Compositi N 32 - Giugno 2014

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anno IX - numero 32

giugno 2014

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Editoriale

Prof. Roberto Frassine, Presidente Assocompositi

Strategies for composites market

Strategie per il mercato dei compositi

Last September, during the Composite Europe Show, it was announced the birth of Composites Germany, the new federation of German industry with the aim to coordinate activities and to represent the chain of composite materials at national and international level and to protect their interests. The new umbrella organization is made of four founding associations, i.e. AVK, Carbon Composites, CFK - Valley and Composite Technology Forum (VDMA) which have retained their independent structures. From April 2014 Composites Germany is the association representing Germany in EuCIA. With more than 400 member companies, the German organization is by far the largest national association in the context of EuCIA (the french JPIC follows with about 160 member companies and then Assocompositi, with 60 member companies). Although uneven across Countries, the European production stabilized in 2013 around volumes of about one million tonnes, almost reaching pre-crisis levels and will grow this year by about 5-10%. The strongest rises are in Germany (192,000 tons), United Kingdom (140,000) and Countries of Eastern Europe; the highest falls, on the other hand, are in the Countries of Southern Europe. Italy, while maintaining in any case the second largest production in Europe after Germany, saw its production to fall to 146,000 tons, against 152,000 tons in 2012. Spain, Portugal and France showed a decrease even more pronounced. The main application areas are the same: transport and construction, both having about 34% of the market, followed by electric/ electronics (15%) and sports and leisure (15 %). Composites with carbon fibers, which now account for just over one per cent of the world market, are expected to show the the more dynamic growth rate, with plans to reach 208,000 tonnes in 2020.

Lo scorso settembre, in occasione di Composite Europe, è stata annunciata la nascita di Composites Germany, una nuova federazione tedesca di settore con lo scopo di coordinare le attività e la rappresentanza della filiera dei materiali compositi a livello nazionale e internazionale e tutelandone gli interessi. Della nuova struttura fanno parte le quattro associazioni fondatrici, ovvero, AVK, Carbon Composites, CFK-Valley e Forum Composite Technology (VDMA) che hanno conservato strutture indipendenti. Da aprile 2014 Composites Germany è l’associazione che in EuCIA rappresenta la Germania. Con più di 400 aziende associate, la federazione tedesca è di gran lunga la più grande associazione nazionale nell’ambito di EuCIA (seguono la GPIC francese, con circa 160 aziende associate e Assocompositi, con 60). Per quanto disomogenea nei vari Paesi e stabilizzata su volumi intorno al milione di tonnellate, la produzione europea nel 2013 ha quasi raggiunto i livelli pre-crisi e crescerà quest’anno intorno al 5-10%. Tra le nazioni in forte ascesa la Germania (192.000 ton), il Regno Unito (140.000) e i paesi dell’Est Europa, in flessione, invece, la produzione di articoli in composito nei paesi del Sud Europa. Il nostro Paese, che mantiene in ogni caso il secondo posto europeo dopo la Germania, ha visto la produzione calare a 146.000 tonnellate, contro le 152.000 ton del 2012. Spagna, Portogallo e Francia hanno mostrato una decrescita ancora maggiore. I principali settori applicativi si confermano i trasporti e le costruzioni, entrambi con circa il 34% del consumo di compositi, seguiti dal settore elettrico/elettronico (15%) e sport e tempo libero (15%). Sono i compositi con fibre di carbonio, che oggi rappresentano soltanto poco più dell’uno per cento del mercato mondiale, a mostrare il tasso di crescita più dinamico, con la previsione di arrivare a 208.000 tonnellate nel 2020.

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Sommario

Anno IX – Numero 32 Year IX – Issue 32 Giugno 2014 June 2014 Periodicità trimestrale Quarterly review abbonamento Italia € 25,00 abbonamento Estero € 50,00 una copia € 7,00 Registrazione al tribunale di Milano n. 189 del 20/03/2006 Pubblicità e Marketing via Delle Foppette, 6 20144 Milano – Italy tel. +39 0236517115 fax. +39 0236517116 e-mail: marketing@tecneditedizioni.it Progetto grafico impaginazione e fotolito Photo type – setting Bonazzi grafica - Sondrio Stampa - Printed by Bonazzi grafica - Sondrio È vietata la riproduzione, anche parziale, senza l’autorizzazione della casa editrice Reproduction even partial is forbidden, without the permission of the publisher Direttore responsabile Publishing manager Liliana Pedercini Coordinamento di redazione Editing Co-ordination Anna Schwarz Ufficio Commerciale Sales office Ramona Foddis Comitato Tecnico – Scientifico Technical Scientific Committee Luigi Ascione Andrea Benedetti Roberto Frassine Alfonso Maffezzoli Orazio Manni Mario Marchetti Claudio Migliaresi Carlo Poggi Marino Quaresimin Andrea Ratti Giuseppe Sala Antonino Valenza Maurizio Vedani

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A questo numero hanno collaborato Contributors Simone Balilla Stefano Beretta Jonathan Brivio Mario Caponnetto Paolo Carlucci Paolo Andrea Carraro Samanta Chiozzi Fabio De Pascalis Riccardo Gennaro Emanuele Giani Matteo Gigante Luca Limena Marinella Levi Alfonso Maffezzoli Lucio Maragoni Gaetano Micelli Michele Nacucchi Silvio Pappadà Alessandra Passaro Marino Quaresimin Giuseppe Sala Andrea Salomi Oliver Zund

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Padiglione Italia a Composites Europe 2014

Nuovi servizi associativi L’Associazione amplia la propria offerta di benefit per i Soci con due nuovi servizi: • certificazione di riciclabilità: grazie alla collaborazione con CSI è stata messa a punto la prima certificazione italiana per la riciclabilità dei manufatti in FRP • formazione: grazie alla partnership con Composite Solutions, scuola di formazione europea on the job, Assocompositi offre ai propri Soci sconti e agevolazioni sui corsi organizzati. Per informazioni contattare la nostra Segreteria (info@assocompositi.it).

Nuovi Soci Assocompositi è lieta di annunciare che Fibre Net è diventato nostro nuovo Socio Sponsor. Siamo inoltre molto lieti di dare il benvenuto tra i nostri Soci ordinari alle seguenti 3 aziende:

Pochi spazi ancora disponibili nel padiglione italiano che Assocompositi e Reed organizzano nell’ambito di Composites Europe 2014 (Düsseldorf 7-9 ottobre). L’area collettiva sarà situata nella Hall 8a e avrà al suo interno anche una lounge. Per i Soci è disponibile un’offerta speciale con postazioni preallestite da 9 mq e 12 mq a costi fortemente scontati. Per informazioni è possibile contattare la nostra Segreteria.

Assemblea dei Soci 2014 Informiamo che l’Assemblea ordinaria dei Soci Assocompositi 2014 si è tenuta venerdì 30 maggio presso il Politecnico di Milano. Per ulteriori informazioni si prega di contattare la nostra Segreteria.

News da EuCIA

(European Composites Industry Association) Hannover Messe EuCIA ha preso parte all’ultima edizione di Hannover Messe con uno stand situato nella collettiva Carbon Composites. L’Associazione europea ha presentato le attività dei suoi associati e ha promosso le attività legate al riciclo dei compositi con un percorso didattico.

• Chem Trend Italy: si occupa di produzione di distaccanti per stampi, lubrificanti per pressofusione, granulati detergenti e detergenti per stampi. • Quanta: offre servizi dedicati alle risorse umane, svolge un’importante attività nell’area delle HR per l’aerospazio e nell’organizzazione di corsi di formazione per gli operatori del settore. • Vetorix Engineering: attiva nel campo delle Prove non Distruttive sin dal 1983, ha conseguito la Certificazione del proprio sistema qualità, in conformità alla norma UNI EN ISO 9001/2000 e qualifiche dall’Istituto Italiano della Saldatura.

Seminario sulla simulazione ad Alumotive Il 13 giugno nell’ambito di Alumotive 2014 (Verona, 11-13 giugno) Assocompositi organizza il seminario tecnico “Le tecnologie di simulazione e i materiali compositi avanzati per l’innovazione e lo sviluppo nel settore dei trasporti”. Il seminario, coordinato dal Prof. Marino Quaresimin dell’Università di Padova, ospita contributi di E-Xstream, MSC.Software, Lamborghini, Vetorix e MathFem con diversi case-history sulle metodologie di simulazione, approfondimenti su simulazioni di riempimento stampi con tecnologia RTM, tecniche di analisi non distruttive e applicazioni strutturali. Gli atti sono disponibili online nel sito dell’Associazione.

SCUOLA COMPOSITI 2014 Assocompositi organizzerà a Lecce dal 24 al 26 settembre la Scuola compositi 2014, in collaborazione con AIMAT, CETMA e SAMPE. Le informazioni per l’iscrizione e il programma preliminare saranno disponibili da fine giugno nel sito www.assocompositi.it.

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CALENDARIO PROSSIMI EVENTI Fiere

Convegni

Alumotive 11-13 giugno, Verona (Italia)

XVIII International Conference on Mechanics of Composite Materials 2-6 giugno, Riga (Lituania)

Farnborough International Airshow 14-20 luglio, Farnborough (UK) China Composites Expo 2014 3-5 settembre, Shangai (Cina) KCS Korea Composites Show 16-19 settembre, Goyan (Corea)

SAMPE TECH 2014 2-5 giugno, Seattle (USA) Workshop on Testing and Modeling Ceramic and Carbon Matrix Composites 4-6 giugno, Chachan (France) ECCM16 22-26 giugno, Siviglia (Spagna)

Nanoforum 2014 22-25 settembre, Roma (Italia) XII Convegno nazionale AIMAT WindEnergy Hamburg 21-24 settembre, Lecce (Italia) 23-26 settembre, Amburgo (Germania) Scuola Compositi 2014 25-26 settembre, IBEX 2014 Brindisi (Italia) 30 settembre - 2 ottobre, Tampa (USA) Expoquimia/Equiplast/ Eurosurfas 2014 30 settembre - 3 ottobre, Barcellona (Spagna)


Marino Quaresimin, Paolo Andrea Carraro, Lucio Maragoni - Dipartimento di Tecnica e Gestione dei sistemi industriali - Università di Padova

Influenza dei vuoti sulle proprietà meccaniche di compositi avanzati: verso l’ottimizzazione del rapporto prestazioni-costi di produzione La presenza di vuoti e difetti legati al processo produttivo provoca una perdita delle proprietà meccaniche dei componenti in composito. Sulla base dei risultati disponibili in letteratura viene presentato un progetto orientato alla correlazione tra prestazioni a lungo termine dei materiali, difettologia e costi di produzione.

A

causa della natura stessa dei materiali compositi, è difficile ottenere componenti completamente privi di difetti: in particolare, la presenza di vuoti e porosità è pressoché inevitabile. Nei processi di produzione che coinvolgono il flusso di resina liquida, come RTM e infusione, vuoti di forma allungata (fig.1) si formano per intrappolamento di aria dovuto alla diversa velocità della resina all’interno dei mazzi di fibre e nei canali tra i mazzi. Nella produzione in autoclave i vuoti di forma pseudosferica (fig.2) sono provocati principalmente dall’assorbimento di umidità nei pre-impregnati in magazzino e dalla generazione di gas volatili durante la reticolazione della resina. La presenza di vuoti in un componente in materiale composito influisce negativamente sulle sue proprietà meccaniche e in letteratura sono disponibili numerosi lavori orientati a quantificare questo effetto. INFLUENZA SULLE PROPRIETÀ STATICHE Le proprietà dominate dalle fibre risultano essere le meno influenzate dalla presenza di vuoti: in provini unidirezionali (UD) in carbonio/epossidica la rigidezza nella direzione delle fibre sembra

Fig.1: Vuoti allungati osservati al microscopio ottico

esserne quasi insensibile [1], mentre per la loro resistenza a trazione longitudinale sono stati trovati decrementi del 9% per un contenuto di vuoti del 5%. Il comportamento in direzione trasversale alle fibre risulta invece essere più influenzato dal contenuto in vuoti, con diminuzioni in rigidezza e resistenza, rispettivamente, del 6,5% e del 18% per contenuti in vuoti del 5% in provini UD in carbonio/epossidica [1] (fig.3). Test di trazione trasversale condotti su provini unidirezionali in vetro/epossidica hanno mostrato che, con un contenuto in vuoti maggiore, l’innesco della prima cricca avviene a carichi più bassi, e la deformazione a rottura risulta più alta (fino al 2% per 4,5% di vuoti), per un decremento in rigidezza trasversale complessivo del 15% con un contenuto di vuoti del 4.5% [2]. Uno studio su due differenti lay-up in carbonio/epossidica ([(±45) 4 /(0,90)/ (±45) 2] S e [(±45)/0 4 /(±45)(0,90)] S ) ha mostrato come l’influenza dei vuoti su modulo e resistenza a trazione dipenda dalla sequenza di sovrapposizione [3]. L’influenza dei vuoti sul comportamento a compressione è stato studiato su laminati in carbonio/epossidica unidirezionali [4,5] e quasi-isotropi [6]. Nei primi si è osservato un decremento della resistenza anche del 40% per un contenuto

in vuoti del 4%; nei secondi il modulo a compressione è calato del 13% per un contenuto in vuoti dell’11%, mentre la resistenza ha mostrato un calo del 16% già per una frazione di vuoti molto bassa (1,5%). La resistenza a taglio interlaminare (ILSS, Inter-Laminar Shear Strength) è una delle proprietà su cui l’influenza dei vuoti è stata maggiormente analizzata [1,4,7-15]. Su campioni unidirezionali in carbonio/epossidica le riduzioni trovate vanno dal 15% per un 6,8% di vuoti al 38% per un 5% di vuoti, in funzione dei materiali utilizzati [1,4,7,8]. Sistemi vetro/epossidica, sempre unidirezionali [9,10], hanno mostrato diminuzioni fino al 26% per un contenuto in vuoti del 6,5%. In cross-ply in carbonio/epossidica l’ILSS è diminuito fino al 18% con 3,2% di vuoti [11]. La sensibilità ai vuoti in termini di ILSS dipende inoltre dal lay-up, come dimostra uno studio su sequenze di laminazione [(±45) 4 /(0,90)/(±45) 2] S e [(±45)/0 4 / (0,90)/02] S in carbonio/epossidica [12]. Test di ILSS sono stati effettuati anche su tessuti di diversi materiali, rilevando diminuzioni del 34% al 5,6% di vuoti (carbonio/epossidica) [13], 42% al 10% di vuoti (carbonio/poliestere) [7], 25% al 3,37% di vuoti (carbonio/

Fig.2: Vuoti pseudosferici osservati al microscopio ottico

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- Influenza dei vuoti sulle proprietà meccaniche 100

Property reduction (%)

95

93.5% 91%

90 85

Longitudinal Transverse 82%

80 75 70 Volume void content: 5%

65 60 Tensile modulus

Tensile strength

Fig.3: Diminuzione % delle proprietà a trazione al 5% di vuoti su UD carbonio/epossidica [1]

ILSS (%)

100

ref. [7] ref. [7] ref. [9] ref. [9] ref. [11] ref. [14]

90 80 70 60 50 0

2 4 6 Void content (%)

8

Maximum Normal stress (MPa)

Fig.4: Trend lineare tra decremento in ILSS % e contenuto in vuoti

50 45 40 35 30 25

void-free with voids

20 1.0E+03

1.0E+04

1.0E+05

1.0E+06

Cycles to failure Fig.5: Riduzione della vita a fatica in presenza di vuoti in provini tubolari realizzati in vetro/epossidica [21]

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bismaelimide) [13], 48% al 9% di vuoti (vetro/polipropilene) [14]. La generazione di vuoti artificiali con teflon ha evidenziato la dipendenza del decremento in ILSS dalla geometria e dalle dimensioni dei vuoti stessi [10]. Questo spiega le differenti riduzioni in ILSS in diversi tipi di tessuto, la cui architettura determina la geometria dei vuoti che si vengono a formare [15]. La sensibilità dell’ILSS ai vuoti dipende anche dalla loro distribuzione, che uno studio ha trovato essere diversa per sistemi carbonio/epossidica e carbonio/bismaelimide [13]. In alcuni dei lavori citati [7,9,11,14], la relazione tra l’ILSS e il contenuto percentuale di vuoti è apparsa seguire un trend lineare (fig.4). Per quanto riguarda il comportamento a flessione, gli studi svolti [1,11,16,18] mettono in relazione le prestazioni del materiale al contenuto complessivo di vuoti, un approccio che risulta riduttivo, in quanto, a flessione, anche la distribuzione dei vuoti sullo spessore gioca un ruolo fondamentale. I risultati sperimentali che ne conseguono non hanno portano a conclusioni univoche, con ampie variabilità della resistenza a flessione in funzione del contenuto di vuoti. Anche la tenacità a frattura dei materiali compositi risulta influenzata dalla presenza di vuoti: il valore critico del tasso di rilascio di energia di deformazione (SERR, Strain Energy Release Rate), spesso indicato con GC, in provini unidirezionali in carbonio/epossidica sollecitati a modo I ha evidenziato una riduzione del 22% per una frazione di vuoti del 5% [1]. Uno studio su un layup [012 //(5/-5/0 4 ) S ] in carbonio/epossidica ha mostrato che la presenza di vuoti (0,9%) influisce diversamente in base al tipo di sollecitazione [19]. A modo I e modo misto i vuoti danno un comportamento con R-curve, dovuto nel primo caso a ply bridging e nel secondo alla formazione di cricche multiple all’apice della cricca principale, fenomeni che incrementano l’energia necessaria alla propagazione della cricca. A modo misto inoltre il valore del SERR per l’innesco è sensibilmente più basso in presenza di vuoti (-20%). A modo II i vuoti sembrano invece non influenzare il SERR critico. INFLUENZA SUL COMPORTAMENTO A FATICA L’influenza dei vuoti sul comportamento a fatica e più in generale sulle proprietà a lungo termine ha ricevuto invece un’attenzione più limitata da parte della comunità scientifica. Provini unidirezionali in vetro/epossidica hanno mostrato una riduzione della vita a fatica a trazione in presenza di vuoti (0,112,63%), maggiore a carichi più alti [20].


- Influenza dei vuoti sulle proprietà meccaniche Uno studio è stato svolto sull’influenza della distribuzione dei vuoti [21], producendo provini tubolari in vetro/ epossidica [0/45/90/-45] S con vuoti uniformemente distribuiti (1-2%) e accumulati (generati attraverso una perdita artificiale). I provini, sottoposti a carichi di fatica assiale-torsionale, hanno evidenziato uno spostamento delle curve tensione-numero di cicli a fatica (curve S-N), verso vite più corte in presenza di vuoti (fig.5). L’influenza della distribuzione di vuoti (distribuiti/accumulati) è stata tuttavia di difficile interpretazione. Laminati quasi-isotropi in carbonio/ epossidica con (2,5-8,8%) e senza vuoti sono stati studiati a diversi valori di rapporto di ciclo [22]: per R = 0,1 (tensione) le curve S-N in termini di ampiezza di tensione di ciclo si spostano verso vite a fatica più brevi e sono più ripide in presenza di vuoti, a causa di un prematuro innesco della delaminazione. Nel caso di rapporti di ciclo R = 10 (cicli compressione-compressione) l’influenza dei vuoti è meno evidente, ma comunque la vita a fatica diminuisce, e la ragione è da ricercarsi nella minore rigidezza a taglio e minore supporto al kinking delle fibre a 0°. Prove di flessione a fatica con R = 0,1

sono state condotte su provini unidirezionali in carbonio/epossidica, in cui la presenza di vuoti trasla le curve S-N verso vite più brevi, a causa di un più agevole innesco della delaminazione che porta poi alla rottura finale [16]. Un lavoro successivo ha riscontrato, per la stessa tipologia di provini, un decremento lineare del numero di cicli a fatica (N) con il contenuto di vuoti (fino al 3,6%) a parità di carico, ma con un’ampia dispersione dei dati [23]. Le stesse condizioni di carico su tessuti vetro/polipropilene hanno portato ad un abbassamento del plateau di rigidezza durante la vita a fatica per contenuti in vuoti maggiori [14]. Uno studio approfondito su un sistema vetro/epossidica con lay-up [0/45/-45] 3S ha mostrato che a parità di carico applicato un trend lineare è riscontrabile tra vita a fatica e la dimensione del difetto più grande nel laminato, mentre non sembra esserci relazione tra la vita a fatica e contenuto di vuoti globale [24]. La riduzione di vita in presenza di carichi ciclici può essere correlata anche all’esistenza di vuoti in posizioni critiche, come evidenzia uno studio effettuato sulla resistenza a tensione interlaminare (ILTS, Inter-Laminar Tensile Strength) a fatica [25].

MODELING Diversi lavori sono stati svolti per modellare l’influenza dei vuoti sulle proprietà meccaniche di materiali compositi. Modelli basati su metodi agli elementi finiti, di gran lunga i più utilizzati, sono stati proposti per il calcolo del fattore di concentrazione di tensioni in presenza di un vuoto e la conseguente previsione della resistenza a trazione [20], per il calcolo dell’ILSS in presenza di un singolo vuoto [10], per analizzare la resistenza a taglio [26] e per studiare la diminuzione di proprietà elastiche in funzione del contenuto in vuoti [27,28]. Modelli analitici sono stati sviluppati per descrivere l’evoluzione di cricche trasversali in laminati cross-ply (modello basato sulla distribuzione statistica della resistenza trasversale) [29], per giustificare la maggiore deformazione a rottura in presenza di vuoti nel caso di trazione trasversale (da un’analisi shear lag) [2], per prevedere ILSS e resistenza flessionale (attraverso una modifica del criterio di Mar-Lin) [13,17] e per studiare l’effetto di un singolo vuoto al fronte di una cricca sulla tenacità interlaminare [30].

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- Influenza dei vuoti sulle proprietà meccaniche CONCLUSIONI Dall’analisi della letteratura scientifica emerge come le relazioni tra vuoti e proprietà meccaniche di materiali compositi non siano ancora state analizzate in modo soddisfacente. Per quanto riguarda le proprietà statiche, le più largamente indagate, le notevoli quantità di dati sperimentali disponibili forniscono solo trend generali, con una forte dipendenza della sensibilità ai vuoti dal materiale utilizzato, e non hanno ancora portato a risultati conclusivi. Considerare geometria, dimensioni e distribuzione dei vuoti anziché il loro contenuto globale percentuale, come è stato invece fatto nella stragrande maggioranza degli studi, porterebbe probabilmente ad un passo avanti in questa direzione. L’effetto dei vuoti sul comportamento a fatica, invece, non è stato ancora oggetto di una profonda attenzione, soprattutto riguardo all’attività di modellazione (pressoché assente), nonostante carichi ciclici si riscontrino in molti dei principali settori di applicazione dei materiali compositi (aerospaziale, automotive, energia eolica...). Dagli studi effettuati si nota che i vuoti influiscono in modo maggiore sul comportamento a lungo termine dei compositi avanzati rispetto alle proprietà statiche, in quanto la loro presenza agevola l’innesco e la successiva evoluzione del danneggiamento durante carichi ciclici. Poco investigata è anche la relazione tra costi di processo e contenuto di vuoti: produrre un componente utilizzando pressioni o temperature minori può portare ad una maggiore quantità di vuoti, quindi a proprietà meccaniche inferiori, ma allo stesso tempo anche ad un significativo risparmio economico. Ulteriori ricerche andrebbero condotte per stabilire condizioni processuali ottimali, che portano al miglior rapporto prestazioni/costi (fig.6). In questo ambito si colloca un progetto di ricerca del Dipartimento di Tecnica e Gestione dei Sistemi Industriali dell’Università degli Studi di Padova, che da anni si dedica all’analisi sperimentale e alla modellazione del comportamento a fatica di materiali compositi, in collaborazione con prestigiosi atenei europei ed extra-europei. Il progetto mira a stabilire relazioni quantitative non solo tra i vuoti e il comportamento a fatica dei compositi, ma anche tra parametri di processo e contenuto, forma e dimensione dei vuoti. Note queste relazioni sarà possibile sviluppare un modello che leghi i costi di produzione e le prestazioni a lungo termine del componente finale. Considerando che una frazione significativa del costo di un componente in composito è legato al costo di produzione, il modello potrà risultare di particolare interesse in ambito industriale per una produzione cost-effective.

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Long-term Performance

Cost % Vuoti % Defects Fig.6: Relazioni qualitative tra costi di processo, contenuto di vuoti e prestazioni a lungo termine di materiali compositi

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Marino Quaresimin, Paolo Andrea Carraro, Lucio Maragoni - Department of Management and Engineering, University of Padova

Effects of defects on the mechanical properties of advanced composites: towards a cost-effective manufacturing The presence of voids and porosity in composite components is almost unavoidable during the manufacturing process, and it is associated to a decrease in the mechanical properties of the final component. After a brief overview on the scientific literature on this topic, the paper illustrates a project oriented to the definition of a cost-effective manufacturing process, by correlating long term properties with the effects of voids and defects.

D

ue to the intrinsic nature of composites, it is extremely hard to obtain defects-free components with such materials; in particular, the presence of microscopic voids is nearly unavoidable. In processes that involve liquid resin, like RTM and infusion, elongated voids (fig.1) form when air is entrapped as a result of the different resin flow inside the fiber bundles and in the channels between the bundles; in autoclave process, instead, pseudo-spherical (fig.2) voids are mainly due to moisture absorption in the stored pre-pregs and to the generation of volatile gases during resin cure. The presence of microscopic voids in a composite component is detrimental for its mechanical properties, and several studies have been carried out on the quantification of such relations. THE INFLUENCE ON THE STATIC PROPERTIES Fiber-dominated properties are the ones less affected by the presence of void: in carbon/epoxy unidirectional (UD) specimens, the stiffness along the fibers direction seems to be unaffected by voids [1], whereas their longitudinal tensile strength was found to decrease by 9% for a void content of 5%. The behavior in the transverse direction results instead to be more influenced by void content, with reductions in stiffness and strength, respectively, of 6.5 and 18% for 5% void content in carbon/epoxy UD specimens [1] (fig.3). Tensile tests conducted on glass/epoxy unidirectional specimens showed that, for larger void contents, the initiation of the first crack occurs at lower loads, and the strain to failure results to be larger (up to 2% for 4.5% void content), leading to a decrease of 15% in transverse stiffness for 4.5% voids fraction [2]. A study on two different lay-ups of a carbon/epoxy system ([(±45) 4 /(0,90)/(±45) 2] S e [(±45)/0 4 / (±45)(0,90)] S ) demonstrated that the

influence of voids on tensile modulus and strength depends on the laminate architecture [3]. The influence of voids on the compressive behavior was studied on unidirectional [4,5] and quasi-isotropic [6] carbon/epoxy laminates. In the former, reductions in compressive strength reached even 40% for a void content of 4%; in the latter, the compression modulus decreased by 13% for 11% void fraction, whereas the compressive strength showed a reduction of 16% even for 1.5% voids. The inter-laminar shear strength (ILSS) is one of the properties on which the effect of voids was analyzed the most [1,4,7-15]. The reductions found on unidirectional carbon/epoxy specimens go from 15% for 6.8% voids to 38% for 5% voids, depending on the materials used [1,4,7,8]. Glass/epoxy systems [9,10], always unidirectional, exhibited decreases up to 50% for 14% void content. In carbon/epoxy cross-plies, ILSS diminishes up to 18% for 3.2% voids [11]. The sensitivity of ILSS to voids depends also on the laminate lay-up, with drops of 10% for 8% voids and of 16% for 6.3% voids for, respectively, [(±45) 4 /(0,90)/(±45) 2] S and [(±45)/0 4 / (0,90)/02] S lay-ups made in carbon/ epoxy [12]. ILSS tests were carried out also on fabrics made of different materials, revealing decreases of 34% for 5.60% voids (carbon/epoxy) [13], 42% for 10% voids (carbon/polyester) [7], 25% for 3.37% voids (carbon/ bismaelimide) [13], 48% for 9% voids (glass/polypropylene) [14]. The generation of artificial voids by the use of Teflon highlighted that ILSS decrease depends on voids size and geometry [10]. This gives reason of the different reduction of ILSS in different types of woven fabrics, the architecture of which determines the shape of the voids that form [15]. The sensitivity of ILSS to voids depends also on their distribution, found to be different for carbon/epoxy and carbon/bismaleimide systems [13]. In some of the works referenced here

[7,9,11,14], a linear relation appears to exist between ILSS and void content (fig.4). For what concerns the flexural behavior, the studies that were carried out [1,11,16,18] relate the material performances to the global void content, which may be too simplistic, since in presence of bending loads also the voids distribution plays a fundamental role. The experimental results that were found, therefore, did not lead to clear conclusions, with large a variability of the sensitivity of the material on the void content. The fracture toughness too of composite materials is influenced by the presence of voids: the critical value of the strain energy release rate (SERR), often referred to as GC, had a reduction of 22% for a void fraction of 5% in carbon/epoxy unidirectional specimens loaded in mode I [1]. A study on a carbon/epoxy [012// (5/-5/0 4 ) S ] laminate showed that the effect of the presence of voids (0.9%) depends on the loading type [19]: in mode I and mixed mode, voids give an R-curve behavior, due to ply bridging in the first case and to the formation of multiple cracks at the tip of the main crack in the second, phenomena that increase the energy needed for crack propagation. In mixed mode, also, the value of the SERR for crack initiation was sensibly lower in presence of voids (-20%). In mode II, instead, voids appeared not to influence the critical SERR. THE INFLUENCE ON THE FATIGUE BEHAVIOR The effect of voids in composite materials was experimentally studied in terms of fatigue behavior too. Unidirectional glass/epoxy specimens showed a reduction of fatigue life under tensile load in presence of voids (0.11-2.63%), larger at higher stresses [20]. A study was carried out on the influence of voids distribution [21], producing tubular [0/45/90/-45] S specimens of a glass/ epoxy system, with distributed (1-2%) and accumulated

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- Effects of defects on the mechanical properties (generated by an appropriate leakage) voids. The specimens, subjected to axial-torsional fatigue loading, showed a shift of the S-N curves (that relate the stress to the number of cycles to failure) towards shorter life in presence of voids (fig.5). The influence of void distribution (distributed/accumulated) was, anyway, hard to distinguish. Quasi-isotropic carbon/epoxy laminates with (2.58.8%) and without voids were studied under different load ratios [22]: for R = 0.1 (tension), S-N curves in terms of stress amplitude shifted to shorter fatigue life and became steeper in presence of voids, due to an earlier delamination onset; for R = 10 (compression) the influence of voids was less evident, but still a shortening of fatigue life was observed, caused by a reduction in shear stiffness and less support to the kinking of the 0째 layers. Flexural fatigue tests at R = 0.1 were conducted on unidirectional carbon/epoxy specimens, on which the presence of voids shifted the S-N curves to shorter life due to an easier initiation of the delamination that lead to the final fracture [16]. A later study found, on the same type of material, a linear decrease of the number of cycles to failure (N) with void content (up to 3.6%) for constant load, but the data scatter was large [23]. The same loading conditions on a glass/epoxy fabric lead to a lower value of the stiffness plateau during fatigue life for larger void contents [14]. An in-depth study on glass/epoxy [0/45/-45] 3S laminates showed that, for the same applied load, a linear trend is observable between the fatigue life and the size of the largest defect present in the laminate, whereas no trend appeared to exist between fatigue life and global void content [24]. The life reduction under cyclic loading may be connected also to the presence of a single void in critical position, as resulted from a study on the inter-laminar tensile strength (ILTS) under fatigue [25].

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MODELING Several works have been done with the aim to model the influence on voids on the mechanical properties of composite materials. Models based on finite elements method, by far the most used, were proposed to calculate the stress concentration factor in presence of a void and the following tensile strength [20], to calculate the ILSS in presence of a single void [10], to analyze the shear strength [26] and to study the decrease of elastic properties as a function of void content [27,28], obtaining good agreement with experimental results through the study of a unit cell [27]. Some analytical models too were developed in literature, in particular to describe the transverse crack evolution in cross-ply laminates (model based on the statistical distribution of the transverse strength) [29], to justify the larger strain to failure in presence of voids under transverse loading (from a shear lag analysis) [2], to predict ILSS and flexural resistance (through a modification of Mar-Lin criterion) [13,17] and to study the effect of a single void at the crack tip on the fracture toughness [30]. CONCLUSIONS From the analysis of the scientific literature, it can be seen that the relations between voids and mechanical properties of composite materials have not been satisfactorily analyzed yet. For what concerns the static properties, the most investigated ones, although a large amount of experimental data is available, the results just give general trends, with a strong dependence of the sensitivity to voids on the material, and they are not conclusive. To consider the geometry, size and distribution of the voids instead of just their global content, as it was done in the large majority of the studies, could probably bring to an improvement in this direction. The influence of voids on the fatigue behavior, instead, has not been subjected to a deep investigation, in particular from the modeling point of view (almost no works are present on this theme), despite the fact that cyclic loadings can be found in many of the principal fields of applications of composites (aerospace, automotive, wind energy...). From the studies that have been carried out, it can be noted that voids have larger influence on the long-term properties compared to the static ones, since they strongly contribute to the damage initiation and evolution under cyclic loads. Another aspect that has been overlooked by the scientific literature is the relation between voids and manufactur-

ing cost: to produce a component using lower pressures and temperatures could bring to a larger void content, and therefore to lower mechanical properties, but also to cost savings, and researches should be carried out in order to establish the optimal manufacturing conditions, that are the one that lead to the best performance/cost ratio (fig.6). Within this frame, a research project was started by the Department of Management and Engineering of the University of Padova, that has been working for years on the experimental analysis and modeling activity on the fatigue behavior of composite materials, in collaboration with renown European and extra-European Universities. The project aims to establish quantitative relations not only between voids and fatigue behavior of composites, but also between process parameters and void content, size and shape. Once these relations are found, it will be possible to develop a model that relates the manufacturing cost to the long-term performances of the final component, a tool that, being the majority of the cost of a composite component due to the production process, could be particularly useful to industries for a cost-effective production.

All the mentioned figures refer to the italian version Fig.1: Elongated voids observed with optical microscope Fig.2: Pseudo-spherical voids observed with optical microscope Fig.3: Percentage reduction in tensile properties for 5% void content on carbon/epoxy UD [1] Fig.4: Linear trend between ILSS decrease (%) and void content Fig.5: Fatigue life reduction in presence of voids in tubular glass/epoxy specimens [21] Fig.6: Qualitative relations between manufacturing costs, void content and long-term performances of composite materials


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Michele Nacucchi, Samanta Chiozzi, Fabio De Pascalis - ENEA, Unità Tecnologie dei Materiali Brindisi

Una tecnica per studiare i nanocompositi La tomografia computerizzata può essere utilizzata con successo per individuare difetti all’interno di strutture nell’ordine del milionesimo di millimetro. Ecco alcuni esempi di applicazione su schiume polimeriche.

I

sistemi d’imaging mediante tomografia a raggi X sono concepiti per analizzare la struttura interna e la composizione di oggetti e per calcolare sezioni virtuali di essi. L’immagine finale della distribuzione spaziale del coefficiente di attenuazione dei raggi X è calcolata da misure della radiazione trasmessa dall’oggetto esaminato. La tomografia, pertanto, produce l’immagine desiderata solo indirettamente, attraverso un processo di calcolo. Per tale motivo, l’elaborazione automatica delle informazioni raccolte svolge un ruolo cruciale nella produzione dell’immagine finale e si parla quindi di tomografia computerizzata (CT).

Un tipico sistema CT per applicazioni industriali è costituito da un rivelatore bidimensionale e una sorgente che emette un fascio conico di raggi X che permettono l’acquisizione di una successione di immagini radiografiche, con una rivoluzione completa del porta-campioni rotante. A completamento dello strumento c’è un’unità di elaborazione dati per il calcolo, la visualizzazione e l’analisi dei risultati delle misure. I sistemi CT industriali possono essere classificati in base alla risoluzione spaziale raggiungibile, all’intervallo di misura e alla dimensione della sorgente, la macchia focale del tubo. I sistemi Macro-CT e Micro-CT sono usati per ana-

Fig.1: Per gentile concessione di GE Sensing & Inspection Technologies

Fig.2: Per gentile concessione di GE Sensing & Inspection Technologies

Fig.3: Sezione ortogonale virtuale, orthoslice, della prima schiuma nano-composita. La lunghezza del lato è pari a circa 0,8 mm

Fig.4: Sezione ortogonale virtuale, orthoslice, della seconda schiuma nano-composita. La lunghezza del lato è pari a circa 1,9 mm. La pressione usata nel processo di stampaggio era 8 volte più grande di quella della prima schiuma

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lizzare, rispettivamente, grandi e piccoli oggetti. La microtomografia può essere ottenuta utilizzando tubi a raggi X con macchia focale sufficientemente piccola (compresa tra 1 e 50 µm) e collocando l’oggetto vicino al fuoco, in modo da ottenere un ingrandimento geometrico maggiore (fig.1). Uno dei principali fattori limitanti la risoluzione di un sistema micro-CT è la dimensione della macchia focale che crea una penombra lungo i contorni, peggiorando la nitidezza dell’immagine (fig.2). Le sorgenti a raggi X con tubi a nanofuoco (cioè con una macchia focale minore di 1 µm) sono le più appropriate per ottenere risoluzioni spaziali sub-micrometriche, analizzando oggetti di piccola taglia. Il principale interesse della tecnica CT per le applicazioni industriali è l’indagine non distruttiva dei difetti e della composizione materiale dentro il volume della parte analizzata. Infatti, con la CT è possibile evidenziare variazioni di densità inferiori all’1%, permettendo quindi giudizi qualitativi sui difetti del materiale. Inoltre, i sistemi attuali sono in grado non solo di rivelare i difetti, ma consentono anche di trarre conclusioni circa le dimensioni e la distribuzione di tali difetti. In questo senso, una più alta risoluzione spaziale migliora la capacità di un sistema CT di eseguire analisi quantitative. Dall’inizio di quest’anno è attivo presso il Centro Ricerche ENEA di Brindisi un sistema a raggi X con tubo a nanofuoco dedicato alla tomografia computerizzata. Il sistema è un modello nanotom s prodotto da GE Phoenix, equipaggiato con un tubo a nanofuoco da 180 kV/15 W e munito di un sistema di movimentazione del campione con meccanica di alta precisione ed estremamente stabile (basamento in granito e tavola rotante su cuscino d’aria). Questo sistema nano-CT è stato acquistato nell’ambito di un grande progetto nazionale (centro di eccellenza per le TEcnologie e la Diagnostica Avanzata nel settore dei Trasporti –TEDAT) volto a dare un supporto alle imprese locali e dell’area mediterranea nei loro processi d’innovazione per accrescerne la competitività.


- Una tecnica per studiare i nanocompositi -

IL SISTEMA INSTALLATO PRESSO ENEA Il sistema nano-CT installato presso l’ENEA ha un notevole campo di misura e permette di analizzare campioni grandi fino 15 cm lungo la direzione principale. Naturalmente, se si osserva un campione grande, l’alta risoluzione è raggiungi-

bile solo eseguendo scansioni di porzioni del campione. La migliore risoluzione ottenibile è limitata fortemente dalla distanza relativamente grande rispetto alla finestra d’uscita del tubo, per evitare collisioni durante la rivoluzione del campione, e dalla maggiore potenza del tubo necessaria per penetrare oggetti voluminosi. Il grande campo di misura assicura uno spazio sufficientemente capiente per ospitare all’interno della camera del campione un sistema per prove meccaniche in situ. Così, il nanotomografo offre la possibilità di montare la macchina di prova Deben CT500 (fig. 5) con una cella di carico di 500 N. In particolare, è possibile eseguire test statici di trazione e compressione a temperatura ambiente e scansioni a differenti temperature (da – 20 °C a 50 °C). Si noti che un carico di compressione di 500 N su un campione cubico con uno spigolo di 10 mm corrisponde a una pressione di 5 MPa: diverse specie di tufo per costruzioni e alcune varietà di malte hanno una simile resistenza. Questi test forniscono un’immediata interpretazione delle proprietà meccaniche dei materiali e dei cambiamenti da loro subiti, se sottoposti a diverse condizioni di carico e temperatura. Come esempio esplicativo, le schiume og-

getto dello studio sono state compresse selezionando variazioni di deformazione pari a: 1%, 2%, 3%, 4% e 5%. Al termine di ogni singola prova, è stata eseguita una scansione per confrontare la struttura del campione a carico nullo con quella del campione compresso. La figura 6 mostra un’immagine del campione prima dell’inizio dei test meccanici e la corrispondente immagine al massimo livello di deformazione considerato (il quinto). La schiuma stretta tra le morse del sistema di prova è quella del materiale base, cioè della matrice priva del componente di rinforzo. Infine, la figura 7 mostra la curva sforzo/ deformazione relativa al campione considerato. La caduta del carico alla fine di ogni variazione di deformazione è dovuta al rilassamento della schiuma. L’acquisizione delle immagini ai raggi X comincia dopo un “ragionevole” tempo di rilassamento del campione. I precedenti esempi hanno lo scopo di illustrare alcune delle possibilità della tecnica della nano-tomografia da sola e combinata con i test meccanici in situ, nello studio di un particolare tipo di materiali compositi. RINGRAZIAMENTI Gli autori sono grati al Prof. Luca Andena e ai suoi collaboratori del Politecnico di Milano per aver fornito i campioni.

Schiuma polimerica - Materiale base 1 0,8

σ/σmax

APPLICAZIONE SU SCHIUME POLIMERICHE Di seguito viene descritto un esempio applicativo di questa tecnica su schiume polimeriche. La schiuma analizzata è un materiale nano-composito in matrice polimerica rinforzato con argilla, preparato presso il CellMat Laboratory dell’Università di Valladolid (in Spagna), nell’ambito di una collaborazione con il Dipartimento CMIC “Giulio Natta” del Politecnico di Milano. Le figure 3 e 4 mostrano una singola sezione virtuale di due schiume dello stesso materiale composito, ma ottenute con due differenti valori della pressione di stampaggio. Le caratteristiche principali di entrambe le strutture si notano facilmente: uno sguardo alla prima immagine rivela subito una distribuzione dei pori almeno bimodale, mentre la seconda immagine suggerisce una dimensione media dei pori più grande. Ognuna delle immagini rappresenta una parte dell’intero campione di schiuma. La risoluzione spaziale nominale è uguale a 8 µm nel primo caso e 11 µm nel secondo. Questa è calcolata come il rapporto tra la larghezza dei pixel del rivelatore (50 µm), fissata dal costruttore e l’ingrandimento geometrico (6,25 e 4,35 volte rispettivamente) che dipende dalla distanza fuoco – oggetto, selezionata dall’operatore. In entrambi i casi, la risoluzione è sufficiente a evidenziare le caratteristiche d’interesse e a permettere di eseguire analisi quantitative sui dati raccolti (per esempio la distribuzione del diametro equivalente dei pori o delle celle e il calcolo dello spessore medio delle pareti). Cercare di ottenere una risoluzione migliore non è necessario e può diventare addirittura controproducente. Questo apparente paradosso è causato dal più basso rapporto segnale/rumore conseguente a una più bassa corrente del tubo necessaria per ridurre la dimensione della macchia focale, nel tentativo di guadagnare una risoluzione più alta. La riduzione della corrente del tubo, e quindi del flusso di radiazione X, può essere compensato con un aumento del tempo di acquisizione per ogni singola proiezione radiografica. Ciò produce un allungamento del tempo totale di acquisizione. Tuttavia, è consigliabile contenere il tempo di scansione entro qualche ora per evitare fenomeni di deriva dovuti al riscaldamento del tubo e del campione.

0,6 0,4 0,2 0 0

Fig.5: Microsistema di prova per compressione installato nel tomografo nanotom s dell’ENEA. Una schiuma polimerica è stretta tra le morse del sistema

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ε%

Fig.7: Curva sforzo/deformazione della schiuma compressa

Fig.6: A sinistra: sezione virtuale ortogonale della schiuma tal quale; a destra: sezione virtuale ortogonale della schiuma compressa. La deformazione relativa rispetto al campione tal quale è del 5%, corrispondente a un accorciamento assoluto di 0,5 mm

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Michele Nacucchi, Samanta Chiozzi, Fabio De Pascalis - ENEA, Materials Technology Unit, Research Centre of Brindisi

A technique to investigate nano-composite materials The X-ray computed tomography can be used to detect defects in nanostructures. Some examples of application on polymeric foams.

X

-Ray Tomographic imaging systems are designed to analyze the objects structure and composition by examining them with X-ray radiation and by calculating virtual cross-sections through them. The final image of the attenuation coefficient spatial distribution is calculated from measurements of the radiation transmitted by the object. Tomography therefore yields the desired image only indirectly by calculation. For this reason, the processing of the collected information plays a crucial role in the production of the final image (computed tomography – CT). A typical CT system for industrial applications consists of a flat area detector and a cone beam source, enabling the acquisition of a series of slides of the object just with one revolution of the rotary table. The equipment is completed by a data processing unit for computation, visualization and data analysis of measurements results. Industrial CT systems can be classified on the base of their achievable resolution, measuring range and spot size. Macro CT systems are used for large objects measurement while micro CT systems for small ones measurement. Micro CT can be achieved using X-ray tubes with small focal spot sizes (being in the range 1 – 50 µm) and by positioning the object close to the focus; in this way a higher geometrical magnification is obtained (fig.1). One of the main limiting factors of the micro CT resolution is the focal spot size which causes a geometric unsharpness in the image (fig.2). X-ray sources with nanofocus X-ray tubes (i.e. focal spots smaller than 1 µm) are the most appropriate for achieving sub-micron spatial resolutions by scanning object of smaller size. The main interest for the industrial application of CT is the non-destructive analysis of faults and of the material composition inside the volume of the scanned part. Indeed, CT is able to detect density variation less than 1%; hence, qualitative statements on material defects can be made. Furthermore, current CT systems are not only able to detect de-

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fects, but can also make statements about their size and distribution. In this context, a better spatial resolution improves the ability of a CT system to perform quantitative analysis. Very recently in the ENEA Research Centre of Brindisi a nanofocus X-ray system for CT was installed. The system is a GE phoenix nanotom s equipped with a 180 kV/15 W high performance nanofocus X-ray tube and precision mechanics for extremely high stability (granite manipulator and precision rotary table on air bearings). This nano-CT system was acquired in the framework of a big national project (TEDAT) aimed to support local and Mediterranean enterprises in their innovation processes and competitiveness. APPLICATIONS ON POLYMERIC FOAMS An example of application of this technique on polymeric foams is described in this paper. The foam material is a nanoclay-polymer composite prepared at the CellMat Laboratory from the University of Valladolid, Spain, in a cooperative research with the Department CMIC “Giulio Natta” of the Politecnico in Milano. Figures 3 and 4 show a single virtual section of two foams of the same composite material but produced by using two different values of the pressure in the injection moulding process. The main features of the structure of both the foams are easily noted: a glance at the first image reveals a multimodal size pore distribution, whereas the second image suggests a larger average pore

Research Centre ENEA of Brindisi

size. Each image represents a small part of the whole foam. The nominal spatial resolution is equal to 8 µm in the first case and 11 µm in the second one; it is computed by the ratio between the pixel pitch of the detector (50 µm) given by the manufacturer and the geometric magnification (6.25 times and 4.35 times respectively), depending on the focus – object distance, selected by the operator. In both the cases, the resolution is sufficient to clearly highlight the features of interest and to perform quantitative analyses of the collected data (e.g. the sizes distribution of the cells or pores and the average wall thickness). Attain a better spatial resolution is not necessary and could worsen the image quality. This paradoxical result is due to a lower signal to noise ratio resulting from a smaller tube current needed to reduce the focal spot size, in order to attain a better resolution. The reduction of the tube current, and hence of the x-ray flux, can be compensated by an increase of the frame time during acquisition. This causes an increase of the total acquisition time; however, it is preferable to keep the scan time within few hours in order to avoid drift phenomena due to the warming of both the tube and the sample. THE SYSTEM INSTALLED IN ENEA The nano-CT system installed in ENEA has a noticeable measuring range giving the possibility to analyze samples as large as 15 cm along their main direction.


ROP

- A technique to investigate nano-composite materials Of course, if a large object is observed, high resolution can be attained by performing scans of subregions of the sample. Anyway, the better resolution is strongly limited by the distance from the exit window of the tube in order to avoid collisions during the sample revolution and by the high tube power needed to penetrate large objects. The large measuring range gives enough room to house a mechanical testing stage within the sample chamber. Thus, this system offers also the possibility of performing in situ mechanical tests thanks to the presence of the Deben test machine CT500 (fig.5) with a load cell of 500N. In particular, it is possible to execute tensile and compression static tests at room temperature and to scan specimens at different temperature (-20 °C to +50 °C). Note that a compression load of 500 N on a cubic sample of 10 mm side length corresponds to a pressure of 5 MPa: some rocks used for construction and some class of mortars have such a strength. These tests provide an immediate interpretation of the mechanical properties of materials 8:59 and their change 23-02-2009 Pagina 31under different loading and temperature conditions.

As an explanatory example, the foams object of the study have been compressed at different strain levels, in order to highlight the most relevant deformation mechanisms. Samples have been compressed using steps of deformation equal to: 1%, 2%, 3%, 4% and 5%. At the end of each step a scan has been carried out in order to compare the unloaded structure with the compressed ones. Figure 6 shows an image of the sample with no load and the corresponding image related to the maximum (fifth) level of deformation considered. The foam tighten by the jaws of the compression stage is that one of the basic material, i.e. matrix without the stiffening component. Figure 7 shows the stress – strain curve for the same sample. The drop of the load at the end of each deformation step is due to the relaxation of the foam. The acquisition of X-ray images begins after a “sufficient” relaxation time. The previous examples are aimed to illustrate some of the abilities of the nano-tomography technique alone and combined to the in situ mechanical tests in the study of a particular type of composite materials.

I.R.O.P. di F.lli Zanacca snc

Via Martiri della Liberazione, 107/A – 43100 Vicofertile (PR) – ITALY tel.+39 0521 992968/9 – Fax +39 0521 992379 e-mail: irop@irop.191.it www.irop.it

ACKNOWLEDGEMENTS The authors are grateful to Prof. Luca Andena and his colleagues of Politecnico in Milano for providing the samples.

All the mentioned figures refer to the italian version Fig.1: By courtesy of GE Sensing & Inspection Technologies Fig.2: By courtesy of GE Sensing & Inspection Technologies Fig.3: Virtual cross section, orthoslice, of the first nano-composite foam. The side length is about 0.8 mm Fig.4: Virtual cross section, orthoslice, of the second nano-composite foam. The side length is about 1.9 mm. The pressure of the injection moulding process was 8 times greater than that of the first foam Fig.5: Deben microtest compression stage installed at the ENEA nanotom s system. A polymeric foam is tighten by the jaws Fig.6: On the left: virtual cross section of the unloaded foam; on the right: virtual cross section of the compressed foam. The relative deformation with respect to the unloaded sample is 5%, corresponding to an absolute decrease of 0.5 mm Fig.7: Stress – strain compression curve of the foam Nata nel 1956, da molti anni IROP progetta e realizza

AUTOCLAVI PER MATERIALI COMPOSITI Le autoclavi a chiusura rapida IROP sono progettate e costruite secondo la Direttiva 97/23/CE “PED”e riportano la marcatura “CE”. Esse vengono realizzate in svariate dimensioni secondo le “specifiche” del cliente e trovano largo impiego in diversi settori industriali da quello aeronautico e spaziale a quello automobilistico e sportivo in generale. Nella costruzione IROP si avvale dei più moderni criteri tecnologici. IROP ha inoltre recentemente ottenuto anche la Licenza di Costruzione Cinese per l’esportazione diretta in detto paese.

Compositi

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Il “dottore” dei compositi Da quando sono stati ingegnerizzati per applicazioni strutturali, i materiali compositi necessitano di controlli di qualità specifici. Ne abbiamo parlato con Luca Limena, General Manager di Vetorix Engineering. Di che cosa si occupa Vetorix? Vetorix si preoccupa di verificare e validare i processi di produzione del materiale composito, attraverso l’analisi non distruttiva dei prodotti finiti verificando che all’interno della struttura non siano presenti delle discontinuità che possano in qualche modo compromettere o pregiudicare la funzionalità della struttura stessa. Difetti strutturali quali per esempio, voids, delaminazioni, ovvero qualsiasi tipologia di discontinuità strutturale potrebbe impedire al materiale di resistere,per esempio ai carichi per cui è stato progettato. Diventa quindi molto importante riconoscere e poter localizzare tutte quelle “imperfezioni o anomalie” che possano mettere a rischio la vita del dato componente una volta posto in esercizio. Il mio compito è quello di identificare le migliori procedure di analisi tenendo conto della specificità della struttura in esame, e soprattutto di valutare assieme al cliente quali possano essere i criteri di accettabilità finali da utilizzare per la selezione del materiale. Esiste un quadro di riferimento normativo? Le norme sono poche e anche difficili da emanare. Ci sono troppe applicazioni differenti, troppe tecnologie oltre che troppi materiali: il mondo dei compositi è in continuo fermento e non è facile per il normatore rincorrere queste continue innovazioni. Uniformare una realtà, come i materiali compositi, significherebbe emanare norme che, proprio per la loro generalità, non potrebbero essere applicate con efficacia. Per questo diventa importante la parte di consulenza preliminare: per definire per ogni tipo di materiale o processo quali siano le criticità e sulla base di queste capire quale sia il metodo più consigliato per procedere con la sua diagnosi. Non dimentichiamo che i metodi di controllo non distruttivo sono di tipologie differenti. Si tratta dunque di definire quale, tra le diverse tecniche, sia la più indicata per rilevare eventuali discontinuità. Le norme quali indicazioni forniscono a riguardo? I compositi nella loro molteplicità possono essere definiti materiali “artigianali” e dunque anche il loro controllo se non distruttivo deve essere customizzato.

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Compositi

Non esiste uno standard preciso. Piuttosto esistono delle norme per le metodologie più utilizzate, per esempio l’esame ultrasonoro, che fungono da linea guida per il setting delle apparecchiature e l’approccio sistematico all’esame, inoltre indicano e descrivono l’applicabilità di tale metodo di controllo in riferimento ad un particolare prodotto o processo. Il consulente è colui che, considerata l’applicabilità di una o più normative, la mette a confronto con la propria esperienza e procede a customizzare la strategia d’ispezione mirando sempre a massimizzare il fattore POD (Probability of Detection) ovvero ottimizzare la rilevabilità di eventuali difettologie, e chiaramente i casi sono talmente specifici da non poter essere trattati in una singola normativa. Spesso si ricorre all’utilizzo di più metodologie di controllo di modo da confermare in maniera più precisa presenza e posizione di eventuali difettologie, chiaramente questo implica un’ottima preparazione del personale tecnico e strumentazioni all’avanguardia. La raccolta negli anni di tutte queste “applicazioni specifiche”, note come “Procedure Tecniche”, va fondamentalmente a formare il nostro know-how. Come è nata questa vocazione? È stato un vero “technology transfer” dall’esperienza maturata sui metodi di analisi per la produzione di componenti in metallo ai materiali compositi. Un passaggio realizzato trasferendo, appunto, il know how nell’applicazione di tecniche di indagine già standardizzate per l’ispezione di materiali metallici e ri-

adattandole al caso dei materiali composti valutando con estrema attenzione i vari processi di produzione e le difettologie tipiche che sono chiaramente differenti da quelle dei metalli. Si possono fare delle categorie di massima? Le classificazioni che sono solito fare sono due. La prima riguarda le applicazioni, per esempio aerospace – automotive – racing – marine, etc. Tuttavia, la suddivisione più importante riguarda il processo di produzione. Infatti, il componente prodotto in autoclave pre-preg avrà una certa criticità che deriva dalla richiesta di determinate performance, quindi la necessità è quella di rilevare i difetti molto piccoli, in taluni casi devono essere proprio assenti. Nel caso di un componente realizzato in RTM, certamente più grande e con i criteri di progettazione talvolta meno stringenti, invece, l’approccio al controllo sarà diverso, anche perché solitamente la scelta del processo RTM si basa su una produzione seriale. I nostri controlli sono mirati principalmente all’identificazione delle principali difettologie di processo, al loro dimensionamento e caratterizzazione, queste informazioni sono fondamentali per i reparti di Ingegneria di Progettazione (che possono contare su valutazioni reali dei componenti e non solo simulazioni numeriche), e soprattutto per l’Ingegneria di Produzione al fine intervenire sui parametri di processo per eliminare le imperfezioni rilevate. Quindi, con i controlli non distruttivi si può garantire la stabilità e oggettivare la qualità di un processo di produzione.


- Il “dottore” dei compositi C’è una stretta collaborazione con le aziende? La collaborazione è la chiave di partenza. Occorre subito far capire quanto ho precedentemente precisato, ovvero che la nostra figura e l’attività che svolgiamo è principalmente mirata alla conoscenza puntuale del prodotto (intesa chiaramente come qualità del materiale) attraverso la quale si esercita un controllo del processo di produzione, in secondo luogo dobbiamo anche decidere se il pezzo è scarto o meno basandoci sui criteri di accettabilità prestabiliti. I materiali impiegati per componenti meno performanti avranno bisogno di uno standard di accettabilità? Si, generalmente tutta la componentistica strutturale a prescindere dalla funzione necessita di un criterio di accettabilità, chiaramente minore è la criticità meno stringente sarà la selezione. Per l’accessorio solitamente tali tipi di indagini non vengono richieste, anche per problemi di costi. In questi casi infatti è l’estetica che conta, non tanto la funzione. Questo discorso vale anche per settori come il building dove vengono impiegati materiali strutturali di grande consumo? Man mano che sorge l’esigenza si va a trovare il metodo per verificare che la qualità del pezzo corrisponda a quanto richiesto dal progetto. Quindi anche in questo campo ci si preoccupa di trovare norme esterne a supporto, per fornire la certificazione sull’attività di costruzione. In generale, ci si muove sempre di più verso la certificazione anche del processo, di conseguenza anche dei materiali per quanto possano essere specifici e diversi nelle applicazioni. Può farci qualche esempio? In particolare, sto collaborando con il RINA, che si occupa delle certificazioni in ambito nautico. Per le imbarcazioni il cantiere costruttore deve garantire

che lo scafo, che ne costituisce la struttura portante, sia stato realizzato a regola d’arte e la qualità per un certo numero di anni. L’ispettore del Registro Navale deve obbligatoriamente seguire la realizzazione dello scafo, verificando tutti i vari step di produzione a partire dalla scelta dei materiali fino ai test finali in mare. Poiché questo non è sempre possibile, l’ispettore deve potersi tutelare utilizzando tecniche di controllo non distruttivo per oggettivare la qualità dello scafo dopo la sua costruzione. A questo proposito RINA come altri Registri navali oltre ad aver messo a punto regolamenti per la progettazione/costruzione degli scafi, si deve preoccupare di definire nel dettaglio quali sono le attività di controllo non distruttivo riconosciute e come esse devono essere condotte (dalla scelta del metodo di controllo, alla certificazione dl personale che esegue i test, ai criteri di accettabilità finali), è proprio dalla discussione di questi aspetti tecnici con RINA che è nata tale collaborazione, si noti comunque anche l’impegno da parte di alcuni noti cantieri italiani nel voler supportare questo tipo di sviluppo normativo al fine di poterne beneficiare nel lungo periodo. Il nostro target è quello di voler standardizzare per quanto possibile metodi e tecniche di controllo e mettere in condizione i cantieri di poter valutare oggettivamente la qualità dei loro prodotti, nonché tutelare l’utilizzatore finale della struttura il quale deve poter contare su procedure di controllo certificate che gli permettano di capire lo status in cui versa la parte strutturale dell’imbarcazione e quindi pianificare correttamente la manutenzioni gli interventi di ripristino e quant’altro necessario. Un altro esempio è il settore automotive, nel quale sono coinvolto dal 2007, relativamente al progetto “Aventador” di Automobili Lamborghini. Negli ultimi 6 anni sono state messe a punto tecniche specifiche per i controlli non distruttivi dell’assieme monoscocca (telaio principale) prodotto totalmente in fibra di carbonio in modo tale da monitorare

sia la produzione interna dei vari componenti, che la componentistica proveniente da fornitori esterni. Il nostro contributo è stato chiaramente limitato allo specifico tema dei controlli non distruttivi che però ha beneficiato dell’interconnessione ai reparti di produzione e ingegneria creando un vero e proprio sistema per il controllo qualità. L’esempio è degno di nota in quanto Lamborghini, oltre al controllo in linea di produzione ha studiato una strategia di assistenza post-vendita senza precedenti, almeno per quel che riguarda lo specifico di vetture di serie con scocca in carbonio. Infatti nel caso di vetture incidentate in cui si supponga un danno alla scocca, è prevista la possibilità di riparare “on site” gli eventuali danni (se giudicati riparabili), preludio di un intervento di riparazione è la diagnosi dei danni subiti, ed è qui che interveniamo noi andando in loco ad analizzare con i test non distruttivi le parti incidentate. Sulla base dei dati che forniamo,ovvero del nostro report finale (la diagnosi), il reparto di ingegneria di Lamborghini mette a punto la specifica di riparazione (la cura), in conseguenza a questo mini-processo di assistenza veniamo simpaticamente definiti “Flying Doctors”. Cosa ci si auspica per un prossimo futuro? La carenza di norme comincia a diventare un problema, i settori nei quali i materiali compositi vengono impiegati per scopi strutturali crescono sempre più, diventa quindi sempre più necessaria una linea guida internazionalmente riconosciuta. Attualmente i controlli vengono effettuati su base volontaria, un approccio non più sostenibile dal momento che non tutti hanno la stessa “sensibilità” sul controllo qualità finale. A volte il motivo del controllo è l’esigenza del costruttore di tutelarsi da successive contestazioni, invece dovrebbe essere predominante l’aspetto riguardante la sicurezza dell’utilizzatore finale. Altre volte è semplice ignoranza, nel senso che semplicemente non si conosce l’esistenza di certe tecniche diagnostiche, in tal senso una standardizzazione internazionale sortirebbe un duplice effetto nello stimolare la “notorietà” di tali attività diagnostiche ma soprattutto di aiutare gli addetti ai lavori a sviluppare procedure di ispezione sempre più efficaci. Penso, infine, che oggigiorno ci sia molto interesse allo sviluppo dei processi di produzione destinati alla mass production, settori aeronautico e automotive in primis, ci si orienterà quindi a minimizzare i tempi ciclo di produzione e chiaramente i costi di produzione caleranno, mettendo in condizioni molti nuovi soggetti di cimentarsi nella realizzazione di composito strutturale, ed in quel momento sarà fondamentale avere standard di riferimento per i vari settori e applicazioni.

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NETZSCH

Controllo della reticolazione nei compositi: l’analisi dielettrica La produzione di compositi a base di resine termoindurenti è soggetta alla continua richiesta di cicli lavorativi rapidi, soprattutto per quelle tecnologie “fuori autoclave” come il resin transfer molding (RTM). Il controllo della reattività della resina in ogni fase del processo è fondamentale per definire un metodo produttivo che garantisca parti completamente reticolate nel più breve tempo possibile. Le tecniche termoanalitiche come la calorimetria differenziale e scansione (DSC) e l’analisi dielettrica (DEA) sono comunemente usate per diversi scopi, dalla formulazione delle resine al controllo delle proprietà meccaniche del composito finale. Il metodo L’analisi dielettrica permette di seguire in continuo il processo di polimerizzazione dei termoindurenti, rilevandone la variazione delle proprietà dielettriche. Questa tecnica trova il suo impiego sia in laboratorio, sia direttamente in linea di processo. In un’analisi DEA, la resina, inizialmente non reticolata, viene messa a contatto con due elettrodi integrati in un unico sensore. Un voltaggio sinusoidale controllato viene applicato e in risposta vengono misurate la corrente risultante e il suo sfasamento, correlati con la mobilità ionica (nota anche come “conduttività ionica”) e con l’allineamento dei dipoli nella resina. Infatti, nel corso della reticolazione la viscosità del materiale aumenta e di conseguenza diminuisce la mobilità delle cariche in esso presenti. Questo provoca l’attenuazione dell’ampiezza e l’aumento di fase del segnale in uscita. Il coefficiente dielettrico, εr, che descrive questo segnale risultante, comprende una parte reale (εr’, permittività) e una immaginaria (εr’’, fattore di perdita). Quest’ultima è proporzionale alla conduttività ionica, σ, che è l’inverso della viscosità ionica, il parametro riportato dall’analisi. La soluzione NETZSCH Analyzing & Testing ha progettato una serie versatile di soluzioni DEA, per seguire ogni fase del processo produttivo dei compositi. Il nuovo sistema DEA 288 Epsilon ope-

a

a , b – Fig.1: Esempi di sensori per la DEA 288 Epsilon: sensore IDEX, impiantabile, e sensore Tool Mount Sensor (TMS), riutilizzabile

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ra applicando un ampio spettro di frequenze (fino a 1 MHz) e con rapida velocità di acquisizione dei dati (< 5 ms). Lo strumento può essere equipaggiato con due tipi di sensore: impiantabile (usa e getta) o riutilizzabile. Un tipico sensore del primo tipo è il cosiddetto IDEX (Interdigitated Electrode), caratterizzato da una serie alternata di anodi e catodi disposti su un substrato inerte e sottile. I sensori riutilizzabili (TMS, tool mount sensors) possono essere integrati in uno stampo, per il monitoraggio della reticolazione all’interno di una cavità. Questi sensori, meccanicamente e termicamente robusti, hanno una termocoppia integrata e garantiscono un lungo tempo di vita operativo (fig.1). La DEA 288 Epsilon è disponibile in due versioni, una per il laboratorio e una per il controllo diretto in linea produttiva, che supporta fino a 16 canali (per altrettanti sensori) operanti in parallelo. Questo tipo di configurazione è ideale per seguire il decorso della reticolazione tra i diversi strati del composito o per monitorare il fronte del flusso di resina durante il processo di infusione. Per studi più avanzati, è possibile estendere lo strumento con diversi accessori, come la fornace da laboratorio, la lampada UV (per studi di reticolazione foto-indotta) e la pressa pneumatica a laboratorio, che permette di simulare in piccola scala il processo di stampaggio (fig.2). Applicazione Nel processo RTM, una miscela di resina liquida, indurente e catalizzatore viene iniettata in uno stampo già contenente le fibre preformate. Una volta terminata la reticolazione, lo stampo viene aperto e il pezzo prodotto viene rimosso. L’uso di sensori DEA nella cavità permette di controllare l’intero processo e di stabilire i tempi ottimali di apertura dello stampo. Più sensori IDEX possono essere posizionati tra i diversi strati del laminato, in modo da monitorare prima l’uniformità di riempimento dello stampo e quindi il completamento della reticolazione. Un volta ottimizzato il processo, per controllare in continuo la produzione, si può passare all’uso dei sensori integrati e riutilizzabili (TMS), più economici.

b


di Andreas Spörrer, Stephan Knappe, Stefan Schmölzer NETZSCH-Gerätebau GmbH, Selb, Germania Chiara Baldini - NETZSCH-Gerätebau GmbH, Verona, Italia

Focus sulla Reticolazione

Le curve in figura 3 descrivono l’andamento della viscosità ionica in funzione del tempo, registrata ponendo due sensori IDEX sugli strati esterni e uno internamente al laminato. Il segnale più elevato si ha per lo strato intermedio (curva rossa), a causa del ritardo nel trasferimento termico, che parte dalle pareti dello stampo: quando gli strati esterni sono già caldi, quello interno è ancora freddo e quindi più viscoso. Una volta innescatasi la reticolazione, il rilascio di calore aumenta la temperatura dello strato, accelerando così il processo stesso. Alla fine della misura, le tre curve raggiungono lo stesso livello: questo valore fornisce all’operatore un’informazione precisa sul tempo ottimale di apertura dello stampo e di rilascio del pezzo finito. Conclusioni L’analisi dielettrica, DEA, è un metodo efficace che supporta i tecnici coinvolti nello sviluppo di nuovi materiali compositi e delle loro applicazioni, perché permette di controllare direttamente e in continuo il processo di reticolazione dei termoindurenti. Le versatili soluzioni DEA sviluppate da NETZSCH si inseriscono in ogni fase della lavorazione dei compositi, dalla formulazione delle resine, passando attraverso la prototipazione, fino al vero processo produttivo su larga scala.

Fig.2: Versione da laboratorio della DEA 288 Epsilon, completa di fornace, lampada UV e pressa pneumatica riscaldata

Controllo della reticolazione di resine termoindurenti mediante Analisi Dielettrica (DEA)

· · · ·

Sviluppo della formulazione di resine Monitoraggio della reticolazione, ad esempio durante la produzione di un composito Ottimizzazione dei parametri di processo Controllo del fronte di flusso

ito gratu ri per o i r a e in Web A di Polim vi ora e E a D istr t 847 lisi „Ana anti” Reg 10 n om/ ipi Princ netzsch.c . www

NETZSCH-Gerätebau GmbH Via Albere, 132 37137 Verona (VR) Italy Tel.: +39 045 862 6301 Fax: +39 045 862 6309 info.niv@netzsch.com

Fig.3: Curve DEA per un processo RTM, misurate con 3 sensori IDEX posizionati ciascuno nelle parti superiore, inferiore e centrale di un laminato

Sensore IDEX nella Fornace da Laboratorio per la DEA 288 Epsilon

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Silvio Pappadà, Andrea Salomi, Riccardo Gennaro, Alessandra Passaro - Consorzio Cetma Gaetano Micelli

Alternative all’autoclave L’incremento dell’impiego dei compositi sta spingendo l’industria verso tecnologie Out-of-Autoclave. Un trend che riguarda tutti i settori di applicazione e che però richiede lo sviluppo di metodologie consolidate per l’ottimizzazione del rapporto costi/prestazioni dei componenti strutturali.

I

l processo di cura in autoclave è il più utilizzato per la produzione di componenti strutturali in materiale composito. Questa tecnologia ha dei limiti, quali gli elevati tempi ciclo e costi iniziali e ricorrenti di processo, che hanno portato molti ricercatori e industrie a considerare differenti tecnologie Out-of-Autoclave (OoA). Per questo motivo, negli ultimi anni, sono state sviluppate diverse tecniche di processo in sostituzione a quelle dell’autoclave da parte di ricercatori e personale tecnico delle aziende [1-2]. Anche se vi sono numerosi esempi dell’utilizzo di queste tecnologie a livello industriale e su scala di laboratorio, mancano ancora le metodologie consolidate per l’ottimizzazione del rapporto prestazioni/costi dei componenti in composito strutturale. Infatti, mentre la tecnologia dell’autoclave è molto versatile e può essere applicata per un vasto campo di materiali, forme, applicazioni, a patto di definire in modo appropriato i cicli di cura, la geometria degli stampi e le fasi di laminazione, le tecnologie OoA spesso rivestono una possibilità di successo ciascuna per un campo più ristretto di applicazioni. Di seguito si riporta una descrizione dei principali risultati conseguiti per diverse tecnologie OoA. STAMPAGGIO A COMPRESSIONE DI COMPOSITI TERMOPLASTICI Lo stampaggio a compressione non isotermo dei compositi termoplastici è uno dei processi OoA più sfruttati, in quanto permette di avere bassi tempi ciclo e piena automazione. Il principale limite di questa tecnologia riguarda le difficoltà che si incontrano per la produzione di componenti di forma complessa. Infatti, per i compositi termoindurenti è possibile applicare la forza di formatura direttamente sul singolo ply nello stampo. Invece in un ciclo di termoformatura i ri-arrangiamenti delle fibre sono controllati in modo indiretto mediante dei dispositivi quali telai e sistemi di molle. Per la produzione di componenti di forma complessa Cetma si avvale della tecnologia del rubber forming, che combina alcuni vantaggi dello stampaggio a compressione match-die e dello stampaggio mediante membrana flessibile. Nella tecnica del rubber forming uno dei semistampi metallici è sostituito

Fig.1: Principali tecnologie Out-of-Autoclave in fase di sviluppo presso il Cetma con uno stampo deformabile, appunto in gomma. In figura 2 è possibile osservare una rib in composito termoplastico PPS-carbonio realizzata con la tecnologia del rubber forming. Cetma ha messo a punto una metodologia per la progettazione del processo rubber forming, sviluppando importanti tool per la progettazione di stampi e sistemi di tensionamento della preforma. SALDATURA A INDUZIONE IN CONTINUO DI COMPOSITI TERMOPLASTICI Lo sviluppo di nuove tecniche per la giunzione di compositi termoplastici, caratterizzata da elevata affidabilità, elevati volumi di produzione e alte performances, è uno degli aspetti chiave per l’utilizzo di questi materiali in settori quali l’aerospazio e dei trasporti. Cetma, in cooperazione con Sinergo, ha sviluppato una nuova macchina di saldatura ad induzione in continuo di compositi termoplastici. L’aspetto innovativo di tale attrezzatura consiste nell’integrazione di un innovativo sistema di controllo e regolazione che permette di avere una distribuzione di temperatura ottimizzata per differenti materiali e geometrie da saldare. Questa innovazione, conseguita grazie ad attività di simulazione numerica e sperimentali, ha permesso la realizzazione di giunzioni con elevate proprietà meccaniche ed affidabilità. In figura 3 è possibile osservare uno stiffened panel in PPS-carbonio, in cui gli stringers a L

Fig.2: Rib in composito termoplastico

Fig.3: Stiffened panel in PPS-carbonio realizzato mediante induction welding

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- Alternative all’autoclave sono stati saldati a un pannello piano mediante saldatura a induzione. I test a compressione e a taglio effettuati su questo componente hanno rivelato un comportamento di post-buckling eccellente, dimostrando così le elevate performances delle giunzioni realizzate.

Fig.4: Struttura sandwich realizzata con prepreg OoA M56 distribuito da Hexcel e core in schiuma di PMI fornita dalla Rohacell

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PROCESSING DI PREPREG TERMOINDURENTI OOA I compositi strutturali sono principalmente realizzati a partire da pre-impregnati termoindurenti curati in autoclave utilizzando pressioni sino a 6-8 bar. La pressione aiuta il collasso e la rimozione dei volatili intrappolati tra le lamine, riducendo il contenuto di vuoti e garantendo la produzione di componenti con elevate performances. L’autoclave, però, presenta delle limitazioni in termini di volumi di produzione, investimenti iniziali e consumi energetici [4]. Per queste ragioni differenti prepregs OoA sono stati sviluppati a partire dagli anni ’90. Per questi prepreg in genere si fa riscorso alla sola pressione del vuoto per il consolidamento. Di conseguenza la principale criticità risulta proprio l’abbattimento del contenuto di vuoti. A tal proposito sono stati sviluppati diversi sistemi di resina a bassa viscosità in grado di sopportare

lunghe stasi intermedie a temperature elevate. Inoltre Cetma ha messo appunto delle metodologie ottimizzate per la definizione delle procedure di lay-up, degli stampi, di intensificatori di pressione e dei cicli di cura. In figura 4 è riportata una foto di una struttura sandwich di grosse dimensioni realizzata con prepreg OoA M56 distribuito da Hexcel e core in schiuma di PMI fornita dalla Rohacell (lettino per proton-terapia sviluppato da ITEL e Cetma). TECNOLOGIE AVANZATE DI LIQUID MOULDING Le tecnologie di liquid moulding, quali la tecnologia di resin transfer moulding (RTM), sono processi competitivi in termini di costi per la realizzazione di componenti in composito per diversi settori industriali. Una buona progettazione del processo di RTM porta alla fabbricazione di parti net-shape tridimensionali, permettendo la produzione cost-effective di parti strutturali su medi volumi [5]. Nuovi sistemi di resine e nuove tipologie di rinforzo sono stati sviluppati negli ultimi anni per permettere la realizzazione di parti strutturali con elevate percentuali di rinforzo ed elevate performance. Inoltre, un gros-


- Alternative all’autoclave so impegno è attualmente prodotto per superare alcuni limiti dell’RTM, come ad esempio la realizzazione di laminati a spessore elevato e di strutture ibride complesse. Il Cetma è attualmente impegnato nello studio del processo per la realizzazione di laminati a spessore elevato usando nuove tipologie di rinforzi e di resine, come le nuove resine benzoxazine sviluppate da Henkel per il processo RTM. Inoltre il Cetma sta svolgendo importanti attività per lo sviluppo di strutture ibride complesse, nelle quali componenti complessi realizzati integrando materiali differenti (composito, leghe metalliche) sono processati in un unico stadio mediante RTM. In figura 5 è possibile osservare un componente ibrido realizzato con processo RTM one-shot, nel quale un inserto di titanio è stato integrato in un laminato di composito carbonio-epossidico (matrice epossidica RTM6 e tessuto di rinforzo Hexforce G0926 prodotti da Hexcel). Modelli numerici per la simulazione di processo sono stati sviluppati e validati per giungere alla definizione di una metodologia di progettazione robusta per la produzione di strutture con rapporti performances-costi ottimizzati. SHEET MOULDING COMPOUND Lo stampaggio a compressione di compound in forma di fogli e bulk (SMC e BMC) è l’utilizzo di maggior successo e diffusione di compositi termoindurenti in differenti settori industriali, ad esempio l’automotive. Ciò perchè tale tecnica permette di avere componenti tridimensionali a basso costo e con prestazioni meccaniche soddisfacenti [6]. Inoltre, lo sviluppo recente di nuovi materiali SMC e BMC con maggiore contenuto di fibra, migliori proprietà di flusso in stampi complessi, nuovi sistemi di resina con ridotti tempi di cura, migliorate performance, ha permesso la diffusione di questo processo in nuovi settori industriali avanzati. In figura 6 è possibile osservare un puntale per calzature di protezione sviluppato da Cetma e Base Protection Srl, realizzato con il nuovo materiale SMC VE-CF (matrice vinilestere-rinforzo in fibra di carbonio) prodotto da Polynt. ALTRI PROCESSI PER PREPREG TRADIZIONALI Il Cetma è coinvolto nello sviluppo di una metodologia di progettazione per l’ottimizzazione di processi cost-efficient, differenti dall’autoclave, per il processing di prepreg tradizionali, come l’utilizzo dei differenti coefficienti di espansione termica dei materiali degli stampi per l’applicazione della pressione di consolidamento. In figura 7 è possibile osservare un tubo in composito carbonio epossidico (realizzato utilizzando il prepreg AGP196PW prodotto da Hexcel). In questo processo è stato utilizzato uno stampo

maschio siliconico e due semi-stampi femmina in alluminio: il più alto coefficiente di espansione termica del silicone è stato utilizzato per generare una pressione di 6 bar per il consolidamento del prepreg. Anche in questo caso l’utilizzo delle simulazioni numeriche per determinare la pressione che si genera a differenti temperature è fondamentale per la definizione di un processo ottimizzato.

BIBLIOGRAFIA/REFERENCES

RINGRAZIAMENTI Le attività descritte in questo paper relative ai compositi termoplastici sono state condotte in parte nel progetto Eco-Fairs “Realizzazione di dimostratori strutturali in composito termoplastico per elicotteri”, finanziato nell’ambito del programma Clean-SKY. Gli autori inoltre intendono ringraziare Cetma Composites, Sinergo, Henkel e Polynt per la preziosa collaborazione.

[1] Bob Lacovara, “Why out of autoclave processing is good for the composites industry”, High Performances Composites (July 2013). [2] J. Schlimbach, A. Ogale, “Out of autoclave curing process in polymer matrix composites”, Manufacturing Techniques for polymer matrix composites” 2012, pages 435-480. [3] S. Pappadà et al. “Thermoforming of PPS-Carbon composite aeronautical components”, 5th Edition of Internetional Workshop on Thermoplastic Composites, Lecce (Italy) 2011. [4] G. Bond, “Taking the Pressure Off: Out-of-Autoclave Composite Prepregs, Past, Present, and Future”, Proceeding of Sampe Europe 2014. [5] S. Laurenzi et al. “Process simulation for a large composite aeronautic beam by resin transfer molding”, composites Part B: Engineering, Vol. 57, (2014) pages 47-55. [6] C. H. Park, W. I. Lee, “Compression mouldingin polymer matrix composites” Manufacturing Techniques for Polymer Matrix Composites (PMCs), Pages 47-94.

Fig.5: Componente ibrido realizzato con processo RTM one-shot

Fig.6: Puntale per calzature di protezione realizzato con il materiale SMC VE-CF prodotto da Polynt

Fig.7: Tubo in composito carbonio epossidico realizzato utilizzando la dilatazione termica di un core siliconico interno

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Silvio PappadĂ , Andrea Salomi, Riccardo Gennaro, Alessandra Passaro - Consorzio Cetma Gaetano Micelli

Alternatives to the autoclave The industry is looking more and more to Out-of-Autoclave (OoA) processing in order to fulfill the increase of the use of composites foreseen for the next years. This trend requires new methodologies for the production of cost-effective and high performances composites structures.

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raditional autoclave technology is the most exploited process for the manufacturing of structural composites components. This technology has its own limitations, like high process times, high initial and recurrent costs, which have motivated many researchers and industries to consider different out-of-autoclave (OoA) alternatives. In the last years number of autoclave substitutes have been developed and demonstrated by the technologists and researchers [1-2]. Even if there are several examples of the use of these technologies at industrial and lab scales, there is a lack of robust methodologies for the development of structural composite components with optimized performances/cost ratios. In fact autoclave technology is very versatile and can be applied to a large field of materials, shapes, applications by properly defining the curing cycles, the moulds geometry and the lay-up stages, while each of the OoA technologies is characterized by a real possibility of success for a reduced applications field. The main results achieved in different OoA technologies are afterwards reported. COMPRESSION MOULDING OF THERMOPLASTIC COMPOSITES The non-isothermal compression moulding of thermoplastic composites is one of the most exploited OoA processes, because it allows short process times and full automation. Instead the main limit of this technology is related to the problems arising with manufacturing of components with complex shape. In fact for thermoset composites it is possible to directly apply the forming forces to each fibre layer in the mould. Instead in a thermoforming cycle the rearrangements of the fibres have to be controlled by indirectly working technical devices like stamp, clamping frame, etc. For the manufacturing of components with complex shape Cetma uses the rubber forming technique, which combines some of the advantages of the matched-die forming and the rubber pressing technique. In the rubber forming technique one of the rigid metal dies of the matched metal-die forming

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method has been replaced with a flexible, rubber die. A PPS-carbon rib is visible in figure 2. Cetma developed a robust methodology for the design of the rubber forming process, developing important tools for the design of the moulds and of the preform clamping systems [3]. CONTINUOUS INDUCTION WELDING OF THERMOPLASTIC COMPOSITES The development of new techniques to join thermoplastic composites, characterized by high reliability, production rates and performances, is one of the key-factor for the exploitation of these materials in sectors like aerospace and transport. Cetma, in cooperation with Sinergo, developed a new induction welding machine for continuous welding of thermoplastic composites. The innovative aspect of this machine is related to the integration of a new control and tuning system to allow an optimized temperature distribution for different materials and geometries to be welded. This innovation, achieved thanks to numerical simulations and experimental activities, allowed the manufacturing of joinings with high mechanical properties and reliability. A photo of a carbon-PPS stiffened panel, in which the L-stringers were welded to the flat panel by induction welding, is reported in figure 3. The compression and shear tests carried out on this component revealed very good post-buckling behavior, thus proving the high performances of the joinings. PROCESSING OF OUT OF-AUTOCLAVE THERMOSET PREPREGS Structural composites are predominately manufactured from thermoset pre-impregnated materials which are cured in autoclave using pressures up to 6-8 bars. Pressure aids in the collapse and removal of entrapped volatiles, thus reducing the void content and providing materials with high performances. However, autoclave imposes limitations on production rate, high capital investment and low energy efficiency [4]. For these reasons different OoA prepregs were developed since

’90 which typically rely on vacuum bag pressure to consolidate the part. As a result, the main issue for this materials is the mitigation of voids. For this purpose low-viscosity resin systems able to withstand long intermediate dwells at high temperatures were implemented to remove entrapped volatiles from the prepreg composite. In addition Cetma developed robust methodologies for the optimized definition of lay-up procedures, moulds, pressure intensifiers and curing cycles. A photo of a large sandwich structure, made of M56 Hexcel OoA prepreg and Rohacell PMI foam (proton therapy medical bed developed by ITEL Telecomunicazioni S.r.l and Cetma), is reported in figure 4. ADVANCED LIQUID MOULDING TECHNOLOGIES Liquid moulding technologies like resin transfer molding (RTM) are cost-competitive processes to manufacture composite components for different industrial sectors. A good design for RTM process leads to fabrication of three-dimensional near-net-shape parts, offering production of cost-effective structural parts in medium volume quantities [5]. New resins systems and reinforcements were developed in the last years for the manufacturing of structural components with high reinforcement content and performances. However, a big effort is currently carried out to overcome some limits of RTM process, like for example the manufacturing of thick laminates, and to exploit the possibility to produce complex hybrid structures with this process. Cetma is currently involved in the study of the manufacturing process of thick laminates, using advanced resins and reinforcements like for example new benzoxazine resins for RTM produced by Henkel. Moreover important activities are carried out at Cetma for development of complex hybrid structures, in which complex components made of different materials (carbon composite, metal alloys) are manufactured with one-shot RTM process. A hybrid component made with one shot RTM process, in which a titanium insert is integrated within a cabon-epoxy


- Alternatives to the autoclave composite (epoxy matrix RTM6, reinforce Hexforce G0926 provided by Hexcel) is reported in figure 5. Numerical models for process simulation were developed and validated in order to set-up a robust design methodology and to produce structures with optimized performances-cost ratio. SHEET MOULDING COMPOUND The compression moulding of sheet and bulk moulding compounds (SMC and BMC) is the most successful and widespread application of fibre reinforced thermoset composites within different industrial sectors, like automotive industry. The reason for this is that the technique offers bulk composite manufacture at low cost, and produces a versatile product with sufficient mechanical properties [6]. Moreover in the last years new SMC and BMC systems were developed with higher fiber content, better properties of flux within complex moulds, new fast-curing resin systems, better performances, thus spreading the possibility of application of these materials to other advanced industrial sectors. A protective toe cap for safety shoes developed by Cetma in co-

operation with Base Protection Srl, manufactured with the new VE_CF SMC material (vinylester matrix-carbon fibre composite) produced by Polynt is reported in figure 6.

ACKNOWLEDGEMENTS The activities reported in this paper regarding thermoplastic composites were carried out in the framework of the eco-Fairs project “Manufacturing of structural fairings in thermoplastic composite for helicopters” founded in the “Clean-Sky” programme. The authors would like to acknowledge Cetma Composites, Sinergo, Henkel e Polynt for the precious cooperation.

OTHER PROCESS FOR AUTOCLAVE PREPREGS Cetma is involved in the development of a design methodology for the optimization of cost-efficient-out of autoclave manufacturing processes of traditional prepregs, like the use of the different coefficients of thermal expansion of mould materials for the application of the consolidation pressure. A carbon-epoxy composite tube manufactured with this process (using Hexcel AGP196PW prepreg) is reported in figure 7. A silicon male mould and two aluminium female semi-moulds were used for this process: the higher thermal coefficient of expansion of the internal silicon male mould was used to apply a consolidation pressure of 6 bars for prepreg consolidation. Also in this case numerical simulations to predict the consolidation pressure at different temperatures are fundamental for the proper design of the process.

All the mentioned figures refer to the italian version Fig.1: Main OOA technologies studied at Cetma Fig.2: Thermoplastic composite rib Fig.3: Induction welded PPS-carbon stiffened panel Fig.4: Large sandwich structure made of M56 Hexcel OoA prepreg and Rohacell PMI foam Fig.5: Hybrid component made with one shot RTM process, in which a titanium insert is integrated within a cabon-epoxy composite Fig.6: Protective toe cap for safety shoes manufactured with the VE_CF SMC material produced by Polynt Fig.7: Carbon-epoxy composite tube manufactured using a thermal silicon expansion core

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Simone Balilla, Matteo Gigante, Paolo Carlucci, Alfonso Maffezzoli - Dipartimento di Ingegneria dell’Innovazione, Università del Salento

Sviluppo e testing di un attenuatore di impatto Per la prossima edizione della Formula SAE il Salento Team Racing dell’Università del Salento ha sviluppato una nuova monoposto. Questa sarà dotata di un attenuatore di impatto con honeycomb aramidico dimensionato combinando prove quasi statiche e un test per caduta di grave.

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a formula SAE è una competizione internazionale organizzata dalla Society of Automotive Engineers (SAE), istituita nel 1981, che offre a team di giovani studenti universitari, provenienti da tutto il mondo, la possibilità di sfidarsi nella progettazione e nella produzione di una monoposto da competizione, valutata in base alla qualità della progettazione e dell’efficienza ingegneristica. Il Salento Racing Team nasce nel 2005, nella facoltà di Ingegneria dell’Università del Salento e sino ad oggi ha permesso ad oltre 150 studenti di partecipare a quest’esperienza coinvolgendo anche studenti delle facoltà di Fisica, Matematica ed Economia. In questi anni ha prodotto 5 monoposto che hanno preso parte alle competizioni internazionali di Formula Student UK, Germany, Spain e Formula SAE Italy, tra cui la SRT 11, primo prototipo italiano ad essere dotato di una monoscocca in fibra di carbonio [1], dopo che altri team italiani avevano precedentemente sviluppato monoposto con scocche ottenute assemblando pannelli in carboresina. Ad oggi il Salento Racing Team è nella fase di fabbricazione del suo ultimo prototipo, SRT 14, su cui verrà montato un nuovo attenuatore di impatto. Le vetture che partecipano a questo tipo di competizioni devono essere conformi al regolamento internazionale, Formula SAE Rules [2], pubblicato annualmente dalla SAE. Il regolamento prevede norme specifiche per la sicurezza dei piloti in caso di urto laterale o di ribaltamento e richiede un attenuatore di impatto, il dispositivo dissipatore di energia a protezione di un eventuale urto frontale, in grado di assorbire un’energia pari ad almeno 7350 J, con una decelerazione massima di 40 g e una media non superiore a 20 g. Gli attenuatori di impatto possono essere divisi in tre grandi categorie: scatolati in materiale metallico, a base di schiume polimeriche e con l’utilizzo di strutture honeycomb. In questo studio viene presentato lo sviluppo ed il testing di un attenuatore di impatto realizzato con honeycomb aramidico e caratteriz-

zato da un peso ridotto e da una nuova geometria che permette di migliorare l’aerodinamica della monoposto. Di seguito viene proposto un approccio sperimentale al dimensionamento e testing dell’attenuatore di impatto, composto da strati sovrapposti di pannelli costituiti da un’anima in honeycomb e skins in fibra aramidica, sviluppato combinando prove quasi statiche e dinamiche. MATERIALI E METODI L’attenuatore della monoposto SRT 14 [3] è stato realizzato usando un tessuto in fibra aramidica di kevlar 49 tipo tela piana da 190 g/m2 ed honeycomb di tipo NOMEX, formato da carta aramidica immersa in resina fenolica, con struttura a celle sovra-espanse (OX) entrambi forniti da Salver S.p.A.. In figura 1 è rappresentato il CAD 3D dell’attenuatore di impatto. È stato fabbricato usando la sovrapposizione di pannelli di dimensione variabile, ognuno laminato con un ply di kevlar impregnato per hand lay-up con resi-

na epossidica fornita da ELANTAS Italia S.p.A. Il pannello è laminato su 3 ply di fibra di vetro, grazie alle quali è imbullonato alla sezione frontale della monoscocca denominata Front Bulkhead, insieme ad una piastra regolamentata (Anti-intrusion Plate) realizzata in fibra di carbonio con lay up [(0/90/+45/-45)4]S. La resistenza strutturale del componente e della sezione della monoscocca sono state verificate con test statici e dinamici [4] realizzati presso l’Università del Salento ed il consorzio CETMA. Lo sviluppo del sistema è stato suddiviso in due fasi, una statica e una dinamica. Per la caratterizzazione statica di un singolo pannello sandwich, realizzato con un solo pannello con honeycomb di 18,4 mm di spessore ed skin in tessuto di kevlar laminati con resina epossidica, è stato usato il dinamometro METROCOM engineering dotato di una cella di carico da 300 kN. La prova di compressione quasi statica è stata effettuata impostando una velocità di avanzamento di 1mm/min con frequenza di campionamento di 2Hz.

Fig.1: Sketch dell’attenuatore di impatto

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- Sviluppo e testing di un attenuatore di impatto La caratterizzazione dinamica dell’intero attenuatore di impatto, comprensivo di piastra (Anti-intrusion Plate), è stata effettuata per caduta di grave (falling weight test),utilizzando un accelerometro posizionato sulla superficie superiore della massa impattante per la misura della decelerazione in funzione del tempo.

Fig.2: Risultati della prova di compressione su un singolo pannello sandwich

Fig.3: Risultati della prova di impatto: decelerazione in funzione del tempo

Fig.4: Risultati del test di impatto: energia in funzione dello spostamento

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RISULTATI Nel test statico vari pannelli di diverse dimensioni e con spessore totale pari a 18,5 mm sono stati posizionati su una piastra piana in acciaio e il carico di compressione è stato distribuito uniformemente tramite una piastra in acciaio a sezione circolare. Questo test ha l’obiettivo di determinare il carico massimo e l’energia assorbita da uno solo degli strati riportati in figura 1 per le differenti configurazioni dimensionali. Dalla curva forza-spostamento rappresentata in figura 2 è stata ricavata un’energia pari a 767 J ed una forza massima di 66 kN. Per la scelta del numero complessivo di strati da utilizzare nell’attenuatore di impatto si è ipotizzata una variazione lineare nei valori dell’energia assorbita in funzione del numero di strati usati nel test statico e dunque delle dimensioni del pannello sandwich. Per poter raggiungere l’energia di 7350 J prevista dal regolamento è necessaria la sovrapposizione di 11 pannelli, i quali sono in grado di assorbire un’energia pari a 7400 J. Il test dinamico è stato effettuato nei laboratori della CNH, Case New Holland di Surbo (LE). Il grave, con una massa di 265 kg, è stato posizionato ad un’altezza di 2,95 m rispetto alla superficie superiore dell’attenuatore di impatto, in modo da fornire un’energia pari a 7670 J. Grazie ad un sistema di rilascio automatico, il grave è lasciato cadere sull’attenuatore simulando l’impatto frontale della monoposto. I dati raccolti dall’accelerometro, filtrati con una funzione di smoothing [5] sono riportati in figura 3. La decelerazione massima ottenuta è di 24,96 g, valore inferiore ai 40 g imposti dal regolamento, e la decelerazione media è di 13,11 g, anch’essa inferiore ai 20 g massimi imposti dal regolamento. L’energia totale assorbita nell’impatto, calcolata integrando la forza espressa in funzione dello spostamento del grave, è pari a 7524 J, maggiore dei 7350 J minimi richiesti dal regolamento ma anche minore di quella stimata con soli 10 strati. In figura 4 è rappresentata la curva dell’energia in funzione dello spostamento ricavata dal test dinamico. La soluzione testata ha permesso di assorbire circa il 99% dell’energia fornita ed ha fornito dei risultati migliori di quelli ipotizzati con i risultati derivanti dalla prova statica. Nell’undicesimo strato, come riportato in figura 5, il layer inferiore ha subito un danneggiamento limitatissimo.


- Sviluppo e testing di un attenuatore di impatto Maximum deceleration [g] Average deceleration [g] Energy absorbed [J]

24.96 13.11 7524

Tab.1: Risultati del test di impatto CONCLUSIONI L’approccio progettuale proposto, benché fortemente semplificato, ha permesso di raggiungere gli obiettivi prefissati. L’Impact Attenuator che andrà ad equipaggiare la SRT 14 soddisfa tutti i requisiti del regolamento FSAE rules 2014, come riassunto in tabella 1, e dunque può essere omologato per le competizioni Formula SAE. RINGRAZIAMENTI Si ringraziano per il sostegno alla squadra ed il contributo ai test, i professori D. Laforgia e M.A. Aiello, l’ing. M. Sciolti ed i tecnici F. Montagnaed A. Leanza. Inoltre si ringraziano gli sponsor SALVER., ELANTAS Italia, SAATI, Consorzio CETMA, CNH - Lecce. ESE_E1_Bp210x148_12.pdf

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03/02/12

Fig.5: L’attenuatore dopo il test di impatto

09:49

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Simone Balilla, Matteo Gigante, Paolo Carlucci, Alfonso Maffezzoli - Department of Innovation Engineering, University of Salento

Development and testing of an impact attenuator For the next edition of Formula SAE the Salento Team Racing of the University of Salento developed a new racing car. It will be equipped with an impact attenuator made with aramid honeycomb obtained by combining quasi-static tests with a falling weight drop test.

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ormula SAE is an international competition organized by the Society of Automotive Engineers (SAE), established in 1981, it offers to team of university students from around the world the opportunity to compete in the design and production of a racing car. The cars are evaluated, besides to performances, according to the quality of design and engineering efficiency. The Salento Racing Team was founded in 2005, in the Engineering school at the University of Salento. Up to now, it has enabled over 150 students to participate in this type of experience involving students of the Faculty of Physics, Mathematics and Economics. In these 5 years cars that took part in the international competitions of the Formula Student UK, Germany, Spain and Formula SAE Italy were produced. Among these the SRT 11 was the Italian first prototype to be equipped with a monocoque carbon fiber [1], after other Italian team had previously developed single-seater with shells obtained by assembling carbon fiber reinforced laminates. Nowadays the Salento Racing Team is designing and manufacturing his latest prototype, SRT 14, in which the impact attenuator, object of this study, will be mounted. The cars participating in this type of competition must comply with international Formula SAE Rules [2], published annually by SAE. Under this scheme, specific rules are for the safety of drivers concern side and front impact or rollover. An impact attenuator, the energy absorber to protect a possible collision, must also be introduced in the car design. In particular it must be able to absorb an energy equal to at least 7350 J, with a maximum deceleration of 40 g and an average deceleration lower than 20 g. Impact attenuators can be divided into three categories: boxed shape made of metallic material, polymeric foams or with honeycomb structures. In this study it will be presented the development and testing of an impact attenuator made with aramid honeycomb and with improved properties compared to

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that presented in a previous study: it is in fact obtained a considerable weight reduction and a new geometry which improves the aerodynamics of the car. MATERIALS AND METHODS The Impact Attenuator of the SRT 14 [3] has been fabricated using a woven fiber Kevlar 49 type plain weave 190 g/m2 and NOMEX honeycomb type, consisting of aramid paper impregnated with phenolic resin, cell structure over-expanded (OX) both supplied by Salver SpA. Fig.1 shows the 3D CAD impact attenuator. The attenuator is manufactured overlapping panels of variable size, each one laminated with a ply of Kevlar impregnated, by hand lay-up, with an epoxy resin supplied by ELANTAS Italia SpA. The panel is laminated on three plies of mat fiberglass bolted to the front section of the monocoque called Front Bulkhead, together with an Anti-intrusion Plate (according to SAE rules) made of carbon fibers with layup [(0/90/+45 /-45)4]s. The structural strength of this part of the monocoque section was verified by static and dynamic tests [4] carried out at the University of Salento and the consortium CETMA. The development of the system has been divided into two phases, one static and one dynamic. For the static characterization of a single sandwich panel, made with only one panel with honeycomb of 18.4 mm thickness and a ply of kevlar fabric laminated with epoxy resin, a Metrocom dynamometer, equipped with a 300 kN load cell, has been used. The quasi-static compression test was performed by setting a crosshead speed of advancement of 1mm/min with sampling frequency of 2Hz. The dynamic characterization of the whole impact attenuator, including the Anti-intrusion Plate, was performed in a falling weight test, using an accelerometer positioned on the upper surface of the impacting mass for the measurement of deceleration as a function of time.

RESULTS Static tests were performed by placing various panels of different sizes and with a total thickness of 18.5 mm on a flat plate in stainless steel and the compression load was applied by means of a steel plate with a circular section. This test aims to determine the maximum load and the energy absorbed by only one of the layers shown for the different dimensional configurations. From the force-displacement curve shown in figure 2, an energy of 767 J and a maximum force of 66 kN was obtained. In order to determine the total number of layers for the Impact Attenuator, it was assumed a linear variation in the values of maximum the energy absorbed in the static test as a function of the number of layers. Therefore, in order to reach the energy of 7350 J, required by the rules, it is necessary the overlapping of 11 panels, which are able to absorb an energy of 7400 J. The dynamic test was carried out in the laboratories of CNH, Case New Holland Surbo (LE). A weight, with a mass of 265 kg, was positioned at a height of 2.95 m from the top surface of the impact attenuator, in order to provide an energy of 7670 J. Thanks to a system of automatic release the weight is dropped on the impact attenuator simulating the impact attenuator front of the car. The data, collected by the accelerometer and filtered with a smoothing function [5], are shown in figure 3. The maximum deceleration of 24.96 g,a value lower than 40 g, the threshold set by the SAE rules, and an average deceleration of 13.11 g, lower than 20 g, the threshold imposed by the rules, were obtained. The total energy absorbed in the impact, calculated by integrating the force expressed as a function of the displacement of the falling weight, is equal to 7524 J, larger than the 7350 J, the minimum required by rules. Figure 4 shows the curve of the energy as a function of the displacement derived from the dynamic test. The tested solution has allowed to absorb about 99% of the energy supplied


and provided improved results than those expected on the basis of the results obtained in the static test. The eleventh layer, as shown in figure 5, has suffered a very limited damage. CONCLUSIONS The proposed approach to the design of the impact attenuator, although very simple lead to reach the assigned objectives. The Impact Attenuator that will equip the SRT 14 complies all the requirements of FSAE rules 2014, according to the data summarized in table 1, and therefore may be approved for the Formula SAE competitions. ACKNOWLEDGEMENTS Prof. D. Laforgia and M.A. Aiello, lng. M. Sciolti and the technical staff F. Montagna and A. Leanza are kindly acknowledgements. SALVER, ELANTAS Italia, SAATI, Consorzio CETMA, CNH - Lecce are also acknowledged for the financial support.

All the mentioned figures refer to the italian version Fig.1: Impact Attenuator: 3D CAD Fig.2: Force-Displacement Curve Fig.3: Time- Deceleration Curve Fig.4: Energy-Displacement Curve Fig.5: The Impact Attenuator after the dynamic test Tab.1: Parameters characterizing the performances of the impact attenuator

BIBLIOGRAFIA/REFERENCES

[1] A. Taurino, M. Granieri, A. Maffezzoli, P.Carlucci “Monoposto formula SAE. Studio e realizzazione di componenti” ATA-Ingegneria dell’autoveicolo, vol. 66 n.3/4 p. 40-51 (2013) [2] FSAE RULES 2014, http://students.sae.org/cds/formulaseries/rules/2014_fsae_rules. pdf [3] S. Balilla - Fabbricazione e test di un Impact Attenuator per una vettura Formula SAE, Tesi di Laurea in Ingegneria Industriale, Università del Salento (2014) [4] M. Gigante - Fabbricazione e test di pannelli sandwich per una vettura Formula SAE, Tesi di Laurea in Ingegneria Industriale, Università del Salento (2013) [5] S. Pappadà, R. Rametta, A. Maffezzoli, Journal of Materials Engineering and Performance, vol. 17 (2009) 522

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Jonathan Brivio - Politecnico di Torino Ingegneria dell’autoveicolo

Studenti in pista Gli studenti di ingegneria del Politecnico di Torino e Erre Ti hanno progettato e realizzato insieme la monoscocca in carbonio dell’ultima auto da corsa di Formula SAE della Squadra Corse Politecnico di Torino. Utilizzando le più recenti tecnologie di simulazione e materiali di nuova generazione.

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a Formula SAE Series è la più importante tra le competizioni studentesche di progettazione di tutto il mondo. È un concorso, organizzato dalla Society of Automotive Engineers (SAE), dove gli studenti devono progettare, produrre, valutare le possibilità di marketing e far correre una vettura da corsa a ruote scoperte. In queste competizioni, le vetture vengono giudicate da specialisti del settore, in base sia a test statici sia a test dinamici. La Squadra Corse Polito, fondata nel 2005 da dieci studenti di ingegneria dell’autoveicolo del Politecnico di Torino ha partecipato alla sua prima gara, nello stesso anno di fondazione, con la vettura siglata “SC05”. Molti anni di esperienza e di sviluppo, combinati con il desiderio di migliorare, hanno dato ottimi risultati. Nel 2011 la squadra ha scelto di progettare il primo prototipo totalmente motorizzato elettricamente, modello innovativo e mai costruito in Italia, la “SC12e”. Con questa vettura ha partecipato alle gare studentesche di formula SAE del 2012, posizionandosi settima nella classifica mondiale. Dopo i risultati positivi del 2012, gli studenti del Politecnico di Torino, guidati da Giuseppe Sgoluppi (Team Leader) e Jonathan Brivio (Direttore Tecnico), rappresentanti della Squadra Corse Polito, hanno proposto alla Erre Ti di gestire con loro il progetto e la produzione del nuovo modello di vettura: la SRC. La Erre Ti è un’azienda torinese, certificata ISO 9001 e ISO 27001, specializzata nel settore prototipi di alta qualità, prototipazione rapida in ABS, stampaggio RTM, RIM che vanta commissioni dalle principali case automobilistiche italiane ed estere. La conoscenza tecnica e l’esperienza del team di Squadra Corse Polito nella produzione di queste macchine da corsa, aggiunte al know-how interno guadagnato in anni di esperienza di lavorazione con materiali compositi della Erre Ti, hanno permesso di costituire un gruppo di lavoro completo nelle conoscenze e delle competenze richieste nel ciclo produttivo di una vettura in monoscocca in carbonio: la prima monoscocca della Squadra corse Polito. Le precedenti vetture, infatti, utilizzavano un telaio tubolare in acciaio.

LA PROGETTAZIONE Il passaggio alla monoscocca in carbonio ha permesso al team di migliorare le prestazioni complessive del prototipo, garantendo nel contempo una maggior capacità di resistenza ai carichi sia statici sia dinamici a fronte di un minor peso complessivo. Anche la sicurezza del pilota è stata salvaguardata, nel rispetto delle indicazioni del regolamento SAE. La progettazione della monoscocca ha previsto una prima fase di modellazione CAD, gestita dagli studenti con il software CATIA per la parte di ergonomia e packaging della vettura. Con il software Autodesk Alias si sono, invece, tracciate le linee di stile che Erre Ti ha ridefinito rendendole idonee alla creazione degli stampi, necessari alla successiva fase di produzione. Terminata la modellazione 3D, si è passati alle impegnative fasi di ottimizzazione del materiale e di validazione strutturale, ricorrendo alla simulazione ad elementi finiti, processo fattibile con software quali Altair Hyperworks. Il risultato è stato un modello virtuale ottimizzato dal punto di vista della geometria e testato sulla sicurezza in condizioni critiche. I risultati sono stati confrontati

con quelli ottenuti con prove di tipo sperimentale, condotte su provini sandwich di plastica rinforzata con fibra di carbonio prepreg con anima di honeycomb in alluminio. Soddisfatte le richieste strutturali e ottimizzato il rapporto rigidezza-peso, sono state determinate la quantità, la forma e l’ordine di stackling di tutte le pelli di plastica rinforzata con fibra di carbonio e honeycomb di alluminio. Finita la fase di progettazione, si è passati alla fase realizzativa: tutte le matematiche 3D ed il playbook sono state consegnate a Erre Ti che le ha analizzate e post-processate. LA PRODUZIONE Tutta la produzione della monoscocca si è svolta negli stabilimenti di Erre Ti: partendo dalle matematiche e dai dati tecnici forniti dagli studenti della Squadra Corse, l’azienda ha progettato gli stampi e prodotto tutti gli attrezzi necessari per iniziare la produzione. Su indicazione dell’azienda, si è optato per una monoscocca monolitica, scelta che ha garantito maggiori resistenze torsionali e maggior leggerezza rispetto ad una monoscocca ottenuta dalla giunzione di

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- Studenti in pista due semi gusci, evitando, tra l’altro, discontinuità nelle fibre. Gli stampi “femmina” sono statti fatti interamente in fibra di carbonio, per avere la stessa dilatazione termica della monoscocca ed evitare concentrazioni di stress dovuti alle possibili differenze di dilatazione. Per quello che riguarda la laminazione, la monoscocca è stata laminata in 3 fasi, con 3 cicli di autoclave. Il primo trattamento è stato fatto dopo che tutte le pelli di carbonio che formano lo strato più esterno della scocca sono state laminate. Durante la seconda fase, l’honeycomb di alluminio è stato attaccato con un adesivo epossidico strutturale allo strato esterno di carbonio, applicando anche un paio di pelli di carbonio dello strato interno per evitare rotture del sacco che applica il vuoto. In questa fase si è previsto anche l’inserimento degli inserti per poter poi dotare la monoscocca degli attacchi sospensioni, rollbar, sedile, cinture, ecc. Per ultimo si sono laminate tutte le pelli di carbonio finali: questo ultimo trattamento, come gli altri, è stato fatto in autoclave per realizzare il ciclo termico di ERRE_TI_banner.pdf

Member of CISQ Federation

ISO 9001

Certified Quality System

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post-indurimento e conferire alla monoscocca le massime caratteristiche di rigidezza. I test statici hanno confermato i calcoli teorici: la monoscocca ha raggiunto la stessa rigidezza torsionale e flessionale che aveva il telaio in acciaio con una riduzione di peso di circa 47%. Grazie alla collaborazione e all’impegno della Squadra Corse e di Erre Ti, la prima monoscocca della squadra è stata prodotta, raggiungendo gli obiettivi di performance e di peso stabiliti ed è ora pronta per la prova finale: la pista.

08.50

Member of CISQ Federation

ISO/ IEC 27001

Certified Information Security System


Jonathan Brivio - Politecnico di Torino Ingegneria dell’autoveicolo

Students on the track The engineering students of the Politecnico di Torino and Erre TI designed and engineered composite monocoque for the lastest Formula SAE race car of the Squadra Corse Politecnico di Torino using the latest simulation software and materials of the highest performance.

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he Formula SAE/Student Series are the biggest student engineering competitions of the world organized by the Society of Automotive Engineers (SAE) where teams design, manufacture, test and race an open wheeler formula race car. In these competitions, the cars are evaluated by industry specialists on static events where the design, cost and marketability are evaluated and on dynamic events where the dynamic capabilities are evaluated as well. The team “Squadracorse Polito” founded in 2005 by ten automotive students from “Politecnico di Torino” united by their passion for motorsports and wiliness to learn, they took part to its first competition the same year with the SC05 that opened a new path for the biggest and most successful formula SAE team of Italy. Many years of experience and development, combined with the desire to improve, have yielded to excellent results. In 2011, the team choose to design the first full electric prototype ever built in Italy, “the SC12e” to participate on the formula student competitions of 2012, reaching outstanding results, positioning itself 7th on the worldwide standings. After the positive results of 2012, the students of the Politecnico, led by Giuseppe Sgoluppi (Team Leader) and Jonathan Brivio (Technical Director), representatives of the Squadracorse, have approached Erre Ti, asking for their support on the design and production of the new car model: the “SCR”. Erre TI s.n.c is a certified ISO 9001 and ISO 27001 company with its Headquarters in Turin, with more than thirty years of activity working for major Italian and foreign automotive brands, it’s has become a leading company on the production of high quality prototypes. Some of their specialties are rapid prototyping with ABS, RTM molding, RIM. Its strong point is the complete independence at every stage of processing, not having to subcontract work to third parties. The engineering knowledge and experience of the team Squadracorse Polito added to the internal know-how gained through years of experience working

with composites of Erre TI established a workgroup with all the needed skills and knowledge required for the production of the first composite monocoque of the racing Team. The previous cars, in fact, used a tubular steel frame. THE ENGINEERING The transition to the carbon fiber monocoque has allowed the team to improve the overall performance of the prototype, while ensuring a greater resistance to both static and dynamic loads with a lower overall weight. As for the safety requirements, the monocoque complies with every article of the Formula SAE rules. The design phase started with CAD modeling, all the vehicle parts were modelled by the students with CATIA, covering the ergonomics aspect and packaging of the car; on the other hand, with Autodesk Alias ​​they traced the style lines that Erre TI redefined making them suitable for the creation of the molds needed for the production phase. Once the 3D modeling was done, several iterations of material’s optimization and structural validation were made, using the finite element method, process made possible with the Altair HyperWorks suite. The objective was to obtain a virtual model optimized from the point of view of the geometry, weight and structurally validated for all the critical conditions. The results were compared with those obtained with experimental tests conducted on specimens made of carbon fiber reinforced plastic (CFRP) pre-preg with a core of aluminum honeycomb. Once they met the required structural rigidity and optimized stiffness to weight ratio, the amount of materials, the shape of the plies and the stacking order of every layer was determined. After the design phase, we moved to the production phase: all the 3D models and the PlyBook containing all the lamination information was delivered to Erre TI that analyzed and post-processed carefully. THE PRODUCTION At the Erre TI Headquarters the entire production of the monocoque was

made: starting from the mathematical and technical data provided by the students of the racing team, Erre TI designed the molds and produced all the tools necessary to begin the manufacturing process. By recomendation of the company, a monolithic monocoque solution was selected, a choice that on theory should provide an torsional resistance and lower weight than a monocoque obtained from the junction of two half shells by preventing, among other things, discontinuities in the fibers. The “female” molds were made entire​​ ly of carbon fiber, to have the same material thermal coefficient of the monocoque to avoid stress concentrations due to the possible thermal expansion differences. As for the lamination process, it was completed in 3 phases, with 3 autoclave cycles. The first curing cycle was done after all the carbon skins forming the outermost layer of the shell were laminate. During the second phase, the aluminum honeycomb was attacked with a structural epoxy adhesive to the outer layer of carbon, also a pair of carbon fabric of the inner layer were laminated to avoid breakage of the bag which applies the vacuum. In this phase it was also performed the addition of the inserts that allows the attachment suspensions, rollbar, seat belts, etc. onto the monocoque. Finally, all the remaining plies of carbon fiber were laminated; The last curing cycle, like the other ones, was performed by an autoclave in order to apply the thermal cycle of post-curing to allow the monocoque to achieve its maximum stiffness. The static tests have confirmed the theoretical calculations: the monocoque achieved the same torsional and flexural rigidity that had the steel frame with a weight reduction of about 47%. Thanks to the cooperation and commitment of Squadra Corse and Erre Ti, the first monocoque team was produced, achieving performance goals and weight limits, obtaining a great success. After months of work, the monocoque is ready for the final test: the track.

Compositi

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Un nuovo mercato per GSI Grazie a un notevole knowhow nello stampaggio di componenti strutturali in compositi avanzati, Global System International (GSI) si sta ritagliando un posto di tutto rispetto anche nel comparto automotive di alta gamma. Con Emanuele Giani, Chief Operating Officer del Gruppo abbiamo parlato dei principali progetti portati avanti per conto dei principali operatori mondiali del settore.

Emanuele Giani Il mercato automotive pare in ripresa. Quanto è importante questo comparto per global system international? È una notizia molto positiva, anche se in realtà la crisi è stata molto forte solo in alcuni Paesi, tra i quali l’Italia, e per le produzioni destinate al mercato di massa. In Germania, invece il comparto non si è mai fermato e anche le vendite dei veicoli di fascia media hanno tenuto bene. Di questo andamento non ha risentito Global System International (GSI), perché siamo una realtà specializzata nello stampaggio di componenti di veicoli di alta gamma, lusso o supercar, o di veicoli innovativi, come l’auto elettrica. Attività che stanno diventando sempre più importanti per il nostro Gruppo che partecipa a importanti progetti con alcuni dei principali operatori del settore, anche se il core business resta il comparto dei mezzi agricoli. La parte automotive è sviluppata quasi interamente nello stabilimento tedesco di Horgentshausen, nei pressi di Monaco, il secondo per importanza per fatturato e parco macchine, dopo il sito di Scanzorosciate (Bergamo) che ospita il quartier generale di GSI.

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Compositi

A quali progetti state partecipando? Lavoriamo a diversi progetti per il Gruppo Volkswagen. Uno riguarda il progetto e-up, l’auto elettrica di Volkswagen, di cui produciamo la vasca dove viene alloggiata la batteria che alimenta la vettura. La messa a punto del componente è stata una vera sfida, che ha richiesto due anni di ricerca e sperimentazioni per arrivare alla soluzione finale. Infatti, i tradizionali requisiti di leggerezza e resistenza, alla base di ogni progetto automotive, in questo caso sono particolarmente stringenti, dal momento che si parla di un’auto elettrica dove il contenimento dei consumi è essenziale, e che il componente deve proteggere la batteria da eventuali urti o colpi. Nello sviluppo del pezzo, inoltre abbiamo dovuto tener conto di alcune novità normative, come i nuovi standard sull’autoestinguenza dei materiali, entrati in vigore di recente. Un altro requisito richiesto, poi, è un’elevata capacità di schermare l’elettromagnetismo generato dalla batteria, fenomeno che va a interferire e a danneggiare gli altri dispositivi elettronici presenti all’interno della vettura, come telefonini, ma anche pacemaker impiantati nel corpo di una persona. Qual è la soluzione messa a punto? Per soddisfare le prime tre caratteristiche, resistenza, leggerezza ed autoestinguenza si è optato per stampare la vasca in SMC, materiale che soddisfa pienamente questi requisiti, per poi rivestirla con una schermatura per le onde elettromagnetiche. Il problema è stato trovare il materiale più idoneo a questo scopo e, soprattutto, il modo per applicarlo sul guscio in SMC. Inizialmente, insieme a un’azienda partner, avevamo pensato di costampare una rete metallica, soluzione efficace, la cui produzione però presentava diversi problemi di ripetibilità. Dopo varie prove, siamo arrivati alla soluzione approvata: l’incollaggio di un lamierino metallico, preformato con una serie di stampi, ed elettrosaldato. Un progetto molto impegnativo, che ha richiesto diversi test e prove, condotti in laboratori qualificati, come Porsche e Mercedes, e quindi anche con certi costi.

A livello di processo è stato necessario apportare qualche accorgimento? Nei due anni di ricerca ci siamo occupati di tutti i particolari, a partire dalla stampabilità del componente, che ha dimensioni molto grandi, con una lunghezza di quasi 2 m. In particolare abbiamo messo a punto una tecnica di saldatura, di montaggio e di preparazione alla saldatura che stiamo per brevettare. La riteniamo infatti una soluzione molto efficiente che potremmo fornire ad altri operatori che devono affrontare tali tipo di problematiche. C’è da dire, che GSI aveva già partecipato a un progetto simile, realizzando il copri batteria della FISKER una supercar elettrica prodotta da una società americana, ma in quel caso i requisiti di abbattimento dell’elettromagnetismo richiesti erano molto inferiori. Quanti pezzi si producono al mese della VW E-UP? Il progetto prevedeva inizialmente la produzione di circa 200-250 macchine al mese e su quei volumi è stato fatto l’investimento. Fortunatamente, la vettura sta ottenendo un buon successo e la domanda attuale è quasi raddoppiata, quindi intorno ai 500 pezzi al mese. Una domanda che riusciamo a soddisfare grazie a una serie di ottimizzazioni che abbiamo introdotto e sulle quali continuiamo a lavorare per accelerare ulteriormente il ciclo. Se, come speriamo, il trend continuerà a crescere, dovremmo provvedere ad ampliare lo stabilimento, soprattutto per problemi di spazio e logistica, in quanto i pezzi sono grandi e il processo produttivo è suddiviso in vari step intermedi che creano un notevole ingombro. Quando è nata la collaborazione con Volkswagen? GSI Deutschland, la filiale tedesca del gruppo, ha una grande esperienza nello stampaggio di materiali compositi innovativi, e da tempo fornisce al gruppo Volkswagen componenti in GMT (Glass Material Thermoplastic), LFT (Long Fiber Thermoplastic) e LWRT (Light-Weight Reinforced Thermoplastic). In pratica, stiamo accompagnando Volkswagen nel percorso evolutivo di questi materiali. Il primo ad essere


- Un nuovo mercato per GSI impiegato nel settore auto infatti è stato il GMT, costituito da lastre di polipropilene caricate con fibre di vetro già orientate. Successivamente si è cominciato ad utilizzare l’LFT, un materiale simile al precedente, ma più economico e con proprietà meccaniche inferiori. Con questi due materiali abbiamo realizzato dei copri batteria per vetture tradizionali, quindi con volumi produttivi di milioni di pezzi. Da qui abbiamo cominciato a lavorare con nuove tecnologie di materiali, che richiedono temperature di ciclo più basse e, soprattutto, destinate a componenti per supercar o macchine di lusso. Non a caso siamo stati tra i primi ad utilizzare LWRT, un materiale molto leggero, con proprietà meccaniche elevate e con alto potere fonoassorbente. A quali altri progetti state lavorando? Abbiamo appena acquisito, sempre con Volkswagen, il progetto B9, per la produzione del sottomotore da applicare a vetture di serie. Questi componenti verranno realizzati con una tecnologia ibrida, ovvero con un materiale, il GMTEX, composto da lastre di GMT e lastre di LWRT fuse insieme. Un altro lavoro impegnativo, in quanto si tratta di tecnologie sviluppate per volumi contenuti che invece impiegheremo per realizzare milioni di pezzi. A questo si aggiunge l’esigenza di contenere al massimo gli errori di produzione, in quanto la tolleranza qualitativa prevista dalla casa automobilistica tedesca è di 50 pezzi per milione. Un’esigenza che riusciamo a soddisfare pienamente, grazie alle performance dello stabilimento tedesco, che vanta un margine di errore inferiore a meno della metà di quello richiesto.

Come riuscite ad ottenere questi risultati? Sono frutto di un insieme di fattori. Innanzitutto di un sistema qualità molto avanzato e della cura nella gestione e manutenzione degli stampi. A questo si aggiungono altri due elementi altrettanto importanti: un giusto compromesso con il cliente e la formazione del personale. Per quanto riguarda il primo aspetto, nei progetti automotive tutta la parte di processo viene studiata e pianificata nel dettaglio. L’attenzione su tutta la filiera produttiva pertanto è molto elevata e lo stesso cliente è disposto a riconoscere il giusto prezzo per garantirsi tecnologie di lavorazione di primo livello, in modo da eliminare le possibilità di errore. Infine, dal momento che in queste lavorazioni i difetti sono generalmente provocati da errori umani, la preparazione del personale gioca un ruolo molto rilevante. Training continuo, formazione, condivisione degli obiettivi, motivazione del personale sono aspetti sui quali lavoriamo intensamente. La produzione automotive viene seguita interamente dallo stabilimento tedesco? Le belle performance del sito tedesco ci hanno aperto le porte per validare per il Gruppo Volkswagen anche lo stabilimento di Scanzorosciate. Dallo scorso marzo siamo validati per realizzare un componente della Huracan, la nuova supercar di Lamborghini. Si tratta dell’engine bay, il coprimotore che va sul retro della vettura, realizzato in carbonio e poi verniciato. Anche per questo componente, che stampiamo da maggio 2014, è stato messo a

punto un particolare processo che ci ha permesso di superare alcune difficoltà riscontrate nell’impregnazione del carbonio e di ottimizzarne la produzione. Per la stessa casa, inoltre, stiamo concludendo un contratto per la produzione di particolari interior, sempre in carbonio, da montare su diversi veicoli. Infine, per il gruppo Fiat ci stiamo occupando della produzione della mostrina dell’Alfa Romeo 4C, un pezzo a vista, stampato in BMC (Bulk Moulding Compound), che deve rispondere ad elevati requisiti estetici e di resistenza meccanica. Quali sono le prossime sfide? La prossima sfida riguarda l’avvio dei nuovi stabilimenti in Brasile, destinati alla produzione di componenti strutturali per camion e macchine agricole per Iveco e CNH Global e altri clienti che operano sul mercato americano. La produzione sarà organizzata su un sito di stampaggio, assemblaggio e verniciatura a Belo Horizonte, e su due module centers per l’assemblaggio e la verniciatura a Curitiba e a Horizontina. Al momento i due module centers sono già operativi, e per settembre contiamo di avviare anche il sito di stampaggio di Belo Horizonte, dove verrà installata una pressa da 4.000 tonnellate, l’unica in tutto il Sud America con questa capacità. La pressa è stata costruita presso lo stabilimento di Terenzio Presse in Cina ed attualmente è in viaggio verso il Brasile. Dato peso e dimensioni, la macchina ha un’altezza di 12 m fuori terra più 2 m interrati per un peso di 75 tonnellate, anche l’organizzazione della logistica non è stata affatto semplice: basti considerare che a trasportare tutti i componenti sono due navi e che per l’assemblaggio e l’installazione nel sito sarà necessario utilizzare una gru da 300 tonnellate.

Compositi

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ORMAMACCHINE

Presse a contatto e presse per formare Nel mercato dell’automotive si utilizzano sempre più spesso pannelli fonoassorbenti e fonoisolanti in materiale fibroso o schiumato con caratteristiche di elevata resistenza strutturale e di leggerezza. Tipiche applicazioni nella produzione di pezzi per il rivestimento e l’insonorizzazione dell’auto possono essere ad esempio pianali, bauli, pannelli porta, sottolunotti, schienali. A seconda del materiale, dello spessore e della densità, le proprietà acustiche del pezzo finito possono essere diverse. La produzione più diffusa di questi pezzi prevede un loro riscaldamento, effettuato con forni o presse a contatto, seguito dalla formatura (con eventuale fustellatura) in presse a stampi. Ormamacchine, da tempo presente in questo settore, fornisce sia le presse a contatto che quelle per formare. Le presse a contatto sono macchine a piani caldi che si chiudono appoggiandosi a contatto al pezzo da scaldare, cioè senza effettuare alcuna pressione. Il vantaggio di queste macchine rispetto ai forni è che i piani della pressa toccano il materiale e il calore si trasmette internamente alle fibre del pezzo senza dispersioni. Queste presse, solitamente attrezzate per alte temperature, hanno controlli molto precisi con circuiti di riscaldamento multipli, al fine di mantenere l’uniformità di temperatura e garantire una diffusione del calore il più precisa possibile. Le presse per formare sono macchine a piani caldi ad alta pressione e lavorano utilizzando uno stampo. I pezzi di lavoro, precedentemente riscaldati in forni o nelle presse a contatto, vengono posizionati in uno stampo in pressa e poi pressati. Gli stampi, generalmente in metallo per mantenere il calore durante la lavorazione, con la pressione della pressa in chiusura

vanno a formare ed eventualmente anche a fustellare in modo preciso il pezzo finito. I piani pressa sono in acciaio massiccio con superfici lavorate a macchina utensile e garantiscono una tolleranza minima per la precisione delle lavorazioni. Gli stessi piani, riscaldati con olio diatermico o con resistenze elettriche, garantiscono temperatura precise e uniformità di trasmissione del calore. Da ultimo, le presse hanno tempi di chiusura e apertura veloci, possono essere dotate di rallentamento in fase di chiusura e velocità regolabili in fase di andata in pressione, nonché, tramite gestione software, di determinazione delle quote di schiacciamento del materiale.

SPECIALINSERT

40 anni di attività nei sistemi di fissaggio Nata nel 1974 la Specialinsert, azienda impegnata nella realizzazione di inserti adatti alle necessità di fissaggio di differenti materiali, ha mantenuto l’iniziale specializzazione nei sistemi di fissaggio meccanici, affiancando alla realizzazione di soluzioni in proprio la distribuzione di prodotti in esclusiva. Dotata di un proprio stabilimento di produzione, e di un ufficio studi e progettazione, destina la maggior parte dei propri investimenti in Ricerca e Sviluppo finalizzati a ideare nuovi sistemi di fissaggio, applicabili nei settori oggi emergenti. Grazie ad un laboratorio tecnologico all’avanguardia i prodotti realizzati vengono costantemente testati con i più moderni sistemi di controllo. Grazie a questa continua ricerca la Specialinsert propone diverse soluzioni di fissaggio adatte al mondo dei compositi e dell’automotive, tra le nuove e rivoluzionarie troviamo Master-Plate. Si tratta di un sistema molto semplice che sfrutta l’ausilio di appositi collanti per il fissaggio su ogni genere di materiale, non richiede particolari lavorazioni meccaniche per la predisposizione della sua sede, il montaggio avviene annegando il particolare su di un idoneo collante, precedentemente individuato. Le varie combinazioni tra piastrina di base ed il fissaggio offrono ampie possibilità di progettazione ai tecnici. Master-plate prevede una piastra di base di varie forme (tonda, quadrata, rettangolare, ecc) con attacco filettato, che può essere perno o boccola, viene prodotta in acciaio zincato e acciaio inox AISI 316.

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Compositi

La Specialinsert è a Torino, Milano e Maerne di Martellago (VE); grazie ai suoi depositi sempre forniti ed a personale di vendita specializzato è in grado di coprire l’intero territorio nazionale e quello estero.

Master-plate


Compositi multifunzionali e batterie strutturali: la nuova frontiera del trasporto elettrico?

I

l peso della batteria costituisce mediamente il 20% del peso di un veicolo ibrido e/o elettrico, questo rappresenta uno dei principali ostacoli alla diffusione di questi veicoli. La domanda che può sorgere spontanea è: se una batteria è necessaria per il funzionamento di questi veicoli, perchè non rendere il suo contributo strutturale oltre che elettrico? Il tema delle “batterie strutturali”, cioè la possibilità di immagazzinare energia nelle parti strutturali di un veicolo, risulta di estremo ed attuale interesse per il mondo dell’automobile e per quello dei trasporti in generale. I materiali compositi multifunzionali a matrice polimerica sono tra i principali candidati per l’implementazione di questa idea che potrebbe portare ad un significativo risparmio nel peso complessivo dei veicoli. Si passa infatti, idealmente, dalle convenzionali “strutture multifunzionali” (l’auto con il telaio con funzioni strutturali e la bat-

Fonte: http://www.greencarcongress.com/ 2013/10/20131017 -volvo.html https://www.media.volvocars.com/ global/en-gb/media/ photos/35027 teria con funzioni di immagazzinamento energetico) ad un “materiale multifunzionale” che, in modo sinergico, ha la possibilità di assorbire energia e, allo stesso tempo, fornire una prestazione strutturale. Il progetto KOMBATT sviluppato dall’istituto svedese per i materiali compositi e il progetto europeo STORAGE (FP7), recentemente conclusosi, hanno già svolto ampie ricerche sul tema e portato alla realizzazione di alcuni dimostratori installati su veicoli della casa svedese Volvo. I risultati sono incoraggianti, pur con i limiti messi in luce nell’ambito del progetto, primo fra tutti la limitata densità di energia immagazzinabile.

Proprio per superare i limiti attuali e sviluppare soluzioni di interesse industriale è in fase di preparazione, nell’ambito del programma UE Horizon 2020, un nuovo progetto sull’argomento a cui partecipa l’Università di Padova con un consorzio di aziende e centri di ricerca europei. Un progetto interessante, estremamente avanzato e multidisciplinare che coinvolge competenze in svariati settori ingegneristici: dalla chimica degli accumulatori, alla formulazione di nuovi materiali e allo studio della loro risposta strutturale per arrivare all’implementazione industriale delle nuove soluzioni sviluppate.

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Compositi

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Progettiamo e costruiamo autoclavi per il trattamento dei materiali in compositi e termoplastici, per tutti i settori industriali come l’aeronautica, l’aerospaziale, l’automotive, il nautico ecc. , con dimensioni strutturali e soluzioni tecniche personalizzate secondo le esigenze del Cliente. Equipaggiamo le nostre autoclavi con i più avanzati ed affidabili sistemi di controllo SCADA (SUPERVISORY CONTROL AND DATA ACQUISITION), o DCS (DISTRIBUTED CONTROL SYSTEM), in configurazione standard o ridondante, per soddisfare le sempre più restrittive richieste di gestione dinamica dei cicli e completa rintracciabilità dei dati di processo. La ricerca, lo sviluppo e l’esperienza acquisita negli anni, ci hanno permesso di mettere a punto una nuova generazione di autoclavi con un rapporto qualità/prezzo competitivo, una tecnologia all’avanguardia, elevate performance, e con costi di esercizio e manutenzione molto ridotti rispetto alle autoclavi tradizionali.

We design and build autoclaves for thermoplastic and composite materials treatment, for all industrial fields like aeronautical, aerospace, automotive, naval, etc., with structural sizes and technical solutions personalized according to the requirements of the Customer. We equip our autoclaves with the most advanced and reliable control systems SCADA (SUPERVISORY CONTROL AND DATA ACQUISITION), or DCS (DISTRIBUTED CONTROL SYSTEM), in standard or redundant configuration, to satisfy the more and more restrictive requests of dynamic running of cycles and complete traceability of the process data. The research, development and experience gained in the years, allowed us to create a new generation of autoclaves with a competitive quality/ price ratio, a van technology, high performances and with working and maintenance costs much reduced compared to traditional autoclaves.

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Stefano Beretta - Dipartimento di Meccanica, Politecnico di Milano Marinella Levi - Dipartimento di Chimica, Materiali e Ingegneria Chimica “Giulio, Natta”, Politecnico di Milano Giuseppe Sala - Dipartimento di Scienze e Tecnologie Aerospaziali, Politecnico di Milano

Strutture Ibride per la Meccanica e l’Aerospazio Bracci meccanici che visualizzano lo stato di salute di una struttura, smart coatings che rispondono a stimoli esterni modificando le loro proprietà, elementi che cambiano forma adattandosi a nuove situazioni operative. Sono alcuni dei risultati ottenuti nell’ambito del progetto STIMA del Politecnico di Milano, finalizzato allo sviluppo di strutture composito-metalliche intelligenti.

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TIMA (Strutture Ibride per la Meccanica e l’Aerospazio), chiuso nell’agosto 2013, è un progetto del Politecnico di Milano, cofinanziato dalla Regione Lombardia. Rappresenta il lavoro interdisciplinare di tre gruppi di ricerca del Dipartimento di Chimica, Materiali e Ingegneria Chimica, del Dipartimento di Scienze e Tecnologie Aerospaziali e del Dipartimento di Meccanica (coordinatore del progetto). Il progetto ha affrontato il problema della concezione, dello sviluppo e della dimostrazione di fattibilità tecnologica delle strutture ibride composito/metalliche intelligenti, ricalcando la “ibridizzazione” tipica degli organismi biologici (fig.1). In particolare, l’obiettivo è stato sviluppare le potenzialità per applicazioni innovative: • integrazione elementi e miglioramento dell’efficienza strutturale • capacità di health & condition monitoring • capacità di auto-riparazione. Lo schema del progetto è riportato in figura 2. Durato 30 mesi, con un badget di 5 milioni di euro, ha impegnato un totale di circa 100 ricercatori e si è sviluppato lungo due diversi livelli: i metodi e i concepts. I risultati della ricerca si sono quindi concretizzati in una serie di “dimostratori” delle diverse tecniche messe a punto.

I METODI Il progetto ha lavorato su diversi metodi, dei quali descriviamo alcuni dei più significativi. Modelli coesivi per la previsione della delaminazione Sono stati sviluppati dei modelli numerici in cui la struttura viene modellata ad elementi finiti inserendo degli “elementi coesivi” nelle diverse interfacce (lamine contigue, lamine e rinforzi, lamine e sensori) che possono dare origine a delaminazioni e cricche. Gli elementi coesivi rappresentano, tramite opportune leggi di distacco degli elementi, l’energia necessaria a separare le diverse interfacce (fig.3). Tale energia per le

Fig.2: Schema delle diverse fasi del progetto di ricerca STIMA

Fig.1: Schema di un arto: una struttura ibrida in cui sistemi diversi (controllo, attuazione, sensorizzazione) sono integrati

diverse posizioni critiche viene determinata mediante le prove di meccanica della frattura. Le tecniche numeriche, sviluppate e messe a punto su provini di forma relativamente semplice, permettono quindi di modellare il componente in tutte le sue parti e calcolare i limiti di utilizzo (carico limite, durata) di strutture complesse quali quelle messe a punto nell’ultima parte del progetto. Inglobamento di sensori e strategie di controllo Il concetto fondamentale delle strutture ibride è inglobare sensori in grado di monitorare la struttura e l’ambiente operativo e permettere di rispondere in modo appropriato. In questo ambito rivestono un ruolo di particolare importanza, per la dimensioni e la flessibilità, i sensori a fibra ottica basati sui reticoli di Bragg ed i sensori piezoelettrici. Il progetto si è rivolto da una parte allo sviluppo di tecniche di inglobamento di fibre ottiche (fig.4) studiando in particolare l’invasività dei sensori, la capacità di load transfer tra sensore e struttura ospite, l’accuratezza e precisione delle misure. Lo stesso tema è stato affrontato anche dal punto di vista dei sensori piezoelettrici, in termini di misura distribuita delle vibrazioni e della messa a punto di specifiche logiche di controllo per strutture come quelle ibride in cui i sensori e i sistemi di attuazione piezoelettrici sono distribuiti nella struttura (fig.5). Tali logiche di controllo hanno trovato applicazione nei dimostratori di una trave vibrante e di un set di pannelli vibranti.

Fig.3: Modelli coesivi

Compositi

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COMPOSITE MATERIALS PRESSES

Progettazione e produzione di impianti di pressatura per la produzione di > Pannelli compositi con nido d’ape > Pezzi in fibra di carbonio > Fibra di vetro > Accoppiamento di fibre tessili > Compositi in RTM e SMC > Compositi in compressione a stampo

Innovative manufacturing La produzione di una struttura ibridizzata offre la possibilità di innovare radicalmente i processi tecnologici. Ad esempio, all’interno del progetto è stata studiata la possibilità di inserire sensori a fibra ottica durante la fabbricazione del laminato mediante Resin Transfer Moulding (RTM): tali sensori possono quindi essere interrogati durante le lavorazioni meccaniche per misurare le forze di taglio e nel contempo monitorare la regolare esecuzione della lavorazione (fig.6). La realizzazione di giunti ibridi titanio-carbonio ha visto raggiungere un significativo miglioramento delle prestazioni dei giunti incollati tramite innovativi processi di ‘texturizzazione’ delle superfici.

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ORMAMACCHINE S.p.A. viale Lombardia, 47 24020 Torre Boldone (BG) - Italy Tel. +39 035 364011 - Fax +39 035 346290 www.ormamacchine.it • comm@ormamacchine.it : Ormamacchine • : www.youtube.com/ormamacchine

Fig.4: Incorporazione sensori: a dettaglio di una fibra ottica inglobata in un composito; b un componente in carbonio con innumerevoli sensori inglobati nel composito


- Strutture Ibride per la Meccanica e l’Aerospazio ta) genera uno spostamento che si traduce in un opportuno cambiamento di forma, in grado di aumentare la portanza del profilo. La visualizzazione dei segnali mediante “realtà aumentata” Il terzo concept sviluppato è stato usare la realtà aumentata per visualizzare lo stato di sollecitazione o di “salute strutturale” di componenti critici, quali i giunti incollati. In particolare, i sensori a fibre ottiche, preventivamente inseriti nello strato di adesivo di un lap-joint (metallo-CFRP), vengono interrogati mediante un tablet che permette di interrogarne ed analizzarne i dati, visualizzando lo stato di sforzo nel giunto e l’eventuale propagazione di un danno per fatica (fig.9).

I CONCEPTS I concepts sono stati le direttrici secondo cui si sono sviluppati alcuni dei metodi innovativi messi a punto nel progetto e che hanno trovato applicazione nei dimostratori. Il filo comune è l’idea di materiali e componenti “smart” con la capacità di rispondere a stimoli esterni (chimici, fisici, meccanici) mediante “segnali” o “reazioni” che permettano di monitorare le situazioni operative, di adattarlo al cambiamento delle condizioni operative, di monitorarne il degrado. Materiali autoriparanti Il primo di questi concepts riguarda l’incorporazione nel materiale polimerico di microcapsule contenenti un materiale polimerico con capacità di polimerizzare (con il fine di realizzare un materiale self-healing simile ai materiali biologici) o di un colorante in grado di indicare il livello di sollecitazioni meccaniche raggiunte in un punto. In particolare quest’ultima feature è stata sviluppata in termini di capacità del laminato composito di indicare l’esposizione ad urti meccanici tramite l’esposizione a luce UV (fig.7).

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Fig.5: Sviluppo di logiche di misura e controllo distribuito Le strutture “morphing” Il secondo concept sviluppato è stato ideare e progettare strutture “morphing” in grado di cambiare la propria forma ed adattarsi a situazioni operative diverse. In particolare i ricercatori hanno lavorato alla costruzione di profilo alare realizzato mediante elementi chirali, costituiti da piccoli elementi in composito la cui deformazione (opportunamente comanda-

I DIMOSTRATORI Le tecnologie messe a punto nel progetto sono state applicate ad una serie di dimostratori, prototipi semplificativi dei vari tipi di applicazione delle strutture ibride in diversi settori. Il primo prototipo rappresenta un simulacro di bracci meccanici di sollevamento come quelli che si trovano su macchine operatrici (fig.10). Una trave in CRFP era giuntata attraverso un terminale in lega di titanio tramite una giunzione ibrida in cui all’incollaggio CFRP-Ti erano aggiunti dei perni in grado di assorbire eventuali sovraccarichi (superiori alla resistenza della giunzione incollata). La superficie della lega Ti era stata texturizzata mediante laser per migliorare le proprietà statiche del giunto incollato. Inoltre, nell’adesivo erano stati annegati dei sensori a fibre ottiche per monitorare, durante la vita, lo sviluppo e l’accrescimento di eventuali delaminazioni.

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Fig.6: Concetti di innovative manufacturing sviluppati nel progetto STIMA: a produzione di laminati mediante RTM con sensori inglobati; b rilievo delle forze di foratura del laminato ibrido tramite i sensori inseriti durante la fabbricazione

Compositi

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- Strutture Ibride per la Meccanica e l’Aerospazio Il secondo dimostratore è un concept di pannelli innovativi per applicazioni quali cabine di autobus (o cabine di macchine operatrici)con diverse funzioni: • pannelli CFRP con inglobati dei sensori/ attuatori per attutire rumori e vibrazioni • pannelli in CFRP-honeycomb in grado di assorbire urti a bassa media energia cinetica (fig.11). Il terzo dimostratore messo a punto,

come applicazione delle strutture morphing oltre al menzionato profilo alare (di cui è stato realizzato un modello fisico in dimensioni reali), è un concept di rover per l’esplorazione deWile da attuatori in lega a memoria di forma. Questi ultimi sono costituiti da fili sottili (diametro 440 µm) di Nitinol che, per effetto di una variazione termica controllata, vanno soggetti ad una trasformazione del-

la struttura cristallina e, di conseguenza, ad una variazione di lunghezza. Ciò consente di attuare lo spostamento controllato delle “zampe” del rover tramite un sistema più semplice, leggero ed energeticamente più efficiente rispetto a quelli tradizionali, basati su motori elettrici. È stato realizzato un proof of concept funzionante in dimensioni reali di una di tali zampe (fig.12).

Fig.7: Il concept di smart composites ottenuti mediante incorporazione di microcapsule all’interno della matrice polimerica e le due linee di sviluppo su self-healing e visualizzazione del danno

a

b

Fig.8: Il concept di un’ala “morphing”: a modello dell’ala; b elementi chirali realizzati in composito; c la deformazione degli elementi chirali si traduce in uno spostamento in grado di cambiare la portanza del profilo

c

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- Strutture Ibride per la Meccanica e l’Aerospazio a

SOSTITUIRE CON LE SCRITTE IN INGLESE: Numerical data

a

Extension of the crack

d

Graph

b Numerical Dati data Numerici

Extension Estensione of thecricca crack della

Graph

Gra�co

b

c

Fig.9: Adozione della “augmented reality” per l’interrogazione di sensori. a sensori a fibre ottiche inseriti in un lap-joint metallo-crfp; b visualizzazione dello stato di sforzo nel giunto come elaborazione dei sensori attraverso un tablet

Fig.10: Dimostratore di un braccio meccanico incorporante diverse tecnologie: a realizzazione della giunzione Ti-CFRP su simulacro di un braccio meccanico; b particolare trasferimento di carico nel giunto; c la superficie di Ti texturizzata prima dell’incollaggio; d tre diversi tipi di tessitura della superficie testate su campioni di dimensioni inferiori

a

b

Fig.12: Sistema di locomozione mediante attuatori a memoria di forma: a fili di Nitinol incorporati nelle articolazioni; b rover in grado di spostarsi in terreni accidentati ed harsh environments

Fig.11

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Compositi


Stefano Beretta - Dipartimento di Meccanica, Politecnico di Milano Marinella Levi - Dipartimento di Chimica, Materiali e Ingegneria Chimica “Giulio Natta”, Politecnico di Milano Giuseppe Sala - Dipartimento di Scienze e Tecnologie Aerospaziali, Politecnico di Milano

Hybrid structures for mechanical and aerospace applications Mechanical arms that indicate the state of health of the structure taken into consideration, smart coatings that respond to an external stimulus by altering their properties, and structures capable of changing shape to adapt to new operating conditions. These are concepts and demonstrator achieved by the STIMA project, a project elaborated by the Politecnico di Milano that focused on hybrid structures.

T

he STIMA (Strutture Ibride per la Meccanica e l’Aerospazio / Hybrid structures for mechanical and aerospace applications) research project, completed in August 2013, is a Politecnico di Milano project financed by Regione Lombardia and the fruit of the interdisciplinary work done by three research groups from the Department of Chemistry, Materials Science and Chemical Engineering, the Department of Aerospace Science and Technology and the Department of Mechanics (project coordinator). The aim of the Research Project was to design, develop and demonstrate the technological feasibility of intelligent composite/ metal hybrid structures, by transferring the concept of “hybridization” typical of biological organisms (fig.1). In particular, the objective was to develop the potential for innovative applications: • Integration of elements and improvement of structural efficiency • health & condition monitoring capabilities • self-healing capabilities. The structure of the project, which had a total duration of 30 months, is shown in figure 2. STIMA was a demanding research project developed over a period of 30 months, with a budget of 5 M (cofinanced 50% by the Politecnico di Milano), and involved a total of about 100 researchers from the three departments mentioned previously. Throughout the entire period, in addition to the simple WP stages shown in figure 2, the project was developed on two different levels: methods and concepts. The results of the research thus took the form of a series of “demonstrator models” of the techniques designed.

sensors) that may cause delamination and cracking. Through applicable element detachment laws, cohesive elements represent the energy necessary to separate the interfaces (fig.3). This energy at the various critical positions is determined by carrying out mechanical fracture tests. The numerical methods, developed and finalized on test pieces of a relatively simple shape, may then be used to model the component in all its parts and to calculate the limits of use (limit load, duration) of complex structures such as those built in the last part of the project.

THE METHODS The project was based on several methods, the most significant of which are described here below.

Innovative manufacturing The production of a hybridized structure offers the possibility of radically innovating technological processes. For example, within the scope of the project, the possibility of inserting optical fibre sensors during the manufacture of laminate by Resin Transfer Moulding (RTM) was examined: these sensors may then be polled during mechanical processes to measure shear forces and, at the same time, monitor the process itself (fig.6).

Cohesive Models for Predicting Delamination Numerical models were developed with a structure modelled using the finite element method inserting “cohesive elements” at the various interfaces (adjacent laminae, laminae and reinforcements, laminae and

Sensor Embedding Techniques and Control Strategies The fundamental concept of hybrid structures is to embed sensors capable of monitoring the structure and the work environment and allowing an appropriate response to be obtained. In this field, a particularly important role, for their size and flexibility, is played by optical fibre sensors based on Bragg gratings and piezoelectric sensors. The project was, in part, aimed at developing optical fibre embedding techniques (fig.4) by studying, in particular, the invasiveness of the sensors, the ability to transfer load between the sensors and the host structure, and the accuracy and precision of the measurements. This concept was also tackled considering piezoelectric sensors in terms of a distributed measurement of vibrations and the preparation of specific control logic for hybrid structures in which the sensors and piezoelectric actuator systems are distributed across the structure (fig.5). This control logic was applied to demonstrator models of a vibrating beam and a set of vibrating panels.

The production of titanium and carbon hybrid joints has significantly improved the performance of glued joints through innovative surface “texturizing” processes. THE CONCEPTS Concepts were the guiding principles on the basis of which some of the innovative methods prepared in the STIMA project were developed and found application in the demonstrator models. The common thread is the idea that smart materials and components have the capacity to respond to external stimuli (chemical, physical and mechanical) through “signals” or “reactions” that permit operating conditions to be monitored, adaptations to be made to changes in the operating conditions and deterioration to be monitored. Self-Healing Materials The first of these concepts concerns the embedding in polymeric material of microcapsules containing a polymeric material capable of polymerizing (in order to produce a self-healing material similar to biological materials) or a colorant capable of indicating the level of mechanical stress reached at a specific point. The latter feature, in particular, was developed in terms of the capacity of the composite laminate to indicate exposure to mechanical shocks through exposure to UV light (fig.7). Morphing structures’ The second concept developed in the project was to ideate and design “morphing” structures capable of changing their shape and adapting to varying operating conditions. In particular, the researchers working on the STIMA project built a wing profile using chiral elements made up of small composite elements whose deformation (appropriately controlled) creates a movement that leads to an appropriate change in shape, capable of increasing the bearing capacity of the profile. The Display of Signals by Augmented Reality The third concept developed in the STIMA project was that of using augmented reality to display the status of stress or ‘structural health’ of critical components such

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- Hybrid structures for mechanical and aerospace applications as glued joints. In particular, optical fibre sensors previously inserted in the layer of adhesive in a lap-joint (metal-CFRP) are polled by a tablet used to collect and analyse the data provided by the sensors, displaying the state of stress in the joint and any propagation of damage due to fatigue (fig.9). THE DEMONSTRATOR MODELS The technologies designed in the project were applied to a series of demonstrator models, that is, simplified prototypes of the various kinds of application of hybrid structures in various fields. The first prototype represents a mockup of mechanical lifting arms like those of machine tools (fig.10). In particular, a beam made of CFRP was jointed using a titanium alloy terminal through a hybrid joint in which pins capable of absorbing any overloads (loads exceeding the resistance of the glued joint) were added to the glue in the CFRP-Ti joint. The surface of the Ti alloy had been texturized by laser in order to improve the static properties of the glued joint and some optical fibres had been embedded in the adhesive to monitor the development and extension of any delamination during its life. The second demonstrator model is based on a concept of innovative panels for ap-

plications such as bus cabins (or machine tool cabins) with various functions: • CFRP panels with embedded sensors/ actuators to attenuate noise and vibrations • CFRP-honeycomb panels capable of absorbing low-medium kinetic energy shocks (fig.11). The third demonstrator model prepared, as an application of morphing structures other than the aforementioned wing profile (of which a full-size physical model was built), is a rover concept for exploring planet surfaces based on the concept of zoomorphic locomotion. It can move on uneven ground with greater ease than the traditional independent-wheel rovers due to its ‘legs’, which are driven by actuators made of shape-memory alloy. These actuators consist of thin Nitinol wires (diameter 440 µm), which, by effect of a controlled variation in temperature, are subjected to transformations of their crystalline structure and, consequently, variations in length. This means that the movement of the “legs” of the rover can be controlled using a simpler, lighter and more energetically efficient system than traditional ones based on electric motors. A full-size working proof of concept of one of these legs, shown in figure 12, was built.

All the mentioned figures refer to the italian version Fig.1: Diagram of an arm: a hybrid structure integrating various systems (control, implementation, sensorization) Fig.2: Diagram of the stages of the STIMA research project Fig.3: Cohesive models Fig.4: An embedded sensor: a) detail of an optical fibre embedded in a composite material; b) a carbon component with numerous sensors embedded in the composite material Fig.5: Development of distributed measurement and control logic Fig.6: Innovative manufacturing concepts developed in the STIMA project: a) production of laminates with embedded sensors using RTM; b) measurement of hybrid laminate drilling forces by the sensors embedded during production Fig.7: The concept of smart composites obtained by embedding microcapsules in the polymeric material and the two lines of development on self-healing and damage signalling Fig.8: The concept of a “morphing” wing: a) model of the wing; b) chiral elements made of composite material; c) the deformation of the chiral elements causes a movement that changes the load bearing capacity of the profile Fig.9: Adoption of “augmented reality” to poll sensors. a) optical fibre sensors embedded in a metal-CFRP lap-joint; b) display of the state of stress in the joint as produced by processing the sensor data using a tablet Fig.10: Demonstrator model of a mechanical arm integrating various technologies: a) construction of the Ti-CFRP joint on the mock-up of a mechanical arm; b) particular load transfer in the joint; c) the texturized Ti surface before gluing; d) three different types of texture of the surface tested on smaller sized samples Fig.11 Fig.12: Locomotion system using shape-memory actuators: a) Nitinol wires embedded in the joints; b) rover capable of moving on uneven ground and in harsh environments

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Speciale software di progettazione ANSYS

di Pierre Thieffry

Comprendere le complessità dei compositi I software di simulazione ANSYS consentono agli ingegneri che sviluppano compositi di prevedere rapidamente con affidabilità come i loro prodotti si comporteranno nel mondo reale, grazie ad analisi veloci e precise. Per produrre correttamente compositi stratificati, essi devono definire la formula materiale ottimale, che si basa sull’integrazione del numero di strati, dello spessore e dell’orientamento relativo di ognuno. I compositi coinvolgono materiali diversi e molteplici strati. Secondo lo specialista ANSYS di analisi a elementi finiti Marc Wintermantel, le proprietà anisotrope dei materiali compositi hanno creato una quarta dimensione nella progettazione meccanica, in contrapposizione alle proprietà isotrope 3D dei materiali tradizionali.

Quando un progettista utilizza software di simulazione per definire i punti delle parti in composito nello spazio deve tenere in considerazione un’enorme quantità di opzioni e parametri aggiuntivi, si rendono così necessari strumenti di simulazione avanzati. Gli strumenti di simulazione accelerano il processo e lo analizzano dal punto di vista della fisica, diventando uno strumento indispensabile per esplorare questa nuova dimensione. ANSYS Composite PrepPost (ACP) è una soluzione di pre e post-processing per materiali compositi stratificati, integrata nel portafoglio software ANSYS. Consente di modellare efficacemente le strutture composite più complesse e di comprendere potenziali difetti dei prodotti in anticipo. Gli utenti possono sottoporre i prodotti a semplici stress fisici e calcolare i danni progressivi, la delaminazione e le cricche. Le capacità di post-processing della tecnologia consentono di condurre approfondite indagini sull’integrità del prodotto finale e sul

suo comportamento, e gli utenti possono visualizzare i risultati globali o effettuare analisi dettagliate a livello dei singoli strati. Con così tante opzioni di design, gli strumenti corretti per definire le loro proprietà e i diversi percorsi sono indispensabili. È complesso analizzare le zone di sforzo di materiali anisotropi in fase di post-elaborazione perché si possono avere differenti materiali e fibre che vanno in direzioni diverse. È necessario quindi esaminare ogni strato e scoprire le direzioni delle fibre, poiché queste determinano la probabilità di rottura. ACP fornisce gli strumenti per ottenere una panoramica rapida e semplice delle prestazioni e consente di assemblare il materiale in strati e stabilire quale strato si trova sulla parte superiore e la sua direzione. Vi è un dibattito aperto nel settore aerospaziale in merito al ruolo della simulazione: può veramente sostituire il processo di costruzione dei prototipi fisici per testarli e validarli correttamente per il servizio? In un settore strettamente regolamentato come quello aerospaziale l’OEM potrebbe preferire il processo di sviluppo collaudato della prototipazione fisica. L’obiettivo della simulazione è arrivare al punto in cui è possibile sostituire ogni singolo prototipo attraverso la simulazione, ma ci sarà sempre l’esigenza di produrre un ridotto numero di prototipi. Non si tratta quindi di sostituire interamente il processo di prototipazione ma di acquisire il maggior numero di informazioni prima ancora di iniziare la costruzione del prototipo. Utilizzare i prodotti per la progettazione di materiali compositi di ANSYS è molto snello e vicino a come si produrrebbero nella realtà. La curva di apprendimento è abbastanza veloce per chi ha esperienza di materiali compositi, vengono utilizzati solutori di equazioni messe a punto per elaborare calcoli rapidamente, anche con parti in composito molto complesse. Le soluzioni ANSYS hanno anche la capacità di cambiare rapidamente una funzionalità di progettazione e ricalcolare la soluzione senza dover partire da zero. La sfida sta nella necessità di sviluppare rapidamente nuovi compositi senza compromettere le loro qualità materiali. È questa tensione tra velocità, competenza e qualità che sta guidando un così forte interesse nella simulazione e nel CAD nello sviluppo di nuovi materiali. Infatti il post-processing rende i risultati dei calcoli di simulazione disponibili ai non-professionisti coinvolti nella scienza dei materiali. Grazie a uno strumento in grado di produrre trame colorate per dare all’utente una chiara idea di ciò che sta accadendo nella simulazione, anche i non esperti di simulazione meccanica, ma che conoscono le modalità di fabbricazione dei compositi, possono iniziare a lavorare con i prodotti di simulazione ANSYS per ottenere risultati affidabili.

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Speciale software di progettazione MSC SOFTWARE

Strumenti di simulazione a supporto del design dei compositi Le tecnologie di modellazione e simulazione dei compositi permettono di raggiungere gli obiettivi di “lightweighting” tipici del settore automobilistico e dei trasporti in generale. L’adozione di materiali compositi è una scelta sempre più attuale per chi sviluppa nuovi prodotti, a cui viene riconosciuto un alto impatto in termini di qualità del prodotto finito e, quindi, di vantaggio competitivo. Ad oggi, molte aziende che intraprendono questo processo evolutivo basano ancora il proprio processo di progettazione su metodologie tradizionali, che portano a sovradimensionare i componenti con conseguenze quali numerosi iterazioni con i test sperimentali, predizioni non accurate del comportamento del prodotto finale o riduzione di peso limitata. Tutto questo comporta anche costi di implementazione alti che spesso scoraggiano le aziende. La maggior parte dei simulatori rappresentano la plastica come “metallo nero” ed i compositi come “alluminio nero”. Molte software house hanno inserito nelle loro soluzioni alcuni livelli di comportamento non uniforme, ma solo a livello di superficie. Un modello veramente realistico deve considerare in modo accurato: • proprietà specifiche delle fibre e della matrice • composizione di tutti i singoli materiali • influenza del processo di produzione (stampaggio per compressione, stampaggio per iniezione, mucell…). Le funzionalità estese dei prodotti MSC Software per i compositi aiutano a modellare in maniera dettagliata il comportamento dei materiali compositi complessi e quindi ad analizzare e migliorare il design delle parti. La tecnologia MSC Nastran permette di simulare il comportamento di numerose tipologie di

compositi, come termoplastici con fibre continue, pannelli sandwich, plastiche rinforzate, nano-compositi, metalli duri e altri. È possibile effettuare analisi lineari e non lineari, per prevedere accuratamente la risposta delle strutture, analisi del danneggiamento progressivo, ottimizzazione. Digimat, il prodotto di e-Xstream Engineering, società recentemente acquisita da MSC Software, consente di effettuare analisi di multiscala sui compositi, per calcolare le loro proprietà meccaniche, termiche ed elettriche e utilizzarle poi in ogni tipo di analisi a elementi finiti a valle.

SÒPHIA HIGH TECH

Attrezzature per prove meccaniche made in Italy Nell’attività di ricerca innovativa sui materiali compositi sono frequentemente richieste attrezzature per l’esecuzione di test che non costituiscono il corredo standard delle macchine di prova. Sòphia High Tech garantisce attrezzature per prove meccaniche (testing fixtures) su materiali compositi, in accordo con le norme UNI, EN, ISO, ASTM, DIN, BS, AF. Le fixtures vengono prodotte in acciaio al carbonio, acciaio inossidabi-

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le o in leghe metalliche (leghe di nichel) in modo da conferire al prodotto elevate prestazioni, anche a temperature elevate e minimizzare effetti indesiderati quali corrosione ed ossidazione. Investendo consistenti risorse in ricerca industriale, Sòphia migliora le attrezzature di prova esistenti, in termini di configurazione geometrica, di forma e di materiali utilizzati, assicurando al cliente la possibilità di realizzare test speciali le cui attrezzature impiegate necessitano di una realizzazione ad hoc. La progettazione è eseguita con le moderne tecnologie CAE, che garantiscono sicurezza ed affidabilità del prodotto, minimizzando i costi della filiera produttiva. La società, nata nel luglio 2013, vanta nella compagine sociale dottorandi di ricerca e professori dell’Università degli Studi di Napoli Federico II; già classificata come Start Up innovativa, è in attesa dell’accreditamento Spin Off presso l’Ateneo napoletano.


Speciale software di progettazione SMARTCAE

Ottimizzazione dei Laminati con HyperSizer SmartCAE, azienda specializzata nelle soluzioni per la simulazione strutturale dei compositi laminati, ha siglato l’accordo di rivendita per il territorio Italiano del software HyperSizer, sviluppato da Collier Research Corporation. HyperSizer è uno strumento che velocizza l’analisi delle strutture in composito e materiali metallici, dal dimensionamento preliminare, all’ottimizzazione del progetto, alla realizzazione della documentazione tecnica necessaria per la certificazione FAA. HyperSizer si interfaccia sia con strumenti CAD quali Catia o Pro-E e mo-

dellatori e solutori FEM quali Nastran, Ansys o Abaqus. HyperSizer trova larga applicazione nei settori aeronautico e spazio, trasporti, eolico, navale.

HEXAGON METROLOGY

Nuove soluzioni a MecSpe Hexagon Metrology al recente MecSpe di Parma ha presentato la nuova macchina di misura TIGO SF, precisa e compatta, con un volume di misura di 500 x 580 x 500 mm (X/Y/Z) e un campo di temperatura operativo da 15 a 30 °C, progettata per l’impiego in ambienti industriali. Progettata e costruita in Italia, struttura robusta, minimo ingombro, nessuna necessità di alimentazione pneumatica, protezione dalle vibrazioni e da polveri, sensori di precisione per scansione continua. A ciò si aggiunge un nuovo concetto operativo, basato sul software di misura PC-DMIS Touch. La nuova versione di PC-DMIS, basata su sistema operativo Windows 8, offre un modo nuovo di eseguire operazioni di misura. Le singole dimensioni vengono rilevate per mezzo di sequenze di misura automatiche intuitive, mentre i programmi di misura più complessi sono creati misurando le caratteristiche direttamente sul pezzo. Primo piano anche per le macchine di misura a coordinate Leitz Reference, prodotte negli stabilimenti Hexagon Metrology di Wetzlar, in Germania. Questa linea di macchine di altissima precisione, rinnovata e potenziata, si pone ai primi posti per prestazioni metrologiche, capacità di scansione ed efficienza produttiva nella sua categoria. Equipaggiata con tastatori per scansione continua Leitz e soluzioni tecnologiche avanzate, Leitz Reference si colloca sulla fascia alta delle macchine di misura a portale, seconda solo ai modelli ultraprecisi PMM appartenenti al prestigioso marchio tedesco. Allo stand Hexagon Metrology ha presentato anche una cella robotizzata dedicata alla misura di componenti automobilistici (elementi di carrozzeria e pannelli interni). La misura avviene per mezzo di un sensore per fotogrammetria montato a bordo di un normale robot antropomorfo industriale, che rileva in tempi rapidi la superficie del pezzo e la confronta con il relativo modello matematico. L’applicazione fa parte di un programma di sviluppo intrapreso da Hexagon Metrology, volto ad ottimizzare le procedure di collaudo dimensionale in linea. Accanto ai bracci di misura e ai sistemi laser tracker, due interessanti novità anche per i sistemi di misura portatili. Leica B-probe è un sensore portatile wireless che estende le potenzialità del laser tracker Leica AT402. È stato studiato per il collaudo, l’allineamento e il montaggio di grandi componenti come carrozze ferroviarie, veicoli movimento terra e ad uso non stradale o macchinari agricoli. Opera entro una distanza radiale di 10 m dall’AT402 con una precisione di ± 0.2 mm nell’intero campo di misura, offrendo maggiori potenzialità e flessibilità rispetto a sistemi analoghi con sistema di rilevamento fisso. Il sensore ha un peso di soli 190 g. Hexagon Metrology WLS qFLASH è il nuovo sistema di misura a luce bianca (fotogrammetria) compatto. Consente ai produttori di componenti di piccole e medie dimensioni di misurare superfici ed elementi in aree in cui lo spazio operativo è limitato o in ambienti di produzione. È uno strumento pratico e vantaggioso per applicazioni di misura come componenti in plastica, interni d’automobile, piccoli componenti in lamiera e fusioni. Rapida acquisizione delle immagini, alloggiamento in fibra di carbonio robusto, illuminazione a LED blu e modalità di funzionamento manuale ne fanno una soluzione di misura a luce bianca rapida, versatile e affidabile.

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Hexagon Metrology WLS qFlash

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Puntiamo sull’Italia Nell’anno in cui festeggia il suo 30° anno di attività, Zund, il produttore svizzero di sistemi di taglio, apre la sua sede italiana a Valbrembo (Bergamo). In occasione dell’inaugurazione del sito, lo scorso marzo, abbiamo incontrato Oliver Zund, amministratore delegato dell’azienda, a cui abbiamo rivolto alcune domande.

Oliver Zund Quanto è importante il mercato italiano per zund? L’Italia rappresenta uno dei mercati più grandi e vivaci per il settore dei compositi in Europa. Quindi è molto importante anche per la nostra azienda, che vanta clienti di primissimo piano, come, solo per fare un nome, Ferrari. Nel vostro Paese, inoltre, sono moltissime le realtà che lavorano nel comparto o che utilizzano questi materiali, soprattutto nel settore edile e nell’industria automobilistica, e assistiamo a una crescente domanda di sistemi di taglio automatizzati, modulari e di qualità.

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Quando e come è nata l’idea di aprire la nuova filiale? Zund Italia nasce per garantire agli utilizzatori dei nostri sistemi un servizio sempre migliore, basato sulla prossimità al cliente, insieme al desiderio di rafforzare la posizione dell’azienda su questo mercato. Una filosofia che è anche alla base della nostra strategia di crescita. Al quartier generale di Altstätten, in Svizzera, dove si concentrano le attività di ricerca e sviluppo, produzione e marketing, e alle filiali di vendita e assistenza tecnica di Hong Kong (Cina), Franklin (USA), Bangalore (India) ed Eersel (Olanda), ora si aggiunge il sito di Valbrembo, che rappresenta solo l’ultimo tassello, almeno per ora, di questo cammino. L’impiego dei compositi si sta estendendo a un numero sempre maggiore di applicazioni. Quali sono le esigenze emergenti? La riduzione dei costi di produzione è il filo comune che unisce un po’ tutti i settori. Un’esigenza che può essere declinata su tutte le fasi del ciclo di lavorazione dei compositi e che interessa diversi aspetti, dalla riduzione degli scarti, per risparmiare preziosa materia prima, a processi più efficienti, in termini di tempi di ciclo, temperature, quin-

di con bassi consumi energetici. A questo si lega la necessità di garantire una maggiore ripetibilità di processo, requisito indispensabile per le produzioni destinate ai mercati di massa. Pensiamo solo al comparto automotive, dove l’impiego dei compositi, oltre che nella realizzazione di veicoli di lusso o supercar, si sta estendendo anche alle vetture di serie. Per queste applicazioni, poter garantire prodotti affidabili e a costi accettabili diventa fondamentale. Le soluzioni zund come rispondono a questa domanda? I nostri cutter, nello specifico G3 e S3, sono modulari e multifunzionali e quindi possono essere configurati per soddisfare una gamma eccezionalmente vasta di esigenze di taglio. Si tratta di un aspetto molto importante anche nell’ottica del contenimento dei costi, in quanto con un’unica macchina è possibile lavorare materiali diversi, con flussi di produzione variabili, ma sempre in modo veloce e con un’estrema precisione e qualità del taglio. Hanno un elevato livello di automazione e sono gestite da un software, Zund Cut Center, compatibile con numerosi formati file, che può essere facilmente integrato con altre piattaforme software, in modo da ottimizzare il flusso di lavoro.


- Puntiamo sull’Italia -

Qual è l’ultima soluzione che avete sviluppato per questo settore? È Power Rotary Tool, è un utensile molto robusto concepito per tagliare una vasta gamma di materiali difficili, come le fibre di vetro e le fibre aramidiche. Può essere impostato su 3 diversi livel-

li di numeri di giri, proprietà che, unita all’utilizzo di lame rotanti, che riduce la forza di trazione esercitata sul materiale, garantisce un taglio pulito di compositi densi e spessi, anche di quelli con un basso punto di fusione. Caratteristiche che si traducono in benefici economici: lo strumento, infatti oltre ad assi-

curare una produttività elevata, è stato progettato con alcuni accorgimenti che ne riducono al minimo i consumi di energia. Ad esempio, l’aria compressa che mantiene il gruppo di taglio privo di residui di fibre e detriti, viene sfruttata al tempo stesso anche per raffreddare il motore.

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Mario Caponnetto - America’s Cup yacht designer

Il catamarano delle meraviglie L’ultima edizione della Coppa America, svoltasi lo scorso settembre nella baia di San Francisco, sarà ricordata per la schiacciante superiorità del Team Oracle Usa che nella seconda fase della competizione ha inanellato 8 vittorie consecutive. Vediamo alcuni aspetti progettuali che hanno contribuito a questo successo.

L

a 34esima edizione della Coppa America tenutasi lo scorso settembre nelle acque della baia di San Francisco sarà ricordata per almeno due motivi. Per la prima volta si sono dati battaglia catamarani ultra performanti capaci di raggiungere velocità di punta superiori agli 80 km/h. In secondo luogo, per la schiacciante superiorità del Team Oracle USA sopra i neozelandesi di ETNZ (Emirates Team New Zealand) nella seconda metà dell’evento. Con 8 vittorie consecutive gli americani hanno potuto portare il punteggio da uno svantaggio di 1-8 alla vittoria con 9-8. Nel febbraio 2010, nelle acque di Valencia, il team americano BMW Oracle si aggiudicava la 33esima edizione della Coppa America, con un trimarano che per la prima volta armava, al posto del tradizionale albero con vela maestra, una gigantesca ala dell’altezza di quasi 70 m (fig.2). L’ala in carbonio, composta da un elemento frontale strutturale portante e da una serie di “flaps” posteriori regolabili ciascuno indipendentemente, migliorava l’efficienza aerodinamica della barca e permetteva di trasferire gli enormi carichi strutturali da una membrana in tensione (la vela) a una struttura alare tridimensionale vera e propria. Questo consentiva una drastica riduzione dei carichi trasferiti alla barca e all’attrezzatura, e una più facile e veloce re-

golazione della forma dell’ala stessa da parte dell’equipaggio. In quanto team vincente gli americani di Oracle avevano il diritto di scegliere il tipo di barca da utilizzare per la sfida successiva, optando ancora per multiscafi dotati di ala. Per ragioni principalmente economiche si passò però a multiscafi più piccoli (22 m di lunghezza) dotati di ali alte “solo” 40 m. Nascevano così gli AC72, catamarani le cui caratteristiche principali (lunghezza, larghezza, peso, ecc.) erano fissate da un regolamento di stazza, che permetteva però una larga autonomia progettuale riguardo le forme degli scafi, le appendici di carena (derive e timoni) e le scelte strutturali. Puntare sull’aerodinamica Sempre basandosi sull’esperienza del trimarano vittorioso a Valencia, i progettisti di Oracle (tra cui Mario Caponnetto come responsabile della Computational Fluid Dynamics e dell’aero e idrodinamica generale) puntarono nello sviluppo delle nuove barche sul miglioramento dell’aerodinamica esterna e sulla riduzione della resistenza al vento. Sebbene questa scelta possa sembrare naturale, per un progettista navale non lo è. Tradizionalmente navi e barche a vela monoscafo sono relativamente lente e pesanti e la principale causa della resistenza all’avanzamento viene dalla resi-

Fig.1: Oracle Team USA e Emirates Team New Zealand in regata durante la finale della 34esima America’s Cup

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stenza idrodinamica della carena, sotto forma d’onda prodotta al suo avanzare (resistenza d’onda) e di attrito sulla superficie bagnata (resistenza d’attrito). La resistenza del vento sulla parte esposta all’aria della barca (la cosiddetta piattaforma) è percentualmente piccola rispetto alla componente idrodinamica. Al contrario, in un catamarano leggero e veloce la resistenza idrodinamica è molto minore rispetto a quella di un monoscafo di uguale lunghezza (lo scafo di un catamarano può essere infatti molto più “snello”). La sua velocità molto maggiore (da 2 a 4 volte quella del monoscafo equivalente) fa sì che il vento apparente, quello percepito sulla barca in movimento, sia sempre molto elevata. Sugli AC72, per esempio, si è arrivati a misurare un vento “percepito” a bordo di oltre 50 nodi, quando il vento reale (quello misurato da un osservatore fermo) era in effetti di soli 20 nodi. Considerando che la resistenza aerodinamica varia con il quadrato della velocità del vento e anche la maggiore area frontale di un catamarano, si è puntato sulla riduzione di tale resistenza. Le scelte progettuali Un catamarano a vela deve la sua velocità all’elevata stabilità trasversale, a sua volta conseguenza dell’elevata larghezza. I due scafi che lo compongono

Fig.2: Febbraio 2010. BMW Oracle e Alinghi si scontrano nella acque di Valencia per la finale della 33esima America’s Cup. BMW Oracle è equipaggiata con un’ala dell’altezza di 70 m. Alinghi naviga con fiocco e randa tradizionali


- Il catamarano delle meraviglie sono tenuti insieme e separati da due traverse: l’anteriore posta subito sotto la base dell’albero (o dell’ala in questo caso), la posteriore all’estrema poppa. Un elemento strutturale longitudinale centrale sostiene il carico dello “strallo” di prua, un cavo che a sua volta sostiene strutturalmente il fiocco (vela di prua) e la trazione delle sartie che impediscono all’albero di cadere di lato e in avanti. Tradizionalmente, le traverse che uniscono gli scafi venivano progettate guardando soprattutto all’aspetto stutturale, senza dare troppa importanza a quello aerodinamico. In Oracle, usando soprattutto simulazioni aerodinamiche CFD, si capì che non solo le traverse dovevano avere una forma alare tale da ridurre la resistenza al vento, ma potevano essere delle vere e proprie ali sagomate per lavorare, da un punto di vista aerodinamico, in sinergia con l’ala vera e propria e le altre vele, partecipando quindi alla propulsione della barca. I carichi a cui sono sottoposte le traverse richiedono controventature, cavi che prendono i carichi a trazione e permettono la riduzione dello spessore delle traverse. La barca neozelandese sfidante Alinghi, seguiva questo approccio portato all’estremo, cosa che la rendeva estremamente rigida e molto vulnerabile sul piano aerodinamico. La figura 3 mostra l’insieme dei cavi che da diverse parti della barca convergevano alla cosiddetta “stazione centrale”, una struttura posizionata esattamente al di sotto del punto di appoggio dell’ala sulla traversa anteriore. L’insieme di questi cavi crea una notevole resistenza aerodinamica. In Oracle, al contrario, poiché ci eravamo resi conto che traverse opportunamente studiate, anche se più grandi e spesse, potevano essere molto efficien-

ti sul piano aerodinamico, si era deciso di prescindere dall’uso di cavi tiranti e di far prendere tutto il carico alle traverse stesse. L’unico cavo esistente sulla piattaforma nella configurazione finale andava ad attaccarsi a una struttura chiamata pod. Il pod era un elemento strutturale e aerodinamico allo stesso tempo. Dal punto di vista strutturale, essendo collegato ad entrambe le traverse, partecipava alla rigidezza torsionale di tutta la piattaforma. Allo stesso tempo era un prolungamento dell’ala verso il basso, e ciò ne aumentava considerevolmente l’efficienza aerodinamica. All’aumento dell’efficienza aerodinamica della piattaforma contribuirà anche l’end plate, una falsa coperta non strutturale (composta in gran parte da elementi gonfiabili) su cui le basi dell’ala e della vela di prua scivolavano, permettendone la regolazione ma non il passaggio dell’aria dal lato sopravvento (in pressione) al lato sottovento (in depressione), limitando quindi la resistenza aerodinamica legata allo sviluppo di vortici di estremità (figura 4). Volare sull’acqua Il grande merito del team neozelandese è stato aver puntato allo sviluppo di una barca che, invece di navigare con gli scafi costantemente immersi nell’acqua, era dotata di derive che al disopra di una certa velocità funzionavano come le ali di un aliscafo. La portanza verticale di queste derive permetteva agli scafi di emergere completamente dall’acqua facendo letteralmente volare la barca sull’acqua, riducendo drasticamente la resistenza idrodinamica e incrementando ulteriormente la velocità. Se l’idea era stata valutata anche dai designer di Oracle, i neozelandesi furono

Fig.3: La “stazione centrale” di ETNZ, dove arrivavano tutti i cavi di sostegno della struttura. Questo rendeva la barca estremamente rigida a discapito di una maggiore resistenza al vento

i primi a trovare il modo per avere un “volo” relativamente stabile e controllato. In Oracle si dovettero poi adattare la barca e le derive alle nuove esigenze e quindi cominciare a “imparare a volare”. In particolare, il nuovo tipo di carico a cui era soggetta la barca in volo richiese alcune modifiche strutturali. La barca venne irrigidita per permettere un migliore controllo dell’andatura, senza però rinunciare al vantaggio aerodinamico già conseguito. Il gap inizialmente elevato tra le prestazioni della barca kiwi e quella americana venivano riducendosi all’avvicinarsi delle regate, man mano che Oracle ottimizzava la barca e l’equipaggio imparava nuove tecniche di manovre in volo. Il volo che inizialmente veniva effettuato solo nelle andature più veloci (col vento in poppa o al traverso) cominciò a essere usato sempre di più nelle andature relativamente più lente controvento (la bolina). Per capire quanto il volo avesse cambiato il gioco, basti pensare che i target massimi per questa andatura, cioè la velocità teorica raggiungibile, andarono da circa 20 nodi prima del volo a quasi 30 nodi dopo l’introduzione del volo. Paradossalmente l’invenzione neozelandese andò alla fine a vantaggio degli americani, in quanto il generale aumento della velocità delle barche fece emergere ancora di più l’importanza dell’aerodinamica, dove l’equipaggio di Oracle aveva ancora un notevole vantaggio. Il sorpasso in termini di prestazioni avvenne quando ai neozelandesi mancava una regata (e agli americani 8) per vincere la Coppa America. Avendo una barca migliore di bolina e grazie a un equipaggio molto preparato, Oracle riuscì ad annullare 8 match point e a tenere la Coppa America in casa.

Fig.4: In questa immagine è chiaramente visibile l’end plate, la falsa coperta centrale su cui si appoggiano la base dell’ala e del fiocco. Questo accorgimento ha permesso un ulteriore aumento dell’efficienza aerodinamica grazie al controllo dello sviluppo dei vortici di estremità

Compositi

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JEC Europe 2014

Va in scena il futuro Il grande balzo in avanti che ci ha portato dai materiali tradizionali ai compositi ha visto in questi ultimi anni uno sviluppo particolarmente interessante. Soluzioni tecnologiche inimmaginabili fino a pochi anni fa, sostenute da una sempre più approfondita ricerca ed applicazioni in campi sempre meno di nicchia. Tempio e celebrazione del futuro, o perlomeno dei materiali del futuro: Parigi e l’appuntamento annuale del JEC. Rinforzi che vanno dal vetro alla ceramica, al legno, alla fibra di basalto, oltre al carbonio naturalmente, trovano nuove soluzioni ed impieghi. Materiali con performance ad hoc “cucinati su misura” nel grande “pentolone” dei progetti e delle idee che in questa occasione si rappresentano. Ogni costruzione che necessita di materiali performanti avrà (se non ha già) una pronta risposta nei compositi declinati per ogni performance: resistenti al calore, leggeri, solidissimi o flessibili. L’ingegnerizzazione nasce da un’esigenza e procede in una precisa ricerca di resine e filati che si traducono in tessuti specifici che, a seconda non solo del materiale, ma anche della loro trama, rispondono a specifiche necessità. Entrare nei padiglioni del JEC è come immergersi nel futuro e, di anno in anno, ci si accorge come i materiali compositi stiano passando dai “piani alti” delle applicazioni, come aerospace e militare, a livelli intermedi, come automotive e marine fino ad arrivare al comparto delle costruzioni. Di anno in anno gli elevati costi della ricerca, ammortizzati nelle applicazioni più nobili, si sono stemperati nelle applicazioni con cui veniamo a contatto sempre più frequentemente. Si tratti di un ponte, un casco, una scocca di un’auto, di pale eoliche. Si auspica che saranno proprio i materiali compositi gli unici a dare una risposta convincente a ogni tipo di necessità di costruzione. In futuro l’utilizzo di questi materiali in settori di largo consumo contribuirà certamente ad un forte sviluppo di questo mondo così sfaccettato e affascinante.

ALTAIR Altair è un’azienda incentrata sull’analisi e sviluppo prodotto, volta ad aiutare il cliente nella progettazione dei propri componenti e processi di produzione. Un’azienda a livello globale, Altair opera in campi come aeronautica, energia, automotive e il comparto militare. La sfida nella simulazione dei compositi è data dal grande numero di gradi di libertà rispetto ai materiali convenzionali, una flessibilità che complica il compito del progettista. La simulazione del materiale e del componente da realizzare è dunque un supporto essenziale per il progettista. In tale contesto, un aspetto chiave per Altair è l’ottimizzazione. Il metodo tradizionale di progettazione prevede che il prodotto venga sviluppato in un sistema CAD e solo in un secondo tempo verificato con test simulativi, con l’eventuale ripetizione fino a raggiungere il design ottimale. Nell’ottimizzazione, la ricerca delle scelte ottimali di design è svolta con l’ausilio del software stesso di simulazione sin dal principio. La tecnologia dell’ottimizzazione punta a sfruttare un aspetto caratteristico dei compositi, ovvero la loro flessibilità nella fase di design, rispetto a una progettazione classica, basata su componenti

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metallici. Un obiettivo tipico nell’uso dei compositi è la riduzione del peso; l’ottimizzazione offre miglioramenti tipici dell’ordine del 10-20%. A dimostrazione del suo interesse per il tema lightweight Altair ha bandito un concorso per progetti su questa tematica, assegnato per la prima volta l’anno scorso alla BASF per un componente automotive in materiale composito. Sedile in composito progettato da BASF Corp. che ha vinto l’edizione inaugurale dell’Altair Enlighten Awardx


JEC Europe 2014 CEDREM CEDREM è un team composto da ingegneri e ricercatori, che offre servizi di progettazione e strumenti di simulazione, e si specializza nell’analisi di sistemi complessi soggetti a carichi dinamici, come shock, impatti, esplosioni e impatti balistici. Il tipo di servizio proposto da CEDREM può essere di tipo puramente simulativo, quando il cliente abbia un case study specifico, oppure una soluzione completa che includa il design e la simulazione di un prodotto custom. Esempi di studi di impatto comprendono applicazioni al settore automobilistico, come la progettazione di assorbitori di energia per veicoli in caso di urto, o sistemi di protezione come seggiolini per bambini o caschi ed elmetti. CEDREM ha anche svolto attività nel settore aeronautico, simulando impatti con volatili, e nel settore militare (resistenza di veicoli alle esplosioni, progettazione di giubbotti antiproiettile con ottimizzazione del peso senza perdita di prestazioni). La tema-

tica delle esplosioni riveste particolare importanza anche nelle costruzioni, dove in caso di eventi esplosivi si deve garantire la resistenza delle strutture e impedire la proiezione di materiale. L’attività di CEDREM è stata premiata al JEC 2013 con l’Innovation Award nella categoria Automotive, assegnato al progetto “Self-supporting composite structure for a light urban electric vehicle”, per il quale PSA Peugeot ha realizzato un innovativo veicolo elettrico in cui CEDREM ha svolto un determinante lavoro di simulazione. CEDREM ha ricevuto il JEC Innovation Award ad Atlanta (Georgia, USA) nella categoria balistica per il suo nuovo assorbitore in composito ad alta energia. Al 100 % in composito l’assorbitore presenta una riduzione di peso da 15 al 20 % rispetto a prodotti analoghi. Le prime applicazioni sono nei mercati della difesa e della sicurezza, ma viene usato anche nei progetti civili.

CHOMARAT Al JEC Composites Show 2014 il gruppo industriale Chomarat ha presentato per la prima volta un velivolo innovativo, il VX-1 KittyHawk, progettato e realizzato dall’americana VX Aerospace Corporation, e che si è avvalso del C-PLY™ fornito da Chomarat quale materiale di rinforzo. Il velivolo è privo di ali, in quanto il corpo stesso dell’aereo costituisce la superficie d’ala, e si configura quindi come “blended wing aircraft” o “hybrid wing body”. Grazie all’uso di materiali compositi, esso offre alte prestazioni e allo stesso tempo possiede un ampio volume interno che può essere sfruttato per il trasporto di passeggeri oppure di carico; versioni unmanned sono facilmente realizzabili grazie alla scalabilità del design. Il grande volume interno permette poi l’uso del gas naturale compresso come carburante, che riduce il costo di operazione del velivolo rispetto ai carburanti convenzionali per l’aviazione. Tra le caratteristiche costruttive si rimarcano infine 1) la semplicità del design: escludendo i servizi di controllo, il 100% della struttura è completato con l’assemblaggio di sole sei parti, il che riduce il costo di realizzazione; 2) l’assenza di strutture lunghe e sottili come le ali convenzionali, che fa sì che non ci siano componenti soggetti ad alti sforzi, perciò anche quando la struttura è sotto carico, questo è distribuito meglio sull’area e sono assenti i problemi derivanti da carichi concentrati.

COMPOSE TOOLS Compose Tools, l’azienda dedicata alle tecnologie per il tooling, ha partecipato al JEC Show 2014 presentando la sua gamma di soluzioni, con un’attenzione particolare agli sviluppi nel settore compositi. Di base in Francia e con un core business incentrato sulla produzione di stampi, Compose offre soluzioni in metallo di vario tipo (acciaio, alluminio, Invar) per il processing di materiali compositi termoindurenti e termoplastici secondo varie tecnologie, come stampaggio o RTM. Compose si dedica attivamente alla sperimentazione, con un’area dedicata ai test sui propri stampi, che include un equipaggiamento per RTM, presse e forni infrarossi per prove di stampaggio. I risultati si concretizzano nella possibilità di cre-

are stampi di grandi dimensioni, con lunghezza massima di 8 metri, peso di più di 100 tonnellate e temperature di lavoro fino a 450°C, oltre che nella significativa riduzione dei tempi di curing, giunti fino a due minuti per resine epossidiche, risultati che riflettono il momento di grande sviluppo in ottica futura per il settore dei compositi. Come esempio dimostrativo, Compose ha esibito nel suo stand al JEC 2014 lo stampo utilizzato per la creazione degli stampi con cui è prodotto un braccio delle sospensioni, realizzato per termoformatura e saldatura di due elementi in composito termoplastico, esibito in occasione della precedente edizione del JEC Composites Show.

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JEC Europe 2014 DEAR COMPOSITES Dear Composites da oltre vent’anni produce e commercializza tutti i materiali consumabili per l’infusione, come sacchi a vuoto, film distaccanti, canali d’infusione, nastri butilici. Al JEC Composites Show 2014 Dear Composites ha presentato varie novità, da vari comsumable per l’infusione, fino a una nuova resina fotoattivante. Questa resina si attiva con semplici UV e ha tempi di polimerizzazione molto ridotti (5-7 minuti per polimerizzazione completa), permettendo la successiva lavorazione in tempi praticamente immediati. Prove sul materiale hanno confermato una polimerizzazione al 100% nell’arco dei tempi specificati, superiore a epossidiche standard curate in autoclave. Questo tipo di prodotto ben si presta all’applicazione su pale eoliche, serbatoi, soprattutto per quanto riguarda la riparazione, che tipicamente è scomoda, lenta e laboriosa; con questa resina, applicando direttamente sulla rottura e polimerizzando con lampada UV, il pezzo può tornare in condizioni di lavoro in tempi dell’ordine di un’ora Un esempio paradigmatico: test su una pala eolica di 6 m hanno dimostrato la fattibilità di una lavorazione completa in 2 ore, con montaggio su turbina il giorno successivo. Si possono produrre sistemi a base poliestere e vinilestere, fino all’epossidica, con stessi tempi di reazione, e il prodotto

è utilizzabile sia in infusione che in laminazione manuale, mentre è in studio la produzione di un prodotto per uso su prepreg con fibra di vetro.

Ciclo di laminazione Release agent

Gelcoat

Glass fiber

UV Curing Moulded part

DSM La partecipazione di DSM Composite Resins al JEC Composites Show 2014 è stata contrassegnata dalla vittoria dell’Innovation Award nella categoria Sustainability, grazie al progetto presentato in collaborazione con Siemens Wind Power,

3B Fibreglass, la DTU (Technical University of Denmark), e basato sullo sviluppo di un nuovo sistema di materiali per pale eoliche. Il progetto presenta un sistema composite che combina le ottime proprietà meccaniche delle resine epossidiche con il processing, più rapido ed economicamente vantaggioso, delle resine poliesteri e vinilesteri. Il premio sottolinea aspetti importanti nella strategia di innovazione adottata da DSM, i cui punti chiave erano l’eliminazione di cobalto e stirene e l’introduzione di un contenuto biologico nella resina (al 40% in questo prodotto). DSM lavorerà con le aziende del settore eolico per arrivare alla produzione su larga scala, e passare poi ad applicazioni in altri settori (costruzioni, nautica). DSM ha anche presentato il veicolo solare Nuna7, sviluppato da un team di studenti e vincitore di una competizione di 3000 km in Australia ne l2013. DSM è stata co-sponsor di Nuna7, che utilizzando la resina Daron® è anche uno degli esempi del suo impegno nell’uso di resine senza stirene, componenti soggetti a norme sempre più restrittive e che quindi impongono il perseguimento di alternative. DSM si è anche impegnata nell’aspetto del riciclo, collaborando con aziende nel settore dei cementi per un riciclaggio dei compositi economicamente competitivo.

EVONIK Evonik è un’azienda composta di sei diverse business unit, indipendenti ma unite in un team per fornire un servizio globale all’industria dei compositi. Al JEC Composites Show 2014 Evonik ha presentato diversi esempi dei suoi materiali: nel campo dei termoplastici, il VESTAKEEP®, un polietereterchetone per materiali a alta temperatura; per le poliammidi, il PA12, a catena lunga e alte performance; per i materiali d’anima, il ROHACELL®, una schiuma per core resistente ad alte temperature e pressioni, e quindi importante per la produzione in autoclave, largamente sfruttata nel settore aeronautico, uno dei maggiori mercati di Evonik. Per il mercato dei termoindurenti Evonik propone materiali per alte temperature come Compimide® e CALIDUR®, sistemi

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parzialmente aromatici di largo uso nell’aeronautica e poliammidi alifatiche per automotive, eolico e tubazioni. Oltre a sistemi compositi completi, Evonik offre anche crosslinker per sistemi epossidici: uno dei prodotti di maggior successo è infatti VESTAMIN®, un crosslinker di ampio utilizzo nei sistemi epossidici per il settore eolico, che è il maggior mercato per l’azienda. Per il futuro, Evonik sta lavorando alla produzione di semilavorati, e inoltre punterà molto sull’automotive: come mostra la BMW i3, auto elettrica con l’abitacolo completamente in carbonio e prima auto del suo genere a essere prodotta in serie, l’automotive è destinato a diventare il mercato leader per i compositi, evidenziando peraltro la necessità del riciclo.


JEC Europe 2014 FORMAX Formax è un’azienda leader nella produzione di tessuti in grado di fornire soluzioni su misura alla propria clientela, anche grazie alla presenza di un dipartimento R&D. L’azienda ha recentemente acquisito un’area industriale di oltre 4600 mq dedicata al settore automotive, dove sta installando una nuova macchina multiassiale per la fibra in carbonio dalla lunghezza superiore ai 40 m.

La macchina offre possibilità particolari su tessuti in fibra di carbonio di larghezza fino a 1.6 m, quali la scelta di diversi angoli (22.5°, 30°, 45°, 60°) e l’opportunità di modificare il tipo di tessitura durante la lavorazione, così da permettere un’ottimizzazione locale del tessuto, un’opzione di grande interesse per l’automotive. Oltre a prodotti d’alto profilo del carbonio, Formax è forte di una produzione annuale di circa 5000 tonnellate di tessuto multiassiale in fibra di vetro, diretto a mercati quali nautica, energia eolica, oil&gas, e di un parco macchine che comprende 60 macchine multiassiali, di cui 6 dedicate alla fibra di carbonio. I prodotti di Formax trovano impiego in una varietà di processi, dal lay-up manual al RTM. Attenta al tema del riciclo, Formax ha realizzato un prodotto per l’automotive a base di fibre corte in carbonio ricavate dal taglio degli scarti nei processi di lavorazione di altri componenti. Seppure di più limitate proprietà meccaniche, il prodotto si può usare in pannelli o rivestimenti di interni d’auto, o in vari processi di stampaggio a pressione.

FRAUNHOFER

da sinistra: Daniel Werner, Dr. Michael Emonts und Henning Janssen. © Fraunhofer IPT Fraunhofer IPT ha ricevuto il JEC 2014 Innovation Award nella categoria Process insieme al partner AFPT (Advanced Fiber Placement Technology) per il recente sviluppo di uno strumen-

to all-in-one per il posizionamento di nastri, adatto sia a termoplastici che a termoindurenti e a fibra secca. Questa nuova, flessibile attrezzatura permette di utilizzare una sola macchina per diverse tecnologie, ed è quindi particolarmente indicata per produzioni su piccola scala o centri di ricerca. Il processo è completamente automatizzabile e può essere usato in sistemi robotizzati standard. Le possibilità di processo permettono, per esempio, di applicare i rinforzi in zone localizzate di componenti realizzati tramite injection moulding, con notevole risparmio economico. Fraunhofer IPT si occupa inoltre di una varietà di tecnologie di produzione. Alcuni esempi sono: lo sviluppo completo di sistemi di termoformatura; le tecnologie di realizzazione di parti in plastica fibrorinforzata, dalla produzione della fibra alla finitura dei componenti; la realizzazione di sistemi di bloccaggio di tessuti, con metodi elettrostatici per ovviare alle difficoltà di presa meccanica in materiali permeabili all’aria. Come istituto di ricerca, Fraunhofer IPT ha per obiettivo l’innovazione, ma è anche in contatto con l’industria al fine di trovare applicazioni dirette, ed è a disposizione del cliente che richieda soluzioni custom ai suoi problem.

FRIMO GROUP Frimo è un produttore di macchine e tooling per varie tecnologie: PU processing, taglio, punzonatura, pressatura, termoformatura, laminazione, edgefolding, incollaggio e saldatura di plastiche. Per il settore dei compositi, Frimo è in grado di fornire una gamma di attrezzature, dalle presse di piccole dimensioni direttamente o anche di grandi dimensioni tramite una partnership con Schuler, agli equipaggiamenti per il dosaggio e la miscelatura, fino ai sistemi di automazione. Le attrezzature offerte da Frimo sono orientate all’uso nella lavorazione materiali poliuretanici, e vista l’importanza crescente di questi materiali nel settore dei compositi Frimo ha sviluppato dei progetti coi suoi partner. In particolare, in collaborazione con Huntsman, Frimo ha realizzato il tooling per la lavorazione del Vitrox®, prodotto poliuretanico realizzato da Huntsman per l’uso nel settore dei compositi. Uno dei risultati è il progetto Street Shark di Frimo applicato su una BMW Z4 modificata, un veicolo il cui cofano e tetto hanno una superficie a pelle

di squalo che riduce la resistenza al moto. Rispetto alle resine epossidiche, l’uso dei poliuretani permette minori pressioni di lavorazione così da non distruggere la fine struttura superficiale del componente, il quale può dunque essere realizzato in un solo passaggio, finitura inclusa. Evitando la necessità di applicare uno strato superficiale sulla parte realizzata, il sistema offre vantaggi in termini di efficienza e di stabilità del pezzo.

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JEC Europe 2014 G. & G. ENGINEERING G&G Engineering offre al cliente una lunga esperienza nella realizzazione dei sistemi produttivi e le macchine correlate per i compositi. Partendo da una nicchia di settore (arredo, sanitari) G&G ha sviluppato coi partner una serie di brevetti specifici ed è perciò in grado di sviluppare un sistema produttivo per diverse applicazioni, fornendo tutta la parte di sviluppo chimico (ottimizzazione del compound), del ciclo termico di produzione fino alla macchina completa. Un caso esemplare è una macchina che permette di realizzare un materiale molto performante: antigraffio, molto resistente a impatto e a temperature di 300° di calore secco, si può sfruttare per esempio in applicazioni civili quali elementi di arredo decorati e colorati, sui quali vengono stampate direttamente tutte le figure di design.

Il vantaggio è un prodotto che esce dallo stampo completamente finito, senza necessità di ulteriore finitura. Un’altra divisione dell’azienda si occupa di produzione di macchine waterjet per taglio di qualsiasi materiale. In tutti i casi, un punto di forza dell’azienda è lo sviluppo di macchine CNC custom, adatte alle precise esigenze del cliente e quindi con significative possibilità di contenimento dei costi, così da adattarsi al settore delle piccole e medie imprese senza la perdita di performance della macchina. Grazie anche a macchine test il cliente è coinvolto nella fase di verifica, così da arrivare poi all’ingegnerizzazione e industrializzazione del sistema produttivo.

GROLMAN Grolman Group è un distributore paneuropeo di specialità chimiche. Il portafoglio prodotti si articola in tre sottocategorie principali: filler, pigmenti, additivi. Le principali aree di applicazione sono: il coating, le materie plastiche e i compositi. Grolman possiede laboratori per la verifica dei materiali prima della commercializzazione, che per sviluppare nuove applicazioni e tecnologie con clienti/fornitori. Il nitruro di boro, che Grolman presenta sul mercato per Momentive, è un materiale ceramico innovativo: pur mantenendo la proprietà tipica dei polimeri plastici di isolamento elettrico, permette un incremento della conducibilità termica del polimero in cui è inserito. In virtù di questi due aspetti, le applicazioni in ambito elettrotecnico ed elettronico sono quelle più idonee, dove l’isolamento elettrico contestualmente ad una buona conducibilità termica sono essenziali. Nell’ambito del settore dei compositi Grolman propo-

ne diversi prodotti tecnici, tra cui menzioniamo per brevità la wollastonite e gli imidazoli della Shikoku. La Wollastonite, prodotta da Nordkalk è una carica in metasilicato di calcio dalla forma aciculare (indice di forma molto alto), che in alcune applicazioni può sostituire la fibra di vetro. La wollastonite è disponibile anche post trattata. Questo consente un legame intimo con la resina polimerica, tale da evitare la formazione di cricche all’interfaccia polimero-carica minerale, migliorando il comportamento meccanico dell’insieme. Shikoku ha una lunga tradizione nella chimica degli imidazoli modificati. Gli imidazoli modificati si prestano sia come indurenti e acceleranti in un vasto spettro di temperature di polimerizzazione nelle resine epossidiche e in generale nei termoindurenti. Permettendo un ottimo bilanciamento tra tempo di latenza, Tg e velocità di polimerizzazione.

HENKEL Henkel ha esposto al JEC Composites Show 2014 un’ampia gamma di prodotti. Primo fra tutti, il Loctite 9845 è un prodotto da finitura superficiale per protezione da fulmini con un peso inferiore a 100 g/mq, e lavorabile anche fuori autoclave. La combinazione di basso peso e qualità della finitura superficiale ne rende naturale l’applicazione nel settore aeronautico (ne è esempio il business jet di Bombardier Learjet 85), non solo su parti esposte ma ovunque sia richiesto uno strato liscio per successiva pittura. Altro settore interessante è quello delle resine a base di benzoxazine, una tecnologia relativamente nuova rispetto alle epossidiche e bismaleimidiche (BMI). Un vantaggio è la stabilità a temperatura ambiente, che rende possibile un lungo stoccaggio.

Dotate di un’intrinseca resistenza all’infiammabilità, le benzoxazine presentano anche minor contrazione (e dunque migliori tolleranze dimensionali e stress residui) rispetto alle epossidiche, buona tenacità e una temperatura di servizio che parte da almeno 120°C. Grazie alla loro qualità le benzoxazine stanno trovando un’ampia gamma di utilizzi, dove siano richieste sia prestazioni meccaniche che resistenza al fuoco, o come alternativa a epossidiche e BMI nel tooling, mostrando buona stabilità su cicli di curing ripetuti. Infine, per quanto riguarda i materiali d’anima, Henkel ha una linea di core sintattici adatti ai requisiti di buona resistenza alla compressione, e materiali a espansione termica per il rinforzo di honeycomb.

3B FIBERGLASS Al JEC Composites Show 2014 3B ha presentato due nuovi chopped strand per rinforzo di materiali termoplastici. Il DS 1135-10N è un prodotto per il rinforzo di poliammidi, la cui peculiarità sta nella conformità alle norme europee più recenti in materia di contatto con gli alimenti. Rispetto a molti prodotti, anche di 3B, che già rispettano le normative vigenti, questo nuovo prodotto rappresenta una svolta in chiave delle prossime evoluzioni normative, che entreranno in vigore da fine 2015. La gamma di prodotti 3B offre dunque una soluzione senza ricorrere all’aumento di costi e alla frammentazione del mercato. 3B propone soluzioni conformi ai requisiti di food contact, alle legislazioni nazionali sulle acque potabili, nonché a idrolisi e gli-

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colisi, senza ridurre le prestazioni, come mostrano le prove di trazione su campioni dry-as-moulded e dopo invecchiamento in miscele acqua-glicole. Il secondo prodotto esibito al JEC 2014 è il DS 8800-11P, adatto al rinforzo di resine a alta temperatura o alte prestazioni (PES, PSU, PESU, PPS, PEI, PEEK). Anche nel caso di questi prodotti più specifici e performanti, la soluzione è addirittura migliore dal punto di vista meccanico rispetto al passato, con un’ottima ritenzione delle proprietà dopo invecchiamento in acqua. 3B è inoltre fornitore dei materiali per il progetto “New composite system for wind turbine blades”, col quale DSM Composite Resins AG ha vinto il JEC Innovation Award nella categoria Sustainability.


JEC Europe 2014 ITALBEIT Italbeit è un’azienda a conduzione familiare che nasce nel 1946, partendo da una specializzazione nel campo di inchiostri e coloranti, per poi ampliarsi al settore delle resine poliesteri e ai metodi per la pigmentazione e l’applicazione delle stesse. Giunta alla terza generazione, Italbeit ha oggi il proprio focus nei gelcoat e nelle paste coloranti, ed è inoltre attiva come distributore di prodotti complementari, quali per esempio resine, fibra di vetro, catalizzatori. L’azienda è cresciuta in ambito nazionale, collocando poi distributori in Europa e arrivando oggi alla sua partecipazione al JEC Composites Show 2014 con l’intento di rafforzare la propria presenza sul mercato europeo, un’esperienza positiva che ha fornito alla ditta un buon riscontro con l’allacciamento di contatti anche su nuove realtà geografiche. Al JEC Show Italbeit ha presentato i propri prodotti, dalle paste pigmento per cui è nota quale fornitore di punta in ambito nazionale, ai gelcoat, dei quali ha esposto con particolare riscontro una linea metallizzata. Le applicazioni dei prodotti gelcoat di Italbeit coprono una gamma di utilizzi, dalla nautica, dove sono richieste formulazioni resistenti all’azione di invecchiamento dell’acqua e del sole, fino ai molteplici usi in qualsiasi manufatto in vetroresina, attualmente con una speciale attenzione al settore dei sanitari e dell’arredo, in cui le tendenze del design hanno portato alla ribalta lo sfruttamento di resine e materiali compositi.

JOHNS MANVILLE Johns Manville ha messo in mostra al JEC Show 2014 una serie di applicazioni sviluppate insieme ai suoi clienti. Tra queste, un tetto in fibra di carbonio e resina epossidica realizzato con BNW, per il quale Johns Manville ha fornito un tessuto non tessuto (nonwoven) che migliora l’aspetto del componente e il contenuto di materiale riciclabile. Un altro esempio è il roving MultiStar®272, che pemette buona impregnazione, alte prestazioni meccaniche nonchè buona pigmentabilità e finitura superficiale, un prodotto usato in componenti realizzati tramite sheet moulding compound, come parti di automobili che richiedono durevolezza e integrazione funzionale. Johns Manville ha anche presentato la tecnologia StarRov® RXN 886, che permette un contenuto in vetro fino al 60%, dedicate ai termoplastici strutturali, e i nonwoven ibridi Evalith™ per termoplastici decorativi, realizzati in fibra di vetro e polipropilene, caratterizzati da migliori proprietà superficiali e da un’eccellente termoformabilità, adatti ad applicazioni nei beni di consumo, nelle costruzioni e negli interni d’auto. Nel settore automotive si distingue lo StarRov® LFT 490, sfruttato dalla Arburg GmbH per la nuova tecnologia proprietaria long-fiber direct injection moulding. Infine, Johns Manville ha presentato lo StarStran® 862, un prodotto in fibra di vetro chopped strand per le applicazioni con alto contenuto in vetro che sfruttano processi Bulk Moulding Compound per migliorare le performance meccaniche.

KRAIBURG KRAIBURG è una ditta tedesca specializzata in soluzioni personalizzate per le mescole in gomma, e al JEC Show 2014 ha presentato un prodotto elastomerico orientato all’uso nel settore dei materiali compositi. KRAIBON® si presenta come un sottile foglio di gomma che può essere usato come un prepreg tra i layer del materiale composito. Il materiale ibrido risultante apre a diverse possibilità d’uso con focus su ottimizzazio-

ne acustica e smorzamento delle vibrazioni, comportamento a impatto e frammentazione di FRP. In termini di ottimizzazione acustica, una soluzione convenzionale consiste nell’incollaggio di un foglio di alluminio con uno strato di gomma butilica sulla parte di interesse (per un peso di a 2,5 kg/mq): ciò vanifica lo sforzo fatto con l’introduzione dei compositi leggeri. L’uso di KRAIBON® permette di ridurre il peso a 500 g/mq mantenendo lo stesso livello di smorzamento acustico, prestandosi così a una gamma di applicazioni nel settore automobilistico, ferroviario e aerospaziale. Un altro punto di interesse sono le proprietà di resistenza agli impatti, dove le prestazioni migliorano di un fattore 3-4. Il comportamento in termini di frammentazione è stato dimostrato al JEC con un musetto della Munich Motorsports soggetto a crash test: mentre la parte originale si frammenta completamente, l’introduzione di un foglio di gomma praticamente elimina il fenomeno e migliora del 30% la performance di decelerazione.

Compositi

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JEC Europe 2014 NANO4 Nano4 è una start-up nata con l’obiettivo di sviluppare in chiave commerciale le innovazioni in campo nanotecnologico di istituti di ricerca belgi quali l’università di Mons e l’istituto Ma-

teria-Nova. I prodotti distribuiti da Nano4 coprono una vasta gamma di applicazioni, e in particolare nel settore compositi si evidenziano termoplastici che acquisiscono proprietà specifiche tramite l’inserimento di nanocariche appropriate. La gamma nano4health, grazie all’inserimento di speciali nanocariche in matrici di polistirene e polipropilene, offre proprietà antibatteriche. L’inserimento di nanoparticelle in matrici termoplastiche può assolvere anche ad altre proprietà di grande utilità in applicazioni ingegneristiche, quali la conducibilità elettrica e termica. Un esempio è la gamma nano4elec, materiali termoplastici elettricamente conduttivi che si prestano a varie applicazioni ingegneristiche (schermatura elettromagnetica, componenti antistatici o anticorrosione, packaging). La gamma nano4therm acquisisce invece proprietà di conducibilità termica tramite nanocariche in grafite in polistirene. In qualità di azienda attiva nello sviluppo di nanotecnologie, Nano4 partecipa anche ai progetti europei del consorzio IASS, che riunisce partner di ricerca e industriali in attività incentrate sull’impiego di nanoparticelle per il tema della sicurezza nel settore aeronautico.

OWENS CORNING Owens Corning, azienda leader a livello globale nella produzione di rinforzi in fibra di vetro e materiali ingegneristici per l’industria dei compositi, ha approfittato del JEC Composites Show 2014 per presentare i suoi prodotti e in particolare le novità sviluppate per soddisfare le necessità di una clientela che spazia su comparti industriali quali l’energia eolica, l’automotive e le costruzioni. Nella fattispecie, si è parlato per esempio del nuovo roving multi-end ME1510 EP, progettato per componenti strutturali realizzati in resina epossidica tramite sheet moulding compound (SMC) e finalizzati al settore automotive. Grazie a eccellenti caratteristiche di impregnazione e a un contenuto di fibra di vetro fino al 60%, l’uso dello ME1510 permette di accoppiare alte prestazioni meccaniche e una significativa riduzione del peso rispetto a strutture metalliche. Nel campo dei materiali per applicazioni eoliche, Owens Corning ha presentato le serie WindStrand 2000, 3000 e 4000 e Ultrablade G3, roving progettati per soddisfare le esigenze prestazionali dei suoi clienti e ridurre i costi dell’energia eolica. L’ottimizzazione del design, la durevolezza, le accresciute alte caratteristiche di resistenza a sforzi di taglio e interfibra sono proprietà che fanno di queste fibre ad alte performance i pro-

dotti ideali per il miglioramento delle prestazioni in applicazioni eoliche, con pale più lunghe e al contempo più resistenti ai carichi d’esercizio.

SAERTEX Saertex, una ditta forte di circa 1000 dipendenti e di un giro di affari di 240 milioni di euro, opera nel settore produttivo specializzandosi nell’ingegnerizzazione e produzione di tessuti, e in particolare non-crimp fabric (NCF), monodirezionali, bidirezionali e multiassiali. Saertex contribuisce alla catena del valore nel settore compositi anche tramite la creazione di nuovi prodotti, come preforme, schiume, strati di protezione antin-

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Compositi

cendio o offrendo servizi di ingegnerizzazione e produzione di parti composite. Tra i prodotti in esposizione al JEC Composite Show 2014 Saertex esibiva SAERfoam, un materiale d’anima che si presenta quale alternative alle schiume in PVC. SAERfoam è un’unica schiuma poliuretanica a celle chiuse con una struttura rinforzata da ponti in fibra di vetro, che è prodotta per infusione e presenta notevoli caratteristiche di robustezza e leggerezza (il risparmio in peso è del 30% circa rispetto a core in PVC e PET), nonchè dai costi abbordabili. Adatta a strutture sandwich e utilizzabile per diversi tipi di processo, quale infusione , RTM, compressione a bassa pressione, si presta alle applicazioni più disparate: nautica (strutture, ponti, scafi), ingegneria civile (elementi strutturali), sanitari, trasporto su gomma e ferroviario (pannelli per auto e vagoni), energia eolica. Saertex ha inoltre ricevuto il JEC Innovation Award 2014 nella categoria Wind Energy per il progetto di ricerca “mapretec”, sviluppato negli ultimi quattro anni con l’obiettivo di arrivare ad una produzione automatizzata cost-effective di pale di rotori.


JEC Europe 2014 BASF Al JEC BASF ha esibito un pannello autoportante del sedile posteriore per la BMW i3. L’oggetto è stato prodotto dall’azienda automobilistica F.S. Fehrer Automotive usando il sistema poliuretanico della BASF Elastolit®. Per la prima volta materiali in fibra di carbonio in combinazione con una matrice poliuretanica sono stati usati in un veicolo su scala produttiva. Il componente integra una varietà di funzioni, come reggitazza e vano portaoggetti, eliminando operazioni di assemblaggio

e risparmiando peso. L’Elastolit di BASF è caratterizzato dalla sua ampia finestra di processo così come da una grande resistenza a fatica e tolleranza al danneggiamento. Grazie alle speciali proprietà del materiale, la parte soggetta a urto soddisfa gli stringenti requisiti di sicurezza della BMW nonostante uno spessore di soli 1.4 mm. Al JEC è stato messo in mostra un kayak dimostrativo prodotto tramite la tecnica di infusione a vuoto con uso di poliammide reattiva. Esibendo un kayak, BASF, insieme al designer industriale di base a Monaco Jan Haluszka, ha dimostrato che anche la tecnica di infusione a vuoto è adatta alla produzione di parti in compositi termoplastici partendo da sistemi termoplastici reattivi. Con una lunghezza di oltre 2.6 m, l’imbarcazione esposta è uno degli oggetti più grandi prodotti fino a oggi partendo da poliammide reattiva con infusione a vuoto. Usando un vuoto di 0.9 bar è stato possibile riempire la parte con il sistema bicomponente a bassa viscosità in soli 60 secondi. Lo studio di fattibilità ha mostrato che la tecnica di infusione a vuoto potrebbe effettivamente essere un’opzione per lo sviluppo di grandi compositi termoplastici a partire da sistemi poliammidici reattivi. BASF ha anche presentato un componente fibrorinforzato prodotto con la resina poliuretanica Elastocoat® C6226-100, sviluppato col partner danese Fiberline Composites A/S e un anello statico per turbina eolica spesso 12 cm prodotto con con il Baxxodur® System 6100 rinforzato in fibra di vetro.

BREYER FiberShape è il nuovo sistema di gap impregnation di Breyer che consente la produzione automatizzata di cofani di veicoli in fibra di carbonio in 15 minuti. Elementi sandwich possono essere realizzati in un unico passaggio. L’azienda, che vanta oltre 60 anni di esperienza nella produzione di linee di estrusione per la lavorazione delle materie plastiche, con questa tecnologia punta ad affermarsi anche sul mercato dei compositi. La macchina è costituita da sei moduli: il sistema base con i vettori stampo, un kit di strumenti per il set di stampo e la parte centrale, un sistema ad iniezione, il dispositivo del vuoto, un sistema di controllo della temperatura e un sistema di manipolazione. Comprende, inoltre, un telaio e due semi-stampi. Il piano superficiale è stato ottimizzato per consentire la verniciatura diretta dei componenti, un passo essenziale per una produzione più efficiente e automatizzata. La struttura a sandwich del sistema supporta componenti di collegamento per il montaggio del pezzo, evitando così la successiva installazione di dispositivi supplementari sulla parte formata. La macchina è progettata per processi a basse pressioni (<10 bar) e per ottimizzare i consumi di energia, e può essere facilmente inte-

grata con sistemi di movimentazione per una produzione completamente automatizzata. Le dimensioni massime della macchine sono 1,2 x 1,7 m, ma su richiesta può essere realizzata con altre dimensioni.

CYTEC INDUSTRIES Cytec Industries ha introdotto al JEC Europe il peel ply FM® 3500 EZP, un prodotto adesivo composito ricco in resina e senza fibra che elimina la necessità di una preparazione superficiale aggiuntiva preliminare al processo di bonding. Il prodotto è formulato specificamente per rimozione in un solo pezzo ed esibisce proprietà di lavorabilità superiori, che supportano l’efficienza produttiva. La possibilità di lungo stoccaggio del peel ply FM 3500 EZP, la sua robustezza in cicli di cura estesi e la compatibilità con la maggior parte dei prepreg per curing a 177°C (350°F) garantiscono flessibilità produttiva. Grazie allo FM 3500 EZP, i produttori possono soddisfare tut-

te le proprie esigenze in fatto di peel ply con un solo prodotto facile da usare. Cytec ha presentato anche BR® 252, un primer per bonding in epossidica modificata a un solo componente e inibitore della corrosione, progettato per soddisfare la normativa emergente sui materiali aerospaziali in fatto di ambiente, salute e sicurezza, e AeroPaste® 1006, una pasta adesiva per cura a bassa temperatura, progettata per applicazioni con bonding strutturale fuori autoclave e rapido assemblaggio. Cytec ha messo anche in mostra il suo portfolio prodotti per il settore in cui è leader nell’industria, ovvero i prodotti fuori autoclave, che comprende CYCOM® 5320-1, MTM®44-1 e MTM®45-1.

Compositi

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JEC Europe 2014 EXELIS Exelis si è aggiudicata un contratto del valore di oltre 34 milioni di dollari da Sikorsky, tra i maggiori produttori di elicotteri militari, per la costruzione dei principali componenti strutturali di quattro elicotteri CH-53K per carichi pesanti. Designati System Demonstration Test Articles (SDTA), i quattro velivoli consentiranno al Corpo dei Marines degli Stati Uniti di condurre una valutazione operativa del nuovo concetto di elicottero a partire dal 2017. Exelis fabbricherà e assemblerà gli stabilizzatori in composito, il pilone del rotore di coda e lo stabilizzatore orizzontale dell’elicottero CH-53K. L’uso di materiali compositi contribuisce ad aumentare le prestazioni e la capacità del velivolo, riducendo il peso e il consumo di carburante, che consente una maggiore capacità di carico utile e di autonomia di volo. Una volta che il velivolo SDTA entra nella fase di valutazione operativa, il Corpo dei Marines verificherà la capacità del CH53K di trasportare 27.000 libbre su un raggio di missione di 110 miglia nautiche in condizioni ambientali “molto calde”. La produzione avrà luogo presso il centro Exelis di progettazione e produzione dei compositi a Salt Lake City, Utah (Usa). Exelis fa

parte di un team industriale guidato da Sikorsky Aircraft, che sta assemblando un prototipo di aeromobile CH-53K che compirà il suo primo volo entro la fine di quest’anno.

HUNTSMAN ADVANCED MATERIALS Le proprietà di lavorabilità dei materiali per sistemi di impregnazione di Huntsman sono alla base di un ulteriore succes so riscosso con NTPT: i componenti ultrasottili prodotti basati sulla suddetta tecnologia di preimpregnati, sono stati usati per realizzare la cassa di un lussuoso orologio Richard Mille, pre sentato in occasione della fiera JEC Europe.   Carico di rottura: +41%

Sforzo [MPa]

Manifestazione dei danni: +230%

Huntsman Advanced Materials si è unito a North Thin Ply Technology nella vittoria del JEC Europe 2014 Innovation Award nella categoria nautica, ottenuta per lo sviluppo e l’ingegnerizzazione di preimpregnati ultrasottili impiegati per la costruzione di imbarcazioni ultraleggere da regata di classe C. Il premio è stato conferito a NTPT e ai suoi partner, tra cui  Huntsman, per aver progettato ed implementato la produzione del preimpregnato unidirezionale più sottile del mondo.  I preimpregnati ThinPreg™ vengono ottenuti da nastri unidirezionali di fibra di carbonio, il cui spessore può essere inferiore ad un terzo di quello di un capello umano. I nastri preimpregnati si basano su un sistema a matrice di resina epossidica basato su diversi componenti (resina, additivi tenacizzanti ed indurente), selezionati con il supporto di Huntsman. Nell’ambito della collaborazione con NTPT, Huntsman ha fornito specifici componenti e consulenza per la selezione degli elementi costituenti fondamentali, considerando i requisiti specifici della lavorazione dei preimpregnati ultrasottili. I preimpregnati ultrasottili di NTPT sono concepiti per le applicazioni di compositi ad elevate prestazioni, come per la costruzione di elementi ultraleggeri nelle imbarcazioni di classe C. Gli strati ultrasottili migliorano le proprietà meccaniche dei laminati compositi e presentano un’eccellente processabilità.

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Compositi

Spesso 300 g/m2 Manifestazione dei danni

Intermedio 100 g/m2 Fallimento

Sottile 30 g/m2 Tensione senza intaglio su quasi-iso

Gli strati ultrasottili migliorano le proprietà meccaniche dei laminati compositi 


JEC Europe 2014 HUTCHINSON Hutchinson si è aggiudicata il “JEC Innovation Award 2014” per i moduli in fibra di carbonio della cabina di pilotaggio di aerei, sviluppati in collaborazione con Airbus. Prodotti in una singola operazione, i moduli sono da 30 a 45% più leggeri rispetto alle soluzioni in metallo. Il premio è il risultato della strategia che l’azienda ha adottato per approcciare il mondo dei compositi. Centrale in questa strategia è la creazione del CTEC (Composite Technical Center), che assicura un supporto fondamentale nella progettazione, sviluppo e qualificazione di sistemi e componenti in composito. Il CTEC sta lavorando su nuovi processi di fabbricazione, con tempi di ciclo estremamente ridotti, come l’iniezione, lo stampaggio, la termoformatura e la pultrusione oltre all’utilizzo di nuovi materiali. Con sede a Châlette-sur-Loing (Francia), il centro è situato vicino al Hutchinson Research Center e beneficia dell’espe-

rienza dell’intero gruppo in tutti i settori, come l’acustica, la caratterizzazione dei materiali, le vibrazioni meccaniche e protezione termica, oltre alle sue capacità di computing.

credit: ©Hutchinson

JETCAM International Al JEC Composites JETCAM internazionale s.a.r.l. ha mostrato le ultime versioni di CrossTrack e JETCAM Expert. CrossTrack, che ha vinto il Composite Trade Association “Innovazione nelle Fabbricazione” nel 2013, traccia materiali, vita materiale, ply, kit, ordini e nest, tutto in tempo reale. Consente la completa tracciabilità e gestione di tutti gli aspetti del processo di produzione. Il software, già utilizzato da diverse aziende, tra le quali Bombardier, è disponibile in diverse versioni per soddisfare le esigenze sia di PMI sia di multinazionali. Fornisce un’interfaccia comune per tutto il personale che gestisce la produzione dei componenti in composito, dalla consegna del materiale al lay-up. Il sistema CADCAM e nesting JETCAM Expert fornisce il motore per la generazione del codice NC per le macchine da taglio dei compositi. Gli ordini vengono ricevuti dal CossTrack per l’elaborazione automatica, i file di geometria associati vengono localizzati, le informazioni di profiling vengono applicate, i ply vengono accatastati e il codice NC generato, tutto senza

intervento umano. Questa informazione ritorna al Crosstrack e viene loggata, garantendo la tracciabilità end-to-end di materiali, ply e pezzi finiti.

SCIGRIP SCIGRIP, fornitore di soluzioni adesive intelligenti, ha presentato al JEC Europe un adesivo in metacrilato di metile (MMA) che riduce il Bond Line Read Through (BLRT) nei componenti compositi. Il nuovo prodotto consente ai clienti una maggiore scelta dei materiali con cui lavorare e permette l’incollaggio di substrati sottili, senza linee e distorsioni antiestetiche sullo strato esterno. Il prodotto è destinato in particolare a co-

struttori di strutture composite per i settori marittimo e dei trasporti che desiderano migliorare l’estetica dei loro componenti, ottimizzandone progettazione, produzione e costi. L’adesivo low-exotherm SG230HV di SCIGRIP presenta una metacrilato con una bassa distorsione termica, un basso ritiro chimico, buona e controllabile velocità di catalizzazione e garantisce un’eccellente aderenza superficiale.

Compositi

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JEC Europe 2014 Trelleborg AEM La divisione AEM (“advanced engineering materials”) di Trelleborg ha recentemente esibito la sua completa gamma di adesivi, sigillanti e paste ad alte prestazioni alla mostra JEC Europe Composites di quest’anno, tenutasi a Parigi.

Allo stand, è stato possibile osservare le tavole di lavorazione epossidiche, gli adesivi ad alta temperatura e le paste colorate di Trelleborg, oltre al nuovissimo sigillante per stampi e utensili, l’ES930. Appositamente formulato per sigillare tutti i tipi di supporti altamente porosi, il sistema igroindurente ES930, ad alto contenuto di solidi, assicura una finitura superficiale lucida tramite applicazione “wipe-on” o a spruzzo. Grazie alla formulazione a basso odore e alla rapida polimerizzazione, la soluzione di facile applicazione offre superiori proprietà sigillanti.

VICTREX I recenti metodi produttivi nell’industria petrolifera e del gas sono caratterizzati da un aumento delle sollecitazioni sui dispositivi in uso. Gli strumenti produttivi devono durare da dieci a vent’anni persino nel contesto più estremo, comprese condizioni termiche e di pressione elevate. Le tecniche come la MWD (Measurement While Drilling) e la LWD (Logging While Drilling), così come i sistemi di cavi, possono contenere anche la trasmissione elettronica di dati rendendo fondamentale l’affidabilità degli strumenti. Il polimero Victrex Peek risponde a tali sfide. Il Victrex Peek 450 G va oltre le caratteristiche previste dalla specifica NORSOK M 710 con una concentrazione di H2S 10 volte superiore a quella richiesta. Questo termoplastico ha una resistenza superiore in presenza di sostanze chimiche aggressive e corrosive. I siti di trivellazione non convenzionali richiedono l’utilizzo di antenne ad elevate prestazioni e di manicotti per la protezione di strumenti elettrici dimostrando la necessità di utilizzare compositi a base di Victrex Peek, che rispetto ai metalli comprendono elevata forza, rigidità e leggerezza e si concretizzano in installazioni più semplici e veloci e un’operatività più efficiente. I compositi a base Peek mostrano una bassa espansione termica in ragione di un sesto rispetto a quella dell’acciaio, accanto ad una generale stabilità dimensionale complessiva del polimero, mentre la velocità di espansione consente di ottenere le tolleranze ristrette necessarie ad una migliore precisione produttiva. Inoltre, possono combinare un’elevata resistività elettrica e una bassa interferenza elettromagnetica (EMI) che li rendono adatti per l’alloggiamento di strumenti che richiedono strutture in compositi rinforzati con fibre. I compositi termoplastici sono molto più durevoli in applicazioni caratte-

rizzate da elevate pressioni e temperature così come quando si richiede una maggiore resistenza chimica rispetto a quella fornita dai termoindurenti. La tecnologia AFP (Automated Fibre Placement) della Automated Dynamics consente ai compositi di essere prodotti strato su strato in un processo automatico. Ciò presenta molti vantaggi rispetto alla reticolazione in autoclave e, tramite l’aggiunta di riscaldamento laser, consente miglioramenti produttivi fino a 10 volte tanto a seconda del tipo di applicazione. Le applicazioni per trivellazione spesso richiedono compositi realizzati con fibre continue soprattutto con il Victrex Peek grazie alle elevate caratteristiche di alto modulo e di forza. Un altro loro vantaggio è la stabilità idrolitica con un assorbimento di umidità limitato a circa lo 0,2%. I compositi termoplastici supportano anche l’interfaccia metallo/composito. La Automated Dynamics ha utilizzato con successo i film APTIV® a base di PEEK come tecnologia di giunzione per svariate applicazioni.

Nastro termoplastico unidirezionale © Automated Dynamics

Strumento di trivellazione isolato non magnetico © Automated Dynamics

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Compositi

Processo automatico di posizionamento fibre © Automated Dynamics


JEC Europe 2014 CGTech CGTech ha presentato il pacchetto di software off-line indipendenti dalla macchina per la programmazione e la simulazione di macchine automatiche CNC a tecnologia ATL e AFP per la posa di composito.

Con VERICUT Composite Paths for Engineering il progettista di componenti in composito ha a disposizione gli stessi strumenti software dei programmatori NC, per creare e sperimentare diverse opzioni di percorso e valutare gli effetti della lavorazione rispetto al modello iniziale. VERICUT Composite Programming legge superfici CAD e geometria dello strato. Aggiunge materiale secondo le specifiche della lavorazione. I percorsi di posa sono uniti per formare le sequenze di stratificazione e tradotti in programmi NC per le macchine. VERICUT Composite Simulation legge modelli CAD e programmi NC e simula la sequenza dei percorsi NC in una macchina virtuale. Il materiale virtualmente depositato sullo stampo secondo le istruzioni del programma NC, può essere misurato e ispezionato per rispettare i requisiti della lavorazione.

DOWAKSA Quest’anno DowAksa ha partecipato per la quinta volta al Jec Europe Paris con uno stand prestigioso, creato per ospitare in-

sieme Dow Chemical Company e DowAksa. Ciò per suggellare la bontà della Joint venture nata a gennaio 2013. DowAksa è riconosciuta ormai in tutto il mondo come produttore importante e affermato nel mercato della fibra di carbonio. Dal 2013 con la Joint Venture con Dow Chemical è anche partner importante in progetti downstream, in particolare, nei settori energy, automotive e infrastructures. Nella cornice di un Jec particolarmente effervescente, specchio di un mercato dei compositi in grande ripresa, nello stand DowAksa sono stati tre giorni di contatti e incontri senza sosta. Molti contratti sono stati firmati, alcuni per incrementare una collaborazione ormai consolidata e altri per la partenza di nuovi progetti. Non solo nel mercato europeo, la fibra di carbonio Aksaca di DowAksa è punto di riferimento per le maggiori realtà produttive, dai tessitori agli impregnatori, etc. Particolarmente importante è stato l’interesse dei consumatori finali che sempre di più richiedono ai loro fornitori di usare fibra DowAksa nella produzione di compositi.

ISCAR Nelle industrie aerospaziali è in deciso aumento l’utilizzo di materiali di difficile lavorazione, come i materiali compositi, tra cui i CFRP, materiali polimerici rinforzati con fibre di carbonio.

Questi materiali sono altamente abrasivi, a causa delle differenti proprietà fisiche dei differenti strati con cui sono composti, per renderli più duri, robusti e tenaci. Le severe condizioni di lavorazione generate riducono spesso in modo drastico la durata dei taglienti. Lavorando i materiali compositi come i CFRP non si può parlare di taglio del materiale. La rimozione del materiale può essere meglio descritta con il termine “frantumazione”. L’impatto con il tagliente infatti non taglia le fibre di carbonio, ma le spezza; questo processo genera un’elevata abrasione del tagliente, sottoponendolo quindi ad una rapida usura. Nei compositi anche il materiale da taglio ha un impatto decisivo sui risultati complessivi. Infatti l’utensile deve essere in grado di resistere alle abrasioni mantenendo l’affilatura dei taglienti, altrimenti l’usura potrebbe essere talmente rapida da modificare anche la geometria di taglio. Per ottenere eccellenti prestazioni nelle lavorazioni dei CFRP, Iscar ha sviluppato le frese integrali EPN-F, realizzate nel grado non rivestito IC02; su richiesta sono disponibili anche frese con rivestimento diamantato (IC2018). Le attrezzature per la lavorazione dei pezzi realizzati in composito sono un altro fattore critico per assicurarsi eccellenti risultati. Un taglio pulito senza vibrazioni, delaminazioni o separazione degli strati, necessita infatti di un serraggio rigido e stabile del pezzo in lavorazione. Le frese a candela EPN-F sono disponibili a passo stretto, con 10 e 12 eliche, nella gamma diametri da 3 a 12 mm. Esiste un’ampia gamma di potenziali applicazioni per le nuove frese EPN-F, in quanto i materiali CFRP sono sempre più utilizzati nel settore aerospaziale ed aereonautico.

Compositi

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JEC Europe 2014 ITALMATIC Italmatic progetta e costruisce autoclavi per il trattamento dei materiali compositi e termoplastici, per tutti i settori industriali come aeronautica, aerospaziale, automotive, nautica, ecc., con dimensioni strutturali e soluzioni tecniche personalizzate secondo le esigenze del cliente. Equipaggia le autoclavi con i più avanzati ed affidabili sistemi di controllo per soddisfare le sempre più restrittive richieste di gestione e rintracciabilità. La ricerca, lo sviluppo e l’esperienza acquisita negli anni, ha permesso all’azienda di mettere a punto una nuova generazione di autoclavi con un rapporto qualità/prezzo competitivo, tecnologia all’avanguardia, elevate performance, bassi costi di esercizio.

SCHMALZ Lo specialista del vuoto J. Schmalz GmbH amplia la serie di pinze di presa ad aghi con le varianti SNG-AP (pneumatica) e SNG-AE (elettrica). Le nuove pinze di presa sono ottimali per la movimentazione di materiali leggeri, sottili e flessibili come i materiali compositi, ma anche di vello, materiali filtranti, nonché isolanti e espansi. Grazie agli aghi incrociati, le pinze di presa ad aghi SNG-AP e SNG-AE offrono elevate forze di presa anche con pezzi molto labili. La pinza di presa penetra con più aghi contrapposti nel materiale. Così facendo, il pezzo viene tenuto in modo preciso, delicato e sicuro. Le superfici effettive minimizzate assicurano la movimentazione sicura anche di pezzi molto piccoli.

Pinze di presa ad aghi SNG-AP e SNG-AE

ZHERMACK Zhermack SpA è una società italiana situata nel Nord d’Italia produttrice di gomme siliconiche RTV 2 poli-addizione (rapporto di miscelazione 1 Base: 1 Catalyst) e poli-condensazione (rapporto di miscelazione Base + 5% curing agent) per il settore industriale. I siliconi RTV 2 Zhermack sono particolarmente indicati per la decorazione ceramica, la ceramica artistica, prototipazione rapida, mould making e vacuum bagging. Una formulazione speciale di silicone spray è stata sviluppata per il settore dei compositi nella produzione di stampi in silicone riutilizzabili. Sono disponibili siliconi con durezze che vanno dagli 0 ai 50 shA, tutti con buone caratteristiche meccaniche di trazione e lacerazione. Le formulazioni dell’azienda hanno un’elevata stabilità dimensionale, resistenza a diverse sformature ed eccellente fluidità per riempire completamente tutte le parti dello stampo.

Creata la prima plastica termoindurente riciclabile

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oltissime scoperte sono dovute al caso, si veda ad esempio la penicillina: la scoperta di cui parliamo oggi magari non è così importante, ma sicuramente è un grande passo avanti, soprattutto per l’ecologia. Infatti - puramente per caso - è stata scoperta una nuova plastica termoindurente totalmente riciclabile, perchè scioglibile da acidi, mentre normalmente le plastiche termoindurenti sono considerate come assolutamente non riciclabili. La dottoressa Jeanette Garcia dell’Almaden Research Center di IBM ha scoperto la nuova plastica mescolando i componenti di un composto, ma

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Compositi

Una delle plastiche create: un gel auto-riparante

Plastica composita con nanotubi di carbonio

dimenticandone uno, ottenendo quindi il nuovo materiale: ha poi riferito lei stessa come fosse sorpresa di sapere che la nuova plastica termoindurente non fosse già scoperta prima, in quanto i componenti sono piuttosto semplici.

Le applicazioni delle nuove plastiche saranno molteplici, e già è stato creato un composito con i nanotubi di carbonio: viste le notevoli capacità - anche ecologiche - di questo nuovo materiale non tarderemo a vedere altre applicazioni industriali.


Una crescita decuplicata entro il 2030

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l prossimo ottobre, esattamente dal 7 al 9, Düsseldorf ospiterà la nona edizione del salone europeo e forum dei materiali compositi in concomitanza con la decima edizione del salone internazionale e congresso della manifestazione Alluminium. “Lo scopo – ha detto Hans Joachim Erbel, CEO Reed Exhibitions e organizzatore delle giornate – è quello di promuovere l’integrazione dei compositi con l’alluminio per favorire le scelte migliori a seconda del tipo di applicazione. L’alleanza tra i due materiali si trova ad essere patrocinata da una manifestazione che si ripromette di mettere in collegamento aziende e ricerca per la promozione e la diffusione della conoscenza di nuove formulazioni e applicazioni”. Durante l’incontro sono emerse alcune interessanti informazioni. Entro il 2030, mentre la produzione ed il consumo di alluminio triplicherà, pas-

sando dai 5 milioni di tonnellate a 15 milioni, si prevede che la produzione ed il consumo di materiali compositi subirà una crescita decuplicata rispetto ad oggi declinata in differenti percentuali a seconda dei vari Paesi, un dato che lascia intravedere un comparto in forte crescita in tutto il Mondo. “Per quel che concerne la questione dello smaltimento – ha aggiunto il Prof. Roberto Frassine, Presidente di Assocomposti – parlerei di passato e futuro: infatti se per quanto riguarda i compositi di vecchia generazione dovremo risolvere al meglio il problema della loro dismissione, nella consapevolezza di pagarne il prezzo elevato dell’impatto ambientale, per le nuove formulazioni abbiamo differenti approcci per un miglior smaltimento, soprattutto se l’orientamento verso la matrice termoplastica confermerà questa tendenza”. Segnalata la Turchia come nazione leader per la crescita di utilizzo e pro-

duzione dei compositi, una crescita ineguagliata da ogni nazione. Si attendono 10.000 esperti di materiali compositi il prossimo ottobre a Düsseldorf, di cui un terzo proveniente dall’estero.

Il business meeting dedicato all’aeronautica

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ancano poco più di tre mesi ad Airet 2014, l’evento dedicato al mondo dell’aeronautica e ai settori ad essa correlati. Tre giorni di convegni, workshop tematici, ma soprattutto di opportunità. Grazie al nuovo format, l’evento quest’anno ha assunto a pieno grado il titolo di Air Matching. Non solo una vetrina internazionale, ma un vero e proprio punto d’incontro, confronto, scambio e arricchimento. Perché d’internazionalizzazione non basta parlare. C’è bisogno di agire in modo mirato, puntando all’ottimizzazione delle risorse cruciali per il business: il tempo, il denaro, le persone. Queste ultime sono il cuore pulsante di Airet. Sono le persone la vera risorsa e le relazioni che si possono instaurare rappresentano la grande opportunità che Airet offre ai suoi partecipanti. Quelle che compongono le delegazioni provenienti dai Paesi esteri. Gruppi industriali di potenziali buyer, contractor, partner, collaboratori.

Realtà operanti in mercati solidi o in esponenziale fase di crescita, vere e proprie miniere di possibilità. Molti Paesi hanno già confermato la propria presenza. A coordinare e sostenere gli incontri vi è l’International Team di Airet. Un pool di professionisti dell’internazionalizzazione, persone profondamente inserite nel tessuto industriale legato al mondo dell’aeronautica, esperti competenti, puntuali, che guidano la creazione di proficue relazioni, di cui Airet è solo la pista di decollo. Tanti saranno i comparti industriali toccati: • AIREM, per la meccanica, la meccatronica e l’elettronica ad elevata tecnologia e tutto quel che riguarda le macchine per la lavorazione dei materiali per le costruzioni aeronautiche • AIRED, per il design, gli arredi, i materiali e tutte le soluzioni innovative per la realizzazione degli spazi aeroportuali, dedicati ai servizi, al passeggero e al suo comfort

• AIRES, per i sistemi di air traffic management, le strumentazioni anti intrusione e di protezione dei piazzali e delle piste nelle fasi di rullaggio, decollo e atterraggio • AIREN, per tutto ciò che riguarda le soluzioni d’avanguardia in materia di tutela ambientale, risparmio energetico e produzione di energia da fonti rinnovabili in ambito aeroportuale • l’aviazione generale, leggera e sportiva, con ALA, la mostra di Airet dedicata a questo comparto. Un programma ricco e intenso, a partire dai due convegni, per arrivare alle attività extra, che occuperanno le serate nei tre giorni del matching. Una macchina organizzativa che muove sponsor, patrocini e personalità di spicco del mondo industriale, delle istituzioni e delle associazioni di categoria per i suoi comitati. Da questa edizione nasce Air Industry Bulletin, un punto di riferimento dove si possono trovare notizie, idee, prospettive di business legate al settore aeronautico.

Compositi

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MAPEI

Sistemi completi di materiali fibrorinforzati per il rinforzo strutturale Per il recupero e il consolidamento di strutture danneggiate da eventi sismici o dal passare del tempo sono necessarie tecnologie compatibili con le caratteristiche meccaniche delle murature. Il rinforzo non deve essere invasivo e deve garantire la conservazione del manufatto. Per questo tipo di interventi Mapei propone una linea di prodotti in materiali fibrorinforzati: tessuti, barre, lamine e nastri in materiale composito che garantiscono un basso impatto architettonico, alta durabilità e facilità di applicazione. Recupero di Villa Torlonia Villa Torlonia a Roma, la più recente delle ville nobiliari romane, conserva ancora un particolare fascino dovuto al giardino all’inglese e alla ricca quantità di edifici ed arredi artistici nel parco. Dal 1925 al 1943 la villa fu residenza di Mussolini. Dal 1977 è proprietà del Comune di Roma, che dagli anni ‘90 ha avviato una serie di importanti interventi di restauro. L’area a sud della villa ospita la Serra e la Torre Moresca, progettate nella metà dell’Ottocento. Dopo anni di abbandono, nel 2009 ha preso il via un complesso intervento di restauro sostenuto dalla Sovrintendenza Comunale ai Beni Culturali sotto l’egida dell’Assessorato alla Cultura del Comune di Roma, con un finanziamento di circa 4 milioni di euro. Interventi nella Serra Il degrado della Serra Moresca richiedeva il rinforzo strutturale del timpano d’ingresso, realizzato in pietra e muratura. L’assistenza tecnica Mapei ha proposto l’utilizzo dei prodotti della linea Mapewrap System, indicati proprio per la riparazione e

il rinforzo statico di strutture danneggiate e degradate da aggressioni ambientali. È stato utilizzato il tessuto unidirezionale in fibra di carbonio ad alta resistenza Mapewrap C UNI-AX 300/20, caratterizzato da un elevato modulo elastico ed elevatissima resistenza meccanica a trazione. Per il consolidamento dei ruderi sono stati utilizzati il legante cementizio Stabilcem e la malta a ritiro controllato fibrorinforzata Mapegrout Tissotropico. Le superfici delle fioriere e delle vasche presenti nella Serra sono state impermeabilizzate con la malta cementizia bicomponente Mapelastic, adatta per eseguire rivestimenti impermeabili e protettivi molto flessibili su strutture soggette a fessurazione. Interventi nella Torre Moresca Inizialmente si è proceduto con il consolidamento delle murature in tufo e mattoni della Torre. Le lesioni più significative presenti sulle murature sono state ricucite con iniezioni del legante idraulico Mape-Antique I. Si è poi proceduto alla ricostruzione del solaio dell’attico della Torre attraverso un getto effettuato con il legante cementizio espansivo superfluido Stabilcem. Infine, viste le lesioni presenti sui gradini in pietra della scala elicoidale della Torre, sono state effettuate iniezioni con le resine epossidiche Epojet ed Eporip e l’adesivo epossidico a consistenza tissotropica Adesilex PG1. I restauri effettuati sulla Serra e sulla Torre Moresca hanno così permesso a una tra le più belle ville romane di tornare lentamente agli antichi splendori.

QUANTA ITALIA

CSD facciamo rete! Nel corso del 2013 il Gruppo Quanta da vita al primo contratto di rete nel settore dei materiali compositi “Composites Skills Development”, coinvolgendo come partner aziende di produzione. La rete si propone: • lo studio e la circolazione delle conoscenze sui fabbisogni di professionalità dipendenti dai fenomeni innovativi in questione • l’utilizzo di strutture e competenze formative messe a disposizione dalle aziende associate e la promozione di programmi formativi per lavoratori occupati, inoccupati e disoccupati, interessati alla crescita delle loro competenze, accedendo, ove possibile, a finanziamenti pubblici o privati. Aderire alla rete permette: • la possibilità di gestione condivisa di professionalità e risorse specializzate (in co-datorialità, staff leasing, distacco o apprendistato professionalizzante e di mestiere in somministrazione) • possibilità di beneficiare di percorsi formativi, anche condivisi tra i partecipanti alla rete e di usufruire di finanziamenti a copertura parziale o totale dei costi legati alla formazione del personale

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Compositi

• possibilità di ottimizzare la gestione dei picchi produttivi e l’utilizzo di strutture e competenze formative e non solo, messe a disposizione dalle aziende associate • partecipazione e coinvolgimento in attività di comunicazione, sviluppo, ricerca e progettazione. La Scuola di formazione professionale Quanta Composite Learning & Training è il primo frutto maturato dalla rete. I laboratori sono ad Ascoli Piceno HP Composites e a Cassino (FR) TekCo Compositi.


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retecsd.com

INSIEME COSTRUIAMO IL FUTURO Entra nella Rete “Composites Skills Development” info: Tel. +39.340.0920400 • cviani@quanta.com

Nata dalla Rete CSD, Quanta Composite Learning & Training è la scuola di formazione professionale nata grazie al coinvolgimento e la collaborazione di partner altamente qualificati ed ai collegamenti con Istituti superiori e Facoltà Universitarie che consentono l’individuazione di giovani talenti e che permettono l’organizzazione di stage informativi in periodo scolare per orientare vocazioni e aspettative.

F O R M A Z I O N E


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