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Organo ufficiale di Assocompositi
anno IX - numero 33 settembre 2014
COMPOSITES EUROPE 2014 07-09 Ottobre
Stand G30c Hall 8.a
OUR PARTNERS FOR THE COMPOSITES INDUSTRY
France:
Spain & Portugal:
info@chemiecraft.com www.chemiecraft
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Hi-productivity on waterjet cutting Primus 322-324-326: the supersonic jet of water and abrasive can cut up to 200 mm thick, leaving no imperfections along the edge or delamination of multilayer materials and laminates. Possibility of holes in the middle of the plates. Software for 3d machining also available.
intermac.com
Editoriale
Prof. Roberto Frassine, Presidente Assocompositi
New frontiers for composite manufacturing
Nuove frontiere nella produzione dei compositi
After years of research and development by leading research centers worldwide, the technology of 3D printing, more properly “additive manufacturing” (AD), are entering the phase of manufacturing applications. The English consortium Horizon will develop new applications for aerodynamic parts and engines in the aerospace industry in the next three years, with very significant expected results in terms of cost, flexibility and waste reduction.
Dopo anni di ricerca e sviluppo da parte dei principali centri di ricerca mondiali, le tecnologie di stampa 3D, dette anche più propriamente di “additive manufacturing” (AD), stanno entrando nel settore della produzione industriale. Il consorzio inglese Horizon, ad esempio, svilupperà nuove applicazioni per parti aerodinamiche e motori nel settore aerospaziale nei prossimi tre anni, con risultati attesi molto significativi in termini di costi, flessibilità di forma e riduzione degli scarti.
These technologies are also proving to be very promising for the military, for the production of micro-composites in the manufacture of unmanned aerial vehicles (UAVs) and medical devices directly to the theater of operations. In this case, an electric field is used to control the orientation of the reinforcing fibers during the deposition of the material, allowing for a large variety of shapes and sizes and the introduction of connectors, sensors and storage or energy generation devices directly into the product.
Queste tecnologie si stanno rivelando molto promettenti anche per il settore militare, per la produzione di micro-compositi da usare nella fabbricazione di velivoli senza pilota (UAV) e dispositivi medicali direttamente sul teatro delle operazioni. In questo caso viene usato un campo elettrico per orientare a piacere le fibre di rinforzo durante la deposizione del materiale, permettendo di ottenere una grande varietà di forme e dimensioni e l’introduzione di connettori, sensori e dispositivi di immagazzinamento o generazione di energia direttamente nell’oggetto prodotto.
AD technologies are therefore evolving from the well-known applications of rapid prototyping, on the market from several decades, to the industrial production itself. This development is particularly important for the field of composites, which may benefit from a considerable reduction of manufacturing costs and greater design flexibility. The technological challenge will once again be global, and we hope that Italy will not be watching: Assocompositi, as usual, is available to be a partner for companies, using its resources and network of contacts to help them to stay at the cutting-edge of technological innovation.
Le tecnologie AD stanno perciò rapidamente evolvendo dalle applicazioni di prototipazione rapida, note da qualche decennio, alla produzione industriale vera e propria. Questa evoluzione è particolarmente importante per il settore dei compositi, che può beneficiare di una notevole riduzione dei costi di produzione e di una maggiore flessibilità di progettazione. La sfida tecnologica sarà ancora una volta globale, e ci auguriamo che l’Italia non stia a guardare: Assocompositi, come sempre, può fare la sua parte mettendo a disposizione le sue risorse e il suo network di contatti per aiutare le aziende ad essere all’avanguardia nell’innovazione tecnologica.
Compositi
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DNA Tecnologico Eagle centro di lavoro con trave mobile a 5 assi interpolati per operazioni di fresatura ad alta velocitĂ su materiali compositi e alluminio,
Sommario
Anno IX – Numero 33 Year IX – Issue 33 Settembre 2014 September14 Periodicità trimestrale Quarterly review
EDITORIALE
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VITA ASSOCIAZIONE
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Malte più performanti con le fibre di basalto Mortars more efficient with the basalt fibers Maria Laura Santarelli, Francesca Sbardella, Martina Zuena, Marta Albé, Gaia Quattrociocchi, Jacopo Tirilló, Marco Valente, Fabrizio Sarasini
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VETRINA Componenti innovativi per l’industria meccanotessile Innovative components for the textile machinery industry Federico Meneghello, Andrea Pestarino, Daniele Pozzo, Olaf Heintze, Fabian Preller
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Non gettarlo in discarica, riciclalo! Don’t landfill it, recycle it! Volker Thome e Sebastian Dittrich
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Gli occhi dell’automazione
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SPECIALE MACCHINE E ATTREZZATURE
36
abbonamento Italia € 25,00 abbonamento Estero € 50,00 una copia € 7,00
Nanotecnologie e materiali fibrorinforzati Nanotechnologies and fibre-reinforced composites Alessandro Pegoretti
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Registrazione al tribunale di Milano n. 189 del 20/03/2006 Pubblicità e Marketing via Delle Foppette, 6 20144 Milano – Italy tel. +39 0236517115 fax. +39 0236517116 e-mail: marketing@tecneditedizioni.it
Verso un futuro sempre più bio Towards an increasingly ‘bio-based’ future
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VETRINA
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Stampa - Printed by Bonazzi grafica - Sondrio
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È vietata la riproduzione, anche parziale, senza l’autorizzazione della casa editrice Reproduction even partial is forbidden, without the permission of the publisher
Lunga vita ai compositi Long life the composites Roberto Frassine Problemi di esotermia nella polimerizzazione di laminati a spessore elevato Exothermy issues in the polymerization of thick laminates L. Sorrentino, N. Bonora, C. Bellini, L. Esposito Strutture morphing per aerei del futuro Morphing structures for new generation airplanes Mario Pierobon
APPUNTAMENTI
Progetto grafico impaginazione e fotolito Photo type – setting Bonazzi grafica - Sondrio
Direttore responsabile Publishing manager Liliana Pedercini
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Coordinamento di redazione Editing Co-ordination Anna Schwarz Ufficio Commerciale Sales office Ramona Foddis
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72
19
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34
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Comitato Tecnico – Scientifico Technical Scientific Committee Luigi Ascione Andrea Benedetti Roberto Frassine Alfonso Maffezzoli Orazio Manni Mario Marchetti Claudio Migliaresi Carlo Poggi Marino Quaresimin Andrea Ratti Giuseppe Sala Antonino Valenza Maurizio Vedani A questo numero hanno collaborato Contributors Marta Albé C. Bellini N. Bonora Sebastian Dittrich L. Esposito Roberto Frassine Olaf Heintze Federico Meneghello Alessandro Pegoretti Andrea Pestarino Mario Pierobon Daniele Pozzo Fabian Preller Gaia Quattrociocchi Maria Laura Santarelli Fabrizio Sarasini Francesca Sbardella L. Sorrentino Volker Thome Jacopo Tirilló Marco Valente Martina Zuena
Compositi
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Terza Scuola estiva compositi 2014 Assocompositi, in collaborazione con AIMAT, CETMA, Università del Salento e SAMPE, organizza la Terza Scuola estiva Compositi che si svolgerà tra Lecce e Brindisi dal 24 al 26 settembre. La scuola è rivolta a studenti, ricercatori, tecnici e progettisti con preparazione tecnica sui materiali compositi e interessati ad approfondire le proprie competenze su proprietà, tecnologie di processo e di controllo e nuove applicazioni. Tra le aziende partecipanti Adler Group, Alenia, Agusta, Cannon, CETMA, Chem-Trend, Cytec, Delta-Tech, Dow, Huntsman e Semat. Sono anche previste lezioni a cura del Politecnico di Milano, Università del Salento, Università di Bath e Università di Perugia. Le lezioni saranno articolate in modo da fornire momenti di approfondimento didattico e applicativo sulle principali tecnologie per i compositi, materiali multifunzionali, testing e monitoraggio strutturale. Sono state inoltre organizzate sessioni pratico/dimostrative di tecnologie e metodi di indagine. I relatori sono docenti e professionisti provenienti dal mondo della ricerca e dell’industria che analizzeranno i vari temi dal punto di vista teorico, tecnico e pratico. La Scuola inizierà alla conclusione del convegno annuale AIMAT e le prime due giornate (2425 settembre) si terranno a Lecce presso le strutture delle Officine Cantelmo e includeranno una visita aziendale presso Agusta Westland. La terza giornata (26 settembre) si terrà a Brindisi presso il CETMA e prevederà oltre alle lezioni anche esperienze pratiche presso il laboratorio tecnologie del Centro di ricerca. Il programma e la scheda di iscrizione sono disponibili nel sito www.assocompositi.it
QUOTE D’ISCRIZIONE PER 3 GIORNI (IVA compresa)
Aziende e professionisti: 350 euro Soci Assocompositi, AIMAT, SAMPE: 250 euro Università (dottorandi e studenti): 150 euro Per informazioni contattare la nostra Segreteria (info@assocompositi.it)
Nuovi Soci Siamo molto lieti di dare il benvenuto al nuovo Socio Sponsor Impregnatex Compositi (www.impregnatex.it), azienda lombarda che sin dal 1976 produce compositi avanzati e preimpregnati balistici, e al nuovo Socio Ordinario Fibertech Group (www.fibertechgroup.it), attivo nella commercializzazione e realizzazione di manufatti con particolare attenzione alla fibra di carbonio.
Offerta associativa 2015 Assocompositi riserva ai nuovi Soci che decidano di aderire per il biennio 2015/16 uno speciale sconto di 500 euro sulla quota associativa del primo anno. L’offerta è sottoscrivibile solo entro il 30/11/2014. Ricordiamo che l’adesione in qualità di Socio Sponsor (€ 3.500 annuali) dà diritto gratuitamente a numerosi servizi aggiuntivi: logo in evidenza nella homepage del sito web, su tutto il materiale promozionale/informativo di Assocompositi e nelle pagine riservate all’Associazione in Compositi Magazine; corner dedicato all’interno dello stand istituzionale per esporre poster, depliant e prodotti
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Compositi
in tutte fiere di settore italiane ed estere cui l’Associazione prende parte; priorità per l’attivazione di tavoli di lavoro per la stesura di documenti tecnici/normativi su temi d’interesse dell’azienda; priorità per proporre interventi e relazioni nei convegni/seminari organizzati dall’Associazione; supporto organizzativo e patrocinio gratuito per l’organizzazione di corsi di formazione, workshop, seminari e convegni; pubblicazione di case history o redazionali nella rivista Compositi Magazine; sezione riservata nella newsletter mensile per la pubblicazione di notizie e informazioni. Per ricevere la scheda di iscrizione si prega di contattare la Segreteria all’indirizzo info@assocompositi.it
Assemblea Straordinaria dei Soci Assocompositi Il 24 ottobre 2014 a Bergamo si terrà l’Assemblea Straordinaria dei Soci Assocompositi per deliberare in materia di Statuto. Per ulteriori informazioni si prega di contattare la nostra Segreteria.
Al via Composites Europe 2014 Assocompositi, in collaborazione con Reed Exhibitions, sta portando a termine il coordinamento del Padiglione italiano a Composites Europe 2014 che si terrà a Düsseldorf dal 7 al 9 ottobre. Per i Soci è disponibile un’offerta speciale con postazioni preallestite da 9mq e 12mq a costi fortemente scontati. Sono ancora disponibili pochissimi spazi. Per info contattare al più presto la nostra Segreteria.
Assocompositi a Ecomondo 2014 L’Associazione per la prima volta prenderà parte con uno stand istituzionale alla prossima edizione di Ecomondo (Rimini 5-8 novembre) per promuovere la conoscenza delle tecnologie di riciclo dei compositi e presentare il primo marchio italiano, messo a punto a fine 2013 con CSI, per la certificazione dei materiali compositi riciclabili. I Soci interessati a esporre il proprio materiale promozionale all’interno dello stand, sono invitati a contattarci entro il 15 ottobre.
CALENDARIO PROSSIMI EVENTI Fiere China Composites Expo 2014 3-5 settembre, Shangai (Cina)
Ecomondo 2014 5-8 novembre, Rimini (Italia)
KCS Korea Composites Show 16-19 settembre, Goyan (Corea)
Composites Engineering Show 11-12 novembre, Birmingham (UK)
Nanoforum 2014 22-25 settembre, Roma (Italia)
FEIPLAR 11-13 novembre, San Paolo (Brasile)
WindEnergy Hamburg 23-26 settembre, Amburgo (Germania)
JEC Asia 17-19 novembre, Singapore
IBEX 2014 30 settembre - 2 ottobre, Tampa (USA)
Convegni
XII Convegno nazionale AIMAT Expoquimia/Equiplast/ Eurosurfas 2014 21-24 settembre, Lecce (Italia) 30 settembre - 3 ottobre, Scuola estiva Assocompositi 2014 Barcellona (Spagna) 24-26 settembre, Lecce/Brindisi Composites Europe (Italia) 7-9 ottobre, Düsseldorf Material Science 2014 (Germania) 6-8 ottobre, San Antonio (USA) JEC Americas 28-29 ottobre, Boston (USA) Composites Spain 29-30 ottobre, Madrid (Spagna)
Maria Laura Santarelli, Francesca Sbardella, Martina Zuena, Marta Albé, Gaia Quattrociocchi, Jacopo Tirilló, Marco Valente, Fabrizio Sarasini - Dipartimento di Ingegneria Chimica Materiali Ambiente, Sapienza - Università di Roma
Malte più performanti con le fibre di basalto Per mettere a punto leganti qualificati per il ripristino di edifici storici sono state studiate le proprietà meccaniche e la microstruttura di malte modificate con fibre corte di basalto con differente morfologia e concentrazione. Ecco i risultati della sperimentazione.
L
e malte a base di calce idraulica naturale sono un tradizionale materiale da costruzione in uso da migliaia di anni e ben rappresentano l’anello di congiunzione con il cemento Portland, ormai diventato il materiale di scelta nel settore delle costruzioni e del ripristino edilizio [1,2]. Malgrado ciò, le malte di calce idraulica naturale sono molto diffuse in costruzioni storiche di notevole interesse culturale. In molti interventi di restauro del passato si sono utilizzate malte cementizie che hanno mostrato, nonostante l’ampia diffusione, diverse incompatibilità responsabili di seri danneggiamenti del costruito storico [3,4]. Tali problematiche hanno suscitato nel corso degli ultimi anni un crescente interesse verso l’impiego di malte di calce idraulica nel mercato del restauro e del recupero dell’edilizia storica, da sempre alla ricerca di materiali in grado di garantire compatibilità (chimica, fisica e meccanica) [5] con le tecniche costruttive originarie. Tale crescente attenzione ha innescato molteplici studi sulle caratteristiche e sulle proprietà sia di malte aeree sia idrauliche la cui mancanza aveva invece contribuito al loro accantonamento a vantaggio di quelle cementizie [5-7]. Le malte a base di calce idraulica sono tuttavia soggette al grave inconveniente della fessurazione da ritiro plastico in aggiunta alle modeste proprietà meccaniche e al comportamento fragile che ne hanno limitato la diffusione. Tali limitazioni possono essere efficacemente superate mediante l’aggiunta di rinforzo fibroso mutuando i risultati conseguiti nel caso dei materiali a base cementizia [8-11]. Malgrado ciò, pochi sono gli studi relativi all’utilizzo di fibre in malte a base di calce idraulica [12-14] e ancora di meno quelli riguardanti le fibre di basalto [15]. La scelta delle fibre di basalto è stata dettata dalla crescente esigenza di materiali e soluzioni progettuali eco-sostenibili che ha indirizzato notevoli investimenti economici ed intellettuali verso la ricerca di materiali alternativi, in grado di ridurre i costi e l’impatto ambientale delle costruzioni [16-18]. Contrariamen-
te alle fibre sintetiche, le fibre naturali di origine minerale, come quelle di basalto ottenute dalla fusione di rocce ignee effusive contenenti 45-52% di SiO2, possono costituire un’alternativa sosteni-
a
bile ed economica alle fibre naturali di origine vegetale, che soffrono di limitazioni legate alle indesiderate reazioni interfacciali che ne pregiudicano la resistenza e la tenacità [18].
b
Fig.1: Micrografie al microscopio elettronico delle due diverse tipologie di fibre di basalto: milled
Specimen’s code Lime(cement)/ Water/binder sand ratio ratio*
*
a
e chopped
b
Weight content of basalt fiber (%)
REF_NHL
1:1
0.30
-
NHL_C3
1:1
0.30
3
NHL_C10
1:1
0.30
10
NHL_M3
1:1
0.30
3
NHL_M10
1:1
0.30
10
REF_MCC
-
0.15
-
MCC_C3
-
0.15
3
MCC_C10
-
0.15
10
MCC_M3
-
0.15
3
MCC_M10
-
0.15
10
REF_P
1:2
0.42
-
P_C1
1:2
0.45
1
P_C3
1:2
0.55
3
P_C6
1:2
0.70
6
P_M1
1:2
0.43
1
P_M3
1:2
0.46
3
P_M6
1:2
0.50
6
Percentages refer to the solid fraction of the mixture for hydraulic lime mortars
Tab.1: Composizione delle malte analizzate rinforzate con fibre di basalto
Compositi
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Carbon fiber and composites
Technology for composites textile industry
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- Malte più performanti con le fibre di basalto MATERIALI E METODI Per il confezionamento delle malte sono stati impiegati i seguenti materiali: una calce idraulica naturale prodotta dalla St. Astier conforme alla classe NHL 3.5 secondo la EN 459-1 [19] (identificata nel seguito con “NHL”) alla quale per la formulazione della malta è stato aggiunto un aggregato opportunamente scelto (sabbia silicea feldspatica con granulometria variabile nell’intervallo 180-600 μm); un massetto tradizionale pronto all’uso a base di calce idraulica naturale NHL 3.5, cocciopesto in curva granulometrica e inerti selezionati prodotto da Calci Idrate Marcellina S.p.a (identificato nel seguito con “MCC”); un cemento Portland II/B-LL da ripristino fornito dalla Italcementi (indicato nel seguito con “P”) additivato con lo stesso aggregato siliceo. Sono state selezionate due diverse tipologie di fibre di basalto prodotte dalla Basaltex NV: BSC D-L-WET
(Chopped, “C”) di lunghezza pari a 6,35 mm con diametro compreso tra 10-19 μm, appretto a base di silano e raccomandate come potenziale rinforzo per calcestruzzo; Milled Basalt Fibers 01 (MF1, “M”) di diametro compreso tra 10-17 μm e appretto a base di silano. La figura 1 mostra le micrografie al microscopio elettronico delle due diverse tipologie di fibre di basalto. Le malte sono state confezionate secondo le composizioni riportate in tabella 1 con tenori in peso di fibre di basalto variabili da 1% fino al 10% a seconda del tipo di matrice utilizzata. I risultati ottenuti sono stati confrontati con quelli relativi a malte non rinforzate, indicate nel seguito con “REF”. I dettagli relativi alle caratterizzazioni dei leganti e degli inerti sono riportati in [20]. La caratterizzazione meccanica dei campioni è stata condotta con una macchina di prova universale Zwick/Roell Z010
equipaggiata con cella di carico da 10 kN. Le prove di flessione a tre punti sono state effettuate su cinque campioni per ciascuna tipologia con uno span di 80 mm, una velocità della traversa mobile pari a 2 mm/min ed un pre-carico di 5 N. La deflessione nelle prove di flessione a tre punti è stata valutata mediante apposito trasduttore di spostamento. Le prove di compressione sono state eseguite su campioni ottenuti al termine della prova di flessione mediante una macchina di prova Instron 8033 con cella di carico da 500 kN in controllo di spostamento con velocità pari a 2,5 mm/min. La caratterizzazione morfologica delle superfici di frattura è stata effettuata mediante microscopia elettronica a scansione (SEM Philips XL40, FESEM Zeiss, Auriga). Prima delle osservazioni i campioni sono stati metallizzati con oro mediante sputtering.
a
a
a
b
b
b
c
c
c
Fig.2: Resistenza a flessione a , modulo elastico a flessione b e resistenza a compressione c per campioni a base di NHL in funzione del tipo e contenuto delle fibre di basalto
Fig.3: Resistenza a flessione a , modulo elastico a flessione b e resistenza a compressione c per campioni a base di MCC in funzione del tipo e contenuto delle fibre di basalto
Fig.4: Resistenza a flessione a , modulo elastico a flessione b e resistenza a compressione c per campioni a base di P in funzione del tipo e contenuto delle fibre di basalto
Compositi
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- Malte più performanti con le fibre di basalto a
b
Fig.5: Micrografie delle superfici di frattura dei campioni a base di calce NHL: a NHL_C3 e b NHL_M3 RISULTATI E DISCUSSIONE Le figure 2-4 riassumono le proprietà meccaniche in funzione del tipo di matrice, del tipo di fibra e del relativo tenore in peso. Per quanto riguarda i campioni a base di NHL, la presenza di fibre corte (C) al tenore minore (3%) ha comportato una diminuzione della resistenza a flessione rispetto alla corrispondente malta non rinforzata, contrariamente a quanto osservato per le fibre milled (M). Effetti positivi sono invece stati registrati per il modulo elastico a flessione, anche in questo caso con esiti diversi a seconda della particolare morfologia delle fibre di basalto. Per comprendere meglio i meccanismi di danneggiamento e cedimento dei compositi si può fare riferimento alla morfologia delle superfici di frattura. In figura 5 sono riportate le superfici di frattura dei campioni a base di calce NHL. Si può notare un’estesa presenza di fenomeni di pull-out per campioni con fibre chopped (fig.5a), contrariamente a quanto osservato per gli altri compositi. In questi ultimi si notano particelle di matrice sulla superficie delle fibre milled (fig.5b) ad indicare il conseguimento di un adeguato livello di adesione all’interfaccia fibra/matrice che sembra, invece, mancare nel caso delle fibre chopped, che mostrano una superficie pulita (fig.5a). Tale comportamento, ascrivibile alle differenze nei trattamenti superficiali del-
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Compositi
Fig.6: Tipico comportamento a flessione delle malte a base di calce NHL rinforzate con un contenuto di fibre di basalto pari al 3% del peso le due tipologie di fibre di basalto, può spiegare i diversi effetti registrati sul comportamento a flessione dei compositi risultanti. Nei compositi a matrice ceramica (CMC) i miglioramenti in modulo elastico e resistenza associati ai rinforzi hanno una priorità molto minore rispetto ai miglioramenti nella resistenza alla propagazione delle cricche, ovvero la più significativa debolezza dei ceramici per applicazioni strutturali o semi-strutturali. Tale problema è evidente anche nel caso delle matrici a base di leganti idraulici (fig.6). Il controllo della propagazione delle cricche dipende dalle interazioni tra cricca e rinforzo, definite come meccanismi di tenacizzazione. Quando una cricca si avvicina a rinforzi fibrosi può procedere troncandoli o per distacco (debonding) all’interfaccia matrice-fibra e con un parziale sfilamento (pull-out) delle fibre, con una grande dissipazione di energia. Si possono ottenere in tal modo significativi incrementi nella tenacità. Deve perciò essere raggiunto un compromesso fondamentale concernente la resistenza dell’interfaccia matrice-fibra. Le fibre chopped, pur comportando una diminuzione della resistenza a flessione per le matrici NHL e MCC, hanno mostrato un significativo effetto di tenacizzazione, evidente dalla figura 6. Tutte le matrici vergini sono infatti caratterizzate da curve sforzo-deformazione a carattere fragile che risulta marcatamente
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b
Fig.7: Tipico comportamento a flessione dei compositi a base di matrice cementizia rinforzati con fibre di basalto chopped a e milled b
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- Malte più performanti con le fibre di basalto a
b
c
d
Fig.8: Micrografie delle superfici di frattura per MCC_C3 ( a - b ), NHL_C3
c
e P_C1
d
diminuito a seguito dell’aggiunta di fibre chopped che, una volta raggiunta la resistenza di picco, conferiscono una significativa resistenza post-fessurativa al composito. Tale comportamento è stato osservato anche nel caso della matrice cementizia (P), ove l’effetto tenacizzante è stato rilevato solo nel caso delle fibre chopped, nonostante i miglioramenti nella resistenza a flessione evidenziati dall’aggiunta sia delle fibre chopped sia milled (fig.7). Le fibre milled sembrano conferire migliori proprietà meccaniche rispetto a quelle chopped nel caso della matrice cementizia, evidenziando un andamento decrescente all’aumentare della percentuale in peso. In seguito all’impiego di fibre relativamente grandi, l’aumento di resistenza atteso può non essere significativo in quanto i fenomeni di criccatura della matrice si verificano inizialmente su scala micrometrica e, se le fibre sono tra loro distanti, non possiedono la capacità di arrestare tali microcricche. Tuttavia, una volta che le microcricche coalescono in macrocricche, esiste la possibilità di interazione con le fibre che ne possono arrestare la propagazione aumentando la tenacità del
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- Malte più performanti con le fibre di basalto composito risultante. Nel caso di fibre di dimensioni minori è invece facilitata l’interazione su scala microscopica a seguito della loro minore spaziatura. In questo caso è perciò lecito attendersi un aumento significativo della resistenza del composito senza un marcato effetto di tenacizzazione (fig.8). Contrariamente a quanto riportato da Iucolano et al. [15], i risultati della sperimentazione confermano il ruolo positivo delle fibre di basalto nei riguardi del comportamento a compressione, con l’eccezione delle fibre chopped che si sono mostrate efficaci solo nel caso della matrice NHL. Per le matrici P e MCC, le fibre milled hanno evidenziato una migliore compatibilità (fig.9a-c) rispetto alle fibre chopped (fig.9d), responsabile degli incrementi registrati sia per la resistenza a flessione che a compressione rispetto alle matrici non rinforzate. All’aumentare della frazione in peso di fibre si è registrata una diminuzione delle proprietà, sia a flessione che a compressione, a causa della crescente difficoltà di dispersione uniforme ed omogenea delle fibre all’interno delle matrici, tradotta nella presenza di aggregati di fibre anche di notevoli dimensioni (fig.10).
a
b
c
d
Fig.9: Micrografie delle superfici di frattura per P_M1 ( a - b ), MCC_M3
c
e P_C3
d
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Compositi
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- Malte più performanti con le fibre di basalto I risultati ottenuti suggeriscono l’esistenza di un tenore limite di fibre di basalto che è possibile aggiungere a leganti idraulici per sfruttare il loro potenziale come agenti di rinforzo e di tenacizzazione sia per non pregiudicare la continuità microstrutturale della matrice sia per non richiedere eccessive quantità di acqua di impasto, deleteria per il comportamento meccanico delle malte risultanti. CONCLUSIONI I risultati della sperimentazione hanno evidenziato l’attitudine delle fibre di basalto a modificare sia la fase elastica che post-fessurativa delle malte risultanti. In particolare: • il rinforzo fibroso, sotto forma di fibre corte (chopped), si è dimostrato efficace nel tenacizzare le malte in condizioni di flessione indipendentemente dalla natura del legante idraulico e del tenore in peso. Le fibre corte si sono mostrate meno adatte di quelle milled in vista del miglioramento delle proprietà resistenziali. Le proprietà a compressione delle malte vergini sono state aumentate dall’aggiunta delle fibre di basalto, facendo registrare gli incrementi più significativi nel caso di fibre milled in matrici a base di cemento Portland (P) e di massetto a base di calce idraulica (MCC). • Per un dato quantitativo di acqua, esiste un tenore ottimale di rinforzo fibroso oltre il quale le proprietà meccaniche diminuiscono drammaticamente dal tipo di matrice e di fibra di basalto. Tale comportamento è stato ascritto alle difficoltà legate sia alla compattazione delle miscele che alla dispersione uniforme del rinforzo. • Le proprietà meccaniche sono state analizzate in termini di meccanismi di danneggiamento e di cedimento, che hanno evidenziato il ruolo decisivo svolto dalle differenti interfacce esistenti tra le fibre di basalto e le matrici. Tale aspetto necessita di approfondimenti tesi all’ottimizzazione dei trattamenti superficiali delle fibre di basalto al fine di bilanciare due necessità opposte come l’aumento di resistenza e di tenacità. BIBLIOGRAFIA/REFERENCES
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Compositi
Fig.10: Micrografie delle superfici di frattura per MCC_M10 [4] Degryse P, Elsen J, Waelkens M. Study of ancient mortars from Sagalassos (Turkey) in view of their conservation. Cem Concr Res 2002;32:1457-63. [5] Lanas J, Alvarez-Galindo JI. Masonry repair lime-based mortars: factors affecting the mechanical behavior. Cem Concr Res 2003;33:1867-76. [6] Lanas J, Pérez Bernal JL, Bello MA, Alvarez Galindo JI. Mechanical properties of natural hydraulic lime-based mortars. Cem Concr Res 2004;34:2191-201. [7] Iucolano F, Liguori B, Caputo D, Colangelo F, Cioffi R. Recycled plastic aggregate in mortars composition: Effect on physical and mechanical properties. Mater Des 2013;52:916-22. [8] Puertas F, Amat T, Fernández-Jiménez A, Vázquez T. Mechanical and durable behaviour of alkaline cement mortars reinforced with polypropylene fibres. Cem Concr Res 2003;33:2031-6. [9] Park S-B, Lee B-C. Studies on expansion properties in mortar containing waste glass and fibers. Cem Concr Res 2004;34:1145-52. [10] Ostertag CP, Yi C. Crack/fiber interaction and crack growth resistance behavior in microfiber reinforced mortar specimens. Mater Struct 2006;40:679-91. [11] Banfill PFG, Starrs G, Derruau G, McCarter WJ, Chrisp TM. Rheology of low carbon fibre content reinforced cement mortar. Cem Concr Compos 2006;28:773-80. [12] Chan R, Bindiganavile V. Toughness
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Maria Laura Santarelli, Francesca Sbardella, Martina Zuena, Marta Albé, Gaia Quattrociocchi, Jacopo Tirilló, Marco Valente, Fabrizio Sarasini - Dipartimento di Ingegneria Chimica Materiali Ambiente, Sapienza – Università di Roma
Mortars more efficient with the basalt fibers To develop hydraulic binders for the historical buildings recovery were investigated the mechanical properties and the microstructure of basalt fiber reinforced hydraulic mortars. The following are the results of the experimental work.
H
ydraulic lime mortars are a traditional building material that has been used for thousands of years and they represent the connecting link with Portland cement that has been developed in the mid nineteenth century and has rapidly become the material of choice in building and architectonical restoration fields [1,2]. Nonetheless, hydraulic lime-based mortars are present in many historical structures and buildings which have significant cultural interest. In many cases past restoration interventions employed cement-based mortars that, despite their widespread use, have shown several incompatibilities causing extensive damage to the ancient masonry [3,4]. Owing to these problems, the last years have been marked by an increasing interest in using limebased mortars in restoration activities, as compatibility between the new repair mortar and original components has been considered as a central issue, being this compatibility physical, chemical and mechanical in nature [5]. This attention has triggered detailed investigations of characteristics and properties of both aerial and hydraulic lime-based mortars, the lack of which contributed to their replacement by cement-based mortars [5-7]. One of the major concern envisaged for the full exploitation of lime-based mortars is represented by their undesirable plastic shrinkage connected with shrinkage cracking, in addition to relatively low mechanical properties and brittle nature. Such limitations can be effectively tackled with the use of fiber reinforcement, which is a common practice in cement-based materials [8-11]. Nevertheless, there are few available papers in the literature dealing with the addition of fibers in lime-based mortars [12-14] and even fewer dealing with the use of basalt fibers [15]. The rationale behind the choice of basalt fibers lies in the current need for sustainable and energy efficient construction materials that has steered extensive research on alternative materials able to reduce the
cost and environmental impact of construction process [16-18]. Unlike synthetic fibers, natural fibers of mineral origin (such as basalt fibers that are continuously extruded from high temperature melt of selected basalt stones, which are volcanic, over-ground, effusive rocks saturated with 45-52% SiO2 ) can provide a cheap and sustainable approach without suffering from the inherent limitations of plant-based fibers that are mainly due to undesired interfacial reactions resulting in reduction in strength and toughness as a result of weakening of the fibers [18]. MATERIALS AND METHODS Three different types of mortars were used with two different types of basalt fibers. One type of mortar was prepared using a commercial natural hydraulic lime (NHL) supplied by St. Astier that conforms to the class designated as NHL 3.5 (henceforth labeled as “NHL”) in accordance with the European standard EN 459-1 [19]. A siliceous feldspathic aggregate (sand) was also used with a particle size in the range 180-600 μm. The second type of matrix was based on a dry premix of NHL 3.5, selected inert aggregates and selected crushed bricks and tiles (cocciopesto) (henceforth labeled as “MCC”) supplied by Calci Idrate Marcellina S.p.A. The last type of mortar was based on Portland cement II/B-LL (henceforth labeled as “P”) supplied by Italcementi. The same siliceous feldspathic sand was used as aggregate. Two different types of basalt fibers, all supplied by Basaltex NV, were added to the mortars: BSC D-L-WET, basalt continuous filament roving chopped (C) to a length of 6.35 mm, filament diameter in the range 10-19 μm and with a silane sizing; MF01 milled (M) basalt fibers obtained by milling basalt continuous filament fibers of the 10-17 μm filament diameter range with a silane sizing. Figure 1 shows scanning electron micrographs of the different basalt fibers used in the present investigation. Mortar mixtures, whose compositions are summa-
rized in Table 1, were prepared adding to the solids proper amounts of water to get a good workability and consistency. Binder to aggregate ratio for NHL specimens was fixed at 1:1 (by weight). Basalt fibers were added at two different weight contents (3% and 10%) for NHL and MCC matrices and at three weight contents (1%, 3% and 6%) for P matrix. Mortar specimens without fibers for each type of mortar (henceforth labeled as “REF”) were fabricated as well to serve as control specimens. All mortars were cured in water for 28 days. Details of the analysis of raw materials are presented elsewhere [20]. Mechanical characterization of the mortars was carried out on a Zwick/ Roell Z010 universal testing machine equipped with a 10 kN load cell. Threepoint flexural tests were performed on five specimens for each configuration with a support span of 80 mm, a cross-head speed of 2 mm/min and a pre-load of 5 N. A displacement transducer was placed at the span center to measure the beam center deflection in order to evaluate the elastic modulus of the mortars. Compression strength test was carried out on the two fragments of each specimen resulting from the previous flexural test on a Instron 8033. Morphological characterization of the fracture surfaces of the hardened specimens was performed by scanning electron microscopy (SEM) (SEM Philips XL40, FESEM Zeiss, Auriga). All specimens were sputter coated with gold prior to examination. RESULTS AND DISCUSSION Figures 2-4 summarize the evolution of mechanical properties as a function of mortar, type of basalt fiber and fiber content. As regards NHL specimens, the presence of chopped fibers at the lower content, namely 3 wt%, was found to slightly affect in a negative way the flexural strength of the neat mortar while milled fibers showed an opposite effect. With regard to the flexural modulus, it was found to increase with respect to the reference mortar due to addition
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- Mortars more efficient with the basalt fibers of basalt fibers and, also in this case, to different extent depending on the type of basalt fibers. Further information about the fracture mechanisms of the mortars can be obtained from the morphological analysis of the fracture surfaces. Figure 5 shows the fracture surfaces of NHL-based mortars. NHL_C3 specimens are characterized by extensive pull-out (fig.5a) if compared to the other composites where there are matrix particles attached to the fibers for milled reinforced composites (fig.5b), which indicates a sufficient level of adhesion between the fiber and matrix. This can be compared to the relatively smooth surface of the chopped fibers (fig.5a). This behavior, likely ascribed to differences in the surface treatment of the different basalt fibers, can explain the dissimilar effect on flexural strength of the resulting composites. The fiber/ matrix interfacial domain is a decisive constituent of fiber reinforced ceramic matrix composites (CMCs). Depending on the characteristics of the domain, the composite will be either a brittle ceramic or a damage tolerant composite: this means that several conflicting requirements have to be met. The chopped fibers, despite decreasing the flexural strength for NHL and MCC matrices, showed a significant toughening effect, as can be clearly seen in figure 6. All the reference mortars show a brittle stress-strain curve while the ones reinforced with chopped fibers exhibit a quasi-brittle behavior with a significant post peak softening behavior. This behavior was confirmed also in the case of P-based composites where the flexural strength was found to increase with both milled and chopped fibers but the toughening effect was evident only in the case of chopped fibers (fig.7). As a whole, milled fibers seemed to offer better properties than chopped ones with a decreasing trend with increasing fiber content for P-based composites. As regards the flexural modulus, it was found to decrease due to the addition of basalt fibers but to a lesser extent in the case of chopped fibers. Also in this case a decreasing trend was obtained with increasing fiber content. As a general conclusion, the basalt fibers influenced also the elastic behavior of the investigated mortars. When relatively large fibers are used as reinforcement, only a small improvement in strength can be expected as the matrix cracking first occurs at the micro level and if fibers are far apart, they have no ability to arrest microcracks. However, once the microcracks condense into macrocracks, the large fibers can arrest propagation of macrocracks and substantially improve the toughness of
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Compositi
the composite. If relatively small fibers are used, they can bridge microcracks, since for a given volume these fibers are much closer together. Smaller fibers can thus significantly enhance the strength of the composite with a lower toughening effect (figure 8). In contrast with Iucolano et al. [15], where compressive strength was found to decrease for both basalt and glass fiber reinforced NHL-based mortars, the present experimental results highlight the positive role played by basalt fibers in enhancing the compressive strength of the reference mortars, with the exception of the chopped fibers which proved effective only for NHL-based mortars. For both P and MCC matrices, milled fibers behave better than chopped ones as regards the flexural and compressive strength. This trend can be explained in terms of a better fiber/matrix adhesion (fig.9a-c), with reference to chopped fibers (fig.9d). With increasing fiber content, a decreasing trend in both compressive and flexural properties was observed. This is mainly ascribed to difficulties related to the dispersion of the fibers, which resulted in the marked occurrence of clusters of fibers and example of which is shown in figure 10. These results suggest that there is a limit to the content of basalt fibers to be used in addition to hydraulic binders in order to exploit their full potential as reinforcing and toughening agents without affecting the continuity of the matrix to a detrimental extent and without requiring excessive amount of kneading water which is damaging to the mortar’s behavior. CONCLUSIONS Two different basalt fibers at different weight contents have been added to three hydraulic binders aiming at modifying their properties. Mechanical behavior in bending and compression was investigated and the results confirmed that basalt fibers can significantly affect the behavior of the reference mortars. The following conclusions may be drawn from this experimental work: • fiber reinforcement, in the form of chopped fibers, was effective in imparting post-peak stress carrying ability to mortars in flexure regardless of the nature of the hydraulic binder and of the content. The chopped fibers were not found suitable for strength enhancement in flexure in contrast with basalt fibers in the form of milled ones. Compressive properties of neat mortars were found to increase with the addition of basalt fibers with the best performances offered by milled fibers for P and MCC matrices.
• For a given water content, there is an optimum content of fiber reinforcement beyond which the mechanical properties decrease dramatically regardless of the matrix and basalt fiber types. This was attributed mainly to the resultant difficulty in mixture compaction and fiber dispersion. • The mechanical properties have been investigated in terms of fracture and damage mechanisms which highlighted the role played by the different interfaces between the basalt fibers and the mortars. This aspect needs to be further investigated aiming at developing optimized surface treatments for balancing two opposing needs such as strength and toughness enhancement.
All the mentioned figures refer to the italian version Fig.1: SEM micrographs of the different basalt fibers: (a) milled and (b) chopped Tab.1: Composition of the analyzed fiber reinforced mortars Fig.2: Flexural strength (a), flexural modulus (b) and compressive strength (c) for NHL-based specimen as a function of type and content of basalt fibers Fig.3: Flexural strength (a), flexural modulus (b) and compressive strength (c) for MCC-based specimen as a function of type and content of basalt fibers Fig.4: Flexural strength (a), flexural modulus (b) and compressive strength (c) for P-based specimen as a function of type and content of basalt fibers Fig.5: SEM micrographs of fracture surfaces for (a) NHL_C3 and (b) NHL_M3 Fig.6: Typical flexural behavior of NHL-based mortars reinforced with 3 wt% of basalt fibers Fig.7: Typical flexural behavior of P-based composites reinforced with (a) chopped and (b) milled basalt fibers Fig.8: SEM micrographs of fracture surfaces for (a-b) MCC_C3, (c) NHL_C3 and (d) P_C1 Fig.9: SEM micrographs of fracture surfaces for (a-b) P_M1, (c) MCC_M3 and (d) P_C3 Fig.10: SEM micrograph of fracture surface for MCC_M10
MAPEI
Intervento di rinforzo strutturale per l’impianto di riciclaggio a Montréal A Montréal, in Quebec (Canada), il riciclaggio dei rifiuti gioca un ruolo molto importante nella protezione dell’ambiente. Ogni giorno, cinque compagnie raccolgono e scaricano tra 125 e 150 camion di materiali riciclati presso l’impianto RSC (Rebuts Solides Canadiens, rifiuti solidi canadesi). Lo stabilimento appartiene alla città di Montréal ma è gestito dalla compagnia privata Groupe Tiru, che tra il 2000 e il 2001 ha investito diversi milioni di dollari per ammodernarlo e renderlo a norma. Nel 2008, inoltre, la capacità annuale dell’impianto è stata portata a oltre 225.000 tonnellate. La struttura dello stabilimento è molto semplice: al primo piano gli addetti separano la carta, il metallo, la plastica e materiali vari utilizzando cernitrici, nastri trasportatori e altri macchinari. Dopo la separazione, i materiali sono scaricati al piano inferiore attraverso 25 tunnel che partono da una serie di aperture poste sul pavimento. Una volta compattati e imballati, i rifiuti vengono inviati ad aziende specializzate nel riutilizzo di materiali riciclati. Lo stabilimento RSC è stato costruito a partire da un precedente edificio, che è stato riconvertito a centro per la raccolta differenziata. Per realizzare i buchi destinati al passaggio dei materiali riciclati verso il piano inferiore, sono state forate le lastre in calcestruzzo e i ferri di armatura dei pavimenti. Al primo piano dovevano essere installati macchinari piuttosto pesanti: è stato quindi necessario intervenire per rinforzare i pavimenti, già indeboliti dalla presenza dei fori. Al piano terra non era possibile realizzare colonne o travi d’acciaio per sostenere i piani superiori, perché i carrelli destinati al carico dei materiali dovevano poter circolare liberamente. Per risolvere questo problema, RSC ha deciso di utilizzare un sistema di rinforzo a base di materiali polimerici fibrorinforzati (FRP) intorno alle aperture circolari e sulla struttura dei tunnel utilizzati per lo scarico dei materiali. La prima fase di rinforzo strutturale mirava a rinforzare 6 tunnel di 3,66 m di altezza, 6,10 m di larghezza e 30,5 m di lunghezza. Sono stati utilizzati prodotti della linea FRP di Mapei: le lamine pultruse in fibre di carbonio CARBOPLATE E 170 di
Sui pavimenti sono stati realizzati dei grandi fori per permettere ai nastri trasportatori di portare i materiali riciclati in determinate aree del piano inferiore. Queste aperture hanno causato l’indebolimento del pavimento: di qui la necessità di operare un rinforzo strutturale 5 e 10 cm di larghezza, lo stucco epossidico MAPEWRAP 11 utilizzato per la regolarizzazione delle superfici in calcestruzzo e il primer specifico MAPEWRAP PRIMER 1. Il solaio in calcestruzzo di 15 cm è stato poi rinforzato utilizzando ancora CARBOPLATE E 170, mentre i ferri d’armatura sono stati protetti con la malta cementizia anticorrosiva MAPEFER 1K. Il calcestruzzo delle pareti dei tunnel è stato riparato con la malta PLANITOP 23, utilizzata negli angoli severamente danneggiati. La resina epossidica PLANIBOND CR 50 è stata iniettata nelle fessure, mentre la malta PLANIGROUT 712 è servita per il ripristino strutturale del calcestruzzo e con PLANITOP X si sono riparate le superfici verticali. I lavori si sono svolti il venerdì e il sabato, da mezzanotte alle sette del mattino, per tre settimane, in modo da permettere all’impianto di funzionare regolarmente. Il lavoro è stato compiuto a regola d’arte e la committenza ha rinnovato l’incarico per la seconda fase del progetto, che vedrà riparazioni supplementari sulle pareti dei tunnel. Questo articolo è tratto da Realtà Mapei Americas n.17, rivista edita dalle consociate americane del Gruppo Mapei.
Applicazione delle lamine CARBOPLATE E 170
Applicazione delle lamine pultruse in fibra di carbonio CARBOPLATE E 170, posate con il ciclo MAPEWRAP PRIMER 1 e MAPEWRAP 11
Applicazione MAPEWRAP PRIMER 1 alle lamine CARBOPLATE E 170
Compositi
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ARDEA PROGETTI E SISTEMI
FRCM con matrici a base calce L’impiego di rinforzi applicati con matrici cementizie ha riscosso notevole interesse, ponendosi come possibile alternativa ai tradizionali compositi applicati con resine epossidiche (FRP). Queste tecnologie, indicate con l’acronimo FRCM (Fiber Reinforced Cementitious Matrices), trovano principalmente applicazione nelle strutture in muratura. La possibilità di utilizzare come matrice le malte a base calce rappresenta una soluzione tecnica di cruciale importanza per l’applicazione su edifici storici, spesso vincolati. Gli FRCM non possono prescindere dal criterio che da sempre disciplina i materiali compositi: “si considera composito un materiale costituito da una matrice, che prende la forma, e da una fibra di rinforzo, che prende i carichi trasferiti dalla matrice”. Solo quando si realizza una buona adesione/impregnazione fibra-matrice, peraltro alla base del criterio da cui è nato il cemento armato, un materiale può essere considerato un composito e presentare caratteristiche meccaniche tali da consentirne un impiego strutturale. Ardea Progetti e Sistemi, in collaborazione con il Centro Interdipartimentale di Ricerca Industriale dell’Università di Bologna e con il contributo dell’Università di Modena e Reggio Emilia, ha condotto una serie di sperimentazioni, mettendo a punto il sistema Betontex IPN (Interpenetrated Polymer Network), una linea di prodotti bicomponenti a base acqua costituiti da due o più resine supportate su una matrice inorganica microcristallina, tixotropica. Nella fase di polimerizzazione si crea un reticolo interpenetrato (IPN) rinforzato dai microcristalli della fase inorganica attiva, che conferisce alla matrice elevate proprietà meccaniche e termiche nonché una buona porosità al vapor d’acqua (traspirabilità). Il promotore di adesione IPN 01, fornito da Ardea insieme alle tecnologie necessarie al consolidamento, garantisce una perfetta adesione fibra-matrice e quindi realizza un materiale composito FRCM sia con malte cementizie sia con malte a base calce, come verificato dalle prove di laboratorio su campioni con e senza IPN 01: nelle prove di trazione monotone o cicliche, in presenza di IPN 01, lo stato limite ultimo del rinforzo è pari alla resistenza ultima del rinforzo stesso (fig.1). L’utilizzo di tale prodotto consente di sfruttare le caratteristiche meccaniche della fibra di rinforzo mantenendo le caratteristiche di traspirabilità e di ottima resistenza al fuoco della matrice a base calce. Il ciclo di applicazione è illustrato sinteticamente in figura 2. I sistemi Betontex IPN con matrici a base calce sono stati utilizzati come sistemi di rinforzo per il consolidamento della Chiesa di S. Paolo Maggiore (Bologna) e per la Chiesa di S. Pietro Apostolo, Isola del Giglio (Grosseto), solo per citare alcuni degli interventi più importanti. Fig.1: Grafico di una prova di trazione con n. 27 cicli di carico e scarico
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Compositi
Rete di rinforzo
1° strato di malta
1° strato di IPN01
a
2° strato di IPN01
2° strato di malta
b
Risultato finale
c
d
Fig.2: a , b , c , d Ciclo di applicazione FRCM
KIMIA
Sperimentazioni sulla durabilità dei compositi in acciaio Kimia S.p.A. ha condotto una sperimentazione riguardante lo studio su alcuni aspetti di durabilità dei materiali compositi di tipo SRG/SRP, quindi composti da tessuti in acciaio, accoppiati con una matrice inorganica (SRG) o resinosa (SRP). Tali sistemi compositi hanno trovato negli ultimi anni un diffuso impiego nel consolidamento strutturale di edifici, per alcune loro caratteristiche peculiari che li rendono più sfruttabili in certe applicazioni rispetto ai compositi tradizionali in carbonio (migliore lavorabilità e resistenza al taglio, pretensionabilità, resistenza al fuoco e permeabilità al vapore in caso di utilizzo di matrici inorganiche...). Ai fini di certificare la durabilità di tali sistemi, l’azienda attraverso un laboratorio esterno ha condotto una sperimentazione che simulasse l’invecchiamento delle fibre di acciaio, confrontando il comportamento di due diverse soluzioni: il tessuto in acciaio Kimisteel INOX, con un tessuto in acciaio galvanizzato. Le fibre sono state sottoposte a test di invecchiamento in condizioni chimicamente aggressive (ambiente salino) così da simulare condizioni di esposizione piuttosto gravose. L’elevata concentrazione salina infatti simula in breve tempo l’effetto di un’esposizione prolungata in ambienti marini. Per l’esecuzione delle prove di corrosione, la soluzione con cui sono stati testati i tessuti è stata preparata in laboratorio sciogliendo 5 parti in massa di cloruro di sodio, in 95 parti di acqua.
Campioni sottoposti ad invecchiamento
Tessuto in Kimisteel INOX La durata della prova è stata di 120 ore. L’ispezione visiva dei campioni è avvenuta ad intervalli regolari di 24 ore. Al termine della prova, una leggera ossidazione è stata riscontrata in alcuni punti sulla superficie dei fili. L’ossidazione è aumentata leggermente nel tempo in tutti i campioni esaminati. Passando all’esecuzione vera e propria delle prove di trazione sui provini invecchiati, si è constatato che la resistenza a trazione del tessuto in acciaio galvanizzato ha subito un decremento del 10% rispetto al tessuto non sottoposto a prova di corrosione. La resistenza a trazione del tessuto Kimisteel INOX invece è risultata pressochè inalterata rispetto a quella dei trefoli non sottoposti a prova di corrosione in nebbia salina, dimostrando di fatto una maggiore affidabilità del comportamento nel tempo. Tale comportamento spinge a consigliare la soluzione Kimisteel INOX per tutte quelle applicazioni di consolidamento condotte in ambienti chimicamente aggressivi (pareti soggette ad umidità di risalita e/o in caso di presenza di sali…).
Tessuto Kimisteel INOX durante l’applicazione
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Federico Meneghello, Andrea Pestarino, Daniele Pozzo - D’Appolonia S.p.A. Olaf Heintze, Fabian Preller - INVENT GmbH
Componenti innovativi per l’industria meccanotessile Nel contesto del progetto europeo MACH-to è stata progettata e realizzata una barra di trama, in prepeg in carbonio e ciclo in autoclave, per macchine di maglieria caratterizzata da elevate proprietà meccaniche, peso ridotto e massa del 36% inferiore rispetto alle soluzioni analoghe in alluminio.
M
ACH-to (G.A. 315360) è un progetto, co-finanziato dall’Unione Europea nell’ambito del Settimo Programma Quadro, che mira a sviluppare un kit di retrofit per macchine tessili, in grado di permettere agli utilizzatori finali di sostituire in modo rapido ed efficace i componenti responsabili delle perdite energetiche e di inefficienze in generale. Il Retrofit Kit di MACH-to apporterà diversi vantaggi agli utilizzatori finali in termini di risparmio energetico, aumento della velocità di produzione, riduzione della manutenzione, riduzione del rumore e delle vibrazioni prodotte dalla macchina e un ampliamento della gamma di prodotti. Il consorzio di progetto è composto da 7 partner, provenienti da 4 differenti Paesi europei, tra cui centri di ricerca e piccole-medie imprese (PMI): INVENT GmbH, D’Appolonia SpA, Alge Elastic GmbH, Naveta Cz Sro, Vuts a.s., SELCOM S.r.l., Institut für Textiltechnik. Il principale obiettivo di MACH-to è la progettazione e la produzione di due kit di retrofit (per due macchine tessili diverse). Il presente articolo descrive nel dettaglio uno di essi, rappresentato da una barra di trama di una macchina per maglieria, realizzata in materiale composito. MACH-to nasce sulla base dei risultati di un precedente progetto Europeo denominato Nu-Wave (FP7project 218479 Gen2009-Dic2011), che ha supportato alcune PMI produttrici di macchine tessili nello sviluppo di una nuova generazione di macchine ad alte prestazioni. REQUISITI DI UNA BARRA DI TRAMA A partire dai risultati del progetto Nu-Wave, focalizzato sull’innovazione tecnica del componente meccanotessile, all’interno di MACH-to si è mirato alla loro industrializzazione, tenendo conto anche degli aspetti economici e di produzione: questo ha portato ad una nuova ottimizzazione del design della barra, del processo produttivo e una revisione dei materiali e semilavorati utilizzati. A differenza del prototipo di Nu-Wave, dove il processo di produzione della barra di trama era basato sulla complessa
tecnologia overbraiding (intrecciatura di fibre di carbonio su un’anima a perdere di bassa densità) e sull’infusione di resina (resin infusion), si è lasciato spazio ad un processo applicabile in officine standard di piccole e medie imprese che producono parti in materiale composito. Il processo scelto prevede l’utilizzo di fogli pre-impregnati e autoclave, sfruttando un concetto di design che non richiede l’utilizzo di un’anima a perdere per la realizzazione di un componente. In questo modo è possibile ridurre ulteriormente il peso e i costi di realizzazione del componente stesso. Per raggiungere gli obiettivi tecnici ed economici del progetto, è stato scelto di sostituire la barra di trama elementare della macchina con un elemento più leggero realizzato in materiale composito.
La barra di trama è un componente soggetto a forti accelerazioni e movimenti ciclici ripetuti ad elevata velocità che deve al contempo garantire alta precisione nel posizionamento. È pertanto evidente che la riduzione della massa ottenuta dal nuovo design impatta in pieno sugli obiettivi di risparmio energetico del progetto. La figura 1 illustra la macchina di maglieria in cui verrà installato il nuovo componente. La barra di trama è uno degli componenti (otto su macchine di piccola taglia, ma possono arrivare anche a venti o più) su cui vengono montati gli aghi (o passette) che guidano i fili di trama durante l’esecuzione delle maglie nel processo di tessitura (fig.2). Gli aghi sono montati su elementi denominati blocchi passette, che hanno
Fig.1
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Progettiamo e costruiamo autoclavi per il trattamento dei materiali in compositi e termoplastici, per tutti i settori industriali come l’aeronautica, l’aerospaziale, l’automotive, il nautico ecc. , con dimensioni strutturali e soluzioni tecniche personalizzate secondo le esigenze del Cliente. Equipaggiamo le nostre autoclavi con i più avanzati ed affidabili sistemi di controllo SCADA (SUPERVISORY CONTROL AND DATA ACQUISITION), o DCS (DISTRIBUTED CONTROL SYSTEM), in configurazione standard o ridondante, per soddisfare le sempre più restrittive richieste di gestione dinamica dei cicli e completa rintracciabilità dei dati di processo. La ricerca, lo sviluppo e l’esperienza acquisita negli anni, ci hanno permesso di mettere a punto una nuova generazione di autoclavi con un rapporto qualità/prezzo competitivo, una tecnologia all’avanguardia, elevate performance, e con costi di esercizio e manutenzione molto ridotti rispetto alle autoclavi tradizionali.
We design and build autoclaves for thermoplastic and composite materials treatment, for all industrial fields like aeronautical, aerospace, automotive, naval, etc., with structural sizes and technical solutions personalized according to the requirements of the Customer. We equip our autoclaves with the most advanced and reliable control systems SCADA (SUPERVISORY CONTROL AND DATA ACQUISITION), or DCS (DISTRIBUTED CONTROL SYSTEM), in standard or redundant configuration, to satisfy the more and more restrictive requests of dynamic running of cycles and complete traceability of the process data. The research, development and experience gained in the years, allowed us to create a new generation of autoclaves with a competitive quality/ price ratio, a van technology, high performances and with working and maintenance costs much reduced compared to traditional autoclaves.
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Pattern Guide Bar
Fig.2: Sistema di barre di trama
Needle Guides
Pattern Guide bar
Guide Rods
Fig.3: Dettaglio dei componenti del sistema oggetto di analisi
Guide Rods IF Thread M6
Needle Guide IF Thread M5
state-of-the-art 0681587-PR, m = 966 g
lightweight proposal 0681587, m = 793 g
Fig.4: Spazio disponibile per la progettazione e interfacce (IF) delle due soluzioni suggerite dal produttore della macchina esclusiva funzione di supporto e aggancio. I blocchi passette sono agganciati alla barra di trama tramite supporti metallici con foro filettato (fig.3 e 4). Le barre di trama sono a loro volta collegate al motore della macchina, con un sistema a biella-manovella, tramite supporti regolabili (fig.3), provvisti di appo-
siti perni di guida che possono scorrere all’interno di apposite bronzine; il meccanismo garantisce la trasmissione del moto ed il corretto posizionamento dei fili nella struttura a maglie. L’interfaccia barra/macchina è rappresentata dai perni stessi, la cui connessione con la barra di trama può, se necessario, essere mo-
dificata utilizzando un materiale più specifico e/o un design alleggerito: nel design attuale, è ottenuta con fori filettati. A causa del posizionamento molto ravvicinato delle barre di trama, lo spazio disponibile per la progettazione della nuova versione in composito è molto limitato, soprattutto per la sezione trasversale. La figura 4 illustra la sezione trasversale del design attuale (stato dell’arte, in alluminio) e una proposta per un design più leggero sempre in alluminio. Oltre alle interfacce di connessione tra gli elementi e all’ingombro, la massa della barra di trama è il terzo requisito da tenere in considerazione per la progettazione del nuovo componente in composito. Come indicato nella figura 4, la barra attuale in alluminio ha una massa totale di 966 g. La versione alleggerita in alluminio proposta dal fornitore della macchina ha una massa pari ha 793 g. La nuova barra in composito avrà, a parità di prestazioni meccaniche, una massa sensibilmente inferiore a 793 g. Poiché non sono disponibili specifiche dettagliate dei componenti è stato scelto come parametro di riferimento per valutare le prestazioni meccaniche la rigidità del componente. PROGETTAZIONE PRELIMINARE I compositi in fibra di carbonio e matrice polimerica (Carbon Fibre Reinforced Plastics - CFRP) si basano sull’utilizzo di fibre continue con lunghezze nello stesso ordine di grandezza delle dimensioni dei componenti. La fibre continue possono essere fornite sottoforma di semilavorati diversi, come nastri (rovings) uniassiali ottenuti dalla filatura di migliaia di singole fibre di carbonio per mezzo di pultrusione o fialment winding e semilavorati in forma di tessuto (plain, twill, multidirezionali). La componente fibrosa del materiale è tenuta assieme da una matrice polimerica, le cui caratteristiche sono altrettanto importanti per le proprietà meccaniche desiderate. La maggior parte dei componenti CFRP sono realizzati con procedimenti che utilizzano pre-forme tessili, e poichè quasi tutti i tessuti sono essenzialmente piani, il design dei componenti si basa su forme cave “a guscio” con pareti sottili. Di conseguenza, questi materiali non hanno superfici isotropicamente rigide, esibendo una rigidità relativamente bassa in direzione trasversale al piano delle fibre. Le parti in CFRP che richiedono superfici rigide o che non possono essere rinforzate con fibre nelle direzioni di carico sono comunemente irrigidite con componenti metallici aggiuntivi. Di seguito è descritto un concept di barra di trama in materiale composito che raccoglie queste sfide.
Compositi
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- Componenti innovativi per l’industria meccanotessile -
Fig.5: Interfaccia di serraggio tra la barra di trama ed i supporti dei perni di guida
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Fig.6: Grafica dei modelli ad elementi finiti (FE) realizzati (barra attuale e nuovo concept)
Fig.7: Analisi FE – condizioni al contorno per il test a 4 punti di flessione
Fig.8: Analisi FE – condizioni al contorno per la prova di flessione torsionale
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Fig.9: Test a 4 punti di flessione – analisi comparativa
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Compositi
Step 1: Barra formata da due gusci Per minimizzare la massa e contemporaneamente ottenere la stessa rigidità della barra in alluminio, il design del nuovo componente in CFRP deve sfruttare una forma “a guscio”. Così, nel formare una sezione chiusa del materiale con il maggior diametro possibile, la rigidezza flessionale e la rigidezza torsionale dei componenti acquisisce un massimo. La sezione trasversale è formata da due semi-gusci. Poiché nessuno di questi semi-gusci è caratterizzato da sottosquadri, sono relativamente facili da produrre con processi CFRP standard, come l’infusione di resina sotto vuoto (VA-RIM o VA-RTM) o la reticolazione di tessuti preimpregnati in autoclave con sacco da vuoto. I due gusci vengono poi uniti per chiudere la sezione e ottenere la rigidità desiderata. In questo primo step del concept, le interfacce di connnesione tra i componenti del sistema descritti precedentemente sono ottenute per mezzo di inserti metallici. In particolare, l’interfaccia di connessione per i supporti dei perni di guida è realizzata con un inserto metallico per ciascuna delle viti di serraggio, inserito in un apposito foro, così come avviene nell’attuale barra in alluminio. La massa di questo concept è stata stimata pari a circa 675 g, con una diminuzione di massa rispetto alla soluzione originale di circa il 30%. Per ottimizzare la realizzazione delle interfacce di connessione e per ridurre il peso complessivo del componente è stato inoltre sviluppato un concept alternativo, descritto nel successivo Step. Step 2: Interfaccia di serraggio ottimizzata L’ulteriore sviluppo dell’interfaccia di serraggio tra la barra di trama ed i supporti dei perni di guida ha richiesto una revisione della geometria degli stessi, come illustrato nella figura 5. I due gusci del componente in CFRP vanno a formare una flangia alla quale può essere agganciato il supporto dei perni in alluminio. L’aggancio avviene tramite un apposito elemento di serraggio che deve essere fissato tramite viti ed evita alla parte in CFRP di fuoriuscire dal modulo di chiusura. Questo concept, rispetto a quello descritto precedentemente, velocizza il processo produttivo eliminando il passaggio dell’integrazione di inserti metallici nel guscio. Inoltre, la massa complessiva della barra viene ridotta a 623 g, ottenendo un’ulteriore diminuzione di massa del 5% senza modificare i perni di guida.
- Componenti innovativi per l’industria meccanotessile Dimensionamento L’ottimo risultato ottenuto nella riduzione della massa per mezzo del materiale composito è valido solo se il componente garantisce lo stesso comportamento meccanico dell’originale, necessario per soddisfare i requisiti di precisione e durabilità della macchina. Due parametri di riferimento fondamentali per questa valutazione sono la rigidezza a flessione e sotto carico torsionale. Per selezionare il materiale CFRP adatto (tipologia della fibra, del tessuto e della matrice polimerica) e definire lo spessore corretto dei gusci, sono stati costruiti due modelli a elementi finiti (FE) in grado di valutare le proprietà della barra in alluminio attualmente utilizzata dal produttore della macchina e del concept in CFRP descritto (fig.6). L’analisi è stata condotta simulando un test a 4 punti di flessione, mantenendo condizioni al contorno costanti per ambedue i due modelli. Poiché lo scopo è confrontare le proprietà di componenti tra loro simili, è stato possibile utilizzare valori arbitrari per la lunghezza delle distanze del cuscinetto e dell’applicazione del carico, nonché per le forze di curvatura (fig.7). Lo stesso approccio è stato utilizzato per la prova di flessione torsionale, illustrata nella figura 8. Come si può vedere dalle figure 9 e 10 è stata identificata una combinazione di materiali e spessori in grado di garantire alla barra di trama in materiale composito proprietà molto simili o addirittura migliori rispetto all’attuale barra in alluminio: la deformazione massima nei 4 punti di flessione della barra in CFRP è inferiore rispetto al riferimento (fig.9), mentre nel test di flessione sotto carico torsionale la deformazione complessiva è nello stesso intervallo per entrambe le alternative analizzate.
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Fig.10: Prova di flessione torsionale – analisi comparativa
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Fig.11: Laminazione sotto il sacco a vuoto dei gusci in CFRP prima di entrare in autoclave
Nota: Nel modello ad elementi finiti della barra di trama in materiale composito, l’angolo più esterno presenta una massiccia deformazione causata da una forza applicata localmente. PRODUZIONE DEL DIMOSTRATORE Per la realizzazione dei gusci viene utilizzato un preimpregnato (prepreg) composto da tessuto biassiale in fibra di carbonio e resina epossidica. I tessuti vengono tagliati con precisione con una macchina di taglio automatica e posizionati manualmente in uno stampo singolo, assieme ad altri elementi ausiliari necessari a garantire il corretto distacco del pezzo finito e una omogenea reticolazione della resina. Il taglio preciso è importante per la qualità del bordo dei semi-gusci, che richiede trascurabili operazioni di finitura. Lo stampo riempito con il preimpregnato viene quindi inserito in un sacco a vuoto e posizionato in autoclave, dove viene imposto un apposito ciclo di pressione-temperatura
Fig.12: Stampo (a sinistra) e gusci in CFRP (a destra) dopo la cura in autoclave
Fig.13: Gusci prima della rifilatura
b
Fig.14: a Barra (con i 50 fori già realizzati) senza inserti metallici; b Dettaglio dei fori
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- Componenti innovativi per l’industria meccanotessile durante il quale avviene la reticolazione della matrice polimerica. La figura 11 illustra la laminazione sotto il sacco a vuoto prima di entrare in autoclave. Dopo la cura in autoclave, i gusci presentano una buona qualità superficiale. I bordi devono essere rifilati con la smerigliatrice (figure 12 e 13). Unione dei gusci I gusci sono uniti con un adesivo epossidico per applicazioni industriali. L’adesivo è stato selezionato tenendo conto delle proprietà meccaniche, della stabilità termica e chimica legate all’utilizzo di lubrificanti e detergenti, dei requisiti di lavorazione (viscosità e durata della miscela), degli aspetti economici. Per fissare i due gusci e per garantire uno spessore costante dell’adesivo viene utilizzata una struttura di supporto. Integrazione degli inserti Gli inserti metallici per il montaggio dei blocchi passette, selezionati tra componenti disponibili in commercio, vengono integrati in fori realizzati precedentemente. I fori presentano un offset, ossia due diversi diametri interni che realizzano una battuta: in questo modo, gli inserti vengono posizionati con semplicità
Fig.15: Barra con inserti metallici integrati nella procedura di installazione. L’offset inoltre assicura il fissaggio degli inserti tramite adesivo epossidico, differente rispetto a quello utilizzato per unire i gusci in quanto la viscosità del materiale deve essere inferiore (spessori inferiori e processo di applicazione differente). Finitura superficiale Il prototipo di componente in materiale composito è stato rifinito con un trattamento superficiale per migliorarne l’aspetto estetico (figura 16). Questa ultima fase di lavorazione può essere omessa per ridurre ulteriormente i costi di produzione (serie economica).
Fig.16: Barra dopo il trattamento superficiale
RINGRAZIAMENTI/ACKNOWLEDGEMENTS MACH-to “Industrial validation on Nu-Wave new generation of sustainable and efficient textile machinery and development of a strategy to enter the market”, Grant Agreement 315360, is a collaborative project co-financed by the European Union within the Seventh Framework Programme. The authors would like to thank the European Commission for granting funds and project partners for their valuable contributions.
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Federico Meneghello, Andrea Pestarino, Daniele Pozzo - D’Appolonia S.p.A. Olaf Heintze, Fabian Preller - INVENT GmbH
Innovative components for the textile machinery industry Within the MACH-to project, a new lightweight pattern guide bar of a knitting machine has been successfully validated in the prepreg/autoclave process. The mass of the prototype composite component represents a mass reduction of 36% compared to the benchmark of the current state-of-the-art aluminium component.
M
ACH-to (G.A. 315360) is a collaborative project, co-financed by the European Union under the Seventh Framework Programme, for developing a textile machines Retrofit Kit, that would allow end users to quickly and effectively replace the components responsible of energy waste and losses in general. The MACH-to Retrofit Kit will definitely bring several advantages to the customers in terms of: energy saving, production speed increase, less maintenance, noise and vibration reduction and extension of machine specification. The project team is composed by 7 partners from 4 European countries, including research centres and small-medium enterprises: INVENT GmbH, D’Appolonia S.p.A., Alge Elastic GmbH, Naveta Cz Sro, VUTS a.s., SELCOM S.r.l., Institut für Textiltechnik. The main output of the project will be the design and production of two Retrofit Kits (for two different textile machines). The paper will describe one of them, i.e. a carbon fibre-based pattern guide bar of a knitting machine. The project starts from the results of another EU project named Nu-Wave (FP7project 218479 Jan2009Dec2011), which supported textile machinery SMEs in developing a new generation of high-performance machines. The MACH-to project starts on the basis of Nu-Wave results and aims at filling the gap, that still separates them from the market. REQUIREMENTS ON A PATTERN GUIDE BAR Based on the promising results of the previous project Nu-Wave, elementary composite components are going to be up-scaled from laboratory scale to industrial series application with all regarding requirements. The component design of the Nu-Wave part is straight from a technical point of view. To meet the economic and manufacturing requirements validated by an on-going market analysis of the Mach-to project, additional effort were spent in order to revise the design of the component itself, the manufacturing method
and the materials and semi-finished products used. The fibre braiding technology combined with the resin infusion technique which was the essential process of the Nu-Wave prototype, has been switched into a process that is much more attractive to medium lot sizes on the one hand and that is more applicable in standard SME workshops that deal with composite manufacturing. The process, that is chosen here, is the prepreg / autoclave process along with a design concept that omits a component’s core. Omitting the core saves weight and process costs. This paper gives a review of the revision of the main concept of the composite components. It deals with the design of the components – beginning at the general idea up to the calculation of mechanical properties – the design of an intelligent mould concept for economical production and the manufacturing itself. To achieve the technical and economic targets of the project an elementary machine part has been chosen to be substituted by a lightweight composite pendant. This part is the pattern guide bar, which is subjected to high accelerations and velocity. So the mass reduction affected by the new composite lightweight design has full impact on the energy saving targets of the project. Figure 1 illustrates the warp knitting machine in which the composite parts are to be integrated. The pattern guide bar is one of eight components that hold the needles (fig.2) and fulfil the movement pattern of the needles. The needles are stacked together into groups of about ten needles each that are put on a needle guide plate. These needle guides are connected to the pattern bar via thread hole interfaces (fig.3 and 4). To use these needles guides as non-variable parts furthermore, these interfaces shall not be modified or shall be adapted in a new pattern guide bar, respectively. On the other hand, the pattern guide bars are connected to the machine by the use of adjustable guide rods (fig.3). The interface is here presented by the rods themselves, the connection between guide rods and pattern guide bar
can be modified if needed. In the current design the interface is realised by thread holes as well. So, the interface ‘pattern guide bar / guide rods’ can be modified into a more material specific and a more lightweight design. Because of the close spatial alignment of the pattern guide bars, the pre-set design space of the new composite version is very limited, especially concerning the cross-section. Figure 4 illustrates the cross-section of the current design (state-of-the-art) as well as a proposal for a more lightweight design which would be still an aluminium part. Important is that the cross section of these designs can be used by the machine supplier to integrate into the warp knitting mechanism. Besides the interfaces and the design space, the mass of the pattern guide bar is the third requirement of the new composite parts. As stated in figure 4, the state-of-theart design results in a total mass of 966 g for the bare aluminium pattern guide bar. The version that is proposed by the machine supplier as a lightweight aluminium alternative results in 793 g. A new composite made pattern guide bar shall bring a significantly reduction of mass, which is at least m < 793 g, while showing the same mechanical performance. Because there are no detailed specifications the components’ stiffness is chosen as a benchmark for the mechanical performance. CONCEPT High end carbon fibre reinforced plastics (CFRP) base on so called endless fibres, which have lengths in the magnitude of the components dimensions. The endless fibre can be procured in form of rovings which are yarns of thousands of single carbon fibres or as a semi-finished product in textile form. Rovings can only be handled in few form giving processes, e.g. filament winding or pultrusion technique. Most CFRP parts are made with processes based on textile pre-forms. Nearly all textiles are plane and so, CFRP components often have thin walled architectures. Another characteristic of com-
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COMPOSITE MATERIALS PRESSES
Progettazione e produzione di impianti di pressatura per la produzione di > Pannelli compositi con nido dâ&#x20AC;&#x2122;ape > Pezzi in fibra di carbonio > Fibra di vetro > Accoppiamento di fibre tessili > Compositi in RTM e SMC > Compositi in compressione a stampo
posite materials is the polymer matrix that embeds the fibres. Therefore, these materials do not have rigid surfaces and they exhibit relatively low stiffness in direction transverse to the fibres plane. Those areas of CFRP parts that require rigid surfaces or that cannot be reinforced by fibres in the directions of load are commonly strengthened by additional metal components. In the following, the concept of a composite pattern guide bar deals with these challenges. Concept stage 1: two-shells-body To use only minimum material mass and simultaneously gain the same stiffness as the aluminium benchmark, the material has to be put on the outer edges of the design space. So, in forming a closed cross-section of material with the biggest possible diameter, the bending stiffness and torsional stiffness of the components acquires a maximum. The cross-section is formed by two shells. Because none of these shells has an undercut, they are relatively easy to manufacture in standard CFRP processes, e.g. vacuum infusion or prepreg/autoclave technique. The shells are bonded together to close the cross-section and gain full stiffness. In this stage 1 of the concept, the interfaces are realised with metallic inserts. The interface to the needles guides is one metallic insert per thread hole. The interface to the guide rods is also realised with a metallic insert for each connecting screw as set up in the aluminium state-of-the art design. The mass of this concept is calculated to 675 g. To lower the manufacturing effort for the latter interface and to reduce weight, the concept is further developed in a next stage, described in the following. Concept stage 2: clamping interface The further development of the interface between pattern guide bar and guide rods requires a revision of the pattern guide bar geometry and the guide rod elements, as illustrated in figure 5. The two shells of the CFRP component are formed to a flange in which the aluminium part can grasp. The aluminium part has a cap that is to be fixed via screws and avoids the CFRP part to slip out the form closure. This concept reduces the manufacturing effort of integrating 28 metallic inserts used in the concept stage 1. Furthermore, the mass is reduced to 623 g (not concerning changes at the guide rod elements).
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Dimensioning The use of composite material and the reduction of mass is valid only if the component exhibit the same mechanical behaviour. A practical benchmark is the stiffness at bending loading and torsional loading. To choose a suitable CFRP material and to design proper shell thicknesses two finite element (FE) models are built up to represent the properties of both the aluminium component that is currently used by the machine supplier and the CFRP conceptual component (fig.6). A 4-point-bending test set-up is modelled with arbitrary values for the length of the bearing distances and loading distances as well as arbitrary values for the bending forces (fig.7). The aim of the test is a comparison of the component properties that shall be nearly equal. The same is valid for the torsional bending test set-up, illustrated in figure 8.The boundary conditions of the tests are kept constant for the aluminium benchmark and the CFRP concept component. As it can be seen in the following images (fig.9 and 10), a combination of different material properties and shell thicknesses has been found, to provide nearly equal properties for the composite pattern guide bar. The maximum 4-point-bending deflection of the CFRP bar is quite lower than the benchmark (fig.9). In the torsional bending test the overall deformation is in the same range for both the benchmark and the new concept.
Remark: In the FE model of the composite pattern guide bar the very outer corner exhibits a massive deformation because of a very local acting force application point. MANUFACTURING OF THE DEMONSTRATOR For the manufacturing of the shells a prepreg material is used. A biaxial carbon fibre fabric and an epoxy resin are chosen which are procured pre-impregnated. The fabrics are cut precisely with an automated cutting machine and laid up into a single-sided mould. The precise cutting is important to an end-contour of the shells which is nearly free of post-processing. The mould and the prepreg lay-up are covered with a vacuum bag and cured in an autoclave. Figure 11 illustrates the lay-up under the vacuum bag before entering the autoclave. After curing the shells exhibit a good laminate quality with edges that need to be trimmed by grinding (fig. 12 and 13). Bonding of the shells The shells are bonded together with an epoxy adhesive that is appropriate for industrial applications. The adhesive is chosen in terms of mechanical properties, thermal stability and chemical stability concerning machine lubricants and cleaning agents, as well as economic aspects. Furthermore the processing properties of the adhesive, i.e. the viscosity and the pot life, are well applicable for the bonding. A jig is used to fix both the shells and to assure a constant thickness of the adhesive.
Summary of manufacturing The prototype composite component has been finished with a surface treatment to be robust for presentation and marketing purposes (fig. 16). In terms of an economic series production this last processing step can be omitted.
All the mentioned figures refer to the italian version Fig.1 Fig.2: Composition of pattern guide bars Fig.3: Pattern guide bar and its interface sto the needle guides and the guides rods Fig.4: Design space and interface (IF) of two solutions made by the machine supplier Fig.5: Clamping concept for the interface “pattern guide bar / guide rods” Fig.6: FE models of the state-of-the-art pattern guide bar and the new concept (stage 1) Fig.7: Boundary conditions of the 4-points-bending FE analyses Fig.8: Boundary conditions of the torsional bending FE analyses Fig.9: Comparison of stiffness in 4-point-bending loading Fig.10: Comparison of stiffness at torsional loading Fig.11: Lay-up of the CFRP shells under vacuum bag before entering the autoclave Fig.12: Mould (left) and CFRP shells (right) after curing Fig.13: Shells after demoulding and before trimming Fig.14: Bar after machining the holes for positioning the metallic inserts Fig.15: Bar after integrating the metallic insert Fig.16: Bar after surface finishing
THE CUTTING EDGE Peak performance in lightweight construction
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Integrating COTS inserts The inserts are integrated in bore holes that are machined before. The holes exhibit a set-off and so two diameters. This way, the inserts have form-fit towards the direction of load application in the installation procedure. The set-off is also used to assure the fixation of the inserts by adhesive. For this process, a different epoxy adhesive is used as for the bonding of the shells, because the viscosity of the material needs to be lower (lower gap thicknesses and a different application process). Figure 14 (a) illustrates the position of the holes for the 50 COTS (‘commercial off-the-shelf’). In figure 14 (b) the set-off of the bore holes is shown.
Contatto diretto: kometita@tin.it
Boring. Reaming. Threading. Milling. Compositi
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Volker Thome e Sebastian Dittrich
Non gettarlo in discarica, riciclalo! Nei laboratori del Fraunhofer IBP è stato sviluppata una macchina di frammentazione elettrodinamica per la disgiunzione di compositi edili. Una soluzione che apre la strada anche al riciclo di materiali come gli CFRP.
O
gni anno vengono accumulate montagne di macerie di materiali da costruzione per un peso di vari milioni di tonnellate, e tuttavia ancora non esiste un metodo efficace per il trattamento e il riutilizzo di questi materiali compositi. Ora, i ricercatori del Fraunhofer Institute for Building Physics IBP hanno perfezionato un processo che usa la frammentazione elettrodinamica per scomporre questi compositi nei loro materiali costitutivi. Con la continua riduzione delle risorse negli ultimi anni, gli sforzi per riciclare i materiali compositi sono diventati più importanti. Questi sforzi si sono concentrati sempre più sul recupero completo dei materiali piuttosto che sul loro riutilizzo. Quel che è necessario è una tecnologia per separare i compositi nei loro materiali costitutivi. A questo scopo, i ricercatori del Fraunhofer IBP hanno resuscitato il metodo della frammentazione elettrodinamica, che era stato sviluppato da scienziati russi negli anni ’40 ma poi quasi dimenticato nei decenni più recenti. La tecnologia della frammentazione elettrodinamica permette di separare selettivamente e recuperare i preziosi materiali costitutivi dalla più ampia varietà di compositi, inclusi detriti cementizi, scorie di incenerimento dei rifiuti, e plastiche rinforzate in fibra di carbonio. La tecnica si basa sul principio per il quale impulsi ultrabrevi (<500 ns) sott’acqua possono frammentare selettivamente i solidi sfruttando il fatto che le scariche tendono a correre lungo i fronti delle fasi. Un impulso elettrico produce un’onda d’urto (p = 1 GPa), causando la disintegrazione del composito nei suoi materiali costitutivi. Commercialmente, questa tecnologia è già in uso, per esempio per la produzione di silicio ad alta purezza per l’industria dei wafer di silicio e il settore fotovoltaico, e per l’escavazione di minerali di litio dalle rocce porose circostanti. Quel che la rende attraente è che polverizza il composito senza produrre polvere o contaminazione, poichè a differenza dei processi meccanici non comporta abrasione. “Finora gli esperimenti non sono andati oltre lo stadio di laboratorio”, dice
il dott. Volker Thome, manager del gruppo di tecnologia del calcestruzzo e dei materiali funzionali da costruzione al Fraunhofer IBP di Holzkirchen. “La facility che abbiamo al momento è dotata di una camera di reazione da cinque litri, il che significa che possiamo condurre esperimenti solo a intermittenza”.
e calcestruzzo per centrale. Un’idea attualmente in considerazione è utilizzare il calcestruzzo riciclato per costruire stazioni di pompaggio sotterranee nei siti delle vecchie centrali.
UN ESEMPIO Prendiamo l’esempio del calcestruzzo, che è incredibilmente versatile nonchè il materiale da costruzione più diffuso al mondo. Esso è costituito da cemento, acqua e aggregato – una mistura di sabbia/ghiaia e pietre frantumate di varie dimensioni. Tuttavia, è associato a significative emissioni di CO2, che avvengono principalmente durante il processo produttivo del cemento. La produzione di una tonnellata di clinker di calcestruzzo da argilla e calcare rilascia da 650 a 700 kg di biossido di carbonio nell’atmosfera. Infatti una percentuale tra il cinque e l’otto per cento delle emissioni mondiali annue di CO2 può essere attribuita alla produzione del calcestruzzo. E sfortunatamente, non si è ancora trovata una soluzione ideale per il riciclo degli scarti di calcestruzzo e la chiusura del ciclo di vita del materiale. Nella sola Germania, la quantità totale dei rottami di materiali da costruzione, detriti di cantieri edili e macerie di cantieri stradali ammontava nel 2010 a 78.6 milioni di tonnellate. A oggi, i rifiuti in calcestruzzo vengono frantumati – un processo che genera enormi nuvole di polvere – e nel migliore dei casi, i pezzi residui sono usati per la pavimentazione stradale. “Noi lo chiamiamo downcycling”, dice Thome. “È l’uso ripetuto di materie prime in cui la loro qualità si deteriora a ogni ciclo successivo”. Se fosse possibile separare nuovamente l’aggregato dall’impasto indurito del calcestruzzo, la ghiaia potrebbe essere facilmente riutilizzata in calcestruzzo nuovo – che sarebbe un passo decisivo verso il riciclo dei rifiuti in calcestruzzo. Ciò renderebbe perfino possibile il riciclo dei rifiuti in calcestruzzo dallo smantellamento delle centrali nucleari – che gli esperti stimano ammontare a quasi mezzo milione di tonnellate di acciaio
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RICICLO DEI CFRP C’è anche un buon potenziale per il recupero di materiali dalle scorie di incenerimento dei rifiuti. Ne vengono prodotte circa 320 milioni di tonnellate all’anno, e la maggior parte finisce in discarica. Applicare la frammentazione elettrodinamica non solo ridurrebbe la pressione sullo spazio sempre più ridotto per le discariche, ma aumenterebbe anche di molto il tasso di recupero di preziose materie prime secondarie e metalli. Un’altra importante area di applicazione per questa tecnologia potrebbe essere il settore aeronautico. Con l’aumentare dell’uso di plastiche rinforzate in fibra di carbonio (CFRP) nei velivoli, diventa necessaria una tecnologia di riciclo adatta a conservare risorse importanti e a permettere il riutilizzo in nuovi prodotti della fibra di carbonio recuperata. Oggi i CFRP sono usati in oggetti di tutti i giorni, come le racchette da tennis, e non sono più riservati a settori high-tech come l’aerospaziale o la motoristica sportiva. Al contempo, è necessario trovare un metodo appropriato di riciclo per questi materiali costosi, affinchè tutti i comparti industriali possano raggiungere i tassi di riciclo richiesti dalla legge. Una possibilità è la pirolisi, un metodo con cui i CFRP vengono riscaldati oltre i 900° C in atmosfera protetta per rilasciare le fibre di carbonio dal polimero e disaggregare quest’ultimo. Ma anche la frammentazione elettrodinamica mostra potenzialità per il recupero dei CFRP – e per le stesse ragioni per cui funziona con i materiali compositi inorganici: gli impulsi elettrici generati nella frammentazione elettrodinamica corrono principalmente lungo le interfacce tra le fibre e la matrice polimerica. Ciò significa che le fibre possono essere separate e recuperate dal polimero circostante. Le immagini SEM suggeriscono che la frammentazione elettrodinamica non causa quasi alcun danno alle fibre di carbonio riciclate. Tuttavia, se le fibre recuperate vengono lasciate nel sito del processo di frammentazione troppo a lungo, anche esse continuano a spezzarsi, per disintegrarsi alla fine in polvere di carbonio. Di conseguenza, per recuperare fibre della maggior lunghezza possibile è importante rimuoverle dall’area di processo. I ricercatori del Fraunhofer IBP, in collaborazione con un partner industrial, stanno ora progettando di portare fuori dal laboratorio questo promettente metodo – che può avere ampia applicazione in molti settori industriali – e portarlo a una scala industriale vendibile. Essi sperano di costruire un impianto pilota l’anno prossimo per portare avanti la ricerca sul trattamento dei materiali riciclabili dai rifiuti, come le macerie di costruzione e le scorie di incenerimento dei rifiuti. Il punto forte del loro programma è un impianto di frammentazione elettrodinamica con un output di tre tonnellate all’ora. L’obiettivo è portare la tecnologia a una scala superiore affinchè raggiunga la maturità industriale. Oltre all’impianto di frammentazione, ci sono anche piani per macchine di analisi e di selezione, come un sistema per separare i metalli o per la cernita ottica di vetro e plastiche. Dipendentemente dal materiale fornito o dalle richieste, queste macchine potrebberoi essere incluse nel processo e aiutare ad aprire nuovi mercati.
Campioni di CFRP provenienti dalla fabbricazione di veicoli (sinistra) e fibre di carbonio estratte usando la frammentazione elettrodinamica (destra)
Don’t landfill it, recycle it! In the laboratories of the Fraunhofer IBP has been developed an electrodynamic fragmentation system for breaking down composites into their constituent materials. This solution opens the way to the recycling of materials such as CFRP.
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ountains of construction rubble weighing several million metric tons accumulate every year, yet an efficient means of processing these composite materials for reuse still doesn’t exist. Now, researchers at the Fraunhofer Institute for Building Physics IBP have enhanced a recycling process that uses electrodynamic fragmentation to strip these composites down into their constituent materials. As resources have become ever scarcer in recent years, efforts to recycle composite materials have become more important. These efforts are increasingly focused on fully recovering materials rather than just reusing them. What is needed is a technology for breaking down composites into their constituent materials. To this end, researchers at Fraunhofer IBP have resurrected the electrodynamic fragmentation method, which was developed by Russian scientists in the 1940s, but more or less forgotten in recent decades. Electrodynamic fragmentation technology can selectively separate and reclaim valuable constituent materials from the widest variety of composites, including concrete rubble, waste incineration slag, and carbon-fiber reinforced plastic. The technique is based on the principle that ultra-short underwater impulses (<500 nsec) can selectively fragment solids by exploiting the fact that the lightning discharges tend to run along phase boundaries. An electrical pulse produces shock waves (p = 1 GPa), causing the composite to disintegrate into its constituent materials. Commercially, this technology is already in use, for example for producing high-purity silicon for the silicon wafer industry and the photovoltaic industry and for excavating lithium minerals from the surrounding porous rock mass. What makes it attractive is that it pulverizes the composite without producing dust or contamination, since unlike mechanical processing it involves no abrasion. «Experiments to date have not gone beyond the laboratory scale», says Dr. Volker Thome, group manager of the concrete technology and functional constructional materials working group at Fraunhofer IBP in Holzkirchen. «The facility we currently have is equipped with a five liter process vessel, which means we can carry out our experiments only intermittently». AN EXAMPLE Let us take the example of concrete, which is incredibly versatile and the world’s most ubiquitous building mate-
rial. It is made from cement, water and aggregate - a mixture of sand/gravel and crushed stones in various sizes. However, it is associated with significant CO2 emissions, which occur primarily during the cement manufacturing process. Producing one metric ton of cement clinkers from clay and limestone releases 650 to 700 kilograms of carbon dioxide into the atmosphere. Indeed, five to eight percent of the world’s annual CO2 emissions can be attributed to the manufacture of cement. And unfortunately, no ideal solution has yet been found for recycling scrap concrete and closing the material cycle. In Germany alone, the total amount of construction rubble, building site debris and road construction rubble accounted for almost 78.6 million metric tons in 2010. At present, waste concrete is crushed – a process that produces enormous clouds of dust – and at best, the residual chunks are used as road metal. “We call that downcycling,” says Thome. “That’s the repeated reuse of raw materials in which their quality deteriorates with each successful cycle.” If it were possible to separate the aggregate back out from the hardened cement paste, the gravel could be easily reused in fresh concrete – which would be a decisive step towards the recycling of concrete waste. This would even make it possible to recycle waste concrete from the decommissioning of nuclear power plants – which experts estimate at nearly a half a million metric tons of steel and concrete per power plant. One idea currently under consideration is to use recycled concrete to build underground pump storage facilities on the sites of the former power plants. CFRP RECYCLE There is also good potential for recovering materials from waste incineration slag. Some 320 million metric tons are generated each year, and for the most part it ends up in the landfill. Applying electrodynamic fragmentation would not only reduce the pressure on ever scarcer landfill space, it would also greatly increase the recovery rate of valuable secondary raw materials and metals. Another important application area for the technology could be the aviation industry. As more and more carbon-fiber reinforced plastic (CFRP) is used in aircraft, there is a need for a suitable recycling technology to conserve important resources and allow reclaimed carbon fiber to be reused in new products. These days, CFRPs are used in everyday objects,
such as tennis racquets, and no longer reserved for high-tech industries such as aerospace or motor sports. At the same time, an appropriate recycling method must be found for this expensive material so each industrial segment can achieve the recycling rates required by law. One possibility is pyrolysis, a method which heats CFRPs at temperatures up to 900° C under protective atmosphere to release the carbon fibers from the polymer and disaggregate the polymer. But electrodynamic fragmentation, too, shows promise for recovering CFRPs – and for the same reasons it works with inorganic composite materials: the electrical impulses generated with electrodynamic fragmentation run primarily along the phase boundaries between the fibers and the polymer mix. This means the fibers can be separated and recovered from the surrounding polymer. SEM images suggest that electrodynamic fragmentation causes hardly any damage to recycled carbon fibers. However, if recovered fibers are left in the fragmentation process area for too long, they too continue to break down, eventually disintegrating into carbon dust. Consequently, to recover fibers of the longest possible length, it is important to remove them from the process area. Fraunhofer researchers, in collaboration with a plant manufacturer, are now planning to take this promising method - which can be applied widely across many industries - out of the lab and carry it over to a marketable industrial scale. They are hoping to build a pilot plant next year to advance research on the processing of recyclables from waste, such as construction rubble or waste incineration slag. Their planned highlight is a plant for electrodynamic fragmentation with an output of up to three metric tons per hour. The aim is to use upscaling to bring the technology to industrial maturity. In addition to the fragmentation plant, there are also plans for screening and sorting machines, such as a system for separating metals or for the optical sorting of glass and plastics. Depending on the feed material or demand, these machines could be brought into the process and help open up new markets.
All the mentioned figures refer to the italian version CFRP samples from vehicle construction (left) and carbon fibers extracted using electrodynamic fragmentation (right)
Compositi
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Gli occhi dell’automazione Il posizionamento dei profili di rinforzo di una fusoliera è un’operazione che richiede un elevatissimo grado di precisione e, in genere, viene eseguita a mano. Il costruttore tedesco Premium Aerotec ha messo a punto un processo di assemblaggio totalmente automatizzato e a prova d’errore.
Come fornitore di aerostrutture, Premium Aerotec realizza grandi componenti per la nuova generazione di aerei Airbus per le lunghe distanze, tra i quali l’intera fusoliera anteriore. L’A350, però, è un aereo diverso dagli altri. Ogni fusoliera di aereo contiene i profili, i cosiddetti correntini, con funzione di rinforzo. Questi, solitamente in alluminio, vengono posizionati manualmente sopra dei fori creati con una fresatrice. Con l’A350, costruito essenzialmente con materiali plastici rinforzati in fibra di carbonio (CFP), però, questo tipo di assemblaggio non è applicabile: il materiale composito indurito dopo il ciclo in autoclave non può essere forato. I correntini, anch’essi in CFP, devono comunque aderire al guscio dell’aeromobile ed essere fissati con estrema precisione. Procedere con il posizionamento manuale in questo caso risulta antieconomico, dal momento che il contratto di fornitura con Airbus prevede la costruzione di 13 esemplari di aerei al mese. Una delle principali esigenze del costruttore tedesco, pertanto, è stato automatizzare anche la fase di assemblaggio dell’aereo mediante l’utilizzo di robot, facendo sì che questi lavorassero con gli stessi livelli di precisione di una fresatrice. Più nello specifico, per non mettere a repentaglio i successivi processi di produzione e montaggio, i correntini per l’A350 XWB, che possono avere una
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Compositi
lunghezza anche di 18 m, devono essere posizionati in direzione circonferenziale, con una tolleranza di +/- 0,3 mm, e in direzione longitudinale con una tolleranza di +/- 1 mm. I primi tentativi, tuttavia, hanno avuto esito confortante. Il primo robot, che doveva muoversi di 3.000 mm, si è fermato dopo 2.997 mm, mentre il secondo sforava sempre di oltre 1,5 mm. Una differenza pari allo 0,1%, che può apparire irrilevante in se stessa, ma che se calcolata per tutta la lunghezza del correntino, diventa inaccettabile. La responsabilità dell’insuccesso, tuttavia, non era addebitabile al costruttore dei robot, in quanto tali valori rientrano nelle specifiche. L’esito del test, però, evidenzia come tali macchine operino con minore precisione rispetto alle fresatrici, in quanto rispondono a cambiamenti di peso e di forza che inducono delle deviazioni. L’industria automobilistica risolve il problema mediante il processo di apprendimento dei robot, soluzione in questo caso scartata per la sua insostenibilità economica, in quanto la tecnologia del sistema è stata progettata per la realizzazione di un totale di 800 aerei. Per questo motivo, i tecnici di Premium Aerotec sono partiti da un altro presupposto: programmare le macchine completamente offline, in modo che tutto sia corretto durante la fase di produzione.
UNA SOLUZIONE VINCENTE Di conseguenza, si è cominciato ad indagare la possibilità di portare i robot nella posizione corretta senza apprendimento, ma con l’ausilio di un sistema che potesse essere collocato sulla testa delle macchine. Possibilità che si è concretizzata con l’utilizzo del Leica Absolute Tracker, un sistema di tracciamento basato su tecnologia laser, una videocamera Leica T-Cam e un sensore Leica T-Mac, forniti da Hexagon Metrology e installati a bordo del robot, che consentono di rilevare simultaneamente le coordinate 3D di un punto e il suo orientamento nello spazio (i, j, k o roll, pitch e yaw). Una caratteristica molto importante, in quanto nell’applicazione in questione è necessario un monitoraggio 6D del robot (sei gradi di libertà), per controllare così non solo la posizione della testa del robot, ma anche il suo orientamento. Nell’applicazione specifica, sono necessari i tre orientamenti nello spazio (roll, pitch e yaw) e questi vengono determinati attraverso il controllo del T-Mac, solidale alla testa del robot, da parte della videocamera T-Cam. Lo zoom di cui dispone la T-Cam assicura una precisione quasi indipendente dalla distanza di questi valori di misura determinati fotogrammetricamente entro il volume di lavoro. Un altro vantaggio legato all’utilizzo del laser tracker è che i risultati di misura possono essere immediatamente utilizzati dal sistema di correzione del posizionamento, eventualmente dando la precedenza a un risultato accettabile. Dopo il posizionamento, i componenti vanno ancora misurati e poi controllati e l’Absolute Tracker viene impiegato da Premium Aerotec anche a questo scopo. Nella prima cella di produzione, due robot, uno montato a pavimento e l’altro montato sul binario che sostiene la testa dell’utensile, prende le due estremità di un correntino e lo colloca su di una sezione della fusoliera. Non appena il robot ha posizionato il correntino in un punto, il sistema di misura si attiva automaticamente. Il robot lo informa della sua posizione e il sistema di misura sollecita il robot a fare eventuali correzioni. Nelle esecuzioni di prova, questo richiede circa 20 secondi, ma una volta ottimizzato il circuito di controllo il tempo dell’operazione si è ridotto a soli pochi secondi. Successivamente, il collega-
- Gli occhi dell’automazione mento viene interrotto. Il correntino viene incollato e il tracker va a correggere il successivo posizionamento del robot. ASSEMBLAGGIO FLESSIBILE La cella di test è stata intenzionalmente progettata in modo aperto con un software centralizzato, in modo che qualunque sistema di misura 3D possa realizzare la massima flessibilità nella serie. L’impiego di un sistema di misura esterno esclude in questo caso i sistemi di misura interni dei robot. «Per noi la separazione tra macchina e sistema di misura è molto importante - spiega Tim Lewerenz, Responsabile per il progetto di integrazione ottimizzata dei componenti strutturali di Premium Aerotec -. Un concetto che riteniamo possa avere un grande potenziale futuro, in quanto ci consente di combinare un ottimo sistema di misura con un’ottima macchina. Inoltre, permette di fare a meno di una costosa macchina speciale, e questo va oltre il problema del posizionamento dei correntini». Un altro aspetto su cui si è focalizzato l’impegno dei tecnici Premium Aerotec, infatti, è la riduzione dei tempi ciclo nelle fasi di produzione e di assemblaggio. Attività che richiedono molto lavoro manuale e attrezzature di montaggio permanenti, come i gantry (gru a cavalletto).L’esigenza in questo caso è realizzare un processo di assemblaggio flessibile, ovvero che consenta l’assemblaggio di prodotti diversi in un’unica linea. Prodotti soggetti a cambiamenti, ai quali l’azienda deve essere in grado di rispondere in modo rapido. Molto raramente, infatti, due aerei dello stesso modello sono esattamente uguali. «Anche se si tratta solo dello spostamento di qualche particolare, l’intera aerostruttura deve essere adattata di conseguenza - commenta Lewerenz -. In questa prospettiva, l’impiego di robot e di sistemi portatili di misura potrebbe rendere possibile un cambiamento copernicano nell’ingegneria meccanica. Ecco perché tutti i partner del progetto, compreso il fornitore del sistema di assemblaggio, FFT-Edag, dovrebbero sviluppare una soluzione chiavi in mano». Uno sforzo di ottimizzazione che coinvolge anche Hexagon Metrology. Il Leica Absolute Tracker funziona internamente a 3.000 Hz con una produttività di 1.000 valori di misura al secondo. Queste 1.000 serie di dati, tuttavia, vengono prodotte a una velocità massima di 10 Hz, mentre è necessaria una velocità di 100 Hz perché i robot funzionano internamente con quei valori. Ciò permetterebbe di correggere ogni singolo ciclo di calcolo del robot, ed è il motivo per cui la nuova interfaccia real time (Ethercat), che consente l’output di dati a 1.000 Hz, rappresenta un passo importante nella giusta direzione. Il concetto di produ-
Il Leica Absolute Tracker controlla il robot durante il suo passaggio sopra i correntini e corregge immediatamente qualunque deviazione dal modello 3D
I correntini in CFP usati per l’A350 sono lunghi fino a 18 m. Devono essere posizionati con una precisione di +/- 1 mm in direzione longitudinale zione adottato infatti precede l’utilizzo di sei o otto robot a seconda della dimensione dell’aereo: il correntino viene sostenuto da tre o quattro robot su ciascun lato, per cui due serie di robot e due tracker devono operare in modo indipendente tra loro. L’articolo è la traduzione dell’articolo apparso sul Quality Engineering a firma di Sabine Koll.
I due robot Fanuc afferrano un correntino, lo portano al semiguscio e alla fine lo tengono a soli pochi centimetri sopra la superficie del materiale
Compositi
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Speciale macchine e attrezzature BELOTTI
Alla conquista del settore motor sport inglese Belotti produce e commercializza centri di lavoro a 3 e 5 assi per la lavorazione dei materiali compositi e leghe di alluminio. Il settore motor sport sta impiegando in maniera sempre più preponderante la fibra di carbonio nella produzione sia di componenti esterni che di elementi strutturali delle autovetture da competizione, di quelle stradali di alta gamma e delle supersportive di lusso. La riduzione significativa delle fasi di produzione, dei pesi dei particolari impiegati nella realizzazione delle vetture e il conseguente aumento delle prestazioni e delle soluzioni di design, sono i maggiori vantaggi dell’uso della fibra di carbonio. Belotti risponde alle esigenze della propria clientela nella capacità di approcciare le lavorazioni di tali componenti in modo qualitativo e con un “ritorno dell’investimento” sostenibile e vantaggioso per il cliente stesso. Il mercato inglese sta apprezzando quanto Belotti offre e, in particolare, due produttori di primo piano di componenti per auto hanno rinnovato la loro fiducia e la soddisfazione verso i prodotti Belotti. Gurit Automotive, produttore e fornitore a livello mondiale di componenti in composito per auto di lusso con sede nel Regno Unito, ha da poco ampliato il proprio parco macchine a marchio Belotti con un’ulteriore FLA 5526. La nuova entrata consente di soddisfare l’aumento di domanda del mercato automobilistico: Aston Martin, Porsche e Rolls Royce sono solo alcuni dei prestigiosi marchi che scelgono l’elevata qualità dei materiali e delle lavorazioni di Gurit Automotive. Prodrive è un’azienda inglese rinomata per i suoi importanti successi nel mondo mo-
tor sport che vanta una collaborazione con Mc Laren. Si è anche distinta nei settori aerospaziale, della difesa e della marina e recentemente ha potenziato il reparto di produzione acquisendo un nuovo centro di lavoro Belotti serie FLU affiancandolo al modello FLA precedentemente fornito. Ciò gli ha permesso di ridurre i tempi di attraversamento e di raddoppiare la produzione di telai.
INSTRON
Attrezzature per test di impatto-trazione Una delle prove più interessanti dal punto di vista dei risultati conseguibili e della caratterizzazione meccanica dei materiali compositi è quella di impatto. In tale ambito la torre a caduta di grave, o drop tower, è lo strumento più versatile disponibile sul mercato per questo genere di analisi e il modello CEAST 9350, prodotto dalla Instron, ne rappresenta in questo momento lo stato dell’arte. Tale strumento consente di raggiungere la velocità di impatto di 24 m/s o di rilasciare sul provino un’energia pari a 1800 Joule. La macchina base può essere corredata da opzioni come il sistema anti-rimbalzo, dedicato alle prove di danneggiamento, e la camera termostatica, in grado di operare in un intervallo di temperature compreso tra -70 e +150°C. Sono disponibili svariati accessori, tutti intercambiabili tra di loro: carrelli, percussori, supporti, sistemi di acquisizione dati e software. Di recente sviluppo, il set di accessori per impatto-trazione è quello che forse maggiormente si presta allo studio delle proprietà di impatto dei compositi. Tale tipologia di prova permette di misurare la quantità di forza/energia necessaria per rompere un campione sotto un carico di trazione ad alta velocità. Il set-up sperimentale proposto per questa applicazione consta di un supporto ed una coppia di morsetti o afferraggi, che impegnano il provino da impattare. Completano l’insieme il sensore di forza, in grado di misurare carichi fino a 30 kN, ed il percussore. Durante l’impatto il provino viene posto in trazione dal sistema e la forza viene costantemente monitorata. Il dato acquisito, campionabile con frequenze fino a 4 MHz, viene trasmesso dal sistema di acquisizione al software. Esso consente infine di visualizzare le forze e le energia assorbite durante i vari stadi del test: dalla deformazione elastica, al cedimento delle fibre e della matrice così come alla propagazione della frattura lungo la provetta o alla delaminazione della stessa. Tali dati, opportunamente analizzati, consentono la piena caratterizzazione all’impatto del materiale composito.
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Compositi
Speciale macchine e attrezzature SCHULER
The National Composites Centre in Bristol, UK, placed an order for an upstroke short-stroke press with 36,000 kN of press force. Source: Schuler
Equipment for mass manufacturing of carbon parts Schuler offers lines which can economically produce CFRP parts even in large volumes. They are used by BMW, for instance, to manufacture carbon-fiber parts of the new electro vehicle i3. Schuler uses the RTM (Resin Transfer Molding) process in which woven carbon fiber mats are placed in a die, filled with resin and hardened by applying heat and the pressure of the press. High-pressure RTM presses not only enable shorter cycle times for complex parts with high requi-
INTERMAC
rements regarding geometry and rigidity, but also deliver consistently high part and surface quality. RTM presses are available in two designs: conventional downstroke machines work with a fixed bed and moving bolster, and a slide whose press force is transmitted via cylinders in the press crown. In the upstroke short-stroke press, the slide only acts as support during the pressing process. From top dead center, the slide is moved by a drive cylinder to its support position and locked there. The benefits of the upstroke short-stroke press compared to downstroke designs are the high closing speeds of 1,000 mm/s, the shorter pressure build-up times of under 0.3 s and the significantly lower construction height. These benefits also led the National Composites Centre in Bristol, UK, to place an order with Schuler for a line to manufacture composite materials. The order is for an upstroke short-stroke press with 36,000 kN of press force and a clamping surface of 3.6 x 2.4 m. With its various process modes, the press covers all common press methods for composite materials, including CFRPs. It will serve as a joint research and development platform for the large-scale testing of new dies, lines, components or automation technologies, for example. Schuler has forged a strategic alliance with AZL especially for this purpose.
HARPER INTERNATIONAL
Oxidation Oven technology Sistemi di taglio a getto d’acqua Intermac, parte del gruppo Biesse, realtà pesarese con oltre 40 anni di storia nella meccanica strumentale, presenta i sistemi a getto d’acqua Primus per il taglio dei materiali compositi. Il taglio ad acqua presenta vantaggi nell’applicazione al mondo dei materiali compositi, infatti il getto supersonico di acqua ed abrasivo riesce a tagliare anche i materiali più resistenti, fino a 200 mm di spessore, senza lasciare imperfezioni lungo il bordo (bave, strappi o microfrastagliature) e senza provocare alterazioni sul materiale, come la delaminazione di materiali multistrato e laminati, permettendo anche la realizzazione di fori nel pieno delle lastre. La gamma Primus è composta da macchine con dimensioni diverse dell’area di lavoro, in modo da avere a disposizione la risposta più adatta alle esigenze di ciascun cliente. La testa operatrice a 3-5 assi è un autentico gioiello di tecnologia, in particolare la versione a 5 assi è equipaggiata con asse C rotativo infinito (brevettato) che rende più fluide le operazioni di taglio anche in presenza di schemi molto complessi. In caso di esigenze produttive elevate Primus può essere equipaggiata con una seconda testa di taglio, in modo da poter realizzare due pezzi uguali alla volta. Mentre per materiali delicati sono disponibili piani di appoggio speciali che prevengono il danneggiamento della superficie. Il software ICam completa l’offerta Primus.
Harper International announces that its advanced Oxidation Oven technology is part of a complete carbon fiber production line order that it has been contracted with an international client for $38 million USD. The full contract also includes carbonization systems, waste gas abatement, fiber handling, controls and other services for the client. Harper’s state-ofthe-art Oven designs are now the leading technology in the industry, for tow-bands from 300 mm to greater than 4000 mm. Harper’s designs incorporate a multitude of improvements beyond what’s available on the market today, including energy efficient designs. For the client, these technology advancements equal faster oxidation through elimination of the chimney effect, improved velocity uniformity and range, assurance of temperature uniformity at a variety of flow rates, and optimal control of the reaction ultimately enhancing fiber quality. These improvements come in the form of clearly stated performance guarantees. Although Carbon Fiber is predominantly produced from polyacrylonitrile (PAN) and pitch, there is an increasing necessity for alternative, low cost and renewable precursors as the industry grows to applications such automotive. Harper has the unique ability to adapt our technology to process nontraditional precursors throughout the entire thermal process. By using nontraditional precursors such as lignin, rayon, polyethylene, and blends, customers can lower their operating costs and reduce the residence time in the oven. In addition to innovations in handling alternative precursors, Harper is supporting the advancement of the Carbon Fiber market through designs for gas-fired production scale ovens, as well sizing dryers and air pollution abatement systems, to take advantage of natural gas benefits.
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Speciale macchine e attrezzature ORMAMACCHINE
Presse per pannelli compositi con nucleo alveolare Quando si parla di pannelli compositi in letteratura si intende un pannello con nucleo interno alveolare e due rivestimenti esterni in alluminio. Tuttavia, la tecnologia industriale per pannello composito oggi intende tutto ciò che ha struttura a sandwich, cioè due rivestimenti esterni chiamati skin o pelli in svariati materiali e un nucleo centrale alveolare in alluminio, plastica o schiumato. Queste tipologie di pannello vengono utilizzate in diversi settori industriali, soprattutto dove vengono richieste caratteristiche di leggerezza, di alti valori fonassorbenti e di elevata resistenza strutturale. Mercati tipici sono quelli delle costruzioni e dei trasporti. Generalmente questi pannelli, soprattutto quelli con nucleo alveolare, vengono incollati con colle particolari, alcune con procedura a freddo, ad esempio poliuretaniche, altre con configurazione a film, le quali richiedono alti punti di fusione e successive stabilizzazioni termiche. Per queste lavorazioni Ormamacchine offre la pressa adeguata, che può consistere in una pressa a freddo, una pressa a caldo, una pressa a caldo con circuito di raffreddamento, un impianto con pressa a caldo e successiva pressa a freddo. Ogni macchina può essere realizzata conformemente alle richieste del cliente per quanto riguarda dimensioni, pressione, apertura, tempi di riscaldamento, pressata e raffreddamento, varie tipologie di impianti di riscaldamento e raffreddamento. Ormamacchine fornisce anche impianti completi con tutte le movimentazioni, accoppiamenti, incollaggi. Quando è richiesta anche la fase di raffreddamento, solitamente il cliente, dopo la fase di incollaggio, richiede una prima pressatura a caldo fornendo un diagramma di curve termiche con un tempo di raggiungimento della temperatura e un tempo di mantenimento del calore, a volte fino a 250 °C. La
pressatura a caldo avviene in apposita pressa attrezzata per alte temperature, con piani in acciaio massiccio con circuiti di riscaldamento multipli, per controllare i tempi di riscaldamento, mantenere l’uniformità di temperatura e garantire una diffusione del calore il più precisa possibile. Il software avanzato permette di gestire con precisione sia la fase di raggiungimento della temperatura che quella del mantenimento del calore. La successiva fase di raffreddamento può avvenire nella medesima pressa utilizzando liquido refrigerante (acqua fredda corrente o acqua raffreddata da apposito impianto frigorifero) che passa all’interno di un secondo circuito nei piani della pressa, oppure in una seconda pressa a freddo. La scelta di avere una pressa unica o due presse (o una pressa in due sezioni) dipende dal fatto che il pannello possa essere spostato o no, oppure dal fattore produttività. Due presse consentono infatti di poter iniziare un altro ciclo termico con un secondo pannello durante la fase di raffreddamento del primo pannello. Un’unica pressa ha invece tempi doppi di produzione.
MAGNABOSCO
Autoclavi versatili Le autoclavi Magnabosco per materiali compositi sono la concretizzazione di studi e ricerche in special modo per quanto riguarda il riscaldamento, l’uniformità della temperatura, la pressurizzazione dell’autoclave ed il sistema vuoto. L’azienda ha realizzato delle macchine versatili, che possono eseguire diversi tipi di lavorazione, cambiando temperature, pressioni, tempi e programmazione con estrema facilità. Tutte le funzioni della macchina sono comandate da PLC grafico di ultima generazione (a richiesta con PC Touch Screen di supervisione) ed ogni macchina viene costruita su misura per il cliente, discutendo assieme le problematiche relative alla sua produzione. Particolare cura è rivolta alla scelta dei componenti di alta qualità, facilmente reperibili ovunque. Per risparmiare energia l’azienda ha adottato un particolare isolamento interno che occupa poco spazio e permette di avere, oltre ai risparmi energetici, un’ottima velocità di riscaldamento e raffreddamento. Inoltre, particolare attenzione è stata riservata alla costruzione del carrello porta-materiali, in modo che si possano eseguire i test del vuoto a carrello esterno, permettendo così di rilevare eventuali perdite prima di immettere il materiale in autoclave, senza il bisogno per gli operatori di entrare in autoclave e senza danneggiare i bags.
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Compositi
5 autoclavi Magnabosco in costruzione, misure diam. 500 x lungh. 1200 mm fino a diam. 4000 x lungh. 6000 mm Ultimamente Magnabosco si è specializzata anche nella costruzione di piccole autoclavi per laboratori e università per test, studi e ricerche specialistiche. Realizza autoclavi che vanno da un diametro da 500 a 5000 mm e lunghezza da 500 mm a 72 m, in versione orizzontale, verticale e mobili. Queste ultime sono autoclavi che durante il carico sono orizzontali e che poi, per esigenze di produzione, si mettono automaticamente in verticale per il ciclo di polimerizzazione. Terminato il ciclo, ritornano in orizzontale per lo scarico. Dispone inoltre di autoclavi d’occasione rimesse in perfetta efficienza nel rispetto delle ultime normative (con garanzia di un anno) che possono essere anche affittate.
NETZSCH
Analisi Avanzata dei Materiali Compositi
Analisi Dinamico-Meccanica per la caratterizzazione di compositi ad alto modulo Nel settore automobilistico è sempre più frequente l’impiego di nuovi materiali leggeri capaci di mantenere in un ampio campo di temperatura la rigidità necessaria. La tendenza è quella di sostituire le convenzionali parti in metallo con componenti in resina rinforzata con fibre, ad esempio. Fondamentale per lo sviluppo di questi compostiti è lo studio delle loro caratteristiche meccaniche. La tecnica DMA (Analisi Dinamico-Meccanica) si focalizza sulle proprietà visco-elastiche dei materiali, misurandone la rigidità e il fattore di smorzamento sotto l’azione di una forza oscillante, in funzione della temperatura, del tempo e della frequenza. Il nuovo Analizzatore Dinamico-Meccanico DMA 242 E, con il suo design robusto, consente di determinare il modulo di Young in ogni tipo di composito, nell’intervallo di temperatura da -170°C a 600°C. In figura sono riportati gli andamenti del modulo elastico E’ (verde), del modulo viscoso E’’ (rosso) e del fattore di smorzamento tanδ (blu), misurati su una resina epossidica rinforzata in fibra di carbonio in funzione della temperatura (frequenza 10 Hz, riscaldamento 3 K/min). Entro i 120°C, il materiale si dimostra più rigido perfino del titanio: 140000 MPa. A 158°C il modulo elastico decresce rapidamente, in corrispondenza della transizione vetrosa della matrice epossidica. I picchi corrispondenti su E’’ e tanδ cadono a 180°C e 188°C rispettivamente. Il porta campione per flessione vincolata in un punto è stato appositamente modificato con un’asta di spinta libera per consentire la valutazione quantitativa di moduli elastici elevati (E’). L’acquisizione dei dati in trasformata di Fourier permette di ricavare ampiezze di deformazione con alta sensibilità e accuratezza. La nuova routine di calibrazione a 5 dimensioni, che tiene conto cioè del tipo di porta campione, della forza dinamica, dell’ampiezza di deformazione, della frequenza e della temperatura, include ogni possibile fattore d’influenza del sistema DMA.
ITALMATIC
Autoclavi di nuova generazione Italmatic progetta e costruisce autoclavi per il trattamento dei materiali in compositi e termoplastici, per tutti i settori industriali come l’aeronautica, l’aerospaziale, l’automotive, il nautico, con dimensioni strutturali e soluzioni tecniche personalizzate secondo le esigenze del cliente. Equipaggia le autoclavi con i più avanzati ed affidabili sistemi di controllo SCADA (Supervisory Control And Data Acquisition), o DCS (Distributed Control System), in configurazione standard o ridondante, per soddisfare le sempre più restrittive richieste di gestione dinamica dei cicli e completa rintracciabilità dei dati di processo. La ricerca, lo sviluppo e l’esperienza acquisita negli anni, hanno permesso all’azienda di mettere a punto una nuova generazione di autoclavi con un rapporto qualità/prezzo competitivo, una tecnologia all’avanguardia, elevate performance, e con costi di esercizio e manutenzione molto ridotti rispetto alle autoclavi tradizionali.
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Alessandro Pegoretti - Università degli Studi di Trento, Dipartimento di Ingegneria Industriale
Nanotecnologie e materiali fibrorinforzati Mediante la dispersione di nanocariche nella matrice polimerica è possibile incrementare alcune proprietà dei compositi fibrorinforzati e sviluppare nuovi compositi multifunzionali. Su questi fronti sono attivi i ricercatori dell’Università degli Studi di Trento, impegnati nello sviluppo di nuovi micro-nano materiali multiscala.
L’
adesione fibra/matrice in un materiale composito è di importanza cruciale per un’efficiente trasmissione degli sforzi dalla matrice alle fibre di rinforzo. Infatti la resistenza al taglio dell’interfaccia fibra-matrice è il parametro che controlla molte delle proprietà meccaniche “off-axis” di un materiale composito. Una tecnica molto promettente per incrementare l’adesione all’interfaccia fibra/matrice è la dispersione di nanocariche nella matrice o selettivamente all’interfaccia [1].
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In uno studio preliminare, varie tipologie di argille modificate organicamente (Cloisite 10A, Cloisite 25A and Cloisite 30B) sono state disperse in varie percentuali in una matrice epossidica [2]. La viscosità della resina si è mantenuta su livelli accettabili per la preparazione di materiali compositi anche a seguito dell’aggiunta delle nanoclays. La formazione di una microstruttura intercalata ha indotto un incremento delle proprietà termiche (temperatura di transizione vetrosa) e meccaniche (tenacità a frattura) della matrice epossidica.
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b b
Fig.1: a Configurazione della prova di “micro-debonding”, b micrografia SEM di un provino
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Compositi
Fig.2: a Tipiche curve carico-spostamento determinate con la prova di micro-debonding, b valori di resistenza al taglio dell’interfaccia in funzione del tipo e del contenuto di nanocarica
La resistenza a taglio all’interfaccia con delle fibre di vetro è stata misurata mediante un test di “micro-debonding” su singole fibre. La figura 1 mostra uno schema della configurazione di prova ed una micrografia al microscopio elettronico a scansione (SEM) di un provino. L’introduzione di argille organomodificate ha portato alla formazione di una interfaccia fibra/matrice più stabile con un incremento della resistenza al taglio dell’interfaccia (ISS) di circa il 30%. Un esempio di curva carico-spostamento ottenuta da un test di micro-debonding è riportata in figura 2a, mentre in figura 2b è rappresentata la variazione dei valori di ISS con il tipo è la quantità di nanoclay. Questo promettente approccio è stato recentemente esteso ai compositi a matrice termoplastica. In particolare, sono stati investigati dei compositi a base di polipropilene e fibre di vetro (PP/GF) [3, 4]. Infatti, a causa della natura non-polare della matrice, l’adesione all’interfaccia è un aspetto cruciale per questi materiali [4]. Molti ricercatori hanno valutato l’adesione fibra/matrice dei compositi PP/GF riportando valori di circa 4,0 MPa per fibre di vetro non trattate. La dispersione nella matrice polipropilenica di nanocariche quali la silice pirogenica [3] o nanolayers di grafite (GNP) [4] può incrementare notevolmente l’adesione fibra/matrice. Infatti, come evidenziato in figura 3, la resistenza al taglio interfacciale (determinata con un test di frammentazione su singola fibra) aumenta all’aumentare del contenuto di nanoparticelle disperse nel composito PP/GF. NANOCARICHE E PROPRIETÀ MECCANICHE DEGLI FRP Questo argomento è stato studiato in collaborazione con l’Università degli Studi di Padova nell’ambito di un progetto PRIN, finanziato dal Ministero dell’Istruzione Università e Ricerca (MIUR). Fra i risultati ottenuti è emerso come l’aggiunta di nanoclay (Cloisite 25A) in una matrice epossidica utilizzata per la preparazione di laminati cross-ply
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Fig.3: Effetto della silice pirogenica (tipologia A380 e r974) e di nanolayers di grafite (GNP) sulla resistenza al taglio interfacciale di compositi PP/GF
Fig.5: Resistività elettrica di a una resina epossidica contenente varie quantità di (CB) e nanofibre di carbonio (CNF) e di b polietilene ad alta densità caricato con varie tipologie di carbon blacks a diversa area superficiale specifica
rinforzato con il 30% di fibre di vetro. Il vantaggio di questa tipologia di materiali è la considerevole riduzione di peso (densità ρ riportata in figura 4).
Fig.4: Effetto di nanolayers di grafite (GNP) sul modulo elastico di PP rinforzato con fibre di vetro (GF) corte rinforzati con fibre di carbonio induce un incremento delle proprietà tensili soprattutto in impatto [5]. Inoltre, un incremento significativo (+25%) dell’energia di penetrazione al 50% è stata evidenziata in prove strumentate di peso cadente su laminati preparati utilizzando una resina epossidica contenente il 5% di nanoclay. È stato recentemente dimostrato che l’effetto benefico svolto da alcune nanoparticelle sull’adesio-
ne fibra/matrice gioca un ruolo positivo sulle proprietà meccaniche di compositi con matrice in polipropilene contenenti varie quantità (10, 20 e 30%) di fibre di vetro corte [6, 7]. In particolare, come mostrato in figura 4, mediante la dispersione di 7% di GNP nella matrice, il modulo elastico di un composito contenente il 10% di fibre di vetro può essere incrementato fino a valori confrontabili con quelli di un composito PP/GF
EFFETTO DI NANOCARICHE CARBONACEE SULLA CONDUTTIVITÀ ELETTRICA DI MATRICI POLIMERICHE La dispersione di nanocariche elettricamente conduttive (a base carbonio) in una matrice polimerica può indurre una transizione nel suo comportamento elettrico da materiale isolante a materiale moderatamente conduttivo. Per ottenere tale transizione è necessario superare una concentrazione minima di carica detta “soglia di percolazione” dello specifico sistema. Un esempio della variazione della resistività elettrica di una resina epossidica al variare del contento di carbon black e nanofibre di carbonio [8] è rappresentato in figura 5a: è interessante osservare come sia sufficiente aggiungere un contenuto di nanocarica di circa 1%. Questo approccio può essere esteso anche alle matrici termoplastiche, come
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Fig.6: Variazione della temperatura di una resina epossidica con varie quantità di carbon black sotto una tensione constante di 100 V
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evidenziato in figura 5b per un polietilene ad alta densità (HDPE) caricato con varie tipologie di carbon black con area superficiale specifica crescente da circa 100 a circa 1350 m2 /g [9]. La soglia di percolazione risulta inversamente proporzionale all’area superficiale specifica del CB e quindi decresce al diminuire della dimensione caratteristica della carica: ciò costituisce uno dei principali vantaggi dell’uso delle nano-cariche invece delle tradizionali micro-cariche. Come evidenziato in figura 6, una resina epossidica opportunamente nanocaricata può essere facilmente riscaldata per effetto Joule mediate applicazione di una tensione elettrica. Se utilizzati come matrici in compositi epossidica/vetro, questi polimeri elettricamente conduttivi possono indurre caratteristiche anti-elettrostatiche, evitando l’accumulo di cariche elettriche su componenti in movimento, oppure possono essere d’aiuto per evitare la formazione di gelo su componenti come le pale eoliche. Inoltre, possono essere sfruttati per monitorare in continuo la deformazione e/o il danno mediante la misura delle variazioni di resistività elettrica.
- Nanotecnologie e materiali fibrorinforzati -
IROP
MONITORAGGIO DELLA DEFORMAZIONE E DEL DANNO IN FRP In una fase iniziale due diverse nanocariche (carbon black e nanofibre di carbonio) sono state omogeneamente disperse in una resina epossidica per di raggiungere un adeguato livello di conducibilità elettrica. Mediante ottimizzazione della composizione è stato selezionato un contenuto complessivo di nanocarica pari al 2%, ottenuto miscelando CB e CNF in proporzione 90/10 [10]. In un secondo tempo, la resina nanocaricata è stata utilizzata per preparare dei compositi rinforzati con fibre di vetro (GFRP) mediante laminazione manuale. I provini sono stati ricavati dal laminato composito e testati in modalità di trazione, sia a velocità di deformazione costante (rampa) sia a carico costante (creep). Durante i test meccanici la resistività elettrica dei provini è stata monitorata in continuo e simultaneamente all’applicazione del carico. Il setup sperimentale (fig.7) è stato realizzato all’interno di una camera termostatica di un 23-02-2009 8:59 Pagina 31 dinamometro servoidraulico.
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Fig.7: a Dinamometro servoidraulico con relativa camera termostatica e b setup sperimentale utilizzato per il monitoraggio in continuo della conducibilità elettrica durante i tests meccanici a trazione in modalità rampa e creep
I.R.O.P. di F.lli Zanacca snc
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AUTOCLAVI PER MATERIALI COMPOSITI Le autoclavi a chiusura rapida IROP sono progettate e costruite secondo la Direttiva 97/23/CE “PED”e riportano la marcatura “CE”. Esse vengono realizzate in svariate dimensioni secondo le “specifiche” del cliente e trovano largo impiego in diversi settori industriali da quello aeronautico e spaziale a quello automobilistico e sportivo in generale. Nella costruzione IROP si avvale dei più moderni criteri tecnologici. IROP ha inoltre recentemente ottenuto anche la Licenza di Costruzione Cinese per l’esportazione diretta in detto paese.
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Fig.8: Curve sforzo-deformazione e ∆R/R0 di a una resina epossidica e b un laminato epossidica/vetro con un contenuto di fibre del 55%. In entrambi i casi la matrice epossidica contiene una percentuale totale di nanocariche del 2% (miscela CB/CNF pari a 90/10)
Come riportato in figura 8, il processo di monitoraggio è risultato praticabile sia sulla matrice nanocaricata sia su laminato cross-ply rinforzato con fibre di vetro e realizzato utilizzando la matrice nanocaricata [11]. Infatti, è possibile misurare una variazione della resistenza elettrica (∆R/R 0 ) fino al 20% quando questi materiali sono deformati fino a rottura. Tale comportamento è associabile alla presenza nella matrice epossidica di un network di nanoparticelle conduttive che nello stato indeformato garantisce una buona conducibilità elettrica. L’aumento della deformazione provoca una progressiva distruzione del network elettroconduttivo con un aumento della separazione fra le nanocariche conduttive. Questo particolare comportamento elettrico può essere anche utilizzato per monitorare la deformazione a creep di compositi strutturali sotto carichi costanti. Infatti, come illustrato in figura 9, la deformazione a creep di un laminato cross-ply epossica/vetro può essere efficacemente monitorata seguendo le variazioni di resistenza elettrica, a patto che la matrice epossidica sia resa elettricamente conduttiva mediante l’aggiunta di nanocariche. È interessante osservare come la tecnica consenta anche di monitorare il recupero viscoelastico della deformazione a seguito della rimozione del carico applicato.
Fig.9: Curve di deformazione a creep e ∆R/R0 di un laminato epossidica/vetro con una frazione di fibre del 55% e un contenuto di nanoparticelle conduttive del 2% (miscela CB/CNF al 90/10) disperse nella matrice epossidica. Uno sforzo costante di 300 MPa è stato applicato a 90°C per un periodo di un’ora e quindi rimosso
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RINGRAZIAMENTI/ACKNOWLEDGEMENTS The above reported research activities have been possible through the work of several master and PhD students and post-docs the author had the opportunity to collaborate with. In particular, the author would like to thank Andrea Dorigato, Matteo Traina, Thiago Medeiros Araujo, Diego Pedrazzoli, Giovanni Giusti, Stefano Morandi and Renato Torrisi.
BIBLIOGRAFIA/REFERENCES
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Alessandro Pegoretti - University of Trento, Department of Industrial Engineering
Nanotechnologies and fibre-reinforced composites Trough the dispersion of nanofillers in the polymer matrix, improvements can be induced of the fibrematrix adhesion, the macroscopic mechanical properties, and the electrical conductivity of fibre-reinforced polymers (FRPs). Researchers from University of Trento are engaging in the preparation and testing of new micro-nano multiscale materials.
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he fibre/matrix adhesion in a fibre-reinforced composite is of crucial importance for an efficient transmission of the applied load from the matrix to the reinforcing fibres. In fact, it has been widely recognized that the fibre/matrix interfacial shear strength controls several mechanical properties of composite materials, in particular the off-axis parameters. A very promising way to improve the fibre/matrix adhesion is represented by the dispersion of nanofillers in the polymer matrix or selectively at the fibre/matrix interface [1]. In a preliminary study, various kinds of organo-modified clays (Cloisite 10A, Cloisite 25A and Cloisite 30B) were dispersed at different amounts in an epoxy matrix [2]. After nanoclay addition, the viscosity of the epoxy resin resulted still acceptable for a possible usage as matrices for fibre-reinforced composites. The formation of intercalated microstructures led to substantial improvements of the thermal (glass transition temperature) and mechanical (fracture toughness) properties of the epoxy matrix. E-glass fibre/matrix interfacial shear strength was evaluated by the single-fibre micro-debonding method. In the figure 1 a detail of the single-fibre micro-debonding configuration is reported along with a picture of the tested specimens obtained with a scanning electron microscope (SEM). The introduction of organo-modified clays led to the formation of a stronger fibre/matrix interface, with an increase of the interfacial shear strength (ISS) of about 30%. An example of load-displacement curve obtained from the single-fibre micro-debonding test is reported in figure 2a, while in figure 2b the variation of the ISS values with the type and content of nanoclay is reported. This promising approach has been recently extended to thermoplastic composite materials. In particular, polypropylene/glass-fibre (PP/GF) composites has been investigated [3, 4]. In fact, due to the non-polar nature of the matrix, in-
terfacial adhesion is a critical issue for PP/GF composites [4]. Several authors evaluated the fibre/matrix interfacial shear strength (ISS) for PP/GF microcomposites by micro-debonding or fragmentation tests reporting an average ISS value of about 4.0 MPa when uncoated GF fibres are used. The dispersion of nanofillers such as fumed silica [3] or expanded graphite nanoplatelets (GNP) [4] in the PP matrix can remarkably improve the fibre/matrix interfacial adhesion. In fact, as reported in the figure 3, the interfacial shear strength (as determined by the single-fibre fragmentation test) increases when both fumed silica and GNP nanoparticles are added to PP/GF composites. NANOFILLERS AND PROPERTIES OF FRP This topic has been extensively studied in collaboration with the University of Padova in the framework of a PRIN project financed by the Italian Ministry of Instruction University and Research (MIUR). Among the obtained results, it has been proven that the addition of a nanoclay (Cloisite 25A) in epoxy-carbon fibre cross-ply laminates produces an improvement of the tensile properties with respect to the unfilled epoxy-carbon composites, especially under impact conditions [5]. Furthermore, a significant improvement (+25%) of the 50% penetration energy was detected in drop weight tests on laminates prepared by using an epoxy resin containing 5% of nanoclay. It has been recently proved that the beneficial effects played by nanoparticles on the fibre/matrix adhesion play a positive role on the mechanical properties of PP composites reinforced with various amounts (10, 20 and 30%) of short glass fibres [6, 7]. In particular, as it can be clearly seen in figure 4, trough the dispersion of 7% of GNP in the PP matrix the tensile modulus of a composite materials containing 10% of short glass fibres can be increased to values comparable to a PP/ GF composite material containing 30%
of glass fibres. The advantage is mainly in terms of a reduced density Ď (reported in fig. 4) of the nanofilled samples. EFFECTS OF CARBONACEOUS NANOFILLERS ON THE ELECTRICAL CONDUCTIVITY OF POLYMER MATRICES The introduction of electrically conductive (carbonaceous) nanofillers in a polymer matrix can induce a transition in its electrical behaviour from an insulating to a moderately conductive material. In order to achieve this transition a minimum amount of filler has to be added in order to reach the â&#x20AC;&#x153;percolation thresholdâ&#x20AC;? of the specific system. An example of the electrical resistivity variation in an epoxy matrix filled with various amounts of carbon black and carbon nanofibers [8] is reported in figure 5a. It is interesting to observe that a moderately conductive behaviour is reached with only 1% of nanofiller homogeneously dispersed in the epoxy matrix. This approach can be extended also to thermoplastic matrices as evidenced in figure 5b for a high-density polyethylene (HDPE) filled with carbon blacks having various specific surface area ranging from about 100 to 1350 m2 /g [9]. The percolation threshold is inversely dependent from the specific surface area of the adopted CB and therefore it decreases as the particle size of the filler decreases, which is a noticeable advantage of using nanofillers rather than microfillers. As documented in figure 6, a nanofilled epoxy can be easily heated by Joule-effect applying an electrical voltage. If used in epoxy/glass composites, these electrically conductive matrices can help in avoiding the accumulation of electrostatic charges during the operation of moving parts, or they could be useful in de-icing procedures required for certain components (such as wind-blades). Moreover, they can allow one to monitor deformation and/or damages by a control of changes in the electrical resistivity as described in the next paragraph.
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DEFORMATION AND DAMAGE MONITORING OF FRP In a first step an epoxy resin was modified with two different types of nanofillers (carbon black and carbon nanofibers), in order to achieve a sufficient level of electrical conductivity. After a preliminary selection of the best nanofiller types and concentrations, an epoxy system containing a total nanofiller amount of 2 wt%, with a relative CB/CNF ratio of 90/10 was selected [10]. In a second step, glass fibre reinforced polymers (GFRP) were produced with the same nanomodified epoxy system by wet hand lay-up. Specimens were cut from the produced laminate composites and tested by quasi-static tensile tests and creep tests. During the mechanical tests the electrical resistance of all specimens was monitored simultaneously, to assess the potential for stress/strain and damage monitoring. This experimental setup (fig.7) was implemented in the thermostatic chamber of a servo-hydraulic testing machine. As reported in figure 8, the strain monitoring process resulted to be very efficient under tensile ramp testing condition on both a nanocomposite epoxy and on an epoxy/ glass structural cross-ply composite laminate prepared by using the nanocomposite epoxy matrix [11]. In fact, a variation of about 20% in the electrical resistance (∆R/R0 ) can be observed when these materials are deformed up to the fracture point. This behaviour could be related to the presence in the epoxy matrix of a conductive network of carbon particles that, prior to loading, allows a good electrical conductivity. The increase of mechanical strain causes a, progressive break-up of the electrical network and an increase of the distance between the conductive nanoparticles. This peculiar electrical behaviour can be also exploited for a monitoring of the creep strain of structural composites under constant load. In fact, as reported in figure 9, the creep, deformation of an epoxy /glass cross-ply laminate can be efficiently monitored by following the electrical resistance variation if the epoxy matrix is rendered electrically conductive trough the dispersion of a proper amount of a conductive nanofiller. It can be noticed that also the viscoelastic strain recovery after load removal can be monitored.
All the mentioned figures refer to the italian version Fig.1: a) Configuration of the single fibre micro-debonding test, b) SEM picture of the tested specimens Fig.2: a) Typical load-displacement curves determined by the single fibre pull-out test, b) Interfacial shear strength values as a function of the nanofiller type and content Fig.3: Effect of fumed silica (type A380 and r974) and expanded graphite nanoplatelets (GNP) on the fibre/matrix interfacial shear strength of PP/GF composites Fig.4: Effect of expanded graphite nanoplatelets on the tensile modulus of PP reinforced with short glass fibres (GF) Fig.5: Electrical resistivity of a) an epoxy resin containing various amount of carbon black (CB) and carbon nanofibers (CNF) and of b) high-density polyethylene filled with carbon blacks having various specific surface area Fig.6: Temperature increase of an epoxy resin containing various amounts of carbon black (CB) under a constant voltage of 100 V Fig.7: a) The servo-hydraulic testing machine with the thermostatic chamber and b) setup for the monitoring of the electrical conductivity during tensile mechanical tests under ramp and creep conditions Fig.8: Stress–strain and ∆R/R0 curves of a) an epoxy resin and b) an epoxy/glass laminate with a fibre fraction of 55%. In both cases 2% of conductive nanoparticles (a 90/10 mixture of CB/CNF) are dispersed in the epoxy matrix Fig.9: Creep strain and ∆R/R0 curves an epoxy/glass laminate with a fibre fraction of 55% containing an 2% of conductive nanoparticles (a 90/10 mixture of CB/CNF) dispersed in the epoxy matrix. A constant applied stress of 300 MPa was applied at 90°C for an hour and the removed
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Verso un futuro sempre più bio Cresce l’impiego dei materiali a base naturale che, trainati dai settori automotive ed edilizia, nel 2012 hanno costituito circa il 15% del mercato totale dei compositi in Europa. I dati su produzione e consumo di biocompositi nello studio elaborato dalla società tedesca nova-Institute.
Fig.1: Produzione globale di WPC nel 2010 e 2012, e previsioni per il 2015. Fonte: nova 2014
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a crescente attenzione alla problematiche ambientali fa crescere l’interesse verso i materiali di origine naturale, che in un numero sempre maggiore di applicazioni vanno a sostituire materie prime a base sintetica. Anche il mondo dei compositi non sfugge a questa regola. Un quadro del mercato europeo dei biocompostiti, che include sia i materiali a base di farina di legno (Wood-Plastic Composites, WPC) sia quelli rinforzati con fibre naturali (Natural Fibre Composites, NFC) è stato tracciato dalla società tedesca di consulenza nova-Institute nel report Wood-Plastic Composites (WPC) and Natural-Fibre Composites (NFC): European and Global Markets 2012 and Future Trends. Secondo lo studio, nel 2012, la produzione europea di biocompositi ha raggiunto le 350.000 tonnellate, con una forte prevalenza dei WPC, circa 260.000 tonnellate, rispetto agli NFC, il cui volume si è attestato intorno alle 90.000 tonnellate (fig.1). Numeri importanti, equivalenti a circa il 10-15% del mercato totale dei compositi. Soprattutto, numeri in crescita, grazie al consolidarsi delle applicazioni tradizionali e all’apertura di nuovi settore di impiego.
IL MERCATO DEI WPC A crescere molto è stato l’utilizzo di WPC, il cui principale campo di applicazione resta l’edilizia, dove i compositi legno-plastica, in questo caso per lo più elementi estrusi con matrice in PVC o polietilene (PE), vengono impiegati per la realizzazione di pavimentazioni esterne, rivestimenti e recinzioni. Segue a distanza il settore dei trasporti (24%), in particolare per componenti e rivestimenti per interni auto, ma importante è la quota crescita registrata in nuove applicazioni, come applicazioni tecniche (2%), la produzione di mobili (1%), di beni di consumo e apparecchiature elettroniche (1%) che, sebbene restino ancora su valori assoluti abbastanza contenuti, tuttavia testimoniano la capacità di penetrazione di questi materiali (fig.2). Il mercato nazionale principale si conferma la Germania, primo sia per numero di operatori sia per volume di produzione, che mostra ottime prospettive per un’ulteriore crescita, prospettiva che riguarda tutta l’area europea in orbita tedesca. Allargando lo sguardo dall’Europa a livello globale, la produzione di
WPC si è attestata nel 2012 sui 2,5 milioni di tonnellate. La crescita più spettacolare è stata registrata in Cina, dove la produzione che ha raggiunto le 900.000 tonnellate, portando il Paese a ridurre il gap rispetto al Nord America, che resta la principale area di produzione, 1,1 milioni di tonnellate, grazie soprattutto alla ripresa del comparto delle costruzioni che ha rilanciato le forniture di pavimentazioni e rivestimenti. Settori che costituiscono anche il principale sbocco per i WPC made in China, destinati in maggioranza alle esportazioni, ma che sta vivendo anche un periodo di grande espansione del proprio mercato interno. Proprio la Cina, infatti, costituisce anche il più grande mercato mondiale di porte e finestre, facendo sì che diversi operatori abbiano avviato la produzione di serramenti in WPC, dove circa il 40% di fibra di legno va a sostituire il PVC in combinazione con l’alluminio. L’INDUSTRIA AUTOMOTIVE Molto orientata all’impiego di biocompositi è l’industria dell’auto, in particolare per la realizzazione degli interni delle vetture. In questo campo, dominano i compositi a base di fibra naturale, circa 90.000 tonnellate consumate nel 2012, le cui applicazioni sono focalizzate nei rivestimenti interni di portiere, sia per auto di serie sia di alta gamma, e cruscotti. Buono l’impiego anche dei WPC, intorno alle 60.000 tonnellate, il cui utilizzo è destinato però alla produzione di finiture e mensole per bagagliai, vani per le ruote di scorta e rivestimenti interni delle portiere. Riguardo la ripartizione del mercato auto per fibra naturale, la quota principale è costituita dalla fibra di legno (38% del totale), seguita dal cotone riciclato (25%), utilizzato soprattutto per le cabine di guida dei mezzi pesanti, e fibra di lino (19%), ma buone sono anche le performance del kenaf e della fibra di canapa (rispettivamente 8 e 5%) il cui impiego è in costante crescita (fig.3). L’impiego di tecniche ormai consolidate per il processo di questi materiali, come lo stampaggio a compressione, e la possibilità di realizzare costruzioni leggere, con un buon comportamento a
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- Verso un futuro sempre più bio -
Fig.2: Consumo di WPC in Europa nel 2012 per campi di applicazione. Fonte: nova 2014
Fig.3: Uso di compositi in fibra natural nel settore automotive europeo nel 2012. Fonte: nova 2014 ERRE_TI_banner.pdf
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tive nel 2012 in Europa con il numero di veicoli realizzati nel Continente, risulti che su ogni veicolo sono presenti circa 4 kg di fibre naturali. Un numero che dal punto di vista tecnico potrebbe essere superato senza alcuna difficoltà, considerando che per anni, e con successo, sono state prodotte in serie vetture dove la quantità di fibre naturali e fibre di legno era intorno ai 20 kg. Ovviamente, lo sviluppo del mercato dipende anche dal quadro politico: qualsiasi incentivo per l’utilizzo di materiali naturali nell’industria automobilistica europea potrebbe contribuire ad incrementarne i consumi, che potrebbero incrementare anche di 5 volte rispetto la quota attuale. This paper is taken from the report Wood-Plastic Composites (WPC) and Natural-Fibre Composites (NFC): European and Global Markets 2012 and Future Trends. The main authors of this study are: Michael Carus, Lara Dammer, Lena Scholz – nova-Institute (Germany) and Asta Eder – Asta Eder Composites Consulting (Austria/Finland).
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frattura, buona resistenza alla deformazione e il prezzo contenuto sono i principali aspetti che spiegano il successo dei materiali naturali presso l’industria automobilistica. Industria ora impegnata a ottimizzare alcuni fasi di processo per ridurre gli scarti di materiale e facilitarne il riciclo. Del resto, i miglioramenti ottenuti nel campo dello stampaggio a compressione, sin dal 2009 hanno permesso di dimostrare i vantaggi in termini di riduzione di peso che il ricorso a tali materiali avrebbe garantito, una delle principali cause che ha acceso l’interesse del settore verso questi materiali per la costruzione dei nuovi modelli di vetture. Oggi, grazie allo sviluppo di nuove tecnologie di processo, è possibile ottenere aree con peso al di sotto di 1.500 g/ m2 con i termoplastici, o anche inferiore a 1.000g/m2 con i termoindurenti, proprietà eccezionali se confrontate a quelle delle plastiche pure o dei compositi in fibra di vetro. Ed è proprio il settore auto che può consolidare il trend di successo dei biocompositi. Gli autori del report, infatti, evidenziano come, suddividendo il volume di consumi di biocompositi nel settore automo-
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Towards an increasingly ‘bio-based’ future Under the drive of the automotive and building industries the use of materials of natural origin is steadily growing, adding up to about 15% of the whole European market of composites. We present the data about the production and consumption of biocomposites in a study performed by the German company nova-Institute.
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he growing attention towards environmental issues has been increasing the interest towards materials of natural origin which have been replacing plastic-based raw materials in an ever growing range of applications. The composites industry is no exception in this sense, either. The German consulting company nova-Institute has outlined a global picture of the European biocomposites market, including both wood flour-based materials (Wood-Plastic Composites, WPC) and natural fibre-reinforced materials (Natural Fibre Composites, NFC) in the report Wood-Plastic Composites (WPC) and Natural-Fibre Composites (NFC): European and Global Markets 2012 and Future Trends. According to this study the European production of biocomposites reached 350,000 tonnes in 2012, with a prevailing fraction – about 260,000 tonnes – of WPC versus an amount of NFC reaching up to 90,000 tonnes (fig.1), which make up significant figures representing about 10-15% of the total composites market. Furthermore, these shares are growing thanks to the consolidation of traditional applications and to the opening of new fields of application. THE WPC MARKET A remarkable growth has been obseverd in the use of WPC, whose main field of application is still the building industry where wood-plastic composites – mainly PVC or polyethylene (PE) matrix extruded elements – are used for exterior decking, sidings and railings. The second but still subordinate field is the transportation sector (24%), especially in automotive interior trim and components, and a significant growth was observed in new applications, such as technical applications (2%), furniture manufacture (1%), consumer goods and electronic devices (1%), where absolute figures are still quite modest yet evidence the market penetration potential of these materials (fig.2). Germany is confirmed as the top domestic market both in terms of number of operators and in terms of production figures, and shows very good prospects
for further growth, which is also the case for the whole European area revolving around Germany. Looking at Europe as a whole, the production of WPCs reached 2.5 million tonnes in 2012. The most spectacular growth was achieved by China, where the production went as high as 900,000 tonnes, thereby reducing the gap between the country and North America, still the main production area with 1.1 million tonnes – mainly thanks to the recovery of the building industry and the consequent regrowth of decking and siding supplies. These indistries also represent the main market outlet for the WPCs made in China, which is mainly oriented to the export yet has been experiencing a great expansion of the domestic market. Indeed China is the world’s largest market for doors and windows, so that many operators have launched the production of windows made out of WPCs, where roughly 40% of wood fiber replaces the conventional PVC used in combination with aluminium. THE AUTOMOTIVE INDUSTRY The automotive industry leans very much towards the use of biocomposites, in particular for the manufacturing of car interiors. In this field natural fibre-based composites dominate with a consumption of about 90,000 tonnes in 2012, with applications focusing on dashboards and interior linings of car doors, both for low- and high-end vehicles. There is also a good use – around 60,000 tonnes – of WPCs, mainly exploited for the production of trunk shelves and trims, spare-wheel wells and door linings. Concerning the distribution of natural fibre types in the automotive market, wood fibre holds the main share (38% of the total), followed by recycled cotton (25%), mainly used for truck cabs, and flax fibre (19%), but kenaf and hemp fibre also mark a good performance (8 and 5%, respectively) with their use showing a growing trend (fig.3). The use of well established techniques for the processing of these materials, such as compression moulding, and the possibility to realize light structures with a good fracture behaviour, a good resistance to deformation and a modest price represent the
main features justifying the success of natural materials in the automotive field, an industry whose efforts are now focused on the optimization of certain process steps in order to reduce material waste and to improve waste recycling. Indeed the improvements obtained in the technique of compression moulding have led since 2009 to the demonstration of the advantages achievable with the use of these materials in terms of weight reduction, which is one of the main reasons of the interest aroused in the industry by the these materials for the production of new car models. Today the development of new process technologies allows for areas with a weight below 1,500 g/m2 using thermoplastic materials and even below 1,000 g/m2 with thermosets – incredible results when compared to the use of plain plastics or glass fibre composites. The automotive field is indeed the one to possibly reinforce the successful trend of biocomposites. The authors of the report notice indeed that the ratio between the amount of biocomposites consumed by the European automotive industry in 2012 and the number of vehicles manufactured in the Continent reveals that an average of 4 kg of natural fibres per vehicle are used. There would be no technical difficulties in increasing this amount, considering that cars implementing about 20 kg of natural fibres and wood fibres have been successfully mass-produced for years. Obviously, the development of the market also depends on the political framework: any incentive for the use of natural materials in the European automotive industry could help increase consumption, leading to figures as high as five times the current shares.
All the mentioned figures refer to the italian version Fig.1: Global WPC production in 2010 and in 2012, and 2015 forecasts Fig.2: WPC consumption in Europe in 2012 by field of application. Source: nova 2014 Fig.3: Use of natural fibre composites in the European automotive field in 2012. Source: nova 2014
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TOHO TENAX EUROPE
Thermoplastic laminates for Airbus A350 XWB Toho Tenax Co., Ltd., the core company of the Teijin Group’s carbon fibers and composites business, announced that Tenax® TPCL, its thermoplastic consolidated laminates have been qualified for use in the A350 XWB aircraft, Airbus’s new-generation extra-wide-body midsize jetliner. Tenax® TPCL, which utilize carbon fiber composites made with high impact, heat and chemical resistant PEEK (polyetheretherketone) thermoplastic resin, are supplied by Toho Tenax Europe GmbH in Germany. Toho Tenax is actively involved in developing new carbon-fiber materials and related solutions to render future Airbus aerostructures cost effective. As a top supplier to Airbus for over 25 years, Toho Tenax has provided the aircraft maker with Tenax® carbon fiber filament yarn for a variety of aircraft families, including the A320, A330, A340 and primary composite structures of the A380. In June 2010, Toho Tenax signed
a long-term agreement with the Airbus Group regarding the supply of Tenax®TPCL for the A350 XWB aircraft structure. “Tenax® carbon fiber, which was first qualified for use in the composite structure of the A320’s vertical tail plane back in 1988, has long been valued by the aircraft industry for its stable supply and superior quality,” said Takashi Yoshino, president of Toho Tenax. “As demand rises for weight-saving and energy-efficient solutions, the presence of Tenax® will expand even further. Going forward, we will accelerate our development of high-performance carbon fibers, intermediate materials and structural parts to offer enhanced solutions to the aircraft market”.
SGL GROUP
New thermoplastic-compatible carbon fibers At the end of June, SGL Group - The Carbon Company - started production of thermoplastic-compatible carbon fibers at its Muir of Ord site in Scotland. “The next generation of carbon fiber-based products is currently emerging in the thermoplastics sector. Our new heavy tow carbon fiber SIGRAFIL® C 50k has already been exhibited with great success at this year’s JEC Composites Show in Paris and, after the Show, we received our first orders,” reported Peter Weber, Vice President Sales & Marketing, SGL Group. The new production start-up will initially service orders from the automotive industry. Thermoplastic carbon fiber composites combine the properties of carbon fibers with the typical processing advantages
of thermoplastics. They can be shaped, recycled, and produced in short cycles. As a result, they are opening up new possibilities for serial production. Only if the carbon fibers can be firmly bonded to the thermoplastic matrix, as is the case with these newly developed fibers, can their high stiffness and strength be fully transmitted to the finished components. SGL Group has developed a special surface system (sizing) for this purpose. Other sizing systems, e.g. for high-temperature applications, are already at the development stage.
Soluzioni di rinforzo naturali sostenibili
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ELOX, distributore di materiali composti in Europa annuncia la nuova partnership con Composites Evolution, il fornitore inglese di fibre naturali. Specializzato nel marketing e nella fornitura di materie prime specializzate per le industrie della plastica, dei composti, della gomma, delle pitture e dei rivestimenti, VELOX fornisce da luglio questa nuova gamma di prodotti in Francia, Regno Unito e Italia. Questa partnership consente a Composites Evolution di sfruttare al massi-
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mo la rete di vendita globale di VELOX per introdurre i rinforzi naturali nell’industria europea dei composti. VELOX rappresenta la gamma di prodotti Biotex di Composites Evolution. Si tratta di una gamma di filati naturali di rinforzo ad elevata performance, tessuti (intrecciati e non compressi) e fogli prerafforzati adatti per le applicazioni di materiali composti di plastica con fibra rinforzata. Composites Evolution produce la gamma Biotex che può essere usata in diverse applicazioni, quali i settori automobilistico,
edile, marino, sportivo e dei beni di consumo. “In quanto parte della nostra strategia di distribuzione continua su scala mondiale, VELOX è stata la chiara scelta per cogliere l’opportunità di espandere il nostro mercato per la nostra gamma di prodotti Biotex di fibre naturali nei territori francese, italiano e britannico. Il loro team offrirà ai nostri clienti un supporto nello sviluppo di soluzioni di composti con i nostri prodotti bio-derivati”, afferma Gordon Bishop, Direttore generale di Composites Evolution Limited.
Roberto Frassine - Dipartimento di Chimica, Materiali e Ingegneria chimica “Giulio Natta”, Politecnico di Milano
Lunga vita ai compositi Il riciclo dei compositi acquisisce sempre più importanza, come conseguenza diretta della diffusione di questi materiali. Le strategie più efficienti al momento consistono nel recupero termico e nel co-processing dei rifiuti nei cementifici.
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er la produzione di veicoli per il trasporto come auto, camion e treni si utilizzano differenti tipi di materiali. La scelta tra metalli, gomma, plastica, compositi e altri materiali dipende da vari fattori quali le proprietà dei materiali, il prezzo, la disponibilità e considerazioni sul ciclo di fine vita. Negli ultimi decenni l’utilizzo di soluzioni in materiali compositi è cresciuto in modo significativo, grazie alla possi-
bilità di combinare resistenza meccanica, flessibilità della progettazione, riduzione di peso e processi a basso costo. Un esempio significativo è dato dall’evoluzione avvenuta negli ultimi trent’anni nel settore aeronautico (fig.1). I compositi contribuiscono all’industria dei trasporti con design e funzionalità uniche, uniti a un’alta efficienza nell’uso del combustibile dovuta alla loro leggerezza ed efficienza strutturale.
Fig.1: Evoluzione dell’impiego dei materiali nei velivoli commerciali (fonte: Alenia)
Fig.2: Schema del riciclo dei compositi tramite co-processing nei cementifici (fonte: EuCIA)
CARATTERISTICHE IMPORTANTI PER IL RICICLO I compositi sono costituiti da un materiale fibroso e da una matrice resinosa. In molti casi le fibre di vetro sono utilizzate come materiali di rinforzo. La matrice è di solito un polimero termoindurente, come resine poliestere insature o resine epossidiche. Possono essere usati anche filler inorganici, come il carbonato di calcio, per modificare le proprietà del materiale e, in alcuni casi, per ridurne i costi. A causa della fine dispersione delle fibre e delle cariche di rinforzo all’interno della matrice e della buona adesione tra di loro, necessaria per ottenere buone proprietà fisico-meccaniche e durabilità nel tempo, la separazione dei diversi materiali al termine del ciclo di vita del componente non è un‘operazione facilmente effettuabile. D’altro canto, il problema del riciclo dei materiali compositi sta avendo sempre maggiore importanza industriale e sociale, come diretta conseguenza della crescita stessa dei settori applicativi e del loro impiego. Il riciclo di compositi è stato ampiamente studiato ed è oggi applicato in modo efficiente: sul mercato sono disponibili diverse soluzioni a seconda dei materiali e dei settori applicativi di riferimento. TECNOLOGIE DI RICICLAGGIO Le possibilità di smaltimento di un manufatto in composito sono: conferimento in discarica, incenerimento, recupero (di materiale), termovalorizzazione, co-processing nei cementifici e riutilizzo delle fibre. Il bilancio ambientale del conferimento in discarica e dell’incenerimento è ritenuto generalmente negativo: la Comunità Europea ha infatti un programma per mettere al bando l’uso delle discariche entro il 2020 e l’incenerimento dei compositi produce comunque residui solidi che devono essere smaltiti. Il recupero di materiale e il riutilizzo delle fibre sono in generale ritenuti a bilancio positivo, ma sono entrambi complessi e potenzialmente costosi, per cui la sostenibilità economica non è sempre garantita. Il recupero termico e il co-processing nei cementifici sono perciò ritenuti oggi preferibili, essendo entrambi semplici e sostanzialmente positivi o neutri dal punto di vista del bilancio ambientale.
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La lista completa dei patrocini e degli sponsor è pubblicata sul sito web / Visit our websites to read the full list of sponsors and cooperators
CarraraFiere, Viale Galileo Galilei, 133 - 54033 Marina di Carrara (MS) - Italy - Tel. +39 0585 787963 Fax +39 0585 787602 - e-mail: info@carrarafiere.com
- Lunga vita ai compositi Il co-processing, in particolare, prevede l’impiego dei manufatti come materia prima per i cementifici e, oltre a costituire un processo conforme alla definizione di riciclaggio presente nella Waste Framework Directive WFD 2008/98/EC, è considerato l’opzione migliore perché sopperisce all’utilizzo di risorse minerali e combustibili fossili. Nel riciclaggio dei compositi termoindurenti attraverso i cementifici, la maggior parte del materiale (circa 2/3) viene trasformata in materia prima per il cemento. Una piccola parte del rifiuto, quella organica (circa 1/3) contribuisce alla combustione generando energia. La via del cementificio non è però utilizzata per generare energia attraverso la combustione dei rifiuti di compositi. Quando i rifiuti vengono gettati nella fornace, la parte preponderante del materiale viene trasformata in cemento o in un componente del cemento ed è quindi essenzialmente un recupero di materia. Questo processo è definito co-processing, in quanto i materiali di rifiuto sono ritrattati per ottenere prodotti, materiali o sostanze da utilizzare per la loro funzione originaria o per altri fini, in accordo con la definizione di riciclaggio. Come effetto collaterale, tale processo genera l’uso di una minor quantità di energia. Poiché normalmente i cementifici utilizzano per la calcinazione una grandissima quantità di energia sotto forma di petrolio o gas, l’effetto finale dell’impiego dei rifiuti di compositi nella fornace sarà un significativo risparmio dei costi energetici. RICONOSCIMENTO EUROPEO Negli ultimi anni la Commissione Europea ha rilasciato un documento di orientamento sull’interpretazione della direttiva sui rifiuti, il già citato Waste Framework Directive WFD 2008/98/ EC. Tale documento ha lo scopo di aiutare le autorità nazionali e le aziende a interpretare correttamente la Direttiva. Tra le altre specifiche, il co-processing nella produzione del cemento è incluso nella definizione sia di prevenzione sia di gestione dei rifiuti, nonché sotto le voci di “recupero” e “riciclaggio” (capitolo 1.4). Nel documento si afferma che i rifiuti possono essere recuperati come energia termica, sostituendo così combustibili, mentre la frazione minerale dei rifiuti può essere integrata (e quindi riciclata) nella matrice del prodotto o nel materiale prodotto (ad esempio clinker di cemento, acciaio o alluminio). Un simile risultato è stato ottenuto grazie all’attività di EuCIA, che, in collaborazione con EuPC ed ECRC, sin dal 2009 ha avviato un progetto che ha l’obiettivo di recuperare e riciclare materiali compositi per migliorarne la sostenibilità ambientale.
Fig.3: Confronto tra compositi, acciaio e alluminio in termini di impatto ambientale per un’applicazione statica della durata di 30 anni (fonte: EuCIA) LCA COME STRUMENTO CHIAVE L’LCA (Life Cycle Assessment - Valutazione del Ciclo di Vita) è uno strumento utilizzato per valutare il potenziale impatto ambientale di un prodotto, di un processo o di un’attività durante tutto il suo ciclo di vita, tramite la quantificazione dell’utilizzo delle risorse (“immissioni” come energia, materie prime, acqua) e delle emissioni nell’ambiente (“emissioni” nell’aria, nell’acqua e nel suolo) associate con il sistema oggetto della valutazione. Per un determinato prodotto, l’LCA considera la fornitura delle materie prime necessarie, la produzione dei prodotti intermedi e, infine, del prodotto stesso, compreso l’imballaggio e il trasporto delle materie prime e dei prodotti intermedi, l’utilizzo e la successiva eliminazione del prodotto. Nel gennaio 2012, l’industria dei compositi ha pubblicato uno studio LCA su componenti realizzati in compositi a fibre discontinue SMC/BMC, fornendo così una valutazione quantitativa delle emissioni di anidride carbonica e dell’impronta ecologica dei compositi rispetto agli altri materiali. Nel corso della valutazione di LCA è stato analizzato un campione di composito costituito da diversi materiali con un’aspettativa di vita utile di 30 anni. Per assicurare la qualità dello studio LCA i risultati sono stati esaminati da esperti indipendenti secondo i requisiti delle norme internazionali (ISO 14040 e 14044). I risultati hanno dimostrato chiaramente che i compositi posseggono un carbon footprint ridotto e possono risultare molto più vantaggiosi rispetto ad acciaio e alluminio per il potenziale di riscaldamento globale (Global Warming Potential – GWP). Un recente studio dell’ETH (Politecnico Federale) di Zurigo ha dimostrato che il co-processing nei cementifici dei compositi consente di ottenere una significativa riduzione delle emissioni di CO2 nella produzione di clinker (- 16%).
ESPERIENZE PRATICHE Cosa fare con i rifiuti in fibra di vetro? L’industria ha cercato a lungo una valida risposta a questa domanda. Tra le possibilità esistenti oggi, una valida soluzione è stata sviluppata da Fiberline Composites, azienda danese che produce fibra di vetro e profili in fibra di carbonio per pale eoliche. Fiberline ha avviato una partnership con due società: la tedesca Zajons, specializzata nella conversione di rifiuti in carburanti alternativi per l’industria, e Holcim, leader mondiale nella produzione di cemento con sede in Svizzera. Gli scarti della produzione di vetroresina di Fiberline vengono inviati a Zajons che li tratta prima di inviarli al cementificio. Dopo di che Holcim può utilizzare nelle sue fornaci tali scarti sia per produrre energia, risparmiando su combustibili fossili e materie prime, oppure per utilizzarli come componenti chiave nel cemento. Questa partnership è un ottimo esempio di rapporto win-win dal quale tutti i partecipanti traggono benefici. Il prossimo passo sarà creare un sistema di raccolta più ampio coordinato da Zajons.
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Fig.4: Collocazione del co-processing nella gerarchia dei rifiuti
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Roberto Frassine - Dipartimento di Chimica, Materiali e Ingegneria chimica “Giulio Natta”, Politecnico di Milano
Long life the composites The composites recycling is becoming increasingly important, as a direct result of the growing use of these materials. The more efficient strategies are the energy recovery and co-processing of waste in cement kilns.
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or the production of transport vehicles like cars, trucks and trains using different types of materials. The choice of metals, rubber, plastics, composites and other materials largely depends on various factors such as the properties of materials, price, availability and end of life cycle considerations. In recent decades, the use of composite materials solutions has grown significantly due to the possibility to combine strength, design flexibility, weight reduction and low-cost processes. A significant example is given by the evolution occurred in the last thirty years in the aviation industry (fig.1). Thanks to their light weight and structural efficiency, composites contribute to the transport industry with design and unique features combined with a high efficiency in fuel consumption. IMPORTANT FEATURES FOR RECYCLING Composites are made of a fibrous material and a resin matrix. In many cases glass fibers are used as reinforcing materials. The matrix is usually a thermosetting polymer such as unsaturated polyester resins or epoxy resins. Inorganic fillers, such as calcium carbonate, can also be used to modify the properties of the material and, in some cases, to reduce costs. Because of the fine dispersion of the fibers and reinforcing fillers within the matrix and of the strong adhesion between them, required to obtain good physical-mechanical properties and durability in time, the separation of the different materials at the end of the life cycle of the component is not easy. On the other hand, the problem of composite materials recycling is having increasingly an industrial and social importance, as a direct consequence of the growth of applications fields and of the use of composites themselves. Composites recycling has been widely studied and today is applied in an efficient way: the market has several solutions available depending on the materials and application areas. RECYCLING TECHNOLOGIES The possibilities of disposal of a manufactured composite are: landfilling, in-
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cineration, material recovery, energy recovery, co-processing in cement kilns and reuse of the fibers. The environmental balance of landfilling and incineration is generally considered negative: the European Union has in fact a program to ban the use of landfills by 2020 and the incineration of composite still produces solid waste that must be disposed of. Material recovery and reuse of the fibers are in general considered to have a positive balance, but they are both complex and potentially expensive. Therefore, from the economic point of view, their sustainability is not always granted. Energy recovery and co-processing in cement kilns are therefore preferable being both simple and substantially positive or neutral from the environmental balance point of view. The co-processing, in particular, involves the use of composites as a raw material for cement. Moreover this process complies to the definition of recycling contained in the EU Waste Framework Directive (WFD 2008/98/EC) and is considered the best option because it compensates the use of mineral resources and fossil fuels. In recycling of thermoset composites through the cement route, the majority of the material (about 2/3) is converted into raw material for cement. A small portion of the waste, the organic one (about 1/3), contributes to the combustion generating energy. However the route of cement kiln is not used to generate energy through the combustion of waste composites. When waste is thrown into the furnace, the material bulk is converted into a component for clinker, being then a material recovery. This process is called co-processing since the waste materials are reprocessed into products, materials or substances whether for the original purpose or for other purposes, in accordance with the definition of recycling. As a side effect this process also reduces the amount of energy. Since a large amount of energy in the form of oil or gas it is normally used for processing cement, the final effect of the use of composites waste into the furnace will be a significant savings in energy costs and carbon footprint.
EUROPEAN RECOGNITION FOR THE RECYCLING OF COMPOSITES In recent years the European Commission has issued a guidance document on the interpretation of the Waste Framework Directive, the aforementioned Waste Framework Directive WFD 2008/98/EC. This document is intended to help national authorities and companies for he interpretation of the Directive. Among other specifications the co-processing in cement production is included in the definition of both prevention and waste management, as well as under the categories of “recovery” and “recycling” (Chapter 1.4). The document states that the waste can be recovered as thermal energy, thus replacing fuels, while the mineral fraction of the waste can be integrated (ie. recycled) in the matrix of the product or in the material itself (such as cement clinker, steel or aluminum). This result was obtained thanks to the contribution of EuCIA, which, in collaboration with EuPC and ECRC, in 2009 launched a project that aims to recover and recycle composite materials in order to improve environmental sustainability. LCA AS A KEY TOOL LCA (Life Cycle Assessment) is a tool used to assess the potential environmental impact of a product, process or activity throughout its life cycle, by quantifying the use of resources (“inputs” such as energy, raw materials, water) and environmental emissions (in air, water and soil) associated with the system under evaluation. For a given product, LCA considers the supply of the necessary raw materials, the production of intermediate products and the final product, including packaging and transportation of raw materials and intermediate products, the use and the subsequent disposal of product. In January 2012, the composites industry has published an LCA study on composite components made of random fiber (SMC/BMC), thus providing a quantitative assessment of the carbon dioxide emissions and the ecological footprint of the composites compared to other materials. During the evaluation of LCA it has been analyzed a composite sample made up of different ma-
terials with an expected useful life of 30 years. To ensure the quality of the LCA study, results were reviewed by independent experts in accordance with the requirements of international standards (ISO 14040 and 14044). The results clearly showed that the composites have a reduced carbon footprint and can be much more beneficial than steel and aluminum for the global warming potential (GWP). A recent study of ETH Zurich has shown that the co-processing of composites in cement production allows a significant reduction of CO2 emissions (- 16%). PRACTICAL EXPERIENCES What to do with fiberglass waste? The industry has long sought a viable answer to this question. Among the possibilities which exist today, a good solution has been developed by Fiberline Composites, a Danish company that manufactures fiberglass and carbon fiber profiles for wind turbines. Fiberline has signed a partnership with two companies: the German Zajons, specialized in the conversion of waste to alternative fuels for industry, and Holcim, a world leader in the production of cement based in Switzerland. Fiberline waste in the production of fiberglass is sent to Zajons that treats it before sending it to the cement plant. Holcim uses such waste in its furnaces, saving on fossil fuels and raw materials. This partnership is a great example of a win-win relationship from which all the participants get benefits. Next step will be to create a wider collecting system coordinated by Zajons.
All the mentioned figures refer to the italian version Fig.1: Evolution of the use of different types of materials in the transport vehicles (source: Alenia) Fig.2: Scheme of the composite materials recycling by co-processing in cement kilns (source: EuCIA) Fig.3: Comparison between composites, steel and aluminum on the environmental impact for a 30 years static application (source: EuCIA) Fig.4: Collocation of the co-processing in the waste hierarchy
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Problemi di esotermia nella polimerizzazione di laminati a spessore elevato Durante il processo di polimerizzazione di laminati con elevato spessore, impiegati per applicazioni strutturali, si possono generare i picchi di temperatura che compromettono l’integrità strutturale del prodotto. Uno studio ha quantificato l’entità di tali picchi e l’effetto che questi hanno sulle proprietà meccaniche del materiale.
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ella produzione di componenti in materiale composito polimerico la fase di polimerizzazione, in particolare il ciclo di cura, è di fondamentale importanza: da questo dipende l’integrità e la resistenza del prodotto finito. Pertanto, il ciclo di polimerizzazione deve essere progettato con la massima attenzione, per limitare i costosi scarti di produzione e scongiurare pericolose rotture in esercizio [1]. Un ciclo di cura errato può comportare, tra le varie problematiche, l’insorgere di picchi di temperatura, detti anche picchi esotermici, che possono degradare la matrice oppure ridurre le proprietà meccaniche del componente. I picchi esotermici sono dovuti alla combinazione di due concause: la produzione di energia termica da parte della reazione di polimerizzazione, che è di natura esotermica, e la scarsa conducibilità della resina presente nel materiale composito [2]. Questo fenomeno è tanto più evidente quanto più è elevato lo spessore del laminato, in quanto l’effetto di isolamento termico da parte della matrice è accentuato dallo spessore e, inoltre, la quantità di resina che reagisce è maggiore. I fornitori del materiale grezzo (prepreg)
indicano dei cicli termici ottimali per la cura, ma tali cicli sono adatti per i laminati a spessore sottile, ovvero inferiore a 5 mm, in quanto la maggior parte della produzione industriale interessa proprio questa tipologia di laminati. Le notevoli proprietà dei materiali compositi, però, fanno sì che questi vengano impiegati anche in applicazioni strutturali, soprattutto in ambito aerospaziale, e quindi nasce la necessità di produrre laminati a spessore elevato (fig.1). Se tali laminati venissero curati applicando un ciclo termico progettato per laminati sottili potrebbero sorgere dei picchi esotermici abbastanza elevati da rendere il prodotto non più idoneo all’utilizzo. L’obiettivo del presente lavoro è rilevare l’entità di tali picchi e valutare, mediante prove a taglio interlaminare (ASTM D2344), l’influenza che hanno sulla proprietà strutturali del prodotto finito. MODELLAZIONE NUMERICA DEL PROCESSO Per prevedere l’andamento della temperatura all’interno del laminato durante il processo di polimerizzazione sono state svolte delle simulazioni numeriche mediante software Fem. Le simulazioni
Fig.1: Applicazione dei compositi in ambito aeronautico: schematizzazione di un longherone della pala di un elicottero
sono state condotte considerando il classico processo vacuum bag in forno per laminati di spessori da 5 a 40 mm. Lo scopo del modello utilizzato è determinare sia la temperatura sia il grado di cura, rispettivamente indicati con T ed a, per ogni istante di tempo e per ogni punto del componente, ricorrendo all’equazione di conduzione del calore [3]: (1)
ρ cp
∂T = ∇ ( k ∇ T ) + ρ Q ∂t
in cui ρ rappresenta la densità del materiale, Cp il calore specifico a pressione costante, t è il tempo, ∇ è l’operatore di Laplace, k è il coefficiente di con∂T = ∇ ( k ∇T ) + ρ Q ρ cdel Q è il ducibilità termica composito p ∂t del calore da partasso di generazione te della reazione chimica. Nell’equazione (1) il termine a primo membro riguarda l’inerzia termica del sistema, mentre quelli a secondo membro costituiscono, rispettivamente, il termine di conduzione nel materiale e quello di generazione di energia termica, infatti il processo di polimerizzazione è una reazione esotermica. Quest’ultimo termine è di fondamentale importanza in questo modello, in quanto il calore sviluppato dalla cura della resina, associato alla bassa conducibilità termica della stessa, può far salire la temperatura degli strati più interni ben oltre quella prevista dal ciclo, provocando pertanto il picco esotermico. La densità ed il calore specifico del composito possono essere calcolati a partire da quelli dei singoli costituenti tramite la regola delle misture, una media pesata sulla frazione volumetrica V di fibre e matrice nel caso della densità e sulla frazione massica m per il calore specifico. Le grandezze sopramenzionate si possono esprimere come [4]: (2)
ρ c = ρ r Vr + ρ f V f
(3)
c p c = mr c p r + m f c p f
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The Composite Experts Microtex Carbon & Composites was founded as an Advanced Composites Materials division of Microtex CC, a well-known textile company started in Prato in the 60’s. Still owned by the Becagli family, as for over half a century, the Microtex group employs today more than 120 guarantee persistent supply and quality of its products.
Il termine relativo alla generazione di calore dipende dall’entalpia di reazione della resina e dal rateo di conversione, secondo l’equazione: (4)
dα Q = H dt
La velocità di cura può essere a sua volta espressa come [5,6]: (5)
E m dα n = Ac exp − α (1 − α ) dt RT
dove E è l’energia di attivazione apparente, R è la costante universale dei gas (8,314472 J /(mol*K)), A c è il fattore di frequenza ed n ed m sono gli ordini di reazione. Tutti i parametri cinetici introdotti sopra dipendono dal tipo di resina e possono essere determinati a partire da test di laboratorio, come la calorimetria a scansione differenziale [7]. Le proprietà termiche e cinetiche del prepreg utilizzato sono riportate in tabella 1.
Parameter
Value
Parameter
Value
Hr [J/g]
250
rr [kg/m ]
1250
Ac [l/s]
1.08·109
rf [kg/m3]
1800
E [J/mol]
79856
Cpr [J/(kgK)]
1260
m
0.89
Cpf [J/(kgK)]
712
n
0.81
Kt [W/(mK)]
0.54
vf
50%
Kl [W/(mK)]
1.38
3
Tab.1: Parametri del materiale per la simulazione numerica
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È stato simulato il comportamento di 8 laminati di spessore differente, da 5 a 40 mm, curati secondo il ciclo termico riportato sulla scheda tecnica, e gli andamenti della temperatura registrati all’interno di ognuno di essi sono riportati nelle figure 2 e 3. La temperatura maggiore viene rilevata al centro del laminato, inoltre la temperatura massima raggiunta è tanto più alta quanto più è elevato lo spessore: nel caso del laminato più spesso, 40 mm, è stata raggiunta una temperatura di circa 175 °C, più del doppio di quella prevista dal ciclo di cura, pari a 85 °C. Per quanto riguarda la temperatura misurata in superficie, si nota che il picco presente è di minore entità, e al crescere dello spessore tende inizialmente ad aumentare per spessori sottili e successivamente a descrescere per quelli più elevati, sottolineando l’effetto isolante della resina. INFLUENZA DEL PICCO ESOTERMICO L’andamento della temperatura durante l’intero ciclo di cura è stato valutato in diversi punti del laminato, ponendo particolare attenzione a quello relativo alla zona centrale, che fa registrare la temperatura più alta. In seguito, diversi laminati a spessore sottile sono stati curati sottoponendoli a cicli termici aventi lo stesso andamento delle temperature registrate nelle zone centrali dei laminati simulati nello step precedente. In questo modo è stato possibile effettuare i test strutturali su provini sottili, 6 mm di spessore, eliminando la disuniformità termica che si registrerebbe all’interno di un laminato a spessore elevato, come visibile in figura 2, o l’eventuale operazione di fresatura che permetterebbe di asportare le parti del laminato a spessore elevato non soggette a picco esotermico. Per la realizzazione dei laminati sono state utilizzate 9 lamine di prepreg, stratificate per ogni provino per raggiungere lo spessore target a fine cura di 6 mm; il prepreg utilizza-
- Problemi di esotermia nella polimerizzazione di laminati a spessore elevato to è costituito da un tessuto di carbonio con resina epossidica del tipo 2/2 twill. Sono stati realizzati laminati secondo tre differenti cicli di polimerizzazione: quelli registrati numericamente al centro dei laminati da 5 (tipologia A), 15 (tipologia B) e 25 mm (tipologia C), che raggiungono la temperatura massima rispettivamente di 90, 130 e 160 °C. La valutazione dell’influenza del picco esotermico sulla resistenza meccanica del laminato che l’ha subito è stata effettuata mediante test a taglio interlaminare, secondo la normativa ASTM D2344. Pertanto, da ogni laminato curato sono stati ricavati i provini per questa prova, con un’operazione di taglio mediante sega a disco diamantato. Nella figura 4 sono riportati i risultati della prova, mediati per ogni tipologia di provino. Si nota che il provino A, che ha subito il ciclo meno gravoso, fa registrare la resistenza massima a taglio, mentre quelli di tipo B e C, sottoposti a cicli con picco esotermico maggiore, sono caratterizzati da un’evidente diminuzione della resistenza a taglio, precisamente dell’ 8,3% e del 18,3% in meno rispetto al provino di tipologia A. Inoltre, i valori di resistenza massima a taglio relativi al provino C hanno un coefficiente di variazione maggiore rispetto agli altri due, denotando quindi anche una minore ripetibilità imputabile al raggiungimento di temperature troppo alte.
Fig.2: Andamento della temperatura durante il ciclo di polimerizzazione per un laminato a spessore elevato (25 mm)
BIBLIOGRAFIA/REFERENCES
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Fig.3: Andamento della temperatura massima al centro e sulla superficie del laminato in funzione dello spessore
Fig.4: Andamento dello sforzo di taglio in funzione dello spessore del laminato
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L. Sorrentino, N. Bonora, C. Bellini, L. Esposito – DiCeM, Università degli Studi di Cassino e del Lazio Meridionale
Exothermy issues in the polymerization of thick laminates During the polymerization process of thick laminates used for structural applications temperature peaks may occur that compromise the structural integrity of the product. A study quantified the magnitude of these peaks and their effects on the mechanical properties of the material.
I
n the production of polymer composite materials the polymerization stage and the curing cycle in particular play a fundamental role, determining the integrity and strength of the final product. Therefore the polymerization cycle must be designed with the greatest care in order to reduce costly production waste and avoid dangerous failure events during operation [1]. An incorrect curing cycle may lead to several issues like the insurgence of temperature peaks called exothermal peaks that can result in matrix degradation or reduction of the component’s mechanical properties. Exothermic peaks are due to the combination of two contributing factors: the thermal energy generated by the polymerization reaction, which is an exothermic process, and the scarce heat conductivity of the resin that is part of the composite material [2]. This phenomenon becomes more and more evident for increasing laminate thickness, since the thermal insulation effect of the matrix is enhanced by thickness and furthermore there is a larger amount of resin undergoing the reaction. The suppliers of raw material (prepreg) suggest optimal thermal cycles for the curing process, but these cycles are suitable for thin laminates, that is for a thickness lower than 5 mm, since the majority of the industrial production is focused on this type of laminates. Nevertheless, due to their remarkable features composite materials are also used in structural applications, in particular in the aerospace industry, hence the need for the production of laminates with considerable thickness (fig.1). If such laminates were cured applying the thermal cycles designed for thin ones, exothermic peaks could occur with a magnitude sufficient to make the product no longer suitable for use. The aim of the present work is the quantitative determination of such peaks and the evaluation of the influence they have on the structural properties of the final product by means of interlaminar shear testing (ASTM D2344).
NUMERICAL MODELLING OF THE PROCESS Numerical simulations were performed by means of a FEM software in order to predict the temperature trend within the laminate during the polymerization process. Simulations were performed considering the typical oven vacuum bag process for laminates with a thickness of 5 to 40 mm. The aim of the used model is the determination of both the temperature and the progress of the curing process, indicated with T ed a, respectively, at any time instant and in any point of the component, by means of the heat conduction equation [3]: (1)
ρ cp
∂T = ∇ ( k ∇ T ) + ρ Q ∂t
where ρ represents the density of the material, Cp is the specific heat at constant pressure, t is time, ∇ is Laplace operator, k is the thermal conductivity ∂T = ∇ ( k ∇T ) + ρ Q ρ cthe Q is the heat generaof composite p t tion ∂rate of the chemical reaction. The left-hand side of equation (1) is related to the thermal inertia of the system, while the right-hand side terms represent the conduction in the material and the thermal energy generation, respectively, since the polymerization process is an exothermic reaction. The last term is of fundamental importance in this model as the heat developed in the curing process of the resin, together with the low thermal conductivity of the latter, may lead to an increase of the temperature of the innermost layer much beyond the expected values for the cycle and hence induce the exothermic peak. The density and specific heat of the composite can be calculated from those of their single constituent materials by means of the mixing rule, based on a weighted average of the volume fraction V of fibers and matrix for the density and of the mass fraction m for the specific heat. The abovementioned quantities can be espressed as [4]:
(2)
ρ c = ρ r Vr + ρ f V f
(3)
c p c = mr c p r + m f c p f
The term related to the heat generation depends on the resin’s enthalpy of reaction and on the conversion rate according to equation: (4)
dα Q = H dt
The curing speed can be expressed as [5,6]: (5)
E m dα n = Ac exp − α (1 − α ) dt RT
Where E is the apparent activation energy, R is the gas constant (8,314472 J /( mol*K )), Ac is the frequency factor and n and m are the orders of reaction. All kinetic parameters introduced above depend on the resin type and can be determined from laboratory tests such as differential scanning calorimetry [7]. Thermal and kinetic properties of the prepreg used for the study are reported in table 1. The behaviour of 8 different laminates with thickness between 5 and 40 mm was simulated, according to the thermal cycle reported in the technical sheet, and the temperature trends recorded within each of them are reported in figures 2 and 3. The highest temperature is detected in the center of the laminate and increases for increasing thickness: in the case of the thickest laminate (40 mm) a temperature of about 175° C was reached, more than twice the temperature value predicted for the curing cycle, i.e. 85° C. Concerning the temperature measured on the surface, one can notice that the peak is smaller and for increasing thickness it starts increasing for low thickness values before decreasing for thicker laminates, showing indeed the insulating effect of the resin.
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- Exothermy issues in the polymerization of thick laminates INFLUENCE OF THE EXOTHERMIC PEAK The temperature trend during the whole curing cycle was evaluated at different points in the laminate with a special attention to the the center, where the highest temperature is detected. Several thin laminates were successively cured by means of thermal cycles with the temperature trend recorded in the central area of the laminates simulated before. In such a way we could perform structural tests on thin samples (6 mm thick) thus eliminating the temperature non-uniformities occurring in thick laminates, as shown in figure 2, or the removal by milling of the material not subject to the exothermic peak in the thick laminate. Laminates were manufactured using 9 prepreg plies laid up to achieve samples with a target thickness of 6 mm at the end of the curing cycle. The prepreg used is made up of a carbon fabric 2/2 twill weave and epoxy resin. Laminates were prepared following three different polymerization cycles based on the numerical data recorded at the center of
5 (type A), 15 (type B) and 25 (type C) mm thick laminates, reaching a maximum temperature of 90, 130 and 160° C, respectively. The assessment of the influence of the exothermic peak on the laminate’s mechanical strength was performed by means of interlaminar shear tests according to the ASTM D2344 standard. Therefore specimens were obtained from each laminate using circular diamond saw blades for the cut. Figure 4 summarizes the test results, averaged for each type of specimen. One can notice that sample A shows the maximum shear strength since it underwent the least critical cycle, while type B and C specimens, that were subjected to the cycle with higher exothermic peaks, feature an evident reduction of the shear strength, namely 8.3% and 18.3% less than that shown by sample A, respectively. The maximum shear strength values exhibited by sample C also display a larger fluctuation with respect to the others, thus showing a reduced repeatability whose origin can be attributed to the excessive temperature they reached.
All the mentioned figures refer to the italian version Fig.1: Composite application in the aviation industry: scheme of a helicopter blade spar Tab.1: Material parameters for the numerical simulation Fig.2: Temperature trend during the polymerization cycle for a thick laminate (25 mm) Fig.3: Trend of the maximum temperature in the center and on the surface of the laminate as a function of thickness Fig.4: Trend of the shear stress versus the laminate thickness
Le visioni diventano realtà.
COMPOSITES EUROPE 7.– 9.10.2014 | Fiera di Düsseldorf 9. Fiera campionaria europea e foro per materiali compositi, tecnologia e applicazioni
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Strutture morphing per aerei del futuro Gli aerei del futuro avranno strutture alari morphing, cioè in grado di modificare la propria geometria, per ridurre la resistenza all’aria. In queste pagine illustriamo le diverse vie battute dalla ricerca per realizzare strutture composite adattative.
L
a National Aeronautics and Space Administration americana (NASA) è coinvolta in un progetto a lungo termine che consentirà di realizzare aerei in grado di cambiare forma in volo, esattamente come fa un’aquila: il Progetto Morphing. Riguardo le possibili applicazioni future di strutture “morphing” di aeromobili gli scienziati hanno condotto studi sull’uso di materiali compositi. I ricercatori Stephen Daynes e Paul Weaver dell’Advanced Composites Centre for Innovation and Science presso l’Università di Bristol (Regno Unito) hanno pubblicato uno studio per riassumere i vari sforzi di ricerca effettuati nelle tecnologie di precompressione in strutture composite adattative con l’obiettivo di creare una tassonomia unificata. «C’è un intrinseco e difficile trade-off nel design delle strutture adattanti, come le superfici di controllo aerodinamiche “morphing”, tra l’esigenza di bassa rigidità, per consentire grandi deformazioni con requisiti di attuazione e limiti di deformazione del materiale accettabili, pur
rimanendo sufficientemente rigide per sopportare il carico esterno in modo controllato - esordiscono i ricercatori -. I compositi con orientazione variabile della fibra offrono possibilità di design che vanno ben oltre i laminati compositi convenzionali, permettendo all’orientazione delle fibre di curvare in modo continuo all’interno di uno stesso strato». MULTISTABILITÀ Le strutture multistabili hanno molteplici stati di equilibrio in cui la transizione tra stati può essere causata dall’applicazione di una forza o momento esterno risultante in una instabilità di buckling della struttura o nel passaggio repentino a un minimo di energia locale diverso. Le strutture multistabili possono essere progettate per avere un’elevata rigidità nei loro stati stabili di “riposo”, mentre la transizione tra stati stabili è spesso caratterizzata da minore rigidità. L’esempio più semplice di un sistema multistabile è la bistabilità, dove esistono due stati stabili. In questi sistemi meccanici la bistabilità può essere otte-
a
nuta aggiungendo al sistema una rigidità negativa, tramite precompressione, in misura sufficiente a superare la rigidità positiva della struttura monostabile e causare una biforcazione tramite instabilità di buckling. Tra i casi di monostabilità e bistabilità, può essere realizzato un caso di rigidità ridotta o addirittura nulla anche per deviazioni modeste dove la rigidità positiva della struttura è in equilibrio con la rigidità negativa aggiunta da tensioni residue. Gli esatti profili di carico dipendono dalle caratteristiche particolari di geometria e rigidità di un sistema, ma tipicamente, in prima approssimazione, possono essere descritti mediante una relazione polinomiale cubica. ADATTARE LA RIGIDITÀ USANDO LA PRECOMPRESSIONE Le strutture multistabili hanno almeno una dimensione sostanzialmente più piccola rispetto alle altre dimensioni, o due dimensioni sono molto più piccole. Tutte queste strutture traggono la loro multistabilità da una
c
b
Fig.1: Rappresentazioni schematiche dei meccanismi precompressi soggetti a può portare a meccanismi monostabili, di zero rigidità o bistabili
a
carico assiale e
b
torsione. L’inserto grafico
c
dimostra che adattare il grado di precompressione
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- Strutture morphing per aerei del futuro combinazione di geometria, stati tensionali interni, e proprietà del materiale. Stati stabili si formano quando c’è un equilibrio tra la membrana e gli effetti flessionali. È ben noto che per strutture sottili è più facile deformare per flessione che attraverso allungamento (o compressione). Al momento della transizione le risultanti delle tensioni interne vengono ridistribuite ed equilibrate nello stato stabile adiacente. Gli stati stabili sono convenzionalmente ricercati minimizzando l’energia del sistema rispetto alle forme modali potenziali e alle loro grandezze. L’energia di deformazione può essere adattata tramite una modifica degli sforzi sul piano medio (precompressione in-plane) o degli sforzi di flessione (precompressione out-of-plane). PRECOMPRESSIONE IN-PLANE Forse l’esempio più diffuso di una struttura precompressa bistabile è la clip per capelli formata da un pezzo singolo di metallo.
Concetti simili sono stati brevettati come metodi per la creazione di lamine multistabili per le pale di rotore dell’elicottero dove, le piastre inizialmente piane, senza stress e isotrope sono bloccate in stati a energia di deformazione superiore per formare strutture bistabili. Concetti bistabili che funzionano sul principio della deformazione a causa di carichi nel piano sono stati proposti come mezzi per aumentare le prestazioni di attuatori piezoelettrici e anche come base per profili adattivi bistabili a corde alari allungabili. «La bistabilità può essere realizzata anche a livello del materiale quando due piastre isotrope vengono unite una sopra l’altra, mentre viene applicata una precompressione uniassiale alle due piastre in direzioni ortogonali - spiegano i ricercatori -. Rilasciare la precompressione dopo aver saldato le piastre comporterà la ridistribuzione di tensioni nella struttura e una successiva deformazione fuori dal piano così da ottenere
a
b
Fig.2: Laminati uniassialmente precompressi: a applicazione di precompressione durante la fabbricazione,
a
b
integrazione di laminati in un alettone bistabile di una pala d’elicottero
b
Fig.3: Presa d’aria multistabile:
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una forma a sella. In determinate condizioni geometriche, proprietà dei materiali e intensità di precompressione, la struttura può biforcare a causa di effetti geometrici non lineari per formare due geometrie stabili quasi cilindriche. Questo laminato ha curvature stabili di uguale grandezza e direzione opposta che sono in piani ortogonali tra loro». La precompressione delle fibre è un altro modo di controllare i gli sforzi nel piano all’interno di un materiale. Ci sono stati diversi tentativi di ricerca che hanno analizzato la fattibilità della precompressione di fibre nei compositi, soprattutto come mezzo per migliorare le prestazioni meccaniche dei materiali in maniera simile a quella dell’acciaio precompresso nel calcestruzzo. Le tecniche di precompressione comprendono la trazione di fibre secche come parte dei processi di avvolgimento di filamenti e di resin transfer moulding. Una volta che la precompressione viene applicata alle fibre secche tramite mezzi
Compositi
a
stato chiuso,
b
stato di apertura,
c
c
vista dal basso in stato aperto
PRODUCTION
PRECOMPRESSIONE OUT-OF-PLANE Una struttura bistabile semplice può essere creata prendendo una trave, applicando momenti uguali ed opposti alle estremità per causare uno spostamento fuori dal piano, e quindi serrando la trave ad entrambe le estremità in questa configurazione deformata. L’applicazione di un deflessione verticale centrale può provocare una risposta di scatto e bistabilità, se sono soddisfatte determinate condizioni geometriche. Un’ampia varietà di comportamenti instabili può essere realizzata utilizzando principi simili. Ad esempio, se la rigidezza flessionale è adattata lungo la lunghezza della trave, allora questa può provocare tristabilità o numeri ancora più elevati di stati stabili. Tale approccio è stato utilizzato nella progettazione di una presa d’aria multistabile. Questa presa è costituita da un guscio deformabile, che può essere approssimato come una trave, con una variazione sinusoidale di rigidezza flessionale lungo la sua lunghezza utilizzando strati in compositi in misura variabile. Il guscio è stato installato in un componente tubolare rigido e bloccato così fa formare una geometria sigmoidale. La presa d’aria ha dimostrato di avere una geometria stabile in due stati stabili, aperto o chiuso, caratterizzati da elevata rigidità per sopportare carico aerodinamico, e in uno stato stabile intermedio di rigidezza minore. La presa d’aria è stata progettata, inoltre, per avere una rigidezza molto bassa durante la transizione tra stati stabili per ridurre la quantità di lavoro di azionamento. Anche le molle a nastro possono essere deformate elasticamente e utilizzate come base per la creazione di strutture multistabili. La molla a nastro è una struttura a guscio cilindrico che ha convenzionalmente una sola geometria stabile, priva di stress, quando viene fabbricata. Ha caratteristiche di momento di rotazione altamente non lineari, spesso con una risposta elastica lineare per piccole deformazioni, seguite da un improvviso scatto verso una rigidità molto inferiore.
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meccanici, la matrice liquida viene aggiunta e polimerizzata a temperature elevate mentre la precompressione viene mantenuta. Dopo polimerizzazione e raffreddamento la precompressione viene rilasciata e le tensioni residue all’interno del materiale si ridistribuiscono. Sono state inoltre sviluppate tecniche simili per i sistemi di preimpregnati con lo stesso obiettivo di migliorare le proprietà meccaniche dei compositi polimerizzati. La precompressione di fibre è stata anche proposta come mezzo per indurre instabilità di buckling e multistabilità in laminati simmetrici. La precompressione monoassiale può essere utilizzata come mezzo di produzione di laminati con curvature uguali ed opposte, analogamente alla clip per capelli. In questo esempio, le fibre sui bordi esterni del laminato sono allungate in una direzione prima e durante la polimerizzazione. Dopo la cura, il precarico viene rilasciato. A questo punto, affinchè le sollecitazioni si bilancino all’interno del laminato, gli sforzi di trazione sui lati esterni del laminato diminuiscono, mentre la parte centrale del laminato, che inizialmente era priva di stress, sviluppa sollecitazioni di compressione. Tale distribuzione di sollecitazioni trasversali costituita da regioni di tensione e compressione può causare un buckling nel laminato. Questi laminati sono stati usati nello sviluppo di un flap bistabile per una pala del rotore di un elicottero. Una pila di sei laminati bistabili in plastica rinforzata con fibra di vetro (PRFV) sono stati posizionati all’interno del bordo d’uscita, con una predeformazione dell’1.1% applicata alle fibre sui bordi esterni dei laminati. Questo numero di laminati e quantità di predeformazione sono stati scelti per fornire la rigidezza sufficiente per sopportare il carico aerodinamico raggiungendo anche una deflessione di 10 ° dell’alettone.
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- Strutture morphing per aerei del futuro Structure
Stability characteristics
Pre-bend radius (mm)
Pre-twist rate (°/mm)
∞
0
A
Monostable
B
Bistable
100
0
C
Zero-stiffness
164
0
D
Zero-stiffness+offset
164
0.1
Tab.1: Pre-curvatura e pre-torsione delle componenti in strutture da A a D prima dell’assemblaggio «Le strutture possono essere create utilizzando assemblaggi di queste molle a nastro che possono sfruttare queste non linearità per ottenere la multistabilità - riferiscono i ricercatori -. Ne sono esempi i dispositivi di immagazzinamento di energia e tetraedri riconfigurabili. Attaccando tra loro due molle a nastro una sopra l’altra si può anche provocare una bistabilità in torsione. Ciò si realizza prendendo due molle a nastro e mettendole insieme per formare un tubo. A questo punto le molle a nastro vengono serrate in forma piatta e le loro due estremità sono bloccate insieme. Al rilascio del morsetto la struttura assemblata poi dimostra bistabilità
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Compositi
attraverso torsione assiale. Applicazioni consigliate sono pale di rotore a torsione variabile e ali “morphing”». Tensioni residue permanenti possono essere indotte in un materiale duttile quando viene portato oltre il suo limite di snervamento. Tali tensioni residue possono essere utilizzate come base per la progettazione di strutture multistabili. Questo è più facilmente ottenuto in lastre e gusci metallici, attraverso deformazioni di flessione. Le leghe rame-berillio sono particolarmente adatte a questo compito poiché hanno un elevato rapporto tra carico di snervamento e modulo di Young. Una struttura multistabile plasticamente deformata può
essere realizzata a partire da una semplice molla a nastro. Se la molla nastro è avvolta strettamente all’inverso su se stessa (precompressione in senso opposto) in modo che oltrepassi il limite di snervamento può dunque essere indotta una bistabilità nella struttura. Questo è il meccanismo con cui funzionano i “braccialetti a scatto”. Viceversa, se una molla a nastro è avvolta strettamente su se stessa (stesso senso di precompressione), si può realizzare un caso di stabilità neutra in materiali isotropi. In questo caso, la molla a nastro può torcersi sul suo asse senza alcuna variazione nell’energia di deformazione interna. Anche gusci isotropi corrugati
- Strutture morphing per aerei del futuro NUOVE RICERCHE La ricerca ancora in atto riguarda lo sviluppo di una struttura elasticamente precompressa e adattativa a torsione che non richieda le articolazioni o le parti mobili utilizzate negli studi precedenti. La struttura è composta da strisce in plastica rinforzata in fibra di carbonio (CFRP) che vengono assemblate a formare una griglia. Ogni striscia è inizialmente realizzata in una configurazione priva di stress, usando uno stampo curvo che può essere utilizzato per creare una precurvatura iniziale e/o una pre-torsione iniziale. Le strisce sono quindi appiattite durante l’assemblaggio della struttura, utilizzando clip di acciaio per allineare le strisce e poi della resina epossidica per saldare le strisce in CFRP e le clip di acciaio insieme. «L’incremento in energia di deformazione dovuto a precompressione durante l’assemblaggio può causare lo sviluppo di una torsione nella struttura assemblata, mentre questa si muove verso un equilibrio stabile, di minore energia, a causa dell’esistenza di effetti geometrici non lineari. La precompressione può quindi portare a un cambiamento nella rigidità torsionale della struttura», affermano i ricercatori inglesi. Sono state realizzate quattro strutture campione (da A a D), ciascuna avente la stessa geometria a griglia assemblata e stesse proprietà dei materiali, ma con diversa precompressione applicata nel corso della fabbricazione. Ogni struttura è costituita da due set di tre strisce di composito ortogonali tra loro. Le strutture assemblate hanno dimensioni esterne di 100 mm per 100 mm per 10 mm. Ogni striscia ha uno spessore di 1 mm ed è realizzata con un CFRP unidirezionale Hexcel 8552/IM7 con la direzione delle fibre allineata secondo la lunghezza di ciascuna striscia. La struttura A non ha precarico ag-
sono stati precompressi dal loro avvolgimento oltre il loro limite di snervamento attorno ad un asse perpendicolare alla direzione delle corrugazioni. Ciò si traduce in un guscio tristabile che ha una geometria stabile a spirale e due geometrie con torsione di pari grandezza in senso opposto. Si possono anche unire tra loro molle a nastro per creare gusci con caratteristiche di rigidità insolite. In ambito di ricerca infatti si riporta come sia stato dimostrato che una molla a nastro di composito di plastica rinforzata con fibra neutralmente stabile può essere costruita utilizzando un impilamento di tele incrociate a 0/90, in cui ciascuno strato è individualmente precurvato in una direzione e polimerizzato prima dell’assemblaggio del laminato. Una conseguenza di ciò è che la molla a nastro può essere parzialmente arrotolata e senza la tendenza a srotolarsi o arrotolarsi. La capacità di subire grosse deformazioni elastiche e grandi estensioni assiali con piccole forze sempre più ridotte è particolarmente desiderabile in strutture spaziali dispiegabili. Lastre con fossette plasticamente depresse nella superficie hanno dimostrato multistabilità. La possibilità di aggiungere più cavità aumenta notevolmente il numero di potenziali stati stabili che una struttura può avere. Se ci sono N fossette che sono tutte singolarmente reversibili, allora ci può essere un massimo di 2N di configurazioni stabili. Fogli con fossette non reversibili e possono anche dimostrare multistabilità. Questi fogli sono stati chiamati “doppiamente ondulati”, in quanto la griglia di fossette crea un motivo sinusoidale in due direzioni ortogonali. A seconda di come le fossette vengono applicate a una lamiera metallica inizialmente priva di stress, può essere creata una struttura bistabile che mostra i cambiamenti di curvatura cilindrica sia nello stesso senso sia nel senso opposto di piegatura.
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Fig.4: Fabbricazione di strutture di torsione multistabili;
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giunto ed è quindi monostabile, mentre la struttura B è costituita da strisce di CFRP che hanno inizialmente un raggio di curvatura di 100 mm. La precompressione nella struttura B risulta in una bistabilità con un tasso di torsione di circa ± 0.7 °/mm. Il caso particolare di zero rigidità si verifica nella struttura C, quando il raggio di curvatura è di 164 mm. L’entità della precompressione necessaria per raggiungere rigidità nulla dipende da una combinazione delle proprietà di rigidità flessionale dei componenti all’interno della struttura e la loro distanza dall’asse di torsione. L’influenza dell’aggiunta di una pre-torsione invece è dimostrata nella struttura D. La pre-torsione ha lo stesso effetto del precaricare una struttura con un momento torcente applicato esternamente. Un’applicazione immediata per questa tecnologia è in dispositivi antivibranti, dove la riduzione della rigidità utilizzando molle non lineari può essere utilizzata come mezzo per eliminare le frequenze di risonanza indesiderate. Un’altra applicazione è in profili aerodinamici con torsione “morphing”. «Un modello del concetto di ala “morphing” è stato sviluppato utilizzando la tecnologia di precompressione in cui si sono precompressi i longheroni per sopprimere la rigidità torsionale dell’ala – riportano i ricercatori – Il modello è costituito da una griglia di centine unidirezionali di CFRP di spessore 0.5 millimetri e longheroni di 1 millimetro di spessore». Ci sono tre longheroni situati allo 0.125%, 0.25% e 0.75% della corda. I longheroni sono posizionati in modo che il centro di taglio dell’ala sia al 25% della corda. Si è scelto un profilo alare NACA 0012 perché il suo centro aerodinamico è anch’esso al 25% della corda per una vasta gamma di condizioni aerodinamiche. Una curvatura dal raggio di 124 millimetri è stato aggiunta ai longheroni anteriori e posteriori per cre-
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stampo curvo utilizzato per indurre pre-curvatura, e ( b e c ) stati stabili della struttura B
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Featuring
Fig.5: Caratteristiche momento-rotazione che dimostrano l’influenza della precompressione nelle strutture da A a D Pavilion
India Composites Show will showcase products, technology and solutions from composites & new materials industry. The professionals from user and service industry will get an opportunity to network and discuss opportunities & challenges of the sector by attending the event.
Exhibition Highlights:
Fig.6: Costruzione di ala “morphing” con la pelle attaccata alla superficie inferiore
• Over 200 brands on display. • Raw Material: Resins, Adhesives, Prepreg Pigment, PU Foam on display. • Reinforcements: Glass Fibre, Carbon Fibre, Aramid Fibre, Technical Textile on display. • Equipment & machinery for composites on display. • Moulders, fabricators & manufacturers of reinforced plastics showcasing latest technology.
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akash@indiacompositesshow.com I www.IndiaCompositesShow.com Supported By
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are uno stato di rigidezza torsionale zero simile alla struttura C. Infine, è stata aggiunta una pelle esterna in silicone, rinforzata in direzione dell’apertura alare con fibre di nylon. Il basso modulo di taglio del silicone assicura che non contribuisca significativamente alla rigidezza torsionale dell’ala, mentre il rinforzo di fibra può essere utilizzato per resistere al carico aerodinamico. Il risultato è un sistema neutralmente stabile, dove rigidezze aerodinamiche e torsionali sono ridotte al minimo per consentire all’ala di essere azionata approssivamente al 25% della corda. Questa potrebbe essere una tecnologia efficace per un più ampio sfruttamento di materiali intelligenti per attuatori come le fasce piezoelettriche che spesso forniscono le forze insufficienti a deformare le strutture adattative mentre lavorano contro carichi esterni. L’integrazione di un attuatore in questo cornice concettuale rimane al momento attuale un’area di lavoro per il futuro. Allo stesso modo, i lavori futuri comprendono anche un esame più dettagliato delle assunzioni aerodinamiche ed aeroelastiche effettuate, nonché un’indagine più dettagliata sull’adattabilità della rigidità da parte della pelle “morphing”.
L’articolo si basa sul seguente documento: “Adattare la rigidità tramite precompressione in strutture composite adattive” di Stephen Daynes e Paul Weaver, Università di Bristol – Composite Structures – 2013.
Mario Pierobon
Morphing structures for new generation airplanes The airplanes of the future will have morphing wing structures, able to change its geometry to reduce air resistance. We illustrate the different research efforts made into prestressing technologies in adaptive composite structures.
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he US National Aeronautics and Space Administration (NASA) is involved in a very long-term project in which airplanes will be able to change shape in flight as an eagle does: this is known as the Morphing Project. With regard to the possible future application of morphing aircraft structures scientists have conducted studies about the possible use of composite materials. Researchers Stephen Daynes and Paul Weaver of the Advanced Composites Centre for Innovation and Science at the University of Bristol (United Kingdom) have published an interesting study with the aim of summarising the various research efforts made into prestressing technologies in adaptive composite structures with the aim of establishing a unified taxonomy. «There is an inherent and difficult design trade-off in adaptive structures, such as morphing aerodynamic control surfaces, between the need for low stiffness to enable large deformations with acceptable actuation requirements and material strain limits while still being sufficiently stiff to withstand external loading in a controlled manner - begin reporting the researchers -. Variable angle tow composites offer an enhanced design space beyond conventional composite laminates by enabling fibre tow paths to be steered continuously within a given ply». MULTISTABILITY Multistable structures have multiple states of equilibrium where transition between states can be caused by the application of an external force or moment resulting in the structure buckling or “snapping through” into a different local energy minimum. Multistable structures can be designed to have high stiffness in their stable “rest” states while the transition between stable states is often characterised by lower stiffness. The simplest example of a multistable system is the case of bistability where two stable states exist. In these mechanical systems bistability can be
achieved by adding negative stiffness, via prestress, to the system which is of sufficient magnitude to overcome the positive stiffness of the monostable structure and cause a bifurcation via buckling. Between the cases of monostability and bistability, a case of reduced, or even zero-stiffness, can also be realised for modest deflections where the positive stiffness of the structure is in equilibrium with the added negative stiffness from residual stresses. Exact load paths followed depend on the particular geometry and stiffness characteristics of a system but typically, as a first approximation, they can be described using a cubic polynomial. STIFFNESS TAILORING USING PRESTRESS Multistable structures have at least one dimension which is substantially smaller than its other dimensions or two dimensions are much smaller. All of these structures derive their multistability through a combination of their geometry, internal stress states, and material properties. Stable states are formed when there is a balance between membrane and flexural effects. It is well known that for thin structures it is easier to deform through bending than it is through stretching (or compressing). Upon snap-through internal stress resultants are redistributed and equilibrated in the adjacent stable state. Stable states are conventionally sought by minimising the energy of the system with respect to potential mode shapes and their magnitudes. Strain energy can be tailored by either the modification of mid-plane strains (in-plane prestressing) or the modification of bending strains (out-of-plane prestressing). IN-PLANE PRESTRESSING Possibly the most ubiquitous example of a bistable prestressed structure is the single piece metal hair clip. Similar concepts have been patented as means of creating multistable tabs for helicopter rotor blades where initially flat,
stress free, isotropic plates are pinned in heightened states of strain energy to form bistable structures. Bistable concepts which work on the principle of buckling as a result of in-plane loads have also been proposed as a means of augmenting the performance of piezoelectric actuators and also as basis for extendable chord bistable morphing airfoils. «Bistability can also be realised at the material level when two isotropic plates are bonded together, one on top of the other, while uniaxial prestress is applied to the two plates in orthogonal directions - the researches explain -. Releasing the prestress once bonded will result in stress redistribution within the structure and subsequent outof-plane deformation to form a saddle shape. Under certain geometric conditions, material properties and prestress magnitudes, the structure can bifurcate due to nonlinear geometric effects to form two stable, near cylindrical, geometries. This laminate has stable curvatures of equal magnitude and opposite direction which are in orthogonal planes to each other». The prestressing of fibres is another way of controlling the inplane strains within a material. There have been several research efforts investigating the feasibility of fibre prestressing in composites, primarily as a means of improving the mechanical performance of materials in a similar manner to prestressed steel in concrete. Prestressing techniques including stretching dry fibres as part of filament winding and resin transfer moulding processes. Once prestress is applied to the dry fibres via mechanical means the liquid matrix is added and cured at elevated temperatures while prestress is maintained. Upon curing and cool-down the prestress is released and the residual stresses within the material then redistribute. Similar techniques have also been developed for prepreg material systems with the same objective of improving the mechanical properties of the cured composite materials. Fibre prestressing has also been proposed as a means of inducing buck-
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- Morphing structures for new generation airplanes ling and multistability in symmetric laminates. Uniaxial prestress can be used as a means of manufacturing laminates which have equal and opposite curvatures, analogous to the hair clip. In this example, the fibres on the outer edges of the laminate are stretched in one direction prior to and during cure. Once cured the prestress is released. At this point, for the stresses to equilibrate within the laminate, the tensile stresses on the outer sides of the laminate decrease while the central part of the laminate, which was initially stress free, develops compressive stresses. This transverse stress distribution consisting of regions of tension and compression can cause the laminate to buckle. These laminates were used in the development of a bistable trailing edge flap for a helicopter rotor blade. A stack of six glass fibre reinforced plastic (GFRP) bistable laminates were placed inside the trailing edge, with 1.1% prestrain applied to the fibres on the outer edges of the laminates. This number of laminates and amount of prestrain were chosen to provide sufficient stiffness to withstand aerodynamic loading whist still achieving a 10° flap deflection. OUT-OF-PLANE PRESTRESSING A simple bistable structure can be created by taking a beam, applying equal and opposite end moments to cause out-ofplane displacement, and then clamping the beam at both ends in this deformed configuration. Applying a central vertical deflection can then result in a snapthrough response and bistability if certain geometric conditions are satisfied. A wide variety of buckling behaviours can be achieved using similar principles. For example, if the bending stiffness is tailored along the length of the beam then this can result in tristability or even higher numbers of stable states. Such an approach was used in the design of a multistable air intake. This intake consists of a deformable shell, which can be approximated as a beam, with a sinusoidal variation of bending stiffness along its length using composite ply drop-offs and build-ups. The shell was installed in a stiffer tube component and clamped to form a sigmoidal geometry. The air intake was shown to have a stable geometry in either its open or closed stable state, characterised by high stiffness to withstand aerodynamic loading as well as a lower stiffness intermediate stable state. The air intake was also designed to have a much lower stiffness during transition between stable states to reduce the required amount of actuation work. Tape springs can also be elastically deformed and used as a basis for creating
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multistable structures. The tape spring is a cylindrical shell structure which conventionally has only one stable, stress free, geometry when manufactured. They have highly nonlinear moment rotation characteristics often with a linear elastic response for small deformations followed by a sudden snap-through to a much lower stiffness. «Structures can be created using assemblies of such tape springs which can exploit these nonlinearities to achieve multistability – the researches report -. Examples of which are energy storage devices and reconfigurable tetrahedra. Attaching two tape springs together, one on top of the other, can also result in twisting bistability. This is done by taking two tape springs and placing them together to form a tube. At this point the tape springs are clamped flat and their two ends are pinned together. Upon releasing of the clamp the assembled structure then demonstrates bistability through axial twist. Suggested applications are variable twist rotor blades and morphing wings». Permanent residual stresses can be induced in a ductile material when it is taken past its yield limit. Such residual stresses can be used as a basis for designing multistable structures. This is most easily achieved in metallic plates and shells through bending deformations. Beryllium Copper alloy is particularly well suited for this task since it has a very high ratio of yield strength to Young’s modulus. A plastically deformed multistable structure can be manufactured from a simple tape spring. If the tape spring is coiled tightly back on itself (opposite-sense prestressing) so it passes its yield point then bistability can be induced in the structure. This is the mechanism by which “slap bracelets” work. Conversely, if a tape spring is coiled tightly in on itself (same-sense prestressing) then a case of neutral stability can be achieved in isotropic materials. In this case, the tape spring can twist about its longitudinal axis without any change in internal strain energy occurring. Corrugated isotropic shells have also been prestressed by coiling them past their yield point about an axis which is perpendicular to the direction of the corrugations. This results in a tri-stable shell which has one coiled stable geometry and two equal magnitude and opposite sense twisted geometries. Tape springs can also be bonded together to create shells with unusual stiffness characteristics. The research state that it has been shown that a neutrally stable fibre reinforced plastic composite tape spring can be constructed using a 0/90 cross-ply stacking
sequence where each ply is individually pre-curved in one direction and cured prior to assembling the laminate. A consequence of this is that the tape spring can be partially rolled and neither have a tendency to unroll or to roll up. The ability to undergo large elastic deformations and large axial extensions with diminishingly small forces is particularly desirable in deployable space structures. Sheets with dimples plastically depressed into the surface have been shown to demonstrate multistability. The ability to add multiple dimples substantially increase the number of potential stable states a structure can have. If there are N dimples which are all individually reversible then there can be a maximum of 2N stable configurations. Sheets with non-reversible dimples can also demonstrate multistability. Such sheets have been named ‘doubly corrugated’ since the grid of dimples creates a sinusoidal pattern in two orthogonal directions. Depending on how the dimples are applied to an initially stress free metallic sheet a bistable structure can be created which displays cylindrical curvature changes in either samesense or opposite-sense bending. CONTINUING EFFORTS Ongoing research concerns the development of an elastically prestressed adaptive twisting structure which does not require the articulations or moving parts used in previous studies. The structure consists of carbon fibre reinforced plastic (CFRP) strips which are assembled to form a grid. Each strip is initially manufactured in a ‘stress free’ configuration using a curved mould which can be used to create an initial prebend and/or an initial pre-twist. The strips are then forced flat during the assembly of the structure using steel clips to align the strips and then epoxy resin is used to bond the CFRP strips and steel clips together. «The increase in strain energy due to prestressing during assembly can cause a twist to develop in the assembled structure as it moves to a stable, lower energy, equilibrium due to the existence of geometric nonlinear effects. Prestressing can therefore lead to a change in the torsional stiffness of the structure». Four sample structures (A to D) were manufactured, each having the same assembled grid geometry and material properties, but with different prestress built in during manufacture. Each structure consists of two sets of three composite strips which are orthogonal to each other. The assembled structures have external dimensions of 100 mm by 100 mm by 10 mm. Each strip has a thickness of 1 mm and is manufactured
- Morphing structures for new generation airplanes from unidirectional Hexcel 8552/IM7 CFRP with the fibre direction aligned with the length of each strip Structure A has no prestress added and is therefore monostable while structure B consists of CFRP strips which initially have a radius of curvature of 100 mm. The prestress in structure B results in bistability with a rate of twist of approximately ±0.7°/mm. The special case of zero-stiffness occurs in structure C when the radius of curvature is 164 mm. The required magnitude of prestress to achieve zero-stiffness depends upon a combination of the bending stiffness properties of the members within the structure and their distance from the twist axis. The influence of adding pre-twist on the other hand is demonstrated in structure D. Pre-twist has the same effect as preloading the structure with an externally applied twisting moment. An immediate application for this technology is vibration isolation devices where stiffness reduction using non-linear springs can be used as a means of eliminating unwanted resonant frequencies. Another application is twist-morphing airfoils. «A morphing wing proofof-concept model has been developed using this prestressing technology which has prestressed spars to suppress the wing’s torsional stiffness - report the researchers -. The model con-
sists of a grid of unidirectional CFRP 0.5 mm thick ribs and 1 mm thick spars». There are three spars situated at 0.125%, 0.25% and 0.75% chord. The spars are positioned so the wing’s shear centre is at 25% chord. A NACA 0012 airfoil section was selected since its aerodynamic centre is also at 25% chord for a wide range of aerodynamic conditions. A 124 mm radius of pre-curvature was added to the forward and aft spars to create state of zero-torsional stiffness similar to structure C. Finally a silicone outer skin was added which was reinforced in the spanwise direction with nylon fibres. The low shear modulus of the silicone ensures it does not significantly contribute to the torsional stiffness of the wing while the fibre reinforcement can be used to withstand aerodynamic loading. The result is a neutrally stable system where aerodynamic and torsional stiffnesses are minimised to enable the wing to be actuated about its 25% chord. This could be an enabling technology for the widespread use of smart material actuators such as piezoelectric patches which often provide insufficient forces to deform adaptive structures while working against external loads. Integration of an actuator into this concept remains an area of future work at this stage. Similarly, future work also includes a more detailed investigation concerning the
aerodynamic and aeroelastic assumptions made as well as a more detailed investigation concerning the stiffness tailoring of the morphing skin. The article is based upon the following paper: “Stiffness tailoring using prestress in adaptive composite structures” by Stephen Daynes and Paul Weaver, University of Bristol – Composite Structures – 2013.
All the mentioned figures refer to the italian version Fig.1: Schematic representations of prestressed mechanisms subject to (a) axial load and (b) torsion. Inset graph (c) demonstrates that tailoring the magnitude of prestress can lead to either monostable, zero-stiffness or bistable mechanisms Fig.2: Uniaxially prestressed laminates: (a) application of prestress during manufacture, (b) integration of laminates into a bistable helicopter blade flap Fig.3: Multistable air intake: (a) closed state, (b) open state, (c) bottom view in open state Tab.1: Pre-bend and pre-twist of members in structures A to D prior to assembly Fig.4: Manufacture of multistable twisting structures; (a) curved mould used for inducing pre-curvature, and (b and c) stable states of structure B Fig.5: Moment-rotation characteristics demonstrating the influence of prestress in structures A to D Fig.6: Morphing wing construction with skin attached to lower surface
MSC Software Conference 2014
L’
edizione 2014 della conferenza MSC Software dedicata agli utenti italiani si terrà a Napoli nei giorni 30 settembre e 1 ottobre presso il Centro Congressi Federico II e la sede della Facoltà di Ingegneria. La conferenza, che accoglierà circa 100 partecipanti, è un importante evento italiano dedicato alla comunità di ingegneri e analisti in rappresentanza dei diversi settori industriali e dei principali centri di ricerca italiani. Si tratta di un evento gratuito di due giorni, organizzato per promuovere l’innovazione ed il trasferimento tecnologico, rivolto, oltre alla community di utilizzatori delle soluzioni MSC Software (MSC Na-
stran, Adams, Marc, Easy5, SimXpert, SimManager, Actran, Digimat) anche a chi desidera scoprire il potenziale della simulazione e i suoi possibili campi di applicazione. Come lo scorso anno, anche l’edizione 2014 sarà arricchita da testimonianze aziendali e universitarie, tutte di alto livello, relative all’utilizzo delle soluzioni MSC per la risoluzione di problematiche ingegneristiche complesse. L’agenda comprenderà inoltre una serie di presentazioni relative alle strategie di sviluppo di MSC e all’evoluzione della simulazione nel prossimo futuro. Tra i clienti che hanno confermato la loro presenza come speaker possiamo citare: Alenia Aermac-
chi, Avio, Ansaldo Breda, Thales Alenia Space, Cira, Dema, Altran, OMPM, Protom Group, IIT, oltre alle Università degli Studi di Napoli, l’Università di Cassino e del Lazio meridionale e “La Sapienza” di Roma. Per maggiori informazioni e iscrizioni: http://pages.mscsoftware.com/ IT_2014_UM_Napoli_Home.html
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COMPOSITES ENGINEERING SHOW
Industry prepares for UK’s largest composites show
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his year’s Composites Engineering Show within the Advanced Engineering UK 2014 group of events is shaping up. 50 new composites engineering businesses, among 250 plus composites related exhibitors, have booked space in the NEC’s premier Hall 5 for 11-12 November 2014 where Advanced Engineering UK 2014 will host the Composites Engineering Show as part of the UK’s greatest advanced engineering show. Visitors and exhibitors alike have the chance to learn and see the latest developments in the UK’s world-class advanced engineering sector and to explore market opportunities or match their challenges with technology from other engineering sectors. This concentrated knowledge environment, over two days and one very large venue, is the ideal platform to explore potential synergies, exchange ideas, renew old relation-
ships and establish new ones. As final exhibitors book their spaces, the organisers want to reach as many potential visitors as might benefit from the chance to visit the UK’s major Composites Engineering event alongside Aero Engineering, Automotive Engineering, Auto Electronics and Performance Materials Engineering exhibitions and open forums, all under one roof over two days. As well as hundreds of stands, the show will include examples of the UK’s most advanced engineering capabilities and programmes, including products based on or incorporating the exciting possibilities being developed within the world of composites engineering. Ian Stone, Managing Director of event organisers, UK Tech Events, summed it up: “The Composites Engineering Show really is the place where composites engineering and applications come together”.
Pre-Register for your free visitor badge at www.advancedengineeringuk.com or contact the team on +44 (0) 208 783 3573 to discuss exhibiting this year.
KOMPOZYT-EXPO®
Trade Fair for HighTech Composites, Technologies and Machinery for the Production of Composites
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OMPOZYT-EXPO® is a leading platform for meetings, exchange of information and a discussion forum for the composites industry in Central and Eastern Europe. It is where new technological standards are set, innovative products and solutions are promoted. This is where decision makers i.e. management, engineers, technologists, designers and construction engineers from the automotive, transportation, aerospace, civil engineering, construction, wind energy, shipbuilding, sports and medical sectors meet annually. The 5th edition of KOMPOZYT-EXPO® will take place from 20 to 21 of November 2014 in Krakow, Poland. This important event in the composite sector creates unique opportunity to reach the Central and Eastern European market and establishing new business relations. In 2014 the theme of KOMPOZYT-EX-
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PO® was extended with issues from such spheres of knowledge as industrial chemistry for the technology of composite materials, composite coatings and rubber processing, environmental issues and services for the composites industry. This proves that the organizers follow the needs of the industry and changes in technological trends, thus providing the complete presentations of innovations and trends. It all contributes to KOMPOZYT-EXPO® being a great place to discuss and conduct business regarding the composites materials. By participation in KOMPOZYT-EXPO® you can: • use the enormous potential of direct selling in innovative markets • present your commercial offers to clients from Central and Eastern Europe • build a network of new business contacts • find new distribution channels in rapidly growing market
• promote the best technology, innovative products, feedstock and materials through participation in the prestigious trade fair competition. Some of the companies that took part in the KOMPOZYT-EXPO® 2013: Akzo Nobel, Allcomp, China National Building Materials, C-L, Dear Composites, Delphia Yachts, Diab, Dow Polska, Encocam, EuromereSprayCore, Evonik, FARRL, GDP Koral, Havel Composites PL, Keyence International, Kordarna Plus, Krosglass, Korropol, Leichtbau-Zentrum Sachsen, Magnum Venus Polska, Milar, NIEF Plastic Group, P-D Glasseiden, RAMPF Tooling, Rettenmaier Polska, Safilin, Stratiforme Polska, Technische Universität Dresden, TRANSTÉCNICA, Wolfangel, Organika-Sarzyna. More information: www.kompozyty.krakow.pl
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