TechGP |Forcelle ad Aria| di Jan Witteveen

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images courtesy Honda, Kawasaki, KTM e Suzuki

FORCELLE AD ARIA: evoluzione o marketing? LA NUOVA HONDA CRF 450 R TORNA ALLE FORCELLE A MOLLA. SOLUZIONE TECNICA CHE PONE INTERROGATIVI SU QUANTO IN USO ATTUALMENTE

La sorpresa è anche mia: la nuovissima Honda CRF 450 R si presenta con delle forcelle Showa a molle, abbandonando dopo solo due anni di commercializzazione le precedenti Kayaba ad aria. Un periodo stranamente breve, che lascia più di un dubbio sulla reale efficacia della scelta tecnica fatta a suo tempo. Forse era stata voluta più dai responsabili marketing che dall’ufficio tecnico? Può darsi. La Honda forse non ci spiegherà i veri motivi, ma questo passo indietro lo trovo tecnicamente molto discutibile. Evidentemente le lamentele del mercato hanno influito e le performance ottenute dalle forcelle di serie non sono state adeguate. Ma rimane un passo indietro per una soluzione – quella di sostituire le molle con l’aria – che resta pur sempre interessante e stimolante. Che un altro costruttore di sospensioni – la WP – sta interpretando molto meglio perché la forcella ad aria fin dalla prima versione sulle KTM-Husqvarna è andata bene e nei primi test dei modelli 2017 mi riferiscono pareri molto positivi. Su diverse moto se il feeling di queste WP ad aria è così buo-

no, credo sia un risultato importante perché si tratta comunque di un’industrializzazione molto recente. Quindi, la WP è riuscita finora a fare qualcosa di più funzionale e valido con questa nuova tecnologia rispetto Kayaba e Showa. Anche per questo motivo non capisco questo “ritorno”. Certamente è una questione di feeling e di abitudine. E’ come cambiare pneumatico a un pilota che conosce le sensazioni e il limite di quello vecchio. Nella mia carriera ho gestito decine di situazioni simili. Proprio per il feeling di tre forcelle diverse, nel 1986 fui costretto a schierare tre Cagiva uguali con tre set di sospensioni completamente differenti: Strijbos tutto WP con la prima rovesciata cui si era abituato, Vehkonen tutto Ohlins con una prima rovesciata sperimentale e Contini con la tradizionale Marzocchi. Potete immaginare facilmente la quantità di ricambi e il lavoro necessario per ogni singolo pilota. Che ebbe modo ovviamente di provare le soluzioni dei compagni di squadra. Contini soprattutto non trovava nel feeling della WP una sensazione positiva. Forcella che poi si rivelò la soluzione su cui uniformare le Cagiva ufficiali degli anni successivi perché complessivamente si dimostrò la migliore, con meno ingombro sotto il perno ruota (era un vantaggio non avere sporgenze nei canali), leggera, affidabile, rigida, con meno attriti perché si deformava meno e lo stelo era più guidato. Il diverso feeling delle nuove forcelle ad aria e la totale inesperienza del settore a gestirle ha creato le condizioni per questa nostalgia verso le forcelle tradizionali, eppure l’aria rimane una soluzione valida. Che mi piace e preferisco alle molle elicoidali. Per vari motivi. L’aria è la molla “perfetta” perché non pesa, non ha attriti e a parità di temperatura offre una risposta lineare sempre uguale. Il feeling che trasmette al pilota è diverso e non può essere altrimenti visto che si tratta di una forcella profondamente diversa. Ma credo sia una questione legata soprattutto alle abitudini del pilota. La soluzione della molla ad aria non l’avrei abbandonata affatto, ma avrei lavorato per renderla migliore. Per renderla superiore nella risposta delle forcelle a molle, che oltre al peso maggiore (oltre 1 kg) ha degli attriti interni molto maggiori e un comportamento non sempre costante. Un problema che lamentano anche alcuni piloti nel guidare con alcune forcelle ad aria, ma che ci si dimentica per

le collaborazioni speciali di Motocross

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NELLA SUA VITA HA PROGETTATO MOTORI E MOTO


quelle a molla. Raramente ho visto due set di molle assolutamente identiche, e soprattutto nelle forcelle con due molle – una per stelo – con filo più sottile la deformazione durante la compressione non è mai perfettamente lineare e in asse con l’affondamento. Le molle comprimendosi si appoggiano sulle pareti dello stelo e questo attrito è un difetto motevole. Eliminarlo completamente lo ritengo il vantaggio più importante nelle forcelle ad aria. Mi sorprende che Honda e Showa non abbiano scelto un compromesso più interessante come la forcella monomolla. Che concede comunque un buon risparmio di peso rispetto a quella tradizionale a due molle, pur inferiore al 50% perché la molla unica dev’essere molto più robusta rispetto ad una delle due singole. Ma essendo più dimensionata la flessione e gli attriti contro lo stelo – durante la compressione – sono inferiori rispetto alle due molle. Spostando l’unica molla sul lato opposto al disco e pinza freno si può anche bilanciare meglio la distribuzione dei pesi fra i due steli forcella, ed è la soluzione più adatta per separare anche le funzioni idrauliche di freno in compressione ed estensione. Nulla di nuovo! Almeno 30 anni fa con Marzocchi provammo questa soluzione nelle forcelle convenzionali (non upside-down) e lo sviluppo non proseguì solo per limiti strutturali coi dimensionamenti di piastre sterzo, perno ruota e diametro dello stelo. Che non erano sufficientemente rigidi e strutturati per un funzionamento idraulico (freni compressione ed estensione) ed elastico (molla) separati fra i due steli. Con gli avantreni attuali, molto meglio dimensionati, questa è una soluzione percorribile e che preferisco rispetto alla soluzione a due molle. Come vediamo nelle Showa SFF. Invece Showa per la nuova Honda CRF 450 R è proprio tornata indietro al suo massimo record conosciuto, mettendo in normale produzione quelle famose forcelle “kit A” con diametro steli di 49 mm (quando quelle Honda standard erano di 47 mm) che fino pochi anni fa erano il massimo acquistabile nei kit per i piloti semiufficiali, strettamente derivate a lo-

ro volta dalle forcelle delle Honda ufficiali schierate nei primi Anni 2000. Quindi, non è un’evoluzione ma un consolidamento di tecnologie e soluzioni ben note, seppure molto apprezzate visto che sono state prese da una forcella leggendaria. Che sia stata una scelta tecnica o un ripensamento dello staff addetto al marketing non lo sapremo. Questo passo indietro è soltanto una scelta rassicurante per tutti. Per l’azienda, il fornitore (Showa), i concessionari e il pubblico. In passato è già accaduto molte volte. Pensiamo al PDS “inventato” da Ohlins e adottato per tanti anni da KTM per le sue versioni motocross-enduro. Poi rinnegato (solo) per i modelli cross dopo che per tanti anni ha fatto lavorare tecnici per risolvere i problemi e il feeling negativo che lamentavano i piloti. Oppure le testate a cinque valvole che a lungo, per oltre 20 anni, hanno caratterizzato i motori Yamaha. Provate e presto abbandonate nei motori da Formula 1 (anche Ferrari), solo di recente la Yamaha ha definitivamente lasciato questa soluzione anche nel cross. Con molta abilità e furbizia in Yamaha sono riusciti a far passare sotto silenzio questo ritorno alle classiche camere di combustione con 4 valvole, realizzando due nuove moto da cross – prima la 450 e poi la 250 – piene di soluzioni tecniche inconsuete come il cilindro inclinato posteriormente e la cassa filtro al posto del serbatoio carburante, tali da far chiacchierare su altri argomenti distogliendo l’attenzione dal ritorno alle 4 valvole. Che dopo qualche abbaglio iniziale, è stato chiaro ai motoristi di tutto il mondo che fossero un’inutile complicazione, se non addirittura un vero limite alle prestazioni del motore. Purtroppo non sono e non saranno questi gli ultimi esempi di quanti danni possa fare il marketing allo sviluppo tecnico più sensato. Almeno con la nuova Honda sembrano tutti più contenti, ma i clienti che compreranno ora le versioni con le Kayaba ad aria? Gli dovremo chiedere scusa? O forse è principalmente questione di feeling?

CHE, TRA INDIVIDUALI E COSTRUTTORI, HANNO VINTO 40 TITOLI MONDIALI

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