impianti building Poste Italiane spa . Spedizione in abbonamento Postale – D.L. 353/2003 (conv. In L.27/02/2004 n.46) art. 1, comma1, DCB Milano
Numero 105 fabbraio 2014
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Fuga da Nottingham “Di nuovo una leggera flessione; voci di ripresa; si attende e si vede una schiarita”: queste sono solo alcune delle voci e dei luoghi comuni che più frequentemente si sentono e si scrivono a proposito del mercato italiano delle materie plastiche e degli impianti. Un mercato trascinato in un vortice discendente dalla crisi edilizia sostenuta (la crisi) dalle sempre più pirotecniche invenzioni governative, sia dal punto di vista regolatorio, sia da quello fiscale. Nonostante i numerosi appelli che arrivano dalle imprese di piccola media dimensione, che costituiscono la forza motrice del Paese, non si sa se per necessità, vocazione o strategia, la pressione fiscale aumenta e, mentre si riduce il numero di imprese, pare proprio che sia solo il gettito fiscale a procedere positivamente la sua scalata. I trasformatori della plastica e di prodotti tecnici per l’edilizia subiscono la pressione di un mercato dove i pochi investimenti diventano preda di ogni tipo di offerte economiche in un clima concorrenziale insostenibile. In un’ottica più ampia ci si rivolge ai mercati esteri, si sviluppano nuove strategie di applicazione, si procede per acquisizione di aziende e relative fette di mercato. Fin qui tutto bene, ma la fuga all’estero, per produrre in mercati in cui la pressione fiscale non è l’usura italiana. esiste. A mio avviso non può essere definita “fuga”, ma piuttosto legittima difesa che, se non ricordo male, è prevista anche dal Codice Penale, ma forse ancora per poco!
Liliana Pedercini
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Un occhio all’efficienza e l’altro all’ambiente UMBERTO PUPPINI
28 VETRINA
A colloquio con Claudio Mischianti e Vinicio Battilani
Export in leggera flessione
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INTERVISTA
24 GEOTERMIA
Alla ricerca di nuovi equilibri
A colloquio con Paolo Arcelli
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30 AUDIT ENERGETICO
30 Dalla diagnosi all’intervento
FRANCESCO BIANCHI
33 Un caso pratico RITA BONIFACIO
36 RIQUALIFICAZIONE
La via italiana alla diagnosi energetica Intervista a Giuliano Dall’O’
39 DIAGNOSI ENERGETICA
■ DIRETTORE RESPONSABILE
Liliana Pedercini
■ COORDINAMENTO
Valutazione in opera dei coefficienti lineici
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ALESSANDRO PANZERI
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Ramona Foddis
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17 MATERIALI
Tubi in PVC sempre più amici dell’ambiente GABRIELE SALA
19 SISTEMI RADIANTI Impianti a norma CLARA PERETTI E MICHELE DE CARLI
39 IDROTERMOSANITARIO
43 Aspettando la ripresa
■ A QUESTO NUMERO
HANNO COLLABORATO Stefano Antonini Paolo Arcelli Vinicio Battilani Francesco Bianchi Rita Bonifacio Giuliano Dall’O’ Michele De Carli Claudio Mischianti Alessandro Panzeri Clara Peretti Umberto Puppini Gabriele Sala
44 Il mercato
residenziale tra crisi e rilancio
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47 IMPIANTI
Housing sociale a Cremona STEFANO ANTONINI
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Intervista
Puntiamo sull’innovazione
Claudio Mischianti
Vinicio Battilani
Espandersi in nuovi mercati, geografici e applicativi, con prodotti innovativi e ad alte prestazioni. Claudio Mischianti e Vinicio Battilani, rispettivamente, Direttore di Produzione e Direttore Commerciale, illustrano le strategie di GDS (Gresintex, Dalmine Resine e Sirci). ●● Il 2014 è un anno
di anniversari importanti per GDS… B: I tre marchi Gresintex, Dalmine Resine e Sirci sono gli alfieri della grande tradizione italiana nella produzione di tubazione e raccordi in materie plastiche. Sirci ha appena festeggiato i suoi 50 anni dalla fondazione, mentre quest’anno sono Gresintex e Dalmine a festeggiare il loro 60° anniversario. Tre marchi che sono la storia e la forza del settore e che oggi si trovano coordinati e sinergici in un’unica grande società che, completata la fase di riorganizzazione, è pronta a potenziarli ulteriormente, grazie a importanti contenuti di innovazione.
●● L’azienda in quali mercati industriali opera
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e con quali tipologie di prodotto? B: GDS è uno dei principali player nella produzione e commercializzazione dei sistemi di tubazione in PVC e HDPE. Una gamma completa di tubi, raccordi e sistemi di completamento, destinati ai mercati delle imprese di costruzione, delle utility e delle rivendite di materiali edili. I prodotti di GDS sono
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impiegati in vari ambiti: fognatura e scarico, condotte in pressione (irrigazione, acquedottistica, distribuzione gas), drenaggio urbano, cavidotti. ●● Come è organizzata la produzione?
M: La storia dei tre grandi marchi di GDS converge oggi in un unico grande disegno produttivo che ha concentrato la stragrande maggioranza delle produzione sui due siti principali: quello di Levate, in provincia di Bergamo, che si estende su una superficie totale di 60.000 m² fra produzione e logistica con una capacità di 15.000 tonnellate fra PVC e PE; quello di Gubbio, in provincia di Perugia, che ha una superficie complessiva di 128.000 m² e una capacità 15.000 tonnellate fra PVC e PP.
●● Quali investimenti sono stati fatti
negli ultimi anni per rafforzare l’azienda? M: Gli sforzi degli ultimi anni sono stati tutti tesi a dimostrare al settore che è possibile fare impresa cambiando alcune logiche. Ne consegue che, invece di puntare alla sistematica azione di indebolimento dei marchi concorrenti, si è voluto crescere
Intervista
per vie esterne, costruendo un polo che non ha oggi eguali in Italia. Gli investimenti sono stati quindi orientati all’integrazione e alla complementarietà delle produzioni e delle opportunità commerciali. Inoltre, si è puntato sullo sviluppo di prodotti esclusivi e innovativi, come Il tubo in PVC orientato e i sistemi a celle destinate al drenaggio. ●● Si prevedono ulteriori sforzi
in questa direzione? B: L’assetto attuale dei due grandi stabilimenti italiani è sostanzialmente a regime e rispecchia il tracciato del nuovo perimetro che si è voluto dare all’impresa che opera con tre grandi marchi sotto un’unica bandiera. Pertanto, i principali progetti sono adesso rivolti all’estero: un nuovo impianto produttivo, ancora riservato, è allo studio operativo proprio in queste settimane e si sta pensando ad almeno un altro impianto in un ulteriore Paese il cui mercato sia altrettanto promettente.
●● La difficile situazione economica
che impatto sta avendo sul mercato? B: Non possiamo nascondere la profonda sofferenza che stiamo attraversando insieme ai nostri colleghi di tutti i segmenti delle costruzioni e dell’edilizia. Il mercato si è fortemente eroso, così come tutta l’edilizia e i materiali di costruzione che hanno a loro volta fortemente ripiegato fino a dimezzare la loro portata in più di una linea di prodotto. Il nostro destino non è troppo diverso, ma abbiamo avuto la possibilità di pianificare iniziative che oggi ci consentono di guardare con serenità al futuro.
●● Quali sono queste iniziative?
M: Innanzitutto crediamo che aver puntato sull’estero sia stata la mossa strategica fondamentale. In secondo luogo, aver privilegiato la qualità:
siamo certi che porterà ulteriori buoni frutti nel medio periodo. Infine, dare sempre spazio all’innovazione come linea guida. Su questi aspetti ci siamo focalizzati e ne vediamo i primi riscontri proprio in questo periodo.
I sylos di stoccaggio delle materie prime
●● GDS di recente ha acquisito
una tecnologia Molecor per la produzione di tubazioni. Ci parla di questo progetto? B: Da circa tre anni il progetto ci consente di realizzare il Super tuBO, a orientazione molecolare. Un tubo destinato alle condotte in pressione (acquedottistica e irrigazione prevalentemente). La tecnologia Molecor consente di ottenere un’alta resa sul fronte dell’orientazione molecolare. L’orientazione molecolare permette, a parità di impiego di materia prima, di ottenere un tubo con caratteristiche di resistenza meccanica molto elevate, unite a doti di elasticità. Rispetto ad un tubo in PVC rigido di uguale diametro e con la stessa classe di resistenza, questo tubo avrà
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I numeri Addetti e collaboratori: 150 Giro d’affari: 35 mln. euro Capacità produttiva: 30 K/ton Siti produttivi principali: 2 Superficie produttiva: 24.000mq.
Il reparto miscelazione dello stabilimento di Gubbio
n° 105 febbraio 7
Intervista
genere, mentre la tecnologia è già utilizzata in Europa e Nord America. ●● Prima accennava all’innovazione: quanto
conta per la vostra realtà? M: Se si vuole che Gresintex, Dalmine Resine e Sirci continuino ad essere sinonimo di innovazione anche nei prossimi decenni, è indispensabile che il percorso d’innovazione non si arresti e, se possibile, si potenzi. Crediamo che l’innovazione sia l’unico driver in grado di proiettare nel tempo la solidità di un’impresa la quale, invece, è troppo spesso attratta dai risultati positivi del breve periodo.
●● Questo presuppone un forte impegno nella
Impianto fotovoltaico sede di Gubbio
spessori ridotti e dunque anche maggiori por tate, oltre a pesare molto meno e dunque a consentire una facilità di posa in opera maggiore. In Nord Europa i risultati sono molto apprezzabili, in Italia, per una questione di tradizione, stiamo cominciando a vedere i primi significativi riscontri, con applicazioni già impor tanti in grandi impianti irrigui dei consorzi di bonifica. Siamo comunque gli unici in Italia a produrre un tubo del
Opera di Alberto timossi sede di Gubbio
ricerca. Come sono organizzate queste attività? M: La società due anni fa ha ottenuto il premio Innovazione di Confindustria, superando un’agguerrita selezione e competendo con realtà industriali di ben altre dimensioni. Abbiamo un laboratorio interno con la gestione di due diverse modalità di approccio: una per la ricerca pura, che non abbiamo mai lasciato e che vorremmo continuare a esercitare ed incrementare, l’altra per lo sviluppo dei prodotti, grazie all’impegno di un significativo numero di risorse umane dedicate e alle collaborazioni con diverse Università, in particolare quelle più vicine ai territori in cui operiamo. Una collaborazione costante che coinvolge anche i fornitori di materie prime e di tecnologie di processo. A questo proposito ricordo il nostro studio sui reagenti, al quale hanno offerto un contributo fondamentale i fornitori che hanno intrapreso con noi un simile percorso. Un percorso di collaborazione fruttuoso, che consente alla nostra realtà di continuare ad innovare e a loro di orientare il mercato verso scelte di crescita.
●● Attualmente state lavorando
allo sviluppo di qualche novità? B: Da qualche anno il nostro spettro si è fortemente allargato. Da tempo, ad esempio, abbiamo cominciato a guardare l’intera filiera del trasporto acqua. Ecco che alle collaborazioni relative ai pozzetti abbiamo abbinato la produzione di celle per sistemi di drenaggio urbano delle acque di prima pioggia. Siamo adesso in una fase in cui cominciare a valutare ulteriori ampliamenti della logica produttiva in questo senso.
●● La sostenibilità ambientale delle produzioni
è uno dei tempi più sentiti negli ultimi anni. Qual è l’impegno dell’azienda in questo campo? B: GDS è senza dubbio all’avanguardia in questo ambito, avendo iniziato, per prima, un importante percorso di sostenibilità. Un percorso virtuoso che si è sviluppato in varie tappe: dal premio nazionale di Unioncamere del 2006 alle linee Lead Free (senza piombo), per poi passare alla produzione con energie generate da fonti rinnovabili. A questo proposito la società sarà la prima a redigere rappor ti integrati che comprendano anche la sostenibilità sociale e ambientale tra gli indicatori previsti. ■
8 febbraio n° 105
Assocomaplast
Export in leggera flessione U
na modesta contrazione dell’export e un più consistente calo delle importazioni sono i principali trend emersi dal preconsuntivo elaborato da Assocomaplast, l’associazione nazionale di categoria, aderente a Confindustria, che raggruppa circa 165 costruttori di macchine, attrezzature e stampi per materie plastiche e gomma, per il 2013. Lo studio è stato sviluppato sulla base dei dati di commercio estero di fonte Istat e si riferisce ai primi nove mesi dello scorso anno.
La contrazione dell’export, circa il 2,8% sul gennaio-settembre 2012, non spaventa più di tanto, in quanto potrebbe essere riassorbita nell’ultimo trimestre dell’anno, in funzione dell’auspicata ripresa economica i cui primissimi segnali sono stati recentemente rilevati anche dal Centro Studi Confindustria, dopo molti mesi di segno meno. L’export, infatti, rappresenta storicamente il punto di forza del comparto, con una quota che supera il 65% della produzione, ma che oltrepassa il 70% se si considera il valore
degli ausiliari forniti ad aziende capocommessa per completare linee di produzione destinate all’estero Pertanto, Assocomaplast ipotizza il mantenimento, per quanto riguarda la produzione settoriale, di un valore vicino a quello raggiunto nel 2012, ovvero poco al di sotto dei 4 miliardi di euro, per poi superare nuovamente tale soglia nell’anno in corso. Più accentuato, invece, il segno meno per quanto riguarda l’import, che riflette ancora la difficile situazione del mercato interno, che solo verso la fine
Più luci che ombre Dopo due anni di forte incremento delle vendite, il leggero calo dell’export stimato per il 2013 non spaventa Giorgio Colombo, Presidente Assocomaplast. Fiducioso della competitività dell’industria italiana. ■ Che bilancio traccia del 2013 per il mercato delle macchine per materie plastiche e gomma? Penso che il 2013 sia da considerare un anno di transizione, dopo un 2011 ampiamente positivo (produzione +11% ed export +21% sul 2010) e un 2012 con vendite all’estero ancora in crescita (+6%). Il 2013 sconta la profonda crisi del mercato interno e il rallentamento, accentuatosi in particolare nel secondo semestre, di alcuni mercati di sbocco particolarmente significativi, come Cina, Brasile e Stati Uniti. Sebbene la quota export sul totale della produzione sia stata pari al 65% (anche se nella realtà vi è tutta una serie di attrezzature e macchine vendute in Italia per essere montate su impianti/linee destinate poi ai mercati stranieri), è evidente che le difficoltà di un sistema Paese in profonda crisi (supporto all’attività promozionale all’estero, credit crunch, elevato costo della manodopera e dell’energia, solo per citare i principali problemi) finiscono comunque con l’impattare, anche in modo significativo, sull’attività delle imprese italiane.
tematiche a livello europeo, in sede EUROMAP (Associazione europea dei produttori di macchine per materie plastiche e gomma), collaborando alla definizione di raccomandazioni per la comparazione del consumo energetico di varie tipologie di macchine in base a parametri e modalità di misura uniformi.
■ Quali sono le sfide che attendono i costruttori italiani nel breve e medio periodo? Per continuare a competere nel panorama internazionale, dove troviamo vecchi e nuovi concorrenti, è necessario che le aziende italiane investano sempre di più in ricerca e sviluppo, per continuare a rimanere nella fascia alta dei fornitori di tecnologia. Risparmio energetico, riduzione del peso e dello spessore dei manufatti con conseguente contenimento del consumo di materie prime sono solo alcuni degli obiettivi più eclatanti su cui le imprese dovranno concentrare i loro sforzi, ancora di più di quanto fatto finora. Assocomaplast, sta portando avanti alcune di queste
■ E per quanto riguarda l’estero? Guardiamo sempre con grande attenzione, anche se vi è un problema di cambio euro/dollaro, al mercato statunitense che, grazie anche allo sfruttamento dei giacimenti di shale gas, si ipotizza avrà una ripresa significativa. La Cina mostra segni di rallentamento, fermo restando che una crescita al 7% potrà essere preoccupante per il governo cinese, ma dà comunque l’idea di un Paese che continua a trainare l’economia mondiale. Il futuro è sicuramente difficile e incerto, ma sono fiducioso sul fatto che, come in passato, le nostre imprese saranno in grado di competere su tutti i mercati internazionali. ■
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■ Quali sono le attese dei costruttori per l’anno in corso? Anche il Centro Studi di Confindustria, dopo un paio d’anni di contrazione della produzione industriale, nel mese di novembre 2013 ha finalmente registrato un’inversione di tendenza, con un +0,4% su ottobre. Un segnale rilevato anche dalla Segreteria Assocomaplast. Alcuni comparti (imballaggio, farmaceutico, ecc.) mostrano un andamento più brillante, mentre altri, in primis automotive ed edilizia, stanno ancora soffrendo gli effetti della crisi. Questi primi mesi del nuovo anno, dunque, saranno molto importanti per poter valutare questi segnali.
Assocomaplast del periodo considerato ha mostrato qualche lieve segnale di miglioramento che potrebbe far sperare in un’inversione di rotta. La combinazione dei risultati dei due flussi di commercio estero ha comportato peraltro un peggioramento, seppure limitato al 2%, del saldo della bilancia commerciale, che resta comunque ampiamente positivo. A confermare in qualche misura il clima di prudente ottimismo, secondo i più cauti sono anche i risultati della più recente indagine congiunturale svolta da Assocomaplast tra i propri associati, che evidenziano come la metà del campione valuti in ripresa il fatturato della seconda metà del 2013 rispetto alla prima. Positivo, per oltre il 40% dei rispondenti, anche l’andamento della raccolta ordini nel mese di novembre, sia rispetto allo scorso ottobre sia a confronto con il 2012. Verosimilmente, la scorsa edi-
zione della mostra K di D sseldorf (Germania) ha fornito un impulso positivo alle aziende italiane: la maggioranza degli intervistati ha infatti confermato di aver registrato a D sseldorf un numero elevato di contatti di qualità. Per quanto riguarda la suddivisione geografica, l’analisi dei quadranti di destinazione dell’expor t settoriale indica una contrazione generalizzata delle vendite. Unica eccezione il continente africano, che rappresenta il 5,6% sul totale e che ha realizzato un balzo in avanti del 23% rispetto al gennaio-settembre 2012. Le altre principali aree di sbocco hanno mostrato una battuta d’arresto, più o meno consistente. Nello specifico, in ordine di importanza, si rileva la seguente situazione: • Europa (59,5% sul totale), -4,4%; l’Unione (46,8%) mostra un -2,2% • America (17,9%), -4,9%; la perfor-
mance peggiore ha riguardato l’area NAFTA, in funzione di un forte rallentamento delle forniture al Messico (15%) e agli Stati Uniti (-7%) non controbilanciato dal +20% registrato dal Canada, che ha però una quota inferiore in termini di valore • Asia (16,3%), -1% complessivamente. Nel quadrante estremorientale si notano due casi di scostamento rilevante: la Cina, verso cui le vendite italiane di macchine per materie plastiche e gomma si sono contratte del 17%, e il Giappone, verso cui sono invece più che quadruplicate, fino a superare 25 milioni di euro, grazie a importanti forniture di estrusori. L’ambito mediorientale, che pesa per il 3,8%, ha invece mostrato una sostanziale stagnazione, con un +0,7% sul periodo precedente • l’Oceania, già con una quota marginale, ha segnato un calo di oltre 9 punti. ■
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Vetrina
FB Balzanelli
AUTOMAZIONE COMPLETA PER IL FINE LINEA S
tanno riscuotendo sempre più successo le nuove linee complete proposte da FB Balzanelli per l’automazione completa del processo di avvolgimento, paletizzazione e confezionamento dei rotoli di tubo. Da alcuni anni FB Balzanelli ha iniziato a progettare e realizzare sistemi automatici per il completamento del fine linea, in modo da poter offrire al cliente una soluzione completamente automatica, senza l’ausilio di operatori sia durante la fase di produzione e sia durante a fase di manipolazione del prodotto finito. Dopo aver realizzato le prime linee di avvolgimento, paletizzazione e confezionamento del pallet su linee di tubo corrugato elettrico, di recente FB Balzanelli ha realizzato due nuove linee completamente automatiche per la produzione di rotoli di tubo PE. La prima linea, realizzata per tubo in PE fino al diametro 90 mm, è in grado di avvolgere, legare e paletizzare bobine fino a 200 Kg di peso; il tutto in modo completamente automatico senza l’ausilio dell’operatore, che deve inter venire solo alla fine del processo di paletizzazione per completare la fase di finitura dei rotoli e 12 febbraio n° 105
del confezionamento del pallet. La seconda linea, realizzata per tubo in PE fino al diametro 50 mm, è in grado di avvolgere, legare e paletizzare bobine di tubo fino a 150 Kg di peso, per poi confezionare tutto il pallet con film estensibile. Anche in questo caso, tutte le operazioni avvengono in modo automatico ma, diversamente dalla prima linea, qui l’operatore deve solamente prelevare il pallet finito e por tarlo al magazzino finale. Il rapidissimo pay back dell’investimento ha permesso al secondo cliente di poter immediatamente investire in una linea automatica fino a 90 mm e di gestire la fase di scarico dei rotoli in modo completamente automatico, integrando l’avvolgitore con un sistema di raccolta e gestione automatica dei rotoli di grandi dimensioni. Nel 2014, invece, FB Balzanelli realizzerà il primo dispositivo per la paletizzazione automatica multilinea: si tratterà di installare e gestire, in modo completamente automatico, il processo di avvolgimento, marcatura, paletizzazione e confezionamento del pallet per 4 nuove linee di produ-
zione di tubo in PE, due linee fino al 32 mm e due linee fino al 50 mm. Grazie ai ridotti tempi di ciclo per la paletizzazione (20” circa per bobina), FB Balzanelli permetterà al cliente finale di gestire tutte e quattro linee di produzione con un solo operatore per turno, addetto solamente al traspor to dei pallet finiti nel magazzino e all’alimentazione dei pallet nel dispenser automatico della linea di confezionamento. Una scelta di completa automazione del processo di estrusione; una decisione presa dal cliente perché certo della elevata affidabilità e credibilità degli avvolgitori automatici FB Balzanelli. Solamente con una garanzia di continuità di funzionamento (di tutto il sistema ma soprattutto degli avvolgitori), il cliente può calcolare e garantirsi un veloce payback dell’investimento, raggiungibile con una riduzione dei costi di produzione, un aumento dell’efficienza produttiva, una riduzione degli scar ti ed una ottimizzazione dei costi di traspor to. Oltre che una miglior qualità dell’imballo finale del prodotto che premierà il cliente sul suo mercato finale. ■
Osservatorio
Alla ricerca di nuovi equilibri Il consumo dei termoplastici in Italia ha subito una flessione intorno al 3% nel 2013. Le buone performance dell’ultimo trimestre lasciano però sperare un’inversione del trend a partire da quest’anno. I dati del mercato rilevati dallo studio Plastic trend synthesis 2013.
L
a brutta notizia è che il mercato italiano delle materie plastiche ha continuato a calare nel 2013. La buona è che il calo è stato molto più contenuto e, soprattutto, che si comincia a intravedere qualche segnale, se non di ripresa, per lo meno di stabilizzazione. È un bilancio in chiaro scuro quello che emerge dall’analisi del rapporto annuale realizzato da Plastic Consult, che condensa i risultati dell’attività di contatto permanente con il settore e analizza il ciclo dell’offerta e della domanda in Italia di tutti i principali polimeri termoplastici. Le vendite complessive di polimeri vergini lo scorso anno si sono attestate a poco meno di 5,29 milioni di tonnellate, in calo del -3,1% sul 2012, quando il consumo di termoplastici era a 5,46 milioni di tonnellate. Il 2013 si pone dunque in continuità con il trend in atto dal 2008, che ha por tato a un significativo ridimensionamento del mercato. Ridimensionamento che si manifesta in tutta la sua entità dal confronto con il 2007, quando le vendite avevano superato i 7,1 milioni di tonnellate. Questo significa che dallo scoppio della crisi il mercato ha perso oltre il 26% del suo volume. Il dato di novità, rispetto alle annate precedenti, è che il risultato dello scorso anno è frutto di un andamento delle vendite molto differente nei due semestri. «La caduta è stata molto profonda nella prima par te del 2013, parzialmente mitigata da un recupero nei mesi autunnali - spiega Paolo Arcelli, Responsabile della Divisione Business Insight di Plastic Consult -. Nel secondo semestre il consumo di polimeri si è infatti progressivamente stabilizzato e, anzi, qualche settore applicativo ha cominciato a evidenziare un pur limitato recupero». Segnali, forse, che qualcosa sta finalmente cambiando. Anche se occorre ancora molta prudenza prima di poter parlare di un’effettiva inversione del trend. «Dopo 4 anni di pesante flessione, questa stabilizzazione della domanda è un dato molto positivo - prosegue Arcelli -. Resta da capire, però, se si tratta di un fenomeno strutturale, come tutti ci auguriamo, o di un piccolo rimbalzo,
effetto di ciclo accumulo-rilascio scor te, che potrebbe por tare in primavera a una nuova discesa del livello della domanda. È ancora presto per dirlo, per avere qualche cer tezza in merito occorre aspettare almeno la fine del primo trimestre di questo nuovo anno». La situazione, infatti, resta difficile. Le dinamiche del mercato hanno evidenziato una maggiore sofferenza di tutti i settori legati alla domanda interna, depressa dalla situazione generale dell’economia e dal rallentamento dei consumi finali. Migliori risultati hanno invece registrato una serie di compar ti produttivi a maggior valore aggiunto, dove lo sforzo di potenziamento delle espor tazioni da par te di numerosi trasformatori italiani ha dato risultati più che soddisfacenti.
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Osservatorio
Fig.1: Suddivisione per famiglie di materiali dei consumi di termoplastici nel 2013
PRODUZIONE DI MATERIE PRIME A confermare tale quadro è l’analisi della produzione nazionale di materie prime, lo scorso anno pari a poco più di 2,2 milioni di tonnellate, in flessione del -5,7% sul 2012. Anche in merito alla perdita di produzione interna di materia prima, alcune considerazioni possono aiutarci a vedere il bicchiere mezzo pieno. In linea generale, si tratta di un fenomeno in atto almeno da un decennio e comune anche ad altri Paesi europei, sebbene in Italia abbia assunto un carattere drammatico. Negli ultimi anni, con la chiusura degli stabilimenti di Marghera, Porto Torres e Ravenna è scomparsa la produzione di PVC e anche nel campo delle olefine e poliolefine sono state effettuate diverse ristrutturazioni (Terni, Priolo, Porto Torres), che hanno portato al fermo delle attività o al ridimensionamento di diversi impianti, con conseguenze pesanti sul piano occupazionale. Operazioni che rispondono ai piani di riorganizzazione delle società petrolchimiche e che stanno colpendo in particolare gli impianti tradizionali non ritenuti più competitivi o con un’economia di scala ridotta e che quindi non rientrano nei piani di riposizionamento nei diversi settori di business di queste compagnie, che per loro natura sono realtà globali. «In questo processo, il dato positivo è l’interesse che un numero maggiore di operatori sta mostrando per la cosiddetta chimica verde, ovvero la chimica orientata alla produzione di prodotti realizzati, almeno parzialmente, da fonti rinnovabili - prosegue Arcelli -. Un settore che anche in Italia attrae investimenti e che permette di mantenere almeno parte dei posti di lavoro in uscita da attività tradizionali che, purtroppo, vengono dismesse». «Ancora più interessante è che a investire in tali attività industriali nel nostro Paese siano anche imprese estere».
COMPOSIZIONE DEL TRASFORMATO Tornando ai dati del 2013, a livello di composizione del trasformato, le commodity, che includono polietilene,
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L’evoluzione della specie Lunardon è leader nel mercato delle bobinatrici semiautomatiche e delle Fig.2: Ripartizione del mercato dei termoplastici nel 2013 per principali campi di applicazione
linee di rivestimento per tubi di ogni grandezza.
polipropilene, PVC, polistirene espandibile e compatto, costituiscono circa l’83% del mercato. Più nello specifico, la quota maggiore è costituita dalle poliolefine, 60,2%, seguite a distanza da PVC (12%), stirenici (10,8%) e PET (9,1%). Sul fronte dei consumi, l’andamento più negativo è stato registrato ancora una volta dai polimeri stirenici, dove PS ed EPS hanno perso nel complesso quasi il 6% dei volumi. Cali più contenuti hanno registrato gli altri principali polimeri, con i polietileni a -4,5% e il PVC a -3,8%, con quest’ultimo che ha limitato la contrazione grazie a un’ottima performance del mondo della compoundazione nell’ultima parte dell’anno. Unico a mostrare segnali di sostanziale stabilità è il polipropilene, trainato dal buon risultato dei comparti del film e delle fibre, che hanno bilanciato le riduzioni in numerosi settori di sbocco dello stampaggio, in particolare il segmento dei grandi elettrodomestici. Sostanzialmente invariata, sull’anno precedente, resta la ripar tizione del mercato per principali applicazioni, con l’imballaggio che rappresenta circa il 50% del consumo di termoplastici, seguito dall’edilizia, con poco più del 10%, ancora in ridimensionamento rispetto al 2012. Tra le altre principali applicazioni si confermano il compar to mobile/arredamento, traspor ti, elettrodomestici (in calo del -10%) e l’agricoltura, con una quota compresa tra il 2 ed il 3%.
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EDILIZIA IN SOFFERENZA I segnali di recupero emersi nell’ultima parte dell’anno non hanno interessato i materiali destinati al comparto dell’edilizia, il secondo mercato di sbocco dei termoplastici. Il settore vive da anni una profonda crisi, dopo l’impressionante crescita che lo aveva caratterizzato fino al 2007, con il numero delle nuove costruzioni arrivate a livelli degli anni cinquanta e sessanta. «Mancanza di grandi commesse, nuove realizzazioni ridotte al minimo, problemi di accesso al credito sono gli elementi che
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attualmente definiscono il quadro del comparto e che vanno a ripercuotersi anche sul consumo delle materie plastiche - spiega Arcelli -. Problemi, del resto, simili a tutte le produzioni legate essenzialmente alla domanda interna». La ripartizione dei consumi per tipologia di polimeri in questo settore vede al primo posto il PVC, con circa il 35% del totale, seguito da HDPE, 26%, PS ed EPS al 20% e il restante 19% costituito da altri polimeri. A totalizzare circa il 90% di questo mercato sono tre principali famiglie di prodotti. La prima è costituita da tubi e raccordi per trasporto di fluidi in pressione e dai sistemi di fognatura e di scarico. In questo segmento si segnala la brusca caduta dei consumi di HDPE per tubazioni in pressione e del PVC per tubi per scarico, rispettivamente del 7,6% e del 10% sul 2012, mentre sono andati meglio i consumi di PE per applicazioni non in pressione e di PP, quest’ultimi rimasti sostanzialmente stabili. Decisamente migliore la produzione di tubazioni metallo plastiche, grazie all’esportabilità di questi manufatti. La seconda categoria è rappresentata dai profilati per infissi esterni e interni, avvolgibili, canaline passacavi, applicazioni dove domina il PVC. Infine, le soluzioni per l’isolamento termico, campo dove vengono utilizzati essenzialmente stirenici sotto forma di espansi estrusi e sinterizzati, che negli ultimi anni hanno avuto un grande sviluppo grazie al sistema di detrazioni fiscali per gli interventi di riqualificazione energetica. Un discorso simile si può fare per gli infissi in alluminio, che rappresentano la prima soluzione alla quale si ricorre in questi inter venti. «Nonostante ciò il consumo di isolanti si è ridotto, sia perché la ridotta capacità di spesa di famiglie e imprese ha un po’ frenato nuovi investimenti nelle riqualificazioni, sia perché è finito l’effetto “spessore”, nel senso che la dimensione della lastra coibentante, il cui aumento ha implicato maggior utilizzo di materia prima, si è più o meno stabilizzato - spiega l’analista -. Si tratta comunque di un mercato potenzialmente molto rilevante, considerando che nel nostro Paese sono presenti oltre 30 milioni di vecchie costruzioni che andrebbero riqualificate».
INFRASTRUTTURE Le difficoltà della domanda interna si manifestano anche nelle produzioni destinate al settore delle infrastrutture. «Data la mancanza di grandi opere, la gran parte di questo mercato è formata dalle attività di manutenzione ordinaria e straordinaria e alla sostituzione dell’esistente - commenta Arcelli -. Attività che hanno interessato soprattutto le infrastrutture dei sottoservizi, grazie all’impegno delle utility, le uniche realtà che hanno continuato ad investire». Le produzioni destinate a questo comparto si possono suddividere in tre principali segmenti applicativi: trasporto fluidi in pressione (acqua e gas); reti fognarie bianche e nere; canalizzazioni elettriche e passacavi per telecomunicazioni ed energia. Per tutti il calo nel 2013 è stato sensibile, come nei due anni precedenti, con la produzione di tu16 febbraio n° 105
bazioni in pressione in HDPE in calo del 9%, quelle a parete strutturata sempre in PE a -13% e di tubi per cavidotto a -7%. A tenere è solo il PP per la produzione di condotte strutturate per fognatura e applicazioni speciali, che tuttavia può essere considerato un mercato di nicchia. È rimasta stabile, invece, la produzione di raccordi in pressione, nonostante la diminuzione della domanda interna, grazie, ancora una volta, al valore aggiunto dei manufatti che trovano sbocchi sui mercati esteri.
LE PROSPETTIVE Il miglioramento di alcuni indicatori nell’ultima parte del 2013 fa ben sperare per l’anno in corso. «Per il mondo del pipe, l’augurio è che la tendenza si inverta, per lo meno che si rafforzino i segnali di stabilità a indicare che il mercato finalmente si è riassestato», commenta Arcelli. In questa direzione sembrano convergere anche le previsioni delle principali istituzioni finanziarie italiane e mondiali sul complesso del sistema-Italia, sebbene le stime del Pil (prodotto interno lordo), inizialmente attese oltre l’1%, siano state già riviste al ribasso, intorno allo 0,6%. Anche in questo caso non si può certo parlare di ripresa, ma almeno di uno stop alla caduta rovinosa degli ultimi 5 anni. In un quadro macroeconomico così difficile e complesso, occorre chiedersi che cosa possano ancora fare gli operatori del settore. I trasformatori stanno mettendo in atto tutte le opzioni a disposizione. Nel settore della produzione di tubi e raccordi si è proceduto a un’intensa ristrutturazione che ha portato a una riduzione del numero degli attori, attraverso fusioni, creazioni di gruppi di imprese, ma purtroppo anche alla chiusura di alcune realtà. Inoltre, hanno razionalizzato i propri processi interni per incrementare le marginalità e rimodulato le produzioni sui manufatti di elevata qualità. Prodotti ad alto valore aggiunto possono essere anche più facilmente collocati e con buoni margini sui mercati esteri, dove diversi operatori italiani si stanno muovendo bene, anche aprendo siti produttivi direttamente nelle aree che sembrano più promettenti, quali l’Europa dell’est, Russia, Nord Africa e Sud America. «Operazioni sacrosante che, però, restano alla por tata di poche realtà, quelle più grandi e con la forza economica per poter sostenere gli investimenti necessari. Non dimentichiamo che un altro problema cruciale per la nostra industria, e del Paese in generale, è l’estrema difficoltà di accesso al credito - conclude Arcelli -. Una difficoltà trasversale a tutti gli anelli della filiera e che va sommarsi ai problemi di competitività, dovuti all’alto costo del lavoro e dell’energia, all’elevata imposizione fiscale sulle imprese e a una burocrazia lenta e inefficiente. Il punto è che molte produzioni solo legate al mercato interno e questo stenta a ripar tire, senza un cambio di passo della politica economica e fiscale. L’auspicio è dunque, che anche la politica faccia la sua par te, adottando quelle scelte e finalmente realizzando quelle riforme di cui si discute da anni e continuamente rimandate». ■
Materiali
Tubi in PVC sempre più amici dell’ambiente Nel 2012 la quantità di tubi e raccordi in PVC riciclati in Europa ha raggiunto circa 39.000 tonnellate, mentre continua il programma di sostituzione degli additivi con alternative più sostenibili: dopo il cadmio, ora tocca al piombo, Gabriele Sala - PVC Forum Italia che verrà eliminato completamente entro il 2015.
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l gap dell’Italia rispetto ai principali Paesi europei, in termini di reti obsolete da sostituire e di nuove infrastrutture da realizzare sulla base della densità abitativa, è molto rilevante: oltre 300.000 km per gli acquedotti a cui si devono aggiungere circa 120.000 km di fognature.
Le condotte in PVC, grazie alle loro caratteristiche prestazionali, possono offrire un valido contributo per superare tale lacuna infrastrutturale. Un altro aspetto in cui le tubazioni in PVC risultano vantaggiose è quello ambientale. L’analisi del reale impatto di un prodotto rappresenta ormai una scelta obbligata per chi intende offrire un concreto e
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Materiali fattivo contributo allo sviluppo sostenibile. A tale scopo il “Gruppo Tubi” di PVC Forum Italia ha commissionato allo Studio LCE (Life Cycle Engineering) di Torino una valutazione LCA (Life Cycle Assessment) sul carico ambientale dei due principali parametri oggi considerati, il fabbisogno energetico complessivo (GER – Gross Energy Requirement) e le emissioni di gas serra (GWP – Global Warming Potential) sia per le condotte di PVC in pressione per acqua potabile sia per quelle non in pressione destinate alle fognature durante il loro intero ciclo di vita. La ricerca ha mostrato per il PVC risultati assolutamente competitivi e a volte migliori rispetto ai materiali alternativi, sia in termini di fabbisogno energetico complessivo che di contributo all’effetto serra. Una delle principali ragioni che contribuisce in modo considerevole al ridotto impatto ambientale delle condotte in PVC per acquedotti e fognature è la riciclabilità. Il riciclo di tubi e raccordi in PVC è generalmente meccanico: dopo la raccolta e la separazione, gli scarti post uso vengono puliti e poi frantumati e talvolta micronizzati. Il materiale di qualità così ottenuto è solitamente estruso in applicazioni simili a quella di origine. Diverse ricerche, anche di PVC Forum Italia, hanno dimostrato che sia per i tubi in PVC a pressione sia per quelli non a pressione è realistico pensare ad una vita utile fino a 100 anni. Ragione per cui al momento non sono ancora disponibili grandi volumi di tubi post-consumo. L’aumento del riciclo di tubi in PVC è comunque confermato nel secondo Bilancio ufficiale di VinylPlus, il nuovo Impegno Volontario per lo sviluppo sostenibile dell’industria europea del PVC che nasce nel 2011 sulla base degli importanti traguardi raggiunti dal precedente programma decennale Vinyl 2010. A livello europeo il riciclo dei tubi e dei raccordi in PVC è passato da 4.000 tonnellate nel 2000 a 38.692 nel 2012, circa il 10% sul totale di 362.076 tonnellate di PVC post consumo recuperate nell’ambito del programma VinylPlus. Un eccellente risultato ottenuto soprattutto grazie al contributo di Recovinyl, l’organizzazione creata nel 2003 da Vinyl 2010 per facilitare il riciclo di rifiuti in PVC giunti a fine vita, provenienti principalmente dal settore edilizia e costruzioni (tubi, profili, cavi, ecc..). Per essere lavorato e per raggiungere le prestazioni desiderate, al PVC devono essere aggiunti degli additivi. All’interno del programma VinylPlus continua la sostituzione di alcuni di questi con alternative più sostenibili. Il cadmio è stato eliminato in tutta l’Europa dei 27 mentre la sostituzione completa del piombo è prevista per il 2015, spinta da un corrispondente aumento di stabilizzanti al calcio organico. Come tangibile risultato di questo impegno, nel 2009 i tubi in PVC al calcio-zinco hanno ottenuto la valutazione massima di “ecologicamente interessanti” da Eco-devis, organizzazione svizzera che fornisce una classificazione ambientale dei materiali da costruzione molto riconosciuta a livello internazionale. Per raggiungere un punteggio elevato, era necessario che il materiale non contenesse sostanze dannose per l’uomo e l’ambiente e che fosse smaltibile o riciclabile in modo sostenibile. Ad ulteriore garanzia sulla sostenibilità e sulla qualità dei prodotti realizzati, il Gruppo Tubi di PVC Forum Italia ha adottato uno specifico marchio con il quale le aziende associate assicurano sull’assoluta conformità dei loro prodotti alle norme UNI EN 1401, 1452, 1329 e sulla sostenibilità ambientale durante l’intero ciclo di vita verificata da studi di LCA. ■
Sistemi radianti
Una panoramica delle normative che regolano l’utilizzo dei sistemi radianti a bassa differenza di temperatura, con uno sguardo alle future evoluzioni che riguarderanno gli standard italiani, europei e internazionali.
Impianti a norma di Clara Peretti - Coordinatrice Consorzio Q-RAD Michele De Carli - Dipartimento di Ingegneria Industriale, Università degli Studi di Padova
L’
elevato numero di norme sui sistemi radianti e le relative interazioni possono determinare incertezze in merito all’utilizzo delle stesse. La normativa europea e italiana in materia di sistemi radianti è infatti il risultato del lavoro di tre diversi Comitati Tecnici del CEN. Nel presente articolo verranno presentati e descritti i principali standard, evidenziando le analogie e le differenze, e le future evoluzioni degli standard italiani, europei e internazionali. I sistemi radianti idronici disponibili sul mercato si differenziano per tipologie, materiali, componenti, metodologie di installazione. Si dividono in (De Carli e Peretti, 2012): • sistemi per il riscaldamento e il raffrescamento con serpentina integrata nella struttura (nella normativa definiti “embedded”, ovvero annegati). Nel caso di pavimenti radianti, la posa può avvenire inglobando le tubazioni nel massetto, posizionando i tubi al di sopra dello strato isolante che può essere piano o bugnato. Questi impianti sono denominati di tipo A. Nel sistema definito di tipo B, le tubazioni sono alloggiate all’interno di una lamina conduttiva a contatto con lo strato isolante; la lamina metallica ha la funzione di aumentare lo scambio termico e l’uniformità della temperatura in corrispondenza del livello tubi (sistema a
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secco), come rappresentato in Figura 1. Il sistema definito di tipo C prevede l’inserimento dei tubi nello strato di regolarizzazione, al di sopra del quale viene posto un secondo strato cementizio. Il sistema definito di tipo D è costituito da pannelli in plastica estrusa con un sistema di tubazioni capillari. Sistemi con tubi all’interno delle parti strutturali dell’elemento radiante (pavimento/ parete/ soffitto), in modo da sfruttare l’elevata inerzia termica della struttura. Tali sistemi sono classificati come “tipo E”. Sistemi a tubi capillari posti all’interno degli strati di finitura superficiali. Tali sistemi costituiscono la tipologia “F”. Pannelli radianti a secco prefabbricati generalmente installati a formare controsoffittature o contropareti. Vengono definiti di Tipo “G”. Strisce radianti appese al soffitto, alimentate con acqua ad alta temperatura per il riscaldamento di ampi locali. Sono costituite da piastre metalliche che irradiano il calore addotto dall’acqua che fluisce all’interno di serpentine (tipicamente in acciaio o rame) a contatto con esse.
LE NORMATIVE NAZIONALI Le tipologie descritte sono riportate nella principale norma sui sistemi radianti, la UNI EN 1264, che definisce la metodologia di calcolo e di prova per determinare la resa degli impianti radianti.
➲ Fig.1: Sistema radiante a pavimento Tipo A e B
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Sistemi radianti
Fig.2: Sistema radiante a pavimento Tipo E e F
Fig.3: Prova di laboratorio secondo UNI EN 1264-2
La norma definisce anche i criteri di dimensionamento e installazione dei sistemi radianti convenzionali. Sono inoltre riportate nella UNI EN 15377, che definisce il metodo di valutazione della resa e del dimensionamento di diverse tipologie di impianto radiante. La UNI EN 14240 definisce invece i metodi di prova per soffitti freddi. Le specifiche tecniche e i requisiti delle strisce radianti alimentate con acqua a temperatura inferiore a 120 °C, appese solitamente al soffitto di grandi ambienti, sono descritti nella UNI EN 14037. I sistemi radianti a soffitto realizzati non integrati nella struttura del solaio non sono oggetto della normativa UNI EN 1264. Attualmente si sta lavorando alla revisione della UNI EN 14037 (FprEN 14037:2013) che, nella versione del 2005, riguarda le strisce radianti in riscaldamento; l’obiettivo è rendere la UNI EN 14037 la normativa di riferimento per il calcolo dei sistemi riscaldanti e raffrescanti installabili a soffitto e non integrati alla struttura. Le UNI EN 14037, 14240 e 1264 sono norme di prodotto (emanate dal TC130 del CEN), ovvero definiscono dei criteri per la determinazione della resa degli impianti radianti. La UNI EN 15377 (emanata dal TC228 del CEN) è invece una norma di sistema, più orientata alla progettazione. Tuttavia, occorre osser vare come la UNI EN
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1264 sia una norma che riguarda sia il prodotto sia l’installazione e la progettazione. Descrive i criteri di dimensionamento e di installazione che non sono in linea di principio coerenti con una norma di prodotto. ●●La UNI EN 1264
La norma UNI EN 1264 del 2009 si presenta come un ampliamento e un completamento della versione precedente (pubblicata tra il 1999 e il 2003), relativa al solo riscaldamento a pavimento. Si compone di 5 parti, l’ultima delle quali è stata inserita in modo da contemplare tutti i possibili casi di riscaldamento e raffrescamento con sistema radiante per qualsiasi superficie orizzontale o verticale, purché inglobata nella struttura. La norma può cadere in difetto quando non si verificano le ipotesi sulle quali è basato il calcolo, mentre la procedura di misura è in generale valida per qualsiasi tipologia di impianto radiante. Infatti, per tutti i casi in cui non sia possibile il calcolo di resa, la norma indica come alternativa l’esecuzione di una prova sperimentale che por ta alla determinazione della potenza specifica standard (relativa a una differenza di 9 °C tra temperatura massima del pavimento e temperatura di riferimento ϑi) della cur va caratteristica di resa. Contrariamente alla norma 14240 che definisce le misure in camera climatica, la UNI EN 1264 prevede il sistema interposto tra due piastre raffreddate (poste sopra e sotto l’elemento in prova, Figura 3), in modo da simulare lo scambio di calore verso gli ambienti soprastante e sottostante. Il motivo per cui questa prova avviene tra due piastre è dovuto alla necessità di gestire in laboratorio sistemi radianti prevalentemente massivi. Risulterebbe impossibile l’installazione in camera climatica, più adatta a sistemi plug and play, quali quelli prefabbricati a secco. Nel 2012 la norma è stata integrata con un allegato informativo (Annex C, UNI EN 1264-2), che ripor ta una correzione dei coefficienti di scambio termico in caso di flusso laminare all’interno del tubo.
Sistemi radianti
●●La UNI EN 15377
La norma UNI EN 15377:2008 è stata elaborata dal comitato tecnico CEN/TC 228 ed è affine e complementare alla UNI EN 1264. Anch’essa si pone infatti l’obiettivo di determinare le prestazioni di sistemi radianti fornendo indicazioni per la progettazione e l’installazione. Presenta tuttavia una novità: oltre allo studio dei sistemi a regime stazionario, viene ampiamente trattato il comportamento termico dinamico di strutture ad attivazione termica della massa (Thermo-Active Building Systems, TABS). La norma consiste di due parti, la prima relativa a sistemi stazionari e la seconda alle strutture TABS in regime non stazionario.
Fig.4: Sistema radiante “annegato” a pavimento
●●La UNI EN 14240
La norma specifica le condizioni di prova e i metodi per la determinazione della capacità di raffreddamento di soffitti freddi alimentati ad acqua. In realtà, il metodo è estendibile all’uso di altri fluidi termovettori (aria compresa) e a superfici raffreddanti estese di giacitura qualsiasi (soffitti, pavimenti e pareti laterali).
LE NORMATIVE INTERNAZIONALI
Fig.5: Pannello radiante a soffitto (sospeso)
Le normative ISO (International Organization for Standardization) sui sistemi radianti sono frutto del lavoro del gruppo ISO/TC 205 - Building environment design, WG8, “Radiant Heating and Cooling Systems”, coordinato dal prof. Kim dell’Università della Corea. Due sono le norme sui sistemi radianti: • ISO 11855 sui sistemi annegati. • Progetto di norma ISO 18566 sui pannelli sospesi. ●●La ISO 11855
La ISO 11855 Building environment design Design, dimensioning, installation and control of Tab.1: Il quadro normativo per i sistemi radianti
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Sistemi radianti embedded radiant heating and cooling systems è composta da 6 parti: • Parte 1: Definizione, simboli, criteri di comfort • Parte 2: Determinazione della capacità termica e di raffrescamento di progetto • Parte 3: Progettazione e dimensionamento • Parte 4: Dimensionamento e calcolo della resa termica e della capacità di raffrescamento dei sistemi di attivazione termica della massa Thermo Active Building Systems (TABS) • Parte 5: Installazione • Parte 6: Regolazione. Le prime cinque parti sono state pubblicate nel 2012-2013, mentre la sesta è in revisione per l’aggiunta dei calcoli sul bilanciamento idraulico. La norma riguarda i sistemi integrati nelle strutture dell’edificio, i sistemi con intercapedine d’aria posteriore (definiti “with open air gap”) non sono trattati. Lo standard si focalizza sulla progettazione dei sistemi radianti annegati, attraverso la definizione dei parametri di comfort, il calcolo della resa, il dimensionamento, le analisi dinamiche, l’installazione, il funzionamento, e la regolazione. La norma non contiene indicazioni per testare i sistemi e non si applica ai pannelli per riscaldamento/raffrescamento a soffitto. I metodi di calcolo per la determinazione della curva caratteristica sono due: metodo semplificato (analogamente a quanto previsto dalla UNI EN 1264) e simulazioni FEM (Metodo ad elementi finiti) o FDM (Metodo delle differenze finite). ●●Il progetto di norma ISO 18566
La norma ISO 18566 attualmente è in fase di preparazione e nessuna parte è stata ancora pubblicata. Riguarderà i pannelli appesi (Figura 5), ovvero composti da un elemento radiante e da un’intercapedine d’aria posteriore, ed sarò composta da 5 parti: • Parte 1: Definizioni, simboli, specifiche tecniche e requisiti • Parte 2: Determinazione della capacità termica e di raffrescamento dei pannelli a soffitto • Parte 3: Progettazione dei pannelli a soffitto • Parte 4: Regolazione e funzionamento dei pannelli di riscaldamento e raffrescamento a soffitto • Parte 5: Report tecnico.
LE NORMATIVE DI DOMANI Il contesto normativo sui sistemi radianti verrà a modificarsi alla luce dei nuovi standard introdotti a livello ISO. La normativa EN 15377 (parte 1 e 3) verrà sostituita dallo standard ISO 11855. A prima vista si potrebbe affermare che vi sia una sovrapposizione dei contenuti tra la norma EN 1264 e la ISO 11855. Il tema è stato oggetto delle riunioni dei gruppi di lavoro CEN, che hanno risolto il conflitto chiarendo che la norma ISO 11855 sarà di progetto (“design standard”), mentre le parti 1, 2 e 5 della EN 1264 sono “product prove standard”, ovvero norme per le prove dei prodotti. Le parti 3 e 4 della EN 1264 che riguardano il dimensionamento e l’installazione saranno oggetto della futura revisione. ■
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BIBLIOGRAFIA - De Carli M. e Peretti C. 2012. Primo Quaderno Tecnico. Approfondimenti per la progettazione di impianti radianti a bassa differenza di temperatura. Consorzio Q-RAD. - De Carli M., Ovoli D., Pasut E., Scarpa M., Tomasi R. 2009. Determinazione della resa termica per sistemi radianti idronici: analisi delle normative esistenti. Convegno AICARR “Riduzione dei fabbisogni, recupero di efficienza e fonti rinnovabili per il risparmio energetico nel settore del terziario”. - ISO 11855:2013- Building environment design Design, dimensioning, installation and control of embedded radiant heating and cooling systems. - UNI EN 1264-1:2011. Sistemi radianti alimentati ad acqua per il riscaldamento e il raffrescamento integrati nelle strutture - Par te 1: Definizioni e simboli. - UNI EN 1264-2:2009. Sistemi radianti alimentati ad acqua per il riscaldamento e il raffrescamento integrati nelle strutture - Par te 2: Riscaldamento a pavimento: metodi per la determinazione della potenza termica mediante metodi di calcolo e prove. - UNI EN 1264-3:2009. Sistemi radianti alimentati ad acqua per il riscaldamento e il raffrescamento integrati nelle strutture - Par te 3: Dimensionamento. - UNI EN 1264-4:2009. Sistemi radianti alimentati ad acqua per il riscaldamento e il raffrescamento integrati nelle strutture - Par te 4: Installazione. - UNI EN 1264-5:2009. Sistemi radianti alimentati ad acqua per il riscaldamento e il raffrescamento integrati nelle strutture - Parte 5: Superfici per il riscaldamento e il raffrescamento integrate nei pavimenti, nei soffitti e nelle pareti Determinazione della potenza termica. - UNI EN 14240:2005. Ventilazione degli edifici Soffitti freddi - Prove e valutazione. - UNI EN 15377-1:2008. Impianti di riscaldamento negli edifici - Progettazione degli impianti radianti di riscaldamento e raffrescamento, alimentati ad acqua integrati in pavimenti, pareti e soffitti - Parte 1: Determinazione della potenza termica di progetto per il riscaldamento e il raffrescamento. - UNI EN 15377-3:2008. Impianti di riscaldamento negli edifici - Progettazione degli impianti radianti di riscaldamento e raffrescamento, alimentati ad acqua integrati in pavimenti, pareti e soffitti - Parte 3: Ottimizzazione per l utilizzo di fonti di energia rinnovabile.
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La nuova UNI 11468:2012 definisce una procedura di valutazione della sostenibilità ambientale degli impianti geotermici a pompa di calore per individuare possibili interferenze dei sistemi con l’ambiente.
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i valuta che nelle case italiane siano installati mediamente apparecchi elettrici con una potenza cumulata per 13 kW (a fronte del limite contrattuale tipico di 3 kW) su cui incide sensibilmente la presenza di dispositivi di raffrescamento a compressore elettrico. In questo contesto, la diffusione di sistemi di climatizzazione reversibili a basso consumo energetico, come le pompe di calore, assume un primario interesse strategico e commerciale. In particolare le pompe di calore geotermiche, ossia collegate a sistemi di dispersione e recupero dal terreno con diverse tecniche, promettono elevati risparmi energetici per un’ampia rosa di applicazioni e un positivo impatto sull’ambiente, soprattutto in termini di contenimento delle emissioni di gas serra. Su queste premesse la Regione Lombardia ha affrontato, con il suppor to del Comitato Termotecnico Italiano, il difficile lavoro di sviluppo del settore della geotermia a bassa temperatura. Per raggiungere l’obiettivo prefissato e favorire la crescita del mercato nella direzione della qualità, è stato predisposto un ampio programma di lavoro per la messa a punto di norme tecniche mirate a rendere le applicazioni geotermiche il più possibile sicure, efficienti e funzionali, salvaguardando nel contempo i vari risvolti ambientali. Di seguito, oltre a definire il contesto di interesse, si illustrano i punti principali della norma UNI 11468:2012 sugli aspetti ambientali dell’uso di pompe di calore geotermiche e si indicano alcune ipotesi per la loro implementazione.
LO SCAMBIO TERMICO NEL SOTTOSUOLO Salvo casi particolari, i sistemi di estrazione di energia geotermica a bassa temperatura si sviluppano per profondità generalmente inferiori a 400 m e attingono da sorgenti a temperatura praticamente stabile nel tempo e in profondità, rappresentate dal terreno e dalle falde in equilibrio termico con la temperatura media dell’aria. Diversamente, sistemi che attingono da serbatoi termici ad alta temperatura alimentata dal calore 24 febbraio n° 105
interno della terra sono profondi anche diverse migliaia di metri e sono destinati innanzitutto alla produzione di energia elettrica. ●● Sistemi a scambio indiretto o a circuito chiuso I sistemi a scambio termico indiretto consistono in un circuito chiuso formato da una tubazione inserita nel sottosuolo e riempita con un fluido termovettore, normalmente a base di acqua eventualmente additivata con liquidi antigelo e stabilizzanti. Il movimento del fluido nel circuito assorbe o cede calore con il terreno circostante. Lo scambio termico nel terreno può avvenire anche con sistemi ad espansione diretta (DX) quando il fluido termovettore, in questo caso interamente costituito da composti, sia di origine naturale come ammoniaca o anidride carbonica, sia di sintesi come i freon, che scorre in tubazioni di rame rivestite di PE inserite nel terreno. In questo caso il trasferimento di calore avviene grazie al fluido che circola nel circuito chiuso dalla serpentina posata nel terreno che funge da evaporatore, quindi, attraverso la pompa di calore fino al pavimento radiante, che funge da condensatore. Anche se questi sistemi non sono molto diffusi in Italia sono oggetto delle Specifiche Tecniche UNI TS 11487:2013. Le principali tipologie di impianti sono alimentate da scambiatori a sviluppo verticale o a sviluppo orizzontale. In alcuni casi e con particolari cautele, il circuito di scambio termico può essere accoppiato a strutture di fondazione sia a sviluppo verticale (pali, diaframmi) sia a sviluppo orizzontale (platee). ●● Sistemi a scambio diretto o a circuito aperto
Nei sistemi a scambio diretto il calore si ottiene estraendo acqua dalla falda (e non da corpi idrici superficiali perché in questo caso si tratta di fonte rinnovabile di tipo idrotermico) che, attraverso uno scambiatore, viene mandata ad una macchina termica (gruppo frigorifero, pompa di calore) e quindi restituita alla falda di origine o a un corpo idrico superficiale.
Geotermia
Tipologie di sistemi di scambio geotermico a bassa temperatura
SOSTENIBILITÀ E GEOTERMIA A BASSA TEMPERATURA
PROGETTAZIONE INTEGRATA E CONTROLLO DEI RISCHI
Gli impianti alimentati da fonte geotermica a bassa temperatura, siano a scambio indiretto (o a circuito chiuso) o a scambio diretto (o a circuito aperto), vengono di norma asserviti al condizionamento estivo ed invernale di ambienti chiusi ed alla produzione di acqua calda per uso sanitario per mezzo di pompe di calore. Queste possono essere reversibili, cioè adatte all’uso sia d’estate sia d’inverno, e polivalenti, ossia adatte alla produzione contemporanea di caldo e freddo. Lo stesso tipo di impianti è adatto anche all’uso diretto, per esempio per serre o stabilimenti termali, sempre che la temperatura del terreno lo consenta. Per preservare la qualità ambientale delle risorse è necessario tener conto delle matrici investite dallo scambio termico nel sottosuolo e perciò, nella fase di analisi per il progetto, definire le modalità utili a garantire la sostenibilità ambientale ed economica della produzione di energia termica dalla sorgente di calore geotermica. L’interconnessione tra l’aspetto energetico, economico ed ambientale o, in una parola, la sostenibilità del sistema, è maggiore di quanto non si creda perché l’efficienza dello scambio termico dipende dalla conservazione della capacità di rinnovamento della risorsa, possibile finché non subisce alterazioni termiche irreversibili. Queste alterazioni possono dipendere da pratiche sbagliate in fase di progettazione, di esecuzione e di gestione di un impianto.
Le analisi energetiche e ambientali sulla risorsa geotermica raggiungono la massima efficacia nell’ambito delle procedure di progettazione integrata, le sole che rappresentano una sicura base per l’uso corretto e duraturo di energia geotermica a bassa temperatura. Queste prassi sono rivolte a utenti evoluti e attenti sia ai vantaggi sia al significato della produzione in filiera corta, in questo caso di energia, che la fonte geotermica e quella solare possono offrire. Tali utenti sono rappresentati da: • investitori e progettisti, per la fase di valutazione di fattibilità del progetto • imprese, per la fase di esecuzione tramite scavi e perforazioni, posa di materiali nel sottosuolo, installazione e allestimento degli impianti meccanici • gestori, per le fasi di esercizio, manutenzione e eventuale dismissione dell’impianto • controllori pubblici e privati, per la fase di verifica degli effetti dello scambio termico a breve, medio e lungo termine. Le possibili interferenze con l’ambiente interessano soprattutto il serbatoio naturale rappresentato dal sottosuolo, ossia il volume di terreno che alimenta l’impianto e che è anche il recettore finale del processo di scambio. Il valore che matura con l’uso sostenibile della risorsa deve essere conservato evitando l’alterazione incontrollata dell’equilibrio termico del
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Geotermia
serbatoio. Per questo motivo la definizione dei parametri energetici ed ambientali significativi e la misurazione delle loro variazioni rappresentano il solo modo per controllare la sostenibilità dello scambio termico. Date queste premesse, le analisi preliminari saranno rivolte a limitare o impedire l’evenienza di danni alle matrici ambientali già nella fase di progettazione, quindi in quella di esecuzione e, infine, nella fase di gestione e manutenzione di un impianto. L’attenzione dev’essere rivolta sia ad ottenere il massimo del vantaggio sia a proteggere l’utente dagli eventuali effetti negativi sulle matrici ambientali coinvolte nello scambio termico, ossia sottosuolo, corpi idrici superficiali e sotterranei, atmosfera e biosfera. La progettazione integrata serve a definire cosa è utile fare per soddisfare i principi dettati dalle norme di riferimento e, al tempo stesso, per gestire i rischi ambientali, con l’obiettivo di rispettare l’interesse economico e sociale di tutti i componenti della filiera e di attivare tutte le misure di cautela.
LA UNI 11468:2012 La norma UNI 11468:2012 definisce una procedura di valutazione del livello di compatibilità ambientale degli impianti geotermici a pompa di calore. La norma è finalizzata a individuare le possibili interferenze con l’ambiente degli impianti che si servono di fonti geotermiche a bassa temperatura, qualsiasi sia il sistema impiegato per scambiare calore. Le interferenze con l’ambiente riguardano soprattutto il serbatoio naturale rappresentato dal sottosuolo, che alimenta l’impianto ed è anche il recettore finale del processo di scambio termico. La norma si propone come strumento destinato al progettista, alle imprese e ai controllori pubblici e privati. Proprio perché si rivolge a diverse figure professionali, quindi con diverse esigenze di conoscenze sul sistema, e per venire incontro alle richieste degli organi istituzionali preposti al controllo, la norma è stata volutamente redatta in maniera discorsiva.
Esempio di sala tecnica (Fonte: E.GEO srl)
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●● Scopo e campo di applicazione
La norma definisce i criteri per la valutazione del livello di sostenibilità ambientale degli impianti geotermici a pompa di calore e si applica alle fasi di progettazione, installazione, gestione, manutenzione e controllo. Ha come scopo e campo d’applicazione gli impianti geotermici a bassa entalpia a pompa di calore a scambio diretto (o a circuito aperto) e a scambio indiretto (o a circuito chiuso) progettati ed eseguiti in conformità alla UNI 11466:2012 e alla UNI 11467:2012, utilizzati per produrre energia termica per climatizzazione (riscaldamento, raffrescamento), e produzione di acqua calda sanitaria mediante scambio di calore con il sottosuolo, qualunque sia la destinazione finale. A questo fine si ritiene utile valutare gli effetti positivi dell’uso della risorsa in termini di: • riduzione di emissioni di CO2 e altri gas • uso di risorse rinnovabili • efficienza energetica espressa come SPF, COP, GUE e EER e, nel contempo, valutare gli eventuali effetti negativi sulle matrici ambientali (atmosfera, sottosuolo, acque superficiali e sotterranee) e sugli esseri viventi. ●● Valutazioni per un giudizio di sostenibilità ambientale La realizzazione di impianti può interferire direttamente con matrici ambientali usate anche per altri scopi, primo tra i quali, nel caso delle falde, l’approvvigionamento di acqua potabile che in Italia avviene per oltre il 75% da queste fonti. Per questo motivo si rende necessario tenere in massima considerazione la tutela della risorsa destinata a questi usi nell’uso di entrambi i sistemi, valutando la loro sostenibilità ambientale con la dovuta attenzione. A tal fine è necessario individuare e stimare il rischio legato all’interferenza con gli altri usi e valutare la sostenibilità dell’intervento. Di seguito sono elencate alcune valutazioni utili a esprimere un giudizio di sostenibilità basato su criteri oggettivi: • esito della valutazione preliminare del rischio. • Esito dell’eventuale analisi di rischio eseguita secondo Linee Guida Luglio 2006 di ISPRA. • Esito delle eventuali modellazioni con indicazione dell’estensione della variazione di temperatura della falda per equidistanza rappresentata da variazione isotermica di 1 °C. • Valutazione della deriva termica nel tempo tramite analisi del TRT (Test di risposta termica) a carico costante o a carico variabile o tramite modellazioni con codice analitico o con codice numerico. • Calcolo e verifica impronta su serbatoio geotermico tramite bilancio energetico annuale. • Valutazione della durabilità dell’opera basata su assenza o stabilizzazione deriva termica e su penalizzazione. • Valutazione dell’efficienza energetica del sistema di scambio geotermico espressa come COP (Coefficiente di prestazione), GUE (Gas
Geotermia
Rischio veicolazione contaminazione attraverso sonda verticale
Utilization Efficiency) e EER (Indice di efficienza energetica). • Quantificazione della riduzione delle emissioni di CO2 e quantificazione delle TEP (Tonnellate equivalenti di petrolio) risparmiate con l’uso della risorsa geotermica. • Previsione procedure di dismissione. ●● Monitoraggio quantitativo per sistemi a scambio diretto e indiretto I principali parametri utili a definire le condizioni di esercizio dello scambio termico, con riguardo alla produzione sostenibile di energia, sono: • temperature e livelli delle falde • Temperature di mandata e ritorno dell’acqua di circolazione nell’impianto • Portata dell’acqua di circolazione dell’impianto • Condizioni climatiche esterne (temperature, umidità relativa e irraggiamento solare) • Temperatura dell’ambiente interno • Potenza elettrica assorbita dalla pompa di calore • Frequenza di funzionamento del compressore • Regime delle portate. La frequenza delle misure deve essere definita in sede di progetto. ●● Monitoraggio qualitativo per sistemi a scambio diretto e indiretto Il monitoraggio periodico della qualità dell’acqua delle falde interessate dai sistemi di scambio termico può rendersi necessario con frequenza da definire caso per caso, eventualmente in parte e in tutto coincidente con i momenti del monitoraggio quantitativo. Il campionamento d’acqua va fatto con elettropompa sommersa posata almeno 2 m sotto il livello di equilibrio della falda accertato, presso i filtri nel punto di osservazione designato a tale scopo, con pompaggio fino a stabilizzazione dei valori di portata, temperatura e conducibilità o fino a estrazione di un volume d’acqua pari a 3 volumi della colonna del punto di osservazione. Il monitoraggio può essere finalizzato alla quantificazione di diversi parametri. Dovranno essere indicate le metodiche per l’analisi dei parametri scelti. Nel caso il monitoraggio evidenzi anomalie significative relative all’efficienza dello scambio termico
Accettabilità crescente
e dell’integrità ambientale delle matrici interessate, si rende necessario valutare tutti i parametri di progetto, verificando innanzitutto la performance energetica dell’impianto. Per quanto riguarda i parametri ambientali va definito un protocollo specifico per valutare il significato dell’anomalia e per la ricerca delle sue cause, con riguardo anche ad eventuali perturbazioni delle condizioni di avvio dell’esercizio dovute a cause esterne. La frequenza dei campionamenti deve essere definita in sede di progetto. Alcuni parametri sono:
Parametri microbiologici • Escherichia coli • Metallobatteri Parametri chimici • Metalli • Solfuri (come H2S) • Azoto ammoniacale • Azoto nitroso • Azoto nitrico • Idrocarburi totali (espressi come n-esano) • Idrocarburi leggeri C<12 • Idrocarburi pesanti C>12 • Solventi clorurati
Danno potenziale Forte
Moderato
Rischio alto
Rischio alto
Rischio alto Rischio medioalto Rischio basso medio- alto
Rischio medio Rischio medio basso Rischio medio basso
Minimo
Non degno di considerazione
Schema per la valutazione preliminare del rischio
Probabilità d’insorgenza del pericolo Alta Media Bassa Trascurabile
Rischio medio –basso Rischio basso
Quasi nullo Quasi nullo
Rischio basso
Quasi nullo
Rischio basso
Quasi nullo
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Geotermia
CONCLUSIONI La norma definisce una procedura di valutazione del livello di compatibilità ambientale degli impianti geotermici a pompa di calore ed è finalizzata a individuare le possibili interferenze con l’ambiente degli impianti, qualsiasi sia il sistema impiegato per scambiare calore. Tale procedura deve essere
LA NUOVA NORMATIVA DI RIFERIMENTO I sistemi e gli impianti che consentono di estrarre energia dal sottosuolo recentemente sono divenuti oggetto di una serie di progetti di norma elaborati in sede CTI, poi divenute norme UNI. • UNI 11466:2012 - Sistemi geotermici a pompa di calore Requisiti per il dimensionamento e la progettazione • UNI 11467:2012 - Sistemi geotermici a pompa di calore Requisiti per l’installazione • UNI 11468:2012 - Impianti geotermici a pompa di calore Aspetti ambientali • UNI TS 11487:2013 - Sistemi geotermici a pompa di calore Requisiti per l’installazione di impianti ad espansione diretta. Altri progetti di norma sono seguiti a questa attività e sono in
parte del processo di progettazione integrata finalizzato a ottenere la massima efficienza dall’impianto a fonte geotermica. La casistica degli impianti oggetto di monitoraggio e di verifiche di efficienza è ormai ampia e costituisce un valido strumento di dimostrazione dell’efficacia dei sistemi di scambio a fonte geotermica. ■
corso di elaborazione presso il CTI nell’ambito del gruppo di lavoro GL 608: • E0206D290 - Impianti geotermici a pompa di calore: monitoraggio energetico, ambientale e manutenzione • E0206C520 - Sistemi geotermici a pompa di calore: requisiti per la qualificazione delle ditte installatrici che forniscono servizi di perforazione e/o installazione degli impianti geotermici a pompa di calore • E0206D170 - Criteri di dimensionamento, installazione ed aspetti ambientali dei sistemi idrotermici a pompa di calore • E0206D570 - Sistemi geotermici a pompa di calore: Requisiti di qualificazione degli operatori delle ditte installatrici e/o perforatrici • E0206D120 - Pozzi per acqua. Progettazione e costruzione.
Comisa - Ravani
Una collaborazione strategica L
o scorso novembre si è definita l’acquisizione da parte di Comisa della Pietro Ravani, azienda operante sul medesimo comparto idrotermisanitario in cui opera anche Comisa. Con questa operazione si è chiuso un progetto nato mesi prima, sfociato nella costituzione della nuova Ravani S.r.l.. Così come Comisa, anche Ravani ha fondamenta storiche. L’azienda nasce nel 1959 ed ha dedicato buona parte della sua storia alla produzione di articoli idrotermosanitari destinati al mercato estero. La forte vocazione all’export fu per i primi anni della loro storia, un tratto comune delle due società. Entrambe dovettero infatti sviluppare altissimi standard qualitativi per poter competere su un mercato internazionale che richiedeva un’affidabilità assoluta. La svolta si ebbe a metà degli anni novanta quando cominciarono a manifestarsi condizioni a livello macroeconomico tali per cui divenne impor tante cogliere le oppor tunità che venivano dal mercato italiano. Erano gli anni in cui i fabbricanti orientali si affacciavano in Europa con prodotti a basso costo, conqui-
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stando impor tanti quote di mercato a discapito della qualità. Questo fattore, unito ad una domanda interna in aumento grazie al concomitante boom dell’edilizia, indusse Comisa ad aprirsi anche al mercato interno. Al contrario, in questa fase storica, Ravani continuò a puntare strategicamente sull’espor tazione dei propri prodotti. Forte della positiva esperienza maturata da Comisa, Ravani vuole oggi affacciarsi al mercato italiano, puntando su linee che continuano a riscuotere grande successo all’estero: una vasta gamma di valvole a sfera e raccordi per tubo in polietilene o multistrato. Su questo principio verte la rinnovata strategia delle due aziende che pur volendo mantenere ciascuna un’identità ben definita, intendono coesiste-
re operando sullo stesso mercato di riferimento. Molti restano infatti i tratti comuni delle due aziende. Entrambe fanno della qualità un tema irrinunciabile, pur senza che ciò si verifichi a discapito della competitività. La collocazione geografica che le vede collocate sulla sponda nord del Sebino, in provincia di Brescia, a poche centinaia di metri l’una dall’altra, è stato un ulteriore fattore che ha facilitato il passaggio di proprietà. La strategia sarà quella di lanciare anche in Italia un’azienda storica sul panorama internazionale, cercando di plasmare su di essa le caratteristiche che hanno reso Comisa un’azienda di successo che si aspetta da questa collaborazione di sviluppare impor tanti sinergie e di poter offrire alla clientela innumerevoli risvolti positivi. ■
REHAU
Vetrina
LA NUOVA SONDA PER ESTRARRE IL 12% DI ENERGIA IN PIÙ R
EHAU, azienda impegnata nello sviluppo di soluzioni innovative per lo sfruttamento del calore terrestre, presenta RAUGEO Helix XXL, la sonda geotermica ellittica per pali di fondazione che consente prestazioni elevate, massima praticità di installazione e sicurezza nel tempo. Evoluzione di RAUGEO Helix, la novità REHAU integra la geotermia superficiale all’aspetto strutturale che caratterizza le moderne costruzioni basate su pali di fondazione, dando vita a pali geotermici attivi che consentono un significativo incremento della resa. Interamente realizzata in PE-Xa secondo DIN 16892/93 per assicurare massima resistenza meccanica, RAUGEO Helix XXL è caratterizzata da un forma cilindrica telescopica che offre numerosi vantaggi sia in fase di trasporto in cantiere, sia in quella di posa, e che esclude le più comuni problematiche delle tradizionali sonde a meandro e a U. Grazie alla sua distribuzione ellittica, infatti, la tubazione di mandata viene facilmente inserita, tirata alla lunghezza desiderata e infine fissata direttamente sull’armatura del palo, mentre quella di ritorno, costituita da un tratto di tubazione verticale senza curvature e collegamenti sul piede del palo, evita la formazione di bolle d’aria nel circuito idraulico, a tutto vantaggio di una completa disaerazione del palo. Oltre a dimezzare i tempi di installazione, la nuova sonda permette un significativo incremento della resa: migliorando lo scambio termico grazie alla maggiore superficie esterna della sonda, in corrispondenza della tubazione di mandata a contatto col terreno, e diminuendolo sulla tubazione di ritorno, infatti, RAUGEO Helix XXL consente un’estrazione di energia superiore. La sua geometria permette, infine, di predeterminare l’interasse di posa in base alla qualità del terreno o di variarlo in funzione della potenza specifica richiesta all’impianto, consentendo di ottimizzare il processo di installazione e risultando una soluzione fruibile nelle più diverse situazioni progettuali che vedono l’impiego di pali di fondazione. La nuova sonda REHAU è disponibile in dimensioni del tubo da Ø25x2,3 e Ø20x1,9. ■
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Audit energetico
Dalla diagnosi all’intervento di Francesco Bianchi – Dipartimento di Architettura, Università degli Studi di Roma Tre
Definire il bilancio energetico di un edificio è un passaggio indispensabile per individuare le azioni da intraprendere per incrementarne l’efficienza. Un esperto spiega come si procede e come valutare l’efficacia e la sostenibilità economica delle soluzioni proposte.
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a diagnosi energetica (audit energetico) si pone l’obiettivo di capire in che modo l’energia viene utilizzata, quali sono le cause degli eventuali sprechi e, eventualmente quali interventi suggerire all’utente, ossia un piano energetico che valuti la fattibilità tecnica e, soprattutto, economica delle azioni proposte. Gli obiettivi sono: • definire il bilancio energetico dell’edificio • individuare gli interventi di riqualificazione tecnologica • valutare per ciascun intervento le opportunità tecniche ed economiche • migliorare le condizioni di comfort e di sicurezza • ridurre le spese di gestione per la fornitura di energia.
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Si tratta di un’analisi approfondita, condotta attraverso sopralluoghi presso l’unità produttiva e l’esame di documenti forniti dall’azienda. Vengono raccolti i dati di consumo e i costi per l’energia, i dati sulle utenze elettriche, termiche, frigorifere, acqua (potenza, fabbisogno/consumo orario, fattore di utilizzo, ore di utilizzazione). Su questa base si procede nella ricostruzione dei modelli energetici. Da tali modelli sarà possibile ricavare la ripartizione delle potenze e dei consumi per tipo di utilizzo (energia per l’illuminazione, energia per il condizionamento, energia per il riscaldamento etc.) e, quando possibile, per centro di costo, per fascia oraria e stagionale. La situazione energetica, così inquadrata, viene analizzata criticamente e in confronto con parametri medi di consumo per individuare interventi migliorativi per ridurre consumi e costi e per la valutazione preliminare di fattibilità tecnico-economica. Gli interventi possono essere classificati in: • modifica contratti di fornitura energia • migliore gestione degli impianti, compresa la modulazione dei carichi • modifiche agli impianti esistenti • nuovi impianti • interventi sull’involucro. Dall’analisi delle informazioni raccolte vengono evidenziati i margini di ottimizzazione e individuate le soluzioni impiantistiche che producano un risparmio al cliente. In quest’ottica, nella fase di analisi, vengono individuati interventi riguardo a: • ristrutturazione edilizia e/o impiantistica • coibentazioni • sostituzione di componenti per ottimizzare il rendimento. I risultati dell’audit energetico portano alla redazione di un report su cui pianificare la fase operativa dell’analisi, procedendo all’indagine delle cause delle disfunzioni tramite metodi di misura energetica (la fase di diagnosi). Conclusa la fase di auditing, si passa alla seconda fase che prevede la pianificazione e l’eventuale realizzazione degli interventi.
Audit energetico
GLI INTERVENTI Gli interventi possono essere a costo zero o a basso costo. Tra questi si annoverano tutti gli interventi logistici di razionalizzazione energetica, la cui messa in atto può consentire anche ingenti risparmi oscillanti tra il 5% e il 20%. Mentre per interventi con investimenti di capitale si intendono tutte le opere sugli impianti termici ed elettrici. A questi si possono, poi, affiancare gli interventi strutturali, che agiscono sull’involucro edilizio per minimizzare le perdite energetiche. Gli sgravi fiscali per la riqualificazione energetica degli edifici sono da perseguire, facendo ricorso a tutte le provvidenze in vigore, favorendo l’efficienza energetica. In genere da un’approfondita indagine emerge che la maggior parte degli sprechi è ascrivibile al tipo di sistema di riscaldamento, alla mancanza di sistemi di regolazione, alla scarsa coibentazione della rete di distribuzione, alla totale assenza di tecnologie solari. Da un’analisi energetica ancor più approfondita possono scaturire elementi validi per determinare le cause, i rimedi e le tecnologie per migliorare la situazione energetica globale.
PROPOSTE PROGETTUALI
●● Riscaldamento e condizionamento
In genere, la sostituzione delle caldaie con macchine a pompa di calore risulta più conveniente. A maggior ragione se le macchine sono di tipo geotermico (GHP), in grado di sfruttare la temperatura dell’acqua di falda (nel caso esista un pozzo). L’efficienza di una macchina a pompa di calore è rappresentata dal coefficiente di prestazione COP, inteso come rapporto tra l’energia termica fornita e l’energia elettrica consumata. I COP per macchine che scambiano con l’aria sono variabili e mediamente intorno a 3,5-4, cioè con 1 kWh di energia elettrica consumata si producono 3,5-4 kWh di energia termica. I vantaggi di questa tecnologia sono: • impiego di una sola macchina per riscaldamento, raffrescamento e produzione di acqua calda sanitaria • parzializzazione dei carichi • dimensioni contenute • non richiede ambienti dedicati • non necessita di canna fumaria • manutenzione meno costosa rispetto a centrali termiche o gruppi frigoriferi • eliminazione del Terzo responsabile • taglio medio delle spese almeno del 40% (costi invernali riscaldamento e acqua calda sanitaria 50-60% rispetto all’olio combustibile). Tale tecnologia è poco diffusa in Italia, per diverse ragioni. Operando su livelli termici bassi, l’impiego è vincolato in accoppiata a soffitti o pavimenti radianti, fan-coil (ventilconvettori) e radiatori a bassa temperatura, con acqua in mandata a 4045 °C. Di conseguenza, non è possibile usare i radiatori esistenti, dimensionati per una temperatura di ingresso più alta, per cui occorre aggiungere altri elementi o sostituirli con ventilconvettori. In ogni caso, ciò comporta la totale sostituzione delle tubazioni, che vanno isolate per evitare la for-
mazione di condensa al passaggio dell’acqua fredda, e l’aggiunta di un terzo tubo per la raccolta dell’acqua di condensa. Anche la sostituzione delle tubazioni comporta un risparmio, poiché circa il 20% del calore prodotto si disperde lungo la rete. Per questi motivi, inoltre, l’impiego delle GHP è limitato quasi esclusivamente agli edifici di nuova costruzione. Per ovviare a questi problemi, i produttori di pompe di calore elettriche stanno cercando di aumentare le temperature operative (fino a 60 °C in mandata), primo passo per ampliarne il mercato. Agli aspetti tecnici, si sommano poi altri aspetti, quali il costo dell’investimento iniziale, che rende convenienti gli impianti di GHP solo in particolari contesti, e l’alto costo dell’elettricità per kWh in Italia, che scoraggiava l’utilizzo di sistemi a pompa di calore per il riscaldamento e riduce i risparmi operativi ottenibili. Le caldaie a condensazione costituiscono una valida alternativa. Abbinate a impianti tradizionali assicurano un risparmio di circa il 25-30%, ma le massime prestazioni si ottengono in accoppiata a sistemi a bassa temperatura (30-50 °C), come pannelli radianti o termosifoni o ventilconvettori. In questo caso la caldaia, grazie ad uno speciale scambiatore di calore resistente alla corrosione, che funge anche da condensatore, recuperando il calore dei fumi in uscita, raggiunge un rendimento superiore al 100%. Assicura, inoltre, una notevole riduzione, circa il 70%, di emissioni di ossido di azoto e monossido di carbonio, ma la condensa che si accumula, molto acida, deve essere smaltita con particolari accorgimenti (norma UNI 11071) facendo lievitare i costi. Solo per le caldaie inferiori ai 35 kW la condensa può essere smaltita direttamente in fognatura. ●● Acqua calda sanitaria
Per l’acqua calda sanitaria è generalmente necessario proporre un impianto solare termico, sulla copertura del fabbricato, in grado di soddisfare almeno il 50% del fabbisogno. Ciò oltre a rispondere a un obbligo di legge, aumenta sensibilmente l’indice di prestazione energetica dell’edificio. Il consumo di acqua potrebbe ridursi anche del 30% sostituendo i soffioni delle docce con quelli a bassa pressione ad alto flusso palmare. Inoltre, potrebbe essere utile realizzare una vasca di accumulo delle acque piovane per uso innaffiamento. ●● Isolamento murario
Generalmente le pareti esterne degli edifici di vecchia costruzione (anteriori al 1976) non hanno nessun isolamento termico, pertanto rientrano in classe termica G. Rivestendo la superficie esterna muraria con un “cappotto”, costituito da materiale isolante di circa 8-10 cm di spessore, si ottiene una riduzione dei consumi di circa il 40%, se la superficie vetrata rappresenta il 15% di tutto l’involucro. Il ritorno economico per tale investimento è però alto, circa 12-15 anni. Se la superficie vetrata è percentualmente superiore (circa il 3040%), occorre agire sulle vetrate, con costi ancora più alti.
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Audit energetico
ANALISI COSTI E BENEFICI (ACB) Per quanto riguarda il rapporto tra risparmio energetico ed investimento, è opportuno considerare tre possibili livelli di intervento: • Livello A: risparmio energetico ottenibile con intervento ad investimento prossimo a zero • Livello B: risparmio energetico ottenibile con intervento ad investimento ammortizzabile entro tre anni • Livello C: risparmio energetico ottenibile con intervento ad investimento ammortizzabile in più di tre anni. ●● Livello A
Gli interventi a costo zero riferibili agli impianti termici possono riassumersi nell’ottimizzazione della gestione dell’impianto, attraverso un’oculata gestione dei carichi, degli orari di riscaldamento, del controllo dei ricambi orari. Per gli impianti elettrici, gli interventi sono legati soprattutto alla gestione delle utenze, prima fra tutte l’illuminazione. Anche in questo caso l’efficienza energetica è un insieme complesso di interazioni e relazioni collegate alla tecnologia (efficienza delle lampade e degli ausiliari elettrici collegati, caratteristiche di distribuzione luminosa dell’apparecchio e del sistema), all’ambiente fisico (presenza o assenza di illuminazione naturale, colore delle super fici), ai comportamenti sociali e ai requisiti di lavoro (educazione degli utenti, spegnimento delle luci in assenza degli utenti, illuminazione localizzata in base al tipo di attività o alla posizione delle finestre). ●● Livello B-C
La realizzazione di un intervento di risparmio energetico comporta quasi sempre un investimento economico, la cui convenienza va valutata a fronte del “valore” del risparmio energetico ottenibile e del tempo di ritorno dell’investimento (tempo di payback, PBP). Per una valutazione completa del-
l’investimento, si può calcolare quanto costa risparmiare energia, in modo da decidere se effettuare o meno una data azione. Esistono diverse tecniche di analisi che permettono di ricavare gli indici di efficienza economica, tra queste le principali sono: • tempo di payback di un dato investimento – metodo A • tempo di payback di un dato investimento – metodo B • calcolo del risparmio netto attualizzato • calcolo del costo dell’unità di energia/combustibile risparmiata. Tra questi, il tempo di payback rappresenta l’indice più veloce, mentre gli altri servono ad affinare la valutazione oppure a fornire ulteriori informazioni, quando il tempo di payback non fosse sufficiente. Dal punto di vista puramente teorico il PBP risulta dalla relazione PBP = I/R, dove: I = investimento iniziale (euro) R = risparmio economico annuale. Il calcolo del tempo di payback si può eseguire in due modi: • METODO A: il più semplice e può essere utilizzato qualora si accetti come condizione che i = d, cioè che inflazione e tasso di sconto bancario coincidano nel periodo di tempo relativo all’analisi economica da effettuarsi. In questo caso si ha che: PBP = I/Ra dove: I = investimento iniziale per la realizzazione dell’intervento energetico (euro) Ra = risparmio annuale ottenuto dall’intervento energetico (euro/anno). • METODO B: impiegato qualora si voglia ipotizzare un andamento disuguale dei due indici (i≠d), ovvero quando il valore dell’inflazione annua prevista sia superiore o inferiore a quello del costo del denaro. In questo caso si ha:
dove: I = investimento iniziale per la realizzazione dell’intervento energetico (euro) Ra = risparmio annuale ottenuto dall’intervento energetico (euro/anno). Se si può dire che un investimento è tanto più conveniente quanto più breve è il suo tempo di payback, è vero anche che questa considerazione non è sufficiente ad inquadrare in modo completo un’analisi economica. Infatti, potrebbe capitare di confrontare due investimenti dei quali uno a basso tempo di ritorno e bassa redditività, l’altro ad alto tempo di ritorno e ad alta redditività. In questo caso non esiste una scelta univoca da adottare e sta al committente definire a quale parametro dare maggior peso. ■ 32 febbraio n° 105
Audit energetico
Un caso pratico
di Rita Bonifacio
Proponiamo un esempio di diagnosi energetica effettuata su un edificio scolastico di Roma.
L
a metodologia seguita fa riferimento alla procedura indicata nella norma UNI CEI/TR 11428:2011 sulla diagnosi energetica, mentre per il calcolo dell’indice di prestazione energetica si è proceduto secondo le norme UNI 11300:2008. La diagnosi è stata effettuata attraverso le seguenti fasi: identificazione del sistema edificio-impianti, definizione della baseline (stato di fatto), individuazione degli interventi e analisi costi-benefici degli interventi scelti.
IL SISTEMA EDIFICIO-IMPIANTI La prima fase ha riguardato l’individuazione dei parametri climatici della zona dove è situato l’edificio e delle caratteristiche dello stabile e dei suoi impianti, mediante l’acquisizione della documentazione relativa. Successivamente con sopralluoghi e rilievi in campo si è provveduto a verificare i dati già in possesso e a integrarli con informazioni relative alle prestazioni dei componenti edilizi ed impiantistici e i parametri ambientali per valutare il comfort. La documentazione acquisita è di tipo tecnico (planimetrie, piante, sezioni, prospetti, schemi impiantistici e caratteristiche tecniche dei componenti edilizi ed impiantistici) e gestionale (bollette energetiche, modalità operative della gestione).
Descrizione: l’edificio, che ospita la scuola elementare e media, è formato da due corpi disposti a T, di cui uno è costituito da 2 piani fuori terra e l’altro da un solo piano, entrambi realizzati su pilotis. Ha una struttura in cemento armato, con solai in latero-cemento, tamponature in muratura a cassa vuota con mattoni forati, finestre con telaio di ferro a doppio vetro e intercapedine riempita d’aria. Superficie utile lorda
4330 m2
Superficie utile Superficie che racchiude il volume lordo riscaldato (S) Volume lordo riscaldato (V) Fattore di forma (S/V)
3877 m2
Dati climatici Tabella 1
8673 m2 17581 m3 0,5 m-1 Zona climatica D, Gradi giorno 1415
Impianto di riscaldamento locale esterno in posizione distaccata dall'edificio Numero di generatori 1 Tipologia caldaia standard Combustibile metano Fluido vettore acqua tubi principali inseriti in traccia Tipologia della distribuzione o nelle intercapedini non isolate termicamente Coibentazione tubazioni Sì Potenza al focolare generatore 320 kW Potenza utile generatore 280 kW Rendimento generatore 0,88 Potenza di targa delle pompe 1,49 kW zona 1 (ambienti con radiatori) Individuazione delle zone e zona 2 (ambienti con termiche aerotermi) Produzione ACS NO Posizione centrale termica
Tabella 2 Tali informazioni sono fondamentali per ridurre le attività di rilievo in campo e quindi i tempi e i costi dell’audit. I sopralluoghi hanno riguardato: • analisi del contesto urbanistico • stato di conservazione dell’edificio • verifica dei dati dimensionali di piante e prospetti • conoscenza delle caratteristiche degli infissi • destinazioni d’uso degli ambienti • individuazione di due zone termiche per la presenza di due tipi di erogatori differenti • ubicazione della centrale termica • controllo della qualità dell’aria misurando umidità, temperatura e anidride carbonica in un’aula occupata, un’aula vuota e nella palestra • monitoraggio, durato 3 giorni, della conduttanza di una parete opaca dell’involucro mediante il termoflussimetro. I dati acquisiti sono sintetizzati nelle tabelle 1, 2 e 3. Il valore medio di conduttanza ottenuto dalle misure effettuate è: C = 0,65 W/m2K da cui considerando anche i coefficienti di adduzione interno ed esterno si ottiene un valore di trasmittanza: U = 0,82 W/m2K . Questo valore risulta poco inferiore a quello calcolato sulla base della stratigrafia della parete; ai fini
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n° 105 febbraio 33
Audit energetico
ZONA TERMICA
zona 1 zona 2
TEMPERATURA TERMINALI DI DESCRIZIONE INTERNA EROGAZIONE (°C) aule, corridoi, uffici e servizi palestra
Periodo di climatizzazione invernale
S.U.L. (m2)
SUP. VOLUME DISPERDENTE LORDO VERSO RISCALDATO L'ESTERNO (m3) (m2)
20
radiatori
4066
7728
15682
18
aerotermi
264
945
1899 ore effettive di accensione = 988 h/anno
dal 1° novembre al 15 aprile
ore di accensione considerando il regime di funzionamento continuo = 3984 h/anno
Tabella 3
COMPONENTE Pareti opache esterne Cassonetti Solaio di calpestio primo livello Solaio di copertura Chiusure trasparenti comprensive degli infissi Vetri
0,88 6
ZONA D Limiti di norma 0,324 -
0,52
0,324
0,53
0,288
da 3,85 a 4,11
2,6
3,3
1,71
TRASMITTANZA (W/m2 K)
Tabella 4 dei calcoli è stato considerato il valore più alto di trasmittanza riportato nella tabella 4. Gli elementi vetrati, come risultato dal sopralluogo effettuato, sono costituiti da doppio vetro con telaio in ferro senza taglio termico. Dalla tabella emerge come i valori delle trasmittanze dell’involucro della scuola siano molto più elevati dei massimi previsti dall’allegato C del D.Lgs del 192/05 per la zona climatica D, ridotti del 10% in base a quanto indicato per gli edifici pubblici nel caso di nuova costruzione o ristrutturazione (art. 4, comma 15 del D.P.R. 59/09). I valori sono elevati in quanto i materiali che costituiscono l’involucro non assicurano un buon isolamento, infatti dalla stratigrafia risulta che nelle tamponature è presente una camera d’aria al posto dell’isolante, mentre nei solai lo strato di isolante è inadeguato.
DEFINIZIONE DELLA BASELINE La valutazione dell’efficienza energetica dell’edificio, ossia la definizione della situazione attuale dal punto di vista energetico (detta baseline), in
base a quanto stabilito dal D.M. 158/2009, è espressa dall’indice di prestazione energetica globale EPgl (EPgl = EPi+EPacs+EPe+EPill); nel caso in esame è necessario calcolare solo l’indice di prestazione energetica per il riscaldamento EPi, in quanto non ci sono impianti per il raffrescamento e per la produzione d’acqua calda sanitaria: Epi = QP,H/V dove: V è il volume lordo riscaldato dell’edificio QP,H è il fabbisogno di energia primaria per il riscaldamento. Si è utilizzato il metodo di calcolo da rilievo sull’edificio o standard che tiene conto delle caratteristiche reali dell’edificio e considera le condizioni standard indicate nella UNI/TS 11300-1 e nelle altre norme in essa richiamate. Sono stati utilizzati i seguenti dati: • dati climatici di Roma indicati nella norma UNI 10349 • dati reali dell’edificio • dati dell’impianto ricavati in parte dai prospetti della norma UNI/TS 11300-2 e in parte dalle schede tecniche • dati convenzionali per le modalità di utilizzo e di occupazione dell’edificio • tempo di utilizzo dell’impianto considerando il regime di funzionamento continuo, ossia la durata della stagione di riscaldamento. L’edificio è risultato di classe G, la più bassa. Ciò è da attribuire alle grandi dispersioni termiche, dovute alla presenza di ampie superfici vetrate, del piano pilotis (per cui il piano del I livello non confina con il terreno ma con l’aria e al cattivo isolamento termico dell’involucro), e per i bassi rendimenti dei sottosistemi dell’impianto di riscaldamento che presentano perdite che ammontano a circa il 40% del fabbisogno di energia primaria per
Tabella 5
Trasmittanza U W/m2K
QP,H kWh
EPi kWh/m3
Classe energetica
metano m3
Tempo di ritorno
Prima Dopo
0,53 0,18
649828 569771
37 32,4
G G
67733 59388
13 anni
Risparmio annuo (m3)
8344
Nota 1: Nel calcolo del tempo di ritorno degli interventi si è considerato per il metano il prezzo (a decorrere dal 1° aprile 2013) indicato dall’Autorità per l’energia elettrica e il gas.
34 febbraio n° 105
Audit energetico
Tabella 6
Userramenti W/m2K
QP,H kWh
EPi kWh/m3
Classe energetica
metano m3
Tempo di ritorno
3,9 1,5
649828 502753
37 28,6
G G Risparmio annuo
67732 52402
17 anni
Prima Dopo
Prima Dopo
hgen
hrg
he
0,79 1,087
0,93 0,99
0,9 0,97
QP,H kWh 649828 418607
EPi kWh/m3 37 23,81
Tabella 7 il riscaldamento dello stabile. Inoltre ci sono grandi sprechi di calore perché l’edificio è riscaldato interamente, anche se numerose aule non sono utilizzate; bisognerebbe quindi tenere conto del suo utilizzo parziale in termini di orario e anche di volume.
INDIVIDUAZIONE DEGLI INTERVENTI La scelta degli interventi è stata fatta tenendo conto anche degli incentivi previsti per le amministrazioni pubbliche dal D.M. del 28/12/12, il Conto Termico, riguardante l’incentivazione della produzione di energia termica da fonti rinnovabili e gli interventi di efficienza energetica di piccole dimensioni. Per ciascun intervento sono stati valutati: • il nuovo fabbisogno di energia primaria per il riscaldamento • la nuova classe energetica • il risparmio di metano • il tempo di ritorno del capitale investito. Agli interventi sono stati assegnati priorità diverse in base ai tempi di ritorno, ossia i tempi in cui l’investimento viene ammortizzato.
INTERVENTI Dall’analisi dei risultati si è visto che le trasmittanze dei componenti dell’involucro sono elevate. La realizzazione di un cappotto per l’intero edificio è stata esclusa, perché la superficie dell’involucro è molto estesa e la spesa sarebbe troppo elevata. Più opportuno isolare maggiormente la facciata a Nord-Est, dove si hanno maggiori dispersioni per le più basse temperature esterne superficiali delle pareti, ma la presenza di ampie vetrate fa presumere che anche quest’azione non produrrebbe effetti significativi sulla prestazione energetica tali da giustificarne i costi. Si è proposto quindi il miglioramento dell’isolamento del solaio di copertura e la sostituzione dei serramenti in ferro. Gli interventi proposti sull’impianto di riscaldamento sono la sostituzione della caldaia, l’installazione di valvole termostatiche e l’aumento della superficie dei radiatori.
15330
Classe energetica
metano m3
Tempo di ritorno
G F Risparmio annuo
67732 43632
3 anni
24100
ANALISI COSTI-BENEFICI
●● Isolamento termico del solaio di copertura
Si è scelto di migliorare l’isolamento della copertura mediante pannelli termoisolanti in schiuma polyiso espanso rigido senza l’impiego di CFC. I pannelli sono rivestiti di uno strato di vetro bitumato impermeabilizzante; su di essi si applica poi uno strato protettivo di tessuto non tessuto e al di sopra una pavimentazione in marmette. La trasmittanza del solaio dopo l’intervento risulta: U = 0,18 W/m2K < 0,22 W/m2K. Costo totale intervento: 142.254 euro; Incentivo: 56.902 euro. ●● Sostituzione dei serramenti e installazione di valvole termostatiche sui radiatori Costo totale intervento: 307.000 euro; Incentivo: 60.000 euro. ●● Sostituzione della caldaia con una caldaia a condensazione, installazione di valvole termostatiche sui radiatori e ampliamento della superficie dei radiatori Costo totale dell’intervento: 64000 euro; Incentivo: 25600 euro.
In base all’analisi effettuata risulta che gli interventi sull’involucro non producono miglioramenti significativi della prestazione energetica dell’edificio e hanno costi elevati con tempi di ritorno maggiori di 10 anni. Pertanto è stato proposta la sostituzione della caldaia, che comporta un piccolo miglioramento della classe energetica, riduce i consumi di combustibile e ha un tempo di ritorno di soli 3 anni. Da rilevare che non è possibile migliorare in modo significativo la classe energetica dell’edificio in quanto il fabbisogno termico in partenza è già molto elevato a causa del suo orientamento e delle caratteristiche geometriche e costruttive. ■ Tratto dalla tesi di laurea in Architettura – Università degli Studi Roma Tre – dell’Architetto Rita Bonifacio.
n° 105 febbraio 35
Riqualificazione
La via italiana alla diagnosi energetica Giuliano Dall’O’
Il Green Energy Audit è una procedura di diagnosi sviluppata presso il Politecnico di Milano con l’obiettivo di accelerare il passaggio dalla valorizzazione energetica alla valorizzazione ambientale delle costruzioni. Con Giuliano Dall’O’, docente di Fisica Tecnica Ambientale presso l’ateneo lombardo, abbiamo analizzato le peculiarità di questo nuovo approccio. ●● Perché è nata l’esigenza di sviluppare
un nuovo protocollo di diagnosi energetica? La diagnosi energetica degli edifici non è un argomento nuovo. Se ne è sempre parlato, fin da quando è emersa la necessità di contenere i consumi di energia in tutti i settori, quindi anche in quello edilizio. L’introduzione della certificazione energetica, tuttavia, ha in un certo senso oscurato l’interesse verso la diagnosi, anche per un’interpretazione sbagliata della certificazione stessa, spesso vista anche come suo un surrogato. Diagnosi e certificazione, invece, sono due procedure diverse che partono da due presupposti diametralmente opposti: la prima restituisce una descrizione energetica dell’edificio, definendo le sue prestazioni in condizioni d’uso normalizzate (approccio oggettivo), mentre la seconda indaga sul funzionamento energetico dell’edificio in condizioni d’uso reali, evidenziando gli sprechi, ma anche e soprattutto definendo le soluzione per rimuoverli (approccio soggettivo). Il Green Energy Audit si presenta innanzitutto come una procedura codificata completa di diagnosi energetica, al momento l’unica a livello nazionale, e può essere quindi utilizzata come tale. La sua naturale applicazione, tuttavia, va oltre l’aspetto energetico, che comunque è di fondamentale importanza. Obiettivo del Green Energy Audit è contribuire al miglioramento della sostenibilità degli edifici, attraverso un percorso che guidi l’Auditor a verificare tutte le possibili azioni di retrofit che vanno in questa direzione. Non solo efficienza energetica, quindi, ma anche uso razionale di tutte le risorse, a partire dall’acqua, e valorizzazione nella scelta dei materiali, meglio se ecosostenibili.
●● Ci spiega il concetto
di valorizzazione energetica? La valorizzazione energetica degli edifici rappresenta una tappa importante di un percorso iniziato tanti anni fa, all’indomani della prima crisi energetica. Di fronte all’emergenza di dover fare i conti con risorse energetiche che apparivano inesauribi-
36 febbraio n° 105
li, la parola d’ordine era “risparmio energetico” inteso come riduzione dei consumi a tutti i costi. La crisi energetica ha avuto degli effetti positivi, stimolando i settori industriali del mercato delle costruzioni (sia riguardo gli edifici sia gli impianti) e le competenze tecniche degli operatori coinvolti, dai progettisti agli installatori. Questi nuovi strumenti hanno consentito di garantire la stessa riduzione dei consumi di energia senza però rinunciare al comfort. Si è iniziato a parlare di efficienza energetica intesa come un modello “politically correct” di gestire l’energia che si limitasse a evitare gli sprechi. La “valorizzazione energetica degli edifici”, concetto da me introdotto per la prima volta in occasione di una pubblicazione destinata agli operatori del mercato immobiliare, parte dal presupposto che un edificio energeticamente efficiente acquisisce un maggiore valore di mercato, proprio in virtù del fatto che la sua gestione risulta più economica. Un cittadino che intende riqualificare la propria casa ottiene in questo modo due vantaggi: la riduzione della bolletta energetica e un più alto valore dell’edificio al momento del trasferimento di proprietà. La valorizzazione energetica, il cui potenziale è stato amplificato dalla certificazione energetica, contribuisce a far passare un messaggio importante: riqualificare energeticamente un edificio può essere considerato anche un investimento. ●● Che cosa significa passare dalla
valorizzazione energetica alla valorizzazione ambientale dell’ambiente costruito? La valorizzazione energetica degli edifici ha un’implicazione sostanzialmente economica: l’edificio vale di più perché la sua gestione è meno onerosa. In questi ultimi anni, tuttavia, al minor consumo di energia si sono aggiunte altre esigenze. Anche nel settore immobiliare si sta affermando sempre di più il concetto che l’obiettivo da raggiungere sia una maggiore sostenibilità ambientale degli edifici. Non è casuale che, a fianco alle procedure della certificazione energetica, si stiano sviluppando i protocolli di certificazione ambienta-
Riqualificazione
le come il LEED, il BREEAM o ITACA. La valorizzazione ambientale degli edifici può quindi essere considerata l’ultima frontiera del mercato immobiliare: un edificio efficiente dal punto di vista energetico e sostenibile dal punto di vista ambientale può diventare più appetibile e ottenere un migliore riconoscimento dal mercato, in un contesto sociale nel quale la sostenibilità ambientale della popolazione, e quindi dei possibili acquirenti, è cresciuta e continua a crescere. Questa rivoluzione culturale, che trova la sua culla ideologica in alcuni Paesi del Centro Europa, come la Germania o l’Austria, si sta diffondendo, anche se con una vision diversa, negli Usa che sono poi la patria del protocollo LEED. È una questione di tempo e questa contaminazione, sicuramente positiva, toccherà molti Paesi compresa l’Italia, dove già si cominciano a vedere i primi segnali di un cambiamento culturale, purtroppo fortemente rallentato dalla recessione del mercato immobiliare. ●● Quali i limiti e gli aspetti non compresi
dalle metodologie già esistenti? Mentre in Italia le procedure per la certificazione energetica sono ben definite da leggi nazionali o regionali, per ciò che riguarda la diagnosi energetica attualmente non esiste alcuna procedura. Il vero problema è proprio questo: la carenza di riferimenti concreti. Nel nostro Paese l’unico riferimento normativo è quello dell’UNI, che nella norma UNI CEI/TR 11428:2011 stabilisce i requisiti minimi della diagnosi energetica. Negli Usa, e in generale nei Paesi anglosassoni, la cultura della diagnosi energetica è invece più consolidata. Un riferimento importante, e anche un’ispirazione per il Green Energy Audit, sono le linee guida pubblicate dall’ASHRAE (American Society of Heating, Refrigerating and Air Conditioning Engineers).
●● Quando è stato sviluppato
il Green Energy Audit e con quali obiettivi? La procedura alla base del Green Energy Audit si è formalmente concretizzata con la pubblicazione del Manuale operativo che risale al maggio 2011. Il progetto si pone alcuni importanti obiettivi: • promuovere la cultura dell’efficienza energetica e della sostenibilità degli edifici del patrimonio edilizio esistente, attraverso uno schema operativo cui possano fare riferimento i tecnici che si vogliono impegnare in questo settore; • diventare un primo punto di aggregazione a livello nazionale, su base volontaria, per gli energy auditor qualificati che possono condividere esperienze e sinergie partendo da una visione condivisa di ciò che è il Green Energy Audit; • promuovere la formazione tecnico-scientifica e il successivo riconoscimento delle competenze all’interno di uno schema di procedure di qualità; • stimolare le aziende che operano nei diversi settori, dall’edilizia agli impianti, nel definire, diffondere e supportare soluzioni tecniche applica-
bili e replicabili che gli auditor possano a loro volta condividere e proporre ai clienti/utenti; in quest’ottica l’obiettivo è di favorire un trasferimento tecnologico tra chi propone (le aziende), chi definisce (gli auditor), chi installa (impiantisti e imprese di costruzione) e chi utilizza (l’utente); • avviare un’attività di benchmarking raccogliendo all’interno di una banca dati a livello nazionale le informazioni relative alla qualità energetica e ambientale degli edifici del patrimonio esistente. Nel 2013 è stata pubblicata le versione in inglese del manuale operativo del Green Energy Audit, che quindi non è più solo uno standard italiano, ma trova applicazione a livello internazionale. ●● Quali le peculiarità del nuovo protocollo?
Green Energy Audit è una procedura di diagnosi che si pone l’obiettivo di accelerare il passaggio dalla valorizzazione energetica alla valorizzazione ambientale dell’ambiente costruito. Nella definizione del processo si sono individuati due obiettivi: migliorare le prestazioni energetiche, quindi ridurre i consumi di energie da fonte fossile, e migliorare la sostenibilità. Le misure proposte, ne sono state codificate più di cento nel manuale ma potrebbero essere molte di più, puntano a migliorare la qualità ambientale dell’edificio nelle sue diverse accezioni: si parla quindi di apparecchi efficienti, di utilizzo delle fonti rinnovabili, di isolamento termico dell’involucro, ma anche di riduzione dei consumi di acqua potabile e di scelta di materiali ecosostenibili. Ma come misurare il miglioramento della sostenibilità una volta attuate le misure? Ci è sembrato utile fare riferimento al protocollo di certificazione ambientale con maggiore valenza internazionale e cioè il LEED, protocollo che grazie al GBC Italia si sta diffondendo rapidamente anche nel nostro Paese. Dal punto di vista applicativo la procedura si può adattare anche ad altri protocolli, come il Protocollo ITACA molto diffuso nel nostro Paese e adottato come protocollo di riferimento in alcune Regioni. La peculiarità di questa procedura, dunque, è fare da ponte tra il classico processo di diagnosi orientato alla sola efficienza energetica e gli standard di certificazione ambientale più diffusi.
●● Il nuovo protocollo è stato testato
su edifici e con quali risultati? Il Green Energy Audit è stato applicato in via sperimentale su un complesso di edilizia sociale situato nel Comune di Milano ed i risultati sono stati divulgati attraverso una pubblicazione internazionale. In tempi più recenti si è utilizzata questa metodologia per verificare la fattibilità tecnica ed economica nella riqualificazione non solo energetica ma anche ambientale di 14 edifici scolastici situati in Lombardia. In entrambe le applicazioni lo strumento si è rivelato utile per dimostrare come una riqualificazione ambientale non sia solo fattibile ma sia anche economica. Con sovraccosti, infatti, è possibile valorizzare dal punto di vista ambientale edifici esistenti. In tutti gli edifici
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n° 105 febbraio 13
Riqualificazione
COME SI SVOLGE IL PROCESSO DI DIAGNOSI L’impostazione metodologica proposta dal Green Energy Audit segue un processo strettamente legato ad un percorso di qualità che possiamo scomporre in diverse fasi. • Definizione del contratto tra Auditor e Committente con lo scopo di comprendere, attraverso incontri e attraverso l’esame della documentazione ricevuta, le caratteristiche del lavoro richiesto e i termini per la sua effettuazione. • Acquisizione della documentazione necessaria per comprendere la situazione di partenza (ad esempio planimetrie, sezioni, caratteristiche termofisiche dell’edificio, caratteristiche impiantistiche, modalità di utilizzo degli spazi e degli impianti, consumi energetici, ecc.). • Piano delle attività: definisce le attività, le programma con sequenza temporale, verifica che siano svolte in coerenza con la programmazione. • Definizione degli indicatori di consumo e prestazionali. • Organizzazione ed esecuzione dei rilievi in campo e dei monitoraggi necessari per integrare le informazioni tecniche e gestionali che non si sono potute dedurre dalla documentazione fornita dal Committente, per effettuare misure strumentali per raccogliere informazioni, effettuare misure per definire i parametri delle condizioni ambientali (valutazione del comfort), per una prima selezione delle azioni possibili, verificando l’applicabilità delle stesse. • Definizione della baseline (situazione prestazionale di riferimento attuale con la quale ci si confronta per individuare e poi valutare, le possibili azioni). • Definizione del Green Energy Plan, fase in cui l’Auditor, sulla base delle informazioni acquisite compresi i risultati delle misurazioni, delle verifiche e dei monitoraggi, decide quali interventi proporre, ne valuta i costi e ne verifica i benefici. Gli interventi possono riguardare l’involucro, gli impianti o entrambe le componenti dell’edificio, ma anche implementazione di procedure per il miglioramento della gestione. L’impostazione metodologica prevede tre possibili livelli operativi: Walk-Throught Audit, Standard Audit e Simulation Audit. Nel Walk-Throught Audit la fase di rilievo sul campo si limita normalmente a un
solo sopralluogo. Una volta raccolti i dati, questi devono esser elaborati: la restituzione è un report sintetico con l’individuazione delle inefficienze impiantistiche e gestionali, una prima lista di interventi, infine indicazioni sull’opportunità di approfondire ulteriormente l’Audit. Lo Standard Audit approfondisce le caratteristiche tecniche, prestazionali e gestionali dell’edificio, effettua dei rilievi di dettaglio delle caratteristiche edilizie e impiantistiche e quasi sempre comprende delle verifiche prestazionali attraverso campagne di monitoraggio. Si raccolgono quindi molte più informazioni, tutti elementi che, unitamente ai consumi energetici storici degli anni precedenti, mediamente da tre a cinque, servono per elaborare un bilancio energetico o baseline, sulla base del quale si dovranno poi effettuare tutte le simulazioni che porteranno
COMMITTENTE
COMMITTENTE GESTORE MANUTENTORE
DEFINIZIONE DEL CONTRATTO ACQUISIZIONE DELLA DOCUMENTAZIONE
Edificio - Impianti Modalità gestionali
PIANO ATTIVITA’ DEFINIZIONE INDICATORI DI CONSUMO
COMMITTENTE MANUTENTORE GESTORE
Benchmark
Verifica condizioni ambientali RILIEVI IN CAMPO
Rilievi dimensionali e strumentali Monitoraggi
DEFINIZIONE DELLA BASELINE
Green Energy Plan COMMITTENTE
COMMITTENTE
INDIVIDUAZIONE DEGLI INTERVENTI
VALUTAZIONE SOSTENIBILITA’ AMBIENTALE
Valutazioni tecniche Valutazioni economiche
Protocollo LEED
ELABORAZIONE DEL REPORT TECNICO
Schema metodologia
indagati è stato possibile verificare il raggiungimento dei requisiti minimi per la certificazione LEED. Il costo della procedura di audit è assolutamente confrontabile con quello di una normale procedura di diagnosi energetica di buon livello. ●● Quali iniziative state portando
avanti per favorirne l’impiego? A supporto della procedura è stato creato un sito (www.green-energy-audit.org) dal quale si possono
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a stimare la bontà dell’intervento in termini di miglioramenti prestazionali. Nello Standard Audit viene restituito al Committente un report esteso con descrizione dello stato di fatto (strutture ed impianti), individuazione delle inefficienze strutturali impiantistiche e gestionali, definizione e descrizione degli interventi, valutazioni economiche. Scopo del report è fornire le indicazioni necessarie per individuare gli interventi più convenienti: la fase successiva è la progettazione esecutiva, che però non rientra tra le competenze dell’Energy Auditor. Il Simulation Audit considera tutti gli elementi contenuti nello Standard Audit, con la differenza che le valutazioni prestazionali energetiche, prima e dopo gli interventi, riguardano necessariamente tutto l’edificio e utilizzano modelli di simulazione dinamica. ■
scaricare in modo gratuito le check-list e gli eventuali aggiornamenti. Sono stati organizzati dei corsi per Green Energy Auditor della durata di 4 giornate, la frequenza e il superamento dell’esame finale consentono di ottenere una certificazione per l’inserimento nell’elenco di Green Energy Auditor promosso e gestito da SACERT. Fino ad oggi i Green Energy Auditor abilitati, ossia che hanno frequentato il corso con il superamento dell’esame, sono 183, di questi 42 sono nell’elenco di SACERT. ■
Diagnosi energetica
Valutazione in opera dei coefficienti lineici Le analisi termografiche su edifici esistenti sono un valido strumento per la verifica e la valutazione delle dispersioni energetiche. Vediamo come attraverso l’esame di due casi studio. di Alessandro Panzeri – Responsabile ricerca e sviluppo ANIT
G
eneralmente si definisce l’indagine termografica come indagine qualitativa e non quantitativa poiché da essa non è possibile stabilire il grado di isolamento termico delle strutture opache, ovvero il valore di trasmittanza termica U [W/m²K]. L’esperienza maturata attraverso misure e indagini realizzate da più di 10 anni e gli approfondimenti legati al modello di calcolo delle dispersioni energetiche degli edifici per mezzo del bilancio energetico in regime stazionario hanno portato ad avviare delle riflessioni sulla possibilità di valutare il coefficiente lineico di un ponte termico (ovvero l’imprecisione del modello A x U) sulla base dei dati rilevati per mezzo di un termogramma. Il criterio alla base è che tanto più uniforme è la distribuzione di temperatura superficiale, tanto meglio il modello A x U descrive la superficie oggetto di indagine; tanto più sono presenti anomalie di distribuzione di temperatura e tanto più le differenze sono elevate, tanto maggiore sarà l’imprecisione del modello A x U, la peggiorazione percentuale o il coefficiente lineico da aggiungere. Le figura 1 riassume il modello di bilancio energetico che si impiega per il calcolo del fabbisogno energetico degli edifici di nuova costruzione e per redigere gli attestati di certificazione energetica. Il valore del coefficiente dispersivo H [W/K] è dato dalla somma del modello semplice di A x U e delle rimanente parte energetica disperdente non computata con il modello A x U. I coefficienti lineici traducono generalmente tale maggiorazione di dispersione. Nell’immagine termografica è evidente la necessità di aggiungere al modello A x U le informazioni del
coefficiente lineico per arrivare a descrivere correttamente il coefficiente dispersivo H. Ma se all’immagine sostituiamo un edificio con cappotto esterno, come visualizzato in figura 2, l’influenza della presenza di travi e pilastri in calcestruzzo armato (c.a.) non è più “visibile” dal punto di vista termografico e dal punto di vista energetico (i coefficienti lineici sono prossimi a zero se non negativi). L’Università degli Studi di Perugia ha già condotto e presentato a livello universitario una pubblicazione [F. Asdrubali, G. Baldinelli, F. Bianchi A quantitative methodology to evaluate thermal bridges in buildings. Applied Energy 97, pp. 365-373, 2012] in merito a tali aspetti: In questo contesto si vuole sintetizzare il fatto che da un’indagine termografica condotta in condizioni idonee è possibile stimare la maggiorazione percentuale (o il coefficiente lineico), per alcune tipologie di ponti termici, analizzando la differenza di temperatura generata dal ponte termico. A questo scopo si analizzano due casi: un edificio con ponti termici di travi e pilastri in c.a. senza alcuna correzione e un edificio con del materiale isolante posto come cassero a perdere a correzione dei ponti termici. In entrambi i casi, sulla base delle indagini termografiche e della stima del valore di trasmittanza delle parete, si valuta il coefficiente lineico ψe espresso in W/mK.
PONTI TERMICI SENZA CORREZIONE La prima operazione da eseguire è realizzare un’indagine termografica in condizioni idonee e individuare dal termogramma selezionato una serie di valori numerici di temperature superficiali che ben
➲ Fig.1: Modello di dispersione energetica in bilancio stazionario in accordo con il metodo analitico della norma UNI TS 11300-1
n° 105 febbraio 39
Diagnosi energetica Fig.2: Edificio con sistema a cappotto: modello A x U sufficiente a spiegarne il comportamento in termini di bilancio comprensivo della presenza di travi di bordo e pilastri in c.a.
rappresenti il ponte termico che si vuol analizzare. Nel termogramma della figura 3 vengono evidenziate due tipologie di ponte termico: trave in c.a. tra unità abitative (riferimento Li2) e pilastro in parete (riferimento Li1). Una volta individuata la linea di temperatura da studiare e quindi la serie di valori associata, si realizza un grafico: in ascissa vengono rappresentati il numero di pixel che hanno un certo valore di temperatura associato e riferito all’ordinata. Nel caso del pilastro esterno l’andamento della temperatura della linea individuata sul termogramma come Li1 è rappresentato dal grafico in figura 4. L’andamento è tipico del ponte termico studiato e si può denominarlo come “curva a campana”. I valori di temperatura superficiale ben spiegano il comportamento termico delle due differenti strutture: poiché la parete rispetto al pilastro in c.a. è meno conduttiva termicamente, la temperatura superficiale esterna è più vicina a quella dell’aria esterna, mentre il pilastro ha temperature superficiali esterne molto elevate (fino a 6 °C). Per quanto riguarda la dispersione energetica, maggiore la differenza, maggiore l’incer tezza generata dal modello A x U che vedrebbe all’esterno solo un unico valore medio di temperatura superficiale intorno ai 2 °C. Se si analizza il grafico della trave di bordo in c.a. (linea del termogramma Li2) della stessa parete e con le stesse condizioni ambientali, confrontandola con il grafico del pilastro, emerge che la curva a campana per la trave ha dei valori di picco maggiori del caso del pilastro. La trave sarà quindi maggiormente dispersiva e avrà teoricamente un maggiore coefficiente lineico ψe [W/mK]. Ma come poter ottenere un coefficiente lineico o Fig.3: Prospetto in fotografia e in termogramma: presenza di anomalie termiche derivanti da travi e pilastri in c.a.
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una maggiorazione percentuale dalla distribuzione di temperatura? È possibile stimare il coefficiente lineico ipotizzando un rapporto di proporzionalità tra la differenza in “gradi x pixel” e la differenza di dispersione energetica tra la condizione con e senza ponte termico.
CALCOLO DEL COEFFICIENTE LINEICO IN OPERA Provando a realizzare i calcoli per il pilastro si ottengono i seguenti risultati. In assenza di ponte termico, il coefficiente dispersivo di 1,8 m² di superficie di parete con trasmittanza ipotizzata U = 1,1 [W/m²K] è pari a H = 1,98 [W/K]. Il valore è riferito ad una lunghezza di 1,8 m espressa da 100 pixel alla temperatura media di 2,05 °C. Il parametro guida è quindi il parametro “pixel x °C” da rapportare al coefficiente dispersivo H. Pur essendo solo una lunghezza, può essere rapportato ad un’area immaginando che tale situazione sia estendibile ad un metro di altezza. Studiando il profilo di temperatura derivante dal termogramma e valutando per ogni pixel l’effettiva temperatura superficiale (quindi eseguendo l’integrale sotteso alla curva), si ottiene che il prodotto pixel x [°C] passa da un valore di 205 (in assenza di ponte termico) ad un valore di 284. La presenza del ponte termico porta quindi ad una maggiorazione di distribuzione di temperatura pari al 38%. Da questa valutazione, nell’ipotesi che tale maggiorazione sia proporzionalmente dipendente alla maggiore dispersione energetica, è possibile stimare il coefficiente lineico come:
L2D - H = ψe’
Diagnosi energetica Fig.4: Distribuzione di temperatura superficiale esterna (Tse) dovuta alla presenza di un pilastro non isolato in una parete in doppio tavolato in mattoni forati senza isolamento
Fig.5: Distribuzione di temperatura superficiale esterna dovuta alla presenza di un pilastro non isolato e di una trave di bordo in una parete in doppio tavolato in mattoni forati
Il valore di coefficiente lineico stimato è quindi pari a ψe’ = 0,76 W/K per ogni metro lineare di pilastro in altezza. Poiché tutto è in rapporto e dipende dalla dimensione geometrica attribuita ai pixel, ovvero all’iniziale valore di lunghezza stimato essere pari a 1,8 m, la presente procedura è realizzabile e corretta se i pixel analizzati hanno una corretta corrispondenza dimensionale rispetto ai reali metri lineari. Il calcolo agli elementi finiti eseguito con Iris, un software validato in accordo con la norma UNI EN 10211, con una stratigrafia geometricamente e termicamente simile porta ad un valore predittivo di ψe = 0,74 W/mK. Realizzando il calcolo anche per la trave di bordo si ottengono i seguenti risultati: • coefficiente lineico con indagine termografica ψe’ = 0,83 W/mK • coefficiente lineico con calcolo predittivo ψe = 0,75 W/mK.
Vista la differente distribuzione di temperatura esterna individuata con l’indagine termografica si ritiene maggiormente rappresentativo il dato di 0,83 W/mK. Il comportamento su strutture non isolate è estremamente lineare e quindi di più facile interpretazione. Occorre adesso vedere se per strutture con una correzione del ponte termico il metodo proposto sia ugualmente rappresentativo. Facciamolo con un secondo caso studio.
COEFFICIENTI LINEICI CON PONTE TERMICO CORRETTO L’indagine termografica è stata realizzata in condizioni molto simili alle stazionarie e riguarda un edificio costruito successivamente al DLgs 192/05 e s.m.i. La struttura è costituita da travi e pilastri in c.a. con doppio tavolato con isolamento termico in intercapedine. Sono state realizzate indagini termoflussimetriche e la trasmittanza in opera risulta
➲ Fig.6: Prospetto in fotografia e in termogramma: presenza di anomalie termiche derivanti da travi e pilastri in c.a. con correzione dei ponti termici
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Diagnosi energetica IN ASSENZA DI PONTE TERMICO pixel 100
Tse [°C] 2,05
pixel x [°C] 205
A [m²] 1,8
U [W/m²K] 1,1
H [W/K] 1,98
CON PONTE TERMICO pixel 100
Tse [°C] 2,05 - 6
pixel x [°C] 284
A [m²] 1,8
U [W/m²K] 1,1
ΔH [W/K] 38%
L2D [W/K] 2,74
Fig.7: Distribuzione di temperatura superficiale esterna dovuta alla presenza di un pilastro non isolato in una parete in doppio tavolato in mattoni forati
pari a U = 0,39 W/m²K. Le pareti sono quindi isolate. Dalle indagini termografiche è evidente la correzione attuata sulle travi e sui pilastri in c.a., ma quale coefficiente lineico è da attribuire al ponte termico? Come fatto per il calcolo precedente, si studia una serie di valori rappresentativi. Il grafico evidenzia i benefici della correzione: tutta l’area sottesa all’ipotetico comportamento senza correzione è rappresentativa dell’energia non dispersa. Realizzando i calcoli per il pilastro con la correzione si ottengono i seguenti risultati. In assenza di ponte termico, il coefficiente dispersivo di 1,8 m² di super ficie di parete con trasmittanza ipotizzata U = 0,39 [W/m²K] è pari a H = 0,7 [W/K]. Il valore è riferito ad una lunghezza di 1,8 m descritta da 84 pixel alla temperatura media di 1,7 °C. Il parametro guida è quindi il parametro “pixel x °C” da rapportare al coefficiente dispersivo H. Studiando il profilo di temperatura derivante dal termogramma e valutando per ogni pixel l’effettiva temperatura superficiale (quindi eseguendo l’integrale sotteso alla curva), si ottiene il valore di 221 pixel x [°C]. La presenza del ponte termico porta ad una maggiorazione di distribuzione di temperatura pari al 53%. Da questa valutazione, nell’ipotesi che tale
maggiorazione sia proporzionalmente dipendente alla maggiore dispersione energetica, è possibile stimare il coefficiente lineico come: L2D - H = ψe’ Il valore di coefficiente lineico stimato è quindi pari a ψe’ = 0,37 W/K per ogni metro lineare di pilastro in altezza. Il calcolo agli elementi finiti con una stratigrafia geometricamente e termicamente simile porta ad un valore predittivo di ψe = 0,39 W/mK con una correzione in materiale isolante da 5 cm.
CONCLUSIONI Le analisi termografiche su edifici esistenti possono essere impiegate per la valutazione delle dispersioni energetiche per aumentare la quantità e raffinatezza di dati in ingresso ai fini della certificazione energetica e della diagnosi. Allo stesso tempo sono un valido strumento per la verifica in opera di quanto realizzato eseguendo prove non distruttive e con tempi di realizzazione brevi. Inoltre, si producono rapporti di prova con informazioni evidenti e documentabili. È fondamentale poter quindi disporre di strumentazione all’altezza delle analisi attese e di operatori che sappiano condurre le indagini in condizioni adeguate interpretando i risultati ottenuti su basi di fisica tecnica consolidate. ■
IN ASSENZA DI PONTE TERMICO pixel 84
Tse [°C] 1,7
pixel x [°C] 144,7
A [m²] 1,8
U [W/m²K] 0,39
H [W/K] 0,7
CON PONTE TERMICO pixel 84 42 febbraio n° 105
Tse [°C] 1,7 - 5
pixel x [°C] 221
A [m²] 1,8
U [W/m²K] 0,39
ΔH [W/K] 53%
L2D [W/K] 1,07
Idrotermosanitario
Aspettando la ripresa Dopo l’ulteriore flessione, pari all’1,6%, del 2013, l’anno in corso si prospetta stabile, con una leggera crescita delle vendite, sebbene concreti segnali di recupero emergeranno solo a partire dal 2016. I dati del mercato ITS presentati a Milano lo scorso novembre al Meeting d’Inverno di Angaisa.
I
l sistema Italia è avvitato in una spirale negativa con conseguenze pesanti sull’intero apparato economico ed industriale. Volendo trovare un aspetto “positivo” in tale situazione, si può considerare che l’economia del nostro Paese pare aver toccato il fondo e che ora non possa far altro che risalire, anche se per recuperare occorreranno ancora diversi anni. Tale auspicio ha fatto da cornice ai lavori del Meeting d’Inverno di Angaisa, l’Associazione nazionale italiana dei distributori idrotermosanitari (ITS), svoltosi lo scorso novembre a Milano. Oltre 450 i rappresentanti del mondo della distribuzione e della produzione che hanno preso parte al tradizionale appuntamento per fare il punto sul mercato e analizzarne le tendenze. Una situazione che resta complessa e ricca di difficoltà. I dati dell’Osservatorio vendite di Angaisa hanno registrato infatti per il 2013 un’ulteriore flessione dei ricavi, di circa l’1,6%, sull’anno precedente, già particolarmente negativo. La discesa dovrebbe fermarsi nel corso di quest’anno, per il quale si prevede un leggerissimo recupero dello 0,46%. Un piccolo rimbalzo, che tuttavia può costituire una boccata d’ossigeno per gli operatori, soprattutto considerando il crollo del mercato registrato nel biennio precedente. Il 2014 si prospetta stabile, e già questo sarebbe un segnale positivo. Tale previsione in realtà è soggetta a una serie di variabili, delle quali la principale è rappresentata dalle scelte economiche adottate nell’Eurozona. La politica di drastici tagli delle spese imposte ai Paesi con alto debito pubblico, con l’Italia in prima fila, e la spirale recessiva innescata dal blocco degli investimenti, dalla perdita di reddito e di capacità di spesa di imprese e famiglie, rendono infatti ancora difficile imboccare la via della risalita. Tornando ai distributori ITS di questo piccolo recupero prospettato non riuscirà a risentire l’indicatore di redditività del capitale investito dalle aziende (Roe), che per il 2014 si prevede intorno allo a 0,18%, ancora in calo rispetto al 2013 (0,77%). Per avere idea delle difficoltà che stanno vivendo gli operatori del settore e della criticità del momento attraversato negli ultimi anni basta pensare che il valore del Roe nel 2010 era pari al 14,13%. Più positivo il segnale emerso dall’analisi del margine di intermediazione commerciale, in aumento nel periodo 20092012 dal 26,94% al 28,11%, e che si manterrà stabile intorno al 28% anche nel biennio 2013-2014. L’ideale sarebbe arrivare a valori prossimi al 30%, ma dato il particolare momento di mercato anche questi valori possono considerarsi soddisfacenti. La buona notizia è che si è arrestata la crescita dell’incidenza dei costi di struttura sui fatturati, in particolare il costo del personale, intorno al 10,92% nel 2009 e previsto al 12,47% per quest’anno, la cui corsa rischiava di vanificare il punto percentuale guadagnato con i margini di intermediazione.
NUOVE STRATEGIE «Per uscire dalla crisi bisogna cambiare per non subire, ma per accompagnare e guidare da protagonisti le trasformazioni in atto nel mercato», ha spiegato Mauro Odorisio, il cui mandato come Presidente Angaisa è stato rinnovato per i prossimi quattro anni. Centrale per i distributori è un rinnovamento delle strategie di marketing: queste devono cogliere gli elementi costitutivi che caratterizzano il moderno consumatore rispetto a quello esistente prima dell’avvento di internet e delle nuove tecnologie dell’informazione. In questo contesto, si inserisce il tema della multicanalità. Il punto vendita fisico rimane necessario, ma deve essere integrato con tutte quelle realtà che sono diventate l’anima del commercio. Un sito web ben gestito è la prima cosa da mettere in conto. A questo si aggiunge la possibilità di comprare i prodotti sia su internet sia recandosi al punto vendita, facendo in modo che non sussista una disparità di prezzi. Questo implica una trasformazione dello stesso ruolo del negozio, che da tradizionale punto vendita diventa sempre più anche un punto di informazione, divenendo, paradossalmente, il luogo in cui il consumatore si informa, prima di decidere se procedere all’acquisto, che avviene tramite internet. Tuttavia, è giusto ricordare che la struttura fisica rimane il luogo in cui il consumatore ha un rapporto materiale con l’oggetto. Bisogna, quindi, evitare tagli in questo ambito, ma piuttosto investire sui servizi e sul personale. Spazio alla molteplicità di canali e di proposte, dunque, ma facendo ben attenzione ad evitare che questa diventi numerosità elevata e confusa, che non farebbe altro che sviluppare un’iper-competizione che satura il mercato. Piuttosto la molteplicità deve realizzarsi come frutto di scelte nelle quali predomina l’ordine mentale, applicato all’innovazione e alla coerenza con la strategia dell’azienda, diventando così il modello selettivo attraverso cui proporre prodotti e servizi. Dare spazio alle persone che operano in azienda, alla loro voglia di partecipare, è un’altra parola d’ordine emersa dai lavori, in modo che, a parità di peso, la loro incidenza sui costi venga attutita. Inoltre, forte attenzione deve essere rivolta alla rapidità di risposta al cliente, programmando gli acquisti e i magazzini in stretta coerenza con il budget delle vendite. Infine, occorre considerare l’esattezza in riferimento alla formula imprenditoriale dell’impresa, fino a che le esigenze del cliente, l’offerta dei prodotti e dei servizi e la struttura siano perfettamente calibrate. Corollario a tale impostazione è la visibilità, intesa come espressione coerente dell’immagine dell’azienda che si vuole trasmettere, lasciando spazio all’immaginazione. Molte aziende appena avviate commettono l’errore di pubblicizzarsi attraverso sale-mostra, senza lasciare spazio all’immaginazione dei clienti. ■ n° 105 febbraio 43
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Idrotermosanitario
Il mercato residenziale tra crisi e rilancio
I
l mercato delle costruzioni acquisisce un peso sempre maggiore all’interno dell’economia mondiale. L’incidenza del settore sul Pil (Prodotto interno lordo) mondiale, intorno all’11% nel 2000, è arrivato all’11,5% nel 2006, valore confermato anche per lo scorso anno, e salirà all’11,7% nel 2017. Il merito di queste performance è però in gran parte attribuibile ai Paesi in via di sviluppo, in particolare alle realtà emergenti di Africa, Asia, e Sud America, mentre molto meno crescono Nord America, Europa e Giappone. Un processo evidenziato anche dal confronto degli investimenti tra Europa e Asia sul totale mondiale e pari, rispettivamente, al 37% e al 32% nel 2000, ma previsti intorno al 21% per l’Europa e al 51% per l’Asia nel 2017. Non è un caso, del resto, che a dare respiro gli operatori della filiera nei Paesi occidentali, negli ultimi anni, siano state proprio e quasi esclusivamente le esportazioni. In questo contesto si inserisce l’Italia, che a livello generale presenta un andamento economico ben peggiore rispetto alla media europea. Le difficoltà del nostro Paese sono legate in modo deciso al crollo della domanda interna, con i consumi delle famiglie calati del 4,2% nel 2012 e del 3,2% nel 2013 e con i livelli degli investimenti fissi lordi ridottisi dell’8,3% nel 2012 e del 5,8% nel 2013. Il dato più allarmante è la persistenza di questo stato di crisi, che ormai si protrae da circa 6 anni, con pesanti ripercussioni su tutti i settori industriali e in particolare sul mondo delle costruzioni. Il giro d’affari dell’edilizia ha perso circa 145 miliardi di euro tra il 2007 e il 2013, con la domanda interna di materiali, servizi e tecnologie crollata del 32% nello stesso arco temporale. Un ridimensionamento che si è fatto sentire pesantemente anche sul numero degli occupati. Se nel complesso il livello di occupazione in Italia è caduto del 4% tra il 2008 e il 2009, tale percentuale sale ben al 20% per il settore delle costruzioni, come riportato dalle ultime stime rese note da Federcostruzioni (l’associazione che raggruppa tutti gli attori della filiera delle costruzioni): il mondo dell’edilizia da solo ha totalizzato circa il 43% del totale dei posti di lavoro persi nel nostro Paese. La dimensione della crisi emerge anche
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dall’indice di mortalità delle imprese, con le rilevazioni dell’Istat che parlano di 39.000 realtà chiuse tra il 2009 e il 2011.
TENGONO LE RISTRUTTURAZIONI In un quadro di generale difficoltà, non sono da trascurare quei segnali che possono comunque dare una spinta di fiducia agli operatori e che meglio di altri possono aiutare a comprendere la direzione del profondo cambiamento in atto. Guardando al livello degli investimenti, a crollare sono quelli in nuove costruzioni, calati dell’11,5% nel 2013, caduta che proseguirà anche quest’anno (previsto -4,3%) per stabilizzarsi nel 2015 (0,1%). Male anche il non residenziale privato, 14,1%, che conferma un trend negativo in atto dal 2002, e le opere del genio civile (-5,5%), campo quest’ultimo che vede il sistema pubblico sempre più disimpegnato nello spendere fondi in conto capitale. Decisamente migliore invece l’andamento degli investimenti nel rinnovo, calati nel complesso dello 0,4% nel 2013, ma con il residenziale che mostra +1,1% frutto soprattutto degli incentivi per l’efficienza energetica e gli impianti alimentati con fonti rinnovabili. In costante flessione anche il mercato immobiliare, caduto in modo significativo tra il 2007 e il 2009 (-7%, -16%, -11%), che dopo la breve fase di ripresa nel biennio 2010-2011 ha subito un tonfo pesantissimo, -26%, nel 2012. A mettere in crisi il mercato, oltre alla situazione economica generale, hanno contribuito anche alcune scelte di politiche fiscali. In particolare il peso del contributo Imu sulla seconda casa, che aumentando i costi di gestione, in una cornice di crisi reddituale e del risparmio, ha portato i possessori a immetterle sul mercato, dandole in affitto o vendendole. Si è creato così un surplus di offerta, stimata in circa 350.000 abitazioni veicolate dalla promozione immobiliare e invendute. Tale processo, ha però riattivato il segmento della locazione, destinato a crescere ulteriormente nei prossimi anni. La risposta alla perdita di reddito e di sicurezze occupazionali, a cui si sono aggiunti gli elevati livelli di tassazione e le difficoltà di accesso al cre-
Fonte Cresme
Idrotermosanitario
dito per famiglie e imprese, si è concretizzata in un generale ridimensionamento dei costi e quindi della superficie delle abitazioni. Non a caso, fra il 2007 e il 2013, la volumetria dei nuovi edifici è calata del 57%, con la superficie media delle abitazioni realizzate nelle grandi città passata tra il 2012 e il 2013 da 64 a 54 m2. Rispetto al 2007, nel 2013 si è anche dimezzato il numero delle abitazioni ultimate, da 338.000 a 157.000, e le previsioni dell’Osservatorio del Cresme (Centro Ricerche Economiche Sociali di Mercato per l’Edilizia e il Territorio) annunciano un’ulteriore contrazione a 137.000 unità per quest’anno.
LA RICONFIGURAZIONE DEL MERCATO La riconfigurazione del mercato innescata dalla crisi ha portato a una selezione sociale, territoriale, tipologica, imprenditoriale. Guardando all’aspetto territoriale, se fra il 2010 e il 2011 il mercato residenziale mostrava un segno negativo in tutte le regioni, evidenziando una situazione di crisi omogenea e trasversale alla aree geografiche, a partire dallo scorso anno la situazione ha cominciato a differenziarsi. A mostrare segnali di ripresa sono in particolare i Comuni capoluoghi, con 31 città che hanno visto un aumento delle compravendite immobiliari e con 42 province che riscontrano un aumento della volumetria residenziale di nuova costruzione ultimata. Tentativi di rimbalzo che però devono fare i conti con l’ambito sociale di riferimento. Sotto questo aspetto il quadro resta preoccupante. Le stime dell’Istat dicono che circa 4,8 milioni di italiani si trovano in una situazione di povertà assoluta e 9,5
milioni in povertà relativa, la maggioranza dei quali è costituita da giovani fino a 34 anni. Inoltre, ci sono circa 7,5 milioni di famiglie unipersonali, costituite sia da giovani sia da anziani (7 milioni di italiani, 221.000 stranieri, 64.000 studenti, 96.000 city user): l’offerta abitativa deve trovare una risposta anche a questa domanda, in quanto la riduzione della superficie dell’immobile non può essere l’unica soluzione. Per quanto riguarda la dimensione degli alloggi, a crescere è la compravendita di abitazioni fino a 2,5 vani e oltre i 7 vani. Nello specifico, molto positivo è l’andamento delle abitazioni di lusso, con prezzi intorno agli 8.500 euro al metro quadro, e positivo quello dell’edilizia convenzionata (2.000 euro a metro quadro). Enormi difficoltà incontra invece l’edilizia libera destinata alla classe sociale intermedia (3.100 euro al metro quadro), altro segnale di come l’offerta non abbia saputo rispondere in modo adeguato alla dinamica di impoverimento dei ceti medi.
I MERCATI DEL RECUPERO A dare un minimo di vitalità al mercato nel corso degli ultimi anni sono state le riqualificazioni, comparto che presenta un potenziale enorme e ancora da esprimere. Sono oltre 30 milioni le abitazioni presenti in Italia, oltre la metà delle quali sono state interessate da interventi di ristrutturazione. La maggior parte ha riguardato l’impiantistica, mentre sono rimasti al palo le opere sulle strutture. Le prospettive di questo segmento restano rosee anche per gli anni a venire per un insieme di ragioni. Innanzitutto, perché l’abitazione coincide con la ricchezza delle famiglie. Secondo le stime della Banca d’Italia, il 53% della ricchezza patrimoniale
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Fonte Cresme
Idrotermosanitario
delle famiglie italiane è costituita infatti dalla casa. In secondo luogo perché il patrimonio edilizio italiano è abbastanza vecchio e presenta problemi sul fronte energetico, ma anche su quello strutturale. Infine, perché nell’arco dei prossimi 10 anni l’85% di tale patrimonio avrà oltre 40 anni di vita, età che sia nella manualistica sia nella normativa rappresenta un limite oltre il quale la costruzione deve essere controllata e verificata. Per il segmento del recupero è più corretto parlare di mercati piuttosto che di singolo mercato, in quanto i campi di intervento sono molteplici e riguardano più aspetti: l’obsolescenza del patrimonio, la sicurezza, il rischio idrogeologico, l’energy technology, la gestione e la manutenzione ordinaria. Nel clima economico attuale, però, tali mercati necessitano di incentivazione. A questo proposito, uno studio condotto dal Cresme, insieme all’Ufficio studi della Camera dei deputati, ha valutato i potenziali effetti delle misure di incentivazione per le ristrutturazioni edilizie e la riqualificazione energetica per tutto l’arco temporale delle loro entrata in vigore. Dalla ricerca è emerso come fra il 1998 e il 2016, grazie a questi meccanismi si otterranno investimenti per 148 miliardi di euro nella ristrutturazione edilizia e per 32 miliardi di euro nella riqualificazione energetica. Solo nel triennio 2014-2016 sono attese oltre 2,5 milioni di domande, per un investimento complessivo di 54 miliardi. Per lo Stato gli incentivi comporteranno minori incassi per 19,8 miliardi, ma ricavi per Iva, Ires, Irpef per 15,5 miliardi di euro: insomma, a valori correnti, la perdita dello Stato sarà di 4,3 miliardi. 46 febbraio n° 105
Occorre considerare, però, che mentre il maggior gettito per le casse erariali si ha nel momento in cui si fa l’intervento, il minor gettito, le detrazioni, saranno spalmate su 10 anni. Attualizzando queste cifre con un tasso di rendimento dei titoli di Stato, il meccanismo con il quale lo Stato si indebita, il costo degli incentivi per le casse pubbliche si riduce a 900 milioni di euro. Non solo. Per l’intero periodo di incentivazione, 18 anni, risulta che a fronte di un volume di investimenti delle famiglie pari a circa 129 miliardi di euro, il saldo per imprese e lavoro sarebbe di 132 miliardi e quello dello Stato, proiettato al 2025 di 10,7 miliardi. Pertanto, in totale il saldo positivo per il sistema-Paese della politica di incentivazione all’edilizia ammonterà a 13,9 miliardi di euro. Insomma, pur in una fase particolarmente difficile, sul territorio ci sono vari tentativi di rimbalzo che bisogna saper cogliere. È in atto una selezione tipologica, territoriale e sociale che sta radicalmente modificando la struttura del mercato, così come l’abbiamo conosciuta fino al 2007, ma ci sarà sempre più anche una selezione degli operatori giocata sulla capacità di innovazione. Innovazione di modelli e paradigmi, di processi organizzativi, di marketing, di prodotto e tecnologie. Le opportunità che si aprono possono essere colte a patto di anticipare quello che il mercato chiede. ■ L’articolo riprende l’intervento di Francesco Toso, Vicedirettore CRESME, dal titolo Il mercato residenziale tra nuovo e recupero, tra crisi e ripresa, tenuto al Meeting d’Inverno Angaisa lo scorso 28 novembre a Milano.
Impianti
Housing sociale a Cremona
Rendering del progetto
Sarà completato nei prossimi mesi il nuovo complesso residenziale in Via della Dogana Vecchia, un tempo sede di attività economiche oggi dismesse. Un esempio virtuoso di riqualificazione urbana al quale partecipa l’impresa Tagliabue di Paderno Dugnano, che sta installando gli impianti tecnologici a servizio della struttura, composta da 100 appartamenti.
T
utte le città, nel tempo, cambiano. Lentamente i quartieri si trasformano: vecchie costruzioni vengono abbandonate, altre abbattute per lasciare spazio a nuove strutture. Un processo quasi continuo, che segue i mutamenti di un tessuto sociale anch’esso in costante trasformazione, attraverso cui la città si rinnova per soddisfare nuovi bisogni ed esigenze dei suoi abitanti. Una delle best practice per rendere efficaci e sostenibili tali processi di cambiamento consiste nel recupero e nella rigenerazione urbana, che rende disponibili per nuovi utilizzi siti già edificati e ormai in disuso, molte volte abbandonati al degrado. Una prassi molto diffusa nel Nord e nel Centro Europa e della quale cominciano a vedersi importanti esempi anche in Italia. Pratica ancora più virtuosa se finalizzata a progetti di social housing, nati per rispondere alle domanda abitativa di fasce di popolazione a reddito medio-basso. Uno dei più recenti esempi in tal senso è il progetto in corso a Cremona, che vede coinvolta l’impresa Tagliabue nella realizzazione degli impianti termomeccanici a servizio del nuovo complesso residenziale in costruzione, che comprendono i sistemi idrico sanitario, antincendio, climatizzazione, scarico e le rispettive reti di distribuzione. Compito affidato dall’impresa Edile Buinereo, che si è aggiudicata l’appalto bandito dalla Fondazione Housing Sociale Polaris di Polaris Investiment Italia, un fondo di investimento molto attivo nelle iniziative a carattere sociale. L’area dell’intervento è in via Della Vecchia Dogana, a Nord del centro della città, che si estende su una superficie di circa 5000 m2 e un tempo sede di attività oggi dismesse, quali l’ex Dogana, Federconsorzi, il Consorzio Agrario. Qui, entro aprile, sorgeranno nuove strutture che ospiteranno 100 alloggi residenziali di classe energetica B, di diversa tipologia (da monolocali a quadrilocali), 6 unità commerciali, con servizi di carattere commerciale o pubblico, piccole attività produttive o del terziario (bar,
di Stefano Antonini – Tagliabue Spa farmacia, edicola, tabaccaio o altre attività) e 105 box, situati al piano interrato. Per valorizzare il carattere del luogo e dell’intervento, nato con una forte impronta sociale, il complesso sarà arricchito di spazi per offrire alla comunità dei residenti luoghi di incontro e di socializzazione, come un ufficio gestore sociale/portineria, living room e deposito per carrozzine. Questi saranno accorpati in un unico edificio, indipendente, che si affaccia verso l’interno della corte, visibile dalla piazza principale e dai percorsi pedonali che collegano le strutture in modo da rafforzarne la funzione di luogo di relazione.
TANTO BENESSERE CON POCHI CONSUMI Tutti gli appartamenti del complesso saranno in classe energetica B, assicurando alti livelli di benessere con bassi consumi di energia (31-50 kWh/m2 annuo). Per il riscaldamento dei locali e la produzione di acqua calda sanitaria si sfrutterà il calore fornito dalla rete di teleriscaldamento cittadina. Il fluido vettore, a 110 °C, giungerà alla sottocentrale termica del complesso, dove due scambiatori di calore a
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Impianti piastre, da 350 kW di potenza ciascuno, produrranno l’acqua a 60 °C per il riscaldamento. La sottocentrale sarà dotata di tutti i dispositivi di regolazione e protezione (regolatore climatico, sonda di temperatura esterna, sonda di temperatura sulla mandata del circuito secondario, sonda di temperatura sul ritorno del circuito primario, interruttori termici ed elettrovalvole di regolazione circuito primario). Per coniugare comfort e risparmio energetico, un sistema radiante a pavimento diffonderà il calore nei vari locali. I pannelli radianti saranno alimentati dai circuiti di distribuzione primario e secondario, costituiti da tubazioni in acciaio s/s, che porteranno l’acqua calda dalla sottocentrale al modulo di contabilizzazione esterno dell’appartamento e, mediante valvola miscelatrice che ne porta la temperatura a 42 °C, fino al collettore di zona e da questo ai collettori di distribuzione posti in cassette di contenimento ad incasso all’ingresso di ogni appartamento.
IL RICAMBIO DELL’ARIA Per il ricambio dell’aria, ogni appartamento sarà dotato di impianto di ventilazione meccanica, con portate che variano a seconda della tipologia di alloggio. Le canalizzazioni saranno in lamiera zincata, coibentate sia in mandata che in ripresa per evitare dispersioni di calore, installate all’interno di cavedi. Il recupero sarà del tipo a flussi incrociati, dotato di batteria di post (alimentata ad acqua) per garantire una temperatura di immissione dell’aria di 20 °C in inverno. Infine, a completamento degli apparati di climatizzazione, verrà realizzata la predisposizione dell’impianto di raffrescamento, che consisterà in un sistema multisplit con unità esterna condensata ad aria.
CALDA O FREDDA: LA DISTRIBUZIONE DELL’ACQUA In questi mesi i tecnici di Tagliabue stanno posando di migliaia di metri di tubazioni dell’impianto idrico e sanitario. Queste si diramano dalla centrale idrica, situata al piano interrato, che fornisce l’acqua potabile, provvede alla pressurizzazione della rete a servizio dei piani alti, all’addolcimento dell’acqua calda sanitaria. La centrale è inoltre dotata di sistemi per la sanificazione dalla legionella e per l’addolcimento dell’acqua di reintegro degli impianti tecnologici. L’impianto provvede anche alla distribuzione dell’acqua calda sanitaria, prodotta da uno scambiatore del tipo a piastre dalla potenza di 130 kW e stoccata in due accumuli da 1500 lt posti nella sottocentrale terSottocentrale idrica in fase di lavorazione
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mica. Da qui si stacca la colonna montante per l’invio alle utenze di acqua a una temperatura di 48 °C, temperatura mantenuta costante da una valvola di regolazione a tre vie modulante. Tutti i collegamenti tra le apparecchiature della centrale idrica, vengono eseguiti con tubazioni di acciaio zincato senza saldatura, collegate con raccorderia di ghisa malleabile zincata. Gli stessi prodotti vengono impiegati anche per la realizzazione delle reti di distribuzione, mentre per i collegamenti nei servizi igienici si ricorre a tubi di multistrato preisolato.
LA RACCOLTA DEI REFLUI Per rendere funzionale la raccolta delle acque di scarico, il complesso sarà dotato di una doppia rete di raccolta e smaltimento, una per le acque nere e l’altra per le acque bianche. Nel primo confluiranno i reflui dei 165 servizi igienici e delle 100 cucine delle utenze, raccolti a soffitto del piano interrato e convogliati in vasche di rilancio poste sottopavimento. Da qui, verranno rilanciate verso il collettore posizionato sul lato Sud e collegato alla rete fognaria di Cremona. Per lo smaltimento delle acque bianche, i tecnici di Tagliabue stanno realizzando due sistemi di raccolta, uno per le acque di copertura, del piano terra e dei balconi, attraverso l’installazione di pluviali, e l’altro destinato alle acque delle aree a pioggia e delle autorimesse. Queste ultime, prima di essere convogliate alla vasca di raccolta e quindi alla fognatura bianca, verranno recapitate alla fossa desoleatrice e sgrassatrice e sottoposte a un trattamento di purificazione.
DISPOSITIVI INTELLIGENTI PER IL RISPARMIO Se ogni edificio è un insieme integrato di parte architettonica e impiantistica, a rendere questa integrazione funzionale alla domanda di benessere degli occupanti è il sistema di regolazione automatica, che consente il funzionamento di ogni circuito in modo autonomo e indipendente. Il sistema fa capo a una sottostazione intelligente, costituita da moduli periferici DDC (Direct Digital Control) di tipo autonomo ai quali sono demandati i compiti di comando e controllo delle utenze e dei componenti degli impianti di condizionamento ed idrico-sanitari, mediante apparecchiature di campo come sonde, valvole, servocomandi, termostati, pressostati. È, infatti, attraverso le regolazioni comandate del sistema che si garantiscono il controllo della temperatura dell’acqua e negli ambienti, le ottimizzazioni per i risparmi energetici e si eseguono attività di autodiagnostica. Per responsabilizzare gli utenti a un uso razionale delle risorse energetiche e di acqua, tra le funzioni del sistema vi sarà la contabilizzazione dell’energia. A questo scopo verrà installato un dispositivo elettronico a microprocessore che, collegato con sensori di temperatura e di volume, misurerà l’energia utilizzata per il riscaldamento degli ambienti ed il volume di acqua calda e fredda ad uso sanitario. I dati raccolti verranno memorizzati da un lettore centralizzato e resi disponibili per la ripartizione dei costi tra le varie utenze. ■
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