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WWW.TACTICALNEWSMAGAZINE.IT • TNM n°5
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“POSTE ITALIANE SPA, SPEDIZIONE IN ABBONAMENTO POSTALE DL 353/2003 (CONVERTITO IN LEGGE 27/02/2004 N°46) ART. 1 COMMA 1 LO/MI”
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MILITARY • LAW ENFORCEMENT • SECURITY
MAGGIO 2011 • PERIODICO MENSILE
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ARMI MILITARI ZASTAVA M21
SCENARI OPERATIVI
SOMALIA
TEST BY TNM RONI G1
KAMPFSCHWIMMER KOMPANIE GERMAN COMMANDO FROGMEN COMBAT TRICKS L’USO DELLA TORCIA TATTICA
COLTELLI TATTICI EXTREMA RATIO SOG 1
FIRE TEST SIG-SAUER 551
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GOD BLESS AMERICA L’America di Barack Obama segna un risultato nella lotta al terrorismo che gli Stati Uniti e il mondo occidentale si attendevano dall’11 settembre 2001. È stato eliminato il leader di al Qaeda Osama bin Laden. Il numero uno del terrorismo internazionale autore dell’attentato alle Torri Gemelle. Bin Laden è stato ucciso in Pakistan dalle forze speciali Usa. Secondo alcune testimonianze, riportate sul web, di coloro che si trovavano ad Abbottabad in prossimità della casa fortezza dove è stato ucciso colui che è considerato la mente degli attentati contro gli Stati Uniti, nella notte si sono sentiti gli elicotteri e forti spari, quindi sono arrivate ambulanze a sirene spiegate mentre la gente piangeva ed aveva paura. Negli Usa, la notizia ufficiale è stata annunciata dal Presidente degli Stati Uniti e subito dopo davanti a Ground Zero, migliaia di persone si sono riversate ad esultare per il duro colpo che gli Usa hanno dato al terrorismo internazionale eliminando il leader. Scene di vittoria anche davanti alla Casa Bianca (White House)...Ma era proprio Bin Laden? Dove si nascondeva quando lo hanno ucciso e chi lo ha ucciso? E ancora: Come hanno fatto a scovarlo? Quante persone sono morte? Sono tante le domande che alla notizia dell’uccisione del leader di Al Qaida si sono iniziate a fare e ora cominciano a trovare risposte ufficiali. Andiamo per ordine: dai test del dna effettuati sulla vittima secondo fonti ufficiali, si tratta al 99.9% del corpo di Bin laden che è finito in mano agli americani i quali hanno rispettato la tradizione musulmana seppelendolo in mare ma non rivelando dove esattamente. Quando lo hanno ucciso lo “sceicco del terrore” si trovava nel compound Abbotabad in un complesso residenziale di lusso tenuto strettamente sotto controllo da minacce esterne dove vivevano anche diversi militari pachistani in pensione; nel complesso non era accessibile la rete internet. L’uomo è stato ucciso da un commando Usa che ha ricevuto il preciso ordine di eliminarlo e non di catturarlo. Sono riusciti a trovarlo grazie ad un corriere che lo ha tradito e ha permesso alle forze statunitensi che erano sulle sue tracce da tempo di localizzarlo perfettamente. Dell’uomo non sono state rese note le generalità. L’uccisione è avvenuto dopo un breve conflitto a fuoco nel quale – avrebbero (ancora usiamo il condizonale) perso la vita cinque persone. Ma di domande pronte a essere fatte ce ne sono ancora. Le foto di Osama Bin Laden morto esibite per dimostrare l’uccisione dello “sceicco del terrore” stanno generando un animato dibattito nel mondo. Coloro che hanno avuto l’opportunità di osservarle – come si apprende dal web – rilevano che si tratta di immagini particolarmente cruente e pertanto capaci di generare emozioni molto forti. Si sostiene inoltre che dette immagini sarebbero destinate ad essere fra le più viste della storia moderna. L’effetto potrebbe però essere negativo per gli Americani in quanto la propaganda contro gli Stati Uniti avrebbe in mano delle immagini da usare per animare l’odio verso l’occidente. Sarebbero foto raccapricianti e c’è molto cautela a mostrarle dunque. Vero è che per fugare ogni dubbio sulla morte del leader di Al Qaida, gli Stati Uniti saranno costretti a mostrare le foto di Bin Laden ucciso e il presidente degli Stati Uniti Barack Obama sembrerebbe intenzionato a farne pubblicare solo una. Intanto Leon Panetta ha lanciato il massimo allarme terrorismo sostenendo che “quasi certamente” al Qaeda tenterà di vendicare l’uccisione di Osama Bin Laden. L’organizzazione terroristica ha immediatamente nominato il suo successore nella persona di Al Zawahiri. Mirko Gargiulo
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TACTICAL NEWS MAGAZINE Military - Law Enforcement - Security n°5 - maggio 2011 - mensile Direttore responsabile: Giuseppe Morabito Direttore editoriale: Mirko Gargiulo mirko.gargiulo@tacticalnewsmagazine.it Direttore commerciale: Giovanni Petretta giovanni.petretta@tacticalnewsmagazine.it Direttore marketing: Bruno Guarascio bruno.guarascio@tacticalnewsmagazine.it Art director: Matteo Tamburrino Impaginazione: echocommunication.eu Collaboratori: Giovanni Piero Spinelli, Fabrizio Pirrello, Fabrizio Bucciarelli, Davide Pane, Alessio Traversa, Maurizio Martucci, Maurice Gavan, Vincenzo Cotroneo, Gianluca Favro, Gianluca Sciorilli, Inzaghi Arjang, Pasquale Camuso, Danilo Siragusa, Gianluca H., Fabio Rossi, Gilberto Pauciullo, Max Scudeler, Fabio Garrafa, Pierpaolo Verre, Galdino Gallini, Lorenzo Prodan, Riccardo Braccini, Marco Sereno Bandioli, Carlo Biffani, Giovanni Di Grigorio, Roberto Galbignani, Zoran Milosevic, Alberto Saini Fotografie: Fabrizio Pirrello, Mirko Gargiulo, ISAF, Department of Defense, Stato Maggiore Esercito, OMG, U.S. Navy, LosTempos.com, NATO Multimedia, The National, Command Special Naval Warfare Command, Onu Media Press, Zoran Milosevic Ufficio stampa: Marcello Melca marcello.melca@tacticalnewsmagazine.it ufficio.stampa@tacticalnewsmagazine.it Redazione: redazione@tacticalnewsmagazine.it Periodico mensile edito da: CORNO EDITORE Piazza della Repubblica n. 6 20090 Segrate - Milano - P.IVA 07132540969 Stampa: Reggiani Spa Via C. Rovera 40, 21026 Gavirate (VA) Distributore: Pieroni Distribuzione s.r.l. Viale Vittorio Veneto, 28 - 20124 Milano Registrazione Tribunale di Milano n.509 del 27 settembre 2010 Iscrizione al ROC 20844 Tutti i diritti di proprietà letteraria, artistica e fotografica sono riservati, ne è vietata dunque ogni duplicazione senza il consenso scritto della Corno Editore
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NEWS
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Pirateria
CAA RONI G1
HOT POINT
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REPORT FROM
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FOCUS ON
ESPLOSIVI E TERRORISMO INTERNAZIONALE
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Reparto Elicotteri Operazioni Speciali
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TEST BY TNM
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TACTICAL GADGET AfgHanistan Memorial Knife
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Combat Tricks
L’USO DELLA Torcia Tattica
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COLTELLI TATTICI
S.O.K. della Extrema Ratio
ARMI MILITARI
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Niente è più visibile... dell’invisibile
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SCENARI OPERATIVI SOMALIA CONFLITTO SENZA FINE
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ARTI MARZIALI FIGHT OR FLIGHT
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PMS’C
MARITIME SECURTY CONTRACTOR
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WAR GAME
L’ATTREZZATURA PER INIZIARE A GIOCARE
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AROUND THE WORLD XIX anniversario della strage di Capaci Italia - Fu Buscetta a dirglielo: “L’avverto, signor giudice. Dopo quest’interrogatorio lei diventerà forse una celebrità, ma la sua vita sarà segnata. Cercheranno di distruggerla fisicamente e professionalmente. Non dimentichi che il conto con Cosa Nostra non si chiuderà mai. E’ sempre del parere di interrogarmi?”. La risposta di Falcone: “ Si.. procediamo”. Sono le 17,48 quando su una pista dell’aeroporto di Punta Raisi atterra un jet del Sisde, un aereo dei servizi segreti partito dall’aeroporto romano di Ciampino alle ore 16,40. Sopra c’è Giovanni Falcone con sua moglie Francesca. E sulla pista ci sono tre auto che lo aspettano. Una Croma marrone, una Croma bianca, una Croma azzurra. E’ la sua scorta, erano stati raggruppati dal capo della mobile Arnaldo La Barbera. Una squadra affiatatissima che aveva il compito di sorvegliare Falcone dopo il fallito attentato del 1989 davanti la villa del magistrato sul litorale dell’Addaura. La solita scorta con Antonio, Antonio Montinaro, agente scelto della squadra mobile che, appena vede il “suo” giudice scendere dalla scaletta, infila la mano destra sotto il giubbotto per controllare la pistola. Tutto sembra tranquillo, ma così non è. Qualcuno sa che Falcone è appena sbarcato in Sicilia, qualcuno lo segue, qualcuno sa che dopo otto minuti la sua Croma passerà sopra quel pezzo di autostrada vicino alle cementerie. La Croma marrone è davanti. Guida Vito Schifani, accanto c’è Antonio, dietro Rocco Di Cillo. Ma in un istante la croma marrone salta in aria, investita da un’esplosione di 5 quintali di tritolo, e subito dopo anche l’auto del magistrato con accanto la moglie Francesca e dietro l’autista Giuseppe Costanza, Investita dall’esplosione la Croma marrone non c’è più. La Croma bianca è seriamente danneggiata, si salverà Giuseppe Costanza che sedeva sui sedili posteriori. La terza, quella azzurra, è un ammasso di ferri vecchi, ma dentro i tre agenti sono vivi, feriti ma vivi. Feriti come altri venti uomini e donne che erano dentro le auto che passavano in quel momento fra lo svincolo di Capaci e Isola delle Femmine. Subito dopo l’attentato l’autostrada sembrava il “cratere di un vulcano” e nelle prime comunicazioni radio, Falcone veniva indicato con l’iniziale “Foxtrot”, con la sigla “Monza 500” e con la qualifica di “nota personalità”. Altri tre poliziotti si trovavano sull’auto che chiudeva la scorta e sono scampati alla strage. Questi i loro nomi: Paolo Capuzzo, Gaspare Cervello e Angelo Corbo. “Gli uomini passano, le idee restano, restano le loro tensioni morali, continueranno a camminare sulle gambe di altri uomini...” (Giovanni Falcone)
COMMERCIALI
Maroni, aggredire patrimoni mafia
Petraeus visita il settore italiano
Italia - Insistere nell’aggressione dei patrimoni mafiosi. E’ questa la via da seguire per contrastare le cosche. Lo ha ribadito il ministro dell’Interno, Roberto Maroni, a Palermo per le commemorazioni della strage di Capaci. Maroni ha ricordato che ‘da tre anni a questa parte le forze dell’ordine e i magistrati hanno arrestato otto mafiosi al giorno, compresi Natale e Capodanno’. Ed ha sottolineato: ‘Ora la ‘Primula Nera’ e’ Matteo Messina Denaro. Attorno a lui il cerchio si sta stringendo’.
Afghanistan - Il generale David Howell Petraeus, comandante di ISAF, accompagnato dal generale di brigata Carmine Masiello, Comandante della Regione Ovest, si è recato in visita nell’area sotto la responsabilità Italiana. Il Comandante di ISAF ha avuto modo di apprezzare il lavoro che i militari italiani, statunitensi e spagnoli svolgono a fianco dei colleghi delle Forze di Sicurezza afghane per il controllo del territorio, nelle basi avanzate di Quale-i Now e Bala Murgab, una delle aree più sensibili del settore ovest. L’area, strategicamente molto importante, continua a registrare la presenza di alcuni gruppi di insurgents, attirati dall’interesse di controllare una zona di transito per i collegamenti con il Nord del Paese. (Fonte Cellula Pubblica Informazione Brigata Folgore. Foto Mencacci)
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Serie di attentati in Iraq Bagdad - Almeno tredici persone hanno perso la vita e decine sono rimaste ferite in una serie di attentati nella zona centrale dell’iraq. Lo hanno reso noto i servizi di sicurezza iracheni. L’offensiva terroristica coincide con la partenza degli ultimi soldati britannici, uomini della marina impegnati finora in una missione di addestramento condotta dalle unità della marina. L’attacco più cruento è avvenuto a Taji, 25 chilometri a nord di Bagdad: in un duplice attentato avvenuto verso le 9 ora locale del 22 maggio, sette poliziotti sono stati uccisi e altri dieci sono rimasti feriti. Il copione è quello seguito più volte: l’esplosione di un’autobomba è stata seguita da un atttacco kamikaze nel momento in cui le forze dell’ordine accorrevano sul posto. Gli altri attentati hanno provocato, sei morti e cinquantacinque feriti. Nel giro di poche ore sono esplose 12 bombe collocate sul ciglio della strada, tre autobombe e un attacco kamikaze. Non è chiaro se gli atti terroristici fossero coordinati. Quel che è certo è che sollevano nuovi dubbi sulla capacità delle forze di sicurezza irachene di proteggere la popolazione a pochi mesi dal completamento del ritiro delle truppe americane. A Kirkuk invece un’autobomba è esplosa, uccidendo due passanti e ferendo 10 persone, tra cui cinque poliziotti. Kirkuk si trova 290 chilometri a nord di Baghdad ed è contesa da curdi, arabi e turcomanni, che vorrebbero assumere il controllo anche dei giacimenti di petrolio trovati nella provincia. La scorsa settimana 27 persone sono morte e 60 sono rimaste ferite in un triplo attacco bomba.
FESTA DELL’ESERCITO ITALIANO: 150 ANNI AL FIANCO DELL’ITALIA
Torino 4 Maggio – Nella splendida cornice di Piazza Castello a Torino, il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, accompagnato dal Ministro della Difesa Ignazio La Russa, presenti il Capo di Stato Maggiore della Difesa Gen. Biagio Abrate e il Capo di Stato Maggiore dell’Esercito Gen. C.A. Giuseppe Valotto, ha preso parte alle celebrazioni per il 150° anniversario della costituzione dell’Esercito Italiano.Una cerimonia che ha voluto rinsaldare un particolare legame dell’Esercito con il capoluogo piemontese dove, il 4 maggio del 1861,fu decretata la costituzione di una delle prime Istituzioni “nazionali” dell’Italia unita.Intervenendo davanti allo schieramento in cui erano rappresentate tutte le Specialità dell’Esercito, il Ministro La Russa ha sottolineato che “in ogni situazione di emergenza e di crisi il Paese sa di poter contare sul proprio Esercito in virtù di una esemplare organizzazione e di una grande professionalità che fa di questa Forza Armata uno strumento unico ed indispensabile al servizio della Nazione e degli Italiani”.Nel corso della cerimonia il Pakistan - Talebani vendicano bin Presidente della Repubblica ha conferito l’onorificenza di Cavaliere dell’Ordine Militare d’Italia alla Bandiera di Laden, 12 militari uccisi Guerra del 9° reggimento d’assalto “Col. Moschin”, la Medaglia d’Oro al Merito Civile alla Bandiera di Guerra Karachi - Almeno 12 militari sono stati uccisi nella notte dell’Esercito e la Croce d’Onore “alla memoria” a nove del 23 maggio a Karachi, nel sud del Pakistan, in un militari italiani caduti in Afghanistan. Il 4 maggio del attacco a una base delle forze armate rivendicato dai 1861, il Ministro della Guerra, Manfredo Fanti, decretò, talebani pachistani alleati di al Qaeda. L’attentato è stato a Torino, la costituzione dell’Esercito Italiano.L’atto fu il compiuto con l’intenzione di vendicare l’uccisione di Osama bin Laden da parte delle forze speciali statunitensi risultato di un processo d’integrazione nell’armata sarda di parte delle forze borboniche, di elementi garibaldini ad Abbottabad, il 2 maggio scorso, hanno fatto sapere e degli eserciti degli stati preunitariSuperando notevoli i talebani. Un’ennesima umiliazione per l’onnipotente differenze culturali e materiali delle singole componenti, esercito pachistano, colpito nel cuore della capitale l’Esercito Italiano è stato tra le prime istituzioni economica del Paese, con 16 milioni di abitanti. Gli “nazionali” dell’Italia unita. Le celebrazioni per il 150° aggressori - tra 10 e 15 “terroristi” armati in particolare anniversario della costituzione dell’Esercito Italiano hanno di lanciarazzi e di granate - hanno distrutto due aerei per interesserato le città di Roma (3 – 6 maggio) e Torino il pattugliamento delle coste di stanza in questa base nel (3 – 4 maggio), con la deposizione di una corona d’alloro centro di Karachi, che ospita anche un’unità di elite della all’Altare della Patria da parte del Capo di Stato Maggiore marina militare, e dei P-3C Orion forniti dagli Stati Uniti. “Rivendichiamo questo attacco a Karachi”, ha dichiarato al dell’Esercito, Generale di corpo d’armata Giuseppe Valotto, concerti, cerimonie e mostre statiche.Proprio a telefono Ehsanullah Ehsan, portavoce del Movimento dei talebani pachistani, gruppo alleato con al Qaida. “Abbiamo Roma nella splendida cornice di Piazza Venezia, è stata organizzata una mostra statica di con stand ed alcuni già avvertito dopo la morte di Osama che condurremo mezzi dell’Esercito Italiano, un elicottero A129 Mangusta attacchi ancora più sanguinosi”, ha aggiunto il portavoce. e mezzi corazzati come il Lince, il Freccia, il mezzo da Le vittime di Karachi sono quattro militari della Marina e un paramilitare, ha confermato il comandante Salman Ali. sbarco AAV7, il veicolo da ricognizione NBC e il corazzato Dardo. (fonte afp) TNM ••• 07
15 elicotteri UH-60M Black Hawk per la Svezia Svezia - L’Agenzia per le Acquisizioni Militari svedese FMV ha ordinato a Sikorsky 15 elicotteri UH-60M Black Hawk, che saranno venduti alla Svezia dal Governo americano secondo procedura Foreign Military Sales. La Svezia sarà il primo paese europeo ad impiegare quest’ultima versione dell’elicottero americano, aggiornata a livello di motori ed avionica.Le forze armate svedesi utilizzeranno l’aereo per compiti di evacuazione medica, trasporto e missioni di ricerca e soccorso. La consegna dei primi sei esemplari è prevista entro la fine del 2011 e i restanti nove nel 2012, secondo un programma di produzione accelerata rispondente ad un requisito urgente. La Svezia, membro della International Security Assistance Force (ISAF), utilizzerà gli elicotteri in Afghanistan, come gap filler in attesa dei 13 NH90 ordinati in versione utility (più altri cinque per impieghi navali).L’elicottero UH-60M è l’ultima versione della famiglia Black Hawk, attualmente in servizio con l’US Army, e offre disponibilità per ulteriore carico utile, maggiore autonomia, avionica digitale, controllo attivo delle vibrazioni, un miglioramento delle caratteristiche di maneggevolezza e di consapevolezza situazionale rispetto al modello precedente UH-60L.L’elicottero Black Hawk è ben noto per la sua robustezza, flessibilità e capacità di resistenza dimostrata durante più di 9 milioni di ore di volo a partire dall’entrata in servizio del primo modello nel 1978. Circa 2.700 Black Hawk sono in servizio oggi nel mondo, con la Svezia che diventerà la 26a nazione ad operare l’elicottero, la seconda in Europa dopo l’Austria che opera i modelli UH-60L. Le forze americane impiegano varie versioni di Black Hawk in Afghanistan e Iraq totalizzando ad oggi 1.2 milioni di ore di volo.Recentemente Sikorsky ha vinto il contratto da 3.5 miliardi di dollari (2.4 miliardi di euro) per la fornitura della prima tranche di 109 elicotteri multiruolo T-70, derivati del S-70i Black Hawk, più servizi di addestramento e manutenzione, alle forze armate e di sicurezza turche.
ISRAELE AQUISTA UN ALTRO C-130J SUPER HERCULES DI LOCKHEED MARTIN Israele - Lockheed Martin ha ricevuto un Undefinitized Contract Action dal Governo degli Stati Uniti nell’ambito del Foreign Military Sale Program, per la consegna di un ulteriore C-130J destinato all’Aeronautica Militare Israeliana.Il primo C-130J richiesto da Israele nell’aprile 2010 verrà consegnato nella primavera del 2013. I successivi due velivoli saranno consegnati rispettivamente alla fine del 2013 e alla fine del 2014. Il contratto comprende, inoltre, la fornitura di un equipaggiamento aggiuntivo necessario per andare incontro alle esigenze operative israeliane. La variante del C-130J Super Hercules destinata all’Aeronautica Militare Israeliana è nella versione a fusoliera più lunga, anche detta “stretched”. Jim Grant, Lockheed Martin Vice President of Business Development for Air Mobility, ha affermato: “Stiamo fornendo ad Israele uno dei più flessibili e capaci aerei del mondo, in considerazione dell’espansione della flotta da trasporto del Paese. Le caratteristiche multi-ruolo e multimissione del C-130J, già provate sul campo, si adattano perfettamente alle particolari esigenze dall’Aeronautica Militare Israeliana”.I velivoli destinati ad Israele vengono modificati durante la fase di produzione attraverso l’integrazione di parti istallate ad hoc, come il sistema Enhanced Service Live posizionato al centro dell’ala, l’inserimento di due Global Positioning Systems e del sistema di rifornimento Universal Aerial Refuelling Receptacle Slipway. Con quartier generale a Bethesda, Maryland, Lockheed Martin ha oltre 132.000 dipendenti in tutto il mondo ed è impegnata principalmente nelle attività di ricerca, progettazione, sviluppo, produzione e mantenimento di sistemi, prodotti e servizi ad alto contenuto tecnologico. Nel 2010 il Gruppo ha registrato un fatturato pari a 45,8 miliardi di dollari. TNM ••• 08
159° anniversario della fondazione della Polizia Giovedì 19 maggio - Alle ore 11.00 in Piazza del Popolo a Roma, si è tenuta, alla presenza del Presidente della Repubblica, una cerimonia celebrativa. Nei giorni successivi sono stai allestiti stand e organizzate iniziative aperte al pubblico.”Le cerimonie quest’anno hanno avuto come tema ricorrente la storia. Quest’anno infatti si celebrano i 159 anni della polizia; ma si festeggiano anche i 150 dell’unità d’Italia ed i 30 anni della Polizia di Stato. Oltre un secolo e mezzo nel quale la polizia pur cambiando nomi, organizzazione e incarichi ha sempre accompagnato gli ideali, i progetti e poi la realizzazione di questa unificazione assicurando sempre la legalità e la sicurezza nella nazione. Dalle guardie a cavallo, create in Sicilia da Giuseppe Garibaldi e di cui i reparti a cavallo della Polizia di Stato sono gli eredi, sino agli “apparitori”, i bisnonni dei nostri investigatori delle squadre mobili, la polizia ha dimostrato sempre di sapersi guadagnare la stima e il rispetto della società civile. Con un mix di tradizione e innovazione, radici storiche e flessibilità, le nostre “giacche blu” in questi 159 anni hanno aiutato la nascita e la crescita di questo Paese. Un gioco di squadra che si sintetizza nello slogan che anche quest’anno il capo della Polizia Antonio Manganelli ha voluto che accompagnasse la celebrazione: “C’è più sicurezza insieme”.Per consolidare il rapporto di vicinanza e collaborazione, è in piazza, con la gente, che la Polizia di Stato celebra il suo doppio anniversario: quello dei 159 anni di vita e quello dei suoi 30 anni dalla sua ultima trasformazione, avvenuta con la smilitarizzazione nel 1981.
Vedove di Bin Laden litigano come “Casalinghe disperate”
I primi due tanker italiani KC-767A entrano in servizio Italia - I primi due aerei da rifornimento in volo Boeing KC-767A realizzati per l’Aeronautica Militare Italiana, sono formalmente entrati in servizio, durante una cerimonia pubblica svoltasi alla base di Pratica di Mare, vicino a Roma, alla presenza del sottosegretario di stato alla Difesa On. Guido Crosetto, del Capo di Stato Maggiore della Difesa Generale Biagio Abrate ed il Capo di Stato Maggiore dell’Aeronautica Militare Generale di Squadra Aerea Giuseppe Bernardis. L’Aeronautica Militare ha accettato la consegna dei primi due esemplari del KC-767A rispettivamente il 29 dicembre scorso e il 10 marzo. Equipaggi italiani hanno portato gli aerei dallo stabilimento Boeing di Wichita, Kansas, fino alla base di Pratica di Mare.Il Generale Bernardis nel suo intervento ha voluto evidenziare come “questo nuovo sistema d’arma inizia oggi la sua strada nell’operatività come assetto strategico passando di fatto nelle mani del Comando della Squadra Aerea. La cerimonia odierna sottolinea un lungo percorso di intensa attività che ha visto l’Aeronautica Militare impegnata quotidianamente con le altre Forze Armate e l’industria per migliorare il programma KC-767A. Si stanno sviluppando nuove capacità addizionali del velivolo che saranno a disposizione della Difesa, quali quella di trasporto, del rifornimento in volo e con possibili sviluppi per l’evacuazione medica strategica. Tali capacità saranno interoperabili con i nostri partner ed hanno visto l’Aeronautica Militare fortemente impegnata nelle fasi di sviluppo con il contributo del suo Stato Maggiore, della Direzione di Armaereo, del Comando della Squadra Aerea, del Comando Logistico e del Reparto Sperimentale di Volo. Il KC-767A costituisce una soluzione unica ed eccezionale per la proiezione della capacità aerea, non solo per l’Italia ma per tutta la NATO”.Boeing sta realizzando in tutto quattro aerei KC-767A Tanker Transport per l’Aeronautica Militare Italiana, progettati per rifornimento in volo e trasporto strategico, per sostituire la sua flotta di Boeing 707 T/T. A partire dalla loro consegna, i primi due Tanker KC767A sono stati impegnati in missioni di rifornimento in volo con equipaggi dell’Aeronautica, rifornendo con successo una gamma di aerei dell’Arma, fra cui un Eurofighter ed un AMX.
Bin Laden: Obama ringrazia Cia e promette “ la caccia ai terroristi continua” Langley (Usa) - Il presidente Usa Barack Obama ha ringraziato oggi la Cia per il sostegno fornito per localizzare e uccidere Osama bin Laden ed ha avvisato i terroristi di al Qaida ‘’a fare molta attenzione’’. ‘’Non commettete errori. Non e’ finita qui..’’, ha detto il presidente Obama rivolgendosi ai membri del network del terrore creato di bin Laden nel corso di una visita al quartier generale della Cia a Langley, in Virginia. ‘’Abbiamo in mano tutti i suoi documenti, il piu’ grande tesoro mai sequestrato ad un capo terrorista: guardatevi le spalle’’, ha aggiunto Obama. La Cia era stata pesantemente criticata all’indomani degli attentati dell’11 settembre 2001 per non aver scoperto i terroristi e sventato i loro piani criminali. Ma Obama ha detto oggi che il ruolo svolto dalla Cia nell’individuare bin Laden e’ stato determinante per la riuscita dell’operazione del 2 maggio scorso ad Abbottabad, in Pakistan, dove un commando di Navy Seals ha ucciso il capo di al Qaida. ‘’Siete spesso i primi ad essere accusati quando le cose vanno male e siete sempre gli ultimi a ottenere i riconoscimenti quando le cose vanno bene’’, ha detto Obama. ( Fonte ANSA )
Londra - Le donne di Bin Laden litigano come le “casalinghe disperate”. Il paragone è di una fonte del Sunday Times che ipotizza la presenza di una talpa nel fortino-villa di Osama bin Laden. Il giornale è entrato in possesso di un quadernettoguida all’ultimo covo del terrorista, in Pakistan, così dettagliato da far presumere l’esistenza di un informatore interno. E se le autorità pachistane hanno fatto sapere che non consegneranno agli Stati Uniti i familiari di Bin Laden, le vedove del fondatore e capo di Al Qaida, sempre secondo il quotidiano britannico, stanno litigando tra loro peggio che «Desperate Housewives», con le due mogli più anziane che accusano la giovane di aver portato gli americani nel loro nascondiglio. Il quaderno era rimasto nell’elicottero precipitato su un muro di cinta del compound e che i Navy Seals hanno parzialmente distrutto alla fine del raid. Il Sunday Times scrive che vengono elencati tutti i residenti del covo, con nomi e età e quando erano arrivati a Abbotabad. Di Bin Laden e del figlio Khalid vengono pubblicate le foto. C’è anche una foto di Amal, la moglie più giovane, scattata da ragazzina e senza velo. Le mogli di Bin Laden sono elencate per importanza rispetto al capo terrorista, non per data di matrimonio: Amal è la prima, e oltre alla figlia Safiyah di nove anni, nata in Yemen, si dice che abbia avuto «due bambini non identificati nel 2011». Il quaderno descrive nei dettagli gli abiti indossati da Osama. L’abbondanza di particolari dimostrerebbe che la Cia era sicura di aver davanti a sé il terrorista a cui davano la caccia da dieci anni. Secondo fonti pakistane citate dal giornale, sarebbe la prova della presenza di una «talpa» all’interno del recinto. Quanto alle donne della famiglia, le due vedove anziane, entrambe saudite, accuserebbero la giovane che non hanno mai gradito all’interno del clan. Secondo il Times la giovane era sotto sorveglianza della Cia da quando nel 2002 aveva dato un’intervista ad AlMajalla, un giornale saudita di Londra. Ad Abbottabad Bin Laden teneva le tre mogli nella stessa casa: le «anziane» al secondo piano e la giovane al terzo: «È un fatto noto che quando arriva una moglie che ha la metà dell’età delle prime, alle ‘vecchie’ non sta bene», ha detto una fonte al Times, descrivendo la vita delle tre donne come «una versione islamica di Casalinghe Disperate». TNM ••• 09
COMMERCIALI
Cybergun presenta Gunbag Blackwater Cybergun ha concluso un importante accordo con Blackwater Usa, la nota compagnia militare privata fondata in North Carolina nel 1997 dall’ex Navy SEAL Erik Prince. Con la recente acquisizione del marchio, Cybergun si aggiudica l’esclusiva di distribuire in tutto il mondo una vasta gamma di prodotti per il softair. Fra gli accessori di punta spicca la Gunbag Blackwater, il top delle borse porta fucili per la sua comodità e resistenza e che ovviamente, dato le eccellenti caratteristiche del prodotto, può essere utilizzata anche per il trasporto di armi vere. Caratteristiche prodotto: • Confezionata in Cordura da 1000 denier, tessuto tecnico resistente largamente impiegato nel settore militare. • Maniglie dotate di strap in velcro per facilitare la presa durante il trasporto a mano. Per favorire la resistenza al peso, lungo tutta la borsa corrono cuciture di rinforzo. • In dotazione anche una tracolla sganciabile con gomma antiscivolo per portare comodamente a spalla la borsa. • Totalmente imbottita, è dotata all’interno di laccetti in velcro per immobilizzare l’arma durante il trasporto. • Dotata di 4 tasche esterne: due tasche con velcro per caricatori, e due ampie tasche con cerniera zip YKK, di cui una imbottita. • 100 cm di lunghezza, estendibile fino a 120 cm: ideata per contenere una sola arma. • Disponibile anche una versione Medium, da 80 cm: predisposta per contenere due fucili di piccole dimensioni, può essere trasportata anche come uno zaino. www.cybergun.it TNM ••• 010
STIVALETTO ELITE II COYOTE TAN Una brillante combinazione di design contemporaneo, materiali High-Tech, leggerezza e calzata perfetta. Realizzata in pelle (2mm) e cordura, estremamente traspirante e robusto, il nuovo KSK ELITE II è pieno di accorgimenti che lo rendono ideale per usi di servizio e tempo libero. La nuova suola ULTRATECH HIGHEND OUTSOLE, disegnata proprio per usi di servizio, è resistente ad oli, acidi ed idrocarburi, ma allo stesso tempo garantisce eccellenti prestazioni in quanto ad aderenza, comfort, flessibilità e resistenza. La suola EVA intermedia garantisce ammortizzazione e leggerezza mentre la suola interna HYPERSOCK con inserti EVA è removibile, anti-batterica, antiodore e traspirante. Gli stivaletti KSK ELITE II sono costruiti senza parti metalliche (airport-friendly). Certificato EN ISO 20347. www.madmaxco.com
Military TLS drysuit Muta stagna specificamente sviluppata per le esigenze dei reparti delle forse speciali. La muta non è destinata all’impiego civile. E’ da considerarsi uno strumento ad utilizzo esclusivo dei militari professionisti. • Trilaminato speciale da 230 g/ mq con esterno antifrizione • Nastratura interna meccanica in PU a totale garanzia di tenuta • Totalmente rinforzata nei punti di maggior usura con riporti in tessuto e applicazioni Melco Rubber • Estremamente flessibile e morbida nonostante la robustezza • Massima vestibilità assicurata dal disegno con busto telescopico • Bretelle di serie • Cerniera anteriore diagonale (BDM professionale) con patta di protezione • Valvole di carico e scarico a basso profilo della Si Tech • Tasca su coscia dx di serie • Anelli a D inox sui fianchi di serie • Cappuccio staccato incluso • Copricollare termico in neoprene da 3mm con chiusura velcro • Polsini in lattice Heavy Duty a collo di bottiglia • Collarino in lattice “military grade” • Stivaletto Gates totalmente rivestito in latex • Sacca trasporto, frusta BP, talco e cera inclusi • Certificazione CE 0403 • Sistema controllo qualità ISO 9001 • In dotazione sistema di carico autonomo montato sulla coscia www.shop.gravityzero.it
GIBERNA PER CARICATORI M4/M16 CON ACCOPPIATORE PER SEI CARICATORI DA 30 GIBERNA PER CARICATORI M4/M16 con accoppiatore per sei caricatori da 30. Linguetta sulla patta per velocizzare l’accesso. Fondo rinforzato per sostenere il caricatore ed impedire che la giberna si consumi. Patta chiusa con velcro e bottone a pressione per una maggiore sicurezza. www.madmaxco.com
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Il primo “Personal Security Assistant” EXplor è il primo dispositivo “Personal Security Assistant” appositamente progettato per essere utilizzato come equipaggiamento personale al fine di migliorare - nelle attività di pattugliamento, di ordine pubblico e di pubblico soccorso - le capacità operative e la tutela degli operatori delle Forze di Polizia e di altre Organizzazioni (Polizie Locali, Protezione Civile, Ambulanze, Vigili Del Fuoco etc.). EXplor è di piccole dimensioni, praticamente tascabile, è molto leggero ed ha un’autonomia di molte ore, in funzione del ciclo di utilizzo. Le sue numerose funzionalità lo rendono uno strumento di forte supporto alle attività di campo e particolarmente adatto per condividere il contesto operativo dell’azione. Infatti è possibile connettere ad eXplor qualsiasi tipologia di telecamera analogica sia di tipo palese, sia discreto, sia integrata in equipaggiamenti già in uso. • Gli ambiti operativi • Collegamento Audio Video • Comunicazione GSM • Connessione Bluetooth a Terminale Radio • Trasmissione Foto/Video • Ascolto Ambientale • Supporto al Pattugliamento • Navigazione • Data Base Residenti • Interfacciamento, anche Vocale, di Applicativi Esterni • Registrazione Audio/Foto/Video • Man Down • Interazione con la Centrale • Localizzazione • Messaggistica da e verso Centrale • Emergenza • Ricezione/Reindirizzamento Foto/Video Connettività Tetra eXplor EXplor, attraverso il microfono CAMSAT, gestisce via Bluetooth le funzioni di apparati radio, quali ad esempio la Radio Tetra Sepura STP 8000 di cui è già stata conclusa l’integrazione, e di altre radio di cui venga reso disponibile il protocollo. Il CAMSAT integra, oltre ai comandi radio, anche una microcamera che permette di affiancare alla comunicazione Tetra la registrazione e le trasmissione live delle immagini. www.sintelitalia.it
Il dispositivo di identificazione personale per le forze dell’ordine Panasonic lancia la sua rivoluzionaria soluzione 3 in 1 di identity checking progettata per i controlli di frontiera e per le forze di polizia e sicurezza. Il Person Identification Mini Dock (PIMD) include un lettore OCR ed uno RFID oltre a uno scanner di impronte digitali e può essere connesso al Toughbook CF-U1, il PC ultra mobile di Panasonic. Una versione più leggera 2 in 1 è disponibile senza lo scanner di impronte digitali. Compatto, resistente e leggero, il PMID è ideale per il personale di controllo alla frontiera, che necessita di controllare i documenti d’identità in movimento. Il nuovo PMID vanta le migliori componenti, provenienti dalle aziende leader nel settore della mobile identification, quali DESKO™, Dermalog e HID Global. Nato dalla collaborazione di Panasonic e DESKO è certificato MILSTD. Inoltre possiede i più elevati standard di sicurezza con una gestione dell’alimentazione separata e una modalità in stand-by. DESKO ha progettato il lettore OCR per i passaporti e le carte d’identitàIl lettore di documenti di identità OCR progettato da DESKO è in grado di leggere passaporti a 2 e 3 linee e carte d’identità secondo lo standard ICAO 9303. Il lettore utilizza l’OCR swipe technology ed è provvisto di una micro camera OCR piccola e compatta, per i passaporti mobili, in grado di leggere 72-90 caratteri in mezzo secondo.Il livello di errori di lettura è basso grazieal software di lettura di DESKO costituito da un algoritmo collaudato. Il dispositivo è di facile utilizzo, con una qualità ottica delle immagini pari a 400 dpi. HID Global RFID Module Il modulo integrato HID Global RFID, dotato di una pratica clip per facilitare il posizionamento dei documenti e dell’interfaccia standard PC-SC, è ideale per leggere i passaporti biometrici, le carte d’identità e altri documenti RF (es. Mifare tipo a/b). Questo dispositivo è uno dei moduli RFID più veloci sul mercato, con velocità di trasferimento fino a 848 kbps, ed è stato progettato per un uso esterno insieme alla sua RF Board rivestita per fornire un elevato livello di protezione dall’acqua. Il modulo supporta un Basic e Extended Access Control ed è conforme agli standard ICAO 9303, ISO 14443 e ISO15693. La RF Board invece, segue gli standard BSI per la lettura dei passaporti biometrici. Il lettore per impronte digitali leader nel mercato Il lettore di impronte digitali Dermalog con caratteristiche ottiche di elevata qualità, ha la capacità di identificare le impronte digitali di chiunque, nonché di rilevare le impronte digitali finte. Diversamente da molti altri dispositivi, il modulo è in grado di catturare accurati particolari quando le impronte vengono passate sul lettore da destra verso sinistra o da sinistra verso destra. Le immagini sono facili da vedere su un display di 24x16 mm ad una risoluzione di 500dpi. Il modulo inoltre, certificato BSI e FIPS, rimpicciolisce la foto memorizzata, con una grandezza dell’immagine iniziale pari a 150kb e un file compresso di soli 18kb per favorire una facile gestione.
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www.toughbook.eu
CAR GLASS BREAKERS DPM Systems Technologies LTD è un’azienda greca , fondato nel 2003 con l’obiettivo di progettare e sviluppare componenti avanzati. Recentemente ha presentato questo fondello, costruito in polimero rinforzato, da applicare al caricatore di alcuni modelli di pistole Glock, che include una punta in acciaio al carburo, il cui scopo è poter essere utilizzata anche come strumento per infrangere i vetri di un’autovettura. E’ disponibile per i caricatori di calibro 9mm / 40s&w / 357SIG / .45 AUTO nelle colorazioni black, green, desert tan e yellow. www.dpmsystems.com
MILITARY ADVANCED COMBAT HELMET MACH 1-2-3 + OPS-CORE UK Intelligent Armour ha introdotto sul mercato le nuove varianti del loro elmetto balistico MACH delle serie denominate 1, 2 e 3, che integrano, applicati sulla calotta esterna, i rail Ops-Core ed i supporti VAS. MACH è l’acronimo di Military Advanced Combat Helmet ed infatti tutti i modelli offrono una protezione balistica NIJ IIIA. Il MACH 1 è simile nella forma estetica ad un US ACH, il MACH 2 adotta un approccio a medio taglio simile al TC2002 ed infine, il MACH 3 dispone di un taglio alto, come il TC 2001, adatto ad ospitare dei sistemi di protezione auricolare. L’aggiunta dei componenti Ops-Core eleva la versatilità di questi prodotti, che potrebbero essere ulteriormente portati al top con l’inserimento delle cinghie di fissaggio per il mento sempre della medesima azienda. www.body-armour-protection.co.uk
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First Light Liberator SST Tactical Light
DEFCON 5 M.O.L.L.E. RECON HARNESS MULTILAND Il pettorale dotato di spallacci e fascia lombare, può essere usato sia in versione CHEST che in versione PLATE CARRIER. Infatti al suo interno può alloggiare una piastra di protezione balistica a protezione della zona pettorale ed addominale. La parte dorsale è rivestita con sistema MOLLE ed ha una maniglia di evacuazione. Costruito in NYLON da 1000 DENIER, è concepito per offrire il massimo confort e la massima traspirazione all’operatore. Infatti l’utilizzo degli spallacci dotati di imbottiture amovibili, avviene in due modi: asportando la sacca dorsale, si possono incrociare sul dorso gli spallacci offrendo così una soluzione ottimale per chi opera a bordo di veicoli, oppure passandoli attorno le spalle in modo da lasciare libero il dorso ed operare al meglio con zaini. Inoltre gli spallacci sono amovibili con due fastex e nella parte superiore sono disposti quattro D-RING per l’ancoraggio rapido di accessori. La regolazione del chest è assicurata in due punti: una cinghia lombare con doppia fibbia fastex e due cinghie dorsali con fibbie a scorrimento per la regolazione degli spallacci. La parte superiore del pettorale contiene una tasca a scomparsa ed è fi ssata tramite due cinghie con bottone a pressione. Il chest è completamente rivestito con passanti MOLLE ed è accessoriato con una tasca multiuso ripiegabile, una utility pouch di medie dimensioni con chiusura a cerniera per il trasporto di materiale vario e con passanti elastici interni e tasca a scomparsa, una placca per doppio serbatoio per arma corta, una tasca porta radio. Inoltre la parte lombare è completamente accessoriata di sei giberne da due posti per serbatoi da 5,56 con sistema di apertura rapido. La parte superiore del pettorale è inoltre accessoriata con una placca con tasca interna a scomparsa, una tasca esterna a scomparsa con laccetto elastico di ritenzione, un porta caricatore per arma corta e banda velcro per l’applicazione di targhette identificative. www.defcon5italy.com TNM ••• 014
Interamente progettata e realizzata negli USA, la Liberator Tactical Light è un’innovativa torcia LED, completamente differente da qualsiasi altra torcia presente sul mercato: grazie al suo design, elimina tutte le limitazioni di una tradizionale torcia con impugnatura tubolare e libera completamente le mani dell’utilizzatore. Pensata principalmente per un uso militare e delle forze dell’ordine, permette di impugnare in sicurezza le armi con due mani, effettuare in comodità operazioni di ricarica, sopperire a malfunzionamenti dell’arma con piena funzionalità e poter gestire unità cinofile in totale controllo. Specifiche Tecniche: * LED Seoul SSC con output massimo di 120 Lumens * Accensione momentary-on e costante * 4 livelli di luminosità e 1 strobo * Autonomia: 60h. alla minima potenza - 9h. alla media potenza - 2h alla potenza alta - 1.5h. alla massima potenza (momentary mode) * Task Light per lettura di documenti * Lente in vetro indurito con trattamento antiriflesso * Corpo in alluminio aeronautico con anodizzazione Type III * Batterie: 2x CR123A al litio da 3V. incluse * Dimensioni: 125x112x38mm - Peso: 206g Una rivoluzione Le tue mani devono poter svolgere i compiti più disparati, non essere impegnate nell’impugnare una torcia.Solo la First-Light Liberator ti permette di poter usare entrambe le mani liberamente! Libera le mani Se desideri, puoi anche fare a meno di impugnare la tua torcia Liberator.l suo design inclinato di 90 gradi, permette di puntare la luce frontalmente anche con la torcia agganciata alla propria cintura o attaccata al proprio vest, grazie alla clip con sistema MOLLE compatibile.A differenza di ogni altra torcia, infatti, la Liberator è utile anche senza essere impugnata. Liberator lavora per te, sia impugnata tatticamente alla tua mano, che intelligentemente riposta nel suo fodero. Distributore ufficiale per l’Italia Coltelleria Collini www.coltelleriacollini.it
OXY-COM ... La maschera secondo O.M.G
Maxpedition Fatboy Versipack OD Green Tactical Il FatBoy è molto più di un pratico zaino monospalla. E’ lo stato dell’arte degli accessori e provvede ad un sicuro contenimento di tutti gli accessori e ad una rapida accessibilità all’equipaggiamento di uso quotidiano.Il compartimento primario ha un’enorme capacità di 156 cu. in. ed è dotato di chiusure resistenti all’acqua. Ha inoltre molteplici ancoraggi esterni che permettono di ampliare il tutto con tasche ed accessori modulari opzionali.Ogni FatBoy è accompagnato da un comodo spallaccio regolabile antiscivolo per garantire il massimo confort durante l’uso prolungato. • Scomparto Principale: 6.5” (L) x 3” (W) x 8” (H) • Tasca Frontale: 5” (L) x 1.5” (W) x 7” (H) • Scomparto Posteriore: 8” (L) x 7.5” (W) • Lato A (tasca con 2 file di attacchi): 3” (L) x 1.5” (W) x 6” (H) • Lato B (fodero): 1.5” (L) x 1” (W) x 5” (H); • Lato C (tasca per cellulare): 2.5” (L) x 1” (W) x 4” (H) con due portapenne • Spallaccio: strap integrali da 2” antiscivolo. www.coltelleriacollini.it
Questo prodotto è sviluppato da OMG per integrare gli autorespiratori a circuito chiuso con i sistemi di comunicazioni proposti dall’azienda stessa. L’impiego di un particolare boccaglio telescopico permette di liberare la bocca durante la conversazione per poi riprendere con facilità la respirazione nel circuito.Nella partre destra dell’ Oxy-Com trovano alloggio il sostegno microfono e il passaparatia per la fuoriuscita del cavo di comunicazione. Il mascherone è costruito in sillicone resistente agli agenti corrosivi ed è dotato di un cinghiolo a ragno con cinque punti di attacco, tutti regolabili con una sola mano. La lente minerale con trattamento antiappannante permette un grande campo di visibilità, come una maschera a doppio vetro. Il boccaglio telescopico studiato dalla OMG è facile da estrarre e si può manovrare ogni qualvolta l’operatore abbia la necessità di liberare la bocca per comunicare. La facilità di ripristino della respirazione in circuito chiuso permette di azzerare il rischio di emettere bolle. www.omg-italy.it
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AIRVISION DRONES
Di FRANCESCO RITI - TESTER DI TNM
L’utilizzo dei velivoli pilotati da terra o autonomi, ha ormai una lunga storia in ambito militare. L’esigenza di tali sistemi sorse ovviamente in primis in tale ambito, al fine di portare a termine in modo efficace missioni in ambienti ostili, limitando i rischi dell’equipaggio. Ma ben presto ci si accorse che questo non era l’unico vantaggio, e velivoli sempre più piccoli e sempre più sofisticati, potevano offrire prospettive di missione mai pensate prima, riuscendo a spingersi agevolmente fin dove nessun uomo o macchina sarebbe mai riuscito ad arrivare. E quella che agli inizia sembrava una pionieristica avventura tecnologica si sta ora rivelando una direttrice di sviluppo foriera di grandi programmi e colossali investimenti. Ma perché vincolare simili tecnologie ai campi d’applicazione strettamente militari? Perché TNM ••• 016
non estendere il loro utilizzo anche ad impieghi paramilitari e civili? Da questa semplice e quanto mai ragionevole domanda è nata Neutech Research and Development, e questa è stata fin dal primo giorno la nostra mission. Cosi ci racconta l’ing. Pucciano Maurizio CEO e socio fondatore di Neutech e del marchio AirVision. Se si escludono gli ucav (unmanned combat Aerial Vehicle), le missioni di sorveglianza e ricognizione interessano anche le polizie di frontiera e quelle stradali, le guardie costiere, il soccorso alpino, le protezioni civili, gli enti preposti alla tutela dell’ambiente, del patrimonio archeologico, ecc. L’aiuto che tali sistemi potrebbero dare in questi ambiti è enorme, pensate ad esempio al solo caso della valanga, l’elicottero di soccorso non può avvicinarsi molto al luogo in cui
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è avvenuta, altrimenti potrebbe contribuire alla movimentazione di altro materiale ed i soccorritori sono costretti a proseguire a passo d’uomo ed alla ceca, in un’area che, nella media delle valanghe, si sviluppa per diverse centinaia di metri, cercando di raggiungere i segnali di SOS che i vari apparati di soccorso sono in grado di fornire. Ma questi segnali, in parte filtrati dal materiale nevoso, non superano i 15 metri di distanza ed i soccorritori per rilevarli devono trovarsi casualmente già in prossimità del malcapitato. Se avessero invece a disposizione un velivolo come l’Explorer-NT4 riuscirebbero a sorvolare a bassissima quota ed in totale sicurezza l’intera area della valanga in poche decine di secondi, il velivolo grazie alla sensoristica di bordo rileva il segnale di soccorso ed invia in tempo reale le coordinate GPS alla squadra di pronto intervento, che si dirige a colpo sicuro sul punto indicato, proseguendo poi la ricerca dei successivi dispersi. L’Explorer-NT4 è inoltre in grado di “marcare” ogni POI (point of interest) con un liquido colorato che velocizza le operazioni d’individuazione del sito da parte dei soccorritori. E velocizzare i soccorsi significa una sola cosa: salvare più vite umane. Il primo Explorer-NT4 sarà presentato al TECHFOR di Roma dal 9 al 12 maggio 2011 e credo rappresenterà una grande novità tra le concrete applicazioni rivolte alla ricerca ed al soccorso. Ma questi mezzi un giorno potrebbero sostituire in toto il personale di soccorso o di ricerca? Assolutamente no, anzi l’utilizzo di questi mezzi prevvederà all’introduzione di una nuova categoria di piloti all’interno dei corpi paramilitari e civili. Questi mezzi rappresentano e rappresenteranno sempre un indispensabile aiuto al servizio delle persone e dei corpi di soccorso diventeranno degli strumenti indispensabili. Quali sono le dimensioni di questi velivoli? Abbiamo una flotta che conta ad oggi ben 10 velivoli diversi e complementari fra loro, destinati ad impieghi diversificati, che partono da appena 35 cm di larghezza ed arrivano a poco più di 2 m, quindi nel complesso di dimensioni molto contenute e facilmente trasportabili. Prima di proseguire però con le descrizioni, occorre tenere presente che gli UAS (Unmanned Aerial System) di cui stiamo parlando non sono dei “giocattoli moderni” , ma sono dei veri e propri velivoli caratterizzati da un alto livello di sofisticazione tecnologica, che interessa il velivolo in ogni sua parte. Che motorizzazione adottano? Totalmente elettrica, sono velivoli ad impatto ecologico 0, estremamente silenziosi ma in grado di portare in volo anche carichi superiori ai 10 kg! I motori sono di tipo brushless, quindi privi di contatti striscianti che li vincolerebbero ad una frequente manutenzione. Inoltre non inquinano, non producono fumi e vibrazioni. Non sono soggetti a carburazione e non risentono dei cambi di condizioni climatiche. Che tipo di missioni possono svolgere? Grazie ai diversi pacchetti di sensoristica i velivoli possono svolgere diversi tipi di missione. Ed in tutti è possibile in tempo reale avere le immagini ed i dati raccolti dai vari sensori in tempo reale. Come dicevo in precedenza il loro operato eccede notevolmente dal 3D (Dirty, Dull & Dangerous) militare e si colloca tra realtà profondamente diversificate che vanno dal monitoraggio industriale (linee elettriche, infrastrutture, monumenti, ecc) al soccorso (anche notturno), dal monitoraggio del territorio e di aree boschive al cinema.
Il cinema? Si certo, la divisione aziendale per le riprese aeree (AirVision) utilizza questi velivoli dotati di vere e proprie gimball stabilizzate e da noi sviluppate, da far invidia alle più blasonate in dotazione ai veri elicotteri da ripresa ed in grado, non solo di sostituire i veri e proprii elicotteri nelle riprese aeree, ma di regalare sequenze di ripresa fino ad ora inimmaginabili e perfettamente stabilizzate. E questo sbizzarrisce aimè i registi che ci chiedono veramente di tutto!! Per esempio? Be ci è stato chiesto di “saltare” insieme a delle moto durante le esibizioni di free style acrobatico e di riprendere da vicino i piloti durante il salti, ci è stato chiesto di seguire per l’ultima fiction della RAI (ad un passo dal cielo) Terence Hill in montagna al galoppo a pochi metri dal cavallo ed a pochi centimetri da terra e di riprendere i resti di un “finto” disastro aereo all’interno di un bosco! Ci è stato chiesto durante un documentario autorizzato dalla Film Commision di Venezia di seguire in volo i vaporetti, girarci attorno, passare sotto i piccoli ponti delle calle Veneziane e queste sono solo alcune delle scene bizzarre che ci sono state richieste! Quindi i vostri piloti sono anche degli ottimi cameraman! In realtà sono degli ottimi piloti addestrati al pilotaggio per le riprese, ma esiste una Graund Station separata che comanda lo stesso cameraman o regista per le riprese, avendo cosi il controllo completo e diretto di tutti i movimenti della telecamera a bordo del velivolo. Un ultima domanda, pensando ancora a quanto detto per l’impiego nei soccorsi o nel monitoraggio delle aree, in quanto tempo una persona priva di Skills riesce ad utilizzarli? In realtà in pochissimi giorni. Questi velivoli sono dotati tutti di un computer di bordo, decollano e atterrano verticalmente in qualsiasi area ed assistono completamente il pilota in tutte le fasi di volo. Il computer analizza migliaia di volte al secondo l’assetto del velivolo e corregge ogni tipo di perturbazione dovuta alle correnti d’aria o a qualche comando brusco causato dell’inesperienza del pilota. Sono in grado perfino, ove vi siano le opportune autorizzazioni, di mantenere quota e posizione o di volare completamente da soli descrivendo percorsi precedentemente segnati sulla mappa da PC. Presso la nostra azienda forniamo anche i corsi per il loro utilizzo TNM ••• 017
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DI CARLO BIFFANI
PIRATERIA Sorrido sempre fra me e me, quando in alcune occasioni vengo definito, l’esperto. Non ho ancora imparato, da questo punto di vista, a prendermi davvero sul serio. E questo, al di là di quello che può sembrare vedendomi o sentendomi parlare di quello che conosco. Ecco, appunto. Diciamo che ci sono cose che conosco e la pirateria marittima è fra queste. Così quando TNM mi ha chiesto se potevo essere interessato a parlare di questo tema in termini di approfondimento, anche e soprattutto alla luce delle recenti novità da parte del nostro governo su possibili aperture al mercato della sicurezza sussidiaria, non ci ho pensato più di tre secondi ed ho detto che si, mi sentivo in grado di dire la mia. Riassunto delle puntate precedenti. Proviamo a partire da quello che sappiamo. I pirati, da più di 5 anni, la fanno da padroni, in un braccio di mare che si è allargato dalla zona più prossima alle coste somale, sino alla prossimità delle acque delle isole Seychelles, del Madagascar, dell’India, agendo ovviamente anche più a nord ed a est ovvero di fronte alle coste dello Yemen e TNM ••• 018
dell’Oman. Da fenomeno nazionale somalo, i pirati si sono guadagnati sul campo, i galloni di minaccia regionale. Non c’è che dire. Noi ce l’abbiamo messa tutta per far si che potessero portarsi via oltre 150 milioni di dollari in questi anni e che si sentissero autorizzati a minacciarci commercialmente, come neppure Al Qaeda è riuscita a fare nell’ultimo decennio. Li abbiamo guardati incasellandoli fra i fenomeni grotteschi, quando con molta fortuna e nessuna organizzazione, hanno iniziato a rastrellare tutto quello che passava a poche miglia dal martoriato territorio somalo. Abbiamo iniziato a fare qualcosa quando presi dall’entusiasmo dei primi facilissimi successi, hanno cominciato a saltare sopra i ponti delle navi del WFP, sequestrandole, rubando e vendendo al mercato nero, le riserve che l’ONU inviava ai bisognosi loro stessi connazionali, e questo tanto per rispondere a chi ad un certo punto si era sentito in obbligo di ammantare la pirateria moderna di un alone di legittima vendetta degli sfruttati e di condividerne le rivendicazioni pseudo ecologiste. A questi signori rispondo che non mi risulta che i pirati,
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grazie ai proventi dei sequestri, organizzino cooperative di operosi bonificatori ecologici delle acque somale, nelle quali, sia chiaro, tutti hanno rovesciato ogni genere di oscenità chimica, per anni ed anni. Ma proseguiamo nella successione degli eventi. Abbiamo detto sdegnosamente basta, quando nonostante i rimbrotti, le tirate di orecchie ed i rimproveri, loro si ostinavano a catturare tutto quello che destava la loro curiosità. E’ stata cosi “ inventata “ la missione Atlanta, che da sola a colpi di decine di milioni di euro è riuscita a far spendere ai governi coinvolti, cifre non meno impressionanti di quelle guadagnate dai pirati. Solo che questa volta a passare dalla cassa erano le marinerie militari alleate. Il fenomeno, lungi dall’essersi non dico ridotto, ma almeno stabilizzato, si è solo adeguato alle nostre insulse reazioni. Ha riconsiderato gli aspetti tattici e si è spostato la dove non c’erano quei fastidiosi marinai con le loro forze speciali, i loro gommoni con i motori fuoribordo da 500 cavalli, i loro elicotteri e le loro fastidiosissime mitragliatrici da trenta millimetri, che fanno un sacco di rumore, ma grazie alle quali nessuno si sognerebbe di torcere un capello ad un somalo, visto che i gentiluomini della marina, non potendole utilizzare per affondarli tranne che in alcuni rarissimi e deprecabili episodi, si limitano ad utilizzarle per sparacchiare nell’acqua, in attesa che qualche autorità suprema comunichi loro se sono autorizzati a fare fuoco sul bersaglio, anche se il bersaglio di suo, brandeggia e spara con un arma controcarro. I problemi hanno, di loro, una caratteristica. In genere prevedono delle soluzioni. I più disincantati, pur condividendo i bla, bla, bla dei politologi che spingono per una stabilizzazione dell’area, si sono messi a cercare se vi fossero fra i soggetti riconducibili alla sfera della sicurezza sussidiaria, ovvero quella non offerta direttamente dalle compagini governative, attori in grado di permettergli di esercitare il diritto alla legittima difesa. Perché di questo parliamo. Tu mi aggredisci, ed io reagisco. Tu mi assali, ed io mi organizzo. I più furbi e quelli appartenenti ai paesi che consentono l’utilizzo in navigazione di una risorsa di difesa armata, hanno fatto accordi con le società di sicurezza che potevano fornire loro personale in grado di difendere equipaggio e la merce trasportata. Alcuni paesi molto ben radicati nella regione e con diffusa e qualificata presenza militare come la Francia, hanno permesso la salita a bordo di team di protezione composti appunto da personale militare. Come sarà stato, non ci è ancora chiaro, ma quelli che si sono distinti in questa operazione di protezione armata dei propri interessi, sia attraverso lo strumento militare che privato, hanno visto azzerarsi il numero dei sequestri riusciti. Noi, paese dalle molte ipocrisie, tema ricorrente per quello che mi riguarda in questo numero di TNM, e dal forsennato pregiudizio nei confronti di chiunque proponga soluzioni che prevedano l’utilizzo di personale armato, abbiamo fatto muro. Ad un certo punto, partecipando alle riunioni ed ai convegni quattro o cinque anni fa (posso produrre testimoni) non capivo più se a chiedermi se ero impazzito vaticinando di utilizzare personale armato a difesa delle navi, erano gli ammiragli, gli armatori od i sindacalisti del personale imbarcato. Sembrava che parlassero tutti la stessa lingua e se non fosse stato davvero tragico sarebbe stato
certamente comico. Sono dovuti passare altri 4 anni e si sono dovuti susseguire tre sequestri, due dei quali ancora tragicamente in corso, oltre ad innumerevoli tentativi di attacco, perché gli ammiragli scendessero a più miti consigli, gli armatori si alzassero un bel giorno e chiedessero quello che io e qualcun altro proponevamo da anni ed i sindacati riflettessero sul fatto che forse è meglio avere i “sanguinari mercenari” a bordo oppure un team del S. Marco, piuttosto che fare sei mesi di vacanza forzata in Somalia e tornare a casa con lo scorbuto. Cosa ci aspetta. In termini di intervento privato, senza scomodare esempi che male si adattano alla nostra normativa ed al nostro, ipocrita, approccio all’utilizzo di personale armato, esempi come quello statunitense od anglosassone, si può guardare con cauto ottimismo alla prospettiva spagnola che per affrontare il problema è partita dal proprio Testo Unico, adeguandolo in termini di requisiti del personale da impiegare, di certificazioni necessarie e di armi utilizzabili. Per quanto sta al personale, fissata la norma secondo la quale il medesimo doveva operare secondo lo status di Guardia Particolare Giurata, ovvero alle dipendenze di un Istituto di Vigilanza, si è pensato di fissare i requisiti secondo i quali tale personale dovesse essere impiegato e si è deciso che in relazione ai servizi di contrasto della pirateria marittima e di difesa del carico trasportato, potevano essere utilizzate armi in calibri che altrimenti non è consentito impiegare in servizi di protezione. Tra un attimo andremo più sullo specifico in termini di attività tattica, ma intanto, per concludere questo breve ma significativo paragrafo, sarà bene ricordare che prima di tutto sarebbe auspicabile che il legislatore si serva di parametri di valutazione per l’emanazione della norma, che tengano conto dello scenario nel quale si andrà ad operare (aggressori che già in fase di approccio utilizzano armi da guerra) delle esigenze di chi è in difesa (autorizzazione all’utilizzo qualificato di armi e munizioni adeguate a fronteggiare la minaccia) e che soprattutto la norma stessa sia adeguata ai tempi, al Diritto, ed aspetto di fondamentale importanza lo sia anche e soprattutto in termini di competitività sul mercato. La domanda, dal punto di vista delle regole che regolamenteranno tale attività è una sola: saremo capaci di emanare una legge che non ci ponga in condizioni di svantaggio rispetto ai competitors TNM ••• 019
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europei ed internazionali? Se così, non fosse, per quale motivo, un armatore italiano, dovrebbe affidarsi ai servizi di una società nazionale, quando un team inglese od israeliano potrebbe salire a bordo con personale meglio preparato, meglio armato ed a prezzi di mercato? Ed in ultimo, se è vero come pare che l’altro attore dovrebbe essere la Marina Militare con i suoi Fanti del S. Marco, come ci si dovrebbe difendere in termini commerciali da un competitor potente come lo Stato Maggiore della Marina, che entrerebbe così di diritto in una dinamica commerciale? Sarebbe auspicabile che chi è incaricato di emanare la norma tenesse conto del parere di noi poveri artigiani che ci occupiamo, per vivere, di tematiche di questo tipo, ma questo potrebbe significare chiedere troppo alla fortuna.
Questi gli unici ingredienti che riconosce come risolutivi, chi conosce questo difficile mestiere. Altro punto cruciale è quello riguardante il luogo ove le armi dovranno essere allocate. I teams delle società private, le troveranno già a bordo chiuse in un armadio blindato, dovendo evitare cosi di stabilire accordi commerciali e di dogana con governi di paesi terzi e di dover aprire società di diritto locale pur di poter fornire il servizio, oppure dovranno affrontare lungaggini infinite in termini di burocrazia, prima di riuscire ad ottenere, sempre che sia possibile, l’autorizzazione ad operare? Perché il problema da questo punto di vista non è di poco conto. Se gli istituti autorizzati potranno operare con personale che sarà armato solo a soltanto a bordo delle navi con le quali interagiscono, il problema non si porrà perché gli operatori potrebbero essere imbarcati e sbarcati, una Quali strumenti? volta fuori dalla zona rossa, in uno dei porti che meglio si I pirati arrivano all’attacco, utilizzando AK 47 ed armi prestano in termini logistici allo scopo, viaggiando da e per controcarro quale il celeberrimo RPG in differenti versioni. l’Italia come un qualsiasi turista. Viceversa, se fosse imposta In ambito valutativo si genera subito un primo tipo di la soluzione di non consentire l’imbarco delle armi già nel problema. Se si vuole in ogni modo, evitare che si arrivi al porto di origine e dovessero essere gli istituti ad occuparsi confronto armato, bisognerebbe consentire l’utilizzo delle di esportazione dall’Italia, di importazione nel paese ove ci armi con scopi dissuasivi, ovvero accettare la risorsa del si imbarcherebbe e di problemi analoghi nel paese dove il fuoco preventivo e credetemi, già mi sembra di vedere personale sbarcherebbe, temo che tra dieci anni staremmo le facce inorridite del legislatore, dei magistrati, degli tutti ancora riempiendo moduli… Sento in questi giorni ammiragli, dell’uomo al bar, delle casalinghe e del Popolo discutere molto sui forum specialistici, dell’aspettativa da tutto. In termini puramente tattici, una volta palesatasi parte degli addetti ai lavori, di una normativa che regolarizzi la minaccia, ovvero una volta trovatomi di fronte ad uno la posizione delle compagnie nazionali di sicurezza privata scafo che, prua contro, arriva all’arrembaggio con uomini e della possibilità che questa del contrasto alla pirateria, armati a bordo, io dovrei essere in grado di esercitare il possa essere l’occasione per avvicinarci a passo spedito alla mio diritto a difendermi grazie all’utilizzo di armi in grado normativa anglosassone che prevede l’utilizzo di risorse di dissuadere gli attaccanti prima che loro siano nella come le PMC e le PSC. Se a qualcuno può interessare cosa condizione di attaccarmi. Tradotto. Ci vorrebbe un bel Barret la penso al riguardo, credo che sia inutile aspettarcelo. in 12,7 ma sorgono a questo punto, un paio di problemini. Non abbiamo ancora una storia ed una tradizione tali Primo: chi scrive sa perfettamente quanto costa un arma da consentire di proporci, tranne poche eccellenze, a di quel tipo e quanto lunghi siano i tempi necessari allo livelli di competitività e di professionalità accettabili, men sviluppo di una capacità di utilizzo di tale strumento su che meno accettati e riconosciuti nel nostro paese, nel standard accettabili, posizionato si badi bene, non su una quale sarà bene sottolinearlo, ci sono ancora prefetture piazzola in cemento di un poligono per carabine, ma sul che impediscono ai titolari di licenza di investigazione ponte di una nave che intanto sta cercando di sfuggire civile (134) di essere in possesso del porto di pistola per alla cattura. Conosco le fatiche che devono affrontare gli difesa personale, perché temono che possano eseguire istruttori militari di tiro sulla lunga distanza per portare incarichi di protezione personale. Sostengo da sempre a gli allievi a sparare in maniera decente e sono sicuro che gran voce, che dovremmo fare ogni sforzo possibile per sia improponibile nei tempi e nei modi che occorrono non trasmettere di noi, l’immagine di coloro i quali non per affrontare il problema, immaginare di allestire in possono vivere senza un arma al fianco. Parlando per me, tempi brevi, aliquote private in numero sufficiente, capaci non me ne faccio una malattia e moltissime delle cose che di utilizzare armi di quella complessità. Bisognerebbe facciamo fuori dai confini nazionali le facciamo disarmati. poter individuare ed utilizzare professionisti certificati Il nostro lavoro è fatto di tante cose, ma sarebbe ipocrita, in ambito militare, ma so per esperienza che il mondo non riconoscere che quello dell’arma e del suo utilizzo, è del lavoro non ne è cosi ampliamente fornito. Bisognerà uno degli argomenti che ci riguardano ed anche un gran quindi, forse, optare nell’immediato verso l’utilizzo di brutto pregiudizio da superare. Non abbiamo la cultura e armi semiautomatiche a colpo singolo in calibro .308 l’approccio al problema sicurezza privata ed utilizzo delle che, rappresenterebbero un ottima risposta in termini armi dell’Inghilterra, di Israele o degli Stati Uniti e sarà di difesa e che sono di più facile gestione. Fondamentale bene che ce ne facciamo tutti una ragione. Concludendo, sarà fare in modo che vengano prese tutte le contromisure ancora una considerazione di carattere commerciale. Se necessarie ad evitare, per quanto possibile, che si arrivi l’offerta di mercato vedrà due tipologie di competitors, ad un confronto armato su distanze paritetiche, perché le ovvero la Marina Militare e gli Istituti di Vigilanza, come variabili secondo cui si può decidere il successo di una o potranno questi ultimi essere all’altezza della sfida che dell’altra compagine diverrebbero difficilmente prevedibili. affronteranno, se il loro “avversario” diretto in termini di Addestramento, utilizzo di strumenti adeguati, regole di mercato, potrà contare su armi migliori, una logistica più ingaggio all’altezza della sfida, e determinazione assoluta. efficiente e regole più snelle? TNM ••• 020
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RES GESTAE RES GESTAE RES GESTAE RES GESTAE RES GEST Data di nascita: 1972 Data di decesso: 2 luglio 1993 Età: 21 anni Località: Haliwaa (Somalia)
PASQUALE BACCARO DI GIANLUCA HERMANN
PARACUDISTA DELL’ESERCITO ITALIANO Incorporato con il 7° scaglione 1992, dopo il corso di paracadutismo fu assunto in forza il 9 novembre 1992 dalla 15^ compagnia “ Diavoli Neri “ del 186° reggimento paracadutisti Folgore in Siena, con l’incarico di fuciliere assaltatore. Prese parte dal 31 maggio 1993 alla missione “ IBIS 2 “ in Somalia con il Contingente italiano, nell’ambito della missione UNOSOM 2. Il 2 luglio 1993 durante l’operazione denominata “ Canguro 11 , decisa al Comando ITALFOR per il rastrellamento del quartiere Haliwaa, a nord di Mogadiscio, rimane vittima di un imboscata dei miliziani armati nei pressi del “ Check Point Pasta”. Insignito di Medaglia d’Oro al Valor Militare “ alla memoria “ con la seguente motivazione: “paracadutista di leva, inquadrato nel contingente italiano inviato in Somalia nell’ambito dell’operazione umanitaria voluta dalle Nazione Unite, partecipava con il 183°rtg. par. “NEMBO” al rastrellamento di un quartiere di Mogadiscio.Nel corso dei successivi combattimenti, proditoriamente provocati da miliziani somali, mentre effettuava fuoco mirato da bordo di un veicolo corazzato a sostegno dell’azione condotta dalla propria sguadra, veniva inquadrato dal tiro dei cecchini ma, imperturbabile proseguiva nell’azione.Gravemente ferito a seguito dell’esposione di un razzo controcarri, che aveva colpito il mezzo corazzato sul quale operava, manteneva, nonostante l’amputazione traumatica di un arto inferiore, spirito saldo e animo sereno, consentendo agli altri paracadutisti di continuare ad operare con immutata determinazione. Soccorso e trasportato presso una struttura sanitaria non sopravviveva alle gravissime lacerazioni subite. Immolava cosi la sua giovane vita nel pieno adempimento del proprio dovere per un ideale di pace e solidarietà tra i popoli. Purissima figura di un uomo e combattente, esempio fulgido di assoluta dedizione al dovere e di elette virtù militari sublimate dal supremo sacrificio”.
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GESTAE RES GESTAE RES GESTAE RES GESTAE RES GES MILITARY • RES LAWGESTAE ENFORCEMENT • SECURITY
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watch Di Gianluca Hermann e Gabriele Dacasto
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Monte Romano, 5-15 Aprile 2011 TNM ••• 024
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Martedì 5 Aprile, eccoci nuovamente al Poligono di Monte Romano, non avremmo mai pensato di frequentare questo luogo così spesso. La primavera è scoppiata ed una diversa atmosfera ci accoglie, anche il nostro approccio è decisamente diverso, saremo ospiti della Brigata RISTA-EW, una realtà poco pubblicizzata dell’Esercito e visto il delicatissimo compito che attende, ne comprendiamo la ragione. Il complicato acronimo che da il nome alla Brigata RISTA-EW significa: Reconnaissance, Intelligence, Surveillance, Target Acquisition and Electronic Warfare ovvero Esplorazione, Intelligence, Sorveglianza, Acquisizione Obiettivi e Guerra Elettronica. A questo punto è facile intuire l’importanza della realtà che abbiamo di fronte: gli occhi e le orecchie dell’esercito sul Campo di Battaglia e nei nostri teatri operativi. La Brigata è così composta e distribuita sul territorio nazionale: • il Comando Brigata RISTA-EW ed il 13° Battaglione “Aquileia” si trovano ad Anzio. • Il 33° Reggimento EW è di stanza a Treviso. • Il 185° Reggimento RAO è di stanza a Livorno. • Il Reggimento “Savoia Cavalleria” è di stanza a Grosseto. • Il 41° Reggimento “Cordenons” stanziato a Sora.
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Vi è anche una specifica sezione che si occupa dell’archiviazione informativa a scopo didattico e si trova a Pratica di Mare. La Brigata è una realtà giovane, nata nel 2004, con intento di unificare comando ed indirizzo di tutte le unità specializzate nella funzione “informazioni militari”, obiettivo primario di sviluppare sul terreno le stesse “informazioni” per il livello tattico e fornire contributi tangibili sotto forma di notizie, avvisi e rapporti ai Comandi Operativi schierati. I momenti iniziali dell’incontro sono formali ed un po’ distaccati, come accade a chi deve essere studiato: siamo anche noi di TNM una nuova realtà. Nel giro di pochissimo tempo i nostri interlocutori si rendono conto di avere di fronte persone appassionate ed interessate e l’atmosfera si riscalda. Lo stesso comandante la Brigata, giovanissimo Generale, ci guida alla conoscenza di un mondo che anche per noi è totalmente nuovo. Predisporsi per agire, questo il compito principale, alle dipendenze dirette di un Corpo d’Armata, in teatro, in qualità di comando specialistico con proprie funzioni caratteristiche del RISTA-EW. Addestrare con iter formativi personale G/2 e S/2 dell’esercito e varie task force RISTA-EW per il pronto impiego operativo, al fine d’impostare attività informativa e contro-informativa. Organizzare le attività di ricerca e raccolta dati sensibili in teatro operativo, elaborare e diffondere i dati informativi acquisiti, alle varie unità sul campo ed infine condurre operazioni di guerra elettronica. I compiti sono immani ed estremamente delicati, via via i diversi Comandanti dei Reggimenti che compongono la Brigata, ci accolgono ed illustrano le caratteristiche peculiari del loro reparto all’interno della ricostruita postazione comando unitaria. Tutto è esattamente riproposto come in teatro operativo, per avvicinare il più possibile il personale a ciò che si troverà di fronte nel prossimo futuro. Il Poligono di Monte Romano, come eccellenza della Forza Armata, si presta a questo tipo di valutazione, in un perfetto assettoequilibrio d’organizzazione, si è così potuto Validare gli assetti RISTA-EW per l’esigenza MEU-BG (Multination European Battle Group). Il tema è stato principalmente lo schieramento ed attivazione di una Task Force RISTA-EW a livello di Battaglione, in supporto ad una G.U. elementari, mediante l’impiego degli assetti in organico e di quelli assegnati del tipo: esercitazione per TNM ••• 028
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Posti Comando (assistiti dai Computer), con le truppe sul campo ed in bianco. Gli strumenti impiegati nelle operazioni in Teatro vanno dal portatile Delfin per le unità di acquisizione, ai Radar Int. D/F e principalmente disturbatori EA/ED Jammer HF. Possiamo così valutare l’importanza dei mezzi del 41°Regg. Cordenons che attraverso i mini e micro RPV (Remote Piloted Vehicle – Veicolo a Pilotaggio Remoto) Raven e Pointer sorveglia le strade afghane, dove passano nostre pattuglie al fine di mitigare la minaccia IED. Vediamo la perfetta ricostruzione di un incontro tra “locali” e personale del 13°Btg. Aquileia che ha compiti HUMINT ovvero acquisizione d’informazioni provenienti da fonti umane, le capacità RECCE anche in modalità STEALTH del Regg. Savoia Cavalleria, per non parlare dell’attività d’elaborazione, trasmissione delle informazioni ed allestimento, gestione dell’apparato informatico curati dal 33°Regg. EW (per chiari motivi di riservatezza non possiamo spingerci oltre nei particolari). Il fine ultimo di tutti gli sforzi profusi è quello di proteggere le forze schierate nei teatri operativi, ricercando le informazioni, raccogliendo i dati per ridistribuirli ai reparti nel più breve tempo possibile, poiché le informazioni hanno scadenza breve, pensiamo allo scenario afghano, dove il contributo globale della Task Force RISTA-EW è non solo indispensabile, ma vitale. Tutti coloro che operano TNM ••• 030
in teatro, a qualunque livello, hanno necessità dell’ausilio RISTA-EW, senza il quale non potrebbero svolgere i loro compiti. Noi di TNM siamo stati osservatori attenti dell’operazione nel Poligono di Monte Romano e non possiamo che fare un plauso all’alto standard acquisito dagli operatori di questa specialità d’Intelligence, poco conosciuta ai più, ma enormemente apprezzata da tutta la Forza Armata. L’elaborazione dei dati sensibili, provenienti dagli assetti sul campo, è stata integrata nel quadro generale dell’esercitazione con precisione e con valutazioni sempre approfondite. Tutti i Comandi supportati nell’area addestrativa sono stati aggiornati in tempo reale con un supporto informatico Land/ Joint. Infine, la voce che ha destato maggiormente le nostre attenzioni: il personale, tutto in servizio permanente, per la necessità di un lungo iter formativo. La preparazione, imprescindibile, ma non scontata, la dedizione al proprio compito, che va aldilà del lavoro puro e semplice: abbiamo incontrato passione e coinvolgimento. Abbiamo visto uomini e donne che nel Teatro Operativo acquisiscono, con il modus operandi da altri definito“Italian Way”, informazioni sensibili, parlando correntemente l’arabo, il fãrsì ed il pashtu, cosa non comune per molti altri contingenti ISAF. Dedicheremo loro ulteriori approfondimenti ed a loro va il nostro ringraziamento.
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Di Marco BANDIOLI e Alberto SAINI
ESPLOSIVI E TERRORISMO INTERNAZIONALE LIMITI TECNICI D’INTERVENTO E NUOVI ORIENTAMENTI TNM ••• 032
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Reaction Training Camp (centro addestramento alle reazioni da improvised esplosive device) Camp Diwaniyah, Iraq 2004
corruzione e di complicità che non sono necessarie in altre realtà dove spesso i confini sono considerati solamente come un’insignificante linea su una carta geografica. Tanto premesso, dato che è da svariati anni che gruppi terroristici, di diversa natura e tipologia, continuano a fare attentati usando esplosivi.. viene naturale chiedersi se costoro abbiano a disposizione delle risorse infinite di materiale esplosivo! Sia che si tratti di esplosivo recuperato da munizionamento inesploso durante qualche conflitto (pregresso od in corso), in termine tecnico UXO (Unexploded Ordnance), o che si tratti di esplosivi IED (che verranno Talvolta è necessario affrontare discorsi articolati e particolari partendo definiti più avanti), sembra proprio che alcune organizzazioni terroristiche da constatazioni ovvie. Affermare abbiano una fonte inesauribile di che nel mondo occidentale non è materiale esplosivo. Materiale facile “reperire” esplosivi, infatti, è che, evidentemente, qualcuno abbastanza ovvio. A meno di essere riesce a recuperare, trasportare, inseriti in specifici settori militari immagazzinare, occultare ed utilizzare od industriali. Nei paesi occidentali sfruttando cose, luoghi e persone esiste uno stretto controllo sia sulla presenti sul cosiddetto “territorio”. produzione che sulla distribuzione di materiale esplosivo. Naturalmente LA MINACCIA IED questo non significa assolutamente che banditi e delinquenti, od anche In via preliminare, è opportuno terroristi, non abbiano le possibilità sottolineare che gli esplosivi usati dai e/o le capacità di procurarsi, senza militari devono avere caratteristiche grosse difficoltà, dell’esplosivo tali da poterli conservare ed anche qui, nella vecchia Europa. Più semplicemente, in occidente, per poter immagazzinare per lungo tempo per eventuali utilizzi imprevisti, mentre disporre del materiale in parola per vie illegali, occorre avere sicuramente gli esplosivi usati dai civili, per una lunga serie di motivazioni tecniche a disposizione reti di connivenze,
ed economiche, non hanno necessità di dover essere accantonati per lungo tempo, anzi, per una Ditta, la conservazione di un prodotto esplosivo in un magazzino è sicuramente un problema che cerca di evitare. Alla luce di quanto detto, appare evidente che gli esplosivi impiegati per scopi militari hanno, di massima, caratteristiche chimico-strutturali diverse dagli esplosivi impiegati per finalità civili. Per tale ragione gli esplosivi civili vengono fabbricati mediamente su specifica richiesta, nel giusto quantitativo e vengono rapidamente utilizzati senza così cadere nelle ulteriori problematiche di accantonamento, in strutture dotate di particolari requisiti, di controllo tecnico nonché di sorveglianza di sicurezza affinché nessuno riesca a trafugarli. In ogni caso parliamo comunque di esplosivi prodotti industrialmente. E’, purtroppo, necessario sviluppare ora alcuni noiosissimi concetti che sono sostanziali per la piena comprensione della questione relativa agli esplosivi ed al loro impiego da parte di terroristi. Nel campo militare, un’arma che viene fornita ufficialmente dall’istituzione di appartenenza, si definisce “d’ordinanza”, simile ad “ordnance” e rappresenta sostanzialmente tutto ciò che è materiale d’armamento militare, quindi anche gli esplosivi. “Ordnance”, in particolare, può essere ragionevolmente tradotto TNM ••• 033
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Lince del 132° Reggimento Carri nella provincia di Farah. I membri dell’equipaggio fortunatamente hanno riscontrato solo lievi lesioni.
come “Ordigno militare di linea o Materiale esplodente” e quindi “Explosive Ordnance” rappresenta, in particolare, tutta quella categoria di esplosivi militari che rientrano in uno specifico ciclo logistico standardizzato, ovvero materiali esplosivi “di linea ordinaria”. Parallelamente, ma per alcuni “in antitesi”, esistono degli esplosivi che vengono realizzati, “in toto” od in parte, artigianalmente. “Artigianale” s’intende un prodotto esplosivo che viene confezionato “privatamente” (i cosiddetti HME (Home Made Explosive - gli esplosivi fatti in casa), non prodotto su scala industriale, usando appositi materiali e macchinari. In particolare, si suppone che il confezionatore di tale esplosivo artigianale usi quelle sostanze (ed anche materiali) che le circostanze del momento rendono disponibili, magari recuperandole in un supermercato o in un negozio di ferramenta. In tale ottica, in ambito nazionale, detti esplosivi si definiscono “di circostanza”, mentre gli ordigni confezionati
spesso ricorrendo a tali esplosivi vengono definiti “improvvisati”, ovvero “Improvised”, anche se poi in realtà d’improvvisato c’è veramente ben poco. Sebbene si sia indotti a pensare che tali manufatti siano abbastanza elementari, in realtà tali ordigni possono presentarsi in diverse tipologie, da quelle più rudimentali a quelle più sofisticate, sia in termini di materiale esplosivo utilizzato, o recuperato, che di sistemi di attivazione impiegati per farli esplodere. Pertanto, riassumendo, l’“Explosive Ordnance” (EO) è un manufatto di linea ordinaria, mentre l’“Improvised Explosive” (IE) è un ordigno di circostanza che può essere confezionato sia con “esplosivo fatto in casa” e sia con l’utilizzo, non più ortodosso, di “esplosivo di linea”. L’intervento umano su di essi (che generalmente ed in modo improprio viene chiamato “disattivazione”) è ufficialmente definito come “inutilizzazione”. Tale inutilizzazione prevede determinate procedure (rimozione, disattivazione,
distruzione, neutralizzazione, ecc..) che vengono tutte “inglobate” con il generico termine di “Disposal”, che si può ragionevolmente tradurre con “Intervento”. Tale intervento è successivo ad un’eventuale precedente ed auspicabile Ricognizione (Reconnaissance) ed ad un successivo Riconoscimento/ identificazione (Recognition) del’ordigno stesso. Tanto premesso, per EOD (Explosive Ordnance Disposal) s’intende l’attività di ricerca, identificazione ed inutilizzazione di esplosivi/ordigni esplosivi non esplosi, sia di provenienza da vecchie armi o da munizioni/ordigni che per qualche motivo non sono esplosi (materiale esplodente ancora attivo) che da ordigni deposti/abbandonati dal nemico. In termini sintetici si tratta di un’attività di “Bonifica da ordigni esplosivi”. Per quanto riguarda gli esplosivi improvvisati, generalmente impiegati in attività non convenzionali e/o terroristiche, è sostanziale evidenziare che essi TNM ••• 035
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Gli esplosivi improvvistai vengono attivati mediante diversi sistemi meccanici, elettromeccanici od elettronici particolari
vengono attivati mediante sistemi meccanici, elettromeccanici od elettronici particolari, con dei veri e propri congegni, meccanismi (e quindi Device) che risultano essere spesso nascosti, truccati, dotati di trappole di attivazione (o antirimozione) che li rendono particolarmente insidiosi. Per tale motivo, e per il fatto che generalmente vengono impiegati a tale scopo materiali “di risulta” e/o adattati, gli ordigni improvvisati vengono definiti IED (Improvised Explosive Device), in ragione del fatto che un ordigno IED “classico”, come noto, consiste in una carica esplosiva, possibilmente con una ridotta carica di altro esplosivo più sensibile per l’innesco, l’innesco vero e proprio (ovvero il detonatore) ed infine il sistema d’attivazione/innesco, e quindi il Device, che permette l’inizio del processo esplosivo. Questo sistema d’attivazione può essere molto semplice o estremamente complicato, nonché “trappolato”: basti pensare che in passato molti ordigni confezionati dai terroristi dell’IRA (Provisional Irish Republican Army), universalmente riconosciuti TNM ••• 036
terroristici degli ultimi anni, risulta che la percentuale di attentati in cui vengono usati degli esplosivi supera il 70% degli attacchi.. arrivando a quasi il 90% se si tratta di attacchi perpetrati da terroristi di Al-Quaeda. E’ pur vero che gli esplosivi usati sono di diversi tipi, come sono numerose le modalità d’innesco nonché molteplici sono le trappole o le modalità usate per l’attivazione degli ordigni. Tuttavia è anche risaputo che il tipo di confezionamento dell’ordigno, l’esplosivo usato, il tipo d’innesco ed il metodo usato per trappolare l’ordigno stesso sono elementi che, anche se non nell’immediato, forniscono sempre utilissime indicazioni sugli autori degli attentati. Dalle successive analisi di tali connessioni emerge il fatto che la reperibilità degli esplosivi è direttamente connaturata con il territorio nel quale i gruppi terroristici approntano e mettono in opera un IED. Vi è comunque un altro aspetto della questione: non sempre la grande massa di materiale utilizzabile per fare un ordigno deve essere necessariamente esplosiva. Un ordigno esplosivo, anche di considerevoli dimensioni, potrebbe essere confezionato usando un grosso quantitativo di materiale considerato “comune”, quindi facilmente acquistabile ed accantonabile da chiunque, senza destare il benché minimo sospetto da parte di eventuali investigatori. Per esempio, in caso di perquisizione di un magazzino sospetto, ci si potrebbe facilmente trovare di fronte a materiali di disponibilità comune e legittimamente detenibili. Basti pensare a grandi quantità di sostanze diserbanti, presenti nel riposto d’un agricoltore o grandi quantità di zucchero presenti in INDIVIDUARE L’ESPLOSIVO un laboratorio di dolci! Nell’ambito delle varie attività di La minaccia terroristica presente nei contrasto e neutralizzazione degli vari teatri operativi, come tristemente IED, ovvero di Counter-IED (C-IED), noto, si manifesta molto spesso con attentati ed imboscate alla cui base c’è la recente dottrina NATO evidenzia una capacità operativa indicata come il confezionamento, il posizionamento e la messa in opera di uno o più ordigni “Military Search”, che amplifica il concetto stesso di C-IED, articolandosi IED. Al riguardo, da una ricerca delle in vari settori che spaziano da Nazioni Unite che tratta gli attentati come i più preparati al mondo nel confezionamento di ordigni esplosivi estremamente sofisticati, sono stati spesso pluri-trappolati, impiegando marchingegni atti a far si che la reazione esplosiva venisse attivata involontariamente o accidentalmente proprio dalla vittima (Victim Operated IEDs – VOIEDs) tramite vere e proprie trappole, usualmente chiamate “Booby Traps” (le trappole del fesso). Talvolta il carnefice viene confuso con la vittima ed in alcuni testi per “Victim Operated” non s’intende la vittima che inconsciamente attiva una trappola esplosiva, ma s’intende, sbagliando, l’attentatore suicida che fa volontariamente esplodere, oltre che la bomba e le relative vittime, anche se stesso (detto invece SOIED- Suicide Operated IED, spesso impropriamente ed erroneamente chiamato “kamikaze”). Per completezza d’informazione, è opportuno precisare che per “EOD” ora si intendono due cose: l’attività EOD, che identifica tutta l’attività di ricerca e/o intervento su un ordigno regolamentare e la qualifica EOD, che identifica un operatore qualificato per intervenire sull’ordigno (generalmente convergono in tale qualifica gli “Artificieri” dell’Esercito ed i vari tipi di operatori della Marina quali i DOA – Demolitori Ostacoli Antisbarco / SDO – Sommozzatori Demolitori Ostacoli, gli SDAI – Sminamento Difesa Anti mezzi Insidiosi, gli SDM – Sommozzatori Disattivatori Mine). Alla luce di quanto sopra, l’attività EOD, nei confronti d’un esplosivo di circostanza IED, ovvero il “Disposal” su un IED, viene logicamente definito come “IEDD” (Improvised Explosive Device Disposal).
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attività di intelligence, dalla ricerca specifica degli ordigni (a diversi livelli di difficoltà e conoscenza tecnica) sino ad arrivare a tipiche attività di Protezione delle Forze (Force Protection) con le quali si cerca di ottimizzare sia le procedure operative di difesa che di minimizzare i danni che un’esplosione può provocare a uomini e mezzi, incrementando sempre di più le capacità protettive dei materiali impiegati. In tale contesto non è forse sufficientemente sottolineato il legame che esiste tra la tipologia morfologica del territorio in cui si sviluppa l’attacco terroristico e le possibilità di supporto in qualche modo fornite in area ai gruppi terroristici, come ad esempio le capacità di reperire e/o conservare per lungo tempo ed in un luogo sicuro (per i terroristi) un discreto quantitativo di esplosivo, o di munizionamento inesploso, da usare
per il confezionamento di un IED. In ogni caso, vi è la necessità operativa di individuare, per tempo e possibilmente a distanza di sicurezza, l’esplosivo, sia che questo sia accantonato in qualche posto da gruppi ostili sia che esso sia già piazzato ed in attesa di essere attivato al momento ritenuto idoneo dai terroristi. Contestualmente, si può cercare di disturbare o inibire elettronicamente un eventuale segnale che possa attivare, anche a notevole distanza, un ordigno esplosivo, come potrebbe avvenire con una semplicissima chiamata da un telefono cellulare (RCIED – Remotely Controlled IED). Com’è naturale aspettarsi, sono stati sviluppati da tempo dei sistemi e delle apparecchiature atte a poter individuare la presenza di sostanze esplosive, siano esse in forma solida, liquida o gassosa. Sono state così immesse sul mercato
numerose tipologie di rilevatori di metallo (metal detectors con nuove prestazioni), rilevatori di tracce di sostanze esplosive o detonanti (gli annusatori o sniffers), rilevatori di tracce di vapori di esplosivi (sniffers and vapor tracers) che si differenziano molto a seconda delle prestazioni, delle possibilità di utilizzo (fissi o portatili) e soprattutto, del prezzo. Ma in questo caso (come spesso avviene) il prezzo non è da solo sufficiente a far aumentare le prestazioni a tal punto da rendere sicura l’individuazione degli esplosivi, ovvero le distanze in gioco sono operativamente limitate.. senza parlare del fatto che, per esempio, una sostanza esplosiva potrebbe essere inserita in un contenitore di plastica, vanificando così la già limitata capacità di scoperta di un metal detector, e che la capacità di localizzazione da parte di un rilevatore di vapori sarebbe poi fortemente penalizzata, in ambiente esterno, in caso di pioggia intensa. La ricerca e l’individuazione di sostanze esplosive risulta quindi un vero problema. Negli Stati Uniti, in tempi abbastanza recenti, il Dipartimento delle Risorse Energetiche ha creato un gruppo di scienziati e di specialisti in armamenti denominato NEST (Nuclear Emergency Search Team) per lo studio finalizzato all’individuazione di radiazioni provenienti dalle fonti più disparate. In esito a tali studi, sembrerebbe addirittura che alcune agenzie di spionaggio abbiano sperimentalmente usato sostanze blandamente radioattive per “marcare” i vestiti di individui da tenere sotto sorveglianza dovendo rimanere a discrete distanze. Tuttavia, anche tale soluzione, pare, non abbia fornito buoni risultati. L’idea quindi d’addizionare alle sostanze esplosive altre sostanze finalizzate ad una successiva individuazione non appare attualmente perseguibile per ottenere significativi risultati rispetto a quelli già ottenibili con i mezzi a disposizione. Peraltro, qualora la cosa fosse tecnologicamente possibile, occorrerebbe una condivisione ideologica a livello internazionale, TNM ••• 037
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leggasi “convenzione”, che imponesse a tutti i produttori d’esplosivo l’obbligo di aggiungere nei propri prodotti determinate sostanze rilevabili. Peraltro, qualora si addivenisse a tale convenzione, quest’ultima probabilmente non riuscirebbe a porre vincoli a coloro che intendessero comunque produrre dell’esplosivo a favore di organizzazioni terroristiche. INDIVIDUARE CHI DETIENE L’ESPLOSIVO E DOVE Se è difficoltoso individuare l’esplosivo si dovrebbe allora cercare di individuare chi lo detiene e/o chi lo posiziona. Ma anche qui il problema
e quindi sicuramente identificabili come “spie”. Difficile anche trovare simpatizzanti che forniscano utili informazioni ad Agenzie occidentali o pensare di creare una qualche forma di dissidenza in luoghi e paesi ove il fanatismo religioso è imperante o dove il mondo occidentale è sempre guardato con astio o, perlomeno, con sospetto. I cosiddetti “dissidenti” si trovano mediamente da anni al di fuori del contesto del proprio Paese e solitamente forniscono informazioni che sono sovente dettate da sensazioni squisitamente personali e non basate su dati oggettivi provenienti dalle regioni di interesse. Al riguardo, per non è di semplice soluzione. In esempio, gli Stati Uniti, pur avendo molti luoghi dove si perpetrano gli elevatissime capacità d’intelligence, attentati vige spesso una conoscenza basandosi talvolta su fuorvianti a livello tribale, di gruppo o di informazioni provenienti da esuli, cellula tra coloro che organizzano, rifugiati e dissidenti, sono pervenuti conducono e/o portano a termine una ad analisi politico-strategiche attività clandestina. Quindi, anche assolutamente non aderenti alla qualora un determinato Servizio realtà.. analisi che, conseguentemente, Informazioni avesse a disposizione hanno poi portato a prendere decisioni agenti che presentino inequivocabili sostanzialmente errate. Ma chi caratteristiche fisico-somatiche del luogo e che possedessero una perfetta potrebbe avere dell’esplosivo? E’ stato riscontrato che, generalmente, nei vari conoscenza della lingua per poter essere “infiltrati” nell’area di interesse, teatri operativi si possono definire, per esperienza, 5 tipologie di personaggi questo non sarebbe sufficiente che “maneggiano” esplosivi, peraltro per garantire loro un’adeguata a prescindere dalla loro preparazione “copertura” in quanto risulterebbero tecnica nello specifico settore: immediatamente estranei al contesto
alla bonifica di uno IED, la Iraq 2004, militari americani intenti
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era da 500 libre bomba rinvenuta sotto 2 mt di terra
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• militari che, sotto mentite spoglie, continuano clandestinamente la loro guerra; • guerriglieri o mercenari appartenenti a diverse fazioni in conflitto; • terroristi, ideologicamente schierati e supportati da organizzazioni terroristiche e/o da governi; • banditi comuni o trafficanti di varia natura che approfittano di uno stato di crisi o di un conflitto in atto; • collaborazionisti, solitamente insospettabili, che supportano le precedenti tipologie. Anche in questo caso, non è assolutamente facile poter individuare, dalla barricata opposta, tali personaggi che si muovono ed operano nella piena conoscenza e padronanza del territorio in cui conducono le loro “attività operative”. Tralasciando il finanziatore, una cellula terroristica di un certo livello operativo presenta una struttura molto articolata che parte dall’ideologo per giungere, attraverso il pianificatore, il collaboratore, l’addestratore, il “costruttore di bombe”, il trasportatore dell’ordigno, il posatore dell’ordigno, l’attivatore (consapevole o inconsapevole) dell’ordigno, all’osservatore/valutatore dei danni e del numero delle vittime prodotti. Tuttavia, nonostante tutte queste informazioni ed in ragione del
fatto che è difficile infiltrare personale in determinate aree, è estremamente improbabile riuscire comunque ad individuare uno o più siti ove gli esplosivi possano essere accantonati e nascosti prima del loro impiego, tenendo presente che spesso viene usato direttamente, come esplosivo, del munizionamento militare in qualche modo recuperato (bombe di mortaio e proiettili di artiglieria inesplosi o abbandonati). A parte alcune specifiche tipologie di attentati di matrice suicida, tuttavia, si può verosimilmente ritenere che il posizionamento e l’occultamento di uno o più IED, prima di un’imboscata o di un attentato, richieda comunque del tempo. Quindi un’accurata sorveglianza, quando ed ove possibile, potrebbe essere un buon aiuto per scoprire un IED. NUOVE INIZIATIVE TECNOLOGICHE E LORO OTTIMIZZAZIONE OPERATIVA Per quanto detto, si evince che non vi sono molti margini di manovra. La NATO, naturalmente, si è posta da tempo il problema e forse è ora possibile che si vedano degli spiragli per affrontare questa spinosa questione degli IED. In particolare, nell’ambito di un Programma di lavoro NATO di difesa antiterroristica,
denominato appunto DAT (Defence Against Terrorism), sono stati individuati una decina di progetti finalizzati allo sviluppo di nuove e sofisticate tecnologie che dovrebbero fornire, a breve, delle risposte. Per quanto riguarda specificatamente gli esplosivi, si stanno sviluppando delle tecnologie orientate alla possibilità di individuazione degli esplosivi a distanza (stand-off detection) prevedendo l’impiego congiunto di tecnologia spettroscopica laser, detta LIBS (Laser Induced Breakdown Spectroscopy) e della tecnologia di visione iperspettrale di Raman, detta RHI (Raman Hyperspectral Imaging). Tale impiego congiunto dovrebbe fornire dei risultati di scoperta a distanze ora significative. Parallelamente, per opportuna informazione, si sta anche lavorando su tecnologie per l’ulteriore rafforzamento della blindatura dei veicoli operativi e tattici, per ridurre la vulnerabilità intrinseca di mezzi non ulteriormente blindabili (es. elicotteri), nonché per il miglioramento di tutti quei materiali e sensori impiegati per la sorveglianza e la protezione fisica dei siti considerati sensibili. Pur ponendo fiducia sugli sviluppi futuri di tali nuove tecnologie è comunque doveroso, a questo
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Baghadad Iraq 2004,cratere formato dall’esplosione di uno IED punto dell’analisi della situazione, esplicitare ed evidenziare tre concetti che vanno ad amalgamare le diverse considerazioni fatte in precedenza e che permetteranno di ottimizzare il futuro impiego operativo dei risultati tecnologici conseguiti: • la minaccia rappresentata dalla disponibilità di esplosivo e relativa tecnologia d’impiego dello stesso da parte di organizzazioni terroristiche o criminali in genere, non può trovare unica ed esauriente risposta nel ricorso alla tecnologia di scoperta e/o intervento, ancorché d’avanguardia; • qualsiasi innovazione tecnologica richiede comunque una specifica professionalità da parte degli utilizzatori/operatori. E’ infatti innegabile l’imprescindibilità della presenza dell’elemento umano nelle diverse componenti dell’attività di contrasto del terrorismo, così come è innegabile la necessità di mantenere aggiornate ed evolute le tecniche e le procedure d’intervento in considerazione dell’evolversi della minaccia. L’azione sinergica delle diverse componenti (intelligence, investigativa, tecnica e di sicurezza) TNM ••• 040
non può, ragionevolmente, essere sostituita ricorrendo a qualsivoglia macchina tecnologica “miracolosa”. La mutevolezza dei contesti d’applicazione e l’imprescindibile coinvolgimento delle prerogative umane (ad esempio necessità di autorizzazioni politiche o amministrative, esposizione a rischio di terzi e/o operatori di soccorso, presenza umana imprevista ecc..) costringe il progresso tecnologico del settore, a doversi comunque armonizzare con la crescita professionale degli “addetti ai lavori”, al fine di raggiungere le migliori condizioni di efficacia di sistema; • l’innovazione tecnologica e la preparazione professionale degli addetti ai lavori, devono poter fare sicuro affidamento su una contestuale crescita del quadro dottrinale, legale e normativo di riferimento. Un esempio concreto della veridicità delle precedenti affermazioni è fornito, in termini esemplari, da quanto è accaduto negli ultimi decenni, quando l’Informatica ed i relativi sistemi informativi e
gestionali basati sull’impiego del web, ovvero della “rete”, sono diventati fondamentali per interi settori della vita umana facendo emergere immediatamente la necessità di protezione e di difesa dei medesimi dalle varie minacce tecnologiche di settore. E’ spesso accaduto in passato che, a fronte di validi di strumenti tecnologici, programmi ed apparati (antivirus, firewalls, servers, sniffers di rete ecc..), adottati quali difese alle attività ostili perpetrate da “criminali informatici” e da hackers, non si sia avuta una contestuale formazione/acquisizione di personale idoneo alla gestione. E’ pertanto avvenuto che specifici, dedicati programmi, siano stati installati su apparati in modo “brutale”e gestiti giusto con il personale a disposizione, a prescindere dalla preparazione del medesimo, adottando protocolli di sicurezza inadeguati o inesistenti con l’ovvio decadimento finale dell’intero sistema difensivo. La tecnologia fornisce sempre dei validissimi strumenti ma è “tutto il resto del complesso” che rende validi, efficaci ed operativi gli strumenti stessi.
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Reparto Elicotteri Operazioni Speciali Reparto Elicott Di Riccardo Braccini - FOTO Aviopress
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Negli ultimi anni la tendenza della stampa specializzata Italiana è quella di occuparsi maggiormente delle nuove tecnologie e dei nuovi aeromobili che entrano in servizio presso le Forze Armate Italiane invece che dei veri e propri utilizzatori. Probabilmente questa tendenza non è altro che il risultato dei troppi anni in cui l’Italia è rimasta indietro nei confronti dei paesi alleati, arretrata nei mezzi ed arretrata nelle tattiche
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per utilizzarli (queste ultime, figlie di esigenze operative ormai sorpassate e non pronte a fronteggiare i nuovi assetti mondiali, come le crisi militari nel Medio Oriente o la necessità di organizzare missioni di PeaceKeeping o di salvataggio in territorio ostile). E’ giusto quindi parlare degli uomini che non solo hanno avuto la possibilità di ricevere i mezzi migliori, ma anche di studiare e mettere in pratica tattiche ed assetti, fino a quel momento ad
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uso esclusivo di qualche reparto d’elite statunitense, arrivando anche a migliorarle: il personale del R.E.O.S. Il R.E.O.S. (Reparto Elicotteri Operazioni Speciali) è stato fondato nel Novembre del 2002 dal raggruppamento di tre squadroni: 51° GR. SQD. “LEONE” del quale eredita personale ed infrastrutture, il 26° GR. SQD. “GIOVE” del quale eredita nome e tradizione di operatività con la Folgore, il 39° GR. SQD. “DRAGO” il cui personale
era già confluito nel 51° precedentemente. Il reparto, che può disporre di elicotteri AB-412 Grifone e di CH47C, direttamente prelevati dalle file del Reggimento Antares, in base alle esigenze operative che si creano di volta in volta, è costituito da un Comando, 2 Squadroni di Volo, 1 Squadrone di Sostegno ed 1 Plotone Comando e Servizi. Il R.E.O.S. è attualmente impegnato nel teatro afghano, ove mantiene, con carattere di continuità, un
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equipaggio di CH-47 per il supporto delle Forze Speciali, ma è anche stato impiegato, sia con la componente CH-47 che con quella AB-412, in Iraq. Con una tipologia di missioni molto vasta, il 26°Gr. R.E.O.S., partecipa sempre più frequentemente ad esercitazioni interforze e multinazionali in ambito N.A.T.O. oltre che ad incontri tra gruppi delle operazioni speciali dei paesi alleati, così da confrontarsi su tecniche e metodi, trovare soluzioni ai problemi e capire l’approccio, a volte differente, degli altri reparti rispetto alla risoluzione di una medesima missione. Le missioni assegnate al 26° Gruppo sono quelle che prevedono l’infiltrazione e l’esfiltrazione di personale in aree considerate ostili, elisbarchi, trasporti tattici, aviolanci, inserzioni con la tecnica del “fast rope”, missioni di ricerca e recupero, evacuazione tattica e medica anche di connazionali civili in nazioni a rischio, il tutto in condizioni climatiche ed ambientali estreme, sia di giorno che di notte. Tutte queste attività sono rese possibili anche dai reparti che usufruiscono del supporto del R.E.O.S., primo tra tutti, il 9° Reggimento “Col Moschin”. Parlando di mezzi, l’Agusta Westland-Bell AB-412 è un elicottero da trasporto medio bimotore, con rotore quadri-pala, da cui il 4 della sigla, per distinguerlo dall’AB-212 (con rotore bi-pala). La versione militare è stata chiamata Grifone e può trasportare, secondo la configurazione adottata, fino ad un massimo di 14 soldati o 6 barelle con feriti. Le
prese d’aria dispongono di speciali filtri antisabbia. Lame tagliacavi anteriori proteggono il rotore ed i pattini dall’impatto contro cavi durante i voli a bassa quota. Su ogni fiancata può essere montata una mitragliatrice da 7,62mm. equipaggiata con puntatori laser, per incrementare l’immediatezza di puntamento e la precisione del tiro. Ultimamente due elicotteri del Reparto sono stati equipaggiati con una torretta elettroottica d’osservazione di ultima generazione, dotata di sensori FLIR, day CCTV telemetro laser e sistema di videoregistrazione. Un sistema di trasmissione video permetterà di visualizzare le immagini in tempo reale nella sala operativa del comando o in un veicolo delle Forze Speciali. Questa macchina è talmente versatile che stenta ad avere un successore nell’immediato futuro. Per i trasporti medi, in una fascia che va dalle 9 alle 12 tonnellate, è usato il CH-47C Chinook. È caratterizzato principalmente da una configurazione a 2 rotori: uno sopra la cabina di pilotaggio, il secondo nella sezione di coda e non nella consueta configurazione rotore principale e rotore anti-coppia. Oltre che per il trasporto truppe, il R.E.O.S. utilizza questo elicottero per il trasporto di vari mezzi da sbarco, sia marino che terrestre. In particolare è stato sperimentato l’utilizzo di gommoni che possono essere sbarcati ed imbarcati con il Chinook, in hovering e con la rampa aperta a pelo d’acqua, oppure l’utilizzo di mezzi terrestri inconsueti TNM ••• 045
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per reparti militari, come i Quad Polaris e moto da enduro Yamaha, che vengono utilizzati per acquisire velocità negli spostamenti terrestri in un eventuale infiltrazione in territorio ostile. Il CH-47C risulta essere una macchina formidabile per le “Special Operations” in termini di capacità di carico (praticamente doppia rispetto all’EH-101), eccellenti prestazioni in alta quota e temperature elevate e che permette di infiltrare, in un’unica soluzione, un Distaccamento Operativo di Forze Speciali motorizzato su due Land Rover. Per estendere il raggio d’azione proprio e di atri elicotteri, eventualmente interessati alle operazioni, il REOS ha messo in opera un sistema di rifornimento aeromobile che impiega un CH-47 caricato con fino a tre serbatoi flessibili da 2000 litri di carburante e gruppo pompe. Il sistema consente, senza sbarcare i serbatoi, di allestire rapidamente una zona di rifornimento, liberando la zona a rifornimenti effettuati, dopo meno di trenta primi dall’atterraggio. Come abbiamo accennato all’inizio, stiamo vivendo un periodo di cambiamento e se pur con molte limitazioni dovute alle sempre più esigue risorse economiche per le nostre Forze Armate, l’Esercito sta sostenendo uno sforzo economico non indifferente, sopratutto per l’ammodernamento della linea volo. Ormai da diversi mesi, nelle fila del 26° Gruppo, sono già operativi esemplari dell’Agusta Westland NH-90 nella versione TTH (Tactical transport helicopter) che, anche grazie l’apporto del personale R.E.O.S., sta conducendo test per lo studio e standardizzazione dei metodi di utilizzo, adeguati al compimento delle missioni delle operazioni speciali che il R.E.O.S. compie. L’NH-90 è il primo elicottero al mondo dotato di sistema “Fly by wire” per la trasmissione dei comandi di volo e dispone di un’ampia panoplia di apparati radio per le comunicazioni protette e satellitari. Fra gli apparati di navigazione e pilotaggio spiccano i sistemi di visione NVG e FLIR, integrati, con la simbologia di volo, nella visiera del casco, oltre al sistema di rilevamento ostacoli a bassa quota (Obstacle Warning System). Caratteristiche quali la velocità di crociera fino a 150 nodi ed un avanzatissimo autopilota in grado eseguire, fra l’altro, l’avvicinamento in automatico su un punto pre-selezionato dal pilota, costituiscono strumenti ineguagliabili e vantaggiosissimi per il supporto alle Operazioni Speciali. Questione di pochi anni e l’arrivo dei nuovi Boeing CH-47F, che nelle intenzioni dovranno essere 16 esemplari, costituiranno per l’Esercito Italiano un ulteriore salto tecnologico che applicato al R.E.O.S. significherà incrementarne notevolmente le capacità operative, assicurando la riuscita delle missioni in un quadro di maggior sicurezza in condizioni estreme. Pur constatando che al momento il Dipartimento della Difesa degli Stati Uniti d’America non ha ancora autorizzato l’esportazione dei kit per il rifornimento in volo, l’autonomia necessaria ad assolvere al compito in alcuni profili di missione sarà garantita dall’impiego dei serbatoi ausiliari “Robertson”. La carriera che intraprende un pilota d’elicotteri nell’Esercito Italiano non è fine a se stessa, non è solo un punto di partenza né tanto meno un punto d’arrivo, è un percorso che intraprende un Ufficiale che può, ad esempio, inizialmente essere inquadrato
in un battaglione di paracadutisti e dopo anni di duro studio essere il pilota di un CH47 che porta un gruppo di paracadutisti a lanciarsi in territorio ostile, oppure un carrista che successivamente si trova a cacciare i carri con un A-129 Mangusta. Quest’estrema elasticità fa si che il pilota sappia esattamente quali sono le aspettative degli uomini che sta trasportando o quali siano i punti deboli dell’avversario. La notevole situation awarness che si crea grazie a quest’inter-operabilità degli uomini, fa sì che i piloti dell’Esercito Italiano e quindi anche della sua elite, rappresentata dal R.E.O.S., siano molto apprezzati in ambito internazionale.
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Soldato serbo armato di ZASTAVA M21 5,56X43
Di Fabio Garrafa - FOTO ZORAN MILOSEVIC
ZASTAVA M21 5,56X43 La Zastava è la fabbrica polivalente serba che nel dopoguerra girava nell’orbita dei paesi socialisti e come tale fù allineata a quel sistema industriale ed economico che caratterizzava i paesi dell’est, almeno fino alla caduta del muro di Berlino e del successivo drammatico riassetto dei paesi che una volta liberi cercarono di autodeterminarsi. Nel primo dopoguerra mondiale la Zastava produsse camion Ford e jeep Willis e successivamente nel 53, a seguito di un accordo con la Fiat, cominciò la produzione delle 600, 650, Campagnola, Fiat 110, 1400, e la produzione delle Z85 che terminò con la guerra del 99’ a seguito del bombardamento della fabbrica. La Serbia trae le sue origini dall’epica battaglia del 1389 nella piana dei corvi dove la coalizione cristiana con 25000 uomini si immolò per fermare il forte esercito di Murad I forte di 50.000 uomini e con l’ambizione di sottomettere l’Europa al regno dell’Islam. Secoli di dominazione non piegarono però il popolo serbo che mantenne la religione ortodossa e un fortissimo desiderio di riscatto, un popolo indomito che conobbe una serie impressionante di guerre, tuttavia ha recentemente trovato la sua moderna connotazione di paese profondamente europeo ed occidentale Finiti i concetti imposti dal comunismo moscovita e passata la guerra del 95’ per il distacco della Croazia, la Zastava si è immediatamente adattata alle necessità operative del momento, modificando a questo punto la produzione alla luce dei nuovi progetti e delle tecniche occidentali adattandosi cosi allo standard NATO di cui ha avuto nel 2006 licenza di fornitura per i paesi aderenti, stesso anno in cui stipulò un accordo con la Remington per la commercializzazione in USA e Canada del settore civile.Attualmente vengono prodotti: fucili da caccia, pistole, fucili militari in 7,62 modello kalashikov, fucili sniper su base Mauser, fucili sniper per TNM ••• 051
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lunga distanza, fucili mitragliatori di derivazione AK e la linea moderna M21 che si compone di tre modelli, M21con canna da 460mm, M21A con canna da 375 e M21S con canna da 290mm, quest’ultima produzione, nonostante mantenga la classica impostazione dell’AK 47 sono tutte armi a rigoroso Standard NATO. L’aspetto generale ovviamente è quello della linea AK, analizziamo ora le modifiche apportate dal progettista Marinko Petrovic. Il calibro è il 5,56 per essere facilmente compatibile con le dotazioni degli schieramenti NATO ed offre rispetto al calibro originale 7,62x33 una minore sollecitazione di tutte le parti. L’arma inoltre è molto richiesta nel mercato civile americano, dove caduti i pregiudizi verso il ex UNIONE SOVIETICA e relativi alleati, la richiesta di armi su base Ak è fortissima e la generosa disponibilità del munizionamento in 5,56 ha “obbligato” la Zastava ha produrre l’M21 in tale calibro. Il funzionamento è quello del sistema AK, ovvero asta vincolata al portaotturatore che arretra per spillaggio dei gas dalla valvola posta sopra la parte mediana della canna. Il sistema come noto permette di scaricare le feccie di combustione e le sovrapressioni lontano dall’otturatore, consentendo il funzionamento anche nelle condizioni peggiori. L’asta di collegamento della valvola gas e porta otturatore è TNM ••• 052
realizzata con dimensionamento maggiore rispetto all’AK originale, è realizzata in ottimo acciaio per reggere alle sollecitazioni termiche in prossimità della valvola di presa gas. L’M21 ha un peso più elevato rispetto ad altre armi similari e il momento di inerzia maggiore si traduce in un ciclo leggermente più dolce (frazioni di secondo) ma con maggior affidabilità grazie alla maggior energia che viene assorbita. La cromatura dell’asta, inoltre, aumenta la resistenza alle temperature e allunga la vita operativa per via della maggior resistenza alla corrosione e per il minore trattenimento dei residui di combustione. La canna presenta una cromatura interna hard crome, per mantenere alte sia le prestazioni di precisione sia per allungare la vita operativa. La rigatura è disponibile sia del tipo convenzionale a sei righe destrorse che del tipo poligonale, ed a scelta del cliente può essere destra o sinistra -l’intera canna è realizzata per rotomartellatura. Questo sistema di realizzazione della canna e la rigatura poligonale, garantiscono una velocità di uscita del proiettile maggiore rispetto alla velocità ottenuta con un altro sistema. Lo spessore della canna è cosi finalizzato ad avere un maggior peso in volata e una maggiore dissipazione del calore grazie alla superficie radiante. La canna è completata con un rompifiamma da 22 mm
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compatibile con il sistema M16. La classica astina anteriore presente sul Kalashnikov è stata sostituita con una in plastica più alta e più performante e presenta un utile sezione triangolare che può supportare le guide piccatinny per il montaggio dei sistemi ottici, o nella parte inferiore per il montaggio del corto lanciagranate di tipo russo da 40 mm. In alternativa l’astina senza rail si estende in verticale e assolve la funzione anche di protezione del tubo del pistone di riarmo e questa soluzione sembra davvero aver cambiato lo stile dell’arma. L’impugnatura inoltre è più lunga rispetto all’originale ed è realizzata in plastica, particolare utile al fine di offrire una presa più agevole anche utilizzando i guanti invernali. Sull’impugnatura lato destro è presente il selettore sicura-semiauto-auto facilmente azionabile con il pollice destro, mentre la leva laterale sinistra ha la funzione di solo blocco. Come nel kalashnikov il supporto per i sistemi di puntamento è stato spostato sul lato sinistro ed in questo caso la Zastava ha realizzato una base con incastro bloccabile, la forma è decisamente più semplice rispetto al progetto russo, ma molto più robusta e precisa. Sulla copertina comunque è riportata per l’intera lunghezza una rail che conferisce maggior rigidità al sistema e che se usata con i sistemi di puntamento ottici per brevi distanze
non dà particolare deviazione dal punto di taratura del punto di mira. La parte terminale del low receiver ha una conformazione piatta e riporta il supporto per la calciatura. Qualora l’utilizzatore non gradisca il modello di calciatura adottato, può agevolmente sostituirla con uno dei molti after market. La calciatura inoltre offre, rispetto ad altre soluzioni, un’ottima solidità e robustezza. Il calcio, a differenza dei vari AK , non ha piega e lavora in asse con il fucile, è realizzato in metallo tubolare e si sgancia per azione verticale sul blocco di posizione ad incastro. Nel modello con canna più lunga il calcio è fornito di pad di appoggio spalla maggiorato e poggia guancia regolabile in altezza. Nel complesso l’arma ricorda più un Galil che un AK, e la soluzione dell’asta vincolata al porta otturatore offre una affidabilità assoluta. I principali difetti dell’AK sono la scarsa precisione e la difficoltà di installazione dei moderni sistemi di mira. La scarsa precisione è da imputare al regime vibratorio della munizione in 7,62x39. La Zastava con l’M21 è riuscita a migliorare nel complesso i difetti presenti su tutte le carabine su base kala, mantenendo invece tutte le caratteristiche positive del sistema AK. Grazie soprattutto alla canna più pesante, all’adozione di un minor diametro della palla e infine per l’adozione di una asta di trasmissione con maggior inerzia. TNM ••• 053
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CONFLITTO SE TNM ••• 056
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A
SENZA FINE Di Vincenzo Cotroneo (Esper
to in diritto mussulmano e dei paesi
islamici)
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“Il cambiamento è iniziato in Somalia, quando abbiamo scoperto di essere stati coinvolti in un’operazione in cui non c’era la pace, quindi non c’era un’operazione di mantenimento della pace, perché non c’era la pace” Boutros Boutros-Ghali Ci sono guerre conosciute in tutto il mondo, e guerre delle quali si discute con difficoltà, nonostante a causa di esse centinaia di persone ogni giorno perdano la vita. E’ quasi impossibile verificare il numero esatto di vite umane sacrificate al conflitto somalo. I gruppi per i diritti umani e le agenzie delle Nazioni Unite hanno stimato circa 25.000 persone uccise dai combattimenti ed innumerevoli ferite più o meno gravemente. Negli ultimi anni, oltre 1.5 milioni di persone sono fuggite dalla zona di Mogadiscio ed altre parti della Somalia centromeridionale. A partire dalla caduta di Siad Barre (1991), la Somalia si è trovata in una situazione di progressivo caos e di isolamento internazionale, in quanto da un lato è rimasta priva di un governo centrale e preda di una deriva localistica e clanica, e dall’altro non è stata più sostenuta dalla Comunità internazionale, dopo le tragiche conclusioni delle missioni di pace dei primi anni `90 (UNOSOM e “Restore Hope”). Dopo numerosi tentativi falliti di riavvio di un normale funzionamento delle istituzioni politiche, tentati attraverso conferenze di riconciliazione, parziali passi in avanti sono stati raggiunti con la Conferenza di Pace del 2004, organizzata sotto l’egida dell’IGAD (Intergovernamental Authority on Development). Fra i risultati principali della Conferenza sono da annoverare la nomina di un parlamento transitorio e di un Governo transitorio. Tuttavia, il Governo non è riuscito ad affermare, se non in minima parte, la propria autorità nel Paese, rimanendo confinato nel sud, a Baidoa, giacché non in grado di operare in sicurezza nella capitale Mogadiscio: nel Paese hanno continuato a spadroneggiare i signori della guerra locali, con pesanti disagi e rischi per l’intera popolazione. In questo contesto sono comparsi sulla scena somala, dei nuovi protagonisti: le Corti islamiche. Sono espressione di una composita galassia politica, generalmente accolte con entusiasmo dalla popolazione, che le ha viste quale elemento stabilizzante, soprattutto in ragione dei tribunali islamici, che le Corti hanno insediato ovunque si estendesse il loro controllo, con il compito di ristabilire pacificamente l’ordine pubblico, nonché della forza militare che le Corti sono state in grado di dispiegare. In una prima fase, in una situazione di sostanziale impotenza del Governo di transizione, le Corti hanno svolto pertanto una funzione di stabilizzazione, scontrandosi (a partire dal febbraio 2006) con i “signori della guerra”, finché all’inizio di giugno la stessa capitale è passata sotto il controllo delle Corti islamiche dello sceicco Sharif Sheikh Ahmed. A Mogadiscio è stata imposta ufficialmente la shari’a (la TNM ••• 058
legge coranica), in un clima di sostanziale consenso della popolazione. La guerra ha infuriato, ed infuria ancora oggi, tra le forze del governo federale di transizione, supportate dall’Unione Africana e dalle Nazioni Unite, ed i gruppi di opposizione. Ma le cause affondano le radici in un passato lontano. La guerra civile somala passa attraverso una serie di episodi salienti che si riassumono nella caduta di Siad Barre (1986 - 1992), l’intervento delle Nazioni Unite (1992-1995), la divisione della Somalia (1998-2006), l’ascesa del ICU (Unione Corti Islamiche) ed il suo crollo, con le guerre contro ARPCT (Alleanza per la Restaurazione della Pace e Contro-Terrorismo), TFG (Governo Federale Transitorio) ed Etiopia (2006). Tutto il periodo tra il 1998 ed il 2007 è stato caratterizzato dalla frammentazione dell’unità politica somala. I numerosi comandanti militari che si erano guadagnati posizioni di rilevo nel periodo dell’anarchia militare, hanno
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costituito svariate formazioni parastatali, veri e propri feudi, in costante conflitto fra di loro, sostanzialmente svincolati da ogni autorità centrale. Nel 2007 gli USA intervennero militarmente con una campagna disastrosa che inasprì ulteriormente il conflitto, con inevitabili ripercussioni sulla popolazione civile. L’intervento USA provocò anche l’aumento delle infiltrazioni islamiche legate ai principi Azzam. Queste cellule martoriarono il paese con una serie di attacchi suicidi che minarono progressivamente la credibilità del governo provvisorio. Il drammatico epilogo accadde il 23 agosto 2010, quando i miliziani di Al Shabaab irruppero nell’hotel occupato dai deputati e fucilarono trentatré persone, tra cui quattro parlamentari. Una decina di giorni più tardi, l’annuncio ufficiale della caduta del Governo somalo di transizione. Attualmente la Somalia è composta da 6 Stati Autonomi (Galmudug, Maakhir, Northland, Jubaland, Puntland e Southwestern) e dalla Repubblica Autonoma Indipendente del Somaliland. Hanno rinunciato tutti: Etiopia, Europa, Stati Uniti, Nazioni Unite. Solo l’Unione africana, con 1500 caschi blu burundesi ed ugandesi, resiste in quell’inferno. Poco e male. Si lotta corpo a corpo per conquistare fette di quartieri a Mogadiscio. Poche decine di metri, tra la gente che ormai resta rintanata in casa, con raffiche di proiettili che rimbalzano sui muri delle case, sbriciolano alberi, carcasse d’auto bruciate, bombe artigianali piazzate sui cigli delle strade dissestate e che esplodono come fossero fuochi d’artificio. Migliaia di persone, per l’ennesima volta, sono costrette a fuggire. Fuggono da una città trasformata in una terra di nessuno, dove infuriano battaglie improvvise, cecchini piazzati dietro i muretti di quelle che un tempo erano case povere ma dignitose, squadre di giovanissimi armati di kalashnikov nuovi di zecca, il viso nascosto dalle kefie rosse e nere, decisi ad imporre un emirato dominato e regolato dalla sharia più radicale. Agenda del conflitto Aprile 1992: Risoluzione ONU n.794, autorizza l’invio di truppe per cercare di ristabilire la pace nella Somalia ormai devastata dalle guerre tribali e dalla carestia. Operazione UNOSOM. Operazione Restore Hope. Missione IBIS. Battaglia Della Radio. Battaglia del Pastificio. Abbattimento del BLACK HAWK. Febbraio 1994: Missione in Somalia fallita.
Marzo 1995: Ritiro di tutti contingenti ONU dalla Somalia. Gennaio 1997: Al Qaeda installa i campi di addestramento al terrorismo in Somalia. Giugno 2010: la Somalia, ad esclusione del Somaliland a nord, rimane un paese povero, tra i più pericolosi del mondo, senza un governo riconosciuto La guerra, una guerra selvaggia che concede solo rari momenti di tregua, produce enormi danni collaterali: non ci sono medicine, le poche che arrivano attraverso l’Oms e il Pam finiscono in fretta o vengono razziate da chi imbraccia le armi. Così il cibo. Senza un controllo sistematico le derrate vengono sequestrate e poi rivendute al mercato nero. Le denunce si susseguono. Inutilmente. Persino le Nazioni Unite, sollecitate a prendere delle iniziative, si tengono alla larga. Il segretario generale Ban Ki-Moon ha chiaramente affermato che “non ci sono le condizioni di sicurezza” per organizzare una nuova missione di peace keeping. I soli a resistere sono i soldati, pochi e male equipaggiati, del governo transitorio nazionale. Focus sulle corti islamiche somale Le Corti Islamiche si sviluppano, negli ultimi anni, nella capitale Mogadiscio, come movimento politico-militare in reazione alle scorribande dei signori della guerra somali. Questi, per riabilitarsi dinanzi alla comunità internazionale ed ottenere un qualche appoggio dagli Stati Uniti, si erano profilati come nemici del fanatimo religioso islamista costituendo un’Alleanza contro il terrorismo.. La popolazione, che dopo anni di relativa calma rivedeva all’opera la brutalità dei signori della guerra, si è naturalmente schierata con le Corti Islamiche. Nell’estate 2006, le Corti Islamiche, con l’appoggio della popolazione della capitale e con il sostegno di Libia, Arabia Saudita ed Iran, cacciarono i signori della guerra. Le Corti Islamiche TNM ••• 059
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rapidamente ripresero il controllo di buona parte del Paese, spesso senza doversi neppure battere, perché la popolazione, generalmente le accolse con gradimento. Nelle città amministrate dalle corti islamiche cominciava a regnare un certo ordine, addirittura, dopo più di 10 anni, erano stati riaperti gli aeroporti. Dopo 15 anni di anarchia, con un governo transitorio lungamente costretto all’esilio e poi, dopo il rientro, sostanzialmente invisibile, Mogadiscio e vaste regioni del Paese avevano finalmente un governo, fondamentalista, medioevale, sessista, ma capace di garantire un minimo di ordine e qualche segnale di ripresa economica. Le Corti Islamiche non sono una pura espressione somala, giacché fortissima è la presenza di arabi, provenienti da Paesi come Egitto, Libia, Arabia Saudita, taluni dei quali sono probabilmente davvero collegati ad Al Quaeda. Insomma, ai somali non è stata data una libertà di scelta: o i signori della guerra, o i terroristi di matrice islamica. I protagonisti del conflitto SIAD BARRE Militare e politico somalo. Presidente della Somalia (19691991). Figlio di un pastore, nel 1941 entrò nel corpo di polizia territoriale; durante gli anni cinquanta frequentò in Italia un corso per ufficiali. Dopo l’indipendenza della Somalia (1960) fece carriera nell’esercito, fino a diventare comandante in capo. Nel 1969 prese il potere con un colpo di stato e creò un sistema a partito unico; nel 1976 fondò il Partito socialista rivoluzionario somalo. La progressiva perdita di consensi lo spinse ad una politica sempre più autoritaria che rafforzò l’opposizione interna. Abbandonò il potere nel 1991, quando fu rovesciato dai movimenti di liberazione. MOHAMED FARRAH AIDID Già collaboratore del deposto presidente Siad Barre, del quale fu anche capo dei servizi segreti, si confrontò con Alì Mahdi per il controllo della Somalia, in quella che fu una vera e propria battaglia campale, in seguito alla quale il centro di Mogadiscio fu diviso dalla cosiddetta Linea Verde. Aidid era uno dei principali obiettivi dell’Operazione delle Nazioni unite “Restore Hope”. Aidid, dopo la fuoriuscita delle nazioni unite dalla Somalia, si dichiarò presidente della Somalia. Fu sospettato di essere al centro di traffici di armi e rifiuti tossici. Fu ucciso durante uno scontro a fuoco contro un clan rivale. TNM ••• 060
Per non dimenticare il sacrificio dei nostri militari.. 2 Luglio 1993… durante una operazione decisa dal Comando ITALFOR, due colonne meccanizzate effettuarono un rastrellamento alla ricerca di depositi di armi a nord di Mogadiscio. La prima delle due colonne, proveniva dalla zona del Porto Vecchio di Mogadiscio e la seconda da un presidio italiano situato a circa venti km da Mogadiscio. Terminata l’operazione di rastrellamento, le due colonne ripresero la via del ritorno. In seguito a gravi disordini scoppiati nella zona, con larga partecipazione da parte della popolazione locale a cui erano mischiati cecchini, la situazione precipitò al punto da rendere necessario richiedere rinforzi da parte di una delle due colonne, che si trovava in prossimità del Pastificio lungo la via Imperiale. Alcuni mezzi blindati italiani fermatisi di fronte a barricate erette dai somali, vennero immobilizzati con razzi anticarro, mentre le strade circostanti venivano bloccate con altre barricate da parte dei miliziani somali; venne deciso quindi l’intervento di soccorso della colonna che era ormai quasi arrivata alla base. La forza era composta da carri M60 e blindo pesanti Centauro, cannoni da 105mm, che però non avevano l’autorizzazione ad usare per il rischio di colpire i civili, e l’ulteriore appoggio di elicotteri Mangusta ed AB205; Gli equipaggi dei blindati, non potendo usare i cannoni, cercarono di proteggere gli altri veicoli ed i compagni feriti con le mitragliatrici, mentre si tentava di rimettere in moto uno dei veicoli immobilizzati e gli uomini appiedati rastrellarono le vicinanze; Solo in due occasioni venne utilizzato l’armamento pesante: un numero non precisato di M60 aprì il fuoco contro dei container che servivano da scudo ai miliziani provocando grandi perdite, ed un elicottero da attacco Mangusta colpì un veicolo occupato dai somali, distruggendo il mezzo ed uccidendo tutti i ribelli a bordo. L’arrivo dei nuovi mezzi corazzati permise ai soldati sotto il fuoco di sganciarsi, con miliziani che sparavano dalla folla vociante facendosi scudo di donne e bambini. Persero la vita nella Battaglia del Pastificio: Andrea Millevoi, Sottotenente del reggimento Lancieri di Montebello, Medaglia d’oro al valor militare (MOVM) alla memoria; Stefano Paolicchi, Sergente Maggiore del 9° Reggimento d’assalto paracadutisti “Col Moschin”, Medaglia d’oro al valor militare (MOVM) alla memoria; Pasquale Baccaro, appartenente al 186° Reggimento paracadutisti “Folgore”, Medaglia d’oro al valor militare (MOVM) alla memoria; Vi furono inoltre 36 feriti da parte italiana ed un numero non certo di miliziani e civili somali morti o feriti. Tra i feriti italiani, l’allora sottotenente Gianfranco Paglia, paracadutista, che durante l’azione fu colpito da tre pallottole (di cui una al polmone che causò un’emorragia interna ed una al midollo, che lo costringerà alla sedia a rotelle per tutta la vita) mentre cercava di portare in salvo l’equipaggio di uno dei blindati immobilizzati. Gianfranco Paglia, cui è stata conferita la medaglia d’oro al valor militare per l’azione compiuta, pur avendo perso l’uso delle gambe, è rimasto in servizio.
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long distance shooting long distance shooting long di Di LORENZO PRODAN
SOFTWARE
BALISTICi
PREDIRE LA TRAIETTORIA DEI PROIETTILI TNM ••• 064
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Lo scopo di quest’articolo è di fare un po’ di luce su uno dei “supporti” più utilizzati (ed abusati) nel tiro a lunga distanza: i softwares balistici o calcolatori che dir si voglia. È oramai una consuetudine quella di vedere tiratori militari e civili al poligono con un PDA, al fianco della scatola di munizioni, che indica il “dope” o la correzione da apportare per la situazione di tiro del momento: ciò costituisce un vantaggio notevole, risparmiando ore ed ore al poligono alla ricerca dell’azzeramento, alle varie distanze ed in condizioni di vento che, con molta probabilità, non si ripeteranno nel momento in cui si dovrà sparare un unico colpo per
risolvere una situazione critica. Tuttavia è bene non focalizzarsi solo sul software, ritenendolo una panacea per tutti i mali. Esso dev’essere un ausilio ed un’ulteriore verifica dei dati che si rilevano fisicamente, non sarà mai quindi un sostituto dell’esperienza e della capacità analitica del tiratore stesso. Spero dunque di aiutare il lettore nella comprensione di argomenti che esulano dalla giornata al poligono, passata a manipolare l’otturatore, a vedere gli impatti dei colpi sul bersaglio, bensì a sedersi comodamente a ripassare un po’ di fondamenti di matematica e fisica, magari sorseggiando un caffè per non perdere la TNM ••• 065
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concentrazione.. come si direbbe negli Stati Uniti:”crunching numbers”.. Una volta compresi tali argomenti, le capacità per comprendere ed impiegare al massimo del potenziale gli strumenti di predizione della traiettoria ne gioveranno sicuramente. Iniziamo con un po’ di balistica esterna di base: è comunemente risaputo che la traiettoria definita da un proiettile che si muove attraverso l’aria è di forma parabolica, ciò è dovuto all’effetto della forza di gravità (accademicamente definita come accelerazione) sul proiettile stesso. Un’altra forza che agisce sul proiettile e ne determina la traiettoria parabolica (e di conseguenza la caduta) è la resistenza dell’aria, comunemente definita attrito, che ne determina la riduzione della velocità, in maniera proporzionale alla forma del proiettile ed al suo peso. Anche questa forza è fisicamente definita come accelerazione. Sia essa che la TNM ••• 066
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Kruppg1 – g7bullet *: I modelli di riferimento G1 (in alto) e G7 (in basso); notare la forma poco attuale del primo e quella più realistica del secondo.
COEFFICIENTE BALISTICO (BC), dato fondamentale per valutare le prestazioni del proiettile nell’aria. Per valutare e confrontare le caratteristiche dei proiettili si usano dei modelli di riferimento, il più comune per il long range shooting è il G1, derivato dal proiettile standard di tipo “C” progettato dalla Krupp tedesca nel 1881. Esso ha un’ogiva di forma non troppo rastremata, un corpo cilindrico ed un fondello piatto e non rastremato, ben distante dalla forma dei proiettili moderni. La commissione francese Gavre adottò questo proiettile come standard di paragone e gli diede un BC empirico pari ad 1 (il massimo valore), in modo da utilizzarlo come termine di paragone. Ultimamente si è introdotto l’uso del BC G7, riferito ad un proiettile di tipo HPBT (hollow point boat tail), molto più simile per forma a quelli impiegati attualmente. Si spiega quindi perché un proiettile calibro 338 Lapua Magnum, con BC (G1) pari a 0,65, se rapportato al BC (G7), presenta invece uno 0,37: il rapporto con il primo coefficiente è più vantaggioso, in quanto il proiettile reale presenta caratteristiche aerodinamiche più performanti. Se paragonato invece al G7 le prestazioni saranno molto più simili al nuovo modello, abbassandone dunque il valore del BC. La traiettoria parabolica che il proiettile di riferimento G1 compirà (e servirà come paragone per calcolare quella reale) è la Ingalls / Mayevski ed è tuttora quella più comune nei softwares reperibili sul mercato. Tuttavia, essendo generata sul modello di un forza di gravità agiscono in maniera opposta proiettile non idoneo per il tiro a lunga distanza, all’avanzamento del proiettile e ne determinano la necessiterà dei dati aggiuntivi per poter essere perdita graduale di velocità d’avanzamento non appena perfezionata, fino a riprodurre la traiettoria del esso esce dalla canna: si può dunque definire il moto proiettile reale. Per fare ciò, bisogna misurare la del proiettile come uniformemente decelerato. Come precedentemente accennato, la forma del proiettile ed il velocità del proiettile all’uscita dalla canna e metterla in suo peso determinano il coefficiente d’attrito e quindi la rapporto con il BC a quella distanza. In seguito, per ottimizzare la traiettoria, ci sarà bisogno di misurare la prestazione balistica. Tale coefficiente, messo in velocità anche a distanze intermedie (100 – 200 – 300..), relazione con la densità sezionale (funzione del centro utilizzando appositi cronografi. Ecco perché non basta di massa e diametro del proiettile), determina il TNM ••• 067
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Palmare ad uso tattico dotato di Ffs Software Field Firing Solutions 4.0 in funzione su un. Il programma gira sul sistema Windows Mobile, e in questo caso il palmare è dotato di un’antenna ad alta frequenza per ricevere in tempo reale i dati dal telemetro e dalla stazione meteo portatile del tiratore, aggiornandolo costantemente e istante per istante sui cambiamenti ambientali ed adattando di conseguenza la traiettoria.
acquistare un buon programma balistico per avere i dati necessari a predire la traiettoria del proiettile, il processo è ben più lungo e faticoso.. Inoltre, tanto per rendere la vita più semplice, una volta che il proiettile decelererà fino a velocità transoniche, entreranno in gioco altre forze che influiranno sul suo moto, risultanti dallo sbilanciamento del centro di massa (detto anche di pressione – CP), che determineranno la rotazione non più lungo l’asse orizzontale del proiettile e ne causeranno l’uscita dalla traiettoria originale. Ecco perché i proiettili per le lunghe distanze hanno il fondello rastremato (o boat tail) e la punta con un piccolo incavo (hollow point): sono espedienti per ritardare il passaggio a velocità transoniche alle lunghe distanze, come anche la nuova generazione di ogive VLD (very low drag) a basso attrito (ricavate al tornio elettronico da blocchetti cilindrici monolitici), ma impiegabili solo su canne idonee. Tornando al BC, mi raccomando di inserire nel programma che state impiegando il tipo (G1 o G7) assieme al valore, un errore a questo punto causerà una predizione assolutamente errata. Se non si dispone delle strumentazioni idonee a misurare le velocità a distanze intermedie si può sempre ricorrere a quelle rilevate dal produttore della munizione, tenendo presente che sono comunque dati empirici e non rilevati sull’arma che si sta effettivamente impiegando. I rilevamenti fatti dalle fabbriche o da enti con un buon budget (per esempio quelli governativi) vengono eseguiti con strumentazioni Doppler e quindi precisi, ma ripeto, non sono i dati dell’arma che si sta impiegando, quindi non sono affidabili al 100%. Trattiamo ora le tipologie di software più diffuse e vediamo in che modo funzionano: *6 DOF (6 degrees of freedom – 6 angoli di movimento): *A questa categoria appartengono i programmi che sfruttano il principio fisico per cui un corpo nel vuoto può muoversi lungo i 3 assi (X;Y;Z) e compiere rotazioni lungo i medesimi assi. Il concetto viene dunque applicato al moto del proiettile ed a tutte le variabili di spostamento dall’asse X (quello di avanzamento) dovute alle cause esterne (vento, gravità, spindrift, velocità transoniche). Per poter eseguire tali calcoli è preferibile l’utilizzo di calcolatori non portatili e con elevate capacità di elaborazione. Anche l’operatore addetto all’immissione dei dati non deve certo TNM ••• 068
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Bulletflight – Schermata del programma Bulletflight della KAC su un iPhone con già precaricati i dati di alcuni sistemi comunemente in uso assieme a rilevamenti eseguiti con sistemi Doppler sulle munizioni elencate.
essere un neofita, visto che il risultato iniziale dell’elaborazione sarà un modello del proiettile in CAD (computer aided design) di cui si elaborerà la traiettoria. è dunque facile intuire che tali programmi, sia per necessità di conoscenze professionali che di capacità di calcolo dei computer, poco si adattano alle necessità del tiratore ed al suo PDA; sono invece impiegati in enti governativi da esperti balistici, addirittura per progettare nuove forme e tipologie di proiettili. Un esempio su tutti è il PRODAS della Arrowtech, da cui è stato elaborato e creato il 408 Cheyenne tactical. Il centro di massa modificato (modified CP): I softwares di questa categoria partono dal presupposto di mettere come funzione fondamentale la posizione del CP nel proiettile di riferimento (sia G1 che G7), in modo da Prodasmodel – Elaborazione in CAD di un proiettile HPBT eseguita con il software PRODAS.
tracciarne la traiettoria. Data la relativa semplicità del calcolo, i programmi girano agevolmente sui PDA ed anche sugli smartphones. A questa categoria appartengono per esempio il Bulletflight della KAC ed il Point Mass Solver della JBM ballistics, che sfruttano anche l’esperienza del tecnico balistico americano Brian Litz nel campo del nuovo BC G7, in modo da perfezionare la predizione della traiettoria sfruttando un modello di parabola più realistica. Il modello Pejsa: a cavallo tra gli anni ‘70 e ‘80, il perito missilistico statunitense Arthur Pejsa, elaborò un modello di calcolo basato sul BC G1 e mettendo come funzione fondamentale la capacità di resistenza all’attrito dell’aria dovuta alla forma del proiettile. Per riprodurre empiricamente la decelerazione a cui è sottoposto il proiettile, Pejsa, sviluppò un coefficiente di ritardo a questa decelerazione, applicandolo lungo i punti della superficie ogivale (in pratica un calcolo integrale molto avanzato). Il risultato fu che i calcoli riproducevano abbastanza fedelmente la resistenza aerodinamica all’aria lungo le superfici del proiettile, furono svolti test pratici con sniper teams della marina e dell’esercito americano che diedero risultati molto buoni anche oltre le 1000 yards, distanze notevoli per quel tempo. Purtroppo i calcolatori non erano in grado di supportare la marea di calcoli necessari per elaborare le traiettorie, perciò questo modello dovette attendere tempi migliori (e moderni) per poter vedere di nuovo la luce come motore principale di softwares, che oggi girano agevolmente su piattaforme palmari come il Field Firing Solutions o il Patagonia. Spero di non aver creato nel lettore ulteriore confusione sull’argomento, ma di avere, al contrario, fatto luce su questo aspetto del tiro a lunga distanza che può dare molto aiuto nella risoluzione di calcoli e predizioni di traiettoria avanzate. Tuttavia non va dimenticato che è l’uomo, con la sua capacità analitica e di ragionamento, ad utilizzare i dati che rileva ed eventualmente a modificarli, in base alla propria esperienza. TNM ••• 069
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Di ZORAN MILOSEVIC
KAMPFSCHWIMMER
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MPANIE
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I successori dei sommozzatori della seconda guerra mondiale, oggi moderni esperti di demolizioni subacquee della Marina tedesca, si addestrano costantemente nel mar Baltico, al fine di essere in grado di svolgere con successo un’ampia gamma di missioni riguardanti la guerra sottomarina non convenzionale. Gli esordi dei Kampfschwimmer Gli esordi degli incursori subacquei dell’odierna Marina Militare tedesca sono legati al periodo della seconda guerra mondiale. Correva l’anno 1943 quando il comando generale della Marina da Guerra tedesca prese in considerazione questa tipologia di guerra, impressionato dalle azioni di successo svolte dagli uomini rana della Reggia Marina Italiana, decidendo di formare un’unità di questo tipo. E’ certo che tale decisione sia stata fortemente influenzata dalle azioni
svolte dagli uomini rana italiani nella notte tra il 18 ed il 19 dicembre del 1941 nel porto di Alessandria d’Egitto, o a Malta, così come da quella effettuata dagli uomini rana della Royal Navy britannica, inquadrati nello Special Boat Squadron (SBS), contro la nave da guerra tedesca “Tirpiz” il 2 settembre 1943, in un fiordo norvegese. In realtà il servizio d’intelligence militare Abwehr, guidato dall’ammiraglio Kanaris, era consapevole dell’importanza di tali formazioni ed in autonomia aveva iniziato a formare piccoli gruppi di subacquei già nel 1942. L’unità per incarichi speciali dell’Abwehr, anche conosciuta come divisione di Brandeburgo, comprendeva infatti un gruppo di sommozzatori esperti di demolizioni, i cui compiti principali erano quelli di raccogliere informazioni ed effettuare azioni dirette contro le strutture portuali. La prima unità Kampfschwimmer (nuotatori da combattimento) fu costituita nella primavera del 1944 ed era composta dal personale dal servizio segreto Abwher, delle Waffen SS e da paracadutisti della Fallschirmjager. Gli elementi di questa nuova unità che non avevano ancora seguito l’addestramento come sommozzatori, svolsero il proprio iter formativo a Valdagno, piccola località ai piedi delle Alpi venete, in provincia di Vicenza, dove erano di stanza piccole squadre di uomini rana della Decima MAS (X MAS) della Reggia Marina Italiana. I componenti di questa unità furono quindi inviati per sei mesi a La Spezia, dove completarono il loro addestramento alle immersioni.
Durante l’azione degli incursori subacquei in un’ambiente “umido”, tutto l’equipaggiamento di solito viene portato in un sacchetto impermeabile che funge anche come supporto per le armi durante il nuoto.
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Il commando del KSKp durante le esercitazioni nei boschi vicino Eckernförde. Da sinistra, due fucili HK G36KA1 e G36KA1 con lanciagranate AG36 calibro 40 mm e poi anche una mitragliatrice HK23E dello stesso calibro.
Tra il maggio ed il settembre del 1944, gli esperti di demolizione della neonata unità chiamata MEK 60 o “Uomini K” parteciparono a ventiquattro azioni di combattimento, compresa la demolizione di due ponti sul fiume Orna durante i combattimenti per la Normandia, la distruzione di batteria di artiglieria caduta nelle mani delle truppe alleate ad Hode e la demolizione dello strategico ponte di Nimegue, nei Paesi Bassi. Dopo la distruzione di una stazione radar inglese in Dalmazia, nel dicembre 1944 i “K Men” furono inviati in Polonia per demolire il ponte sul fiume Vistola nel tentativo di rallentare l’avanzata dell’Armata Rossa. Sebbene la fine della guerra fosse vicina, l’unità di demolizione sottomarina della Marina da Guerra aumentò i propri effettivi, formando quattro gruppi operativi di Kampfschwimmer, ciascuno con il proprio comando autonomo. Nel 1945, il Gruppo Nord, il cui comando era situato sull’isola di Sylt, operò principalmente nei Paesi
Baltici e nel Mare del Nord, utilizzando i sommozzatori demolitori e mini sommergibili. Il Gruppo Ovest, con sede ad Opelschen, fu particolarmente attivo sul fiume Reno dove partecipò alla demolizione dei ponti che erano stati presi dalle truppe alleate. Il Gruppo Est, con comando ad Ahlbeck-Usato ed il Groppo Sud, con sede a Venezia e Portofino, erano solitamente destinati alla formazione dei futuri Kampfschwimme e degli equipaggi dei mini sommergibili tipo Marder. Nei decisivi momenti dei combattimenti finali, trenta “Uomini K” cercarono di lanciarsi con il paracadute sopra Berlino per organizzare l’ultima difesa di Hitler, ma a causa della forte azione della difesa contraerea Sovietica fu impossibile portare a termine la missione. Dopo la Seconda Guerra Mondiale, nel 1959, le Forze Armate Tedesche decisero di formare un’unità addetta alle demolizioni subacquee in seno alla Bundesmarine, la Marina Militare, nella tradizione dei Kampfschwimmer dalla seconda guerra mondiale.
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Una parte importante dell’ equipaggiamento è rappresentata sicuramente dal “Personal Communications Systems” per i collegamenti radio tra i membri di un Team.
Nei medesimi frangenti in cui cominciava l’addestramento di specialisti per il combattimento non convenzionale in immersione, in Germania, un ufficiale ed un sottufficiale furono inviati per sei mesi ad addestrarsi insieme ai “nageurs de combat” della Marine Nazionale Francese, presso la scuola per i subacquei ed esperti di demolizione subacquea di Tolone, in Francia. Al loro rientro in Germania fu creata un’unità di demolizione subacquea denominata Kampfschwimmerung. Il primo corso di quattro mesi per altri 13 cadetti, i futuri Kampfschwimmer Bundesmarine, iniziò il 1° luglio 1959, nella base di List, sull’isola di Silt, nel Mar Baltico. Un mese dopo, l’unità si unì alla neonata unità di fanteria navale ad Asengwarden, con sezioni più piccole dislocate ad Eckernforde e Borkum. In un primo momento, la formazione e l’addestramento di base, della durata di cinque settimane, vennero svolte a List, sull’isola di Sylt, dove era situata la piscina per le immersioni.
Tutte le altre attività si svolgevano ad Eckernforde sul Baltico, dove aveva sede la scuola della Marina Militare Tedesca ed il comando del Kampfschwimmerung. Con il passare degli anni il numero dei membri del gruppo crebbe ed il primo aprile 1964 fu così possibile costituire due compagnie: addetti allo sminamento ed addetti alla demolizione subacquee. Quest’ultima aveva il quartier generale ad Eckernförde, dove nel 1970 furono accentrare tutte le attività addestrative. In tale occasione l’unità assunse il suo nome attuale Kampfschwimmerkompanie, o abbreviato KSK. Dal 1978 l’KSK inviò i suoi esperti demolizione subacquea presso i NAVY SEALS statunitensi. In questo periodo l’KSK comprendeva tre squadre operative di subacquei. Nel 1991, in seguito alla cancellazione del blocco orientale, alla caduta del Muro di Berlino ed all’unificazione delle due Germanie, le missioni del KSK cambiarono per adattarsi al nuovo scenario internazionale e l’unità si unì al neonato battaglione formato da incursori subacquei all’interno della Bundesmarine’s Flotille der Minenstreitkrafte – l’unità addetta all’attività di contrasto alla mine. Il battaglione comprendeva tre compagnie: gli esperti di demolizione subacquea (KSK), i sommozzatori sminatori e la compagnia addestramento (con la squadra di artificieri). Nello stesso anno, per la prima volta dopo la Seconda Guerra Mondiale, il governo tedesco consentì alle sue forze armate di partecipare alle missioni fuori del territorio nazionale. Da allora, i membri del TNM ••• 075
inside inside inside inside inside inside inside inside insi KSK sono stati impiegati in missioni internazionali dai Balcani all’Africa: operazione SUDFLANKE nei Balcani nel 1991, operazione SHARP GUARD nel mare Adriatico nel 1993 e 1994, operazione RESTORE HOPE in Somalia nel 1994, missione KFOR in Kosovo dal 1999 al 2002, pattugliamento navale nell’Oceano Indiano nell’ambito dell’operazione ENUDURING FREEDOM nel 2002. Nel 1996, la Kampfschwimmer Kompanie (abbreviato KpfSchwKp) ha cambiato la sua sigla in KSKp per non essere confuso con le Forze Speciali dell’Esercito Tedesco, i Kommando Spezialkräfte (KSK). I sommozzatori del KSK sono stati utilizzati la prima volta in combattimento nel 1991, partecipando alla bonifica del Golfo Persico dalle mine, in seguito all’operazione “Desert Storm”. Nel periodo tra l’aprile ed il luglio 1991, i sommozzatori tedeschi eliminarono circa il 90% delle mine presenti nel Golfo. Organizzazione e compiti I membri del KSK sono formati allo scopo di eseguire operazioni offensive sulla superficie dell’acqua, in immersione e nelle aree costiere, nel contesto di una guerra navale non convenzionale, alle dipendenze
Team esploratori del KSKp armati con fucili d’assalto HK G-36 assicurano la costa dopo lo sbarco.
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della Bundesmarine, la Marina Militare Tedesca, e/o per l’Alleanza Atlantica, come parte integrante delle operazioni di NATO ed UEO o in missioni ONU. Questi compiti includono assalti alle navi nei porti e nei moli (così come in mare aperto), la demolizione di ponti e strutture portuali, azioni di supporto alle operazioni anfibie, assalti alle strutture costiere (stazioni radar, postazioni missilistiche, elicotteri anti-sommergibile e basi aeree), la ricognizione e lo sminamento delle aree di sbarco degli assalti anfibi. Tuttavia l’unità ha anche compiti difensivi come la protezione di navi e strutture portuali, comandi e piattaforme per l’estrazione di petrolio o gas, azioni di soccorso e messa in sicurezza, nonché partecipare ad operazioni umanitarie e di pace per le Nazioni Unite (ONU). Oggi la Kampfschwimmer Kompanie è una delle componenti del gruppo costituito dalla fanteria di marina e dai sommozzatori demolitori della Bundesmarine, noto anche come SEKM (Spezialisierte Eintzkrafte Marine, ossia unità navale per operazioni speciali), costituito nel 2003 e sotto il comando di un capitano di fregata. Prima di unirsi al SEKM, i Kampfschwimmer facevano parte di un’unità autonoma denominata Waffentauchergruppe che comprendeva
de inside inside inside inside inside inside inside inside inside i sommozzatori addetti allo sminamento della Flotille der Minenstreitkrafte (della forza di una compagnia), i sommozzatori incursori, una squadra di nuotatori subacquei ed una compagnia di formazione strutturata su tre squadre: esperti di demolizione subacquea, sminatori e specialisti in esplosivi per le attività EOD (bonifica di ordigni esplosivi). L’unità Waffentauchergruppe contava circa 250 elementi – 12 ufficiali, non più di 120 sottufficiali ed un identico numero di marinai. Oltre all’unità Kampfschwimmer, l’SEKM ha altri tre componenti previsti dai MiTaK, per un totale di circa 300 elementi: una squadra destinata alla protezione delle navi (circa 120 uomini), una per le attività di ricerca e controllo a bordo delle navi in mare (circa 180 uomini) ed in fine un gruppo di nuotatori. L’unità di incursori subacquei dell’KSKp è composta da tre squadre operative, costituite da 16 commandos
ciascuna, più quattro gruppi di supporto tattico e logistico, composti di fatto da personale non avente la qualifica di incursore. Prima della costituzione dell’ SEKM, le squadre operative dell’KSKp erano costituite di soli 12 operatori. Ricordiamo che l’età media dei membri del KSKp è di 29 anni, con un’età variabile tra i 29 e 45 anni, mentre la maggior parte dei candidati per l’ammissione al gruppo hanno un’età compresa tra i 20 ed i 22 anni. Addestramento “bagnato “ ed “asciutto” I membri del KSKp sono soldati professionisti e volontari che hanno completato un corso eccezionalmente duro, seguito dalla formazione specialistica. Durante l’addestramento i candidati devono imparare tutte le tecniche necessarie ad un incursore di marina - immersione, arrampicata, paracadutismo, antiterrorismo - ed è per questo che la KSKp è considerata una
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inside inside inside inside inside inside inside inside insi Frogman “Kampfschwimmer” armati di fucili HK G36KA1 con sistema ausiliarioslitta (Supporto Rail) KAC Knights Armament G36 Rifle RAS e silenziatore KAC QDSS -NT4.
delle formazioni meglio addestrate delle forze speciali tedesche. Al fine di poter partecipare alle selezioni, i candidati (provenienti dall’ambito militare) devono avere almeno due anni di servizio nella marina militare (gli ufficiali devono avere almeno 8 anni di servizio). In linea di principio ci sono due tipi di candidati: i civili che hanno frequentato il corso di formazione di base ed i membri della Marina Militare che devono completare il periodo di addestramento di sei mesi presso la base di Neustadt. I candidati vengono prima inviati ad un istituto specializzato a Kil, dove sostengono approfondite visite mediche (con particolare attenzione a gola, naso, occhi ed apparato respiratorio), così come test psico-attitudinali. I requisiti minimi che un candidato deve rispettare per superare i test e seguire l’addestramento sono i seguenti: • Essere cittadini tedeschi, a norma dell’articolo 116 della Costituzione tedesca; • Avere un’età compresa tra i 17 ed i 25 anni; • Possedere un titolo di studio di scuola secondaria (10 anni) o equivalente o aver studiato con successo in una scuola superiore o equivalente; • Coprire 1000m a nuoto in 23 minuti; • Correre 5000m in meno di 24 minuti; • Nuotare in immersione per 30m senza attrezzatura; • Rimanere in immersione senza respirare per almeno 60 secondi; • Superare il test sportivo, totalizzando un minimo di 20 punti (almeno 3 punti per ogni esercizio); TNM ••• 078
• Essere un soldato in servizio attivo ed aver prestato servizio per almeno 6 mesi. Dopo l’addestramento ci si deve impegnare a prestare servizio nell’unità per 4 anni; • La preparazione fisica all’immersione è valutata dall’Institut Schifffahrtsmedizinisches (istituto medico navale) della Marina; • La preparazione fisica al lancio con il paracadute è esaminata dalla stesso istituto. Questi test eliminano tra il 70 e l’80% dei candidati. A seguito di questa selezione rigorosa e dei test psico-fisici, i candidati restanti sono inviati alla formazione di base, della durata di 5 mesi, nella base di Eckernforde. Questa formazione si compone di due parti: “bagnata” (piscina ed addestramento alle immersioni) ed “asciutta” (addestramento alle demolizioni sul terreno). La prima fase dell’addestramento di base, condotta da cinque istruttori, comprende corsi inerenti tecniche base di immersione, materiali ed equipaggiamento, medicina subacquea, miglioramento della preparazione fisica ed uso dei diversi dispositivi per respirare in immersione. Nell’ambito del cosiddetto addestramento “asciutto” o di “terra”, il futuro Kampfschwimmer frequenta quattro settimane di corso presso la scuola Ranger di Schongau, non lontano da Monaco, dove viene addestrato ai diversi tipi di combattimento su tutti i terreni. Segue un
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corso di paracadutismo di quattro settimane presso la scuola per le truppe paracadutiste di Altenstadt (tutti i membri del KSKp sono addestrati a lanciarsi con le tecniche HAHO/HALO). Nelle due settimane successive i candidati imparano ad usare gli esplosivi in azioni di demolizione. Per completare l’addestramento partecipano al corse SERE (Sopravvivenza, evasione, resistenza e fuga [survival, evasion, resistance and escape]) presso la base a Hammelburg. Al termine di questa fase il candidato consegue la qualifica di sommozzatore e viene inviato presso la compagnia incursori subacquei KSKp dove comincia la seconda fase del suo addestramento. Questa parte della formazione ha una durata di quattro mesi e rappresenta l’originale addestramento del demolitore subacqueo. In questa fase i nuovi incursori iniziano a far pratica con le procedure di infiltrazione/esfiltrazione con l’utilizzo di vari vettori (navi, elicotteri, paracadutismo, ecc), avvicinamento agli obiettivi, assalto alle navi in porto o alla fonda ed alle infrastrutture portuali, attività che svolgono una volta alla settimana, di giorno e di notte, sia in estate che in inverno, in primo luogo contro la base a Eckernförde e quindi contro le strutture più importanti della Marina Militare, come quelle di Kiel e Flensburg. L’addestramento comprende poi l’uso dei dispositivi di respirazione ad ossigeno a circuito chiuso, il nuoto in mare sulla distanza di 10 km con equipaggiamento completo, il canottaggio, così come le diverse azioni tattiche in combattimento. Coloro che superano con successo l’addestramento ottengono il brevetto “Fish”, che rappresenta il simbolo degli esperti di demolizione subacquea, indossato sino ad ora da circa 500 Kampfschwimmer. In linea di principio, ci vogliono 12 mesi di formazione di base, sette mesi di corsi specialistici differenti e tra i tre ed i quattro anni nei teams affinché un membro del gruppo possa essere considerato pronto al combattimento, combat ready! In tale ottica, anche dopo essere stati ammessi al gruppo, il tempo dedicato alla formazione è sempre molto, gli addestramenti sono costanti, così da migliorare le competenze acquisite alla perfezione. Inoltre, i membri dell’unità devono frequentare vari corsi specialistici, come gli stage nella famosa scuola NATO a Weingarten (corso LRRP), il corso alla base di Pfullendorf, i corsi di sopravvivenza e combattimento in media ed alta montagna ed i corsi condotti dagli istruttori delle unità cacciatori di montagna Gebirgsjager. I membri del KSKp devono frequentare inoltre il corso nella lotta al terrorismo e per la liberazione degli ostaggi presso la famosa unità GSG-9, l’unità speciale Bundesgrenzschutz. I Kampfschwimmer vengono anche addestrati a svolgere compiti di FAC/TLD per segnare strutture costiere con dispositivi di puntamento, guidando il fuoco dell’artiglieria navale. La KSKp vanta un’ottima collaborazione con le unità estere corrispondenti. La KSKp si addestra alle tecniche dei British Royal Marines, mentre le tecniche di combattimento a terra sono ispirate a quelle dall’US
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inside inside inside inside inside inside inside inside insi Per i movimenti lungo le rive sabbiose e superfici di terra , KSKp utilizzano, il cosiddetto “Quad”, Yamaha Grizzly 450.
Navy SEAL. La KSKp ha stabilito una collaborazione particolare con il SEAL Team 2 di base a Norfolk. Non va poi dimenticata l’eccellente cooperazione, stabilita sin dal 1957, con gli uomini rana francesi del Commando d’Action Sous-Marine HUBERT, che trasmettono loro le varie tecniche e procedure per la messa in atto di assalti a navi ed impianti portuali, mentre con gli uomini dell’SBS britannico si addestrano alle tecniche di avvicinamento discreto agli obbiettivi, di attacco e di demolizione. Questa collaborazione rende possibile per i membri dell’KSKp addestrarsi non solo nel mar Baltico, ma anche nelle acque dell’Oceano Atlantico e del Mar Mediterraneo. L’unità, oltre a collaborare con le formazioni sopra citate, si addestra con i Marinejegertroppen norvegesi ed i Froemenkorpset danesi. Armi ed Equipaggiamento Per quanto riguarda le armi, gli incursori subacquei tedeschi, utilizzano vari modelli di pistole semiautomatiche come Walther P-8 (9mm Parabellum), la Sig Sauer P-226 e la H&K P-8 Combat (versione modificata della H&K USP), tutti nel medesimo calibro, senza scordare la nuova pistola P-12 HK USP Tactical nel nuovo calibro 11,43 x23 mm. Quale pistola mitragliatrice i membri dell’unità usano il leggendario H&K MP5 (9 mm Parabellum) nelle versioni standard A2, A3, A4, A5, nelle versioni SD3 e SD6 con silenziatore integrato e KA4 a canna corta (115 mm invece dello standard 225 mm) con doppia impugnatura. Tra le armi a canna lunga i Kampfschwimmer fanno uso dell’eccellente fucile H&K G-36 nella versione a canna corta (320mm) G-36 K-Kurtz con ottiche Hensoldt 3× e Zeiss integrate. Gli incursori utilizzano anche le versioni TNM ••• 080
• Gewehr 36 Kurz Ausführung 1 - G36KA1 (con slitte Picatinny MIL-STD-1913 sulle quali può essere montata l’ottica EOTech 551); • KAC Knights Armament RAS G36 con slitta rail SL8 (usata solo per fissare il modulo marcatore a punto rosso LLM01 prodotto dalla Oerlikon Contraves, con torcia tattica e silenziatore); • Gewehr 36 Kurz Ausführung 2 – G36KA2 con ottica Hensoldt 3x e slitte Picatinny MIL-STD-1913 (usate per il montaggio dell’ottica EOTech 551); • KAC Knights Armament RAS G36 con slitta rail SL8 (usata solo per fissare il modulo marcatore a punto rosso LLM01 prodotto dalla Oerlikon Contraves e lampada tattica), con silenziatore e lancia granata coassiale AG-36 calibro 40x46mm; • Gewehr G-36 Commando - G36C Carabine con la canna di soli 228 millimetri, calcio pieghevole e slitte Picatinny MIL-STD-1913. I cecchini dell’unità KSKp utilizzano fucili per il tiro di precisione semi-automatici o a ricarica manuale. Nella prima tipologia troviamo il fucile da cecchino H&K PSG1, con ottica Hensoldt 6x, nell’ottimo calibro 7.62x51 NATO. Per quanto riguarda i fucili a ricarica manuale, i cecchini, fanno uso dell’eccellente Accuracy International G-22 in calibro 308 Winchester (7.62x51 mm NATO), mentre per le attività di Heavy Sniping utilizzano l’Accuracy International G-24 calibro 0,50 Browning (12.7x99 mm standard NATO). Su tutte queste armi gli snipers possono montare i diversi dispositivi di puntamento diurno/notturno, quali l’ottica diurna Zeiss ZF Hensoldt 3-12X56 SSG ed il sistema di puntamento notturno Simrad KN-250 F. Per le esigenze di supporto di fuoco, la KSKp dispone di diverse mitragliatrici, dalle
de inside inside inside inside inside inside inside inside inside Incursore subacqueo tedesco con un carabina G36KA1 equipaggiato con il mirino Red Dot Aimpoint Comp M3, alloggiato sulla parte alta della Rail Adapter System (RAS) tipo KAC G36 Rifle RAS mentre sotto la RAS troviamo un marcatore laser IR e la torcia elettrica modulare Surefire.
leggere K-23E e HK MG-43 entrambe in calibro 5.56x45 mm, alla HK G-8 (HK81) in calibro 7.62x51 mm, sino alla pesante M2HB in calibro 12,7 mm. L’unità dispone inoltre del sistema missilistico anti-carro di medio raggio MILAN, che può essere usato sia da terra che da imbarcazioni ad alta velocità di tipo RHIB. Ricordiamo inoltre che i membri del KSKp impiegano la pistola subacquea H&K P-11. Quest’arma, utilizzata anche da altre unità di incursori subacquei quali il GOI dall’italiano COMSUBIN, il francese CAS HUBERT o il danese Froemenkorpset, si compone di due elementi principali: il blocco canne ed il blocco inferiore costituito da impugnatura, congegno di “scatto” ed elettronica. Il primo blocco comprende 5 canne indipendenti contenenti dardi aventi un calibro di 6 mm. Il secondo blocco è composto da 5 batterie che forniscono l’energia necessaria per attivare il sistema di sparo. La pistola è dotata di un semplice sistema di puntamento ad U, più che sufficiente vista l’effettiva gittata non superiore ai 25 metri. L’arma pesa poco meno di 1,4 kg ed è completamente silenziosa, sia in acqua che fuori. Per le attività su terra i membri dell’KSKp utilizzano gli equipaggiamenti standard in uso alle altre forze speciali dell’Esercito Tedesco. Possiamo inoltre dire, senza rivelare alcun segreto militare, che i membri dell’KSKp fanno uso del respiratore a circuito chiuso LAR V, prodotto dalla società tedesca Drägerwerk AG, dal peso di circa 10 kg, che consente di muoversi in immersione ad una profondità massima di 10 metri. E’ forse importante ricordare che l’unità non utilizza
il modello Drager LAR VI e che è stata decisa la sostituzione dei LAR V con il modello francese FROGS (Full Range Oxygen Gas System) realizzato dalla società Aqualung, avente un peso di 14,2 kg e dimensioni 48 x 30,6 x 19 cm. L’equipaggiamento da immersione comprende inoltre mute “umide” e stagne da 5 e 7 mm, tipo Beluga, maschere POSEIDON, pinne GIANT e FALCON, sistemi di navigazione Atlas Elektronik, coltelli Boeker ed orologi subacquei OCEAN 2000. Tutto quest’equipaggiamento non è a-magnetico per due semplici ragioni: sarebbe troppo costoso e non è così importante per gli esperti di demolizione subacquea. L’equipaggiamento a-magnetico è destinato principalmente per i sommozzatori addetti alla bonifica mine. Gli incursori tedeschi dispongono di 10 mezzi subacquei per muoversi in immersione. I tagli al bilancio non hanno consentito l’adozione di mezzi per il movimento in immersione sofisticati come SDN Atlas. I Kampfschwimmer dispongono di circa 10 battelli pneumatici, tre barche ad alta velocità di tipo RHIB (Rigid Hull Inflatable Boat), ciascuna con due motori fuoribordo da 140 HP, 15 kayak biposto Klepper Aerius 2 e 10 veicoli tattici leggeri per il movimento su terra. Per le infiltrazioni dall’aria, i membri del KSKp utilizzano il paracadute T-10 ad apertura automatica e paracadute di tipo MT-1A/B/C per i lanci in caduta libera (Haho/Halo). Ricordiamo inoltre che ogni membro del gruppo ha il proprio paracadute personale della cui piegatura e manutenzione è responsabile. TNM ••• 081
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CAA RONI G1 portapacchi tattico per la pistola Glock
Di FABIO ROSSI - Foto di Michele FARINETTI
Il RONI è un accessorio ideato ed accuratamente costruito per alloggiare al suo interno, con rapide e semplici operazioni manuali, alcuni modelli delle più comuni armi corte, realizzate dalle aziende Glock, Sig Sauer, Beretta, Springfield, Bull, Cz, H&K e Bersa. Per rendere meglio l’idea lo definirei un “portapacchi tattico”, su cui è possibile applicare tutti i dispositivi di puntamento ed illuminazione offerti dalla moderna tecnologia e reperibili sul mercato del military/law enforcement. L’AZIENDA CAA Tactical è una delle aziende leader, a livello mondiale, nello sviluppo e nella produzione di accessori, specificatamente creati per soddisfare le rigorose esigenze tattiche, provenienti principalmente dal mondo delle forze armate, delle unità speciali delle forze dell’ordine e dei professionisti nell’uso delle armi. La gamma dei prodotti, interamente compatibile con gli standard militari, viene realizzata solo con materiali di prima qualità ed utilizzando le più moderne tecniche di produzione. Nel loro catalogo sono presenti supporti per torce tattiche e dispositivi laser, bipiedi, impugnature anteriori e posteriori, sistemi rail-Picatinny, tubi di collegamento, poggia guancia, realizzati per poter equipaggiare i sistemi d’arma, come ad esempio, M16, MP5, AK, G36, G3, Galil, Tavor, Uzi, P90, M203, Remington 870, SA80, SA58, Glock, Beretta. STRUTTURA Il sistema RONI è formato da due gusci in tecnopolimero termico ad alta resistenza ed alluminio, collegati fra di loro attraverso una cerniera. La chiusura dei due gusci si ottiene attraverso due parti mobili, una anteriore ed una posteriore, che vengono ulteriormente fissate attraverso due spine passanti. Nella parte posteriore del guscio è presente una clip ambidestra, per il fissaggio della cinghia tattica single-point ed il calcio telescopico, provvisto di poggia guancia regolabile e porta caricatore di riserva. L’apertura e la regolazione di quest’ultimo, sulle quattro lunghezze disponibili, avviene premendo un pulsante di forma ovale collocato nella sua parte posteriore. La parte anteriore scorrevole, invece, accoglie un tubo rompi fiamma del diametro di circa 3 cm, recante tre intagli direzionati verso l’alto, che, nel caso del modello dedicato alle pistole della serie Glock (mod. 17-18-19-22-23-25-31-32) può essere spostato sull’asse orizzontale, per raggiungere il perfetto assemblamento e bloccaggio dell’arma posizionata all’interno. Sono presenti quattro rail MilStd 1913 a cui possono essere applicati, come già detto, numerosi accessori tattici; è già presente, fornita in dotazione, un’impugnatura anteriore pieghevole. Il trigger guard dell’arma può essere chiuso attraverso la rotazione di una foglietta plastica ambidestra che ostacola TNM ••• 083
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l’inserimento del dito indice ed impedisce, quindi, esplosioni accidentali di colpi. Il RONI è disponibile nelle colorazioni black, green e khaki. SEQUENZA D’ASSEMBLAGGIO Collocare il RONI in posizione orizzontale su di una superficie rigida o sulle gambe, avendo cura che il lato sinistro sia rivolto verso l’alto. Portare il calcio in completa apertura, agendo sull’apposito pulsante e ruotare l’impugnatura anteriore in posizione operativa. Premere ed estrarre le due spine, sino a fondo corsa e far scorrere verso l’esterno le due parti mobili, che, a questo punto si sono svincolate. Aprire la parte superiore del RONI tirandola e facendola ruotare. Estrarre il piccolo guscio plastico che, una volta inserito a pressione nella parte posteriore del carrello della pistola, servirà per poter effettuare l’armamento ambidestro della stessa. Inserire l’arma all’interno del guscio più grande, accertandosi che la guardia del grilletto alloggi perfettamente nell’apposita sede sagomata e che l’appiglio di armamento fuoriesca dalla sua finestra di scorrimento. Chiudere e riassemblare il RONI effettuando a ritroso tutti i passaggi precedenti. REPORT DELLE PROVE E CONCLUSIONI Il RONI utilizzato per la recensione è risultato di ottima fattura, l’accorpamento delle varie parti è preciso e le operazioni di svincolo delle varie componenti sono risultate positivamente fluide nei movimenti. Con un minimo di manualità, il montaggio, si determina in meno di trenta secondi. La principale caratteristica del RONI si concretizza nel fatto che la pistola viene inserita e bloccata all’interno senza apportare alcun tipo di modifica, alterazione della meccanica o della TNM ••• 085
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struttura esterna, come è possibile notare nelle sequenze fotografiche allegate all’articolo. Non viene, in alcun modo, modificata la lunghezza della canna dell’arma, in quanto il calibro del rompi fiamma risulta di dimensioni notevolmente superiori. Ma, soprattutto, al termine dell’assemblamento, non vengono aumentate le caratteristiche di potenzialità dell’arma e neppure vengono facilitati il porto o l’occultamento. Queste ultime caratteristiche, intuibili dalla semplice osservazione “de visu” delle dimensioni finali dell’accessorio, che raggiungono, nella massima estensione, i 58 cm di lunghezza ed un peso, con arma carica e caricatore di scorta, di circa 2,8 kg. Le prove di tiro sono state effettuate presso le strutture del Tiro a Segno Nazionale di Novi Ligure (AL), sia con l’ausilio di un set di congegni di mira tradizionali flip-up CAA che con un sistema di puntamento olografico EOTech 512 TNM ••• 086
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A65/1. Entrambi gli apparati, in quanto nuovi di fabbrica, hanno richiesto l’esecuzione di alcuni colpi finalizzati alla taratura ed il RONI si è dimostrato all’altezza delle aspettative, riuscendo a realizzare rosate estremamente concentrate nel tiro accuratizzato. Questo primo approccio ha permesso allo scrivente di prendere confidenza con il sistema e poter, successivamente, procedere ad alcune sequenze di tiro caratterizzate da rapidi doppiaggi dei colpi, molto più confacenti alla natura operativa del RONI. Il nostro “portapacchi tattico” ha dimostrato di avere una struttura portante molto stabile, una linea di mira relativamente bassa e di essere agevolmente gestibile nel rilevamento, che è risultato quasi inesistente. Sono stati esplosi complessivamente 200 colpi Magtech 9x21 FMJ con palla da 124 gr. e non si è verificato alcun problema tecnico relativamente all’espulsione
dei bossoli e la procedura di armamento della Glock, tramite l’appiglio di armamento, è risultata sempre fluida e decisa. Non ultima, la soluzione tattica di collocare il porta caricatore di riserva sul calcio telescopico, ha permesso di poter effettuare agili e rapide sequenze nella sua sostituzione. Alcune raccomandazioni tecniche del fornitore riguardano la lubrificazione delle spine di fissaggio, dopo ogni sessione di tiro, per agevolarne lo scorrimento e soprattutto l’utilizzo di munizioni commerciali e non ricaricate, in quanto il RONI, contenendo l’arma, potrebbe sporcare eccessivamente e sfiammare all’ interno. In conclusione, il RONI è un prodotto di alta qualità, di sicura utilità e praticità, il cui campo di utilizzo può essere finalizzato sia al mondo professionale delle Forze di Polizia ed Agenzie di Sicurezza che all’uso ludico del tiratore civile.
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EOTech 512 A65/1 Il modello 512 è sicuramente uno dei puntatori olografici più diffusi in commercio. è un’ottica tattica perfetta per tutte quelle agenzie o privati che esigono il meglio in termini di velocità d’acquisizione del bersaglio e versatilità nelle situazioni tattiche di CQB, senza la necessità di avere un prodotto compatibile con sistemi di visione notturna. • Ottica: a trasmissione olografica - esente da parallasse • Alimentazione: batterie AA (supporta Lithium ed Alkaline) • Vita operativa batterie: 1,000 ore continue (lithium); 600 continue con alkaline • Interfaccia: rail Picatinny (MIL-STD-1913) o rail Weaver • Dimensioni: lungh/largh/alt: 137x49x60 mm • Peso: 309 grams • Temperatura operativa: -40 a 150 F (con AA lithiums); -20 a 140 F (con altri tipi di batterie) • Waterproof: immersione sino a 10 ft depth (circa 3 mt.) • Colore: finitura esterna nero opaco non riflettente • Reticolo: 65 MOA - cerchio di puntamento 1 MOA • Ingrandimenti: 1x • Aggiustamenti (per click): 0.5 MOA (1/2” a 100 yds) TNM ••• 088
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Si ringrazia: Dr. Ugo PASSALACQUA Rappresentanze Tecniche - tel. 02.29401588 e-mail e Skype whp@iol.it – per la fornitura del CAA RONI. Tactical Equipment per averci fornito il puntatore olografico EOTech 512 A65/1. ww.tacticalequipment.it Tiro a Segno Nazionale di Novi Ligure Il Tiro a Segno Nazionale Sezione di Novi Ligure è stato fondato nel giugno del 1884 ma la struttura del poligono è stata inaugurata nel 1895, successivamente chiuso durante gli eventi bellici e definitivamente riaperto nel 1967. Numerosi gli stand di tiro, tra cui la palestra di tiro a 10 metri con bersaglio elettronico che è il fiore all’occhiello dell’attività sportiva del Tiro a Segno di Novi Ligure. E’ dotata di 20 linee di tiro che possono essere utilizzate in rete, oppure singolarmente per l’allenamento. Ogni linea di tiro è dotata di schermo LCD per il controllo costante del risultato, punto dopo punto. Durante le gare vengono attivati due megaschermi che permettono di poter vedere i risultati di ogni partecipante, confrontandoli. Il padiglione, dotato d’impianto di condizionamento, mette a disposizione
degli atleti ampi spogliatoi maschili e femminili, nonché attrezzature per l’allenamento cardio-fitness. Sono inoltre presenti 12 linee di tiro da tiro sportivo a 25 metri, 4 linee di tiro istituzionale per grosso calibro a 25 metri e 4 linee di tiro per armi lunghe a 100 metri. Ultimo nato e recentemente aggiornato il Sistema Interattivo d’Addestramento al Tiro (SIAT) dedicato agli operatori nel campo della sicurezza, sia pubblica che privata. L’impianto è stato realizzato in galleria, ha le dimensioni di 28 m di lunghezza per 4,50 m di larghezza, tutto con altezza pari a 3,00 m ed è concepito per un tiratore che può esercitarsi da solo. Prossimamente TNM effettuerà una recensione operativa di quest’ultimo sistema d’addestramento. Tiro a Segno Nazionale Sezione Novi Ligure Strada per Gavi, 70 – 15067 Novi Ligure (AL) Tel./Fax: 0143.70693 - www.tsnnovi.it Cav. Gian Franco SILVANO Presidente della Sezione di Novi Ligure del Tiro a Segno Nazionale per l’utilizzo delle strutture del poligono. Alex SPAGNOLI amico, serio professionista e cultore di armi lunghe e corte.
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Di ROBERTO GALBIGNANI
AfgHanistan
Memorial Knife Il coltello AMK-279 e stato disegnato da Hill Knives e realizzato dalla FOX, in onore della missione ISAF (International Security Assistant Force) in Afghanistan. Questo coltello mi piace molto per il suo design, il quale offre una linea pulita e semplice, è realizzato in acciaio (N 690 co, cobalto Vanadio con una durezza di HRC58-60) successivamente viene eseguito un trattamento su tutta la superficie in DLC (Diamond like Carbon), tale trattamento conferisce all’acciaio della lama una maggior durezza all’usura abrasiva, alla corrosione e inoltre rende la lama antigraffio,fornendo in questo modo una dote di taglio maggiore e un alta resistenza all’ossidazione. La bisellatura inclinata è leggermente concava studiata in modo che il filo abbia un angolo piuttosto stretto, per ottimizzare il taglio, sul dorso della lama troviamo una dentatura che offre un ottimo grip. L’impugnatura è costituita da due guancette in micarta canvas naturale avvitate, questa soluzione risulta essere un ottimo compromesso tra un bel design ed un ottima maneggevolezza, permettendo così di cambiare l’impugnatura senza alcun problema. Al termine del manico è stato ricavato uno Skullcrasher con due fori utilizzabili per il fissaggio di un cordino. Il fodero è realizzato in kydex (Tecno polimero)color sabbia, nella parte posteriore vi sono due clips per il fissaggio alla cintura o sui sistemi M.O.L.L.E. Di solito la maggior parte dei coltelli commemorativi sono destinati ad essere utilizzati come regali simbolici o per ricordo, e spesso finiscono in vetrine piene di polvere e per non essere mai utilizzati, a mio parere tutto ciò e un vero peccato trattandosi di un opera molto bella, pratica e funzionale. TNM ••• 90
Scheda Tecnica Lama fissa Lunghezza della lama 15,0 cm Lunghezza impugnatura 12,5 cm Lunghezza totale 27,5 Durezza HRC 58-60 Impugnatura Caanvas naturale colore Micarta Peso 220 gr Fodero kydex con clip M.O.L.L.E. www.fkmdknives.com
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Di GALDINO GALLINI - FOTO DI MAX MASALA TNM ••• 93
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La Svizzera è la nazione neutrale per eccellenza. In un primo momento questo può far pensare ad uno Stato particolarmente pacifico ed imbelle. In realtà la Svizzera è sempre stato un Paese di guerrieri molto abili e particolarmente rispettati. Sono tutt’ora famose le truppe di mercenari che nel XV secolo hanno avuto un peso determinante nelle guerre che hanno insanguinato l’Europa. La nascita del primo nucleo dell’attuale Confederazione risale al 1291. Da allora, ci fu una continua lotta con i Paesi confinanti per il mantenimento della propria indipendenza ed una serie straziante di conflitti interni per cause politiche e religiose. Il principio della neutralità fu adottato per la prima volta nel 1640, ma questo non impedì alla Francia d’invadere il territorio Elvetico nel tentativo di conquistarlo. Con la caduta di Napoleone, la Svizzera, ribadì il principio della neutralità ed ottenne il riconoscimento internazionale. Tale TNM ••• 94
posizione venne mantenuta durante la prima e la seconda guerra mondiale ma, specialmente durante il secondo conflitto, non senza difficoltà: in difesa di tale neutralità il Governo Elvetico dovette procedere alla mobilitazione generale a scopo preventivo e dissuasivo. Pertanto gli svizzeri, a causa della loro posizione geografica e delle minuscole dimensioni del territorio nazionale, hanno sempre dovuto mantenere un costante stato di allerta e l’addestramento della popolazione abile al servizio militare non è mai stato trascurato. Anche le scelte riguardanti l’equipaggiamento militare sono state sempre fatte seguendo questa linea di pensiero. In particolar modo, la precisione intrinseca delle armi da fuoco, è sempre stato il vero “fiore all’occhiello” del loro esercito. Questo anche per ubbidire ad una logica strategica: il territorio Elvetico è montagnoso e la precisione dei tiratori, messi nei punti più idonei, è
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una componente fondamentale per contrastare l’avanzare del nemico. Per questo motivo, tutte le armi da fuoco individuali svizzere, sono sempre state caratterizzate da una precisione degna di un’arma da tiro. Gli archibugieri svizzeri erano capaci di effettuare tiri che rasentavano l’incredibile. Le carabine federali (mod. 1851 ecc.) erano molto ricercate anche da tiratori dei Paesi stranieri per la loro precisione e per la loro eleganza. Non vanno dimenticati i Vetterli a percussione anulare. Tutt’oggi sono particolarmente apprezzati tra i tiratori con armi ex ordinanza le carabine Schmidt-Rubin, la cui precisione è seconda solo ai Carl Gustaf svedesi e lo stesso Stg 57 cal. 7,5 Swiss. Fu la necessità di un fucile d’assalto più leggero e versatile, in un calibro più controllabile e conforme con la linea degli altri eserciti, a dare il via alla progettazione di quello che attualmente è considerato da molti il più preciso fucile d’assalto in dotazione ad un esercito: il SIG 550. Gli studi per la realizzazione di quest’arma iniziarono alla fine degli anni 70. La gara fu condotta dalla SIG (Shweizerische Industrie Gesellshaft) di Neuhausen am Rheinfall e la Waffenfabbrik di Berna. In quel periodo venne anche progettata una nuova cartuccia da abbinare alla nuova arma: il 6,45 x 48; ma la decisione di adottare il 223 ebbe presto il sopravvento. Ad avere la meglio fu il progetto della SIG, denominato SIG 530, che inizialmente utilizzava un sistema di chiusura geometrica a rulli, azionato da una presa di gas. Successivamente, il sistema a rulli, venne abbandonato per un otturatore rotante a due alette, integrato in un porta otturatore, sempre azionato da un recupero di gas e che trae ispirazione dalla meccanica del Kala. Il modello perfezionato venne denominato SIG 540 e venne ufficialmente accettato dalla Commissione Militare nel febbraio del 1983, ma la versione definitiva fu ultimata un anno dopo e venne denominata SIG 550. La sigla d’adozione militare di quest’arma è Stg 90, in quanto l’entrata in servizio ufficiale avvenne nel 1990. Alla versione “full size” sono state affiancate anche versioni compatte, subcompatte e sniper denominate 551, 552 e 550 sniper. Attualmente sono disponibili anche da noi le versioni civili, a cui sono state apportate TNM ••• 95
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le opportune modifiche per renderle tali. Ovviamente è stato rimosso il dispositivo di raffica e sono state ridotte le dimensioni del rompifiamma per l’inserimento della granata da fucile. La versione che ci è stata gentilmente affidata per la prova è il 551 – 2 SP SWAT. Il castello dell’arma presenta delle parti in lamiera stampata. Questo può far pensare ad una scarsa qualità, in funzione della diminuzione dei costi di produzione. In realtà sia l’upper che il lower receiver sono realizzati con estrema accuratezza ed accolgono il gruppo otturatore ed il sistema di scatto con grande precisione. Una volta assemblati, non si nota alcun gioco e le parti in scorrimento lavorano con una scorrevolezza comparabile a quella di un’arma ottenuta da lavorazioni dal pieno. L’arma in TNM ••• 96
prova è stata accessoriata con un sistema di mira a “punto rosso”. La staffa di supporto è dotata di un tunnel, che permette di utilizzare anche le mire metalliche, ed è fissata al coperchio del telaio mediante una slitta Picatinny specifica per il SIG. Il SIG 551 ha una conformazione classica. La finestra d’espulsione e la manetta d’armamento sono sul lato destro del castello, mentre il selettore di tiro è su entrambi i lati. Ovviamente la versione civile prevede due sole posizioni: sicura e colpo singolo. Sul lato sinistro c’è anche il pulsante di “hold open” per il rilascio dell’otturatore. L’impugnatura a pistola, in plastica, è cava ed è chiusa inferiormente da un fondello rimovibile. Il grilletto in lamiera stampata offre un appoggio comodo; lo scatto, dopo una breve
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precorsa, non è immediato, ma è privo di grattamenti e sgancia il cane interno con una pressione di circa 1,6 Kg. Grazie ad una vite di regolazione è possibile eliminare il collasso di retroscatto. Queste caratteristiche sono più compatibili con un’arma destinata ad un uso sportivo che non ad un uso militare ma, se teniamo conto della logica strategica che guida le scelte dei progettisti svizzeri, la decisione di optare per uno scatto leggero ed accurato è più che comprensibile. Il ponticello del grilletto può essere ruotato verso l’esterno, in entrambi i lati, per poter sparare anche indossando guanti pesanti. Davanti al ponticello c’è la leva di sgancio-caricatore. La canna è ottenuta per rotomartellatura, è lunga 363 mm, è dotata di
rompifiamma a cinque fessure longitudinali ed ha una rigatura destrorsa a 6 righe con passo 1: 7, ideale per palle SS109. La versione militare svizzera ha un passo di rigatura 1:10, ideale per il peso di palla della loro cartuccia. L’astina copricanna, scomponibile in due pezzi, è in plastica ed è “ventilata” per facilitare il raffreddamento della canna stessa e della presa di gas. In corrispondenza dell’estremità anteriore del copricanna c’è il dispositivo, a due posizioni, per la regolazione della presa di gas: la prima posizione è per l’utilizzo in condizioni normali e la seconda, che permette lo sfruttamento di una maggiore quantità di gas propulsivi, è indicata in caso di arma molto sporca o quando le temperature molto basse diminuiscono la velocità di combustione della carica della cartuccia. Le mire metalliche ricordano quelle dell’HK G3. La tacca di mira è formata da un barilotto cilindrico rotante in cui sono ricavati 3 fori diottrici di diverse dimensioni che permettono il tiro a 200, a 300 ed a 400 m. Vi è inoltre uno scasso a V per l’ingaggio veloce di bersagli vicini o da utilizzare con il mirino abbattibile notturno con riferimenti al trizio. Tacca di mira e mirino sono regolabili in altezza e derivazione mediante apposite viti. Come abbiamo già accennato, il meccanismo di sparo si avvale di un sistema a chiusura geometrica, ottenuto con un otturatore girevole a due alette, che si inseriscono nelle corrispondenti fresature della canna. L’otturatore è accolto all’interno del porta otturatore che, arretrando sotto la spinta del pistone della presa di gas, lo fa ruotare e svincolare dalla posizione di chiusura. Questo meccanismo di culatta è estremamente semplice e deriva dalla meccanica dell’AK 47, che è notoriamente un’arma poco precisa; ma l’accuratezza, con cui sono state realizzate le componenti del SIG, assicura una chiusura saldissima, caratteristica indispensabile per la precisione del tiro. La molla di recupero del SIG, a differenza di quella del Kala, non è sita posteriormente al gruppo di culatta, bensì anteriormente, assieme al pistone di presa-gas. Tutti i fucili prodotti dalla fabbrica di Neuhausen, appena usciti dalla catena di produzione, prima di passare alla distribuzione, vengono testati a 300 metri in un poligono interno. Lo smontaggio, per la manutenzione ordinaria, è semplice e veloce: basta sfilare il perno posteriore e far basculare la parte superiore del castello. Si sfila la manetta d’armamento e si estrae posteriormente il gruppo otturatore. Per accedere al sistema di presa gas, in cui è conglobata anche la molla di recupero, bisogna smontare l’astina copricanna. Il calcio ha una conformazione TNM ••• 97
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scheletrata ed è in plastica. Nella versione militare, grazie ad un sistema a cerniera, è ribaltabile sul fianco destro dell’arma. La versione civile ha un blocco che rende il calciolo fisso, in quanto le leggi vigenti in Italia vietano tutti i sistemi che diminuiscono le dimensioni dell’arma e ne incrementano l’occultabilità. Il calciolo, l’impugnatura a pistola e l’astina del nostro esemplare sono neri ma è disponibile anche la versione in plastica verde. La versione civile per l’Italia prevede anche una limitazione della capacità del caricatore a soli 5 colpi. TNM ••• 98
Nei Paesi in cui è consentito, il SIG 550, prevede l’utilizzo di caricatori da 10, 20 e 30 colpi. I caricatori sono in plastica trasparente, così da diminuire il peso ed il costo di produzione e permettono di controllare più velocemente quanti colpi vi sono all’interno. Per la finitura superficiale del castello viene utilizzato un trattamento denominato Ilaflon: una sorta di verniciatura a caldo, con una vernice contenente ceramica che, penetrando nella porosità del metallo, lo rende inattaccabile dagli agenti atmosferici e particolarmente resistente agli attriti ed ai graffi. Le componenti della presa di gas sono realizzate in acciaio inossidabile, per ridurre il più possibile la corrosione da umidità e dai residui dei colpi traccianti. La canna, l’otturatore, il porta otturatore, il percussore e l’estrattore sono temperati e trattati con un sistema di cementazione superficiale. Le superfici esposte del gruppo otturatore sono fosfatate. Il sistema di scatto della versione militare prevede quattro posizioni del selettore: sicura, colpo singolo, raffica controllata a tre colpi e raffica continua. La cadenza di raffica è di circa 700 colpi al minuto. Il comportamento a fuoco del modello in prova è stato eccellente; l’asse della canna particolarmente basso ed in linea con l’asse del calciolo riduce quasi totalmente il rilevamento verso l’alto; il rinculo, grazie anche alle caratteristiche del 223 ed ai 3,4 Kg. di peso dell’arma, è moderato e controllabile anche nelle sequenze di tiro rapido. E’ possibile doppiare il colpo con grande scioltezza e
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passare sulla sagoma successiva ancora perfettamente composti. Il calcio è lungo 24 cm. e si presta sia ad una imbracciata veloce che ad un tiro più meditato. La lunghezza totale di questa versione è 83 cm. e la lunghezza della linea di mira è 45 cm. Queste dimensioni intermedie rendono possibile un brandeggio agevole e veloce anche in ambienti operativi ristretti ma consente di ottenere una buona imbracciatura per il tiro a distanze più elevate. La riduzione della lunghezza della canna di circa 18 cm., rispetto alla versione full size, comporta un minore sfruttamento della carica propulsiva, ma la riduzione della velocità (di circa 50-60 m/sec.) è quasi ininfluente sia sulla gittata massima che sul potere di penetrazione. Abbiamo provato diversi tipi di cartucce commerciali e non abbiamo avuto nessun tipo d’inceppamento. Durante la fase di alimentazione, la cartuccia passa dal caricatore alla camera di scoppio facendo un tragitto pressoché rettilineo e l’interazione con la rampa d’alimentazione è minima. Pertanto anche le ogive delle cartucce soft point non vengono assolutamente deformate. I bossoli di risulta non mostrano alcun sfiancamento ma la camera di cartuccia non è particolarmente stretta, infatti anche le ricariche ottenute con bossoli ricaricati più volte non hanno creato alcun problema di cameramento. Per la felicità dei ricaricatori, il SIG non ha la camera scanalata per lo scollaggio del bossolo. Tali scanalature hanno un’effettiva utilità quando l’arma viene utilizzata a raffica mentre, nel tiro a colpo singolo, l’incollaggio del bossolo, se la camera di cartuccia è ben eseguita, è abbastanza inusuale. Nel tiro mirato in appoggio, a 100 metri, siamo riusciti ad ottenere rosate di 5 cm. con cartucce Lapua con palla da 55 grains. Leggermente più larghe le rosate con cartucce Wolf e Barnaul. Anche il SIG, come tutti i fucili d’assalto dell’ultima generazione, si presta al montaggio di diversi accessori: il mod. 550 è dotato di un bipiede in alluminio che, quando è retratto, s’inserisce a scomparsa in due apposite scanalature dell’astina. Il modello 551 Swat presenta un anello, sotto la presa di gas, per l’attacco di un bipiede amovibile. Per chi desidera accessoriare l’arma con torce, laser, maniglie anteriori, ecc. sono disponibili astine commerciali con slitte Piccatinny. La SIG offre anche un’ottica della Kern 4x24 con attacco veloce. La versione civile per il nostro mercato viene fornita in una valigia rigida ed è dotata di caricatore di scorta, kit di pulizia, cinghia e manuale per l’uso e la manutenzione.Pertanto il SIG 550, nelle varie versioni, è un connubio ideale tra l’arma militare e l’arma da tiro. L’aspetto è decisamente marziale ma la precisione della realizzazione delle sue componenti è
esemplare. D’altronde l’elevata precisione della meccanica svizzera è una caratteristica indiscutibile ed universalmente riconosciuta. Per quanto riguarda il costo, il SIG 550, si colloca nella fascia più alta rispetto ai prodotti concorrenti. Ciò nonostante l’arma è stata adottata da molti corpi stranieri: forze di pronto intervento francesi, tedesche e spagnole; dal Brasile e da corpi speciali indiani, malesi, indonesiani; dalla polizia slovena e da molti corpi di polizia americani. Ovviamente è anche il fucile in dotazione all’esercito svizzero e la sostituzione dei vecchi Stg 57 è stata ormai completamente ultimata. Gli stessi tiratori svizzeri hanno accolto con grande entusiasmo l’introduzione di quest’arma e pare che non provino alcun rimpianto per i modelli precedenti. TNM ••• 99
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L’USO DELLA
Torcia Tattica Di Giuseppe Giosuè
Al calar del Sole la luce lascia, gradualmente, il posto alle tenebre.. a quel punto si accendono le luci della città e per noi Uomini d’oggi iniziano le ore più goliardiche della giornata; ma proviamo a pensare all’effetto che questo rito quotidiano e misterioso deve aver avuto sugli Uomini di ieri. Il buio avvolgeva ogni cosa e da esso emergevano fantasmi, demoni e paure.. era la Natura che sopraffaceva l’Uomo; l’unico modo per illuminare il campo, le caverne e le case era con il fuoco, attorno al quale essi si radunavano per avere luce, calore e preparare i propri cibi; cercando, nel contempo, conforto dal chiarore del falò e della compagnia dei propri simili. TNM ••• 102
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Torcia Mag-lite
Figlia di quest’idea, fu quella di costruirsi una luce portatile; è così che nacque la Torcia. Dalle antiche torce (o fiaccole), composte da un bastone con un ammasso di fibre (fili di canapa e stoppa) avvolte ad un’estremità, impregnate di materiale infiammabile come resina, bitume o pece; alle lanterne (o lumi), alimentate a petrolio, ad olio o a gas (queste ultime a partire dal XIX secolo), strutturate come una gabbia di metallo o altri materiali, coperte di vetro o carta per proteggere la fiamma dal vento; fino alle moderne torce elettriche (a batteria o dinamo), in uso dall’inizio del XX secolo. Questo processo durò millenni ed all’Uomo moderno, benché abbia sublimato o, forse, solo esorcizzato, la paura del buio con la civilizzazione, basta poco per ripiombare ad una condizione interiore pre-civilizzazione: un blackout, un guasto alla macchina in un luogo isolato e non illuminato, trovandosi in un ambiente non urbano, ecc. Il buio ci procura ancora disagio, il nostro inconscio non ha superato del tutto il timore o panico delle tenebre; il buio opprime, rende difficile muoversi, orientarsi e risveglia paure ancestrali. Il buio nasconde ancora i nostri demoni, ma in esso si possono celare anche insidie reali: un aggressore, un rapinatore, ecc. Disponendo di una luce mobile non si è più costretti a star fermi in un posto perché illuminato, ci si può muovere per la casa, nel luogo di lavoro, in strada e fronteggiare qualsiasi emergenza. è per questo che sarebbe buona norma dotarsi di una torcia in casa, in auto, nel luogo di lavoro e magari sarebbe utile portarne una di piccole dimensioni sempre con sé. Se questo è vero per l’utilizzo privato, ancor più importante è per chi lavora di notte: le guardie giurate, ad esempio. Chi meglio di loro può valutare l’importanza di una buona torcia. Dovendo presidiare edifici, magazzini ed uffici in orario notturno, le guardie giurate hanno bisogno di “far luce” laddove il buio può nascondere insidie. Sin dalle epoche più remote, in ogni operazione bellica e di polizia, sia essa tattica che di indagine, l’utilizzo di dispositivi di illuminazione artificiale è stato indispensabile. è intuibile, infatti, come gran parte delle operazioni tattiche delle forze armate, degli interventi in contesto urbano da parte delle forze dell’ordine e dei servizi degli agenti degli istituti di vigilanza privati avvengano di notte. Statistiche fatte realizzare da Enti governativi dei diversi Paesi evidenziano come la maggior parte degli scontri a fuoco si svolgono nelle ore notturne, al buio o in condizioni di scarsa illuminazione (ad esempio magazzini, seminterrati, garages, ecc..). Risulta evidente come la
Torcia sia uno strumento / accessorio indispensabile per il professionista della sicurezza, sia privato che pubblico. Oltre alla naturale funzione di illuminare un’area da controllare, un ambiente da perlustrare, localizzare un’eventuale minaccia, identificare un malvivente o una particolare situazione, la torcia è utilizzata per localizzare, tenere sotto tiro e mirare un possibile bersaglio. Diverse aziende producono torce tattiche di differenti fogge, dimensioni e potenza d’illuminazione; tutte però devono rispondere alle caratteristiche di robustezza, resistenza agli agenti Vari modelli di torcie Surfire
Vari modelli di torcie Surfire
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corrosivi, impermeabilità all’acqua, nonché prevedere la doppia funzione di “luce momentanea” (generalmente attivata premendo un interruttore posteriore) e “luce fissa” (generalmente attivata ruotando il coperchio all’estremità posteriore). Soddisfatte queste caratteristiche le torce possono essere: di grande dimensioni (30-40 cm) di notevole potenza, usate principalmente per perlustrazioni e sopralluoghi, ma se impugnate con la mano sinistra (destra per i mancini) e con alcuni accorgimenti e posture possono essere utilizzate assieme ad armi da fuoco per mirare e tenere sotto tiro; di piccole dimensioni (8-16 cm), principalmente utilizzate con le armi da fuoco. Chiamate anche weapon lights, sono pensate e costruite con accorgimenti diversi dalle normali torce portatili. Sono molto potenti e dal fascio di luce concentrato, possono essere agevolmente impugnate con mano disarmata o per mezzo di appositi supporti, innestate alla pistola o al fucile. Quest’ultima soluzione ha il grande vantaggio di consentire all’operatore di avere una mano libera, magari per usare la radio d’ordinanza, il telefono cellulare, cambiare il caricatore, aprire una porta, raccogliere un oggetto, ecc. Presenta però anche degli inconvenienti: per poter illuminare un’area si è spesso costretti a dover puntare l’arma su un soggetto non ostile. L’arma, così strutturata, è più pesante (compromettendo anche il naturale bilanciamento) ed ingombrante, per riporla occorre un’apposita e più voluminosa fondina, risultando in generale più scomoda da trasportare e gestire. Esistono quindi pro e contro e vanno fatte le scelte giuste in base al contesto operativo. Una soluzione di compromesso potrebbe essere quella di utilizzare una torcia tattica fissata al polso con un lacciolo così da poter essere impugnata con la mano sinistra al momento di mirare e lasciata andare (rimanendo però appesa al polso) nel momento in cui occorre avere la mano libera, per poter poi essere agevolmente recuperata e impugnata. Alcuni professionisti, ex militari o agenti di polizia, hanno studiato, in base alla loro esperienza, posture e metodi di puntamento in relazione alle torce prodotte dalle aziende leader nel settore, che hanno avuto commissioni dal Governo USA per equipaggiare le proprie forze dell’ordine e da diverse agenzie private. Stiamo parlando in particolare della Mag-Lite (1) e della Surefire (2). Naturalmente oggi esistono molte altre valide aziende, ma le due citate hanno fatto la storia di questo settore. Di seguito alcuni metodi, tra i più noti. Metodo Harries: è stato ideato da Michael Harries (ex marine degli Stati Uniti d’America e fondatore, nel 1981, della Tactical Combat Program) negli anni ’70 ed è, oggi, una delle tecniche più usate dalle forze dell’ordine e dai militari per sparare impugnando, nel contempo, una torcia tattica. è adottato anche dal colonnello Jeff Cooper nella sua famosa scuola di tiro, Gunsite. La tecnica consiste nell’afferrare la torcia con un’impugnatura a “punteruolo rompighiaccio” (in questa modalità il riflettore rimane dalla parte del mignolo); polso e dorso della mano che impugna la pistola sono a contatto con polso e dorso della mano che afferra la torcia creando tensione isometrica al fine di stabilizzare la mano armata, mirare ed illuminare contemporaneamente. TNM ••• 104
Metodo Harries
Metodo Chapman
Metodo Roger
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Metodo Chapman: è stato ideato da Ray Chapman (ex marine degli Stati Uniti d’America, ex agente di Polizia e fondatore dell’Accademia di tiro Chapman) negli anni ’70. E’ pensato specificamente per l’impiego di una torcia Mag-Lite, prevede un’impugnatura a “martello” (in questa modalità il riflettore rimane dalla parte del pollice) con il pollice sul tasto di accensione, l’indice a cerchio attorno al corpo della torcia e le altre tre dita a rafforzare la presa della mano armata. Anche questa tecnica è molto funzionale ed è, insieme alla precedente, tra le più usate. Metodo Ayoob: è stato ideato da Massad Ayoob, capitano del dipartimento di polizia del New Hampshire, noto per i suoi libri, articoli e video sulla difesa personale, tecniche di combattimento per le forze dell’ordine e metodi di tiro, come variante del metodo Chapman. La postura è praticamente uguale ma, anziché formare un cerchio attorno al corpo della torcia solo con l’indice, si utilizzano tutte e quattro le dita (il pollice è sul tasto on/off); la mano armata e quella che impugna la torcia si stabilizzano a vicenda creando tra loro tensione isometrica.
Metodo Roger con laccio
Metodo Roger: ideato da Bill Roger, ex agente dell’FBI, che struttura la sua posizione di tiro con torcia pensando nello specifico ai modelli della Surefire; detta anche “posizione a sigaro” in quanto la piccola torcia è tenuta tra indice e medio, mentre le altre dita rafforzano la presa della mano armata. L’interruttore di coda (a modalità “luce momentanea”) è poggiato sulla parte carnosa sotto il pollice ed azionato con una piccola pressione. Questa tecnica può essere usata anche con un lacciolo che assicura la torcia al polso, consentendo al tiratore di lasciare momentaneamente la torcia, qualora avesse bisogno di una mano libera, per poi recuperarla velocemente e riacquistare la posizione di tiro. Metodo Keller: ideato da Van Keller, agente della polizia dello Stato della Georgia, si può considerare una variante del Chapman (o secondo alcuni del Harries), con il polso della mano che regge la torcia posto sopra quello che impugna l’arma. Anche in questo caso l’impugnatura è a “martello” ed il tasto on/off è azionato dal pollice. La tensione isometrica, per stabilizzare l’arma ed assorbire il rinculo, è generata tra i due polsi incrociati. Metodo Neck-Index: in questa tecnica (nota dal 1994 per essere stata illustrata su una rivista di settore) la torcia è afferrata con impugnatura a “punteruolo rompighiaccio” ed accostata al viso (sulla mascella, appena sotto l’orecchio). L’idea è quella di fare corpo unico tra torcia e testa così che il tiratore illumini automaticamente la zona che osserva o il bersaglio che mira. Particolarmente adatta per torce Surefire o comunque per torce piccole e compatte, con l’interruttore a modalità “luce momentanea” posto in coda ed azionato con il pollice. Tra le diverse tecniche illustrate questa è l’unica che rompe lo schema delle mani incrociate o affiancate. Se queste ultime hanno il vantaggio di stabilizzare la mano armata ed allineare la luce alla
Metodo Keller
Metodo Neck-Index
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Combat Tricks Combat Tricks Combat Tricks Combat T Sequenza in alto: 1) il corpo della torcia viene fatto passare sopra il polso dell'aggressore 2) la mano sinistra passando sotto il polso dell'aggrssore afferra l'estremità posteriore della torcia 3) fare un passo indietro e tirando comprimere il polso dell'aggressore con il corpo della torcia Sequenza in basso: 1) parare con il corpo della torcia un pugno dell'aggressore dall'interno 2) colpire con l'estremità posteriore della torcia le costole dell'aggressore
direzione di tiro, il metodo Neck presenta molti vantaggi in caso di situazioni Close Combat, proprio perché le due mani sono indipendenti l’una dall’altra e quella che impugna la torcia rimane alta, pronta a colpire o parare. Oltre quanto sin ora detto la torcia tattica può essere usata anche per accecare temporaneamente l’aggressore, puntandogli la luce ad alta intensità sulle sue pupille dilatate per adeguarsi all’oscurità, gettandolo in uno stato di incapacità visiva e disorientamento. Ultimo aspetto tattico della torcia è quello di poter essere usata come arma impropria in una situazione di “close combat”: quelle di dimensioni maggiori possono essere utilizzate come oggetti contundenti (al pari di un bastone sfollagente) e per applicare leve articolari o controlli; quelle più piccole per comprimere o colpire centri nervosi ed aree sensibili dell’aggressore, al pari di un “kubotan” giapponese o di un “tabak malit” filippino. è su questo aspetto che ci soffermeremo in questo articolo.
“la Mag-Lite dei computers”. Da oramai trent’anni è una dotazione indispensabile per professionisti che operano nella sicurezza e nel campo medico.
Nota 2 Surefire è oggi una delle aziende leader nel settore delle torce. La sua storia ha inizio nel 1969 quando il giovane ingegnere John Matthews fonda la Newport Corporation, che si occupa dell’utilizzo del laser per applicazioni industriali; nel 1979 pensa all’applicazione del laser come mirino per le armi, si dimette dalla presidenza della Newport e fonda un’altra azienda che si specializza in questo settore. La svolta si ha in occasione dei Giochi olimpici di Los Angels nel 1984 quando gli viene commissionata una fornitura di mirini laser per la polizia e gli SWAT che si dovranno occupare della sicurezza dell’evento. Da quest’idea ne prende vita un’altra, più economica: montare sulle armi una piccola ma potente torcia, nasce cosi la Weapon Light Sure Fire. Nota 1 Dalla seconda metà degli anni ’80 si specializza sempre più Mag-Lite è una delle principali aziende produttrici di nel settore delle torce dando vita ad un prodotto altamente torce elettriche destinate ad uso professionale. I diversi professionale e pensato per le esigenze di militari, forze modelli hanno in comune: corpo realizzato in alluminio dell’ordine, FBI e gruppi d’elite quali gli SWAT: una torcia aerospaziale, anodizzato sia all’interno che all’esterno per dalle diverse applicazione tattiche. aumentarne la resistenza alla corrosione; impermeabili Il “corpo” è robusto e compatto, la luce bianca ed altamente grazie alla presenza di anelli di tenuta; possibilità di regolare focalizzata; affidabile ed impermeabile; dotata di due l’ampiezza e la concentrazione del fascio luminoso ruotando modalità di accensione: momentanea, attivata premendo la “testa”; la resistenza del “corpo” le rende adatte a essere l’interruttore posteriore e fissa, attivata ruotando il usate come oggetti contundenti. Il fondatore dell’azienda coperchio posteriore. è Anthony Maglica, di origini croate, nel 1955 con soli 125 dollari, inizia la sua carriera; nel 1974 fonda la Mag Instrument; nel 1979 viene introdotta sul mercato la prima torcia Mag-Lite, pensata per agenti di polizia, vigili del fuoco, ecc..; nel 1987 idea la Mini Mag-Lite, di dimensioni ridotte Torcia Mag-lite pensata anche per usi medici oltre che tattici e nel 1988 la Mag-Lite Solitaire, minuscola torcia-portachiave, adottata da molti medici e paramedici. Dall’elevato pregio estetico, è considerata un’opera d’arte tanto da essere esposta in diversi musei d’arte moderna e da far commentare al responsabile della Apple che la loro azienda dovrà diventare TNM ••• 106
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COLTELLI TATTICI COLTELLI TATTICI COLTELLI TATTICI COLTELLI T Di Antonio Merendoni, Galdino Gallini Foto di Max Masala
S.O.K. Extrema Ratio
L’importanza dell’affidabilità delle macchine, degli strumenti di lavoro e degli accessori è un aspetto che non viene più trascurato in nessun settore lavorativo o ludico. In particolar modo, chi svolge attività operativa in campo militare, nella protezione civile o nelle forze dell’ordine è consapevole di quanto sia importante avere la certezza che la propria dotazione sia adeguata alle esigenze dei propri interventi. Questa è la linea di pensiero che i progettisti della Extrema Ratio si sono imposti agli inizi della loro attività. Dal 1997 fino ad oggi la loro filosofia aziendale non è mai cambiata e, grazie ai contatti ed alla collaborazione degli operatori delle Unità Speciali dell’Esercito Italiano e di alcuni Corpi Speciali stranieri, tutti i loro prodotti sono caratterizzati da una elevatissima qualità e funzionalità ed hanno sempre riscosso un grande successo. Pertanto, grazie a queste caratteristiche di base, molti modelli sono diventati dotazione ufficiale di alcuni Corpi Militari e questo ha determinato un crescente interesse nei confronti di questi coltelli anche nei collezionisti. Attualmente tutti coloro che collezionano coltelli militari hanno qualche E. Ratio nella loro raccolta. Uno dei modelli meno conosciuti ma più ambiti da questi appassionati è il S.O.K. Le tre lettere della sigla sono le iniziali di: Special Operation Knife. Questo coltello è stato progettato alla fine degli anni 90 ed ha già tutte le caratteristiche che ritroviamo nei modelli da combattimento prodotti successivamente. E’ un tipico “fighter” con lama fissa lunga 17 cm. La punta è tipo “tanto” con angolo molto acuminato; Il filo è misto: seghettato per 4 cm. vicino alla guardia e piano per tutta la parte seguente. Il dorso della lama è rastremato in modo tale da poter essere successivamente affilato, su specifica richiesta dell’utilizzatore, rendendo così il S.O.K. un pugnale. La TNM ••• 109
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scelta di effettuare questa affilatura comporta ovviamente delle implicazioni di tipo legale che ne limitano il porto e la detenzione. Alla base del dorso della lama c’è uno scasso per il posizionamento del dito indice che favorisce l’impugnabilità in posizione “reverse” (con il filo verso l’alto). La doppia guardia è dimensionata in modo tale da dare un appoggio corretto alle prime due dita senza essere eccessivamente sporgente. L’impugnatura è lunga 13,5 cm. ed è formata da due guancine avvolgenti in forprene molto ruvide che avvolgono il robusto codolo e possono essere rimosse grazie a due viti con testa cava per l’inserimento di una chiave a brugola. Il codolo è esposto per circa 25 mm. in prossimità della guardia e presenta due risalti per rendere la presa più salda. L’estremità posteriore termina con un robusto “skull crasher” ed un foro per il laccio da polso. Il coltello ha uno spessore di 6,3 mm. ed è pertanto estremamente robusto. L’acciaio utilizzato è l’N690, contenente cromo, vanadio, molibdeno e cobalto ed ha una durezza di 58 HRC. La finitura è brunita, opaca antiriflesso e presenta sul lato destro le scritte S.O.K., special ops knife, stainless cobalt steel 58HRC e lo stemma a forma di scudo contenente il famoso 1* ( one ass to risk ). Questo simpatico simbolo è stato introdotto nel 1986 da Gary Paul Johnson quando era dirigente del Dipartimento di Polizia di Shaker Heights, in Ohio. L’idea è nata da un aneddoto sul Generale Custer: pare che il famoso Generale abbia chiesto ad un suo scout di andare a stanare una banda di indiani pericolosi ed ostili per indurli a tornare in riserva. Lo scout, che evidentemente era una persona prudente, gli ha mandato una lettera di risposta in cui vi era scritto: No thank you, because I have only 1* ( one ass to risk ). Gary P. Johnson ha deciso di utilizzare il simbolo per ricordare ai suoi agenti che “la pelle è una sola”. L’1* circondato da uno scudo come l’insegna del US Army Big Red 1 fu anche utilizzato, TNM ••• 110
con lo stesso fine, sulle uniformi della 82° Airborne durante il Desert Storm. Negli anni successivi questo emblema è stato adottato da molti altri Corpi Militari americani, da numerose forze di Polizia e Vigili del Fuoco in vari Paesi del mondo. La lama dell’esemplare in nostro possesso presenta sul lato sinistro la scritta “made in Italy by Extrema Ratio for A.T.P., Action Tactical Products. La ATP è una Azienda del Novarese diretta in quegli anni da Gianluca Sciorilli, dedita all’importazione di armi dagli USA, alla produzione di palle in piombo per la ricarica delle cartucce per arma corta e specializzata in corsi di formazione per personale di security. Pare che il lotto commissionato dalla ATP con il proprio logo aziendale sia di circa 350 pezzi. Sono stati immessi sul mercato anche dei S.O.K. senza la scritta intitolata all’ATP. Il fodero è semplice e funzionale: due gusci in kydex, uniti da una serie di rivetti, abbracciano saldamente la lama e la guardia. Sulle due facce laterali del fodero sono fissate, sempre mediante dei rivetti, due cinghie simmetriche foderate in velcro che fungono da passante per il cinturone o per gli spallacci. Le cinghie sono verde oliva su un lato e nere sul lato opposto così da poter essere utilizzate con divise nere o verde militare. Il fodero è anche dotato di fibbie in plastica (quattro laterali e due all’estremità inferiore). Il S.O.K. è un coltello tattico in cui sono chiaramente riconoscibili le caratteristiche tecniche ed estetiche riscontrabili in tutti i coltelli prodotti successivamente dalla Extrema Ratio. Chi ha la fortuna di possederne uno e decide di utilizzarlo sarà sicuramente soddisfatto, in quanto il coltello è valido al pari di quelli attualmente prodotti; ma farà bene a farlo con un minimo di cautela in quanto il numero di esemplari prodotti è molto scarso ed il valore commerciale, attualmente già abbastanza elevato, è destinato a crescere progressivamente.
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Niente Training Report del corso INFLIGHT PROFILING Di Michele Farinetti
è più visibile... dell’invisibile Il corso, a cui TNM è stata invitata come ospite, si è tenuto a Milano presso la sala riunione di un prestigioso hotel ubicato nelle adiacenze della Stazione Centrale, ed ha visto come allievi molti “addetti ai lavori” del settore Law Enforcement Security e personale di volo. Ogni singola giornata del corso ha permesso la possibilità di acquisire competenze nello specifico settore, mentre il programma completo, previo esame finale, abilita alla figura professionale di Inflight Security Specialist. Il corso di “Analisi comportamentale dei passeggeri a rischio” è rivolto al personale navigante, piloti, assistenti di volo, Sky Marshals, Inflight Security Officers e appartenenti alle Forze dell’Ordine. Esiste un modo per identificare dei terroristi o dei passeggeri a rischio a bordo di un aeromobile? Esiste un modo per tracciare un profilo di un terrorista prima che commetta un dirottamento o un sabotaggio a bordo di un aeromobile? Ci siamo avvicinati al seminario di due giorni, con queste due domande, e abbiamo scoperto che è stato creato un sistema chiamato Inflight Passenger Profiling e uno chiamato BRAIN (Behavioural Risk Analysis Inflight) che permettono a personale navigante preparato, operatori di sicurezza addestrati, Inflight Security Specialist, nonché agli Sky Marshal di individuare passeggeri a rischio e quindi di prevenire un atto d’interferenza illecita, tra cui un sabotaggio o un dirottamento. Questo sistema innovativo, è stato creato con competenza e passione da Alessandro Volpe, istruttore di sicurezza dell’ Aviazione civile, certificato da importanti organizzazioni Internazionali come ICAO, ECAC e a livello Nazionale dall’Ente Nazionale Aviazione Civile (ENAC). Ha partecipato a progetti europei facendo parte dei gruppi di lavoro relativi a progetti e procedure di security legati ai fattori umani, nello specifico analisi comportamentale e profiling in Aviation Security. Ha integrato le sue competenze di sicurezza, come Profiler e Security Manager di American Airlines, e quelle di ambito psicologico e comportamentale. Ha pubblicato due libri sulla materia. Per rispondere subito alle nostre domande l’istruttore ci chiede di ascoltare un piccolo racconto: “Gli ho chiesto per tre volte se voleva da mangiare o da bere. Non voleva niente, neppure dell’acqua. Un comportamento curioso, su un volo transatlantico che può durare dieci ore. Di solito penso ”Bene, meno lavoro per me”, ma... c’era TNM ••• 112
qualcosa in lui di. strano. Scherzando ho chiesto se fosse a dieta. Gliel’ho chiesto in francese presumendo che lo fosse, mi ha detto che non parlava francese. Io volevo essere gentile e gli ho chiesto di dove fosse e lui mi ha risposto che era dello Sri Lanka. Non gli ho creduto”. L’assistente di volo di American Airlines, Hermis Moutardier aveva ragione! A non credergli, e a insospettirsi. Era un cittadino britannico, nelle scarpe nascondeva una bomba ed era in procinto di farsi saltare in aria. In questo breve resoconto ci sono almeno sette importanti indicatori che un Inflight Passenger Profiler (IPP) è in grado di decifrare rapidamente. Inflight Passenger Profiling, si fonda sulle “lezioni del passato”, “ sulle deviazioni dalla norma” e
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“sull’immaginazione realistica” che porta a ipotizzare futuri scenari possibili; L’immaginazione realistica diventa strumento importantissimo, perché solo attraverso l’immaginazione può prevenire un evento. Non a caso, la commissione d’inchiesta ufficiale dell’11 settembre, riporta testualmente “La mancanza di immaginazione è stata l’errore più grande”. Nel seminario sono analizzati diversi casi studio e sono evidenziati tutti quei comportamenti frequenti o inevitabili da parte di chi sta per commettere un atto di interferenza illecita. Dall’analisi di questi comportamenti abbiamo individuato 50 indicatori di allerta relativi al passeggero. Questi segni, in pratica, permettono di rendere visibile l’invisibile, e di pre-allertarsi. Non si basano solo su micro gesti legati al nervosismo e all’agitazione dell’aggressore,che possono sfuggire, né tantomeno a quei movimenti oculari che possono tradire l’interlocutore in un confronto diretto. A bordo di un aeromobile, quando si è sotto minaccia diretta, sono altri gli indicatori a cui dobbiamo prestare attenzione. Questi indicatori di allerta sono evidenti per chi, come un Inflight Passenger Profiler, ne sa cogliere il significato, sono stati identificati e raggruppati dall’autore del libro ed istruttore del corso Alessandro Volpe nel sistema BRAIN. Il metodo ideato da Alessandro Volpe è denominato appunto BRAIN - acronimo di Behavioral Risk of Analisys INflight - Un metodo empirico creato sulla base di casi reali, analizzando centinaia di atti d’interferenza illecita, sabotaggi e dirottamenti; Lo studio pragmatico degli eventi del recente passato, la notevole “esperienza operativa” nel settore specifico del passenger profiler prima e security manager poi in compagnie aeree classificate ad alto rischio, ha permesso la messa a punto del sistema BRAIN. Partendo dal presupposto che, nessuno più del personale operativo in volo, sarà efficace e affidabile per un compito delicato come questo, considerando appunto
Glossario - in pillole : IPP: Inflight Passenger Profiler (a bordo e in volo) è il metodo basato sul riconoscimento di modelli di analisi comportamentale dei passeggeri che possono costituire una minaccia in volo. Passenger Profiling: individua a terra i passeggeri che potenzialmente potrebbero costituire una minaccia “on the ground“; metodologia basata su eventi del passato e deviazione dalla norma, impostata su segni di allerta e tecniche di domande. Passeggero Unruly/Disruptive: si intende quel passeggero indisciplinato, che crea turbative e che, a uno stadio successivo diventa aggressivo, senza aver premeditato atti di interferenza illecita. Inflight Security Specialist: nuova figura professionale per definire il personale addestrato e certificato in grado di far fronte alle problematiche di security in volo. Sky Marshal /Air Marshall: Si intende il personale addestrato e armato che vola sotto copertura per rispondere ad atti d’interferenza illecita. BRAIN: Modello creato dall’Istruttore Volpe, raccoglie una serie di segni comportamentali dei passeggeri, deviazioni dalla norma e scenari prevedibili. che il personale navigante sarà l’ultima barriera difensiva. Come già spiegato, BRAIN si basa sull’analisi di modelli comportamentali preparatori, normalmente adottati prima di attuare un atto d’interferenza illecita. Questi indizi in qualità di “antecedenti” precedono un potenziale atto, sono in realtà già parte dell’evento stesso. Questo modello, parte dall’assunto che ogni atto d’interferenza illecita mettono inevitabilmente in relazione l’aggressore e la potenziale vittima. BRAIN è uno strumento chiave di TNM ••• 113
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utilizzo per l’IPProfiler perché mette in relazione lo stesso IPProfiler con l’aggressore. Questo sistema risulta molto pragmatico ed efficace in quanto è ineludibile. Secondo alcuni principi psicologici e di comunicazione, “non si può non comunicare e allo stesso modo non è possibile non comportarsi” - questo principio vale anche per i terroristi cambia quindi, in modo rivoluzionario, l’ottica con cui si può guardare al profiling: perde di importanza quell’assioma che sostiene che non si può stilare un profilo di un terrorista. BRAIN permette di cogliere in anticipo i segni preliminari di un azione illecita indipendentemente dalla esistenza di un profilo. BRAIN non è un modello a sé stante, si integra con altri gruppi di segni decodificati da Alessandro Volpe, tra cui i segni dell’intuito e i segni di attendibilità di una previsione. Diventa molto efficace quando si incrociano i segni comportamentali dei passeggeri a rischio con gli altri indicatori di allerta dell’intuito e di attendibilità. Gli strumenti investigativi privilegiati in volo, sono l’osservazione di quello che avviene in quel momento, abbinata ad un processo logico-deduttivo chiamato abduzione. La formula che si potrebbe applicare è la seguente: Come +Perché= Chi. Vale a dire osserva come si comporta il passeggero in questo momento, scopri il motivo di questo comportamento e capirai chi è quel passeggero. Nel profiling è importante il Come e non il perché, infatti il COME significa prevenzione,
mentre il perché è reazione. In sostanza l’Inflight Passenger Profiling integra svariate competenze multidisciplinari con l’unico fine di divenire una procedura operativa necessaria, come ultima linea difensiva, laddove tutte le altre barriere di sicurezza a terra hanno fallito. Un IPProfiler DEVE sottrarre l’elemento sorpresa e quindi minare l’efficacia e arginare l’iniziativa dell’aggressore. Il suo obiettivo è quello di garantire la sicurezza dei passeggeri e del volo, utilizzando la sua competenza come un valido sistema di prevenzione ulteriore, laddove le altre misure di sicurezza sono state aggirate. L’istruttore Alessandro Volpe ci ha illustrato altri concetti importantissimi per effettuare una efficace analisi comportamentale dei passeggeri a rischio in volo. Ha analizzato i profili tipici degli aggressori in volo e il loro modus operandi tra cui: • terroristi - terroristi suicidi e kamikaze • criminali • persone mentalmente disturbate • mosse da motivi di rancore e/o personali, tra cui gli unruly passengers • persone che cercano asilo politico E’ stata interessante l’ applicazione di un modello di rischio molto versatile teorizzato dallo stesso Alessandro Volpe per comprendere la forza e la flessibilità dell’intenzionalità di un aggressore all’interno di un sistema di sicurezza, ma anche, allo stesso modo, la forza della intenzionalità del Inflight Passenger Profiler (IPP),nel individuare le vulnerabilità dell’aggressore. Come si è evinto fino ad ora, il sistema Inflight passenger profiling risulta efficace dal punto di vista preventivo e proattivo. Rispetto la parte reattiva, che sempre deve essere integrata all’interno di un sistema di sicurezza, Volpe ha ideato un programma di addestramento più ampio, per formare la figura di Inflight Security Specialist. La parte pratica comprende anche le tattiche difensive mutuate dal Krav Maga IDS (www.ids-italia.com). Questa specializzazione di sicurezza in volo è riservata a personale navigante, piloti e assistenti di volo certificati o a personale di sicurezza con comprovata esperienza il cui obiettivo è la gestione di tutte le problematiche di sicurezza in volo. Questi corsi unici in Italia si articolano in cinque giornate formative, contemplano vari aspetti e affronta specifici argomenti, quali: Il metodo Brain e il sistema
Focus: L’origine delle Figure professionali Sin dagli anni ‘60 l’aviazione civile ha subito attacchi drammatici sotto forma di dirottamenti e sabotaggi, pertanto sono nate due figure fondamentali, lo “Sky Marshall e il Profiler”. Gli Sky Marshall, rinforzati dopo l’11 settembre sotto la supervisione delle agenzie federali, attualmente la TSA (Transportation Security Administration) - a bordo di un aeromobile in volo ha il compito di intervenire, in caso di estrema necessità, per impedire atti di interferenza illecita. l “Profiler” dei passeggeri a terra, con il chiaro obiettivo della prevenzione; Lo sviluppo del profiling a terra sviluppato dagli Israeliani e dagli Americani è basato sull’interpretazione dei segni di allerta relativi al comportamento, sull’analisi incrociata della documentazione e sulla coerenza del bagaglio. Si aggiungono poi specifiche domande al fine di individuare potenziali minacce da parte dei futuri passeggeri. I quali possono essere classificati a “rischio” oppure “inconsapevoli”, in altre parole che a loro insaputa sono usati da organizzazioni criminali e/o terroristiche. episodio realmente accaduto, negli anni ‘80, ad Anne Marie Murphy, la donna che stava per imbarcarsi a bordo di un aereo di compagnia israeliana senza sapere che la sua valigia conteneva una radio-bomba inserita di nascosto dal fidanzato. Se il profiler non l’avesse individuata sarebbe esplosa, inconsapevole, insieme a tutto il volo. Partendo quindi dall’origine di queste due figure distinte, nasce ora l’esigenza di una nuova specialità, l’Inflight Security Specialist, una risorsa ulteriore per il personale navigante, un reale aiuto per fronteggiare quelle problematiche o criticità che si possono creare in volo.
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training report training report training report training r IPP, i fattori umani, la Gestal e le doppie facce dei segni di allerta; l’osservazione, le tecniche d’invisibilità e il basso profilo. Il comportamento, le emozioni primarie e le reazioni incontrollabili, gli indicatori del corpo e la comunicazione non verbale. Passeggeri “unruly e disruptive“, le tipologie comportamentali, i profili classici degli aggressori, altre tipologie quali il terrorista e il terrorista suicida; I casi studio, sabotaggio e dirottamento. L’obiettivo è creare a bordo di un aeromobile, figure professionali o almeno competenze, la cui preparazione comprenda qualifiche aggiuntive che vanno ben oltre quanto richiesto dalla normativa, al fine di poter gestire eventuali situazioni critiche in modo adeguato e preventivo. In questo modo, a bordo di un aeromobile si ha un vero e proprio team di professionisti. All’interno di questo perfezionamento dell’ Inflight Security Specialist c’è la parte di addestramento particolare riservata alla figura di Inflight Passenger Profiler (IPP) che opera tramite l’osservazione comportamentale dei passeggeri che possono costituire una minaccia a bordo. Il seminario di Inflight Passenger Profiling e’ propedeutico alla preparazione per il corso e per l’esame di qualifica come Inflight Security Specialist. Tra i moduli formativi necessari per la qualifica di Inflight Security Specialist, abbiamo: • Inflight Passenger Profiling (IPP) • Auto difesa – strategie Krav Maga IDS e applicazione dei Constraint Kit • Gestione del conflitto relativo ai passeggeri unruly/disruptive • Sicurezza del personale di volo in sosta nei paesi a rischio • I fattori umani in ambito sicurezza della aviazione civile • Valutazione di bomba (CAPTI) • Dirottamento e negoziazione ostaggi Il corso di analisi comportamentale dei passeggeri a rischio è rivolto al personale navigante, piloti, assistenti di volo, Sky Marshals, Inflight Security Officers. E’ un corso pragmatico, sia teorico sia pratico, approvato dall’autorità competente, in cui la parte teorica si completa con numerosi esercizi pratici, che permettono di sviluppare le capacità di osservazione, valutazione, memorizzazione, intuito. Le rispettive competenze sono indispensabili per raggiungere la qualifica, attraverso la specifica formazione ed esame di certificazione finale.
Per maggiori informazioni: Alessandro Volpe securityprofiling.net • info +39. 334/80.26.468 info@securityprofiling.net
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DI GIUSEPPE MORABITO
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RZIALI ARTI MARZIALI ARTI MARZIALI ARTI MARZIALI ARTI MARZIAL Chiunque si ponga per la prima volta di fronte ad una disciplina del confronto si trova a dover affrontare quello che io chiamo il “paradosso marziale”, che consiste nell’apparente incoerenza che vi è fra il passare ore e ore a studiare: pugni, calci, proiezioni, leve, strangolamenti, ecc., e professare al tempo stesso: amore, armonia, fratellanza, non violenza, e così via. Quando però il giudizio trascende la pura esteriorità delle nostre discipline, e se ne comprendono i significati e soprattutto le motivazioni, l’incoerenza svanisce e si diventa tutti concordi che pochi altri percorsi possono dare all’individuo le stesse possibilità di conoscenza di se stessi e di sviluppo delle proprie potenzialità. Il confronto, se sottoposto a precise regole che lo rendano incruento e cioè non pericoloso, è un ottimo laboratorio di sperimentazione, che consente di accedere a moltissimi meccanismi psicofisici che sono alla base del funzionamento del nostro organismo. Basti pensare al “Fight or Flight Reaction” (riflesso combatti o fuggi) che è un processo legato al primario istinto di conservazione che il cervello mette in atto quando vede minacciata in qualche modo l’incolumità fisica. Istantaneamente il sistema endocrino immette in circolo epinefrina, norepinefrina ed una certa quantità di endorfine. I primi due sono precursori dell’adrenalina, ormone che aumenta immediatamente il ritmo cardiaco, la pressione sanguigna ed accelera la respirazione allo scopo di produrre e mettere a disposizione dell’organismo una grande quantità di sangue ossigenato di cui hanno bisogno i muscoli per sostenere la violenta spesa energetica necessaria per affrontare o fuggire dalla situazione di pericolo. Le endorfine invece sono anestetici naturali, una sorta di droghe (legali poiché prodotte in proprio dal nostro corpo) che rendono praticamente quasi insensibili al dolore. Ciò permette di combattere molto più forte di quanto si creda possibile, oppure di correre molto più velocemente di quanto si possa pensare. Gli esempi sono tanti, alcuni clamorosi: la vecchietta di ottanta anni che stende a cazzotti (senza aver mai praticato karate) quattro nerboruti rapinatori che volevano privarla della borsa della spesa; la madre di 50 Kg che è riuscita a sollevare da sola il TIR che imprigionava il figlio vittima di un incidente stradale; l’uomo che detiene il record di salto in lungo, che non è un atleta, ma una persona normale che, inseguita da una tigre, ha superato in un balzo un crepaccio largo 15 metri (la tigre si è fermata dall’altra parte). Al di là di questi eclatanti esempi però, non sempre l’effetto dell’“adrenalina dump” (accelerazione dell’adrenalina) è ben sopportato dagli individui non allenati. Possono verificarsi tremori, una troppo forte agitazione che rende maldestri, poiché viene a mancare a causa della vasocostrizione prodotta dall’adrenalina e del cospicuo afflusso di sangue ai maggiori gruppi muscolari, buona parte della sensibilità nelle mani e nei piedi, e può addirittura risultare impossibile effettuare tecniche motorie complesse come aprire una porta o comporre un numero telefonico. Per cui questo meraviglioso meccanismo di autodifesa che tutti possediamo naturalmente, se non ben gestito, può essere totalmente inutile. Difficilmente questo avviene a chi pratica una disciplina del confronto poiché sviluppa capacità istintive di movimento straordinariamente efficaci. La “memoria delle tecniche” infatti non risiede nella mente, ma nei muscoli. Attraverso un alto numero di ripetizioni dello stesso movimento finiamo con il condizionare il nostro corpo a dare una immediata risposta ad una particolare situazione percettiva che corrisponda al massimo all’opportunità migliore di applicazione di una determinata tecnica. Quindi le tecniche vengono applicate istintivamente senza che sia coinvolta la mente cosciente. Del resto il nostro cervello non sarebbe in grado di pensare a più di una cosa o massimo due per volta, mentre la preparazione media di un esperto di sicurezza richiede l’applicazione corretta di circa una trentina di movimenti diversi. Ecco perché le filosofie del combattimento parlano di “non mente”, di “non pensiero” o, per dirla alla giapponese, di “mu-shin”. Se la risposta ad un attacco fosse “pensata”, o basata su un’elaborazione della risposta che permettesse la scelta fra più soluzioni possibili impiegherebbe un tempo troppo lungo se paragonato alla velocità degli atti offensivi. L’accelerazione adrenalinica non ha tuttavia solo effetti puramente fisici, ma aumenta notevolmente anche la velocità dei processi mentali di tipo percettivo. Si può avere infatti l’illusione che gli eventi si susseguano a rallentatore. A tutti è infatti capitato di dire dopo aver vissuto un brutto momento: “sembrava non finisse mai!” non certo per l’effettiva durata, quanto perché la nostra più rapida percezione degli avvenimenti falsa il nostro concetto temporale. Ma anche in questo i praticanti delle discipline del confronto sono avvantaggiati, poiché il continuo cambio di partners di allenamento porta ad un naturale adeguamento delle proprie azioni a ritmi e tempi diversi. Non ci si può infatti difendere correttamente da un attacco prima che questo non sia portato fino ad un certo punto, o dopo che sia giunto a raggiungere la sua efficacia, quindi in una qualsiasi tecnica la scelta del tempo non può essere fatta a priori, ma deve coincidere con il momento migliore di applicazione che dipende in gran parte dalla velocità di movimento dell’avversario, che essendo esterna alla nostra volontà ci costringe ad un continuo adeguamento dei nostri movimenti a ritmi variabili. Da questi parziali esempi è facile comprendere come la pratica di una disciplina del confronto porti un individuo ad avere un superbo controllo non solo dei processi consci ma anche di quelli che per la maggior parte degli uomini sono totalmente inconsci. E se la pratica è corretta e l’applicazione è costante si può anche ottenere di più, e cioè la capacità di scatenare volontariamente i processi mentali automatici come il “fight or flight reaction” sia che lo si faccia in un momento di bisogno per ottenere una maggiore dose di forza e di attenzione, oppure per preparare nel tempo di “un solo pensiero” il proprio corpo e la propria mente a compiere gesti di notevole potenza, velocità e precisione. TNM ••• 117
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Nel settore armiero, grazie agli straordinari progressi della tecnologia, i prodotti hanno raggiunto un grado di efficienza e di affidabilità molto elevato. Ma negli ultimi decenni si è sviluppato enormemente un settore parallelo a quello delle armi: il settore degli accessori. Tra i tanti prodotti offerti dal mercato, la nostra attenzione è stata attirata da un articolo simpatico ed accattivante ma decisamente stravagante e di dubbia utilità pratica: La baionetta per pistola. Il progetto è nato da una collaborazione tra la KaBar, una delle più antiche e famose fabbriche di coltelli americana con sede ad Olean, nello Stato di New York, e la LaserLyte , un’azienda situata a Cottonwood, in Arizona, specializzata nella TNM ••• 118
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KA-BAR
PISTOL BAYONET è 3 mm. La finitura è nera opaca e presenta un trattamento superficiale al teflon per renderla meno sensibile ai graffi. L’affilatura è ben eseguita ed il filo è abbastanza tagliente come conviene ad una lama destinata a svolgere tagli fini e precisi. Il coltellino-baionetta è dotato di un fodero in plastica molto semplice ma funzionale. Copre completamente la lama e si blocca su di essa tramite il suo spigolo supero-posteriore. Per rimuoverlo basta spingere lo spigolo verso l’esterno e sfilare il fodero. Sul dorso dell’impugnatura ci sono le due alette per l’inserimento sulla slitta picatinny ricavata nel fusto dell’arma. Sul lato dell’impugnatura ci sono due pulsanti a molla che permettono di retrarre le due appendici che bloccano le alette alla slitta.
progettazione e produzione di sistemi di mira al laser per caccia, difesa ed impiego tattico. Le pistole delle ultime generazioni sono tutte dotate di slitte picatinny che permettono di montare sull’arma stessa diversi tipi di sistemi di puntamento laser, torce elettriche, staffe per ottiche a punto rosso, ecc. Ora, grazie alla Ka-Bar/LaserLyte, è possibile dotare la propria arma corta anche di baionetta. Questo simpatico coltellino ha una impugnatura in nylon rinforzato con fibra di vetro che richiama la forma del famoso coltello militare della Ka-Bar in dotazione all’esercito americano. Tale impugnatura, lunga 65 mm., riesce ad accogliere a fatica tre dita ed è dotata di una specie di guardia che funge da stop per il dito indice. Ad onor del vero, grazie allo scasso zigrinato per il pollice ricavato sulla parte prossimale del dorso della lama, l’impugnabilità di questo minicoltello è accettabile ed è possibile utilizzare questo curioso accessorio per effettuare tagli ed operazioni compatibili con le sue ridotte dimensioni. La lama in acciaio inossidabile è lunga 8 cm., l’altezza massima è 29 mm. e lo spessore
L’oggetto è molto accattivante ma qual è l’utilità pratica di questo accessorio? La funzione più credibile è quella di rendere più difficoltoso il tentativo di disarmo da parte di un aggressore. Forse è plausibile anche il vantaggio di poter avere la pistola ed il coltello unificati in un solo oggetto. Nel caso in cui, con la pistola scarica, si debba affrontare un avversario corpo a corpo…? In ogni caso l’articolo è simpatico e invita gli utenti a dare libero sfogo alla propria fantasia. L’unica cosa importante da aggiungere a questa valutazione è la seguente: controllate sempre che la pistola sia scarica prima di inserire o sfilare la baionetta dall’arma. Così eviterete di sparavi in una mano in un attimo di distrazione. TNM ••• 119
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MARITIME SECURTY CONTRACTOR Di Gianpiero Spinelli
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E’ di recentissima attualità la notizia che il governo italiano finalmente si è dichiarato sulla necessità di dotare le navi mercantili e da crociera italiane di militari e security contractor, incaricati di garantire la sicurezza contro eventuali azioni di pirateria invasiva. Questo ha stupito un po’ tutti gli addetti ai lavori, che ormai da anni segnalavano questo problema e soprattutto cercavano di stimolare i nostri governanti ad una decisione indispensabile per l´incolumità degli equipaggi e degli interessi commerciali legati alla navigazione. È vero che in Italia siamo i soliti ritardatari ma c´è da riconoscere che quest´azione di governo, anche se con ritardo, deve essere apprezzata, perché apre un precedente da non sottovalutare sul riconoscimento della privatizzazione della sicurezza nel nostro paese. Nei prossimi mesi sicuramente sia i nostri politici che i nostri armatori si troveranno di fronte ad un
grande quesito: quali sono le figure professionali e giuridiche idonee per espletare questo tipo di servizio? La risposta a questo quesito non è facile, visto che in Italia ancora non esistono strutture specializzate ad affrontare e risolvere questo tipo di problema, ma sicuramente questa opportunità di svolgere un lavoro che molti professionisti italiani svolgono all’estero, per ragioni legate alle leggi di questo paese, spingerà molti addetti ai lavori a creare delle realtà idonee all’addestramento ed alla preparazione dei nostri futuri operatori. Ad oggi, non è facile ipotizzare quali disposizioni legali regoleranno questa nuova attività, anche perché le normative internazionali, inerenti l’uso della forza per proteggere i traffici commerciali marittimi non sono molto chiare. Spero vivamente che per quanto riguarda il nostro paese non si adotteranno le solite ibride ed ondivaghe soluzioni, poco realistiche e spesso causa di ambiguità, che molte volte mettono in difficoltà l’operatore. Speriamo che non si faccia come per le scorte ed i servizi di protezione personale privata sul territorio nazionale, che ufficialmente per la legge sono ritenuti servizi al limite della legalità, ma che come ben sappiamo vengono svolti a favore di grandi nomi dell’imprenditoria italiana, che in qualche modo godono di una semi immunità, senza che nessuno li importuni. I servizi di sicurezza marittima, vista la tipologia d’operazione, che prevede l’isolamento e la lontananza da potenziali entità di soccorso (come le forze dell´ordine o armate preposte), devono avere una certa autonomia operativa, in grado di evitare, prevenire e se necessario affrontare la minaccia dell’abbordaggio pirata fino all’arrivo delle autorità marittime preposte. Sarà necessario capire quali siano le soluzioni più idonee da utilizzarsi, se di tipo offensivo o non letale. Senza ombra di dubbi entrambe avrebbero una valenza positiva nella prevenzione degli attacchi. Tecnicamente il binomio uomo-tecnologia è indispensabile per ridurre, solo come “estrema ratio”, l´utilizzo delle armi da fuoco, che non deve essere inteso come unica soluzione. L’aprire il fuoco contro unità pirata deve essere considerato come una soluzione dalla quale non si può più tornare indietro, con la consapevolezza che quando si apre il fuoco, qualcuno, da una parte o dall´altra, perde la vita. Con questo non voglio assolutamente fare un discorso poco consono con quello che è anche il mio lavoro, che è svolto con le armi da fuoco, TNM ••• 121
all’interno del Dipartimento di analisi e ricerche della I-Protego, grazie all’esperienza di alcuni tra i massimi esperti del settore in Italia, provenienti dai ranghi del 9º Reggimento Paracadutisti Col Moschin e del Comsubin e grazie alla collaborazione indispensabile di specialisti stranieri provenienti dai famosi US.Navy Seals, abbiamo elaborato un progetto di sicurezza e difesa ispirato alle teorie del “protection rings” appreso nel 1999. Questo progetto consiste in un’unica azione graduale, rappresentata da soluzioni non letali e solo come ultima soluzione, dall´uso della forza, nel momento in cui le distanze di sicurezza sono cadute ed esiste una vera e propria azione invasiva della nave. Questo progetto è denominato “SPI-VER solutions”, prende il nome dei suoi due fondatori ex incursori del 9º Col Moschin, oggi integranti della I-Protego Defense & Technologies, è stato presentato ufficialmente il 17 Maggio 2011 a Londra, in occasione dell’IMO (International Marittime Organization), che per la prima volta ha dedicato uno spazio della convention ad una società italiana per la sua presentazione. Questo progetto ha visto anche la partecipazione d’ingegneri di diverse società italiane ed estere che hanno assemblato sia il manufatto meccanico che quello tecnologico, sempre su indicazione dei suoi inventori. Si è arrivati a questa grande opportunità dopo che il progetto è stato analizzato dagli addetti ai lavori del IMO che lo hanno considerato davvero interessante e innovativo. Come sempre gli americani si sono dichiarati immediatamente interessati, vista una possibile collaborazione, offerta da società legate al gruppo Looked Martin. Tuttavia ci auguriamo che il progetto rimanga in Italia e diventi un punto di riferimento sia per gli armatori che per chi gestirà legalmente le attività dei Marittime security contractor. Certo in Italia sarà necessario che tutti i politici, legislatori ed addetti ai lavori creino ed adottino ma è importante capire che, affinché possiamo essere una soluzione reale affinché il fenomeno possa essere credibili e riconosciuti a livello internazionale, dobbiamo messo sotto controllo. Soprattutto mi auguro che la essere estremamente cauti ed adoperare tutte quelle gestione sia fatta con cognizione di causa ed affidata a soluzioni idonee per evitare incidenti di qualsiasi tipo. personale competente, che conosca il fenomeno e fornisca Questo mio concetto è stato esposto già dal1999, quando, a agli operatori i mezzi idonei a poter affrontare con Livorno, ho partecipato al primo corso di sicurezza intelligenza il problema. Affinché questo accada, è marittima svolto in Italia e diretto da Mark Lonsdale importante che in Italia si creino dei centri specializzati, (direttore della STTU di Los Angeles da anni leader in che possano formare con specifiche chiare e collaudate questo settore), in cui operatori civili della sicurezza, tutti i professionisti che dovranno operare imbarcati sulle membri delle forze speciali dei carabinieri (GIS) e nostre navi. La creazione di Task force veramente dell’esercito (9º Reggimento Paracadutisti “Col Moschin”), preparate è indispensabile ma è anche indispensabile che invitati a partecipare a questo evento dagli organizzatori, l’azione di governo non si limiti ad un provvisorio analizzavano quelle che erano le problematiche di questo riconoscimento, per frenare provvisoriamente il problema, particolare servizio e concordavano con l’adozione di ma si impegni a riconoscere una nuova figura diverse tipologie di soluzioni atte a prevenire e fronteggiare professionale che creerebbe nuovi posti di lavoro e il fenomeno. È indispensabile concepire il concetto di soprattutto eviterebbe che le eccellenze italiane del settore sicurezza marittima su quelle che vengono considerate le offrano i loro servizi a favore di entità private e governative distanze di sicurezza o come le indicava Mark Lonsdale straniere. Noi ce la metteremo tutta, come tutti gli addetti “protection rings”, in cui ad ogni distanza è associata una ai lavori impegnati in questo delicato compito. Speriamo soluzione d’intervento diversa. E’ proprio seguendo questo che le sollecitazioni fatte da anni da chi cerca di far capire concetto che il binomio soluzioni non letali e letali (che che l’integrazione tra pubblico e privato è possibile, anche vedono interfacciarsi l’azione umana con quella in questo settore, abbiano finalmente un seguito e che tecnologica), unisce e rende il programma di sicurezza questa nuova figura professionale venga finalmente reale e responsabile. Per questo motivo, da vari mesi, riconosciuta ed apprezzata.
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Di Traversa Alessio Presidente GAS
L’ATTREZZATURA PER INIZIARE A GIOCARE In questo breve articolo diviso in due parti tratteremo brevemente l’attrezzatura necessaria per iniziare a giocare. Non saremo assolutamente esaustivi in quanto tutto quello che è necessario (e forse superfluo) sarà ampiamente esaminato nelle pagine della rivista nei prossimi mesi sia nella sezione soft air sia in quella military per i più esigenti. Premessa fondamentale che intendo fare è quella relativa alla spesa economica per iniziare. Se si è sicuri che il soft air sia lo sport giusto per noi allora ritengo sia meglio sforzarsi ed iniziare comprando materiale di medio alta qualità in quanto una volta acquistato durerà più a lungo ripagandoci negli anni della spesa iniziale. Se invece apparteniamo alla schiera degli incerti consiglio di andare su materiale economico o di seconda mano per evitare esborsi di cui ci si pentirebbe. LA MIMETICA Considerando quanto detto finora si pone quindi il dilemma del mimetismo. Se si appartiene ad un club già formato ci dovremo orientare sul mimetismo scelto dall’ associazione per evitare imbarazzanti situazioni (la classica pecora nera) quando si va a qualche gara importante; se invece il club si sta formando dobbiamo decidere il mimetismo a cui tutti si dovranno uniformare. Per mia opinione personale non esiste, nonostante quello che molti affermano, un camaleontismo decisamente migliore degli altri. È vero che un Multicam e considerato l’evoluzione
Mimetica in Multicam
di un Woodland ma nel 99% dei casi i giocatori vengono individuati non a causa delle mimetiche ma per altre ragioni più tecniche (in primis il movimento in ambiente boschivo che molti non sanno fare). È anchen vero che i giocatori spesso hanno piacere di impersonare “Special Force Team”, e quindi un mimetismo moderno fa piacere all’occhio. Per quanto riguarda la qualità dei tessuti è chiaro che maggiore sarà l’esborso nell’acquisto, maggiore sarà la durata della stessa, prodotti TNM ••• 125
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di qualità garantiscono cuciture più salde e colori che sbiadiranno più lentamente dopo ripetuti lavaggi è doveroso però acquistare sempre e solo vestiario in tessuto di tipo rip stop e cioè a “cellette” che impediscono il prolungarsi di strappi e fori. Ultimo consiglio che vorrei dare sulla scelta delle mimetiche di fascia alta è quello di prenderle con ginocchiere e gomitiere già inserite. Le ginocchiere e le gomitiere ritengo siano accessori indispensabili per proteggere le articolazioni da traumi ed incidenti vari, avendo inoltre il vantaggio, rispetto a quelle fissate esternamente, di essere più comode e soprattutto di non scivolare verso il basso. IL TACTICAL VEST E LA BUFFETTERIA Il tactical vest solitamente chiamato “tattico” è un altro componente fondamentale del softgunner e deve anch’esso essere scelto con cura. Questo nostro fondamentale capo di vestiario può, a grandi linee, essere classificato in due grosse categorie e cioè quelli “leggeri” e quelli “pesanti”. • Leggeri: con questo termine intendiamo tutti i tattici che sono poco avvolgenti e quindi lasciano molta libertà di movimento all’utilizzatore. Naturalmente il lato negativo è quello di avere minor spazio per tasche e buffetteria varia quindi sono più adatti a game brevi dove non abbiamo grandi esigenza in fatto di attrezzatura. • Pesanti: con questo termine TNM ••• 126
intendiamo i tactical vest con ampia disponibilità di spazio per l’istallazione della buffetteria (attacchi MOLLE) e con tasche di buona capienza. Adatti ai game più impegnativi e per giocate di molte ore, consiglio sempre quelli modulabili perchè molto più flessibili. Altra distinzione fondamentale per i nostri tactical vest è il fatto che siano modulabili o meno. Questa grande innovazione arrivata pochi anni fa ha permesso al soldato (e quindi al giocatore) maggior flessibilità per quanto riguarda la distribuzione dei carichi (fondamentale quando si stanno ore ed addirittura giorni interi con uno stesso capo indossato ) e del posizionamento degli accessori; il sistema attualmente più in voga è il MOLLE (Modular Lightweight LoadCarrying Equipment). Per i giocatori più esperti consiglio sempre tattici modulabili perchè maggiormente rispondenti alle necessità della giocata, per coloro
che invece sono “alle prime armi” suggerirei il classico vest in quanto ci vuole comunque esperienza a posizionare il proprio equipaggiamento nel modo corretto, senza considerare che i giocatori novizi acquisterebbero sicuramente un sacco di buffetteria superflua. GLI SCARPONI Per un soldato gli scarponi sono considerati, dopo il fucile, il secondo elemento più importante del suo
Scarponcini Lowa Zephyr GTX mid
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Mar Ciras della Eagle Industries
Vest della Tactical Tailo
equipaggiamento. Quando i piedi fanno male abbiamo finito di muoverci e quindi di giocare ragion per cui gli scarponi vanno scelti con cura ed è l’unica parte dell’equipaggiamento sulla quale non si può mai risparmiare nemmeno se iniziamo “per gioco”; un paio di buoni scarponi saranno sempre utili anche se smettiamo di praticare il soft air. Alcuni consigli generali sono: • Acquistate solo materiale di marca e inoltre non fidiamoci mai di scarpe dal prezzo troppo basso, nessuno purtroppo regala nulla. • Anche se in estate possono risultare un po’ fastidiosi e meno traspiranti acquistate solo modelli che coprono anche la caviglia, in quanto risultano maggiormente protettivi contro urti o cadute. • Suole in Vibram (o in materiali simili) per favorire il comfort durante le lunghe marce, struttura in Goretex (o in materiali simili) per favorire l’impermeabilità e la traspirazione. GLI ACCESSORI Come accessori possiamo intendere
quelli prettamente portati dentro le tasche del tattico (bussola, radio, ecc..) e quelli da applicare sull’ASG (laser, Red Dot, ecc..). Essendo l’argomento molto importante e esteso dedicheremo l’intero prossimo numero in modo da essere sufficientemente completi, cosa che in questa sede non potremmo fare. LO ZAINO Lo zaino è un classico accessorio indispensabile nelle giocate lunghe e medio lunghe in cui riporre tutto quello che può servire sul campo di gioco ma che non necessita di immediata disponibilità la quale è demandata al tactical vest. Personalmente preferisco quelli con attacchi MOLLE per la loro notevole flessibilità operativa ma concordo che i normali zaini, senza questa adattabilità ma comunque pensati per il “campo di battaglia”, sono ugualmente validi. Conviene comunque sempre disporre di almeno due zaini uno più grande (circa 50/60litri) ed uno un po’ più piccolo (circa 20/30 litri) da alternarsi in base alle esigenze della giocata.
Zaini della Defcon 5
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