Servizi a Rete 1 Gennaio - Febbraio 2016

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numero 1 • gennaio-febbraio 2016

Liner ispezionabile

L’intervista del mese

IREN - AIRU Riccardo Angelini

Tubi centrifugati in PRFV h:

Speciale GIS e Rilevamento

Quando la solidità si fonde con la leggerezza Dal 1986, quando in Germania furono posate per la prima volta le nostre tubazioni con la tecnica del microtunneling, non è più cessato il nostro impegno per migliorarne la resistenza alla spinta e la direzionalità. Ad oggi è stato più volte oltrepassato il km per singole tratte di spinta, con svariati cambi di direzione. Il basso coefficiente d’attrito della superficie esterna, il sistema di giunzioni ad elevata tenuta idraulica, la ridotta quantità di lubrificanti utilizzati durante la spinta abbinata alle eccellenti caratteristiche idrauliche, hanno fatto delle nostre tubazioni l’elemento di riferimento per condotte di alte prestazioni posate senza scavo. Ideali per condotte fino a diametro DN 3600 e pressioni fino a PN10 bar, le nostre tubazioni possono essere posate lungo tracciati rettilinei od in curva, non necessitano di alcun elemento di interposizione tra i tubi a contatto e concedono ampie possibilità di recupero a fronte di condizioni geologiche inattese. A completamento della condotta, pezzi speciali e pozzetti standard e su disegno.

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E Tubi S.r.l. > Via Montale 4/5 > 30030 Pianiga (VE) > T +39 041 5952282 > F +39 041 5951761 > hobas.italy@hobas.com > www.hobas.com


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IREN - AIRU Riccardo Angelini

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Speciale GIS e Rilevamento

Quando la solidità si fonde con la leggerezza Dal 1986, quando in Germania furono posate per la prima volta le nostre tubazioni con la tecnica del microtunneling, non è più cessato il nostro impegno per migliorarne la resistenza alla spinta e la direzionalità. Ad oggi è stato più volte oltrepassato il km per singole tratte di spinta, con svariati cambi di direzione. Il basso coefficiente d’attrito della superficie esterna, il sistema di giunzioni ad elevata tenuta idraulica, la ridotta quantità di lubrificanti utilizzati durante la spinta abbinata alle eccellenti caratteristiche idrauliche, hanno fatto delle nostre tubazioni l’elemento di riferimento per condotte di alte prestazioni posate senza scavo. Ideali per condotte fino a diametro DN 3600 e pressioni fino a PN10 bar, le nostre tubazioni possono essere posate lungo tracciati rettilinei od in curva, non necessitano di alcun elemento di interposizione tra i tubi a contatto e concedono ampie possibilità di recupero a fronte di condizioni geologiche inattese. A completamento della condotta, pezzi speciali e pozzetti standard e su disegno.

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Quando la solidità si fonde con la leggerezza Dal 1986, quando in Germania furono posate per la prima volta le nostre tubazioni con la tecnica del microtunneling, non è più cessato il nostro impegno per migliorarne la resistenza alla spinta e la direzionalità. Ad oggi è stato più volte oltrepassato il km per singole tratte di spinta, con svariati cambi di direzione. Il basso coefficiente d’attrito della superficie esterna, il sistema di giunzioni ad elevata tenuta idraulica, la ridotta quantità di lubrificanti utilizzati durante la spinta abbinata alle eccellenti caratteristiche idrauliche, hanno fatto delle nostre tubazioni l’elemento di riferimento per condotte di alte prestazioni posate senza scavo. Ideali per condotte fino a diametro DN 3600 e pressioni fino a PN10 bar, le nostre tubazioni possono essere posate lungo tracciati rettilinei od in curva, non necessitano di alcun elemento di interposizione tra i tubi a contatto e concedono ampie possibilità di recupero a fronte di condizioni geologiche inattese. A completamento della condotta, pezzi speciali e pozzetti standard e su disegno.

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2016 2014  GENNAIO  FEBBRAIO - MAGGIO-GIUGNO

ELOSMART è un sistema di TUBI e RACCORDI ELETTROSALDABILI DOPPIA PARETE in PE100 per applicazioni industriali.

SISTEMA A DOPPIA PARETE PER LA SALVAGUARDIA AMBIENTALE

La semplicità della tecnologia a elettrofusione si applica ai sistemi doppia parete per la prevenzione degli sversamenti inquinanti accidentali per rottura o cattiva giunzione. Il sistema in doppia parete permette un’installazione sicura soprattutto per il trasporto di fluidi particolarmente aggressivi in installazioni a vista e interrate.

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Poste Italianespa spa. Spedizione . Spedizione in in abbonamento abbonamento Postale 353/2003 (conv. in L.In27/02/2004 n. 46) art.art. 1, comma 1, DCBDCB Milano Poste Italiane Postale- D.L. – D.L. 353/2003 (conv. L.27/02/2004 n.46) 1, comma1, Milano

, ni pp e io A z a a nt m bili str e r i o am fo n in po la n tuit i l or is e ra gi o d o n e g g n a o r M so sit ica o ar r st i sc o l n uo ne e p ch

SERVIZI a rete

NUMERO NUMERO13

Il sistema presenta una gamma completa fino alla massima dimensione della tubazione primaria 160 mm. I raccordi ELOSMART sono ottenuti per stampaggio a iniezione di Polietilene ad Alta Densità e offrono la possibilità di monitorare l’intercapedine per la rilevazione delle perdite grazie alla presenza di opportune valvole di controllo.

- Resistenza alla corrosione - Resistenza alle correnti vaganti - Resistenza agli urti - Resistenza agli agenti chimici - Resistenza all’abrasione - Resistenza ai microrganismi info@nupinet.com w w w. n u p i i n d u s t r i e i t a l i a n e . c o m NUPI Industrie Italiane

sarà presente a MCE a Milano dal 15 al 18 marzo - Hall 11 Stand M32-M40


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L’Ordine degli Ingegneri della Provincia di Bologna, con il supporto di HR Wallingford ed EnviroSim, organizza il corso di formazione :

Utilizzo dei modelli di simulazione per l’ottimizzazione di processo ed energetica degli impianti di trattamento reflui Il corso dà diritto a 13 crediti formativi professionali agli Ingegneri iscritti all’Ordine. Il corso si terrà a

Bologna il 12 e 13 Aprile 2016 Il corso è indirizzato a progettisti, gestori, ricercatori e operatori del settore della depurazione. Il corso di formazione è di carattere pratico e verrà utilizzato l’applicativo di modellazione BioWin, soluzione software completa e intuitiva per la depurazione.

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Informazioni sul software BioWin: www.hrwallingford.it


SERVIZI A RETE GENNAIO-FEBBRAIO 2016

In IREN nasce IRETI

Fabio Giuseppini - Amministratore Delegato di IRETI S.p.A.

Dal 1° gennaio 2016 IREN, multiutility quotata in Borsa che opera nei settori dell’energia elettrica, termica per teleriscaldamento, gas, gestione dei servizi idrici integrati, ambientali e per le Pubbliche Amministrazioni, ha creato una società per la gestione dei servizi a rete che ha chiamato IRETI. In IRETI sono confluite le attività prima di competenza delle società IREN Emilia, AEM Torino Distribuzione, Genova Reti Gas, IREN Acqua Gas, Acquedotto di Savona, Eniatel e Aga. L’avvio di IRETI rappresenta un passaggio fondamentale nel percorso di integrazione e razionalizzazione del Gruppo e per il conseguimento degli obiettivi previsti nel Piano Industriale di IREN. Il Piano prevede, entro il 2020, uno sviluppo della società con un ruolo di polo aggregatore all’interno dei territori di riferimento, traendo vantaggio dalla recente azione di supporto del Governo volta al consolidamento tra utility e società pubbliche locali. La strategia perseguita è quella di completare il portafoglio di business, spostandosi da un livello provinciale ad uno regionale, consolidando per quanto possibile le società locali nelle quali IREN possiede già delle partecipazioni. Al 2020, il Piano Industriale di IREN prevede una più profonda integrazione tra i diversi tipi di business a rete che consentirà il conseguimento di rilevanti sinergie, grazie alla revisione organizzativa, alla reingenierizzazione e standardizzazione dei processi, e soprattutto al pieno utilizzo di innovativi sistemi di work-force management. Al livello normativo la nascita di IRETI anticipa inoltre quanto previsto dalla legislazione comunitaria e nazionale che imporrà dal 1° luglio 2016, ai fini dello sviluppo di un adeguato livello di concorrenza nelle forniture di elettricità e gas, la neutralità nella gestione delle infrastrutture essenziali quali le reti elettriche e del gas - ossia delle attività di trasmissione e distribuzione - disponendo che l’operatore di un sistema di distribuzione non metta

in atto azioni tali da ostacolare la concorrenza nel settore della vendita. Per rispettare le disposizioni normative è stata adottata un’impostazione di separazione delle politiche di comunicazione, e in particolare la scelta di distinzione del marchio, fra il Gruppo IREN (al cui interno la società IREN Mercato si occupa della vendita di energia elettrica e gas a clienti finali) e la società IRETI che opera nella gestione delle reti. Attraverso oltre 7.600 km di rete, la società distribuisce gas naturale nel Comune di Genova e in altri 19 comuni limitrofi, in 72 Comuni delle province di Parma, Piacenza e Reggio Emilia, per un totale di circa 726.000 clienti serviti. Nel 2014 sono stati distribuiti circa 1.119 milioni di metri cubi di gas, di cui 332 nel territorio genovese e 797 in area emiliana. La società è il quinto operatore in Italia nel settore del gas per la quantità di gas distribuita ai clienti finali. Con circa 7.283 km di reti in media e bassa tensione IRETI distribuisce energia elettrica nelle città di Torino e Parma. Attraverso quasi 7.300 km di rete in media e bassa tensione, 13 stazioni di trasformazione AT/MT e oltre 4.700 cabine di trasformazione secondarie MT/BT, vengono distribuiti annualmente circa 3.850 GWh di energia elettrica (dati 2014). Con un portfolio di più di 1.5 milioni di clienti, IRETI è oggi il quinto operatore in Italia nel settore dell’elettricità per la quantità di energia elettrica distribuita. La società si occupa inoltre dei servizi idrici nelle province di Genova, Savona, La Spezia, Parma, Piacenza e Reggio Emilia dove opera negli ambiti dell’approvvigionamento idrico, fognatura e depurazione delle acque reflue. Con più di 18.000 km di reti acquedottistiche, oltre 9.300 km di reti fognarie e 1.085 impianti di depurazione, la società servirà 2.550.000 abitanti su 219 Comuni, caratterizzandosi come il terzo operatore in Italia nel settore dei servizi idrici per numero di metri cubi gestiti.

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SERVIZI A RETE GENNAIO-FEBBRAIO 2016

Con il patrocinio di

Sommario Pag.6

Il teleriscaldamento, una scelta tecnologica Smart Intervista a Riccardo Angelini Pag.9

Telelettura multiservizio nella città di Milano Davide Segalini, Anna Ballarin Pag.12

Il tunnel tecnologico L’Aquila 22/23 marzo 2016 Pag.15

Nasce MM Academy. Diffondere i saperi, creare eccellenze Follow and find us on:

Pag.17 Liner ispezionabile

numero 1 • gennaio-febbraio 2016

La percezione del rischio sulle conoidi Baldassare Bacchi

L’intervista del mese

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La riqualificazione fluviale

IREN - AIRU Riccardo Angelini

Alexander Palummo Pag.25

Servola: il depuratore che parla col mare Tubi centrifugati in PRFV h:

Speciale GIS e Rilevamento

Quando la solidità si fonde con la leggerezza Dal 1986, quando in Germania furono posate per la prima volta le nostre tubazioni con la tecnica del microtunneling, non è più cessato il nostro impegno per migliorarne la resistenza alla spinta e la direzionalità.

Anno XV - n. 1

Ad oggi è stato più volte oltrepassato il km per singole tratte di spinta, con svariati cambi di direzione. Il basso coefficiente d’attrito della superficie esterna, il sistema di giunzioni ad elevata tenuta idraulica, la ridotta quantità di lubrificanti utilizzati durante la spinta abbinata alle eccellenti caratteristiche idrauliche, hanno fatto delle nostre tubazioni l’elemento di riferimento per condotte di alte prestazioni posate senza scavo.

Gennaio-Febbraio 2016

Ideali per condotte fino a diametro DN 3600 e pressioni fino a PN10 bar, le nostre tubazioni possono essere posate lungo tracciati rettilinei od in curva, non necessitano di alcun elemento di interposizione tra i tubi a contatto e concedono ampie possibilità di recupero a fronte di condizioni geologiche inattese. A completamento della condotta, pezzi speciali e pozzetti standard e su disegno.

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periodicità bimestrale

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A cura di AcegasApsAmga Pag.29

La depurazione delle acque reflue urbane Marco Acri Pag.32

Quanto costa la misura Eon-off?

Registrazione del Tribunale di Milano n. 509 del 10/9/01

Alessandro Boi

Casa editrice TECNEDIT S.r.l. - www.tecneditedizioni.it

Pag.35

Pubblicità e Marketing Via delle Foppette, 6 - Tel. +39 0236517115 Fax +39 0236517116 - 20144 Milano Claudio Frazzetto - c.frazzetto@tecneditedizioni.it Federica Leto - f.leto@tecneditedizioni.it

L’esperienza della diga di Ridracoli Andrea Gambi Pag.39

I modelli 3D a portata delle infrastrutture

Direttore responsabile Liliana Pedercini - l.pedercini@tecneditedizioni.it

Intervista a Daniela Miola

Ufficio commerciale Sara Sturla - commerciale@tecneditedizioni.it

Vetrina

Ufficio stampa ufficiostampa@tecneditedizioni.it

Conferenza Esri Italia 2016

Pag.42

Pag.44

Pag.46

Coordinamento di redazione Anna Schwarz - redazione@tecneditedizioni.it

Le tecnologie mobili nella gestione integrata dei processi

Progetto grafico impaginazione e fotolito Grafteam - Brescia

Pag.47

Il caso di Lodi

Stampa Grafteam - Brescia Una copia - One copy Abbonamento - Subscription: Italia - Italy Estero - Abroad

Enrico Ferrari €5

4

Il teleriscaldamento arriva in piazza Duomo Lorenzo Spadoni, Riccardo Fornaro, Paolo Di Pino

€ 30 € 60

È vietata la riproduzione, anche parziale, senza l’autorizzazione della casa editrice.

Reproduction even partial, is forbidden, without the permission of the Publisher

Pag.51

Pag.53

Il “pipe line HDPE” made in Italy sbarca in Perù Pag.55

Soluzioni per la posa di condotte in versanti in frana

Carlo Torre, Claudio Fraschetti, Mirco Brilli, Franco Quattrocchi


SERVIZI A RETE GENNAIO-FEBBRAIO 2016

A questo numero hanno collaborato

Pag.58

Un tubolare flessibile risolve l’emergenza idrica di Messina Pag.60

Vetrina Pag.66

Relining fognatura a Zocca. Cutter, packer e liner Pag.68

Le centrali a ciclo combinato a gas naturale. Il futuro è ora Alberto Bigi Pag.70

Profili regolatori della delibera 46/2015/R/gas in tema di biometano Roberto Maulini, Lucia Rossi Pincelli

Fabio Giuseppini – IRETI Riccardo Angelini – AIRU Davide Segalini – MM SpA Anna Ballarin – A2A Baldassare Bacchi – Università degli Studi di Brescia Alexander Palummo – Università di Firenze Marco Acri – SMAT Torino Alessandro Boi – Neutel Andrea Gambi – Romagna Acque Società delle Fonti Daniela Miola – Bentley Enrico Ferrari – Linea Reti e Impianti Lorenzo Spadoni, Riccardo Fornaro, Paolo Di Pino – A2A Carlo Torre – Iren Acqua Gas Claudio Fraschetti, Mirco Brilli, Franco Quattrocchi – ASA Livorno SpA Cesare Massarenti – Curapipe System Franco Scarabelli – IN.TE.CO Alberto Bigi – Sorgenia Roberto Maulini, Lucia Rossi Pincelli – AEEGSI Cristiano Fiameni – CIG Adriano Paolo Bacchetta – Studio Consulenze Industriali Antonio Previtali, Alessandro Taldone – PIDE Ingegneria Aldo Coccolo – ASPI

Pag.73

Le norme che stanno per arrivare Cristiano Fiameni Pag.74

Potenziamento del gas a Loano Pag.75

L’uso delle tecnologie trenchless nel ripristino funzionale di tubazioni gas Franco Scarabelli Pag.76

Un partner autorevole e affidabile Pag.78

Vetrina Pag.80

Sicurezza nelle attività di raccolta e trattamento reflui Adriano Paolo Bacchetta Pag.83

L’impianto comunale di Villa d’Adda Antonio Previtali, Alessandro Taldone Pag.84

Vetrina Pag.86

Telegestione reti idriche e depurazione Pag.88

Linee Guida Nazionali per la pulizia di scarichi e collettori di fognature

Comitato scientifico: Francesco Albasser – In3act Energy Baldassare Bacchi – Università di Brescia, C.S.D.U. (Centro Studi Idraulica Urbana) Lorenzo Bardelli – AEEGSI (Autorità Energia Elettrica Gas Sistema Idrico) Marcello Benedini – AII (Associazione Idrotecnica Italiana) Ilaria Bottio – AIRU (Associazione Italiana Riscaldamento Urbano) Armando Brath – AII (Associazione Idrotecnica Italiana) Bruno Brunone – Università di Perugia Furio Cascetta – Seconda Università di Napoli Pierluigi Claps – Politecnico di Torino, G.I.I. (Gruppo Italiano Idraulica) Mauro Fasano – Regione Lombardia Alberto Grossi – AEEGSI (Autorità Energia Elettrica Gas Sistema Idrico) Luca Guffanti – Studio Legale SZA Franco Guzzetti – Politecnico di Milano Antonio Massarutto – Università di Udine e Università Bocconi Italia Pepe – Ufficio d’Ambito della Città Metropolitana di Milano Michele Ronchi – C.I.G. (Comitato Italiano Gas) Bruno Tani – Anigas (Associazione Nazionale Industriali GAS) Raffaele Tiscar – Presidenza del Consiglio dei Ministri Rita Maria Ugarelli – RSINTEF, NTNU (Norwegian University of Science and Technologies) Andrea Zelioli – ATO Città di Milano Comitato tecnico: Aldo Coccolo – SASPI Marco Fantozzi – Studio Marco Fantozzi Mauro Salvemini – AMFM GIS Italia Paolo Trombetti – IATT Gianluca Spitella – Utilitalia Marco Vecchio – ANIE Vincenzo Mauro Cannizzo – APCE Giuseppe Scanu – ASITA

Catalogo stampato su carta proveniente da fonti gestite in maniera responsabile

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incontriamo l’acqua ogni giorno e ce ne prendiamo cura in ogni istante

Prenderci cura di un bene essenziale come l’acqua è la nostra missione. Per questo offriamo alle waterutility e alle pubbliche amministrazioni sia l’affidabilità di un parco strumentazione tecnologicamente all’avanguardia per la misurazione di portata, livelli, pressione e analisi della qualità delle acque, sia il supporto di un servizio di monitoraggio altamente ingegnerizzato per la ricerca delle perdite in acquedotto e delle acque parassite fognature. L’innovativa integrazione tra strumentazione di misura, know how operativo in campo e competenza tecnica nell’analisi del dato unita alla costante disponibilità a magazzino delle soluzioni e alla grande flessibilità organizzativa ci contraddistinguono come un partner altamente specializzato in grado di supportare le decisioni tecniche e gestionali dei nostri

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SERVIZI A RETE GENNAIO-FEBBRAIO 2016

Il teleriscaldamento, una scelta tecnologica Smart Nominato recentemente Presidente di AIRU il nuovo dirigente, che è anche Amministratore Delegato di IREN Servizi e Innovazione, spiega le strategie operative per sviluppare il tema del teleriscaldamento nel rispetto dell’ambiente.

Intervista a Riccardo Angelini - Presidente AIRU Quali saranno i punti cardine della nuova conduzione dell’Associazione AIRU, prevedete dei cambiamenti? AIRU è stata fondata nel 1982 e da allora ha accompagnato lo sviluppo del riscaldamento urbano in Italia, svolgendo un ruolo di approfondimento di temi tecnici e ambientali, e di presidio dell’evoluzione normativa nei diversi enti e strutture che supportano le decisioni. Un recente accordo con Utilitalia, definito nell’ultima assemblea di AIRU, ci permetterà di essere più presenti e più incisivi proprio nel presidio normativo, sfruttando le sinergie tra le due associazioni. Un ambito che vorremmo sviluppare è spiegare meglio ai cittadini e alle amministrazioni locali i vantaggi del teleriscaldamento e del risparmio energetico, per ciascuno di loro e per la collettività urbana di cui fanno parte. Ci muoveremo ricercando la massima collegialità nelle decisioni, per utilizzare al meglio il potenziale dell’Associazione, che sta anche nella diversità dei ruoli dei soggetti che la compongono. AIRU ha da sempre svolto un’attività di divulgazione e promozione del teleriscaldamento nei periodi più difficili, crede che questi tempi siano ad una svolta definitiva? Le prime esperienze di teleriscaldamento sono nate semplicemente da impianti che gettavano via il calore, ed era una buona idea provare ad utilizzarlo in qualche modo: era risparmio energetico ante-litteram. Oggi l’interesse per tutte le tematiche ambientali è fortemente cresciuto rispetto al passato, sui giornali, nella politica e nell’opinione comune. Per contro il teleriscaldamento sta affrontando crescenti difficoltà, legate anche al calo di attenzione che tale tecnologia suscita a livello politico e all’assenza di efficaci politiche di sostegno. AIRU farà quanto occorre per divulgare la conoscenza del teleriscaldamento come strumento per l’efficienza energetica, allo scopo di creare la giusta attenzione verso il raggiun-

gimento del potenziale di sviluppo del teleriscaldamento, in linea con quanto delineato a livello nazionale e comunitario. Le utility vedono nel teleriscaldamento un modo per ottimizzare le strategie relative all’ambiente? Il teleriscaldamento porta benefici in tre ambiti, tutti in qualche modo collegati ai temi ambientali. Il primo è il risparmio di energia primaria a parità di energia utile prodotta, particolarmente rilevante quando la fonte è una cogenerazione ad alto rendimento. La misura di questo beneficio è espressa sia in termini di energia sia di costi. Gli impianti oggi in servizio consentono di risparmiare ogni anno oltre 440.000 tep (tonnellate equivalenti di petrolio) rispetto alla situazione che avremmo se non ci fossero. Il secondo beneficio è la riduzione di emissioni di gas serra: gli impianti esistenti evitano emissioni per oltre 1.380.000 t di CO2. Il terzo riguarda l’inquinamento urbano: il teleriscaldamento, grazie a fonti di produzione più facilmente controllate e opportunamente dislocate fuori dai centri urbani, contribuisce a ridurre in modo significativo le emissioni di ossido di azoto e polveri sottili. Inoltre consente un utilizzo più efficace e in maggior misura delle fonti rinnovabili per usi termici. Le utility sono ben consapevoli di questi benefici, e lo sono certamente anche le amministrazioni locali che hanno promosso lo sviluppo del teleriscaldamento nelle loro città. Le utility devono fare il loro mestiere di sviluppo di servizi sul territorio, mentre spetta alla politica definire gli obbiettivi in materia ambientale, e le strategie per realizzarli, sostenendo e premiando le tecnologie più efficienti e adeguate per gli scopi stabiliti. Il teleriscaldamento è certamente una tecnologia amica dell’ambiente e AIRU farà il possibile per convincere la politica a considerarlo in maniera adeguata. In definitiva il teleriscaldamento è un servizio pubblico o privato e perché? Da un punto di vista formale, sono servizi pubblici quei settori che sono definiti tali per legge nazionale o per delibera-

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SERVIZI A RETE GENNAIO-FEBBRAIO 2016

zione degli enti locali competenti. Nel caso del teleriscaldamento non esiste una legge che lo definisca come tale a livello nazionale, mentre a livello locale sono presenti alcune realtà in cui è stato definito servizio pubblico locale. Perciò credo non esista una risposta univoca e definitiva, e mi chiedo se serva davvero trovarla. Da un punto di vista più pratico, direi che si tratta di un servizio a rete, offerto in determinate aree ad una pluralità di clienti, in modo trasparente e paritario, in un regime di libero mercato. Vi sono sempre possibili alternative per realizzare il fine di riscaldare un edificio, spesso preesistenti alla posa della rete di teleriscaldamento. Non esiste - salvo in rarissimi casi per quanto io sappia - l’obbligo di allacciarsi e neppure di restare allacciati alla rete. Chi realizza una rete di teleriscaldamento e crea una o più centrali di produzione - con tecnologie diverse per sfruttare le fonti disponibili e garantire la continuità del servizio - sul piano commerciale deve convincere i possibili clienti in zona ad allacciarsi. Deve offrire un servizio migliore di quel che va a sostituire in termini di qualità ma soprattutto di prezzo, altrimenti non troverà abbastanza clienti e l’investimento non sarà economicamente sostenibile. Ritiene che il teleriscaldamento necessiti di maggiori interventi per potenziare le proprie infrastrutture? Sicuramente sì: il teleriscaldamento copre oggi meno del 10% della domanda di calore per la climatizzazione nelle regioni settentrionali. Un potenziamento delle infrastrutture è certamente auspicabile, per il positivo effetto di sostituzione di tecnologie meno efficienti in termini energetici e/o meno favorevoli in termini ambientali. Penso anche al tema dell’inquinamento nelle aree urbane più dense, che sono anche quelle in cui è più utile realizzare il teleriscaldamento, riducendo e spostando fonti di gas inquinanti e polveri sottili. Gli investimenti generano anche positive ricadute in termini di lavoro e sviluppo economico nei territori dove si realizzano. Come cambierà lo scenario energetico? E quale ruolo avrà la tecnologia? La riduzione dei consumi di energia da fonti fossili è in atto e non si arresterà. L’elemento chiave di questo fenomeno è proprio la tecnologia che, nella ricerca costante di soluzioni più efficienti, economiche e pulite, abilita lo studio di idee innovative, la sperimentazione di nuove soluzioni, lo sviluppo e il successo di quelle più valide. Il teleriscaldamento può crescere parallelamente allo sviluppo di nuove soluzioni basate sul recupero del calore di scarto, sulle fonti rinnovabili, sulla geotermia e pompe di calore, sulla cogenerazione diffusa.

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Efficienza energetica e tutela dell’ambiente sono elementi imprescindibili nella gestione del teleriscaldamento. Quale sarà l’impegno di AIRU, soprattutto in seguito alla COP 21 di Parigi? La COP 21 ha definito un insieme di obbiettivi e linee stra-

tegiche più o meno impegnative che gli Stati del mondo si sono dati nel medio e lungo termine. Più efficace mi pare la politica europea, che ha fissato obbiettivi più stringenti e più specifici con Direttive Comunitarie, che individuano il teleriscaldamento come uno degli strumenti disponibili e utili per raggiungerli. Nel nostro Paese occorre forse passare dalle intenzioni ai fatti, dando piena attuazione alle direttive, sostenendo realmente lo sviluppo del teleriscaldamento con una politica nazionale coerente, concreta, stabile. Proprio sulla stabilità credo sia importante porre l’accento: come per molti investimenti nel settore energetico, i tempi di ritorno nel teleriscaldamento sono sempre lunghi. E talvolta sono lunghi anche i tempi autorizzativi. Perciò la stabilità è un valore essenziale: un operatore deve poter contare sul fatto che le regole con cui ha dimensionato il piano economico non cambieranno troppo. Altrimenti si apre un “rischio regolatorio” che nessuno può assumersi e che conduce al blocco degli investimenti. Chi ritiene abbia il compito di informare i cittadini sul valore del teleriscaldamento? Fortunatamente sono passati i tempi in cui un’apposita istituzione centrale si occupava di “informare” il popolo sul valore di questa o quella iniziativa. Il grande sviluppo delle tecnologie informatiche, e internet soprattutto, hanno aperto canali di comunicazione e informazione impensabili nel passato. Perciò la diffusione della conoscenza è oggi più che mai un’azione corale, talvolta disordinata ma non per questo meno efficace, in cui diversi attori giocano un ruolo importante: testate giornalistiche, scuola, istituzioni, imprese, associazioni, gruppi di opinione. L’AIRU ha tra i propri compiti statutari quello di diffondere la cultura del teleriscaldamento. Facciamo questo tramite la pubblicazione di informazioni periodiche e la partecipazione a seminari e convegni organizzati da noi e da altri soggetti. Organizziamo anche corsi di formazione specifici. Il nostro annuario AIRU, il documento che raccoglie i principali dati tecnici e gestionali della quasi totalità degli impianti presenti sul territorio nazionale, è la pubblicazione che da sempre costituisce la principale fonte informativa per gli studi nel settore. State sperimentando soluzioni innovative? Se sì, quali? Dal punto di vista delle informazioni, stiamo ripensando il sito internet, che vorremmo diventasse maggiormente uno strumento di lavoro e di riferimento per tutti i soggetti potenzialmente interessati, non solo per i soci. Dal punto di vista della tecnologia, abbiamo vari Comitati per lo studio di soluzioni innovative e specifiche, come le reti a bassa temperatura, gli accumuli termici ed elettrici integrati sia sulla rete che presso la sottostazione utente, e il teleraffrescamento ad acqua di mare per le zone marittime. Infine, uno dei nostri Comitati di studio si occupa di Smart City, un tema molto “di moda” di questi tempi, ma nel nostro caso un tema particolarmente interessante e azzeccato per il teleriscaldamento, che è davvero una scelta tecnologica “smart” per qualunque città nella fascia settentrionale del Paese.


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Telelettura multiservizio nella città di Milano L’esperienza di collaborazione tra A2A S.p.a. ed MM S.p.a. per la realizzazione di un pilota di telelettura multiservizio con rete fissa in radiofrequenza 169 MHz (Wireless M-Bus)

Davide Segalini, Sistemi di Misura e Bilancio idrico – Direzione Acquedotto Servizio Idrico di Milano, MM Spa Anna Ballarin, Servizi alla Distribuzione A2A – Sistemi di Telelettura Fluidi

A2A S.p.a., società multi-utility attiva nei settori dell’energia elettrica, gas, teleriscaldamento, igiene ambientale e servizio idrico integrato, per rispettare i cogenti vincoli dell’AEEGSI (Delibera ARG/gas 155/08 e s.m.i. dell’AEEGSI) sta affrontando il piano di sostituzione dei contatori gas domestici con contatori elettronici, Smart Meter, teleletti e telegestiti. MM S.p.a., anch’essa operante come multi-utility nel servizio idrico, nell’ingegneria e nel settore del patrimonio edilizio, è interessata a sviluppare il maggior numero di sinergie sul territorio servito, oltre ad essere impegnata in un piano di innovazione tecnologica che ha al centro la qualità dei servizi offerti al cittadino-cliente e l’efficienza economica e gestionale. A2A S.p.a e MM S.p.a. hanno avviato una sperimentazione nel Comune di Milano (zona Piazza Trento), su un’area geograficamente significativa (circa 500 edifici), provvedendo all’installazione di circa 10.000 Smart Meter gas e circa 500 contatori dell’acqua tele-letti, con l’obiettivo di valutare le potenzialità di una soluzione multiservizio e le criticità delle singole componenti. L’architettura del sistema prevede una tecnologia punto-multipunto (P-MP), basata su rete fissa con frequenza libera 169 MHz e protocollo standard Wireless M-Bus (UNI CEI EN 13757), come stabilito dalla Comunità Europea per il metering e normato dal CIG (Comitato Italiano Gas). Il punto di forza della rete risiede nella sua flessibilità, ovvero nella capacità di poter integrare diffe-

renti tipi di servizi dalle caratteristiche e necessità spesso differenti, sfruttando al meglio gli asset delle due società coinvolte nella sperimentazione quali, ad esempio, le sedi aziendali, gli impianti dislocati sul territorio e ove possibile i pali dell’illuminazione pubblica. Nella figura si può notare la schematizzazione dell’architettura di rete a moduli: i dati trasmessi in radiofrequenza dai meters vengono raccolti da concentratori multiservizio che comunicano con un unico sistema centrale mediante rete mobile (GPRS). Il sistema centrale denominato SACT (Sistema di Accesso Centrale delle Telecomunicazioni) che gestisce la rete radio ed i concentratori, comunica a sua volta con i SAC-M (Sistemi di Accesso Centrali delle Misure) dedicati alla gestione commerciale delle forniture dei vari servizi. Ogni servizio ha la visibilità dei soli dati di propria pertinenza, opportunamente crittografati. Le posizioni dei concentratori sono state definite utilizzando un tool di pianificazione di rete con il quale si sono individuati i raggi di azione teorici dei singoli concentratori. Per coprire l’area interessata dal pilota si sono installati 6 concentratori sui pali dell’illuminazione pubblica e 1 concentratore sulla sede di A2A di Piazza Trento. Per quanto riguarda gli Smart Meter gas sono stati installati 4 differenti modelli di contatori radio presenti sul mercato, compliant alla normativa vigente, in modo da analizzare e paragonare le diverse prestazioni in campo in relazione alle diverse tipologie installative. A differen-

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za del mercato gas, in cui i contatori rispondono ad una normativa tecnica precisa e totalmente definita (UNI/ TS 11291), per la scelta del contatore acqua, e relativa centralina di comunicazione, si è scelto un prodotto che fosse il più affine possibile allo standard gas (frequenza, protocollo di comunicazione, potenza trasmissione) per poterlo integrare al meglio nell’architettura radio. Un obiettivo della sperimentazione è stato quello di valutare/ ottimizzare le prestazioni di connettività considerando le problematicità tipiche della rete di distribuzione idrica. I contatori d’acqua della città di Milano (caratteristica comune in quasi tutta Italia) sono spesso posizionati in siti con rilevanti problemi di raggiungibilità come ad esempio pozzetti, cantine e seminterrati. In tali condizioni di lavoro si è pensato ad una soluzione senza vincolo tra misuratore e parte trasmissiva, che potesse permettere di installare quest’ultima in modo ottimale. Ulteriori vantaggi derivanti da questo tipo di installazione sono la possibilità di poter sostituire una sola delle due parti in caso di rottura (si pensi al gelo), di poter recuperare la parte trasmissiva in caso di chiusura dell’utenza, di evitare l’installazione della radio (o pensare ad una diversa tecnologia-GPRS) in quei casi dove non sia possibile raggiungere il contatore in radiofrequenza. Nel dettaglio sono stati installati contatori meccanici MID (maggiore precisione nella misura) con calibri compresi tra il DN 20 ed il DN 100 dotati di emettitori di impulsi optoelettronici autoalimentati, compatibili con centraline di telelettura in grado di accettare ingressi di tipo a contatti puliti. Le centraline sono state programmate per comunicare con il concentratore 3 volte al giorno ed è stata definita la trama del pacchetto dati inviata al concentratore. Terminata l’attività di posa degli smart meter e compilate le anagrafiche di associazione degli apparati alle utenze, è stato possibile (da remoto) iniziare l’attività di analisi dei dati, in primis la corretta comunicazione dei contatori in campo con la rete di raccolta e trasmissione dati. Come previsto le maggiori criticità riguardano i contatori installati in punti particolarmente sfavorevoli o posizionati in aree in cui i concentratori sono coperti da coni d’ombra che rendono difficoltosa la comunicazione. Affrontando puntualmente le varie casistiche si è potuto capire che le principali azioni da compiere per migliorare la connettività sono principalmente due: aumentare il raggio d’azione dei concentratori (posizionandoli ad altezze maggiori o cambiando la tipologia dell’antenna) e ottimizzare la posizione del modulo radio del contatore all’interno del sito installativo (possibile perché il contatore non è integrato al trasmettitore). Parallelamente a queste ottimizzazioni tecniche è inoltre necessario agire sulle logiche di gestione di carichi dei concentratori (numero di contatori gestiti) bilanciando la rete in modo che ogni contatore sia gestito dal concentratore che lo “sente” con il segnale radio migliore. Le soluzioni e le ottimizzazioni messe in campo, pur necessitando di ulteriori analisi e miglioramenti, hanno permesso di ottenere una buona percentuale di contatori teleletti e soprattutto di raggiungere punti ove precedenti sperimentazioni avevano dato risultati negativi. I benefici e le potenzialità derivanti da un sistema siffatto

sono molteplici e fondamentali per una gestione efficiente della risorsa idrica. In primis viene risolto il problema della lettura, rendendo la stessa più precisa e puntuale, permettendo una fatturazione basata su consumi effettivi. Inoltre, la comunicazione giornaliera dei consumi, e i dati a disposizione, permettano una gestione più efficiente della rete e la definizioni di servizi aggiuntivi per il cliente. Oltre alla comunicazione del dato di consumo giornaliero e mensile, delle portate minime e massime nelle 24 ore ed dei consumi notturni, si ritiene infatti significativo che la centralina sia in grado di storicizzare il consumo per alcuni giorni (con la possibilità quindi di recuperare il campione nel caso di fallimento della comunicazione con il concentratore). Tali informazioni sono necessarie per poter individuare comportamenti anomali nei consumi dei clienti, che spesso riflettono una perdita, ed informare tempestivamente il cliente finale del problema. È inoltre possibile riconoscere i contatori guasti che altrimenti verrebbero individuati solo su segnalazione del cliente finale o del letturista. Ulteriore beneficio è la possibilità di effettuare bilanci di rete e di distretto, potendo monitorare le perdite di tratti di rete in modo continuativo e sincrono. Le diagnostiche di frode (rimozione o anomalia del lanciaimpulsi o taglio del cavo) e di batteria scarica, permettono infine di poter monitorare da remoto la funzionalità della rete di e poter intervenire in modo tempestivo e programmato per la risoluzione delle anomalie. Gli autori Ing. Davide Segalini d.segalini@mmspa.eu Specialista tecnico nelle attività finalizzate alla riduzione delle perdite amministrative e nell’ammodernamento tecnologico del processo di rilevazione dei consumi di utenza. Responsabile del progetto di sviluppo della telegestione dei contatori AMR. Anna Ballarin Anna.ballarin@a2a.eu Lavora dal 2009 nella funzione "Sistemi di Telelettura Fluidi" di A2A Servizi alla Distribuzione. Segue l'implementazione della delibera 155/08 gas, le sperimentazioni multiservizio come referente per la telelettura dei misuratori dell'acqua e del calore.



Organizzato e promosso da

Il tunnel tecnologico L’Aquila 22/23 marzo 2O16

Un’operazione da 80 milioni di euro che ne fa la più grande opera pubblica del dopo terremoto dell’Aquila. Nella ricostruzione, il ruolo chiave di G.S.A. sarà illustrato ed esaminato durante un incontro a cui sono invitati i responsabili di tutte le Utility. A fronte di una massiccia attività per il rifacimento di tutti i sottoservizi nella città dell’Aquila, l’incontro - ideato e organizzato da Servizi a Rete - si pone l’obiettivo di condividere la conoscenza delle scelte e delle strategie che saranno messe in atto.

Programma Martedi 22/3 Appuntamento presso la sede di G.S.A.

h. 15.30 Un progetto imponente Ing. Salvatore Caroli - SIPEC

h. 14.00 Saluti dalle istituzioni

• Lo studio della realtà post-sisma • La risoluzione delle criticità • La definizione delle scelte progettuali

• Americo Di Benedetto - Presidente G.S.A. • Massimo Cialente - Sindaco dell’Aquila • Pietro Di Stefano - Assessore alla Ricostruzione

h. 16.00 La parola ai tecnici

• Vittorio Fabrizi - Direttore Dipartimento Ricostruzione

Ing. Alessandra Marono - Direzione Lavori • Avanzamento lavori

• Raniero Fabrizi - Responsabile Ufficio Speciale per la Ricostruzione dell’Aquila USRA

Ing. Antonio Tramontano - L’impresa esecutrice • Le criticità della fase esecutiva • La sicurezza

• Gianni Frattale - Presidente ANCE • Antonio De Crescentiis - Presidente della Provincia • Stefania Pezzopane - Senatrice della Repubblica

Ing. Silvio Rotilio - Comune dell’Aquila • Coordinamento con i cantieri della ricostruzione pubblica e privata

h. 15.00 Dall’idea alla scelta: una sfida importante Ing. Aurelio Melaragni – RUP • Come si è giunti alla scelta • Come adattarla nella realtà territoriale • L’organizzazione

*partecipazione richiesta

• Luciano D’Alfonso* - Presidente della Regione d’Abruzzo

h. 17.00 Tavola rotonda: gli Enti gestori • Ing. Stefano Pacitti - G.S.A. • Ing. Gianfranco Urbanelli - ENEL • Ing. Marco Pasini - TIM • Ing. Roberto Bastianelli - 2i Rete Gas h. 18.00 - Chiusura dei lavori


Appuntamento all’Auditorium Renzo Piano h. 21.00 Spettacolo

SEIsmc 4ward - Oltre il sisma La sera rappresenta un momento interessante per l’incontro tra i protagonisti della gestione del sottosuolo. I partecipanti al convegno insieme e tutti coloro che avranno presentato le loro tecnologie e le imprese, si incontreranno avendo modo di confrontarsi e proseguire in una situazione informale la propria conoscenza scambiandosi impressioni, suggerimenti e contatti. SEIsmc 4ward (Oltre il sisma) si svolgerà all’interno dell’Auditorium di Renzo Piano. Il Presidente di G.S.A. insieme al Sindaco dell’Aquila nella presentazione ne illustreranno i contenuti, ricordando quanto l’arte è stata motivo di vanto di una città che non si è certo arresa al cataclisma, ma che insiste sulla ricostruzione cercando “gli occhi del Mondo” su di sé per un messaggio di forza e di interesse.

Programma Mercoledi 23/3 Appuntamento al Palazzetto Dei Nobili h. 9.30

Visita guidata

Si parte con il secondo lotto • Le imprese che concorrono alla realizzazione della seconda area suddivisa in 5 differenti appalti descriveranno attraverso la voce dei propri tecnici le attività che verranno messe in campo per le varie aree di intervento

• A gruppi di venti persone i nostri ospiti avranno la possibilità di visitare lo smart tunnel insieme ai tecnici che lo hanno realizzato. A tutti sarà data la possibilità di vedere in prima persona la realizzazione, gli impianti e i prodotti utilizzati.

I materiali e le tecnologie • Le aziende di prodotti e tecnologie che hanno preso parte alla realizzazione del primo lotto ed altre che si propongono come soluzioni innovative, offriranno una presentazione dei materiali utilizzati e dei differenti prodotti h. 13.00 - Chiusura dei lavori

CON L’ALTO PATROCINIO DELLA

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ORDINE DEI GEOLOGI Regione Abruzzo

Provincia dell’Aquila  



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Nasce MM Academy Diffondere i saperi, creare eccellenze La messa in comune delle conoscenze, fortemente voluta dal presidente di MM e di cui si era già sentito parlare durante la scorsa estate, ha preso vita attraverso un incontro in cui sono stati presentati alcuni dei programmi. EXPOI: con questo acronimo si intende il modo di continuare per non perdere le conoscenze espresse durante l’Expo di Milano da parte dei vari Paesi. MM Academy diventa il punto di convergenza dei saperi per servire le città e i territori a livello internazionale. Il parere di Davide Corritore, Presidente di MM SpA. In 60 anni di attività MM ha acquisito competenze in settori specifici della progettazione, della costruzione e della gestione di opere, reti, infrastrutture e servizi. L’Azienda possiede i numeri per poter assicurare il passaggio di know-how sia all’interno, per il proprio personale, sia all’esterno, per sviluppare le competenze degli amministratori delle cose pubbliche. In questo contesto si inserisce MM Academy: un luogo di socializzazione, comunicazione e confronto di conoscenze ed esperienze, consolidamento delle modalità più opportune di operare e interagire nel contesto interno ed esterno. L’Accademia dei Saperi di MM muove da lontano: la gestione del chance management, la gestione del rischio, la valorizzazione dei talenti, la costruzione di reti con università - Politecnico, Bicocca, Bocconi - e centri di ricerca. È il frutto di una cultura d’impresa condivisa che permette di capitalizzare la dimensione intangibile dell’Azienda e di metterla a disposizione delle città di tutto il mondo. Si tratta di una partnership a livello globale: a breve sarà reso noto un accordo con una grande società internazionale.

Secondo Davide Corritore, Presidente di MM SpA “È importantissimo che ci sia uno scambio di saperi, anche solo al fine di migliorare quello che ognuno realizza nel proprio territorio. Nel mondo abbiamo avviato dei contatti con Paesi che propongono soluzioni all’avanguardia nel settore idrico: è in atto un interscambio di conoscenze che ci piacerebbe fosse messo a disposizione dei Paesi che non possiedono questo know-how”. Contatti a livello internazionale ma non solo: “L’Italia – continua Davide Corritore – ha bisogno di espandere le proprie conoscenze sul territorio, in modo che non ci siano evidenti disparità fra le perdite idriche di alcune regioni rispetto al nord del Paese. Oggi, con investimenti più limitati rispetto al passato, ci sono soluzioni in grado di abbassare il livello delle perdite. Questo è l’incontro dei saperi: significa diffondere la conoscenza e l’utilizzo di sistemi che permettono di riparare le tubature senza scavare. Il tutto si traduce in un risparmio delle risorse idriche: una volta individuata la perdita, si può intervenire subito senza scavare o bloccare il traffico. Significa anche la realizzazione di sistemi di sicurezza nell’erogazione idrica che, grazie all’analisi dell’acqua in qualunque punto, impediscono la diffusione di sostanze inquinanti. In questo momento, in Italia e nel mondo, c’è una crescita tecnologica veramente importante. Oggi – conclude Davide Corritore – conta il luogo dove crei il sapere ma conta anche la capacità di attrarlo”. La nascita di MM Academy a Milano rappresenta il punto di partenza di questo progetto di diffusione dei saperi e il simbolo della vera eredità lasciata da Expo: la capacità di coesione creata fra i diversi operatori.

Foto in alto: Da sinistra a destra Giovanni Valotti, presidente di Utilitalia e A2A, Stefano Cetti, direttore generale di MM SpA, Davide Corritore, presidente di MM SpA, Pierfrancesco Maran, Assessore alla Mobilità e Massimiliano Tarantino, segretario generale Fondazione Feltrinelli

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La percezione del rischio sulle conoidi Professor Baldassare Bacchi

Ogni anno in Italia, e in altri paesi con geografia e clima simili (esempio Francia, Svizzera), le violente piogge che si abbattono sui rilievi montuosi producono frane, alluvioni e colate di fango e detriti. E gli eventi, come ci ricordano i mezzi di informazione, sono tutt’altro che ‘eccezionali’. Nello scorso ottobre in Sardegna e in Sicilia si sono verificati danni ingenti a causa dell’insipienza degli amministratori: pochi giorni dopo anche la Côte d'Azur è stata altrettanto martoriata da colate di acqua fangosa fuoriuscita dagli alvei. A questi eventi segue la conta dei danni, e spesso anche degli eventi luttuosi, che una più saggia politica di gestione del territorio avrebbe potuto evitare, o considerevolmente limitare. Quali sono le cause di questi danni? A quanto possono assommare? È davvero impossibile evitarli? Per cercare di rispondere a queste domande, esporrò le mie conoscenze e opinioni. Se si percorre una delle (ex) nazionali che solcano la piane alluvionali delle vallate Alpine si possono osservare, oggi come già si osserva da svariati millenni, che allo sbocco dei torrenti laterali nella valle principale vi sono delle curiose strutture a forma di ventaglio-cono, il cui apice è proprio in coincidenza dello sbocco del torrente. Dal vertice si espande la suddetta forma conica che ha anch’essa pendenze piuttosto elevate, seppure ben inferiori a quelle del torrente che le ha generate. Queste morfologie, denominate conoidi (o coni) di deiezione, si sono formate per accumulo di materiali lapidei di pezzatura molto varia, dalle dimensioni micrometriche dei limi a quella millimetrica delle sabbie, fino a trovanti del volume di svariati metri cubi. Detti materiali vengono portati dal torrente a causa delle

caratteristiche sue e della sua morfogenesi. Alla fine dell’era glaciale, circa 14.000 anni fa, le valli alpine si ritrovarono con forme che erano state ampiamente modellate dall’azione abrasiva dei ghiacciai. E, ovviamente, non a causa del ghiaccio in sé - che tutto sommato opera un’azione moderata sulle rocce che lo contengono - ma a causa dei frammenti di roccia che, generati dalla demolizione operata da agenti atmosferici, ghiaccio e cicli giornalieri di gelo disgelo, durante il lento fluire del ghiacciaio si ammassano alla sua base, proprio a contatto della superficie rocciosa di scorrimento, operando come un super abrasore che graffia, erode e smeriglia il contorno. Questa azione ha fatto assumere alle valli glaciali quella caratteristica sagoma a U così riconoscibile e familiare. Detto fenomeno si è verificato sia nelle valli principali, ove il ghiacciaio aveva spessore che da poche decine di metri, in testata, poteva superare il chilometro allo sbocco nella Pianura Padana; sia nelle vallette laterali, dove, invece, le massime altezze dei ghiacci raggiungevano ‘appena’ qualche centinaio di metri. Poiché la forza abrasiva è proporzionale allo spessore del ghiacciaio, il risultato è stato che le valli laterali sono state meno incise di quelle principali e quindi, spariti i ghiacci, i loro torrenti scaricavano le acque nella valle principale da un gradino alto talvolta qualche centinaio di metri. Lo spettacolo doveva essere bellissimo! Con cascate e cascatelle per ogni dove. Ma l’azione disgregatrice degli agenti atmosferici, specialmente la gelività, lentamente, ma inesorabilmente, continuava e continua a demolire le rocce affioranti. E queste, per effetto del proprio peso e trascinate dalle acque, si accumulano nel letto torrentizio e sui ripidi versanti late-

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rali. Di tanto in tanto, quando arriva una qualche violento acquazzone di 2-3 ore, magari dopo un periodo di piogge che ha ben imbibito il terreno, l’accumulo viene in parte asportato violentemente, originando una colata detritica (in inglese, debris flow, letteralmente ‘flusso di detriti’) che, con violenza pressoché incontrollabile, raggiunge lo sbocco nella valle principale, dove si ferma depositando i materiali trascinati e generando, un po’ alla volta, il conoide. Per avere un’idea delle capacità distruttive di una colata detritica si può fare qualche piccola considerazione. Se in un piccolo bacino di 5 km2 si genera una portata di sole acque di 20-30 m3/s, la portata liquido-solida di colata può raggiungere e superare i 200 m3/s. Considerato che, causa le pendenze dell’asta dei torrenti in cui si generano (spesso superiori al 30%), le velocità possono superare i 10 m/s (qualcuno ritiene fino a 25 m/s) e che il peso specifico della colata risulta intorno a 1,5-1,8 t/m3, la quantità di moto risultante è pari a quella di 110 utilitarie lanciate a 130 km/h, oppure di 50 SUV o ancora di un locomotore ferroviario di 100t lanciati alla stessa velocità (o più che doppia). Si capisce quindi che tentare di fermare una simile forza della natura è, se non impossibile, molto difficile. E, in ogni caso, economicamente folle. Nei nostri torrenti montani, i fenomeni di colata sono ben lungi dall’essersi esauriti. Essi possono terminare solo quando le pendenze dei canali di alimentazione si siano abbattute a valori orientativamente inferiori al 20%. Il che, nella gran maggioranza dei piccoli affluenti dei fiumi Alpini, sic stantibus rebus, è presumibile possa avvenire fra diverse centinaia di migliaia di anni. Nel frattempo i debris-flows, con la loro intermittenza, continueranno a portare giù dalle montagne acqua, materiali lapidei e legname. L’ambito territoriale di conoide è da sempre stato appetito dalle popolazioni locali perché offre aree sollevate rispetto ai fondovalle, un tempo malsane e causa della diffusa malaria, e ricche di acque di buona qualità (potabili) facilmente attingibili. Inoltre, date le alte pendenze del terreno, l’allontanamento delle acque meteoriche durante i temporali risultava molto facile: bastava lasciarle scorrere per strada verso i campi. In sostanza la superficie della conoidi ha tutte quelle qualità che la rendevano appetibilissima come luogo per edificarvi villaggi e paesi. Ma la progressiva fame di suoli edificabili, e la scarsa memoria umana degli eventi trascorsi, ha comportato che da un’edificazione accorta, fatta in punti al di fuori delle possibili traiettorie delle colate, si sia passati a una edificazione ‘a tappeto’. Infatti le amministrazioni che si sono insediate nei municipi a partire dalla fine degli anni ‘70 del secolo scorso si sono fatte un vanto del deturpare il proprio territorio e nel favorire quello che chiamano ‘lo sviluppo’ del territorio. E ciò non solo quando ad amministrare erano onesti salumieri e macellai, poco edotti in questioni idrauliche e geologiche, ma anche quando sindaci e assessori all’urbanistica erano ingegneri e architetti. Per non parlare di avvocati e commercialisti che hanno individuato nell’uso (forse abuso?) dell’edilizia lo strumento per ‘arricchire’ il territorio. La cosa è diventata sempre più grave con la progressiva riduzione dei trasferimenti dello stato ai comuni. Questi si sono trovati ‘costretti’ a vendere licenze edilizie per ogni


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tipo di costruzione per ottenere il minimo di risorse finanziarie necessarie per garantire qualche accettabile servizio: mensa scolastica, manutenzione di strade e scuole, igiene pubblica e, sempre più di rado, assistenza agli anziani, insegnanti di sostegno per i bambini meno fortunati, e via dicendo. La dissennata politica edificatoria, in cui il territorio è divenuto solamente la base d’appoggio di case, capannoni e centri commerciali, ha portato a situazioni irreversibili. Non sarà più possibile cioè, fino alla prossima glaciazione, riottenere terreni coltivabili da quelli edificati. Evidentemente i costruttori immaginano che mangeremo tutti, tranne loro, i frutti delle colture idroponiche. Per chi non sapesse cosa sono, suggerisco l’acquisto dei pomodori coltivati in Olanda con quella tecnica. Se costui restasse ancora convinto che il suolo non serve a nulla, io mi faccio frate. A questo punto preferisco però cambiare argomento, perché addentrarmi nell’analisi del fenomeno dell’uso del territorio mi porterebbe troppo lontano. La congiunzione dei due processi, cioè i debris-flows sulle conoidi e la politica edificatoria, ha portato alle stelle il rischio idrogeologico. Questo è infatti dato dal prodotto della probabilità di occorrenza del fenomeno, P, per il valore dei beni esposti all’evento calamitoso, E, per la loro vulnerabilità, V. Sia la probabilità P sia la vulnerabilità dei beni dipendono, in generale, dalla intensità dell’evento calamitoso. Ma nel caso delle colate detritiche l’evento ha una probabilità di verificarsi, annualmente, dell’1-2%. Il che vuol dire che mediamente si verifica una volta ogni

50-100 anni. La vulnerabilità è spesso pari al 100% dell’edificio, o della strada, che si trova sulla traiettoria della colata. Il valore del bene esposto corrisponde a quello commerciale del manufatto. Si comprende facilmente che il valore di rischio medio annuo, su una conoide edificata, assomma rapidamente a qualche milione di euro, mentre il rischio di avere un danno grave (dello stesso ordine di grandezza del valore del bene esposto) diventa elevatissimo nel giro di una cinquantina d’anni. E con questo ho cercato di dare una risposta alle prime due domande. Riguardo alla terza… La ricerca scientifica e tecnologica degli ultimi 20 anni ha cercato sistemi per rimediare, o mettere una pezza, ai tanti disastri fatti dall’imprudenza degli amministratori e delle immobiliari. Allo scopo di moderare gli effetti delle colate si sono escogitati sistemi di vario genere, procedendo per tentativi a migliorare le soluzioni e cercando sempre di evitare spese superiori al valore dei beni da proteggere. Fra le opere che oggi sono considerate più affidabili ci sono le vasche/piazze di deposito e le briglie a fessura, frequentemente accoppiate. Ma non sempre c’è spazio per costruire queste opere che richiedono sempre la disponibilità di aree dell’ordine di 103-104 m2. Quando questi spazi non ci sono, si ricorre a deviatori di colata che indirizzano la stessa verso aree a minore valore dei beni esposti. Tutti questi sistemi, quando è possibile realizzarli, riescono ad abbattere in maniera molto significativa il rischio, perché operano sul controllo dell’evento calamitoso. Perciò se la


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probabilità di occorrenza scende anche il rischio ne risulta fortemente moderato. Non sempre però è possibile intervenire. In molte situazioni ormai la densità delle costruzioni è tale da non lasciare alcuna possibilità di fuga a un’eventuale colata senza causare ingenti danni a cose e persone. Mi riferisco, ad esempio, ai comuni del messinese investiti dalle colate di fango e detriti (2009) o a quella avvenuta alle Cinque Terre (2011). In quest’ultimo caso, non dimenticherò più quanto affermato da uno dei sindaci dei comuni devastati che suonava più a meno così: “È assurdo che sia successo questo da noi, perché qui abbiamo costruito tutto in regola, con le licenze edilizie e i certificati di abitabilità; non come a Messina dove le case erano abusive”. Ogni volta che ricordo l’episodio mi viene da pensare (e vorrei spiegarlo ai sindaci) che il fiume non conosce i piani regolatori e licenze edilizie: deve semmai avvenire il contrario e lasciare il giusto spazio ai corsi d’acqua. E se si costruisce nel loro letto, o nelle vicinanze, prima o dopo se ne paga lo scotto. Anche se l’abitazione è in perfetta regola con timbri e permessi. Non dispongo di statistiche precise sui danni delle alluvioni, frane, colate, in Italia. Una cifra che oserei azzardare varia tra 500 e 1000 M€/anno. Tra questi ci sono danni alle proprietà private (case, stabilimenti e loro contenuti, terreni e coltivazioni,..) e danni alle infrastrutture (edifici pubblici e strade innanzitutto). Per non parlare del danno alle persone che spesso sfocia nella perdita di vite umane. Ovviamente, come già per i terremoti (e per le grandi alluvioni che godono del grande tam tam mediatico), alla fase distruttiva e luttuosa dell’evento alluvionale segue ‘la ricostruzione’. E questa ha un grande valore economico perché è fonte di lavoro, e di reddito, per imprese e operatori economici vari. Il giro d’affari che determinano questi eventi è forse una delle poche vere ragioni in grado di giustificare la sostanziale inerzia della PPAA nell’affrontare il tema. Che in gran parte non è economico - cioè costa tanto mettere in sicurezza il territorio - ma politico, perché riguarda l’emanazione di leggi chiare ed efficaci sull’uso del suolo. Dato l’attuale assetto urbanistico delle vallate ove si verificano le colate, le situazioni che si presentano a chi voglia fare interventi di messa in sicurezza sono molto differenziate. In molti casi è possibile ancora

mettere in atto presidi (cunettoni, deviatori e aree di deposito) che possono significativamente ridurre la probabilità di occorrenza del danno, o far avvenire i danni in aree a minor pregio. In altre situazioni si può pensare di costruire, a monte della conoide, opere importanti per ridurre le pendenze del torrente e rallentare le velocità delle colate. Qualche volta però non si può fare praticamente nulla. E in questo caso la dislocazione delle abitazioni, operazione anche umanamente tristissima, sarebbe inevitabile. Finora, per quanto a mia conoscenza, sono state pochissime le situazioni in cui si è operata. Un intervento sempre fattibile, e doveroso, sarebbe invece la variazione delle norme sulla edificabilità dei suoli. E, una volta edificati, sulla sicurezza idraulica del territorio. Oggi se un operatore immobiliare (fosse anche il singolo cittadino) compra un terreno per cui il PGT, o una sua variante, prevede un indice di edificabilità alto, qualora, per qualunque ragione, gli venisse negata la licenza edilizia ‘ha diritto’ a un risarcimento del danno per la mancata possibilità di costruzione. Questo, almeno nel caso delle aree a rischio alluvionale, è una follia. Innanzitutto perché le aree ad alta pericolosità non sono sconosciute. Esse, storicamente, sono state colpite più volte. Talvolta vengono colpite appena uno o due anni prima della costruzione. Dire “non sapevo” è un’affermazione ipocrita inaccettabile. Anche se ‘avvalorata’ dalle affermazioni di assessori e sindaci “a memoria d’uomo non si è mai verificato nulla”. Un’affermazione che ho sentito fare a un importante avvocato, assessore all’Urbanistica di un grande comune. Intervenire alla radice vorrebbe dire che gli indici di fabbricazione dovrebbero essere connessi a fattori di pericolosità idraulica. E in subordine, come suggerisce qualche intelligente collega, così come esistono i certificati energetici, bisognerebbe che le abitazioni fossero dotate di certificato idraulico che ne garantisca la salubrità. Ovviamente si potrebbe dichiarare il falso. Ma della cosa, non so come, bisognerebbe rispondere per l’intera vita utile dell’edificio (50-70 anni). Forse, in questo modo, la pressione sulle aree più pericolose si allenterebbe. Nel frattempo possiamo sperare che l’alluvione capiti ad altri.


SERVIZI A RETE GENNAIO-FEBBRAIO 2016

La riqualificazione fluviale Gestione e ripristino del territorio in aree soggette a rischio idraulico/idrogeologico

Alexander Palummo, Università di Firenze - Dipartimento di Architettura DiDA

Lo studio dell’idrologia e dell’idrogeologia e delle loro possibilità applicative diventa un necessario complemento di qualunque processo di pianificazione o di semplice “cura” del territorio (Rosa, 2005). Attraverso l’analisi puntuale e la programmazione di azioni concrete in casi studio specifici si possono implementare (e ridefinire) buone pratiche di gestione della risorsa idrica in ambito fluviale. La gestione del territorio in ambito fluviale/perifluviale, congiuntamente alla progettazione dei sistemi colturali e forestali, risulta una delle sfide più delicate per molte ragioni tra le quali: • mitigazione del rischio idraulico/idrogeologico e riduzione dei dissesti • manutenzione di aree agricole soggette ad abbandono • valorizzazione dei servizi ecosistemici • progettazione ecologica e naturalistica. L’obiettivo è un nuovo modello di progettazione e pianificazione per gli ecosistemi fluviali e perifluviali. Attraverso proposte o integrazioni ai piani vigenti, si rappresenta l’opportunità di uno sforzo di coordinamento, coinvolgendo nel monitoraggio le istituzioni, i tecnici, ma anche la comunità locale (Magnaghi, Fanfani, 2010), così da consentire alle dinamiche identitarie (Carle, 2013) di diventare agenti di cambiamento e avviare un processo di ridefinizione del rapporto della popolazione rurale con il “proprio” fiume. Riferimento essenziale è la Riqualificazione Fluviale (Nardini, Sansoni, 2006) che ha il principale scopo di ri-naturalizzare corsi d’acqua e, contemporaneamente, di ridurre i rischi idraulici e idrogeologici connessi. Gli interventi vanno intesi come un tentativo di ripristino dello stato naturale di fiumi e torrenti e di valorizzazione degli aspetti rurali locali.

Proposte progettuali e metodologiche Da queste premesse possono derivare proposte per la gestione della vegetazione in alveo e in prossimità e per una pianificazione agricola più attenta a valorizzare specie botaniche autoctone e a conservare le colture estensive/promiscue. È necessaria anche una progettazione più integrata

delle aree periurbane, che si concentri sulla verifica della corretta collocazione degli edifici (tentando una ricollocazione di quelli a rischio, dove possibile) e delle colture in un’ottica di pianificazione strategica e partecipata. Gli approcci possono essere raggruppati in tre principali macro categorie (Rinaldi, 2009), da combinare in funzione dello stato di conservazione delle aste fluviali in esame (o del tratto di corso d’acqua): • preservare la situazione attuale (ad esempio, manutenzioni ordinarie delle sistemazioni agrarie di pregio da parte dei coltivatori locali) • limitare i nuovi interventi (ad esempio, integrando le opere già presenti sul territorio con migliorie funzionali e innovative) • ripristinare l’ecosistema fluviale (ad esempio, con un processo multidisciplinare che permetta l’incontro degli interventi geologici e ingegneristici con il restauro agro-paesaggistico e con la moderna filosofia della riqualificazione fluviale). Le fasi di analisi dei dati sono state così strutturate: • preliminare raccolta dei materiali cartacei e digitali (libri, cartografie, testimonianze) • acquisizione nuovi dati relativi alla situazione attuale (sopralluoghi, fotografie, rilievi) • confronto del materiale raccolto • elaborazione tavole di analisi e modellistica numerica attraverso software GIS. Si sottolinea l’importanza delle elaborazioni in merito all’uso e copertura del suolo, e agli aspetti naturalistici (confronto tra ortofoto/immagini SAT) • monitoraggio attraverso la realizzazione di un Sistema Informativo Territoriale eventualmente correlato da un portale webGIS di ausilio per l’integrazione di dati in tempo reale e per la condivisione del geoDB con la concezione OpenData. Non sono da sottovalutare gli aspetti legati alla modellistica che incontra i Sistemi Informativi Territoriali (Mogorovich, Mussio, 1988). Un SIT, referenziando i modelli nello

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SERVIZI A RETE GENNAIO-FEBBRAIO 2016

Figura 1 - Forestazione nel sottobacino del Caprio. (Fonti: CTR 1998 e UDS 2010)

Figura 2 - Forestazione nel sottobacino del Teglia. (Fonti: CTR 1998 e UDS 2010)

spazio geografico, può integrare agevolmente la tecnologia con le specificità territoriali locali in maniera dinamica.

Nella Figura 1 e Figura 2 si evidenzia il processo di forestazione avvenuto tra il 1998 e il 2010 nei sottobacini dei due torrenti in esame. Nella Tabella 1 sono riportate le estensioni delle aree boscate individuate dall’elaborazione. In queste aree, tradizionali opere rurali da restaurare, manutenere e valorizzare sono i muri a secco (anche detti “more”), che concorrono alla funzione di: • riduzione dell’erosione spondale • contenimento del dissesto idrogeologico • delimitazione e/o irrigazione aree agricole. L’area dei sottobacini in esame è stata rilevata con fotografie e sopralluoghi che, insieme a fotointerpretazione delle ortofoto storiche e recenti, hanno permesso di stimare le sistemazioni agrarie di pregio in abbandono in funzione

Caso studio In Toscana è stata scelta l’area di confluenza di due torrenti dell’Alta Val di Magra (Caprio e Teglia), in quanto oggetto di manutenzioni sporadiche e di interventi spesso inadeguati che si sono susseguiti e sovrapposti disarmonicamente tra loro. Nel tempo un ulteriore mutamento degli usi e delle coperture dei suoli è stato determinato, da un lato, da movimenti demografici verso le aree urbane e conseguente abbandono dei territori rurali e, dall’altro, da concimazioni, diserbo chimico e impiego di macchine agricole nelle fasce fluviali e perifluviali.

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SERVIZI A RETE GENNAIO-FEBBRAIO 2016

CAPRIO

TEGLIA

Bosco del 1998

2106 ha

2954 ha

Bosco del 2010

2425 ha di circa 320 ha in 10 anni

3292 ha di circa 340 ha in 10 anni

Forestazione

Tabella 1 - Quantità di forestazione nei sottobacini in esame. CAPRIO Muretti e more nel 1998 Diminuzione

TEGLIA

56,7 Km 52,6 Km 11 km circa 13 km circa in aree bosco in aree bosco

Tabella 2 – Lunghezza dei muretti a secco soggetti ad abbandono nei sottobacini in esame.

alla variazione dell’uso del suolo. Analizzando le Figure 3 e 4 è possibile affermare che le aree soggette a forestazione coincidono sostanzialmente con terreni agricoli in abbandono. Nella Tabella 2 sono riportate le lunghezze dei muretti individuati dall’elaborazione. Si riportano anche alcune immagini scattate nell’area di confluenza dei due torrenti nel Fiume Magra. Nella Figura 5 è rappresentata buona parte dei muri con funzione idraulica rilevati durante i sopralluoghi in confluenza. I muri analizzati hanno tutti uno spessore di circa un metro, ma è interessante sottolineare come il muro indicato dalla stellina segnaposto abbia addirittura uno spessore di oltre tre metri. Si suppone che la sua funzione fosse, in origine, di vero e proprio contenimento delle piene. Da un lato la compresenza, a monte, dei suddetti fenomeni di abbandono e di frequenti eventi franosi rende problematica la situazione complessiva degli alti bacini, perché le frane tendono a scendere accumulandosi a valle, punto in cui il dissesto si fa più incontenibile e pericoloso verso gli abitati e le altre aree urbane, agricole e semi-naturali (Garzonio, 2012). Non si può nemmeno minimizzare l’impatto negativo degli abbandoni delle terre agricole a valle, sia per il loro famigerato impatto sul paesaggio sia per la problematica modifica che comportano per le matrici agricole di pianura, nonché per la loro tendenza ad alimentare il dissesto idrogeologico e spondale. Rimane poi un’altra questione aperta, relativa alla gestione della vegetazione ripariale, per la quale due sono i principali orientamenti teorici di riferimento. Il primo vede nella vegetazione arborea un ostacolo all’allargamento dell’alveo e nella sua rimozione/modificazione la soluzione (locale) del problema (Menegazzi e Palmeri, 2007). Il secondo vede nella vegetazione ripariale una risorsa naturale da valorizzare proprio durante le esondazioni, sia per l’attività frenante rispetto alla velocità del trasporto liquido e solido, sia per le sue funzioni di connettività ecologica e di mantenimento dell’ecotessuto (Malcevschi, 2010). L’area di confluenza tra Caprio, Teglia e il Fiume Magra (Fig.6) è soggetta a frammentazione ambientale per la presenza di urbanizzato e di infrastrutture di diverso tipo (autostrada, ferrovia e altre strade statali). Essa necessita di interventi mirati per favorire la riconnessione ecologica e ripristinare la continuità fluviale (Direttiva Quadro Acque, 2000/60/CEE). Relazione presentata alla XIX Conferenza ASITA, Lecco

Figura 3 - Muretti in aree soggette a forestazione nel sottobacino del Caprio. (Fonti: CTR 1998 e UDS 2010)

Figura 4 - Muretti in aree soggette a forestazione nel sottobacino del Teglia. (Fonti: CTR 1998 e UDS 2010)

Figura 5 - Muretti e altre opere lapidee nelle confluenze tra Magra e affluenti in esame (Fonte: Palummo, 2014).

Figura 6 - Zona da sottoporre a riconnessione ecologica (cerchio verde). (Fonti: UDS 2010 è OFC 2010)

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Servola: il depuratore che parla col mare I lavori del 3° stralcio porteranno alla realizzazione del nuovo impianto: il depuratore, grazie a una tecnologia innovativa, potrà calibrare la propria azione in funzione dei bisogni espressi dal mare. L’intervento, nell’ambito del piano del Gruppo Hera a favore dell’Alto Adriatico, coinvolge anche Rimini e Padova.

A cura di AcegasApsAmga - Gruppo HERA

Un depuratore “intelligente”, in grado di ascoltare il mare e regolare la propria attività in base ai bisogni espressi dall’Adriatico. Sarà questa la caratteristica più importante del nuovo impianto di Servola, di cui sono iniziati i lavori del terzo stralcio che porterà alla costruzione della struttura entro il 2018. A sbloccare l’opera è stato un intenso lavoro di squadra fra tutte le istituzioni, iniziato nell’agosto del 2013. L’Amministrazione regionale ha svolto un ruolo determinante nell’attività di coordinamento per portare a soluzione la questione sulla quale grava una vecchia infrazione comunitaria. La copertura finanziaria dell’importo complessivo di 52.500.000,00 Euro proviene prevalentemente da 30 milioni di Euro di Fondi FSC 2007-2013 (Fondo per lo sviluppo e la coesione). La parte rimanente è costituita dal contributo pluriennale regionale, da tariffa e dai finanziamenti provinciali provenienti dai piani stralcio. L’ammodernamento del depuratore rappresenta uno dei più importanti investimenti pubblici di questi ultimi anni a Trieste, e permetterà di accrescere in modo decisivo la qualità dell’ambiente e della vita dei cittadini. Il depuratore di Servola, con i suoi 190.000 abitanti equi-

valenti serviti, è il più grande della Regione e precede gli impianti di Lignano (150.000 abitanti equivalenti in estate), Tolmezzo (120.000 abitanti equivalenti), San Giorgio di Nogaro (110.000 abitanti equivalenti) e Udine (95.000 abitanti equivalenti).

I tempi del depuratore di Servola La realizzazione dell’opera è un’operazione molto complessa che si sta realizzando nel rispetto del crono-programma. La progettazione esecutiva dell’intervento ha portato alla gettata delle fondamenta e all’inizio dei lavori per arrivare, entro il mese di gennaio 2017, all’entrata in esercizio dell’impianto, con conseguente arresto della procedura di infrazione comunitaria. I lavori proseguiranno ancora per un anno, fino alla definitiva conclusione entro il 2018.

Il terzo stralcio L’avvio del terzo stralcio del Depuratore rappresenta il salto di qualità decisivo dell’opera, dopo la realizzazione dei primi 2 stralci di lavori. Dapprima, nel 2014, l’introduzione del nuovo sistema di grigliatura fine che consente di trattenere all’ingresso dell’impianto una quantità

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SERVIZI A RETE GENNAIO-FEBBRAIO 2016

COME SARÀ IL NUOVO DEPURATORE DI SERVOLA

1 2

6

7

5

4

3 UFFICI

1. Nuova grigliatura fine 2. Nuova vasca di prima pioggia 3. Nuovo trattamento su pacchi lamellari e sedimentazione fanghi 4. Trattamento biologico - nitrificazione su biofiltri Nuova grigliatura fine (2014)

Nuova vasca di prima pioggia

Nuovo trattamento primario su pacchi lamellari e sedimentazione fanghi

Trattamento biologico – nitrificazione su biofiltri

Trattamento biologico – predenitrificazione su biofiltri

1 2 3 4 5

È stato introdotto un trattamento più

Verrà utilizzata una grande vasca di circa

spinto che, attraverso 4 nuove griglie

50 metri di diametro (trattasi di un bacino

È un processo biologico, attuato in va-

a luce ridotta, consente di rimuovere in

con funzione di volano) in grado di accu-

è un trattamento attuato in nuove va-

sche dedicate, reso possibile da spe-

modo molto più consistente i materiali

mulare la portata in eccedenza, dovuta

sche ad alto rendimento dove si acce-

cifiche popolazioni batteriche e pre-

solidi presenti e trascinati nei liquami,

alla prima pioggia che, provenendo dalle

lera e si migliora la fase di separazio-

vede un’energica insufflazione di aria

Trattamento biologico defosfatazione post-denitro su biofiltri

Si tratta dell’ultimo stadio di affinamento

Si tratta di un processo biologico che

un processo di chiari-flocculazione, è pos-

carbonio facilmente biodegradabile.

del depuratore, dove si utilizzano parti-

avviene in apposite vasche, grazie a bat-

sibile ottenere la precipitazione e riduzione

teri specifici che, in condizioni di carenza

della presenza del fosforo contenuto nei li-

di ossigeno libero, sono in grado di tra-

quami.

tutto a vantaggio dei successivi sta-

fognature cittadine, risulta inizialmente

ne (per via naturale, cioè sfruttando la

che consente di ossidare e trasforma-

sformare i nitrati (ricchi di ossigeno), svi-

molto sporca (sedimenti stradali, rifiuti,

forza di gravità) delle particelle solide

re l’ammoniaca in un altro composto

luppati in precedenza, in azoto gassoso

cipalmente a base di ferro o similari.

dai fenomeni di abrasione ai macchinari

ecc.). In questa vasca è possibile chia-

“sedimentabili” contenute nei liquami.

dell’azoto, i nitrati. In breve si trasforma

che si libera dalle acque direttamente in

Nel caso invece occorra ancora abbassare

presenti.

rificare le acque, restituendole più pulite

Il materiale che sedimenta, denominato

l’azoto proveniente dalle deiezioni uma-

atmosfera, rendendo migliore la qualità

ulteriormente il tenore di azoto, dopo averlo

al mare ed estraendone i fanghi, i quali

fango, viene trattato opportunamente in

ne e presente nei liquami (principalmen-

delle acque.

già ridotto con la predenitrificazione vista in

vengono trattati separatamente.

una linea dedicata, sempre all’interno

te in forma ammoniacale) in altre forme

precedenza, è possibile intervenire anche

del depuratore.

meno impattanti per l’ambiente.

con il trattamento di post-denitro con l’ag-

Il progetto, unico nel suo genere in Italia, consentirà di avere un depuratore più efficace nell’azione della depurazione e di chiarificazione delle acque, con elevata efficienza gestionale e flessibilità d’impianto. Il nuovo impianto assicurerà un sofisticato trattamento biologico dei reflui, finalizzato all’abbattimento delle sostanze nutrienti da reflui, come azoto e fosforo, a terra, in quanto, fino a oggi, è stato assicurato da una condotta sottomarina di 7 km dotata di 600 torrini diffusori grazie alla quale è il mare ad abbattere i nutrienti, la cui equilibrata presenza è indispensabile per il benessere dell’ecosistema.

Il depuratore che parla col mare In linea con le mutate disposizioni dell’Unione Europea in materia (che stanno determinando anche la procedura d’infrazione), il trattamento biologico sarà portato sulla terraferma, all’interno del nuovo impianto. Una cessazione troppo brusca dell’apporto di nutrienti al mare potrebbe avere ripercussioni negative sulla fauna ittica e sull’ecosistema marino. È stata sviluppata una tecnologia innovativa che consentirà di bilanciare l’intensità di trattamento in base allo stato del mare. In collaborazione con l’Osservatorio Geofisico Sperimentale, è stato organizzato un monitoraggio costante della quantità di sostanze nutrienti: in base ai bisogni espressi dal mare, le Autorità di Controllo potranno determinare l’intensità dell’abbattimento di nutrienti, garantendo il perfetto equilibrio dell’ecosistema del Golfo di Trieste. Il nuovo depuratore porterà un’evoluzione importante nel concetto di sostenibilità, perché consentirà di passare dalla riduzione dell’impatto

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giunta di speciali composti molto ricchi di

di di trattamento e per la salvaguardia

L’obiettivo dell’investimento

Disinfezione finale a UV

Si tratta di uno stadio nel quale, attraverso

La reazione avviene utilizzando dei sali, prin-

maggiore di materiale, rendendo più efficaci i successivi trattamenti depurativi. Successivamente è stata la volta della completa bonifica dell’ex-scalo legnami, l’area su cui verranno costruite le nuove strutture del depuratore.

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5. Trattamento biologico – predenitrificazione su biofiltri 6. Trattamento biologico – de fosfatazione post-denitro su biofiltri 7. Disinfezione finale a UV

colari lampade che emettono radiazio-

ni ultraviolette, causando una reazione fotochimica che inibisce il processo di

riproduzione dei microrganismi ed abbatte quindi la carica batterica, rendendo le acque più pulite dal punto di vista igienico-sanitario, prima di essere sversate a mare.

ambientale al governo vero e proprio di tale impatto, grazie al continuo dialogo con il mare.

La bonifica: un sito riportato a nuova vita La costruzione del nuovo depuratore, oltre a migliorare sensibilmente l’impatto visivo dell’area, grazie ad un design gradevole e hi-tech, ha consentito di bonificare la zona dell’ex-Scalo Legnami. Sono state rimosse una parte delle vecchie tettoie in Eternit (per una superficie di oltre 10.000mq), si è provveduto all’asporto e allo smaltimento di idrocarburi, amianto ed altri contaminanti su una superficie di 20.000mq. Si sta procedendo al “lavaggio” delle acque di falda così da permettere, a lavori ultimati, di consegnare al mare acque di falda pure.

Il Piano da 230 milioni di euro Per l’Amministrazione regionale il Depuratore di Servola rappresenta un importante intervento di tutela ambientale ma anche un notevole investimento, in grado di dare nuovo impulso all’economia locale. L’intervento s’inserisce all’interno del più ampio impegno del Gruppo Hera a favore del Nord Adriatico, su cui si affacciano molti dei territori in cui è attivo il Gruppo. Si tratta di un rilevante piano ambientale, che oltre a Trieste, vede interventi anche su Rimini e Padova e che sta muovendo quasi 230 milioni di euro, possibili grazie ai cofinanziamenti pubblici. Oltre alla valenza ambientale, il piano è capace di incidere positivamente anche sulle economie turistiche dei territori serviti, che da un’acqua ben tutelata traggono valore e ricchezza.

Rimini e Padova Nell’ambito del Piano Salvaguardia Balneazione Ottimizzato di Rimini (PSBO), il Gruppo Hera - in collaborazione con Comune di Rimini, Romagna Acque e Amir - è impegnato nel più grande intervento di risanamento fognario



in Italia, con un investimento di quasi 158 milioni di euro, grazie al quale si dimezzeranno entro il 2016 gli scarichi a mare, fino ad eliminarli nel 2020. Il nuovo depuratore di Santa Giustina, a servizio della città, è diventato il più grande d’Europa con la tecnologia di ultrafiltrazione a membrane. A breve partirà un ulteriore intervento di 30 milioni nell’ambito del PSBO, consistente nella realizzazione di una vasca di laminazione e una di raccolta acque prima pioggia nel cuore della città, con un positivo impatto anche sull’arredo urbano. Il Gruppo Hera, sempre attraverso AcegasApsAmga, è inoltre impegnato nel rilevante intervento di adeguamento del depuratore di Cà Nordio, che serve l’area di Padova, per complessivi 200 mila abitanti equivalenti, sempre insistente sul Bacino Adriatico. I lavori in corso si concluderanno entro il 2016.

Le innovazioni di Servola

Accanto all’introduzione del trattamento biologico a terra, il nuovo depuratore presenta diverse innovazioni: Dissabbiatura - I lavori hanno permesso di aumentare l’efficacia della separazione dei grassi e delle sabbie dalle acque da trattare. È stato ridotto il peso dei fanghi prodotti, ottimizzata la parte minerale e migliorata la qualità dei fanghi, utilizzati poi come emendante agricolo. Nuova grigliatura fine - All’ingresso del processo di depurazione è stato migliorato il passaggio dei reflui attraverso griglie che ne trattengono immediatamente gli elementi solidi e grossolani presenti. Le nuove griglie, grazie ad un’innovativa tecnologia a nastro continuo, consentono di trattenere una quantità maggiore di materiale, rendendo più efficaci i successivi trattamenti depurativi. Disinfezione - Il processo di depurazione sarà completato dalla disinfezione delle acque con radiazioni ultraviolette. Questo contribuirà a rendere l’acqua restituita al mare ancora più pulita, eliminando i microrganismi patogeni e i parassiti dalle acque contaminate (coliformi fecali ed escherichia coli). Nuova vasca di decantazione per acque di prima pioggia - Le due vecchie vasche per il trattamento chimico-fisico dei reflui saranno dismesse. Una sarà demolita per permettere la realizzazione di un cunicolo carrabile di collegamento tra le due aree di impianto e della relativa rampa di accesso. L’altra sarà trasformata in vasca di decantazione per le acque di prima pioggia. In caso di pioggia particolarmente abbondante, nella vasca confluiranno le acque meteoriche in eccesso, che qui decanteranno i fanghi prima di essere restituite pulite al mare.


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La depurazione delle acque reflue urbane Marco Acri - Direttore Generale Società Metropolitana Acque Torino

L’impianto di depurazione centralizzato di Castiglione Torinese è il più grande impianto di trattamento chimico, fisico e biologico presente in Italia, con una potenzialità massima di 3.800.000 abitanti equivalenti e rappresenta un concreto punto di riferimento tecnologico per gli elevati standard di qualità raggiunti. L’impianto, al servizio della città di Torino e del suo hinterland, è stato attivato nel 1984 e la Società Metropolitana Acque Torino (SMAT) lo gestisce tuttora con una costante attenzione all’innovazione e all’aggiornamento dei processi di depurazione, smaltimento e recupero dei fanghi, recupero energetico e dei residui, riuso delle acque reflue trattate per scopi industriali. La complessità delle sezioni di trattamento primario, secondario e terziario garantisce elevati rendimenti di rimozione degli inquinanti di origine civile e industriale. Il trattamento di digestione anaerobica dei fanghi estratti consente il recupero energetico dal biogas mediante la cogenerazione di energia termica ed elettrica per circa 60 milioni di kWh/anno, con un notevole contenimento dell’impatto ambientale nonché dei costi di gestione. I fanghi prodotti come residuo della depurazione delle acque reflue, una volta disidratati meccanicamente e/o essiccati termicamente, vengono avviati al recupero in impianti di compostaggio che ne consentono così un corretto e completo riuso in agricoltura. Il Gruppo SMAT, al fine di perseguire una sempre maggiore sostenibilità ambientale ed efficienza, ha avviato nel tempo un percorso di dismissione progressiva di numerosi piccoli impianti di depurazione secondo un concetto di centralizzazione dei trattamenti, finalizzato al

raggiungimento di elevati rendimenti depurativi. Le acque reflue inizialmente affluenti a numerosi piccoli impianti, contestualmente alla loro dismissione, sono state collettate verso impianti centralizzati di maggiori dimensioni, come quello di Castiglione Torinese. Gli impianti di depurazione di dimensioni medio-grandi permettono infatti trattamenti più efficienti dal punto di vista ambientale, garantendo un maggior abbattimento degli inquinanti, un miglior utilizzo di risorse energetiche e gestionali, consentendo minori costi di esercizio. Nel 2014 la portata di reflui depurata è stata complessivamente pari a circa 372 milioni di metri cubi. Nello stesso periodo l’inquinamento sottratto ai fiumi è stato pari a: • 53.527 tonnellate di solidi sospesi (SST) • 56.698 tonnellate di composti organici biodegradabili (espressi come BOD) • 105.868 tonnellate di composti organici (espressi come COD) • 6.144 tonnellate di azoto totale • 1.028 tonnellate di fosforo totale. L’impianto di depurazione di Castiglione Torinese scarica le acque depurate nel tratto del fiume Po a valle della città di Torino, che fa parte dell‘area protetta “Fascia fluviale del Po – tratto torinese”. Le acque scaricate sono monitorate, come per tutti gli

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altri impianti di depurazione SMAT, in modo da garantirne costantemente l’eco-compatibilità con il corpo recettore, la salvaguardia di tutta la vita acquatica nonché la conformità alle disposizioni di legge e a quelle emanate dalle Autorità Competenti in sede di Autorizzazione allo Scarico. SMAT, viste le caratteristiche di pregio dell’area protetta, opera in una logica di salvaguardia della biodiversità e degli habitat interessati dallo scarico, in modo da minimizzare l’impatto ambientale che viene costantemente monitorato. Nel corso del 2014 è stata portata a termine, anche in collaborazione con il Politecnico di Torino, la definizione del progetto preliminare per l’appalto integrato dei lavori di realizzazione, presso l’impianto di Castiglione Torinese, di una sezione di abbattimento dell’azoto dalle acque di risulta della linea fanghi (flusso ricco di azoto derivante dalla disidratazione dei fanghi di depurazione a valle della digestione anaerobica). Questo processo sarà scelto tra le migliori tecnologie di deammonificazione presenti sul mercato, al fine di ottenere un sensibile miglioramento nella capacità di abbattimento dei composti azotati, con un notevole vantaggio ambientale e con un minor consumo energetico rispetto alle tecnologie tradizionali. Particolare attenzione viene posta anche al riuso delle acque reflue depurate, da considerarsi come una preziosa risorsa che, una volta sottoposta ad appositi trattamenti, possa evitare il prelievo di acque dall’ambiente per uso industriale, garantendo un notevole risparmio delle risorse idropotabili. La SMAT gestisce attualmente due impianti di acquedotto industriale, uno a Castiglione Torinese ed uno a Collegno. L’impianto di depurazione di Collegno è stato il primo in Italia a provvedere al recupero di parte delle acque depurate per usi industriali.

Attraverso una condotta dedicata, una parte dell’acqua prodotta viene distribuita alle industrie convenzionate presenti nel territorio limitrofo mentre un’altra parte viene riutilizzata per fruizione civile (bocche antincendio, irrigazione di giardini pubblici, ecc.) e per uso interno all’impianto come acqua di servizio. Le acque prodotte dalla sezione per il riutilizzo delle acque reflue presso l’impianto centralizzato di Castiglione Torinese vengono riutilizzate per i servizi interni dell’impianto, riducendo in questo modo il prelievo di acqua dalla falda e contribuendo a preservare la quantità e la qualità della risorsa idrica. Presso l’impianto centralizzato di Castiglione Torinese è in esercizio un sistema di trattamento delle sabbie prodotte come residuo della depurazione. Le sabbie, una volta trattate, sono compatibili con il riutilizzo per opere civili e rinfianco tubazioni e vengono utilizzate dalla SMAT per la posa di nuove condotte. Nello stesso impianto vengono inoltre portate a recupero le sabbie da spazzamento stradale.

Il Gruppo SMAT, Società Metropolitana Acque Torino S.p.A., si occupa della gestione del servizio idrico integrato, identificandosi tra i più moderni ed avanzati gestori a livello europeo e internazionale. Il Gruppo gestisce le fonti di approvvigionamento idrico, gli impianti di potabilizzazione e distribuzione di acqua potabile, le reti di raccolta e gli impianti di depurazione dei reflui urbani in 292 Comuni dell’area metropolitana torinese, per un bacino di utenza che supera i 2 milioni di abitanti serviti.



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Quanto costa la misura Eon-off? Alessandro Boi - Neutel

Non entreremo nel merito di quali siano le tecniche di misurazione on-off per l’acquisizione corretta del potenziale delle nostre strutture - ormai molte pubblicazioni e testi specializzati trattano molto bene l’argomento - bensì di come oggi sia sempre più importante “avvicinarsi” a questo tipo di misura, e come tale rilevazione impatti sui costi destinati al controllo, rispetto alle prescrizioni AEEGSI. Ad oggi, una percentuale importante di misure non viene ancora fatta secondo i criteri di misura Eoff o EIRfree ; ad ogni modo, nel settore, la sensibilità verso questo tipo di misurazione sta cambiando. Riteniamo inoltre che le società di vendita e servizio di dispositivi di telesorveglianza giochino

un ruolo fondamentale nell’incoraggiare i propri Clienti, ed il mercato, ad utilizzare tale tecnica. Questo lavoro di sensibilizzazione sembra incominci a far breccia fra gli operatori del settore, che di fronte a certe prescrizioni si dimostrano sempre più attenti ed esigenti. Ormai sono presenti sul mercato dispositivi per la telesorveglianza che hanno raggiunto un grado di sofisticazione tale da rilevare misurazioni Eoff con frequenza quotidiana, che rendono possibili valutazioni sulle strutture sempre più aderenti alla realtà. A seguito mostriamo un set di dati sia a livello tabellare, sia in modalità grafica nel tempo:

! Tabella 1 - Valori Eon

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Tabella 2 - Valori Eoff

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Grafico 1 - Confronto tra grafico Eon (azzurro) ed Eoff (giallo). Valori medi: linea continua, minimi e massimi: linea punteggiata.


Dai valori esposti, a titolo puramente esemplificativo, si nota come sia fondamentale ottenere valori Eoff e che questi indicano frequenti discrepanze rispetto i valori Eon. In maniera molto sintetica, le due possibili tecniche per l’ottenimento Eoff , sono: • Sincronizzare lo spegnimento ciclico degli alimentatori presenti in un sistema, effettuando le tradizionali e contemporanee misure di potenziale. • Misurare il potenziale di una piastrina metallica polarizzata, nel momento dello ‘stacco’ galvanico dal collegamento con la struttura. Senza entrare troppo nel dettaglio delle due soluzioni, vorremmo evidenziare come la seconda tecnica possa costituire la misura più semplice e pratica, oltre che automatica, da applicare a punti caratteristici ed integrativi, attraverso l’uso di dispositivi di telemetria o telesorveglianza. A titolo cautelativo, va ricordato che con questo tipo di rilevamento la misura Eoff potrebbe essere affetta dalla presenza di correnti di protezione che, come abbiamo detto, non vengono interrotte in termini di erogazione, e potrebbero investire l’elettrodo di misura. Nella pratica, l’evidenza delle sperimentazioni eseguite in campo, indica che tali componenti possono essere ritenute trascurabili. Viceversa, la misura attraverso spegnimenti ciclici implica una maggior articolazione delle attività di campo e limiti alla frequenza di acquisizione. Una volta convinti dell’utilità della misura, soprattutto per le aziende che hanno già deciso di applicare una manutenzione con telesorveglianza e non con operatore, è necessario assicurarsi che i propri dispostivi possano effettuare tale misura, oppure selezionare nel mercato operatori che lo facciano. Nel caso si opti per la soluzione con piastrina, bisogna utilizzare elettrodi che abbiano la possibilità di incorporare o essere accoppianti a piastrine di misurazione, la cui funzione è di simulare la falla di un rivestimento. Con questa configurazione la misura avviene in prossimità del metallo nudo, minimizzando la caduta ohmica, rendendo nota e trascurabile la distanza fra elettrodo e metallo (tubazione), soprattutto se quest’ultimo ha come rivestimento materiale estremamente isolante e resistivo. I dispostivi più moderni, robusti ed efficienti di misura per la telesorveglianza hanno ormai costi che si aggirano intorno a qualche centinaia di Euro, mentre gli elettrodi di misura con piastrina qualche decina di Euro. Pertanto, anche in un tradizionale ricambio sia di dispositivi di telesorveglianza che di elettrodi di misura è bene assicurarsi di poter accedere a questo tipo di misurazione, visto che l’indirizzo degli esperti in materia è di ritenere la stessa ormai indispensabile, e che la differenza di spesa risulta sostenibile e quasi trascurabile. In quest’ottica, si evidenzia come a fronte di una maggiore aderenza alle prescrizioni di legge, le Istituzioni dovrebbero incentivare gli investimenti di operatori che desiderano misurare il “potenziale vero”, ottenendo una più corretta gestione della materia, ma soprattutto un innalzamento della soglia di sicurezza delle nostre infrastrutture. Non si dimentichi che le attuali norme richiedono che la misurazione dei potenziali venga fatta tenendo conto della depurazione della caduta ohmica, quindi la riflessione più corretta sarebbe chiedersi: quanto realmente costa non fare le misure di potenziale, secondo i criteri on-off?

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L’esperienza della diga di Ridracoli Andrea Gambi - AD di Romagna Acque Società delle Fonti S.p.A. Romagna Acque Società delle Fonti S.p.A., al fine di anticipare le criticità delle priprie reti, ha stipulato una convenzione di ricerca con il Dipartimento di Ingegneria Civile ed Ambientale dell’Università di Perugia. La Convenzione prevede la definizione di un modello solido della diga di Ridracoli e del terreno di imposta quale strumento di verifica della sicurezza dell’opera per diversi scenari di sollecitazione, anche dovuti ad eventi naturali non previsti. Allo scopo è stata progettata e realizzata una campagna di misura che utilizza Aeromobili a Pilotaggio Remoto (APR) quali vettori per il trasporto di foto e video camere ad alta risoluzione per il rilievo fotografico e fotogrammetrico della diga e dell’area di interesse. L’esperienza è stata, inoltre, finalizzata alla taratura dei parametri di controllo e validazione dei risultati metrici del rilievo stesso.

Il caso di studio La diga di Ridracoli, di proprietà di Romagna Acque Società delle Fonti S.p.A., è l’opera fondamentale su cui si basa l’acquedotto della Romagna (fig.1). L’utilizzo primario del serbatoio è quello idropotabile. La regolazione annuale dei deflussi del fiume Bidente e di affluenti secondari consente di assicurare l’approvvigionamento idrico di 48 comuni e quello della Repubblica di San Marino. La diga, realizzata in calcestruzzo semplice, ha un’altezza rispetto al piano di fondazione di è 103.5 m e un coronamento di circa 432 m.

Attività svolta La diga di Ridracoli è stata sottoposta all’intero rilievo del paramento di valle, della porzione emersa del paramento di monte, delle spalle destra e sinistra con una fotocamera full frame e una video camera fullHD, trasportate da un drone multicottero radiocomandato approvato da ENAC (Ente Nazionale per l’Aviazione Civile) e dotato di un sistema gimbal (supporto cardanico collegato a un giroscopio per ottenere immagini stabilizzate). Le operazioni di ripresa aerea sono state coordinate ed eseguite da personale Italdron S.r.l. L’attività è stata predisposta per la verifica di campo della accuratezza e precisione delle restituzioni metriche ottenute dal rilievo aerofotogrammetrico. La verifica ha utilizzato come target di controllo punti, linee e superfici rilevati con strumenti topografici di precisione. La fotomodellazione del corpo della diga è stata effettuata con la tecnica Structure from Motion che ha fornito come primo risultato la Dense Point Cloud dell’opera di sbarramento. Le successive elaborazioni numeriche per la georeferenziazione hanno completato l’attività sperimentale prevista.

Preparazione L’inquadramento cartografico generale dello sbarramento e del terreno circostante è stato realizzato mediante la materializzazione di 144 marker (mire 40´40 cm) installati in maniera stabile sul corpo diga e sul terreno circostante. Le coordinate dei marker, al fine di georeferenziare il modello 3D derivante dalle immagini acquisite da APR, sono state determinate attraverso misure topografiche di precisione.

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Figura 2 - Dettaglio del rilievo fotografico

Figura 3 - Restituzione geometrica della struttura

La localizzazione, la distribuzione plano altimetrica e la numerosità dei marker sono state condizionate dalle caratteristiche del sito, dalla distanza della stazione totale e dal grado di accuratezza e precisione attesa. Al momento, la scelta del numero di marker da installare non trova soluzione in procedure oggettivamente riconosciute in letteratura. In via sperimentale, è stata utilizzata una misura statistica di recente introduzione: l’entropia informativa che misura l’informazione associata al dato osservato. Mediante un algoritmo genetico sono state ricavate le configurazioni che ottimizzano la collocazione dei marker. Tali indicazioni, nei limiti di accessibilità del sito, sono state rispettate nel posizionamento dei marker.

riore a quelle ottenute dal rilievo con drone e pertanto idonee alla validazione dei dati acquisiti da quest’ultimo. Le verifiche sono state effettuate a più livelli, puntuale, lineare e per superfici e sono state precedute da una analisi della densità media della nuvola dei punti. Il processamento del rilievo fotografico ha restituito un modello con una densità di punti quasi uniforme (densità media superiore a un punto per 9 cm2). Le verifiche a livello puntuale sono consistite nel confronto tra le coordinate dei marker misurate con stazione totale e le corrispondenti coordinate estrapolate dalla nuvola prodotta da APR, con uno scostamento medio di 1.5 cm. La verifica per linee è stata effettuata valutando la distanza normale tra le curve di livello estratte per interpolazione dal rilievo da laser scanner e i punti della nuvola da APR. Lo scostamento medio è risultato inferiore a 2 cm. La verifica per superfici quantifica gli scostamenti, della superficie ricavata da rilievo laser scanner e i punti acquisiti da drone. Le aree indagate sono spazialmente e arealmente varie, comprendendo singolarità e rapidi cambi di curvatura. In questo caso lo scostamento medio è stato di 3.0 cm. I risultati esposti possono considerarsi ampiamente accettabili per validare l’accuratezza e la precisione del rilievo metrico effettuato via drone.

Campagna topografica terrestre e tempi di volo Definita una rete primaria costituita dai 4 vertici già in uso all’Ente, è stata individuata anche una rete secondaria attraverso il rilievo di 335 punti tra marker e punti naturali. Dallo stazionamento dei suddetti punti sono state individuate le coordinate dei marker funzionali alla georeferenziazione dei fotogrammi acquisiti da APR, impiegando 2 squadre di topografi per 2 giorni. Il rilievo laser scanner ha interessato 9 postazioni di acquisizione, al fine di poter rilevare la maggiore superficie possibile di paramento, sia a monte che a valle del coronamento. I risultati della registrazione delle scansioni sono idonei per accuratezza e deviazione standard ad essere adottate come scansioni di riferimento. Il rilievo a mezzo APR ha impiegato 247 minuti di volo complessivo consentendo di scattare 4267 fotogrammi con risoluzione a 36 Megapixel.

Post elaborazione Questa fase ha impegnato la maggior parte del tempo necessario per l’intera procedura. La fotomodellazione è stata realizzata mediante la tecnica della “structure from motion”. Il software allinea le varie foto nello spazio tridimensionale e genera una nuvola di punti ai quali è associata anche un’informazione RGB, relativa al colore.

Validazione Le misure topografiche effettuate con stazione totale e con laser scanner hanno precisione ed accuratezza supe-

Impieghi I principali impieghi del rilievo via drone riguardano la disponibilità di foto e video ad alta risoluzione del manufatto e la produzione di un modello solido dell’opera non ottenibile, per densità di punti e dislocazione delle aree rilevate, con i normali sistemi di rilievo a terra. La video-ispezione a mezzo APR consente la rapida ed accurata individuazione dello stato di conservazione dei materiali, nonché l’individuazione di eventuali processi degenerativi in atto grazie al coinvolgimento di tutti i tecnici che si occupano della struttura (fig.3). L’accurata riproduzione geometrica della struttura e delle parti di terreno circostante consente l’estrazione di sezioni lungo qualsiasi direzione, rendendo così completamente misurabile l’opera (fig.4). Questo consente la costruzione di un solido tridimensionale mediante mesh piane al quale attribuire le caratteristiche meccaniche dei materiali e la dislocazione dei carichi realmente agenti, da utilizzare per

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la modellazione FEM della struttura. L’accuratezza del modello geometrico condiziona pertanto l’accuratezza della modellazione statica e dinamica della struttura.

Conclusioni La peculiarità dell’opera studiata ha evidenziato che le tecniche di ispezione tradizionali di grandi strutture per il controllo di ammaloramenti dei calcestruzzi, stati fessurativi, dislocazioni plano-altimetriche, infiltrazioni, cedimenti relativi, ecc., sono nella maggior parte dei casi complesse e non esaustive. Questo problema, sulla base dell’esperienza maturata, è in larga misura superabile grazie al rilievo fotografico effettuato con una camera trasportata via APR. La rapidità di realizzazione del volo e la sua ripetibilità consentono di monitorare nel tempo lo stato di conservazione del manufatto, con costi sicuramente sostenibili. La precisione e l’accuratezza del rilievo aerofotogrammetrico, mediante il raffronto con tecniche topografiche tradizionali, hanno fornito risultati di qualità superiore rispetto alle aspettative. Per quanto sperimentato, l’attività di rilievo a mezzo APR può considerarsi consolidata. Si ravvisano invece ulteriori spazi di ottimizzazione nella restituzione dei dati e nella produzione della nuvola dei punti. In ultima analisi si può concludere che i risultati esposti hanno ampiamente ripagato le iniziali incertezze. La sperimentalità del lavoro è stata tale da coinvolgere con entu-

siasmo tutti gli operatori che hanno partecipato al progetto, fornendo un ultimo importante risultato: il valore della collaborazione e dell’integrazione in un lavoro complesso che, integrando tutte le competenze, ha fatto riscoprire l’importanza della dimensione umana e del pensiero nei percorsi di successo.

Ringraziamenti Un sentito ringraziamento a tutto il personale del DICA, in particolare al Prof. Piergiorgio Manciola e alla dottoranda Ing. Giulia Buffi. Pari ringraziamenti sono rivolti ai tecnici di ItalDron, Ing. Marco Barberini e Geom. Gianluca Rovituso; agli Ing. Silvia e Alessio Grassi per i rilievi topografici e ai tecnici di Romagna Acque, per l’assistenza e la presenza durante lo svolgimento del lavoro.

L’autore Ing. Andrea Gambi agambi@romagnacque.it Laurea in Ingegneria Civile. Dal 1983 ha ricoperto diversi ruoli di responsabilità presso ACMAR, fino a diventare direttore operativo. Nel 1997 si è specializzato in Project Management presso il Politecnico di Milano. Nel 2006 è stato nominato direttore generale di ITER. Oggi ricopre il ruolo di amministratore delegato di Romagna Acque-Società delle Fonti S.p.A. È autore di diverse pubblicazioni nei settori dell’ingegneria e gestione dei progetti.

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I modelli 3D a portata delle infrastrutture Intervista a Daniela Miola - Application Engineer di Bentley per i prodotti Geospatial

La modellazione 3D rimane il modo più realistico per simulare il funzionamento degli asset lungo il ciclo di vita di una rete. ContextCapture semplifica il processo di acquisizione delle condizioni esistenti, generando automaticamente un modello 3D praticamente di qualsiasi dimensione e risoluzione - da pochi millimetri a pochi centimetri per pixel - con evidenti e immediati vantaggi sulle attività di rilevamento del territorio e di gestione dei sistemi GIS. Pensiamo, per esempio, alla modellazione 3D di un agglomerato urbano. Occorre un sistema di informazioni geospaziali 3D (GIS) in grado di coordinare tutte le funzionalità (dati, utenti e processi) e le informazioni dettagliate sulle infrastrutture esistenti. La realtà può essere catturata facilmente per consentire la visualizzazione più avanzata e l’analisi approfondita degli asset, per ideare un nuovo progetto di ristrutturazione e per progettare nuove realizzazioni. Abbiamo intervistato Daniela Miola, Application Engineer di Bentley per i prodotti Geospatial, per conoscere i vantaggi della modellazione 3D nel settore delle infrastrutture, facilitata dal nuovo software di acquisizione Bentley ContexCapture. Perché avete posto l’attenzione sulla visualizzazione dei modelli 3D? Noi vediamo il mondo in 3 dimensioni e la modellazione 3D rimane il modo più realistico per simulare il territorio e il funzionamento delle infrastrutture. Nel 1995 in Bentley abbiamo introdotto il nostro primo motore di rendering

Esempi di generazione di contenuti GIS 2D/3D

e animazione e, in seguito, è diventato una componente fondamentale di MicroStation per consentire a tutti i nostri utenti di produrre progetti dai grandi effetti grafici. Cos’è ContextCapture? Per ideare e realizzare una costruzione, o per portare a termine differenti analisi e simulazioni, occorre prendere in considerazione il "contesto" o l'ambiente circostante di un'attività esistente o le sue condizioni in futuro. Fino ad oggi, questo è stato fatto attraverso le foto aeree o satellitari, o ancora attraverso nuvole di punti acquisiti da dispositivi di scansione laser. Con la continua crescita della modellazione 3D, la tecniche con nuvole di punti sono diventate un metodo standard, ma la loro adozione può richiedere formazione specifica, hardware costosi e portare alla creazione di dataset di grandi e ingombranti dimensioni. ContextCapture semplifica il processo di acquisizione 3D delle condizioni esistenti, generando automaticamente un modello 3D di qualunque dimensione e risoluzione, a partire da fotografie digitali scattate da macchina fotografica o smartphone. Oltre ai modelli 3D, ContextCapture genera automaticamente nel medesimo tempo sia risultati fotogrammetrici sia ortofoto o modelli digitali della superficie (DSM), facilitando i flussi 2D e 3D. Il forte impatto di questa innovazione è che la modellazione avviene direttamente nell’ambiente reale del progetto.

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Nei settori dell'ingegneria e dell’edilizia si ricorre spesso al 3D. Il Building Information Modeling (BIM) ne è una conferma. Ci può spiegare come Bentley agisce e i relativi benefici? I prodotti di modellazione hanno aumentato notevolmente la capacità dei nostri utenti di lavorare in modo rapido, conveniente e coordinato. A differenza di altri mercati, il contesto di un modello 3D è fondamentale sia per prendere decisioni di progetto sia nel trasmettere l'intento di progettazione e acquisire il “buy-in” delle parti interessate. Con le nuove tecnologie di modellazione realistica, ContextCapture e LumenRT, si consente al progettista di concentrare le proprie energie sul progetto, rendendo automatica la creazione di contenuti contestuali come gli edifici circostanti e del terreno, semplificando notevolmente la capacità di produrre presentazioni di qualità cinematografica sia del progetto e dei modelli di costruzione, sia del contesto circostante. In quali progetti è stato utilizzato ContextCapture? Un esempio eclatante in Italia è quello della Diga di Ridracoli, per opera di Romagna Acque, ma nel mondo molti gestori di infrastrutture e società di ingegneria stanno già utilizzando le nostre soluzioni per le operazioni di monitoraggio, costruzione con l'acquisizione di foto da APR e/o da terra, da smartphone o tablet. L’obiettivo principale è quello di includere il contenuto 4D (il 3D con l’aggiunta della dimensione temporale) nei processi di gestione dei propri asset. La scansione periodica di un bene consente ai team di prendere decisioni più reattive e adeguate durante la progettazione, la costruzione e nelle fasi di funzionamento. Poiché ContextCapture richiede solo foto scattate da una fotocamera digitale, risulta una più comoda e immediata alternativa ai metodi tradizionali. ContextCapture è già utilizzato per una vasta gamma di applicazioni, dalle ispezioni degli asset di una qualunque infrastruttura, alla mappatura della città. Ad esempio, Diades, una controllata del gruppo francese Setec, crea rapporti di ispezione e risultati sul ponte più alto del mondo, Viaduc de Millau (343m) grazie a ContextCapture e ai loro UAV Multirotor. Blom AG, in Svezia, ha prodotto modelli 3D dettagliati ad alta risoluzione di nove intere città solo nel 2015, per un totale di diverse migliaia di chilometri quadrati di aree urbane densamente popolate. Un altro esempio è la recente visita del Papa a Philadelphia. Bentley e ESM Productions, una società di produzione di eventi a servizio completo, hanno lavorato insieme utilizzando ContextCapture, LumenRT e MicroStation per aiutare a garantire il successo della visita del Papa. ESM doveva coordinarsi con molti servizi pubblici di Philadelphia, i Servizi Segreti, l’agenzia di stato della Pennsylvania e la Diocesi Cattolica. Il coordinamento è stato senza dubbio migliore e più efficace attraverso l'uso di queste tecnologie.

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L'utilizzo LIDAR è sostenuto per molti progetti, ma ContextCapture è basato su immagini. Ci può spiegare le differenze di questi metodi? Fino all'introduzione di ContextCapture, LiDAR e nuvole di punti erano lo standard per l'acquisizione di condizioni reali esistenti in 3D, ad esempio, per valutare le condizioni effet-

Sacro Cuore - Misure volume

tive di un impianto idrico o di un ponte costruito. L’utilizzo delle nuvole di punti prevede il costo relativamente elevato delle attrezzature necessarie – inclusa l’elevata potenza di calcolo per gestirli e utilizzarli. Inoltre non vediamo il mondo in nuvole di punti: le foto sono molto più facili da visualizzare e comprendere e i sistemi CAD e GIS possono rielaborarle ed analizzarle più semplicemente, dal momento che si riferiscono alle condizioni esistenti. ContextCapture consente la produzione automatizzata di modelli 3D da semplici fotografie digitali senza richiedere l'intervento umano. Lo fa analizzando diverse fotografie di un soggetto tratto da differenti punti di vista e rileva automaticamente i pixel corrispondenti allo stesso punto fisico. Sulla base di queste corrispondenze, produce l'orientamento relativo alla foto e i modelli 3D accurati. I modelli possono essere facilmente utilizzati in flussi di lavoro CAD e GIS e condivisi, anche tramite browser web. Inoltre, è una tecnologia scalabile che ci consente di modellare oggetti a scale differenti, da piccoli oggetti a intere città. Ci possono essere situazioni in cui le nuvole di punti sono ancora la soluzione migliore, per esempio di notte o nei tunnel dove le fotografie digitali non sono sufficienti per catturare dettagliatamente le condizioni esistenti. Quali sono le specifiche di ContextCapture e come questo si adatta a MicroStation? ContextCapture è un'applicazione Windows® in grado di gestire fino a 30 gigapixel di immagini per ogni modello, e che con l'aggiunta di ContextCapture Center, può essere ampliato per gestire progetti di qualsiasi dimensione. MicroStation Connect Edition, e tutte le applicazioni di Bentley, forniscono il supporto nativo per il formato del modello ContextCapture. In qualsiasi momento, durante il processo di progettazione e costruzione o una volta pronto per essere presentato, il modello può essere poi aperto in LumenRT ed essere portato in “real-life” con piante, anche animate da brezza, oppure con persone in movimento, traffico, acqua, e con diverse condizioni metereologiche in modo che queste immagini e i video, di alta qualità cinematografica, possano attirare l’attenzione.

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Modellistica e GIS, un binomio vincente per la distribuzione idrica e collettamento Ing. Davide Persi - Responsabile Inland & Urban Environments DHI S.r.l. I codici di simulazione numerica sono oggi comunemente utilizzati in supporto ad ogni attività relativa alle reti idriche, dalla progettazione alla gestione operativa.In fase di progettazione o potenziamento di una rete, i modelli numerici consentono infatti di confrontare ad elevato dettaglio numerosi scenari alternativi ed individuare le soluzioni progettuali ottimali, anche in riferimento a condizioni dinamiche, reti particolarmente complesse e scenari di lungo periodo. Ugualmente, in fase di gestione, la simulazione delle dinamiche che caratterizzano la rete, anche in modalità previsionale, consente di supportare le modalità gestionali più efficaci nell’ottica della riduzione dei costi e delle perdite. I modelli, opportunamente abbinati alla rete di sensori, consentono una gestione intelligente delle reti, tale da garantire significativi risparmi come provato in numerose esperienze in Italia e all’estero. L’affidabilità e l’efficacia degli strumenti di simulazione si fondano su una profonda e dettagliata conoscenza della rete e sulla relativa rappresentazione all’interno del modello numerico. Da qui l’importanza strategica del binomio modellistica e GIS, confermata dalla tendenza in atto da parte di tutti i principali gestori del servizio idrico a dotarsi di piattaforme integrate per la rappresentazione e gestione delle proprie reti, comprensive anche della componente di simulazione idraulica.In questo contesto la piattaforma di simulazione MIKE URBAN di DHI, fondata su tecnologia ESRI per tutti gli aspetti di rappresentazione territoriale e GIS, è sempre più utilizzata quale riferimento per la progettazione, monitoraggio e gestione di reti complesse.

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Il sottosuolo è ricco di infrastrutture, un groviglio di reti nel quale è difficile lavorare in fase progettuale, di scavo e posa. La mappatura dei sottoservizi abbatte i costi ed evita i problemi causati dagli scavi. Permette inoltre di progettare la posa di una nuova rete conoscendo le infrastrutture esistenti, che spesso non sono mappate correttamente sulle planimetrie.Il georadar - noto anche come GPR Ground Penetrating Radar - è uno strumento di indagine non distruttiva del sottosuolo. Emette onde elettromagnetiche e registra le riflessioni del segnale che attraversa un materiale con diverse caratteristiche fisiche. Un profilo georadar riproduce la sezione del materiale indagato. Effettuando profili paralleli si ottiene una rappresentazione 3D. Negli ultimi anni l’uso di questo strumento è cresciuto enormemente, perché permette di indagare un materiale (sottosuolo, murature, coperture stradali, ecc.) più rapidamente e in maniera non invasiva. Alcuni scavi effettuati nella periferia ovest di Milano hanno portato alla luce dei sottoservizi che erano stati ‘visti’ nei rilievi georadar.I rilievi sono stati condotti con un’antenna GSSI UtilityScan DF a doppia frequenza (300 MHz e 800 MHz), su un’area 3.5 m x 11.5 m. Sono stati acquisiti dei profili longitudinali e trasversali ogni 50 cm per avere la sicurezza di rilevare tutti i sottoservizi presenti. Usando due frequenze diverse sulla stessa antenna si acquisiscono due dati contemporaneamente: uno in superficie (nei primi 100-150 cm con l’antenna ad alta frequenza 800 MHz) e uno più in profondità (fino a 4-5 metri, con la frequenza più bassa, i 300 MHz). Dimezzando i tempi rispetto all’uso di due singole antenne. Per ottenere una migliore interpretazione, i profili acquisiti sono stati elaborati tramite il software che permette la restituzione in vettoriale (es. AutoCad) della posizione esatta dei sottoservizi rilevati. È possibile utilizzare un GPS per avere già georeferenziati tutti i profili e le infrastrutture rilevate.


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Soluzioni per il rilievo delle reti Leica Geosystems S.p.A, azienda specializzata nella produzione e commercializzazione di sistemi di misura, da anni offre soluzioni in campo GIS che permettono, in modo semplice ed efficace, di gestire tutte le attività di mappatura, rilievo, verifica ed implementazione delle reti tecnologiche, nonché lo sviluppo e la gestione del GeoDatabase strutturato dagli Enti gestori. Le soluzioni Leica Zeno e Leica MobileMatriX consentono di gestire il GeoDB aziendale e di integrarlo inserendo le informazioni relative al rilievo. I sistemi (estensioni del Software ArcGIS by ESRI) implementano qualsiasi struttura dati esistente con ulteriori tabelle di sistema che conterranno tutte le informazioni relative ai sensori di misura utilizzati. Si avranno tabelle contenenti i dati relativi al sistema GNSS, i dati di misura del Disto o quelli di una stazione totale. Leica Zeno comporta un flusso ufficio-campo-ufficio e prevede l’esportazione dei tematismi e la relativa struttura del DB (compresi i domini) nei dispositivi per il rilievo e poi l’importazione del rilievo effettuato nel GeoDB Aziendale. MobileMatriX permette di portare direttamente in campo il GeoDB, di collegarsi ai sensori di misura (GNSS, Stazione Totale, Disto) e di eseguire il rilievo sullo stesso GeoDB. In questo caso non è necessaria nessuna post elaborazione dati in ufficio. L’ultima soluzione innovativa Hardware e Software è Leica Zeno 20. Si tratta di un palmare GNSS potente, compatto e resistente (IP67). Racchiude al suo interno la tecnologia Gamtec che consente di effettuare misure 3D accurate di punti non raggiungibili, integrando il nuovo Leica Disto S910 con il palmare Zeno20. Grazie all’antenna esterna è in grado di fornire misure accurate fino al centimetro di accuratezza 3D. A bordo del palmare, Leica Zeno Mobile è il nuovo software ottimizzato per gestire qualsiasi esigenza di rilievo. Si distingue per la particolarità di poter rilevare direttamente in campo più oggetti (feature) dello stesso o di differente tematismi (Feature class) con semplicità e immediatezza. Le funzionalità, i comandi e i menù sono semplificati per rendere sia il rilievo che l’eventuale data entry intuitivi e produttivi.Gamtec consente di rilevare e cartografare la realizzazione di scavi, la messa in posa di opere idrauliche (condotte, tubazioni, pozzetti, valvole, ecc.), la rimozione e sostituzione di qualsiasi elemento della rete (accessibile o no): in tutta sicurezza, è possibile posizionare ogni elemento, o geometria della rete, con la massima precisione e velocità, anche quando non è possibile misurare con il GNSS.

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SERVIZI A RETE GENNAIO-FEBBRAIO 2016

Conferenza Esri Italia 2016

Save the date 20 e 21 aprile

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Il 20 e 21 aprile si terrà a Roma, all’Ergife Palace Hotel, la manifestazione più articolata e completa a livello nazionale nel settore delle tecnologie geospaziali. Ogni anno la Conferenza Esri Italia coinvolge più di mille persone e offre un’occasione unica d’incontro per utenti nuovi e consolidati delle tecnologie e, in generale, per quanti si interessano di Sistemi Informativi Geografici, Tecnologie Geospaziali, Geolocalizzazione, Geomatica.

profit, Pianificazione territoriale e urbanistica, Pubblica Amministrazione, Rischio ed Emergenze, Sanità, Telecomunicazioni, Trasporti, Uso e consumo di suolo, Utilities. Una grande area espositiva offrirà uno spazio dedicato a partner e organizzazioni per presentare le soluzioni legate ai vari settori di applicazione. Il programma offrirà un quadro accurato dello scenario che si prospetta nei prossimi anni. Vedremo come le

L’evento rappresenta un momento di confronto e di aggiornamento sugli ultimi sviluppi della tecnologia e sulle possibilità di ottenere vantaggi per il proprio business o per la propria attività. Nell’edizione 2016 il focus sarà, in particolare, sul tema “Dal GIS alla Location Platform, l’evoluzione delle tecnologie geospaziali nell’era della trasformazione digitale”. Relatori di elevato profilo approfondiranno il tema in decine di workshop tecnologici, iniziative formative, numerose sessioni parallele e presentazioni di progetti. La Conferenza Esri Italia 2016 si aprirà, come ogni anno, con una sessione plenaria, condotta da un giornalista del settore che - attraverso un format originale - porterà alla scoperta delle novità nelle soluzioni geospaziali e dei più interessanti casi di studio. Verranno raccontate le esperienze e le storie di successo di importanti organizzazioni, aziende e della Pubblica Amministrazione, attraverso video, racconti e interviste dal vivo. Gli eventi speciali e i side event offriranno un panorama vasto e completo delle opportunità e delle best practice in alcuni settori strategici delle soluzioni geospaziali, come l’agricoltura, la gestione dell’acqua e dei dati in real-time. I momenti dedicati alle esperienze e ai progetti degli utenti saranno focalizzati sulle tematiche: Ambiente, Beni culturali e archeologia, Business, Education, No

soluzioni Esri supportino già la trasformazione digitale con strumenti per l’analisi della realtà e dei fenomeni, facilitando le decisioni e l’elaborazione “intelligente” ed efficace dei dati. Anche questa volta, la Conferenza dedicherà uno spazio al GeObservatory, un’installazione multimediale che permette di immergersi in una mostra virtuale di mappe, applicazioni, case studies e Story Map. All’interno del GeObservatory saranno presentati i Live Poster, la nuova modalità di comunicazione attraverso le mappe scelta da chi vuole cimentarsi con gli strumenti messi a disposizione dalla piattaforma ArcGIS Online per creare mappe web e Story Map. Quest’anno è stato indetto il "Premio GeObservatory", dove saranno premiate le migliori applicazioni. Le web app presentate alla Conferenza entreranno a far parte delle gallery contenute all'interno del GeObservatory e potranno essere scelte da Esri per essere inserite nel Living Atlas.

La partecipazione è gratuita: per maggiori informazioni: http://esriurl.com/10530 e il qrcode



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Le tecnologie mobili nella gestione integrata dei processi L’obiettivo del gruppo Acea è diventare la prima multiutility italiana interamente digitale

Acea ha avviato un percorso di miglioramento della qualità dei servizi che coinvolge tutte le attività del Gruppo e che consentirà, entro il 2016, di gestire in modo integrato tutti i processi di lavoro, grazie a innovative tecnologie mobili. Una piattaforma integrata permetterà di coordinare e monitorare in tempo reale tutte le attività aziendali: dai servizi alla clientela alla gestione delle reti, dalla manutenzione alla realizzazione delle infrastrutture. Sono questi i punti cardine del nuovo sistema che coinvolge in questa prima fase operativa Acea Ato 2, la società del Gruppo che gestisce il servizio idrico integrato nella città di Roma e nei comuni della provincia. Il gruppo Acea è una delle principali multiutility italiane, con 8.500.000 clienti, 140.000 km di rete, 831 impianti e 7.000 dipendenti. È il primo operatore nazionale nel settore idrico ed è tra i principali player italiani nel settore ambientale e nella distribuzione e vendita di elettricità. Per gestire tutte le reti, che coprono più regioni italiane (Lazio, Toscana, Campania, Umbria), Acea è dotata di sistemi informativi evoluti, in grado di supportare tutto il ciclo: dalla progettazione, alla gestione operativa, dalla manutenzione al supporto alle decisioni. Nel 2015 Acea ha approvato un nuovo Piano industriale che adotta investimenti ingenti nel settore tecnologico e nella reingegnerizzazione dei processi: l’obiettivo ambizioso è diventare la prima multiutility italiana interamente digitale.

L’esigenza

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Nell’ambito del piano che punta ad aumentare l’efficienza dei processi, il gruppo Acea ha avviato, nel 2014, un progetto per lo sviluppo e l’integrazione dei sistemi informativi utilizzati dai vari settori delle aziende del gruppo (ERP, Billing, CRM, GIS, Work Force Management, HR, Reporting), con l’obiettivo di realizzare un’unica piattaforma integrata basata sulla tecnologia SAP HANA. Il progetto, che sarà completato entro il 2016, interessa tutta le aziende del gruppo Acea che gestiscono le reti e

gli impianti del Servizio Idrico Integrato, della distribuzione elettrica, dell’illuminazione pubblica e della produzione e vendita dell’energia.

La soluzione Integrazione, tempo reale e applicazioni in mobilità sono i tre “paradigmi” del progetto portato avanti da Acea. L’adozione delle soluzioni SAP ha permesso di poter disporre di un ampio ventaglio di applicazioni nativamente integrate ed interoperanti, con notevoli benefici dal punto di vista della fluidità e standardizzazione dei processi e della coerenza e congruenza delle basi dati. La vera innovazione consiste nell’aver adottato la tecnologia SAP HANA basata sull’on-memory computing. Tale tecnologia accelera gli ordini di grandezza, l’esecuzione di programmi e procedure, permettendo di poter disegnare e gestire in tempo reale processi che attraversano tutta l’azienda. Inoltre abilita funzionalità analitiche ed operative, impensabili con le tecnologie tradizionali. Volano del sistema saranno le applicazioni mobili in dotazione alle centinaia di squadre in campo. Le applicazioni, basate anche loro su tecnologia SAP e in grado di operare anche in modalità offline, consentiranno alle squadre dotate di tablet di muoversi rapidamente sul territorio, intervenendo attraverso percorsi ottimizzati e interventi schedulati in base a diverse tipologie di priorità (emergenza, programmazione, skill, vicinanza al luogo dell’intervento ecc.). L’adozione del GIS mobile permetterà agli operatori in campo di conoscere lo stato della rete su cui intervenire, sino al dettaglio delle manovre da compiere per isolare l’area e operare in sicurezza.

Il cambiamento Il progetto Acea 2.0 punta a un aumento di produttività, al miglioramento della qualità del servizio, a un maggiore controllo e trasparenza, per diventare “best in class” in Italia e in Europa.


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Il caso di Lodi Il Teleriscaldamento come esempio di transizione verso l’efficienza e la sostenibilità

Enrico Ferrari - Direttore generale di Linea Reti e Impianti

“Un approccio integrato, che ha garantito un aumento dell’efficienza e dell’affidabilità del sistema. In particolare l’integrazione delle fonti rinnovabili, la riduzione della temperature di rete, le diverse ottimizzazioni e l’aggiunta di un sistema di accumulo termico sono stati tutti combinati per migliorare il funzionamento complessivo del sistema.” Così lo scorso 27 aprile a Tallinn, in Estonia, Robin Wiltshire (International Energy Agency) aveva descritto il Teleriscaldamento di Lodi, capace di aggiudicarsi un “Award of Excellence” nella categoria “Modernization” del “Global District Energy Climate Awards 2015” (GDECA). E proprio l’esperienza della città lombarda è stata tra quelle protagoniste del workshop organizzato da AIRU in occasione di Ecomondo. A descrivere alla platea i dettagli dell’iniziativa, Enrico Ferrari, direttore generale di Linea Reti e Impianti, società del gruppo LGH che attualmente gestisce i sistemi TLR di Cremona, Lodi e Crema.

Origini del Teleriscaldamento di Lodi Le origini del sistema di teleriscaldamento a Lodi risalgono ad un accordo firmato nel 2001 tra Regione Lombardia, Università degli Studi di Milano, Provincia, Comune e Camera di Commercio di Lodi. La prima Centrale di Cogenerazione venne costruita tra la fine del 2003 e l’ottobre del 2004, la messa in servizio della sezione termica risale alla fine di settembre 2004, mentre l’esercizio commerciale vero e proprio ebbe inizio con la stagione termica 2004/05. La rete è stata in gran parte realizzata in due fasi, rispettivamente durante il 2004 ed il 2005. Nel 2006, dopo la costituzione di Linea Group Holding da parte delle multi-utility della bassa Lombardia, tutte le attività sono state riorganizzate, e ad oggi l’operatore del sistema di Teleriscaldamento cittadino è Linea Reti e Impianti, società del gruppo.

Evoluzione del sistema: Il programma di ammodernamento Intorno al 2010/11 lo scenario in rapida trasformazione nel settore energetico - con il crescente interesse per le fonti energetiche rinnovabili - aveva portato alle prime riflessioni su come mantenere un elevato livello di sostenibilità ambientale ed economica, viste le nuove condizioni che si sarebbero presentate negli anni successivi per la cogenerazione a gas e per l’evoluzione sull’edilizia civile. Si era quindi resa necessaria un’evoluzione del sistema, prenden-

do l’esempio delle best practices nel settore e valutando la loro compatibilità con il territorio. Da lì, interventi mirati per incrementare affidabilità, efficienza e soprattutto sostenibilità ambientale ed economica.

Controllo e regolazione delle Sottostazioni Il sistema di telecontrollo delle sottostazioni è entrato in funzione nel 2010, con piena implementazione nel 2011 grazie all’introduzione di tecniche di Demand Side Management per la gestione delle sottostazioni. Attualmente, i parametri di esercizio sono modificati in base al periodo dell’anno o a fronte delle variazioni climatiche stagionali, al fine di ottimizzare il funzionamento dell’intero sistema: continua comunque lo studio per rendere più dinamiche le modifiche delle impostazioni, in collegamento con la produzione delle centrali.

Revisione politiche di manutenzione Dopo diversi anni di funzionamento, parte delle apparecchiature di centrale avevano bisogno di manutenzioni rilevanti. Si è quindi deciso di approfondire l’opportunità di sostituire i componenti con un impatto più critico sul sistema in termini di sostenibilità, valutando caso per caso se fosse più conveniente revisionare o sostituire le apparecchiature, in ottica non solo di affidabilità ma appunto anche di efficienza.

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RENDIMENTO COMPLESSIVO COGENERATORE !

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Sistema di accumulo termico Il sistema di accumulo termico (TES) è entrato in funzione nel primo trimestre del 2013. Originariamente progettato per consentire un incremento del recupero termico del cogeneratore esistente, e di conseguenza un aumento di rendimento complessivo, in fase di costruzione, avendo ormai la certezza della disponibilità del calore dall’impianto a biomassa, sono state introdotte delle modifiche per renderlo pienamente integrato e dare più flessibilità al sistema di controllo della centrale. Nel grafico si può notare come con l’introduzione del TES il rendimento del cogeneratore ne abbia beneficiato in modo apprezzabile.

Transizione verso le Rinnovabili Uno degli aspetti più complessi del programma era come implementare il passaggio da fonti fossili ad energie rinnovabili. A settembre 2011 la società Lodi Energia - interessata a costruire un impianto ORC alimentato a biomassa e sapendo che in vicinanza c’era una rete di Teleriscaldamento - ha verificato la disponibilità del gestore a recuperare il calore per la propria rete. L’impianto cogenerativo a biomassa da 1 MWe è stato quindi costruito presso un’azienda agricola a 2 km da Lodi. L’accordo per il recupero del cascame termico (attualmente fino a 5 MWt) è stato raggiunto nel corso del 2012, ed il calore è recuperato attraverso una sottostazione di scambio situata presso la centrale di cogenerazione del Polo Universitario. I due impianti sono collegati da un termodotto di circa 2 km.

Risultati raggiunti Al termine del programma di ammodernamento il sistema è molto più efficiente, sostenibile e affidabile rispetto al 2010. Le ricadute economiche sono state positive, con una riduzione del costo del calore. Nella tabella e nel grafico in pagina, è mostrato l’andamento di alcuni parametri significativi, quali ad esempio il fattore di energia primaria. Tali parametri sono stati calcolati utilizzando la metodologia prevista dal Global District Energy Climate Award, analoga a quella del progetto EcoHeat4Cities. In particolare per la parte relativa alla cogenerazione si sono applicate le linee guida previste dalla 2008/952/EC. Uno degli aspetti più rilevanti di questo programma è che la transizione verso un “nuovo teleriscaldamento” è stata completata, con risultati tangibili, in pochi anni. La scelta di utilizzare tecnologie ben note e largamente diffuse non

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è stata un limite, ma il fattore che ha portato al successo del programma, che non risulta innovativo per le singole tecnologie applicate, quanto per l’approccio sistematico alla completa integrazione di ogni progetto. Nel Nord Italia ci sono diverse città nel range di 40.000-80.000 abitanti. Molte hanno un Teleriscaldamento simile a Lodi prima dell’ammodernamento (motori alternativi e caldaie a gas): il programma implementato dimostra un approccio metodologico replicabile per convertire un sistema esistente in uno più sostenibile ed efficiente, adattando ovviamente alle singole realtà le tecnologie più adeguate.

Nuovi Progetti Fin dall’inizio del programma vi è stata la consapevolezza che, se il sistema fosse diventato molto più efficiente, con minori costi di produzione, sarebbe stato possibile sviluppare la rete a quartieri della città non ancora raggiunti. Questa "previsione" è diventata un dato di fatto quando i principali progetti del programma sono entrati in fase di costruzione, ed il know-how maturato ha permesso di sviluppare un nuovo approccio alla tematica dell’ampliamento del sistema. Per questi motivi un nuovo programma di espansione è entrato nella fase di costruzione nel 2014, con la prima parte della rete (zona nord), e la seconda nel 2015 (zona sud-est). In parallelo sono in fase di costruzione le nuove centrali, tra cui ad esempio la Centrale di integrazione presso il Tribunale di Lodi, dotata di un sistema di accumulo termico da 20 MWh (4 serbatoi da 100 mc/cad), posta in posizione strategica a nord della città. Questo nuovo programma continuerà nei prossimi anni, con l’obiettivo di raddoppiare le dimensioni della rete rispetto al 2013: a partire dall’inverno 2015, gli abitanti equivalenti serviti saranno più di 20.800 (+ 65%). Un’altra parte delle sfide future è relativa alle fonti rinnovabili: oltre all’integrazione di altri impianti, continua lo studio sul geotermico abbinato a pompe di calore e, obiettivo ancor più complesso, alla possibilità di sfruttare gli acquiferi confinati profondi come accumulo stagionale. Sotto questo punto di vista la lezione appresa con il programma di ammodernamento è quella di proseguire nella ricerca di soluzioni già implementate con successo nelle reti del Nord Europa. Ulteriore ambizioso obiettivo di Linea Reti e Impianti è quello di sviluppare nuovi schemi di teleriscaldamento nelle piccole città (circa 10.000 abitanti), con basse temperature di progettazione e recupero dei cascami termici industriali.


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Il teleriscaldamento arriva in piazza Duomo Lorenzo Spadoni, Riccardo Fornaro, Paolo Di Pino - A2A Calore & Servizi

Avviato nei primi anni Novanta, il teleriscaldamento sta ridisegnando il presente ed il futuro della città, attraverso la nascita di un vero e proprio “modello” in grado di coniugare sostenibilità ambientale ed innovazione. Nell’anno dell’Expo, il teleriscaldamento raggiunge il suo massimo riconoscimento entrando nel cuore della città, servendo gli edifici storici simbolo di Milano. Dopo aver raggiunto il Palazzo di Giustizia nell’ottobre 2011, il teleriscaldamento continua la sua corsa verso piazza Duomo: Palazzo Reale, il Comando della Polizia Municipale di Piazza Beccaria e gli edifici pubblici storici di via Dogana. A Natale dello scorso anno il teleriscaldamento arriva a servire anche il Duomo e la Veneranda Fabbrica del Duomo, lo storico ente preposto alla conservazione e valorizzazione della Cattedrale, divenendo così edifici ad “emissioni localizzate zero”. Il calore necessario al loro riscaldamento è prelevato dalla centrale di geo-cogenerazione di Canavese, un impianto innovativo per la produzione di calore che sfrutta l’energia geotermica del sottosuolo. Si tratta di una nuova energia termica prodotta da fonti rinnovabili e da impianti di cogenerazione. Lo sviluppo di un’infrastruttura come il teleriscaldamento in centro città, soprattutto se si tratta di Milano, è particolarmente complesso: il tracciato delle tubazioni attraversa vie dall’alto valore e contenuto storico, i palazzi richiedono interventi poco invasivi, gli scavi sono costantemente supervisionati da tecnici della Sovraintendenza ai Beni Culturali. A testimonianza di ciò, la scoperta, proprio in occasione degli scavi lungo piazza Duomo, di un pezzo della Milano medievale antecedente al cantiere della Cattedrale, del cunicolo dismesso intorno al 1800 che serviva come passaggio sotterraneo tra il Duomo e l’Arcivescovado, e di un terzo ritrovamento, una stele del 1200, trasferita nel Museo del Duomo. Un progetto di grande rilievo sia in termini d’immagine che economici. Nel centro di Milano esiste anche un’altra piccola rete di teleriscaldamento che oggi serve Palazzo Marino, la Scala e la Galleria e che potrà, in futuro, essere anch’essa collegata alla rete principale. A

progetto ultimato, il teleriscaldamento nel centro della città eviterà l’emissione in atmosfera di polveri sottili inquinanti PM10 per circa 500 kg all’anno e di anidride carbonica per circa 4.000 tonnellate all’anno, dovute alla combustione di gasolio per circa 3 milioni litri l’anno, e di gas metano per circa 700 mila mc l’anno. Questo rende l’idea di come il teleriscaldamento sia ormai diventato uno dei maggiori protagonisti di un nuovo approccio ai temi dell’efficienza energetica. Basti pensare che oggi la maggioranza dei cittadini europei vive e lavora nelle città dove si concentra l’80% dei consumi energetici e delle emissioni inquinanti. Per questo motivo, la lotta al cambiamento climatico dovrà necessariamente passare attraverso la ricerca di nuovi modelli di città, più sostenibili e vicini al benessere dell’uomo. Il modello offerto dal teleriscaldamento è tra i più credibili ed efficaci soprattutto in contesti densamente popolati come quello di Milano. Uno dei punti di forza del teleriscaldamento è la capacità di integrare una pluralità di fonti energetiche presenti sul territorio, recuperando calore che altrimenti andrebbe disperso in atmosfera: termovalorizzazione dei rifiuti, centrale termoelettriche, geotermia, solare termico, processi industriali. Si ottiene così un sistema energetico integrato in grado di utilizzare al meglio le risorse localmente disponibili, con un basso impatto ambientale e un minor consumo di combustibile di origine fossile, come il gas e gasolio. Ad oggi, la sola rete di teleriscaldamento di A2A posata nell’area metropolitana della città di Milano fornisce energia termica ad oltre 3.000 edifici, per una volumetria riscaldata di circa 45 milioni di m3. Per i prossimi anni A2A ha previsto nuovi importanti investimenti che consentiranno di estendere il servizio di un ulteriore 50% nel 2020, migliorandone nel contempo le caratteristiche energetiche ed ambientali. Una crescita costante nel tempo, coniugata ad elevati standard di qualità e attenzione alle esigenze del territorio, per consegnare ai cittadini milanesi, e a quanti operano e lavorano, una città più sostenibile.

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Il “pipe line HDPE” made in Italy sbarca in Perù L’interesse dimostrato ultimamente dal Governo italiano e da numerose utility nostrane per i mercati dell’America Latina è ampiamente condiviso dall’azienda veneta Deriplast, specializzata nella produzione di tubazioni in HDPE. L’azienda, in partecipazione con la Kiasma srl di Treviso, specialista mondiale nel settore del dredging e dewatering, ha contribuito alla realizzazione di una fondamentale opera infrastrutturale per l’aeroporto di Lima (Perù) che necessitava, appunto, di una soluzione tecnologica per l’aggottamento delle acque del sottosuolo. Le due aziende italiane hanno partecipato come partner tecnologico, oltre che come produttore e fornitore, nei lavori di dewatering affidati dal Governo Peruviano ad uno dei più importanti general contractor del Paese, la AG ANDRADE GUTIERREZ. L’impianto di circa 4000 metri realizzato da C.T.C. (CONSORCIO TUNEL CALLAU), la cui capolista è la AG ANDRADE GUTIERREZ, ha previsto l’utilizzo dei tubi spiralati in polietilene rinforzato con acciaio (Paladex) con diametri interni mm. 800 e mm.1000. La resistenza strutturale richiesta è stata pari a SN 16. Importanti il contributo e l’esperienza della spagnola FERRER s.l. che si è occupata sia dell’installazione dei pozzi drenanti sia delle verifiche sul campo. La particolarità del

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lavoro è la sua natura: la condotta verrà utilizzata solo per il periodo necessario a svolgere la sua funzione (circa 7 mesi). Successivamente la tubazione temporanea sarà riutilizzata infatti per un impianto di desalinizzazione in Medio Oriente e servirà alla potabilizzazione di acque marine. Questa ottimizzazione sancisce in maniera inequivocabile l’ottima versatilità del manufatto e anche la sua grande resistenza. Molti sono stati gli ostacoli tecnici che il Team di professionisti ha dovuto superare. Innanzi tutto l’assenza di pendenza di posa per la condotta. Grazie alla scarsa scabrezza del polietilene questo handicap è stato superato più facilmente, accontentandosi di pendenze minime prodotte artificialmente attraverso una posa pilotata. Un altro problema brillantemente superato era costituito dall’attraversamento della condotta nella parte superiore del tunnel che ne determinavano la quota di posa in opera che era pari al piano campagna. Questo ha previsto la posa della rete anche su tratti aerei, con appoggio su speciali selle create in opera (fig.3). Anche in questo caso, interviene la natura in sé del manufatto: la sua leggerezza oltre all’alta resistenza alla flessione del tubo in appoggio aereo, hanno dato la possibilità all’azienda di procedere con soluzioni che non sarebbero state possibili con un altro tipo di materiale.

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1. Deriplast, specializzata in tubazioni in HDPE - 2. Dati di progetto - 3. Tubo appoggiato su delle selle 4. Fasi di posa - 5. Kiasma, il dragaggio

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Case history

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Soluzioni per la posa di condotte in versanti in frana Il dissesto idrogeologico è una delle principali piaghe irrisolte del nostro Paese. Posare una nuova condotta idrica in terreni interessati da movimenti franosi è un’evenienza con la quale i gestori del sottosuolo devono confrontarsi più spesso di quanto si creda. Una particolare tecnica No-Dig può fornire una soluzione a questa spinosa problematica. Carlo Torre - Iren Acqua Gas SpA Claudio Fraschetti, Mirco Brilli, Franco Quattrocchi - ASA SpA (nella foto)

Situazione della distribuzione idrica in Toscana Costa In Toscana, la gestione del servizio idrico integrato è strutturata, secondo la legge Galli, in 6 Ambiti Territoriali Ottimali (ATO): all’interno di ognuno la gestione è affidata ad un Gestore Unico. Nell’ex ATO n. 5, denominato Toscana Costa, ASA SpA è il Gestore Unico del Ciclo Integrato delle Acque dal Gennaio del 2002. Costituito da 33 comuni, 20 dei quali fanno parte della provincia di Livorno, 12 della provincia di Pisa e 1 della provincia di Siena, l’ATO n. 5 comprende un territorio di 2.444 kmq, esteso su tre province, sul quale risiedono 376.396 abitanti (dato 2010, 1487 unità in più rispetto al 2009), circa il 10% degli abitanti della Toscana. La struttura complessiva della rete idrica dell’ATO 5 è costituita da un centinaio di acquedotti. L’estensione delle reti, tra adduttrici e distributrici, è pari a 3.476 km. Sono in funzione 208 impianti di sollevamento, 35 impianti di potabilizzazione, 168 impianti di disinfezione, 342 serbatoi.

Le acque provengono da 182 sorgenti e 4 captazioni superficiali, sono attivi sul territorio 364 pozzi. Le tubazioni in PEAD, di facile posa, elastiche e di agevole manutenzione, vanno progressivamente sostituendo quelle di altro materiale. Lo stato della rete è monitorato on-line mediante telecontrollo 24 ore su 24 per 365 giorni/anno. La rete e gli impianti sono gestiti direttamente dalla sede aziendale, con la possibilità d’intervento in tempo reale in caso d’anomalia o guasti. Il controllo delle reti di distribuzione è effettuato attuando, con varie metodiche tecniche, un servizio preventivo di “ricerca fughe programmata”, con sistemi elettroacustici ed ispezioni televisive. Tutti questi sistemi di controllo forniscono dati che vengono registrati ed elaborati, componendo il quadro di conoscenza dettagliata delle reti. L’erogazione d’acqua potabile nella rete è adattata alle effettive esigenze istantanee di fornitura. Nelle centrali principali i variatori di giri (Inverter) mantengono una pressione costante nelle condotte, consentendo

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di ottenere sensibili risparmi energetici (fino al 30%) ed eliminando usure impiantistiche.

La piaga del dissesto per il sistema distributivo idrico In questo contesto, una delle problematiche principali che il gestore si trova ad affrontare è quella del dissesto idrogeologico. È noto che gli ultimi due decenni sono stati caratterizzati da un’inattesa recrudescenza dei fenomeni atmosferici stagionali: con un’impennata degli eventi alluvionali che, statisticamente, hanno colpito l’arco della costa tirrenica ligure e toscana in modo più sensibile rispetto altrove. Se la fascia di territorio costiero dell’ATO 5 Toscana Costa, pressoché pianeggiante, non ha sofferto particolarmente del fenomeno, peggio è toccato alla fascia collinare che costituisce circa il 50% del territorio gestito da ASA. La tipologia media degli strati geologici di questa porzione della Toscana nord-occidentale fa sì che, a seguito dell’azione di precipitazioni particolarmente intense e concentrate in un singolo periodo stagionale, si vengano a determinare le condizioni per ampi movimenti franosi, che molto spesso prendono origine da “fratture” artificiali quali strade, cordoli di recinzione, zone disboscate ecc.

Un elemento spesso sottovalutato è l’insieme di problematiche legate alla realizzazione di trincee a cielo aperto per la posa di sottoservizi in versanti già interessati da movimenti franosi o a classificati a rischio

Il problema delle trincee a cielo aperto Un elemento molto spesso sottovalutato, ma ben noto agli addetti del settore, è l’insieme di problematiche legate alla realizzazione di trincee a cielo aperto per la posa di sottoservizi in versanti già interessati da movimenti franosi o classificati a rischio. Nella genesi di un cedimento del suolo il cosiddetto “innesco” è infatti un fattore che influenza sensibilmente tanto la probabilità che uno smottamento abbia origine quanto la velocità e la dinamica di sviluppo di un evento già in atto. La soluzione sarebbe semplice: evitare di posare cavi, condotte e altre canalizzazioni al di sotto della superficie di tali aree a rischio, preferendo in alternativa installazioni aeree o dislocazioni in altri siti. Non sempre questo è praticabile, specie per le condutture di distribuzione e raccolta dei fluidi che, per loro natura, devono raggiungere gli edifici, utilizzando inevitabilmente le stesse strade sulle quali tali edifici insistono. Realizzare una trincea, quindi una lunga incisione longitudinale della parte più superficiale del suolo, lungo una strada coinvolta in un movimento franoso, può determinare il suddetto “innesco” per due motivazioni principali; la prima, ovvia, è dovuta all’interruzione di una continuità geologica originaria, ovvero di uno “status-quo” dell’infrastruttura artificiale che va a modificare quei delicati equilibri fisicomeccanici tra superficie e immediato sottosuolo. La seconda, indiretta, è dovuta agli effetti successivi alla realizzazione di una trincea che, per la natura del suo riempimento e ripristino, diviene un canale preferenziale di infiltrazione, erosione e diffusione delle acque nel sottosuolo.

Quali possibili alternative?

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Come si accennava, scavare trincee in un versante franoso prevede poche alternative, senza contare le problematiche legali derivanti da un intervento mal progettato o mal ese-

La realizzazione di trincee con metodi tradizionali può facilmente “innescare” smottamenti del suolo a valle della carreggiata stradale interessata

L’opportunità di realizzare un foro in uno strato più profondo può rappresentare la soluzione al problema

guito, che possono riservare amarissime sorprese ai gestori. Una soluzione a basso costo, collaudata e dalle controindicazioni scarse o facilmente gestibili, è quella della trivellazione orizzontale: si realizzare un foro in uno strato più profondo, meno vulnerabile, lasciando pressoché integra la superficie.

La tecnologia di trivellazione orizzontale Il sistema di posa No-Dig, denominato TOT, consiste nella realizzazione di un foro sotterraneo che costituirà la sede


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Il modernissimo sistema di guida remoto che ha consentito di realizzare il foro pilota nell’ambito del cantiere di Parrana S. Martino

maggiore usura del complesso delle attrezzature. Nel secondo caso, ad un impianto di cantiere più impegnativo ed a tempi di realizzazione dei fori talvolta più lunghi, corrisponde una minore usura delle attrezzature, un minore effetto meccanico nel sottosuolo e una migliore lubrificazione delle nuove tubazioni e la possibilità di porre in opera nuove tubazioni anche di grande diametro (anche oltre 800 mm). I sistemi di guida del tracciato del foro sono molteplici e si basano essenzialmente sulla capacità dei dispositivi di rilevamento di superficie di seguire puntualmente la traiettoria della testa di trivellazione. Questa è dotata di un sistema di direzionamento e di variazione della traiettoria che consente, entro certi limiti prestabiliti, di correggere eventuali “fuori rotta” o di effettuare curvature con angolazioni che dipendono dal tipo di sottosuolo e dal diametro della condotta da infiggere. La fresa rotante viene inserita nel terreno attraverso uno scavo di ridotte dimensioni e raggiunge lo scavo di arrivo con precisioni dell’ordine di pochi centimetri dopo tragitti che, normalmente, si attestano sui 200 metri ma che, in caso di necessità, possono superare anche 1000 metri lineari. Una volta raggiunto lo scavo di arrivo, la fresa viene sostituita da una serie di alesatori che hanno il compito di ampliare le dimensioni del foro precedentemente praticato dalla fresa e di proteggere la nuova tubazione a questa collegata. La posa in opera di nuove tubazioni con l’impiego di TOT deve essere preceduta da un’accurata indagine del sottosuolo, finalizzata all’individuazione degli eventuali sottoservizi o trovanti interferenti il tracciato di trivellazione. Le moderne applicazioni di mapping digitale e di georadar assolvono efficacemente a tale necessità.

Il caso di Parrana San Martino

La fase di emersione della condotta al termine dell’infissione e la curva a stretto raggio sotto la quale è stata posata la condotta in un’unica soluzione senza interruzioni intermedie

di posa di una condotta plastica o metallica precedentemente saldata in superficie. Il foro nel sottosuolo viene realizzato mediante l’azione di una fresa rotante che può operare a secco nel terreno tal quale, o a fluido, con l’ausilio cioè di una miscela liquida veicolata attraverso fori presenti alla sommità della fresa. Nel primo caso, ad una sostanziale semplificazione delle operazioni di trivellazione, corrisponde un più elevato livello di performance dei dispositivi di trivellazione ed una

A dimostrazione di quanto sopra, illustriamo per immagini il caso di una posa in versante franoso avvenuta a Parrana San Martino, tra le colline alle spalle di Livorno. I circa 500 metri costituenti il tratto di condotta idrica DE160 mm in PEAD sono stati posati ad una profondità compresa tra i -1,50 e i -2,20 m seguendo un tracciato che, nonostante la presenza di numerosi edifici laterali, ha consentito di evitare ogni interferenza con il profilo del movimento franoso in atto, che riguardava essenzialmente la mezzeria di valle della strada, evidenziato in superficie dalle linee di frattura facilmente individuabili sulla carreggiata. I punti di maggiore complessità del lavoro si sono rivelati quelli costituiti dalla trivellazione in un’unica soluzione di un ponte in curva di raggio pari a soli 12 metri, oltre alla trivellazione degli ultimi 50 metri in roccia compatta, realmente ostica da perforare. La posa è stata effettuata con successo, con l’unico inconveniente di alcuni punti di infiltrazione verso la superficie dei fanghi bentonitici a maggiore fluidità, che hanno trovato sfogo nelle preesistenti fratture franose più prossime al tracciato della nuova linea di acquedotto.

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Case history

Un tubolare flessibile risolve l’emergenza idrica di Messina Lo scorso ottobre Messina è stata al centro dell’attenzione: nel Comune di Calatabiano, in provincia di Catania, una frana ha messo fuori uso la condotta idrica portante che rifornisce la città. Per diversi giorni Messina è rimasta senz’acqua, con gravi disagi e ripercussioni. Questa emergenza è stata risolta grazie a un importante lavoro corale fra la Protezione Civile e gli operatori di Amam - l’azienda municipalizzata che gestisce il servizio idrico - in coordinamento con le Forze dell’Ordine, i tecnici della Regione Sicilia, del Comune e gli specialisti di Helios Brighter Trenchless Technologies di Reggio Emilia. La soluzione dell’azienda, appartenente al Gruppo Benassi e specializzata nella riabilitazione senza scavo, ha ottenuto l’approvazione generale delle Autorità e degli Enti nazionali e locali, perché considerata la più idonea a risolvere il problema in tempi rapidi, con materiali e risultati garantiti. Il progetto ha previsto la sostituzione del tubo esistente in ferro, del diametro di 1.000mm, con un bypass formato da 3 tubazioni Primus Line® del diametro di 300mm, raccordato con flange alla tubazione esistente. I lavori sono stati seguiti in prima persona da Simone Benassi, titolare di Helios e dall’ing. Arnold Cekodhima, entrambi coadiuvati dai tecnici specializzati dell’azienda: le 24 ore di lavoro non stop, impiegate per collegare la prima delle tre tratte tramite bypass, hanno permesso il

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ripristino dell’erogazione del servizio con un giorno di anticipo rispetto al previsto. Il dottor Leonardo Termini, presidente di Amam, ha commentato la situazione: “La colpa di quanto accaduto è di un territorio idrologicamente dissestato che ha causato la rottura della condotta. In questa emergenza abbiamo dovuto affrontare due criticità in contemporanea: la frana e l’assestamento del terreno. Siamo stati presenti anche di notte per seguire tutti i lavori utili e necessari al ripristino dell’impianto. È stata ultimata la saldatura della condotta e il rinforzo della stessa, con la messa in sicurezza non solo nel punto di rottura ma anche in altri punti dove si è presentata la necessità. Il grande lavoro che hanno svolto i tecnici e la ditta per la riparazione è stato veramente eccellente ed eccezionale. Il lavoro è stato eseguito a regola d’arte, dando la massima sicurezza all’impianto”. Il tubolare flessibile Primus Line® è una tecnologia senza scavo specifica per il risanamento di condotte in pressione per il trasporto di gas, acqua e petroliferi: il funzionamento del sistema è garantito da un tubolare flessibile ad alta pressione (fino a 76 bar). Il tubolare ha uno spessore di parete variabile (6-8 mm) che riduce di pochissimo la sezione utile interna del tubo esistente; resiste a temperature fino a 50 gradi e permette, con un singolo inserimento, la riabilitazione di tratte di condotte fino a 2.500 metri lineari.


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Diametro nominale: 150 – 500 mm Pressione di esercizio massima: 76 bar Spessore: 6 – 8 mm Lunghezza massima d’installazione: > 2500 m Ideale per: Acquedotti, Oil&Gas, Fognatura Rivestimento esterno Coating in PE resistente all’abrasione Tessuto in Kevlar® Tessuto senza cuciture, fibre aramidiche intrecciate (disponibile singolo o doppio strato)

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Bypass

Il tubo di Messina

Emergenza idrica città di Messina. Bypass temporaneo da 660 l/s della condotta Fiumefreddo. Calatabiano (CT), Novembre 2015.

Via G. Rinaldi 101/A 42124 Reggio Emilia - Italy T: +39 0522 791 252 F: +39 0522 791 289 @: info@hsts.it


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ACQUA SUOLO ARIA ASA

Il periscopio digitale per la video ispezione Il periscopio digitale HydrozoomV2 di ASA è stato realizzato per la rapida ispezione video dei tombini, pozzetti e condotte fognarie direttamente da un punto preciso di osservazione. La tecnologia avanzata (controllo video con telecamera) consente di visualizzare qualunque tipo di ostruzione e stato di conservazione della condotta in esame, di diametro compreso tra 150 e 1000 mm.

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Fig. 1

Fig. 2 GIUNTO FLESSIBILE

Le principali caratteristiche che rendono questa strumentazione efficace sono: • l’immediatezza della video ispezione che si intende effettuare. È sufficiente collocare la telecamera sul fondo del pozzetto utilizzando un cavo di collegamento (5-15mt) tra la consolle e la telecamera dotato di dispositivo antiavvolgimento • la facilità di posizionamento del dispositivo visivo utilizzando opportune aste telescopiche che permettono all’operatore di collocare la telecamera all’entrata della condotta dalla superficie • l’utilizzo di telecamera a colori integrata da uno zoom (fino a 40mt. ca.) ed un’illuminazione molto potente (12 Leds ad alta luminosità equivalente a 150W alogena) permette di verificare immediatamente lo stato generale della condotta. È possibile utilizzare un ulteriore focus manuale per approfondire dei particolari della condotta ispezionata ed un dispositivo per la messa su asse con la condotta • la capacità di orientare la telecamera, in senso orizzontale e verticale, attraverso un giunto flessibile comandato da apposito joystick, permette di


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Fig. 3

Fig. 4

videoispezionare al meglio la condotta, in tutti i suoi aspetti, utilizzando anche il focus automatico e manuale (fig. 2 e 3) • possibilità per l’operatore di video filmare e/o fotografare simultaneamente foto e video su chiave USB 16Gb utilizzando un’opportuna consolle di controllo ergonomica che, dotata di cinghie di sostegno a imbracatura, consente all’operatore di lavorare in sicurezza dalla superficie, evitando di calarsi nel pozzetto (fig.1). Possibilità inoltre di sovrascrivere testi su quanto registrato • la possibilità di valutare, tramite apposita funzione, la distanza tra eventuali anomalie riscontrate a video (rotture, intasamenti, allacciamenti impropri e abusivi, infiltrazioni, ecc.) dal pozzetto di ispezionamento (funzione “valutazione della distanza”) • le batterie integrate ricaricabili consentono un funzionamento autonomo per 9/12 ore di continuo, in funzione del tempo di accensione della luce a Led (12V/9Ah). È possibile utilizzare un’alimentazione esterna di 12V per mezzo di cavo (compatibile all’accendisigari auto), permettendo all’operatore la continua operatività anche in caso di punti inaccessibili all’automezzo • la possibilità di utilizzo di dispositivo di posizionamento GPS che permette di visualizzare nel video, in automatico, le coordinate latitudine, longitudine data e ora • l’ottima facilità di trasporto (dimensioni: 35x65x52 - peso 10Kg): tutta l’apparecchiatura è contenuta in una comoda borsa, favorendo l’operatore nella facilità degli spostamenti economizzando notevolmente i costi (fig. 4).


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ILIRIA

Riparazioni localizzate di condotte fognarie senza scavo Marco Shehaj - Direttore Tecnico Iliria S.r.l.

Soluzioni puntuali, rapide e a basso costo per il ripristino della funzionalità idraulica delle infrastrutture fognarie e l’allungamento della vita utile delle opere. Le riparazioni localizzate offrono la possibilità di recuperare risorse economiche da impiegare nell’efficientamento delle reti e degli impianti di sollevamento/depurazione. Intervenendo puntualmente e in maniera efficace con le riparazioni localizzate è possibile eliminare criticità quali, ad esempio, le infiltrazioni di acqua parassita, le infiltrazioni di radici, l’eliminazione di punti spigolosi che creano eccessive perdite di carico idraulico, la riparazione di Prima opere speciali quali le calate di dissipazione dell’energia cinetica, ecc. Si possono individuare due tipologie principali di riparazione localizzata in condotta. La prima consiste nel posizionamento di pezzi meccanici composti da fasce in acciaio e guarnizione in gomma, opportunamente poste in opera con martinetti idraulici o simili. Nella seconda categoria rientrano le riparazioni realizzate in loco mediante impregnazione di tessuti in fibra di vetro con resina bicomponente di tipo epossidico, posizionate in condotta mediante packer dotati, se necessario, di by-pass per limitare i tempi di fuori servizio dell’infrastruttura e le spese relative al mantenimento in esercizio di eventuali by-pass superficiali. La prima categoria trova applicazione prevalentemente in Dopo tratti rettilinei e dove la parziale restrizione della sezione introdotta dalla riparazione non va ad inficiare il corretto funzionamento idraulico della condotta stessa. Per la seconda categoria di riparazioni, definite Part-Liner, la flessibilità è il fattore chiave. Tale metodologia permette di costruire il pezzo speciale direttamente in sito, anche in condizioni di emergenza, qualunque siano le dimensioni della tubazione, riuscendo a ridurre drasticamente i tempi d’intervento nel caso di errata valutazione delle misure interne della tubazione o nel caso siano presenti ovalizzazioni o giunti con cambi di diametro tra materiali diversi non realizzati a regola d’arte. Vista la loro natura, le riparazioni Part-Liner possono essere adattate in termini di spessore (strati) e dimensione (lunghezza) alle specifiche richieste del committente anche in cantiere. Sono notevoli i benefici che ne derivano da entrambe le categorie. Si pensi ad esempio al fenomeno delle acque parassite, per il quale la riparazione localizzata di tipo puntuale può essere la chiave di volta per la chiusura del circolo virtuoso dell’efficientamento delle reti fognarie in termini di qualità del refluo trasportato: minor danno ambientale nei casi in cui siano presenti perdite; minor costo in termini di energia elettrica per le pompe di sollevamento di linea o comunque interne agli impianti di depurazione; miglioramento del rendimento degli impianti di depurazione con aumento delle rispettive capacità residue per trattamento bottini; drastica riduzione di danni strutturali ingenti alle opere fognarie dovuti alle modifiche dello stato tensionale del terreno di posa, ecc. Le riparazioni localizzate sono quindi una valida soluzione per prolungare la vita utile delle infrastrutture per il tempo necessario a predisporre un piano di investimento per la sostituzione delle reti ammalorate o a reperire i fondi necessari per un loro ripristino sostanziale mediante impiego di Liner o tecnologie analoghe di tipo no-dig. La tecnologia di riparazione localizzata risulta competitiva rispetto al risanamento continuo di tipo Liner in tutte le situazioni in cui sia necessario agire ad ampio raggio sulle reti con capitali contenuti, o in situazioni per le quali l’utilizzo di Liner o delle normali tecnologie di scavo possa introdurre delle criticità per quanto riguarda le perdite di carico idraulico (riparazione di pezzi speciali a 45°-90°,ecc.). Nella pratica la ditta Iliria S.r.l ha ottenuto buoni risultati nella riparazione di curve a 90° di diametro 600mm facenti parte di calate di dissipazione dell’energia cinetica, adattando in successione una serie di Part-Liner opportunamente rifilati e sovrapposti, con ottima soddisfazione del committente che, nello specifico cantiere, non avrebbe potuto intervenire diversamente visto l’elevato numero di sotto servizi presenti su una via del centro storico cittadino ad elevata pendenza e carreggiata di soli 2,5m, con profondità dei punti di riparazione variabile da 2,5 a 4,5m.

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RIPARAZIONI CONDOTTE SENZA DEMOLIZIONI ISPEZIONE TELEVISIVA PROVE DI TENUTA

ILIRIA S. R. L. Via A. Meucci 19B 30020 Noventa di Piave (VE) - P. Iva/C. F. 04236520278 - Tel/Fax: +39 0421659011 Cell: +39 3468000014 - Mail: info@iliria.eu - PEC: iliria-srl@legalmail.it - web: www.iliria.eu


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CURAPIPE SYSTEM

Riparazione automatica delle perdite idriche senza scavo Professor Cesare Massarenti

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In Italia l’efficienza dell’infrastruttura della rete idrica costituisce un’esigenza diffusa e ormai improrogabile, ma le perdite continuano a essere persistenti e gravose, con le problematiche ben note di NRW e costi molto elevati di energia elettrica, che gravano fortemente sui bilanci delle utilities. Nel 2012, il 37,4% dei volumi immessi non raggiungeva gli utenti, con un peggioramento rispetto al 2008 (32,1%) (ISTAT giugno 2014). Le perdite sono di 3,14 miliardi m3 (8,6 milioni m3/giorno, cioè poco meno di 100 mila litri/secondo). Per ogni residente si disperdono 144 l/giorno, oltre i consumi (241 l/giorno). Curapipe System Ltd. ha sviluppato una soluzione unica e molto innovativa per la riduzione drastica delle perdite idriche: senza scavo, automatica, con lavori di breve durata, a basso costo. Si tratta di una nuova categoria di prodotto. La tecnologia TALR - Trenchless Automated Leakage Repair (Riparazione Automatica delle Perdite Senza Scavo) riduce le perdite di almeno il 75% (e fino al 100%) nelle aree risanate, diminuendo i consumi di energia elettrica dal 14 al 18% circa. La tecnologia deve essere applicata in ambiti urbani - dove i costi di sostituzione o di riparazione al metro con altre tecnologie trenchless sono molto elevati, e su ampia scala - non per modalità find-and-fix, tipica degli interventi generalmente utilizzati, che non riducono in nessun modo il livello delle perdite e servono soltanto a mantenere il livello esistente.

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Perdita buco 5mm

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Perdita buco 5mm in corso di sigillazione

Perdita buco 5mm sigillata

Simulazione dell’intervento di riparazione

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La tecnologia TALR: • permette di riparare le perdite che normalmente non vengono identificate o vengono identificate troppo tardi per evitare forti danni causati da rotture delle tubazioni • individua automaticamente buchi, crepe, fratture, screpolature e perdite • non rende necessaria la video ispezione • sigilla automaticamente, immediatamente, ermeticamente e in modo permanente, con rimessa in esercizio della tratta alla fine dell’intervento (4-6 ore in media) • sigilla anche fessure longitudinali • opera anche con forti incrostazioni interne, curve, biforcazioni, valvole a farfalla • sigilla le micro-fratture, cioè il 75-80% delle perdite mondiali: buchi e fessure da frazioni di mm a circa 8 mm • sigilla le perdite negli allacciamenti • la sostanza sigillante rimane nella tubazione solo in corrispondenza della riparazione • rigenera in modo permanente l’interno delle tubazioni, prolungandone così la vita • è applicabile a tutti i tipi di tubazioni più largamente utilizzati • è l’unica alternativa a basso costo per la riparazione o la sostituzione delle tubazioni (il costo al metro è inferiore al 15-20% del costo medio di sostituzione delle tubazioni o di riparazioni con tecnologie trenchless).

La tecnologia TALR presenta i seguenti vantaggi per le utility: • permette un ROI elevato e in tempi brevi, con un basso Costo Totale di Proprietà (TCO) • riduce i costi di energia elettrica • rientra in modo integrato nel portafoglio delle tecnologie per l’ambiente Ripresa video reale a • può far ottenere certificati bianchi (TEE) sui risparmi relativi ai consumi di energia Thames Water Utilities, elettrica Londra, UK • rinforza il brand e accresce la sua reputazione e notorietà come leader innovativo per l’ambiente. La sostanza sigillante è certificata per utilizzo con acqua potabile in Italia, Israele, UK, Messico. Procedure di certificazione sono in corso in altri Paesi. I brevetti sono stati depositati e ottenuti in molte Nazioni. TALR è utilizzata da Agua de Puebla in Messico, con un contratto di 5 anni, e da Hagihon Ltd. a Gerusalemme, con un contratto di 7 anni. Diverse utility italiane sono intenzionate ad applicare questa tecnologia. In Italia il primo contratto è stato concluso con Acqualatina S.p.A., che gestisce il Servizio Idrico Integrato nei 38 comuni del territorio dell’ATO4 – Lazio Meridionale, con oltre 3.700km di rete acquedottistica e circa 265.000 utenze.


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Case history

Relining fognatura a Zocca, Cutter, packer e liner Nel mese di dicembre 2015 il gruppo Dinamica Spurghi è intervenuto su richiesta di HERA S.p.A. per risolvere una problematica su un tratto di fognatura DN 300 di circa 30 metri nel Comune di Zocca (Modena) che presentava dei problemi di tenuta idraulica. La condotta, parte in calcestruzzo e parte in PVC, presentava delle evidenti deformazioni strutturali per una lunghezza di circa 7 metri nella parte in PVC che riducevano la sezione della condotta stessa: tali deformazioni erano state causate probabilmente dalla pressione della gettata in calcestruzzo di circa 50/60cm di spessore, effettuata per la costruzione del palazzo sotto il quale era posata la condotta. Altra situazione anomala era la presenza di 3 curve consecutive nel percorso della condotta. Si è provveduto all'ispezione della condotta mediante telecamera per analizzare e risolvere la problematica più evidente: il ripristino della sezione originale è stato

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effettuato tramite il taglio del PVC con fresa robotizzata - circa 30cm alla volta per evitare il crollo del terreno - e con l'inserimento contestuale di packer in fibra di vetro e resina silicata, per una lunghezza di 7 metri. Successivamente si è provveduto all'installazione di un liner per garantire la tenuta idraulica per tutta la lunghezza della condotta. È stato utilizzato un nuovo liner con coating in PU e struttura interna in fibra di vetro, impregnato di una specifica resina epossidica per garantire l’assenza di grinze nelle 3 curve consecutive e per rinforzare la condotta per tutta la sua lunghezza. Le operazioni di ripristino della condotta sono durate in tutto 4 giorni lavorativi, gran parte dei quali dedicati alla fresatura e all'inserimento dei packer per evitare il collassamento della condotta, mentre il relining totale è stato effettuato in una giornata.


Fognatura

La nuova offerta in piccoli diametri per le reti in pressione

La rivoluzione nell’universo delle fognature da 75 a 160 DN/OD

Soluzioni complete in ghisa sferoidale per il ciclo idrico integrato


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Le centrali a ciclo combinato a gas naturale Il futuro è ora Alberto Bigi - Direttore Sviluppo Industriale Sorgenia

Negli ultimi dieci anni il mercato dell’energia in Italia è profondamente cambiato: da Paese dipendente dalla produzione estera, siamo passati ad avere il parco di generazione più moderno d’Europa. E le centrali a ciclo combinato a gas naturale rappresentano, oggi, la risposta tecnologica esistente più affidabile, flessibile ed efficiente.

Lo scenario Occorre fare un passo indietro per avere un quadro d’insieme chiaro: le centrali a ciclo combinato a gas naturale iniziano a diffondersi nei primi anni ’90, soppiantando pian piano le centrali tradizionali, alimentate a olio combustibile o carbone. Questo sorpasso è attribuibile soprattutto all’importante vantaggio competitivo che il ciclo combinato assicura: una maggiore efficienza energetica (oltre il 56% contro il 35% degli impianti tradizionali) che si traduce in una riduzione degli sprechi delle risorse e in una drastica diminuzione delle emissioni. La situazione si modifica ulteriormente a partire dal 2006, con il boom delle rinnovabili e, in particolare, del fotovoltaico. Nel giro di pochi anni si arriva ad avere un parco (tra solare ed eolico) che ha una potenza installata pari a 23.000 MW, con la conseguenza di far aumentare la capacità installata italiana del 30% circa e coprire una In alto a sinistra: Centrale di Modugno

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quota considerevole del fabbisogno energetico nazionale. In concomitanza con l’esplosione delle rinnovabili, il mercato dell’energia elettrica – sino ad allora caratterizzato da una costante crescita - subisce un rallentamento e la domanda registra una riduzione del 9% circa, mentre aumenta notevolmente la capacità produttiva. In virtù di questa mutata richiesta e della priorità di dispacciamento delle energie rinnovabili, la produzione di energia proveniente da impianti termoelettrici diminuisce, sebbene questi ultimi siano chiamati ad affiancare le fonti rinnovabili che sono, per loro stessa natura, discontinue e non programmabili. Basti pensare a quanto accaduto lo scorso luglio, il mese più caldo degli ultimi 136 anni, in cui l’altissima richiesta di energia del periodo è stata soddisfatta grazie al ricorso ai cicli combinati che hanno evitato il crash elettrico del Paese. Di fronte a questo scenario, diventa pertanto sempre più indispensabile che gli impianti siano rapidi a entrare in funzione, efficienti e disponibili in ampi range di carico. Il ciclo combinato racchiude in sé tutte queste caratteristiche.

Il ciclo combinato Il CCGT (Combined Cycle Gas Turbine), oggi considerato la best available technology per la produzione termoeletIn alto a destra: Centrale di Termoli


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trica sia in termini di efficienza produttiva che di impatto ambientale, ha permesso di rinnovare il parco termoelettrico italiano, utilizzando in modo efficace un combustibile “pulito” come il gas naturale. Il ciclo combinato sfrutta due cicli di produzione – quello del vapore e quello a gas – che garantiscono un minor consumo di combustibile a parità di elettricità prodotta. Da un punto di vista di funzionamento, il gas naturale viene utilizzato come combustibile nei bruciatori di una turbina a gas che, tramite un generatore ad essa collegata, produce energia elettrica. I fumi che fuoriescono dalla turbina, ancora ad alta temperatura, sono convogliati a un generatore di vapore in cui avviene lo scambio di calore tra i fumi di scarico e l’acqua in esso presente per produrre vapore acqueo. La forza vapore ottenuta viene quindi utilizzata per alimentare il moto di una turbina a vapore che, collegata a un generatore, produce anch’essa energia elettrica. L’energia elettrica così generata viene trasformata in alta tensione e distribuita sulla rete nazionale. Sono molteplici i vantaggi assicurati da questa tecnologia; primo tra tutti l’alto rendimento che supera di oltre il 10% quello garantito dalle tecnologie termoelettriche tradizionali. Altissime sono anche le prestazioni ambientali: le emissioni di SO2 e polveri sono trascurabili, quelle di NOx e CO2 sono ridotte del 60-70%, diminuiscono i prelievi di acqua ad uso industriale così come il calore immesso nell’ambiente per il raffreddamento dei cicli di produzione. Si riduce considerevolmente anche l’occupazione del suolo: questi impianti, infatti, sono mediamente sei volte più piccoli delle centrali tradizionali. E, da ultimo, il CCGT consente di modulare la produzione in funzione delle specifiche richieste della rete elettrica nazionale e di entrare in funzione quando, per questioni meteorologiche, gli impianti rinnovabili non riescono a sopperire alle richieste energetiche del Paese.

Le centrali di Sorgenia, un ulteriore passo avanti Sorgenia ha realizzato green-field e possiede quattro centrali a ciclo combinato da 800 MW alimentate a gas naturale, situate a Termoli (CB), Modugno (BA), Bertonico– Turano Lodigiano (LO) ed Aprilia (LT). Si tratta di impianti di recente costruzione - è del 2006 la prima e del 2012 l’ultima entrata in funzione - che rappresentano lo stateof-the-art della tecnologia oggi disponibile. Rendimenti molto elevati (tra il 56,6% e il 57,5%), limiti di emissioni tra i più bassi in Italia (nota 1), tempi di avviamento molto contenuti (con un picco di eccellenza rappresentato dalla centrale di Bertonico–Turano Lodigiano che “si accende” in soli 45’) e altrettanto rapidi tempi di rampa rendono questi impianti tra i più performanti oggi disponibili. Queste centrali, infatti, sono state progettate e costruite per variare rapidamente il carico di produzione, mantenendo livelli di efficienza molto elevati. Sorgenia ha inoltre fatto uno sforzo aggiuntivo in materia di consumo dell’acqua: in tutte le sue centrali, fatta eccezione per la prima, quella di Termoli, è stato scelto di impiegare sistemi di condensazione ad aria, così da eliminare i prelievi di acqua per esigenze di condensazione e raffreddamento del vapore.

Si tratta, inoltre, di centrali che utilizzano un sistema di trattamento delle acque reflue industriali con tecnologia ZLD (Zero Liquid Discharge) in grado di azzerare completamente gli scarichi idrici e di diminuire drasticamente il consumo complessivo di acqua stessa. L’acqua dunque, opportunamente trattata, può essere nuovamente impiegata per il ciclo di produzione. Tutti gli impianti, infine, recuperano l’acqua nella fase finale del processo, producendo esclusivamente un rifiuto solido non pericoloso costituito da fanghi e sali.

Caso Modugno Eccellenza nell’eccellenza è rappresentata dal caso di Modugno. Il ciclo dell’acqua in questa centrale, infatti, si distingue sia per i sistemi di approvvigionamento, sia nella restituzione delle acque all’ambiente. La centrale utilizza esclusivamente l’acqua proveniente dall’impianto di depurazione municipale di Bari Ovest - limitando quindi la quantità di acqua che il depuratore riversa nel mare - e l’acqua piovana grazie a una tecnologia specifica.

Il futuro che ci aspetta Lo scenario internazionale ci mette di fronte a una situazione che potrebbe trasformare l’Italia da Paese storicamente importatore di energia in esportatore. Molte nazioni, in primis la Germania, stanno ipotizzando di eliminare le centrali nucleari o di ridurre la produzione elettrica da fonti atomiche, come nel caso della Francia. Se a questo si aggiunge una sempre crescente sensibilità dell’opinione pubblica rispetto alle tematiche ambientali, che comporta la ferma volontà di contenere le emissioni con la probabile conseguenza di far incrementare il costo della CO2 a discapito della produzione a carbone – ancora oggi presente in abbondanza in Europa, una grande disponibilità di risorse naturali a prezzi competitivi (primo fra tutti il gas) e la necessità di fornire energia quando le rinnovabili non sono sufficienti, il quadro è presto fatto. Il CCGT è la tecnologia in grado di rispondere meglio alle mutate richieste di mercato, è l’unica in grado di soddisfare la domanda di un’energia il più possibile pulita, affidabile e disponibile. E i cicli combinati italiani, tra i più tecnologicamente evoluti oggi esistenti, non rappresentano un patrimonio solo per il nostro Paese, ma sono un asset fondamentale anche per l’intero sistema di generazione europeo. Nota 1. Gli impianti di Termoli, Modugno e Bertonico-Turano Lodigiano hanno sviluppato un Sistema di Gestione integrato Ambiente e Sicurezza. Tutti gli impianti hanno da tempo concluso l’iter che ha condotto alla Registrazione europea EMAS (Eco-Management and Audit Scheme. L’impianto di Aprilia, più recente, sta seguendo il medesimo iter. L’autore Alberto Bigi In Sorgenia da 11 anni, è oggi direttore dello Sviluppo Industriale. Ha ricoperto il ruolo di Director Power Asset, dirigendo la business unit che si occupa dello sviluppo, realizzazione e gestione degli impianti di produzione elettrica di Sorgenia. La sua carriera è iniziata in Edison dove è stato Project Manager e responsabile Asset Termoelettrici.

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Profili regolatori della delibera 46/2015/R/gas in tema di biometano Roberto Maulini - Direzione Infrastrutture, Unbundling e Certificazione di AEEGSI Lucia Rossi Pincelli - Direzione Relazioni Esterne e Istituzionali di AEEGSI

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Favorire l’utilizzo più ampio del biometano, garantire la sicurezza e l’efficienza tecnica nella gestione delle reti, rendere trasparenti e certe le procedure di connessione, assicurandone l’economicità. Sono questi gli obiettivi principali in materia di connessione degli impianti di produzione di biometano, previsti dal decreto legislativo 28/11, che l’Autorità per l'energia elettrica il gas e il sistema idrico ha recepito nell’approvare lo scorso febbraio la delibera 46/2015/R/gas. Con questo provvedimento, infatti, il Regolatore ha delineato un primo inquadramento organico della materia, definendo le direttive per la connessione degli impianti di biometano alle reti del gas naturale e le disposizioni in materia di determinazione delle quantità di biometano ammissibili all'incentivazione. In particolare, per quanto concerne le direttive per la connessione degli impianti di biometano alle reti del gas naturale, la delibera 46/2015/R/gas ha previsto per i gestori delle reti di trasporto l’adeguamento dei rispettivi codici di rete (adeguamento non necessario a livello di distribuzione, dove le norme si applicano direttamente). Ad oggi risultano essere state inviate all’Autorità per l'energia elettrica il gas e il sistema

idrico due proposte di aggiornamento del codice di rete, di cui per una l’iter di approvazione si è concluso con la delibera 17 dicembre 2015, 626/2015/R/gas mentre per l’altra è in corso di svolgimento. Nello specifico, la delibera 46/2015/R/gas, che conclude un percorso di consultazione, nell’ambito del quale sono stati pubblicati due documenti (498/2014/R/com e 160/2012/R/gas), ed a cui hanno, tra gli altri, partecipato produttori di biometano, associazioni di produttori, operatori di rete e loro associazioni, il Comitato Italiano Gas (CIG), il Comitato Termotecnico Italiano (CTI) e altri stakeholders, rappresenta un’importante integrazione del quadro regolatorio della materia, volta a favorirne ed agevolarne al massimo lo sviluppo. Al tempo stesso esiste la permanenza di una situazione di standstill europeo, dovuta al protrarsi dei lavori normativi per la definizione delle specifiche di qualità del biometano per uso autotrazione e per l’immissione nelle reti del gas naturale, assegnati nell’ambito del mandato M/475, dalla Commissione Europea al Comitato Europeo di Normazione (CEN), che impone a tutti i Paesi membri del CEN di non elaborare documenti normativi


nazionali dal contenuto omologo a quelli che sono già in corso di elaborazione sui tavoli europei (dir. 98/34/ CE). Nel merito del contenuto, la prima sezione del provvedimento, o più propriamente dell’allegato A, è dedicata a definire le direttive per la connessione degli impianti di biometano alle reti del gas naturale, che vengono sviluppate in coerenza con gli obiettivi indicati di garanzia della sicurezza e dell’efficienza, di trasparenza e certezza delle procedure di connessione e dell’economicità della stessa. Principio fondamentale espresso nella prima parte è la responsabilità del gestore in relazione alla sicurezza e all’efficienza tecnica della rete. A questo fine, il gestore adotta tutte le misure necessarie per evitare che le immissioni di biometano nella rete possano provocare violazioni dei vincoli di sicurezza e affidabilità, verificando la compatibilità dei profili di immissione con le condizioni di esercizio in sicurezza e con le capacità di assorbimento delle reti a cui gli impianti di produzione di biometano si connettono. I gestori devono fissare gli standard di pressione per l’immissione del biometano in rete, secondo criteri non discriminatori, tenendo conto delle condizioni di esercizio delle reti. Sul punto, vista la vigenza dell'obbligo di standstill, non è possibile adottare nuove regole o norme tecniche relative alle specifiche di qualità del biometano da immettere in rete, per cui è necessario fare riferimento alle norme vigenti. Relativamente agli aspetti inerenti l’odorizzazione del biometano da immettere in rete, la delibera 46/2015 ha previsto tra l’altro, che i produttori in relazione alle matrici utilizzate, dovranno garantire che lo stesso sia odorizzabile nel rispetto delle norme tecniche vigenti e non presenti caratteristiche tali da annullare o coprire l’effetto delle sostanze odorizzanti il cui utilizzo è consentito dalle norme tecniche vigenti in materia. Per lo svolgimento dell'attività di misura del biometano da immettere nelle reti del gas, nella delibera 46/2015 l’Autorità conferma la ripartizione di competenze già espressa in sede consultiva: il soggetto obbligato alla rilevazione, registrazione e archiviazione delle misure sarà il gestore di rete mentre, nel caso di immissione diretta del biometano nelle reti del gas naturale, il soggetto responsabile per l'installazione e la manutenzione dei sistemi di misura sarà il produttore. Una specifica a parte è relativa al caso di utilizzo di carri bombolai per l’immissione nelle reti del gas: i sistemi di misura nel punto di scarico del carro bombolaio in rete saranno comunque installati dal gestore di rete. Per soddisfare l’obbiettivo di rendere trasparenti e certe le procedure di connessione, nella delibera è stato sensibilmente semplificato, rispetto alle previsioni poste in consultazione, l'iter procedurale da seguire per l’esame delle richieste di connessione, che consta di un numero limitato di fasi per limitare il più possibile gli oneri di gestione, sia per gli operatori sia per i produttori. A completamento del quadro regolatorio per le procedure di connessione, l’Autorità ha previsto sia un sistema di indennizzi automatici in caso di ritardo da parte

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del gestore, nella messa a disposizione del preventivo per la connessione o nel caso in cui la realizzazione della connessione non avviene entro i tempi indicati nel preventivo, sia procedure sostitutive, a fronte della segnalazione, da parte del richiedente, di ritardi nella messa a disposizione del preventivo da parte del gestore di rete, sia una procedura di risoluzione delle eventuali controversie insorte fra produttori di biometano e gestori di rete, con decisione vincolante dell'Autorità ai sensi della deliberazione 188/2012/E/com. Ampio spazio viene riservato al tema dell'economicità della connessione: è stato in primis previsto, in coerenza con le esigenze di semplificazione emerse in sede di consultazione, il versamento di una cauzione a copertura delle spese sostenute per le attività di valutazione preliminare e di redazione del preventivo per la connes-

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sione e che, nel caso in cui non si proceda alla connessione per volontà del richiedente, i gestori di rete possano trattenere l’intera cauzione. Nel caso in cui, invece, si proceda con la connessione, anche al fine di favorire un ampio utilizzo del biometano, nel costo della connessione devono essere computati, secondo un approccio di tipo shallow, unicamente i costi specifici necessari per realizzare l'impianto di connessione e che restino esclusi i costi di potenziamento delle reti esistenti. Le ipotesi di determinazione dei contributi di connessione sulla base dei costi standard potrà essere valutata dal Regolatore in futuro, con successivi provvedimenti. L’Autorità, in materia di contributi di connessione, ritiene opportuno adottare una regolazione che disciplini in modo analogo sia quelli per le immissioni nelle reti di trasporto, che quelli per le immissioni nelle reti di distribuzione, prevedendo anche la possibilità di rateizzare i pagamenti per i contributi di connessione per periodi che non superino i venti anni, purché vengano prestate adeguate garanzie da parte dei produttori. Inoltre, alla luce di quanto emerso in sede di consultazione e per favorire il trasporto mediante le reti del gas - più efficiente sul piano energetico rispetto all'utilizzo di carri bombolai - viene stabilita anche una parziale socializzazione dei costi relativi alla realizzazione degli impianti di connessione. La seconda parte dell’allegato A, detta le disposizioni relative alle modalità di misurazione, determinazione e certificazione della quantità di biometano da ammettere agli incentivi ai sensi del decreto 5 dicembre 2013, con il quale è stato assegnato all’Autorità il compito di fissare le modalità per determinare i consumi energetici degli impianti da sottrarre alle quantità di biometano immesso in rete per la determinazione degli incentivi. Lo scopo è di assicurare che il bilancio energetico del processo di produzione e immissione in rete del biometano sia positivo. In primis viene stabilito che, per quanto riguarda la misurazione delle quantità di biometano immesso nella rete del gas naturale - che comprende anche i casi in cui non c'è immissione fisica nelle reti del gas - sia opportuno prevedere la stessa ripartizione delle responsabilità prevista in relazione ai sistemi di misura relativi all'immissione fisica nelle reti. In ogni caso, il soggetto responsabile del servizio di misura deve trasmettere i dati di misura al Gestore dei Servizi Energetici (GSE) – a cui viene attribuita l'attività di certificazione e misurazione della quantità di biometano incentivabile - che li utilizzerà contestualmente alle informazioni fornite nella richiesta di qualifica degli impianti, contenute nei contratti bilaterali di fornitura, ove stipulati, e, in generale, ad ogni ulteriore informazione necessaria per la corretta erogazione degli incentivi. A completamento di quanto stabilito per il settore del biometano, nello scorso anno, l’Autorità ha anche approvato, con le delibere 208 e 210/2015 le modalità di copertura tariffaria e le prime direttive in tema di processi di mercato relativi all'immissione di biometano nelle reti di trasporto o distribuzione del gas.


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Le norme che stanno per arrivare Cristiano Fiameni - Direttore Tecnico CIG Il CIG (Comitato Italiano Gas) è un ente federato UNI, la cui attività di normazione è un’attività delegata da UNI che il CIG conduce in conformità ai propri dettami istituzionali. È esplicitata nel settore dei gas combustibili ed è fortemente connotata in funzione della sicurezza. “Fare Norme” significa definire come fare bene le cose garantendo sicurezza, qualità, rispetto per l’ambiente e prestazioni certe in tutti i settori industriali, commerciali e del terziario. Le Norme sono quindi il supporto necessario alla Certificazione ed il riferimento obbligatorio per la Regolazione nei settori da essa interessati. Le norme tecniche nazionali elaborate dal CIG sono spesso attuative di disposizioni legislative (per esempio la legge n. 1083/71), di deliberazioni dell’AEEGSI, nonché citate in atti amministrativi minori. Gli esperti del CIG oltre ad elaborare le norme nazionali (pubblicate da UNI), partecipano alle attività del CEN e dell’ISO. Qualche numero: le commissioni tecniche attualmente operanti in ambito CIG sono 16 organizzate in 44 Gruppi di lavoro; le riunioni tenute sono 205 (dati aggiornati al 2014) con un numero di 1298 esperti attualmente partecipanti. La CTC CIG (Commissione Tecnica di Coordinamento) è l’organo sociale del CIG che sovrintende all’attività di normazione del Comitato. La CTC ha Approvato nel corso della riunione plenaria del 18 novembre 2015 il programma dei lavori 2016, comunicato a UNI e inserito sul sito del CIG. Di seguito una sintesi delle principali attività delle Commissioni tecniche CIG, suddivise per settori:

noscenza, abilità e competenza del personale della distribuzione addetto alla sorveglianza e il relativo documento applicativo (LG CIG 14) • Sarà disponibile a breve il Rapporto tecnico UNI/TR sulle modalità di monitoraggio delle reti di distribuzione del gas in bassa pressione, mentre è in fase avanzata di elaborazione la revisione della UNI 11323 sulla verifica della pressione di fornitura; • È in programma la Revisione di documenti pre-normativi quali “LG7 Classificazione delle dispersioni di gas” e “LG15 Gestione incidenti da gas combustibile, in coerenza alle prescrizioni della delibera 574/2013/R/GAS”.

Qualità del gas

GPL

Dopo l’approvazione a livello CEN della EN 16726 (qualità del gas gruppo H), stanno procedendo i lavori sul biometano. A livello europeo è in fase finale di elaborazione il progetto FprEN 16723-1 “Specifications for biomethane for injection in the natural gas network” mentre a livello italiano sarà inviato in inchiesta pubblica la revisione del rapporto tecnico UNI/TR 11537 Immissione di biometano nelle reti di trasporto e distribuzione di gas naturale.

È in corso di elaborazione una norma tecnica su un sistema automatico atto ad impedire, presso le stazioni stradali non presidiate da personale addetto, il rifornimento di carburante in fai-da-te di contenitori GPL che non fanno parte di impianti di alimentazione per uso autotrazione.

Odorizzazione del gas È in fase di valutazione l’aggiornamento di una parte della UNI 7133 “Odorizzazione di gas per uso domestico e similare” per inserimento di prescrizioni relative al biometano.

Trasporto e distribuzione del gas • Revisione UNI 9167 “Impianti di ricezione, prima riduzione e misura del gas naturale - Progettazione, costruzione e collaudo” e stesura nuova UNI 9571-2 “Impianti di ricezione, prima riduzione e misura del gas naturale - Parte 2: Attività di sorveglianza sugli aspetti metrologici delle apparecchiature di misura della quantità del gas” • È in fase di pubblicazione la Norma sui requisiti di co-

Telelettura e misura • Ampliamento attività telelettura con la redazione di una specifica tecnica per gli apparati di Misura allacciati direttamente alla rete di trasporto • È in fase di pubblicazione la Norma nazionale sui Contatori di gas con elemento di misura massico-termico a circuito capillare: si tratta di un progetto importante (il primo di questo genere in Europa) che sarà portato all’attenzione dei comitati tecnici europei • Proseguimento attività relativa alla definizione delle modalità operative per le verifiche metrologiche periodiche e casuali (serie UNI 11600).

GNL Monitoraggio globale delle attività a livello CEN e ISO anche in funzione del Piano del Governo.

Post contatore Dopo la pubblicazione della serie UNI 7129 e della norma UNI 7128 (dicembre 2015) si sta procedendo alla revisione delle norme di verifica a partire dalla UNI 10845 (sistemi di evacuazione) e all’aggiornamento della UNI 8723 (ospitalità professionale). L’autore Cristiano Fiameni cristiano.fiameni@cig.it Ingegnere civile, laureato presso il Politecnico di Milano, ha lavorato come ricercatore presso l’ITC-CNR e funzionario tecnico presso l’Ente Nazionale di Normazione (UNI). Attualmente è Direttore Tecnico CIG (Comitato Italiano Gas) – Ente federato all’UNI, delegato all’elaborazione della normativa tecnica per il settore dei gas combustibili

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Potenziamento del gas a Loano La città di Loano (SV) è stata al centro del potenziamento di un tratto di rete gas in bassa pressione, localizzato in corso Europa e commissionato da 2iRete Gas. Il progetto prevedeva, secondo una logica di impianto, la predisposizione di una condotta in media pressione da rete esistente, mediante inserimento di tee di rete di pari diametro rispetto a quella presente. Nel tratto interessato al potenziamento, la costruzione di una nuova cabina di riduzione dedicata ha consentito la gestione della pressione di alimentazione dell’impianto, da un regime di media pressione a uno di bassa. I lavori sono stati eseguiti dalla FALF S.r.l. di Levaldigi di Savigliano (CN) che ha realizzato gli impianti: al signor Enzo Fea, titolare della ditta, abbiamo chiesto quali sono state le difficoltà riscontrate. “Le problematiche sono state essenzialmente due. La prima riguardava l’ubicazione: lavori di questo genere, eseguiti nel concentrico urbano, comportano una gestione

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della viabilità spesso critica, che si traduce in disagi per il traffico e per i residenti in loco. In questo caso lo spirito collaborativo e la sinergia con gli enti locali sono stati determinanti. L’altro problema ha riguardato le reti tecnologiche esistenti, che condizionano molto i lavori, soprattutto per quanto riguarda le separazioni da osservare secondo la normativa vigente. A maggior ragione se le condotte di nuova posa hanno diametri rilevanti”. Due elementi imprescindibili nell’esecuzione dei lavori: velocità e sicurezza. “Caratteristiche garantite - continua Enzo Fea - dal sistema Ravetti® e dalla professionalità del suo personale, coadiuvata dall’esperienza FALF. Le operazioni di collegamento effettuate con questo sistema hanno garantito la mancata fuoriuscita di gas. Macchinari all’avanguardia, professionalità ed esperienza hanno permesso il completamento di un lavoro complesso, riducendolo ad un intervento di routine con standard di professionalità e sicurezza di alto livello”.


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L’uso delle tecnologie trenchless nel ripristino funzionale di tubazioni gas Franco Scarabelli - Direttore tecnico In.Te.Co. S.r.l.

Alcune aziende italiane, che gestiscono la distribuzione di gas naturale, si trovano nella necessità di ripristinare la tenuta dei vecchi tubi in ghisa grigia con giunti sigillati a canapa e piombo (direttiva AEEG 120/08) o di intervenire per la messa in sicurezza di tubi in acciaio che, dopo decenni dalla loro posa, sono in servizio nei centri storici di grandi città e ubicati in strade e marciapiedi con pavimentazioni di pregio o in situazioni di vicinanza con altri sottoservizi. In alternativa agli onerosi lavori di scavo per la posa di nuove condotte, queste aziende possono usufruire delle tecnologie trenchless di tipo C.I.P.P. che, utilizzando idonei tubolari di ultima generazione e adeguatamente certificati, consentono di rendere ermetiche e nuovamente utilizzabili le tubazioni esistenti, senza rimuoverle dalla loro posizione, con minimo disturbo per gli utenti. Questi tubolari per relining, costruiti da primarie industrie specializzate tedesche o svizzere, sono utilizzabili su condotte per il trasporto di gas dalla 4a alla 7a specie e, nella maggior parte dei casi, si distinguono per la possibilità di essere installate con tecnologie di posa non distruttive, completamente a freddo. I tubolari da impiegare per condotte di distribuzione di 7a specie, sono normalmente costruiti in pezzo unico, senza cuciture (in modo da poter garantire una perfetta tenuta alla pressione di esercizio del vecchio tubo) e sono dotati di certificazioni d’idoneità europee per il trasporto di gas naturale. Dopo aver pulito e asciugato in modo accurato la vecchia condotta, messa momentaneamente fuori servizio, il liner tubolare viene impregnato con uno speciale collante poli-fasico, che non necessita di alcun tipo di innesco esterno (calore o altro) per attivare la sua azione di perfetta adesione e incollaggio alle pareti della condotta esistente. Il liner viene poi inserito nel vecchio tubo tramite una speciale camera di lancio a bassa pressione, massimo 0,5 bar, per lunghezze fino a 200 metri in unica soluzione. Gli inserimenti sono eseguiti preferibilmente in ore notturne e il liner, impregnato e tenuto a una pressione di 0,5 bar tramite speciali valvole di chiusura, viene lasciato agire per 24 ore senza nessuna necessità di intervento. Questo tempo viene utilizzato per un primo collaudo di verifica dell’integrità del tubo. Immediatamente dopo il collaudo definitivo, effettuato secondo le modalità previste

dalle norme in vigore, vengono ricollegate le utenze sui fori riaperti nel liner indurito ed incollato al tubo ospite. Sulle condotte di 4a specie, generalmente in acciaio, dopo un’energica azione di scovolatura a secco per rimuovere eventuali sedimenti presenti nel vecchio tubo, i liner - costruiti con idonee fibre pluri-strato, accoppiate ad uno strato interno di materiale certificato per il contatto con il gas - possono essere impregnati ed inseriti mediante tecnica di inversione ad aria da tamburo a media pressione, massimo 1 bar, direttamente in cantiere. In questi casi si possono eseguire interventi di lunghezza fino a 250 metri in unica soluzione, in tempi veramente brevi (solitamente una notte e un giorno). Questi prodotti e queste tecnologie applicative, che non richiedono attrezzature per il riscaldamento e la catalisi delle resine impregnanti il tubolare - sempre rumorose ed inquinanti - consentono di operare in contesti particolarmente sensibili, centri storici, strade sulle quali si affacciano e lavorano molti esercizi commerciali, edifici pubblici, scuole ecc., in tempi rapidi e con il minimo disturbo per la cittadinanza e gli utenti. Nonostante questi materiali e tecnologie siano presenti e usati sul mercato mondiale da molti anni, il loro uso in Italia è ancora limitato ad alcune grandi aziende che operano nelle città nel nord (Milano, Genova, Brescia, Mantova) e poche altre. Non resta che auspicare la diffusione delle tecnologie trenchless in modo capillare anche nel nostro Paese per contribuire alla soluzione dei problemi di tenuta delle vecchie tubazioni per il trasporto del gas.

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Un partner autorevole e affidabile

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Il depuratore di Milano-Nosedo è uno dei più grandi d’Europa. Fra le imprese che costituiscono il raggruppamento concessionario vi sono Veolia mandataria, Indo Suez Environment, Passavant Impianti Italia, Unieco, Bonatti e Itinera: questo pool ha selezionato l’azienda Caprari per i pompaggi nelle varie fasi di trattamento. Il coinvolgimento di Caprari comprende la fornitura e la manutenzione di elettropompe sommergibili, scelte in funzione delle caratteristiche tecniche richieste e distribuite in tutte le fasi di trattamento. Oltre alle elettropompe sommerse da pozzo e all’elettropompe orizzontali, Caprari ha fornito le macchine sommergibili che sono sulla linea di processo, garantendo il loro funzionamento 24 ore su 24. Insieme alla fornitura, l’accordo contempla un contratto di full service che prevede la manutenzione ordinaria e straordinaria, con ricambi e rinnovi per l’intera durata della concessione, dal 2003 al 2015, successivamente estesa al 2019. Il depuratore di Milano-Nosedo si estende su un’area di 40.000 m2 ed ha una capacità di trattamento dei liquami pari a 432.000 m3/giorno, equivalente a circa 18.000 m3/ora in condizioni di tempo secco e a circa 54.000 m3/ora in condizioni di pioggia. L’impianto rappresenta la fase conclusiva di una complessa struttura di raccolta delle acque reflue provenienti dalla zona centro-orientale della città di Milano e ha una capacità di trattamento pari a 1.250.000 abitanti equivalenti. L’impianto prevede tre tipi di trattamento dei flussi di liquami: il pretrattamento, con due fasi di grigliatura seguite da dissabbiatura e disoleatura; il trattamento biologico, ovvero denitrificazione e ossidazione-nitrificazione seguite dalla decantazione; il trattamento terziario e di disinfezione che prevede una filtrazione su letto filtrante in sabbia delle acque provenienti dalla decantazione finale. Dopo quasi 14 anni è possibile fare un resoconto su come le elettropompe e l’assistenza full service di Caprari abbiano funzionato, grazie alla testimonianza

dell’ing. Roberto Mazzini, Presidente di MilanoDepur S.p.A., la società avente come Azionariato il raggruppamento concessionario. L’ing. Mazzini premette che, per poter ben comprendere l’importanza del ruolo svolto dai fornitori in questa concessione, è necessario evidenziare le obbligazioni richieste dal Comune di Milano nella Concessione e l’attenzione posta dalle banche finanziatrici, prima di decidere il finanziamento del progetto. Le obbligazioni contenute nella concessione del depuratore sono: • costruzione in tempi e costi certi • superare i collaudi funzionali e di performance • attivare il servizio di depurazione nel rispetto dei dati progettuali e nel rispetto di tutte le obbligazioni contenute nella concessione • tassativo l’obbligo della continuità del servizio reso, per non rischiare le pesanti penalità o incorrere in danni ambientali • pagamento semestrale posticipato a fronte del servizio di depurazione. • restituzione dell’impianto in perfette condizioni di funzionamento al termine della concessione quando lo stesso torna in proprietà all’ente concedente Comune di Milano, previo un contradditorio della durata di sei mesi. Oltre ai controlli istituzionali (Direzione Lavori, Collaudatori e Responsabile del procedimento), le banche hanno incaricato una società d’ingegneria di loro fiducia per le verifiche sia in fase di costruzione sia di gestione. “Possiamo definire l’azienda Caprari - afferma Roberto Mazzini - non solo un fornitore, ma un partner autorevole e affidabile, con un orientamento innovativo finalizzato ad attuare un continuo miglioramento del binomio prodotti e servizio, che ha sempre mantenuto alta l’attenzione verso di noi e le nostre esigenze nel rispetto delle proprie obbligazioni contrattuali”.



PUBBLIREDAZIONALE

LOWARA GRUPPO XYLEM

Al MCE 2016 nuovi prodotti per diverse applicazioni

Hydrovar

Gruppo antincendio Lowara

Xylem presenterà numerose soluzioni ad alta efficienza energetica per applicazioni residenziali e commerciali in occasione della Mostra Convegno Expocomfort 2016, dal 15 al 18 marzo a Milano. Tra le molte novità, la nuova generazione di Hydrovar, il sistema di controllo intelligente per pompe, e il nuovo “Smart Pump” range Lowara, una gamma di pompe equipaggiate con motori ad alta efficienza e un variatore di velocità integrato che può essere utilizzato in combinazione con quasi tutte le pompe Lowara. Tutti i prodotti esposti a MCE 2016 sono conformi alle più recenti regolamentazioni europee nel campo dell’efficienza, superandole in molti casi. Peter Agneborn, Global Business Unit Director, HVAC & Commercial Building Services, Xylem, sottolinea come: “La legislazione europea, unitamente alla crescente richiesta da parte del mercato di prodotti innovativi, versatili e affidabili, stanno portando il settore verso soluzioni complete che riducano il consumo energetico. Xylem non è solo pronta a soddisfare questi nuovi bisogni, ma sta guidando il cambiamento tramite design innovativi, miglioramenti continui e offerte formative rivolte ai propri dipendenti e a tutti gli attori del mercato.” La quarantesima edizione di MCE rappresenterà il palcoscenico globale per 10 lanci prodotto da parte di Xylem. Nel Padiglione 14, Stand E83-G82 i prodotti verranno esposti in sei diverse isole tematiche: approvvigionamento idrico; HVAC – edilizia residenziale e commerciale; Commercial Building Services; motori e azionamenti a velocità variabile; pompe sommerse e gruppi di pressione. Xylem presenterà anche il nuovo Xylem Learning Center (XLC) situato a Montecchio Maggiore, in provincia di Vicenza. Il nuovo Centro di formazione dispone di innovativi impianti dimostrativi di pompe e sistemi di controllo: i partecipanti possono concretamente installare e risolvere problemi legati a varie pompe e sistemi di controllo in installazioni che riproducono fedelmente quelle reali. La struttura è equipaggiata con attrezzature audio/video all’avanguardia, per mettere a disposizione dei partecipanti le più recenti tecnologie di apprendimento in aule che possono ospitare fino a 70 partecipanti. Il Centro offre numerosi corsi, tra cui Industria Alimentare e Bevande, HVAC, Sistemi Idrici, Sistemi di Automazione e Controllo, Acque Reflue e Applicazioni per Edilizia Residenziale/Commerciale/ Industriale.

GRUPPO ZENIT

Massima efficienza energetica ed idraulica alle Smart City del futuro

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Oggi le pompe idrauliche consumano il 10% dell'energia elettrica prodotta nel mondo e due terzi delle pompe sprecano il 60% di elettricità, a causa della loro bassa efficienza. Nel 2011, con la prima Direttiva ErP, si introduce la classe di efficienza energetica IE1 per le pompe sommerse. Partendo da questi dati, il Gruppo Zenit ha creato UNIQA®, la gamma di elettropompe sommergibili che racchiude in sé efficienza energetica e idrauliche ad alto rendimento inintasabili, che riescono a ridurre i costi energetici fino al 30%. I motori da 4 a 355 kW soddisfano i criteri di alta efficienza e possono lavorare in servizio continuo S1 nel rispetto della classe NEMA A. Il sistema di raffreddamento brevettato “a ricircolo interno” consente di mantenerne la temperatura entro valori minimi. Due tenute meccaniche e un V-ring, contenuti in una camera stagna ad eco-olio, assicurano un funzionamento continuo e regolare anche in presenza di liquidi carichi. Le componenti idrauliche sono progettate per ottenere efficienza e prestazioni, garantendo allo stesso tempo ampi passaggi liberi. Sono disponibili due tipologie di girante: vortex e canali ad alto rendimento. Sui modelli con idraulica a canali è presente il sistema di regolazione assiale per ripristinare il rasamento della girante e mantenerne inalterate le prestazioni nel tempo. Il sistema ACS (Anti-Clogging System) impedisce il bloccaggio della girante, anche in presenza di liquidi fortemente carichi. L’affidabilità, punto cruciale per i professionisti degli impianti, è il punto di forza di UNIQA®. L’alta efficienza ed idrauliche performanti sono affiancate a un’attenta ingegnerizzazione, componenti di qualità e un sistema di monitoraggio interno attraverso sonde che consentono ad UNIQA® di ridurre drasticamente i noti e dispendiosi problemi di fermo impianto per manutenzione.


Xylem: captazione, trattamento e trasporto delle acque potabili. Siamo in grado di offrirvi soluzioni e tecnologie complete per la movimentazione e trattamento delle acque potabili. Pompe sommerse Lowara da pozzo per la captazione delle acque sotterranee, prelievo di acque di superficie con pompe Flygt, gruppi di pressione per acquedotti e per la distribuzione fino alla singola abitazione. Filtri a sabbia e a carboni attivi Leopold, ossidazione dei componenti organici ed inorganici con ozono e l’eliminazione di virus e batteri con la disinfezione a raggi UV Wedeco. Un unico interlocutore per tutto il ciclo integrato delle acque: Xylem.

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Sicurezza nelle attività di raccolta e trattamento dei reflui Adriano Paolo Bacchetta

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Le attività legate ai sistemi di raccolta e trattamento dei reflui civili, industriali o misti, sono a elevato rischio. Per le reti fognarie era già stata evidenziata tale condizione (SAR 1 2015 pagg. 87-89) rilevando come, per ridurre il ripetersi d’incidenti (che rientrano nel D.P.R. 177/2011), sia fondamentale poter definire strumenti concettuali e operativi adeguati. Ricordiamo due incidenti: uno presente nella banca dati INFOR.MO di INAIL (scheda 2259) e uno occorso in Irlanda (Drumnigh Woods Estate in Portmarnock, Co Dublin – 10 giugno 2015). Nel primo caso, l’incidente è avvenuto in un impianto di depurazione consortile all’interno di una vasca in muratura profonda circa cinque metri, contenente fanghi biologici e non, con una botola di accesso da 1,20 x 0,80 metri. L’attività al momento dell’incidente, attuata da un’impresa di recupero e smaltimento rifiuti a gestione familiare, era lo spurgo da eseguirsi mediante l’immersione di un tubo flessibile collegato al camion cisterna. Due operai operavano lo spurgo dei fanghi rimasti sul fondo mentre il terzo presidiava il camion aspirante. Durante l’operazione, il tubo ha cominciato a non aspirare più e uno degli operai ha deciso di entrare nella vasca, ripristinando il funzionamento del sistema di aspirazione. Durante la risalita, probabilmente per effetto dell'inalazione di Idrogeno solforato (o Acido solfidrico - H2S), l’operaio ha perso la presa, precipitando nella vasca. L’addetto che presidiava il camion ha deciso d’intervenire calandosi nella vasca ma ha perso conoscenza, precipitando sul fondo. Il lancio dei due salvagente in dotazione all’impianto si è rivelato inutile. Il terzo operaio ha tentato un ingresso in vasca ma, dopo pochi scalini, si è sentito mancare ed è risalito immediatamente. Nell’incidente in Irlanda, le operazioni si svolgevano all’interno di una cameretta fognaria a sei metri sotto il livello stradale. Purtroppo entrambi i lavoratori hanno perso la vita. Uno di loro era il titolare dell’azienda a conduzione familiare, con più di venti anni d’esperienza. Secondo la ricostruzione della polizia irlandese, i due lavoratori stavano eseguendo le attività di manutenzione e pulizia periodica di una pompa immersa per il sollevamento liquami, attività routinaria in programma ogni uno/due anni. Sono rimasti intossicati dalle esalazioni di Idrogeno solforato. In entrambi i casi, oltre all’evidente carenza organizzativa e procedurale e all’assenza di adeguate precauzioni di sicurezza, il denominatore comune è la presenza di un agente chimico pericoloso - Idrogeno solforato – che ha reso l’atmosfera irrespirabile. Il gas origina dal metabolismo di batteri anaerobici solfatoriduttori (Desulovibrio, Desulfubacter e Desulfomonas) presenti nei liquami. L’effetto dei batteri è particolarmente efficace nella melma, dove

occorrono solo poche ore perché esso si sviluppi. Anche la temperatura e il pH ne influenzano la produzione: l’azione dei batteri è in pratica annullata al di sotto di 10°C, mentre aumenta proporzionalmente con la temperatura fino a circa 40°C. Quando il pH è minore di 5 o maggiore di 10, la sua produzione è in pratica annullata. È un gas incolore a temperatura ambiente più pesante dell’aria (densità relativa 1,18) che può danneggiare diversi sistemi del corpo. È considerato infiammabile LEL = 4%; UEL = 44% v/v con un limite di esposizione TLV -TWA di 10 ppm e tossico con un valore di 100 ppm come soglia per diventare immediatamente pericoloso per la vita e la salute (IDLH). Presenta un caratteristico odore di uova marce, avvertibile già a bassissime concentrazioni (soglia di percezione olfattiva 1,4 µg/m3 o 0,0010 ppm – G. Andreottola, V. Riganti, 1997). L’olezzo non aumenta con la concentrazione del gas nell’aria, perché si attenua o sparisce alle alte concentrazioni per esaurimento funzionale dei recettori olfattivi. Questo fenomeno può verificarsi molto rapidamente, o addirittura istantaneamente: l’operatore può non accorgersi dell’incremento della concentrazione di gas, fino al livello che causa incoscienza e asfissia. In caso di svenimento, il rischio è legato anche alla possibilità che l’infortunato possa cadere prono e annegare. Sulla pericolosità dell’Idrogeno solforato e sulla sua possibile formazione/presenza all’interno della rete fognaria, si è detto e scritto molto. Analizzando la successione degli eventi degli ultimi anni, sembra che ancora oggi ci siano lavoratori inconsapevoli di questo pericolo. In tutti i manuali e le istruzioni operative, il rischio associato all’esposizione a Idrogeno solforato è sempre contemplato, affinché sia possibile definire adeguate misure di gestione e controllo del rischio e dei comportamenti individuali. Infatti “L’assetto istituzionale, fondato sull’organizzazione e circolazione delle informazioni, delle linee guida e delle buone pratiche, nasce dalla consapevolezza della necessaria conoscenza d’informazioni e indicatori per definire priorità, per mirare azioni, per valutare risultati, ma anche ai fini generali d’informazione, comunicazione, socializzazione delle conoscenze e educazione alla sicurezza e alla salute” (M.Tiraboschi, L.Fantini - Il Testo Unico della salute e sicurezza sul lavoro dopo il correttivo, D.Lgs. n.106/2009). La raccolta di buone prassi costituisce da diversi anni un elemento centrale delle attività di ricerca e il benchmarking ha messo in luce lo sviluppo di processi differenziati che danno vita a prodotti finali molto vari. Questa criticità nel panorama nazionale ci spinge a proseguire nell’opera di studio ma, soprattutto, a orientarci verso il contesto internazionale dove, da anni, le modalità operative si sono


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ormai consolidate e le Guidelines, best practices o ACOP, si sono ormai evolute e sostanzialmente uniformate. Questi documenti sono elaborati per indirizzare i comportamenti dei vari soggetti, sia pubblici sia privati, nell’applicazione delle misure di salute e sicurezza in particolari settori di attività, per poter realizzare una qualificata opera di prevenzione. Normalmente forniscono informazioni di carattere generale o contestualizzate allo specifico settore, in conformità con la legislazione esistente nel Paese dove sono stati elaborati e diffusi: non possono, né devono, costituire modalità operative direttamente replicabili. Soprattutto devono portare a definire uno schema di analisi tecnico/giuridica approfondita, che ne consenta la contestualizzazione rispetto alla legislazione cogente, attivando quei percorsi di critica costruttiva che, attraverso successivi passaggi di affinamento, permettono di migliorare l’applicazione di una qualsiasi buona pratica. La nostra costante attività di ricerca e applicazione ai più svariati ambiti operativi ci consente di rappresentare un punto di riferimento e svolgere un ruolo attivo nell’opera di disseminazione della cultura della sicurezza per attività con rilevanti componenti di rischio.

Conclusioni I sistemi fognari, che corrono sotto le strade, sono costituiti da molteplici pozzetti e/o camerette interrate collegate tra loro mediante condotte che richiedono manutenzione continua. Ogni giorno, ci sono lavoratori che eseguono interventi d’ispezione e/o manutenzione contemplati tra quelli per i quali è necessario applicare quanto previsto dal D.P.R. 177/2011. La cronaca evidenzia l’estrema pericolosità di queste attività che, oltre ad essere gestite in proprio dalle aziende, sono spesso svolte ricorrendo ad appalti e subappalti a soggetti terzi, talvolta non adeguatamente attrezzati e/o competenti. In generale, la conformazione strutturale di molti luoghi di lavoro (serbatoi con passo d’uomo avente dimensioni limitate, vasche profonde con difficile accesso, ecc.) e la presenza di ulteriori rischi, necessitano l’applicazione di specifiche metodiche di analisi delle singole fasi operative. Queste vanno ben oltre una valutazione dei rischi standardizzata, non contestualizzata ed effettuata da chi è privo di esperienza. L’attività di progettazione degli interventi in ambienti sospetti d’inquinamento o confinati deve essere oggetto di una puntuale analisi eseguita da una persona che abbia un livello di preparazione tale da consentirgli di sviluppare e implementare un adeguato piano operativo di accesso, per definire misure di prevenzione efficaci e garantire le condizioni di sicurezza durante le diverse fasi operative, compresa la delicata fase di gestione delle emergenze. L’autore Adriano Paolo Bacchetta Laureato in Ingegneria Chimica al Politecnico di Milano, ha maturato esperienza operando per importanti aziende multinazionali. Svolge la sua attività di Management Consultant come titolare dello Studio Consulenze Industriali - www. studioconsulenze.org. È Presidente dell’European Interdisciplinary Applied Research Center for Safety - www.eursafe.eu e coordinatore del sito www. spazioconfinato.it.

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L’impianto comunale di Villa d’Adda Ottimizzazione dei costi di gestione delle acque reflue grazie al monitoraggio di reti di drenaggio urbane Ing. Antonio Previtali, Ing. Alessandro Taldone – Addetti alla Modellistica ed Analisi Dati PIDE Ingegneria La presenza nelle reti fognarie di portate non derivanti dai tradizionali scarichi civili, industriali e/o da acque meteoriche, ma provenienti da infiltrazioni e/o apporti superficiali di varia natura, rappresenta un problema che molti gestori del servizio idrico integrato devono affrontare. Dalla presenza di tali acque indesiderate derivano ripercussioni, sia di carattere ambientale (attivazione sfioratori di piena in tempo asciutto), tecnico/gestionale (dimensionamento condotte, eccessiva diluizione dei reflui da depurare), ma soprattutto di carattere economico (costi di sollevamento e trattamento). Grazie alla consolidata esperienza nella rilevazione reti, modellazione idraulica e gestione impianti, PIDE Ingegneria sta imponendosi sul mercato per gli studi nei settori delle acque potabili e reflue. I risultati ottenuti sono stati resi possibili grazie anche alla scelta di utilizzare la strumentazione distribuita dalla società WATEC.IT, in particolare gli strumenti Teledyne Isco dotati di un proprio software per l’elaborazione dei dati. PIDE Ingegneria opera nel settore del monitoraggio delle reti di drenaggio urbano con l’obiettivo di supportare i gestori del S.I.I. nell’individuazione dei tratti di condotte maggiormente soggetti alle infiltrazioni di questo tipo di apporti indesiderati, oltre che nell’implementazione di tutti quegli interventi atti a limitarne la presenza. Nel caso della fognatura del Comune di Villa d’Adda, l’esigenza principale era quella di limitare i volumi in ingresso ad una stazione di sollevamento caratterizzata da un’elevata prevalenza (quasi 100 m) e ridurre gli elevati consumi e relativi costi di acquisto di energia elettrica. L’attività di PIDE Ingegneria è consistita nell’individuazione delle macro-aree scolanti ed afferenti all’impianto di sollevamento e nell’implementazione di una accurata campagna di monitoraggio attraverso l’installazione di 11 misuratori di portata Doppler Area Velocity Teledyne Isco 2150 e di 2 pluviometri. Attraverso la correlazione dei dati di velocità del flusso idrico (ottenuto da impulso ad ultrasuoni), il tirante idraulico (ottenuto da sonda di pressione) e del diametro delle condotta, i misuratori installati hanno permesso di ricostruire l’andamento nel tempo delle portate nei diversi punti monitorati (tecnologia Area Velocity). L’installazione dei diversi strumenti, tutti sincronizzati tra loro, ha permesso di valutare con precisione sia la direzione dei flussi sia di definire i bilanci idrici nelle varie tratte di condotta esaminati. La successiva fase di analisi dei dati è avvenuta attraverso la valutazione delle portate in tempo asciutto e delle portate in tempo di pioggia. L’analisi di tali portate è avvenuta mediante il confronto tra quelle registrate dagli strumenti e quelle teoriche attese alla sezione di chiusura per ogni macrobacino (in funzione del numero degli abitanti, della dotazione idrica, dei coefficienti correttivi stagionali e dei dati di pioggia). L’analisi degli scostamenti dei dati riscontrati in tempo asciutto e durante le ore di consumo minimo notturno ha fornito preziose indicazioni sulla presenza e sulle entità sulle portate parassite. Nel periodo monitorato, i risultati finali hanno riscontrato la presenza di portate complessive in eccesso rispetto a quelle attese, quantificabili in circa 25 l/s. Le maggiori portate determinano costi energetici della stazione di pompaggio stimati in circa 35.000 €/anno. Lo studio ha permesso di localizzare la presenza di circa 18 l/s di portate parassite (oltre il 70% del totale) su circa 12,5 Km di rete (circa il 30% dell’estensione della rete analizzata). Tale risultato consentirà al gestore di ottimizzare la successiva fase di ricerca puntuale attraverso misure spot e/o video-ispezioni mirate con telecamera e/o altre idonee strumentazioni. I dati rilevati nel corso della campagna consentiranno di realizzare una modellazione idraulica della rete ed eseguirne la taratura.

Installazione di misuratore di portata Doppler Area Velocity Teledyne Isco 2150

! Esempio dei dati registrati, dove sono raffigurati: portata, tirante idrico e scatterogramma per la validazione dei dati

!

Valori di portata rilevati in tempo asciutto presso uno dei macro-bacini. In relazione all’esigua portata attesa (pari a circa 3 l/s) è evidente l’elevato valore, sia delle portate medie giornaliere che minime notturne. La presenza di acque parassite è confermata dall’andamento decrescente delle portate

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SOCIETÀ DEL GRES

Resistenti, sostenibili, per il futuro Le tubazioni in gres ceramico vengono prodotte con materie naturali: argilla, chamotte, acqua, utilizzando moderne tecnologie per garantire sicurezza, affidabilità ed economicità nella costruzione delle reti per lo smaltimento delle acque reflue. Dall’estrazione dell’argilla, alla lavorazione in stabilimenti ad alta tecnologia, le soluzioni aziendali di sistema soddisfano i più severi criteri di sostenibilità ambientale e durata nel tempo per garantire un ciclo di vita ultracentenario. Grazie alla ricerca e al costante sviluppo, le caratteristiche delle tubazioni in gres sono profondamente migliorate nel tempo.

Prestazioni

Oggi la resistenza meccanica dei tubi è aumentata: la resistenza della classe extra è confrontabile se non superiore alle tubazioni in calcestruzzo armato. La lunghezza dei tubi (2,5 m) è ideale per lavorare in sicurezza in presenza di sistemi di protezione dello scavo. Lo spessore delle pareti e le caratteristiche proprie del gres permettono la pulizia delle condotte con canal jet a pressioni elevatissime (fino a 280 bar).

Durata

L’aggiornamento della norma europea EN295/13, nell’appendice B Economia e Sostenibilità, afferma: “la lunga esperienza con i tubi e gli elementi complementari di gres per gli impianti di raccolta e smaltimento di acque reflue che soddisfano i requisiti della serie di norme EN295 dimostra che la normale vita di impiego è di almeno 100 anni. Questa longevità è dovuta alle caratteristiche mineralogiche del gres che non variano con la fabbricazione. Di conseguenza la resistenza rimane costante e fornisce durabilità.” Quanto riportato nella norma è confermato dallo studio del Centro Ceramico di Bologna.

Caratteristiche ambientali Comprendono: • basso consumo di energia per la produzione • attenzione all’impatto ambientale • protezione del terreno e delle falde acquifere durante l’esercizio • lunga vita utile • totale possibilità di riciclaggio L’attenzione alla qualità, al rispetto per l’ambiente e le persone che lavorano nelle 3 unità produttive aziendali, ha permesso non solo di accogliere pienamente le richieste di carattere ambientale formulate dalla norma, ma di superarle concretizzando il concetto “Cradle to Cradle - C2C” (dalla culla alla culla). C2C è una certificazione di carattere ambientale che si ispira ad un nuovo concetto di sostenibilità: essa si pone come obiettivo oltre al basso impatto energetico nella costruzione dei prodotti e la riduzione delle emissioni di CO2, anche la completa riciclabilità dello stesso. L’elevato livello di sostenibilità ambientale di tutti i prodotti in gres della Società del Gres è quindi certificato. Le caratteristiche descritte consentono all’azienda di proporre il sistema gres come un punto di riferimento certo e affidabile per tutti gli operatori di settore.

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SERVIZI A RETE GENNAIO-FEBBRAIO 2016

Telegestione reti idriche e depurazione Acqualatina ha approntato un sistema per controllare gli impianti, programmare la manutenzione, ridurre i costi e i tempi di gestione !

La società Acqualatina S.p.A. è stata creata nel 2003 per assicurare la gestione delle reti idriche di acqua potabile e acque reflue dell’ATO 4. Si tratta di una società privata, partecipata al 51% dai Comuni e al 49% da Veolia, che gestisce 38 Comuni della regione Lazio e serve 250.000 utenze. La rete comprende più di 2500 km di condotte e circa 900 installazioni idrauliche (stazioni di pompaggio, serbatoi, siti di depurazione, stazioni di sollevamento liquami). In ragione dei suoi 200 km di costa e delle numerose stazioni balneari, il territorio gestito da Acqualatina è suscettibile di importanti variazioni di densità di popolazione fra l’inverno e l’estate (alcune zone vedono decuplicarsi la loro popolazione) e condizionato da rilevanti esigenze di tutela dell’ambiente (assegnazione delle “Bandiere Blu” per i Comuni del litorale).

La necessità della telegestione Tenuto conto dell’estensione della rete idrica, del numero di Comuni gestiti e delle oscillazioni della densità di popolazione, Acqualatina ha avvertito la necessità di approntare un sistema di telegestione, tenendo conto dei principali obiettivi:

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• riduzione dei tempi di intervento in caso di guasto, con conseguente miglioramento del servizio e maggiore salvaguardia degli impianti • gestione ottimale degli impianti finalizzata al miglioramento del servizio

• controllo della funzionalità della strumentazione nei vari impianti • programmazione della manutenzione in funzione delle durate e delle condizioni di funzionamento effettive dei vari organi • riduzione dei costi di gestione • raccolta di dati statistici • monitoraggio dei parametri di qualità dei processi gestiti.

Le installazioni Il sistema di telecontrollo conta circa 360 stazioni di telegestione Sofrel S500 installate sui diversi siti della rete di acqua potabile (pozzi, serbatoi, stazioni di pompaggio, trattamento acqua potabile) e della rete di depurazione (stazioni di sollevamento acque reflue, stazioni di depurazione). I dati controllati e gestiti attraverso le stazioni Sofrel S550 vengono trasmessi attraverso connessioni GSM/GPRS oppure via radio Ethernet al supervisore Lerne attraverso i due front end di comunicazione, composti da due apparati FR1000 dedicati (installati all’ interno degli uffici di Acqualatina). In totale si tratta di più di 18.000 informazioni (misure di livello, pressione, portata, marcia delle pompe, comando di paratoie, conteggio dei tempi di funzionamento) monitorate 24h su 24 ed archiviate quotidianamente. In caso di rilevamento d’allarme, i messaggi vocali vengono direttamente inviati al personale reperibile. In funzione


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della gravità, alcuni allarmi sono trasmessi 24h su 24, altri a partire dalle 7 del mattino.

I risultati Il sistema di telegestione realizzato ha permesso di: • assicurare l’approvvigionamento idrico e rilanciare in tempo reale gli allarmi in caso di anomalie sulla rete • ottimizzare il funzionamento delle reti gestite grazie alla conoscenza precisa e costante dei livelli, delle portate e delle pressioni • razionalizzare la gestione delle risorse umane limitando i turni del personale addetto al controllo • ridurre il consumo di energia, regolando i tempi di funzionamento delle pompe in funzione delle reali necessità • ridurre i costi di gestione, limitando gli spostamenti del personale addetto alla manutenzione • assicurare il controllo permanente delle emissioni nell’ambiente e salvaguardare la qualità delle acque del litorale • disporre di un database contenente l’archivio storico del funzionamento della rete idrica, che permetta di prevedere la domanda e, in base ad essa, regolare gli impianti e le apparecchiature idrauliche • facilitare la manutenzione grazie al monitoraggio costante degli impianti.

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SERVIZI A RETE GENNAIO-FEBBRAIO 2016

Linee Guida Nazionali per la pulizia di scarichi e collettori di fognature Associazione Nazionale manutenzione e spurgo delle reti fognarie e idriche

Aldo Coccolo - Associazione Nazionale ASPI Le Linee Guida Nazionali ASPI per la Pulizia di Scarichi e Collettori di Fognature (in seguito definite LGN ASPI PSCF) sono proposte dall’Associazione Nazionale ASPI per l’efficace gestione e controllo delle operazioni di pulizia di scarichi e collettori di fognature, sia pubbliche che private, nonché per regolamentarne tecnicamente i servizi, con riferimento alle norme del Ministero dei Trasporti e del Ministero dell’Ambiente e Tutela del Territorio e del Mare, delle norme tecniche UNI - EN, delle regole della buona tecnica. Lo scopo delle LGN ASPI PSCF è di fornire: • alle imprese le regole per programmare, organizzare, avviare, gestire e controllare le operazioni di pulizia di scarichi e collettori di fognature di qualsiasi tipologia, sia pubbliche che asservite ad edifici privati, con mezzi in disponibilità dell’impresa, di proprietà o noleggiati, su tutto il territorio nazionale, per PP.AA., Gestori e soggetti privati • agli operatori uno strumento da consultare per conoscere e rileggere le regole di buon comportamento e le norme che disciplinano la materia, alle quali devono sempre attenersi • a tutti un riferimento unico sul territorio nazionale per le attività del settore nel rispetto delle norme, da cui partire per diffondere specifici standard di qualità dei servizi e sicurezza nelle operazioni. Le LGN ASPI PSCF fanno riferimento alle norme tecniche EN 14654, tradotte liberamente in lingua italiana ed in parte commentate, per dare un utile indirizzo alle imprese del settore rappresentato dall’associazione ASPI e per contribuire al bene della collettività. Il testo ufficiale delle EN 14654 può essere acquistato presso i distributori autorizzati nella forma integrale. Esse sono le norme tecniche per gestione e controllo delle operazioni di pulizia scarichi e collettori di fognature, che rientrano nella buona gestione generale del sistema fognario; inoltre definiscono il complesso degli impianti fognari, i vari elementi che li costituiscono, le loro funzioni, i possibili contenuti. Le LGN ASPI PSCF e le EN 14654 indicano ai Gestori come inquadrare lo scopo delle operazioni di pulizia, quali siano gli strumenti per avere sempre presente il risultato finale delle medesime operazioni, come controllare l’efficacia dei relativi investimenti per garantire la diligente conservazione e le buone prestazioni degli impianti per scarichi e fognatu-

re, quindi come assolvere agli obblighi stabiliti dall’articolo 151 del D.Lgs. 152/2006 e s.m.i. (TUA), anche con riferimento alle EN 752. Tra i compiti del Gestore c’è quello di stabilire le strategie per raggiungere i fini che le norme gli impongono: egli definisce, tecnicamente ed in modo particolareggiato, le operazioni di pulizia e gli indicatori con cui controllare la qualità dei risultati. Per poter programmare le operazioni di pulizia, con i relativi investimenti, il Gestore deve conoscere nel dettaglio il sistema di scarico e fognario, deve conoscerne lo stato di conservazione e quindi le condizioni di efficienza idraulica che, con altri fattori pertinenti, gli consentono di definire le frequenze e le modalità di pulizia necessarie (EN 752 – 7). In mancanza di dati e conoscenze su scarichi e fognature (e parti di esse), il Gestore deve attuare interventi (pulizia – indagini – mappatura – videoispezione) per acquisirli tramite le relazioni (agli atti) che forniscano le classificazioni del loro stato, informazioni per gli interventi necessari, indicazioni su difficoltà ed anomalie esistenti, con lo scopo di correggere ed eliminare le deficienze e le inefficienze di pregresse gestioni, affinché da esse non derivino danni alla collettività ed all’ambiente. La gestione ed il controllo delle operazioni di pulizia dei sistemi di scarico e di fognatura devono fare sempre riferimento a requisiti e modalità fissati per l’esecuzione dei programmi di pulizia e delle attività lavorative. Si fa riferimento in particolare ai sistemi di scarico e fognatura all’esterno dei volumi degli insediamenti abitativi di qualsiasi tipologia, al sistema di scolo e convogliamento delle acque di gronda dei tetti, alle condotte di raccolta delle caditoie stradali, sino al punto in cui gli scarichi si immettono in impianti per la depurazione o in corsi d’acqua recettori.

L’Associazione Nazionale ASPI ha pubblicato anche l’edizione completa delle Linee Guida Nazionali per la gestione e pulizia dei Bagni Mobili (LGN ASPI BMO) con riferimento alle UNI EN 16194, che si aggiungono alle Linee Guida Nazionali per la videoispezione e codifica condizioni reti fognarie (LGN ASPI CCTV), pubblicate negli anni scorsi, con riferimento alle UNI EN 13508. Per ulteriori informazioni: info@associazioneaspi.it

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