffico dichiarata da Calderon ha lasciato sul campo, negli ultimi quattro anni, una cifra superiore a 20.000 morti, con punte di 25 morti al giorno nel solo 2009. Una statistica impressionante se paragonata


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a poco più di 1000 caduti complessivamente durante entrambi i mandati della passata Amministrazione condotta da Vincent Fox. L’incremento della violenza, pertanto, sta producendo forti dubbi nel tessuto sociale messicano; di conseguenza l’offensiva contro i cartelli potrebbe causare un preoccupante crollo nei consensi conquistati di stretta misura dal PAN - il partito di Calderon - nel 2006 mentre ci stiamo avvicinando verso nuove elezioni presidenziali previste in Messico a Luglio 2012. A questo punto si prospetterebbero due scenari, infatti, se gli sforzi congiunti USA - Messico riuscissero a chiudere il cerchio intorno a Joaquín Guzman Lorea “El Chapo” entro il 2011, il prezzo politico da pagare derivato dall’alto numero di vittime potrebbe essere bilanciato, favorendo nuovo slancio al Partido de Accion National in vista delle elezioni. Diversamente, l’opposizione politica di Calderon – in particolare il Partido de la Revolution Democratica (PRD) - si presenterebbe alle elezioni con una politica più tollerante verso il traffico di droga, allentando la stretta offensiva ai cartelli o, addirittura stringendo taciti accordi con i narcos per garantirsi una più pacifica convivenza politica. Questo secondo scenario rappresenterebbe una svolta negativa sul panorama politico messicano, danneggiando direttamente anche gli Stati Uniti poiché il PRD è un partito sostenuto, finanziato ed organizzato anche da Hugo Chavez. Il Presidente venezuelano approfitterebbe dello scenario caotico in Messico per accrescere la propria influenza in ambito regionale, stringendo principalmente accordi commerciali. Tale prospettiva sarebbe ancora più svantaggiosa per il Messico, che da oltre 10 anni beneficia degli accordi NAFTA, avendo affidato ampi comparti del proprio sviluppo economico ad investimenti provenienti da Stati Uniti e Canada. Per scongiurare quest’ulteriore minaccia a breve termine, gli Stati Uniti, stanno aumentando il numero di intelligencegathering con le autorità governative del Messico, bypassando la polizia locale nelle operazioni militari condotte soprattutto ai danni del cartello di Maxi sequestro ai danni di un cartello di Tijuana da parte Sinaloa, addestrando della DEA (operazione Xcellerator) truppe tendenzialmente meno soggette alla corruzione – in particolare i Marines messicani a scapito dell’esercito - da affiancare alla DEA nelle azioni condotte su vasta scala e, infiltrando le bande carcerarie messicane presenti negli USA. Tuttavia, la sterzata decisiva per fiaccare a lungo termine la forza espansiva dei cartelli dovrebbe passare attraverso un altro Presidente messicano riconducibile all’area politica del PAN, in grado di continuare la guerra ai cartelli dichiarata dal Presidente in carica, Felipe Calderon. A tal riguardo, «uomo forte», per proseguire i successi già raggiunti contro il narcotraffico e stringere la successiva National Southwest Border Counternarcotics strategy, potrebbe essere ipoteticamente rispondente al profilo di Ulises Ramírez Núñez, Presidente de la Comisión de Seguridad Pública. Ad oggi il problema del narcotraffico in Messico è irrisolto, in un Paese cui, il sangue, spesso si sostituisce alla pioggia, la guerra ai cartelli è appena cominciata.


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DI GIANLUCA HERMANN

DELLA FOLGORE L’IMPETO!

VOGLIAMO CON QUESTE PAGINE RICORDARE I CADUTI DELLA NOSTRA AMATA PATRIA: “Se prendiamo dieci uomini e facciamo loro vivere la stessa emozione in maniera che coinvolga tutti i loro sensi stimolando anche recettori più reconditi, questi individui, presi singolarmente, descriveranno l’esperienza avuta con particolari diversi. Qualcuno vedrà immagini, altri ricorderanno suoni, sensazioni fisiche, odori, sapori, ed ognuno di loro avrà una differente interiorizzazione dell’esperienza. Proprio di queste variazioni si nutrono i poeti, descrivendo se stessi e gli altri con ordinaria follia. Io ero alle porte di Bakwa, avvolto nel caos, mentre vedevo un paese sprofondare nella sua forma strutturale: l’Afghanistan. Luogo ormai conosciuto da tutti, che ha visto il peggio ma anche il meglio dei comportamenti umani. Questo “meglio” non deve essere dimenticato perché possa, anche a distanza di anni, ancora riempire la nostra vita di orgoglio e gratitudine”

CAPITANO ALESSANDRO ROMANI INCURSORE DELL’ESERCITO ITALIANO.

Nato a Roma il 18 luglio 1974. Ha frequentato dal 1998 al 2001, presso la Scuola Sottufficiali dell’Esercito di Viterbo, il 1° corso Marescialli dell’Esercito “ESEMPIO” durante il quale si è sempre distinto per i risultati conseguiti nello studio, l’attitudine militare e l’attività sportiva, rivestendo la qualifica di “Capo Scelto di Reggimento” della IV Compagnia allievi Marescialli dell’Esercito. Al termine del periodo di formazione ha conseguito la laurea di primo Livello in “Scienze Organizzative e Gestionali” presso l’Università di studi della Tuscia. Paracadutista da sempre, nel 2006 è stato nominato Sottotenente e nel 2008 promosso al grado di Tenente. Inquadrato nel 9° Reggimento d’Assalto “Col Moschin”. Ha frequentato tutti i corsi di formazione e specializzazione in Italia e all’estero propri di chi opera nel 9° Reggimento “Col Moschin”(aria-terra-mare) che permettono di operare in qualsiasi ambiente e condizione. Aveva già preso parte a cinque missioni in Afghanistan dal 2004 al 2009, ed era stato impiegato in Iraq nel 2004. Il 23 dicembre 2010 gli è stata conferita la Croce d’Onore alla Memoria con la seguente motivazione:“Giovane Ufficiale del 9° Reggimento d’assalto paracadutisti “Col Moschin”, animato da straordinarie qualità morali e professionali, corroborate da una grande esperienza nello specifico settore, comandato in missione di pace in teatro operativo afghano, si prodigava con rara perizia ed estrema efficacia nell’assolvimento dei propri compiti. Il 17 settembre 2010, impegnato in un’operazione finalizzata alla cattura di elementi ostili, individuati in precedenza nell’atto di occultare un ordigno esplosivo rudimentale, ingaggiava con questi, unitamente alla propria unità, un violento conflitto a fuoco. Colpito gravemente al torace, periva a seguito delle ferite riportate, immolando la propria vita. Chiaro esempio di attaccamento al servizio ed altissimo senso del dovere spinto sino all’estremo sacrificio. Bakwa (Afghanistan), 17 settembre 2010”. ….e le vite di esseri umili su cui incombe il peso d’un mistero che le rende uguali a quelle dei re… Joseph Conrad (The end of the tether)

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IL MEDAGLIERE

REGGIMENTO D’ASSALTO PARACADUTISTI “COL MOSCHIN” ORDINE MILITARE D’ITALIA

Decreto 25 ottobre 1994 - Prestigioso reparto, di eccezionale qualifica professionale, alla quale si coniuga, in perfetta armonia, il forte temperamento dei propri uomini, la versatilità operativa, il generoso anelito realizzativo e l’immediato riscontro ad ogni richiesta di intervento per il bene della collettività nazionale e internazionale. Presente in Alto Adige (1967-1971) per svolgere operazioni antiterrorismo e in Sardegna (1992) con l’operazione “Forza Paris” in concorso alle forze dell’ordine nella lotta alla criminalità organizzata. Impegnato nella missione oltremare in Libano (1982-1984), in Irak e in Turchia (1991), in Somalia (1992-1993) ha sempre dato una mirabile prova di efficienza e di salda disciplina, offrendo continue prove di coraggio e sacrificio e assolvendo sempre e dovunque i compiti ad esso affidati con pieno successo, anche in un contesti operativi ambientali difficili e ostili e caratterizzati da un elevato indice di rischio. Gli Ufficiali, i Sottufficiali incursori e i Paracadutisti si sono sempre prodigati in ogni circostanza, in una mirabile gara di abnegazione e di dedizione al servizio, offrendo anche tributi di sangue e fornendo un eccezionale esempio di alte virtù militari che hanno contribuito ad accrescere il prestigio dell’Italia e delle sue Forze Armate in campo internazionale.

MEDAGLIA D’ORO AL VALORE DELL’ESERCITO

Decreto 5 ottobre 1994 - Il 9° Battaglione d’Assalto Paracadutisti “Col Moschin” partecipava, con proprie unità inquadrate nelle forze italiane in Somalia, alle operazioni di soccorso alla popolazione somala. Composto essenzialmente da professionisti, consapevoli del ruolo di primo piano da sostenere nel quadro dell’operazione, in virtù della saldezza morale, del senso del dovere e dell’attaccamento alla Specialità dei propri uomini, si prodigava con totale dedizione ed elevata capacità nella pericolosa missione confermando, in numerose azioni di rastrellamento per la ricerca d’armi ed in operazioni contro guerriglieri ed anti banditismo, l’altissimo livello di efficienza, il grande coraggio e la generosità dei suoi uomini nonché la compattezza morale delle sue formazioni. I suoi distaccamenti operativi, coinvolti in numerosi conflitti a fuoco reagivano sempre con efficacia e determinazione mettendo in luce il valore militare, la capacità operativa e la fortissima motivazione dei propri componenti. Nonostante le dolorose, gravi perdite subite in combattimento, continuava ad assolvere i compiti affidati senza flessioni con la fierezza e l’orgoglio di perseverare nel tentativo di ridare sicurezza e soccorso umanitario, al martoriato popolo somalo e nella determinazione di rendere onore alla Patria lontana. (Somalia, 22 dicembre 1992 - 7 settembre 1993).

MEDAGLIA D’ARGENTO AL VALOR MILITARE

Decreto 5 giugno 1920 - Per l’irrefrenabile audacissimo impeto che in un sol balzo raggiunse sanguinosamente formidabili importanti posizioni (Col Moschin, 15 giugno 1918; Col della Berretta, 20 ottobre 1918). (al IX Reparto d’Assalto) Medaglia d’Argento al Valor Militare Decreto 15 febbraio 1945 - Durante più mesi di guerra dava costante prova di aggressività e di spregiudicatezza. Nel corso di un’azione offensiva, lanciato su un’ala scoperta, sviluppava la propria manovra con rapidità, decisione ed energia, riuscendo a sorprendere ed a scompigliare il dispositivo tedesco. Chiamato improvvisamente ad altro importante compito, entrava con superbo slancio nella battaglia e nel duro e contrastato attacco, quando l’esito della lotta era ancora incerto, rompeva d’impeto lo schieramento nemico, dopo lotta audace frammentaria ravvicinata raggiungeva a notte tutti gli obiettivi. Nell’inseguimento non dava tregua all’avversario. Eccellente strumento di guerra, elastico e tenace; fierissimo e generoso degno erede delle tradizioni fulgidissime legate al suo nome. Colli al Volturno, Guardiagrele, Cingoli, Musone, Esino, 11 febbraio - 25 luglio 1944. (Al IX Reparto d’Assalto).

MEDAGLIA D’ARGENTO AL VALOR MILITARE Decreto 24 luglio 1947 - Veterano nella guerra di Liberazione, partecipava con inesauribile ardore alla battaglia di rottura sull’Appennino di Bologna, dando un contributo decisivo alla liberazione della città. Con impeto eroico piegava, spezzava, frantumava la resistenza fanatica di agguerrite unità tedesche, imponendosi all’ammirazione dei reparti alleati che si battevano al suo fianco. Guerra per la liberazione d’Italia, 20 marzo - 30 aprile 1945. (al IX Reparto d’Assalto “Col Moschin”).

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DI FABIO GIANGOLINI

ONE SHOT, ONE KILL:

LA QUALIFICA DEI TIRATORI SCELTI DEL “COL MOSCHIN” TNM ••• 024


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Al corso hanno preso parte anche i tiratori della C (SD) Company maltese (Foto Fabio Giangolini) destra Tiratore e spotter del “Col Moschin” impegnati nella fase advanced rifle marksmanship. Sessione di tiro con fucile Sako (Foto Armed Forces of Malta Press Office)

Nell’Ottobre del 2010 il 9° Reggimento d’Assalto “Col Moschin” ha, per la seconda volta in due anni, tenuto a Malta la seconda fase di qualifica del proprio corso per tiratori scelti. Studiato per il calibro 308 Winchester Magnum, il corso ricalca il SOTIC, lo Special Operations Target Interdiction Course ideato dallo US Army per le proprie forze speciali. Anche in questa occasione, hanno preso parte al corso i tiratori scelti della C (Special Duties) Company delle forze armate di Malta, nell’ambito di un programma addestrativo ideato per il personale locale dalla Missione per la Cooperazione nel Campo della Difesa italiana presente sull’isola. Lo scopo del SOTIC è quello di preparare, in sei settimane, personale selezionato, nelle tecniche e procedure necessarie a fornire fuoco di precisione da posizione nascosta contro bersagli specifici. Il corso mira a creare un tiratore in grado di neutralizzare un bersaglio per mezzo di un unico colpo, valutando vento, distanza dall’obiettivo e traiettoria del colpo nel caso in cui si rendesse necessario effettuare un secondo tiro. Negli Stati Uniti, la frequentazione del corso è riservata esclusivamente al personale facente parte dello US Army Special Operations Command (USASOC), quindi Special Forces (meglio note come “Green Berets”), Rangers e “personale selezionato del Department of Defense” (denominazione sotto la quale si celano la Delta Force, il Seal Team Six e la Special Activities Division della CIA). Oltre a soddisfare tutti i requisiti medici necessari, gli studenti devono essere in possesso della qualifica di tiratore esperto con i sistemi d’arma M16A1 ed M16A2, mentre il corso si svolge facendo uso del sistema d’arma M24, versione militare del fucile di precisione Remington 700, in uso alle forze di polizia statunitensi. Come osservato precedentemente, il corso per tiratori scelti del 9° Reggimento d’Assalto “Col Moschin” deriva dal SOTIC, e tutti gli istruttori sono in possesso della qualifica SOTIC ottenuta presso Fort Bragg (North Carolina). I fucili di precisione impiegati durante il corso, rientrano tra quelli in uso al “Col Moschin”. Stiamo parlando quindi del Sako TRG-22 in calibro 308 Winchester Magnum e TRG-42 in calibro 338 Lapua Magnum, entrambi muniti di ottiche Schmidt & Bender 3-12x50. A dispetto del SOTIC statunitense, il corso italiano è articolato in cinque settimane e suddiviso in tre fasi principali.


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Il “Col Moschin” ha tenuto la seconda fase di qualifica dei propri tiratori scelti a Malta sia nel 2008 che nel 2010. (Foto Armed Forces of Malta Press Office)

Il fucile Sako TRG-42 permette l’ utilizzo di munizionamento speciale per il tiro attraverso i vetri

LA PRIMA FASE Ha inizio con una serie di lezioni teoriche in aula durante le quali, tramite l’ausilio di presentazioni in Power Point e filmati, gli allievi studiano l’effetto delle condizioni meteorologiche sulla traiettoria del colpo, la valutazione delle distanze, le correzioni al tiro, le tecniche di scansione del terreno alla ricerca di determinati oggetti, e quelle di tracking, countertracking e stalking. Allo stalking è dedicata una parte consistente del corso, dato che, in termini pratici, lo scopo principale di un tiratore scelto è quello di avvicinarsi al proprio obiettivo e neutralizzarlo senza venire individuato. Terminate le lezioni in aula, si passa alle dimostrazioni pratiche, con l’esecuzione di sette esercizi di stalking, sei dei quali aventi fini valutativi. Gli esercizi di stalking avvengono su di un territorio disseminato di istruttori, ai quali spetta il compito di individuare gli allievi che, opportunamente mimetizzati, devono raggiungere una distanza minima dal proprio obiettivo per esplodere il colpo fatidico. Onde portare a termine il proprio compito, gli allievi sono muniti di una mappa, delle coordinate dell’obiettivo e di una bussola.

LA SECONDA FASE È dedicata alla certificazione al tiro ed è suddivisa in tre moduli: • rifle marksmanship: con l’esecuzione di tiri in TNM ••• 026


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movimento e di velocità da 200, 300, 400 e 600m. Gli allievi dovranno colpire bersagli a bordo di mezzi o ad apparizione breve e casuale; • advanced rifle marksmanship: è uno dei moduli più importanti, dato che agli allievi viene insegnato come effettuare tiri da diverse posizioni da 200, 300 e 600m. I tiratori sparano supportati da bipede, treppiede e senza supporto alcuno. Essi sono coadiuvati da uno spotter munito di cannocchiale Leupold 40x, con reticolo Mil Dot per la correzione del tiro in tempo reale. Il tiro senza supporto è un momento di fondamentale importanza del corso, dato che in teatri rocciosi quali l’Afghanistan, gli operatori sono spesso impossibilitati ad impiegare il bipiede ed il treppiede, a causa delle aspre caratteristiche del terreno. A questo si aggiunge l’eventualità di dover effettuare tiri in maniera del tutto inaspettata e quindi da posizioni improvvisate e non stabili; • field shooting: tiro di coppia da distanze diverse.

LA TERZA FASE

La qualifica al tiro non supportato rappresenta uno dei momenti fondamentali del SOTIC

Tiratore e spotter del “Col Moschin” impegnati nella fase advanced rifle marksmanship. Sessione di tiro con fucile Sako (Foto Armed Forces of Malta Press Office)

Nel corso della terza fase, nota anche come avanzata, gli allievi sono certificati nel tiro in centri urbani, attraverso i vetri, da forti pendenze e con l’ausilio di apparati ad intensificazione di luminescenza. Durante questa fase, vengono impiegati anche i fucili Accuracy International AW ed i Barret M82 in calibro 0.50, questi ultimi utilizzati principalmente per il tiro anti materiale, contro aerei, elicotteri e mezzi ruotati. Il munizionamento impiegato con i calibri 308 e 338 è prodotto dalla svizzera RUAG Ammotec, che fornisce al Reggimento anche il proiettile SWISS P Tactical in calibro 338. Impiegato per il tiro attraverso i vetri, lo SWISS P Tactical non produce schegge. C’è da considerare come in Italia manchino poligoni adatti alla simulazione del tiro in zone abitate ed al tiro su lunghe distanze. E’ proprio per questo motivo che la fase di certificazione, viene normalmente effettuata alla Long Range Reconnaissance Patrol School di Pfullendorf (Germania) od a Fort Bragg. I poligoni italiani di Furbara, Monte Romano e di Perdas de Fogu, vengono quindi impiegati solamente per i tiri di mantenimento. Dal Novembre 2008, il poligono di Pembroke a Malta è stato inserito nella lista delle strutture ove effettuare la qualificazione al tiro su lunghe distanze. La struttura costiera è infatti munita di una pit lane di 1000 metri e, a seguito delle esperienze positive già riscontrate, è probabile che si assisterà nel prossimo futuro ad un più frequente utilizzo di questa struttura nel Mediterraneo, con evidente risparmio nei costi di trasporto di uomini e materiali.

I fucili di precisione Sako TRG-22 e TRG-42 sono camerati rispettivamente per i proiettili 308 Winchester Magnum e 338 Lapua Magnum


OPERAZIONI TATTICHE IN AMBIENTE DESERTICO OPERAZIONI

O.C.O.K.A. DI M. G.

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ZIONI TATTICHE IN AMBIENTE DESERTICO OPERAZIONI TATTICHE IN A

Nel febbraio del 1941 in ausilio alle truppe italiane in libia, la germania decise di inviare il generale Erwin Johannes Eugen Rommel. Alla guida dei Deutsches Afrika Korps, Romel compi numerose imprese portando innovazioni tattiche che risultarono da subiti vincenti. Il generale era solito spostarsi frequentemente da un punto all’altro del fronte per controllare di persona la situazione, sfidando continuamente insieme ai suoi soldati il fuoco nemico e le ostilità che l’ambiente del deserto riservava alla mobilità delle truppe tedesche. Grazie al suo abile e rapido adattamento ai vari problemi ambientali e tattici legati alle regione aride e grazie soprattutto alle sue tattiche di attacco a sorpresa, le vittorie sul campo non tardarono ad arrivare e Rommel venne soprannominato “la volpe del deserto”. Il 1° agosto 1990, le forze irachene invadono il Kuwait. gli Stati uniti decidono di inviare nel Golfo una forza di 750 mila uomini, di cui il 70 per cento statunitensi, a capo delle manovre un generale nato a Trenton ( new jersey ) di nome Norman Schwarzkopf. Le sue precedenti esperienze maturate in vari ambienti desertici quali il Corno d’Africa, il Medio

Oriente e il Sud dell’Asia e le sue profonde conoscenze delle problematiche relative l’impiego di truppe in uno scenario tipico desertico e delle appropriate scelte tattiche, furono elementi che permisero agli alleati di sconfiggere le forze irachene. Durante Desert Storm l’Iraq perse circa 350.000 uomini gli alleati solo poche centinaia, le teorie e le strategie di Norman avevano portato la coalizione alla vittoria è ciò gli valse il sopranome di “Stormin’ Norman”. Due epoche diverse, due mentalità altrettanto disuguali, tecnologia bellica difforme un unico comune denominatore… il deserto e la consapevolezza delle oggettive difficoltà ad operare in tale scenario. Anche l’attuale conflitto in Afganistan, iniziato il 7 ottobre 2011, vede le truppe occidentali impegnate a combattere quotidianamente in una ambiente arido e ostile. L’intenso paesaggio afghano comprende vari tipi di ambiente, dalle steppe aride ai prati alpini. A nord dell’Hindukush ci sono le pianure del Turkestan afghano e il confine segnato dall’AmuDarya (Oxus). A sud si estende l’arido e polveroso Dasht-i-Margo soprannominato il Deserto della Morte. Un soldato trovandosi ad operare in ambiente desertico deve fare i conti con i vari problemi ambientali che accompagnano le operazioni in tale scenario. Le prestazioni fisiche dell’operatore risulteranno essere gravemente limitate dalle elevate temperature che spesso arrivano a toccare i 55°gradi e quindi i tempi operativi per il recupero delle energie disperse risulteranno essere più lunghi. Durante le attività giornaliere è necessario un alto consumo di acqua- cinque litri circa (minimo vitale 2-3 litri) al giorno onde evitare possibili colpi di calore e disidratazione. Nel deserto è quindi di fondamentale importanza reintegrare i liquidi e i sali minerali persi, aiutandosi eventualmente anche con reintegratori salini. I soldati dovrebbero sempre rimanere coperti per ridurre la disidratazione. La sudorazione è un meccanismo fondamentale per la regolazione termica corporea; il sudore evaporando provoca la dissipazione del calore corporeo in eccesso. Assolutamente da evitare l’errore di scoprirsi eccessivamente o di esporsi al sole a torso nudo soprattutto durante i lavori manuali da campo. La disidratazione e la perdita di sali minerali può causare gravissime conseguenze, con dolori articolari e senso di spossatezza. Gli occhi se non protetti adeguatamente possono diventare doloranti. I moderni google a disposizione sul mercato sono studiati appositamente per scenari desertici e grazie al loro utilizzo si diminuirà il rischio di contrarre congiuntiviti causate dalla sabbia o dalla polvere. Inoltre una costante pulizia della propria arma risulterà necessaria onde evitare l’accumulo di sabbia e sporcizia, cause principale di inceppamenti e malfunzionamenti della stessa.

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OPERAZIONI TATTICHE IN AMBIENTE DESERTICO OPERAZIONI Movimento di truppe nel deserto irakeno

O.C.O.K.A La connessione tra il terreno e le caratteristiche del paesaggio, del campo di battaglia e delle tattiche militari utilizzabili nelle regioni desertiche è stata formalizzata dai teorici delle Forze Armate Americane, in un processo di analisi del terreno noto come O.C.O.K.A O • Observation and Fields of Fire (osservazione e campi di fuoco) C • Cover and Concealment (copertura e mimetizzazione) O • Obstacles (ostacoli) K • Key Terrain (terreni chiave) A • Avenues of Approach (direttrici di avvicinamento) TNM ••• 030

Il processo di OCOKA è fondata su questo principio: “il terreno ha un impatto diretto sulla selezione degli obiettivi e sulla loro posizione, sul movimento e il controllo delle forze in gioco e sull’efficacia delle armi” OSSERVAZIONE E CAMPI DI FUOCO L’osservazione e la capacità di distinguere le forze amiche da quelle nemiche sono aspetti chiave che servono a giudicare, prevenire e di conseguenza rispondere a minacce ostili. Alcuni fattori che possono avere un effetto sulla osservazione sono: la topografia, la vegetazione, lo sviluppo urbano e le eventuali condizioni create dagli


ZIONI TATTICHE IN AMBIENTE DESERTICO OPERAZIONI TATTICHE IN A

alla direzione originaria. Questo fenomeno si verifica esclusivamente alla presenza di climi con elevate temperature, con orizzonte sereno e con una piatta conformità del terreno circostante. Alle lunghe distanze, oltre 1300 metri, la rifrazione causa una valutazione errata sull’altezza degli obbiettivi facendo apparire i bersagli più bassi durante il giorno e più alti durante la notte. Un Accorgimento utile per evitare il fenomeno della rifrazione può essere quello di regolare il sistema di mira in alzo, più in alto o più in basso a secondo che sia giorno o notte, della metà dell’altezza del bersaglio. Un altro accorgimento utile è quello di cercare delle postazioni di tiro ad un altezza minima di 10 m dal suolo. COPERTURA E MIMETIZZAZIONE I soldati attualmente impegnati in contesti operativi aridi, vengono equipaggiati con uniformi a pattern specifici studiati appositamente per sopperire alle necessità di mimetizzazione in un contesto dove la sabbia e le rocce sono le caratteristiche principali. La mimetizzazione dei mezzi e delle armi personali è un altro elemento importante utile a rendere difficile l’individuamento. Il deserto offre rari elementi architettonici utili a creare efficaci coperture per questo motivo si cerca di utilizzare ogni possibile avvallamento del terreno per creare postazioni di combattimento o eventuali coperture cercando di mimetizzare la “ trincea “il più possibile con un adeguato utilizzo di reti e teli color sabbia. OSTACOLI

effetti di una battaglia. Grazie alla conformazione tipica di un deserto, il quale prevede ampi spazi disabitati e senza eccesivi ostacoli visivi, la visuale a lunghe distanze risulta particolarmente nitida e questo permette di utilizzare armamenti pesanti alle massime distanze. Allo stesso modo la visibilità a lunga distanza può creare problemi legati alla valutazione intuitiva delle distanze, in quanto i bersagli lontani tendono cosi a risultare più vicini di quanto non siano realmente e quelli più vicini appaiono di conseguenza più lontani. Questo problema è dovuto principalmente dalle nubi di calore presenti sul suolo desertico le quali falsano la linea ottica creando un fenomeno conosciuto con il termine di “Rifrazione”. Il fenomeno della rifrazione consiste nella deviazione dei raggi luminosi, rispetto

Gli ostacoli possono essere suddivisi in: • naturali: dune di sabbia, paludi salmastre, vegetazione, avvallamenti, caverne, tempeste di sabbia. • culturali: villaggi, città, ponti, ferrovie, recinzioni, oleodotti, gasdotti. Molti ostacoli naturali possono essere facilmente superati, altri richiedono uno sforzo maggiore. In pendii con suolo franoso, se possibile, andrebbero evitati. Le paludi salmastre rappresentano un insidia pericolosa in quanto presentano una superficie apparentemente solida ma facilmente sdrucciolevole durante il passaggio delle truppe a causa del terreno umido sottostante. Un’altra minaccia del deserto da non sottovalutare sono le tempeste di sabbia, la sabbia sollevata dalla violenza del vento si addensa talmente nell’atmosfera fino quasi a impedire la respirazione. In caso si è colti all’improvviso da una tempesta di sabbia la cosa migliore da fare è arrestare immediatamente tutte le operazioni in corso, cercare subito un riparo e se non è possibile trovarlo, bisogna sdraiarsi su di un fianco con la schiena controvento. TNM ••• 031


OPERAZIONI TATTICHE IN AMBIENTE DESERTICO OPERAZIONI

Sessione di tiro nel deserto Afgano Il fenomeno della rifrazione può causare valutazioni errate sulla distanza degli obiettivi

TERRENO CHIAVE

DIRETTRICI DI AVVICINAMENTO

Durante le manovre , sia che siano di difesa o di offesa, il terreno chiave deve essere, identificato, occupato e presidiato. Due fattori possono rendere una determinata zona terreno chiave : • come un comandante intende usarlo • come il suo nemico può utilizzarlo per sconfiggere le forze del comandante. Alcuni esempi possono sono essere le alture, i corsi d’acqua, le montagne. Il terreno è identificato anche come DECISIVO quando si riconosce che la missione dipende dalla sua acquisizione e dalla sua difesa. Esempi di TERRENO DECISIVO possono comprendere le aree urbane, le linee di comunicazione e fornitura, ponti, strozzature, installazioni militari e rotte di approvvigionamento.

Con il termine direttrici di avvicinamento si definiscono tutti i percorsi di manovra nel deserto. Nelle aree desertiche la nitida visibilità consente alle fazioni opposte di individuare molto facilmente la maggior parte delle manovre offensive, grazie soprattutto all’utilizzo dei sistemi radar. La migliore strategia da utilizzare è quella di prevedere molteplici direttrici di attacco. Grazie alla naturale conformazione del terreno desertico e le vaste zone esposte che vi si trovano, gli strateghi hanno a disposizione innumerevoli possibilità di manovra. Durante Desert Storm, la strategia adottata da Norman fu’ quella di disporre le truppe della coalizione intorno ai fianchi del nemico disorientandolo con continui attacchi a sorpresa da più parti.

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ZIONI TATTICHE IN AMBIENTE URBANO OPERAZIONI TATTICH


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DI FABIO ROSSI

SPECIAL EQUIPMENT

PIRATE

CORPETTO MODULABILE TATTICO CORAZZATO


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Special Equipment Srl è una azienda italiana che opera da ormai più di dieci anni esclusivamente nell’ambito delle forniture militari, con particolare riguardo alle protezioni balistiche individuali, agli equipaggiamenti tattici, buffetterie, zaineria, abbigliamento tecnico e protettivo. L’azienda sviluppa i prodotti in stretta collaborazione con i propri clienti istituzionali perfezionandoli grazie ai feedback maturati durante le attività addestrative in patria e durante le missioni all’estero. Gli articoli vengono

prodotti selezionando ed utilizzando i migliori materiali in commercio, solitamente acquistati negli Stati Uniti, con una estrema cura per la qualità delle lavorazioni, che ricordano la tradizione artigianale italiana in un moderno contesto di rigoroso controllo di qualità industriale. Special Equipment è attualmente fornitore di importanti enti militari italiani come il GOI della Marina Militare,il GIS ed il 1° RGT. TUSCANIA dell’Arma dei Carabinieri, il 17° RIAM dell’ Aeronautica Militare, il 4°RGT Alpini Paracadutisti.


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Sequenza cambio caricatore

STRUTTURA Il PIRATE – definito nel catalogo 2010 come corpetto corazzato modulabile – è un body armour di recente sviluppo, caratterizzato da una struttura portante interamente realizzata in Cordura® Dupont 1000 denari, che ne conferisce la massima affidabilità e resistenza nel tempo ed è disponibile nelle colorazioni olive drap, coyote brown, black, multicam ed a richiesta nel vegetato italiano. Nella parte interna è rivestito in rete tridimensionale ad alta tenacità che, interponendosi tra l’abbigliamento dell’operatore e la struttura di supporto, assicura un ottimo confort in qualsiasi condizione climatica di utilizzo. La parte esterna è ricoperta per l’intera superficie da un impianto di fissaggio universale – BCM - compatibile con qualsiasi

Procedura di estrazione della piastra rigida

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buffetteria in commercio che utilizzi il sistema MOLLE - MOdular Lightweight Load-carrying Equipment. Detta struttura è costituita da pals in nastro MilSpec certificato Mil-W-17337, fissati con filo ad alta resistenza utilizzando un doppio passaggio di cucitura eseguito con macchine industriali automatiche. L’articolo presenta un’apertura frontale costituita da un pannello velcrato abbinato ad un “cummerbund” diviso in due semisezioni e regolabile su quattro posizioni. I tre elementi predetti, caratterizzati da un comparto capace di accogliere tasche piatte velcrate del tipo “low profile” ed il sistema di ancoraggio BCM distribuito su tutte le superfici esterne, compresi i lati interni del cummerbund, rendono il PIRATE estremamente modulabile. Sfruttando pienamente entrambe le soluzioni è possibile distribuire i carichi in modo ottimale favorendo la mobilità e la velocità di estrazione dei serbatoi. Per incrementare ulteriormente la stabilità del manufatto è stata inserita, a diretto contatto della zona ventrale del corpo, una fascia elastica con chiusura in velcro. Nella parte dorsale superiore è presente una robusta maniglia di trasporto, sempre in nastro certificato, destinata all’eventuale recupero dell’operatore in difficoltà e fissata con solide cuciture che si estendono lungo tutta la struttura. Il PIRATE è predisposto per l’inserimento di copertura per il collo, parte pelvica e spalle corazzate; inoltre tramite un apposito kit, può essere collegato direttamente all’autorespiratore A.R.O. Caimano mkII o similari. Il passo futuro, attualmente in fase di sviluppo e collaudo, permetterà di integrare un salvagente pneumatico ad attivazione automatica e/o manuale. Tale configurazione appare ottimale per attività di sbarco o di contrasto alla pirateria marittima.


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Maniglia velcrata per lo sgancio rapido


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Sequenza impiego del quick release

QUICK RELEASE SYSTEM Esercitando un’energica trazione sulla maniglia di sicurezza, posta nella parte anteriore all’altezza del collo, si può procede ad un rapido sgancio del PIRATE. Questa procedura è resa possibile dal cablaggio, in apposite asole ed occhielli, di un cavo metallico ricoperto da un film plastico di colore nero che, una volta estratto, consente di disassemblare il vest nelle sue parti principali, permettendo l’accesso al torso dell’utilizzatore in caso di traumi o ferite. ATTAGLIAMENTO Particolare del sistema di cablaggio del quick release nella parte posteriore del cummerbund

Il manufatto viene prodotto nelle taglie (M, L, XL, XXL) e il giusto adattamento alla conformazione fisica dell’operatore si ottiene attraverso la registrazione delle fasce velcrate presenti sulle spalle, mentre il cummerbund, come già detto, è regolabile su quattro lunghezze. Le predette fasce, ricoperte con due elementi amovibili tramite velcro, particolarmente confortevoli ed efficaci per lo scarico del peso, assolvono anche il compito di canalizzare, fissare e proteggere i cavi di un eventuale apparato di comunicazione o di un sistema di idratazione posizionato nella parte posteriore. PROTEZIONI BALISTICHE

Particolare delle cuciture a doppio passaggio dei pals del molle system

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La struttura principale è in grado di accogliere due pannelli balistici specifici tipo BULK. Questi vengono disegnati, tagliati ed assemblati direttamente da Special Equipment con materiale balistico Honeywell GoldFlex® e sono certificati in classe IIIA presso il Banco Nazionale di Prova di Gardone Val Trompia a norma NIJ Standard-0101.03.


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Pirate disassemblato nelle sue parti principali

Le piastre rigide aggiuntive (SAPI) sono contenute in due tasche esterne. L’azienda, in questo caso, si avvale di piastre in carburo di boro B4C di classe IV NIJ “Standalone”, omologate da USSOCOM per l’impiego in operazioni subacquee; detto materiale, risultato insensibile all’acqua di mare le rende utilizzabili in immersione per un tempo indeterminato senza decadimento delle caratteristiche di protezione balistica. REPORT DELLE PROVE Il PIRATE è stato largamente provato sul campo, sia da operatori delle Special Forces italiane che della sicurezza privata impiegati in vari scenari stranieri ed ha dimostrato di essere il valido concorrente nazionale ai modelli maggiormente utilizzati e prodotti dalle più gettonate aziende americane. La sua struttura, come già detto, molto “slim e low profile” gli conferisce un’ottima gestibilità dei materiali trasportati che si converte, inevitabilmente, in un comfort difficilmente eguagliabile anche dopo molte ore di utilizzo. Il PIRATE si è dimostrato particolarmente efficace negli ambienti ristretti tipici del CQB, inoltre, nasce per garantire un eccellente capacità di gestione dell’arma lunga e corta specie nelle posizioni di tiro frontale. Nessun tipo di difficoltà durante le fasi di salita e discesa dai veicoli, anche se non di tipica configurazione militare o per impieghi TNM ••• 040

bellici. Di facile e rapido accesso sono risultate le tasche velcrate porta caricatori posizionate nella parte laterale del cummerbund, operazione che è stata provata più volte anche da posizione prona. Decisamente ben posizionata e dimensionata la maniglia per il trasporto d’emergenza che, fissata nella parte posteriore, permette di trascinare, senza grandi difficoltà, un operatore in completo assetto senza alcun segno di cedimento strutturale. Degna di nota, per la sua semplicità di esecuzione, la procedura di sgancio rapido, che si ottiene, come si può notare dalla sequenza fotografica, con un minimo di addestramento in circa 2 secondi. Per concludere, mi sento di promuovere a pieni voti questo prodotto nazionale di altissima qualità, caratterizzato dalla seria ricerca dei migliori materiali e dall’esecuzione professionale dell’assemblaggio, qualità difficilmente riscontrabili nei prodotti confezionati su larga scala. Ed il prezzo?... chiedetelo direttamente al produttore e rimarrete stupiti!!!!

Special Equipment via Borzoli 29 area Artigiana – 16100 Genova tel/fax. 010.3029918 www.specialequipment.eu


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Operatori delle forze italiane indossano il Pirate

SCHEDA PRODOTTO TIPOLOGIA PRODOTTO Corpetto modulabile tattico con apertura frontale e cummerbund regolabile - possibilità di inserimento di soft bodyarmour e hardplate. MATERIALI Struttura in Cordura® Dupont 1000 denari, nastri e velcri ad alta tenacità e tenuta. Protezioni balistiche in Gold Flex® e piastre rigide in carburo di boro. PESO E COLORAZIONI Circa 2,5 kg. a vuoto. COLORE olive drap, coyote brown, black, multicam ed a richiesta vegetato italiano. PREZZO Su richiesta.

Dimostrazione della facilità di accesso ai caricatori di scorta anche da posizione prona

Si ringraziano: Ghost International – www.ghostinternational.com di Bovezzo (BS) per la fondina modulare tattica. Fondina modulare di sicurezza modello Ghost III con livello 3 di ritenzione per pistola Glock 17 in colorazione desert tan allestita su modulo cosciale. La copertura esterna è realizzata in materiale plastico (ABS) termoformato mentre la copertura interna e’ foderata con del materiale sintetico (Ledra o Lorica) idrorepellente che garantisce la protezione della finitura esterna della pistola. È possibile fissare il gruppo fondina a moduli diversi al fine di permette all’operatore una maggiore versatilità del prodotto, di avere sempre la stessa presa della pistola e gli stessi sistemi di sicurezza con dei costi molto limitati. Tactical Equipment – www.tacticalequipment.it di Savona per l’abbigliamento Arc’teryx ed i guanti MASSIF Overlord Combat Gloves. Giacca Combat Softshell livello 5 Multicam. I materiali altamente tecnici denominati Tweave® e Durastretch® con cui è fabbricata garantiscono la massima traspirabilità, proteggendo allo stesso tempo l’utilizzatore in condizioni climatiche con umidità estrema. Gli stessi materiali conferiscono una grande resistenza alle abrasioni ed all’utilizzo combinato con vest tattici. Il taglio sportivo favorisce la massima libertà di movimento in situazioni estreme. Può essere utilizzata singolarmente o in abbinamento agli altri capi della linea Arc’teryx LEAF.

Dimostrazione del confort di impiego in situazioni tattiche

Guanti MASSIF Overlord Combat Gloves. Guanto da combattimento estremamente tattile. Il design del taglio offre all’operatore un superbo controllo nel maneggio delle armi. Grazie ai tessuti Massif® Wolverine™ Stretch Nomex®the ha superato le severe norme standard ASTM D 6413 per la resistenza alla fiamma. La chiusura sul polso gli conferisce maggiore stabilità ed una calzata più avvolgente. Il filo utilizzato è in Kevlar® a doppia cucitura.


MILITARY DIVING MILITARY DIVING MILITARY DIVING MILITAR DI FABRIZIO PIRRELLO

UNA MUTA “INTELLIGENTE” PER I SE.A.L.S

Nell’arco di qualche anno i SE.A.L.s riceveranno le nuove mute “Wet-And-Dry”

Intervista a: Quoc Truong, direttore del progetto “Wet-and-Dry” Probabilmente assisteremo nel prossimo futuro ad una importante innovazione nel settore delle mute da immersione. Probabile che, ancora una volta, il settore sportivo possa avvantaggiarsi dei notevoli investimenti in tecnologia produttiva e ricerca effettuati in ambito militare. I ricercatori dello U.S. Army Soldier and Biological Chemical Command (S.B.C.COM.) presso il Soldier Systems Center di Natick, annunciano che nel giro di qualche anno rivoluzionarie mute “intelligenti” equipaggeranno i SE.A.L.s della U.S. Navy. I test preliminari delle mute, programmati per aver inizio TNM ••• 042

in aprile ed aventi una durata di circa ventuno mesi, saranno condotti presso la Coastal System Station della U.S. Navy localizzata a Panama City in Florida ed all’interno dell’S.B.C.COM. Oggi le mute “bagnate” in uso presso i SE.A.L.s vengono generalmente indossate nel corso delle fasi subacquee di infiltrazione ed esfiltrazione/estrazione di un intervento. Queste possono presentare una pesantezza variabile (la temperatura dell’acqua determinerà la muta da impiegarsi). Dopo aver nuotato verso la costa i SE.A.L.s si disfano delle loro mute “bagnate” per indossare il


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vestiario appropriato per eseguire la fase terrestre dell’operazione. Qualora il piano contempli il rientro nelle acque dalle quali gli operatori hanno condotto l’inserzione onde eseguire la fase di esfiltrazione, le mute vengono occultate in un luogo sicuro in prossimità della costa. Terminata la fase terrestre dell’operazione e raggiunto il luogo ove le mute sono state nascoste, i SE.A.L.s svestono le loro tute da combattimento per indossare nuovamente il vestiario subacqueo. La necessità del cambio di vestiario è stata sempre

accettata malvolentieri dai SE.A.L.s quale aspetto rischioso ma necessario del lavoro. Il tempo necessario per il cambio del vestiario si traduce in opportunità per il nemico di individuare la posizione del team. La necessità del cambio uniformi significa inoltre che gli operatori sono costretti a trasportare il peso addizionale delle tute da combattimento a terra durante la fase di avvicinamento alla linea costiera. I membri della comunità SE.A.L sono ansiosi di testare le nuove mute “bagnate” poiché queste gli consentiranno di indossare un singolo capo concepito TNM ••• 043


MILITARY DIVING MILITARY DIVING MILITARY DIVING MILITAR

per essere utilizzato nel corso di tutte le fasi di un’operazione: inserzione, infiltrazione, compiti presso l’obiettivo, esfiltrazione ed estrazione. Gli stessi operatori stanno assumendo un ruolo attivo nello sviluppare il design per la nuova muta. La muta “bagnata” sarà costituita da tre strati di materiale. Lo strato intermedio è costituito da una speciale membrana avente una struttura sensibile alle variazioni di temperatura. In ambienti a temperatura variabile la struttura molecolare di questa membrana comincia a mutare. In presenza di ambienti caldi la struttura molecolare diviene maggiormente aperta, permettendo ad una quantità maggiore di calore corporeo e di sudore di dissiparsi attraverso il tessuto. Al contrario, quando la temperatura ambientale scende al di sotto di quella necessaria al passaggio di stato, le molecole del tessuto si aggregano intrappolando il calore contro il corpo. La muta ha una struttura composta da tessuto laminato con un guscio esterno; una membrana a polimeri sagomata, ed un tessuto foderante. Tanto il guscio esterno quanto il materiale foderante proteggono la sottile membrana a polimeri compresa fra entrambi. La richiesta specifica da parte della U.S. Navy: costruire un nuovo materiale per fornire ai nuotatori una adeguata protezione termica quando la temperatura delle acque varia tra i 12 ed i 18°C. Una volta che questi avranno raggiunto la terra ferma, a contatto con l’aria aperta, ed in presenza di temperature comprese tra i 18 e gli 27°C, la membrana si allargherà permettendo al calore corporeo di evaporare attraverso il tessuto. Così facendo, gli operatori saranno in grado di indossare la muta anche nel corso della fase terrestre dell’operazione. TEST PRELIMINARI Test preliminari sono stati condotti nel Simulatore Idro-Ambientale dello U.S. Navy Clothing and Textile Research Facility (N.C.T.R.F.) di Natick. Nel corso di tali test, ai quali sono stati sottoposti dei volontari, le mute sono state testate al fine di verificare le loro capacità di impermeabilità ponendo le basi per le successive ricerche riguardanti confort e capacità termiche. Nel corso delle prove un manichino munito di sensori termici e completamente equipaggiato è stato impiegato nei test subacquei riferiti a temperatura ambientale, pressione idrostatica, e la potenza ed altezza delle onde all’ interno del simulatore del N.C.T.R.F. La muta a tre strati presenta un “guscio” esterno costituito da un tessuto altamente flessibile (simile allo Spandura), ed uno strato interno soffice e fino. Fatta eccezione per la membrana attiva interna tanto i tessuti che costituiscono lo strato esterno quanto il materiale a contatto con la pelle dell’operatore potranno esser soggetti a cambiamento. Il design finale non è ancora stato stabilito. Diverse opzioni riguardanti guanti, stivaletti, e probabilmente un cappuccio rimuovibili sono state considerate. TNM ••• 044


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CONFORT: FATTORE CHIAVE Un ex SE.A.L. ha dichiarato ad Armed Forces Journal International che la fodera interna della muta sarà un elemento di importanza fondamentale. Le mute attualmente in uso, sfregando contro ascelle, inguine, e nell’interno delle ginocchia finiscono per irritare tali zone del corpo. “Per lo strato a contatto con l’epidermide possibile l’impiego di una fodera in materiale soffice (Polartec®?). Ulteriore problema con il quale i SE.A.L.s si trovano spesso a fare i conti è costituito dall’effetto dell’urina all’interno delle mute. Poiché le nuove tute saranno indossate nel corso di operazioni prolungate, esse sono state munite di chiusure lampo le quali si estendono dalla spalla all’inguine. La lampo permetterà all’operatore di orinare quando si troverà fuori dall’acqua. Se un SE.A.L. sarà costretto ad urinare nella muta, saprà che la struttura della stessa non verrà comunque intaccata dall’acido presente all’interno dell’urina. Allo stesso modo, lo strato esterno sarà inattaccabile da petrolio, gasolio ed altri agenti contaminanti facilmente presenti in porti ed altri specchi d’acqua semichiusi. Nonostante i suoi tre strati, la nuova muta sarà più leggera e meno ingombrante quando riposta rispetto alle attuali mute. In meno di due anni si prevede di arrivare ad una versione definitiva della Wet-and-Dry. E se tutto procederà come previsto, i SE.A.L.s della U.S. Navy verranno equipaggiati con mute dell’ultima generazione che li porteranno dalle acque fino all’obiettivo terrestre e nuovamente in mare per il ritorno verso casa.

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COLTELLI 100% TATTICI Pohl Force GmbH è una società specializzata nello sviluppo di coltelli da combattimento e da escursione. L’azienda è guidata da Dietmar Pohl, designer di lame rinomato a livello internazionale. Grazie ai rapporti di collaborazione con unità speciali di forze armate e di polizia in tutto il mondo, Pohl Force è riuscita a sviluppare coltelli adatti ad ogni scenario operativo e in grado di coniugare prestazioni di prim’ordine ad un design moderno e funzionale. Pohl Force utilizza solo materiali di alta qualità: che si tratti di acciaio, polimeri o materiali naturali come legno e cuoio. Tutte le lame sono progettate per poter essere usate anche in modo gravoso, partendo dal presupposto che i principali acquirenti saranno appartenenti a forze dell’ordine o reparti militari oppure appassionati di attività outdoor: persone che dovranno fare affidamento sulla bontà del loro coltello anche in situazioni limite.

Tra i molti tipi di acciai inox utilizzabili, Pohl Force ha volutamente evitato di impiegare quelli sinterizzati, che hanno prestazioni di alto livello ma sono anche molto costosi e difficli da manutenere. Pohl Force predilige la filosofia del noto statunitense coltellinaio Jimmy Lile: cioè utilizzare acciai adatti ad ogni tipo di situazione, bilanciati nella composizione, robusti e di facile manutenzione quali l’inox 440C e il carbonioso D2.

Alpha Three - Tactical version

Pohl Force garantisce la massima qualità e cura del dettaglio su tutte le sue produzioni in modo da rendere i suoi prodotti completamente affidabili. Per questo motivo, ogni coltello è scrupolosamente ispezionato, spesso dallo stesso da Dietmar Pohl, prima della consegna e viene corredato da un certificato di controllo e qualità. La gamma Pohl Force comprende i grossi pieghevoli Alpha Two e Alpha Three, il piccolo folder Bravo One e i fissi compatti Hornet XL: tutti da scoprire sul nuovo portale italiano

Hornet XL - Ed. limitata 2009

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DI FABIO GARRAFA

LMG NEGEV CAL 5,56 NATO Negev è un deserto a sud d’Israele, un mare di calore che rende l’aria tremula e si estende fino al confine con la Giordania, l’Egitto ed il mar Morto e dove la storia d’Israele affonda le sue radici fin dai tempi più antichi. Il nome richiama le origini e la storia del popolo israeliano che deve molto a questo deserto in quanto forma una difesa naturale dell’unico stato democratico e filo occidentale che confina con ben 23 stati totalitari e con il 50% delle maggiori organizzazioni terroristiche del mondo. Una posizione non felice che, unita alla mancanza di estensione territoriale, che dovrebbe garantire adeguati tempi di risposta alle aggressioni, costringe il suo popolo a vivere in uno stato di perenne allarme sociale in cui si convive quasi quotidianamente con i razzi kassam ed i kamikaze (basti ricordare la guerra dei 6 giorni e quella del Kippur). In questo contesto la difesa militare ed antiterroristica ha portato la IMI a diventare uno dei più importanti colossi mondiali del settore della difesa e gli uomini della IDF ad essere dotati degli strumenti più validi ed efficienti sul

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mercato degli armamenti, spaziando da sofisticati mezzi elettronici a semplici armi individuali, per garantire la sopravvivenza dei soldati e della popolazione a loro affidata. Nel caso in esame ci occuperemo della LMG Negev cal 5,56 Nato, arma di squadra o di reparto ad alta efficienza. La configurazione delle armi in 5,56 SS109, malgrado le ampie dichiarazioni ed i test teorici che la pongono al pari del 7,62 Nato, è soggetta a serie critiche da parte di tutti gli analisti occidentali per la sua scarsa efficacia oltre i 200mt. Con la scarsa visibilità dei bersagli nel teatro afgano ed irakeno, tuttavia, il valore del volume di fuoco esprimibile, ha assunto maggiore importanza ed in tale contesto, disporre di una LMG di dimensioni compatte, peso non eccessivo al brandeggio e dello stesso calibro delle armi leggere di squadra, riveste elemento di grande importanza per la sopravvivenza della squadra, plotone o gruppo impegnato in azione. La LMG Negev risponde appunto a queste esigenze, sia per volume di fuoco, sia per portabilità nella configurazione commando. Nella versione con canna


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lunga si presta a essere usata su mezzi da trasporto, elicotteri ecc. che possono trasportare un grande numero di munizioni che si traducono in una pioggia di proiettili sugli obiettivi. L’arma nasce dalla progettazione della IMI, ad opera di Ramat HaSharon nel 1985 ed adottata dall’IDF nel 1997. Si tratta di una LMG a doppia alimentazione nastro o caricatore, con funzione di arma di squadra ed il calibro il 5,56 pari a quello delle armi individuali M4 o Galil. Il peso è contenuto entro i 7,5kg cui si aggiunge quello del nastro da 200 colpi con il quale arriva a 10kg. Il progettista ha favorito la trasportabilità considerando uno scenario che vede l’operatore in movimento continuo per azioni di copertura ed assalto in luoghi abitati, con un utilizzo più da braccio che da appoggio con bipede, poiché una arma in 5,56 con il peso che va da 7 a 7,4 kg non ha certo problemi di gestione nel tiro prolungato. Nella versione commando con canna più corta, la lunghezza passa da 1020 a 840 mm, che con il calcio ribaltabile la rende vantaggiosamente trasportabile sia a bordo di battelli sia come ottimale dotazione per le truppe aviotrasportate. Il peso, in sostanza, è uguale a quello della Minimi, che è di 6,8 kg. ed alla pari di questa, ha il ciclo di funzionamento ad otturatore aperto per evitare il cooking off. Oltre ai nastri, l’arma può utilizzare i normali caricatori da fucile che possono essere quelli del Galil o a specifica Nato tipo M16, previo inserimento di un bocchettone nella finestra di alimentazione. Le parti sensibili all’entrata di agenti esterni sono protette, come ad esempio la finestra del caricatore che è coperta da sportellino a molla quando non utilizzato. Il gruppo di scatto è abbastanza semplice poiché l’arma funziona ad otturatore aperto e la sicura, azionabile dal pollice, quando inserita,

blocca tutto il meccanismo impedendo l’azionamento della manetta laterale di ampie dimensioni. La percussione del colpo camerato avviene dopo la completa chiusura dell’otturatore rotante. Il bipiede ha degli ingrossamenti per stabilizzare le vibrazioni prodotte dal tiro a raffica prolungato, è rimovibile nell’uso come fucile mitragliatore ed è fissato al gruppo di recupero gas posto sotto la canna. Nella parte superiore, in posizione baricentrata, è disponibile la maniglia di trasporto inclinabile lateralmente. Mentre nella parte inferiore è presente un’impugnatura supplementare verticale per il brandeggio a braccio sciolto. Il rompi fiamma uguale a quello dell’M4 consente il montaggio di silenziatori per eliminare la vampa, il lancio di bombe e di proiettili non letali, ovviamente utilizzando munizioni a salve che vengono alimentate con caricatore e non con il nastro. Il nastro da 150 o 200 colpi è del tipo a maglia metallica disgregabile ed i nastri possono essere giuntati tra loro in pochi secondi. L’alimentazione a nastro avviene dal lato destro ed il sacchetto semirigido è agganciato in posizione centrale ed inferiore. La canna è facilmente sostituibile nel tempo minimo di 1,3secondi, cosa che riduce fortemente i costi di esercizio di un’arma già a basso costo di produzione. L’utilizzo dell’arma prevede infatti un grande volume di fuoco, di molto superiore rispetto ad un fucile. Le canne, di conseguenza, sono sottoposte ad un logorio molto veloce perché al normale attrito della palla si aggiunge la temperatura data dal fuoco prolungato. Quando raggiunge il limite di vita operativa è sufficiente la sostituzione della canna, molto più semplice ed efficiente rispetto alla sostituzione dell’intera arma per fuoco prolungato in

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ARMI MILITARI ARMI MILITARI ARMI MILITARI ARMI MILITARI

postazione fissa. Il funzionamento ad otturatore aperto favorisce il veloce raffreddamento della canna ed evita l’auto accensione delle munizioni per effetto dell’alta temperatura all’interno della camera di scoppio (coking off). Raffrontando il costo dell’arma e quello del munizionamento impiegabile nella sua vita operativa è facile comprendere come il costo dell’arma stessa risulti estremamente conveniente rispetto alla maggior parte delle armi con pari caratteristiche ed aventi costi maggiori. L’aspetto, in generale, richiama quello del Galil sia per l’astina anteriore squadrata, sia per il calcio ripiegabile a sinistra che consente l’armamento anche in posizione chiusa. L’intero corpo ha sezione rettangolare ed il funzionamento è dato dal sistema a pistone “long stroke” che, tramite due barre di collegamento all’otturatore con testa rotante, garantisce un’alimentazione sicura ed al riparo da malfunzionamenti. Nella parte anteriore, sotto la canna, è posizionata la valvola di gestione del gas, regolabile in tre posizioni che consente di incrementare la forza dell’azione di recupero in presenza di sporco, sabbia ecc., oppure in condizioni normali varia la cadenza di tiro da 850 a 1150 colpi minuto. La canna ha il passo di “1:7” con 6 righe che ottimizza le palle delle munizioni SS109, è cromata ed è ricavata per roto martellatura per garantire una maggiore durata. Il sistema di mira è affidato a mirino e tacca protetti lateralmente e da mirino notturno al trizio che è ribaltabile sul primo mirino. Sulla parte superiore è presente una corta “rail” per il montaggio dei moderni sistemi di puntamento diurno-notturno fissata al castello superiore. Per lo smontaggio e’ necessario sfilare il calcio verso l’alto dopo aver premuto il fermo, si estrae la piastra che supporta le due guide alle molle di recupero, si esegue l’estrazione del corpo dell’otturatore di forma prismatica e con il corpo avanzato rispetto all’otturatore rotante, segue la manetta di armamento. Il pregio non è dato da un solo aspetto o da una sola soluzione geniale o innovativa, ma dal complesso di scelte, che vengono armonizzate, tenendo conto, in fase progettuale, dei costi produttivi dati dalla complessità dei passaggi di lavorazione. Nel caso del Negev si è raggiunta l’eccellenza riuscendo a semplificare tutto al minimo come forma e numero di pezzi. I processi moderni di fabbricazione con macchine a controllo numerico consentono un altissimo standard di produzione, con assoluta intercambiabilità dei pezzi dalla forma semplice ed efficiente, curando la precisione di lavorazione solo ove richiesto. L’inserimento dell’otturatore rotante in un corpo prismatico con parte della massa avanzata riduce lo scuotimento e la lunghezza del sistema. Il ciclo di fuoco è regolabile in cadenza colpi/minuto o in TNM ••• 050

caso di arma sporca o per munizioni con standard pressorio diverso. La canna forata di precisione e la rigatura ottenuta per roto martellatura e successiva cromatura ne allungano la vita operativa e ne migliorano la precisione. Nella versione commando ha canna corta, senza bipiede e con il calcio ripiegato, ha il grande pregio della trasportabilità e facilità di uso in condizioni poco agevoli, brandeggio veloce e preciso come può essere richiesto da ambienti urbani o in foreste tropicali. Il dispositivo di trascinamento è abbastanza semplice ma robusto da trascinare il nastro anche se non sostenuto o solo contenuto nel sacco. In caso di emergenza utilizza i comuni caricatori da M16 o Galil, secondo come è armata la squadra. In caso di tiro notturno ha le mire in trizio che sono visibili in ogni condizione di luce e grazie alla “rail” superiore può utilizzare i mezzi di puntamento a punto rosso o notturno. Smontaggio da campo semplice e veloce. Il maggior pregio invece è meno visibile ma molto apprezzato, si tratta del costo, che si aggira intorno a 2000 $. Questo lo rende fornibile in grandi quantità o producibile su licenza senza particolari difficoltà. L’arma ha grossomodo l’ingombro di un fucile d’assalto tipo M16, non ha trattamenti superficiali che la rendono


TARI ARMI MILITARI ARMI MILITARI ARMI MILITARI ARMI MILITARI A NEGEV LMG STANDARD

Calibro 5,56 millimetri x 45 mm • Funzionamento a otturatore aperto Munizioni M855, M856, SS109 • Peso 6,8 kg Lunghezza totale 1.020 millimetri • Lunghezza con calcio ripiegato 840millimetri Canna lunghezza 460 mm Velocità di 915 m / sec • Tasso-di-il-fuoco Regolatore 1 850 ÷ 1050 giri / min

IMPRESSIONI DI TIRO DI M. L.

inattaccabile da agenti esterni, come ad esempio la finitura con nanoceramiche, tuttavia, in condizioni di normale manutenzione, raggiunge una lunga vita operativa, prima che l’usura delle parti ne richieda sostituzioni importanti. Qualora in futuro si passi ad altra munizione pari lunghezza, come quelle attualmente in studio, sarà necessaria la sostituzione di pochi pezzi ad opera dell’armiere di reparto o forse della sola canna, adeguando la valvola regolatrice del flusso dei gas di recupero, nel caso il fondello sia compatibile con l’attuale 5,56 Nato. Osservando un prodotto se ne possono dedurre la filosofia ed il tipo di economia che vi sta dietro e nel caso di un’arma, questo è quanto mai significativo. Nel caso del Negev non si può che apprezzare il know-how semplice ed efficiente di un’economia tesa al risultato, scevra dalle complicazioni lobbistiche che spesso portano a prodotti di grande slancio, di design accattivante, che sulla carta offrono risultati entusiasmanti. Questi ultimi, spesso, hanno problematiche di costi ed affidabilità incerta, facendo così passare in secondo piano la centralità dell’uomo cui sono affidati i veri risultati e le vite stesse degli utilizzatori.

Ho utilizzato la Negev nel corso della mia permanenza in Israele ed ho avuto modo di farne uso nel corso delle azioni in cui mi sono trovato. Le impressioni di tiro sono sempre difficili da trasferire con semplici parole. Il maggior peso dell’arma, rispetto ad un M4, si fa sentire nella quotidianità e vorresti non avere l’incombenza di un’arma più pesante di quella degli altri. Quando poi ti trovi in azione, il poter disporre in modo continuato di un volume di fuoco notevole e l’assoluta stabilità nel tiro fanno dimenticare le sudate fatte nel portarla a spalla o imbracciata. Mentre i miei compagni prendevano posizione potevo contare su un tiro cadenzato e prolungato in grado di dare la giusta copertura e di neutralizzare lo svantaggio di posizione. Non ho mai rilevato alcun mal funzionamento se non un leggero allentamento del calcio ribaltabile, cosa che è stata facilmente eliminata con un semplice intervento. Anche lo smontaggio da campo non ha mai richiesto che pochi secondi, ed in mancanza di lubrificazione, il funzionamento, non ne ha mai risentito. Il poter disporre di una arma, consapevole dell’affidabilità, ti permette di pensare unicamente ai dettagli dell’azione. Non ho mai avuto modo di effettuare tiro reale a lunga distanza, ma nell’impiego pratico da 20 a 150 mt di cui posso dare testimonianza il volume di fuoco ha ben supplito all’eventuale mancanza di “stopping power” dovuto al tipo di munizionamento.

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SPECIAL OPERATIONS SPECIAL OPERATIONS SPECIAL OPERAT DI FABIO GIANGOLINI

OPERAZIONE

ISOTOPE Nel 1972, i dirottamenti aerei da parte delle organizzazioni terroristiche mediorientali quali strumenti di pressione politica, erano ormai uno strumento consolidato e di largo utilizzo. Il 23 Luglio di quattro anni prima, un commando del Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina (FPLP), dirottò il volo El Al 426 da Heathrow a Fiumicino (Roma). L’incidente si risolse senza spargimento di sangue quaranta giorni dopo ad Algeri, con la liberazione dei quarantotto ostaggi ed il rilascio dei tre dirottatori. Nel Settembre del 1970, l’FPLP si guadagnò nuovamente le prime pagine dei rotocalchi internazionali con il dirottamento di tre aerei, fatti atterrare a Dawson’s Field (Giordania) e successivamente distrutti con gli esplosivi, dopo che tutti i passeggeri furono rilasciati. Un quarto velivolo fu fatto atterrare al Cairo, mentre il dirottamento del quinto, il volo El Al 219, fallì grazie alla pronta reazione del personale di sicurezza a bordo. Gli apparati di sicurezza israeliani, riscontrando l’intensificarsi degli atti di pirateria aerea, decisero di dispiegare agenti armati a bordo dei voli El Al. Si trattava di giovani riservisti del Sayeret Mat’kal (una delle unità antiterrorismo di punta delle Israeli Defense Forces), ai quali lo Shabak (il servizio segreto interno) offriva la possibilità di lavorare a bordo dei voli, quando non in servizio con la propria unità d’appartenenza. Addestrati a reagire a qualsiasi tipo di minaccia, non vi è ombra di dubbio, la loro presenza (insieme alla pratica del profiling dei passeggeri) contribuì notevolmente a rendere impossibile il dirottamento dei voli El Al. Restava comunque l’incognita di come intervenire in caso di una presa di ostaggi su di un volo straniero in territorio israeliano. Gli apparati di sicurezza affidarono quindi al Sayeret Mat’kal, il compito di sviluppare le tattiche d’intervento per la liberazione degli ostaggi a bordo di aerei. Queste, ben presto, sarebbero state utilizzate da quello stesso reparto, nel corso di un’operazione che avrebbe costituito, negli anni a venire, un vero e proprio “case study” per i reparti di controterrorismo di tutto il mondo.

Benjamini “Bibi” Netanyahu, riceve le congratulazioni da parte del Presidente israeliano Zalman Shazar, per il suo ruolo nell’operazione “Isotope”.

IL BATTESIMO DEL FUOCO Nel 1971 i servizi di sicurezza israeliani ricevettero informazioni su di una nuova organizzazione fondata all’interno di al-Fatah e rispondente al nome di Settembre Nero. L’obiettivo dell’organizzazione, era quello di vendicare l’uccisione dei palestinesi che tentarono di rovesciare il regno di re Hussein di Giordania nel Settembre 1970. L’esordio di Settembre Nero sulla scena internazionale fu cruento ed inaspettato. Il 28 Novembre 1971, i terroristi assassinarono il primo ministro giordano Wasfi al-Tel, mentre si recava ad una riunione della Lega Araba presso l’Hotel Sheraton del Cairo. Dopo questo primo colpo eclatante, le operazioni di Settembre Nero si allargarono al di fuori del Medioriente. Potendo contare su di una vasta rete di simpatizzanti in Europa, il gruppo compì attentati e sabotaggi a Londra, nella Germania dell’Ovest ed in Olanda. L’8 Maggio 1972, quattro terroristi appartenenti a Settembre Nero (due uomini e due donne) dirottarono il volo Sabena SN571, diretto da Vienna all’aeroporto israeliano di Lydda (oggi Ben Gurion), presso Lod. Il commando fu guidato da un certo Ali Taha, e l’operazione fece parte di una campagna ideata da Ali Hassan Salameh, capo delle operazioni di Settembre Nero, e fondatore di Forza 17, unità speciale agli ordini di al-Fatah. Dopo venti minuti dal decollo, i terroristi fecero irruzione pistole in pugno nella cabina del Boeing 707, prendendone il controllo. “Come potete vedere, abbiamo degli amici a bordo”, fu l’ironico annuncio del Comandante del volo, Reginald Levy, ai passeggeri. Una volta atterrati al Lydda, i terroristi manifestarono le loro richieste, ordinando la liberazione di 317 prigionieri palestinesi detenuti nelle carceri israeliane, in cambio della vita degli ostaggi. Il Ministro della Sicurezza Moshe Dayan, dopo essersi TNM ••• 052

consultato con il Primo Ministro Golda Meir, diede immediato ordine al Tenente Colonnello Ehud Barak (comandante del Sayeret Mat’kal e futuro Primo Ministro) di riunire riservisti ed operatori in servizio attivo e prepararsi ad un intervento di salvataggio. Mentre Dayan negoziava con i terroristi, utilizzando quale tramite i membri della Croce Rossa, si passarono al vaglio diverse possibilità d’intervento. Un significativo vantaggio fu acquisito dai pianificatori, quando i terroristi inviarono il capitano Levy al terminal per mostrare un campione dell’esplosivo presente a bordo, e convincere le autorità della veridicità delle loro minacce. I servizi di sicurezza furono così in grado di conoscere da Levy la posizione dei terroristi a bordo, l’ubicazione dell’esplosivo ed ebbero conferma che le uscite di sicurezza non fossero


ERATIONS SPECIAL OPERATIONS SPECIAL OPERATIONS SPECIAL OPER

Benjamini “Bibi” Netanyahu, un anno dopo l’operazione Isotope.

ostruite dai sedili. Per scongiurare un bagno di sangue era necessario, innanzi tutto, neutralizzare la carica esplosiva. Il primo operatore a fare irruzione, avrebbe quindi avuto il delicato compito di individuare l’ordigno e renderlo inoffensivo. “Affinché l’operazione possa avere successo”, spiegò il Comandante Barak ai suoi operatori, “ho bisogno di uomini che conoscano perfettamente l’interno di questi aerei e che siano abili nell’uso delle pistole”. A fare la parte del leone, quindi, sarebbero stati gli uomini già impiegati come sceriffi dell’aria. Proprio uno di questi sarebbe stato l’uomo di punta, incaricato di neutralizzare il congegno esplosivo. L’operazione fu simulata più e più volte su di un 707 all’interno di un hangar, finché tutti gli operatori non acquisirono un completo automatismo nei movimenti. Il 707 aveva due uscite d’emergenza su entrambe le ali, due uscite posteriori e due anteriori. Quattro operatori avrebbero fatto irrruzione in contemporanea dalle ali, fra questi anche Benjamin Netanyahu (anch’egli futuro Primo Ministro), che sarebbe entrato dall’ala di destra. Dato l’elevato numero di ostaggi, fu ordinato agli uomini di non fare fuoco a meno che non fosse stato strettamente necessario. L’unico autorizzato ad aprirsi la strada con ogni mezzo, fu Mordechai Rachamim, venticinquenne riservista dell’unità, richiamato in servizio con una telefonata nel corso di una lezione all’università. Rachamim sarebbe entrato dall’uscita d’emergenza collocata sull’ala sinistra, oltrepassato le prime tre file di sedili, e disabilitato l’esplosivo strappandone via le batterie. “Ero certo che non ne sarei uscito vivo”, ricorda Rachamim. “Dopo tutto sarei stato il primo ad entrare nell’aereo ed i terroristi non avrebbero esitato a spararmi non appena mi avessero visto”. Quella stessa notte, Ehud Barak ed altri due operatori si avvicinarono al 707. Coperti dall’oscurità, i commandos sabotarono il carrello aprendo le valvole del liquido idraulico. Il mattino successivo, i terroristi scoprirono di essere immobilizzati sulla pista. Dayan, che aveva condotto le negoziazioni, assicuró che una squadra di tecnici sarebbe presto arrivata per riparare il guasto. Era il momento di agire.

ORA ZERO Alle ore 10 circa sedici commandos del Sayeret Mat’kal travestiti da meccanici si riunirono sulla pista. I terroristi pretesero che i “meccanici” fossero perquisiti da un membro della Croce Rossa il quale, se bene all’oscuro del piano d’assalto, non si accorse delle armi nascoste addosso agli operatori. Una volta terminata la perquisizione, i militari salirono a bordo di due camion porta valigie, per essere trasportati verso il 707. Il governo israeliano aveva, intanto, acconsentito alla liberazione dei 317 prigionieri. Così almeno credevano i terroristi. Vestiti con delle kefiyah, un gruppo di militari venne portato a poca distanza dall’apparecchio al fine di distrarre i terroristi. Tutto sembrava andare per il verso giusto per il commando, che solo poche ore prima aveva dirottato il

volo Sabena SN571. Giunti in prossimità dell’aereo, fingendo di iniziare le operazioni di riparazione, tutti gli operatori presero le posizioni assegnate loro. Dopo un breve momento di silenzio, Ehud Barak soffiò nel fischietto che portava appeso al collo. Era il segnale d’inizio attacco. Rachim fece irruzione dalle ali e fu accolto da una scarica di colpi. Ritirandosi per un momento al di fuori dell’apparecchio, il militare diede tempo al collega al suo fianco di sporgersi all’interno dell’aereo ed abbattere il terrorista che aveva sparato. Poi Rachim si lanció nuovamente all’interno. Non sapendo se il terrorista che aveva cercato di colpirlo fosse stato ucciso, aprì il fuoco verso la direzione del suo aggressore, muovendosi contemporaneamente in avanti per individuare la carica, ma finendo nuovamente sotto i colpi di un secondo terrorista. Il militare rispose al fuoco muovendosi di fila in fila e riparandosi dietro un sedile per ricaricare. La tecnica impiegata dal Sayeret Mat’kal all’interno dei velivoli, era la stessa utilizzata per la bonifica delle trincee: una volta che l’uomo di punta avesse esaurito le munizioni, egli si muoveva sul lato cedendo il passo a chi lo precedeva. Il terrorista che teneva sotto tiro gli operatori, terminate le munizioni, si rifugió nel bagno, ma venne raggiunto da uno dei militari che lo uccise. Nel frattempo entrambe le donne del commando, che avevano tentato di nascondersi, furono individuate grazie all’aiuto dei passeggeri. Una di queste fu colpita alla testa dal calcio della pistola di uno degli operatori. L’arma fece fuoco accidentalmente, ferendo ad una spalla Benjamin Netanyahu. Dal reggipetto della terrorista furono strappate le batterie ed i detonatori per la carica che avrebbe dovuto distruggere l’apparecchio. Anche la seconda terrorista fu catturata, mentre Danny Yatom (futuro direttore del Mossad) ed un altro operatore, sopraggiungevano dalla cabina. L’esplosivo fu ritrovato sul retro e gettato all’esterno dell’aereo, mentre i passeggeri furono evacuati scivolando giù dalle ali. L’intera operazione, dal momento del segnale d’inizio, durò meno di due minuti. Tutti gli ostaggi, a parte una donna (uccisa dal fuoco incrociato), furono tratti in salvo. Alcuni giorni dopo l’operazione, fu organizzata una cena in onore del Sayeret Mat’kal. A presiederla il Primo Ministro Golda Meir, la quale, rispondendo alle critiche che la accusavano di aver messo a rischio la vita degli ostaggi, così dichiarò: “Quando ricatti come questi hanno successo, non possono che portare ad altri ricatti”. Rima Tannous e Teresa Halasseh, unici membri del commando sopravvissuti all’assalto, vennero processate e condannate da una corte israeliana. L’operazione “Isotope” (o “Mabat”, in israeliano) rappresenta il primo intervento di salvataggio ostaggi mai effettuato a bordo di un aeromobile. Solo l’effetto sorpresa, la violenza e la velocità messe in campo nell’esecuzione dell’attacco, evitarono che l’ordigno esplosivo fosse raggiunto ed attivato dai membri del commando terrorista. Le lezioni apprese nel corso dell’operazione, sono ancora oggi analizzate dalle unità antiterrorismo di tutto il mondo, Ad operazione conclusa, il Tenente al fine di perfezionare le proprie Colonnello Ehud Barak, travestito da procedure d’intervento a bordo meccanico, assiste all’evacuazione dei passeggeri. degli aerei di linea dirottati. TNM ••• 053


PMS’C PMS’C PMS’C PMS’C PMS’C PMS’C PMS’C PMS’C PMS’C DI GIANPIERO SPINELLI

AFRICAP

MODELLI DI COLLABORAZIONE TRA GOVERNO E PMS’C Il continente africano è considerato una “pentola a pressione”, pronta ad esplodere da un momento all’altro, rischiando di destabilizzare intere aree e provocare guerre intestine e tribali. Da secoli, queste guerre, frenano sia lo sviluppo che la pace. Al di là dei tentativi ondivaghi, da parte della comunità internazionale e dell’ONU, per trovare soluzioni utili a creare margini di stabilità e dopo continui dibattiti sulle possibili soluzioni idonee alla mitigazione del problema, lo US. Department of State ha pensato di passare il testimone alle PMS’C. Il governo degli USA, da sempre garante di stabilità nel mondo, si è fatto avanti e grazie a particolari accordi di sostegno ed aiuto a paesi come Sudan, Repubblica democratica del Congo, Somalia, Liberia e Sierra Leone (praticamente i paesi facenti parte dell’ ECOWAS, la comunità economica degli stati dell’Africa occidentale e dell’Unione Africana), ha deciso di affidare questo programma ad alcune delle più importanti Private Military Company americane. Queste compagnie, da anni caratterizzate dalla professionalità dimostrata negli scenari più caldi del pianeta, si alterneranno in operazioni di addestramento, supporto logistico, implementazione di comando e sostegno per le forze armate di questi paesi, oggi impegnati in operazioni di Peace Keeping. Il programma denominato AFRICAP ( Africa Peace Keeping Programm ), ha come obiettivo l’organizzazione delle forze armate di questi paesi, affinché esse possano agire efficacemente contro i numerosi focolai terroristici ed eversivi di matrice qaedista, isolando i loro continui tentativi di insediarsi in nuovi territori, creando basi operative da dove organizzare attacchi, oltre a favorire la stabilizzazione di governi democraticamente eletti. Il

programma ha uno start iniziale di un anno, per il quale sono stati stanziati circa 1,5 miliardi di dollari e le PMS’C che saranno impegnate sono: Dyncorp International , MPRI , Kiron Global Strategies, Ronco e Caci International. L’impiego di queste compagnie sarà costantemente monitorato dall’US. Department of State, garante di tutte le operazioni, che dovranno essere condotte in maniera idonea al fine di non creare nessun tipo di problematica con la composizione etnica dei vari paesi impegnati nel programma. Gli USA garantiranno a questi paesi, importanti opere di sviluppo sociale, affinché il programma non rimanga fine solo alle operazioni di sicurezza, ottenendo l’appoggio indispensabile da parte delle popolazioni locali per questo tipo di operazioni. Si tratta di un grande risultato per le PMS’C! Hanno conquistato quella legittimazione che storicamente era affidata e gestita da apparati governativi, ed apre degli spiragli importantissimi affinché questo tipo di compagnie sia sempre di più impegnato in quelle delicatissime operazioni di pace e supporto umanitario.L’ottenimento di questa fiducia è un passo molto importante, utile a screditare coloro che, per anni, hanno affibbiato alle PMS’C l’etichetta di società di affari senza scrupoli, interessate unicamente al proprio tornaconto economico. Decade quindi l’immagine negativa del mercenario spietato con cui molti hanno voluto descrivere i contractor impiegati nelle PMS’C. Con AFRICAP, le Private Military Company, dimostreranno ancora una volta di essere attori fondamentali per il ripristino della pace e della stabilità del globo e soprattutto di essere decisivi per i futuri scenari mondiali.

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REGOLE D’INGAGGIO REGOLE D’INGAGGIO REGOLE D’INGAGGIO R

DI VINCENZO COTRONEO (Esperto in diritto militare)

ROE

…DAL DECALOGO DEL SOLDATO… REGOLA NR.1

COMBATTI SOLO IL NEMICO E GLI OBIETTIVI MILITARI

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TARGET: PRINCIPIO DI DISTINZIONE, COMBATTENTI, BENI ED OBIETTIVI MILITARI

Discutere e ragionare di conflitti armati nazionali ed internazionali, significa anche discutere e mettere obbligatoriamente in conto, gli effetti consequenziali alle operazioni militari, i quali ricadono negativamente su quella parte di popolazione che non partecipa direttamente al conflitto, ma che ne subisce passivamente gli esiti. Prima di tutto è necessario ricordare a chi legge, che l’osservanza delle regole e dei principi che disciplinano l’attività di combattimento, non ostacola (come qualcuno potrebbe pensare) le operazioni, anzi le agevola facendo si che tutte le risorse umane e materiali vengano impiegate unicamente al conseguimento dell’obiettivo previsto. È fondamentale quindi stabilire prima ancora di mettere il piede sul terreno, due elementi particolari: “CHI” può essere attaccato, e “COSA” può essere attaccato. Il Principio di Distinzione


GIO REGOLE D’INGAGGIO REGOLE D’INGAGGIO REGOLE D’INGAGGIO

estratto dal Diritto Internazionale dei Conflitti Armati ci aiuta in questo senso, indicando che può essere attaccato solo un combattente o un obiettivo militare, vietando l’attacco indiscriminato. È sufficiente tale definizione all’operatore? Ovviamente no. La liceità dell’attacco viaggia su linee di valutazione che meritano un analisi più dettagliata. Art. 48 del I° Protocollo Aggiuntivo (1977) alle Convenzioni di Ginevra Allo scopo di assicurare il rispetto e la protezione della popolazione civile e dei beni di carattere civile, le Parti in conflitto dovranno fare, in ogni momento, distinzione tra la popolazione civile e i combattenti, e tra i beni di carattere civile e gli obiettivi militari, e di conseguenza, dirigere le operazioni soltanto contro obiettivi militari. DISTINGUERE LA POPOLAZIONE CIVILE DAI COMBATTENTI • tutti i combattenti costituiscono obiettivo militare; • solo i combattenti legittimi hanno il diritto di partecipare direttamente alle ostilità; Chi sono i combattenti legittimi (o privilegiati) Sono definibili “combattenti legittimi” tutti coloro che, in caso di conflitto armato internazionale, possono accedere allo status di Prigioniero di Guerra, in caso di cattura, perciò: i membri delle Forze Armate di una Parte in conflitto, delle milizie e dei corpi volontari che fanno parte di queste FF.AA.; i membri delle milizie e degli altri corpi di volontari, dei movimenti di resistenza organizzati, purché adempiano alle seguenti condizioni: o abbiano un comando responsabile dei propri subordinati o portino un segno distintivo fisso e riconoscibile o portino apertamente le armi o si uniformino, nelle loro operazioni, alle leggi e agli usi di guerra Inoltre, un partecipante al conflitto conserverà lo status di “combattente legittimo” a condizione che: porti apertamente le armi durante ogni fatto d’armi; porti apertamente le armi quando esposto alla vista del nemico e mentre prende parte allo spiegamento che precede l’attacco. Chi sono i combattenti illegittimi (NON privilegiati) Spie, mercenari e tutti coloro che non si distinguono dalla popolazione civile. Queste categorie non hanno diritto allo status di PoW. Va solo riconosciuto il trattamento generale

umanitario di protezione della persona e di preservazione della dignità umana. Il Mercenario, secondo la definizione del I° Protocollo Aggiuntivo è definito secondo le figure tradizionalmente legate ai vari scenari coloniali in terra africana. Per tale motivo, il personale delle attuali PMC, che offrono servizi di natura militare e prestazioni similari nei T.O. e non, non rientra in questa definizione, poiché non soddisfano in modo completo i requisiti richiesti per la concreta configurazione del “Mercenario” come da art. 47. Chi è il Mercenario MERCENARIO È COLUI CHE: • che sia appositamente reclutata, localmente o all’estero, per combattere in un conflitto armato; • che di fatto prenda parte diretta alle ostilità; • che prenda parte alle ostilità spinta dal desiderio di ottenere un profitto personale, e alla quale sia stata effettivamente promessa, da una Parte in conflitto o a suo nome, una remunerazione materiale nettamente superiore a quella promessa o corrisposta ai combattenti aventi rango e funzioni similari nelle forze armate di detta Parte; • che non sia cittadino di una Parte in conflitto, né residente di un territorio controllato da una Parte in conflitto; • che non sia membro delle forze armate di una Parte in conflitto; • che non sia stato inviato da uno Stato non Parte nel conflitto in missione ufficiale quale membro delle forze armate di detto Stato. IL PARTICOLARE: IL COMBATTENTE DELLA GUERRIGLIA Anche ai combattenti della guerriglia va riconosciuto il diritto di PoW, ma solo se dimostri di essersi distinto dalla popolazione civile durante un attacco o durante le fasi di preparazione all’attacco. Per rispondere a questa ultima esigenza, è sufficiente che il soggetto: 1) porti apertamente le armi per il tempo di esposizione alla vista dell’avversario 2) porti apertamente le armi per ogni situazione connessa all’attacco 3) porti apertamente le armi durante lo spiegamento tattico che precede un attacco al quale si prenda parte. È molto difficile valutare le situazioni in modo univoco. Ogni situazione rappresenta sempre una interpretazione diversa, e l’identificazione del combattente risulta sempre problematica e può portare pesanti ripercussioni sulla certezza nell’applicazione corretta della legge.

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REGOLE D’INGAGGIO REGOLE D’INGAGGIO REGOLE D’INGAGGIO R

IL CASO: TALEBANI VS AL QAEDA È bene precisare anche la questione relativa a un’altra possibilità: ossia la presenza in teatro operativo, di gruppi di armati non facilmente riconoscibili e identificabili come legittimi combattenti o come popolazione civile. In tal caso, l’art. 5 della III Convenzione di Ginevra, disciplina la questione in questo modo: “ le persone che abbiano commesso un atto di belligeranza e siano cadute in potere del nemico (…) usufruiranno della protezione della Convenzione nell’attesa che il loro status sia determinato da un tribunale competente”. È il caso dei combattenti catturati in Afghanistan durante il conflitto del 2001. Contrariamente alle brigate miliziane di Al Qaeda, che agiscono secondo il modus operandi terroristico, il Taliban poteva rientrare nella categoria di Forza Armata non riconosciuta dalla Potenza detentrice. OBIETTIVO MILITARE Costituisce un obiettivo militare, (e quindi attaccabile per sua stessa natura), qualunque bene che per ubicazione, destinazione od impiego contribuisca effettivamente all’azione militare e la cui distruzione, totale o parziale, conquista o neutralizzazione, offra un vantaggio militare preciso. Dall’analisi dell’art.52 del I° Protocollo, si può quindi sintetizzare la necessaria duplicità di requisiti che caratterizzano un bene identificato come obiettivo militare; 1° requisito: il bene deve contribuire all’azione militare per

sua natura (un carro armato/aereo/portaerei), ubicazione (strada di collegamento tra base militare e centro abitato o strada di passaggio truppe), destinazione o impiego (se il bene verrà usato in futuro o nell’immediato); 2° requisito: il vantaggio militare preciso e concreto che si ottiene dalla distruzione, conquista, neutralizzazione del bene-obiettivo militare, escludendo quindi vantaggi possibili od ipotetici. Ovviamente, le regole del Diritto dei Conflitti Armati, consentono di attaccare tutti quei beni che siano quindi identificabili come obiettivo militare. Per rispettare queste norme è bene che il periodo che intercorre tra la pianificazione ed il successivo attacco, sia di regola, il più breve possibile. La rapidità con la quale si passa dalla pianificazione all’attacco è utile ad evitare eventuali rapidi mutamenti dello scenario e del target. (basti pensare all’evacuazione di una base militare, relativamente alle strade ed ai ponti che circondano la struttura e la collegano con i centri abitati. Una volta abbandonata la base, svanisce l’utilità distruttiva delle vie di comunicazione). DANNI COLLATERALI Al Comandante che pianifica un attacco, non può essere mai richiesto uno standard assoluto di perfezione e di precisione. Il danno collaterale (come la perdita di vite civili non impegnate nel combattimento), in talune circostanze è ammissibile, purché l’attacco sia condotto su un obiettivo militare preciso, con le caratteristiche di cui sopra.

I BENI DUAL USE Tra gli obiettivi militari rientrano anche i beni “dual use”, ossia i beni che, pur destinati all’utilizzo da parte della popolazione civile, possano anche sostenere lo sforzo bellico dell’avversario. Sono esempi di beni “dual use”: le stazioni radio tv, le centrali telefoniche e gli impianti elettrici, le vie di comunicazioni principali ed i vari depositi contenenti oli sintetici e petroli, oltre alle strutture portuali ed aeroportuali. La motivazione del perché debba essere valutata in modo approfondito l’opportunità di attaccare beni dual use, è di immediata evidenza. Questa categoria di beni ha doppia valenza, sono cioè utili per le truppe nella stessa misura in cui sono utili alla popolazione civile,

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ed al termine delle ostilità, la stessa popolazione sarà più facilitata nel ritrovare la propria condizione sociale se intorno a se non trova solamente il deserto provocato da attacchi indiscriminati e bombardamenti a tappeto di dubbia utilità. Ricordiamo inoltre, che la salvaguardia dei beni culturali e dei beni di utilizzo pubblico/sociale, è utile a garantire la possibilità di operare sul tessuto sociale in funzione di Psyops, ovvero di operazioni psicologiche del tipo “ heart and mind “ favorendo in questo modo la ripresa dei sistemi democratici e garantendo la presenza, fin a quando sarà necessario, degli operatori.


GIO REGOLE D’INGAGGIO REGOLE D’INGAGGIO REGOLE D’INGAGGIO

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TACTICAL MEDIC TACTICAL MEDIC TACTICAL MEDIC TACTICA

DI MAX SCUDELER

TACTICAL CASUALTY COMBAT CARE Il “Tactical Casualty Combat Care” (TCCC) è l’assistenza pre-ospedaliera resa in caso di incidente in ambiente tattico o di combattimento. I protocolli della TCCC sono fondamentalmente diversi da quelli tradizionali dei traumi civili che si avvalgono dell’appoggio di molte attrezzature coadiuvanti la diagnostica e di uno staff medico completo. Queste differenze non sono legate esclusivamente al tipo di trauma ma anche alla situazione in cui si è costretti ad operare. Un corretto intervento medico se, effettuato al momento sbagliato, può portare solo ad aumentare il numero delle vittime. È necessario affrontare le situazioni anche da un punto di vista strategico, pianificando tempi ed operazioni in maniera ottimale e tutelando il più possibile non solo le vittime dell’infortunio ma anche i soccorritori. Purtroppo non sempre il personale infermieristico e medico militare viene adeguatamente preparato alla complessità di questi particolari interventi. L’intervento diretto sul campo di battaglia, e cioè il TCCC, è determinante nel ridurre la gravità degli incidenti. Basti pensare che il 90 per cento dei decessi che si verificano in combattimento avviene prima che l’infortunato raggiunga un impianto di trattamento medico. Riguardo ai traumi le percentuali delle maggiori cause di morte in combattimento sono: 31 %: trauma cranico perforante; 25 %: traumi fisici non correggibili chirurgicamente;

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12 %: ferite riportate (soprattutto infezioni e shock) 10 %: traumi fisici riducibili chirurgicamente; 9 %: dissanguamento 7 %: trauma da esplosione mutilante 5 %: pneumotorace iperteso PTX (versamenti intrapolmonari) 1 %: ostruzione delle vie aeree Una percentuale significativa di questi decessi (circa il 25/30%) sono potenzialmente evitabili con un adeguato e tempestivo intervento. Fra queste sono: la stragrande maggioranza delle emorragie, riducibili con un laccio emostatico oppure l’ostruzione delle vie aeree o altre cause di difficoltà respiratoria risolvibili sul posto. Altro elemento fondamentale è stabilire la priorità degli interventi. La divisione che è opportuno fare sui traumatizzati in un campo di battaglia è dividere gli infortunati in tre grandi categorie ed utilizzare secondo logica le risorse che si hanno a disposizione: • vittime che moriranno se non riceveranno tempestivamente assistenza medica; • vittime che moriranno, a prescindere dal ricevere o meno aiuto medico; • vittime che vivranno, a prescindere dal ricevere o meno aiuto medico.


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COMBATTIMENTI INDIVIDUALI COMBATTIMENTI INDIVIDUALI C

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UALI COMBATTIMENTI INDIVIDUALI COMBATTIMENTI INDIVIDUALI COM

DI ANTONIO MERENDONI SERVIZIO FOTOGRAFICO: NEW PHOTO-OZZANO EMILIA (BO)

CLOSE QUARTER COMBAT (CQB) COMBATTIMENTO INDIVIDUALE RAVVICINATO (CIR)

Le pubblicazioni, sopratutto negli Stati Uniti, di numerosi manuali di close quarter combat specifici sull’uso del pugnale, pugnalebaionetta e daga, confermano ormai l’attuale necessità di un modo di combattere proprio per il militare professionista, mirato al completamento addestrativo del singolo combattente. Anche nel terzo millennio la formazione del militare, non poteva prescindere dall’istruzione individuale al combattimento, in particolare quello ravvicinato. Nonostante si discuta sempre di tecnologie emergenti, di robotizzazione, di digitalizzazione è (e sarà) sempre il militare pedestre, armato di fucile e pugnale-baionetta a determinare il successo, la vittoria, occupando fisicamente il terreno. Quindi, questi deve essere perfettamente istruito ad affrontare il combattimento in ogni suo aspetto, compreso quello corpo a corpo. Quanto dichiarato non solo è valido per le operazioni consuete di guerra (WO), ma lo è anche per le operazioni diverse dalla guerra (MOOTW), siano esse di supporto alla pace, di gestione delle crisi o di controllo del territorio. In tutte queste operazioni , dove la possibilità di confronto “fisico” è elevata, la necessità di ridurre il più possibile il ricorso alle armi da sparo è basilare.

A e F sono in guardia. F tira una puntata. A para con l’indumento, poi A e F sono in guarda con il coltello. F tira una puntata alta. A la evita eseguendo una sparizione denominata passata sotto. Questa’azione consiste nell’abbassarsi rapidamente e toccare con la mano sinistra a terra, mentre si colpisce con una puntata di 2a.

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COMBATTIMENTI INDIVIDUALI COMBATTIMENTI INDIVIDUALI C

Attualmente questa forma d’istruzione inizia a non essere più sottovaluta, le sue potenzialità infatti sono molteplici, da quelle effettivamente specifiche nella preparazione al combattimento individuale ravvicinato con varie armi, a quelle che tale pratica possiede in termini di preparazione fisica e soprattutto, piscologica del militare, estremamente importante. Si vuole ricordare che storicamente il militare italiano, nonostante una certa denigrazione sulla sua preparazione, dovuta ad una emerita ignoranza dei fatti, si dimostrò, sia fra gli avversari che tra gli alleati, il migliore nel combattimento individuale ravvicinato: per spirito di sacrificio, coraggio, determinazione, tenacia e preparazione tecnica. Qualità queste tipiche dell’italiano che fin dal Trecento aveva creato il soldato professionista. Il generale Erwin J. Rommell comandante della Deutsches Afrika Korps affermò nel 1941 che “i soldati italiani sono ottimi, pazienti, resistenti, coraggiosi”; anche il fuhrer Adolf Hitler ammise: “Avrei vinto la guerra se avessi avuto ufficiali tedeschi, ma soldati italiani”. Nel combattimento individuale ravvicinato (CIR), che in ambito militare l’insegnamento più importante è l’uso del pugnale o pugnale-baionetta, fu proprio il Regio Esercito Italiano che durante la prima guerra mondiale, per le esigenze moderne del conflitto nel 1917 istituì i Reparti d’Assalto, i famosissimi Arditi, dove le armi principali nell’attacco erano le bombe a mano e il pugnale. Il

sinistra A e F son in guardia col pugnale. F tira una puntata alta. A la evita eseguendo una quartiatura (abbassandosi porta il corpo verso sinistra, posandosi con l’avambraccio sinistro sullo stesso ginocchio), poi rapidamente alzandosi, riportando il peso del corpo sulla gamba destra lo colpisce con una puntata in 4a.

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UALI COMBATTIMENTI INDIVIDUALI COMBATTIMENTI INDIVIDUALI COM

sinistra A e F sono in guardia col pugnale. F tira una puntata alta. A la evita eseguendo uno scanso muovendo il piede destro (questo si sposta verso destra), contemporaneamente para col pugnale sul pugno dell’avversario (tagliando) e poi lo colpisce con una puntata in 4a.

primo manuale di CIR, fu quello composto dal tenente Gino Gobbi, “Scherma di pugnale per gli arditi nel 1918”. Negli U.S.A., proprio per l’efficacia delle tecniche italiane nel combattimento col pugnale, i più noti istruttori militari che pubblicarono dei manuali attingevano le tecniche dai nostri metodi: A. J. Drexel Biddle “ Do or die- A supplementary manual on individual combat” -1937 e riedizione del 1944 -(si consideri che a questa data erano nostri nemici) e J. J. Styers “ Cold steel: Tecnique of close combat”- 1952-. Il loro diretto insegnamento si protrasse fino al 1960, istruendo numerosi militari delle forze armate nord-americane, tra i quali i “Berretti verdi” (United States Army Special Forces), impiegati poi nella guerra in Vietnam. Attualmente questi metodi semplici ed efficaci, vengono ancora insegnati, più o meno modificati, da diversi istruttori civili e militari. Alla luce di quanto sopra esposto non presuntuoso ritenere che i metodi di combattimento col pugnale o il pugnale-baionetta italiani, siano tra i migliori, nel maneggio singolo dell’arma o inastata sul fucile, cosi come nelle tecniche di eliminazione silenziosa di una sentinella. Tali pratiche mantengono una grande valenza addestrativa, tecnica e operativa, con enormi potenzialità, in termini di preparazione fisica e psicologica. Pare inutile, o quasi, ricordare poi quale terrore incuta, anche nell’era ipertecnologica in cui viviamo, una lama di lucente acciaio maneggiata da un avversario determinato e istruito nell’usarla. TNM ••• 065


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SCENARI OPERATIVI SCENARI OPERATIVI SCENARI OPERATIVI

DI VINCENZO COTRONEO (Esperto in diritto mussulmano e dei paesi islamici)

UNA FINESTRA SULL’AFGHANISTAN LA DIVISIONE ETNICA DELLA POPOLAZIONE TRIBALE TNM ••• 068


ATIVI SCENARI OPERATIVI SCENARI OPERATIVI SCENARI OPERATIVI Provincia di Ghazni, (Joint Combat Camera Sgt. James May)

In Afghanistan diverse comunità religiose coesistono da millenni insieme a svariati gruppi etnici, linguistici, e tribali, sopravvivendo nel corso degli anni a continue rivalità: rivalità che più volte sono sfociate in scontri armati. I fattori (oltre a quelli storici e geografici) che hanno determinato la creazione, le diversità e le rivalità sono molteplici. L’Afghanistan è quindi un agglomerato di etnie, a capo delle quali c’è il gruppo dei pashtun, seguiti principalmente da tagiki, uzbeki e hazara ed altri gruppi minori. Questi insiemi hanno etnicità e diversità evidenti, nonostante risiedano collettivamente nella stessa

regione territoriale da centinaia di anni, hanno sostanzialmente il loro modo di vivere, definito da un codice non scritto e tramandato da generazione in generazione. Il concetto di tribù si fonde con l’etnia e con i gruppi di parentela. Prima di procedere ad una discussione sui vari gruppi, è necessario chiarire il significato di “tribù”. In teoria, le tribù si considerano costituite dai discendenti di un antenato comune, il cui nome spesso fornisce il nome del gruppo. Così un intero gruppo può vedere se stesso come discendente di un uomo di 10 o più generazioni in passato. Nonostante l’importanza teorica della genealogia

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come principio organizzativo, le autorità ritengono che genealogie tribali riflettono la realtà della politica, piuttosto che della storia. Il concetto di tribù (indicata come qawm) connota “in locale comune, uno spazio per un gruppo di persone unito socialmente”. In una qawm è vitale e significativo che i membri siano uniti da vincoli di parentela agnatizia, che abbiano un territorio comune con una casa e che godano della comunione sociale. L’azione politica è intrapresa dalla qawm come una singola unità e costituisce una unità per rituali religiosi. Lo studioso Anderson ha ampiamente descritto il significato di qawm per il gruppo dei Pashtun ghilzai. Tra i ghilzai il termine qawm “può essere applicato a qualsiasi categoria di comune discendenza patrilineare che persiste nel tempo come una identità di gruppo, da una comunità particolare alla totalità dei Pashtun”. Anderson mette in evidenza anche la natura della responsabilità aziendale tribali. È della tribù anche la responsabilità per reati commessi ia membri della medesima. La vendetta può essere assunta contro qualsiasi membro della tribù, anche se di solito la responsabilità è maggiore per coloro che sono più strettamente legati al reato. Gruppi etnici principali della popolazione Afghana Pashtun 42%, Tajik 27%, Hazara 9%, Uzbek 9%, Aimak 4%, Turkmen 3%, Baloch 2%, altri 4%.

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Pashtun I Pashtun sono il più grande gruppo per presenza e per tradizione, ed è politicamente il più potente. I Pashtun o Pakhtuns o Pathan o afgani persiani sono il gruppo etnico più diffuso in Afghanistan. Essi costituiscono circa i due quinti della popolazione afgana. I Pashtun possono essere ulteriormente divise in sotto-tribù, il più famoso tra i quali sono Durrani e Ghilzai. Altre tribù principali sono Wardak, Jaji, Tani, Jadran, Mangal, Khugiani, Safi, Mohmand e Shinwari. Parlano tutti il linguaggio Pasthu, e molti anche il Dari. Principalmente si trovano nel sud dell’Hindu Kush, ma i gruppi pashtun sono sparsi in tutto il paese. Come un certo numero di altri gruppi etnici afghani, i pashtun si estendono oltre l’Afghanistan in Pakistan, dove essi costituiscono un importante gruppo etnico. Il cuore afgano pashtun copre una larga cintura a forma di mezzaluna, lungo la frontiera afghano-pachistana a est, verso sud dal Nuristan, in tutto il sud e verso nord lungo il confine iraniano, fino quasi a Herat. Enclavi di pashtun vivono sparse anche tra gli altri gruppi etnici in tutta la nazione, dove si sono insediati in vari periodi storici a partire dalla fine del XIX secolo a seguito di opportunità politiche ed economiche. La cultura pashtun poggia sul Pushtunwali, un codice morale e giuridico che determina l’ordine sociale e le responsabilità. Esso contiene un insiemi di valori


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di pertinenza all’onore (namuz), solidarietà (Nang), ospitalità, sostegno reciproco, la vergogna e la vendetta. Valori che determinano l’ordine sociale e la responsabilità individuale. La difesa del namuz, fino alla morte, è obbligatorio per tutti i pashtun. E’ curioso sottolineare come alcuni elementi di questo codice di comportamento siano spesso in opposizione alla Shariah. I pashtun sono fondamentalmente agricoltori o pastori, o combinazioni di entrambi, anche se alcuni gruppi sono rinomati per le occupazioni specializzate. Ma non solo: la preponderanza numerica, ha fatto si che molti pasthun siano inseriti anche nell’organigramma governativo (Karzai è un pasthun). Molti burocrati sono pashtun durrani, ed i ghilzai sono consultati per le loro capacità giuridica. Tagiki I Tagiki costituiscono il secondo gruppo etnico in Afghanistan, vivono nel nord Panjsher , nella valle di Kabul e nelle province settentrionali e nord-est di Parwan, Takhar, Badakhshan, e anche Baghlan e Samangan. Alcuni tagiki si estendono fino alle montagne centrali. La maggior parte dei tagiki parlano il Dari, lingua persiana. La comunità tagika non è divisa in tribù, preferiscono identificarsi con la valle o la regione in cui vivono come Panjsheri, Badakhshi, Samangani e Andarabi.

Hazara La regione centrale dell’Afghanistan, nota come Hazarat, sono abitate dagli Hazara. Un buon numero di Hazara si può trovare anche nella provincia di Badakhshan. La maggior parte di loro sono contadini e pastori, i loro antenati arrivano dalla regione dello Xinjiang a nord-ovest della Cina. Per lungo tempo le altre etnie afgane hanno considerato gli hazara come “inferiori”. Parlano Hazaragi, una lingua persiana antica con una grande miscela di parole di derivazione mongola. La maggioranza sono fedeli sciiti, una minor percentuale sono ismailiti, mentre altri, in particolare a Bamiyan e al nord, sono sunniti.

Provincia di Ghazni, (Joint Combat Camera Sgt. James May)

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SCENARI OPERATIVI SCENARI OPERATIVI SCENARI OPERATIVI Membri americani e polacchi del Provincial Reconstruction Team Ghazni partecipano a una shura con gli anziani nel villaggio di Jaghatu situato inprovincia di Ghazni, Afghanistan. (Joint Combat Camera Sgt. James May)

Uzbeki Gli Uzbeki vivono in tutta le zone settentrionali dell’Afghanistan, mescolati con la popolazione tagika. Gli uzbeki sono i seguaci della comunità sunnita dell’Islam e parlano anche i dialetti delle zone centrali della Turchia. La maggior parte degli uzbeki si guadagna da vivere con l’agricoltura e la pastorizia. Tuttavia, molti uzbeki sono diventati imprenditori di successo e abili artigiani. Turkmeni I Turkmeni abitano lungo il lato meridionale di Amu Darya. La maggior parte sono nomadi e parlano una forma arcaica di turco e di persiano. Molti turkmeni vivono ancora nelle tende a forma di cupola basate su telai di legno. Hanno stabilito qualche colonia nella Provincia di Balkhed e in quella di Hera. Altri gruppi sono concentrati nella Provincia di Kunduz. Le tribù turkmene, della quale ci sono dodici grandi gruppi in Afghanistan, basano la loro struttura sulla genealogia tracciata attraverso la linea maschile. I capi esercitano un’autorità considerevole. In Afghanistan sono conosciuti come rinomati agricoltori-pastori e collaboratori importanti per l’economia locale. Sono anche ottimi tessitori di tappeti, che insieme alle pelli karakul, sono i principali prodotti di esportazione. Nuristani I Nuristani vivono nella parte orientale dell’Afghanistan al confine con il Pakistan. La regione è così densamente boscosa e rimpervia che si può raggiungere solo a piedi. Parlano vari dialetti Nuristani e Dardic. Di solito sono contadini, pastori e agricoltori di montagna, molti di loro TNM ••• 072

hanno meritato una posizione socialmente rispettabile attraverso il servizio nell’esercito. Beluci I Beluci vivono nei deserti scarsamente popolati della provincia di Helmand. Enclavi Beluci si possono trovare anche nella provincia di Faryab. La maggior parte delle persone di etnia beluci vivono in Pakistan e in Iran. La maggior parte dei beluci è in grado di parlare e comprendere la lingua Baluchi, il Dari ed il Pastho. Altri gruppi etnici minori: Aimaqs Gli Aimaqs vivono nelle regioni occidentali di Badghis, Ghor e le province di Herat,sono musulmani sunniti e parlano dialetti simili al dari. Diverse enclavi arabe si possono trovare anche nel nord-ovest dell’Afghanistan. Sono pastori che allevano ovini e si occupano della coltivazione del cotone e del grano. Non parlano arabo, ma Dari e Uzbeko. Qizilbash I Qizilbash sono sparsi in tutto l’Afghanistan. Tradizionalmente, ricoprono incarichi amministrativi e professionali. Sunniti brahui I Sunniti brahui sono un gruppo che vive nelle regioni desertiche del sud-ovest dell’Afghanistan. Ricoprono un ruolo basso nella gerarchia sociale, e lavorano come contadini e pastori assunti per capi Beluci o Pashtun.


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DI ZORAN MILOSEVIC

SPECIJALNA

ANTITERORISTICKA

JEDINICA-SAJ

UNITÀ SPECIALE ANTITERRORISMO SAJ DI BELGRADO L’Unità Speciale Antiterrorismo SAJ di Belgrado, nata alla fine degli anni settanta per contrastare il terrorismo, è il reparto di punta dell’ Ministero degli interni (MUP) della Repubblica Serba e i suoi agenti sono altamente qualificati e addestrati per compiere diverse azioni legate alla sicurezza pubblica nell’ambito di attività antiterrorismo. In quel periodo nella ex Jugoslavia si allungavano le ombre del fenomeni terroristici, da parte di formazioni nazionaliste anticomuniste, che portavano a termine azioni sempre più pericolose. Le forze di polizia jugoslava (allora Milicija) all’epoca non disponevano di unità specifiche in grado di fronteggiare attachi terroristici. Cosi il 18.12.1978 , nacque ufficialmente presso Dipartimento di Milizia di Novi Beograd, il primo reparto di antiterrorismo jugoslavo specializzato nel fronteggiare attacchi terroristici come dirottamenti, sequestri e attentati. Il reparto addetto all’antiterrorismo prese il nome “Jedinica za antiteroristicka dejstva-JATD”(Unità di attività antiterroristica) e il comando venne affidato al colonnello Milos Bujenovic. L’JATD diventò TNM ••• 075


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in seguito “Jedinica za specijalna dejstva-JSD” (Unità di attività speciale) RSUP Srbije (Republicki Sekretarijat Unutrasnjih Poslova-Polizia di republika) è venne trasferita nel 1983 nell’aeroporto “BEOGRAD”. Lo spostamento del reparto ed il cambiamento di denominazione si sono accompagnati ad una ampia trasformazione sia dei compiti che dei mezzi. Dopo la disgregazione della ex Jugoslavia, nel 1992 la denominazione divenne “Specijalna Jedinica-SJ” (Unità speciale) e crearono altre due unità all’interno del MUP serbo: SJ di Novi Sad e SJ di Pristina. Nel 1992, per iniziativa dell’allora ministro dell’interno fu deciso di raggruppare tutte le tre unità SJ in un unico comando. Ognuna di queste unità speciali si articola in due plotoni operativi, un plotone di logistica e una sezione di supporto. Nel 1994 fu attuata una nuova ristrutturazione che comportò un cambiamento di mentalità nei processi di selezione e addestramento, e portò anche all’adozione del nome attuale “Specijalna Antiteroristicka JedinicaSAJ”, che significa “Unità Speciale Antiterrorismo”. La nuova organizzazione includeva un comando, una sezione logistica, Team CQB, e Team d’appoggio (tiratori scelti, TNM ••• 076

artificieri, sommozzatori, specialisti per uso di armi di fanteria e mitragliatrici antiaeree). Nel 1999, infine, tutte le tre unità SAJ sono state raggruppate in una sola unità, al comando del colonnello Zivko Trajkovic. ORGANIZZAZIONE ATTUALE L’organizzazione attuale del SAJ comprende una cellula comando (Komanda-K), una Cellula logistica e di supporto (T), un gruppo di medici , un gruppo per la costruzione e la sperimentazione di armi e munizioni e, soprattutto, una sezione operativa che include circa 200 effettivi articolata su 4 Squadre per le operazioni speciali, dette Tim A, B, C e D. Team A e B costituiscono gli elementi specializzati negli interventi antiterrorismo, liberazione di ostaggi, cattura di latitanti particolarmente pericolosi e operazioni contro la malavita organizzata. Il Team C include i tiratori scelti, una sezione comunicazione, sommozzatori, artificieri e una sezione cinofila. Mentre il compimento di missioni di protezione e scorta di personalità in occasione di visite ufficiali e la realizzazione dei servizi di sicurezza


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nelle sedi diplomatiche di Belgrado (in particolare ambasciate USA, Israele e Gran Bretagna) è invece affidata al Team D. La sezione logistica T ha il compito invece di fornire tutto il necessario per le attività del SAJ, dal supporto amministrativo e sanitario fino alla manutenzione di veicoli di diverso tipo. L’unita antiterrorismo SAJ è incaricata di risolvere un’ampia gamma di situazioni di crisi che richiedono una professionalità speciale, tra le quali sono incluse: • la liberazione degli ostaggi • il trasporto di persone particolarmente pericolose e della scorta • protezione dei rappresentati diplomatici stranieri in Serbia • protezione di alte personalità VIP • la riduzione o la neutralizzazione di bande terroristiche e di gruppi armati di delinquenti pericolosi • la ricerca e la localizzazione di vittime o artefatti esplosivi o qualunque altro effeto sott’acqua • gli assalti nell’ambiente urbano e in quello rurale per catturare presunti terroristi e delinquenti • l’appoggio ad altri dipartimenti della Polizia che hanno bisogno di un gruppo specificatamente addestrato. Per compiere tutti questi tipi di operazioni molto complesse e ad alto rischio si cercano agenti che rispondono ad una ben precisa serie di requisiti per quanto riguarda la forma fisica, la capacità di analisi e la stabilità emotiva. Il processo di selezione e di addestramento è naturalmente duro e rigoroso. Solitamente il reparto cerca il proprio personale presso la Scuola media di affari interni (Polizia) a Sremska Kamenica. Qui vengono attentamente studiati i fascicoli dei giovani poliziotti più promettenti, e se vi è interesse da parte del candidato a diventare un membro del SAJ, segue un colloquio ed alcuni test. Dopo vari accertamenti di sicurezza e una visita medica approfondita, i candidati si riuniscono in un addestramento iniziale della durata di una settimana, dedicato a prove psicologiche (carattere, personalità, stress di fronte alla paura, reazione alle situazioni, controllo della forza, equilibrio), e a prove fisiche (vari sport ed esercizi, arti marziali, marce). Selezionati migliori (circa 20-30 su 500) inizia il vero e proprio corso SAJ, dove il candidato è sottoposto a prove tutti i giorni e può essere eliminato in ogni momento. L’addestramento del SAJ è suddiviso in tre fasi. Il corso di addestramento base, che dura sei mesi ed è diviso in due fasi di tre mesi, dedicato a sviluppare le attitudini individuali TNM ••• 077


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e comprende molte attività: tiro rapido, di precisione e istintivo, di giorno e di notte, in presenza dei gas lacrimogeni e nelle situazioni più varie, uso degli esplosivi e dei gas speciali, tecniche di guerriglia e antiguerriglia, alpinismo, paracadutismo, attività in acqua, arti marziali, pugilato e ginnastica. Dopo i primi tre mesi di addestramento base segue un test di valutazione, chi non passa la prova fa ritorno al proprio reparto di appartenenza. Completata questa fase, i candidati rimasti passano a seconda fase del addestramento che comprende irruzioni negli edifici, atterraggi d’assalto, discese con la corda doppia da elicotteri (FAST ROPE), tecniche di scalata e discesa con e senza mezzi ausiliari, perfezionamento della discesa con la corda doppia per occupare un edificio partendo dal tetto, studio delle infrastrutture e delle modalità di intervento, specie per i dirottamenti di aereo. Quest’ultima attività è considerata molto importante per l’attuazione di un’operazione e ogni membro del SAJ deve conoscere alla perfezione TNM ••• 078

le strutture dei vettori che possono diventare bersagli di attacchi terroristici. Perciò i membri del SAJ si addestrano regolarmente a intervenire a bordo degli aerei dell’JAT AIRWAYS, compagnia aerea nazionale. Dopo questa fase seguono altre verifiche su: tiro di precisione, uso delle armi, conoscenze e capacità acquisite nel programma di formazione di base. Il migliori vengono inseriti in un reparto in seno di “Team B”. Nel secondo anno i nuovi SAJ iniziano partecipare ad azioni dei team d’assalto però solo come osservatori. Ma l’addestramento non si limita a questo. Studiano anche altri aspetti particolari, come la criminalità organizzata, le reazioni psicologiche in stato di tensione, uso dei computer, la lingua inglese e sopratutto la cura costante di attenersi scrupolosamente alle prescrizioni della legge. Il resto dell’allenamento è orientato agli arresti, alle scorte di alto livello o alla protezione di persone molto importanti. In tutto questo iter formativo, i componenti del SAJ acquisiscono delle solide conoscenze


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che applicheranno successivamente, quando verranno assegnati ai gruppi di intervento. Il neo operatore SAJ viene affiancato da un anziano e per parecchi mesi, in seno a una squadra, si troverà a svolgere compiti, in modo sia di affinare le tecniche apprese e sia di imparare tutti i trucchi del mestiere. In questi gruppi i neo SAJ devono ancora perfezionare il loro addestramento conseguendo diverse qualifiche come: paracadutista in caduta libera, sommozzatore, tiratore scelto, sciatore ed alpinista, specialista delle armi, esplosivi ed gas, specialista della protezione ravvicinata, assistente sanitario, addestratore cinofilo, ecc. Dopo alcuni anni di servizio gli uomini possono diventare istruttori, pur mantenendo la qualifica di operatore essendo sempre pronti a intervenire in caso di necessità. L’ARMAMENTO E EQUIPAGGIAMENTO Per le azioni compiute dal SAJ si richiede, generalmente, un equipaggiamento speciale. Le azioni d’assalto si realizzano con un’uniforme di colore nero NOMEX, e anfibi d’intervento 5.11 H.R.T. Tactical Series, Adidas GSG-9, Magnum. La tuta è completa di guanti rafforzati e di passamontagna nero, detto “Fantom”, indossato per mantenere segreta l’identità dell’operatore. Sul braccio sinistro spicca il distintivo del reparto, mentre all’altezza del taschino destro compare la dicitura C.A.J. in cirillico ovvero S.A.J. Sulla manica destra è applicato un altro distintivo con i colori della bandiera serba. Oltre questa tuta di colore nero, è disponibile anche una tuta mimetica monocolore, verde militare, poi un uniforme digitale dell’Esercito USA ovvero ACU, nonché un uniforme con colorazioni mimetiche dell’Esercito britannico Arktis DPM, oppure uniformi tipo “GUILLIE SUIT” (tutte di produzione nazionale), mute in Neoprene MARES per i sommozzatori, uniformi in GORE-TEX usate per proteggersi dal freddo e dall’umidita. Sopra la tuta di intervento gli operatori del S.A.J. indossano un giubbotto tattico multi tasche, prodotto dalla dita “Mile Dragic-MD” (Climbing, Panther) oppure il giubbotto tattico Eagle USA. Il giubbotto tattico esiste in due versioni, ovvero di color nero o in colorazioni mimetiche. Da notare che il giubbotto tattico è predisposto per il passaggio del cosiddetto discensore, utilizzato per la discesa a corda doppia. Nella parte posteriore del giubbetto tattico spicca la dicitura POLICIJA in cirillico. Sul piano della protezione balistica gli operatori del SAJ sono equipaggiati di giubbotti antiproiettili MD-2000 della ditta MILE DRAGIC, che possono essere dotati di piastre aggiuntive in ceramica in modo da poter incrementare il livello protettivo. Per gli interventi che richiedono una maggiore mobilità e gestualità, gli operatori del SAJ uttilizano anche il classico giubbotto antiproiettile leggero (Body Armor) Dyneema NIJ IIIA con il tradizionale mefisto nero che nasconde il volto. La protezione della testa è affidata invece agli elmetti tipo PASGT di kevlar Protech Tactical Mod.775 Level IIIA, corredato di occhiali di protezione balistica ESS (Eye Safety Systems). Il reparto ha anche in dotazione elmetti Pro-tech “Ace Water”, impiegati per proteggere la testa dagli urti ma privi di resistenza balistica. Altri elementi messi a loro disposizione sono cinturone con fondina,porta caricatori (la fondina per pistola è inoltre munita di prolungamento cosciale), maschera antigas SGE 1000 in una fondina di colore nero, torce di alta potenza, proteggi gomiti e ginocchiere, coltello tattico, sacca per il trasporto dell’equipaggiamento individuale, zaino d’intervento MD OSA, ecc. Tra i complementi spicca uno scudo di protezione PROTECH NATO 3 montato su rotelle che si avvolge per facilitare il trasporto e si apre nel punto desiderato, coprendo il primo agente del gruppo d’assalto dall’esplosione che solitamente precede la sua azione, nonche lo scudo individuale leggero antiproiettile INTRUDER. I materiali per l’uso colletivo includono attrezzi di discesa in richiamata e tutto ciò che ha a che fare con le corde, una completa gamma di materiale per le scalate, granate assordanti, artefatti fumogeni e lacrimogeni, avanzati sistemi di comunicazione con auricolare e laringofono Motorola GP 300 and GP TNM ••• 079


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340,bastone sfollagente tipo Tonfa, occhiali da visione notturne, cannocchiali diurni LEICA, Swarovski, laser Bushnell Vardagf pro, mirini diurni e notturni, mirini reflex EOTech 512, mirini Red dot Aimpoint Comp M4 , GPS Scout,ecc. Per i movimenti sott’acqua sono molto utili i sistemi di respirazione a circuito chiuso DRAGER LAR V, mentre nei salti usano il paracadute manuale tipo North American Aerodynamics Parafoil 280caratterizzati dalla possibilità di atterrare con un’altissima precisione nei lanci nella modalita HAHO e HALO. Il rapido arrivo del SAJ nei luoghi d’intervento può essere determinate per questo si appoggiano agli elicotteri Bell-212 TWIN o Bell 206 Jet Ranger della squadra elicotteristica della Polizia. Sul terreno invece usano macchine BMW 323i, fuoristrada blindati Land Rover Defender 100 4x4, Toyota, Mitsubishi Pajero Sport GLS 4x4, utilizzati per arrivare fino alle zone ad alto rischio, i furgoni per trasportare i sistemi di uso colletivo e lo schieramento degli elementi d’assalto Mercedes 316 CDI Sprinter, e pure veicoli Mercedes G-320 e potenti US GMC per i compiti VIP. L’armamento di cui dispone la S.A.J.è sufficientemente vario per poter far fronte ad ogni evenienza nel corso di un intervento. La scelta della pistola è personale. Nel campo delle armi corte gli operatori del SAJ hanno in dotazione sia revolver che pistole semiautomatiche. Usano pistole di produzione ceca CZ-75 9mm, GLOCK-17, WALTHER P-99, poi ZASTAVA CZ-99 e CZ-999 SKORPION Compact, di produzione locale, tutti in cal.9mm, come i revolver di vari modelli tra i quali ZASTAVA R 357 e R44, ZASTAVA M-83 e RUGER GP-100S 357Mag. Come armi automatiche gli operatori utilizzano sopratutto la pistola mitragliatrice TNM ••• 080

H&K serie MP-5 nelle sue varie versioni, in particolare la MP5A2 e A3, MP5SD3 con silenziatore integrale e la MP5 KPDW compata e carabine Colt M-4A1 e SIG SAUER SG-552 Commando. Per quanto concerne invece le armi lunghe, il reparto ha in dotazione SIG SAUER SG-550, H&K-33. Hano anche in dotazione e fucili d’assalto M-70AB2 7,72mm, M-80 5,56mm di produzione locale che usano per gli esercizi, insieme a un piccolo numero di R-4 5,56mm di produzione sudafricana. Queste armi possono essere dotate di vari apparati di puntamento laser o di tipo Reflex, o pure batteria tattica Surefire. vTiratori scelti sono dotati invece di fucili di precisione, sia a funzionamento semiautomatico sia con meccanismo a ripetizione manuale di tipo “BOLT ACTION”. Tra i primi sono inclusi gli HK- 33SG/1, HK G3FS, HK G-3A4 308Winchester, SIG SAUER SG-550-1 SNIPER, M-76 7.92mm (Serbia) e M-91 7,62x54Rmm, mentre tra i secondi si trovano SAKO TRG-22 0.308 Win. con Schmidt&Bender 3-12x50 PMII, BLAZER R-93 LRS2 PRECISION TACTICAL con ottica Schmidt&Bender 3-12x56, SAKO TRG-42 0.300 Win.Magnum e 0.338 Lapua Magnum con ottica Schmidt&Bender 3-12x50 PMII. Per i compiti di “Heavy sniping” SAJ usa i fucili Barrett M95 .50 BMG (12,7x99) e locale fucile Zastava Arms M-93 Freccia Nera 12,7mm. Come complemento di tutte queste armi,usano i fucili Benelli M4 Super 90 e Benelli M3 SUPER 90 Tactical, Mossberg 500A, Franchi SPAS 12, mitragliatrice SAW Ultimax 100 MkIII 5,56mm, FN-Minimi 5,56mm, ZASTAVA M-84 7,62mm, balestra DEVASTATOR, lanciagranate a tamburo MGL-6, lanciarazzi c/c RBR M-80 ZOLJA 64mm, ecc.


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DI GILBERTO PAUCIULLO

LA TIGRE DI IZHMASH DRAGUNOV IN CAL.9,3X64

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Foto sotto: tacca di mira

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Il fucile semiautomatico Dragunov SVDK - (Izhmash Tiger) è stato sviluppato a seguito della specifica richiesta dell’esercito russo di poter avere un fucile da cecchino adatto a ingaggiare bersagli difficili e più precisamente si era evidenziata la necessità di dover contare su un arma dal calibro più performante del classico 7,62x53R dei precedenti fucili da cecchino come il SV-98 o SVD. A seguito delle pressanti richieste dell’esercito si era avviato un programma di ricerca e sviluppo denominato “Vzlomshik”, si decise quindi di utilizzare la vecchia cartuccia tedesca denominata 9,3x64 Brenneke le cui capacità balistiche erano ben note e seppure inferiori al noto cal.338 Lapua magnum erano senza alcun dubbio in grado di assolvere il compito di calibro antimateria colpendo e neutralizzando con precisione bersagli protetti da blindature in acciaio balistico con uno spessore di 10 mm o da muri in cemento armato con uno spessore di 25 cm fino al limite dei 600mt. Il munizionamento sviluppato per uso militare venne denominato 9,3x64 7N33 è fu dotato di un proiettile con nucleo in acciaio temprato del peso di 16,5 gr. spinto a una velocità di circa 770 ms. Per adattare alle dimensioni e alle prestazioni del nuovo munizionamento il


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Dragunov riposto nella sua valigetta

Foto sotto: ottica lato destro e lato sinistro

vecchio fucile SVD in dotazione ai cecchini, si dovette provvedere a sovradimensionare notevolmente l’otturatore, pur conservando la stessa corsa breve del pistone di recupero dei gas con regolatore a due posizioni e otturatore a testina rotante.Il modello messo a nostra disposizione dal collezionista Benvenuti Maurizio è catalogato per uso caccia e si presenta in una valigetta di polimeri contenete diversi accessori per la normale mautenzione e il relativo libretto informativo in Inglese. L’astina è ventilata in polimero nero, il calcio è in faggio evaporato verniciato con una vernice lucida e molto resistente, la canna è munita di freno di bocca, la cassa in lamiera stampata ricorda quella degli AK47, il caricatore è in polimero nero molto robusto, bifilare con la capacità di n° cinque cartucce, la tacca di mira è provvista di alzo di compensazione fino a mt.300, i relativi riferimenti sono eseguiti mediante una grossolana verniciatura bianca. L’arma è dotata di cannocchiale di puntamento a sei ingrandimenti è dotato di vistosa protezione oculare in gomma, questo per preservare l’occhio del tiratore dal veemente rinculo, il reticolo è illuminabile ed è provvisto di riferimenti di mira per il calcolo delle distanze. L’ottica ha l’attacco fisso integrale e viene posizionata sul lato sinistro dell’arma.Le dimensioni dell Izhmash sono: lunghezza totale cm.118, lunghezza canna cm.56,5, peso senza ottica kg. 4,00. vvPer la prova di tiro, vista l’ovvia indisponibilità del munizionamento d’ordinanza dell’esercito russo,abbiamo utilizzato munizioni da caccia altamente performanti marca RWS con palla DK da 14,6 gr. (Vo. =900m/s Ej.=5913 --- V100.=785m/s Ej.=4498 --V200=678m/s Ej.3356 --- V300 = 580m/s Ej.2456). La caduta di traiettoria con arma

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Foto in alto: munizioni RWS DK 14,6 g e vista caricatore bifilare Foto sotto: rosata a mt. 80

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tarata a 100mt è di - 43,7cm a 300mt. La prova è stata divisa in due sessioni. La prima sessione, a causa delle pessime condizioni atmosferiche (neve e gelo temp.esterna -4) si è svolta all’imbrunire alla distanza di mt.80 a braccio sciolto simulando una necessità operativa ed eseguendo dei tiri rapidi di tre colpi. Nonostante il rinculo robusto ma non fastidioso l’arma, grazie anche al freno di bocca di serie,non si impenna più di tanto e consente di rimanere in mira sul bersaglio con una certa facilità, ottenendo delle rosate di tutto rispetto per un’arma semiautomatica di concezione spartana, i tre colpi con tacca posizionata a 100mt sono andati più alti di circa 6 cm rispetto al punto mirato mentre la distanza dei primi due è di cm.1,2 e il terzo è finito a cm.6 quasi sullo stesso asse. L’arma sparando a braccio sciolto in rapida successione senza alcun appoggio, ha dimostrato una discreta tendenza a orizzontalizzare i colpi. Per la seconda sessione di tiro, effettuata il giorno seguente con condizioni atmosferiche migliori, abbiamo provveduto ad eseguire una prova di tiro a mt 300 con l’ottica originale 6x42 montata. Sparando in appoggio e con l’ottica tarata di a mt. 220 il primo colpo è andato basso di circa 19 cm. Sono stati necessari altri quattro colpi con 37 click in alzo e 11 click a destra per riuscire a centrare il bersaglio avendo cura di lasciare un intervallo di tempo di circa un minuto tra un colpo e l’altro. La rosata finale è di due colpi in cm. 5,91.Alla fine della prova penso sia necessario spendere due parole sull’ottica in dotazione 6x42 : diametro obbiettivo 41 mm. campo visivo a mt.100=mt.5,2 lunghezza mm.408 - peso gr.725- illuminazione


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Foto in alto: vista caricatore bifilare Foto sotto: rosata a mt. 300

3v led- attacco in un pezzo solidale con l’ottica, il reticolo interno è una specie di mildot con diversi riferimenti sia in orizzontale che in verticale, in orizzontale la barra millimetrata di riferimento indica una altezza dell’oggetto inquadrato di mt.1,50 e una lunghezza di mt.2,00. Sono sicuramente convinto che utilizzando un’ ottica piu’ adeguata, come ad esempio l’altro sistema della stessa casa in 8x50, l’arma sia in grado di fornire delle ottime rosate, confermando ancora una volta l’alta affidabilità delle armi provenienti dalla Russia e la loro proverbiale capacità di ottenere in qualunque difficile condizione operativa delle performance veramente di rilievo.

DRAGUNOV CAL.9,3X64 (IZHMASH TIGER) Costruttore: IZHMASH 3 Proezd Deryabina 426006 Izhevsk, Russia Tel.007/34.12.76.58.30 Fax 007/34.12.76.45.90 Importatore: PRIMA ARMI Viale Kennedy 8 10064 Pinerolo (TO) Tel.0121/32.14.22 Fax 0121/39.887.39

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NEWS LAW ENFORCEMENT & SECURITY NEWS ENFORCEMENT &

TACTICAL SHOOTING INTERACTIVE RIFLE-RANGE POLIGONO DI TIRO TATTICO INTERATTIVO CON SCENARI DI MISSIONE REALI Il poligono si sviluppa in un’area di circa 2800 ettari di terreno boschivo che comprende, inoltre, 5 strutture ricettive in muratura per acquartieramento truppa ed Ufficiali con più di 100 posti letto, sale riunioni e refettori, un campo di primo impatto con tende, bunker, altane e trincee, alcune strutture ex abitative per combattimento urbano ed altre appositamente costruite per studiare il rastrellamento, l’irruzione, la bonifica e la liberazione ostaggi. Il poligono applica le nuove tecnologie di simulazione del tiro, con repliche (ASG blowback di ultima generazione), estremamente fedeli alle armi da fuoco in dotazione ai moderni eserciti. Le ASG in oggetto sono full metal, con carrello che scorre sul castello dell’arma e che quindi da l’effetto “rinculo”, proiettano pallini sferici (detti BB bullets) mediante la spinta impressa dalla compressione di un gas a 100 mt/sec (60/70mt di tiro teso). L’operatore, sia della componente OP/FOR sia l’utilizzatore del poligono, nel momento in cui avverte l’impatto del pallino avversario deve alzare la mano, smettere di sparare e gridare colpito, OPERATORI DELLA SICUREZZA morto, o preso (autodichiarazione). Queste misure concorrono ad enfatizzare l’importanza del fuoco CORSI PER LA FORMAZIONE mirato, e del porsene al riparo, concetti, anche se ovvi, sono spesso trascurati nelle esercitazioni “ad un solo L’E.N.S.I. in collaborazione con le maggiori scuole partito” o nei poligoni “classici”, perché l’utente non ne accreditate dalla regione Emilia Romagna organizza subisce in alcun caso le conseguenze. corsi per la formazione del “Personale addetto ai servizi di controllo delle attività di intrattenimento e www.poligono-tiro.it di spettacolo in luoghi aperti al pubblico o in pubblici esercizi” (in attuazione Art. 3 del DM 6/10/2009) PROGRAMMA: • Area Giuridica: legislazione in materia di ordine e sicurezza pubblica; disposizioni di legge che disciplinano le attività di intrattenimento; funzioni e attribuzioni dell’addetto al controllo; norme penali e conseguente responsabilità dell’addetto al controllo. • Area Tecnica: disposizioni in materia di prevenzione degli incendi; di salute e sicurezza sui luoghi di lavoro; nozioni di primo soccorso sanitario; nozioni sui rischi legati all’uso e abuso di alcol, sostanze stupefacenti, ecc.. • Area Psicologico Sociale: comunicazione interpersonale (anche in relazione alla presenza di persone diversamente abili); tecniche di mediazione dei conflitti; tecniche di interposizione (contenimento, autodifesa, sicurezza di terzi) DURATA: 90 ore di lezioni teorico pratiche a frequenza obbligatoria suddivise in quattro week end venerdì/domenica nel periodo marzo/aprile 2010, sede del corso Bologna. DESTINATARI: cittadini comunitari maggiorenni in possesso di diploma scuola media inferiore, di sana e robusta costituzione fisica, incensurati. ESAME DI QUALIFICA al termine del corso per il rilascio dell’Attestato di frequenza con verifica dell’apprendimento idoneo all’iscrizione agli albi prefettizi di cui all’Art. 1 del D.M. del 6 ottobre 2009 valevole su tutto il territorio nazionale. ensi@email.it - Tel. 3355921122

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ENT & SECURITY NEWS ENFORCEMENT & SECURITY NEWS LAW ENFOR

I-PROTEGO SICUREZZA A 360° I-PROTEGO - Defense & Technologies rappresenta una realtà unica e nuova in Italia, nata dall’iniziativa di un grande gruppo industriale che ha accettato la sfida di posizionare sul mercato globale soluzioni tecnologiche innovative e servizi connessi alla sicurezza. Partendo dalle interazioni tra competenza, tecnologia e uomini e dall’analisi continua degli equilibri geopolitici presenti e in via di definizione, I-PROTEGO - Defense & Technologies intende offrire al mercato un modello di approccio alla sicurezza completo e integrato. L’offerta è rivolta a Governi, Forze Armate, Forze dell’Ordine, Organismi Non Governativi e Multinazionali. I-PROTEGO fonda le sue attività soprattutto sul principio del bene comune, della giustizia, della legalità e della sicurezza. Oggi rappresentano le leve principali per progredire e consentire un vantaggio competitivo a Paesi evoluti o in via di sviluppo. RISK & SECURITY MANAGEMENT, MARITIME SECURITY, AIRPORT SECURITY, sono solo alcuni dei servizi e consulenze che la I-Protego offre e Il servizio proposto garantisce a tutti i suoi clienti, la completa sicurezza e protezione a livello nazionale e internazionale. www.i-protego.com

A LEZIONE DI... TIRO DINAMICO OPERATIVO® L’Associazione sportivodilettantistica ATDO (Associazione per il Tiro Dinamico Operativo®), ha sede in Saronno ed è un’Associazione a carattere nazionale che ha per oggetto la diffusione delle Tecniche e le Tattiche della Disciplina di Difesa armata e disarmata conosciuta con il nome di TPS (Tactical Protective System®), che comprende il DCS (Dynamic Combat Shooting®), ovvero TDO (Tiro Dinamico Operativo®), la Difesa armata effettuata per mezzo di armi da fuoco e il DCT (Dynamic Combat Training™), la Difesa disarmata effettuata anche con l’ausilio di armi meno che letali, allo scopo di creare i presupposti per aumentare la Sicurezza operativa (personale e di Gruppo) dei Soci, attraverso l’istituzione di: • Corsi operativi e Stage di DCT (Difesa disarmata effettuata dall’Operatore armato, anche con l’ausilio di armi meno che letali) • Corsi operativi di TDO (Difesa armata effettuata dall’Operatore armato con l’ausilio di armi da fuoco) • Gare di TDO www.atdo.it

PROTEZIONE RAVVICINATA IN AMBIENTE OSTILE La S.I.C.S. è una società che opera nell’ambito della sicurezza e della consulenza, offrendo un servizio basato su una forte professionalità ed una profonda interazione con le esigenze del cliente. Grazie all’esperienza decennale dei suoi collaboratori ed alla importante partnership internazionale con La TROJAN SECURITY, importante agenzia Americana accreditata dal Dipartimento della Difesa Statunitense, la SICS organizza un corso PSD della durata di 7 giorni. Il corso si tiene a L’aquila,inizia il 9 di aprile e termina il 17 . www.sics6.com

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DI FABIO ROSSI

SECOND CHANCE… UN’ALTRA OPPORTUNITÀ!!! IL PROGRESSO DELLE PROTEZIONI BALISTICHE INDIVIDUALI.

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“GAP - giubbotti antiproiettile”. Questo acronimo viene spesso erroneamente utilizzato dagli “addetti ai lavori” per indicare le difese balistiche passive indossate per la protezione del torso umano. Precisamente, dovendo trovare una definizione più corretta, dovremmo indicarli come vesti o corpetti, composti da pannelli di protezione che possiedono la proprietà di assorbire l’impatto di un proiettile sparato da una pistola, da un fucile oppure i frammenti della deflagrazione di un ordigno. Comunemente le Forze di Polizia e gli operatori della Sicurezza Privata utilizzano soft body-armor, confezionati attraverso la sovrapposizione di strati leggeri e morbidi di materiale balistico; questi possono essere facilmente indossati sopra o occultabili sotto le divise e gli abiti civili. I Militari e le Squadre Speciali di Polizia, invece, utilizzano modelli a cui vengono addizionate, sia sul fronte che sul retro, delle piastre rigide costituite da

acciaio balistico, titanio, ceramica o carburo di boro le quali sono in grado di incrementare la protezione anche per l’impatto di proiettili sparati da carabine e fucili d’assalto. Questi modelli vengono sempre più spesso integrati con il M.O.L.L.E. System - Modular Lightweight Load-carrying Equipment – il quale permette il fissaggio di tasche ed equipaggiamento che poi altro non è che l’attuale sistema standard delle forze armate americane. IL BLUNT-TRAUMA È doveroso, innanzitutto, precisare che le protezioni balistiche non proteggono chi le indossa deviando la pallottola che le ha impattate, ma è grazie al materiale di cui sono composte, per via delle caratteristiche chimico-fisiche, che intrappolando l’ogiva ne disperde rapidamente l’energia cinetica su

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tutta la superficie. Purtroppo non tutta questa forza viene dissipata ed una parte rilevante viene trasmessa al corpo umano soprattutto in prossimità del punto di impatto creando una incavo a forma di cono. Questo fenomeno, che prende il nome di “blunt-trauma” o trauma indotto, può provocare fratture ossee e seri danni agli organi interni. Lo standard ammesso negli U.S.A. dal National Institute of Justice prevede che il valore della cavità provocata dall’impatto non superi i 44 mm (1,73 inch), valore di riferimento che viene utilizzato anche dalle aziende produttrici italiane che per le certificazioni si avvalgono del Banco Nazionale di Prova di Gardone Val Trompia. È indispensabile, inoltre, tenere ben presente che questa tipologia di prodotti non offre una buona protezione contro

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l’impatto da oggetti acuminati, come punte di freccia, coltelli e baionette, in quanto, l’energia che questi cedono viene concentrata in una piccolissima area e riescono, quindi, ad “aprirsi la strada” all’interno della trama di tessitura del materiale. Per raggiungere questo obiettivo, ai fogli morbidi balistici, devono essere addizionati dei materiali con alte caratteristiche di resistenza alla penetrazione che, anche in questo caso, devono rispondere ai rigorosi standard dell’NIJ americano. L’EVOLUZIONE Lo sviluppo bellico dell’uomo e la realizzazione di sempre più efficaci armi portatili ha avuto, come


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a sinistra Simulazione grafica del blunt-trauma nella certificazione NIJ sotto Foto d’epoca di soldati delle “Compagnie della Morte” che indossano elmi e corazze “Farina”

su misura la quale realizzazione richiedeva molte ore di lavoro e che potevano costare, in proporzione, quanto un’ autovettura medio/piccola del giorno d’oggi. Costi talmente elevati che ne riservavano l’appannaggio ai solo i nobili, mentre i soldati di basso rango erano costretti ad utilizzare corazze più economiche, che generalmente finivano con l’essere costituite da un elmo e una piastra frontale. Il passo evolutivo epocale si è avuto con l’avvento delle armi da fuoco, che, per quanto poco potenti ed imprecise, erano comunque in grado di penetrare le corazze; si è consumata, infatti, la fine dei Samurai. Alla luce delle nuove necessità si pensò quindi di aumentarne lo spessore, ma questa soluzione, che incideva sfavorevolmente sul peso, sul comfort e sulla rapidità di movimento del combattente, ne ha determinato “effetto collaterale”, la ricerca di sistemi di protezione la lenta uscita di scena. Nel 1881 il dr. George Emery Goodfellow, un medico dell’Arizona, dopo aver sempre più efficaci. Protezioni che fossero in grado osservato un cadavere crivellato di colpi durante una di arrestare i colpi portati da distanza ravvicinata sparatoria, notò che un proiettile aveva perforato il con spade e coltelli o dalla lunga distanza con taschino ed era stato rallentato da un fazzoletto in lance, archi e, in tempi più recenti, con le armi da seta ripiegato più volte su sé stesso. In quel momento fuoco. Sia l’esercito romano che quello greco hanno storico i proiettili erano formati da un ogiva di solo utilizzato, inizialmente corazze in robusto e spesso piombo ed utilizzavano come propellente la polvere cuoio per passare successivamente al metallo. Nel nera, questo binomio influiva negativamente sia sulla medioevo nipponico i Samurai hanno sviluppato velocità del proiettile che sulla potenza d’impatto armature con struttura lamellare, tanto efficaci quanto scenografiche, realizzate in tessuto e metallo. e ne riduceva di fatto la capacità di penetrazione. Utilizzando filati di seta vennero in seguito prodotti Nel medioevo europeo si è assistito all’innovativo passaggio all’acciaio: venivano confezionate armature dei corsetti che erano in grado di fermare i proiettili

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LAW ENFORCEMENT LAW ENFORCEMENT LAW ENFORCEMEN

sotto Particolare della struttura esterna e tessitura del Kevlar.

sparati dalle pistole ma i loro prezzi erano, ancora una volta, realmente accessibili a pochi. La Prima Guerra Mondiale era alle porte, gli eserciti europei iniziarono nuovamente a produrre le più economiche protezioni balistiche in metallo ma si resero subito conto, dopo i primi scontri sul campo, che l’eccessivo peso limitava notevolmente il movimento dei soldati. Il loro impiego quindi venne solamente ristretto ai servizi di guardia nelle postazioni fisse o, come nel caso delle corazze e degli elmetti “Farina”, assegnati in dotazione ai soldati delle “Compagnie della Morte”, pattuglie speciali di Fanteria o del Genio dell’Esercito Italiano, che si occupavano di infiltrarsi verso le linee nemiche per tagliare o far brillare i reticolati di filo spinato. Anche durante il secondo conflitto mondiale, i vari eserciti coinvolti, sperimentarono e produssero varie protezioni balistiche individuali in seta o cotone ma il risultato che né conseguì non risultò mai pienamente soddisfacente. LA GRANDE SVOLTA

sopra Particolare della struttura esterna e dell’assemblaggio del Gold Flex

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La svolta decisiva si ebbe nel 1970 quando la DuPont Corporation, già artefice dell’introduzione del nylon nel 1938, brevettò una fibra aramidica denominata KEVLAR:tale tessuto risultò avere caratteristiche fisiche molto superiori all’acciaio (circa 10 volte) e fattore determinante, una notevole leggerezza e morbidezza. Nel 1976, Richard Davis, ex marine e fondatore dell’azienda Second Chance Body Armor, creò il primo corsetto interamente in Kevlar e lo chiamò Modello Y. Le sue peculiarità portarono rapidamente all’adozione di questo nuovo sistema di protezione da parte di tutti gli operatori di polizia. Gli stessi poterono cosi indossare comodamente il corsetto per l’intero turno di servizio. Ad oggi, grazie alla tecnologia sviluppata da Richard Davis, negli USA sono stati registrati e documentati oltre 2000 “salvataggi”. Negli anni successivi le aziende intrapresero una spasmodica corsa alla ricerca di una fibra sempre più resistente e leggera, incentivate anche delle richieste provenienti dall’ingegneria aeronautica e aerospaziale. Questa ricerca ha portato allo sviluppo di prodotti dalle caratteristiche tecnologicamente sempre più avanzate, peculiarità che si rispecchiano inevitabilmente sulla leggerezza e vestibilità del prodotto finale. Sono stati quindi brevettati materiali come il DYNEEMA di DSM, lo SPECTRA ed il GOLD FLEX di Honeywell, il TWARON di Teijin e lo ZYLON di Toyobo, quest’ultimo successivamente ritirato dal mercato delle protezioni balistiche in quanto sottoposto a rapido degradamento con perdita significativa delle caratteristiche. Il Kevlar ed il Twaron (fibre aramidiche), il Dyneema (fibra polietilenica) vengono lavorate in fili e successivamente trasformate in pannelli di tessuto per intreccio. I rimanenti prodotti vengono confezionati allineando e sovrapponendo, con angoli differenti, le precedenti fibre per poi racchiuderle all’interno di films plastici. Queste ultime soluzioni hanno permesso di contenere maggiormente lo spessore ma a causa della complessità di lavorazione sono molto più costose. I produttori di protezioni balistiche, per poter permettere all’operatore che le indosserà di essere al corrente delle sue caratteristiche e livelli di protezione, applicano sul lato interno delle etichette riportanti una serie di importanti notizie quali: il modello, il livello di protezione ed il calibro delle munizioni testate, il numero di serie, la taglia, le istruzioni per il lavaggio e la conservazione, la data ed il lotto di fabbricazione. La scadenza è normalmente di


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sopra Tabella di riferimento delle certificazioni NIJ relative alla protezione antiproiettile ed antiperforazione da punta sotto Corpetto balistico per uso esterno di polizia o security

cinque anni. L’operatore che acquista o riceve in dotazione una protezione balistica per il suo servizio deve accertarsi e provare che sia della giusta taglia. Il corpetto dovrà essere indossato sopra o sotto gli abiti, a seconda del modello, ed essere stretto in modo da aderire perfettamente al torso, come un guanto. Queste attenzioni sono utili al fine di facilitare i movimenti rendendo più agevoli gli spostamenti e le procedure di salita e discesa dai mezzi, ma soprattutto per fare in modo che tutta la superficie protettiva aderisca al corpo e possa “lavorare” al meglio delle sue caratteristiche. Per il prossimo futuro, grazie allo sviluppo delle nanotecnologie e delle nanoparticelle, sono allo studio indumenti che verranno confezionati con tessuti che si irrigidiranno al superamento di una determinata soglia di pressione, come quella dovuta all’impatto di una pallottola, forse eviteremo in questo caso prima di dover indossare i “GAP”.

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DI DECIMO ALCATRAZ GIANLUCA FAVRO

POCO TEMPO, MOLTE NECESSITÀ:

IL CONDIZIONAMENTO FISICO NEI CORPI SPECIALI Incontro Alberto Gallazzi in un pub di Geelen, al confine tra Olanda e Belgio: oggi è qui per dirigere una sessione di TACFIT®, li sistema di allenamento sviluppato per chi ha esigenze di condizionamento fisico a fini operativi. Sono circa 50 gli operatori professionisti e i praticanti di krav maga che si sono dati appuntamento alla G-Safe di Gabriel Greenstein. Vengono un po’ da tutta Europa – Germania, Inghilterra, Norvegia, Svizzera - e sudano TNM ••• 096

sotto gli occhi vigili e interessati di alcuni istruttori della polizia belga, dei corpi di pronto intervento olandesi e del direttore della scuola antiterrorismo LOTAR di Israele. Conosco Alberto da oltre 25 anni, mi sono allenato con lui per centinaia di ore, ma ogni volta che entra nella sala di una palestra, in un camp outdoor di addestramento o in un locale pubblico, riesce a stupirmi con la sua energia fisica e carismatica. 40 anni, campione del mondo di


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Alberto Gallazzi durante una fase di allenamento

Dennis Survival JuJitsu, un passato sportivo nella thai boxe e uno militare nel Btg Acquisizione Obiettivi, oggi 185° RAO, svolge la sua professione di guardia del corpo e di consulente sulla sicurezza per un importante famiglia italiana, dopo essersi costruito un’esperienza invidiabile nella close protection di imprenditori, delegazioni politiche e personaggi dello show business internazionale. Sono circa nove mesi che attraversa il mondo, chiamato a presentare questo sistema di preparazione fisica specifica per militari, agenti di polizia, operatori di pubblica sicurezza. Già questa è una notizia, perché evidenzia in maniera incontrovertibile una tendenza in atto a livello globale: nonostante la tecnologia sempre più avanzata e sofisticata, che spesso parte proprio dalla ricerca a scopi militari, oggi la risorsa umana, con tutti i suoi skill fisici, mentali e tecnici, è il fulcro intorno al quale imperniare la costruzione di un nuovo concetto di “forze speciali”. Dopo l’infatuazione pseudofantascientifica, che qualche Paese ha attraversato, con l’idea di dare vita al supersoldato, indistruttibile grazie alle proprie dotazioni, fossero esse di materiali o d’arma, le recenti guerre in scenari come l’Iraq e l’Afghanistan hanno riportato alla luce la necessità di addestrare e mandare in campo uomini più che umanoidi. Gli impieghi, i contesti, i tempi e le modalità d’azione hanno mostrato come i militari dei corpi speciali - allo stesso modo di agenti di polizia dei reparti di pronto intervento e di alcuni operatori di pubblica sicurezza, chiamati ad assolvere mansioni straordinarie, come i vigili del fuoco e gli air marshall – necessitino di una preparazione fisica molto particolare

dove forza muscolare e resistenza cardiovascolare devono accompagnarsi a reattività neurale, esplosività anaerobica e mobilità articolare. Il TACFIT® è il sistema che realizza tutto ciò: scopriremo i segreti di questo particolare allenamento nel prossimo numero di Tacticalnews magazine, quando vi proporrò un’altra intervista eccellente, questa volta con l’inventore del sistema: l’americano Scott Sonnon. Ma torniamo ad Alberto, che nei prossimi minuti ci racconta la sua esperienza, vissuta sul campo a fianco di alcuni dei più preparati e determinati combattenti del pianeta. La prima domanda arriva secca, quasi provocatoria: Decimo • Esistono aspetti fisici legati all’attivita’ operativa militare e law enforcement che si possono allenare con un training specifico? Alberto • Quando si pensa ad un corpo speciale è facile immaginare una squadra super addestrata e affiata, composta da non moltissime unità – da 3 a 8 membri, solitamente – che agisce per uno scopo specifico. Questa squadra deve avere un condizionamento fisico generale comune di alto livello, adeguato al tipo di task richiesto. Ciò implica un allenamento che incrementi via via la difficoltà di carico, la sofisticazione e la coordinazione motoria, così da creare uno stress psicofisico positivo ed una capacità del corpo e dell’intero organismo di riadattarsi rapidamente ad ogni cambio di scenario, utilizzando il sistema energetico più consono e comprimendo al massimo i tempi di adattamento alle reazioni chimiche, ormonali, che avvengono ad esempio nello stato di massima allerta, come TNM ••• 097


TACTICAL FITNESS TACTICAL FITNESS TACTICAL FITNESS TA

Alberto Gallazzi durante una fase di allenamento

chimica dell’organismo, che si producono in determinati momenti di ingaggio tattico operativo.

in quello di elevata aggressività. D • C’è consapevolezza teorica e pratica di questa necessità? Come e quanto è considerato il condizionamento fisico presso i militari e gli addetti alla sicurezza? A • Purtroppo quasi ovunque lo standard generale è fissato da protocolli datati, che tendono a identificare la condizione fisica ottimale con la costruzione di massa muscolare e una generica resistenza aerobica, senza tener conto che ogni soldato, ogni agente, ogni operatore ha una conformazione fisica e degli attributi diversi e grazie a questi dovrà affrontare situazioni impegnative ad alto rischio. La realtà è che risulta sempre più semplice mantenere un protocollo piuttosto che cambiarlo, poiché ovunque in ambito militare comanda la burocrazia. La mia impressione è che vi sia una diffusa mancanza di mentalità innovativa e di corretta concezione del training fisico: nella maggior parte dei casi si pensa di dare un pò di resistenza con la corsa, un po’ di forza con trazioni e flessioni senza pensare alle problematiche posturali, strutturali e mentali. Il motto è sempre quello: no pain no gain. Purtroppo poi, però, finisce per essere pain no train. Devo però dire che in alcune realtà, soprattutto nel nord Europa e Nord America, le cose stanno rapidamente cambiando. Si dà molta più attenzione e peso a questo aspetto formativo del soldato o dell’agente. A maggio ho diretto insieme a Scott (Sonnon n.d.r.) una settimana di training presso il centro di addestramento dell’US Marshall al FLETC in Georgia. C’erano uomini e donne convinti di essere in possesso di un’ottima condizione fisica, capaci di marciare per ore a pieno carico, di nuotare per chilometri nell’Oceano. Sono stati sufficienti dieci minuti di Tactical Gymnastic – sostanzialmente movimenti a corpo libero messi in sequenze ad alta intensità – per vederli crollare uno dopo l’altro stremati. I loro trainer più preparati hanno visto giusto: c’è una grave carenza nel mancato adattamento ad uno stress fisico specificamente indotto con l’intento di riprodurre quelle modificazioni nella TNM ••• 098

D • Qual è l’aspetto che tu consideri principale per un buon sistema di allenamento e quale il parametro che definisce la condizione fisica ottimale di un militare? A • Innanzitutto un professionista della sicurezza e del pronto intervento deve poter contare su un metodo di training che gli permetta di potersi allenare ovunque, in qualunque condizione, senza impegnare troppo tempo, perché spesso le esigenze operative non consentono né attrezzature né momenti dedicati troppo lunghi. Deve garantire una riduzione significativa, se non un azzeramento, dei rischi di infortuni. E deve procurare all’organismo quella capacità di resistere alle mutazioni chimiche dovute allo stress, che attacca i sistemi energetici, e deve garantire al corpo quella reazione istintiva di adattamento ai cambiamenti violenti di direzione, di linea, di carico articolare e strutturale, che gli ingaggi determinano. D • Si parla molto di allenamento funzionale: che differenza c’è con il tactical fitness o la Tactical Gymnastic? A • Allenamento funzionale è un genere, Tactical fitness o Gymnastic è una specie. Come dire: felini e leoni! Ci sono caratteristiche comuni ma poi la differenza la fanno le specificità: i felini sono predatori, ma non ho mai visto un gatto che caccia un’antilope! Per allenamento funzionale si intende tutto quel training non convenzionale, ossia quei sistemi di lavoro che si distaccano dall’approccio imposto dal body building, che negli ultimi trent’anni ha quasi monopolizzato i metodi di allenamento in palestra, e che mira alla costruzione di una massa muscolare ipertrofica. Facendo una semplificazione un po’ provocatoria, possiamo dire che l’allenamento funzionale ritiene l’utilizzo di tutte quelle macchine normalmente presenti in palestra e sempre più sofisticate dal punto di vista tecnologico come uno specchietto per le allodole un po’ fesse (!) e propone il ritorno alla “old school” dell’allenamento, quello che utilizza catene e canapi, sbarre di trazione e bilancieri liberi, vecchi pneumatici dei camion e martelli da 15kg, camera d’aria e sacche di sabbia. L’obiettivo è quello di costruire una struttura fisica capace di gestire carichi e sopportare sforzi che in realtà non isolano un singolo muscolo, ma comportano il coinvolgimento funzionale di tutto l’apparato. Il tactical fitness o la Tactical Gymnastic hanno un approccio ancora diverso: ricercano la massima stabilità della struttura attraverso l’acquisizione del massimo range di mobilità, in particolar modo articolare. Questo è di fondamentale importanza per militari e personale law enforcement. Nessun allenamento considera le compromissioni, le restrizioni di movimento e le limitazioni imposte, ad


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esempio, dall’equipaggiamento. Prova a fare un semplice squat in accosciata completa: è ben diverso se attuato in maglietta e pantaloncini invece che con pantaloni da mimetica, con ginocchiere, vest o giubbotto antiproiettile indossato e arma di dotazione imbracciata. C’è una marcata difficoltà di movimento dovuta semplicemente al cinturone e al vest: cambiano i rapporti di peso tra le diverse parti del corpo, il conseguente bilanciamento e crescono in maniera direttamente proporzionale le necessità di incrementare i range di movimento dei punti allenamento di gruppo

– le articolazioni – che sopportano carichi ed escursioni improvvisi. Considera il militare in tenuta operativa di cui abbiamo parlato pochi minuti fa: arriva di corsa e deve accucciarsi rapidamente dietro ad un muro: se non ha una preparazione fisica adeguata, con ogni probabilità l’accresciuto peso della parte alta del corpo, gravata da giubbotto antiproiettile, zaino e arma lunga, procurerà una forte instabilità conseguente delle ginocchia, resa ancor più problematica dalla poca mobilità delle caviglie per via degli anfibi. Tutto ciò porterà ad un progressivo deterioramento delle ginocchia e a vari disconfort su schiena e capacità respiratoria, rendendo più difficile e impegnativo il momento dell’ingaggio, aumentando il rischio di un trauma nel momento in cui è necessaria la massima reattività operativa e, sul lungo periodo, diminuendo i tempi di servizio di un professionista, che tutti sappiamo quanto costa addestrare. D • Quanto è importante avere o aver avuto un’esperienza operativa diretta in campo militare o di pubblica sicurezza per addestrare gli operatori dei corpi speciali? A • Aiuta perché si parla per cosi dire la stessa lingua e si conoscono le necessità operative e le varie metodiche tattiche. Questo permette al trainer di poter immaginare il

contesto operativo, di analizzare e correggere le eventuali lacune, di migliorare le capacità motorie specifiche richieste, portando il livello del training ad un’intensità sempre maggiore ma restando in un raggio di sicurezza. Quando si lavora con le forze speciali si ha a che fare con uomini che rappresentano un enorme valore sia in termini economici sia di impiego. Gli operatori dell’Accademia Antiterrorismo Lotar in Israele, della Tactical Unit Swat e Hostage Rescue del New York Police Dept, del Centro di Addestramento del FLETC sono un patrimonio della società civile, che va salvaguardato e danneggiare un soggetto durante un training fisico diventa un gravissimo problema, che può avere ricadute drammatiche sulle esigenze operative dell’intera gruppo. D • Fa impressione sentire nominare le enclave delle operazioni speciali a livello mondiale. È quasi incredibile che un italiano sia chiamato ad addestrarle: quale immagine ci accompagna in giro per il mondo? A • Abbiamo una buona credibilità e ci viene riconosciuta una forte professionalità. L’esperienza internazionale e la conoscenza maturata, anche come operatore privato, tendenzialmente attira maggiore attenzione rispetto alle proposte che possono giungere dall’interno o comunque da ambiti paralleli. Come dire: si raccoglie meglio nel giardino a fianco! All’estero di sicuro la mentalità è più aperta e disponibile rispetto all’Italia, dove c’è attenzione, ma è più soggettiva che istituzionale, nel senso che l’operatore cerca di innalzare il suo standard di preparazione fisica, ma a livello di corpo la consapevolezza è carente. C’è molta strada da fare. D • Dove vai nei prossimi mesi? A • Torno al NYPD, ho richieste dalla Federal Police del Belgio e da unità tattiche olandesi, che sono qui da G-Safe a valutare il sistema in questi giorni, e poi accompagnerò Scott Sonnon presso la Airborne Division e diversi Fire Department degli Stati Uniti. È stato fermo già troppo tempo. Alberto saluta e scappa fuori, verso la palestra dove deve terminare il suo lavoro, atteso dai professionisti della sicurezza e del combattimento armato e corpo a corpo, che questa settimana si sono riuniti qui. Mentre metto il punto a questa intervista, un pensiero mi rimane imbullonato in testa: strano come in Italia, ogni proposta di formazione o dimostrazione senza scopo di lucro del TACFIT® e dalla Tactical Gymnastic sia stata fino ad oggi nemmeno presa in considerazione. Forse dovremmo provare a chiedere a Scott: lui è americano! Quando lo incontrerò per il prossimo numero di Tactical News Magazine proverò a proporgli di contattare i nostri corpi d’elite! TNM ••• 099


OPERATORI DELLA SICUREZZA OPERATORI DELLA SICUREZZA

DI GIUSEPPE MORABITO

NON PIÙ BUTTAFUORI MA OPERATORI DELLA SICUREZZA TNM ••• 100


EZZA OPERATORI DELLA SICUREZZA OPERATORI DELLA SICUREZZA O

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OPERATORI DELLA SICUREZZA OPERATORI DELLA SICUREZZA

Con il Decreto Maroni del 6 ottobre 2009, in attuazione della legge sulla sicurezza, è nata finalmente una regolamentazione per il personale addetto ai servizi di controllo delle attività di intrattenimento e di spettacolo in luoghi aperti al pubblico o in pubblici esercizi e cioè gli ex buttafuori. Una normativa che pone fine a una miriade di improvvisazioni ed escamotage giuridicoamministrative quasi sempre “borderline” fra legalità e illegalità dettate dalla necessità di personale addetto al controllo indispensabile ai fini di una corretta fruizione dei luoghi destinati al pubblico divertimento, e al tempo stesso garantisce un’adeguata preparazione degli operatori sia sulle modalità di intervento, sia sulle responsabilità e soprattutto i limiti di tale funzione. Se fino ad adesso potevano bastare prestanza fisica, muscoli ben sviluppati e aspetto truce ed intimidatorio per candidarsi nel ruolo, ora servono caratteristiche ben diverse. Oltre a possedere la maggiore età e il diploma di scuola media inferiore, bisogna essere incensurati, dotati di buona salute e di un assoluto autocontrollo, possedere una preparazione giuridica specifica sulla sicurezza, conoscere tecniche di mediazione e comunicazione nonché alcune nozioni di psicologia relative a questo tipo di professione in relazione al contesto in cui si opera. Tutte conoscenze che si acquisiscono frequentando obbligatoriamente appositi corsi organizzati dalle regioni attraverso scuole di formazione accreditate della durata minima di 90 ore in cui si studieranno materie di area giuridica (ordine e sicurezza pubblica, compiti delle forze di polizia, disciplina normativa del settore dell’intrattenimento e dello spettacolo ecc.), tecnica (prevenzione incendi, salute e sicurezza nei luoghi di lavoro, primo soccorso sanitario) e psicologicosociale (capacità di concentrazione, autocontrollo, contatto con il pubblico, adeguata comunicazione verbale ecc.). Finito il corso si dovrà sostenere un esame di verifica, sia scritto che orale, superato il quale si otterrà un “Attestato di frequenza con verifica dell’apprendimento” per la qualifica di “Operatore della sicurezza e tutele di beni e di persone” che ha valore nazionale e consentirà l’iscrizione negli appositi albi professionali approntati dalle prefetture in cui si intende operare. Con l’attuale legislatura non è comunque prevista in questo ruolo la “libera professione” per cui l’iscrizione agli elenchi prefettizi, che saranno rivisti ogni due anni, può essere presentata o da un gestore di un locale di intrattenimento e spettacolo che vuole provvedere ai servizi di controllo direttamente con proprio personale oppure da un TNM ••• 102

titolare di un istituto di vigilanza autorizzato che impieghi il personale fra gli altri servizi anche in questo tipo di mansioni. E’ comunque prevedibile che data la nuova regolamentazione già entrata in vigore si creerà una forte richiesta sul mercato di questa nuova figura professionale. Ma quali sono i compiti di un operatore della sicurezza? Sarà responsabile dei controlli preliminari attraverso un osservazione sommaria dei luoghi per verificare il rispetto delle normative inerenti alla sicurezza come, ad esempio: l’accessibilità alle uscite di emergenza, la funzionalità degli impianti anti incendio oppure la presenza di eventuali sostanze illecite od oggetti proibiti. Una volta aperto il locale al pubblico, presidia gli ingressi e regolamenta i flussi di pubblico, verificando il possesso dei titoli di accesso (età minima se prevista, controllo dei biglietti) operando contestualmente un controllo visivo delle persone, teso a verificare l’eventuale introduzione di sostanze illecite, oggetti o altro materiale pericoloso per la pubblica incolumità o salute delle persone, in caso positivo ne dà immediata comunicazione alle forze di polizia. Poi all’interno del locale, svolgerà un’attività generica di osservazione per verificare il rispetto di disposizioni, prescrizioni, regole di comportamento stabilite da soggetti pubblici o privati. In alcuni casi potrà anche contribuire al primo intervento, purché ciò non comporti alcuna assunzione di pubbliche funzioni, per prevenire o interrompere condotte o situazioni potenzialmente pericolose per l’incolumità o la salute delle persone, sempre dandone immediata comunicazione alle forze di polizia. Per essere riconoscibile, il personale addetto ai servizi di sicurezza dovrà esser munito di un documento di identità e tenere esposto un tesserino di colore giallo con scritto “assistenza”. Nasce quindi una nuova professione che ci si augura possa rivalutare sia la figura degli operatori sia soprattutto la qualità del loro operato in un campo estremamente delicato quale la sicurezza dove nulla può essere concesso all’improvvisazione. Soprattutto per quanto riguarda le tecniche di interposizione fisica (difesa personale) in cui non si tratta di essere abili in qualche arte marziale dal nome altisonante ma di essere in grado di neutralizzare una qualsiasi azione offensiva senza causare danni a chi l’ha messa in atto, evitando ogni forma di violenza gratuita che nessuno, nemmeno le forze di polizia, è autorizzato ad applicare. È auspicabile anche che la nuova regolamentazione rivaluti anche da un punto di vista economico questo tipo di mansione, sicuramente più rischiosa di altre e da sempre poco tutelata.


EZZA OPERATORI DELLA SICUREZZA OPERATORI DELLA SICUREZZA O

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SUPER CUSTOM SUPER CUSTOM SUPER CUSTOM SUPER CUSTO

DI F. G.

Tutti i corpi speciali hanno una caratteristica comune: sono sempre composti da pochi elementi! Eccellenze nelle specializzazioni e test d’ingresso fortemente selettivi, ne riducono, in genere, il numero, che siano SWAT, SEALS, DELTA o in nostri GIS, il risultato non cambia. Inoltre il numero limitato di operatori consente, con investimenti contenuti e selezioni accurate, di equipaggiarli con la miglior tecnologia disponibile e di garantirgli un adeguato addestramento. Il calibro 45 acp, realizzato con le moderne componenti per munizioni, è ideale per l’arma corta e fornisce caricamenti estremamente performanti, come ad esempio accade per le velocissime munizioni P+ che impiegano palle solid ad alta espansività. Malgrado i tentativi di configurazione di armi di nuova concezione in tal calibro e con specifiche particolari,

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USTOM SUPER CUSTOM SUPER CUSTOM SUPER CUSTOM SUPER CUSTO

la scelta della meccanica Colt rimane, ad oggi, insuperata o quanto meno risulta essere il miglior compromesso tra calibro ed arma. Arrivare ad avere piena padronanza del calibro 45 non è proprio facile, sia per il rinculo generato, sia per la necessaria abilità a sostituire caricatori da pochi colpi calzando guanti tattici ed indossando maschere antigas e/o visori notturni. Per verificare il livello di difficoltà, in condizioni standard, rispetto al cal 9 mm basta mettere a confronto, nella specialità di tiro IDPA, il diverso punteggio richiesto per raggiungere il livello Expert che, per il 45, è di circa il 10% inferiore. Il sistema più semplice per definire il livello di incapacitazione, è quello di individuare il Power Factor (P.F.) utilizzando la seguente formula: peso palla x vel. /1000. Secondo i guru, questo rapporto, deve essere di almeno 175 P.F. (in zona emitoracica) ed è per l’appunto quello espresso dalla munizione 45ACP, mentre quello del 9mm ha generalmente un P.F. Di 130. Questo è il motivo dell’utilizzo del cal. 45, per esempio, da parte di chi opera in scenari CQB.L’arma in esame è una realizzazione ADC denominata Master CQB ed oltre ad essere una arma realizzata in numeri contenuti ha un livello

di customizzazione al top di gamma. È configurata per rispondere alle moderne esigenze d’ingaggio in ambiente CQB e ci risulta sia stata commissionata da alcuni reparti speciali non italiani. Per l’utilizzo con visori notturni, maschere antigas o al buio, è necessario disporre di lampada ad alta efficienza e laser coassiale, pertanto l’arma in oggetto ha la rail per montaggio lampada – laser, fresata dal pieno, direttamente sotto il durst cover. L’aumento di peso, dato dalla rail e dal sistema illuminazione – puntamento, contribuisce a ridurre ulteriormente il rilevamento, migliorando i tempi per doppiare il colpo con caricamento P+. Per l’allestimento è stata selezionata una canna della Schuemann che garantisce precisione ed alta velocità del tempo di canna (grazie alla foratura a 451). Nel complesso, si avvale della miglior componentistica disponibile. Il risultato è un’arma che, pur sparando una munizione ad alta potenza, come richiesto dai compiti operativi, rimane ben controllabile e con un’affidabilità assoluta. La finitura è di colore nero per il carrello e verde OD per il fusto, ma può essere fornita con le colorazioni dello scenario di riferimento del committente. Il trattamento è a base di nano ceramiche, con tutti i vantaggi che ne derivano per resistenza alla corrosione e scorrevolezza fusto carrello con tolleranze minime. Riscontrare quest’eccellenza in una produzione totalmente made in Italy non può che farci piacere, rimarcando le capacità dei nostri imprenditori. Ci ripromettiamo di poter effettuare uno stress fire non appena possibile.

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COLTELLI TATTICI COLTELLI TATTICI COLTELLI TATTICI COLT DI ANTONIO MERENDONI, GALDINO GALLINI FOTO DI MAX MASALA

POHL FORCE ALPHA 2 E ALPHA 3 La Pohl Force GmbH è una azienda tedesca creata da Dietmar Pohl. Questo titolare è il preciso esempio di un “vero appassionato” che decide di dedicarsi totalmente al settore che ama. Il suo interesse per i coltelli comincia a manifestarsi quando era ancora un ragazzo, poi raggiunta la laurea in economia, riesce a trovare lavoro presso importanti aziende produttrici di coltelli a Solingen. Inizialmente si occupa di marketing, poi diventa product manager ed inizia ad approfondire con profitto lo studio del design, dei materiali e delle tecniche di lavorazione. Grazie alle sue conoscenze nel settore, riesce ad instaurare dei rapporti estremamente formativi con personale ed istruttori di alcuni Corpi Speciali tedeschi e stranieri: GSG9, SEC, KSK, Fernspaher, SWAT, Marines USA, Polizia Inglese ecc... Riesce anche a partecipare ai corsi di addestramento di alcuni di questi reparti. Da queste esperienze deriva la sua profonda conoscenza sulle esigenze tecniche e tattiche in situazioni realmente operative. Solo dopo 14 anni dal suo ingresso nel settore della coltelleria, decide di aprire una sua azienda e di dedicarsi alla progettazione e produzione di coltelli da combattimento e sopravvivenza. Attualmente la TNM ••• 106

linea di produzione della Pohl Force comprende una serie di coltelli pieghevoli ed alcuni coltelli a lama fissa. Vediamo ora la linea di coltelli pieghevoli. Il modello Alpha 2 Tactical Version è un “large folder” cioè un coltello chiudibile di grandi dimensioni: la lunghezza totale del coltello aperto è di 26,5 cm, quando è chiuso misura 15 cm. Lo spessore è di 18 mm e pesa circa 220 grammi. Questo modello viene offerto in due versioni: una con filo completamente piano ed una con il filo per metà seghettato e per metà piano. La lunghezza della lama è 11,3 cm; il suo spessore è 4,5 mm e raggiunge i 3,5 cm nel punto di massima altezza. L’acciaio utilizzato è il D2 che raggiunge una durezza di 60/61 HRC, permette una facile riaffilatura ma non è inossidabile. La superficie della lama ha una finitura nera opaca antiriflesso e resistente ai graffi. Dovrebbe essere disponibile anche una versione in 440C, un acciaio al cromo più resistente all’ossidazione che raggiunge una durezza di circa 58 HRC. La parte prossimale della lama presenta uno scasso dorsale per il pollice ed uno inferiore, in corrispondenza del tallone, per l’indice così da poter impugnare il coltello in modo avanzato ed eseguire tagli


COLTELLI TATTICI COLTELLI TATTICI COLTELLI TATTICI COLTELLI T

accurati con la punta. L’impugnatura è molto robusta ed è formata da due sotto-guancette in acciaio brunito, per il contenimento della molla di chiusura e degli spaziatori, coperte dalle guancine in Zytel, di colore nero e finite con un trattamento sfaccettato antiscivolo che le rende esteticamente simili alla selce. La sua conformazione è particolarmente indovinata ed impugnare l’Alpha 2 è molto confortevole. È evidente la ricerca di un design moderno ed innovativo che non penalizza assolutamente la funzionalità. I solchi ed i risalti del margine inferiore del manico offrono un comodo collocamento per tutte le dita impedendo così qualsiasi scivolamento in avanti, o all’indietro del coltello e lo scasso zigrinato per il posizionamento del pollice permette di direzionare la lama in modo estremamente preciso. I pieghevoli della Pohl F. hanno tutti un sistema di blocco della lama posto dorsalmente (Lock back). Molti considerano questo sistema più robusto ed affidabile rispetto al liner lock. Questi coltelli sono completamente smontabili. Le due viti principali, posizionate ai due estremi dell’impugnatura, possono essere rimosse utilizzando due cacciaviti o due monete di piccole dimensioni. Con un TNM ••• 107


COLTELLI TATTICI COLTELLI TATTICI COLTELLI TATTICI COLT

cacciavite di taglio più fine si possono agevolmente svitare le tre viti poste sul margine superiore di ogni guancina. In questo modo si possono separare le due guancette ed i sotto-guancia dal sistema di molle e dalla lama. Le due viti principali presentano un foro passante centrale, in cui si può inserire il laccio per il polso, o per il dorso della mano. Il coltello è dotato di clip da tasca reversibile su entrambi i lati e di punta frangi cristalli posteriore. Chi utilizza il coltello potrà inoltre decidere, in base ai suoi gusti ed alle leggi in vigore, se montare il piolino per l’apertura veloce della lama. I Pohl Force folder vengono infatti dotati di un piolino ellittico ambidestro, fissabile mediante una vitina al dorso della lama. È consigliabile umettare la vite di fissaggio con una goccia di frena filetti. Il coltello viene fornito in un astuccio in cordura con chiusura a cerniera con un piccolo manuale per l’uso e la manutenzione. Tra gli optional offerti dalla ditta c’è anche un fodero tattico in kydex per il porto del coltello in apertura. Al modello Alpha 2 viene affiancato il modello Alpha 3. Le dimensioni e le caratteristiche funzionali sono sovrapponibili ma la versione 3 ha la lama con punta in configurazione “tanto” e viene fornito solo con filo misto (plain/serrated). L’acciaio utilizzato è sempre il D2 e la finitura della lama è nero opaco. È disponibile anche una versione Desert dell’Alpha 3 con impugnatura color sabbia. La linea viene completata dal Bravo One: la versione ridotta del modello Alpha 2. La conformazione generale è quasi identica ma la lunghezza del coltello in apertura è di soli 19,3 cm, lo spessore è 14 mm e pesa circa 100 grammi. La lama misura 8,3 cm, ha uno spessore di 3 mm ed è in D2. Esistono due versioni di Bravo One: Il Survival, con lama nera e filo misto e la TNM ••• 108

versione Outdoor con lama a finitura pallinata (cioè bianca) e filo piano. Il modello Bravo è privo di frangi cristalli. È un coltello da tasca leggero e di contenute dimensioni ma indubbiamente robusto ed affidabile in ogni situazione. È importante evidenziare l’elevatissimo livello di finitura di questi coltelli. Sono privi di giochi sia aperti che chiusi. L’escursione della lama è scorrevole, priva di impuntamenti e non richiede il minimo sforzo ma, una volta aperto, sembra di avere in mano un coltello a lama fissa. Ogni coltello è numerato, prima di uscire dalla fabbrica viene sottoposto ad un attento controllo visivo e gli viene allegato un certificato di garanzia. Sicuramente finitura e qualità dei materiali sono il punto di forza dei prodotti Pohl Force; ma sono la perfetta ergonomia, la funzionalità, la robustezza e l’affidabilità a riflettere la maestria di Dietmar Pohl. Maestria che può derivare solo da una profonda passione per il settore.


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TACTICAL GADGET TACTICAL GADGET TACTICAL GADGET TACT

MECHANIX WEAR UTILITY 1.5 Le usiamo per vivere e sopravvivere, per lottare o per cibarci, per impugnare e stringere, per indicare e identificare ma spesso le consideriamo con tanta ovvia abitudine che non gli dedichiamo troppa importanza oltre il lavarle e, al massimo, proteggerle dal freddo per il fastidio che questo offre e non per la possibilità di renderle inutilizzabili. Sono le nostre mani, gli arti che assieme a quelli inferiori ci permettono di essere ciò che siamo. In ogni contesto tattico e operativo esse sono elemento fondamentale per ogni funzione vitale tra cui, inutile sottolinearlo, quella dedicata al tiro e al combattimento così come al duro lavoro quotidiano che non è fatto solo e sempre di ingaggi; in guerra vengono inoltre utilizzate nelle varie forme di lotta a partire dalla loro efficace nudità previo adeguato addestramento fino all’utilizzo nelle armi da fuoco o bianche al fatidico pulsante dei sistemi elettronici a scopo bellico. Per proteggere questa fondamentali funzioni occorre affidarsi, come per le calzature, a soluzioni e materiali tra i meno invasivi e più affidabili. La Mechanix, attualmente, è tra le migliori aziende produttrici di guanti atti a questo scopo e questi ultimi vengono quotidianamente utilizzati dai migliori reparti, statunitensi e non, durante le missioni in aree calde. Oltre venti milioni di guanti Mechanix indossati da centinaia di migliaia di professionisti sono di per sé una garanzia. Il modello denominato Utility 1.5 risulta estremamente indicato per un uso globale in ambito tattico, una sorta di seconda pelle resistente che protegge e non inibisce la sensibilità. Il dorso è realizzato in Spandex Bidirezionale, soluzione comoda e durevole che garantisce una perfetta vestibilità e la chiusura a velcro l’assoluta sicurezza, mentre tra le dita appaiono inserti in Lycra, materiale e soluzione che permette la massima libertà di movimento ed inibisce arrossamenti e frizionamenti. Il palmo è invece realizzato in Dura-Fit, una pelle sintetica che permette la massima “grip” ed aderenza durante la presa. Ovviamente dimentichiamoci il disagio del sudore: un ingegnoso sistema di ventilazione garantisce una temperatura ideale anche in condizioni esterne proibitive. Lavabili in lavatrice, sono inoltre garantiti per tre mesi. Imbracciando un arma lunga d’assalto, quale un Colt M4 o un Kalashnikov, non si riscontrano difetti nel brandeggio mentre la sensibilità sul grilletto e la comodità nel cambio caricatore risultano perfette. Allo stesso modo, impugnando una pistola semi automatica, la sensazione è simile, anzi viene accentuata la stabilità nella presa. Solo un guanto da “tiro”, in fondo? No, un guanto tattico a 360° e infatti la Mechanix può vantare di aver coniato e concepito la filosofia del “Tactical & Utility” e cioè la massima adattabilità possibile per ogni professionista che deve, nell’ambito del suo ruolo militare o della sicurezza, adattarsi ad ogni condizione. E raggiungere lo scopo.

SCHEDA TECNICA Costruttore: Mechanix (www.mechanix.com) Importatore: Mechanix wear europe (info@europe.mechanix.com) Tipologia: guanto tattico Materiale: Dura-Fit, Lycra, Spandex Colore: Black and grey Lavabili in lavatrice: si Idonei al tiro: si TNM ••• 110


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LEATHERMAN MUT EOD Tim Leatherman non era un uomo qualunque: amava viaggiare ma capiva che, spesso, il suo fidato coltello tipo “Esploratore” si dimostrava inadeguato, quando non illegale, sia per utilizzo che il porto e fu nel 1975 che decise di fare qualcosa in merito mentre effettuava un lungo viaggio attraverso l’Europa. Ciò che desiderava era un coltello tascabile compatto, con accessori e pinze di tutte le misure, ma un simile utensile non esisteva. Prese nota di quello che aveva veramente bisogno, e quando tornò negli USA iniziò la progettazione e la realizzazione di particolarissimi utensili multiuso. Oggi questo marchio è conosciuto da milioni di persone che utilizzano i suoi fantastici multi-tool in vari contesti ma pochi sanno che parte delle sue proposte sono legate al settore militare. Non ultimo questo EOD (Explosive Ordinance Disposal) e facente parte dell’ omonima collezione MUT (acronimo di Military Utility Tool) ed espressamente dedicato agli artificeri che devono occuparsi di esplosivi di ogni sorta e, in contesto delle attuali aree di impiego, spesso auto-costruiti. La struttura ricorda solo vagamente le classiche pinze multiuso Leatherman dedicate al mercato civile e il tutto si presenta come un tool davvero a specifica militare e con un colore tendenzialmente brunito con trattamento anti-riflesso. Numerosi, come sempre gli accessori dedicati, con varie tipologie di utilizzo. La lama principale, con punta Tanto style, è realizzata con Acciaio 420 HC, la seconda ha il seghetto combinato; si entra nello specifico con la pinza a becco e normale per arrivare al Crimp atto all’ innesco delle cariche esplosive C4 e con relativo punzone. Si passa successivamente al tagliafili in Acciaio 154 CM (sostituibile) e poi al martello nella parte inferiore, al gancio, al punzone per l’eventuale smontaggio dell’arma tipo Colt M16/M4/AR15. In questo caso, e per nostra esperienza, abbiamo constatato che tale strumento può sostituire quelli solitamente utilizzati per lo smontaggio dell’arma e alla regolazione degli organi di mira. Non mancano la lima in Acciaio al Carbonio, punte per avvitatore standard Philips e non poteva mancare un classico apribottiglia. Il corpo dell’ intero MUT EOD è in ottimo Acciaio Inox e il tutto per un peso complessivo di soli 317 gr.. Il fodero è realizzato in Cordura e Nylon e configurato per l’aggancio tipo M.O.L.L.E. anche se il nostro MUT EOD si può tranquillamente portare alla cintura grazie all’apposita clip. Un unico commento? Indispensabile.

SCHEDA TECNICA Costruttore: Leatherman (www.leatherman.com) Funzione: Tool multiuso Materiale: Acciaio Fodero: sì Peso: 317 gr

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5.11 TACTICAL AGGRESSOR PARKA Forse non li vedremo mai indossare dal “normale” personale militare ma, di certo, i loro articoli di vestiario e accessori fanno parte da anni della dotazione di molti professionisti della sicurezza e membri operativi e non delle P.M.C. di tutto il mondo. La 5.11 oggi è diventata una leggenda che viene legata indissolubilmente alla comunità dei contractors e di numerosi corpi di polizia e ha, a suo modo, forgiato addosso ai nuovi soldati di ventura un vero e proprio “Look” che li differenzia anche esteriormente dai colleghi inquadrati e in uniforme. Semplice fenomeno di moda? Negativo, perchè quando si indossa un capo della 5.11 si è consapevoli di diventare parte di un vero e prorio sistema in sinergia tra noi e la nostra missione. Per esempio valutiamo l’ottimo Tactical Aggressor Parka, una giacca invernale che può essere ben inquadrata in questo contesto anche se, proprio per la sua adattabilità, noi la consideriamo valida in ogni stagione e condizione ambientale. Questo giaccone, in configurazione due in uno, ha il corpo realizzato esternamente in 100% Poliamide e la fodera-giacca interna staccabile in 100% Pile (Poliestere) e con altissime prestazioni di traspirabilità e impermeabilità. Particolarmente lungo, rispetto alle taglie standard, vanta questo accorgimento per occultare eventuale attrezzatura ed è stato progettato per l’utilizzo in abbinamento con il Back Up Belt System prodotta dalla stessa azienda. Il capuccio, presente, è anch’esso realizzato in materiale sintetico ma senza imbottitura e garantisce un ottima protezione in caso di vento, pioggia o neve. Come per ogni capo di abbigliamento della 5.11, anche il nostro Aggressor Parka è provvisto al suo interno, sia nel corpo che nella giacca staccabile, di numerose tasche atte a contenere caricatori di scorta, un eventuale set di pronto soccorso, munizionamento, tactical knife e tutto quanto occorre in determinate situazioni operative. Anche per questa esigenza operativa, tali tasche sono concepite e realizzate per essere raggiunte nei tempi e modi più brevi e comodi possibili. Le tasche, assolutamente robuste sia interne che esterne, sono con chiusura a cerniera di buona qualità e affidabilità e così le cuciture, doppie e resistentissime ad ogni sollecitazione. Unico “difetto”, accomunabile ad altre giacche di questa

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tipologie, è proprio il suo pregio maggiore e cioè il fornire la protezione dal freddo e mantenere una buona temperatura corporea: se infatti l’ Aggressor Parka è ideale per turni di guardia e posizioni statiche, sia in piedi che sedute, lo è un po’ meno per tutto ciò che implica un movimento prolungato con possibile aumento della sudorazione e il disagio che comporta. Difficilmente, però, lo vedremo utilizzato nelle caldissime aree sahariane e quindi approfittiamo degli innumerevoli pregi che ci offre quest’ennesima perla della trentennale esperienza della 5.11.

SCHEDA TECNICA Costruttore: 5.11 (www.511tactical.com) Importatore: Bignami S.p.a. (www.bignami.it) Tipologia: Giacca Climi Freddi tipo Parka Materiale: Poliamide e Poliestere Cuciture rinforzate: sì Labaile in lavatrice: sì Cappuccio: sì Eaterproof: sì


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TACTICAL EQUIPMENT “THE WARRIOR SPIRIT”

Importatori e distributori dei marchi ARC'TERYX LEAF - SOURCE - REVISION - CRISPI - PROPPER - T.A.G - ASOLO

www.tacticalequipment.it Tactical Equipment Store Via Nizza 167/169r Zinola 17100 Savona Tel/Fax 0039 019 2054224

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SOFTAIR FAIR SOFTAIR FAIR SOFTAIR FAIR SOFTAIR FAIR SOF

DI FABRIZIO BUCCIARELLI

SOFTAIR FAIR 2011 Nei giorni 12 e 13 Febbraio 2011 si è tenuta presso l’area fieristica ferrarese un evento a levatura nazionale, dedicata ai praticanti il Softair e denominata “Softair Fair”. Organizzata da Cesare Rusalem e la sua agenzia, è un vero e proprio punto di riferimento per tutti o quasi gli eventi del settore legato alla storia militare tra cui Militalia a Novegro. Questa importante expo è diventata da anni il più noto e importante punto di incontro tra i club e le associazioni nonché le varie strutture e aziende commercializzanti repliche ASG elettriche e a gas nonché equipaggiamenti, e up grade. Ma prima di continuare occorre sfatare un trito e ri-trito luogo comune. Sbaglia, e molto, chi vede nel Softair un unico aspetto ludico e a tratti infantile: questo sport, che in Italia vanta decine di migliaia di praticanti di elevato livello tecnico e atletico, deriva dalle prime tecniche (Psicodramma) che i Viet Vet’s, i Veterani del Vietnam, utilizzavano per guarire dal P.T.S.D. (Post Traumatic Stress Disorder) e che successivamente, con modelli sempre più realistici e tecnologicamente avanzati, diventavano di interesse anche per le Forze Armate e di polizia che le usavano al posto dei dispendiosi sistemi a salve e con Laser. Non va inoltre TNM ••• 114

dimenticato che i Softgunners possono affrontare vere e proprie simulazioni tattiche con lunghe marce in ogni condizione ambientale, con rilevamenti e orientamento topografico, pattuglie e ingaggi dalla durata anche di 48 ore. Uno sport e un gioco, certo, ma non uno scherzo da affrontare se non si è in forma e se non si ha una certa conoscenza specifica di certe attività tattiche, le stesse del personale militare vero e proprio. Tornando a Softair Fair, il primo impatto è quello che colpisce i più e cioè quando, fin dalla primissima mattina, lunghe file di appassionati si accalcano dinanzi alla biglietteria e tale condizione raramente muta nell’arco delle due giornate. I due padiglioni, rispettivamente dedicati alla Militaria e al Softair offrono ai visitatori gli stand di numerosi club, soprattutto di nuova composizione, le varie Associazioni di riferimento (CSEN, ASNWG, GAS) e innumerevoli proposte commerciali tra collezionismo, repliche ASG, uniformi da combattimento, calzature e innumerevoli accessori. Tra questi ultimi non può non essere citato Emporio Ferrari di Carpi (www.ferrarilibri. it) che ha occupato un intera ala della grande area espositiva, Free Shot Srl (www.freeshot.it), American Store (www.expoarmy.com), FCM-PX (www.px-prato.it),


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Tactical 73 (www.tactical73.eu) e tanti altri. Tra i club vogliamo ricordare i Nexus di Ferrara, veri e propri alfieri sia della fiera che del Softair nazionale e i Black Jack, sempre ferraresi, che hanno offerto ai visitatori anche la possibilità di sparare con le ASG in un apposito poligono in cui, in alcune occasioni, è stata provata una “micidiale” Minigun elettrica che ha, a dir poco, colpito l’immaginario collettivo. Interessanti anche le varie conferenze e dibattiti e soprattutto i Corsi quali quello formativo/divulgativo intitolato “Softair e Sicurezza” organizzato e gestito da personale della Croce Rossa Italiana. A farla da padrona sono sempre e comunque le amatissime e sempre più realistiche repliche Softair anche se non sono state presentate novità di rilievo. Le varie configurazioni della serie Colt M4 si sprecano ma sono sempre tra le più apprezzate, soprattutto quelle dotate di R.I.S. e Picatinny e altrettante le varie versioni corte dedicate al C.Q.B., disciplina sempre più diffusa nel Softair. L’ intramontabile Kalashnikov trova posto tra i numerosi stand espositivi e nella tradizionali configurazioni in metallo e legno o simil legno: AK 47, AK 47S, AK 74 con calciolo ribaltabile e

nella sua ultima elaborazione con tanto di slitta per torce tattiche o Laser. Non troppe le pistole, forse in fase discendente a causa dei prezzi elevati e delle non efficentissime prestazioni, soprattutto per quelle realizzate in Cina e di fascia “Low Cost” che non hanno riscosso l’attenzione e l’entusiasmo degli estimatori che, in ogni caso, le utilizzano come semplici back-up o per meri motivi estetici. Anche nell’area dedicata alla Militaria i Softgunners hanno trovato pane per i loro denti con le ottime proposte, quasi tutte americane e inglesi, delle più recenti uniformi da combattimento proposte da espositori “Storici” quali Tony Cappellozza e anche israeliane presso il sempre fornito stand di Sal Sermoneta. Una fiera è una fiera? No, Softair Fair è un evento dove un’ intera comunità si incontra e si confronta, e magari si scontra, tra passione e commercio ma sempre rispettando quello che da sempre è il motto del Softair:” Meglio giocare alla guerra, che farne una vera per gioco”. Parole sante. Prossimo appuntamento: Softair Fair nei giorni 8 e 9 Ottobre 2011 e sempre presso la città degli Estensi. TNM ••• 115


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DI FRANK TUBINO FOTO DANILO SIRAGUSA


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Se diciamo Special Forces, alla nostra memoria emergono i britannici S.A.S. con il loro “Who dare wins”, i Berretti Verdi americani resi celebri dalla drammatica e tenebrosa epopea vietnamita ma soprattutto i Navy SEAL, acronimo simpatico che ricorda una foca ma che in realtà evidenzia tutta la sua importante funzione operativa in quel “Sea-Air-Land” e che identifica quegli incursori di marina statunitensi celebrati come una delle migliori unità a livello mondiale. A loro il Softair non poteva non dedicare la massima attenzione e la taiwanese G&G ha generato una replica di uno dei loro fucili d’assalto preferiti denominato Sig 522 OD. Replica della nota arma marchiata Sig Sauer, questa ASG elettrica risulta la diretta antagonista delle esperienze sulla stessa realizzate in passato dalla nipponica Marui e dalla cinese Jing Gong (nota anche come Golden Bow). Versione accorciata del modello base da cui derviva, il Sig 551, il modello Softair della G&G risulta estremamente ben realizzato e con materiali di ottima TNM ••• 118

qualità. Licenziataria del marchio Sig Sauer, il che legittima doppiamente questo fucile, vanta una mescola plastica che assomiglia maledettamente al polimero con cui viene costruita l’arma vera da fuoco, densa e resistente ma insospettabilmente leggera. La verniciatura è ottima, senza sbavature o imprecisioni e copre la componentistica dedicata mentre le parti in metallo sono i gusci, l’ Outer Barrel, lo spegni fiamma e gli organi di mira, questi ultimi regolabili anche se la lunga slitta tipo Picatinny non può non indurre a installare un adeguato Dot Sight o un altro sistema attivo o passivo di acquisizione bersaglio. Il tipico caricatore standard trasparente, con gli accattivanti falsi proiettili in cal. 5,56, permette di avere a disposizione solamente 30 bb’s perciò, a meno che il fortunato proprietario non sia un “purista”, si dovrà acquistare un caricatore maggiorato tra i vari disponibili. Quest’ultimo, particolarmente corto, permette di utilizzare questa tipologia di fucile anche


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e non solo nelle veloci azioni tipiche del CQB (Close Quarter Battle), ma anche per un tiro più mirato e in posizione prona. Il calciolo ribaltabile, in fibra di vetro, risulta fermo e solido in posizione estesa e anche in chiusura non inibisce in alcun modo il tiro, oltre a permettere un ulteriore riduzione delle dimensioni. Aperto, questi fornisce il baricentro dell’arma esattamente nel bel mezzo della stessa e ne garantisce un brandeggio comodo e preciso. Ai lati e sotto l’ Handguard sono presenti tre slitte che permettono ulteriori ampiamenti della configurazione base quali l’aggancio di un lancia granate, Laser e torce tattiche e la battiera trova posto sotto il copri canna. All’interno del Sig 552 troviamo una molla del tipo M100, il Gear Box in metallo e gli ingranaggi in acciaio mentre le boccole sono quelle da 6mm oiless in ottone. La testa pistone utilizza la pregiata fibra di vetro e lo stesso valga per il pistone. Il motorino, cuore pulsante della replica, è del tipo ad albero corto, da 25.000 rpm.

Imbracciando il Sig 552 la sensazione è di estrema solidità e ci si muove agevolmente grazie al peso non elevatissimo, proprio come per l’arma vera. L’asta di armamento, quando viene arretrata, sposta all’ indietro il finto otturatore e si ferma a fine corsa rimanendo bloccata e permettendo così sia un agevole regolazione dell’ Hop Up, sia la funzione del Bolt Catch con un notevole e realistico scatto. Sotto il grilletto, il Trigger Guard può essere spostato sia a destra che a sinistra permettendo così l’utilizzo di guanti anche di una certa dimensione idonei durante le stagioni fredde. Il ROF (Rate of Fire) della raffica non risulta elevatissimo ma, grazie ad un più che valido sistema Hop Up e la sua precisa regolazione, permette di colpire con precisione bersagli a distanze insospettabili e senza per questo superare il benedetto/maledetto limite del famigerato Joule. Il selettore di tiro è presente su entrambi i lati dell’arma e quindi idoneo per tiratori di ogni tipologia. Per SEAL fans, e non. TNM ••• 119


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Lunghezza complessiva: 747mm Peso: 3008g Lunghezza canna: 275mm Materiale canna interna: ottone Diametro canna interna: 6,08 Lunghezza outer barrell: 500mm Materiale outer barrell: Alluminio Materiale spegnifiamma: Metallo Batteria consigliata: 9.6/1400mah Capacità caricatore standard: PC/30 colpi Molla gearbox: M100 Materiali ingranaggi: Acciaio Boccole: 6mm in Ottone Velocità del pallino: 90~100 m/sec con BB 0,20 (1 joule) TNM ••• 120


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CENNI SULL’ARMA VERA Il SIG “SG 552 Commando”, valida alternativa ad armi quali l’ Heckler & Koch HK 53, è un’ elaborazione del fucile d’assalto SIG 551, e ha in comune con quest’ultimo l’utilizzo di materiali compositi tra cui l’ormai famosissimo Polimero; questa particolare versione chiude momentaneamente la serie nata con l’ SG 550, in dotazione all’esercito svizzero, il già citato 551 e i modelli speciali e dedicati quali il SIG 551 LB e il 551 SWAT. Ideato per sopperire alle richieste dei reparti d’assalto delle varie Special Forces, soprattutto statunitensi, quest’arma presenta una serie di notevoli vantaggi e un design moderno e comodo, ma soprattutto soddisfa le esigenze legate a chi cercava di dotare questi speciali militari di un equipaggiamento performante, leggero, di rapido impiego e di grande polivalenza. Il “Commando” è stata la giusta risposta e possiede, oltre a queste caratteristiche, anche tutti gli accessori e optional del caso: dall’ ottica di precisione alla torcia tattica, dal visore notturno ai dispositivi tipo Dot. Particolarmente riuscito per la sua innovativa configurazione è il sistema di presa gas, realizzato con materiali sintetici e resistenti alla corrosione, problema drammatico per chi deve utilizzare un’arma in un ambiente ad alta densità salina quali isole o all’interno delle città costiere. Sempre per lo stesso motivo alcune componenti esterne sono rivestite con un materiale sintetico particolarmente resistente, altre sono inossidabili e altre ancora sono state sottoposte a un trattamento termico con l’obiettivo di poter affrontare con la massima affidabilità un po’ tutte le condizioni climatiche e ambientali nonché gli agenti più nocivi, chimici compresi. L”SG 552 Commando” è un’arma decisamente compatta, certamente fra le migliori della sua tipologia in calibro 5,56x45 mm (.223 Remington): misura 730 mm a calcio aperto e in posizione da trasporto, con il calcio ribaltato, la lunghezza è di appena 504 mm. Il suo peso, altro importante punto a favore, è di soli 3,2 kg il che ne fa una delle armi d’assalto più leggere. Una delle sue caratteristiche principali è il suo design accattivante e all’ altezza del tempi, la canna corta con rigatura interna con passo di 10 pollici, invece dei più convenzionali 7, che permette di aumentare la precisione dell’arma, soprattutto su distanze impegnative di 200 o 250 metri, anche se spesso si cita tale pregio come un lieve difetto che limita l’ SG 552 ad un uso prevalentemente urbano a causa della conseguente limitazione del potere perforante. Il selettore di sparo, ambidestro, è a quattro posizioni: in sicurezza, semi-auto, full- auto, raffica controllata di tre colpi ed è contrassegnato dalla classica “S” in sicura e con il n° 20 per la raffica. All’interno dell’ impugnatura a pistola, con disegno/zigrinatura a linee orizzontali per migliorare la Grip, troviamo un alloggiamento dove prende posto il set di pulizia e manutenzione dell’arma. Il calcio di tipo tubolare si ribalta sul lato destro del corpo, e anche in questa configurazione da trasporto si può fare fuoco senza alcun problema per l’espulsione dei bossoli, né per l’accesso al grilletto. Altra caratteristica dell’ SG 522 sono i tipici caricatori di plastica trasparente da 5, 20 o 30 colpi sul cui lato è presente una “Clip” standard che ne permette l’accoppiamento. I passi TNM ••• 122

per smontare il 552 “Commando” sono identici a quelli dei suoi “fratelli” serie SIG e lo stesso valga anche per il funzionamento del ciclo di sparo. La slitta sulla parte superiore della scatola di culatta offre la possibilità di installare un’ interessante, e a volte obbligata, serie di accessori. E’ soprattutto la comodità e la velocità del sistema stesso che vengono particolarmente apprezzati durante le possibili varianti operative, e bastano una manciata di secondi per posizionare e attivare il cannocchiale Hensoldt 6x42 BL, strumento ideale per armi di questa classe, oppure un più “normale” Trijicon ACOG 3,5x35, perfetto per l’acquisizione rapida del bersaglio. Da non sottovalutare anche le ottime mire ordinarie, diottra e mirino, regolabili ed efficaci. Il brandeggio è godibile e istintivo e si può accedere senza alcuna difficoltà ad ogni sua funzione; con un minimo di addestramento supplettivo si arriva a svuotare in Full auto il caricatore da 30 colpi in circa 2 secondi e con una rosata a livello del tiro sportivo, con i bossoli che vengono scagliati a diversi metri di distanza. Altrettanto interessante è sparare a colpo singolo mirato: essendo l’arma decisamente stabile e migliore il controllo sulla stessa, si arriva a rosate di 10 colpi ravvicinatissimi su 100 mt. Il ROF è abbastanza vicino alla norma rispetto ai “colleghi” tipo H&K MP5 e si aggira sui 700-800 colpi teorici al minuto. Il giudizio finale non può che essere ampiamente positivo: un’arma polivalente dal minimo ingombro e dalle elevate prestazione, l’ideale per chi, come le Special Forces militari e di polizia, debbono basare il proprio operato e la propria sicurezza sull’affidabilità e precisione del proprio “ferro”. Costruttore: SIG Web: www.sigarms.ch Tipo: Fucile d’assalto Modello: SIG SG 552 Calibro: 5.56 mm (.223 Rem) Lunghezza canna: 226 mm Lunghezza totale: 730 mm (calcio esteso) 504 mm (calcio ripiegato) Peso a vuoto: 3.2 Kg Capacità caricatore: 5 - 20 - 30 (bifilare) Mire: Alzo a diottra


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I CONSIGLI I CONSIGLI I CONSIGLI I CONSIGLI I CONSIGLI I CON

DI FERNANDO CASORIA E DAVID JNDIO

COME NUTRIRSI DURANTE UNA PATTUGLIA H24-36 TNM ••• 124


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Nello scorso numero abbiamo visto come tracciare un ipotetico equipaggiamento tattico per pattugliegioco della durata di 24-36 ore. Siamo giunti alla conclusione che non esiste una regola sempre valida, bensì una possibilità di personalizzazione totale che ruota intorno a pochi e semplici fondamenti. Così come accade per l’equipaggiamento, anche in tutte le altre “sfere” individuali, ci sono dei punti fermi e delle variabili, a seconda del soggetto, delle condizioni climatiche, delle specifiche del territorio in cui si opera ed in taluni casi perfino dal tipo di ruolo che il giocatore ricopre. Ad esempio uno scout che, insieme al proprio compagno, anticipa la pattuglia di qualche chilometro per perlustrare ed osservare possibili percorsi ed obiettivi, sarà sicuramente meno carico di un operatore della retroguardia. Prima e fondamentale regola: è inutile (o quanto meno non è coerente) pensare a come alimentarsi durante una pattuglia di lunga durata, dove si ipotizzano sforzi fisici o meglio psicofisici di una certa entità, se nella settimana precedente non abbiamo seguito una sana e corretta alimentazione

oppure se nei mesi precedenti non abbiamo effettuato un allenamento adeguato in grado di “sondare” il tipo di sostentamento di cui il nostro corpo necessita. Quindi se nei giorni antecedenti la gara abbiamo bevuto alcolici come delle spugne vergini o ci siamo ingollati l’intero abbacchio ripieno di salsa messicana, poco importa cosa mettiamo nel nostro carico alimentare all’interno dell’equipaggiamento, nel migliore dei casi il risultato sarà la schiuma alla bocca alla prima salita. In secondo luogo bisogna tener presente che, affrontare un pattugliamento a lungo raggio, che può durare dalle 24 alle 36 ore, richiederà, indipendentemente dal territoriopercorso, dal clima e dagli obbiettivi, uno sforzo fisico di una certa entità aggravato dal fatto che le pause di riposo saranno poche, brevi e talvolta male gestite. Accade spesso che pattuglie di giocatori facciano a meno dei bivacchi, quando non espressamente obbligatori, al fine di ottimizzare i tempi di gara ed il raggiungimento degli obbiettivi. Infine non bisogna dimenticare che il Soft Air è (e deve rimanere) un’attività ludica e ricreativa! Lo sforzo fisico dovrà essere sempre commisurato al fatto che molti giocatori il lunedì mattina dovranno tornare alla loro vita lavorativa, a volte senza potersi permettere momenti di riposo o di ripresa fisica. Fatte queste premesse, andiamo ad analizzare quali possono essere i punti “fermi” dell’alimentazione in operatività. La prima valutazione da fare è volta a stabilire quali cibi possano essere presi in considerazione e quali, invece, dovremo quasi sempre escludere dalla nostra lista. Fra gli “off-limits” vi sono i dolciumi in genere, i cibi salati, gli insaccati, i ripieni e tutto il settore “fritti” (gli irriducibili potranno sempre approfittare, alla fine della gara, di una sosta nella prima stazione di servizio attrezzata per recuperare tutte le care, vecchie “cattive abitudini” alimentari). Da preferire TNM ••• 125


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sono i seguenti alimenti: • Miele in bustine, ricco di zuccheri semplici, facilmente digeribili; • Cioccolato fondente, ottimo, sia per l’apporto energetico, sia perché contribuisce ad abbassare la pressione arteriosa ed i livelli di glucosio e colesterolo nel sangue; • Frutta secca, ricca di glucidi (zuccheri), che quindi fornisce energia di pronto impiego. Ottima l’albicocca, molto ricca di sali minerali, potassio e magnesio; • Zuppe e risotti pronti per i momenti di sosta e/o quando e dove possiamo utilizzare fornellini TNM ••• 126

per la loro preparazione; • Parmigiano reggiano: formaggio semi-grasso ottenuto da latte parzialmente scremato, ricco di lipidi (grassi) che forniscono energia prontamente utilizzabile; • Fesa di tacchino e bresaola, alimenti magri e ricchi di proteine; • Tè e caffè solubile, ricchi di teina e caffeina, ci ridanno la carica e ci riscaldano dopo lunghe marce, magari al freddo e sotto la pioggia battente. Nel caso in cui, per esigenze tattico/operative o per comodità, decidiamo di utilizzare degli integratori, possiamo optare per delle barrette energetiche o proteiche (se ne trovano di ogni tipo e gusto anche in molti supermercati). Le prime sono molto ricche di carboidrati ed in particolare di maltodestrine (che ne aumentano la digeribilità e l’apporto calorico) ed andranno consumate durante le marce o comunque durante i periodi di fatica intensa. Le


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seconde potranno essere consumate durante i momenti di pausa, per fornire al nostro corpo un apporto proteico che verrà subito impiegato per il sostentamento dei nostri muscoli. Molto comode sono anche le bustine di gel, facili da ingerire e spesso arricchite con caffeina, per ridare un po’ di carica ed aumentare la nostra soglia di attenzione e concentrazione. Tra i “liquidi” consigliati, è perentoria la presenza della sola e semplice acqua, anche se personalmente non mi sento di sconsigliare le bevande energetiche nei giusti dosaggi. In determinati momenti, soprattutto quelli notturni, durante i quali la stanchezza raggiunge livelli importanti, riescono a fornire all’organismo un picco di energia, spesso solo virtuale, che permette però al giocatore una maggiore capacità di sopportare la fatica muscolare. Ottime, soprattutto nei periodi caldi o comunque quando c’è una sudorazione abbondante, anche le bevande di tipo isotonico, ricche di sali minerali, poiché ripristinano i liquidi persi con la sudorazione. Naturalmente queste bevande vanno integrate all’acqua, non devono mai essere l’unico liquido ingerito. Differenziare l’alimentazione in base alle stagioni è inoltre molto sensato! Quando le condizioni climatiche tendono alle basse temperature, tè caldo e zuppe vegetali calde, possono essere un felice toccasana durante una pausa di riposo. Con condizioni climatiche tendenti al caldo, invece, una bevanda fresca, anche solo della semplice acqua e limone, magari tenuta in temperatura all’interno della sacca d’idratazione, sarà altrettanto piacevole poiché oltre a farci recuperare i liquidi persi durante lo sforzo fisico, ci darà la gioia di rinfrescare la gola. Questa è la “lista tipo” degli approvvigionamenti fino ad ora consigliati: • Acqua; • Fettine di Pane Asciutto; • Bustine di miele; • Minestre-Verdure; • Cubetti di parmigiano reggiano; • Frutta Secca; • Barrette energetiche - proteiche; • Bustine di gel energetici; • Bibite isotoniche ed energetiche. Non meno importante di “cosa” portare, è “come” portarlo. Ogni giocatore dovrà trovare il suo equilibrio nella disposizione, su più livelli, dei cibi e delle bevande per l’utilizzo ottimale in base alle proprie esigenze ed alle proprie esperienze. Allenamento, esperienza e voglia di ricercare la soluzione ideale saranno le basi per imparare a sfruttare al meglio le proprie risorse alimentari. TNM ••• 127


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TACTICAL NEWS MAGAZINE Military - Law Enforcement - Security n°2 - febbraio 2011 - mensile Direttore responsabile: Giuseppe Morabito giuseppe.morabito@tacticalnewsmagazine.it Direttore editoriale: Mirko Gargiulo mirko.gargiulo@tacticalnewsmagazine.it Direttore commerciale: Giovanni Petretta giovanni.petretta@tacticalnewsmagazine.it Direttore marketing: Bruno Guarascio bruno.guarascio@tacticalnewsmagazine.it Art director: Matteo Tamburrino Impaginazione: echocommunication.eu Collaboratori: Giovanni Piero Spinelli, Fabrizio Pirrello, Fabrizio Bucciarelli, Davide Pane, Alessio Traversi, Maurizio Martucci, Maurice Gavan, Vincenzo Cotroneo, Gianluca Favro, Gianluca Sciorilli, Inzaghi Arjang, Pasquale Camuso, Iron Sam, Fabio Giangolini, Danilo Siragusa, Gianluca H., Enrico Cerreta, Antonio Merendoni, Fabio Rossi, Gilberto Pauciullo, Max Scudeler, Fabio Garrafa, Pierpaolo Verre, Galdino Gallini, Zoran Milosevic Fotografie: Fabrizio Pirrello, Mirko Gargiulo, ISAF, Department of Defense, Stato Maggiore Esercito, OMG, U.S. Navy, Laura Burges, Missouri Police Departments, Max Masala, LosTempos.com, NATO Multimedia, The National, IWI (Israel Weapons Industryw), Fabio Fiangolini, Danilo Siragusa, Armed Forces of Malta Press Office Ufficio stampa: Marcello Melca marcello.melca@tacticalnewsmagazine.it ufficio.stampa@tacticalnewsmagazine.it Redazione: redazione@tacticalnewsmagazine.it Periodico mensile edito da: CORNO EDITORE Piazza della Repubblica n. 6 20090 Segrate - Milano - P.IVA 07132540969 Stampa: Reggiani Spa via C. Rovera 40, 21026 Gavirate (VA) Distributore: Pieroni Distribuzione s.r.l. Viale Vittorio Veneto, 28 - 20124 Milano Registrazione Tribunale di Milano n.509 del 27 settembre 2010 Tutti i diritti di proprietà letteraria, artistica e fotografica sono riservati, ne è vietata dunque ogni duplicazione senza il consenso scritto della Corno Editore

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