W MARZO 2011 PERIODICO MENSILE
EURO 5,00
REPORT FROM FORWARD OPERATION BASE MALTA
SPECIAL OPERATIONS OPERAZIONE NIMROD
ARMI MILITARI BARRETT M107
GHOST IV SENTRY
FOX TRACKER
FIRE TEST
HECKLER & KOCH MARK 23
9 772038 590006
TEST ON THE FIELD COLTELLI TATTICI
10003
IL 338 LAPUA MAGNUM
ISSN 2038 - 5900
LONG-DISTANCE SHOOTING TNM -
WWW.TACTICALNEWSMAGAZINE.IT • TNM n°3
E
“POSTE ITALIANE SPA, SPEDIZIONE IN ABBONAMENTO POSTALE DL 353/2003 (CONVERTITO IN LEGGE 27/02/2004 N°46) ART. 1 COMMA 1 LO/MI”
N
MILITARY • LAW ENFORCEMENT • SECURITY
Trade Show Leaflet.indd 2
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EDITORIALE EDITORIALE EDITORIALE EDITORIALE EDITORIALE
IL NUMERO TRE, VIENE CONSIDERATO IL NUMERO DELLA PERFEZIONE E DELL’EQUILIBRIO La Cabala lo fa corrispondere alla lettera GIMEL (cammello) simbolo di un viaggio alla ricerca della saggezza. L’universo reale è formato dalla unione dello spazio e del tempo insieme alla donna e l’uomo ed è la Triade, il numero Tre, tale cifra è la creazione, ed è la chiave della vita. Il triangolo è il simbolo geometrico del numero, considerato dagli esoteristi l’uomo e l’universo simboleggiato dal sole definito sintesi spirituale, formula dei tre mondi: • nascita • zenit • tramonto Dante sul numero Tre e suoi multipli costruì il poetico edificio della Divina Commedia: Tre cantiche, ciascuna di 33 canti (totale 99, più uno d´introduzione), i versi raggruppati in terzine. Tre sono le fiere incontrate nella selva oscura, Tre le donne che dal cielo corrono in suo aiuto: la Vergine , Lucia e Beatrice. Dal punto di vista esoterico, il numero Tre è importantissimo. Il numero si trova sia nell’Antico che nel Nuovo Testamento, difatti nella Bibbia, le parti del Tempio sono Tre, così come i figli di Noè, i giorni delle tenebre in Egitto prima dell’esodo e i giorni che Giona visse nella balena. I Re Magi che giunsero alla grotta del redentore erano tre, gli apostoli accanto a Cristo nell’Orto degli Ulivi erano Tre, quelli testimoni della Trasfigurazione erano tre, ed erano Tre anche i giorni in cui Gesù rimase nel sepolcro prima della resurrezione. Tre per Tre, cioè nove, i cerchi dell´inferno, nove i cieli, nove i cori angelici. Nel Cristianesimo il numero Tre assume un duplice significato sia di “famiglia divina”, composta di Maria, Giuseppe e Gesù, sia di Trinità, nelle persone del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo; il bramanesimo venera la Trimurti indiana: Brahma il principio creativo, Visnù il principio conservativo e Shiva il principio distruttivo. Un riferimento al Tre c´è anche nella Luna, infatti viene descritta come triplice: piena, assente o parziale, metafora di vita, morte e rinascita. Tre sono le Parche, le Furie, le Grazie, i moschettieri di Dumas e le caravelle Mirko Gargiulo
di Colombo. Questo numero rappresenta anche le Tre fasi dell’evoluzione mistica: • purificazione • illuminazione • unione con Dio Tres Fàciunt collègium prescrive il Digesto: occorre un minimo di Tre persone per formare una società giuridicamente costituita. In ogni epopea o fiaba, l’eroe, nel suo viaggio iniziatico, deve superare Tre prove, magia ed esoterismo spesso prevedono ritualità e formule ripetute. Tre volte, triplice è lo scorrere del tempo dal passato al presente al futuro, triplice il fondamento del principio generativo che, dall’unione del maschile e del femminile, origina un nuovo essere. Nel Cristianesimo Tre sono le virtù Cardinali su cui si fonda la perfezione della vita umana: fede, speranza e carità. Tre sono i principi fondamentali per l´alchimia su cui si fonda l´opera di trasmutazione: zolfo, sale e argento vivo, ossia mercurio. Grazie all´alto valore esoterico, il Tre ha sempre occupato un posto d´onore sia nei culti religiosi sia nella tradizione iniziatica occidentale e orientale. Nell’antico Egitto il geroglifico del Tre era “due più uno”, mentre per gli Arabi ed Ebrei aveva il medesimo significato che rappresentava un patto tra due persone ed un terzo che simboleggiava il testimone. Giordano Bruno, disse che nella magia, vi sono Tre gradi ai quali sono associati Tre mondi: • fisico • razionale - matematico • archetipo Nell’archetipo vi è l’amicizia e la lotta, nel matematico luce e tenebre, fisico l’acqua e fuoco. Avete sicuramente intuito da questo mio editoriale quanto è importante il numero 3... per cui signori ecco a Voi Tactical News Magazine... il numero 3 ovviamente
RIALE EDITORIALE
INDICE INDICE INDICE INDICE INDICE INDICE INDICE INDICE
02
EDITORIALE
06
NEWS
018
HOT POINT
PUTIN-MEDVEDEV, TANDEM-DEMOCRACY?
022
072
024
BELLATOR ET FORTIS LA C (SD) COMPANY DELLE FORZE ARMATE DI MALTA
FORWARD OPERATION BASE MALTA
082
RES GESTAE REPORT FROM
028
FOCUS ON
VALIDAZIONE QRF
034
SPECIAL OPERATION OPERAZIONE “NIMROD
040
ARMI MILITARI
INSIDE
SCENARI OPERATIVI PSY-OPS
088
TACTICAL FITNESS STRESS FACTOR: WHO RECOVERS, WINS.
094
TEST BY TNM
BARRETT M107 M82A3 SASR
IL FANTASMA AL FIANCO DELLE SPECIAL FORCES
046
102
IL DECALOGO DEL SOLDATO
KIMBER - CUSTOM TLE/RL II LAPD SWAT
REGOLE D’INGAGGIO
048
MEZZI PESANTI
NH-90 - SUCCESSI E SVILUPPI DELL’ELICOTTERO PIÙ AVANZATO DI NH INDUSTRIES
SUPER CUSTOM
104
FIRE TEST
HECKLER & KOCH MARK 23 CAL 45
054
112
ADV SUEX - XK1 E XK2
CIVPOL CIVILIAN POLICE INTERNATIONAL
MILITARY DIVING
060
LONG-DISTANCE SHOOTING .338 LAPUA MAGNUM
070
TACTICAL GADGET
EMDOM USA AMMO SAC
PMS’C
114
COLTELLI TATTICI
FOX TRACKER UTILITY AND SNIPER KNIFE
118 ROS
ROS REAL OPERATIONAL SYSTEM
126
NINJITSU
NINJITSU - LA PERCEZIONE DEL PENSIERO
CE
AROUND THE WORLD AFRICA E MEDIORIENTE FIASCO DEL MINISTERO DEGLI ESTERI INGLESE IN LIBIA Bengasi – Venerdì 4 Marzo, una pattuglia composta da otto uomini del SAS, incaricata di scortare un elemento dell’MI6 in missione nel deserto orientale della Libia, è stata fatta prigioniera da forze ribelli. I militari e l’agente sono arrivati a bordo di un elicottero Chinook nella notte, in una zona in mano alle forze anti governative, che li ha catturati e detenuti in una base militare a Bengasi. Le ragioni della cattura sono state spiegate da Mustafa Gheriani, uno dei portavoce del Consiglio di Transizione Nazionale: ”Se avessero avuto intenzione di effettuare un’operazione segreta, avrebbero potuto semplicemente inviarci un messaggio, e li avremmo accolti al porto o all’aeroporto di Benina. Avremmo mantenuto tutto segreto e li avremmo ascoltati. La maniera con la quale sono arrivati ci ha insospettiti, ed il consiglio ha quindi deliberato di non voler discutere nulla con questo team in particolare”. Il Ministro degli Esteri William Hague, ha ammesso imbarazzo per come la missione sia fallita, a causa di un fraintendimento con le milizie ribelli. Parlamentari britannici hanno espresso scetticismo sull’uso del SAS per un’operazione volta al solo scopo di stabilire contatti con le forze antigovernative, affermando che l’agente dell’MI6 avrebbe potuto avvalersi dei Royal Marines a bordo della HMS Cumberland, ormeggiata a Bengasi e a soli 3 chilometri dal quartier generale dei ribelli. Ulteriore imbarazzo è dovuto alla scoperta che, tra gli obiettivi degli uomini del SAS, vi era anche quello di effettuare sopralluoghi per individuare un hotel adeguato ad ospitare una delegazione diplomatica inglese. Gli otto militari e l’agente sono stati rilasciati ed imbarcati a bordo della HMS Cumberland, diretta a Malta. Ma gli operatori sembrano non essere mai arrivati sull’isola. Fonti affermano che, durante il tragitto, un elicottero li abbia prelevati, trasportandoli verso la base aerea di Sigonella.
COMMERCIALI
ISRAELE CONSIDERA UN INCREMENTO NELLE SPESE PER LA DIFESA Gerusalemme – Al fine di contrastare eventuali minacce, scaturite dalla corrente situazione di instabilità in nord Africa e Medioriente, Israele sta valutando l’incremento delle spese militari. Lo rende noto il Ministro della Difesa Ehud Barak: “Il tema degli aiuti militari di qualità per Israele, ricopre per noi una grande importanza. Potrebbe risultare una decisione saggia quella di investire 20 miliardi di dollari in più per migliorare le nostre difese”. Aiuti in questo campo potrebbero arrivare dagli USA, ma solo se Israele accettasse di riaprire i negoziati con i palestinesi. Secondo il Wall Street Journal, Israele, spende ogni anno mediamente 17 miliardi di dollari per la difesa, 3 dei quali provengono dagli Stati Uniti sotto forma di aiuti. TNM ••• 06
STATI UNITI RISCHIA LA PENA DI MORTE LA “GOLA PROFONDA” DI WIKILEAKS Washington - Potrebbe essere condannato a morte Bradley Manning, il militare americano di 23 anni accusato di aver trasmesso oltre mezzo milione di file riservati al sito Wikileaks di Julian Assange. Bradley è chiamato a rispondere di ventidue nuovi capi d’imputazione, tra i quali la violazione dell’Espionage Act, e l’aver messo su internet informazioni utilizzabili dal nemico contro truppe statunitensi. Quest’ultimo capo d’accusa prevede la pena di morte. Alcuni dei documenti diffusi da Wikileaks contenevano infatti i nomi di informatori e collaboratori delle forze armate americane in Afghanistan. Manning sarebbe responsabile di aver CUBA PROCESSA CONTRACTOR divulgato queste informazioni, pur essendo consapevole STATUNITENSE di mettere a repentaglio la vita degli informatori e degli uomini delle unità che lavoravano con questi. Il militare Havana – Allan Gross, contractor sessantunenne alle è attualmente detenuto nella base di Quantico (Virginia) dipendenze del Dipartimento di Stato USA, è stato in attesa della Corte Marziale e sembra che i suoi legali abbiano intenzione di giocare la carta dell’infermità mentale. messo a processo da una corte cubana con l’accusa di spionaggio. Gross avrebbe fatto pervenire computer e telefoni cellulari per la piccola comunità ebraica di Cuba, atto che gli è costato l’arresto a fine 2009, con l’accusa di “atti contro l’indipendenza e l’integrità territoriale dello stato”. Secondo gli organi di sicurezza cubani, l’obiettivo di Gross sarebbe stato quello di “allestire una piattaforma tecnologica fuori dal controllo delle autorità cubane”, e ciò farebbe parte della strategia di Washington per allestire un “network virtuale di mercenari.” Il Segretario di Stato Hilary Clinton ha chiesto alle autorità cubane il rilascio immediato ed incondizionato di Gross.
CENTRO AMERICA
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EUROPA DUE MILITARI USA ED UN CIVILE UCCISI A FRANCOFORTE Francoforte – L’autista e due militari statunitensi che viaggiavano a bordo di un autobus, sono rimasti uccisi dopo che un uomo di origini kosovare ha aperto il fuoco contro il mezzo. I militari dell’US Airforce erano a bordo dell’autobus, e si stavano recando, insieme ai loro commilitoni, verso l’aeroporto internazionale di Francoforte. Arrivato all’altezza del terminal 2, il mezzo è stato attaccato dall’uomo che, armato di un coltello e di una pistola, ha prima ucciso i due militari, e poi ferito mortalmente l’autista, prima di essere arrestato dalle forze dell’ordine. L’attentatore risponde al nome di Arid Uka, di anni 21. Uka, nato in Germania da genitori kosovari, descritto dallo zio come un musulmano devoto, ha urlato “Allah è grande” prima di lanciare il suo attacco. L’uomo lavorava all’interno dell’aeroporto di Francoforte, poco distante dalla base area di Ramstein, quartier generale dell’US Airforce in Europa.
ARRESTATO HACKER MAROCCHINO Catania – L’estate scorsa aveva messo fuori uso per ore i siti dell’aeroporto di Catania, di Confindustria etnea e di altre aziende, ma la Polizia Postale di Catania è riuscita a mettere le manette ai polsi del pirata informatico. Si tratta di un ventiduenne marocchino residente a Lucca, ora indagato per accesso abusivo a sistema informatico e danneggiamento di dati. Dopo gli attacchi informatici di tipo defacement (ovvero volto a cambiare l’aspetto di un sito e minarne quindi la funzionalità), l’hacker si era vantato dell’ atto criminoso in un sito fondamentalista. La Procura Distrettuale catanese ha disposto alcune perquisizioni nei confronti dell’indagato e di altri soggetti, da parte della Polizia Postale in collaborazione con la Digos. Le perquisizioni hanno portato al sequestro di computer e cellulari, con relative sim card. L’indagato ha ammesso le sue responsabilità affermando, tuttavia, di avere agito con un altro hacker residente in Marocco e conosciuto su Facebook. Non sarebbero emersi collegamenti con organizzazioni di stampo terroristico. TNM ••• 08
UN AIUTO PER IL CAPORALE LUCA BARISONZI Milano – Era stato crivellato di colpi a Gennaio insieme al Caporal Maggiore Luca Sanna, in un avamposto nella valle di Murghab, nel nord dell’Afghanistan, ed ora il Caporale Luca Barisonzi ha bisogno d’aiuto. La mamma, Clelia, che da quasi due mesi ormai non si muove dal capezzale del figlio all’ospedale Niguarda di Milano, lancia un appello a chiunque possa aiutare: “Luca ha la colonna vertebrale devastata, serviranno molti soldi. L’Italia lo aiuti”. Dopo l’attentato, Luca venne portato prima ad Herat, poi a Ramstein in Germania ed infine al Niguarda. Dopo tre interventi, la prognosi rimane riservata ed esiste il serio rischio che il ragazzo, 21 anni a Maggio, non riesca più a muovere un muscolo dalla testa in giù. “Questi ultimi giorni sono stati terribili racconta mamma Clelia - lui è sempre convinto di farcela, di riuscire a rimettersi in piedi, ma ogni tanto, soprattutto quando il dolore aumenta, è preso da attimi di sconforto. Io invece rimango fiduciosa. A tempo di record ha ripreso a deglutire e respirare da solo, anche se quando dorme ha bisogno ancora di ‘ventilazione’ per evitare pericolose apnee notturne. Ha anche iniziato a muovere la testa. Insomma, piccoli ma costanti miglioramenti che ci fanno ben sperare. L’Esercito ci è molto vicino - prosegue soprattutto i ragazzi della 6° compagnia, non mi lasciano sola un istante. Adesso poi che il 17 Marzo rientrerà l’intero 8° Reggimento, si sono già prenotati tutti”. Nonostante sia già previsto un indennizzo ed una pensione, Luca ha bisogno di molti soldi. Se come si teme, dovesse rimanere tetraplegico, dovrà vivere in una casa fatta su misura ed essere assistito 24 ore su 24. Per questo il Generale Camillo De Milato, comandante Esercito Lombardia, l’assessore regionale Stefano Maullu e l’associazione degli ufficiali in congedo hanno attivato una sottoscrizione.
ASIA NUOVA VITTIMA ITALIANA DEGLI IED IN AFGHANISTAN Shindad – Sono ancora una volta gli IED (Improvised Explosive Devices) a provocare morti tra le fila dei nostri soldati. Il nuovo caduto italiano risponde al nome di Massimo Ranzani, in forza al 5° Reggimento Alpini di Vipiteno. Il Tenente Ranzani stava facendo ritorno da una missione di assistenza medica in un villaggio, quando, nei pressi di Shindad, il veicolo blindato Lince sul quale viaggiava insieme ad altri quattro commilitoni, è stato investito dallo scoppio di un potente ordigno improvvisato. Nato a Ferrara nel 1974 ed in forza al 5° Reggimento di Bolzano, il Tenente Ranzani era alla sua seconda missione in Afghanistan e si trovava sul posto dall’Ottobre 2010.
UCCISO IL MINISTRO PER LE MINORANZE PAKISTANO Islamabad – È caduto sotto i colpi di un commando terrorista musulmano, il ministro per le minoranze religiose del Pakistan, Shahbaz Bhatti. Unico cattolico nell’esecutivo pakistano, si era battuto per l’abolizione della legge sulla blasfemia, finendo nel mirino di gruppi estremisti. A Gennaio il ministro aveva condannato l’omicidio del governatore del Punjab, Salmaan Taseer, anch’egli oppositore della legge sulla blasfemia. Bhatti si era inoltre espresso contro la condanna a morte di Asia Bibi, la madre cattolica di cinque figli, da quasi due anni in carcere “per aver insultato il profeta Maometto”. Il ministro era in macchina con l’autista e la nipote, quando la sua vettura è stata affiancata da una Suzuki, dalla quale sono partiti colpi d’arma da fuoco. L’autista è comunque riuscito a portare Bhatti all’ospedale di Islamabad, dove è però arrivato senza vita. Sul luogo del delitto sono stati trovati volantini a firma “Tehrik-i-Taliban-Punjab”, branca di Al Qaeda operante nella regione del Punjab. Nel Settembre del 2010, Bhatti era stato ricevuto da Papa Benedetto XVI. Commentando l’attentato, il direttore della sala stampa vaticana, padre Federico Lombardi, ha dichiarato che “l’assassinio del ministro pakistano per le minoranze, Shabbaz Bhatti, è un nuovo fatto di violenza di terribile gravità. Esso dimostra quanto siano giusti gli interventi insistenti del Papa a proposito della violenza contro i cristiani e la libertà religiosa.”
USA E COREA DEL SUD IMPEGNATE IN MANOVRE CONGIUNTE NEL CYBER SPAZIO ED IN MARE Seoul – Il 10 Marzo le forze armate statunitensi e coreane hanno completato l’esercitazione annuale Key Resolve. L’esercitazione riguarda una serie di manovre di guerra elettronica, effettuate nell’arco di undici giorni e senza incidenti, nonostante le minacce da parte nord coreana di trasformare la Corea del Sud in un “mare di fiamme” in caso di provocazioni. L’esercitazione Foal Eagle prevede invece manovre sul terreno che si concluderanno il 10 Aprile. Il gruppo navale, guidato dalla portaerei nucleare USS Ronald Reagan, sarà impegnato in Foal Eagle, ma non è chiaro se le manovre si estenderanno anche al Mar Giallo, area che la Corea del Nord definisce “sensibile”. Per entrambe le esercitazioni, gli USA hanno messo in campo un totale di 12.300 militari, mentre sono 20.000 gli uomini utilizzati dalla Corea del Sud.
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AROUND THE WORLD
COMMERCIALI MSA SORDIN SUPREME PRO-X MSA Sordin è un nome poco conosciuto dal pubblico degli appassionati, ma molto apprezzato dagli operatori del settore professionale e militare. La Sordin fa parte del gruppo MSA, un colosso che da anni fornisce materiale di protezione in campo industriale e militare (l’elmetto MICH è prodotto da MSA Gallet). La cuffia Pro-X, è l’ultima presentata nella linea Supreme, al vertice nel settore delle protezioni attive per l’udito. Questo tipo di cuffie coniugano un buon livello di protezione dai suoni impulsivi nocivi con la possibilità di poter continuare a sentire voci e suoni senza problemi e senza la sensazione di isolamento che le normali cuffie impongono. Tutto ciò si ottiene grazie ad un circuito elettronico che elabora il segnale che proviene da una coppia di microfoni e lo restituisce all’interno delle cuffie tramite due trasduttori acustici. Molto confortevole, la Pro-X è completamente regolabile e può essere richiusa su se stessa per occupare meno spazio; la caratteristica principale di questa versione è la resistenza all’acqua, rendendola cosi indicata per operazioni anfibie (questa cuffia, nella versione dotata di microfono, è adottata dai SEAL statunitensi). La cuffia usa 2 batterie AAA (ministilo), alloggiate in una compartimento stagno chiuso da un tappo a vite, e che consentono una autonomia di oltre 600 ore; a circa 40 ore di autonomia residua. www.tacticalsense.com
TOPS - STRYKER DEFENDER TOOL Questo coltello è stato progettato per il reparto U.S. Army Stryker Brigade combat team ed è indicato per gli usi più estremi. La lama 1095 carbon steel con Trattamento Heat Treated 2XBlack Traction Coating, facilmente riaffilabile, lo striker presenta una sega sul dorso della lama; lo si può utilizzare per scavare, fare leva e smontando il manico in micarta diventa un’ottima punta per lancia. • Tipo di produzione: Semi-Industriale • Lama: 1095 carbon steel • Trattamento Lama: Heat Treated 2XBlack Traction Coating • Manicatura: Micarta • Lunghezza: lama 140mm., totale 257mm. • Spessore lama: 7mm. • Bilanciatura: 1cm. dal ramo di guardia • Peso: 446g. • Fodero: combat ballistic nylon www.coltelleriacollini.it
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Dalla linea di produzione dell’americana MAGPUL è in arrivo la seconda generazione del sistema di mire abbattibili MBUS (Magpul Back-Up Sight), ridisegnate e compatibili con tutti i rail MIL-STD-1913 Picatinny e appositamente studiate per la piattaforma AR15/M16/M4. Sono dotate di una struttura low-profile caratterizzata da una dimensione maggiormente ridotta per facilitare la compatibilità con ottiche e sistemi di mira. Struttura in tecnopolimero leggera e ad alta resistenza dotate di molla “flip up” con tasto di attivazione ambidestro o tramite pressione della parte superiore del modulo modulo tacca di mira dotato di regolazione della deriva mirino alloggiato nel modulo anteriore saldamente bloccato. • Sistema di aggancio a norme: MIL-STD-1913 Picatinny • altezza sopra al rail chiuse: 0,51 pollici (1,3 cm) • lunghezza aperte: 1,5 pollici (3,8 cm)
• peso: 1,2 once (34 gr) • lunghezza chiuse: 2,6 pollici (6,6 cm) www.magpul.com
SPECTER DR (DUAL ROLE) MODELL DFOV14-C1 Lo Specter DR è prodotto dalla Raytheon Elcan, una azienda canadese produttrice di soluzioni ottiche ed elettroniche di precisione per uso medico, Defense & Security. Lo specter DR ha la caratterista di riunire in un solo equipaggiamento tutto ciò che serve e che normalmente si ottiene da più sistemi ottici. La principale ed esclusiva caratteristica consiste nel poter utilizzare la stessa ottica sia in acquisizioni CQB sia in Long Range; infatti basta ruotare la levetta laterale posta sul lato sinistro e il gruppo ottico passa da 0 a 4 ingrandimenti. Il reticolo illuminabile su piu livelli consente l’immediata acquisizione del bersaglio da 0m a 1000 mt collimandolo entro le dimensioni dei vari cerchi in funzione delle distanze. A lato del reticolo compare una stadia che consente la stima delle distanze da 300 a 600 mt e il sistema VSOR (Vertical Subtention Optical Range Finder) permette al tiratore di determinare la distanza dal bersaglio facendo riferimento alle dimensioni note di un oggetto. La distanza tra la vertical Lines è 76 centimetri, questa distanza corrisponde approssimativamente al busto di un uomo adulto. Ovviamente l’ottica è compatibile con i sistemi di visione notturna NVG. Il Specter DR è stato progettato per soddisfare i requisiti per le missioni dell’ USSOCOM. • Ingrandimento: 1x / 4x • Lunghezza: 155mm • Peso: 670g • Durata della batteria: 2000h • Regolazione per click: 15mm/100m www.tacticalsense.com
BLACKHAWK® DYNAMIC ENTRY® Portatile, facile da stoccare e veloce da utilizzare; il Mini Deployment Kit è la soluzione ideale per tutti gli operatori che necessitano di effettuare questo tipo di operazione. Gli strumenti di entrata appositamente progettati sono leggeri, portatili e funzionali. Il kit viene fornito con Mini BoltMaster™, Micro Mini™ e Thundersledge Breacher™. www.blackhaw.com
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D
C
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®
lera
MAXPEDITION JUMBO L.E.O. (LAW ENFORCEMENT OFFICER) BK Edizione speciale del Versipack Jumbo che è stato ottimizzato per l’utilizzo sul campo. Il vano principale misura 22.86cm x 20.32cm x 7.62cm. Il Jumbo presenta una parte anteriore e una posteriore suddivise e guarnizione di drenaggio sul fondo. Il prodotto è realizzata in resistente cordura 1000 denari. www.maxpedition.com
ARC’TERYX LEAF SPHINX HALF SHELL ARC’TERYX LEAF, distribuita in italia da Tactical Equipment, è una nota azienda canadese produttrice di prodotti destinati agli usi più estremi. L’elevata qualità delle finiture e dei materiali utilizzati garantiscono un prodotto eccellente per l’operatore più esigente. Questa softshell è stata progettata per essere indossato comodamente sotto il body armor. I tessuti utilizzati sono il Tweave® e il Durastretch® che garantiscono un ottima vestibilità e traspirazione in qualsiasi condizione. www.tacticalequipment.it
FENIX TK-11 CREE XP-G R5 La Fenix TK-11 Cree XP-G R5 è la nuovissima torcia tattica pensata per ambiti militari e per utilizzi estremi. La caratteristica principale è la possibilità di utilizzare sia delle batterie al litio modello CR123A sia delle batterie al litio ricaricabili modello 18650. Dispone di un pulsante d’accensione con funzione momentary-on e due livelli di output che permettono all’utente di selezionare il miglior compromesso tra luminosità e durata delle batterie. La TK-11 Cree XP-G R5 pur avendo notevoli caratteristiche tecniche e raggiungendo un output di 258 Lumens, riesce a mantenere una dimensione estremamente compatta. Il design antiscivolo trasmette una sensazione di estrema robustezza globale e garantisce un facile maneggio e trasporto, rendendo la TK-11 Cree XP-G R5una torcia completa ed estrema. • LED: Cree XP-G R5 con ciclo vitale di 50,000 ore • Output: due output luminosi costanti, regolati digitalmente e selezionabili svitando/avvitando la testa: • Turbo: 258 Lumens costanti per 2.42 ore • Normale: 48 Lumens costanti per 12 ore • Distanza di illuminazione: 188m. • Picco di potenza: 8940 candele • Resistenza all’impatto: 1.5m. • Batterie utilizzabili (non incluse): 2x CR123A da 3V ricaricabili o usa e getta - 1X 18650 da 3.7V • Dimensioni: 135mm (Lunghezza) x 34mm (Diametro) • Peso: 152g. senza batterie • Accensione: Pulsante posteriore tattico in colore nero + uno di ricambio in colore arancio fluorescente (visibile al buio) con funzione Momentary-On (basta premere appena per accendere temporaneamente la luce o premere a fondo per lasciarla accesa) • Lente: in vetro indurito con trattamento anti riflesso • Corpo: in alluminio anodizzato Premium Type III con finitura anti abrasione • Note: Resistente all’acqua come da standard IPX-8 (3mt. per 30min.) segnale di batterie in esaurimento • Accessori inclusi: fodero in nylon, anello tattico amovibile per un grip migliore, lacciolo da polso, due o-ring di ricambio, pulsante posteriore di ricambio di colore arancio. www.coltelleriacollini.it TNM ••• 013
Ars Optical Group - ITALY - defence@arsenik.it
Ars Optical Group - ITALY - defence@arsenik.it
KLYMIT INERTIA XL SLEEPING PAD Klymit® è una giovanissima azienda americana il cui obiettivo è la realizzazione di prodotti per outdoor la cui produzione avviene sfruttando idee e soluzioni all’avanguardia del settore scientifico e tecnologico. Questo prodotto, definito sleeping pad – materassino/ brandina gonfiabile per il campeggio – è stato espressamente realizzato per il settore military partendo dal disegno del fratello minore Inertia X Frame prodotto nella colorazione gialla per l’escursionismo. Il modello XL è quindi caratterizzato dalle generose dimensioni, lunghezza 183 cm – larghezza 56 cm - che ne aumentano il comfort per il riposo dell’operatore militare e dal peso di 480 gr che ne favoriscono il trasporto raggiungendo, completamente sgonfio, le dimensioni di una borraccia. La struttura è composta da tessuto ripstop 30D nella parte superiore, poliestere 75D in quella inferiore ed è testato per resistere ad una pressione pari a 10 psi. Verrà commercializzato a partire dal mese di aprile 2011 al prezzo di $124,95 comprensivo di una mini pompa ad aria per il gonfiaggio. www.klymit.com TNM ••• 015
POLO VERTX 4000 Realizzata in polyestere piquet 100% con un trattamento anti-microbico, anti-scolorimento con un’alta resistenza ai lavaggi. La tecnologia chiamata Coldblack® esalta le caratteristiche del prodotto riducendo la penetrazione dei raggi UV e del conseguente calore fino all’80 %. Le maniche sono cucite con taglio raglan, cioè in diagonale dalla base del collo all’ascella, per garantire una maggiore mobilità. Il colletto è confezionato “no-roll” in modo da non arrotolarsi e alla base dei bottoni è presente un’asola porta occhiali o microfono. Sono disponibili taglie dalla Xsmall alla 4XL nelle colorazioni Black, Blu Navy, Tan, White e Red. VERTX è nata dallo sforzo collaborativo tra Fechheimer Brothers Company, titolare del marchio Flying Cross leader nella fornitura di uniformi per dipartimenti di polizia e Arc’teryx, azienda canadese specializzata nell’abbigliamento per l’outdoor e recentemente affermatasi con la linea LEAF nel settore Military e Law Enforcement. Obiettivo raggiunto con la produzione di una linea di abbigliamento tactical caratterizzata da ottimo confort, da un design discreto “low profile” e prezzi relativamente contenuti e soprattutto destinato all’operatore che desidera un capo che abbina le caratteristiche di un indumento combat e l’aspetto del business casual. www.wearvertx.com - www.madmaxco.com
CAMELBAK FR MAGNUM FORCE™ Ultimo nato in casa Camelbak questo guanto “flame-retardant” è stato espressamente progettato per essere indossato in situazioni di CQB, per operazioni militari su terreno urbano (MOUT) e per operare dentro ed attorno a veicoli e macchinari pesanti. La sua struttura è composta da una combinazione di 96% di Kevlar® - per la resistenza al taglio – e il 4% di fibre antistatiche - per sicurezza contro i combustibili, gli esplosivi ed elettronica. La parte a contatto delle nocche della mano è protetta da un guscio rigido in fibre di Kevlar® ed il palmo è imbottito per attenuare le vibrazioni. Un pannello a soffietto all’altezza del polso permette una più confortevole flessione del polso ed aumenta quindi la fluidità dei movimenti. La tecnologia utilizzata per la concia del pellame, rifinito esternamente con un design digitalizzato per accentuarne il grip, fornisce un’ottima resistenza alla sudorazione e all’umidità, mantenendo il prodotto sempre morbido e flessibile anche dopo essere stato immerso in acqua salata. Prodotto nella sola colorazione sage/black viene venduto al prezzo di circa $95,00 nelle taglie dalla small alla 2Xlarge. www.camelbak.com TNM ••• 016
DEFENSE SYSTEMS MILITARY WRAPS La MW - Military Wraps – è una azienda leader a livello mondiale nella produzione di films stampati destinati al camouflage di alto livello di armi, automezzi, mezzi navali ed edifici militari. Il team di sviluppo opera per offrire i migliori prodotti per l’occultamento e per l’inganno dell’occhio umano utili nell’odierna guerra globale al terrorismo. Lo scorso anno l’US Army emise delle direttive di orientamento su come dipingere i fucili per poter essere meglio dissimulati nell’ambiente. Ad oggi, sembra invece, che questa pratica non sia molto diffusa sia perché è risultato abbastanza difficile ripristinare le armi al loro colore originale, sia perché le direttive sono state emanate solo per fucili e carabine e non per la miriade di altre armi e mezzi che si trovano sul campo di battaglia. La MW produce kit fustellati che possono essere applicati anche dal singolo operatore su qualsiasi tipo di armi individuali. E’ stato inoltre osservato, nel corso di una valutazione da parte di un’unità militare in Afghanistan, che le armi ricoperte con questo prodotto non emettono una firma termica significativa. Lo stesso materiale è inoltre disponibile in fogli che possono essere tagliati e preformati in base alle più svariate esigenze. www.militarywraps.com.
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HOT POINT HOT POINT HOT POINT HOT POINT HOT POINT HOT
DI ENRICO CERRETA
PUTIN-MEDVEDEV,
TANDEM-DEMOCRACY?
“Ognuno sopravvive a se stesso”. Questa massima riassume al meglio lo scenario politico russo dalla presa del potere da parte di Vladimir Putin sino alla presidenza Medvedev. Con l’elezione di Putin (1999), l’anarchia economico-politica che aveva caratterizzato la Russia negli anni ‘90 venne meno di colpo, mentre una nuova classe dirigente prese le redini del Cremlino. Attraverso un gruppo di fedelissimi definito siloviky, termine che deriva dal russo silovye struktury, ovvero struttura di forza, Putin si fece supportare nelle attività di Governo riportando la Russia nel novero delle grandi Potenze internazionali. Tale gruppo, formato per lo più da oligarchi, rappresenta la fazione più complessa e potente nel Cremlino, poiché controlla gli enti chiave dello Stato, ad esempio Aeroflot, Rossiya Bank, Rosoboronexport e Gazprom. La linea politica, imposta da Putin per intraprendere un nuovo corso autoritario in Russia, contribuì a spazzare via le poche riforme democratico-liberali degli anni ’90. Nello specifico, i siloviky, mostrarono apertamente il volto della nuova Russia quando Vladimir Ustinov, ancora in veste di magistrato, inflisse una punizione giudiziaria da esempio alle altre fazioni del Cremlino. Infatti, attraverso la condanna carceraria dell’oligarca Khodorkovsky nell’affare Yukos, la Russia era arrivata ad un significativo punto di svolta. La conclusione dell’affare Yukos indusse gli oligarchi indipendenti ad allinearsi al Cremino, accettando passivamente le decisioni imposte dall’alto oppure scegliendo volontariamente l’esilio all’estero. È in questa fase che l’oligarca Boris Berezovskij, principale oppositore politico di Putin all’estero, insieme con il finanziere americano George Soros, optò per continuare a sostenere da Londra coloro che in Russia non si piegavano alla linea ultra-conservatrice promossa dal Cremlino. Ciò che Berezovskij denunciava particolarmente era la brutale efferatezza della seconda guerra cecena, in grado di riplasmare l’opinione pubblica russa, rimettendo in moto quel meccanismo di terrore che alimentava con il sangue la passata epoca staliniana. Un bilancio ufficiale di 4000 morti e 13.000 feriti russi durante la seconda campagna cecena passò nell’opinione pubblica del Paese, accompagnato da aggressioni ai danni dei giornalisti che simpatizzavano con i caucasici, mentre dei caduti ceceni non esistono stime. L’apice della politica autoritaria imposta da Putin emerse con gli omicidi mirati, ai danni della giornalista Anna Politkovskaya (Ottobre 2006) e dell’ex ufficiale del KGB A. Litvinenko (Londra, Novembre 2006). Queste controverse vicende causarono soprattutto un grave danno d’immagine a livello internazionale, tanto che gli investimenti diretti esteri per la Russia si ridussero notevolmente, anche perché il messaggio che traspariva dall’ideologo politico del Cremlino, Vladislav Surkov era che la democrazia uccideva l’economia. Nonostante ciò Putin intraprese una profonda ristrutturazione dell’apparato bellico, sebbene il budget della Difesa sia molto distante dal 15% di PIL investito durante il regime sovietico. Il dato che suscita maggior preoccupazione è il massiccio investimento per il rinnovo della flotta sottomarina (2006-2015), con una spesa che si aggirerebbe sui 160 miliardi di dollari. Questo spiegherebbe una proiezione russa nell’area del Pacifico anche in vista di una TNM ••• 018
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Generale Nikolai Makarov
cooperazione-competizione derivata dal forte incremento della flotta cinese in Asia. Infatti, l’aumentata importanza dell’Asia ha portato le Potenze di questo scacchiere a concentrare le sorti della sicurezza globale in quest’area, al punto da reputare sotto il profilo strategico l’Oceano Pacifico come il Mediterraneo del secolo scorso. Da sottolineare sarebbe anche la progressiva aggiunta di unità navali nel Mar Caspio, soprattutto di fronte alle coste del Dagestan, in parallelo con il crescere della tensioni nel Caucaso. Questo rafforzamento politicostrategico, Putin lo ha promosso servendosi di soggetti protagonisti della modernizzazione, in modo da indirizzare le attività industriali verso profitti sempre più larghi a supporto delle necessità economiche indispensabili al Cremlino. In particolare, la società di maggior rilievo nel comparto dell’export-militare, Rosoboronexport tristemente conosciuta negli anni ’90 con il nome di Rosvooruzheniye per aver rifornito di armi la Serbia di Slobodan Milosevic; a partire dal 2004 è direttamente controllata dal Cremlino attraverso Sergei Chemezov (amico di Putin sin dai tempi trascorsi a Dresda nel KGB). Attualmente, tale società è impegnata TNM ••• 020
nell’Expo Global Security Asia 2011 previsto a Singapore (15-17 Marzo 2011), momento decisamente importante per la sicurezza e l’innovazione tecnologica, poiché rappresenta un punto di contatto tra gli exporters russi e gli importers cinesi. Probabilmente, tali compravendite di armamenti non vengono ripagati soltanto in termini monetari ma anche attraverso la cessione di attrezzatura high-tech che in Russia spesso è più difficile da importare a causa della forte inflazione. Ciò starebbe a significare che i legami Russia-Cina si intratterrebbero in modo poco trasparente per questo delicato settore, infatti, risaltano all’occhio i numerosi riconoscimenti attribuiti dal Governo cinese al russo Evgeny Kaspersky, esperto di sicurezza informatica al vertice della Kaspersky Lab. Questa cooperazione Russia-Cina si amplierà ulteriormente durante il 2011, anche in vista dell’aumento di circa il 13% rispetto al 2010, nelle spese della Difesa annunciate dal Governo cinese. L’incremento degli investimenti russi nelle nanotecnologie e nell’innovazione high-tech per i sistemi C4I (Comando, Controllo, Comunicazione, Computer ed Informazione) ha dato i suoi frutti già
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durante il breve conflitto in Georgia (Agosto 2008), prova di forza da parte della Russia che avrebbe dato impulso sia alla ratifica del nuovo trattato START con gli Stati Uniti (Febbraio 2011), che alla ristrutturazione delle forze armate con un taglio del 20% sulle forze terrestri. Un imponente taglio messo a punto dal Membri della 12° brigata Ministro della Spetsnaz Difesa avrebbe allontanato dal servizio circa 200-250.000 militari russi. Tale decisione, fortemente criticata dal Generale Nikolai Makarov, era stata annunciata già nel corso del 2010, sollevando le proteste del principale apparato di sicurezza russo, il GRU. Infatti, da questo drastico ridimensionamento, l’intelligence militare ha perduto circa il 50% dei propri effettivi, congedando addirittura per intero la 67°, la 12° e la 3° brigata GRU-Spetsnaz. Probabilmente, è alla luce di queste circostanze, che andrebbero letti i due attentati verificatisi a Mosca negli ultimi 10 mesi. Infatti, nonostante la forte presenza del fondamentalismo islamico nelle regioni del Caucaso e le rivendicazioni giunte dal ceceno Doku Umarov (Gennaio 2011) all’indomani dell’attentato, a tal riguardo, le dichiarazioni di Putin non lascerebbero scampo agli equivoci. Il primo ministro russo ha dichiarato apertamente che gli attentati non sono riconducibili alla pista cecena, lasciando intravedere sullo sfondo una nuova lotta di potere intestina, che meglio potrà essere inquadrata con l’esito delle elezioni di dicembre 2011 alla Duma di Stato. Inoltre questa visione starebbe in piedi anche perché l’Islamic Emirate of the Caucasus (IEC), gruppo guidato da Doku Umarov, non farebbe parte della lista relativa alle organizzazioni terroristiche (FTO list) stilata dal Dipartimento di Stato USA e continuamente aggiornata. Pertanto, la costante allerta sul problema del separatismo caucasico ed in particolare della Cecenia potrebbe essere anche manipolata in Russia, al fine di ottenere il ripristino di fondi utili al sostegno di un gran numero di forze terrestri. Intanto la Russia strappa un nuovo successo in campo internazionale, aggiudicandosi il ruolo di Paese Ospitante per i Mondiali di calcio attesi nel 2018, onore che è toccato per la prima volta nella storia del Paese, di sicuro anche attraverso l’influenza che esercita in questa disciplina sportiva l’oligarca russo, Roman Abramovich. Quella di oggi è una Russia con un peso specifico internazionale in forte crescita, che ha mitigato la propria immagine autoritaria, affidando la rappresentanza politica all’estero a personaggi di stampo liberale e dal volto rassicurante sia per l’Unione Europea che per gli Stati Uniti. È in quest’ottica che conduce la carica di terzo presidente post-sovietico, Dimitry Medvedev. La complessità di questo Paese è, a tratti, difficile da decodificare, soprattutto perché quasi sempre in Russia all’opposto di una verità esiste un’altra verità.
RES GESTAE RES GESTAE RES GESTAE RES GESTAE RES GEST Data di nascita: 2 maggio 1963 Data di decesso: 2 luglio 1993 Età: 30 anni Causa: Colpo di arma da fuoco Località: Mogadiscio Somalia Grado: Sergente Maggiore Corpo: 9° Battaglione d’Assalto Col Moschin
DI GIANLUCA HERMANN
PAOLICCHI STEFANO SERGENTE MAGGIORE PARACADUTISTA MEDAGLIA D’ORO AL VALOR MILITARE ALLA MEMORIA - DATA DEL CONFERIMENTO: 24/02/1995
Incursore paracadutista, inquadrato nel contingente italiano inviato in Somalianell’ambito dell’operazione umanitaria voluta dalle Nazioni Unite, partecipava con il proprio distaccamento operativo al rastrellamento di un quartiere di Mogadiscio. Nel corso dei successivi combattimenti, proditoriamente provocati da miliziani somali, non esitava ad affrontare d’iniziativa e con lucida determinazione una postazione di mitragliatrice che sparava su una colonna di mezzi italiani. Incurante della propria incolumità si portava a distanza di asalto con grande coraggio e spiccata perizia operativa, neutralizzava una coppia di tiratori che gli sbarrava la strada, e durante l’ultimo sbalzo, veniva colpito da una raffica al petto. Nonostante la ferita, con un ultimo estremo sforzo riusciva a lanciare una granata sulla postazione della mitragliatrice costringendola al silenzio. Pur conscio della gravità delle sue condizioni, continuava ad incitare i suoi uomini, perdendo conoscenza nel vano tentativo di rialzarsi per proseguire nell’azione. Soccorso e sgombrato, decedeva all’ospedale di Mogadiscio. Fulgido esempio di elevate virtù, indomito valore, generosità e ardimento sublimate dal supremo sacrificio”. “...30 anni, Incursore dell’Esercito Italiano e una donna da amare e sposare. Una data – 28 agosto, un luogo – la piccola chiesa di Quercioli. La nuova dimora pronta, come nei desideri nel verde della campagna. Il Coraggio di un Uomo pronto a sacrificare il tutto per gli altri commilitoni, il Coraggio delle proprie azioni, Il Coraggio di Stefano...” Je Ne Vous Oublie Pas
“Lasciate che chi non ha voglia di combattere se ne vada. Dategli dei soldi perché acceleri la sua partenza, dato che non intendiamo morire in compagnia di quell’uomo. Chiunque sopravviva a questo giorno, mostrerà le sue cicatrici ai vicini, e racconterà storie gloriose di tutte le grandi imprese di questa battaglia. Insegnerà quelle storie a suo figlio e da oggi alla fine del mondo verremo ricordati. Noi pochi, noi pochi felici, noi banda di fratelli: perché chiunque ha versato il suo sangue insieme a me è mio fratello. E quegli uomini che hanno avuto paura si sentiranno inferiori quando sentiranno come abbiamo combattuto e come siamo morti insieme” Da “Enrico V” W.Shakespeare
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DI FABIO GIANGOLINI
FORWARD OPERATION BASE MALTA
Fin dai primi giorni, dall’inizio della crisi in Libia, è apparso immediatamenete chiaro come Malta avrebbe svolto un ruolo chiave nelle operazioni di evacuazione di civili dalla zona di guerra. Distante 1,237 chilometri dalle coste libiche, date le ridotte distanze dell’aeroporto e del porto, dalle strutture ospedaliere ed alberghiere, Malta si pone quale punto di smistamento ideale per migliaia di occidentali in fuga dal Paese in guerra. Dall’inizio della crisi fino al 2 Marzo, sono stati evacuati verso Malta oltre 13,000 civili, provenienti da 89 nazioni diverse (24 delle quali di area UE). Il governo maltese ha offerto pieno appoggio alle operazioni umanitarie, tanto che i catamarani di una linea locale, sono stati affittati al Dipartimento di Stato USA per l’esecuzione di una serie di operazioni di evacuazione dai porti libici. Il porto della Valletta, normalmente meta di navi da crociera, si è quindi trasformato nel punto d’approdo di diversi vascelli, civili e militari, coinvolti nelle operazioni, tanto che a molti è sembrato di rivivere i giorni nei quali la baia fungeva da approdo per le navi della flotta britannica. Anche la fregata italiana “Fenice”, impegnata nel monitoraggio del traffico navale al largo delle coste libiche, ha trovato rifugio a Malta dal maltempo che ha imperversato nel Mediterraneo per diversi giorni.
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INTRUSIONI AEREE Il fulcro delle operazioni d’evacuazione, è stato indubbiamente l’aeroporto dell’isola, salito alla ribalta delle cronache internazionali a causa della defezione di due piloti dell’aviazione libica. Alle ore 16:33 di Lunedì 21 Febbraio, una coppia di caccia Mirage libici è infatti atterrata in maniera del tutto inattesa a Malta. I due apparecchi facevano parte di uno squadrone di stanza fuori Tripoli, ai quali era stato ordinato di colpire la folla di manifestanti in rivolta a Bengasi. Giunti in prossimità del loro obiettivo, e ad appena 90 metri da terra, i due apparecchi si sono sganciati dal gruppo per dirigersi verso il Mediterraneo. Mantenendosi a bassa quota per evitare i radar libici, i due Mirage hanno raggiunto lo spazio aereo di Malta, chiedendo alla torre di controllo di poter effettuare un atterraggio d’emergenza e rifornirsi di carburante. Una volta atterrati e giunti in prossimità del terminal dell’aeroporto, gli apparecchi sono stati dirottati verso la piazzola di parcheggio 4, dove militari dell’A Company (sicurezza aeroportuale) dell’Armed Forces of Malta e funzionari dell’immigrazione, li hanno presi in consegna. Durante il loro debriefing, i due colonnelli (che hanno richiesto asilo politico) hanno fornito alle autorità maltesi dettagli classificati sui piani del regime per stroncare la rivolta. Poco prima
dell’arrivo dei due caccia, due elicotteri Puma, anch’essi provenienti dalla Libia, erano atterrati a Malta. A bordo, secondo fonti ufficiali, sette cittadini francesi impiegati da compagnie petrolifere in Libia. L’atterraggio dei Mirage sull’isola, oltre a causare la messa in stato di allerta di tutte le basi aeree su suolo italiano, ha provocato non poca preoccupazione, dato che Malta è completamente priva di difese aeree. Ma l’episodio dei Mirage, non è l’unico ad aver fatto registrare la presenza di apparecchi non autorizzati nei cieli dell’isola. Due giorni dopo la defezione, la torre di controllo dell’aeroporto nega il permesso di atterraggio ad un piccolo aereo delle linee aeree libiche. Le prime notizie parlano della presenza a bordo di Aisha, figlia del Colonnello Gheddafi, ma oggi sappiamo come l’aereo trasportasse in realtà sette elementi (tra cui piloti militari), incaricati di riportare a casa gli aerei Mirage. È probabile che l’intenzione fosse quella di attuare un colpo di mano, facendo atterrare l’apparecchio per poi puntare dritti verso la piazzola dove sono custoditi i due caccia. Il fatto che le forze armate locali abbiano successivamente effettuato una serie di esercitazioni per il blocco rapido delle piste, dimostra il timore di azioni ostili da parte delle forze libiche.
I due Hercules C-130 recanti le forze canadesi (Foto Fabio Giangolini)
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Uno dei due Mirage che hanno disertato verso Malta (Foto Fabio Giangolini)
NEO: NON-COMBATANT EVACUATION OPERATIONS Allo scopo di effettuare interventi di evacuazione di civili (noti come NEO, Non-combatant Evacuation Operations) hanno fatto il loro arrivo a Malta anche una serie di aerei da trasporto C-130 Hercules, operati dalle aeronautiche militari rumene, svedesi, britanniche e canadesi. Il dato certamente più interessante è stato l’impiego di personale delle forze speciali. Abbiamo personalmente assistito all’arrivo degli operatori dello Special Boat Service (SBS) britannico intorno alle ore 17:00 di Venerdì 25 Febbraio (le foto sono pubblicate su queste pagine). I militari sono arrivati a bordo di un C-130 Hercules della Royal Airforce (RAF). Gli operatori sono stati preceduti dall’arrivo di due elicotteri CH-47 Chinook. Con centinaia di lavoratori inglesi bloccati nel deserto libico, il Ministero della Difesa britannico ha deciso di schierare una forza di specialisti in grado di effettuare operazioni di evacuazione, anche in contesti potenzialmente rischiosi. I media internazionali hanno ampliamente speculato sulla reale natura dell’unità speciale, ipotizzando (alternativamente) il coinvolgimento dello Special Air Service o dell’SBS. Abbiamo elementi sufficientemente validi per confermare come l’operazione sia stata posta in essere dall’SBS. Il primo intervento NEO è stato effettuato dagli operatori inglesi il giorno successivo al loro arrivo. Le pessime condizioni meteo TNM ••• 026
che hanno colpito il sud del Mediterraneo, non hanno consentito l’impiego dei Chinook, rimasti parcheggiati a Malta. L’inizio dell’operazione è stato annunciato dall’accensione dei motori di due Hercules della RAF, ben udibile nella zona circostante l’aeroporto. Gli apparecchi sono entrati nello spazio aereo libico a bassa quota, per poi procedere verso un punto di raccolta nel deserto orientale. Ad attenderli a terra, circa 150 impiegati di compagnie petrolifere occidentali con le loro famiglie, precedentemente prelevati da diverse località da operatori delle forze speciali (forse SAS) già presenti nell’area e supportati da milizie locali. Se le informazioni, secondo le quali gli Hercules sono stati costretti a fare uso di piste d’atterraggio improvvisate nel deserto fossero vere, questo significherebbe che alle forze già sul campo, sarebbe spettato anche il compito di individuare una zona dove il terreno potesse supportare il peso degli apparecchi, un compito questo, che rientra in quelli di competenza delle forze speciali e dei pathfinders. È comunque necessario aggiungere che, diversi dei contractors impiegati dalle compagnie petrolifere quale sicurezza privata, fossero ex membri delle forze armate britanniche, e non è affatto da escludere che sia spettato a questi (e non alle forze speciali) il compito di preparare le piste di atterraggio. Una volta fatto ritorno a Malta, i civili sono stati visitati dal personale della Croce Rossa ed alloggiati all’interno di hotel dell’isola, in attesa del rimpatrio nei Paesi di origine. Una seconda operazione è stata lanciata Domenica 27 Febbraio, con l’obiettivo
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di evacuare civili isolati a sud-ovest di Bengasi. Questa volta sono stati tre gli apparecchi ad aver preso parte al recupero. Dopo essersi diretta verso due piste d’aviazione, successivamente risultate inutilizzabili, la forza aerea ha cercato di atterrare presso un’altra località. È a questo punto che uno degli aerei è stato costretto ad abortire l’atterraggio, dopo essere stato colpito sul fianco destro per ben due volte da armi di piccolo calibro. L’aereo ed i suoi passeggeri sono comunque riusciti a fare ritorno a Malta. Sembra che almeno una delle due operazioni, sia stata supportata da aerei spia e cannoniere volante AC-130H Spectre. L’incidente occorso alla forza d’estrazione durante la seconda operazione, evidenzia il rischio dell’esecuzione di questo tipo di interventi, senza che sia stato prima assicurato un adeguato supporto a terra. Lo sanno bene tre marines olandesi, catturati lo stesso giorno da truppe fedeli a Muhammar Gheddafi. I tre, a bordo di un elicottero Linx, erano stati incaricati di atterrare nel porto di Sirte ed estrarre due civili (uno dei quali olandese), ma una volta a terra sono stati catturati. I due civili sono successivamente stati consegnati all’ambasciata olandese in Libia, ed hanno lasciato il Paese. L’elicottero era partito dalla fregata Tromp, dopo essere stato a Malta. Sirte è una delle roccaforti delle forze lealiste, ed il fatto che il Ministro della Difesa olandese avesse comunque deciso di lanciare l’operazione in un simile scenario, suggerisce come almeno uno dei due civili ricoprisse un ruolo od una carica di interesse particolare. Oltre che per il transito delle forze speciali, il Governo inglese risulta aver utilizzato Malta anche per quello di altri reparti. Fonti informate ci hanno parlato della presenza nell’aeroporto di una trentina di Ghurka, diretti verso località imprecisate. Ma i reparti militari europei non sono stati gli unici ad aver utilizzato Malta quale base avanzata per gli interventi NEO. Anche il governo canadese ha infatti annunciato la partecipazione delle proprie forze armate alle operazioni di recupero, inviando a Malta due aerei C-130J Hercules e due C-17 Globe Master, con a bordo diverse dozzine di militari. Tra questi, anche operatori della Joint Task Force 2 (JTF2), le forze speciali dell’esercito canadese. L’arrivo di alcuni elementi della task force canadese sull’isola, Martedì primo Marzo, è documentato in alcune delle foto presenti su queste pagine. I militari sono entrati in azione Giovedì 3 Marzo, recuperando 31 civili. I voli si sono poi susseguiti per tutto il giorno, con il rumore dei motori degli Hercules a rompere la quiete delle ore notturne. Con il numero di civili presenti in Libia che va via via diminuendo, non è chiaro quale tipo di ruolo continuerà a giocare Malta, la cui neutralità non gli consentirebbe di supportare in alcun modo eventuali operazioni di combattimento. Non vi è dubbio comunque come, una richiesta da parte UE, potrebbe indurre le autorità dell’isola a prestare, seppur informalmente, il loro appoggio ad un’eventuale intervento militare in Libia. Nel frattempo l’agenzia Frontex sta considerando di insediare sull’isola una propria missione, al fine di coordinare la gestione di un eventuale flusso migratorio di massa, proveniente dalle coste del nord Africa.
Lo Special Boat Service arriva a Malta nel pomeriggio del 25 Febbraio (Foto Fabio Giangolini)
L’arrivo dei reparti canadesi il primo Marzo. (Foto Fabio Giangolini)
Elicotteri Chinook della RAF atterrano al Malta International Airport. (Foto Ray Abela, Aviation Photographer Malta)
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DI GABRIELE DACASTO E GIANLUCA HERMANN FOTO AVIO PRESS
VALIDAZIONE
QRF
(QUICK REACTION FORCE) Mercoledì 2 marzo 2011 partecipiamo, su invito ricevuto dallo SME, all’esercitazione “Validazione QRF (Quick Reaction Force)”. Arriviamo alla base, Centro Addestramento AVES 1° Reggimento - Aeroporto Militare di Viterbo - verso le ore 9,00 e veniamo immediatamente presi in carico dal professionale e validissimo Media Combat Team che ci guiderà attraverso questa giornata. Dopo il caffè di rito per spezzare il ghiaccio e familiarizzare, veniamo subito introdotti nell’attrezzatissima sala dove abbiamo un lungo briefing su ciò cui assisteremo. Trattandosi di argomenti appassionanti, il briefing si trasforma in un franco dibattito sulla situazione in teatro e sulle teorie operative e chi scrive ammette con piacere di non ricordare tanta professionalità e tanta apertura nell’apparato militare. La “Validazione”, la seconda del genere per la Forza Armata, ha lo scopo di certificare la preparazione delle forze in campo che si troveranno, a breve, ad operare in teatro e nello specifico quello afghano con tutte le sue incognite. Da due turni si trova in Afghanistan l’Aviation Battalion dell’AVES, una componente che opera in maniera autonoma, con un unico comandante per tutte le operazioni. La validazione è dunque l’esercitazione conclusiva di un iter che le componenti hanno effettuato singolarmente: l’idea base è quella di un addestramento in linea per creare un gruppo pronto ad operare in teatro, gruppo che non esiste nei quadri e non opera normalmente insieme. Si tratta di avvicinarsi il più possibile al concreto, in un contesto sicuro, per costituire un bagaglio d’esperienza nei comandi e TNM ••• 029
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Membri del 183° Regimento Folgore in addestramento al poligono militare di Monte Romano
negli uomini. Si ricreano le condizioni con il massimo realismo possibile, attraverso artifizi, accorgimenti e ripetizione di situazioni reali provenienti dal teatro per diluire, con la simulazione, l’impatto dell’ambiente in cui il personale si troverà ad operare: condividere l’esperienza del teatro in una piramide ascendente, discendente e su piani paralleli, in modo che vi sia il massimo risultato, dal singolo operatore sino al vertice della struttura. Si ricerca l’osmosi del personale; si cerca di standardizzare le procedure utilizzate dalle diverse componenti o almeno di smussarne “gli angoli” attraverso l’amalgama, la convivenza del personale e soprattutto i rapporti umani.Ovviamente la differenza tra teoria e pratica è notevole, quindi il procedimento per avvicinare le due è complesso ed economicamente oneroso. Il plauso va all’Esercito, che ha veramente speso tutte le proprie energie, le migliori componenti ed ha sostenuto un impegno economico imponente per quest’esercitazione, il cui risultato finale sarà non solo il miglioramento dell’operatività, ma soprattutto la tutela del personale che si troverà in teatro. Al termine del nostro dettagliatissimo briefing veniamo condotti al centro comando, che riproduce fedelmente quello presente in Afghanistan; anche il posizionamento delle tende è il medesimo. L’interazione tra le componenti TNM ••• 030
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è davvero reale ed efficiente, trasmette un senso di elevata professionalità del personale (per motivi di sicurezza nessuna foto). Passiamo al simulatore di volo dell’elicottero A129 dove i nostri piloti, già reduci dal teatro, condividono le esperienze con quelli pronti a partire. La componente software del simulatore riproduce le aree in cui essi si troveranno a volare con un realismo aggiunto che sarà bagaglio indispensabile in area di operazioni. Ci avviamo all’esame della componente aerea schierata: i sempre magnifici A 129 (insuperato frutto dell’industria nazionale), gli AB 412, gli AB212, i CH47C ed i nuovi NH90. Una nota a parte è meritata dagli AB205, entrati in linea volo con la modernissima e costosissima componente sanitaria costruita appositamente per il nostro vettore, su progetto originale. Attualmente gli equipaggi del REOS si stanno addestrando all’impiego dell’elicottero in ambiente ostile, per il supporto alle forze speciali in operazioni diurne e notturne di ricognizione, scorta, infiltrazione ed esfiltrazione via terra e mare di nuclei d’incursori delle forze armate. I nostri ragazzi possono contare su ciò che di meglio esiste, nel caso in cui le cose volgano al peggio. Eccoci infine all’incontro della giornata: l’NH 90 – Siamo i primi civili a metter piede su questo gioiello e non nascondo una certa emozione. Gli specialisti ci hanno accolto a bordo spiegandoci le procedure. Decollo in formazione con gli altri velivoli ad ala rotante, volo tattico da Viterbo al poligono militare di Monte Romano, che tutti ben conosciamo, dove si svolgerà la parte meramente terrestre dell’operazione… Atterrati al poligono di Monte Romano sotto una pioggia fitta e battente, con raffiche di vento gelide, ci accorgiamo che Monte Romano non è mai cambiato: fango e freddo la fanno da padrone da sempre assieme agli escrementi degli animali. Osserviamo con attenzione l’evolversi della procedura QRF (Quick Reaction Force) che le Truppe destinate all’Afghanistan compiono come addestramento primario. Da un CH47C sbarca una piccola unità del 183° Reggimento Paracadutisti Folgore su terreno bagnato, con determinazione la pattuglia comincia a muovere verso l’obiettivo prefissato, su di un lato collinoso la prima unità. La seconda unità, sganciata da un secondo CH47C, comincia a muovere alla destra del pendio. Sagome mobili, non conosciute dagli operatori, fanno da Target e ricerca. A copertura totale dell’area un A129 sovrasta il campo dell’esercitazione. Avviso di insorgenti da parte della prima unità terrestre. Presa posizione di tiro, il comandante dell’unità, comanda l’apertura di fuoco verso le postazioni degli insorgenti. Traccianti fendono l’aria, pioggia e vento laterale potrebbero sbilanciare i tiri, ma i Paracadutisti con precisione e professionalità
Fasi dello sbarco dal CH47C
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Fase dell’addestramento presso il poligono militare di Monte Romano
centrano le sagome con un volume di fuoco sostenuto. Simulazione di sgombro feriti dall’area sotto fuoco nemico: un AB205 appositamente attrezzato con personale e macchinari adatti all’impiego in teatro operativo, giunge in tempi brevi dalla richiesta dell’unità a terra per il recupero dei feriti. Le unità cessano il fuoco e congiungono in serrato avanzamento verso la sorgente del fuoco nemico. Controllo e bonifica del terreno, richiamo dei CH47C e sgombro unità terrestri sotto la supervisione dell’A129. I meccanismi e gli automatismi delle truppe Paracadutiste rimangono una delle garanzie e delle eccellenze della Forza Armata, le sinergie con gli aeromobili a pala rotante fanno sì che l’Unità in questione sia di alto livello Operativo, con standard similari se non superiori alle altre unità omologhe ISAF.
NH 90 in volo
Nota: Il personale di questa Task Force viene addestrato con continui aggiornamenti e step di valutazione, meccanismi ripetitivi che un operatore, per la sua incolumità e quella degli altri, deve imprimersi nella mente come monito. Il mordente messo nell’esercitazione, la tenacia e la professionalità degli uomini, fanno sì che i presupposti per una positivo adattamento all’Afghanistan siano sempre metro di valutazione da parte dello SME e della missione ISAF.
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30 APRILE 1980: GIORNO UNO “Certe volte mi sveglio la notte pensando preoccupata a cosa farei se avessi una cinquantina di persone prigioniere in una delle nostre ambasciate”, con queste profetiche parole, la mattina del 30 Aprile 1980, il Primo Ministro inglese Margareth Tatcher rispondeva alle domande rivoltele dallo speaker di BBC Radio 2, in relazione alla crisi degli ostaggi americani a Teheran. La “lady di ferro” non avrebbe mai immaginato che, a pochi chilometri di distanza, nell’elegante quartiere londinese di Kensington, un gruppo di giovani iraniani stava per innescare una catena di eventi, che avrebbero visto svilupparsi una situazione simile su suolo britannico. Ore 11:25, mentre il Primo Ministro rilascia la sua intervista, al numero 16 di Princes Gate sei uomini fanno irruzione nell’ambasciata iraniana. Dopo aver immobilizzato Trevor Lock, il poliziotto di guardia all’edificio, il commando armato rinchiude tutti i presenti in una stanza al piano superiore dell’ambasciata. È l’inizio di una crisi che avrebbe tenuto il mondo con il fiato sospeso, fino alla sua inevitabile conclusione. Un quarto d’ora dopo l’inizio del sequestro, la polizia è già sul luogo del crimine. Prima di essere rinchiuso con gli altri ostaggi, Lock è infatti riuscito ad attivare un allarme silenzioso, ed adesso anche i suoi colleghi del Diplomatic Protection Group danno man forte ai poliziotti. Alle ore 12:15, la zona intorno al numero 16 di Princes Gate è totalmente isolata. Sulla scena accorrono il vice capo della polizia John Dellow, ed il Comandante Peter Duffy, a capo dell’unità antiterrorismo della polizia metropolitana. I terroristi affermano di far parte di un movimento marxista-leninista richiedente l’autonomia dell’Arabistan, una regione nel sud-ovest dell’Iran, a maggioranza araba. Oan, il capo del commando, chiede inoltre la liberazione di 92 arabi detenuti nelle carceri iraniane ed un salvacondotto per fuggire dall’Inghilterra. Gli uomini, armati di pistole mitragliatrici cecoslovacche Skorpion, pistole semi-automatiche Browning di manifattura belga e bombe a mano di fabbricazione sovietica, fanno sapere che, qualora le loro richieste non venissero accolte, faranno saltare in aria l’ambasciata. Mentre le forze dell’ordine sono intente ad allestire la cellula di negoziazione, a diversi chilometri di distanza, nella sede dello Special Air Service (SAS) ad Hereford, la macchina militare si mette in moto. Venticinque operatori del Red Team del Pagoda Team (anche noto come Counter Revolutionary Warfare Wing) facenti parte del B Squadron, partono alla volta di Londra, per pianificare una possibile operazione di salvataggio ostaggi. Gli operatori arrivano nella city solo dopo il calare del sole. Dopo aver indossato abiti civili, alcuni di loro entrano nell’edificio adiacente l’ambasciata, mentre altri allestiscono delle postazioni d’osservazione nell’area circostante. Lavorando con molta calma ed in silenzio, i militari introducono attraverso il muro delle telecamere a fibre ottiche, in grado di trasmettere tutto quanto accade all’interno dell’ambasciata. Ebbe così inizio un prezioso lavoro d’intelligence che avrebbe dato un’identità ai sequestratori.
L’ambasciata
in fiamme do
po l’assalto.
ora impiegato per pianificare un possibile assalto. I terroristi sono dislocati su tre piani (l’ambasciata ne ha cinque), mentre gli ostaggi si trovano in due stanze su di uno stesso piano. Foto degli ostaggi e dei sequestratori vengono fatte circolare tra gli uomini del Pagoda Team. Qualche ora più tardi, coperti dall’oscurità, tre furgoni si fermano dinnanzi al civico 16. Ne scendono alcuni operatori del Red Team che, in abiti civili e muniti di sacche contenenti il proprio equipaggiamento, entrano nell’edificio. Qualora i terroristi avessero dato inizio alle esecuzioni degli ostaggi, i militari sarebbero scesi in strada, facendo irruzione direttamente dall’ingresso principale dell’ambasciata.
GIORNO TRE
Sono le 6:00 del mattino di Sabato 2 Maggio, quando Oan contatta la cellula di negoziazione della polizia, lamentandosi del fatto che i media non avessero dato risonanza alla presa di ostaggi. I negoziatori acconsentono alla trasmissione di un GIORNO DUE comunicato del commando sulla BBC. A causa di un errore di lettura, le richieste vengono però mal interpretate, ed Oan Il secondo giorno d’assedio si apre con l’evacuazione di uno annuncia che gli ostaggi britannici sarebbero stati gli ultimi ad degli ostaggi, un cameraman della BBC, colto da malore. Insieme alle informazioni ottenute da un’impiegata rilasciata la essere liberati. Il comunicato viene letto correttamente alle ore sera precedente, quelle fornite dall’operatore video consentono 21:00, portando al rilascio di due ostaggi quale atto di buona volontà. Gli uomini del Red Team (ai quali si era unito anche il ai pianificatori di costruire un quadro più dettagliato della situazione all’interno dell’edificio, il cui modellino in scala viene Blue Team), avevano intanto raggiunto il tetto dell’ambasciata, TNM ••• 035
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per assicurarvi delle corde da discesa.
GIORNO QUATTRO Il Primo Ministro Margareth Tatcher, i membri più alti del Ministry of Defence ed i vertici dell’MI5, MI6 e del SAS, si riuniscono in una seduta straordinaria del COBRA (Cabinet Office Briefing Room). Ad essa presiedono anche alcuni ambasciatori di Paesi arabi. Viene deciso di non interrompere le negoziazioni con i terroristi, ma di proseguire comunque nella pianificazione di un eventuale blitz per la liberazione degli ostaggi da parte del SAS.
GIORNO CINQUE Grazie al crescente numero di informazioni che continuano ad affluire nella postazione di comando, il SAS è adesso in grado di allestire un piano d’assalto organico. Sarebbero stati utilizzati tre team composti da quattro uomini ciascuno. Due squadre si sarebbero calate dal tetto sul retro dell’ambasciata. Una di queste si sarebbe fermata sul balcone del secondo piano, mentre la seconda sarebbe invece arrivata fino a terra. Al segnale d’inizio attacco, entrambi i team avrebbero fatto irruzione attraverso i vetri blindati delle finestre, utilizzando esplosivo e mazze d’acciaio. La terza squadra, saltando dalla balconata dell’edificio attiguo, avrebbe distrutto con gli esplosivi le porte-finstere del balcone al primo piano, sul lato frontale dell’ambasciata. “Il piano- racconta uno dei militari coinvolti nel raid - proprio come la maggior parte dei piani ben concepiti, era molto semplice: il Red Team si sarebbe occupato della parte superiore dell’edificio, lasciando al Blue Team quella inferiore. Avremmo anche avuto il supporto di una moltitudine di tiratori scelti, il che mi dava un senso di sicurezza.”
GIORNO SEI Il 5 Maggio la pressione psicologica sui membri del commando terrorista inizia a farsi evidente. Alle 13:45 vengono uditi degli spari all’interno dell’edificio. Alle 18:50 vengono esplosi ulteriori colpi di arma da fuoco. Dieci minuti dopo, il corpo di un uomo viene gettato fuori dalla porta d’ingresso: si tratta di Abbas Lavasani, capo dell’ufficio stampa dell’ambasciata. Oan annuncia a questo punto l’uccisione di un ostaggio ogni trenta minuti, qualora le autorità non avessero garantito un salvacondotto per lui ed i suoi uomini. Informata immediatamente sugli eventi, il Primo Ministro Margareth TNM ••• 036
La carica a co
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plicata ad un
a delle porte
– finestra.
Tatcher ordina al SAS di intervenire. Alle 19:07, con una nota scritta a mano dal vice capo della polizia John Dellow, il Tenente Colonnello Michael Rose, comandante del SAS, assume il controllo delle operazioni, ordinando ai suoi uomini di entrare immediatamente in azione. Le squadre One e Two del Red Team, assegnate al retro dell’obiettivo e divise in quattro coppie, prendono posizione sul tetto dell’ambasciata. Il Team Three, composto da due coppie e posizionatosi su di un balcone del civico 15, inizia la propria discesa per raggiungere la balconata frontale dell’obiettivo ed applicare le cariche esplosive alle porte-finestre. Il Blue Team avrebbe invece bonificato i sotterranei, il pian terreno ed i primi piani. Ad offrire copertura, sarebbero stati i tiratori scelti della polizia, appostati sugli edifici circostanti, ed operatori del SAS posizionatisi in strada. Alle 19:23 il Red Team inizia la discesa, ma nel corso dell’azione, uno degli assaltatori (il fijiano Tak Takavesi, che avrebbe successivamente servito come contractor in Iraq nel 2003) rimane impigliato nella propria fune, a pochi metri dalla balconata sulla quale avrebbe avuto inizio l’attacco. L’incidente costringe i suoi colleghi a non utilizzare gli esplosivi per timore di ferirlo. Alle 19:26, il Team Three attiva le cariche a cornice (di misura 1.2x0.6m) sulle finestre della facciata dell’edificio, non prima di urlare all’ostaggio Sim Harris, improvvisamente comparso ad una delle finestre, di rientrare ed allontanarsi dal balcone. L’esplosione è il segnale d’inizio attacco. L’onda d’urto sradica le finestre dagli infissi. In un turbinio di vetri e fumo, i team fanno irruzione, preceduti dai candelotti di gas lacrimogeno e dalle flashbang che esplodono in gran quantità. L’erogazione di energia elettrica viene interrotta, mentre una quarta squadra di assaltatori, con l’ausilio di una potente carica esplosiva, irrompe al primo piano attraverso il muro della confinante ambasciata etiope. I primi secondi successivi all’assalto, vengono rivissuti da uno degli operatori del Red Team: “Eravamo sul tetto ad attendere il segnale d’inizio. Avevamo fatto tutti gli ultimi controlli - maschere antigas, armi, tute d’assalto e granate stordenti - eravamo pronti ad entrare. Il rush di adrenalina era incredibile. Ci venne dato il segnale ed iniziammo la discesa dal tetto. Facevo scorrere la fune attraverso il mio discensore, mentre ci calavamo velocemente e silenziosamente lungo il retro. All’improvviso, il disastro. Il capo rimase impigliato nella sua fune. Alcuni
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dei ragazzi cercarono di aiutarlo, ma uno di loro ruppe una finestra con un piede. Si scatenò l’inferno. Alla radio venne dato l’ordine di azione immediata. I tiratori appostati fuori iniziarono a lanciare candelotti di gas CS attraverso i vetri. Nel mentre continuavamo a non poter liberare il capo. Sotto di me potevo vedere i ragazzi del Blue Team armati di mazze, rompere i vetri al pianterreno ed entrare. Il suono degli spari riempiva l’aria, mentre scomparivamo all’interno dell’edificio. Lanciammo delle granate stordenti attraverso le finestre ed entrammo un decimo di secondo dopo la loro detonazione. Ci fu un rumore assordante ed un lampo accecante mentre le flashbang esplodevano. Ideate per disorientare chiunque si fosse trovato nella stanza, erano una vera benedizione. Ma la stanza era vuota. Mi guardai intorno. Le flash avevano appiccato il fuoco alle tende, ma non c’era tempo per fermarci e spegnere l’incendio, dovevamo continuare a muoverci.” Gli uomini del Read Team credevano di trovare gli ostaggi proprio in quel primo locale. Trovandolo vuoto, procedettero verso la stanza dove si trovava il poliziotto Trevor Lock. Nel frattempo, l’assaltatore rimasto imprigionato dalla fune all’esterno, ancora lambito dalle fiamme sprigionatesi dal contatto tra le flashbang ed il tendame delle finestre (riporterà ustioni sul 60% del corpo), viene liberato grazie all’arrivo di una seconda ondata di assaltatori. Oan, il capo del commando, si trovava, al momento del blitz, al telefono con uno dei negoziatori. Avendo udito il rumore della finestra rotta durante la discesa, il terrorista salì al primo piano, scorgendo uno degli assaltatori, intento ad entrare da una finestra. Il coraggio di Lock, ancora ostaggio dei sequestratori, si rivela a questo punto fondamentale per la riuscita dell’operazione. Avendo scorto Oan prepararsi ad aprire il fuoco contro il militare, il poliziotto si scaglia contro il terrorista. “Udimmo delle urla all’interno di un altro ufficio - prosegue il militare - Ci dirigemmo verso l’origine del rumore e facemmo irruzione, solo per vedere Trevor Lock lanciarsi addosso ad uno dei terroristi. Uno dei ragazzi, scattò in avanti per scaraventare Lock fuori dalla linea di tiro e poi scaricò il proprio MP5 contro il terrorista.” Nel frattempo sulle balconate, uno degli operatori lancia una flashbang attraverso una finestra, mettendo in fuga un terrorista verso la stanza delle telescriventi. L’uomo è incalzato dal militare, che, constatato l’inceppamento della propria MP5, estrae una pistola Browning Hi-Power. I tre terroristi nella stanza delle telescriventi iniziano a questo punto a sparare sugli ostaggi, uccidendone uno e ferendone altri due. “Udimmo le urla degli ostaggi provenire dalla stanza delle telescriventi. ‘Merda, stanno uccidendo gli ostaggi’, sentì urlare dal mio compagno”, ricorda uno dei militari. “Facemmo irruzione nella stanza: caos totale. C’ era un terrorista sulla sinistra con una granata stretta in pugno. Uno dei ragazzi gli sparò un colpo alla testa con la Browning, che lo uccise immediatamente facendogli schizzare via il cervello. Ordinammo a tutti di stendersi a terra. Capimmo che i terroristi si erano mescolati agli ostaggi, che stavano letteralmente uscendo fuori di testa. Le donne urlavano mentre le tiravamo fuori dalla stanza. Uno dei terroristi venne identificato e fatto sdraiare a terra lontano dagli ostaggi. Quando fece un movimento sospetto venne abbattuto, non potevamo rischiare. Rigirammo il suo corpo, scoprimmo che teneva stretta in mano una granata. Un altro terrorista fu eliminato mentre cercava di fuggire per le scale con gli ostaggi.” Contemporaneamente, gli ostaggi liberati vengono evacuati dall’entrata principale verso il retro
dell’edificio. “Dovevamo continuare a muoverci. Iniziammo a bonificare le stanze rimanenti. Fai saltare la serratura, lancia una flash, poi dentro a ripulirla. Così andavamo avanti.” Uditi gli spari, il terrorista di guardia alle quattro donne ancora prigioniere, Fowzi Nejad, si arrese. Perquisito, alla ricerca di eventuali armi od esplosivi, venne in seguito trascinato in manette fuori dall’edificio. “A questo punto era diventato difficile vedere, dato che l’ambasciata era piena di fumo ed il gas CS aveva invaso ogni angolo. Cambiai il mio caricatore con uno pieno. Poco dopo ricevemmo una comunicazione alla radio: l’edificio era stato ripulito, gli ostaggi erano al sicuro. Era ora di andarsene. Ero zuppo di sudore ed avevo la bocca secca, ma mi sentivo estasiato, perché l’operazione era chiaramente stata un trionfo.” Poco dopo le ore 20:00, l’operazione “NIMROD” poteva considerarsi conclusa con successo. Cinque dei sei terroristi erano stati eliminati: Oan al primo piano, due nella stanza delle telescriventi, uno nel corridoio vicino alla porta principale ed uno in un ufficio sul retro dell’ambasciata. Diciannove ostaggi tranne uno furono tratti in salvo. È oramai opinione comune fra gli analisti come, oltre alla liberazione degli ostaggi, l’operazione “NIMROD” avesse anche dei precisi scopi propagandistici. Con la crisi degli ostaggi statunitensi ancora prigionieri nell’ambasciata USA a Teheran, Margareth Tatcher era intenzionata a lanciare al mondo intero un messaggio inequivocabile: la Gran Bretagna non è disposta a tollerare simili azioni sul proprio territorio. Anche il fattore psicologico non venne trascurato: gli assaltatori avevano fatto irruzione completamente vestiti di nero, con indosso le proprie maschere antigas Avon S-10 ed armati fino ai denti con pistole mitragliatrici Heckler & Koch MP5, mitragliette Ingram e pistole Browning Hi-Power. L’idea, nelle parole di uno dei militari coinvolti nel raid, era quella di terrorizzare i terroristi, presentandosi quali una “oscura ed inumana minaccia senza volto”. L’unico terrorista sopravvissuto al raid, Fowzi Nejad, venne condannato all’ergastolo per il suo ruolo nell’assedio e rilasciato nel 2008. Oggi gode dello status di rifugiato politico e vive sotto protezione in una località segreta dell’Inghilterra. Il fonico della BBC Sim Harr is corre verso dell’esplosio uno degli assa ne delle caric he sulla faccia ltatori, poco pr ta dell’ambasc ima iata.
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DI LORENZO PRODAN
BARRETT M107 M82A3 SASR
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All’inizio degli anni 80 Ronnie Barrett, costruttore statunitense di armi leggere ipotizzò l’uso della potente munizione 12,7 x 99 BMG – Browning Machine Gun in un sistema che fosse trasportabile da un singolo operatore. In realtà l’impiego di armi per la fanteria in calibri così grossi è un concetto già fù sviluppato durante la 1° Guerra Mondiale ad opera dell’esercito Tedesco. Si hanno infatti i primi esemplari di Panzergewehr, o fucile controcarro, progettato per perforare le corazze dei Tank inglesi senza ricorrere ad artiglierie difficili da muovere sul campo di battaglia. Nel successivo conlitto mondiale gli inglesi misero in campo il fucile controcarro Boys in cal. 55 ( 13,5 mm), primo esempio di armi di questo genere a ciclo semiautomatico, a differenza dei modelli 1938 e 1939 dei Panzergewehr tedeschi che presentano meccaniche bolt action sovradimensionate di tipo Mauser. I Sovietici fecero largo uso dei fucili controcarro PTRD e PTRS in calibro 12,7 x 107 durante l’invasione tedesca: questi fucili si dimostrarono efficaci soprattutto contro le postazioni rinforzate della fanteria avversaria piuttosto che contro i carri armati. Nell’immediato dopoguerra gli americani iniziarono a sperimentare vari modelli di fucili controcarro recuperati durante il conflitto e li rimisero in funzione con canne in calibro 12,7 x 99 BMG e meccaniche ricamerate per questo tipo di munizione; le prove vennero eseguite nel poligono sperimentale di Aberdeen a cura dell’esperto Colonnello Frank Convay, tiratore e perito balistico. Vennero montate delle ottiche a 8 ingrandimenti ed alcuni esemplari di questi fucili sperimentali videro un limitatissimo impiego nel conflitto coreano degli anni 50. Dopo questi primi tentativi, il progetto venne accantonato e tale rimase per tutta la durata del conflitto in Vietnam, al punto che i Marines, pionieri del tiro a lunga distanza negli USA, furono costretti a selezionare delle mitragliatrici Browning M2 per qualità della canna e poi dotate di ottica Unertl da 10 ingrandimenti fissi per ricoprire l’esigenza del tiro a lunga distanza. Fu con una di queste mitragliatrici adattate all’impiego come armi di “precisione” che il mitico Carlos N. Hatchcock conseguì il record di 2200 metri circa abbattendo un Vietcong. Giunsero quindi gli anni 80 e con essi l’idea di Ronnie Barrett, che di per sè non aveva nulla di nuovo,come abbiamo spiegato precedentemente la storia militare aveva già visto sui campi di battaglia i fucili controcarro ma la tecnologia moderna unita alle esigenze del soldato nei campi di battaglia attuali ne perfezionarono il concetto: fu così che nacque l’XM-82. La sagomamolto spartana e poco ergonomica faceva subito intendere
Operatore del 9° Reggimento d’Assalto Paracadutisti “Col Moschin” in azione con un M 107 nella provincia di Farah (Afghanistan). Notare i bossoli espulsi alla destra del tiratore e l’uso del telo davanti alla volata dell’arma per evitare l’eccessivo sollevamento di polvere che può dare fastidio durante il tiro e soprattutto far individuare la posizione dello sniper al nemico. Il “9°” era già in possesso di esemplari dell’ M 82 dai primi anni 90 e li impiegò in Somalia e nei Balcani. L’M 107 impiegato dall’autore per testare le Lapua Bullex-N da 750 grs
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l’impiego dell’arma: tiro mirato di supporto grazie al ciclo di fuoco semiautomatico ed al caricatore prismatico da 10 colpi, un vero primato per quei tempi. In seguito sia i Marines che l’Esercito USA ne acquisirono diversi esemplari che videro un immediato impiego nei teatri sudamericani durante l’invasione di Panama e Grenada e anche in Medio Oriente durante la missione in Libano. La Marina preferì invece concentrarsi sulle armi boltaction della McMillan e degli arsenali Crane. I tiratori apprezzavano soprattutto la tremenda capacità dell’ M-82 di colpire elementi ostili barricati all’interno di abitazioni o postazioni rinforzate, rendendolo ideale per il controcecchinaggio ed il combattimento nei centri abitati. Altra caratteristica ottima per gli utilizzatori era l’efficacia del freno di bocca nel ridurre il rinculo e la canna, che arretrando grazie alle molle presenti all’interno del corpo del fucile, rendeva la riacquisizione del bersaglio
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più agevole nel caso di più colpi consecutivi. Venne inoltre proposto ed in seguito impiegato dai nuclei EOD dell’Esercito nell’impiego antimina e a questoprtoposito la Swarovski realizzò l’ottica dotata del reticolo ad “albero di natale” destinato a visualizzare in profondità il corridoio da aprire per il passaggio attraverso il campo minato. Gli anni 90 videro l’affermazione definitiva del Barrett durante la missione Desert Storm in Iraq; infatti venne impiegato nel suo ruolo più tradizionale, quello per cui i suoi predecessori erano stati progettati: il tiro antimateriale mirato su bersagli di alto valore. Sono di quegli anni gli studi di Dean Micaelis per il tiro a lunga distanza con il Barrett, ben descritti e trattati nel suo libro “.50 calibre sniper course” dove letteralmente “spreme” fino all’osso tutte le potenzialità del Barrett per colpire le postazioni SCUD irakene e delineando anche i principi di impiego degli sniper teams delle Forze Speciali nell’Hard
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Target Interdiction, o interdizione di bersagli corazzati. Inoltre non si contano le imprese dei team dei Marines che con pochi colpi ben mirati riuscirono a mettere in scacco colonne di mezzi corazzati facendone esplodere i serbatoi di carburante o danneggiandone gli organi di manovra. La munizione per eccellenza durante queste missioni era la Mk.211 della norvegese RAUFOSS, che con i suoi 3 grammi di RDX e il penetratore temprato al tungsteno era stata progettata appositamente per penetrare le corazze dei mezzi della fanteria avversaria ed esplodere successivamente all’interno dei serbatoi o nelle zone critiche. Dopo la guerra del golfo iniziarono a proliferare numerosi esemplari di fucili camerati per munizioni in 12,7 NATO - 12,7 x 107 russo o 14,5 x 120 russo, sia bolt action che semiautomatici, i quali trovarono ulteriore e vitale impiego nel controcecchinaggio durante i conflitti in Bosnia e
Kosovo. All’inizio del 2000 i Marines, dopo aver valutato diversi esemplari di fucili calibro .50 bolt action, optarono ( stranamente) per il semiautomatico M82 A3, essenzialmente una versione aggiornata ed alleggerita del predecessore M82 A1. La riduzione del peso e` dovuta all’adozione di leghe metalliche moderne mentre per poter integrare l’arma con tutti i sistemi optometrici disponibili lungo tutta la cassa è stata saldata una slitta tipo M1913 Picatinny in modo che ottica diurna e visore notturno possano essere montati in maniera coassiale. Il sistema viene anche definito Special Applications Scoped Rifle (SASR) ovvero fucile con ottica per impieghi speciali, dove per speciale si intende la capacità di tiro antimateriale. Inoltre l’ USMC ha optato per un’ottica Schmidt & Bender 5 – 25 x 56 con correzioni in mRad, tendenza che sta prendendo piede negli USA a scapito delle ottiche in 1/4 di MoA; gli anelli per montarla sul
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La rosata da 3 colpi eseguita da 900 metri distanza, il diametro è di circa 18 cm, pari a circa 0,7 MoA
Barrett sono i Badger Ultra High Max – 50: inoltre il calcio viene dotato di uno spike per supportare il fucile da dietro ed il freno di bocca è stato ampiamente rivisto. La versione dell’Esercito americano ( U.S ARMY ) strutturalmente è identica; l’arma è infatti la medesima, cambia esclusivamente la scelta dell’ottica: una Leupold Mk.4 Ultra LR con correzioni in 1/4 di MoA, gli anelli di montaggio sono sempre della Leupold. È opinione comune definire il Barrett un fucile da sniper, ma ritengo che la definizione giusta sia proprio quella data dai Marines: fucile con ottica per impieghi speciali, ovvero un sistema d’arma con una precisione sufficiente a distruggere equipaggiamenti o veicoli avversari, oppure colpire postazioni protette.Se si volesse paragonare il BARRETT ai veri sniper rifles cal. 50 come il MacMillan o il PGM Hecate, il suo criterio costruttivo ne decreterebbe la netta differenza da questi, non certo un’arma da “one shot one kill”, piuttosto un sistema sufficientemente preciso per fornire fuoco di supporto su bersagli selezionati. È anche vero che con il livello di progresso nella ricarica e nella lavorazione delle ogive si sono raggiunti standard balistici notevoli con coefficienti (G1 – teorico) che si aggirano attorno al 0,96, e quindi le prestazioni del Barrett possono essere ulteriormente potenziate. Lo stesso ho avuto modo di impiegare delle palle monolitiche della Lapua (le Bullex-N da 750 grs) in un M107 e i colpi erano raggruppati in un diametro di circa 18 cm a 900 metri di distanza, ben 0,7 MoA, non certo male per un semiautomatico. Il BARRETT ha già trovato il suo “eroe portabandiera “nella persona del Sergente Maggiore dei Marines Steven Reichert,il quale ha colpito un nido di mitragliatrice nemico nella città di Falluja (Iraq) alla distanza di 1400 metri circa, e la postazione si trovava DIETRO un muro... Ma mi piace tuttavia attribuire il merito di tale impresa al “manico” di chi gestiva il sistema d’arma piuttosto che alla mera tecnologia costruttiva... Seguendo la linea guida delle forze armate USA, anche l’Esercito Italiano dall’anno scorso si è dotato degli M 107 con ottica Leupold e impiega munizioni M33 a palla o in alternativa le M20 APIT impiegate dalla Browning M2; sistema questo che fornisce ulteriore protezione ai nostri reparti presenti nel difficile teatro afghano.
M 107 – M82 A3 SASR Peso con ottica scarico - 12,9 Kg Lunghezza complessiva - 1,448 mm Lunghezza smontato - 965 mm Lunghezza della canna - 737 mm Passo - 8 righe destrorse Lunghezza del passo - 381 mm Velocità alla bocca con palla standard M33 (651 grs)- 853 m/s TNM ••• 044
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REGOLE D’INGAGGIO REGOLE D’INGAGGIO REGOLE D’INGAGGIO R
AL DECALO GO
(Esperto in diritto militare)
REGOLA NR.2
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DI VINCENZO COTRONEO
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NON ARRECARE DISTRUZIONI EL SOLD ATO MAGGIORI DI QUANTO RICHIESTO PER L’ASSOLVIMENTO DEI TUOI COMPITI TARGET: PRINCIPIO DI PROPORZIONALITÀ NECESSITÀ MILITARE – VANTAGGIO CONCRETO Per comprendere al meglio l’effettiva portata della regola nr.2 del Decalogo del Soldato, bisogna mettere in conto, e di conseguenza approfondire, un pilastro cardine delle Operazioni Militari, ovvero il principio della Necessità Militare. NECESSITÀ MILITARE La necessità militare o bellica è stata intesa come un limite generale all’applicazione del Codice di Diritto Internazionale dei Conflitti Armati, nel senso che le norme codificate in questo Codice non troverebbero applicazione quando perentorie necessità impongano al belligerante di agire diversamente. Non è una causa di giustificazione di un’azione proibita dal diritto bellico, ma rappresenta il limite generale all’azione bellica; Chi combatte dovrebbe quindi impiegare SOLO la quantità di forza necessaria per sconfiggere il nemico, evitando armamenti ed azioni che provochino sofferenze non necessarie. PERCHÉ APPLICARE IL PRINCIPIO DI PROPORZIONALITÀ Evitare i danni collaterali, cercando di risparmiare o comunque minimizzare ai civili le durezze di un conflitto, agevola lo svolgimento della missione ed evita i rischi dell’escalation del conflitto, assicurando cosi un più efficiente impiego delle risorse militari (umane e materiali). TNM ••• 046
LE RADICI DEL PRINCIPIO DI PROPORZIONALITÀ Il principio di proporzionalità è mosso da una specifica esigenza, cioè quella di bilanciare tra loro degli interessi in conflitto. Nel nostro caso, gli interessi in gioco sono da un lato il vantaggio militare derivante dall’attacco e dall’altro, l’esigenza che l’attacco non causi vittime e/o danni in numero superiore od eccessivo rispetto al vantaggio militare diretto, pianificato in concreto. Il problema principale è sempre e soltanto uno; Come si fanno a limitare i danni collaterali di un attacco condotto contro un obiettivo militare, limitandoli a quelli inevitabili o strettamente necessari? Proveremo tra poco a dare una risposta. La certezza di condurre operazioni chirurgiche senza danni per la popolazione o senza “collateralità inutile” per il conseguimento di un obiettivo militare, non la può dare nessuno (che sia sano di mente); Il danno collaterale in eccesso o la possibilità che tutto vada a finir male in pochi attimi, va considerato sempre ed inserito all’interno degli scenari ipotetici. Va inoltre considerato un ulteriore elemento che rende difficile l’applicazione di una proporzionalità dell’attacco rispetto al conseguimento dell’obiettivo militare. Il vantaggio va inteso nel consolidamento del successo dell’INTERO attacco, nel suo complesso, e non a singoli episodi che fanno parte della strategia d’attacco. Quindi, più è vasto il fronte d’attacco (sia numericamente, che geograficamente), più sarà difficile far si che ogni singola unità di operatori svolga, senza ledere alcun principio, il proprio compito.
GIO REGOLE D’INGAGGIO REGOLE D’INGAGGIO REGOLE D’INGAGGIO
Ecco perché la Convenzione di Ginevra, all’interno del I° Protocollo Aggiuntivo ha ritenuto il “vantaggio militare diretto e concreto previsto” come un vantaggio sostanzialmente vicino nel tempo, il che prevede un attacco ed un’esecuzione rapida. Non sono considerati in quest’ottica i vantaggi non immediatamente percepibili o quelli che prevedono tempi lunghi per essere concretamente acquisiti. ESISTE UNA FORMULA OD UNA PROCEDURA PER ATTUARE IL BILANCIAMENTO? No. Ed è anche molto difficile attuarlo senza creare sofferenza a qualcuno che non sia coinvolto nei combattimenti. È la guerra. Da sempre è cosi e difficilmente, nonostante tutta la tecnologia a disposizione, le cose potranno cambiare. Chi pone in essere l’attacco, darà un maggior peso al raggiungimento del vantaggio militare, mentre chi subisce l’attacco, cercherà di spostare la questione sui binari del danno umanitario. Qual’è il metro di paragone utilizzato per capire dove finisce la ragione di uno e comincia quella dell’altro? Non esiste un metodo preciso. L’unico criterio è quello di valutare le azioni, volta per volta, nel caso concreto, cercando di stringere sempre di più l’area d’interesse specifico relativa al vantaggio militare concreto ottenuto. Nulla totalmente bianco, nulla totalmente nero. Anzi, ampie zone di grigio, dove la liceità delle scelte operative può determinare il successo o meno di un attacco concreto.
COSA PUÒ FARE L’OPERATORE? Facendo riferimento alla missione affidata ed agli obiettivi che si vogliono ottenere, tenendo presente il potere distruttivo dei vari sistemi d’arma utilizzati, gli operatori possono limitare l’impiego di determinate armi, o ridurre le circostanze nelle quali un determinato tipo di armamento possa essere impiegato. Tali restrizioni, sono riportate di solito all’interno delle ROE e vengono imposte per essere sicuri che le decisioni, in merito all’uso della forza, prese a livello locale, non interferiscano con gli scopi globali della missione. Insomma, quello del principio di proporzionalità è un punto di debolezza del Diritto Internazionale dei Conflitti Armati. È mia opinione che non si possa colmare questa debolezza attraverso il solo utilizzo della giurisprudenza o della prassi per singoli casi, ma si debba comunque ricorrere ad una nuova “taratura” dei conflitti armati e delle tecnologie dei sistemi d’arma messi in campo, che invariabilmente fanno la differenza tra gli schieramenti contrapposti, specialmente in contesti di conflitti asimmetrici, dove alla tecnologia del drone, si contrappone l’utilizzo dell’ordigno improvvisato (attacco indiscriminato) o dell’uomobomba. Siamo lontani da una soluzione definitiva, …questa è forse l’unica certezza! *Nel prossimo numero, analizzeremo i divieti d’impiego di armi e munizioni proibite, e il principio di limitazione dei mezzi e metodi di combattimento. TNM ••• 047
MEZZI PESANTI MEZZI PESANTI MEZZI PESANTI MEZZI PESAN DI RICCARDO BRACCINI - FOTO AVIOPRESS
NH-90
SUCCESSI E SVILUPPI DELL’ELICOTTERO PIÙ AVANZATO DI NH INDUSTRIES TNM ••• 048
PESANTI MEZZI PESANTI MEZZI PESANTI MEZZI PESANTI MEZZI PES
Con gli oltre 500 ordini da parte di 19 forze armate in 14 nazioni, il programma NH90 sta andando avanti bene, pur con ritardi dovuti al suo inserimento nell’attività operativa di ogni forza armata. Nato negli anni novanta per un requisito operativo a livello europeo, come macchina per il trasporto tattico, il consorzio multinazionale per l’NH90, è la più importante joint venture realizzata per lo sviluppo di un elicottero. L’NH Industries è formata per il 62,5% da Eurocopter, per il 32% da Agusta Westland e per il 5,5% da Stork Fokker. L’obiettivo ambizioso che si è posto il consorzio è di arrivare a 1.000 macchine vendute nei prossimi anni. L’elicottero prevede 3 versioni di aggiornamento: IOC (Initial Operation Capability), IOC+ versione intermedia e
la FOC (Full Operational Capability). La differenza rilevante tra IOC e IOC+ è il sistema d’arma, non presente nella prima. Nella IOC+ e successivamente nella FOC è prevista la dotazione di M134D Gatling e per la versione navale una serie di armamenti anti-nave. Attualmente le forze armate che hanno o stanno per acquisire nelle proprie file gli NH90 sono: Italia, Francia, Germania, Portogallo, Spagna, Olanda, Belgio, Svezia, Finlandia, Norvegia, Australia, Grecia, Oman, Nuova Zelanda. L’NH90 è un elicottero capace di trasportare 20 persone oltre a 3 uomini d’equipaggio e dispone di capacità FLIR e NVG. Con il pieno di carburante e con soldati totalmente equipaggiati
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l’elicottero può trasportare 14 soldati (2 squadre fucilieri). Ha un sistema integrato di protezione di guerra elettronica per autodifesa ed è l’unico elicottero disponibile con tecnologia “Fly by Wire”. Parlando della realtà che più ci è vicina vediamo a che punto è il programma di introduzione NH90 per l’Esercito e la Marina Italiana. ESERCITO ITALIANO L’Esercito Italiano ha approcciato l’introduzione in servizio della nuova macchina in maniera diversa dal TNM ••• 050
passato, creando un team ad hoc per il suo sviluppo all’interno della forza armata ed abbandonando la vecchia logica di introduzione a step consecutivi e fini a se stessi. Se, in precedenza, un elicottero appena entrato in linea veniva prima sottoposto ad una fase sperimentale, successivamente alla fase addestrativa per poi passare all’operatività, questa volta, l’elicottero è stato sottoposto dal Team NH90 a tutte queste fasi contemporaneamente. Il gran lavoro svolto dalle 30 persone che compongono il Team NH90 ha messo l’Italia in una posizione di gran vantaggio rispetto ai colleghi esteri, che hanno approcciato l’elicottero con
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Addestramento Equipaggi) e dai reparti operativi che per primi riceveranno la macchina: il 26° Gruppo REOS (Reparto Elicotteri per le Operazioni Speciali), il 1° RGT Antares di Viterbo ed il 25° Gruppo Squadroni “Cigno” di Rimini. Il gruppo tattico NH90 è inquadrato nel Comando AVES, all’interno del Centro Sperimentale, che è una recente acquisizione organica all’interno del Comando stesso ed utilizza le infrastrutture del Centro Addestrativo. La parte manutentiva viene invece svolta all’interno di alcuni hangar del 1° RGT Antares, temporaneamente ceduti al FLS (Faced Logistic Support) di NH Industries che opera con personale tecnico misto. Obiettivo del team, raggiunto il quale esso verrà sciolto, è quello di portare l’NH90 a capacità operativa iniziale della Forza Armata, definendo gli standard addestrativi (attualmente sono in fase di affinamento) che diverranno ufficiali solo molto più distacco, fermandosi davanti alle difficoltà quando i primi squadroni diverranno operativi. L’Aviazione e non fornendo spunti e suggerimenti “operativi” alla ditta, per superare i naturali intoppi in cui si può trovare dell’Esercito ha ordinato 60 unità NH90 nella versione TTH, un elicottero, la cui tecnologia è all’esordio sul mercato. il primo dei quali è stato consegnato nel dicembre 2007. Negli ultimi mesi l’NH90 è stato sottoposto ad un gran Il team NH90, creato quattro anni fa, è una struttura lavoro di affinamento operativo, con l’acquisizione della transitoria realizzata seguendo il concetto di task organization, con il quale viene riunito personale altamente capacità di utilizzo del verricello (anche in ambienti alpini) nel ruolo di Forward Medevac, cioè la capacità di intervento specializzato proveniente da enti e comandi diversi. Così di soccorso medico in teatro operativo per il primo facendo è stato possibile iniziare lo studio della nuova soccorso, la stabilizzazione e l’esfiltrazione del personale macchina sotto ogni aspetto, contraendo notevolmente le tempistiche ed armonizzando gli sforzi. Il personale ferito e non ultima, l’implementazione dell’armamento di bordo M134D Gatling. interessato proviene dal Comando AVES, dal CAE (Centro TNM ••• 051
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MARINA MILITARE ITALIANA La Marina Militare, riceverà 46 unità NH90 nella versione NTH e 10 in quella TTH, la stessa dell’Esercito ma in versione navale, cioè attrezzati in modo da poter operare dalle unità navali della Marina: con l’installazione di galleggianti, possibilità di ripiegamento delle pale del rotore e ruotino direzionale. A differenza dell’Esercito che, come riportato, prevede esemplari IOC, IOC+ e FOC, la Marina riceverà tutti gli esemplari direttamente in Full Operational Capability. Anche in questo caso, però, i tempi di consegna del primo esemplare (inizialmente prevista per il 2008) e l’introduzione in servizio della nuova macchina si sono dilatati sensibilmente per permettere lo sviluppo di alcuni apparati di volo specifici per la versione NTH. E’ previsto che le consegne degli elicotteri alla Marina abbiano inizio quest’anno per la versione NFH ed a partire dal 2016 per i TTH. Anche se alcuni esemplari di NH90 sono una presenza consueta sulla base di Maristaeli Luni (La Spezia), sede del Centro Sperimentale Aeromarittimo (CSA), questi elicotteri sono ancora gestiti dal costruttore, con piloti e tecnici di Agusta Westland, che per le attività di sviluppo e qualifica del mezzo utilizza il supporto della Marina. La “main operating base” per la nuova linea di NH90 sarà Luni, dove sarà assicurato il pieno supporto logistico, ed il primo reparto ad accogliere l’elicottero sarà il 5° Gruppo Elicotteri. In seguito, quando proseguiranno le consegne e la macchina sarà pienamente operativa si provvederà all’assegnazione ad altri reparti. TNM ••• 052
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ADV SUEX DI FABRIZIO PIRRELLO
XK1 e XK2
Un veicolo di propulsione subacquea (in inglese Diver Propulsion Vehicle – DPV), meglio conosciuto come “maiale”, è un’apparecchiatura subacquea usata durante le immersioni per facilitare gli spostamenti a lungo raggio ed aumentare l’area d’intervento. In sostanza si tratta di un oggetto idrodinamico, con un motore elettrico, alimentato a batteria che muove un’elica, di assetto neutro quando immerso. L’elica è progettata in modo da non essere pericolosa per il subacqueo. I veicoli subacquei sono assai utili per lunghi spostamenti a profondità costante, in condizioni TNM ••• 054
di navigazione favorevoli e quando occorre trasportare dei carichi per lunghi tragitti. Veniamo alla storia dei “Maiali” o Siluri a Lenta Corsa, da cui derivano i moderni trascinatori subacquei. Un modello molto conosciuto è il cosiddetto SLC (Siluro a Lenta Corsa) detto anche Maiale, utilizzato dagli incursori della Marina Militare italiana durante la seconda guerra mondiale per numerose operazioni di sabotaggio in occultamento. Gli odierni veicoli di questo tipo, non sono dotati di carica esplosiva e la parte prodiera del siluro ha una forma più affusolata per avvantaggiare
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L’autore del servizio mentre sta provando il Suex XK1
l’idrodinamica. L’ SLC è un sommergibile tascabile di forma simile ad un siluro, adatto a trasportare a bassa velocità, due operatori muniti di respiratori subacquei autonomi ed una carica esplosiva da applicare occultamente alla carena della nave avversaria all’ormeggio. Questo progetto fu ideato nel 1935 dal capitano del genio navale Teseo Tesei, che morì successivamente in azione con un suo maiale a Malta. Il 19 dicembre 1941 i maiali (usati dalla Xª Flottiglia MAS), effettuarono la loro azione più nota, l’affondamento delle navi da battaglia britanniche
HMS Valiant e HMS Queen Elizabeth. I militari italiani, per riuscire a fornire questi siluri alle numerose basi segrete (un esempio è la base dell’Olterra), facendoli passare inosservati, dovevano smontarli e trasportarne i vari pezzi separatamente, fino a destinazione, dove poi venivano rimontati. IL MODELLO OGGETTO DI TEST Il modello modulare, codificato XK1 o XK2 (in relazione ad autonomia operativa), è un veicolo subacqueo del TNM ••• 055
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tipo “Tow Behind” o trascinatore per singolo operatore. La definizione di “trascinatore” bene chiarisce la tipologia di impiego del mezzo: l’operatore viene letteralmente trascinato. L’azienda è partita da un progetto originale, affinato sul campo e caratterizzato da soluzioni intelligenti, innovative e coperte da brevetto. In oltre 10 anni d’esperienza sul campo, la SUEX ha realizzato prima scooter per impiego sportivo (ma sempre di alto livello tecnico) per poi seguire delle specifiche esigenze militari. La risposta alle esigenze è stata la definizione di nuovi standard, tali da soddisfare le principali esigenze operative dei reparti militari: • rusticità d’impiego • robustezza ed affidabilità • autonomia • trasportabilità • antiriflesso I modelli XK1 e XK2 hanno in comune le seguenti caratteristiche: • Progettati per l’ambiente marino - Robusti, affidabili e con manutenzione ridottissima. • Modularità e sistema di chiusura brevettato. • Estrema facilità di regolazione dell’assetto tra acqua dolce e salata. • Regolazione immediata del TRIM - Assetto costante a qualsiasi profondità. • ON/OFF Switch. • Due velocità nello stesso comando: prima velocità regolabile da zero a 100%. • Soft Start System TNM ••• 056
VEDIAMO COME È COSTRUITO Nessuna corrosione galvanica: corpo in alluminio marino, con anodizzazione profonda, sia interna che esterna. Non ci sono connessioni tra metalli differenti e quindi non c’è alcuna possibilità di corrosione galvanica, pertanto non è necessario l’utilizzo di anodi di zinco sacrificali. Lo zinco sacrificale, utilizzato quando ci sono problemi di corrosione galvanica, fornisce una protezione adeguata solo con il mezzo immerso, ma non ha nessuna funzione a secco, quindi la corrosione galvanica continua nei punti di contatto tra i metalli diversi a causa dell’umidità. Nessuna parte esposta all’acqua è saldata: le saldature, infatti, sono potenziali punti d’ingresso dell’acqua e punti nei quali la protezione data da eventuali anodizzazioni o verniciature ha minore tenuta e quindi punti da cui può più facilmente partire la corrosione. SISTEMA DI CHIUSURA BREVETTATO SUEX Gli ADV Suex adottano un sistema brevettato di chiusura, privo di ganci o viti, che garantisce la perfetta tenuta fornendo evidenti vantaggi aggiuntivi: • Sensibile riduzione del rischio di impiglio. • Azzeramento del rischio di apertura accidentale rendendo possibile alare l’ ADV anche da una imbarcazione in movimento o paracadutarlo con le necessarie operazioni di preparazione. • Il corpo dello scooter è privo di fori, saldature o altri punti di innesco di rotture.
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Il comparto motore e quello batteria sono separati in modo stagno. Anche nel poco probabile caso d’allagamento di uno dei due comparti, questo sistema impedisce il rapido affondamento dello scooter, in quanto l’altro comparto non allagato si manterrà asciutto favorendo una più sicura operazione di recupero. La separazione dei due comparti aumenta la sicurezza del subacqueo poiché riduce enormemente la possibilità che un accumulo di idrogeno, dovuto alla scarica delle batterie in particolare condizioni, possa diventare pericoloso qualora innescato da una scintilla. Durante le operazioni di preparazione dell’ADV, quali ad esempio l’inserimento del pacco batteria, eseguito a bordo di un’imbarcazione, la separazione dei due comparti offre un’importante protezione al motore ed alle parti elettroniche qualora, inavvertitamente, lo scooter venisse investito da un getto d’acqua (magari salata). XK1 e XK2 sono modulari, ovvero, è possibile aumentare l’autonomia della macchina sostituendo il pacco batteria ed il corpo, mantenendo lo stesso gruppo propulsore. Altro brevetto riguarda l’elica. Il sistema brevettato PropLock Suex permette di togliere e rimontare l’elica sott’acqua senza l’ausilio di attrezzi e senza parti separate. Questa caratteristica è particolarmente importante nel caso in cui s’incattivino all’elica cime o fili di nylon. Negli scooter che non dispongono di quest’importante dispositivo, tale situazione, rende di fatto inutilizzabile lo scooter, mentre con il sistema PropLock è possibile risolvere il problema in modo molto agevole. La coppia della frizione rimane fissa. COMPORTAMENTO IN ACQUA Una caratteristica essenziale per qualsiasi equipaggiamento si debba impiegare in immersione, è che non sia d’impaccio ma facile da gestire. Si parla di TRIM NEUTRO quando la posizione dell’ADV in acqua é perfettamente orizzontale. Il trim neutro è una caratteristica molto importante che rende lo scooter molto maneggevole e di conseguenza l’immersione più confortevole. Regolazione fine del trim: I modelli in esame sono dotati di un sistema di regolazione dell’assetto a vite. Di serie il veicolo viene fornito con trim neutro, ovvero è perfettamente orizzontale in acqua, agendo sulle viti di regolazione lo si può appruare (prua in su) o appoppare (prua in giù). La velocità viene regolata mediante un dispositivo elettronico che varia il numero dei giri dell’elica. Questo sistema fornisce i seguenti vantaggi: • passo dell’elica fisso, che garantisce il massimo del rendimento propulsivo • maggiore robustezza dell’elica rispetto al passo variabile • la variazione della velocità è data da una parzializzazione della corrente con consistente risparmio di energia.
Suex XK1
Particolare del Suex XK1 senza involucro esterno
CONTROLLO ELETTRONICO Negli ADV SUEX, a parte il sezionatore ed il connettore, non esistono contatti meccanici, niente reed e niente relè. La scelta è stata obbligatoria dopo che, durante le nostre prove al banco e collaudi in acqua libera, si sono manifestati tutti gli inconvenienti che i contatti meccanici possono dare: • incollaggi delle pastiglie del relè che impediscono di arrestare il mezzo • non funzionamento del reed o fusione Quindi abbiamo fatto una scelta molto più costosa ma sicura. L’elettronica opportunamente sovradimensionata, ci ha dato la garanzia della completa affidabilità. Il regolatore consente di avere due velocità diverse sullo stesso comando (la prima totalmente regolabile, la seconda sempre piena potenza), con due sensori ed un circuito ridondante. La prima velocità si ottiene eccitando il primo sensore, la seconda, eccitando l’altro, in un unico movimento. Nel caso, finora non verificatosi, che il regolatore si guasti, l’effetto sarà quello di avere lo scooter in marcia continua a bassa velocità. Questo consente, azionando il sezionatore esterno, di poter comunque gestire la situazione, senza interventi di tipo meccanico e con limitatissime condizioni di pericolo. L’affidabilità riscontrata nelle oltre 1000 ore di test di TNM ••• 057
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laboratorio è stata confermata dai protratti utilizzi sul campo. SISTEMA SOFT START È un dispositivo che avvia il motore in modo progressivo evita partenze brusche e quindi garantisce una maggiore manovrabilità in ambienti angusti evita picchi di assorbimento in partenza prolungando di fatto l’autonomia della batteria. DUE VELOCITÀ NELLO STESSO COMANDO (SERIE ZEUXO E XK) Nell’uso pratico si è visto che due velocità assolvono in modo pressoché completo alle esigenze del subacqueo. Gli ADV SUEX sono dotati di due velocità azionabili con il semplice movimento del dito sul grilletto. La prima velocità è regolabile in modo continuo da zero al 100% mediante un comando esterno: la possibilità di regolare in modo fine la prima velocità permette in pratica di adattarsi perfettamente all’andatura del team anche qualora sia composto da scooter con velocità diverse. La seconda velocità è sempre al 100% e può essere azionata, con il semplice movimento del dito sul grilletto, qualora ci fosse la necessità di utilizzare la piena velocità e potenza per brevissimi tratti o anche per tutta la durata dell’immersione. Nonostante l’autonomia offerta sia decisamente elevata, è previsto un accessioro che rende visibile lo stato di carica del pacco batterie. L’indicatore di carica viene fornito come accessorio nella linea ADV. Questo sofisticato ma allo stesso tempo semplice accessorio, quando acceso, indica che l’interruttore principale è in posizione ON e fornisce un’indicazione sullo stato di carica delle batterie. L’indicatore è facilmente visibile dal subacqueo. In sintesi una serie di ottimi prodotti realizzati su scala industriale. Rispondono alle seguenti certificazioni: • Direttiva Macchine 2006/95/CE • Compatibilità Elettromagnetica EMC 2004/108/CE • UNI EN ISO 14151-1:2007 • UNI EN ISO 12100-1:2009 • UNI EN ISO 61000-6-4 • UNI EN ISO 61000-6-1 • CEI EN 60034-1 • CEI EN 60335-1 Le foto illustrano meglio delle parole la cura e l’attenzione ai dettagli. TNM ••• 058
foto in altro Particolare del corpo in alluminio marino, con anodizzazione profonda, sia interna che esterna. Non ci sono connessioni tra metalli differenti e quindi non c’è alcuna possibilità di corrosione galvanica, pertanto non è necessario l’utilizzo di anodi di zinco sacrificali.
foto in basso particolare dell’elica fissa, la quale garantisce il massimo del rendimento propulsivo e una maggiore robustezza rispetto al passo variabile
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LONG-DISTANCE SHOOTING LONG-DISTANCE SHOOTING LONG-D
DI LORENZO PRODAN
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.338 LAPUA MAGNUM
STORIA, CARATTERISTICHE ED IMPIEGO DEL CALIBRO PER ECCELLENZA DEL TIRO A LUNGA DISTANZA TNM ••• 061
LONG-DISTANCE SHOOTING LONG-DISTANCE SHOOTING LONG-D Il tiro in posizione prona supportato con uno zaino o una superficie morbida aiuta nella gestione del rinculo e fornsice una piattaforma più stabile in caso di terreno sconnesso, cosa molto frequente in montagna.
“La verità sta nel mezzo” recitava un vecchio proverbio... Ed è con questa idea in testa che nel 1983 nacque l’idea di progettare una nuova munizione con l’unico scopo di collocarsi tra il collaudatissimo .308 Winchester Magnum e il potente .50 BMG. Attualmente il .338 Lapua Magnum è considerato il calibro principe nel tiro a lunga distanza militare e le armi che lo impiegano presentano caratteristiche costruttive e di utilizzo volte a dimostrare palesemente questo concetto: massima ergonomia e regolazioni per il comfort del tiratore, meccanica rigorosamente “bolt action” per sfruttarne al massimo le TNM ••• 062
caratteristiche balistiche ( il semiautomatico Barrett M-98 rappresenta forse l’unica eccezione a questo concetto) e un peso complessivo del sistema d’arma completo che non superi gli 8 kilogrammi; ( caratteristica quest’ultima molto cara agli snipers militari che devono trasportare l’arma sul campo di battaglia senza dover rinunciare ad altro equipaggiamento essenziale per l’assolvimento della missione, e comunque essere in grado di trasportare un carico bellico non inferiore ai 50-60 colpi ). La storia di questo calibro nasce nei primi anni 80, quando la statunitense Research Armament Institute iniziò la
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progettazione di una nuova munizione per il tiro di precisione militare in grado di perforare un giubbotto antiproiettile a 5 strati e comunque trasferire energia a livello letale sul bersaglio alla distanza non inferiore di 1000 metri . La palla presentava un peso di 16,2 grammi o 250 grani, un diametro effettivo di 8,6 mm pari a 0,338 pollici e sviluppava velocità iniziali di 914 metri al secondo ( circa 3000 piedi al secondo). Come bossolo si optò per il .416 Rigby, un calibro di origine britannica impiegato per la caccia grossa, al quale si apportò un restringimento del colletto per crimpare ottimamente la palla.
Inizialmente le palle venivano fornite dalla Hornady ed i bossoli dalla Brass Extrusion Labs Ltd (BELL) i quali però presentarono problemi di tolleranza alle pressioni generate dai prototipi dei fucili sviluppati dalla RAI per le squadre SEAL della marina americana. Fu così che si scelsero i bossoli .416 Rigby prodotti dalla finlandese Lapua i quali si dimostrarono adatti allo scopo e la stessa Lapua iniziò la produzione limitata della nuova munizione .338/.416 ( 8,68 x 71 mm) per il RAI Sniper Weapon System. Il progetto della RAI venne poi messo da parte dal Dipartimento della Marina USA , ma la Lapua aveva intuito le potenzialità della nuova munizione e in Europa iniziò un progetto in concerto con la Accuracy International britannica, la quale stava progettando un nuovo fucile creato dal campione olimpico di tiro a segno Malcolm Cooper. Dopo le dovute sperimentazioni e le approvazioni a livello NATO e CIP, la munizione venne rinominata “.338 Lapua Magnum “ e standardizzata a livello militare L’arma progettata dalla Accuracy International ancora oggi rappresenta il fucile da sniper per eccellenza tra i reparti convenzionali e per operazioni speciali. È inoltre curioso pensare che la causa del fallimento del progetto RAI negli anni 80 fu l’incapacità del sistema di sviluppare 914 m/s alla volata, e che la munizione brevettata dalla Lapua nel 1989 raggiunse i 900 m/s , a solo 15 – 20 metri al secondo dal traguardo, mentre al giorno d’oggi le munizioni più performanti come la 252 grs Lock Base della RUAG o la 250 grs Lock Base della stessa Lapua non superano gli 875 metri al secondo ma sono in grado di mantenere una precisione inferiore al MoA oltre i 1000 metri e scaricare a tale distanza una potenza pari a 1500 kilogrammi su centimetro quadrato. Il motivo è presto spiegato: a distanza di quasi 30 anni dal progetto iniziale, i nuovi concetti di progettazione delle palle come per esempio la capacità di produrre un basso coefficiente di attrito ( Very Low Drag – VLD) consentono di mantenere una velocità per maggiore tempo e distanza, con la conseguenza che l’ogiva resta supersonica e quindi performante a distanze superiori in questo modo anche il tempo di volo si riduce, agevolando così il lavoro dello sniper grazie alla riduzione all’esposizione dell’ogiva in mezzo al vento durante il volo verso il bersaglio e riducendo di conseguenza anche gli anticipi che il tiratore deve calcolare in caso di bersaglio in movimento. Se si considera un buon sistema d’arma come per esempio un Sako TRG-42 o un Accuracy International AWSM che impiega una munizione VLD da 250 grs, il coefficiente balistico (G1) si aggira attorno allo 0,65. Purtroppo i componenti non sono customizzati, ma è tutto quello che lo sniper ha in dotazione; tutto ciò è molto importante in quanto arma e munizioni sono dotazioni militari standard, sempre reperibili nella catena logistica e robusti al punto da sopportare i rigori del campo di battaglia. Inoltre questa combinazione standard ha fatto sì che il Caporale della Cavalleria britannica Craig Harrison nel novembre 2009 a Helmand ( Afghanistan) potesse stabilire il nuovo record del mondo di tiro a lunga distanza militare : 2475 metri e 2 uccisioni confermate, battendo così il precedente record del Caporale canadese TNM ••• 063
LONG-DISTANCE SHOOTING LONG-DISTANCE SHOOTING LONG-D La linea di tiro a 1100 metri; la macchia di neve sulla montagna rappresenta la radura in cui era posto il bersaglio; rendendone difficile l’individuazione.
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R.Furlong il quale però aveva raggiunto tali distanze con un MacMillan in calibro .50 BMG, ben più pesante e potente. Questo fatto dimostra che non sempre il calibro maggiore è più performante alle lunghe distanze, infatti il . 338 a1500 metri presenta un coefficiente balistico e una “caduta” della traiettoria più vantaggiosi di un calibro .50 ; quest’ultimo per contro ha dalla sua parte una maggiore potenza da scaricare sul bersaglio e una gamma di ogive più ampia rispetto al .338, come per esempio colpi incendiari, esplodenti (il mitico Mk.211 della RAUFOSS) e perforanti. Il .338 invece, essendo nato per l’ingaggio antipersonale presenta solamente ogive tradizionali a palla o in alternativa perforanti, ampliando così la gamma di impiego di queste armi ad ingaggi antimateriale macomunque a distanze ridotte rispetto ad un .50 e su bersagli non particolarmente protetti. Tutto questo a conferma ì dunque della filosofia di impiego che predilige ingaggi a distanze lunghe su bersagli selezionati garantendo mobilità allo sniper team. Ma veniamo all’impiego vero e proprio: all’inizio degli anni 90 l’esercito svedese stipulò un contratto con la Accuracy Int. per l’acquisizione dell’ Artic Warfare Super Magnum – AWSM, la versione del fucile progettato da Malcolm Cooper con alcune modifiche sviluppate per ottimizzarne l’impiego in ambienti estremamente freddi, come per esempio le fresature sulla chiusura dell’otturatore per poter far leva in caso di congelamento dello stesso e un bedding termosaldato in modo da non dover registrare di volta in volta i serraggi in caso di sbalzi termici notevoli. L’arma fu un successo e da allora molti eserciti europei se ne dotarono e ne apprezzarono da subito le caratteristiche di precisione e versatilità nel teatro operativo dei Balcani dove gli snipers delle fazioni in lotta rappresentavano una minaccia costante alla popolazione civile e alla stessa forza multinazionale. In seguito con l’inizio delle odierne campagne in Medio Oriente ed in particolare quella in Afghanistan, le armi di precisione in calibro .338 hanno davvero fatto valere tutto il loro potenziale; soprattutto nelle zone montuose dell’Hindukush dove si richiede un’elevata mobilità ai soldati i quali il più delle volte muovendosi senza mezzi possono raggiungere posizioni elevate e di vantaggio tattico. Da quelle posizioni possono sorvegliare il campo di battaglia con efficacia ed eventualmente ingaggiare la minaccia con elevatissime percentuali di colpi a segno anche oltre il kilometro di distanza. In campo civile da qualche anno anche in Italia si trovano ottimi sistemi d’arma e tutti componenti necessari per ricaricare le munizioni. Con la giusta combinazione si ottiene cosi il risultato di sviluppare sistemi d’arma che sono in grado di restare sotto il MoA anche a 1400-1500 metri di distanza, ben oltre i 1100-1200 dello standard militare; inoltre la massima distanza utile sul campo si calcola attorno ai 1600 metri, limite quest’ultimo dettato anche dall’effettiva portata delle ottiche e dalla capacità di acquisizione del bersaglio da parte del tiratore. Mi preme ricordare che a livello
L’autore dimostra uno dei vantaggi delle armi bolt action, mentre arretra l’otturatore con il pollice, recupera tra le due dita il bossolo del colpo appena esploso, evitando così di lasciare tracce della propria presenza sul terreno; operazione questa non possibile con un’arma semiauto matica che espelle il bossolo a decine di centimetri di distanza.
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La RUAG SWISS P 252 grs (in alto) e la Lapua Lock base 250 grs (basso); si nota la forma differente delle 2 ogive, più affilata nel caso della RUAG che è conforme alle nuove normative CIP (infatti la vecchia serie AW della Accuracy Int. non può camerarla, problema risolto con la nuova serie AX), mentre la Lock Base presenta una crimpatura leggermente più arretrata lungo la palla, in modo da ottimizzare il free-bore all’interno della camera di sparo.
militare il primo colpo è quello che conta, e quindi bisogna trovare il giusto compromesso tra distanza massima e precisione nel calcolare il punto d’impatto. Nel tiro sportivo invece sono necessari alcuni colpi di azzeramento prima di ottenere una bella rosata di 0,8 MoA a 1400 metri, ma questo è un altro scenario. Tenute ben chiare in mente queste considerazioni, i tiri record sopracitati sono dei casi unici avvenuti in situazioni ottimali di visibilità e condizioni meteo, come anche confermato dagli stessi snipers che hanno eseguito i tiri; tuttavia le incredibili prestazioni raggiunte rendono ben chiaro il potenziale di questi sistemi d’arma.
LA PROVA Ho voluto testare un fucile Sako TRG-42 con una canna cromata della Archer Barrels,passo standard da 12”, le munizioni impiegate erano la RUAG SWISS P da 252 grs e Lapua Lock Base da 250 grs. Il peso del sistema con la nuova ottica Schmidt & Bender PMII 5-25 x 56 e gli anelli Badger era attorno ai 7 kg (ancora un ottimo parametro per la mobilità). Le distanze dei bersagli erano variabili tra i 500 ed i 1100 metri. Dopo l’azzeramento ho voluto iniziare da subito con le distanze maggiori, su una piastra di 80 x 50 cm, la posizione di tiro era quella prona in appoggio sullo zaino, questa è una posizione ideale per il tiro in montagna dove un bipiede non sempre si adatta alle irregolarità del terreno e al rinculo ( il quale causa uno spostamento dell’arma dall’asse di mira) , mentre il TNM ••• 066
tiro da un punto di appoggio morbido favorisce il rinculo lineare verso la spalla del tiratore e non causa spostamenti indesiderati in caso di colpi consecutivi. La distanza di 1068 metri non sarebbe stato un grosso problema per un TRG scon canna standard, figuriamoci per una canna customizzata come la Archer; dei 5 colpi sparati, tutti e 5 sono al centro della piastra, e sparsi per un diametro di circa 45 cm, ben al di sotto del MoA e soprattutto il primo colpo a canna fredda non è troppo distante dagli altri, segno che la canna pesante cromata ritorna velocemente alla temperatura iniziale mantenendo elevata la precisione nel tiro. La temperatura dell’aria era di circa 5°C la pressione di 1098 hPa e l’ umidità al 67% ( tipici valori da montagna ), la presenza inoltre di un po’ di vento dalla mia destra non influiva sulla prova in quanto la forza non superava i 2 m/s per cui risultava addirittura essere perfetto per questo tiro.Con questi parametri l’elevazione dell’ottica ottimale è stata di 92 mRad più 5 mRad verso sinistra per compensare il vento e lo spindrift, i dati li ho ricavati con JBM dopo una misurazione sul campo con un cronografo PVM-08 che mi ha dato una V0 di 863 metri al secondo. Conosco molto bene il TRG e ne apprezzo molto il peso e l’ingombro contenuti ho voluto quindi testarne la versatilità eseguendo dei tiri in posizione seduta a 500 metri e in posizione laid-back ovvero sdraiato sulla schiena per ricreare una situazione di tiro improvvisata o di “opportunità”. I parametri ambientali non erano variati e nella prova a 500 metri da seduto, con 39 mRad di elevazione e 1 di windage ho eseguito altri 5 tiri sui delle
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La sessione di tiro da seduto a 500 metri, la posizione viene assunta in caso di ingaggi rapidi o in presenza di ostacoli verticali lunga la linea di tiro.
piastre circolari dal diametro di 45 cm... tutti a segno. Il rinculo dell’arma è sempre stato gestibile e dopo ogni colpo la riacquisizione del bersaglio era davvero rapida; il peso dell’intero sistema non mi ha mai causato problemi durante i tiri. Infine la prova in posizione laid-back da un punto del terreno leggermente in discesa, ideale per questo tipo di posizione di tiro. La distanza era di 600 metri e i bersagli erano le medesime piastre da 45 cm di diametro. Le impostazioni : 47 mRad di elevazione e 3 mRad a sinistra di windage, infatti il vento aveva iniziato ad aumentare fino a 5,5 m/s ed ero già in “zona” spindrift per correggerlo. Un’ulteriore correzione al parallasse dell’ottica a causa della distanza alterata tra occhio e lente d’ingresso e i 5 colpi sparati sono andati ancora tutti a segno; rinculo e gestibilità come sempre alla mano, il peso della canna e il freno di bocca originale hanno fatto un lavoro davvero egregio. Parlo da persona imparziale e lo ammetto questo calibro mi piace davvero tanto, mi piacciono le armi che lo camerano perchè esprimono appieno la filosofia e la dottrina dello sniper militare... “one shot one kill”... in più massima ergonomia e regolazione nella calciatura, ottiche da 1/3 di MoA con correzioni metriche, meccanica rigorosamente bolt action, il tutto per consentire un tiro di precisione oltre quella barriera dei 1000 metri che il .308 fatica a superare se non con dovuti “accorgimenti” e comunque non possedendo a quella distanza l’energia che il .338 mantiene fino a 1500 metri. Tutto ciò senza dover per forza mettersi sulle spalle un cannone calibro .50 che nelle migliore delle ipotesi non scende sotto i 14
kilogrammi di peso senza contare ancora gli altri materiali che dovrei mettere nello zaino... Certo ora siamo di fronte all’ultima evoluzione dei calibri per le distanze estreme nella figura del .408 CheyTac, ma questo sistema nasce per una situazione di tiro antipersonale a distanze di 2000 metri e il sistema completo include tutta la stazione meteo Kestrel integrata con il telemetro ed il PDA della Trimble per il calcolo speditivo delle impostazioni iniziali di tiro su base software Field Firing Solutions.Tutto il sistema è nato per effettuare tiri a distanze estreme su bersagli altamente paganti o “strategici” e l’ingombro ed il peso dei vari componenti lo configurano per un impiego esclusivo da parte di personale altamente specializzato, il quale viene inpiegato “ad hoc”...mi riferisco quindi a snipers appartenenti ad unità di Forze Speciali i quali hanno appunto il compito di eseguire tiri estremi su bersagli ad alto valore per il conseguimento della missione e la conoscenza necessaria per operare ed impiegare un sistema d’arma del genere è frutto di un addestramento altamente specialistico.Se consideriamo invece il Royal Marine britannico che fornisce supporto di fuoco mirato alla propria sezione durante un’offensiva contro i talebani nell’Helmand afghano e che necessita di un sistema d’arma ad alta precisione per discriminare i terroristi dai civili inermi i sistemi d’arma calibro .338 non hanno rivali, tant’è che prima dell’avvento del .408 e laddove questo nuovo sistema d’arma non è ancora giunto, per i tiri a distanze estreme il .338 rappresenta tuttora il vertice per il long range sniping. TNM ••• 067
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La posizione laid-back durante le prove a 600 metri; impiegata in caso di terreno in discesa, sfrutta l’appoggio dell’arma sulla gamba per stabilizzarla, e la cinghia viene fatta passare tra le gambe; il parallasse dell’ottica va modificato in quanto l’eye-relief, ovvero la distanza otticaocchio viene alterata rispetto alla posizione normale.
SI RINGRAZIA La Federazione Italiana Tiro a Lunga Distanza per avermi fornito l’arma con cui ho eseguito il test e l’armeria Parabellum per il terreno concesso per la prova a Salsomaggiore Terme (PR) LA FEDERAZIONE ITALIANA TIRO A LUNGA DISTANZA Presieduta dal Sig. Marco ALBERINI, la Federazione ha come scopo la diffusione delle discipline di tiro a lunga distanza facenti parte della National Rifle Association (UK); in particolare la F-Class (tiro in appoggio con ottiche) e TR (tiro in posizione prona supportato con la cinghia da tiro e mire metalliche). La Federazione ha già ottenuto l’abilitazione dalla NRA UK a diffondere le proprie discipline in Italia nonchè la formazione del personale nelle figure di giudici di gara e istruttori. Per informazioni sull’attività contattare il Sig. ALBERINI Marco – tel. +393490836664
ALPHA 22 Con sede ad Albettone (VI) in via Forni, si pone come nuova realtà nella formazione e perfezionamento dei tiratori a tutti i livelli; dal tiro operativo con la pistola fino al long range rifle. Lo scopo di Alpha 22 è l’istruzione alla sicurezza nel maneggio delle armi ed il loro impiego nelle situazioni sportive o venatorie. Sono inoltre in programmazione corsi per Enti Governativi quali Forze dell’Ordine e Forze Armate in modo da accrescerne il bagaglio tecnico per gli impieghi di Ordine Pubblico o le missioni all’estero. L’autore è parte dello staff della scuola e cura la parte dei corsi riguardanti il long range rifle. Per informazioni: ALPHA 22 Shooting Club via Frassenella 16 – 35034 Lozzo Atestino (PD) www.alpha22shootingclub.com info@alpha22shootingclub.com TNM ••• 068
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EMDOM USA AMMO SAC
Stanchi delle solite scatole di cartone di munizioni che volano da tutte le parti oppure delle tradizionali scatole di metallo tanto rumorose e pesanti?! Beh la soluzione allora è la Ammo SAC della Emdom USA. Questa fantastica borsa è un’altra delle creazioni della Emdom USA fatta in collaborazione con Military Morons che ormai è un collaboratore fisso per l’ideazione di nuove proposte tattiche dell’azienda americana. Il materiale usato per creare questa borsa porta munizioni è per la gran parte cordura 500 denari, mentre per il fondo viene utilizzata cordura 1000 denari; il motivo è semplice, dovendo trasportare munizioni (di ogni tipo) si vuole così essere certi che l’usura non crei spaccature della cordura, creando nel tempo buchi non desiderati! La borsa ha chiusura con cord elastico ed un flap che previene la fuoriuscita del materiale stiamo trasportando. Ovviamente questo prodotto nasce per il trasporto delle munizioni ma ciò non toglie che possiate utilizzarla per qualunque cosa; io ad esempio ne ho DI MAURICE GAVAN 2, una per le munizioni e l’altra la utilizzo per i vari kit di pulizia d’arma, i guanti, WWW.TACTICALMADNESS.COM gli occhiali protettivi e le cuffie. La Ammo SAc viene prodotta in 2 misure, small e large, quella che vedete nelle foto è una small e come certificato dai produttori, può trasportare 750 colpi in .223 (io ne faccio entrare anche qualcuno in più). Non vi preoccupate comunque di caricarla troppo perchè tutta la struttura della borsa è fatta con doppi punti di cucitura e le maniglie avvolgono completamente la sacca. Possiamo dire che di base è un prodotto molto semplice però molto funzionale chiunque, avrebbe potuto pensarci prima però la Emdom USA lo ha fatto per prima. Per quanto riguarda i costi, la versione small è data a USD 32.00 mentre la large a USD 34.00, il cosiglio che vi do è quindi quello di prendere la Large. Ovviamente ai costi della borsa dovrete aggiungere i costi di spedizione dagli USA più un eventuale costo di sdoganamento qui in Italia. Insomma per chi cerca una soluzione valida per il trasporto delle munizioni la Ammo SAC compie a pieno il suo compito ed io la consiglio sempre agli amici che vanno a divertirsi in poligono. TNM ••• 71
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BELLATOR ET FORTIS DI FABIO GIANGOLINI
LA C (SD) COMPANY DELLE FORZE ARMATE DI MALTA Tra le dotazioni dell’unità rientra la maschera antigas Avon S10 (Foto AFM Public Information Cell)
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Dimostrazione di CQB
, Close Quarters Battle
Ubicata a 93 chilometri a sud della Sicilia ed a 288 ad est della Tunisia, Malta è un’isola che, da colonia britannica, è divenuta stato indipendente nel 1964. Per il posizionamento all’interno del Mediterraneo, essa si è spesso trovata al centro di importanti eventi storici. Da fortezza per la flotta britannica nella Seconda Guerra Mondiale, a stato ultra-socialista tra gli anni ’70 e gli ’80, durante la Guerra Fredda, Malta è stata oggetto di contesa tra chi voleva mantenerla vicina alla NATO e chi l’avrebbe invece voluta nella sfera d’influenza sovietica. Guidata da oltre un ventennio da un esecutivo cristianodemocratico, Malta dà l’impressione di essere un Paese tranquillo, ove poco sembra turbare la serenità degli abitanti. In realtà, nel corso dell’ultimo decennio, il Paese ha visto mutare drasticamente l’entità delle potenziali minacce alla sua sicurezza. Oltre alla presenza di organizzazioni criminali che traggono profitto dal traffico di stupefacenti, da alcuni anni ha fatto la sua comparsa anche lo spettro del terrorismo islamico. Gli esperti di sicurezza locali concordano nell’affermare che questo tipo di minaccia sia andata crescendo con l’allargarsi del numero di immigrati di religione musulmana che negli ultimi sei anni sono entrati illegalmente a Malta. Fra di essi hanno fatto il loro arrivo diversi simpatizzanti, se non veri propri appartenenti, a gruppi terroristici quali Al Qaeda ed Hezbollah, tanto che in più di un’occasione si è reso necessario intervenire per rimuovere determinati individui. Questi interventi sono possibili grazie alla collaborazione tra i servizi segreti locali e l’intelligence di nazioni amiche quali gli USA, l’Italia e la Gran Bretagna. Malta ha un servizio segreto sul quale si sa ben poco e che produce (ma non divulga al pubblico), relazioni annuali sullo stato di sicurezza nell’isola. Di esso fanno parte membri delle forze armate, della polizia e della dogana, i quali raccolgono informazioni che, quando necessario, possono essere diramate ad unità militari speciali, per richiederne il supporto in operazioni quali la cattura di un elemento che rappresenti una minaccia per la sicurezza nazionale. Tactical News si è recata a Malta per conoscere da vicino gli uomini della C (Special Duties) Company dell’Armed Forces of Malta (AFM), ai quali sono assegnate le operazioni più delicate e che sono impegnati quotidianamente nella difesa dell’isola da molteplici minacce. BELLATOR ET FORTIS Appena varcati i cancelli della base di Lyster Barracks ci si accorge di essere entrati in un mondo a sé stante. L’aria che si respira è quella tipica di una caserma, ma gli uomini che ci accolgono si distinguono immediatamente dai loro colleghi dell’AFM. Si tratta degli operatori della C (Special Duties) Company (anche nota come “la Charlie”), l’élite delle forze armate di Malta. Il loro motto, “Bellator et Fortis” (Belligerante e Forte) incarna l’ethos guerriero dell’unità e lo spirito di giovani uomini che
(Foto Giangolini)
hanno dedicato la loro vita alla difesa della propria Patria. Al nostro arrivo veniamo accolti dal Comandante del 1st Regiment, del quale fa parte la C (SD) Company, il quale, dopo una breve introduzione al Reggimento, cede la parola al Comandante dell’unità, il Capitano Jason Ebejer. L’ufficiale ci illustra la composizione della Charlie ed i compiti ad essa assegnati. L’organico è composto da 4 ufficiali e 70 altri gradi, un numero molto ridotto rispetto a quella che dovrebbe essere la consistenza prevista di 6 ufficiali e 153 soldati. La ragione della scarsità del personale ci viene presto spiegata dal Capitano. “Trovare uomini adatti alla vita nella nostra unità non è facile”, ci spiega l’ufficiale. “La Charlie è la forza di reazione rapida dell’AFM. Ogni qual volta si verifica un’emergenza, veniamo chiamati a rispondere in tempi brevissimi. Non è infrequente il caso in cui si debba correre via da un compleanno, od una riunione con i familiari per rientrare in servizio. È per questo che, quando selezioniamo i nostri uomini, vogliamo essere certi che si rendano conto TNM ••• 073
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Dimostrazione di CQB, Close Quarters Battle (Foto Giangolini)
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Dimostrazioni di combattimento corpo a corpo (Foto Giangolini)
del tipo di impegno che sarà loro richiesto, per tutto il periodo di permanenza qui con noi.” Il Capitano non ne fa cenno, ma una delle richieste di intervento più frequenti fino al 2009, è stata quella per sedare le frequenti rivolte all’interno dei centri di detenzione per clandestini. Negli ultimi sei anni, si sono infatti verificate una media di 3 sommosse a settimana negli affollatissimi centri di detenzione di Malta. Ma quello di unità antisommossa, è indubbiamente il minore fra i molteplici e specializzati compiti affidati alla Charlie, la cui storia ed evoluzione sarà opportuno ricostruire. DALLA DIFESA INTERNA AI DISPIEGAMENTI ALL’ESTERO La C (SD) Company nasce negli anni ’90 con il nome di C Company e quale evoluzione della Training Company, la quale si occupava dell’addestramento dei militari del 1st Regiment. La Training Company venne successivamente trasformata in plotone da dimostrazione, specializzandosi in sicurezza, ordine pubblico e protezione civile. In seguito essa fu riorganizzata in C Company e strutturata come un’unità di fanteria leggera, con compiti di difesa interna. In seguito, grazie all’impulso del Capitano David Paul Attard (oggi vice comandante dell’AFM), alla C Company
venne assegnato l’ulteriore ruolo di unità d’intervento in caso di crisi con ostaggi. In vista dell’entrata del Paese nell’UE (avvenuta nel 2004), nel novembre 2000 la C Company diede inizio ad un intenso iter addestrativo, volto ad ottenere la qualifica per missioni di peace-keeping, nell’ambito del programma europeo Rapid Reaction Force (RRF). In tale contesto, l’unità ha avuto modo di effettuare numerosi addestramenti con i reparti italiani, che di volta in volta si apprestavano ad effettuare un ciclo operativo all’estero. Finalmente, con il 2003, si è giunti a quella riorganizzazione che ha portato l’unità ad assumere la sua attuale fisionomia e la denominazione di C (Special Duties) Company. Per quanto riguarda la partecipazione alla RRF, essa è limitata agli impieghi sanciti dagli accordi di Petersburg, ovvero operazioni umanitarie, NEO (Non-combatant Evacuation Operations), peace-keeping e peace-enforcement. Malta ha infatti conservato la propria neutralità, e la partecipazione a missioni fuori area è quindi vincolata a mandato ONU od OSCE. L’AFM ha messo a disposizione della RRF un plotone di fanteria ed un elemento comando della C (SD) Company, dispiegabili in un arco di tempo variabile dai cinquanta ai sessanta giorni, ed in grado di permanere in teatro per un anno. E’ inoltre opportuno segnalare come nel 2009 Malta abbia riattivato la propria partecipazione alla Partnership for Peace, un’iniziativa NATO che TNM ••• 075
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Operatore arm
ato di fucile d’
assalto Beretta
AR 70/90 (Fot
o Giangolini)
consente ai Paesi membri di stabilire le proprie priorità di collaborazione con il Patto Atlantico, ma che non implica la partecipazione ad interventi militari. LA C (SD) COMPANY OGGI La Charlie è costituita da una Compagnia Comando, a sua volta suddivisa in cinque sezioni: Trasmissioni, Materiali ed Equipaggiamento, Trasporti, Amministrazione ed Addestrativa. Dalla Compagnia Comando dipendono il 1st (Special Forces) Platoon, i 2nd e 3rd (Special Duties) Platoon, il 4th (Special Duties) Training Platoon ed il 5th (Special Duties) Recruits Platoon. Si noti come, con la costituzione del 1st Platoon, l’AFM abbia finalmente dato il via libera alla creazione di una vera e propria componente di forze speciali, le quali, benché già presenti sotto diversa natura nel vecchio organigramma, non erano ufficialmente riconosciute. L’arruolamento nel reparto avviene su base volontaria. Al termine dell’addestramento di base presso il 4th Regiment, le reclute vengono dirette verso uno degli altri quattro reggimenti dell’AFM. Coloro che arrivano al 1st Regiment, hanno l’opportunità di presentare domanda volontaria per partecipare alle selezioni per la Charlie. Ogni richiesta viene accompagnata da una lettera di presentazione dal comandante del reggimento dell’aspirante, che ne evidenzia i risultati raggiunti, la condotta generale, lo spirito d’iniziativa, di adattamento, TNM ••• 076
e le capacità pratiche d’impiego. Nel caso dei sottufficiali, andranno evidenziate le capacità d’organizzazione, l’attitudine al comando, le abilità comunicative e d’insegnamento. I candidati vengono successivamente esaminati dalla commissione medica. Una volta nella C (Special Duties) Company, i militi vi serviranno per un periodo iniziale di tre anni, durante i quali potranno effettuare fino a tre cicli operativi all’estero. Ogni ciclo sarà della durata di quattro mesi, seguiti da un anno di servizio a Malta, prima di un eventuale nuovo dispiegamento fuori area. Al termine dei tre anni, il periodo di servizio potrà essere esteso a seconda delle esigenze del reparto e dell’esperienza maturata dal singolo militare. Benché il periodo d’addestramento necessario a preparare un operatore sia di sei mesi, il processo di apprendimento per un milite della Charlie non ha mai termine. Alla conclusione dell’addestramento di base, i singoli vengono infatti indirizzati verso diverse specialità, a seconda delle proprie capacità. Coloro i quali abbiano dimostrato particolari doti nel tiro, frequenteranno corsi per tiratori scelti e saranno inseriti in uno dei tre sniper team dell’unità, dove avranno anche la possibilità di frequentare il corso SOTIC (Special Operations Target Interdiction Course), organizzato dal 9° Rgt. d’Assalto “Col Moschin” (vedi TNM n.2). Altri operatori potranno essere impiegati
DE INSIDE INSIDE INSIDE INSIDE INSIDE INSIDE INSIDE INSIDE INSIDE Esercitazione di salvataggio ostag
gi a bordo di un aeromobile (Foto AFM Public Information Cell)
invece all’interno del team di protezione ravvicinata, partecipando a corsi organizzati dal Gruppo d’Intervento Speciale dell’Arma dei Carabinieri in Italia. Tutte le attività di addestramento con componenti italiane, vengono coordinate dalla Missione Italiana per la Cooperazione nel Campo della Difesa (MICCD) presente a Malta, che ha, negli anni, organizzato una serie di corsi con il Gruppo Operativo Incursori della Marina, la Brigata Tridentina degli Alpini, la Brigata “Folgore”, i bersaglieri della “Garibaldi”, gli uomini del 1° Battaglione Lagunari “Serenissima” e della 151ma Brigata “Sassari”. Gli operatori della Charlie partecipano poi annualmente all’esercitazione con le forze armate italiane denominata “TERRAFERMA”, che ha luogo solitamente nel mese di Settembre in uno dei due Paesi. Frequenti sono anche le attività addestrative svolte con le unità statunitensi in visita sull’isola. Fra queste ricordiamo la DEA, la US Coastguard, i SEAL della US Navy, il Force Recon e la FAST Company del Security Force Battallion dei Marines. Unità altamente specializzate quindi, la cui notevole esperienza in ambito di controterrorismo, viene primariamente sfruttata dagli operatori del 1st (Special Forces) Platoon. ARMI L’arma principale della fanteria maltese è il fucile d’assalto AK-47, del quale, un notevole quantitativo è stato acquistato dalla Repubblica Popolare Cinese, dalla Libia, dalla Corea del Nord e dall’Algeria a partire dalla fine degli anni ’70. Motivato dai bassi costi d’acquisto, l’approvvigionamento di questi sistemi d’arma, e del relativo munizionamento, è continuato fino ai giorni nostri. La Charlie fa uso anche di fucili d’assalto Beretta AR 70/90, onde disporre di un sistema d’arma in grado di utilizzare il calibro 5,56mm NATO ed utilizzabile in caso di dispiegamenti a fianco di unità dell’Esercito Italiano. Fonti attendibili hanno confermato come sia in fase di valutazione l’acquisizione di un numero limitato di fucili G-36 della Heckler & Koch, ad uso esclusivo della Charlie. Nel campo delle pistole mitragliatrici, la C (SD) Company utilizza la serie MP5 della Heckler & Koch nei modelli A4, A3, A2, SD5 (silenziato) e K (versione corta per la protezione ravvicinata ed il combattimento in ambienti ristretti). Le MP5 sono equipaggiate con torce Sure Fire e mirini ACOG Red Dot ed olografici EOTech. L’arma da fianco è la Beretta 92FS, in 9mm Parabellum. Per quanto riguarda il tiro di precisione, l’unità fa uso dell’Accuracy International AWM (Arctic Warfare Super Magnum) in cal.338 con ottica Schmidt & Bender 4 – 16x, che ha sostituito gli FN-Herstal, le carabine Lee Enfield No.4 Mark 1 e gli SVD Dragunov in 7,62x54mm. I fucili di precisione sono equipaggiati con ottiche per il tiro notturno Simrad KN202 NVS. Binocoli sono inoltre presenti per il supporto dei tiratori da parte degli spotter. L’unità è anche in possesso di mitragliatrici di squadra
La Charlie incorpora al proprio interno una sezione che si occupa di effettuare operazioni di protezione ravvicinata (Foto AFM Public Information Cell)
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PKM e lanciarazzi RPG. Grazie ai fondi UE è stato anche possibile acquistare un certo numero di NVG della statunitense NVS di Fogelsville (Pensylvania), che si sono affiancati ad altri supporti tecnici specialistici, quali le maschere antigas Avon S10 e le granate stordenti flashbang. Di notevole rilevanza anche l’acquisto di equipaggiamenti anti sommossa, quali scudi, elmetti, lanciatori di lacrimogeni e di Land Rover, che vanno ad aggiungersi ai VM Iveco. Durante la nostra visita, ci è stato inoltre mostrato un sistema di comunicazione di ultima generazione. Trattasi di una radio multi banda di fabbricazione israeliana, che può essere collegata ai Land Rover o trasportabile, e può contenere fino a 100 canali divisibili in due gruppi. Collegato ad un computer, questo sistema di comunicazione è in grado di trasmettere immagini e file di testo. Le radio possono operare su canali criptati e sono munite di sistema GPS e segnalatore di emergenza. Gli operatori della Charlie fanno inoltre uso di apparati radio personali e laringofoni. OPERAZIONI In quanto parte del 1st Regiment, la C (SD) Company è primariamente impegnata in operazioni di difesa interna. Esse si traducono principalmente nel dispiegamento di squadre di protezione ravvicinata e tiratori scelti, durante le visite di personalità straniere. Tra le principali operazioni svolte in questo frangente, gli operatori della Charlie hanno preso parte alla protezione dei dignitari esteri in visita a Malta nel corso del Commonwealth Heads of Government Meeting del 2005, e sono stati attivati per proteggere Papa Benedetto XVI durante la visita pastorale nell’Aprile 2010. A partire dal Maggio TNM ••• 078
2007, membri dell’unità prendono regolarmente parte all’operazione “Poseidon” in Grecia. Compito dei militari maltesi è quello di allestire postazioni d’osservazione notturne costiere, e sorvegliare (tramite l’uso di apparati termici e per la visione notturna) i movimenti di imbarcazioni recanti clandestini e narcotici, segnalandone la presenza agli uomini delle forze speciali della Guardia Costiera ellenica. Nel Settembre 2008, un ufficiale della C (SD) Company ha inoltre fatto parte di un team di osservatori dispiegato in Georgia. Il vero punto di svolta nella storia dell’unità è stato nell’Aprile 2010, con il dispiegamento di dodici operatori della C (SD) Company nell’oceano indiano, nell’ambito della missione anti pirateria “ATALANTA”, sotto l’egida dell’UE. Imbarcati sulla nave militare olandese “Johan de Witt”, i militi hanno ricoperto il ruolo di Vessel Protection Detachment a beneficio delle navi del World Food Programme e di AMISOM (African Union Mission Somalia). Gli operatori sono stati protagonisti di una serie di contatti con elementi ostili, incluso l’inseguimento e la cattura di un battello pirata che aveva attaccato per errore la “Johan de Witt”. Al loro rientro a Malta, ai militi è stata conferita la “Medal for Peace Operations” dal Ministro della Difesa Olandese, per il ruolo svolto durante il dispiegamento. A partire dal Marzo 2011, gli operatori della C Coy sono inoltre impiegati come sceriffi dell’aria sugli apparecchi dell’Irish Air Corps. Come precedentemente illustrato, la C (SD) Company ricopre il ruolo di unità antisommossa e, fino alla Primavera 2010, ha spesso effettuato anche attività di controllo del territorio, tramite l’allestimento di posti di blocco anti-narcotici. Questo tipo di attività è risultata vitale per la repressione del traffico di sostanze
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Operatori ripresi a bordo di un mezz o olandese, durante l’operazione “Atalanta” (Foto Dutch Ministry of Defense)
, equipaggiato con intensificatore
e Accuracy International AWM Tiratore munito di fucile di precision
stupefacenti sull’isola. I dati che ci sono stati mostrati, testimoniano il successo dell’AFM in questo tipo di attività: dal 2005 al 2009, sono stati fermati oltre 300 individui per possesso di eroina, cocaina, ecstasy e cannabis. Al momento l’AFM ha sospeso l’allestimento dei posti di blocco, a causa della polemica innescata da una giornalista di area liberale, che ha accusato le forze armate di violare i diritti fondamentali dei cittadini. La giornalista in questione, ha citato alcuni casi nei quali i soldati avrebbero sottoposto i fermati a perquisizioni fisiche definite “umilianti”. Un’inchiesta condotta dall’AFM, ha dimostrato come la giornalista avesse in realtà utilizzato testimonianze false. Le autorità hanno comunque deciso di sospendere momentaneamente i controlli su strada, una situazione della quale ha ovviamente finito per beneficiare la criminalità locale. LOTTA AL TERRORISMO Uno dei ruoli di maggiore interesse ricoperti dall’unità, è quello di squadra salvataggio ostaggi. La scelta per un Paese dalle dimensioni ridotte come Malta di munirsi di un’unità per il controterrorismo, nasce dal tragico epilogo del dirottamento del volo Egypt Air MS648 nel Novembre 1985. Fermo sulla pista del Malta International Airport, l’apparecchio venne assaltato dal unità Saaqa delle forze armate egiziane,
di luminescenza Simrad KN202 NVS
(Foto Giangolini)
la cui imperizia provocò la morte di 56 ostaggi. Consce della necessità di rendersi il quanto più possibile indipendenti dal punto di vista della sicurezza, le autorità acconsentirono affinché l’AFM addestrasse una componente per gli interventi di salvataggio ostaggi. Dovendo affidarsi all’esperienza di un reparto straniero per l’allestimento di questo tipo di elemento, la scelta ricadde sugli uomini del 9° Rgt. d’Assalto “Col Moschin” presenti a Malta con la MICCD. Gli incursori hanno quindi stilato un programma addestrativo, atto a coprire le esigenze dell’AFM nel campo specifico. L’argomento del terrorismo islamico a Malta è estremamente delicato, ed è raro che se ne parli sui media. Quando lo si fa, ci si limita a ricordare il dirottamento del 1985 o l’eliminazione di Fathi Shaqaqi (fondatore della Jihad Islamica Palestinese) nel 1995 da parte del Mossad. I media si guardano però dal domandarsi se, la presenza di terroristi islamici, sia stato solo un fenomeno isolato o se invece Malta, come quasi ogni Paese europeo, sia ancora oggi utilizzata come base d’operazioni da cellule terroristiche. Ciò è probabilmente dovuto al fatto che la comparsa di estremisti islamici sull’isola, ha coinciso con l’arrivo di immigrati africani e mediorientali. Non volendo suscitare interrogativi nell’opinione pubblica e creare quindi imbarazzo per l’attuale esecutivo, che ha fatto dell’accoglienza agli immigrati una delle colonne portanti della propria TNM ••• 079
INSIDE INSIDE INSIDE INSIDE INSIDE INSIDE INSIDE INSIDE IN Esercitazione d’evacuazione feriti
politica, i media tendono ad ignorare l’argomento. Fonti ben informate hanno invece confermato la presenza nel Paese di appartenenti ad organizzazioni terroristiche, e di elementi coinvolti in attività di proselitismo e propaganda anti occidentale ed anti semita. Malta non è comunque nuova alla presenza di estremisti islamici sul proprio suolo, dato che essa è stata impiegata come base operativa dai servizi segreti libici, per far transitare l’esplosivo usato nell’attentato del volo Pan Am 103 a Lockerbie. Nel corso dell’ultimo decennio, i servizi segreti maltesi, di concerto con le autorità italiane e statunitensi, hanno operato direttamente anche contro appartenenti ad Al Qaeda. È il caso dell’arresto di Hamadi Bouyahia avvenuto nel 2002 e di Abdulsalam Elbuwisir nel 2007. Ma Al Qaeda ha lasciato a Malta tracce ben più inquietanti. Un mese prima del vertice dei capi di stato del Commonwealth del Novembre 2005, sono stati rinvenuti all’interno di un appartamento della baia di San Paolo, manuali per la preparazione e la conduzione di attentati, mappe e video addestrativi. L’appartamento fu abitato per circa un anno da un immigrato sudanese. Giunto illegalmente sull’isola, l’uomo ha beneficiato dello status di rifugiato per motivi umanitari, ottenendo un alloggio pagato dalla Curia di Malta. Al momento del raid, il soggetto non si trovava in casa, in quanto apparentemente fuggito alla volta dell’Italia. L’episodio conferma come Al Qaeda si serva da tempo dei flussi migratori illegali, per infiltrare i propri elementi in Europa. Fonti affermano anche che TNM ••• 080
effettuata con la Croce Rossa Italia
na (Foto AFM Public Information
un attentato alla vita di Papa Benedetto XVI, sia stato sventato in occasione della sua visita a Malta dell’Aprile 2010. È quindi anche a causa della sempre presente minaccia terroristica, che la C (SD) Company prende annualmente parte all’esercitazione “Hijack”, che vede i servizi di sicurezza e d’emergenza, coinvolti nella gestione e risoluzione di uno scenario avente ad oggetto la presa di ostaggi all’interno di un apparecchio di linea, presso l’aeroporto internazionale di Malta. SCENARI FUTURI La C (SD) Company si sta preparando per un nuovo dispiegamento nell’Oceano Indiano, questa volta affiancata dagli incursori del Rapid Deployment Team della Marina di Malta. Il reparto si muove oramai con sicurezza tra gli scenari operativi più disparati, che vanno dalle operazioni di sicurezza interna, fino ai dispiegamenti nell’ambito di missioni internazionali. L’ottima prova quale Vessel Protection Detachment, dovrebbe convincere i vertici politici di Malta a dare maggiori opportunità di impiego fuori area ai propri militari. La speranza è di vedere ben presto le forze armate maltesi operare a fianco di quelle italiane, e rinnovare quindi un sodalizio tra i due Paesi che, anche sul piano militare, dura oramai da diversi decenni. L’autore desidera ringraziare la Cellula Pubblica Informazione dell’AFM nella persona del Maggiore Ivan M. Consiglio per l’assistenza prestata nella stesura di questo articolo.
Cell)
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INTERVIEW Tactical News a colloquio con il Generale Martin G. Xuereb, Comandante dell’Armed Forces of Malta, che ci parla del ruolo dell’AFM sullo scacchiere internazionale e dell’importante rapporto di collaborazione con le forze armate italiane.
Tactical News Magazine: L’operazione “Atalanta” ha costituito una pietra miliare nella storia delle forze armate di Malta. Quali sono stati gli insegnamenti che avete tratto da questa esperienza? Gen. Xuereb: Credo che l’insegnamento principale sia che nulla è impossibile laddove esista una forte volontà di raggiungere un obiettivo. Eravamo determinati a dare un contributo concreto all’operazione ed essere un moltiplicatore di forze. Oggi sappiamo che i nostri militari possono dare risultati concreti quando testati in un teatro operativo difficile, e questo ci è stato riconosciuto dal governo olandese, che ha voluto insignire i nostri uomini della stessa medaglia che hanno consegnato ai loro soldati, confermando così la qualità dell’operato del distaccamento maltese. Abbiamo anche imparato a perseverare, tanto sul piano militare, quanto su quello politico. Non dobbiamo dimenticare come, essendo Malta un Paese al centro di importanti traffici marittimi ed avendo uno dei più vasti registri navali al mondo, è anche nel nostro interesse quello di contribuire a mantenere sicure le rotte mercantili nell’area del Corno d’Africa. Esiste quindi un legame molto stretto tra l’operazione di protezione dei vascelli e gli interessi di Malta, in quanto nazione. Voglio anche sottolineare come questo dispiegamento ci abbia dato modo di operare a stretto contatto con l’autorità dei trasporti di Malta e l’International Maritime Organization, per stipulare un accordo che consentisse ai nostri militari di abbordare le navi mercantili. Questo accordo è noto come “Flag State Agreement”, e vede, lo Stato ove è registrato il vascello, concedere alle squadre di abbordaggio l’autorizzazione a salire su di una nave battente la sua bandiera. Ovviamente, i risultati che abbiamo ottenuto ci hanno dato confidenza nelle nostre capacità di forza armata, e mi auguro che questo sentimento sia condiviso anche da altri. TNM: State pianificando dispiegamenti all’estero nel 2011? Gen. Xuereb: Stiamo certamente vagliando la possibilità di un dispiegamento all’estero anche nel 2011. Fortunatamente possiamo godere del supporto del nostro governo e di quello di altre nazioni amiche, inclusa l’Italia con la sua Missione per la Cooperazione nel Campo della Difesa (MICCD), con la quale collaboriamo da 38 anni. Quindi posso dire che esistano tutti i presupposti per missioni fuori area anche nell’immediato futuro. TNM: Ha parlato della MICCD. Come si traduce la collaborazione tra le forze armate maltesi e la missione italiana di stanza nel paese? Gen. Xuereb: La missione italiana è nostra ospite dal 1973 e le forze armate di Malta sono state istituite nel 1970, quindi siamo stati praticamente supportati nel corso di quasi tutta la nostra esistenza dalla MICCD. E’ un supporto che si è trasformato nel corso degli anni. La relazione che abbiamo oggi con la missione è molto diversa da quella che potevamo avere 15, 10 o anche 5 anni fa. Il fatto che oggi Malta sia un membro dell’UE, della Partnership for Peace della NATO, e che contribuisca alla Common Security Defence Policy europea, ha certamente influito nella relazione con la MICCD. E questo è evidente nell’ultimo memorandum d’intesa siglato nel 2009 tra Malta e l’Italia, ove al termine “assistenza” militare è subentrato quello di “cooperazione” militare. Questo significa che grazie all’assistenza che abbiamo ricevuto nel corso dei decenni dalla missione italiana, siamo stati in grado di spostarci da un rapporto di dipendenza, ad uno di cooperazione sul piano militare con l’Italia. Questo non significa assolutamente che le nostre forze armate non beneficino più dell’aiuto italiano. Il vostro Paese continua infatti a fornirci un’assistenza importantissima, grazie alla presenza di un AB-412 equipaggiato per le operazioni Search and Rescue (SAR) in mare, agli addestramenti per i nostri uomini organizzati a Malta ed in Italia, ed ai corsi specialistici gratuiti presso determinate strutture italiane. È innegabile che le nostre forze armate abbiano largamente beneficiato di quest’assistenza. Credo che non esista un ufficiale nella nostra forza che non abbia frequentato almeno uno di questi corsi. Oggi non inviamo più i nostri ufficiali alla Scuola di Fanteria di Cesano come accadeva una volta, ma essi frequentano la Scuola Comando, ad esempio. Attualmente stiamo lavorando con la MICCD per affinare la nostra preparazione negli interventi SAR e nelle operazioni di risoluzione crisi. Su di un piano più ampio, posso dirvi che è allo studio la firma di un accordo tecnico che consentirà dispiegamenti congiunti con le forze armate italiane. TNM Quali sono gli obiettivi che si prefigge di raggiungere durante il suo periodo di comando delle forze armate di Malta? Gen. Xuereb: Spero ovviamente di contribuire positivamente a questa che considero a tutti gli effetti un’istituzione vivente, nel senso che essa si deve adattare continuamente alla strategia politica del nostro governo. Quindi voglio lavorare per rendere la forza armata ancora più flessibile ed in grado di guardare oltre l’orizzonte, sicura delle proprie capacità e capace di contribuire non solo alla sicurezza dei cittadini di Malta, ma anche di fare la sua parte nelle politiche di difesa dell’Unione Europea.
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Iraq - Hawijah, Marzo 2008 UH 60 in volo. Notare il materiale propagandistico lanciato dall’equipaggio
PSY-OPS
A SUPPORTO DELLE OPERAZIONI MILITARI TNM ••• 082
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Gli effetti che scaturiscono dalle operazioni militari, possono essere incrementati dalle Operazioni Psicologiche attraverso la modificazione dei comportamenti del nemico. È importante per i militari, ricordare che ogni missione necessita di un sostegno PSYOPS, che non può essere considerato semplicemente come produzione e distribuzione di volantini. Bisogna fare in modo che il nemico si convinca di una serie di argomenti, che lo spingano al desiderio di cambiare il proprio modo di vivere. FM 3-05.30 Psychological Operations Headquarters, Department of the Army U.S. Army J.F.K. Special Warfare Center – Fort Bragg NC Le Operazioni Psicologiche o PSYOP sono operazioni attraverso le quali si trasmettono informazioni ed indicazioni selezionate su un pubblico definito, allo scopo di influenzarne le emozioni, motivazioni, ragionamenti oggettivi. Operando quindi una manipolazione del comportamento generale di un gruppo di individui. Le Psy Ops sono utilizzate per tutta la durata del conflitto e possono essere considerate un’arma la cui efficacia è limitata solo dalla genialità (o meno) e dalla capacità di leggere il divenire delle situazioni sociali, di chi ha il Comando delle Operazioni. INSIDE PSYOPS Approcciarsi alle Psy Ops significa semplicemente imparare tutto ciò che riguarda il nemico, le sue convinzioni, le sue simpatie ed antipatie, i punti di forza, debolezze e vulnerabilità. Studiarne con pazienza le abitudini quotidiane, le routine sociali, i fondamenti culturali. Trovare l’elemento motivante del nemico, è come trovare il punto di criticità di un palazzo da demolire; Se la dinamite è ben posizionata, anche la più maestosa costruzione si sbriciolerà implodendo su stessa, causando al massimo una nuvola di polvere. La definizione di Psy Ops della NATO, recita “... pianificate attività psicologiche, condotte in pace ed in guerra, dirette ad un uditorio, amico, nemico o neutrale, al fine d’influenzarne attitudini e comportamenti che, altrimenti, potrebbero compromettere il raggiungimento di obiettivi politici e militari. Esse comprendono le attività psicologiche strategiche, le operazioni psicologiche di consolidamento e le attività psicologiche proprie del campo di battaglia”. Si può notare,senza dubbio, come non vi sia un punto od una data d’inizio e di fine ben demarcato (come succede per la stragrande maggioranza dei conflitti armati). Le operazioni di questo tipo tendono ad essere sempre in costante attività, per esigenze strategiche di uno Stato, per consolidare risultati già ottenuti e sui quali si vuole ampliare la base del consenso ed TNM ••• 084
infine per lavorare sulla de-motivazione delle truppe nemiche o sulle cellule/nuclei dell’insorgenza. I Psy Ops possono essere impiegati per produrre i seguenti effetti desiderati: a) Ridurre l’efficienza morale e combattere tra le file della del nemico. b) Promuovere dissenso di massa all’interno e defezioni di unità da combattimento del nemico e / o quadri rivoluzionari. c) Sostegno alle nostre truppe ed alle forze alleate per attività di copertura e per le operazioni di inganno. d) Promuovere la cooperazione, l’unità ed il morale all’interno della propria unità, nonché all’interno delle forze della resistenza, dietro le linee nemiche. EFFETTO: MOLTIPLICATORE DELLE FORZE È di evidenza pubblica, quanto sia cresciuta l’importanza di una buona strategia Psy Ops, a garanzia del successo di ogni azione militare o diplomatica nel mondo. Le numerose missioni di peacekeeping alle quali prendono parte le coalizioni di Stati, sono un esempio lampante di come e quanto sia necessario ovviare alla rigidità d’imposizioni sull’uso della forza dettato dalle ROE tipiche di queste missioni, attraverso un costante utilizzo delle attività di informazione e comunicazione.
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Un’adeguata attività comunicativa (unita ad una combinazione di tecnologia ed addestramento mirato degli uomini) è l’elemento attraverso il quale, una forza, in campo numericamente inferiore rispetto alla controparte, può, con l’aiuto della popolazione locale adeguatamente plasmata, raggiungere gli obiettivi assegnati, con notevole risparmio di energie, uomini e mezzi, provocando un effetto sproporzionato, in grado di destabilizzare il nemico. “L’ottimismo perpetuo è un moltiplicatore della forza” (Gen. Colin Powell). DARE O NEGARE INFORMAZIONI È FONTE DI POTERE, ENORME POTERE Lo Stato, non più in grado di controllare o gestire le informazioni, più in particolare, non in grado di influenzare la percezione di particolari target audience, non sarà in grado di dominare, in nessun caso. Sun Tzu (eh si…c’è sempre di mezzo il buon vecchio Sun Tzu) spiegava che la più grande vittoria è data dal piegare il nemico senza dover combattere. Ad oggi, le Psy Ops offrono uno strumento discreto e sempre più politicamente appetibile rispetto alle operazioni militari convenzionali. Le “armi” principali sono la vista ed il suono. Le attività Psy Ops possono essere diffuse dalla comunicazione personale (faccia a faccia), attraverso i mezzi audiovisivi, i supporti audio, supporti visivi (volantini, giornali, libri, riviste e/o poster). Quest’arma non avrà un grilletto… ma, se ben portato, il “proiettile” colpirà inesorabilmente il destinatario. I MODELLI CENNI SULLA STRUTTURA PSY OPS USA IN VIETNAM Durante il periodo della guerra in Vietnam, il compito dell’organizzazione della propaganda, dei salvacondotti e della stampa e distribuzione degli opuscoli a scopo “amichevole”, fu portato a termine dal Joint United States Public Affairs Office (JUSPAO). La Struttura Psy Ops JUSPAO fu costituita nel luglio del 1965, dopo 11 anni d’inefficiente direzione delle operazioni psicologiche (periodo che ebbe inizio nell’estate del 1954 durante la transizione del Vietnam dalla dominazione francese). La struttura JUSPAO ebbe autorità su tutte
le attività di propaganda, nel tentativo di porre fine alle controversie tra le agenzie dello US Army, Servizi Segreti e Strutture della Cooperazione, per trovare definitivamente quel meccanismo (assolutamente deficitario) di coordinamento tra americani e vietnamiti (e tra gli americani stessi). Lo studioso Harry D. Latimer, della Brown Univesity, ha analizzato il fallimento delle attività in Vietnam nell’approfondito studio “Operazioni Psicologiche in Vietnam”, una monografia sugli affari di sicurezza nazionale, redatta nel 1973. Latimer sottolinea come fossero presenti, durante il conflitto, l’US Information Agency (USIA), la Struttura JUSPAO, l’US Information Service (USIS, ed il braccio d’oltremare USIA), il Dipartimento di Stato degli Stati Uniti per lo Sviluppo Internazionale (USAID), il Joint Military Assistance Command Vietnam (MACV) oltre che gli addetti ai servizi di sicurezza dell’Ambasciata americana a Saigon. Al suo apice, tutta “quest’impalcatura”, impiegava 695 persone, 245 americani civili, 116 militari ed aveva un budget annuale di 10 milioni di dollari. In ogni caso, le operazioni “Heart and Mind”, furono condotte da ambo le parti in conflitto, attraverso programmi radiofonici che trasmettevano musica abbinata a messaggi politici e motivanti, a scapito delle forze contrapposte. La diffusione di volantini fu capillare ed al testo, spesso, si accompagnavano fotografie eclatanti dei bombardamenti sui villaggi di civili (se pubblicati dai vietcong) o le foto della distribuzione dei sacchi di provviste e di soccorso sanitario alle popolazioni oggetto di violenza da parte dei vietcong (se pubblicati dagli americani). CENNI SULLE PSY OPS DURANTE DESERT STORM L’errore commesso dagli americani in Vietnam, ovvero il tentativo di imporre un lifestyle estraneo alla cultura del sud est asiatico, venne corretto attraverso il massiccio ricorso alla comunicazione multimediale, che spingeva molto sul concetto di fratellanza araba, sul concetto di isolamento dell’Iraq da parte del resto del mondo islamico, sullo strapotere aereo; Tutto per spingere l’esercito iracheno a disertare e consegnarsi alle forze USA. Furono lanciati quasi trenta milioni di TNM ••• 085
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Durante l’operazione Iraqi Freedom sono stati distribuiti quaranta milioni di volantini
volantini, con efficacia (ovvero raggiungimento degli uomini dell’esercito). Furono utilizzati volantini di avvertimento pre-bombardamento, che invitavano la popolazione ad evacuare la città in vista di un attacco aereo alleato; Si spiegava che l’attacco era dovuto a causa dello stoccaggio di armi e mezzi nel cuore della città, ma che si voleva evitare di coinvolgere la popolazione mettendo in pericolo degli innocenti. CENNI SULLE PSY OPS DURANTE IRAQI FREEDOM Quaranta milioni di volantini! Questo è il numero di stampe lanciate su Baghdad e dintorni prima, durante e dopo il conflitto. Si chiedeva ai comandanti militari iracheni di non utilizzare armi di distruzione di massa e di invitare le truppe alla diserzione, garantendo in quel caso, il trattamento adeguato da parte delle forze della coalizione, come previsto dalle Convenzioni internazionali. Il messaggio lanciato dagli aerei del 193rd Special Operations Wing, era chiaro; Venivano date due opzioni ai militari ed ai civili: contribuire alla caduta del regime di Saddam Hussein, oppure… essere “annientati”. Questa volta, l’efficacia del messaggio fu di gran lunga superiore, si evitò in TNM ••• 086
più riprese, inutile spargimento di sangue. CENNI SULLE PSY OPS ITALIANE IN AFGHANISTAN In questo specifico teatro, le operazioni psicologiche concorrono in sinergia con la cellula Public Affair Office (PAO) e la direzione delle Comunicazioni Strategiche (STRATCOM) allo sviluppo ed alla condotta delle campagne di comunicazione; strettissima è la connessione con le informazioni mandate all’esterno, relative ai progetti della Cooperazione Italiana e dei programmi organizzati dal CIMIC (Civilian Military Cooperation). Un ruolo di primo piano è occupato dai vari PRT (Team di Ricostruzione Provinciale) del RC-West, che si occupano di creare vere e proprie scuole di formazione per l’insegnamento di arti e mestieri per la popolazione. Nessuna vuota propaganda. L’Italia mette tutto l’impegno possibile in questo contesto, fornendo, attraverso i successi (piccoli e grandi) ottenuti in questi anni di permanenza in terra persiana, una grande prova di credibilità e di coerenza di fronte alla popolazione afghana.
ATIVI SCENARI OPERATIVI SCENARI OPERATIVI SCENARI OPERATIVI
TACTICAL FITNESS TACTICAL FITNESS TACTICAL FITNESS TA DI DECIMO ALCATRAZ
STRESS FACTOR: WHO RECOVERS, WINS. IL CONDIZIONAMENTO FISICO TATTICO OPERATIVO.
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SS TACTICAL FITNESS TACTICAL FITNESS TACTICAL FITNESS TACTIC
Una giornata con Scott Sonnon – Honorable Master of Sport nella Hall of Fame dei trainer USA – è un’esperienza contraddittoria. Scardina gli stereotipi e mette in dubbio alcune convinzioni. Il 4 volte medaglia d’oro ai World Martial Arts Championship di Las Vegas nel 2010, il primo occidentale a poter accedere ai santuari del combat sambo in Russia, è nato 42 anni fa affetto da sette gravi disabilità fisiche, motorie e dell’apprendimento. L’osteocondrite, la miopia degenerativa - che lo condusse quasi alla cecità e la dislessia, invece di condizionare e rovinare la vita di Scott, sono state la molla per il cambiamento, lo studio, l’applicazione ed il successo. Non solo quello umano personale, della Rmax, la società nata per gestire tutte le attività che ruotano intorno al CST, il Circular Strenght Training, il sistema di condizionamento fisico che lo US Army ha scelto per alcuni dei suoi corpi più rappresentativi. Ma anche e soprattutto il successo di migliaia di persone comuni e di professionisti impegnati nelle attività sportive professionistiche, militari, di law enforcement e di pronto intervento, che hanno visto migliorare in modo significativo la propria preparazione, a tutto vantaggio di una carriera più lunga, di una maggior sicurezza operativa in scenario, di una maggiore confidenza con le proprie funzioni motorie, indispensabili per trarsi d’impaccio sempre e per sopravvivere a volte. È strano come un ragazzino, fragile e bollato come “ritardato”, possa diventare il trainer di alcuni dei più conosciuti corpi speciali al mondo… Decimo • Come nasce il tuo interesse per il training tattico operativo? Scott • Da un motivo strettamente personale. Mio padre era un militare ed ha servito durante la guerra di Corea. Al suo ritorno la nostra famiglia fu distrutta: nessuno aveva addestrato mio padre per passare dallo stato di stress cronico, dato dal continuo livello di allerta, richiesto in guerra, alla vita normale. Era diventato un uomo irascibile, violento ed infelice ed io non capivo perché. Non capii nemmeno perché morì d’infarto. A distanza di anni tutto ciò mi spinse a mettermi alla prova ed a studiare lo stress fisico e psicofisico, dalle modificazioni ormonali che ne derivano agli aspetti biomeccanici del corpo, che vengono compromessi durante un combattimento o un’azione di pronto intervento. Mi avvicinai al Sambo, perché è una disciplina nata in ambito militare e sviluppata all’interno dei corpi speciali russi, per le esigenze di combat corpo a corpo. L’ho praticato a tal punto da diventare coach e presidente del Dipartimento Americano di sambo e questa mia conoscenza mi ha concesso due privilegi: di essere chiamato come primo occidentale a studiare scienza del combattimento nell’ex URSS e di guidare lo US Police Sambo Team ai giochi olimpici della Polizia e dei Vigili del Fuoco in Lituania nel 1999. Poiché i nostri atleti venivano da ogni parte del Paese, avevo bisogno di sviluppare un sistema di condizionamento fisico che tutti potessero praticare, con l’utilizzo limitato di materiali e strumenti specifici, e che mi potesse fornire un parametro standard di valutazione degli atleti. Feci una scoperta importantissima. Avevo due tipologie di uomini a mia disposizione: quelli che potremmo chiamare gli amatori ed altri che definirei gli “atleti tattici”.
Questi ultimi erano in grado di allenarsi più intensamente con una capacità cardiovascolare migliore degli amatori, MA avevano bisogno di un tempo più lungo di recupero per prevenire dolori ed infortuni che li avrebbero poi bloccati nella loro operatività lavorativa. Questa scoperta è diventata la base di tutte le mie ricerche dell’ultimo decennio. Nei corpi dell’esercito e di pubblica sicurezza/protezione civile, quello che noi vogliamo ottenere non è solamente la capacità di operare sotto stress al massimo grado d’efficienza fisica, mentale ed organica, ma soprattutto di recuperare il più in fretta possibile da uno sforzo ad alta intensità. Più grossi, più forti e più veloci, non significa nulla senza la capacità di recuperare più velocemente dei propri avversari. Senza questa capacità, l’essere più grandi, più forti e più veloci porta solamente più velocemente all’ospedale se non alla fossa. D • Grazie ai film di Hollywood, la nostra immagine dei soldati americani è quella di Rambo, Soldato Jane o Full Metal Jacket. Quali sono i loro reali livelli di preparazione fisica e di forma fisico-psichica? S • A livello generale, nell’esercito e negli enti di pubblica sicurezza statali e locali, il livello di preparazione fisica è per lo più inaccettabile: troppo grossi, troppo grassi. Non vengono date loro altre opportunità di training se non nei bootcamp e nelle accademie di formazione. Per il personale delle forze speciali e delle agenzie federali, gli standards sono più alti, ma troppo spesso gli operatori affrontano con successo le situazioni a dispetto della loro preparazione fisica piuttosto che grazie a questa. Hanno il giusto spirito, non il giusto allenamento. Ma ancora: anche con una preparazione efficace che li rende operativi in situazioni e con ritmi ad alta intensità, niente e nessuno dà, ai soldati ed ai poliziotti, la capacità di recuperare
Scott Sonnon
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propria preparazione su come minimizzare le conseguenze allo stress violento e improvviso. Io invece imposto il mio lavoro di addestramento delle unità speciali con cui collaboro su come recuperare DA QUANDO commetteranno gli errori, D • Quindi è questo il segreto del TACFIT. Che cosa aggiunge saranno sorpresi e sopraffatti dagli eventi, perché credo che questa sia la situazione reale in cui chiunque stia operando si al condizionamento fisico per esigenze operative? troverà a vivere e affrontare. S • Gli ingaggi per il combattimento – siano questi armati o corpo a corpo – richiedono un coinvolgimento D • Pensi quindi che nel concetto di condizionamento fisico unico di capacità motorie specifiche e generali, che per i professionisti della sicurezza, del combat e del pronto devono potersi esprimere in situazioni ad alta intensità. intervento sia possibile allenare anche la resistenza, la forza Approssimativamente, intorno al 65% del proprio range cardiaco (per calcolare il livello massimo, la formula è: 220- e la flessibilità mentale? S • Il sistema nervoso non può dirti la differenza tra età), si perdono i “fine motor skills” non opportunamente impegno fisico e pressione psicologica o emozionale. allenati (quei collegamenti cervello-mano che ad esempio comandano l’azione di premere il grilletto), mentre all’85% Sfortunatamente, molti professionisti non si avvantaggiano di questo fatto e così semplicemente creano un danno si perdono i “complex motor skills”, tutto la complessa alle loro unità. Pensa a quei film di cui mi parlavi prima: rete di micro e piccola muscolatura. Con un allenamento chiunque resiste, rimane. Ma questo non è addestramento opportuno, si può incrementare il tempo di mantenimento vero. È solamente l’eliminazione di coloro che non sono di entrambi questi skill, ma ad ogni nuova situazione, ancora addestrati allo stress del combattimento. Allenare deve corrispondere un nuovo fattore di stress. Ci si può qualcuno per lo stress, può risultare strettamente intrecciato solo adattare agli specifici problemi e pericoli. Si può al condizionamento fisico. Il mio non è l’approccio “affoga o essere capaci di mantenere la calma durante gli esercizi nuota”: il focus dell’allenamento deve essere posto su come di simulazione, ma se devi correre su per le scale, nel buio, portando 40 chili di attrezzatura, verso un pericolo reagire velocemente ad uno stimolo ad alta intensità. Ci sconosciuto, allora ti sorprenderai di quanti errori si sono diversi livelli di impegno delle proprie capacità: reclute commettono e di come ci si senta confusi e sopraffatti e veterani si possono allenare insieme ed entrambi trarre dalla situazione. La morale è che chiunque sia in grado di il 100% dei benefici, senza infortuni e incidenti. Faccio un recuperare più velocemente dalla sorpresa, dagli errori e esempio, un corpo dei vigili del fuoco ha dichiarato di aver dalla confusione…vince. Alcuni professionisti focalizzano la risparmiato in un solo anno 110.000$ su infortuni ed assenze velocemente dallo stress fisico e mentale. Chi recupera prima, vince. Questo è il mio motto, che ripeto alle squadre dei corpi speciali e delle agenzie che addestro.
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dal lavoro, grazie all’adozione del mio allenamento tattico, chiamato TACFIT. Il solo cambiamento che hanno fatto è stato di scegliere il TACFIT e così la forma fisica dei loro vigili non interessa più solo il fitness ma piuttosto impatta su quello che sono stati capaci di ottenere dalle loro capacità di intervento sotto stress violento e che li ha protetti da incidenti, infortuni e a volte anche peggio… D • Molta gente parla di allenamento funzionale. Il TACFIT è un sistema di allenamento funzionale? S • Tutti gli allenamenti tattici devono essere funzionali, ma non tutti gli allenamenti funzionali sono tattici! L’obiettivo del fitness funzionale è di bilanciare la fisiologia del corpo: simmetria muscolare senza compensazioni o sbilanciamenti di massa. Il fitness tattico deve essere bilanciato, ma il suo obiettivo è anche addestrare ad alta intensità attraverso specifici movimenti che riprendono situazioni e gesti dei contesti operativi. Per esempio, la semplice trazione alla sbarra va bene per il fitness funzionale, dal momento che il corpo è capace ed è progettato per trazionarsi senza creare sbilanciamenti. Bene, questo potrebbe essere il livello base del TACFIT. Ma la capacità motoria deve progredire verso movimenti tattici più specifici. Così, il livello successivo potrebbe essere un kipping pullup (la trazione con ondeggiamento delle gambe) in modo da usare come stimolo tutta la forza del corpo. Poi, ci potrebbe essere il kipping pullup ad una mano per simulare la necessità dell’arrampicata, che è una situazione che vede impegnata una sola mano e non entrambe contemporaneamente. Ancora, ci può essere il kipping pullup battendo le mani, per simulare la forza esplosiva necessaria per saltare dal cornicione, all’appoggio, al muro successivo. Tattico è funzionale, ma funzionale non significa per forza tattico. Come nel calcio: l’allenamento potrebbe essere funzionale, loro più grande virtù: vogliono arrivare più lontano, prima, ma non tutto l’allenamento funzionale è specifico per il per primi. Vogliono sacrificare il loro corpo per gli innocenti calcio. e per i loro fratelli. Lo faranno senza indugio ed esitazione. Sfortunatamente questo è anche il modo in cui affrontano D • Ci spieghi la differenza tra TACFIT e Tactical Gymnastic. la loro preparazione. Spingeranno se stessi oltre il limite di S • IL TACFIT è un lavoro di breve durata, alta intensità sicurezza, con il rischio di infortuni da superallenamento ed e recupero veloce. L’obiettivo è preparare la capacità di ancora terranno duro rischiando così altri incidenti. lavorare sotto stress violento con un recupero rapido. La Loro dicono – e ci credono – che se non si allenano anche Tactical Gymnastic è un esercizio ad intensità media o bassa quando hanno subito un infortunio, non saranno capaci sviluppata per incrementare l’efficienza dei movimenti sotto di impegnarsi in combattimento anche quando limitati da stress. Il TACGYM migliora i fondamentali di tiro per le armi un inconveniente fisico. Nonostante tutte le ricerche ed i da fuoco, di combat per il coltello, i colpi, gli attacchi a terra, test effettuati negli ultimi 30 anni abbiano dimostrato che il combattimento al suolo. Come puoi ben immaginare, il il training, praticato sotto infortunio, non garantisce la passaggio da una posizione alla successiva spesso può capacità di combattere meglio e di più se si è feriti. Oltretutto determinare chi resta in piedi e chi a terra, chi si salva e chi è possibile addestrarsi senza infortuni ed incidenti per è ferito. Più grosso non è meglio. Più forte non è meglio. Più assicurarsi la possibilità di combattere in questo stato. veloce non è meglio. Solo il meglio è meglio. L’obiettivo è Perché? Come? Perché il sistema nervoso non riconosce muoversi meglio. Dimensione, forza e velocità sono variabili il tipo di resistenza necessaria, conosce solo l’intensità. utili solo SE supportano l’efficienza del movimento. Capisce solo a quanto stress è sottoposto. Non può definire se questo stress deriva da una ferita. Non è capace di capire D • Quali sono le difficoltà che incontri quando addestri per che una spalla rotta è un dolore differente dal dolore dovuto la prima volta un’unità speciale? ad un esercizio ad alta intensità come il pullup battendo S • La più grossa difficoltà con un corpo speciale è anche la le mani. Conosce soltanto il livello dello stress. Il corpo TNM ••• 091
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non può identificare la differenza tra il massimo livello di impegno cardiaco derivante da un esercizio, rispetto a quello in una sparatoria. Conosce solo qual è il livello massimo. Quindi, chiunque sia in grado di recuperare più velocemente dall’allenamento ad alta intensità senza danni ed inconvenienti, sarà più preparato operativamente ad agire in uno stato di alto stress anche in presenza di un infortunio. Inoltre, l’allenamento che espone ad incidenti ed infortuni, significa minore reattività operativa da mettere in campo ed una più elevata mortalità di coloro che si sono addestrati in modo da essere indotti all’infortunio, rispetto a coloro che hanno operato, esponendosi all’infortunio. L’obiettivo principale di un buon training deve essere “non fare danni”. Questo richiede il cambiamento di alcuni atteggiamenti mentali da parte dei molti duri presenti. Io mi onoro della loro volontà, determinazione e tenacia che li porta a sacrificarsi, ma loro non devono fare questo in addestramento, così che possano essere capaci di farlo quando combattono.
base militare Adam Mitkam in Israele. È stato uno dei tributi e degli onori più grandi, essere non solo invitato, ma addirittura insegnare alla Scuola Anti-Terrorismo LOTAR. Dopo aver seguito diverse loro unità speciali ed il loro training staff, dopo aver ricevuto la visita di trainers di altri corpi, siamo stati portati fuori dalla base ed il nostro convoglio si è fermato ai poligoni di tiro, per darci l’opportunità di provare un nuovo fucile, il TAVOR TAR 21 della IMI (vedi TNM n°1 ndr). Grande arma. Appena partiti, ho detto all’head instructor che mi sarebbe piaciuto avere una delle loro magliette. Per un americano è una richiesta normale: noi possiamo comprare le magliette e il merchandising dei nostri corpi al negozio della base. Non è così per gli israeliani: non puoi comprare la maglietta dell’unità. L’istruttore capo si è tolto la sua maglia e me l’ha data! Il suo onore non andava disperso se io l’avessi indossata. Ed io in alcune occasioni speciali indosso con orgoglio questa maglia in onore e rispetto dell’ospitalità ricevuta e del lavoro svolto insieme.
D • Che ispirazioni ricevi dai corpi speciali per far evolvere il TACFIT e la TACGYM? S • È un’ispirazione profondamente emotiva. Dal mio punto di vista, io sto ancora onorando il sacrificio di mio padre nell’esercito. Egli fece di più che sacrificare la sua vita. Egli rinunciò alla sua famiglia. Non scelse di sacrificare più che il suo stesso corpo, non scelse di sacrificare la sua capacità di tenere unita una famiglia. Lavorando con soldati e poliziotti che stanno mettendo in campo la propria volontà di andare contro il crimine, in modo da salvare vite innocenti, io mi circondo della parte migliore di mio padre.. e ripago il suo sacrificio con un allenamento che permetta a questi militari e poliziotti di tornare a casa sani e salvi e vivere felicemente, senza eccessive preoccupazioni, con la loro famiglia. Allenare questi guerrieri porta a galla la mia parte migliore. Chi non vorrebbe diventare una persona migliore quando è circondato dai migliori combattenti del mondo? È l’impegno della mia vita, il sogno e il più grande onore stare al loro fianco.
Scott ha 41 anni, quando ne aveva 12 gli pronosticarono che la sua vita non avrebbe superato la boa dei 40. Le accurate visite mediche a cui si sottopone con regolarità, lo scorso anno hanno evidenziato dei parametri, che indicano che è pressappoco giunto alla metà della sua esistenza. Ha recuperato bene, ha recuperato in fretta questo ragazzo, che oggi si commuove per una maglietta. E tutto quel discorso sui motor skills merita un approfondimento. Quando sarà in Italia il prossimo mese, faremo una bella chiacchierata. Ho idea che quello che mi dirà e mi farà provare, lo leggerete a breve qui su TNM!
D • Quale è stata la più entusiasmante esperienza che hai affrontato? S • Ce ne sono molte… ma lasciami ricordare la più recente. Io ed Alberto Gallazzi – direttore tecnico di Secutor e TACFIT Europe Director – siamo stati invitati ad insegnare all’IDF (Israeli Defence Force ndr) nella TNM ••• 092
Aspetti tecnici, studi sugli skill motori, neuroscienza e forti carichi emotivi personali si mescolano nei discorsi di Master Sonnon, disegnando oltre le parole quello che è il vero valore di un training tattico operativo: mantenere al suo centro l’uomo, migliorarlo per preservarlo forte, capace, reattivo. Permettere a quegli stati che non posseggono la capacità economica ed umana, a livello numerico degli Stati Uniti, di forgiare comunque dei corpi d’elite, in cui ogni operatore rappresenta un patrimonio assoluto, che non si può perdere per un banale infortunio durante la fase di training. Anche questo significa sicurezza: applicarne i parametri non solo negli scenari operativi, ma nelle fasi di preparazione è una crescita di consapevolezza, di approccio e di cultura non da poco conto.
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DI FABIO ROSSI
IL FANTASMA AL FIANCO DELLE SPECIAL FORCES
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TACTICAL HOLSTER SYSTEM PISTOL WITH LIGHT PRESENTATA ALL’IWA 2011 DI NORIMBERGA E TESTATA IN ANTEPRIMA DA TNM.
Ghost International è un’affermata realtà aziendale bresciana che ha saputo ricavarsi il proprio spazio all’interno del settore “civilian shooting world” e “government duty gear”, laddove le grandi aziende d’oltreoceano spopolavano da anni. Risultati ottenuti sviluppando e perfezionando i sistemi di ritenzione GSS (Ghost Safety System), di modularità e rotazione, che erano già stati creati e brevettati da Sandro AMADINI. Ghost International ha come obiettivo la creazione di prodotti che si possono modificare e modulare in base alle esigenze del cliente, infatti, la flessibilità di produrre articoli speciali sulla base del motto “tu chiedi, noi costruiamo” è il punto di forza di quest’azienda. Mentalità che risulta vincente dall’anno 2004 e che si è concretizzata con la fornitura di equipaggiamento a molte agenzie di polizia e reparti militari italiani ed europei. Non ultime l’assegnazione delle proprie fondine presso un reparto speciale di polizia nell’area balcanica e la sperimentazione, per un’eventuale adozione ufficiale, del prodotto testato in questo articolo, da parte di reparto speciale nazionale. L’azienda ha inoltre ottenuto la certificazione UNI EN ISO 9001-2000 per gli ottimi requisiti raggiunti nel sistema di gestione della qualità e del servizio al cliente ed il NCAGE quale fornitore di prodotti a paesi appartenenti al trattato NATO. STRUTTURA ESTERNA La fondina Ghost IV Sentry, recentemente presentata, in anteprima mondiale, alla fiera IWA 2011 di Norimberga, è l’ultima innovazione nata dall’esperienza di anni sul mercato internazionale ed è stata espressamente studiata e prodotta su specifiche richieste dei corpi speciali di polizia e militari. La fondina permette di poter utilizzare l’arma con torcia o laser applicati sul rail di fissaggio posto sotto il fusto. Inoltre, con il sistema DMS (Dual Mode System), è possibile impiegare la stessa fondina anche con l’arma
ARC’TERYX SPHINX HALFSHELL I materiali altamente tecnici con cui è fabbricata garantiscono la massima traspirabilità, proteggendo allo stesso tempo l’utilizzatore in condizioni climatiche con umidità estrema. L’assenza di materiale Spandex nelle parti elasticizzate ne aumenta la resistenza alle abrasioni ed all’utilizzo combinato con vest tattici. Il sistema Roll e Stow abbinato alle maniche permette di poterle comprimere ed arrotolare senza dover rimuovere l’indumento o il corpetto tattico eventualmente indossato. Può essere utilizzata singolarmente o in abbinamento agli altri capi della linea Arc’teryx LEAF. Tactical Equipment - www.tacticalequipment.it
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priva di accessori. La struttura del guscio esterno, conformato su calco della pistola cui è destinato, è composta da materiale termoplastico ABS dello spessore di 3,5 mm, il cui vantaggio, rispetto ad altri tecnopolimeri plastici, è di combinare la forza e la rigidità dei polimeri in acrilonitrile e stirene con la durezza e resistenza all’usura della gomma a base di polibutadiene. L’interno del guscio, che viene a contatto con le superfici dell’arma, è rifasciato da un sottile film in Lorica, una pelle sintetica hi-tech dalle elevate caratteristiche di resistenza alle lacerazioni, agli strappi, allo sfregamento e agli agenti atmosferici. Tutte le viti utilizzate per l’assemblaggio sono a disegno specifico torx - incavo a forma di stella a sei punte - espressamente prodotte per l’azienda con finitura nikelata nera. La fondina è disponibile di base nei colori black, white, olive drap e desert sand, ma è possibile ottenere, per quantitativi apprezzabili, colorazioni personalizzate su richiesta del cliente.
LIVELLI DI RITENZIONE DI SICUREZZA Il sistema di ritenzione dell’arma in fondina è stampato per presso-fusione con Nylon 6 caricato con fibra di vetro, che garantisce altissima qualità e resistenza nel tempo, mentre le parti metalliche sono in acciaio inox. La fondina ha un livello III di ritenzione assicurato da un laccio superiore, disattivabile con un semplice movimento dell’utilizzatore al quale, per una maggior sicurezza, è stato incorporato un meccanismo aggiuntivo di bloccaggio. Quest’ultimo consiste in una la leva a due posizioni che, collocata verso l’alto, blocca il laccio superiore impedendone il movimento. Per estrarre l’arma dalla fondina il dito pollice deve premere leggermente il laccio superiore in direzione laterale, facendo forza sull’apposita sagomatura zigrinata, e contemporaneamente spostarlo in avanti. Questo movimento naturale, più facile da eseguire che da descrivere, permette una presa dell’arma sicura
STIVALETTI TATTICI BLACKHAWK LIGHT ASSAULT Leggerissimi, confortevoli, ideali per operazioni anfibie o per il training. Tomaia in rete tridimensionale, traspirante e anti-abrasione, mista a microfibra sintetica per una rapida asciugatura. Sistema “no-tie” per il fissaggio dei lacci in nylon preformato, con taschetta a scomparsa. Soletta interna preformata in Ortho-lite®, con trattamento anti-microbico e lavabile. Rivestimento interno in Dry-lex® per l’espulsione dell’umidità ed una rapida asciugatura della scarpa. Sono presenti dei rinforzi sul tallone e in punta. Suola in Vibram® “Trail run” resistente agli idrocarburi. Colori disponibili coyote tan e black, taglie disponibili dal 38 al 49. Mad Max & Co. – www.madmaxco.com
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TEST BY TNM TEST BY TNM TEST BY TNM TEST BY TNM TES OCCHIALI TATTICI ARSENIK TOP VIEV Caratterizzati dalla montatura colore nero opaco in TR90 Grilamid e dalle lenti intercambiabili in Spektra® AR. I terminali ed il nasello regolabile sono costruiti in megol. È presente, sulla parte superiore della montatura, una striscia parasudore. Sono corredati, oltre che dalla lente scura, anche da una lente arancio (scarsa luce o nebbia) e da una trasparente (per operazioni notturne). È possibile montare un modulo optional per lenti da vista. Vengono commercializzati con un astuccio rigido in neoprene ed uno morbido in microfibra, utile per la pulizia veloce. Arsenik Italian Optic – www.arsenik.it
Particolare della fondina con l’operatore seduto
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e corretta. Il laccio superiore deve essere ruotato e riportato nella posizione di bloccaggio ogni qualvolta si inserisce l’arma all’interno della fondina, al fine di poter usufruire di tutti i sistemi di ritenzione. MODULARITÀ Il “corpo” della fondina è al 100% intercambiabile con tutti i moduli predisposti per il fissaggio già prodotti per la Ghost III. Modularità assicurata da un alloggiamento “a binario” sul blocco fisso e da una guida in nylon, con rostro di aggancio in alluminio anodizzato, posizionato sul retro del corpo fondina. Soluzione che rende il prodotto economicamente conveniente, in quanto, in caso di cambio di mansioni dell’operatore, si provvede alla sola sostituzione del modulo, e lo stesso può quindi mantenere inalterate le tecniche di estrazione acquisite con l’addestramento. Non ultimo, il vantaggio che si ottiene in caso di sostituzione del modello di arma, dovendo solo sostituire il corpo fondina mantenendo tutti i moduli già in dotazione. SISTEMA D.M.S. (Dual Mode System) Questo semplice ma ingegnoso sistema permette l’inserimento dell’arma con o senza la torcia applicata sul rail di fissaggio posto sotto il fusto, ottimizzando
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La fondina abbinata al modulo M.O.L.L.E
tutte le esigenze operative ambientali dell’utilizzatore. Il dispositivo consiste in un traversino in acciaio girevole, posizionato nella parte posteriore della fondina che, ruotato quando la pistola è priva dei dispositivi tattici, blocca la parte inferiore della guardia del grilletto, completando quindi la ritenzione. REPORT DELLE PROVE La fondina in esame è l’evoluzione della ormai più che collaudata ed apprezzata Ghost III della quale, come già detto, può utilizzare tutti i moduli di fissaggio. Sicuramente il modulo cosciale e quello di applicazione ai pals del sistema M.O.L.L.E. - MOdular Lightweight Load-carrying Equipment – per le loro peculiarità, sono i più indicati per l’utilizzo da parte di reparti speciali di polizia o militari. Le prove di impiego effettuate hanno
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L’OROLOGIO MTM GREY COBRA TITANIUM BAND Cassa in titanio del diametro di 47,5 mm. (senza corona), spessore di 15,5 mm e fondello a vite in titanio con un peso totale di soli 201 gr. Corona a vite di bloccaggio a spinta verso il basso con chiusura ermetica in titanio. Ghiera girevole unidirezionale in titanio. Vetro zaffiro antigraffio e anti riflesso. Impermeabile fino a 660 ft. - 200 Mt. Lancette e numeri super luminosi SuperLuminova C1. Bracciale in titanio con chiusura di sicurezza firmata regolabile in maniera semplicissima mediante kit chiavi Allen in dotazione. Chiusura deployant con fissaggio a perno, chiusura di sicurezza ed apertura a pulsante. Il prodotto viene spedito nel modo più sicuro tramite Watertight Seahorse Box. R.B. Componenti - www.specialopswatch.it CORPETTO MODULARE TATTICO ICV – INTEGRATED COMBAT VEST sviluppato su specifiche ed in collaborazione con la II^ Brigata Mobile dei Carabinieri è compatibile con i pannelli balistici Burgman SG1. La struttura principale è in Cordura® 1000 denari e la fodera interna in rete tridimensionale traspirante. Il prodotto può essere fornito, a richiesta del committente, completo di kit balistico IIIA in Honeywell GoldFlex® secondo normativa NIJ. Tutte le superfici sono ricoperte da un allestimento di fissaggio universale – BCM – compatibile con il sistema MOLLE. In due tasche esterne possono essere contenute delle piastre rigide aggiuntive (SAPI). Le spalle ed i fianchi sono regolabili, nella zona pelvica sono collocati due anelli per il fissaggio di una piastra esterna aggiuntiva ed è presente una maniglia dorsale per l’estrazione in caso di necessità. Special Equipment - www.specialequipment.eu AZIENDA GHOST INTERNATIONAL Srl www.ghostinternational.com TIPOLOGIA PRODOTTO Fondina modulare tattica destinata a contenere pistole con o senza dispositivi di illuminazione/laser.
permesso di apprezzarne le qualità ed il confort sia a bordo di automezzi, che durante le operazioni di salita e discesa dagli stessi. Il modulo cosciale, rifasciato internamente con materiale antiscivolo, permette, inoltre, uno stabile fissaggio alla coscia dell’operatore, impedendo al sistema fondina di spostarsi e ruotare anche durante le concitate fasi tattiche come il C.Q.B. e le “Dinamic Entry”. Il modulo M.O.L.L.E., costituito in ABS, permette anch’esso un solido assemblaggio a vest tattici o corpetti tattici corazzati, facilitando le movimentazioni dell’operatore in ambienti ristretti urbani o a bordo di automezzi anche dalle dimensioni contenute. Un minimo di addestramento e confidenza con il sistema di ritenzione, ha permesso di eseguire, con relativa facilità e velocità le tecniche di estrazione, anche simulando situazioni di transizione dall’arma lunga all’arma corta. Altrettanto facile e rapido da eseguire, anche con l’utilizzo di una sola mano, è la procedura di separazione e ricollocamento del corpo fondina nei vari moduli, realizzabile attraverso la semplice pressione di un pulsante. Estremamente solido è risultato, di conseguenza, il sistema di accoppiamento del corpo fondina con i moduli, infatti, non sono stati riscontrati cedimenti o disassemblamenti neppure esercitando energiche trazioni o strappi improvvisi. Concretizzando l’esito delle numerose prove eseguite, mi sento di affermare che il prodotto analizzato è di altissima qualità, emerge per la ricerca dei materiali e per la realizzazione professionale dell’assemblaggio di ogni singolo pezzo. Risultati ottenuti senza l’utilizzo di macchinari automatici ma attraverso le precise operazioni manuali del personale operante in azienda e dal meticoloso controllo di qualità sui pezzi che verranno immessi sul mercato.
MATERIALI Guscio in ABS termoformato. Interno in Lorica. COLORAZIONI Black, white, olive drap e desert sand. MODELLI DI PISTOLE Glock – Smith & Wesson MP9 e MP40, Caracal MODELLI DI TORCE Insight Technology M6, Surefire X200/X300/X400, Leepers ELP223, Glock GTL-10 Tactical Light.
La fondina abbinata al modulo cosciale
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SUPER CUSTOM SUPER CUSTOM SUPER CUSTOM SUPER CUSTO
DI FRANK RED
Custom TLE/RL II LAPD® SWAT
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USTOM SUPER CUSTOM SUPER CUSTOM SUPER CUSTOM SUPER CUSTO
Particolare delle mire Altrizio
A seguito delle sommosse popolari a sfondo razziale, verificatisi nell’agosto del 1965 a Watts area metropolitana di Los Angeles - e protrattesi per sei giorni, ci fu un generale aumento della violenza per le strade della grande città. Sorse, quindi, la necessità di fornire un valido aiuto agli agenti di polizia che pattugliavano le strade e nel 1967, il locale dipartimento di polizia iniziò ad organizzare ed addestrare i primi team tattici. Nacque il quasi “magico” acronimo SWAT Special Weapons and Tactics!!! Nelle fasi iniziali della formazione, gli operatori dei team, furono equipaggiati con revolver in calibro 38 Special, quale arma da fianco. Gli operatori ambivano però a qualcosa di più affidabile e dotato di maggiore “stopping power” quindi ottennero il permesso di adottare una pistola semiautomatica in calibro 45 ACP. Purtroppo, di li a breve, si scontrarono con i carenti bilanci dell’amministrazione comunale. La pistola approvata fu il modello Colt 1911 e le prime assegnazioni si ottennero grazie alle armi sequestrate alla delinquenza comune. Negli anni successivi, dovendo uniformare la dotazione, ebbe inizio una sperimentazione su molti modelli di 1911 e relativi cloni che vide un unico vincitore: la Kimber Custom II, arma selezionata per le ottime caratteristiche di affidabilità e qualità degne delle più costose pistole custom. Attualmente il LAPD® SWAT Team è equipaggiato con il modello più recente di quest’arma, denominato TLERL II, che incarna le medesime caratteristiche della prima versione con l’aggiunta di un rail Picatinny a norma MIL-STD 1913 per il montaggio di torce tattiche e sistemi di puntamento laser. È dotata del sistema di sicurezza standard Kimber denominato Mark II Firing Pin Safety System, operativo tramite la sicurezza sull’impugnatura che disconnette automaticamente il grilletto dal percussore quando non viene premuta. L’arma, inoltre, è equipaggiata di serie con mire fisse Meprolight al trizio, azzerate combat ready a 25 yarde, ed adatte al tiro in scarse condizioni d’illuminazione.
SPECIFICHE Calibro: .45 ACP Altezza complessiva: 13,35 cm Peso con caricatore vuoto: 1110 gr Lunghezza: 22,1 cm Capacità del caricatore: 7 STRUTTURA Materiale: acciaio Finitura esterna: nero opaco Larghezza: 3,25 cm Parte frontale dell’impugnatura: zigrinata Rail: Picatinny MIL-STD 1913 CANNA Lunghezza: 12,7 cm Materiale: acciaio Finitura: acciaio inox ACCESSORI SPECIALI • Mire fisse Meprolight al trizio 3-dot • Guancette in materiale sintetico nero G10 con finitura Double diamond • Cane e grilletto alleggeriti, quest’ultimo tarato di fabbrica a 5.0 libbre – 2,26 kg www.kimberamerica.com
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Il nostro tester Gaspare Grenga mentre prova la Mark 23 dalla distanza di 20 mt
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DI ROBERTO GLORIA E GASPARE GRENGA
HECKLER & KOCH
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La Mark 23 riposta nella sua valigetta
Bersaglio di prova fornito dalla casa madre, di corredo all’arma
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L’arma corta per uso militare è intesa come ultima difesa personale o da utilizzare in azioni dove l’uso di quella lunga non è agevole, come per esempio il CQB o di combattimento ravvicinato: azioni di neutralizzazione silenziosa, scorta, utilizzo dall’interno di mezzi di trasporto ecc. L’esercito USA ha da tempo adottato la beretta 92 con la sigla M9, il cui calibro è il 9mm parabellum o 9x19. Fin dal principio la scelta è risultata poco gradita, sia per l’adozione di un prodotto non “made in USA”, sia per un calibro inferiore rispetto al 45 di vecchia adozione. La Beretta M9 ha fama di grande affidabilità nell’utilizzo generico ma questo non è considerato sufficiente per i reparti speciali (ad esempio la SWAT) che necessitano di maggior potenziale offensivo. Secondo la concezione europea un colpo di pistola può avere una lesività inferiore rispetto ad un’arma lunga, mentre per gli americani un colpo di pistola dev’essere risolutivo quanto quello di un fucile. Di qui il desiderio di tornare al cal. 45, magari con qualcosa in più. Le performance appena descritte sono state le basi per la ricerca della nuova pistola che portò, nel 1991, al varo del progetto dell’US SOCOM (Comando statunitense per le operazioni speciali) per lo sviluppo di una “Offensive Handgun Weapon System” (OHWS), una pistola in grado di offrire un potere d’arresto pari a quello di un’arma lunga, in grado di soddisfare le esigenze dei reparti speciali. La ricerca si sviluppò dunque in due direzioni, verso un’arma più moderna rispetto alla 1911
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e verso una munizione più performante dell’ormai centenario 45acp con caricamento classico da 230grs. Si concluse che la miglior soluzione sarebbe stata l’adozione del 45acp +P. Com’è noto vinse l’HK con il modello Mark23 che fu distribuito dal 1996, surclassando la Colt, favorita di casa, che produsse una derivata della 1911 dotata di doppia azione con la quale si aggiudicò comunque un terzo della commessa poiché si classificò seconda. Dal 28 luglio 2010 la produzione della Mark23 è definitivamente cessata. Le dimensioni della Mark23 hanno generato alcune critiche che hanno portato l’HK a produrre una versione più piccola, la USP Tactical, che ne conserva le prestazioni e riunisce la leva abbaticane con la sicura e la USP compact tactical. La Mark 23 smontata
CARATTERISTICHE DELLA MARK23 • Ring di centraggio canna e rigatura interna poligonale; • Scatto grilletto match grade; • Carrello macchinato dal pieno in un sol pezzo; • Leva di abbatti cane sul fusto ambidestra e separata da comando sicurezza; • Portabilità in condizion one (carica e sicura) in singola azione; • Sistema di riduzione del rinculo; • Resistenza alla corrosione; • Fusto in fibra polimerica rinforzata; • Guardia grilletto dimensionata per uso con guanti; • Slitta inferiore per montaggio accessori; • Sgancio caricatore ambidestro; • Sgancio carrello maggiorato; • Estrattore con avviso camera carica. Oltre che essere affidabile, l’arma, deve essere utilizzabile con silenziatore anche se bagnata, poter utilizzare strumenti di puntamento laser (visibile/ invisibile) e lampada per consentire la collimazione anche se l’operatore utilizza visori notturni. Nei primi modelli, coassialmente al perno dell’hold-open, era presente anche una seconda leva che, quando spinta in alto, si inseriva in uno scasso del carrello, bloccando il ciclo di riarmo per ottenere un maggior potere di silenziazione (mancando lo slam del
Notare le generose dimensione della molla di ritorno della Mark 23
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Particolare dei leveraggi (sicura e abbatticane)
Particolare dello scatto visto dall’alto
ciclo di funzionamento e per il completo sfogo dei gas all’interno del silenziatore). Data l’alta efficienza dei silenziatori in cal 45, il dispositivo si rese inutile (anche nelle munizioni a palla pesante +P la velocità non supera i 1000fps).
ESAME DELL’ARMA L’aspetto è davvero imponente (anche se il porto occulto è sempre possibile), la prima cosa che colpisce è il carrello massiccio. L’impugnatura ad una mano è possibile solo per mani grandi ed il foro del ponticello è quanto mai ampio, per permettere l’utilizzo di pesanti guanti invernali. Impugnando l’arma a mani nude la prima sensazione è di fastidio dato dalla zigrinatura dell’impugnatura, estremamente aguzza, che però rende la presa ferrea in ogni
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condizione. La canna è lunga ben 5 pollici ed ha rigatura poligonale, cosa che aumenta la velocità della palla, ne riduce l’usura e migliora la precisione. Il funzionamento dell’arma segue il collaudato sistema Browning, che consiste in uno zoccolo sotto la canna con un’asola in cui il traversino di smontaggio effettua, per contrasto, il movimento di svincolo del carrello dopo un breve arretramento solidale. L’appoggio del carrello avviene invece sulla parte superiore della camera di scoppio, abbassando al livello minimo la distanza del punto bloccaggio rispetto all’asse di canna. La canna sporge dal fusto ed è filettata, per accogliere il silenziatore (che in un primo momento era prodotto dalla Knight Armament), e nella parte finale è inserito un o-ring (che ha la funzione di mantenere costante il riposizionamento della canna nella parte anteriore del carrello ad ogni colpo). L’o-ring è facilmente sostituibile quando usurato e ne vengono forniti diversi (si possono utilizzare anche quelli comunemente in reperibili in commercio) inoltre l’arma può funzionare anche senza. Il recupero del carrello è dato da un sistema di molle progressive che permette di gestire il munizionamento di maggior potenza, consentendo tuttavia l’arretramento manuale senza troppo sforzo. Quest’innovazione fa sì che la maggior energia del munizionamento +P non scarichi il contraccolpo del carrello sul fusto. Il fusto è in materiale plastico ad alta rigidità, con comandi di generose dimensioni, ma non ingombranti o sporgenti da costituire intralcio o disturbo. Il caricatore porta 12 colpi. Mire ampie, facilmente acquisibili anche in scarse condizioni di luce, sono fornite anche in fibra-trizio, eliminando così le problematiche connesse all’utilizzo in condizione di scarsa visibilità. Per poter essere usata anche quando si indossano i visori notturni, nella parte inferiore del durst cover è presente la rail, introducendo, per la prima volta sulle armi corte, l’utilizzo di lampade-laser, ritenute indispensabili nel CQB. L’eccellenza della meccanica HK si manifesta nel gruppo di scatto, dotato di leva abbatti cane grande e separata dalla leva di sicura azionabile dal pollice. L’intero gruppo di scatto è modulabile, secondo le preferenze dell’utilizzatore (agendo sui meccanismi si possono avere la sola doppia azione, l’azione mista o l’azione singola). La
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Roberto Gloria mentre ingaggia la sagoma a 10mt
doppia azione è priva di impuntamenti ma molto leggera (in singola azione ha un di peso di 2000gr netti e puliti). L’assenza di grattamenti o impuntamenti permette un buon controllo dello scatto. Il comando di sgancio caricatore, posto alla base del ponticello, è composto da una leva integrata nel profilo ed azionabile, abbassandola, da ambo le parti. Questa scelta, anche se meno veloce di quella adottata sulla mod. 1911, è motivata dal funzionamento ambidestro ed è vista in funzione dell’utilizzo di guanti protettivi (tenendo conto che l’uso militare non è basato sulla velocità di cambio caricatore). La finitura dell’arma è di un bel colore nero opaco, il carrello viene nikelato e trattato con Cernit 50 che la rende particolarmente resistente all’usura, agli sgraffi ed all’ossidazione in ambiente salino. Tutte le parti metalliche interne sono nikelate. La plastica del fusto e dei caricatori contribuisce alla riduzione del peso ed alla corrosione.
TIRO Abbiamo provato l’arma con la collaborazione di Roberto Gloria, abile Master IDPA, FIAS, Istruttore Tiro Operativo dell’ASO (Accademia Sicurezza Operativa) ex Tuscania e attualmente opera come specialista nel gruppo Resurgit, e di Gaspare Grenga campione di tiro IPSC e FIAS nelle varie specialità ed ospiti nel Club Vadolamola. L’arma oggetto della prova si presenta una valigetta in alluminio contenente la pistola con due caricatori con corredo e la rosata di fabbrica, ottenuta con rest alla distanza di 25 mt, con munizioni UMC 230grs (praticamente un solo foro). Disponendo della prova on rest di fabbrica, il test si è articolato alla distanza classica di ingaggio di 10 e 20 mt, a due mani, senza appoggio e con due tipi di munizione (la 45 acp e la 45 acp +P) per circa 300 colpi, allo scopo di
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Rosata effettuata a 20mt
verificare la capacità di assorbimento del caricamento maggiore e la gestibilità dall’arma anche con munizioni fiacche e da parte di più tiratori di comprovata capacità con tiro in successione veloce. Per i risultati valgono le rosate ottenute più di ogni commento. Lo scatto, come abbiamo detto, è abbastanza duro e lungo in doppia azione, ma i colpi successivi sono stati esplosi in velocità, senza che la sensazione di rinculo fosse eccessiva, piazzando tutti i colpi dentro il centro del bersaglio da IDPA, alle distanze citate. Abituarsi allo scatto in azione singola, tuttavia, non è cosa agevole ed ha provocato alcuni colpi strappati. Anche lo sgancio caricatore risulta insolito ed è più agevole usare l’indice della mano forte oppure il pollice della mano di sostegno. Le rosate migliori, ovviamente, oltre che in tiro con cadenza più lenta, sono state ottenute con le munizioni +P che volano più in alto e ben in mira. Abbiamo avuto la netta sensazione che l’arma fosse in grado di digerire caricamenti più spinti di quelli disponibili, grazie alla possente molla di recupero. A riprova di quanto detto, i bossoli sono stati espulsi a circa 1,5 mt. dal tiratore, verso l’alto (scelta che evita di mandarli in faccia al compagno). I bossoli di risulta sono privi di segni d’annerimento e sfiancamento a riprova di un timing ben calibrato. La fondina necessaria per il porto è ovviamente una maggiorata che però consente una facile presa dal fianco. L’impugnatura, per evitare il fastidio delle cuspidi troppo aguzze, è stata mitigata da una passata di tela abrasiva che ha riportato la grippabilità a valori più confortevoli. La lunga linea di mira favorisce il tiro semplicemente
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puntato, almeno fino a 10metri, anche se è pratica da non adottare oltre i 3-5 metri. La precisione è strabiliante, utilizzando un semplice O-ring si è ottenuto che a 25 mt, la pistola, è in grado di fare rosate di cinque colpi pari un solo buco allargato (cosa normalmente ottenibile solo con armi custom) e superando di gran lunga la specifica richiesta.
LA MUNIZIONE I caricamenti del 45 acp sono quanto mai molteplici e spaziano dai 117grs ai 260 grs. Lo standard militare è quello dei 230 FMJ a 850fps pari a 260mt/sec. che esprime un PF di ben 195,5. I caricamenti standard sono con palla da 185grs. 200grs e 230 grs. Il 45+P è la stessa munizione, ma con caricamento maggiorato, secondo lo standard SAAMI la pressione massima di 21.000 psi e per il 45+P 23.0000 psi. Attenzione, il 45 standard ed il +P hanno le stesse dimensioni: sconsigliamo vivamente l’utilizzo di munizioni +P in armi che non siano state progettate o preparate specificatamente in questo calibro, le maggiori pressioni possono causare danni all’arma e lesioni all’utilizzatore. Anche se esternamente le due munizioni appaiono uguali, il bossolo è molto più robusto, specie nella porzione vicino al collarino, che è la parte meno supportata dalla camera di scoppio in alcuni modelli tipo Colt (per la presenza della rampa di alimentazione, che serve ad evitare lo sfondellamento, l’esplosione del bossolo in quella zona o l’anticipazione dell’apertura con conseguente proiezione di frammenti
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Roberto Gloria mentre ingaggia la sagoma a 20mt
verso l’utilizzatore). Il maggior spessore nella parte del bossolo vicino al collarino, comporta un minore volume interno disponibile per la polvere che si traduce in maggior pressione d’esercizio. Per il sistema Colt 1911 si adottano sistemi di molle da 20lbs contro i 14-16 lbs delle munizioni normali. Le munizioni con caricamento +P si riconoscono per il punzonamento sulla base della scritta +P. L’uso di munizioni +P in molti modelli di armi standard, non tarate sulle pressioni più alte, può causare danneggiamenti o accorciamento della vita operativa dell’arma. Se il cal 45 è già un ottimo ed indiscusso stopper, che basa la sua efficienza nel peso e diametro di palla, il caricamento maggiore unisce il vantaggio dell’espansività, rendendolo in grado di essere una munizione altamente efficiente nelle configurazioni Hallow Point. L’espansione, per avere effetto, deve avvenire entro i primi cm in tessuto Particolare della rosata a 10mt vivo. Per risolvere il problema si è dovuto ricorrere alla diminuzione del peso dell’ogiva e realizzare palle monolitiche in lega che aumentano il diametro alla dimensione massima, senza perdere peso per frammentazione, così da garantire contemporaneamente all’espansione, la penetrazione. Il caricamento +P invece somma le due soluzioni. Gli operatori delle forze speciali di polizia tendono a preferire munizioni leggere e di massima espansività come le 160grs. Solid. I militari preferiscono il potere d’impatto con palle da 260grs., perché protezioni individuali, vest e caricatori possono limitare penetrazione ed espansione, per cui ci si affida al konck down di una palla pesante e ben spinta per avere la garanzia che nemico venga atterrato da quello che possiamo chiamare una “mazzata” con Power factor di oltre 220, pur mantenendo una buona efficienza di silenziazione. Il comportamento allo sparo, con le munizioni standard, si è rilevato molto dolce e praticamente assente il rilevamento. Con il caricamento +P si è avvertita la spinta finale della seconda molla per attutire il carrello sul fusto, comunque dominabile e senza particolare rilevamento. Le mire sono davvero un capolavoro di acquisibilità. La nostra impressione finale è che si tratti di un’arma corta di estrema potenza ed affidabilità. Non abbiamo potuto condurre un test più accurato, con prove d’immersione in acqua etc., ma siamo convinti che l’arma abbia surclassato tutte le specifiche richieste per essere affidata nelle mani di un operatore che compie missioni ad alto rischio, fornendogli potenza e precisione.
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PMS’C PMS’C PMS’C PMS’C PMS’C PMS’C PMS’C PMS’C PMS’C Afghanistan 2010. Anche i membri dell’esercito regolare sono spesso impegnati all’addestramento delle forze di polizia
DI GIANPIERO SPINELLI
CIVILIAN POLICE INTERNATIONAL Uno degli aspetti più delicati, nelle operazioni di ricostruzione post-conflict, è sicuramente il ripristino della legalità e di tutte quelle forze demandate a questo delicato compito. Questa tipologia d’impiego è complessa e rappresenta uno sforzo incredibile: operatori “stranieri” devono istruire personale nativo di qualsiasi estrazione sociale, politica e religiosa a quelli che sono gli impieghi di polizia. La selezione del personale che dovrà far parte delle nuove forze di polizia di un paese appena uscito da un conflitto non è assolutamente facile, visto che molti, con la fine delle ostilità, cercheranno di acquisire quella parte di potere che gli è stata negata in precedenza. Inoltre è necessario assicurarsi che gli operatori, rivestendo compiti di polizia, non approfittino della situazione per vendette o regolamenti di conti. Per questo motivo, il livello di affidabilità dei partecipanti alle nuove forze di polizia, deve essere verificato e soprattutto controllato. TNM ••• 112
Svariati paesi hanno inviato le proprie forze di polizia o PMS’C ( Private Military & Security Company ) per formare le nuove forze di polizia nei paesi più disparati. Iraq, Afghanistan, Kossovo, Bosnia Erzegovina, Timor Est e Colombia sono solo alcuni dei teatri dove questi “police mentor” (così sono denominati i police officer o i contractor impegati in questo tipo di operazioni) hanno operato negli ultimi anni con risultati davvero strabilianti. Ciò che più ha sbalordito la comunità internazionale è stato l’utilizzo di PMS’C che operano in paesi ad alto rischio, garantendo il ripristino delle leggi e dell’ordine democratico. Ovviamente le PMS’C operano al servizio di agenzie federali, di dipartimenti (ad es. US.Department of Defense ) o di organizzazioni internazionali quali ONU ed OSCE, che autorizzano questo tipo di operazioni e soprattutto le finanziano, dando una legittimità al loro impiego. Dyncorp Intenational, Aecom, Cruccible Kroll,
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Iraq 2006 - Operazione Iraqi Freedom. Operatore di una PMS’C durante la fase di addestramento al tiro dei futuri membri della Polizia Irachena
Iraq 2010. Operatori della forza di polizia di Baghdad
sono solo alcune delle PMS’C che da sempre sono impiegate in questo delicato compito. Grandi capacità di comunicazione e capacità di creare “Liason” sono caratteristiche fondamentali per garantire il successo delle operazioni “Heart & Mind”, indispensabili per far sì che le popolazioni native possano accettare la presenza di personale straniero armato che in qualche modo possa addestrarle ed in un primo momento gestirle. Il successo delle PMS’C nei programmi CIVPOL è rappresentato dal fatto che, non essendo organi o forze armate militari, vengono viste in maniera differente dalle popolazioni native, che molte volte tendono ad integrarsi, riconoscendogli un impiego del tutto civile perciò loro più vicino. La presenza di militari stranieri, in un paese appena uscito da una guerra, rappresenta sempre un elemento di “disturbo” ai fini della ripresa delle attività democratiche proprie di quel determinato territorio. Inoltre la maggior parte dei police mentor contrattati dalle varie PMS’C arrivano in questi teatri dopo la fine delle ostilità, sempre in seguito a programmi di cooperazione e sviluppo, perciò sono visti dalle popolazioni civili come estranei al conflitto. Anche in questo settore ci sono stati problemi dovuti al comportamento poco consono di alcuni “contractor”, tuttavia, il servizio prestato da queste compagnie è da considerare positivo. L’organizzazione delle nuove forze di polizia in paesi appena usciti da un conflitto è un compito assai arduo, necessita di figure professionali altamente specializzate, in grado di formare e gestire grandi unità armate, inculcando quel principio di responsabilità e soprattutto del rispetto delle leggi che molte volte in questi paesi viene trascurato. Infatti, durante le ostilità, il rispetto delle leggi è unicamente affidato alla propria coscienza ed a nessuna legge. Ciò fa riflettere su quanto possa risultare complicato formare uomini ed inculcare loro il rispetto delle leggi. Molte volte la differenza culturale, legata a tradizioni locali, crea ulteriori difficoltà nell’imporre leggi nuove e procedure di polizia che fanno parte della cultura tipicamente europea e nord americana. Questo fa parte di quel concetto di esportazione della democrazia che in questi ultimi anni è stato alla base di tutte le operazioni nelle quali è impegnata la comunità internazionale. Il CIVPOL è sicuramente uno dei programmi di sviluppo più importanti all’interno delle operazioni di “Peace Keeping” e rappresenta uno dei fondamenti per il ripristino della legalità. Questo compito, ad oggi, viene spesso affidato alle PMS’C che contribuiscono, insieme ai governi, alla stabilità dei paesi in oggetto. Sostanzialmente tutto ciò è la riprova di come le attività delle PMS’C siano assolutamente legali e sempre di più richieste dalla comunità internazionale. TNM ••• 113
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FOX TRACKER UTILITY AND SNIPER KNIFE TNM ••• 114
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La Fox ha sede in Maniago, una cittadina a nord di Pordenone, ed è stata fondata nel 1977 da Oreste Frati. Grazie alla sua innata passione per il settore ed alle sue capacità manageriali l’Azienda si è subito affermata sul mercato nazionale ed ha progressivamente incrementato il suo successo all’estero. Infatti i prodotti Fox sono apprezzati anche in Paesi europei come Germania e Spagna, dove la produzione locale lascia poco spazio ai prodotti di importazione. Nel 2008 la Fox ha anche ottenuto la certificazione ISO 9001:2008. Nasce in quell’anno la Euro Knives Italia che si specializza nella progettazione e produzione di coltelli a lama chiudibile tecnologicamente innovativi. Nel 2009 la Casa di Maniago decide di fondare la Fox Knives USA. Un’impresa molto coraggiosa in quanto il mercato americano è sicuramente il più importante al mondo ma anche il più difficile a causa della spietata concorrenza delle aziende nazionali ed estere. Ma, come dice un vecchio detto, la classe non è acqua.
Grazie alla pluriennale esperienza settoriale ed alla profonda conoscenza dei materiali e dei processi di lavorazione, i prodotti Fox sono stati subito apprezzati sia dagli appassionati che dai professionisti e l’incessante sforzo che l’azienda dedica alla progettazione è una garanzia di successo anche per il futuro. Guardando i numerosi coltelli a lama fissa prodotti dalla Fox siamo stati attratti dalla accattivante linea del Tracker; uno “small camp knife” estremamente versatile ma chiaramente destinato all’utilizzo di personale militare. La lama del tracker è un vero capolavoro di design. La sua conformazione richiama le forme del Kukri, ma è evidente che la vera musa ispiratrice di questo coltello è il Tracker di Tom Brown, utilizzato nel noto film con Tommy Lee Jones. La lama del Tracker ha una configurazione drop point a tre ordini: la parte più prossima alla guardia ha un’altezza di circa 3 cm. ed il filo è concavo. I biselli di questo tratto sono quelli con angolo più ottuso e, pur mantenendo una buona penetrazione, si prestano a tagli gravosi ed al batoning. Il tratto successivo ha una altezza di 4,5 cm. nella sua parte prossimale e si riduce a 3,5 cm nella parte più distale. Il filo è leggermente convesso ed i biselli formano un angolo molto più acuto conferendo una maggiore capacità di taglio. Lo spessore della lama è di 5,7 mm. e si mantiene tale nei primi due tratti. Il terzo ordine, la punta, ha una conformazione “tanto”, è lunga 25 mm. e l’angolo formato dal filo rispetto al dorso è di 75° circa. Queste misure conferiscono alla punta del Tracker una sufficiente capacità di penetrazione ma soprattutto una buona robustezza se sottoposta a flessione forzata durante le leve. La lunghezza complessiva della lama, se la si misura partendo dalla guardia inferiore, è di 14,5 cm. Partendo dalla guardia superiore, che è più avanzata, la lunghezza è 12,5 cm. Il dorso della lama presenta una gradevole fresatura degli spigoli che incrementa ulteriormente la bellezza del design. La bilanciatura del Tracker è leggermente avanzata ed il fulcro è posizionato 1,5 cm. davanti al ramo di guardia inferiore. La guardia è a due rami disassati. Il loro posizionamento e la conformazione anatomica del manico privilegiano la modalità di impugnatura da combattimento: il pollice disteso si posiziona perfettamente sul dorso zigrinato del manico. Gli incavi per le altre quattro dita sono dislocati perfettamente e permettono una presa salda e confortevole. I rami della guardia fanno da rest anteriore in caso di affondo. Entrambe presentano un foro TNM ••• 115
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per l’inserimento dei lacci da polso. Il codulo del Tracker termina con uno skull crasher forato per l’inserimento del laccio e le sue dimensioni assicurano una buona robustezza in caso di torsione. L’impugnatura avvolgente è in forprene ed ha una porosità molto fine ma sufficiente a scongiurare scivolamenti anche con le mani bagnate. Grazie a due viti a brugola è possibile rimuovere l’impugnatura dal codulo per una eventuale pulizia o per legare il coltello ad un asta. Il Tracker pesa 310 grammi ed ha una lunghezza totale di 28 cm. Come abbiamo appena detto, la conformazione del manico è specifica per la posizione combat. Ciò nonostante, impugnando il coltello in altri modi non si sentono disagi particolari. La consistenza del forprene e le dimensioni non eccessive degli alloggiamenti per le dita non infastidiscono la mano e aiutano ad evitare perdite della presa. L’acciaio utilizzato è il N690Co che assicura una durezza di 58/59 HRC. La finitura è nera opaca antiriflesso e resistente ai graffi grazie ad un trattamento Foxionic a 72/75 HRC. Il fodero è in cordura, di colore nero, in conformazione multi-posizione con sistema MOLLE. E’ dotato di una tasca anteriore per alloggiare la pietra affilatrice, un eventuale
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coltello chiudibile o altri strumenti. L’alloggiamento della lama è un guscio in plastica rigida che può essere rimosso dal rivestimento in cordura grazie ad una vite a brugola posizionata all’estremità inferiore del fodero e che scongiura il pericolo di ferite in caso di rovinose cadute dell’utilizzatore. Pertanto il Fox Tracker si inserisce nella categoria dei coltelli tattici ma anche in quella degli utility. Le dimensioni ed il peso sono sufficientemente contenuti da permetterne un porto agevole. Inoltre la sua robustezza e le sue caratteristiche lo rendono un ottimo coltello per escursionisti, campeggiatori e cacciatori. Gli angoli dei biselli ed il filo molto tagliente permettono all’utente di effettuare tagli accurati e minuziosi. L’impugnatura lo rende idoneo anche all’uso da parte di personale militare o di security che debba operare in zone impervie; però, come coltello da combattimento, rimane un po’ penalizzato dalla limitata capacità di penetrazione. In ogni caso il Tracker della Fox va anche apprezzato per la bellezza della sua linea. E’ un bell’oggetto che sicuramente non tradirà le aspettative dell’utilizzatore ma può fare la sua bella figura anche in una collezione di coltelli tattici.
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IL NUOVO METODO OPERATIVO PER LE FORZE DELL’ORDINE
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Capitano Jacques Levinet durante una fase di addestramento del ROS
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CAPITANO JACQUES LEVINET Il capitano francese Jacques Levinet, gran maestro di arti marziali (cintura nera, ottavo dan in più discipline, campione nazionale di karate), capitano di polizia ed esperto internazionale di autodifesa e PIT (tecniche di intervento di polizia) con o senza armi da fuoco, ci presenta il ROS, Real Operational System, un rivoluzionario piano di formazione per le forze dell’ordine. Questo sistema viene insegnato nelle accademie di formazione professionale AJL (Accademia Jacques Levinet), sue omonime, in tutta la Francia ed all’estero. ROS: UN METODO RIVOLUZIONARIO E COMPLETO Il ROS per raggiungere una dimensione ed uno status internazionale, considera vari elementi: • Gli aspetti giuridici e politici per le unità di intervento dei diversi paesi, che determinano la scelta della fornitura di armi da difesa per le forze dell’ordine e le condizioni del loro utilizzo (legittima difesa, mantenere l’ordine pubblico, stato d’emergenza, di assedio, di guerra, ecc). • L’aspetto climatico nei diversi paesi, a seconda che siano caldi o freddi, determina l’abbigliamento degli agenti delle forze dell’ordine (come la protezione anti-sommossa, per esempio, per il mantenimento dell’ordine, oppure la semplice jump-suit o la tuta tecnica da intervento). • L’utilizzo di armi non abituali come macete, piccone, katane, coltelli, ecc necessita di particolari tecniche di difesa stabilite dal ROS. Prendiamo ad esempio gli Stati Uniti, dove l’utilizzo delle armi da fuoco da parte delle forze dell’ordine è maggiore rispetto all’Europa. Lì la polizia preferisce “dissuadere” con armi da polso, ed utilizza il “Tonfa” in maniera diversa rispetto alla maggioranza dei paesi europei, che ne ottimizzano le caratteristiche come arma preventiva. Da qui appunto l’arrivo del tonfa e del bastone operativo nel ROS in tutta la gamma dei possibili utilizzi di questi strumenti durante un intervento. I MODULI ROS Il ROS, con l’OT (Operational Tonfa), l’OB (Operational Baton) e l’OGTIP (Operational Gestures and Techniques of Intervention and Protection) ha permesso alle forze di sicurezza di gestire meglio gli interventi in spazi aperti e chiusi, siano essi diurni o notturni, con o senza armi. I moduli sono sviluppati durante l’intero anno con seminari della durata di due giorni e con un esame finale di qualifica professionale. Si concludono con il conseguimento del titolo d’Istruttore ROS. Alcuni titoli sono raggiungibili solo dal personale delle forze dell’ordine, come polizia nazionale e municipale, gendarmi, soldati, guardie carcerarie, guardie del corpo, ed alcuni professionisti della sicurezza. La durata della formazione e quindi il completamento del programma, dev’essere raggiunto al massimo livello, in modo da mantenere alta la reputazione della Jacques Levinet Academy. L’OT (OPERATIONAL TONFA) non contiene tecniche impossibili o irrealistiche. È utilizzato per disarmare un aggressore armato con coltello, armi da taglio o mazze oppure per prepararsi ad un attacco improvviso di un aggressore che spunta da un angolo. Nel tonfa professionale c’è un’impugnatura chiamata “rocker” che blocca, disarma e risponde al tempo stesso. Il blocco e la risposta devono essere simultanei. È una tecnica che facilita l’apprendimento e semplifica i riflessi difensivi. Il
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campo d’azione è l’origine del ROS, motivo per cui le sessioni di formazione sono spesso praticate su asfalto e senza materiali aggiuntivi in gomma. Un aggressore dà sempre la preferenza alla realtà invece che alla simulazione. L’OB (OPERATIONAL BATON) sviluppa nuove impugnature, passive ed attive, con il bastone in posizione d’attacco o meno. L’uso del bastone corto Yawara favorisce una buona impugnatura, grazie alla sua forma conica alla base. Queste tecniche operative offrono la possibilità di esercitare pressione sull’aggressore, effettuare colpi precisi, o bloccaggi in spazi più limitati (come per la closequarter protection). L’impugnatura “rocker” è anche consigliabile nelle sessioni di addestramento con armi pesanti, non solo con quelle in gomma espansa, al fine di avvicinarsi alla realtà dei colpi e delle loro conseguenze. L’OGTIP (OPERATIONAL GESTURES AND TECHNIQUES OF INTERVENTION AND PROTECTION) proviene dal Self Pro Krav, o SPK (un modulo operativo, a mani nude, sviluppato dal capitano ed insegnato in Francia ed all’estero) e dalla Polizia PGTI (Movimenti e tecniche professionali di intervento della polizia) specifico per le forze dell’ordine. L’innovazione dell’OGTIP risiede nella versatilità d’impiego operativo di tutte le armi utilizzate dalla polizia internazionale e la capacità di adattamento a tutte le legislazioni penali dei paesi membri. Questo è il motivo per cui questa nuova e temibile procedura, adattabile sia alle missioni che ai controlli, sta generando sempre più interesse in Europa e nel resto del mondo. La formazione più specifica considera l’aspetto psicologico: saper parlare, negoziare, mantenere la calma, gestire il territorio, valutare i conflitti, saper utilizzare una penna, un ombrello, un bastone, un Yawara, un giornale, una giacca, o qualsiasi altro oggetto che può servire come arma da difesa. Abbiamo prestato una particolare attenzione all’uso delle armi camuffate ed agli atteggiamenti di preconflitto. L’obiettivo dell’OGTIP è di creare una squadra professionale e di saper agire all’interno di essa. Ad esempio, un intervento operativo in territorio ostile con tonfa, bastoni, o a mani vuote deve essere organizzato dall’inizio alla fine con la copertura di armi da fuoco. Un altro esempio, bastoni piccoli e discreti con angoli rotanti d’attacco vengono utilizzati dai criminali con una mano, il ROS ha cercato di trovare il
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modo per contrastarli. Gli attacchi con i nunchaku sono considerati nei ROS, gli interventi migliori per recuperare una persona molto rapidamente in terreno ostile, a questi si può aggiungere l’utilizzo di manette, del tonfa o di bastoni.
Capitano Jacques Levinet insieme ad alcuni membri dello Spetsnaz russo alla fine di un corso ROS
UN PIANO DI VERA FORMAZIONE E DI TITOLI RICONOSCIUTI La Jacques Levinet Academy offre un vero e proprio piano di formazione sul campo per la polizia. Questo grazie a programmi riconosciuti attraverso convenzioni e contratti di formazione professionale con organi istituzionali dello stato. Il capitano offre, alle autorità responsabili della sicurezza interna dei paesi, uno studio adeguato ed un reale piano di formazione, i cui risultati daranno i loro frutti nel tempo. Il corso è diviso in 3 fasi: una formazione iniziale sull’OGTIP, sull’Ot e sull’Ob per tutti gli agenti, così che possanno essere equipaggiati ed addestrati all’utilizzo del tonfa e del bastone telescopico. Continue esercitazioni con gli istruttori ROS al fine di stabilire una formazione continua all’interno delle unità e revisioni annuali per le forze dell’ordine e per gli istruttori ROS. Gli attestati ROS sono unici e completi in quanto uniscono le competenze pratiche del Tonfa e del Bastone Operativo a quelle dell’OGTIP. Da ora in avanti, attraverso il ROS, è possibile mettere in pratica una formazione vera e propria, sia tra le unità di polizia che tra le Forze Speciali, indipendentemente dal paese d’origine. UNA RAPPRESENTANZA INTERNAZIONALE Il capitano Jacques Levinet, fondatore del ROS, è presidente dell’IPC (International Police Confederation), un’organizzazione di polizie internazionali e membro dell’ICPSE (International Confederation of Police and Security Experts). Il capitano scambia e arricchisce continuamente la sua ampia esperienza attraverso seminari in giro per il mondo: Stati Uniti, Canada, Belgio, Ungheria, Giappone, Israele, Argentina, Russia, Danimarca, Spagna, Italia, Senegal, Portogallo, Inghilterra, Austria e così via. Ha diretto seminari speciali ROS per unità speciali come ERIS in Francia, SPETSNAZ in Russia, e GAD in Argentina. Ha portato avanti programmi con la task force OSTTU in Australia, con il TTU Polizia di New York e con la scuola di polizia del Québec. UN METODO DI ALLENAMENTO OPERATIVO Il ROS, insieme ai suoi istruttori, estende la sua professionalità alle forze dell’ordine, per quanto riguarda campi specifici d’intervento riconosciuti a livello internazionale. Detto in altre parole, insegnano solo quello di cui sono maestri, per essere onesti e non vendere solo un altro corso con un titolo che non ha nessun valore sul mercato lavorativo. La formazione delle forze dell’ordine dovrebbe essere prima di tutto, secondo il capitano Levinet, il riconoscimento di una comprovata esperienza sul campo, di combattimento e nel sapersi comportare di fronte ai criminali. Il Real Operational System, con il suo nuovo metodo d’intervento, offre alla forza pubblica nuove tecniche di azione e reazione. Questo grande Maestro, tra i vari seminari, sarà quest’estate in Nord America (Canada) ed in Sud America (Porto Rico e Messico).
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NINJITSU NINJITSU NINJITSU NINJITSU NINJITSU NINJITSU NIN DI GIUSEPPE MORABITO
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Una delle abilità più straordinarie attribuite dalla leggenda agli antichi Guerrieri dell’Ombra, era la loro capacità di “leggere il pensiero” oppure di essere capaci di manipolare la personalità degli avversari fino al punto di forzarli ad ubbidire ai loro ordini. Sebbene questa, come molte altre leggende, non fosse altro che una esagerata visione delle abilità psichiche dei guerrieri Ninja, non si può negare a nessuna filosofia orientale, e tanto meno al Ninjitsu, una veramente profonda conoscenza dell’animo umano. Infatti uno degli aspetti che maggiormente differenzia il pensiero orientale da quello occidentale è appunto un maggiore impegno del primo verso una conoscenza e una speculazione introspettiva e cioè verso il dominio di se stessi, mentre le nostre culture hanno teso più che altro ad una speculazione di tipo positivo-scientifico, ponendosi come obiettivo preferenziale il controllo fisico e tecnologico dell’ambiente che ci circonda. Di conseguenza i Ninja, forse i più validi combattenti che la storia giapponese ricordi, hanno sempre fatto largo uso del potere mentale anche perché consentiva loro di ottenere lo scopo che si erano prefissati senza affrontare i rischi di uno scontro fisico. All’interno di un conflitto era molto più semplice ottenere informazioni conquistandosi amicizie e simpatie nelle fazioni avverse fino ad entrare in confidenza con il nemico stesso, piuttosto che agire con metodi violenti e brutali, come la tortura, le minacce o il ricatto, che tra l’altro avrebbero tradito la presenza di un infiltrato, rompendo la leggendaria “invisibilità” dei guerrieri dell’ombra. Nei loro metodi di allenamento vi è infatti una vasta gamma di esercizi TNM ••• 126
mentali, che portavano il praticante sia verso un totale ed assoluto controllo del proprio io e della propria personalità, permettendogli di modificarne i tratti a suo piacimento secondo le necessità imposte dalla situazione; sia verso una straordinaria capacità di comprensione e analisi della personalità altrui, che gli consentiva di prevedere ogni mossa dell’avversario trovandosi così sempre in vantaggio su di lui. Il loro metodo analitico era basato sul fatto che tutti gli esseri umani hanno le stesse basi psicologiche, le stesse esigenze e gli stessi desideri. Ciascuno di questi rappresenta di conseguenza una potenziale area di vulnerabilità che può essere utilizzata come bersaglio recettore di una volontà imposta che porta nella maggior parte dei casi l’individuo a compiere una determinata azione in risposta ad un determinato stimolo. La personalità umana può essere classificata secondo il Ninjitsu in cinque principi o elementi: terra, acqua, fuoco, vento e vuoto, ai quali è collegato un certo tipo di comportamento. Anche se tutti i cinque elementi sono sempre presenti in ogni individuo, uno tende naturalmente ad essere dominante caratterizzando così una personalità di un certo tipo. La persona sotto l’influenza dell’elemento “terra”, ad esempio, tende a distinguersi per un ostinata tolleranza. La personalità terra cerca sempre di evitare i cambiamenti e a mantenere lo status quo soprattutto per quel che riguarda i rapporti fra se stesso e l’ambiente in cui vive. Quando incontra un ostacolo si blocca e sta ferma. Altre caratteristiche dell’elemento terra sono: passiva sottomissione a forze esterne, tendenza ad accettare critiche e censure dagli altri,
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rigida definizione di giusto e sbagliato, una stoica sofferenza e perseveranza nel dolore, e la tendenza a ignorare tutte le cose che non riguardano direttamente l’individuo. La personalità “acqua” è invece caratterizzata dall’emozione. Sotto questo elemento l’individuo cerca di adattarsi al suo ambiente, ma è incapace di cambiare l’ambiente stesso. Questo tipo di personalità è essenzialmente difensiva. Di solito è accompagnata da un estremo bisogno di dare affetto e di mantenere delle relazioni con gli altri, ha un forte desiderio di nascondere gli errori, e la necessità di colpire favorevolmente gli altri, evita scrupolosamente situazioni che possano causare umiliazione o imbarazzo. La personalità acqua tende ad essere insicura e cerca soprattutto gruppi di persone simili che “seguano la corrente”. Il livello “fuoco” e caratterizzato dall’aggressività e dalla prontezza a spendere energie. Se non è contento delle sue relazioni con l’ambiente l’elemento fuoco cerca attivamente di cambiarlo. Questo tipo di persona cerca sempre di sopraffare e sconfiggere un avversario piuttosto che accettare lo “status quo”. Altre caratteristiche sono: il non fermarsi mai davanti agli ostacoli, un’inclinazione ad usare la forza nel raggiungere gli obiettivi, la necessità dopo un fallimento di fare qualcos’altro, un fortissimo desiderio di controllare l’ambiente, un bisogno vitale di divertirsi e provare piacere. La personalità “vento” è invece benevolenza e comprensione ed è di solito motivata da sogni di idealismo e di amore. Essa cerca il più possibile di evitare conflitti e confronti, e se costretta, risponde solo con azioni difensive. Piuttosto che cercare di cambiare l’ambiente in cui vive l’elemento vento cerca di sottomettersi o di fuggire dalla realtà. E’ la personalità più intellettuale fra tutte e presta curiosità e attenzione per tutte le cose. Altre caratteristiche sono: apertura al dialogo ed alla compassione, un forte desiderio di essere pratico e di aiutare gli altri, una notevole tendenza
all’intellettualizzazione di tutto ed alla composizione di teorie, di solito disposta ad ignorare le regole della società ed a costruirsi un suo codice personale. Il quinto elemento e quello che viene definito “KU” o “vuoto”. Questa personalità era quella prediletta dai Ninja anche perché consentiva la maggiore apertura nei confronti di quei campi che non hanno una spiegazione come la magia e l’esoterismo o il mondo mistico in generale. Il livello “KU” non ha un modello comportamentale prefissato, essendo totalmente sotto influenze naturali e l’individuo Ku risponde con la massima spontaneità alle sollecitazioni. La personalità Ku non cerca cambiamenti ma si unisce all’universo ed è inseparabile da esso. Attraverso l’uso di poteri mistici riesce a sviluppare una consapevolezza dello schema naturale delle cose e ad armonizzarsi con il suo ruolo nel cosmo. In altre parole il Ninja è un entità individuale naturalmente funzionante nello schema totale. Questo stato di illuminazione è chiamato “KIAI” (Captazione in un unico spirito) ed è alla base di tutta la filosofia del Ninjitsu, soprattutto perché non risulta più manipolabile in alcun modo e di conseguenza costituisce una difesa psichica inattaccabile. Il Ninja quindi, una volta stabilita attraverso un attento studio dei comportamenti, soprattutto non verbali (suono della voce, movimenti del corpo, atteggiamenti relativi a varie situazioni, ecc.), quale fosse la linea comportamentale dell’avversario, poteva agendo sui punti deboli della sua personalità portarlo a compiere azioni che fossero in grado di favorire i suoi scopi, oppure prevederne con una notevole esattezza i comportamenti relativamente alle situazioni nelle quali questi fosse venuto a trovarsi. Mentre non sarebbe avvenuto il contrario in quanto la personalità “KU”, quella a cui gli stessi guerrieri invisibili tendevano, proprio per la sua natura indefinibile non era manipolabile, lasciando di conseguenza a questi mistici combattenti un vantaggio assoluto.
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TACTICAL NEWS MAGAZINE Military - Law Enforcement - Security n°3 - marzo 2011 - mensile Direttore responsabile: Giuseppe Morabito Direttore editoriale: Mirko Gargiulo mirko.gargiulo@tacticalnewsmagazine.it Direttore commerciale: Giovanni Petretta giovanni.petretta@tacticalnewsmagazine.it Direttore marketing: Bruno Guarascio bruno.guarascio@tacticalnewsmagazine.it Art director: Matteo Tamburrino Impaginazione: echocommunication.eu Collaboratori: Giovanni Piero Spinelli, Fabrizio Pirrello, Fabrizio Bucciarelli, Davide Pane, Alessio Traversi, Maurizio Martucci, Maurice Gavan, Vincenzo Cotroneo, Gianluca Favro, Gianluca Sciorilli, Inzaghi Arjang, Pasquale Camuso, Iron Sam, Fabio Giangolini, Danilo Siragusa, Gianluca H., Enrico Cerreta, Antonio Merendoni, Fabio Rossi, Gilberto Pauciullo, Max Scudeler, Fabio Garrafa, Pierpaolo Verre, Galdino Gallini, Lorenzo Prodan
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