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L’Iran in cammino, tra ribellione, dubbi e nuove tendenze
Pellicole originali, registi che guardano all’Iran contemporaneo e a quello che verrà
di Elisabetta COLLA
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In foto: una scena del film I gatti persiani di Bahman Ghobadi
Fra le opere di registi iraniani che, nell’ultimo decennio, si sono contraddistinte per la loro originalità, appare interessante chiudere il nostro dossier ricordando alcune pellicole molto diverse fra loro ma accomunate da un immediato e notevole successo di critica e pubblico, che trattano temi poco convenzionali, evidenziano il dinamismo interno al Paese e mostrano come la ribellione e l’autodeterminazione degli artisti iraniani abbia portato risultati tangibili, scalfendo, a poco a poco, un sistema oppressivo e orientandosi verso una maggior apertura, in lenta evoluzione. Il primo di questi film, I gatti persiani, di Bahman Ghobadi, vincitore nel 2009 (oltre un decennio fa) al Festival di Cannes del Premio Speciale della Giuria, nella sezione ‘Un Certain Regard’, racconta le disavventure di due giovani, uniti dalla passione per la musica, Ashkan e Negar, che cercano il riscatto e la libertà attraverso il rock, un genere poco visibile nei locali ufficiali di Teheran ma molto presente nelle case private e nelle cantine. Il desiderio di esibirsi all’estero e di respirare una vita piena attraverso la musica, darà vita a una serie di peripezie ai limiti della legalità: la trama del film è stata un ottimo espediente narrativo per mostrare le nuove tendenze musicali e artistiche che nessuna censura potrà mai contenere né frenare. «Quando ho visto tutto quello che devono passare i musicisti a Teheran semplicemente perché cantano, suonano uno strumento, amano la musica - ha detto in un’intervista Ghobadi - mi sono detto che questo film si doveva fare. I gatti persiani è la prima vera testimonianza della realtà di questi giovani musicisti». Altro film da subito ‘cult’, è Il dubbio (più recente, del 2017, uscito in Italia nel 2018), del regista Vahid Jalilvand, già autore della pellicola Un mercoledì di Maggio, aggiudicatasi il Premio Fipresci nella sezione Orizzonti della Mostra del Cinema di Venezia, e dedicato a chi lotta, le donne in primis, per portare avanti ciò in cui crede e combattere le disparità sociali. Il dubbio, vincitore a Venezia 2017, nella sezione Orizzonti, di due premi - per il miglior attore a Navid Mohammadzadeh e per la regia a Vahid Jalilvand - è un film sul coraggio, la paura e la responsabilità, con una sceneggiatura quasi da thriller. Un rispettato medico vede giungere, presso l’obitorio dove lavora, un bambino morto, lo stesso che, sere prima, aveva investito per errore con la macchina, insieme alla sua famiglia, quattro persone a bordo di una moto. Benché dall’autopsia eseguita da una collega del medico, la causa del decesso risulti il botulismo - attribuibile a polli scadenti comprati a poco prezzo dal padre indigente del bambino - il medico non si dà pace e deve dirimere il dramma etico che lo tormenta notte e giorno: sapere se la morte del bambino ha a che fare con l’incidente e decidere se denunciare o meno l’accaduto. I personaggi femminili del film rappresentano la coscienza e la chiarezza delle scelte, all’interno di questo dramma, insieme morale e sociale - vista la disparità di possibilità e mezzi del medico e della famiglia investita - gli uomini il tormento interiore e la paura di esporsi. Simbolicamente parlando, il film sembra descrivere la situazione dell’Iran, dove pochi, anche fra chi si ritiene oppositore del regime, hanno il coraggio di andare in fondo alle proprie scelte, e tanti soccombono alla paura. Il film risponde ai criteri di quel nuovo stile cinematografico di cui Asghar Faradhi è il principale esponente. A completare la carrellata ed esplorare le nuove tendenze, da segnalare il film A Dragon Arrives!, una commedia dai toni thriller-horror, diretta dal regista Mani Haghighi e presentata al Festival di Berlino 2016, che racconta con toni inediti ed anti-convenzionali le indagini per omicidi/suicidi dell’ispettore di polizia Babak Hafizi, mostrando come e quanto il cinema iraniano possa trattare tematiche completamente nuove, se relazionate con la sua storia e le sue narrative più ‘classiche’.
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enrico ghezzi e malastradafilm
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