Servizi a Rete 2 Marzo - Aprile 2016

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numero 2 • marzo-aprile 2016

S L’intervista del mese

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SERVIZI A RETE MARZO-APRILE 2016

Quando si dice smart

Massimo Cialente – Sindaco dell’Aquila

Il fine di un’amministrazione che intende portare la propria città ad un livello europeo, cioè quelle che da tempo vengono definite città smart, è pensare soprattutto al futuro. Questo non solo in termini di sostenibilità e resa degli investimenti dal punto di vista sociale, ma soprattutto ponendo le basi su un’infrastruttura in grado di accogliere e sostenere quelle che saranno le necessità di domani. Questo è quello che ci siamo domandati quando a L’Aquila abbiamo pensato al progetto per la ricostruzione dei nostri sottoservizi. In effetti, ci siamo chiesti, che senso avrebbe investire tanti miliardi senza andare verso un progetto innovativo per trasformare una città d’arte in un meccanismo perfetto in grado di affrontare il terzo millennio? Questo è smart! Cioè vedere un futuro che ancora non si vede, mettersi nella possibilità di rispondere ad esigenze future che ancora non ci sono e che, da qui a poco, - la tecnologia galoppa - emergeranno determinando la differenza tra coloro che vivranno, lavoreranno e si confronteranno alla pari tra le città del futuro e coloro che invece rimarranno “fuori dai giochi”. La nostra meravigliosa e antica città, grazie non solo al cunicolo tecnologico, ma soprattutto alla scelta che

abbiamo fatto, sarà una città smart alla pari delle grandi città del nord come Copenaghen – Parigi – Vienna – Oslo. L’Aquila, al centro del nostro “Paese meraviglioso” come si legge spesso sui cartelloni in autostrada, coniugherà il futuro ed il passato in un’armonia perfetta voluta e pensata in modo smart. Solo 30 anni fa chi avrebbe potuto immaginare che la fibra ottica avrebbe rappresentato il passo con cui confrontarsi con lo sviluppo dell’Europa? Chi a fine ‘800 poteva immaginare gli apparecchi telefonici così utili? Anche se non sappiamo cosa ci aspetta nel futuro, occorre prepararsi. Ecco, L’Aquila si sta preparando per avere tutte le infrastrutture e le possibilità per essere una città che si affaccia al Mondo non solo come una città turistica, ma anche come città moderna, in grado di competere e distinguersi in Europa. Questo noi della pubblica amministrazione lo abbiamo fortemente voluto perché ne siamo convinti; se siamo stati abbastanza smart lo diranno le generazioni future, quelle a cui consegneremo una città con bassissimi costi di manutenzione per le reti e pronta con un’infrastruttura adatta ad accogliere al proprio interno qualcosa che ancora non immaginiamo.

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SERVIZI A RETE MARZO-APRILE 2016

Con il patrocinio di

Sommario Pag.6

Smart Tunnel: la rinascita dell’Aquila parte dai servizi a rete Pag.10

Acqua, risorsa consapevole Intervista a Piero Falsina Pag.13 3a L’odorizzazione del biometano

2a

Eugenio Salati numero 2 • marzo-aprile 2016

Guarda il video del cantiere microtunnelling a Fusina

SISTEMI DI TUBAZIONI HOBAS. L’intervista del mese

Pag.16

Le gare d’ambito per la concessione delle reti gas

Equilibrio perfetto tra solidità e leggerezza.

Sergio Miotto Pag.19

TEA ACQUE GRUPPO TEA Piero Falsina

Trasporto gas Andrea Rovelli Pag.22

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I droni nel rilievo ambientale

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Anno XV - n. 2

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Progetto grafico impaginazione e fotolito Grafteam - Brescia

Le risorse di flessibilità per il sistema elettrico: i sistemi di accumulo

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Stampa Grafteam - Brescia Una copia - One copy Abbonamento - Subscription: Italia - Italy Estero - Abroad

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È vietata la riproduzione, anche parziale, senza l’autorizzazione della casa editrice.

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Curve di possibilità pluviometrica di Milano

Gianfranco Becciu, Stefano Mambretti, Umberto Sanfilippo, Maurizio Brown, Fabio Marelli, Andrea Salvatore Pag.47

Modello di flusso delle acque sotterranee a Rho e comuni limitrofi Maurizio Gorla e Chiara Righetti


SERVIZI A RETE MARZO-APRILE 2016

A questo numero hanno collaborato

Pag.53

Corsi d’acqua minori nel territorio del Comune di Milano Giulio Pizzolato Pag.58

Città Metropolitana di Bari Massimiliano Piscitelli, Nunzia Positano, Giuliano Ritrovato, Mario Casulli, Giuditta Garziano, Donato Labella, Eleonora Andriani Pag.62

Vetrina

Massimo Cialente – Comune di L’Aquila Piero Falsina – Tea Acque – Gruppo Tea Eugenio Salati – Italgas Sergio Miotto – Consorzio Concessioni Reti Gas Andrea Rovelli – Snam Piergiorgio Manciola, Giulia Buffi, Sara Venturi – Università di Perugia Lorenzo Leone, Daniela Laudani Fichera, Giuseppe Pulvirenti – Università di Catania Patrizia Spicuzza, Marco Leone, Carmelo Caruso Alessandro Boi – Neutel Federico Calzolari – Ansaldo Energia Gianfranco Becciu, Stefano Mambretti, Umberto Sanfilippo – Politecnico di Milano Maurizio Brown, Fabio Marelli, Andrea Salvatore – MM SpA Maurizio Gorla e Chiara Righetti – CAP Holding Giulio Pizzolato – MM SpA Massimiliano Piscitelli, Nunzia Positano – Servizio Edilizia Pubblica, Territorio e Ambiente della Città Metropolitana di Bari Giuliano Ritrovato, Mario Casulli, Giuditta Garziano, Donato Labella, Eleonora Andriani, Angelo Cerrato, Francesco D’Anna, Francesco Defrenza, Francesco Di Domenico, Giuseppe Errico, Danilo Gallo, Gaetano Gentile, Francesca Giangrande, Maristella Gioia, Vincenzo Iusco, Antonio Marinò, Francesco Marco Marvulli, Martino Miali, Giovanni Preziosa, Antonietta Varasano

Pag.65

“Smart community” e “Industria 4.0” Pag.67

Vetrina Pag.74

I premi Top Utility e l’analisi nel settore dei servizi Pag.77

Gruppo CAP: completato il serbatoio HUB di Aicurzio Pag.80

La formazione nel no-dig Pag.82

Gli interventi su tubazioni coibentate in amianto Ivano Bosi Pag.84

Vetrina Pag.88

Molte domande e grande partecipazione a Chieti

Comitato scientifico: Francesco Albasser – In3act Energy Baldassare Bacchi – Università di Brescia, C.S.D.U. (Centro Studi Idraulica Urbana) Lorenzo Bardelli – AEEGSI (Autorità Energia Elettrica Gas Sistema Idrico) Marcello Benedini – AII (Associazione Idrotecnica Italiana) Ilaria Bottio – AIRU (Associazione Italiana Riscaldamento Urbano) Armando Brath – AII (Associazione Idrotecnica Italiana) Bruno Brunone – Università di Perugia Furio Cascetta – Seconda Università di Napoli Pierluigi Claps – Politecnico di Torino, G.I.I. (Gruppo Italiano Idraulica) Mauro Fasano – Regione Lombardia Alberto Grossi – AEEGSI (Autorità Energia Elettrica Gas Sistema Idrico) Luca Guffanti – Studio Legale SZA Franco Guzzetti – Politecnico di Milano Antonio Massarutto – Università di Udine e Università Bocconi Italia Pepe – Ufficio d’Ambito della Città Metropolitana di Milano Michele Ronchi – C.I.G. (Comitato Italiano Gas) Bruno Tani – Anigas (Associazione Nazionale Industriali GAS) Raffaele Tiscar – Presidenza del Consiglio dei Ministri Rita Maria Ugarelli – RSINTEF, NTNU (Norwegian University of Science and Technologies) Andrea Zelioli – ATO Città di Milano Comitato tecnico: Aldo Coccolo – ASPI Marco Fantozzi – Studio Marco Fantozzi Mauro Salvemini – AMFM GIS Italia Paolo Trombetti – IATT Gianluca Spitella – Utilitalia Marco Vecchio – ANIE Vincenzo Mauro Cannizzo – APCE Giuseppe Scanu – ASITA

Catalogo stampato su carta proveniente da fonti gestite in maniera responsabile

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SERVIZI A RETE MARZO-APRILE 2016

Smart Tunnel: la rinascita dell’Aquila parte dai servizi a rete Sono state quasi 700 le persone coinvolte nell’evento che all’Aquila ha visto la partecipazione dei più rappresentativi esperti del sottosuolo. Protagonista lo Smart Tunnel in una due giorni che si è alternata fra convegni, presentazioni tecniche, visite guidate e spettacolo. Il convegno è stato aperto dalle relazioni che hanno illustrato la genesi, l’avvio e la realizzazione dei lavori del primo stralcio, in via di completamento nell’arco di 12 mesi. In particolare, sono saliti sul palco i rappresentanti delle imprese che si sono aggiudicate il 2° stralcio dei lavori, suddiviso in lotti: ognuno di loro ha potuto spiegare i progetti che saranno

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messi in atto nei prossimi mesi, con la collaborazione delle aziende fornitrici di materiali, strutture e servizi. Le visite guidate allo Smart Tunnel hanno consentito ai partecipanti - esperti di settore, tecnici, cittadini e giornalisti - di poter vedere da vicino la grandiosa opera che pone la città dell’Aquila al passo con le più importanti capitali europee. Lo spettacolo “SEIsmc 4ward”, all’interno dell’affollato Auditorium del Parco, ha sottolineato la forza di una città che non si è arresa al terremoto ma che, al contrario, ha saputo trasformare un evento tragico in un’opportunità di rinascita.


SERVIZI A RETE MARZO-APRILE 2016

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Acqua, risorsa consapevole Il Gruppo Tea opera sul territorio mantovano in prevalenza nei settori acqua, energia e ambiente. Piero Falsina ci illustra le attività di sviluppo e ottimizzazione dei servizi di Tea Acque s.r.l., la società che gestisce il ciclo idrico integrato.

Intervista a Piero Falsina – Amministratore Delegato Tea Acque Com’è strutturato il Gruppo Tea nel servizio idrico? Il Gruppo presenta una situazione in continua evoluzione e si pone come gestore di riferimento della provincia, a seguito di una serie di raggruppamenti avvenuti negli ultimi 12 mesi con le società A.SE.P. e Indecast. In precedenza sono stati integrati altri tre gestori. Questa unicità di gestione ci permette di ottimizzare i servizi. Nella nostra area di responsabilità abbiamo solo un gestore esterno al nostro ciclo, Acque Potabili, che amministra la fornitura di acqua potabile nei comuni mantovani di Viadana e Gazzolo, dove noi gestiamo la parte relativa a depurazione e fognatura. Nel 2021, dopo la scadenza dell’affidamento, anche questo servizio entrerà a far parte del nostro sistema. Come viene gestito il rapporto con l’utente? Il pacchetto gestionale è comune a tutto il Gruppo Tea: siamo riusciti a ottimizzare una rete di sportelli di sostegno multiservizio agli utenti. In un punto Tea – in tutta la provincia sono operativi 20 sportelli – l’utente può risolvere le problematiche inerenti ad acqua, gas, smaltimento rifiuti, ossia tutti i servizi che noi gestiamo. Dal punto di vista della comunicazione organizziamo specifiche campagne rivolte alle scuole per sensibilizzare, tra i diversi argomenti, anche sugli importanti temi del risparmio idrico e della qualità dell’acqua distribuita.

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Qual è il bacino di utenza di Tea Acque? Tea Acque gestisce dal 2005, in virtù degli affidamenti da parte dell’AATO di Mantova fino al 2025, il Servizio Idrico integrato nei comuni appartenenti all’Area Omogenea 2 dell’ATO della Provincia di Mantova e da febbraio di quest’anno l’area del comune di Castiglione delle Stiviere nell’Ambito 1. Il servizio di acquedotto è gestito in 35 comuni e il servizio di fognatura e depurazione in 42 comuni. Nelle

zone servite risiedono complessivamente circa 300.000 abitanti, pari circa al 73% dell’intera provincia che ammonta a 415.000 persone. Tea Acque gestisce complessivamente 1.350 km di rete di acquedotto per un totale di oltre 95.000 utenti e 1.983 km di rete di fognatura, pari a circa 120.000 utenti. Annualmente sono prodotti e immessi in rete circa 19,5 milioni di metri cubi di acqua potabile. Il volume annuo di acque trattate dai 76 impianti di depurazione è di circa 28 milioni di metri cubi. Quali sono i settori che richiedono maggiori investimenti? La disponibilità di acqua nel sottosuolo di Mantova e provincia ha rimandato la realizzazione delle reti di distribuzione, opera divenuta nel tempo urgente a causa del progressivo inquinamento della falda. La priorità, nella gestione e fornitura dei servizi, riguarda principalmente la realizzazione di nuove reti di distribuzione nei comuni non ancora serviti da acquedotto, con le relative adduttrici per garantire l’approvvigionamento idrico. Alla data dell’affidamento, nel 2005, il territorio in gestione era infatti caratterizzato dall’assenza di reti di acquedotto in ben 14 comuni, oggi ridotti a 6. Nei prossimi 3-4 anni la situazione sarà risolta. Ulteriori priorità sono il potenziamento degli impianti di depurazione, per ottenere il miglioramento dei rendimenti energetici e depurativi; il rinnovamento e la posa di nuove reti di fognatura; il ripristino dell’ordinaria vetustà ed il miglioramento, in un’ottica di prevenzione, della capacità delle reti esistenti di fronteggiare gli eventi meteorici sempre più intensi e frequenti negli ultimi anni. L’attività di rilievo delle reti fognarie affidate in gestione, in avanzato stadio di realizzazione, infatti ha fatto emergere il vero quadro delle reali necessità di copertura del sistema fognario e depurativo, creando così i presuppo-


SERVIZI A RETE MARZO-APRILE 2016

sti di aggiornamento della pianificazione degli interventi previsti per i prossimi anni. Come vengono reperite le risorse finanziarie? Fin dal 2009, il nostro Gruppo ha risolto tale problema attraverso un’operazione di funding presso il sistema bancario che copre l’interezza delle nostre necessità. Nel 2015 è stato raggiunto un sostanziale equilibrio tra generazione di cassa e piano di investimenti futuri, che ci permette di attuare le nostre programmazioni senza alcun ostacolo. In quale modo l’azienda riesce a conciliare la qualità dei servizi, contenendo il peso delle tariffe? La nostra azienda ha da sempre creduto in un approccio di miglioramento continuo della qualità totale, da ciò deriva una tensione costante alla riduzione dei costi non necessari alla produzione di valore per gli utenti, riducendo i costi operativi (Opex) a fronte della crescente necessità di spese per capitale (Capex). L’efficienza è garantita attraverso piani di riduzione dei consumi energetici degli impianti, gestione ottimizzata delle reti, innovazione tecnologica, automazione e telecontrollo e il processo aggregativo in corso. State sperimentando soluzioni innovative sulle reti? Poniamo un’attenzione generale sull’intero ciclo con interventi integrati, utilizzando tutte le opportunità oggi offerte dal mercato e applicandole non sul singolo comune ma su un’intera area per assicurare un livello di servizio più alto. Sono molteplici le soluzioni innovative in fase di sperimentazione, in particolare si sta lavorando su diverse tematiche quali: • telelettura contatori: sperimentazione di contatori “smart” di ultima generazione, caratterizzati da elevata precisione e da un sistema integrato di trasmissio-

ne radio che consente di raccogliere e trasmettere i dati a distanza in modo da essere rilevabili con dispositivi walk-by o drive-by. In fase di studio la possibile realizzazione di una rete fissa, anche sfruttando possibili sinergie che si verrebbero a creare all’interno del Gruppo Tea, tra Tea Acque e le altre società operanti nei settori reti gas ed illuminazione pubblica. • monitoraggio reti di fognatura: l’obiettivo è integrare e utilizzare in modo efficiente le tecnologie intelligenti, la modellazione e le nuove tecnologie ICT per implementare sistemi di gestione dei sistemi fognari, riducendo l’impatto sull’ambiente e la frequenza degli eventi di allagamento. • telecontrollo e modellazione degli impianti di depurazione: potenziamento degli strumenti di misura operanti in teletrasmissione nei vari comparti degli impianti di depurazione, ed implementazione di logiche di automazione finalizzate al mantenimento di set point pre-definiti per garantire l’ottimizzazione dei processi. Le logiche di automazione sono inoltre validate mediante software di simulazione dei processi depurativi per l’analisi dei diversi scenari e la scelta della configurazione ottimale. Smart water in una smart city: è il caso di Mantova? Il gestore del servizio idrico deve prendere in considerazione diversi aspetti: proteggere l’ambiente da cui preleva e in cui versa, non produrre di più di quello che serve e fornire il servizio che l’utente richiede. La strada è quella del coinvolgimento e della trasparenza. I diversi temi di innovazione e sperimentazione sui quali Tea Acque sta lavorando renderanno sempre più trasparente la gestione agli utenti di tutte le attività da noi gestite. In un’ottica di auto determinazione e consumo responsabile, gli utenti potranno verificare in autonomia i propri consumi anche nel dettaglio delle fasce orarie: un’importante informazione per sostenere la crescita della cultura di un uso sostenibile e senza sprechi di una risorsa così importante.

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SERVIZI A RETE MARZO-APRILE 2016

L’odorizzazione del biometano Eugenio Salati – Italgas

L’odorizzazione del biometano rappresenta un nuovo tema di studio per i tecnici dell’odorizzazione del gas combustibile, in quanto è la prima volta che in Italia si affronta il problema della miscelazione di gas provenienti da diverse filiere e con potenziali differenti caratteristiche di odorizzabilità (gas naturale e biometano). Oltre a ciò, si deve considerare il fatto che le caratteristiche del biometano sono ipoteticamente mutabili in base alla possibile variazione delle materie prime o dei processi di produzione.

◆ Discarica ■ Raccolti per produzione di energia e scarti dell’agricoltura (incluso letame) ● Acque reflue e rifiuti civili

Il regolatore (Deliberazione AEEGSI 46/15) ha posto particolare attenzione all’aspetto dell’immissione del biometano nelle reti di trasporto e distribuzione del gas naturale, prescrivendo che il produttore di biometano debba garantire, in relazione alle matrici utilizzate, che il biometano stesso sia odorizzabile secondo le norme tecniche vigenti in materia, e non presenti caratteristiche tali da annullare o coprire l’effetto delle sostanze odorizzanti ammesse all’impiego.

Il biometano potrebbe avere caratteristiche olfattive diverse Il biometano, come composizione principale, dovrà rientrare nella regola tecnica del gas naturale, pertanto i suoi macrocomponenti saranno entro i limiti di composizione stabiliti per il gas naturale; alcune sostanze presenti nella biomassa di origine, che possono rimanere a livello di tracce, possiedono tuttavia proprie caratteristiche olfattive che possono essere evidenti anche a concentrazioni molto basse e determinare interferenze con le sostanze odorizzanti. Nel grafico accanto viene riportata una rappresentazione grafica in cui sono indicate sostanze presenti nei biogas (non purificati a biometano): l’asse delle ordinate corrisponde al grado di presenza di tali sostanze in base al tipo di processo di produzione. Nel caso dei biogas prodotti da residui dell’agricoltura, sono da segnalare in particolar modo i terpeni, che sono sostanze dotate di proprietà olfattive anche intense, non sgradevoli e non associabili a una dispersione di gas combustibile.

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SERVIZI A RETE MARZO-APRILE 2016

Nell’ambito di un progetto del GERG (Groupe Européen de Recherches Gazières), sviluppato tra il 2013 e il 2015, è stata condotta un’indagine per identificare quali sono i problemi correlati all’odorizzazione del biometano, sulla base delle prime esperienze europee. Parte dei risultati prodotti sono stati pubblicati come poster al convegno ISOEN 2015 (16th International Symposium on Olfaction and Electronic Noses) con il titolo “Impact of biomethane on odorisation in gas distribution networks” (autori: Amélie Louvat, Erik Polman et al.). La pubblicazione, in particolare, affermava che sulla base dei dati disponibili in letteratura sulle proprietà olfattive delle diverse sostanze non era possibile individuare i reali comportamenti olfattivi delle sostanze miscelate. Ad esempio, laddove sulla base dei dati il rischio che il limonene ad una concentrazione di 10 ppm possa interferire con 18 mg/m3 di THT non dovrebbe essere reale, si è invece osservato che in tali condizioni l’odore del THT può essere anche ridotto a un odore di fondo.

Il requisito di odorizzabilità posto dal regolatore

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Il requisito indicato da AEEGSI non era definito all’interno delle norme tecniche, pertanto è stato necessario inserire sull’UNI/TR 11537 “Immissione di biometano nelle reti di trasporto e distribuzione di gas naturale” un’indicazione specifica che chiarisse come assolvervi; il produttore, per poter immettere il biometano nelle reti del gas naturale (sia di trasporto sia di distribuzione), dovrà dare evidenza di averne verificato il superamento. La verifica dell’odorizzabilità del biometano da immettere nella rete del gas naturale corrisponderà, in prima istanza, alla valutazione del grado di intensità di odore del biometano addizionato dell’odorizzante utilizzato nella rete a valle dell’immissione, alle concentrazioni previste per il gas naturale. Se l’intensità di odore ottenuta sarà maggiore o uguale a 2 gradi olfattivi (requisito previsto per l’odorizzazione del gas naturale), il biometano potrà essere considerato odorizzabile come il gas naturale in cui verrà immesso. Il produttore dovrà rivolgersi a un laboratorio che sia conforme a quanto richiesto dalla norma UNI 7133 e che fornisca un rapporto di prova che certifichi il superamento del requisito. La prova è descritta nella norma UNI 7133 parte 3, punto 4.4.4.8, con il titolo “Verifica dell’intensità di odore di un gas ad una concentrazione X in presenza di concentrazioni differenziate di odorizzante”, dove la concentrazione X sarà la concentrazione di allarme del gas naturale, cioè l’1% di gas in aria. Il concetto di “Intensità di odore” non esaurisce tuttavia in modo completo il requisito di odorizzabilità, perché l’odore fornito dagli odorizzanti al gas combustibile deve essere caratteristico e allarmante, ossia associabile a quello di una situazione potenzialmente pericolosa. È pertanto necessario aggiungere alla prova precedentemente descritta una che permetta di investigare anche il tipo di odore risultante dalla miscelazione del biometano con l’odorizzante del gas. Si tratta, tuttavia, di un tipo di prova che per il gas combu-

stibile non è ancora stato descritto in metodi normati (a livello ISO - International Standardization Organization - è in corso un progetto di redazione di una proposta di metodo), pertanto sull’UNI/TR 11537 è stata proposta una valutazione qualitativa sul tipo di odore del biometano odorizzato, utilizzando come indicazione quanto descritto al punto 5.4 della UNI 7133 parte 4 - “Tipo di odore”, sebbene tale prova sia rivolta agli odorizzanti e non ai gas. Questa valutazione dovrà essere effettuata al momento dell’immissione del biometano nella rete di gas naturale; tenendo poi conto che il biometano nel tempo potrebbe variare in modo significativo la propria composizione, si ritiene necessario che questo tipo di indagine venga ripetuto qualora intervenissero delle modifiche significative nella composizione del biometano. Si è stabilito, inoltre, di ripetere questa prova in ogni caso almeno ogni 3 anni.

Il biometano non rispondente al requisito di odorizzabilità Il biometano che non sia conforme al requisito di odorizzabilità non potrà essere immesso in rete. In tal caso si possono formulare alcune ipotesi di come procedere in seguito a tale evenienza: • utilizzo diverso dall’immissione nelle reti di gas naturale • ulteriore upgrade per eliminare le sostanze che determinano la non rispondenza al requisito (dopo specifica indagine) • ulteriori valutazioni per ottenere le concentrazioni di odorizzante necessarie per ottemperare al requisito normativo.

Sviluppi normativi Il tema dell’odorizzabilità sarà contenuto nella nuova revisione dell’UNI/TR 11537 “Immissione di biometano nelle reti di trasporto e distribuzione di gas naturale”, che verrà pubblicata entro quest’anno. Il CIG ha comunque dato mandato alla sua Commissione Tecnica “Odorizzazione” di procedere ad un aggiornamento della norma UNI 7133, che indica le concentrazioni di odorizzante necessarie per la corretta odorizzazione del gas naturale, nella quale verrà aggiunta un’appendice dedicata al biometano. Allo scopo verrà quindi richiesto di inviare al CIG i risultati delle prove olfattive effettuate sui campioni di biometano prodotti, in modo da creare una banca dati da cui ricavare possibili correlazioni tra matrici di biometano ed eventuali interferenze con gli odorizzanti del gas naturale. Intervento tenutosi al Forum CIG 2015 “IL SISTEMA GAS-EUROPA”

L’autore Eugenio Salati - eugenio.salati@italgas.it In Italgas dal 1989, è Responsabile del Laboratorio dal 2001. Presidente della Commissione Tecnica “Odorizzazione” del CIG (Comitato Italiano Gas) e del WG “Odorisation” del Marcogaz (Technical Association of the European Natural Gas Industry).


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Le gare d’ambito per la concessione delle reti gas Sergio Miotto – Consorzio Concessioni Reti Gas Si è svolto lo scorso 11 febbraio a Roma, presso la sede dell’ANCI, promosso da Ancitel Energia & Ambiente, Anci Lazio e Consorzio Concessioni Reti Gas, un importante workshop sul tema “Le gare d’ambito per la concessione delle reti gas, il punto di vista dei comuni, le opinioni dei gestori, il parere delle autorità sui contenuti dei bandi di gara”. Al convegno hanno partecipato molti operatori del settore della distribuzione del gas, numerosi comuni che svolgono il ruolo di capofila e stazioni appaltanti delle gare d’ambito per la distribuzione del gas e le istituzioni interessate, consentendo di fare il punto della situazione in un momento molto caldo delle procedure di gara ed offrendo una sede per avere un confronto di opinioni tra i diversi operatori, anche istituzionali, spesso privi della possibilità di mettere a confronto i diversi punti di vista. Al momento, sono stati pubblicati quattordici bandi di gara per la concessione delle reti gas, solo quattro di questi sono stati inviati all’AEEGSI per il parere preliminare, altri due sono in corso di esame: quasi tutti sono stati impugnati dalla stessa azienda, in generale con la medesima motivazione prevalente, ossia che le gare non si possono svolgere in pendenza dei giudizi da parte del TAR Lazio e del Consiglio di Stato a seguito dei ricorsi proposti dai gestori contro punti nevralgici della disciplina statale delle gare. Sono quindi emerse diverse questioni.

Prima questione In sostanza, viene contestata da alcuni operatori la validità dell’impianto normativo che presiede allo svolgimento delle gare, prevedendo termini perentori, commissariamenti e penali per i comuni inadempienti. I comuni si trovano così a non poter contare sulla certezza del diritto in una materia che tocca in modo rilevante le tasche di tutti i cittadini. Su questo punto è stato recentemente approvato un decreto legislativo che ha portato ad un ulteriore rinvio delle scadenze previste per la pubblicazione dei bandi di gara.

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Seconda questione Il bando tipo predisposto dal MISE sconta il fatto che spesso non si adatta alle esigenze del territorio dei 177 ambiti. Prevede un’articolazione del punteggio di gara e clausole che non sembrano del tutto pro-competitive, poiché appaiono maggiormente sfruttabili dai diversi “incumbent” degli ATEM. Tra l’altro, se intesa in maniera rigida, la “lex specialis” di gara ha ben poco da regolare anche nelle materie che il legislatore aveva voluto delegare, ossia gli interventi di efficienza energetica legati al territorio.

Terza questione Il D.Lgs. 164/2000 (Decreto Letta), che governa la materia, prevedeva di avviare il processo di liberalizzazione sin dal 2005. Con le ultime proroghe siamo arrivati al 2012, da allora vige un regime di tacita prorogatio a tutto vantaggio dei circa 230 gestori, che presumibilmente si ridurranno a 30/40 con le nuove gare d’ambito. Nel frattempo ha avuto un forte sviluppo la tecnologia del GNL e quindi, mentre la normativa prevede che vi sia un unico distributore di gas metano nell’ambito, non vi sono impegni per lo sviluppo del GNL quali, ad esempio, per l’autotrazione, per la portualità, per il territorio.

Quarta questione I comuni non metanizzati sono oltre 1200, nel caso siano forniti da GPL il costo energetico è almeno il doppio del metano, a scapito delle famiglie e delle imprese, favorendo così lo spopolamento dei territori montani e pedemontani. Non vi sono nel bando tipo clausole di salvaguardia per tali comuni, i quali, se non è prevista la loro metanizzazione nel piano di sviluppo posto a base di gara, resterebbero per altri 12 anni privi delle forniture di metano, compreso il GNL che potrebbe invece essere distribuito con carri bombolai o con le nuove tecnologie di refrigerazione.

Quinta questione AEEGSI sembra affrontare le varie questioni che emergono con comportamenti auto referenziali, richiedendo fino


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a tre mesi per valutare gli scostamenti VIR/RAB delle valutazioni dei comuni e le loro motivazioni, altri due mesi per approvare il bando di gara (il DM 226/2011 prevede un mese), attivando un complesso sistema di dialogo attraverso una piattaforma criptata che i comuni gestiscono con estrema difficoltà. È ancora confusa la questione della valorizzazione dei cespiti di proprietà (o a devoluzione gratuita) dei Comuni, per i quali un’anonima FAQ del MISE ne prevede la valorizzazione sulla base della RAB mentre il DM 106/15 all'art. 7 bis indica che il calcolo sia basato sul VIR: probabilmente vanno migliorate le comunicazioni inter-istituzionali, per il buon esito delle gare stesse. In conclusione, esiste il forte rischio che, al termine delle procedure di gara, l’auspicata liberalizzazione sia attuata riducendo dell’80% gli operatori, mentre i costi della distribuzione risulteranno decisamente aumentati, a fronte di un auspicabile efficientamento del sistema e di una maggiore attenzione degli enti locali in materia.

L’autore Sergio Miotto miotto@consorzioretigas.it Direttore Commerciale del Consorzio Concessioni Reti Gas. Esperto del settore della distribuzione e vendita del gas metano. Già Direttore di Confservizi International e Amministratore Unico di Ital Gas Storage.

Le problematiche che non qualificano come pro-competitivo il bando tipo • Il punteggio di gara prevede ben 27 punti su 100 per la voce qualità e sicurezza, ma queste prestazioni sono ampiamente garantite dalle norme AEEGSI, quindi prevedibilmente tutte le offerte saranno al massimo per questa voce, che andrebbe ad annullare un quarto dei punti disponibili per l’aggiudicazione della gara. • Viceversa, solo 5 punti sono previsti per interventi di efficienza energetica sul territorio, anch’esso con tetto del 20% sugli interventi addizionali rispetto agli obblighi di legge dei gestori, nonostante il fatto che gli ultimi interventi legislativi siano fortemente orientati verso l’efficienza energetica, la riduzione delle emissioni, le smart city. • Il tetto previsto nell’offerta di gara per il canone di concessione, che non può superare un modesto 10 % annuo della somma della remunerazione del capitale di località relativo ai servizi di distribuzione e misura e della relativa quota di ammortamento annuale, ossia circa il 3-4% degli introiti del gestore; un importo risibile rispetto alla servitù del territorio ed alla remunerazione del concessionario. • L’obbligo di sopralluogo presso gli impianti, che consente al gestore incumbent di conoscere in anticipo se ci sono o meno altri concorrenti e quindi operare al ribasso in sede di gara in mancanza di altri concorrenti, eventualità probabile in almeno metà delle gare d’ambito.


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Trasporto gas L’importanza di un sistema di gestione integrato HSEQ nel nuovo contesto del gruppo Snam

Andrea Rovelli – Responsabile HSEQ Snam

Il gruppo Snam in questi ultimi anni ha vissuto cambiamenti profondi, legati in parte al contesto esterno e in parte alla realizzazione delle proprie strategie di sviluppo. Nel 2012, per effetto di un decreto della Presidenza del Consiglio, Snam è uscita dal controllo di Eni e il suo maggiore azionista è diventato Cassa Depositi e Prestiti, attraverso CDP Reti. A partire dall’anno seguente, la società ha intrapreso – tra le altre cose – un percorso di crescita internazionale a supporto dell’integrazione delle reti gas europee che l’ha portata ad acquisire partecipazioni strategiche in alcune società estere. In particolare, nel luglio 2013, attraverso un consorzio costituito insieme al fondo sovrano di Singapore GIC e a EDF, Snam ha completato l'acquisizione da Total di TIGF, società attiva nel trasporto e nello stoccaggio di gas naturale nel Sud Ovest della Francia. Quindi, nel 2014, il gruppo ha rilevato da CDP Gas l’84,47% di TAG, la società proprietaria dei diritti del gasdotto che collega la Russia all’Italia attraverso l’Austria, nel quadro dello sviluppo del corridoio energetico europeo Est-Ovest. Alla fine dello scorso anno, il gruppo ha inoltre perfezionato l’acquisizione di una quota del 20% in TAP, la società che si occupa dello sviluppo del progetto della Trans Adriatic Pipeline, dal confine tra Turchia e Grecia all'Italia lungo il Corridoio Sud, che consentirà il trasporto del gas prodotto in Azerbaijan verso i mercati europei attraverso le infrastrutture italiane. Alla luce di questa evoluzione, Snam Rete Gas, la società del gruppo che gestisce e controlla la rete di trasporto in Italia, a partire dal 2012 ha iniziato a condividere, in un’ot-

tica di reciproca valorizzazione, numerose best practice e conoscenze con le nuove società partecipate. La funzione HSEQ di Snam Rete Gas è coinvolta, in particolare, nella condivisione della propria expertise con le società TIGF e TAG e ciò ha portato a riconoscere ancora di più l’importanza dell’attività di normazione e della normativa, in particolare per quanto riguarda gli aspetti di salute, sicurezza, ambiente e qualità. Le norme OHSAS18001, ISO14001 e ISO9001 rappresentano in tutto il mondo un linguaggio comune, un unico comune denominatore per potersi parlare, capire e confrontarsi negli ambiti della salute, sicurezza, ambiente e qualità con estrema facilità e per poter cogliere tutte le possibili opportunità di miglioramento e di sinergia. Questo nuovo contesto ha determinato una maggiore consapevolezza dell’importanza delle certificazioni HSE della società e ha dato ulteriore spinta nel riconoscere valore aggiunto al raggiungimento della certificazione ISO 9001 dell’intera società, previsto nel corso del 2016. Nello specifico ambito della salute e sicurezza e ambiente, Snam Rete Gas ha completato nel 2013 il percorso di completa certificazione, ottenendo l’estensione a tutta la società anche della certificazione ISO 14001. La maturità raggiunta dal sistema di gestione integrato HSE è evidenziata dall’ottimo andamento di alcuni indicatori di riferimento, dei quali i più significativi sono l’indice di frequenza infortuni e il rapporto tra il numero di rilievi da audit e il numero di siti oggetto di audit. Nel primo caso l’indice di frequenza infortuni (comprensivo degli infortuni e delle ore lavorate degli appaltatori) è

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passato da un valore di 7,2 nel 2011 con 79 infortuni ad un valore di circa 1 nel 2015 con 10 infortuni. Nel secondo caso l’indicatore si è ridotto, a partire dal 2013, di circa il 30% per anno attestandosi su un valore medio di 0,71 rilievi per sito oggetto di audit. Ci si è posti, tuttavia, ulteriori obiettivi di miglioramento degli aspetti HSE attraverso: • la valorizzazione degli aspetti culturali della sicurezza e ambiente • l’interiorizzazione in ciascun lavoratore dell’importanza delle buone pratiche e dei corretti comportamenti • la continua sensibilizzazione della catena di fornitura (appaltatori e subappaltatori). Da questo punto di vista, le azioni messe in atto sono state le seguenti: • Workshop Fornitori • Trofeo Sicurezza • Premio Zero Infortuni • Safety Walk presso alcuni impianti/cantieri con la partecipazione del top management • Team HSE locali per aree territoriali per il confronto e lo scambio di informazioni su aspetti e temi operativi riguardanti l’HSE • Trofeo Sicurezza Appaltatori • Introduzione di requisiti sempre più stringenti per appaltatori e subappaltatori in tema di salute sicurezza e ambiente • Newsletter aziendale.

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Gli ottimi risultati raggiunti e il livello di maturità nell’attuazione del sistema di gestione integrato, evidenziati dagli indicatori in ambito HSE, e l’importanza riconosciuta dell’adozione della norma ISO 9001, hanno portato nel 2014 ad avviare le attività per l’estensione all’intera società della certificazione di qualità. Ad oggi solo alcuni processi aziendali sono certificati ISO 9001: il dispacciamento, la misura, la programmazione infrastrutture commerciali e i sistemi di processo gas. Per tali processi, infatti, la certificazione ISO 9001 rivestiva in passato maggiore importanza poiché erano quelli che più si interfacciavano con interlocutori esterni quali i clienti fi-

nali, gli shipper, l’Autorità per l’energia elettrica il gas e il sistema idrico, i dispacciamenti esteri, ecc… e/o ne determinavano la qualità del servizio. A seguito della nuova strategia di gruppo, finalizzata a perseguire una sempre maggiore integrazione delle reti continentali e un ruolo di sempre maggiore importanza nello scenario europeo, la certificazione ISO 9001 costituisce ora la possibilità di erogare servizi nell’ambito delle attività del trasporto gas in Europa. A ciò si aggiunge la consapevolezza che l’applicazione della ISO 9001 attraverso un sistema di gestione integrato con la sicurezza e l’ambiente potrà semplificare i processi e le procedure aziendali e facilitare l’omogeneità di comportamenti e prassi nello svolgimento delle attività operative nelle diverse realtà territoriali. Inoltre, la certificazione da parte di un ente esterno rappresenta un’ulteriore evidenza nei confronti di terzi di una corretta definizione dei processi e di una corretta applicazione delle procedure di società. Alla luce di queste considerazioni, a settembre 2014 è stato avviato il “Progetto Certificazione Qualità ISO 9001” coordinato dalla funzione HSEQ con la partecipazione di tutte le funzioni aziendali. Il Progetto ha previsto e attuato fino ad ora le seguenti fasi: definizione del gruppo di lavoro, formalizzazione di un supporto da parte di una società esterna di consulenza per le fasi propedeutiche alla certificazione, completamento della documentazione del sistema di gestione, formazione di tutto il personale e supporto alle unità per la corretta attuazione del sistema di gestione. A partire dall’inizio del 2016 sono in corso gli audit interni e le verifiche tecnico/specialistiche alle quali, dopo lo svolgimento del primo riesame, seguirà la visita dell’ente di certificazione.

L’autore Andrea Rovelli Responsabile Health Safety Environment & Quality in Snam. Nella società Snam Rete Gas ha ricoperto il ruolo di Responsabile Innovazione e vari incarichi operativi nell’ambito dell’attività di trasporto gas. È stato anche membro e presidente in associazioni europee del settore gas.


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I droni nel rilievo ambientale Piergiorgio Manciola, Giulia Buffi, Sara Venturi – Università di Perugia, Dipartimento Ingegneria Civile ed Ambientale aeree consentono di acquisire immagini ad alta risoluzione a terra (da 5 a 100 cm). Si ottengono risoluzioni leggermente inferiori (da 100 a 200 centimetri) usando i sensori multispettrali. Sugli aerei o elicotteri è possibile montare diversi sensori contemporaneamente, ottenendo così una più dettagliata indagine del territorio. Inoltre, grazie ai moderni sistemi GPS-inerziali è possibile la georeferenziazione diretta dei dati e delle immagini acquisite. Le piattaforme satellitari sono utilizzate per l’osservazione della terra dallo spazio e per il monitoraggio ripetitivo e sistematico di grandi estensioni di territorio.

Figura 1 - Spettro elettromagnetico (Fonte: https://it.wikipedia.org/wiki/Spettro_elettromagnetico)

Sensori e risoluzione

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Il telerilevamento ha subito negli ultimi anni uno sviluppo notevole per applicazioni civili dovuto alla produzione industriale di Aeromobili a Pilotaggio Remoto (APR), detti anche UAV (Unmanned Aerial Vehicle) o droni. I droni sono aeromobili capaci di trasportare in volo sensori per il telerilevamento di prossimità di norma impiegati per il rilievo fotografico di alta precisione e per il rilievo fotogrammetrico di strutture e siti non agevolmente accessibili.

Telerilevamento (remote sensing) Il Telerilevamento permette l’analisi di “oggetti” o di “fenomeni” ambientali attraverso misure di radiazione elettromagnetica registrate a distanza da sensori attivi o passivi installati su piattaforme che sorvolano a diversa quota l’area investigata. I sensori attivi provvedono all’illuminazione elettromagnetica delle superfici di interesse, captando la radiazione elettromagnetica di ritorno (backscattering) e misurandone la firma spettrale in termini di riflettanza (ad esempio il radar). I sensori passivi misurano la firma spettrale della radiazione elettromagnetica emessa secondo le leggi del corpo nero (emissività) o riflessa (riflettanza) dall’oggetto investigato e proveniente da sorgenti naturali come il Sole. Gli strumenti del telerilevamento vengono montati su apposite piattaforme che in funzione della quota di osservazione vengono distinte in piattaforme terrestri, da aereo e da satellite (Boschetti et al., 2005). Le piattaforme appoggiate a terra per altezze non superiori a qualche decina di metri vengono impiegate per ottenere informazioni spettrali estremamente dettagliate e per piccole porzioni di territorio. Le piattaforme aeree vengono utilizzate per i tradizionali rilievi aerofotogrammetrici eseguite da quote variabili comprese tra i 300 e i 15.000 m. Le riprese aeree tramite drone vengono invece eseguite a quote inferiori (in genere, tra 70 e 150 m). Le piattaforme

I sensori possono essere classificati secondo quattro tipi di risoluzioni. • Spettrale: indica il numero di bande di acquisizione e la loro ampiezza. Migliore è la risoluzione spettrale, più stretto è l’intervallo di lunghezze d’onda per una particolare banda; • Radiometrica: rappresenta la minima differenza di intensità che un sensore può rilevare tra due valori di energia radiante. Migliore è la risoluzione radiometrica di un sensore, più sensibile è nel registrare piccole differenze nell’energia riflessa o emessa • Geometrica: è l’area minima al suolo vista dallo strumento da una data altezza ad un dato istante; viene rappresentata dalla dimensione dell’elemento di superficie riconoscibile in una immagine registrata; • Temporale: periodo di tempo che intercorre tra due riprese successive di una stessa area

Radiazione elettromagnetica La radiazione elettromagnetica è il mezzo che trasmette le informazioni degli oggetti e dei fenomeni indagati al sensore montato sulla piattaforma aerea. Le radiazioni elettromagnetiche si distribuiscono in modo continuo lungo l’asse delle lunghezze d’onda. L’insieme delle diverse radiazioni viene chiamato spettro elettromagnetico. Le radiazioni vengono raggruppate convenzionalmente in regioni o bande spettrali. Le bande dello spettro elettromagnetico maggiormente usate per gli scopi del Telerilevamento sono: • l’ultravioletto o UV • il visibile • l’infrarosso, o IR, che viene ulteriormente suddivisa in quattro regioni: infrarosso vicino, infrarosso medio, infrarosso lontano o termico, infrarosso estremo. L’Infrarosso vicino è la banda utilizzata per le riprese multi spettrali


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(fig.1). La firma spettrale misura l’energia riflessa dagli oggetti alle diverse lunghezze d’onda (riflettanza).

Tipologia di sensore

Camera fotografica

Sensori di prossimità e tecniche di telerilevamento Nella tabella 1 sono illustrati i principali sensori di prossimità, l’intervallo spettrale su cui essi operano e i principali campi d’impiego. Nella figura 2 sono riportate le diverse tecniche di telerilevamento identificate per il tipo di piattaforma, campo di applicazione e/o il sensore utilizzato, in funzione delle dimensioni dell’area rilevata e della sua complessità.

Un caso studio: il rilievo geometrico di un alveo fluviale Le immagini fotografiche ad alta risoluzione e georeferenziate sono state utilizzate per la ricostruzione del modello tridimensionale dell’alveo. Le diverse fasi sono illustrate in figura 3 e consistono in: generazione di una nuvola di punti attraverso il processo di orientamento automatico delle immagini (A); ricostruzione del modello 3D a mesh poligonale (B); visualizzazione del modello 3D texturizzato (C).

Range spettrale (nm)

Campi d’impiego

400-700 (visibile)

Rilievo architettonico e strutturale, pianificazione ambientale, monitoraggio eventi calamitosi (ricostruzione DEM e ortofoto, video in tempo reale)

3 bande spettrali (Red, Green, Blue) 400 – 1100

Camera multi spettrale (tetracam) SENSORI PASSIVI

Da 3 a 6 bande spettrali (include la banda NIR. Esempio: Red, Green, NIR)

Agricoltura di precisione: valutazione indici di vegetazione, stato di salute della vegetazione

500-900, 900-1700

SENSORI ATTIVI

Molto costoso, adatto al momento solo per scopi di ricerca

Camera iper-spettrale

Da 40 a 60 bande spettrali

Camera termica

7500-13500

Radar ad apertura sintetica (SAR)

Onde radio (in particolare, microonde)

Monitoraggio di Terremoti, frane, eruzioni vulcaniche o, più in generale, fenomeni di deformazione della superficie terrestre

Laser Scanner (laser a scansione)

Laser (ultravioletto, visibile, infrarosso)

Acquisizione dati 3D

Agricoltura di precisione, (es: valutazione della corretta irrigazione), Incendi, discariche abusive, inquinanti in acqua

Tabella 1 - Principali caratteristiche dei sensori di prossimità

Conclusioni Il lavoro svolto con una valenza sperimentale ha evidenziato i seguenti risultati e spunti di ulteriore miglioramento: • In confronto alle classiche piattaforme utilizzate nel telerilevamento, i droni (UAV) offrono un sistema per il monitoraggio ambientale: speditivo, facilmente ripetibile ed economico. • Le camere ad alta risoluzione montate su UAV per la ricostruzione tridimensionale del DEM dell’alveo del fiume si sono dimostrate performanti ai fini di un monitoraggio speditivo del corso d’acqua, in particolare in occasione di eventi di piena. • Le informazioni georeferenziate ricavate da drone attraverso sensori di diverso tipo permettono di valutare le modifiche spazio-temporali che avvengono nei corpi idrici e risultano un utile e innovativo supporto alla modellazione idraulica a larga scala.

Figura 2 - Tecniche di telerilevamento e campi di applicazione (Nex F., Remondino F., 2014)

Figura 3 - Fasi della ricostruzione 3D dell’alveo tramite UAV

Ringraziamenti Il lavoro sperimentale è stato supportato dall’assistenza tecnica e strumentale della Società Siralab Robotics di Terni. Bibliografia Nex, F., Remondino, F. UAV for 3D mapping applications: a review. Applied Geomatics, 2014, 6.1: 1-15. Boschetti M., Bolzan L., Bresciani M., Giardino C., L’Astorina A., Lanari R., Manunta M., Mauri E., Zilioli E., Volume 3: Telerilevamento, Collana: Diffusione e sperimentazione della cartografia, del telerilevamento e dei Sistemi Informativi Geografici, come tecnologie didattiche applicate allo studio del territorio e dell’ambiente. Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, Dipartimento per la Programmazione il Coordinamento e gli Affari Economici, 2005. Venturi S., Di Francesco S. & Manciola P (2014), Strumenti innovativi per la riqualificazione, il monitoraggio ed il controllo di un corso d’acqua, Atti del XXXIV Convegno nazionale di idraulica e costruzioni idrauliche, Bari 7-10 Settembre 2014, ISBN 978-88-904561-8-3, 2014 Zaccaria Editore, Napoli.

Gli autori: Piergiorgio Manciola - piergiorgio.manciola@unipg.it Ha maturato esperienze di ricerca applicata nel settore delle Costruzioni Idrauliche e di didattica presso le Università di Perugia, Ancona, Roma (Università La Sapienza). Autore di 102 memorie pubblicate su riviste e su atti di convegni nazionali ed internazionali. Sara Venturi - sara.venturi@unipg.it Formazione accademica in Ingegneria Civile, per l’Ambiente e il Territorio. Ha collaborato con il DICA e attualmente sta portando avanti una ricerca sul telerilevamento tramite UAV. Giulia Buffi - giulia.buffi@unipg.it Formazione accademica in Ingegneria Civile Strutture. In corso ha delle collaborazioni con il DICA e Romagna Acque Società delle Fonti S.p.A.

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Il rilievo fotogrammetrico Nell’ambito della Convenzione di Ricerca con Romagna Acque Società delle Fonti S.p.a, il Dipartimento di Ingegneria Civile ed Ambientale (DICA) dell’Università di Perugia ha svolto la modellazione statica del corpo della diga di Ridracoli ad elementi finiti (FEM), utilizzando un modello geometrico precedentemente ricostruito: il modello, terminate le prime simulazioni, è risultato abbastanza affidabile e adeguatamente approssimato per le analisi standard. Non è stato però possibile verificare l’esatta rispondenza del modello geometrico alla realtà, in quando la base geometrica del modello è riconducibile a documenti non sempre completi del progetto esecutivo della diga e mediante punti singolari dello stato finale del manufatto. È sorta dunque l’esigenza e la possibilità di testare la corrispondenza tra la geometria del modello e la reale dimensione del manufatto, che rappresenta un momento centrale di validazione delle simulazioni svolte e delle successive analisi, in grado di ridurre l’indeterminatezza dei risultati attesi. Secondo l’Ingegnere Andrea Gambi (A.D. di Romagna Acque S.p.A.) e il Professore Piergiorgio Manciola (DICA – Università di Perugia), l’uso di Sistemi Aerei a Pilotaggio Remoto (SAPR - droni) è apparso quale strumento ideale per conseguire le finalità evidenziate, unitamente all’elaborazione di un rilievo 3D per mezzo di scansione da foto mediante la metodica conosciuta come “Structure from Motion” (con specifiche ben precise per la restituzione dei dati).

La fotogrammetria con il drone È stata predisposta un’attività sperimentale di rilievo e modellazione dell’intero corpo diga e di ampie porzioni dell’orografia di imposta dello sbarramento. La prima fase della sperimentazione, del rilievo e della ricostruzione 3D è stata focalizzata sui seguenti punti: • Impiegare i droni per effettuare il rilievo fotografico ad

alta risoluzione del paramento emerso della diga e di una porzione significativa delle imposte della stessa, a monte e a valle dello sbarramento artificiale • Effettuare la ricostruzione 3D dell’intero corpo diga per mezzo di scansione da foto con la metodica denominata “Structure from Motion” • Restituire un congruo numero di sezioni orizzontali e verticali del corpo diga nonché un ortofotopiano ad alta risoluzione dell’intero impianto. L’articolato bando di gara predisposto da Romagna Acque è stato vinto da Italdron, assegnataria dell’incarico di rilievo e ricostruzione 3D. La seconda fase della sperimentazione ha coinvolto direttamente il DICA nell’attività di controllo del metodo di rilievo, verifica e validazione dei dati acquisiti. Per conseguire questi risultati si è operata la validazione del modello 3D Mesh da Dense Point Cloud ottenuto tramite rilevamento con APR, effettuato con strumentazione topografica di precisione (stazione totale) e laser scanner, articolando le attività in 3 step. • Il primo step è consistito nella comparazione tra le coordinate X,Y e Z dei Ground Control Points (GCP) ottenute rispettivamente dal rilevamento diretto con stazione totale e dal modello digitale rilevato con APR. • Il secondo step ha coinvolto la comparazione tra le coordinate X,Y e Z di punti naturali ottenuti rispettivamente dal rilevamento diretto con stazione totale e dal modello digitale rilevato con APR. In particolare sono stati impiegati per la validazione particolari riconoscibili inequivocabilmente sulla superficie pavimentata, su manufatti in calcestruzzo in generale e punti sul terreno naturale. Nel primo caso (superfici ben definite) il valore medio delle differenze di coordinate nelle tre componenti X, Y e Z fra le due determinazioni è risultato coerentemente compreso tra ± 0.03 metri, mentre nel caso di terreno

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Mesh 3D

Modello 3D

naturale il valore medio delle differenze di coordinate nelle tre componenti X, Y e Z fra le due determinazioni è stato fissato tra ± 0.05 m. • Come terzo ed ultimo step, per porzioni di superfici pari a varie decine di metri quadrati, è stato eseguito un controllo basato sull’impiego di strumentazione laser scanner terrestre. Sono state determinate le distanze tra punti acquisiti con laser scanner (precisione sub-centimetrica) e il relativo modello 3D Mesh, i dati trattati con software scientifici e i confronti effettuati sintetizzati in forma tabellare (numerica e statistica) e grafica.

Svolgimento lavoro pratico Il lavoro sul campo è stato svolto durante 6 giornate differenti. I primi due giorni sono stati dedicati al posizionamento dei punti Marker, successivamente si è passati al rilievo con il drone. A fronte dell’abbassamento dell’invaso sono stati nuovamente effettuati i rilievi fotogrammetrici delle parti che risultavano sommerse durante il periodo estivo. Statistiche:

6.000 fotografie 23 voli complessivi

Durata media del volo del drone: 25 minuti 218 punti target posizionati Oltre 500 punti naturali rilevati

“Structure from Motion”: la post produzione La ricostruzione del modello 3D secondo una nuvola di punti condivisibile in formato .las per consentire la fase di Verifica e Validazione del metodo proposto è avvenuta secondo la sequenza logica seguente:

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• Inserimento delle fotografie nel software ContextCapture di Bentley • Controllo dei target nelle fotografie, loro numerazione coerente con il rilievo topografico e attribuzione di coordinate per la georeferenziazione

• • • • • • •

Fase di allineamento fotografie Costruzione nuvola di punti a bassa densità Pulizia del rumore e affinamento del modello Costruzione nuvola di punti ad alta densità Pulizia del rumore residuo e affinamento del modello Costruzione Mesh 3D Inserimento delle nuvole di punti e delle Mesh 3D nel software Microstation di Bentley per la georeferenziazione e la manipolazione finale.

Per poter conseguire la validazione dei modelli 3D realizzati, sono state inserite le coordinate di una sola parte dei punti disponibili dal rilievo topografico di precisione, mentre la rimanente è servita come verifica e controllo al DICA.

Validazione dell’Università di Perugia Al termine del processo di verifica e validazione, Italdron ha ottenuto un ottimo livello di superamento delle prestazioni attese per quanto attiene la fase propria del rilievo (posizionamento target, piano di volo, metodica del lavoro, ecc.), ottenendo al contempo un’elevata qualità geometrica e radiometrica del dato acquisto. Per quanto attiene la modellazione 3D effettuata, le immagini sono state elaborate con software basato sulla tecnica “Structure from Motion”, e la “Dense Point Cloud” generata è stata fornita, come previsto, in formato compatibile con ambiente cad (*.las) con densità media superiore a quella richiesta (richiesta = 1 punto ogni 25 cmq / fornita = 1 punto ogni 9 cmq o superiore). La verifica della “Dense Point Cloud” effettuata impiegando come riferimento un campione totale di 124 punti suddivisi in punti naturali, marker e scansioni laser appositamente realizzate, ha fornito risultati compatibili o di qualità superiore rispetto alle specifiche richieste.

Conclusioni La considerazione finale è conferma che l’uso dei droni è una tecnologia di uso attuale e assolutamente affidabile, che risulta particolarmente valida in ambienti morfologicamente così complessi e di difficile rilevabilità mediante la strumentazione tradizionale.


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Il rilievo 3D nella tutela e conservazione di un bene architettonico Lorenzo Leone, Daniela Laudani Fichera, Giuseppe Pulvirenti – DICA, Università di Catania Patrizia Spicuzza – Architetto Libero Professionista Marco Leone e Carmelo Caruso – Ingegneri liberi professionisti A livello normativo il concetto di “tutela e conservazione di un bene architettonico”, pur variamente interpretato e citato in ambito legislativo, ha assunto una dimensione più ampia con l’introduzione del “Codice dei Beni culturali e del Paesaggio (D. Lgs. 42/04)”. L’art. 29 del suddetto decreto definisce, come attività di manutenzione, il “complesso delle attività e degli interventi destinati al controllo delle condizioni del bene culturale ed al mantenimento dell’integrità, dell’efficienza funzionale e dell’identità del bene e delle sue parti”. Pertanto, tale definizione richiama diverse tipologie di interventi che comprendono non solo la progettazione delle eventuali opere di ripristino della funzionalità ma anche le attività mirate alla “conservazione” dello stesso, consistenti principalmente nel monitoraggio e controllo degli stessi beni e del relativo contesto nel quale sono inseriti. Si tratta quindi di uno stretto legame esistente tra il “primitivo” concetto di “restauro” ed il successivo concetto di “mantenimento e conservazione”. Infatti, intervenire nel ripristinare la funzionalità di un bene architettonico, senza valutare le cause che ne hanno determinato il deterioramento, non costituisce una politica programmata di gestione dell’immobile atta a limitare i costi onerosi sostenuti inizialmente. In tal senso l’art. 29 comma 1 specifica che “la conservazione è una coerente, coordinata e programmata attività di studio, prevenzione, manutenzione e restauro”. In base a quanto sopra riportato è palese che il “controllo delle condizioni del bene” non coincide con la semplice manutenzione di routine, ma si deve inquadrare come azione complessa di osservazione, valutazione e registrazione che richiede competenze specializzate e necessita di un controllo delle procedure dell’intervento, sia in fase progettuale che esecutiva. Partendo dai concetti sopra esposti, nel presente studio viene riportata l’esperienza operativa eseguita sulla Chiesa di San Matteo Baglio nel territorio del Comune di Giarre. In particolare la chiesa, ristrutturata ed aperta al pubblico nel 1991, ricade nei pressi di un’area ad elevato rischio geologico e necessita, quindi, di un’importante attività di monitoraggio per garantire il mantenimento e la conservazione delle condizioni di fruibilità della stessa. Ai fini dello stato conoscitivo dell’attuale situazione strutturale si è deciso di eseguire un rilievo con tecnologia laser scanner, così da poter giungere ad una visualizzazione

della chiesa tramite file grafico tridimensionale. Grazie ai programmi di post-processamento della “nuvola di punti”, acquisita in fase di rilievo, è possibile ottenere dei file, in formato vettoriale. Si possono ricavare piante, sezioni prospetti bidimensionali, utilissimi per successivi impieghi in ambito di controllo e verifica strutturale della chiesa.

La Chiesa di San Matteo Baglio Le origini della Chiesa di San Matteo si possono con certezza collegare con l’opera di disboscamento che nella seconda metà del Seicento interessò l’estrema propaggine del bosco di Mascali. A distanza di due secoli la chiesa variò la sua destinazione originaria, trasformandosi da luogo di culto a cimitero cittadino, fino all’apertura del nuovo cimitero di Trepunti. Nel tempo la chiesa perse centralità e funzione. Divenuta nel frattempo pericolante in seguito ad eventi sismici, oltre che per il protrarsi dello stato di abbandono e di incuria, venne interdetta al culto e, successivamente, ridotta a rudere. L’edificio sorge nei pressi delle faglie vicarianti (fascio di faglie sub parallele) legate alla faglia principale Mangano-

Figura 1 - Stato della chiesa ante restauro

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Figura 2 - Rilievo dell’interno della chiesa

Miscarello, area soggetta nei secoli a fenomeni sismici anche di rilevante intensità. Queste faglie, ancor oggi attive, determinano prescrizioni e limiti negli strumenti urbanistici vigenti e lasciano presumere fenomeni sismici importanti. Fino all’inizio degli anni ‘80 del secolo scorso, restavano in piedi solo alcuni muri e parti di costruzioni annesse. Successivamente la chiesa è stata ristrutturata e riaperta al culto nel 1991. Un ulteriore intervento di restauro e risanamento conservativo della copertura della chiesa di San Matteo è stato eseguito nel 1999 in seguito a danni provocati da eventi atmosferici.

Acquisizione ed elaborazione del rilievo Per il rilevamento della chiesa è stata utilizzata, come già detto, la tecnologia laser scanner. Tale tecnologia costituisce un ottimo supporto per la definizione dello stato di fatto e la pianificazione degli interventi. Il laser scanner, infatti, permette di ottenere in tempo reale la forma tridimensionale dell’oggetto rilevato. Dopo la fase di pulitura del dato grezzo e registrazione delle nuvole di punti è possibile visualizzare, navigare, misurare e utilizzare l’oggetto virtuale tramite semplici visualizzatori dedicati. Nel caso specifico, il rilievo della chiesa è stato eseguito con strumentazione Scanstation Leica P20, caratterizzata da una velocità elevata di acquisizione dei punti (fino a 1 milione di punti/secondo), portata di 120 m con tecnologia WFD, e dotata di fotocamera integrata da 5 megapixel e compensatore biassiale. Si è proceduto al rilievo dei luoghi, individuando in loco 10 stazioni, di cui 3 all’interno della chiesa e 7 all’esterno a giro su tutto il perimetro, utilizzando il collegamento “topografico” esistente tra le diverse stazioni, che sono state reciprocamente collimate mediante il posizionamento di marker. Si è deciso di effettuare da ciascuna stazione solo una scansione mirata all’inquadramento dell’area oggetto di indagine, limitando in tal modo le dimensioni dei relativi file ai fini di una maggiore rapidità nella successiva fase di analisi e studio delle nuvole di punti. Contestualmente alla fase di scannerizzazione, essendo la strumentazione utilizzata dotata di fotocamera integrata, è stato possibile effettuare gli scatti relativi alla porzione di spazio rilevata, in modo tale da potere successivamen-

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Figura 3 e 4 - Visualizzazione d’insieme della nuvola di punti

te associare le relative immagini alla “nuvola di punti” ottenuti. Al termine della fase di rilievo diretto topografico si è quindi passati alla fase di scarico dei dati, rappresentati dalla “nuvola” dei punti generata e dalla relativa analisi, mediante l’utilizzo del software Cyclone. In particolare, essendo già i vari punti di presa collegati topograficamente tra loro, il software ha generato in automatico una prima visione di insieme dell’intera area, evidenziando nel contempo aree non ben definite e/o non perfettamente inquadrate a causa della presenza di ombre o sovrapposizioni di elementi che ne limitano la completa visuale. Il risultato ottenuto è stato ottimale con buoni parametri di precisione e tolleranza ed ha permesso immediatamente di evidenziare con chiarezza la geometria tridimensionale dell’immobile. È stata quindi svolta un’azione di pulizia (rumore) del model space generato, così da potere procedere alle relativa associazione delle immagini. Il modello così generato in ambito Cyclone è stato esportato nei formati opportuni per le successive fasi di lavorazione in ambiente 3D Reshaper. Tale software è particolarmente dedicato alla modellazione 3D mesh di nuvole di punti, offrendo differenti funzionalità per il processamento delle stesse (3D meshing, ricostruzione di superfici, rendering realistici, ecc.). I modelli generati con 3D Reshaper possono quindi essere usati per numerose applicazioni, quali video animazioni e simulazioni, analisi strutturale, tecnologia CAD. In questo caso, dal modello geometrico tridimensionale creato con il laser scanner e con l’utilizzo di applicazioni specifiche, è stato possibile estrarre informazioni di tipo metrico e, in particolare, piante, sezioni e prospetti bidimensionali, necessari ad eseguire le verifiche statiche di seguito descritte.

La verifica strutturale La chiesetta di “San Matteo” è strutturalmente costituita da un unico corpo di forma rettangolare ed abside frontale con muratura perimetrale semicircolare. I muri, di vario spessore, sono realizzati in blocchi di pietra lavica in discreto stato di conservazione. Partendo dal rilievo con tecnologia “Laser Scanner”, sono stati derivati le piante e prospetti necessari ad eseguire


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Figura 5 - 6 - 7 - 8 - Verifica sismica senza cordolo

l’input strutturale in C.D.S. Come emerso da indagini eseguite presso i vari uffici competenti, nel periodo 1988/1990, sono stati eseguiti degli interventi di consolidamento sulla chiesetta tali da determinarne la ripresa della stessa funzionalità. Volendo verificare, sulla base della attuale normativa vigente, il comportamento della struttura ed il miglioramento ottenuto con l’intervento del 1988, si è eseguito l’input strutturale. Per la definizione invece delle forme spettrali (spettri elastici e spettri di progetto) sono stati definiti i seguenti termini:

• • • • •

Vita Nominale 50 Anni Classe d’uso III Categoria del suolo B Coefficiente Topografico 1 Latitudine e longitudine del sito oggetto di edificazione: Longit. Est: 15,16986, Latitud. Nord: 37,70961, coordinate in ED50 Tali valori sono stati utilizzati su apposita procedura informatizzata sviluppata dalla STS s.r.l. che, a partire dalle coordinate del sito oggetto di intervento, fornisce i parametri

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Figura 9 - 10 - 11 - 12 - Verifica sismica con cordoli

di pericolosità sismica da considerare ai fini del calcolo strutturale. Eseguito l’input della struttura è stato lanciato il calcolo sismico nell’ipotesi di struttura ante intervento eseguito nel 1988, assenza di cordoli, (analisi dinamica lineare a masse concentrate per l’assenza di impalcati). I risultati sono riassumibili nelle figure 5-8 dalle quali emerge che diversi maschi murari presentano problemi di verifica. Pertanto, tale condizione di mancata verifica delle condizioni statiche, certamente anche a suo tempo non soddisfatta, ha determinato l’esigenza di individuare degli interventi di miglioramento consistenti nella realizzazione di un cordolo in c.a. in testa alla muratura e nel consolidamento della muratura tramite perforazioni e iniezioni di miscela fluida di cemento. La presenza del cordolo, infatti, conferisce alla struttura l’effetto di una scatola chiusa (limita lo spostamento in testa dei muri) con un migliore comportamento in caso di sisma. Rieseguito l’input, considerando l’inserimento del solo cordolo, è stato rilanciato il calcolo applicando i nuovi principi normativi vigenti. Le figure dalla 9 alla 12 che seguono dimostrano chiaramente che il numero di maschi murari che non verificano è nettamente diminuito, essendo stata migliorata in maniera sostanziale la condizione strutturale dell’edificio. Sulla base delle sopra descritte verifiche si deduce, quindi, che anche gli altri interventi di consolidamento eseguiti hanno certamente determinato un ulteriore miglioramento della struttura, per la cui verifica si rimanda ad un successivo studio. Si evidenzia, inoltre, che la verifica eseguita considerando l’inserimento del cordolo ha mostrato un netto miglioramento della struttura, nonostante siano stati utilizzati i criteri della normativa oggi vigente (del 2008), sicuramente più restrittiva rispetto alla normativa (del 1986) in vigore al momento in cui è stato realizzato l’intervento di consolidamento.

Conclusioni

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L’esperienza maturata nell’ambito della Chiesa di San Matteo Baglio, tramite la tecnologia laser scanner, ha evidenziato l’utilità di disporre, nel caso di un bene architettonico,

di un modello tridimensionale, in special modo se il bene è ubicato in zona a rischio geologico. L’archiviazione del rilievo eseguito è fondamentale anche in caso si verifichi la necessità di interventi di ricostruzione, conservativi o di monitoraggio. Infatti il modello ottenuto consente di ricavare le geometrie degli elementi strutturali da utilizzare nei calcoli di verifica sismica che dovessero effettuarsi o nel caso di adeguamenti a nuove normative. Inoltre la conoscenza storica degli interventi strutturali eseguiti nel tempo consente di comprendere e valutare il comportamento della struttura nel suo complesso, la bontà degli interventi a suo tempo eseguiti, e permette anche di evidenziare le zone di maggiore criticità. Bibliografia Tucci G., Guardini N., Poggi (2014), “Rilievo e modellazione 3D a supporto dell’analisi strutturale: un approccio metodologico e sostenibile per il patrimonio architettonico” in Atti del Convegno Asita, Firenze, 14 – 16 ottobre 2014 Costantino F., Durazzani S, Poggi D.,Callieri M., Dellepiane M., Scopigno R. (2014), “San Leonardo in Arcetri: innovazione tecnologica per la gestione integrata dei beni culturali” in Atti del Convegno Asita, Firenze, 14 – 16 ottobre 2014 EnteDiocesi di Mantova (2012), “Metodologie innovative per la conservazione programmata Diocesi di Mantova” Leone L.,Laudani Fichera D., Pulvirenti G.,Spicuzza P,. Leone M., (2012) “La modellazione 3D nel controllo dell’inquinamento ambientale da agenti fisici” in Atti del Convegno Asita, Fiera di Vicenza, 6 – 9 novembre Gasparoli P., Livraghi C., Bossi S., Totaro G. (2010), “Attivita’ di manutenzione e cura sui beni culturali architettonici: strategie e politiche di incentivazione” Balletti C., Guerra F., Pilot L. Università IUAV di Venezia – Laboratorio di Fotogrammetria – Circe (2006) “Integrazione di tecnologie 3d multiscala per la conoscenza, l’interpretazione e la diffusione di un sito archeologico” Peloso D. (2005), “Tecniche laser scanner per il rilievo dei beni culturali” - Archeologia e Calcolatori Alba M., Giussani A., Roncoroni F., Scaioni M. (2005) “Analisi delle precisioni ottenibili nella determinazione di punti con laser scanning terrestre utilizzando la georeferenziazione diretta” in Atti del Convegno Nazionale SIFET di Palermo D. Lgs. 42/04, Codice Dei Beni Culturali E Paesaggistici (2004).



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I vantaggi della sensoristica wireless nel mondo della distribuzione Alessandro Boi – Neutel Srl Le reti di sensori wireless sono generalmente caratterizzate da una architettura distribuita, costituita da un insieme di dispositivi elettronici autonomi in grado di prelevare dati dall’ambiente circostante e di comunicare tra loro senza fili. I nodi che compongono la struttura di una rete di questo tipo inviano periodicamente dati rilevati tramite sensori ad un punto di raccolta, detto “base station” o “gateway” oppure “coordinatore”, il quale gestisce la rete, raccoglie i dati dei differenti sensori e li inoltra ad un altro sistema remoto per ulteriori elaborazioni (datalogging, correlazioni dei dati, elaborazione, monitoraggio dello stato, grafici, ecc...). Per Neutel, tale dispositivo concentratore è denominato commercialmente “HUB”. I sensori possono avere svariati campi di utilizzo; nel campo della distribuzione del gas naturale, i sensori sono impiegati a scopo di monitoraggio (tracciamento in modalità continuativa di una certa grandezza), tracciamento di oggetti (stima della posizione di alcuni oggetti

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in una determinata area geografica) e riconoscimento di eventi (la rete identifica situazioni di “allarme”, ossia quando una determinata grandezza esce dai livelli stabiliti). In particolare, nel campo dell’acquisizione delle pressioni di esercizio gas, sia in riferimento alle pressioni di rete in prossimità dei G.R.F. (gruppi di riduzione finali), che ai punti terminali di rete (cosiddetti “fondi rete”), l’introduzione di sensoristica wireless ha estremamente agevolato il lavoro dei tecnici. Neutel ha messo in commercio i propri sensori wireless, chiamati XS, nel 2011, ed ancora oggi riscontra la sorpresa dei tecnici quando comprendono la semplicità del sistema. La tecnologia wireless utilizza il vettore di radiofrequenza fra la parte sensoristica e la parte di trasmissione, senza che fra questi due elementi vi sia un collegamento elettrico fisico. Tale configurazione ha radicalmente cambiato:

Nell’immagine qui sopra: Tipica installazione monte-valle dei sensori XS 0÷100 mbar e 0÷10 bar in un gruppo di riduzione finale VI-VII specie


• la predisposizione dei luoghi dove la sensoristica deve essere installata • il tempo dedicato alle installazioni • il numero dei possibili guasti • la praticità di svolgere attività di manutenzione in luoghi con assenza di cablaggi/canaline, necessari con sensoristica a filo • i costi complessivi. Nel dettaglio, la predisposizione dei luoghi dove la sensoristica deve essere installata deve spesso tener conto dove le canaline di contenimento dei fili di collegamento possono essere collocate, al fine di rendere possibili: presenza cablaggi e possibilità di manovra, manutenzione e pulizia, soprattutto presso cabine di decompressione con organi di manovra e gruppi di riduzione. Altro elemento funzionale, che differenzia e premia la scelta della tecnologia wireless, è quanto quest’ultima risulti di semplice installazione/disinstallazione in occasione di: prima installazione, sostituzione per guasto, sostituzione batteria e processi di taratura. I tempi necessari per un’installazione wireless risultano imparagonabili rispetto le installazioni a filo che sono nell’ordine di qualche ora per singola postazione, rispetto ai pochi minuti per una tecnologia wireless. Per ciò che riguarda i possibili guasti, è bene ricordare che l’assenza di contatti elettrici aiuta notevolmente ad abbattere l’insorgenza di guasti dovuti ad errore di cablaggio, assenza di “pulizia” del contatto elettrico, guasto per abrasioni e tagli dei cavi di collegamento durante le opere di manutenzione. Inoltre, quando si pensa a “possibili guasti” che possono danneggiare un sensore di acquisizione pressione gas, si è portati a pensare a guasti ‘indotti’ dalla rete, per così dire ‘variabili endogene del sistema’; purtroppo però da una statistica condotta in 20 aziende, emerge che buona parte dei guasti su sensoristica di pressione a filo (circa 65%), avviene a valle di operazioni di manutenzione, che inavvertitamente generano danni dovuti ad abrasioni, interruzioni di collegamento fra sensore e logica. La tecnologia wireless di Neutel, con range di pressione da 0÷100 mbar, 0÷10 bar e 0÷100 bar, sia assoluta che relativa, copre ormai tutte le esigenze di pressione per fluidi e gas, sia nel mondo estrattivo, di trasporto che in quello della distribuzione. Dimensioni estremamente ridotte (78 mm x D 29 mm), che ne migliorano l’ergonomia, precisione della misura pari a 0.01% del fondoscala, risoluzione <0.002% del fondoscala (16bit), temperature di esercizio -40°C ÷ +85°C, e tempo di campionamento pari al minuto per una vita energetica di 4 anni, fanno del sensore XS un oggetto richiesto, affidabile nel tempo, dotato di tecnologia “robusta”, di semplice ed immediata applicazione. Concludendo, data la diffusione di massa dei componenti utilizzati, ormai i costi dei sensori wireless risultano assolutamente in linea con i dispositivi a filo, soprattutto se pesati nel contesto dei vantaggi menzionati che un dispositivo wireless può offrire: assenza di cablaggi e di relative opere di posa e sostegno, minore incidenza di guasti e ridotti tempi di installazione.

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La flessibilizzazione dei cicli combinati a gas naturale Federico Calzolari, R&D Project Manager di Ansaldo Energia

Il mercato dell’energia elettrica si è completamente modificato negli ultimi anni. La crescita della componente di energia rinnovabile, la crisi economica e il conseguente calo della domanda di energia hanno causato uno spiccato aumento della quota di energia non programmabile, rendendo necessario che gli impianti tradizionali in funzione siano quanto più flessibili, per cercare di compensare le intermittenze di produzione. La modalità di impiego degli impianti termoelettrici è passata da un funzionamento “base load”, ovvero a piena potenza, ad un funzionamento ciclico, ovvero con potenza variabile nell’arco della giornata e settimana. Ansaldo Energia, in qualità di OEM ed EPC di impianti a ciclo combinato, ha sviluppato le soluzioni di upgrade per rendere più flessibili gli impianti in esercizio, che oggi si devono adattare ad un mercato completamente diverso da quello esistente al momento della costruzione.

Flexibility Packages La AE94.3A è la turbina a gas Ansaldo Energia più evoluta, adatta a rispondere ai requisiti di flessibilità richiesti. Le soluzioni tecnologiche sviluppate (Flexibility Packages) migliorano le prestazioni dell’impianto in termini di: • riduzione del minimo tecnico • supporto alla rete: aumento dei gradienti di carico • riduzione dei tempi di avviamento.

Riduzione del minimo tecnico

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Grazie all’utilizzo di bruciatori a basse emissioni di NOx, il minimo tecnico (ovvero la potenza minima erogabile dall’impianto nel rispetto delle normative sulle emissioni) risulta limitato nelle turbine a gas Ansaldo Energia dal contenuto di monossido di carbonio nei gas di scarico. È possibile ridurre il minimo tecnico seguendo una delle seguenti strategie: • Ridurre la produzione di CO aumentando la temperatura in camera di combustione, favorendo quindi la reazione CO + ½O2 ➡ CO2. Tale incremento è realizzabile mediante riduzione della portata d’aria ai bruciatori, in modo da contenere l’eccesso d’aria sulla fiamma. Raggiunta la completa chiusura delle IGV (Inlet Guide Vanes) sono state identificate le seguenti strategie:

- aumento della temperatura di ingresso TG mediante l’uso del sistema anti-icing a scambiatore esterno - aumento della temperatura di ingresso TG e riduzione della portata d’aria alla camera di combustione mediante l’uso del sistema anti-icing a ricircolo - riduzione della portata d’aria alla camera di combustione mediante la completa apertura delle valvole di raffreddamento pale turbina - riduzione della portata d’aria alla camera di combustione mediante l’apertura delle valvole blow-off. • Facilitare la conversione di CO in CO2 nei gas di scarico della turbina a gas grazie all’uso di materiale catalitico in grado di attivare la reazione anche a temperature più basse. In questo caso risulta necessario installare, a valle dello scarico turbina, un convertitore catalitico che sia in grado di attivare la reazione anche quando la temperatura sia minore di quella di attivazione. Poiché il catalizzatore CO permette di raggiungere un’efficienza di conversione fino al 95-98%, dopo la sua installazione in caldaia la TG può essere esercita a carichi molto bassi con IGV chiuse, dove aumenti e riduzioni di carico sono ottenuti dalla sola regolazione della portata gas, in condizione di portata aria costante. Ciò comporta gradienti di temperatura sui materiali più gravosi, il cui impatto è stato calcolato sulla manutenzione dei componenti. Sono state condotte diverse campagne di test da Ansaldo Energia, in collaborazione con i clienti, allo scopo di valutare il contributo delle diverse soluzioni volte alla riduzione del minimo tecnico. Nella tabella 1 sono riassunti i risultati ottenuti.

Supporto alla rete La rete continentale sta rapidamente cambiando il mix di generatori connessi in virtù dell’aumento della quota delle energie rinnovabili. Rispetto ai cicli convenzionali, gli impianti a ciclo combinato offrono la capacità di effettuare grandi variazioni di carico per compensare le variazioni della frequenza di rete causata da problemi sulla linea o dalla natura volatile degli impianti solari o eolici. Nel 2015 sono stati testati con successo da Ansaldo


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Soluzione

Beneficio testato su turbina a gas

Utilizzo sistema anti-icing

-8÷10 MW

Apertura valvole di raffreddamento pale

-3÷5 MW

Apertura valvole Blow-off

-8 MW (1 B.O.) -15 MW (2 B.O.)

Catalizzatore CO

-30÷35 MW

Tab. 1 - Beneficio soluzioni per la riduzione del minimo tecnico

sulle proprie turbine a gas gradienti di carico fino a 50 MW/min, rilasciando per il funzionamento il valore ragguardevole di 45 MW/min. Le rampe sono state testate con lo scopo di avere un gradiente più veloce mantenendo la stessa affidabilità. Con gradienti elevati occorre prestare particolare attenzione alla stabilità di combustione durante variazioni veloci ed estese. Infatti, a causa della stretta relazione tra humming e rampe veloci, l’aggiornamento dei gradienti viene introdotto con una nuova release del regolatore della turbina a gas che include la funzione di auto-tuning.

Riduzione dei tempi di avviamento

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Il tempo di avviamento della turbina a gas dipende dal gradiente di carico a freddo (cioè durante la prima ora di funzionamento). Il gradiente di 13 MW/min è stato testato e rilasciato (rispetto al valore standard di 6 MW/min) a valle di accurate analisi per la verifica dei giochi turbina durante il transitorio e della fatica oligociclica sui componenti dovuta agli stress termomeccanici. La riduzione del tempo complessivo di avviamento di impianto è inoltre strettamente legata all’incremento dei gradienti di velocità e carico della turbina a vapore. Il rotore turbina, con la sua grande massa metallica, è una delle parti più critiche dell’impianto durante la fase di avviamento, a causa dello stress termomeccanico indotto dalla differenza di temperatura tra la superficie e la parte interna del rotore. Per questo Ansaldo Energia ha sviluppato un tool in grado di ottimizzare consapevolmente i tempi di avviamento delle TV, nel rispetto della vita utile della macchina. Il tool si basa su un modello agli elementi finiti per il calcolo della distribuzione termica e delle sollecitazioni durante i transitori, da cui vengono ricavati lo stress ed il consumo di vita nei punti critici del rotore TV e calcolati i parametri ottimali di start-up sulla base di un obiettivo di consumo di vita. L’implementazione del nuovo Rotor Stress Evaluator (RSE) sul sistema di controllo permette di definire diverse strategie di avviamento, consentendo una riduzione dei tempi. Il gestore dell’impianto può scegliere, per ogni tipologia di avviamento (ad esempio freddo, tiepido e caldo), sulla base delle richieste del mercato, un avviamento molto veloce con corrispondente consumo di vita più elevato, o un avviamento più graduale con bassi stress termomeccanici ma tempi di avviamento più lunghi.

Soluzione

Beneficio testato

Gradiente di carico TG a freddo

Fino a 13 MW/min

Purge Credit

Fino a 20 min riduzione tempo avviamento

Nuovo RSE

Ottimizzazione della strategia di avviamento

Tab. 2 - Beneficio soluzioni per la riduzione dei tempi di avviamento

Un’altra soluzione studiata per ridurre i tempi di avviamento, applicabile per impianti sia nuovi sia esistenti, è la procedura di purge credit. L'accumulo di vapori e liquidi nella turbina a gas e nella caldaia a recupero (HRSG) durante una fermata può bruciare durante l’avviamento dell’unità e, in rari casi, provocare esplosioni e incendi. Per evitare tale rischio, la normale pratica di sicurezza prevede prima dell’avviamento il lavaggio (purging) di TG e HRSG con aria ambiente per eliminare i residui di gas combustibili. La procedura di purge credit prevede che il lavaggio venga effettuato durante la fermata dell’impianto, in modo da risparmiare il tempo del purging durante il successivo avviamento. Questo è possibile grazie all’introduzione di valvole e vent aggiuntivi sulla linea di adduzione gas, in modo da assicurarne l’isolamento dalla turbina a gas. Una soluzione speciale, un pacchetto preassemblato, è stato pensato da Ansaldo, al fine di ridurre al minimo il tempo per l’upgrade del sistema e il relativo commissioning. In caso di avviamento da caldo, l'attuazione del purge credit può portare un risparmio fino a 20 minuti rispetto ai tempi di avviamento normali.

Conclusioni Il nuovo scenario energetico richiede un significativo sforzo tecnologico allo scopo di mutuare le nuove esigenze di flessibilità di conduzione con la tecnologia propria degli impianti a ciclo combinato. Ansaldo Energia conferma il proprio impegno in questa sfida che richiede di coniugare valutazioni e studi tecnici approfonditi che garantiscano ai clienti un funzionamento affidabile con tempi d’implementazione veloci.

L’autore Federico Calzolari federico.calzolari@ansaldoenergia.com Laureato in Ingegneria meccanica, inizia a lavorare come ricercatore associato. Dopo un contratto di collaborazione con Honeywell Garrett e un’esperienza in Piaggio Aero Industries, nel 2004 viene assunto presso Ansaldo Energia nel dipartimento di Automazione. Nel 2009 diventa Project Engineer nel dipartimento di ricerca e sviluppo, lavorando su progetti relativi ai sistemi di controllo e dedicandosi successivamente alla flessibilità degli impianti. Dal 2011 assume il ruolo di R&D Project Manager.


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Le risorse di flessibilità per il sistema elettrico: i sistemi di accumulo Terna ha realizzato e messo in esercizio i primi tre impianti di accumulo con tecnologia energy intensive nel Sud Italia, per una potenza complessiva di 35 MW, mentre in Sicilia e Sardegna prosegue il progetto Storage Lab di batterie power intensive. Con questi progetti lo storage elettrico è già oggi uno dei settori in cui l’Italia primeggia a livello internazionale per know how e tecnologia.

Il crescente aumento di impianti di generazione elettrica da fonti rinnovabili non programmabili – oltre 27,5 GW installati –, in particolar modo nelle regioni del Meridione e nelle due Isole maggiori del nostro Paese, ha determinato in questi anni un impatto sempre più tangibile sui processi del dispacciamento dell’energia elettrica e, in generale, sull’esercizio in sicurezza e sui costi di gestione del sistema elettrico nazionale. Uno degli indicatori maggiormente rappresentativi del fenomeno è stato il progressivo incremento di congestioni su reti in alta tensione, associate all’eccessiva diffusione degli impianti eolici, in alcune aree nel Sud Italia, rispetto alle capacità di trasporto delle linee, con conseguente necessità di dover modulare, in molteplici occorrenze dell’anno, una buona parte della generazione potenzialmente producibile. Inoltre, per far fronte alla ridotta programmabilità della generazione da fonti rinnovabili dovuta alla loro natura intermittente e aleatoria, nonché alla relativa scarsa capacità Foto sopra: sistema di accumulo

di regolazione, Terna, la società che gestisce la Rete di Trasmissione Elettrica Nazionale (RTN), ha avuto necessità di approvvigionare onerosamente sui mercati elettrici un maggior quantitativo di riserva da generazione di tipo convenzionale: in particolare, a questi ultimi, si è richiesto progressivamente una maggiore flessibilità e rapidità di risposta nella variazione dei programmi di potenza, fino a richiedere frequenti fermate ed avviamenti, rapide rampe di presa e di rilascio carico. Il ripristino dei dovuti margini di sicurezza ha determinato pertanto un notevole incremento dei costi per il sistema.

L’integrazione con i sistemi di accumulo Terna ha avuto il merito di aver posto il tema degli accumuli (storage) con largo anticipo e attualmente è l’unico gestore europeo a testare quasi tutte le diverse tecnologie a oggi esistenti su questa scala: con oltre 12 tecnologie sperimentate, Terna possiede il più vasto know-how

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Soluzioni Software

per l’Industria le Reti e le Utility

in materia di grid scale energy storage a livello internazionale. Analisi approfondite condotte da Terna hanno portato infatti a individuare nell’accumulo dell’energia una delle possibili soluzioni al problema sopracitato: Terna ha così pianificato l’installazione di alcune tecnologie di batterie individuate nel processo di selezione come le più idonee a favorire e massimizzare lo sfruttamento e l’integrazione delle rinnovabili in determinate porzioni di rete del territorio nazionale. In tal senso, tecnologie di batterie a base litio o del tipo Zebra, cosiddette power intensive, risultano più adatte per servizi di rete come l’incremento di capacità di regolazione di frequenza del sistema, in quanto vengono richiesti rapidi tempi di risposta ed elevata efficienza nell’erogazione di cicli di carica e scarica in luogo di grandi capacità di accumulo. Per contro, esigenze come la risoluzione di congestioni di rete o il bilanciamento elettrico del sistema, risultano efficacemente soddisfatte da tecnologie di tipo energy intensive, ovvero batterie ad elevata capacità di accumulo, in grado di immagazzinare e rilasciare energia in maniera consecutiva per oltre sette ore (esempio tecnologia NAS – sodio/zolfo, prodotta dal fornitore giapponese NGK Insulators).

I progetti Terna

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La selezione delle tecnologie e la localizzazione di taglie opportune di impianti di accumulo è funzione delle esigenze di rete: nell’ambito del Piano di Sviluppo della Rtn 2011, Terna ha individuato nel Sud Italia un programma di installazione complessivo di 130 MW di sistemi di accumulo di tipo energy intensive, esteso nel Piano successivo di ulteriori 110 MW circa, selezionando, attraverso un bando di gara pubblico, la tecnologia NAS come maggiormente idonea al contesto. Il Ministero dello Sviluppo Economico, considerato il carattere fortemente innovativo di tali sistemi, ha ritenuto opportuno procedere con una prima fase sperimentale su scala adeguata, autorizzando un programma per complessivi 35 MW di potenza, suddivisi in tre siti di potenza ciascuno di circa 12 MW. Il primo impianto SANC (Sistema di Accumulo Non Convenzionale) entrato in esercizio a dicembre 2014 è Ginestra (12 MW), afferente alla dorsale critica 150 kV “Benevento 2 – Montefalcone – Celle San Vito” e localizzato nel comune di Castelfranco in Miscano (Benevento). Successivamente sono entrati in esercizio gli impianti di Flumeri (12 MW) e Scampitella SANC (10,8 MW) collegati alla porzione di rete 150 kV “Benevento 2 – Bisaccia 380” e localizzati in provincia di Avellino. In aggiunta, nell’ambito del Piano di Difesa per la Sicurezza del sistema elettrico nazionale 2012-2015, Terna ha individuato la necessità di installare 40 MW di sistemi di accumulo con caratteristiche power intensive al fine di mitigare le criticità di scarsa inerzia e capacità di regolazione di frequenza su porzioni di rete in alta tensione delle Isole Sicilia e Sardegna. In particolare, Terna ha ritenuto necessario sperimentare


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Insieme di moduli tecnologia NAS

l’utilizzo di varie tecnologie di tipo lithium-based e Zebra per i primi 16 MW (8 MW a Codrongianos in Sardegna, 8 MW a Ciminna in Sicilia) con singole unità di taglia pari a circa 1 MW integrate tra loro. Quello di Codrongianos, progetto denominato Storage Lab e sviluppato in accordo con l’Autorità per l’Energia Elettrica il Gas e il Sistema Idrico, rappresenta al momento il più importante impianto di accumulo in Europa, il più grande polo multi-tecnologico al mondo, nonché il primo progetto di storage a supporto e protezione delle reti elettriche. La fase di selezione delle tecnologie più promettenti, anche in dipendenza della capacità di integrazione di queste con i sistemi di controllo e dispacciamento di Terna, verrà utilizzata per completare i rimanenti 24 MW previsti dal Piano di Difesa.

Dentro le batterie: progettare, realizzare e gestire un impianto di storage energy intensive Un impianto Sanc da 12 MW, come quello realizzato da Terna nel Sud Italia, è un sistema in media (MT) e bassa tensione (BT) per l’immagazzinamento e la restituzione in rete di energia elettrica mediante batterie elettrochimiche NAS. Il sistema occupa un superficie di circa 8.000 mq ed è collegato alla Rtn mediante una stazione di connessione AT/MT (150/20 kV). La realizzazione è soggetta all’Autorizzazione Unica Ministeriale D. Lgs. 239/043 “sulle disposizioni urgenti per la sicurezza e lo sviluppo del sistema elettrico nazionale, e per il recupero di potenza di energia elettrica”. In fase di iter autorizzativo si è soddisfatto quanto previsto

dalla legge e dalla normativa vigente in tema di sicurezza per le persone e l’ambiente, nonché in tematiche specifiche di sicurezza antincendio, ovvero rispettivamente secondo quanto disposto dalla Direttiva Seveso – D.Lgs. 334/99 – relativa al controllo dei pericoli di incidenti rilevanti connessi con determinate sostanze pericolose – e dal regolamento D.P.R 151/11 recante la semplificazione della disciplina dei procedimenti relativi alla prevenzione degli incendi. L’assoggettabilità alla Direttiva Seveso è una conseguenza derivante dall’utilizzo della tecnologia NAS per la realizzazione delle celle elettrochimiche dei moduli batterie e, in particolare, dal contenuto complessivo di materia attiva delle celle installate in sito. I principali criteri di progettazione consistono nell’utilizzo di tecnologie consolidate per realizzare le sezioni tradizionali d’impianto MT e BT, prevedendo soluzioni containerizzate per installazioni outdoor a elevata modularità e di facile amovibilità, nonché un’elevata ridondanza nelle sorgenti di alimentazione e nei sistemi dei servizi ausiliari, lasciando un elevato contenuto di innovazione progettuale alle sole sezioni di impianto attinenti gli assemblati batteria NAS e i convertitori statici di potenza. Ai fini della conduzione e del dispacciamento locale e da remoto dell’impianto, il singolo sottosistema di taglia minima che può essere azionato in carica o in scarica per l’erogazione di servizi di rete, in maniera indipendente dagli altri, viene denominato Unità di Accumulo (UAC). Ogni UAC può essere di taglia 1,2 MW o 2,4 MW, a seconda che essa sia costituita da un convertitore statico di potenza (PCS) che aziona singolarmente un assemblato batterie NAS di taglia 1,2 MW oppure simultaneamente due assemblati batterie. Il sistema di controllo del PCS dialoga con il sistema di controllo delle batterie (cd. Battery Management System), per controllare l’azionamento e attuare eventuali limitazioni o blocchi alla carica o alla scarica provenienti da esso, nonché si interfaccia con un sistema di controllo centralizzato in sito, denominato SCI (Sistema di Controllo Integrato), al fine della conduzione della UAC da remoto dai Sistemi Centrali di Terna (in particolare la Sala di teleconduzione CTI Bari e la Sala di telecontrollo CR Napoli). In dettaglio, l’attivazione di fasi di scarica o di fasi di carica delle UAC è conseguenza di comandi manuali di erogazione o assorbimento di potenza attiva dalla rete (es. tramite invio di programmi di produzione ed accumulo) impartiti dai centri remoti di Terna, oppure di richieste di scambio di potenza provenienti dai regolatori automatici locali di frequenza (per la regolazione primaria di frequenza) o dal regolatore automatico centrale di area (per la regolazione secondaria di frequenza). Analogamente, lo scambio di potenza reattiva con la rete può avvenire tramite invio manuale di set-point di potenza oppure tramite l’attivazione del regolatore automatico primario locale di tensione. In aggiunta, il sistema SCI è dotato di funzioni SCADA di automazione, controllo e monitoraggio, per supervisionare e gestire anche autonomamente l’intero impianto.

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Curve di possibilità pluviometrica di Milano 1971-2012 e cambiamenti climatici

Gianfranco Becciu, Stefano Mambretti, Umberto Sanfilippo – DICA, Politecnico di Milano Maurizio Brown, Fabio Marelli, Andrea Salvatore – MM S.p.A. La stima delle caratteristiche delle precipitazioni estreme è un elemento essenziale nell’ingegneria delle risorse idriche. È basata su linee segnalatrici della possibilità pluviometrica (dette anche curve di possibilità pluviometrica) esprimibili come relazioni altezza-durata-frequenza (ADF) ovvero intensità-durata-frequenza (IDF). Anche se queste relazioni sono di solito semplici ed i relativi metodi di stima sono ben consolidati in letteratura, di recente una certa attenzione è sorta in merito ai possibili effetti del cambiamento climatico sulla loro affidabilità probabilistica. Secondo i più recenti studi, l’aumento della temperatura ambientale a scala planetaria intensificherà i flussi di energia che determinano il ciclo idrologico (Bates et al., 2008), amplificando così la grandezza di alcuni degli eventi idrologici estremi. Tali eventi, come siccità e inondazioni, diventeranno più frequenti e intensi in alcune zone che risultano essere più inclini a disastri idrologici. Milly et al. (2008) sostengono che il cambiamento climatico mina la stazionarietà, un assunto di base che storicamente ha sostenuto la pratica e la ricerca in materia di idrologia e di gestione delle risorse idriche. Anche studi specifici sui regimi delle precipitazioni evidenziano effetti di scenari di cambiamento climatico

(Karl et al., 1995; Schönwiese, 1997; Sneyers et al., 1993; Piervitali et al., 1997), suggerendo che la stima delle precipitazioni da approcci tradizionali, basata sull’ipotesi di stazionarietà ed ergodicità della serie storica, potrebbe rivelarsi influenzata in modo significativo da errori sistematici. Va sottolineato che il cambiamento climatico può incidere sulle precipitazioni non solo in termini di altezze annuali, ma anche per quanto concerne le distribuzioni stagionali, il numero di giorni di pioggia e i modelli di pioggia. Ciò significa che le tendenze che sono significative per qualche caratteristica possono non esserlo per altre (Yu e Neil, 1991). Tuttavia, anche se in molti casi sono state evidenziate tendenze significative, non c’è ancora un’opinione univoca nella comunità scientifica sulla loro reale natura, anche per via della lunghezza relativamente breve di molte delle serie storiche analizzate, tanto che alcuni Autori (per esempio Portela, 2009) affermano chiaramente che nelle serie storiche di precipitazione da loro analizzate non sono individuabili tendenze. Scopo di questo lavoro è quello di determinare le curve segnalatrici di possibilità pluviometrica dell’area di Milano verificando i possibili effetti dei cambiamenti climatici.

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Altezza massima annua [mm]

45 40 35 30 25 20 15 10 5 0 1970 1975 1980 1985 1990 1995 2000 2005 2010 2015 Anno

! Altezza massima annua [mm]

180

!

Figura 1

La rete dei pluviografi milanesi Fin dal 1895 il Comune di Milano si è dotato di una rete di pluviometri, che attualmente risulta costituita da 17 pluviometrografi, 15 dei quali distribuiti uniformemente sul territorio comunale, 1 nel Comune di Cusano Milanino e 1 in quello di Garbagnate Milanese (fig.1). Si tratta di una delle reti pluviometriche più consistenti tra quelle in essere (non solo in Italia) sia per l’estensione, sia per la continuità temporale delle registrazioni, che sono state e continuano ad essere oggetto di studi e ricerche anche da parte di diversi istituti universitari. Lo studio e l’elaborazione statistica dei dati raccolti dalla rete pluviometrica comunale in gestione a MM S.p.A. (che dal 2003 ha acquisito la gestione del Servizio Idrico Integrato) nei 42 anni dal 1971 al 2012, oltre a consentire la determinazione delle curve di possibilità climatica, permette di delineare le caratteristiche del regime pluviometrico del territorio milanese e, in particolare, un’analisi in merito ai gradienti delle grandezze caratteristiche delle precipitazioni atmosferiche. I dati utilizzati per il presente lavoro provengono dal pluviografo di via Monviso, sul quale vi è un consenso generale (Brown et al., 1990; Piga et al., 1990) in merito al suo interesse e alla sua significatività, grazie sia alla sua posizione centrale nella rete, sia alla circostanza che nel 1970 era uno dei primi dotato di dispositivo SIAP basculante con registrazione meccanica. Più tardi, nel 2001, è stato uno dei primi dotati di un dispositivo SIAP basculante con registrazione digitale. Inoltre, per consentire un controllo della coerenza dei dati, dal 2001 i due strumenti (meccanico e digitale) hanno lavorato assieme, entrambi registrando i dati di pioggia in posizioni contigue.

160 140 120 100 80 60 40 20 0 1970 1975 1980 1985 1990 1995 2000 2005 2010 2015 Anno

Figura 2. Altezze massime di pioggia registrate nella serie storica di 42 anni a Milano dal 1971 al 2012 per durate di 20 minuti (in alto) e 1440 minuti (in basso), con le relative linee di tendenza.

In questo lavoro si è usata la serie storica delle precipitazioni registrate dalla stazione di Via Monviso negli anni dal 1971 al 2012: i dati precedenti, sebbene disponibili, non sono stati utilizzati in questo lavoro perché i due strumenti (Richard fino alla fine del 1970 e SIAP dall’inizio del 1971) non hanno mai lavorato insieme e la loro reciproca coerenza non è direttamente controllabile. Le due serie storiche potrebbero non costituire un’unica base di dati.

Analisi delle massime intensità Per la valutazione dell’andamento delle piogge sono stati estratti i massimi annuali per le durate di 5, 10, 15, 20, 30, 45, 60, 90, 120, 180, 240, 300, 360, 420, 480, 540, 600, 720, 1080, 1440 minuti (ovvero 24 ore). L’andamento dei massimi annuali è naturalmente molto sparso, ma all’apparenza decisamente significativo. I quarantadue anni consecutivi analizzati mostrano che per le brevi durate, ovvero dai 5 ai 720 minuti (ovvero 12 ore), le massime altezze di pioggia tendono ad aumentare. Viceversa, per durate superiori alle 12 ore, l’andamento delle massime altezze resta invariato (fig.2). Questo comportamento è in accordo con l’idea generalmente accettata secondo la quale, a causa dei cambiamenti climatici, gli eventi estremi sono in aumento mentre i valori medi rimangono pressoché costanti. Tuttavia, il test non-parametrico Mann-Kendall, anche noto come test Kendall-Tau (Mann, 1945; Kendall, 1975), spesso utilizzato per determinare la presenza di tendenze, applicato alle serie storiche in esame e condotto con livello di significatività del 5%, ha mostrato che queste non sono statisticamente indicative per alcuna delle 20 durate considerate.

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Curva doppia monomia Serie 1971-2012 5 min ≤ θ ≤ 25 min 25 min ≤ θ ≤ 24 ore T [anni] 2 5 10

a 41,2 54,9 64,5

n 0,562 0,562 0,562

a 32,0 42,7 50,1

n 0,276 0,276 0,276

Curva a tre parametri

Serie 1971-1987

5 min ≤ θ ≤ 24 ore A 34,6 46,0 54,1

B 0,104 0,104 0,104

C 0,754 0,754 0,754

T [anni] 2 5 10

Curva doppia monomia 5 min ≤ θ ≤ τ* a n 48,8 0,6161 60,4 0,6121 69,3 0,6106

τ* [min] 20.9 22.1 22.9

τ* ≤ θ ≤ 24 ore a n 34,0 0,2729 42,7 0,2621 49,2 0,2563

Tabella 1. Valori numerici per il confronto tra le curve di possibilità pluviometrica per tempi di ritorno T pari a 2, 5 e 10 anni generate a partire rispettivamente sia dalle equazioni (2) e (2’) ovvero (3) relative alla serie di Milano – Via Monviso 1971-2012 sia dalle equazioni monomie (peraltro individuate non sulla base del metodo dell’invarianza di scala) precedentemente pubblicate in letteratura (Piga et al., 1990).

Curve di possibilità pluviometrica Avendo appurato che per la serie di dati della stazione pluviometrica considerata non vi sono significative tendenze in termini di cambiamento climatico, per individuare le curve di possibilità pluviometrica si è utilizzata l’intera serie di dati. Quindi è stato applicato il metodo dell’invarianza di scala (Rosso e Burlando, 1990; De Michele et al., 2005; Kottegoda e Rosso, 2008), che presuppone l’autosomiglianza statistica delle distribuzioni di probabilità di tutte le durate. Secondo tale metodo le curve di possibilità pluviometrica possono essere espresse nella forma:

h(θ,T ) = ξ(T )·µ(θ)

(1)

nella quale µ(θ) è la curva che interpola l’andamento delle medie campionarie dei massimi annui, mentre ξ(T ) è il fattore di crescita in funzione del tempo di ritorno T. Per individuare la funzione µ(θ) interpolante le medie campionarie dei massimi annui per le varie durate θ sono stati sviluppati due approcci alternativi. Il primo approccio è consistito nell’esprimere la funzione µ(θ) mediante due curve monomie, rispettivamente una per le durate più brevi e una per le durate più lunghe. In particolare si sono individuati due campi delle durate θ, rispettivamente 5 minuti ≤ θ ≤ 25 minuti e 25 mi-

nuti ≤ θ ≤ 1440 minuti. Il secondo approccio è consistito invece nell’esprimere la funzione µ(θ) mediante una sola curva a tre parametri. Per l’individuazione del fattore di crescita ξ(T ) si è poi ricercata quale fosse la distribuzione di probabilità P più performante in termini d’interpolazione dei dati campionati nei 42 anni per le 20 diverse durate, ciascuno adimensionalizzato rispetto alla media campionaria della propria durata, così da formare un unico campione aggregato. In particolare sono state considerate quattro diverse espressioni di distribuzioni di probabilità per valori estremi (GEV, Frechèt, Weibull, Gumbel), calibrando i corrispondenti parametri attraverso il metodo dei minimi quadrati e conducendo poi un’analisi congiunta del test di adattamento della fascia fiduciaria e di quello di Pearson. L’analisi congiunta dei risultati di tali due test di adattamento statistico - tenendo conto che per le distribuzioni di probabilità di Gumbel il test della fascia fiduciaria non è del tutto attendibile a causa della notevole apertura della banda di accettazione proprio verso i valori di elevato tempo di ritorno - porta a ritenere che per la serie di Milano – Via Monviso 1971-2012 la distribuzione di probabilità, e quindi il fattore di crescita, più performanti siano quelli di tipo GEV. Pertanto si ottengono le curve di possibilità pluviometrica valide per durate da 5 minuti a 24 ore, essendo le altezze h espresse in mm, le durate θ in ore e i tempi di ritorno T in anni come da equazione 2

( 0,259 ( 1 %% h = µ(θ) ⋅ ξ(T ) = a (T ) ⋅ θ n = 44,0 ⋅ '0,841 + ⋅ ' 1 − [− ln(1 − )] −0,0600 ⋅$$ ⋅ θ 0,562 T − 0,0600 & ## & !

(2)

( 0,259 ( 1 %% h = µ(θ) ⋅ ξ(T ) = a (T ) ⋅ θ n = 34,2 ⋅ '0,841 + ⋅ ' 1 − [− ln(1 − )] −0,0600 ⋅$$ ⋅ θ 0, 276 T − 0,0600 & ## & !

(2’)

0,259   ⋅ 1 − [ − ln(1 − 1 / T )] −0,0600 ⋅  36,9 ⋅ 0,841 + − 0,0600   ⋅θ= ⋅θ h = µ(θ) ⋅ ξ(T ) = ( B + θ) C (0,104 + θ) 0,754 A(T )

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{

}

(3)

(2)

(2')

(3)



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ra (Piga et al., 1990) riguardo alla serie di Milano – Via Monviso 1971-1987. Si può osservare che: • per tutti e tre i tempi di ritorno T considerati, le curve a doppia monomia 1971-2012 tendono a fornire valori maggiori rispetto a quelle corrispondenti a tre parametri in un campo delle durate che è di rilevante interesse pratico per il dimensionamento e la verifica dei sistemi di drenaggio urbano, ovvero tra 20 minuti e 40 minuti. Avviene peraltro lo stesso anche nel campo delle durate tra 18 e 24 ore • per le durate inferiori all’ora, per T = 2 anni le curve 1971-1987 tendono a fornire valori più elevati rispetto alle curve 1971-2012, invece per T = 5 anni tali differenze sono molto piccole mentre per T = 10 anni divengono inapprezzabili; ciò accade non solo per la differente base di dati ma anche in conseguenza del fatto che le prime poggiano su un’interpretazione statistica secondo la distribuzione di probabilità di Gumbel mentre le seconde secondo la distribuzione di probabilità GEV • per le durate superiori all’ora, per T = 2 anni le curve 1971-1987 tendono a fornire valori più elevati rispetto alle curve 1971-2012, invece per T = 5 anni le curve 1971-1987 tendono a fornire valori un po’ inferiori rispetto a quelle 1971-2012 mentre per T = 10 anni pure inferiori ma ancor più marcatamente; ciò accade per le stesse ragioni esposte riguardo il punto precedente. !

!

Figura 3. Grafici di confronto tra le curve di possibilità pluviometrica per tempi di ritorno T pari a 2, 5 e 10 anni generate a partire rispettivamente sia dalle equazioni (2) e (2’) ovvero (3) relative alla serie di Milano – Via Monviso 1971-2012 sia dalle equazioni monomie (peraltro individuate non sulla base del metodo dell’invarianza di scala) precedentemente pubblicate in letteratura (Piga et al., 1990) riguardo alla serie di Milano – Via Monviso 1971-1987. a) per durate comprese tra 5 minuti e 1 ora b) per durate comprese tra 1 ora e 24 ore.

per 5 min ≤ θ ≤ 25 min come da equazione 2’ per 25 min ≤ θ ≤ 24 ore nel caso di approccio con due curve monomie a due parametri come da equazione 3 nel caso di approccio con curva a tre parametri.

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La Tabella 1 e la figura 3 mostrano il confronto tra le curve di possibilità pluviometrica per tempi di ritorno T pari a 2, 5 e 10 anni generate a partire rispettivamente sia dalle equazioni (2) e (2’), ovvero (3) relative alla serie di Milano – Via Monviso 1971-2012 sia dalle equazioni monomie (peraltro individuate non sulla base del metodo dell’invarianza di scala) precedentemente pubblicate in letteratu-

Prima postazione installata dal Comune di Milano sulla terrazza di Palazzo Marino nel 1895


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Modello di flusso delle acque sotterranee a Rho e comuni limitrofi Maurizio Gorla e Chiara Righetti – CAP Holding S.p.A.

Il fenomeno d’innalzamento della falda nell’area metropolitana di Milano comincia ad evidenziarsi all’inizio degli anni ’90 del secolo scorso. Complice soprattutto la cessata attività di numerose realtà industriali, notoriamente “idrovore”, i livelli di falda, scesi drasticamente fino a toccare minimi storici quasi allarmanti negli anni ’60-’70 costringendo l’opinione pubblica a parlare di “depauperamento delle risorse idriche sotterranee”, risalgono in maniera repentina e, nel giro di pochi anni, tornano alle quote raggiunte nel primo dopoguerra. Tale fenomeno ha provocato un notevole disagio, specialmente per ciò che riguarda l’utilizzo dei volumi interrati, adibiti a box, garage ed altro. Dopo un periodo di apparente stabilizzazione, la soggiacenza dell’acquifero freatico è tornata a crescere, avvicinandosi ancor più al piano campagna, soprattutto nel corso degli ultimi due-tre anni e lungo la fascia di comuni immediatamente a nord della conurbazione milanese, in particolare nel Comune di Rho e zone limitrofe. In tale contesto appare sempre più imprescindibile il ricorso a strumenti operativi capaci di fornire risposte gestionali e previsionali, per poter programmare e realizzare al meglio gli opportuni interventi di contrasto/ottimizzazione. Una delle possibili soluzioni è rappresentata dall’elaborazione e applicazione di modelli numerici per la simulazione del deflusso delle acque sotterranee, poiché essi sono ormai considerati a pieno titolo un valido strumento di analisi delle risorse idriche, impiegabili in una “pletora” di azioni gestionali e di pianificazione. A tale proposito, il Gruppo CAP è già da tempo impegnato nello sviluppo di uno strumento aziendale di supporto alle

decisioni (P.I.A.), nell’ambito del quale è prevista anche l’elaborazione di un modello di flusso e trasporto 3D alla scala del bacino idrogeologico di riferimento (fig.1). Di seguito riportiamo la sintesi dei risultati ottenuti a seguito della realizzazione da parte di CAP Holding SpA (Gruppo CAP) di un modello di flusso preliminare delle acque sotterranee realizzato per il Comune di Rho (Milano). Il modello è stato implementato, in regime stazionario, mediante l’applicazione del codice di calcolo agli elementi finiti FEFLOW® (Finite-Element Simulation System for subsurface flow and transport processes, v. 6.2) della DHI-WASY, consentendo di simulare il flusso idrico sotterraneo dell’acquifero tradizionale nell’area di Rho e comuni limitrofi. Il modello calibrato ha permesso di effettuare simulazioni previsionali circa l’entità del possibile abbassamento dei livelli idrostatici, in rapporto a variazioni indotte sui volumi di sollevato nel comprensorio esaminato.

Figura 1: Bacino idrogeologico di riferimento del progetto P.I.A. (Piano Infrastrutturale Acquedotti)

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Figura 2: Schema generale dei rapporti stratigrafici e dei connessi sistemi acquiferi esistenti nel sottosuolo milanese

(abbassamento dell’ordine del mezzo metro o più). La base di questa prima falda si ritrova intorno ai 30-40 m da p.c. Al di sotto di un livello limoso-argilloso di spessore plurimetrico (acquitardo), si rileva la presenza di un secondo complesso acquifero sabbioso-ghiaioso, anch’esso dotato di spessore decametrici e alta potenzialità idrica, denominato Acquifero B. Il bottom di questa seconda falda si rinviene attorno ai 100 m da p.c. A profondità ancora maggiori, è presente un terzo sistema acquifero (Acquifero C), confinato, prevalentemente sabbioso e con spessori medi al massimo di una decina di metri. Lo studio modellistico è stato effettuato solamente sugli Acquiferi A e B, ed interposto acquitardo, caratterizzati da una successione di depositi in facies fluviale sia di tipo braided (frazioni grossolane) sia meandriforme (frazioni più fini). Tali oggetti geologici evidenziano un alto grado di anisotropia ed eterogeneità sia lateralmente, che lungo la verticale, nonché un grado di vulnerabilità variabile, da molto elevato a basso, in relazione alla presenza o meno di orizzonti superficiali a ridotta permeabilità. Nel complesso, le due “formazioni” sono sede di un acquifero principale, il cui profilo idrodinamico può variare lungo gradiente da libero a confinato, tradizionalmente sfruttato dalla maggioranza dei pozzi di captazione, sia a scopo idropotabile sia industriale/irriguo, attivi in zona.

Caratteristiche del modello numerico

Figura 3: Area di studio

Inquadramento idrogeologico

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Il primo sottosuolo della pianura milanese, soprattutto nella fascia a nord del capoluogo lombardo, è composto da una potente sequenza di materiali sciolti ad alto grado di permeabilità (ghiaie e sabbie), con spessori anche delle decine di metri, i quali danno luogo ad un primo acquifero, noto in bibliografia col nome di aves o più recentemente come Acquifero A (fig. 2). Tale acquifero si caratterizza per un’elevata trasmissività e storatività, ossia un’alta capacità di sostenere un prelievo di acqua dal sottosuolo anche molto consistente (dell’ordine dei 100 l/s e più). Per questa ragione, l’abbassamento del suo livello idrostatico richiede un’ingente azione drenante, se si vuole ottenere un effettivo riscontro

La prima fase dello studio ha interessato la ricostruzione del modello concettuale geologico e idrogeologico dell’area d’interesse, attraverso l’utilizzo delle banche dati geoambientali di CAP Holding. Tale ricostruzione ha permesso l’implementazione del modello numerico di flusso attraverso il codice di calcolo agli elementi finiti FEFLOW. In relazione alle caratteristiche e alle dimensioni dell’area in oggetto (circa 198 milioni m2, fig. 3), per rappresentare con un adeguato dettaglio la situazione reale, è stata sviluppata una griglia di discretizzazione caratterizzata da 3 layers (strati) che schematizzano rispettivamente l’acquifero A, lo strato di separazione argilloso e l’acquifero B. In corrispondenza dei pozzi in emungimento, così da rendere migliore il risultato modellistico, è stato assegnato un maggior infittimento della griglia di calcolo (fig.4). Il modello è stato calibrato in stato stazionario, sulla base della piezometria statica media misurata nel biennio 2013-14, e relativa all’acquifero A+B. In particolare, sono stati calcolati i valori medi di soggiacenza, rilevati nelle campagne freatimetriche dei mesi di marzo, giugno, settembre e dicembre. Sulla base dei dati a disposizione e in via preliminare sono stati assegnati dei valori di conducibilità idraulica costanti per le tre unità idrogeologiche considerate. È stato assegnato un valore di infiltrazione efficace su tutto il dominio del modello pari a circa il 12% del valore medio delle precipitazioni annue relative al periodo 2013-14 registrate nell’area di studio (dati Epson Meteo/ CAP Holding). La figura 5 mostra l’andamento piezometrico reale e simulato e i valori di residuals (scarto) in corrispondenza dei pozzi target di calibrazione. È possibile osservare una buona corrispondenza tra i valori di carico idraulico reale e simulato dal modello, in corrispondenza di tutta l’area di studio. I maggiori valori di residuals potrebbero essere ricondotti ad eterogeneità locali, che in


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questa fase di studio preliminare non sono state considerate nella schematizzazione del modello concettuale dell’area. Il coefficiente di correlazione vicino ad 1 (0,99), il valore della media dei residui in valore assoluto prossima a zero (0,11 m) e il Normalized Root Mean Square Error (NRMS) inferiore al 10% (4,9%) permettono di confermare la buona calibrazione del modello preliminare elaborato. La media dei residuals in valore assoluto è 1,37 m. Il modello calibrato è stato utilizzato per simulare gli abbassamenti del livello idrico sotterraneo in presenza degli emungimenti in atto (condizioni dinamiche). In particolare è stato assegnato un valore di sollevato pari al valore medio annuo totale registrato nel periodo 2013-14; nel caso di assenza del dato del sollevato in uno dei due anni considerati è stato inserito il dato dell’anno in cui il dato era presente. Nell’area Sud-Ovest del Comune di Rho le simulazioni hanno permesso di osservare:

Fig.4: Griglia di calcolo del modello 3D

• Acquifero A: abbassamenti del livello di falda di circa 4 m con emungimenti pari a circa 4.700 mc/giorno, ossia 1.715.500 mc/anno (in prossimità di altri pozzi limitrofi in emungimento) e di circa 1 m con circa 1.700 mc/giorno (620.500 mc/anno). • Acquifero B: abbassamenti del livello di falda di circa 3-4 m con emungimenti pari a 3.400 mc/giorno (= 1.241.000 mc/anno) e di circa 3,5 m con 2.100 mc/giorno (766.500 mc/anno) (in prossimità di altri pozzi limitrofi in emungimento). Infine, sono state realizzate le seguenti simulazioni previsionali, per valutare la risposta dell’acquifero tradizionale (A+B) alle variazioni degli emungimenti: • Scenario 1: incremento del 20% delle portate emunte nel periodo 2013-14 sui pozzi di tutto il dominio del modello (pari a 9.233 (A) + 26.923 mc/giorno (B), quindi pari a un aumento totale di 13.196.940 mc/anno). Le simulazioni hanno permesso di osservare su tutto il dominio “modellato” un abbassamento medio del livello di falda di circa 1 m. • Scenario 2 (fig. 6): incremento del 25% delle portate emunte nel periodo 2013-14 sui pozzi ubicati nell’area Sud-Ovest del Comune di Rho (2.403 (A) +3.091 mc/giorno (B), ossia pari a un incremento totale di 2.005.310 mc/anno). Nell’area sud-ovest di Rho, interessata dall’aumento degli emungimenti, le simulazioni hanno evidenziato un abbassamento medio del livello di falda di circa 1 m per l’acquifero A e di circa 1,2 m per l’acquifero B, con valori maggiori in corrispondenza delle aree caratterizzate da un maggior numero di pozzi ed emungimenti elevati. In alcuni settori gli abbassamenti di falda derivano dalla clusterizzazione dei pozzi di prelievo. In generale, le depressioni di carico idraulico risultano maggiori rispetto ai valori indicati in corrispondenza delle aree caratterizzate da emungimenti elevati e in presenza di un maggior numero di pozzi. Si sottolinea, inoltre, che l’acquifero B è caratterizzato da valori di conducibilità idraulica minori rispetto all’acquifero A, nonché da emungimenti maggiori.

Figura 5: Andamento piezometrico reale e simulato e i valori di residuals (Res.) in corrispondenza dei pozzi target di calibrazione

Conclusioni Il modello numerico preliminare ha permesso di simulare validamente il flusso idrico sotterraneo dell’acquifero tradizionale nell’area relativa a Rho e comuni limitrofi. Il modello calibrato è stato subito testato come strumento previsionale per valutare l’entità degli abbassamenti del livello di falda, in seguito a variazioni dei valori di sollevato indotti nell’area in esame. L’indagine condotta porta ad affermare che: • per abbassare di 1 metro la piezometrica di falda, sull’intero dominio investigato, occorre estrarre il 20% dell’attuale prelievo totale da pozzi, che in termini quantitativi si traduce in un volume annuo di oltre 13 milioni di

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mc (che necessitano ovviamente di un recapito per il loro vettoriamento) • limitatamente all’area del Comune di Rho (che quindi può essere considerato come “sito pilota” per le indagini avviate sul tema) è necessario prelevare un 25% di acqua sotterranea in più, sempre per ottenere abbassamento di 1 metro (ossia, oltre 2 milioni di mc all’anno in più). Questi dati danno già la dimensione del problema in atto, in particolare della criticità tecnica (individuazione dei recapiti dove andare a riversare tutta quest’acqua di falda) ed economica, ai fini del suo contenimento nei riguardi delle infrastrutture in sotterraneo. L’ulteriore approfondimento del modello concettuale dell’area di studio e il futuro affinamento di quello di flusso ora implementato permetteranno una sempre più efficiente applicazione di tale strumento per scopi previsionali.

Fig.6: Andamento piezometrico reale e simulato - Scenario 2

Gli autori Maurizio Gorla maurizio.gorla@capholding.gruppocap.it Laureato in Geologia, dal 1994 si occupa di Idrogeologia applicata, anche come progettista e direttore dei lavori. È il responsabile del settore geologico di CAP Holding S.p.A. Ha partecipato come lecturer ai Congressi Geologici Mondiali di Firenze 2004, Oslo 2008 e IAH-Roma 2015. Ha pubblicato numerosi articoli scientifici e alcuni volumi divulgativi.

Chiara Righetti chiara.righetti@capholding.gruppocap.it Laureata in Scienze Ambientali, Master in Geotecnologie Ambientali, ha competenze nell’ambito della modellistica numerica idrogeologica, progettazione di Sistemi Informativi Territoriali, analisi geostatistica di dati ambientali, progettazione di attività di bonifica. Ha lavorato nel settore della consulenza ambientale in ambito italiano ed internazionale e fa parte del settore geologico di CAP Holding S.p.A.


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Corsi d’acqua minori nel territorio del Comune di Milano Passato, presente e un’ipotesi di futuro

Giulio Pizzolato – Funzionario tecnico responsabile di MM S.p.A.

Il territorio del Comune di Milano è interessato da numerosi corsi d’acqua che possono essere suddivisi in tre categorie. Corsi d’acqua naturali: fiumi o torrenti che fungono da drenaggio per un bacino idrografico definito. Da ovest verso est, in entrata in città, si possono elencare: • l’Olona con i suoi affluenti Pudiga e Fugone (o Merlata). In uscita dalla città assume la denominazione di Lambro Meridionale, raccogliendo anche acque di sfioro del Naviglio Grande • il Garbogera • il Seveso che prosegue con il nome di Cavo Redefossi, dopo aver unito le sue acque a quelle del Naviglio della Martesana in via Melchiorre Gioia. • il Lambro Settentrionale. Grandi canali artificiali, costruiti a fini di navigazione interna e di irrigazione: • il Naviglio Grande, che a valle della Darsena diventa Naviglio Pavese, e adduce in città e nelle zone agricole

a sud acque derivate dal fiume Ticino • il Naviglio della Martesana che invece veicola acque derivate dal fiume Adda. Corsi d’acqua minori, che derivano in genere le loro acque da quelli delle prime due categorie mediante apposite “bocche di presa” o, in qualche caso, dalla falda freatica tramite i cosiddetti fontanili. In esame sarà quest’ultima categoria, la sua evoluzione nel tempo in relazione alle trasformazioni del territorio circostante e le problematiche che ne derivano. Pare opportuno evidenziare che si tratta di infrastrutture idrauliche artificiali, destinate in origine a soddisfare il fabbisogno irriguo di poderi e tenute agricole del circondario di Milano. In qualche modo un servizio di distribuzione a rete “ante litteram”. Le cartografie di fine Ottocento ci mostrano una Milano in gran parte ancora contenuta entro la cerchia interna; l’anello compreso tra questa e le Mura Spagnole appare quasi del tutto inedificato, se si eccettuano le fasce in aderenza alle principali direttrici

Nell’immagine qui sopra: Uscita a cielo aperto di un tratto tombinato di roggia, in attraversamento di una linea ferroviaria e di un fabbricato

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Foto 2 - La stessa roggia qualche metro più avanti: l’alveo appare intasato da vegetazione secca

stradali in uscita dalla città, e si può presumere in gran parte coltivato, come la campagna circostante. L’espansione industriale ed edilizia del Novecento porta Milano ad incrementare il proprio territorio comunale, assorbendo vari centri minori; parallelamente si espande, fino a divenire preponderante, la parte urbanizzata. Ad oggi si può dire che l’attività agricola risulta azzerata nella zona nord di Milano e ridotta a pochi caposaldi ad est del Lambro nella zona orientale. Diversa appare la situazione delle zone ovest e sud del territorio comunale: qui l’attività agricola è ancora significativa e di conseguenza non trascurabile la presenza di rogge e cavi che conservano le funzioni di veicolo di acque irrigue. La zona ovest, a nord del Naviglio Grande, appare tributaria del sistema irriguo che ha origine dal Canale Villoresi, esterno al territorio comunale, mentre la zona sud è irrigata principalmente da derivazioni dal sistema dei navigli: Grande, Pavese e della Martesana. L’acqua derivata viene conferita anche a terreni agricoli esterni al Comune di Milano. Anche queste zone, in misura forse più marcata la zona sud, hanno subito gli effetti dell’espansione edilizia di Milano: le conseguenze che più immediatamente è possibile riconoscere sono di due ordini: • una riduzione delle aree irrigate ed un progressivo spostamento verso sud del loro baricentro • la difficile convivenza tra un ambiente ormai intensamente urbanizzato e presenze (cavi, rogge, fontanili, talora abbandonati) avvertite dai residenti come estranee e fonte di problemi.

Problematiche con i corsi d’acqua minori Nel passaggio dall’uso agricolo del suolo ad un’urbanizzazione intensiva, la percezione delle derivazioni ad uso irriguo è implicitamente cambiata da “servizio essenziale” ad “intralcio alla trasformazione e potenziale problema igienico sanitario”. Dove l’attività agricola è venuta meno quasi del tutto, come nel nord di Milano, il reticolo idrico di irrigazione è stato abbandonato: rogge, cavi e fontanili sono andati progressivamente in disuso e spesso se ne è persa anche la traccia fisica. Dove invece l’espansione

edilizia non ha cancellato del tutto l’attività agricola, principalmente nel sud Milano, si è dovuto venire a patti con i diritti esistenti (cosiddette servitù di acquedotto). Anche il Comune, nel dare attuazione ai propri programmi urbanistici ed infrastrutturali, è spesso intervenuto con deviazioni e sistemazioni idrauliche di corsi d’acqua, regolando i rapporti con gli utenti con apposite convenzioni. La situazione descritta, venutasi a creare nel tempo, pone problemi su diversi piani: giuridico, tecnico e gestionale. Problemi giuridici • Chi è il proprietario di quel tratto di roggia abbandonato, invaso dalla vegetazione e pieno di rifiuti, che nessuno mai pulisce? • C’è un alveo abbandonato che taglia a metà la mia proprietà e mi impedisce di edificare in maniera razionale; lo posso sopprimere o spostare? • C’è una roggia che periodicamente si riempie provocando infiltrazioni ed allagamenti nella mia proprietà: chi è tenuto ad intervenire e a rifondere i danni? È solo un piccolo campionario delle domande che, con molte possibili varianti, chiunque nell’ambito di uffici pubblici si sia occupato di gestione del territorio e risorse idriche si è sicuramente sentito rivolgere dai soggetti più disparati: operatori dell’edilizia; condominii; privati cittadini; consigli di quartiere; gestori di sottoservizi. Dare una risposta documentata a tali quesiti, che sostanzialmente riportano all’individuazione dei soggetti beneficiari (utenza) delle acque di una derivazione ad uso irriguo e delle servitù connesse, è di solito impresa ardua e non di rado impossibile, per due ordini di motivi: • non esiste presso l’ente locale un registro ufficiale dei titolari dei diritti d’acqua e delle relative servitù né obbligo per i soggetti interessati di comunicare le variazioni; • spesso l’utenza si è di fatto estinta perché i fondi agricoli serviti sono stati edificati ed è venuta meno ogni esigenza di irrigazione. Rimangono solo sul territorio le tracce dei canali di adduzione delle acque, della cui manutenzione nessuno si occupa più.

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Foto 3 - Adattamento ad uso ricreativo di una roggia nell’ambito di un parco urbano

Problemi tecnici Un sistema largamente praticato per risolvere le reciproche interferenze tra le derivazioni ad uso irriguo ed un ambiente urbano in fase di espansione è stato, soprattutto nella seconda metà del secolo scorso, quello della copertura o “tombinatura”. Si consentiva così il deflusso delle acque e si recuperava il sedime per altri usi, privati e pubblici (cortili, strade, piazze), sottraendolo all’inevitabile destino di discarica abusiva. Il “lascito” attuale di questa prassi è quantificabile in circa 200 km di tombinature in sole aree pubbliche nel territorio del Comune di Milano. Realizzate in varie epoche e con criteri non uniformi, queste tombinature presentano spesso strutture fatiscenti, sezioni di scarsa efficienza idraulica ed impermeabilizzazione carente.

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Problemi gestionali In rapporto al numero delle utenze agricole nel sud Milano, le derivazioni irrigue dai Navigli in Milano sono probabilmente troppo numerose: troppe ed eccessivamente lunghe sono anche le tratte di adduzione in attraversamento dell’abitato. Si può citare come caso tipico quello della roggia Gerenzana, che ha origine dalla Martesana in via Melchiorre Gioia e porta le acque derivate ad irrigare terreni posti fuori o ai margini del territorio comunale di Milano, attraversando da nord a sud tutta la zona est della città, quasi integralmente tombinata (circa 9,5 km di tombinatura su poco più di 10 km di percorso, dato ricavato dalla ricognizione del reticolo idrico minore del Comune di Milano) ed interessando spazi pubblici ed immobili privati. Non dissimile è per altro la situazione, per esempio, del cavo Taverna o del Cavo Annoni Melzi. Ne derivano consistenti perdite del prezioso liquido trasportato, all’origine di lamentele e contenziosi da parte dei coltivatori, ed oneri di manutenzione e spurgo insostenibili per le utenze e molto pesanti anche per il Comune.

Foto 4 - Derivazione ad uso irriguo attiva ripresa nel periodo di asciutta invernale

Conclusioni Una razionalizzazione della situazione descritta potrebbe prevedere i seguenti passi: • censimento delle utenze irrigue ancora attive; • soppressione delle bocche di presa e degli alvei delle derivazioni non più utilizzate per l’irrigazione o non più recuperabili per altri usi, mediante procedure di evidenza pubblica; • spostamento delle bocche di presa quanto più possibile al di fuori del territorio urbanizzato ed in prossimità delle utenze; • unificazione dei tratti di adduzione per le utenze che derivano le acque dalla stessa origine e risultano col locate nello stesso ambito. Le risorse economiche disponibili potrebbero essere così essere concentrate sulle tombinature da mantenere ed impiegate nella loro progressiva trasformazione in vere e proprie condotte, realizzate con sezioni e materiali in grado di garantire migliori e più uniformi prestazioni statiche, idrauliche e di tenuta e, in ultima analisi, un migliore utilizzo anche in questo campo delle risorse idriche. L’autore Giulio Pizzolato g.pizzolato@metropolitanamilanese.it Laureato in Ingegneria Civile Edile all’Università di Padova. Dal 1986 al 1995 è funzionario tecnico presso il Settore Urbanistico del Comune di Milano. Fino al 2003 ricopre il ruolo di funzionario tecnico presso il Settore Fognature e Corsi d’Acqua del Comune di Milano e responsabile della Sezione Gestione Tecnico Amministrativa Rete. Dal 2003 è funzionario tecnico responsabile di funzione presso MM S.p.a. – Servizio Idrico Integrato della Città di Milano.



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Figura 1 Flusso operativo

Città Metropolitana di Bari Catasto degli scarichi idrici non afferenti al SII La formazione del catasto degli scarichi idrici non afferenti al servizio idrico integrato ha previsto diverse fasi operative, finalizzate alla realizzazione del GeoPortale quale strumento di consultazione, aggiornamento ed utilizzo del Catasto Scarichi Idrici. La necessità di costruire un catasto è duplice: da una parte permette all’ente preposto al controllo degli scarichi di adempiere a quanto disposto dalla legge e dall’altra consente un riordino sistematico di tutta la documentazione. Il Servizio Tutela delle Acque della Regione Puglia ha standardizzato le procedure di censimento degli scarichi idrici, distinguendo le singole utenze dagli agglomerati urbani. Sono stati definiti gli insediamenti che costituiscono la base informativa territoriale per ogni scarico, riportando numerose informazioni: indicazione delle attività produttive, consistenza delle utenze e posizione geografica. Gli impianti di trattamento, per le acque meteoriche e per i reflui, sono stati descritti nel dettaglio. La sezione relativa allo scarico si compone di numerose informazioni: dai dati

Numero autorizzazioni

Numero comunicazioni

Città Metropolitana di Bari

1614

1922

Comuni

308

-

ASL

250

-

58

Dati utilizzati Le informazioni necessarie per il popolamento del dataset del Catasto Scarichi, costituito principalmente dalle entità Insediamento, Impianto di Trattamento, Approvvigionamento Idrico, e Scarico, sono state ricercate prevalentemente presso gli uffici del Servizio Ambiente della Città Metropolitana di Bari. È in corso il reperimento di informazioni presso gli altri Enti preposti al rilascio delle autorizzazioni, tra cui i Comuni e le ASL locali. Tutto il materiale cartaceo, raccolto fino ad aprile 2015 (tabella 1), è stato analizzato e in parte dematerializzato.

Flusso operativo

Pratiche Provenienza

relativi alla sua portata fino ai parametri che lo caratterizzano da un punto di vista chimico-fisico. Le diverse entità d’interesse sono state strutturate seguendo le direttive e le specifiche contenute nel progetto SINTAI (Sistema Informativo Nazionale per la Tutela delle Acque Italiane), quale nodo italiano della più ampia base di dati a livello comunitario WISE (Water Information System for Europe).

Tabella 1 - Censimento pratiche relative alle autorizzazioni/comunicazioni degli scarichi. Dato parziale

L’intero flusso operativo per la costruzione del catasto (schematizzato in fig.1) ha previsto i seguenti step operativi: • Analisi di tutta la documentazione della pratica. Si è proceduto alla ricostruzione dell’iter seguito dell’istanza presentata; all’individuazione delle caratteristiche della attività svolte; all’analisi delle caratteristiche impiantistiche; alla caratterizzazione della tipologia dello scarico comprendente le informazioni relative ai fanghi prodotti, il riutilizzo delle acque trattate e gli eventuali certificati di analisi chimico fisiche delle acque.


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• Data Entry. Tutte le informazioni sono state imputate per il popolamento del database (fig.2) e sono stati digitalizzati i documenti rilevanti che compongono il fascicolo. • Corrispondenza con il responsabile legale dell’insediamento. Per ogni fascicolo, è stata redatta una lettera indirizzata al responsabile dell’insediamento, con lo scopo di: comunicare le finalità del progetto del catasto degli scarichi idrici; dare preavviso del sopralluogo e richiedere i dati integrativi per la compilazione delle schede del catasto. Tutto il flusso in uscita ed in entrata è stato monitorato. • Geo – localizzazione preliminare e rilevamento. Dall’analisi delle pratiche sono state ricavate le informazioni necessarie per la geo-localizzazione preliminare degli scarichi, materializzando in ambiente GIS l’entità puntuale completa degli attributi relazionali alla pratica di appartenenza. Dal dataset delle geo-localizzazioni preliminari degli scarichi e dal data entry preliminare, sono state ricavate per ogni scarico lo stralcio di rilevamento e la scheda relativa all’anagrafica dell’insediamento, entrambi utili per le successive fasi di rilevamento. • Dopo il rilevamento delle entità di interesse, le schede sono state sottoscritte dal responsabile legale dell’insediamento o da un suo delegato, per essere successivamente acquisite al protocollo. • Nella fase di Data Entry definitivo, sono state integrate e/o aggiornate le informazioni presenti nella documentazione cartacea con quelle ottenute dalle risposte di richiesta dati integrativi a cui sono stati aggiunti i dati di rilevamento (posizione geografica e stato di fatto delle entità rilevate). Si è ottenuto un dataset asseverato ed aggiornato dai diversi attori coinvolti (Ente – Responsabile Legale insediamento o suo delegato) nel procedimento autorizzativo.

IFX per acqua

IFX clamp-on

Stato di avanzamento Le informazioni relative agli agglomerati urbani fornite dall’Acquedotto Pugliese gestore del SII, così come le informazioni delle utenze relative alle pratiche di competenza delle amministrazioni comunali e delle ASL territoriali, sono in corso di acquisizione, analisi ed immissione nel DB Catasto Scarichi. IFX per calcolo energia

Misuratori in linea per acqua a singola o doppia corda, da DN 40 a DN 800 Misuratori non intrusivi (clamp-on) portatili o fissi da DN 10 a DN 3000 Misuratori in linea da DN 10 a DN 200 con calcolatore di energia termica integrato o remoto.

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RT

IFICA

MID

MI004

The ultrasonic meter

O

Figura 2 - Schema sinottico procedura di Data Entry Utenze

O

MI001

CE

IFICA

MID

T

RT

T

CE

Alimentazione da rete o a batteria


SERVIZI A RETE MARZO-APRILE 2016

• • •

• • • Figura 3 - Distribuzione sul territorio provinciale degli scarichi idrici non afferenti al S.I.I Agricolo Insediamenti 1677 censiti

Assimilabile ProduttivoDomestico a domestico Industriale

nc

99

837

143

507

91

5.9%

49.9%

8.5%

30.2%

5.4%

Tabella 2 - Sintesi dei risultati preliminari. Classificazione insediamenti censiti Numero Pratiche

N. Impianti Meteorici

N. Scarichi Meteo

N. Impianti Reflui

N.Scarichi Reflui

1614

2349

2435

124

126

Tabella 3 - Sintesi dei risultati preliminari. Tipologia di impianti e tipologia degli scarichi autorizzati dalla Città Metropolitana di Bari

Figura 4 - Home Page del GeoPortale Catasto Scarichi, versione beta

Per le pratiche di competenza della Città Metropolitana di Bari, alcuni risultati sono riassunti nelle tabelle 2 e 3.

GeoPortale L’aggiornamento e l’uso della banca dati del Catasto Scarichi sono demandati al GeoPortale, un’applicazione web opportunamente progettata e sviluppata che garantisce: • La standardizzazione del dataset • La messa a disposizione per gli enti coinvolti, tra cui la Città Metropolitana di Bari, le amministrazioni comunali e le ASL territoriali, di banche dati di rispettiva

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competenza, secondo una base informativa omogenea ed interoperabile con altre banche dati. L’aggiornamento e condivisione del dataset Il facile aggiornamento e la consultazione dei dati raccolti Il miglioramento degli strumenti di controllo per verificare il rispetto delle prescrizioni autorizzative e l’accesso da remoto a tutte le informazioni contenute nel fascicolo da parte degli operatori di vigilanza La facilità di utilizzo da parte di diversi soggetti coinvolti, con diversi livelli di accesso. L’ampliamento del sistema di conoscenza La costruzione e l’aggiornamento del quadro sinottico degli scarichi idrici sull’intero territorio della Città Metropolitana di Bari.

L’accesso al GeoPortale avviene attraverso “profili di accesso” specifici per le esigenze di ciascun utente e permette l’inserimento, la condivisione e l’utilizzazione dei dati, in modo da favorirne una gestione coerente ed integrata da parte di tutti coloro che li forniscono o li utilizzano. Interagendo con il sistema, l’utente può assumere due profili principali: quello del funzionario istruttore e quello dell’utente finale (si accede ai contenuti senza poterli modificare). Il GeoPortale, a regime, potrà costituire uno strumento utile a: • identificare la tipologia e la localizzazione degli scarichi ed aggregarli a diversi livelli territoriali (ad esempio per bacino o per aree amministrative) • individuare la presenza di sostanze pericolose negli scarichi, la loro concentrazione ed i processi produttivi che le generano • ottemperare agli obblighi normativi • svolgere le attività di pianificazione in materia di tutela e uso delle acque per una gestione coerente e integrata delle risorse idriche • ottimizzare le attività di monitoraggio quali-quantitativo del sistema delle acque, verificare gli effetti dell’applicazione del PTA ed il grado di raggiungimento e mantenimento degli obiettivi previsti • condividere dati omogenei e comparabili tra loro su tutto il territorio provinciale e regionale, favorendone una gestione coerente ed integrata • automatizzare i processi di classificazione, fascicolazione e definizione dei metadati relativi ai procedimenti autorizzativi per avviare il processo di dematerializzazione relativo al trattamento dei flussi documentali, sia in ingresso che in uscita • favorire una organizzazione ottimale dei processi informativi e distributivi, garantendo la tracciabilità e reperibilità dei documenti, nonché l’accessibilità illimitata dei documenti. Accedendo alla sezione relativa alla gestione documentale del GeoPortale, è possibile visualizzare e ricercare ogni tipo di documento archiviato e legato al procedimento autorizzativo. I documenti sono aggregati in base


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al numero del fascicolo ed al tipo di provvedimento (scarichi industriali, meteoriche, ecc.). Ogni fascicolo contiene tutti i provvedimenti autorizzativi. Il GeoPortale consente di accedere ad una mappa che consente di analizzare lo spazio circostante agli oggetti vettoriali e di creare nuovi layers basati sull’analisi, o di individuare e determinare le “fasce di rispetto” per i pozzi o la distanza degli scarichi autorizzati. Lo strumento di analisi di prossimità presuppone l’utilizzo di diversi metodi di selezione degli oggetti vettoriali, impostando le selezioni sulla base della loro relazione spaziale con gli altri oggetti o creando una zona poligonale (buffer) circostante all’oggetto, utile per l’analisi spaziale. In aggiunta alla funzione di selezione interattiva, l’utente può interrogare le entità geografiche della mappa, anche attraverso l’operazione di interrogazione alfanumerica (query). Attraverso una sezione dedicata al cittadino, “EXTRANET”, l’utente potrà accedere al GeoPortale e trasferire (upload) l’intera documentazione relativa alla fase di presentazione della domanda e di avvio del procedimento per il rilascio di un’autorizzazione allo scarico e/o consultare ogni tipo di notifica, dalla richiesta di integrazioni fino alla notifica dell’autorizzazione.

Figura 5. GeoPortale. Modifica posizione insediamento

Conclusioni Il laborioso processo di dematerializzazione della documentazione afferente ai procedimenti autorizzativi relativi agli scarichi idrici ha permesso la realizzazione di una banca dati tematica con una struttura dei dati flessibile ed aperta: flessibile in quanto interoperabile con le principali banche dati tematiche affini (SINTAI –WISE) e aperta in quanto modificabile con l’evolversi della normativa e dei procedimenti autorizzativi. Il GeoPortale rappresenta lo strumento di gestione del Catasto degli Scarichi Idrici per le fasi di aggiornamento, ricerca, immissione di nuove entità del database delle autorizzazioni, grazie alla sua interfaccia evoluta e completa delle funzionalità standard di un archivio. L’avvio in via sperimentale dell’e-government per le attività di monitoraggio e controllo relative agli scarichi idrici di propria competenza, attraverso il perfezionamento del GeoPortale e la sua istituzionalizzazione, sono obiettivi in linea con i processi in corso di digitalizzazione della Pa. La banca dati ottenuta potrà essere resa disponibile ai diversi attori coinvolti nell’ambito dell’ampio tema sulla “tutela delle acque”, dai soggetti decisori alla pianificazione di larga scala, ai soggetti attuatori delle politiche ambientali, ai soggetti preposti al controllo e al rilascio dei dispositivi autorizzativi, agli ambiti di ricerca su tematiche ambientali e pianificazione territoriale, ai tecnici e cittadini.

Estratto dalla relazione presentata alla XIX Conferenza Nazionale ASITA, ottobre 2015, Lecco

Figura 6 - Geo Portale. Quadro sinottico: informazioni afferenti all’insediamento

Figura 7. GeoPortale. Quadro sinottico informazioni afferenti alla pratica

Gli autori Massimiliano Piscitelli, Nunzia Positano - Servizio Edilizia Pubblica, Territorio e Ambiente, Linea di attività Ambiente della Città Metropolitana di Bari Consulenti per l’implementazione del Catasto degli Scarichi idrici: Giuliano Ritrovato, Mario Casulli, Giuditta Garziano, Donato Labella, Eleonora Andriani, Angelo Cerrato, Francesco D’Anna, Francesco Defrenza, Francesco Di Domenico, Giuseppe Errico, Danilo Gallo, Gaetano Gentile, Francesca Giangrande, Maristella Gioia, Vincenzo Iusco, Antonio Marinò, Francesco Marco Marvulli, Martino Miali, Giovanni Preziosa, Antonietta Varasano.

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HACH LANGE

Disinfezione dell’acqua potabile: scegliere il giusto analizzatore Un cliente di Hach Lange, erogatore del servizio idrico integrato in 58 comuni dell’Italia del nord, ha scelto i suoi analizzatori colorimetrici per determinare la quantità corretta di ipoclorito nell’acqua. All’interno della sua zona operativa, una grande percentuale di acqua viene immessa nella rete idrica dopo un semplice trattamento di disinfezione con ipoclorito. Le tecnologie sono state adottate in funzione sia delle caratteristiche della fonte grezza di approvvigionamento, sia di scelte tecniche di convenienza. Nel corso degli anni, tutti gli impianti di questi 58 comuni sono stati attentamente monitorati per valutare regolarmente il trattamento nel suo complesso e l’idoneità delle tecnologie impiegate. Per determinare la quantità corretta di ipoclorito che è necessario dosare nell’acqua, è importante monitorare costantemente in essa il livello di cloro. A seconda della lettura di cloro, le unità di controllo dei sensori determineranno automaticamente quanto cloro è necessario pompare nell’acqua mediante le pompe peristaltiche. È quindi molto importante ottenere letture di cloro molto precise, poiché questo determina la quantità di ipoclorito che viene aggiunta all’acqua. In alcuni impianti capitava spesso di avere un dosaggio eccessivo di disinfettante in quanto il valore del cloro misurato non corrispondeva al valore reale presente nel campione rilevato con un analizzatore portatile secondo il metodo colorimetrico APAT IRSA 4080. Tali discrepanze di misura possono portare alla conclusione erronea che ci sia un problema con l’analizzatore di cloro o che questo tipo di analizzatore non sia affidabile. Tuttavia, è importante comprendere che sebbene la tecnologia amperometrica abbia numerosi vantaggi, è molto sensibile alle variazioni di pH, temperatura e portata d’acqua nella cella di campionamento, nonché alle condizioni degli elettrodi e alla potenziale contaminazione delle membrane. A causa di tale elevata sensibilità ai fattori esterni, gli analizzatori amperometrici richiedono verifiche e calibrazioni delicate e frequenti. Per risolvere il problema e garantire un controllo affidabile del dosaggio dell'ipoclorito, l’azienda ha intrapreso la ricerca di una tecnologia alternativa per la misura in continuo del cloro, che fornisca risultati affidabili senza richiedere verifiche e calibrazioni frequenti.

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Per determinare quale fosse la soluzione più idonea, ha testato gli analizzatori amperometrici e calorimetrici in parallelo. Dopo un'attenta valutazione dei risultati e tenendo conto sia dei fattori tecnici che di quelli economici, l'azienda ha deciso di passare agli analizzatori di cloro colorimetrici.

Soluzione

l vecchi sistemi di misura amperometrici sono stati sostituiti da nuovi analizzatori colorimetrici. Attualmente sono stati rimpiazzati dieci dei diciotto analizzatori esistenti e l'obiettivo è quello di completare la sostituzione nei prossimi mesi, in base alla disponibilità economica.

Vantaggi

Sostituendo il tipo di analizzatori di cloro per adattarsi al meglio alla situazione attuale e alle variazioni dei fattori esterni, l'azienda idrica è stata in grado di migliorare la propria gestione di processo. • Con l'aiuto dei nuovi analizzatori, le misure di cloro rispecchiano con precisione i reali livelli di disinfet tante nell'acqua e garantiscono così un dosaggio corretto dell'ipoclorito. Prevenendo un dosaggio eccessivo dell'ipoclorito, l'azienda è in grado di risparmiare sul costo del disinfettante. • l nuovi analizzatori forniscono letture affidabili anche a bassi valori di cloro, non producono alcuna deriva significativa e necessitano di calibrazione un paio di volte l’anno. • Riduzione del lavoro di manutenzione da un'ora alla settimana a 10 minuti al mese: i vecchi analizzatori amperometrici richiedevano controlli frequenti per rilevare la presenza di deviazioni ed effettuare le correzioni necessarie (1 ora alla settimana); grazie alla recente installazione dei nuovi analizzatori, l'impegno è adesso limitato a un veloce ripristino dei reagenti (10 minuti al mese). Questa situazione consente di dedicare più tempo ad altre attività più produttive.

Tre sensori amperometrici per il cloro libero in linea sono stati confrontati con l'analizzatore di cloro libero DPD (CL17) nella misura di variazioni di concentrazione di cloro in un intervallo <0,1 mg/L. Nessuno dei 3 sistemi amperometrici ha mostrato la stessa tendenza.

Analizzatore colorimetrico di cloro CL17


NUOV O!

IMMERGI. LEGGI. Il nuovo Analizzatore Parallelo Portatile (PPA) SL1000 di Hach esegue le stesse analisi con meno della metĂ delle operazioni manuali richieste. Ottieni risultati estremamente accurati, con minore probabilitĂ di errore, in una frazione del tempo finora impiegato. Fino a sei parametri, testati contemporaneamente. Test Colorimetrici: Cloro totale | Cloro libero | Ammoniaca libera | Monoclorammina | Nitrito | Ammoniaca totale | Rame Misure basate su sonde Elettrochimiche: pH | ConducibilitĂ | Ossigeno disciolto (analisi della temperatura inclusa in ogni sonda)

www.hachppa.com/it



SERVIZI A RETE MARZO-APRILE 2016

“Smart community” e “Industria 4.0” I nuovi driver dell’industria del telecontrollo A cura del Gruppo Telecontrollo, Supervisione e Automazione delle Reti di ANIE Automazione

Nel 2015 il mercato del telecontrollo ha ottenuto un risultato positivo, sostenuto principalmente dalle esigenze manutentive e di riammodernamento degli impianti. L’andamento moderatamente positivo dovrebbe essere confermato anche nel 2016, grazie al mix di contributi tra business domestico ed export, differente a seconda della tipologia di industria (energia, acqua e trasporti/infrastrutture) e del segmento al suo interno. Ma il dato particolarmente significativo da rilevare è come il mercato del telecontrollo sia completamente cambiato negli ultimi anni perché le nostre reti, le nostre città, le nostre industrie sono in una fase di trasformazione inarrestabile. Lo scenario complessivo dell’economia viene oggi completamente ridefinito alla luce della globalizzazione e dei cambiamenti ad essa associati. Integrazione dei sistemi, digitalizzazione dei processi, flessibilità, efficienza e time-to-market più veloce: sono solo alcuni degli elementi alla base dei moderni processi produttivi. Ciò comporta che quello che era un ambito di mercato ben delimitato e circoscritto (telecontrollo, supervisione e automazione delle reti) oggi ha perso i suoi confini tecnologicamente ben definiti e riconosciuti, oltre che in termini di prodotto, anche in termini di capacità che caratterizzava le aziende del telecontrollo e sta permeando ulteriori e differenti ambiti; tant’è vero che si rileva sempre più la presenza nel comparto di aziende provenienti da sfere diverse, soprattutto del settore dell’Information Technology.

Il telecontrollo ha consentito la trasformazione e la realizzazione delle reti attuali, divenendone elemento essenziale per garantire la loro continua evoluzione. Le reti sono sempre più gestite remotamente, in tutti i loro aspetti; la gestione remota non si limita più alle sole funzioni di esercizio ed operatività, coinvolgendo anche le attività di pianificazione e manutenzione. La disponibilità di capacità funzionali e decisionali nei vari livelli di una rete, arrivando fino agli elementi di base che la costituiscono, ha reso la “grid” più intelligente, consentendole di reagire prontamente alle mutevoli condizioni operative, garantendo una maggiore continuità di servizio. Siamo di fronte all’implementazione dei concetti di “smart community” e “Industria 4.0”.

Smart community In una smart community, l’“intelligenza” e l’adozione di tecnologie digitali che la abilitano permeano tutta la filiera di comunità, il cui perimetro consiste nelle merci e nelle persone, con relazioni reciproche estremamente complesse. Sebbene non sia direttamente in prima linea, in questa filiera l’industria ha un ruolo fondamentale tanto nella gestione di queste relazioni quanto nella diffusione e nella circolazione delle informazioni, dei dati. L’impatto di tecnologie digitali abilitanti la “smartness” nell’industria si percepisce sia a livello di efficienza, nella produzione e nella distribuzione dei beni, sia di sostenibilità, nella riduzione dell’impatto dei processi produttivi sull’ambiente.

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SERVIZI A RETE MARZO-APRILE 2016

Industria 4.0 Industria 4.0 si basa sui cosiddetti “sistemi virtuali-reali’’ (Cyber Physical Systems), vale a dire sistemi ad alta complessità costituiti da componentistica intelligente basata su varie tecnologie quali ad esempio la meccanica, l’elettronica, l’informatica e che, in genere, sono posti tra loro in comunicazione attraverso una rete, spesso costituita da Internet. Gli obiettivi della cosiddetta “Smart Factory” sono rappresentati in modo estremamente sintetico dalla massimizzazione dell’efficienza energetica, dell’ergonomicità, della flessibilità produttiva e dell’ottimizzazione dei flussi di materiale, in modo da perseguire, allo stesso tempo, anche una riduzione degli impatti ambientali dell’attività produttiva. A questo fine, le tecnologie digitali sono degli alleati estremamente preziosi, soprattutto nel caso in cui si attinga a tecnologie web-oriented con la predisposizione di opportuna infrastruttura di rete. Svariati i vantaggi ottenibili, tra i quali si possono evidenziare gli aspetti di: • integrazione delle unità produttive in sistemi di gestione dati governati da sistemi ERP e/o MES • accesso da remoto (teleassistenza e telecontrollo) • utilizzo di tecnologie wireless • possibili analisi predittive e organizzazione di manutenzione programmata.

Tecnologia IoT Per tutti questi aspetti, la tecnologia IoT applicata correttamente porta benefici enormi permettendo di migliorare anche time-to-market e produttività. Con l’espressione Internet delle cose, o IoT, s’intende generalmente l’evoluzione dell’uso della Rete, che estende Internet al mondo degli oggetti. La connessione alla Rete permette agli oggetti di acquisire un ruolo attivo, comunicando i propri dati e accedendo a informazioni già condivise. Sarà la capacità di elaborare le informazioni a disposizione, dando un significato utile al contesto specifico, a rendere intelligenti gli oggetti. L’IoT combina una serie di sensori, incorporati nei diversi interlocutori e capaci di registrare determinati parametri. È compito dell’intelligenza in Cloud o delle applicazioni mobile, raccogliere e interpretare tutti i dati tracciati, per dialogare con i vari oggetti sulla base dei risultati elaborati. Applicando soluzioni IoT in campo industriale si deve avere

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un’attenzione particolare anche sulla gestione della sicurezza delle informazioni e sulla possibilità di avere un’unica rete convergente che viene utilizzata dal “piano” Enterprise fino a quello Factory Floor. Questo ultimo aspetto, in particolare, consente un notevole risparmio economico anche in fase di sviluppo della rete arrivando ad una riduzione delle spese fino al 50% del costo complessivo e migliorando in maniera significativa le possibilità di gestione e manutenzione. Dal punto di vista strutturale si verifica quindi l’esigenza e la coesistenza di due impostazioni diverse ma ugualmente valide e cioè una implementazione della soluzione più sbilanciata verso il cloud (con un importante ruolo giocato dal software di analisi e dalle applicazioni di virtualizzazione) e invece una distribuzione dell’intelligenza sul campo. In questo ultimo caso, la novità è quella di posizionare le capacità di elaborazione direttamente nei dispositivi di networking, già presenti dove le risorse verranno condivise dai diversi servizi disponibili, implementando una rete di apparati e strumenti intelligenti geograficamente distribuiti. Particolare attenzione va poi posta sul ritorno dell’investimento. L’allocazione delle risorse, per avvalersi delle ultime tecnologie IoT, porterà a un ritorno dell’investimento quantificabile con chiarezza sia in termini economici che strutturali che di scheduling. Ci saranno dunque evidenti miglioramenti alle problematiche di gestione della supply chain, alla riduzione del time-to-market, ad un significativo risparmio nel costo dell’infrastruttura di rete e, soprattutto, nella possibilità di prendere le decisioni in un tempo inferiore alla media attuale avvalendosi di informazioni corrette e non solo di dati non correlati.

La “quarta rivoluzione” In Italia, la “quarta rivoluzione” nell’economia industriale si è avviata con lentezza e non permeando l’intera società, la sua organizzazione e le sue strutture. Il comparto industriale, caratterizzato da una elevata presenza di PMI, è in ritardo rispetto ad altre analoghe realtà estere anche se sono presenti casi di successo, all’avanguardia e precursori dei cambiamenti legati al rinnovamento. La gestione proattiva dell’energy management nell’industria è uno degli esempi dove le soluzioni del telecontrollo hanno fattivamente contribuito a sostenere la “rivoluzione”. Il relativo ventaglio di applicazioni copre l’intervento specifico di efficientamento energetico, come la realizzazione di micro/macro grid, dove la generazione distribuita è affiancata da soluzioni di accumulo o uso intelligente dell’energia. Le aziende dell’automazione industriale in Italia rappresentate da ANIE Automazione hanno un ruolo di forti innovatori, traguardando quelle che possono essere le necessità future e in qualche modo cercando di anticiparle esplorandone le possibilità. Da tempo queste aziende stanno esplorando idee e nozioni innovative legate ai concetti di “smart community” e “Industria 4.0”, ponendosi spesso all’avanguardia rispetto anche a grandi player stranieri, guidati da esigenze di ottimizzazione della produzione, cost saving, integrazione e digitalizzazione, efficienza e sostenibilità, non solo per le loro realtà, ma anche per quelle dei loro clienti.


Soluzioni di smart metering nella misurazione dell’acqua

Qui la brochure

Il futuro è già presente in casa Sensus. Da marzo 2016 sono disponibili i contatori di grosso calibro MeiStream RF e MeiStream RF Plus, soluzioni innovative di smart metering che introducono il controllo radio e l’orologeria elettronica al servizio del monitoraggio dei grandi volumi d’acqua come pozzi, ingressi di distretto, impianti e utenze industriali. Da oggi, con la stessa applicazione radio, sarà possibile tenere sotto controllo un intero distretto. Basati sulla solida tecnologia di misurazione dei MeiStream/MeiStream Plus, i nuovi contatori Sensus permettono una trasmissione di dati cifrati sicura, sono omologati MID ai sensi dell’allegato MI001 e possono essere utilizzati per la misura di medie/alte portate d’acqua fredda potabile con temperature fino ai 50 °C. La tecnologia SensusRF integrata è un sistema di comunicazioni radio a licenza libera ottimizzato per contatori endpoint e ripetitori alimentati a batteria, funzionante con frequenze radio a 433 MHz e 868 MHz e compatibile OMS. Il data logger integrato permette di avere un’analisi dettagliata dei consumi facilmente leggibile in remoto tramite comunicazione unidirezionale - bidirezionale SIRT (Sensus Interface Radio Tool), con applicazioni di lettura walk-by/drive-by o direttamente su rete radio fissa. Quest’ultima, tramite un wizard di autoconfigurazione, permette l’integrazione fino a 7 ripetitori per catena e dà la possibilità di programmare allarmi prioritari, avere un’istantanea di una rete idrica per eventuali valutazioni non tralasciando la non trascurabile compatibilità con tecnologie cloud, FTP e altre applicazioni per database remoti. Le possibili personalizzazioni permettono di avere versioni senza leghe di rame per acque aggressive, per alta pressione fino a PN40, per aree pericolose, diverse frequenze per le comunicazioni radio e una porta da ¼” per il monitoraggio della pressione. Con MeiStreamRF e MeiStreamRF Plus Sensus completa la proposta di soluzioni di smart metering nella misurazione dell’acqua.

Saldatrici testa a testa per tubi dal d. 40 mm al d. 3000 mm Saldatrici per raccordi, lastre, semilavorati Più di 90 modelli standard Attrezzature speciali su richiesta 100% Made in Italy www.tecnodue.eu info@tecnodue.eu Tecnodue S.r.l. - via Bacchiglione 22/1 - 35030 Cervarese S. Croce (PD) ITALY - Tel. 049 9915677

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SENSUS


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AUSY

Monitoraggio remoto delle misure di OFF L’impiego di tecnologie sempre più performanti nel monitoraggio della protezione catodica ha permesso di ottenere misurazioni più accurate e una grande mole di dati, anche di quelle misure che in passato venivano eseguite a spot, manualmente, o per brevi lassi di tempo. Si parla sempre con più interesse delle misurazioni IR-free, ovvero le misurazioni del vero valore del potenziale della struttura (Eoff) che rappresenta un parametro interessante, in quanto, avendo sotto controllo il vero valore del potenziale lungo tutto lo sviluppo della struttura protetta, è possibile innescare azioni preventive o correttive affinché si possa ottenere il massimo risultato in termini di conformità normativa, di sicurezza di impianto e di risparmio economico. La nuova generazione degli strumenti AUSY coniuga l’esigenza di avere una misurazione continua ed affidabile della Eoff quando si utilizzano i coupon e la necessità di implementare le misure Instant OFF in modo programmatico e configurabile da remoto. Esperienze di campo, sia italiane che estere, confermano che l’utilizzo dei coupon per la valutazione della Eoff con memorizzazione continuativa del suo valore, permette di regolare la corrente impressa degli alimentatori in modo più oculato ottenendo un risparmio (che alle volte si è dimostrato notevole), dell’energia assorbita, di un minor consumo degli anodi e di una maggiore certezza dello stato elettrico dell’intero impianto. D’altro canto le misure di Instant OFF possono darci molte altre informazioni, una per tutte la velocità di depolarizzazione della struttura. Le nuove tecnologie AUSY permettono la gestione sincrona tramite GPS (utilizzato per la ricezione della base tempi UTC) del distacco di tutti gli alimentatori che afferiscono sulla stessa tratta di rete. Senza la gestione del distacco sincrono di tutti gli alimentatori è possibile verificare la caratteristica curva “multi scalino”, indice di un non perfetto sincronismo del distacco e di conseguenza una non corretta analisi della depolarizzazione. Il mix delle due tecniche, opportunamente calibrato, ha dato importanti vantaggi ai gestori delle reti su più fronti: risparmio energetico, reale conoscenza dello stato elettrico degli impianti e maggiore certezza sul calcolo del KT.

CAPRARI

Pompe ed elettropompe con materiali speciali Il gruppo Caprari è tra le principali realtà internazionali nella produzione di pompe ed elettropompe centrifughe e nella creazione di soluzioni avanzate per la gestione del ciclo integrato dell’acqua. Caprari, forte di oltre 70 anni di esperienza, ha messo a punto una gamma completa di pompe ed elettropompe realizzate con materiali speciali, adatte all’utilizzo in condizioni estreme quali acque salmastre, aggressive, sabbiose e marine: la serie ENDURANCE, che è stata progettata per offrire prestazioni eccellenti garantendo affidabilità, durata, risparmio energetico e un ridotto impatto ambientale. È realizzata in microfusione di acciaio inox, una tecnologia che, unita ai sofisticati sistemi di progettazione Caprari, consente di ottenere rendimenti superiori grazie all’ottimizzazione dei profili idraulici (attriti e turbolenze assenti). Gli elevati spessori dell’acciaio inox e l’eliminazione di qualsiasi saldatura conferiscono alla serie ENDURANCE una resistenza estrema all’usura da sabbia e da abrasione in genere. Sono disponibili macchine per ogni applicazione: • elettropompe sommerse semiassiali e radiali • pompe ad asse verticale • pompe multistadio ad alta pressione • pompe mono e multistadio di superficie • elettropompe sommergibili.

Elettropompe sommerse

Le macchine di questa serie sono dotate di DEFENDER®, un dispositivo intelligente studiato, testato e brevettato da Caprari per proteggere le elettropompe dalla corrosione elettrochimica e dalle correnti galvaniche durante la fase di passivazione dell’acciaio inox creando una ulteriore barriera di sicurezza. DEFENDER® è un’innovazione di valore Caprari ideata per allungare sensibilmente la durata delle elettropompe utilizzate in applicazioni gravose (acque marine, inquinate e con presenza di correnti). Con l’accoppiamento di parti idrauliche ENDURANCE e motori Caprari si avrà una sicurezza di una protezione ulteriore grazie ad un apposito dispositivo che sigilla perfettamente la zona dell’accoppiamento pompa-motore.

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La piattaforma CLOUD per un telecontrollo smart

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INTESIS

Vincenzo Lanave Dopo averla sperimentata da oltre 5 anni, dopo averla messa a punto in un importante progetto di ricerca applicata sul riuso irriguo (PON In.Te.R.R.A.), dopo averla illustrata al Forum Telecontrollo 2015 (AWARD 2015 – Smart Community del futuro), INTESIS ha industrializzato la piattaforma CLOUD per diverse altre applicazioni. La piattaforma CLOUD è il luogo ottimale deputato all’integrazione dei sistemi di telecontrollo con le varie e diversificate applicazioni di ottimizzazione tecnico-gestionale (MIS – ERP – SIT – GIS) dei processi ambientali così come di quelli industriali. La piattaforma, perfezionata e personalizzata per l’automazione e la gestione sostenibile della pratica del riuso irriguo, è stata già applicata a diversi altri comparti del ciclo delle acque (adduzione, reti, depurazione, smaltimento acque piovane, ecc.), ma anche ad altri settori (impianti fotovoltaici, impianti eolici, package industriali, ecc), dimostrando di poter esser molto utile per la gestione operativa e la manutenzione di impianti/macchine fissi e mobili. Particolarmente interessante, grazie all’interoperabilità della piattaforma tecnologica, è la possibilità di integrare applicazioni smart (modelli matematici, sistemi di supporto alle decisioni, SIT, ecc.) utili per la telegestione sostenibile ed integrata dei processi. L’utilizzo di internet e delle tecnologie web, con il conseguente abbattimento delle barriere geografiche, ha favorito la presentazione della piattaforma e delle applicazioni implementate all’estero oltre che in Italia veicolando alcune iniziative di internazionalizzazione di prodotti e servizi correlati alla telegestione operativa dei processi ambientali ed industriali. In questo senso particolarmente attrattiva per gli uditori esteri di queste presentazioni è stata la peculiarità, congenita nel CLOUD di INTESIS, di abilitare e garantire la fruizione del servizio di pubblicazione da CLOUD degli impianti e delle macchine telecontrollati con continuità, sicurezza, flessibilità di utilizzo di qualsivoglia postazione fissa e mobile (PC, Smartphone, Tablet, ecc.), con qualsiasi sistema operativo (Windows, Android) e browser (Explorer, Modzilla, FireFox, GoogleChrome, ecc.). INTESIS sarà lieta di rilasciare a richiesta le credenziali per una navigazione virtuale delle applicazioni integrate nel proprio CLOUD, per apprezzare le potenzialità del sistema navigando tutte le funzioni implementate in termini di monitoraggio real-time e storico degli impianti telecontrollati, gestione operativa degli algoritmi di automazione, estrazione dei dati storici in formati esportabili dal web e gestibili da altri programmi applicativi di uso comune, ecc.

SELTA

Il telecontrollo nel cuore dell’IoT Dopo gli anni del Web 2.0, della mobilità, del cloud e della virtualizzazione, oggi è il concetto di Internet of Things (l’Internet delle Cose) a dominare la scena dell’innovazione tecnologica. Questi nuovi scenari affondano le loro radici anche in una realtà che viene da lontano e che continua ad evolvere: il telecontrollo. Selta, azienda italiana che da decenni associa una presenza nel campo dell’automazione e telecontrollo per le reti elettriche con quella nel settore delle comunicazioni per reti pubbliche e private, è uno dei fornitori di riferimento dei grandi enti elettrici, come Enel, A2A, Terna in Italia, o Edf in Francia, oltre che principale fornitore di TIM a livello nazionale per quanto riguarda il mondo telco. Per lungo tempo il settore, e di conseguenza anche le soluzioni realizzate da Selta, si è orientato agli aspetti di controllo e gestione delle grandi infrastrutture “tradizionali”. Oggi nuove sfide e necessità stanno emergendo, portando il concetto di “controllo” più vicino a quello di “gestione” multidisciplinare e più vicino a una realtà distribuita di utenze e applicazioni. Un primo esempio è rappresentato dall’ingresso delle energie rinnovabili, che hanno la caratteristica di comportare un flusso di energia bidirezionale, tra un numero enormemente superiore di soggetti (si sta avvicinando al milione il numero di soggetti che producono energia elettrica con le rinnovabili in Italia), un’architettura policentrica e un’imprevedibilità di funzionamento legata alle condizioni atmosferiche. Nuove forme di telecontrollo “smart” hanno dovuto essere sviluppate, per consentire un rapido adattamento delle condizioni di funzionamento della rete, soprattutto a livello di media tensione (cabine di distribuzione primaria), dove tipicamente operano i medio-grandi impianti eolici e fotovoltaici. Selta ha già sviluppato soluzioni Smart Grid che integrano funzionalità avanzate di controllo di campo, Scada, comunicazione dati avanzata / routing ed elaborazione, per gli impianti più innovativi messi in campo in Italia e in Europa. Nuove soluzioni sono state sviluppate per favorire la telegestione e telelettura di contatori di acqua e gas, attraverso apparati radio, così da integrarsi con le nuove generazioni di dispositivi messi in campo dagli operatori. Nuove soluzioni sono infine basate su piccoli sistemi di raccolta e gestione dati, in grado di inserirsi in architetture gerarchiche, utilizzabili, per esempio per l’illuminazione urbana o la raccolta di dati ambientali e di traffico. Il “controllo” è sempre più smart e si prepara a supportare una nuova classe di servizi.

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NETHIX

Telecontrollo e monitoraggio remoto nella gestione del servizio idrico integrato Numerosi sono i vantaggi che si possono ottenere nella gestione e nel monitoraggio dei servizi idrici integrati utilizzando sistemi di telecontrollo basati su rete cellulare. Questo è quanto si è dimostrato nell’applicazione dei sistemi di telecontrollo wireless Nethix presso numerosi impianti installati dall’azienda che gestisce i servizi idrici integrati in provincia di Bergamo, Uniacque spa, con l’obbiettivo di gestire e controllare in modo automatizzato ed affidabile i bacini di accumulo e distribuzione d’acqua potabile. Il sistema implementato da Uniacque per controllare i serbatoi di acqua potabile prevede l’utilizzo dell’innovativa centralina di telecontrollo WE500 Nethix che, grazie alla sua architettura interna composita e flessibile, permette di eseguire contemporaneamente numerose funzioni di controllo: il monitoraggio delle variabili, l’attivazione remota e la gestione di un completo sistema di allerta e notifica via email o SMS. Trattandosi di bacini di raccolta e distribuzione d’acqua potabile si richiede innanzitutto la sicurezza e l’affidabilità degli impianti. A questo scopo la centralina WE500, con relativo sistema UPS, viene utilizzata per controllare la rete d’alimentazione ed inviare in tempo reale le necessarie notifiche ai tecnici e al servizio di reperibilità aziendale, in caso di malfunzionamento della rete o al verificarsi di eventuali altre anomalie (intrusioni etc.) Grazie al Modem UMTS/HSPA integrato nel sistema WE500, è possibile prevedere un sofisticato sistema di invio notifiche al verificarsi di eventi precedentemente definiti. Parallelamente WE500, collegato ad opportuni sensori, permette di impostare un sistema di controllo dei livelli del serbatoio, definendo delle soglie limite oltre alle quali vengono segnalate delle anomalie ed avviati dei processi automatici di riempimento e svuotamento serbatoio, con attivazione remota e automatizzata delle pompe. WE500 raccoglie e controlla in tempo reale anche le variabili riferite alla quantità di reagente utilizzato per la disinfezione ed alla torbidità dell’acqua, permettendo così un controllo costante sulla qualità e sulle caratteristiche dell’acqua potabile. Anche nella manutenzione predittiva WE500 ricopre un ruolo importante, permettendo di verificare da remoto l’eventuale presenza di perdite o anomalie nelle condotte; questo è reso possibile dalla presenza di pressostati che verificano la costanza del valore della pressione all’interno delle tubazioni. I parametri così monitorati e campionati da WE500 vengono successivamente utilizzati per pianificare in maniera adeguata e mirata gli interventi manutentivi, riducendone i costi e gli sprechi. Tutti i dati, raccolti sul campo da WE500 e dai relativi sensori, vengono memorizzati localmente nel datalogger integrato e resi disponibili tramite l’interfaccia grafica per un controllo in tempo reale; alternativamente possono venire inviati via rete cellulare e permettere un’elaborazione centralizzata a scopi statistici o l’individuazione di eventuali comportamenti anomali del sistema. L’utilizzo delle moderne tecnologie di telecontrollo e monitoraggio wireless, così come messo in atto dalla società Uniacque, si dimostra una scelta corretta e lungimirante, che permette un maggiore controllo dei costi e dei tempi di intervento e garantisce un miglior servizio all’utenza, accrescendone la soddisfazione.

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Risparmio ed efficienza per l’acqua di Israele

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SERVITECNO

Francesco Tieghi - Responsabile Digital Marketing, ServiTecno Srl Mekorot, azienda israeliana che presiede alla fornitura della maggior parte dell’acqua – inclusa l’acqua potabile – del Paese mediorientale, è attivamente impegnata a ridurre i costi di produzione attraverso un più attento controllo dei processi e il raggiungimento di livelli più elevati di efficienza energetica. Facendo leva sulle soluzioni di automazione software e hardware di GE, l’azienda oggi utilizza i dati provenienti dai processi per monitorare e controllare automaticamente le proprie apparecchiature da un’unica sala controllo, grazie a un ambiente connesso in cui è richiesto un intervento minimo da parte degli operatori. La soluzione implementata si basa su un’architettura caratterizzata dalla ridondanza completa di tutti i sistemi di controllo: una strategia indispensabile per azzerare i fermi impianto e rendere più semplice e veloce l’eventuale sostituzione dei componenti.

Gli impianti di trattamento

Il Lago Kinneret, noto anche come Mar di Galilea o Lago di Tiberiade, è la principale fonte d’acqua del sistema Mekorot. Per migliorare la qualità dell’acqua pompata dal Lago e andare incontro alla cronica carenza d’acqua di Israele, Mekorot ha realizzato un impianto di filtrazione controllato dalle soluzioni di automazione di GE. Il Central Filtration Center a Eshkol, nel nord del Paese, è l’unico di questo tipo in Israele. Il Lago Kinneret si trova 212 metri sotto il livello del mare. Per questa ragione la maggior parte dell’acqua che deve essere trattata nell’impianto di Eshkol viene pompata 152 metri sopra il livello del mare e quindi scorre attraverso un sistema di tubature e canali verso il sito di Eshkol. Qui l’acqua viene trattata e filtrata prima di essere distribuita per i diversi utilizzi (urbano, industriale ed agricolo). Durante lo studio e la realizzazione del centro di filtrazione, Mekorot ha lavorato a stretto contatto con GE e i suoi partner, che hanno collaborato alla definizione delle specifiche e fornito le soluzioni per il controllo dell’impianto. La scelta di Mekorot si è rivolta ai prodotti di GE Intelligent Platforms per la loro capacità di soddisfare tre fondamentali necessità: garantire un funzionamento delle attività che fosse efficiente e connesso, consentendo di ridurre i turni di lavoro e l’impiego di personale; massimizzare la disponibilità d’impianto; offrire la più elevata affidabilità possibile con soluzioni robuste.

L’automazione per la continuità d’impianto

Il sistema di filtrazione di Eshkol è una risorsa critica: l’impianto opera costantemente, eccetto una volta all’anno quando il flusso di acqua viene interrotto per quegli interventi di manutenzione ed aggiornamento che non possono essere eseguiti ad impianto attivo. In tutti gli altri casi i sistemi di GE consentono di effettuare gli interventi anche con il processo in funzione, consentendo a Mekorot di mantenere un flusso d’acqua equilibrato verso le utenze. Le soluzioni di automazione di GE consentono a Mekorot di gestire l’impianto di Eshkol da un’unica sala di controllo. Decine di monitor visualizzano e tracciano i sistemi di impianto richiedendo un intervento minimo da parte degli operatori e consentendo così di ottenere un incremento dell’efficienza operativa e una significativa riduzione dei costi. Il sistema di controllo installato si avvale di tecnologia GE (dagli I/O alle apparecchiature sul campo, dai controllori al sistema SCADA) e rappresenta una soluzione ad elevata disponibilità, con architettura ridondata a tutti i livelli, che prevede un backup completo di tutte le funzioni, garantendo così la continuità delle operazioni e la possibilità di prendere decisioni in tempo reale. Il cablaggio in fibra ottica assicura la massima velocità di comunicazione. Il software SCADA di GE effettua la supervisione del sistema di controllo ed è configurato secondo le esigenze di Mekorot, per una gestione ottimale di tutti gli aspetti dei processi di filtrazione.

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PUBBLIREDAZIONALE

UMPI

La Smart Street multiservizi italiana Nel cuore del Quadrilatero della Moda l’innovativo sistema MINOS di Umpi ha permesso di abilitare un modello di efficienza e servizi smart attraverso le tecnologie più all’avanguardia di illuminazione intelligente. Un sistema di telegestione che controlla la moderna luce urbana a led che integra il telecontrollo punto-punto powerline (comunicazione dati su rete elettrica esistente) permettendo di ottenere alti livelli di efficienza energetica - oltre 70% di risparmio energetico - ma anche di attivare sul territorio servizi ai cittadini e ai visitatori italiani e stranieri: dalla mobilità sostenibile con le stazioni urbane di ricarica elettrica, alla sicurezza con le colonne sos, dalla videosorveglianza al wifi e alla connettività con sistemi multimediali di comunicazione e promozione della nostra metropoli. Nel contesto del fuori salone del Mobile, Via della Spiga si illumina ogni anno con una scenografia luminosa in movimento ai suoi ingressi e agli incroci principali, presentando al grande pubblico il suo nuovo look smart e sostenibile. Spiga Smart Street è un progetto che è stato promosso dall’Associazione di via, con il patrocinio del Comune di Milano, Assessorato al Commercio, Attività Produttive, Turismo, Marketing Territoriale, con il supporto di prestigiose aziende private, leader nel settore dell’innovazione e della tecnologia tra cui Fastweb Samsung, Umpi, Cariboni Group Lighting, Imq, Blachere Italia. Grazie a questo progetto è possibile ottenere importanti risultati in termini di risparmio energetico e di abilitare nel contempo le reti elettriche esistenti dell’illuminazione esterna a diventare una sorta di LAN estesa e capillare capace di interconnettersi alle dorsali in fibra e di integrare sulla piattaforma powerline di comunicazione tutta una serie di dati acquisiti da sensori in rete: l’Internet of Things (IoT) diventa usufruibile attraverso le reti elettriche esistenti. In questo primo modello di Smart City multiservizi vengono abilitate le applicazioni più innovative della interattività con le luci e con gli apparati multimediali interconnessi fino ad applicazioni di wifi distribuito e di servizi alla collettività. Questa piattaforma intelligente se estesa sulla città di Milano potrebbe contribuire a limitare gli sprechi, garantendo risparmi di gestione tra energia e ottimizzazione dei processi manutentivi, oltre a ridurre l’emissione di gas serra, contribuendo così a migliorare la qualità dell’aria, nel pieno rispetto del Protocollo di Kyoto e delle direttive Europee per il 2020”. Uno strumento polifunzionale capace di valorizzare e rivalutare le reti per garantire: • risparmio: elimina gli sprechi, garantendo % ingenti di risparmio di gestione tra energia ed ottimizzazione dei processi manutentivi. • Ambiente: grazie ai risparmi energetici generati è possibile tutelare il cielo riducendo drasticamente le emissioni. • Velocità: non servono nuove infrastrutture, la tecnologia powerline usa le reti esistenti permettendo di implementare servizi a valore aggiunto in tempi ridottissimi. • Servizi: i risparmi generati permettono di coprire gli investimenti per la piattaforma abilitante ai servizi digitali e di comunicazione a banda larga: sicurezza, mobilità sostenibile, connettività e informazione, controllo ambientale e del territorio sono così possibili con investimenti a basso costo. • Innovazione Made Italy: tecnologia pensata, ingegnerizzata e sviluppata totalmente in Italia che può diventare la piattaforma su cui costruire le Smart Cities del nostro paese, favorendo la crescita e lo sviluppo economico di molte imprese collegate a questo stesso processo di crescita tecnologica.

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Il sistema di controllo per automatizzare il nuovo terminal idrocarburi di Barcellona

PUBBLIREDAZIONALE

ROCKWELL AUTOMATION

Tradebe, compagnia specializzata nella gestione di rifiuti industriali, gestisce oltre 60 impianti fissi in Europa e negli Stati Uniti. Di recente ha inaugurato un nuovo terminal idrocarburi presso il molo Energy del porto di Barcellona. Il terminale è caratterizzato da due lotti in un raggio di un chilometro e collegati tra loro: uno destinato agli idrocarburi leggeri, come JET, benzina e diesel, e l'altro a prodotti pesanti come l’olio combustibile. Generalmente la gestione di questo tipo di struttura portuale è supportata da soluzioni proprietarie, sviluppate specificamente per il settore. SURIS, un System Integrator Rockwell Automation, per la gestione dell'impianto elettrico e il sistema di controllo e automazione ha scelto di implementare open tool per consentire ai diversi protocolli di comunicazione di interagire con i sistemi aziendali, il tutto in conformità con il controllo SIL 2 e gli standard di sicurezza. SURIS ha scelto il sistema di controllo distribuito PlantPAx® di Rockwell Automation perché offriva scalabilità, flessibilità, facilità di integrazione di skid o di componenti terzi. La soluzione è stata progettata usando il protocollo EtherNet/IPTM e comprendeva postazioni operatore (OWS) e di ingegneria (EWS) che, mettendo a disposizione informazioni complete e integrate, abilitano alla creazione di KPI a supporto di un miglior processo decisionale. Così il sistema può facilmente integrare le diverse apparecchiature del terminal, compreso il sistema di misura del livello dei serbatoi, la rete di valvole motorizzate e starter, i convertitori di frequenza, i misuratori di energia, i controllori nelle stazioni di carico autobotti e altri sistemi terzi. È stata implementata un’infrastruttura di rete Ethernet/IP, composta da una Ethernet a livello fisico e diverse reti logiche (VLAN) che forniscono al sistema il miglior livello disponibile di accessibilità, visibilità e sicurezza e, grazie alla segmentazione del traffico esistente, aiutano a garantire prestazioni di comunicazione ottimale. Sono stati utilizzati switch modulari gestiti Stratix 8000TM per ethernet industriale e la rete è stata segmentata in tre reti logiche: la prima per gli I/O, la seconda per la comunicazione TCP/IP e la terza per collegare i controller e i server di visualizzazione PASS. Sono stati introdotti elementi di sicurezza per soddisfare i requisiti SIL 2 secondo l’analisi del rischio fatta nel sito (Hazop). È stato installato un sistema ESD (Emergency Shutdown) in parallelo con il sistema di controllo di processo. Cuore del sistema di sicurezza è il controllore GuardLogix® perfettamente integrato nella soluzione di controllo PlantPAx. Per la visualizzazione sono stati previsti dei server PlantPAx (Process Automation Server System, PASS) e delle OWS. Lo scambio di informazioni tra il sistema di controllo e il sistema ERP del terminal è stato realizzato con FactoryTalk® Transaction Manager che gestisce il flusso di informazioni tra il sistema aziendale e il sistema di controllo. Tutti gli Application Server sono stati implementati su un'infrastruttura virtualizzata permettendo di razionalizzare il numero di server fisici, migliorare il ciclo di vita e la disponibilità del sistema e semplificare la manutenzione. Il sistema di controllo distribuito PlantPAx di Rockwell Automation è un sistema robusto e tutti i dispositivi si integrano perfettamente, facilitando così la gestione degli impianti e l'automazione, con riduzione dei costi e della complessità. La combinazione di soluzioni modulari e flessibili ha consentito a Tradebe di coprire sia gli aspetti di controllo sia di sicurezza dell’impianto. La comunicazione aperta le ha permesso di integrare facilmente le apparecchiature di terzi. Si è snellito il processo di acquisizione di dati, permettendo alle informazioni di fluire verso i propri sistemi aziendali.

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SERVIZI A RETE MARZO-APRILE 2016

I premi Top Utility e l’analisi nel settore dei servizi Tenuta dei risultati economici-finanziari nelle maggiori utility pubbliche e private italiane nei settori gas, luce, acqua e rifiuti

Pochi giorni prima della presentazione in Consiglio dei Ministri dei decreti attuativi della riforma della Pubblica Amministrazione, il settore dei servizi di pubblica utilità evidenzia una crescita nei risultati economici finanziari e una tenuta degli investimenti, nonostante il calo del fatturato dovuto al crollo dei prezzi e della domanda di energia. È quanto emerge dalla quarta edizione del rapporto Top Utility Analysis, che ha preso in esame le maggiori 100 utility pubbliche e private italiane attive nei settori gas, luce, acqua e rifiuti. La migliore azienda in assoluto è Marche Multiservizi, (in finale con Acque, Hera, Publiacque e Smat). Le valutazioni hanno portato, come da tradizione, ad assegnare altri riconoscimenti oltre alla graduatoria assoluta: prima per sostenibilità è la lombarda CAP Holding (finalista con A2A, Acea, Aimag, Edison); prima per comunicazione è la fiorentina Quadrifoglio (con A2A, Contarina, Hera, Iren); prima per il premio RSE ricerca e innovazione è Acea di Roma (con CAP Holding, Edison, Hera, Iren); prima nella sezione Wartsila efficienza energetica è Enel (con A2A, Acea, Acque, Marche Multiservizi). Infine il premio Idrotherm 2000 Formazione e risorse umane è stato assegnato a Hera di Bologna (con CAP Holding, Acque, Acque del Chiampo, Publiacque).

“L’analisi offre un quadro d’insieme che è in continua evoluzione - spiega l’economista Alessandro Marangoni, CEO di Althesys e coordinatore del gruppo di ricerca Top Utility. - Nonostante un contesto congiunturale e settoriale ancora difficile, non solo si registra una tenuta dei risultati economico-finanziari, ma si affianca anche una crescente attenzione ai temi ambientali, alla trasparenza e alla comunicazione con gli stakeholder”.

La carta d’identità del settore Il settore dei pubblici servizi continua a svolgere un ruolo rilevante per l’economia italiana. Il volume d’affari delle prime 100 utility italiane, pubbliche e private, si attesta nel 2014 a 120 miliardi di euro, contribuendo per il 7,4% del PIL italiano e dando lavoro a oltre 131.000 addetti. Rappresentano, nel complesso, il 56% dell’energia elettrica generata in Italia (AEEGSI), il 35% dei rifiuti urbani raccolti (ISPRA) e il 63% dell’acqua distribuita (ISTAT). In attesa dei nuovi processi di aggregazione, si registra una presenza ancora prevalente di piccole e medie imprese, seppur in calo rispetto al 2013 (-3%). La metà ha, infatti, un fatturato inferiore a 100 milioni di euro. L’82% rimane sotto i 500 milioni di ricavi, mentre soltanto 18 operatori superano questa soglia.

L’energia fatica, crescono rifiuti e acqua Dallo studio emerge che i settori idrico e ambientale crescono rispetto agli energetici (gas ed elettricità): i ricavi delle aziende, anche a causa del calo dei ricavi del comparto energetico dovuto alla riduzione dei prezzi e dei volumi di gas ed elettricità, sono diminuiti complessivamente del 9%: dai 132 miliardi del 2013 si è passati a 120 miliardi del 2014. Mentre le imprese che si occupano esclusivamente della gestione rifiuti e dell’acqua sono cresciute rispettivamente del 7,6% e 6,8%, per le multiutility e le aziende del comparto energetico, maggiormente esposte alle fluttuazioni dei prezzi di mercato, il calo è stato superiore: -9,8%. Le monoutility idriche, per esempio, si distinguono per una maggior incidenza dell’EBITDA sui ricavi rispetto alla media (28,5%). Le aziende di waste management nel 2014 hanno segnato un significativo aumento del ROI (8,8% vs. 6,7% dell’anno precedente) e del ROE (5,7% vs. 4,7%).

Gli investimenti tengono

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Gli investimenti, pur diminuendo in termini assoluti, sono rimasti pressoché costanti in proporzione sui ricavi (da 3,5% a 3,4%), essendo passati a 4,1 miliardi di euro nel 2014 dai 4,6 del 2013. I maggiori investimenti sono stati fatti dalle imprese del comparto energetico per quasi 2,3 miliardi. Queste aziende sono le uniche ad averli aumentati rispetto all’anno precedente (sia in termini assoluti che relativi). Gli interventi hanno riguardato prevalentemente la manutenzione, l’estensione e il potenziamento delle reti di distri-


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buzione elettrica e gas, e in misura minore la realizzazione di nuova capacità di generazione elettrica da fonte rinnovabile, soprattutto di piccola taglia. Nonostante il forte calo dei ricavi, il 2014 ha fatto segnare un lieve miglioramento degli indici della gestione caratteristica: aumentano il rapporto EBITDA/Ricavi (dal 17,4% del 2013 al 17,7%) e il ROI (dal 7,7% al 7,9%), mentre ROE e ROS risultano in leggera flessione. Permane l’elevato rapporto di indebitamento delle aziende idriche, dovuto alla sotto-patrimonializzazione delle stesse.

Alla ricerca dell’efficienza Tutte le principali utility italiane hanno realizzato importanti progetti di ricerca, spesso in collaborazione con le università. Un’area che ha accomunato le attività di ricerca & sviluppo delle utility in tutti i comparti analizzati è il risparmio e il recupero energetico dai processi. Nel settore elettrico, la ricerca e l’innovazione hanno riguardato lo sviluppo delle smart grid, della generazione distribuita e dei sistemi di accumulo. Nella gestione rifiuti si è puntato all’incremento dei livelli di raccolta e recupero di quelle frazioni di rifiuti che non riescono ad essere pienamente intercettate dai sistemi tradizionali. Nel settore idrico la ricerca si è concentrata, tra gli altri, sulla potabilizzazione dell’acqua e sui sistemi di monitoraggio degli inquinanti.

Bene l’economia circolare e la responsabilità ambientale Cresce la consapevolezza sui temi ambientali e sociali delle utility: il 33% delle aziende pubblica il bilancio di sostenibilità e l’82% di queste lo fa seguendo le linee guida del GRI. In aumento anche le certificazioni di qualità, tra le quali crescono soprattutto l’ISO 18001 e la SA 8000 (+3%). L’attenzione alla Corporate Social Responsibility (CSR) traspare anche dall’alta diffusione del codice etico, adottato dall’89% delle Top 100. Migliorano le performance in materia di economia circolare con la raccolta differenziata cresciuta del 6% rispetto al 2013 e con il 27% dei player che supera il 65%. Le aziende idriche nelle Top 100 presentano perdite medie inferiori al dato nazionale (34% contro il 36%), anche se il settore nel suo complesso evidenzia ancora la necessità di ingenti investimenti, soprattutto nella fase di depurazione e collettamento.

Utility a portata di click, clienti più soddisfatti Sempre più vicini al cliente e sempre più tecnologici: potrebbe essere questa l’evoluzione dell’offerta di customer care per le utility. Aumenta l’uso di social network e delle applicazioni per smartphone e tablet, mentre l’utilizzo dello sportello on-line è il principale mezzo di interazione col cliente per più di 7 utility su 10. Pur permanendo ancora ampi margini di miglioramento, si registra una maggiore trasparenza da parte delle aziende pubbliche: in aumento la quantità e la qualità delle informazioni fornite e il livello di adesione ai requisiti di legge. A questo trend positivo si accompagna, inoltre, un sensibile incremento degli investimenti in comunicazione e marketing, più che raddoppiati.

CAP Holding: Sostenibilità

Alessandro Russo e Michele Falcone

“Siamo orgogliosi di esserci aggiudicati un premio per il secondo anno consecutivo - commenta Alessandro Russo, presidente del Gruppo CAP -. La sfida di oggi è proprio nella sostenibilità, seguendo le parole d’ordine dell’efficienza energetica e della tutela ambientale che noi abbiamo concretizzato nel programma CAP21: 21 impegni di sostenibilità per rispondere alla sfida del clima che cambia”. “Tra questi 21 impegni rientra per esempio l’adozione del Water Safety Plan, il nuovo modello di controllo dell’acqua potabile sviluppato con l’Istituto Superiore di Sanità - spiega il direttore generale Michele Falcone -. Tutto il nostro Piano degli investimenti, che prevede interventi per 600 milioni di euro in 5 anni, è fortemente orientato alla sostenibilità per contribuire a migliorare la qualità della vita dei 2 milioni e mezzo di cittadini che vivono sul nostro territorio”.

Hera: Formazione

Tomaso Tommasi di Vignano

“Siamo orgogliosi di aver ottenuto questo riconoscimento - ha dichiarato il Presidente di Hera Tomaso Tommasi di Vignano. - Questo premio è la prova che Hera è entrata, da alcuni anni, in pianta stabile tra le aziende italiane che eccellono nelle condizioni di lavoro offerte ai dipendenti e questo grazie non solo all’ampia gamma di attività formative offerte ma anche alle politiche strutturate di benefit offerte ai nostri dipendenti. Gli investimenti effettuati negli anni nella formazione sono stati sempre più specifici e innovativi, per fornire spunti e strumenti a tutta la popolazione aziendale e al contempo migliorare ulteriormente i servizi che offriamo ai clienti e al territorio in cui operiamo, in coerenza con i nostri valori e la missione aziendale.”

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Gruppo CAP: completato il serbatoio HUB di Aicurzio Tassello strategico della dorsale dell’acqua della Brianza, opera da 36 milioni di euro per servire 160mila abitanti collegando 28 Comuni.

Conclusi i lavori al serbatoio HUB di Aicurzio: garantirà acqua di ottima qualità ai cittadini di Aicurzio e Sulbiate, in provincia di Monza e Brianza. Si tratta di un serbatoio in grado di contenere 6mila metri cubi d’acqua potabile, un HUB strategico nel sistema delle dorsali idriche della Brianza in cui il Gruppo CAP sta investendo più di 36 milioni di euro per collegare 28 Comuni e servire 160mila abitanti. Oltre a rifornire direttamente Aicurzio e Sulbiate e indirettamente Mezzago, infatti, una volta completate tutte le dorsali, l’HUB di Aicurzio consentirà di rilanciare l’acqua di ottima qualità proveniente dai Campi Pozzi di Pozzuolo Martesana e Trezzo sull’Adda a tutta la fascia di comuni a Nord di Vimercate (ovvero Bernareggio, Carnate, Ronco Briantino, Usmate velate, Camparada, Correzzana) e all’Alta Brianza (Triuggio, Renate e Besana, fino a Briosco e Veduggio), dove andrà ad aggiungersi all’acqua prelevata dai pozzi esistenti, garantendo un servizio migliore ai cittadini. Si tratta di un tassello di un progetto complessivo avviato da CAP per rispondere alla carenza d’acqua del territorio brianzolo e ragionare su scala di bacino, prelevando l’acqua dove ce n’è in abbondanza e di ottima qualità per portarla dove manca, integrando così il sistema acquedottistico della brianza con risorse prelevate nel Milanese, per offrire ai cittadini un servizio più affidabile tramite una progettazione complessa che mette insieme decine di interventi, in buona parte già realizzati e gestiti in collaborazione e sinergia con Brianzacque, l’azienda che gestisce il servizio Sopra: Campo pozzi di Pozzuolo Martesana

idrico integrato in Brianza e che, insieme a CAP, fa parte della rete Water Alliance, acque di Lombardia. “Questo progetto, all’avanguardia dal punto di vista tecnologico e ingegneristico, mostra molto bene come l’acqua non si fermi ai confini amministrativi – ha commentato il presidente del Gruppo CAP, Alessandro Russo –. Il compito di un’azienda pubblica come la nostra, partecipata dai Comuni, è proprio quello di gestire l’acqua in ottica di area vasta sfruttando le possibili economie di scala per offrire servizi sempre migliori ai cittadini. Il tutto tenendo come obiettivo prioritario il rispetto dell’ambiente, ottimizzando le risorse naturali e quelle economiche per garantire acqua buona e sicura in tutto il territorio”. Ancora poche settimane di monitoraggio, quindi, e i cittadini di Aicurzio e Sulbiate avranno a disposizione acquedotti molto più efficienti che in passato. L’HUB di Aicurzio riceverà in futuro l’acqua da entrambe le Centrali di Trezzo e Pozzuolo. Oggi arriva solo da Pozzuolo Martesana, perché la Centrale di Trezzo è in fase di collaudo ed entrerà parzialmente in funzione tra circa un mese. Avrà poi bisogno ancora di un anno per lavorare a pieno regime: è il tempo necessario perché vengano completate tutte le analisi previste per un impianto di questo tipo. Nel frattempo, deve essere ultimato l’ultimo tratto di dorsale. Il sistema di dorsali è stato progettato anni fa per sopperire alle carenze d’acqua di cui storicamente soffre questa zona, e per portare quindi a 160mila abitanti di 28 comuni brianzoli l’acqua prelevata nell’area metropolitana di Milano.

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Un maxi-intervento da circa 36 milioni di euro, che si articola in molteplici progetti, dalla realizzazione della seconda Centrale all’interconnessione degli acquedotti comunali. Molti di questi tasselli sono già stati realizzati e hanno già contribuito ad aumentare la disponibilità d’acqua potabile nei comuni coinvolti. Entro la fine dell’anno i lavori proseguiranno a Nord, nella tratta Cornate-Mezzago-Sulbiate, e a Sud per chiudere la parte dell’anello che oggi parte da Pozzuolo e si ferma a Concorezzo: a lavori ultimati arriverà invece fino a Correzzana, passando per Vimercate, Arcore, Villasanta e Lesmo. Si stanno inoltre definendo i dettagli dei progetti per i pochi tratti di dorsali che ancora mancano, per chiudere anche la parte Nord dell’anello e per dismettere gli impianti a osmosi inversa di Busnago e Bellusco, realizzando vasche di miscelazione che porteranno anche un indubbio vantaggio ambientale: si tratta infatti di una soluzione che consente di utilizzare molta meno acqua rispetto a un impianto a osmosi inversa, che consuma il 25% dell’acqua che tratta.

Il Gruppo CAP 828 dipendenti, 7.573 km di rete idrica, 6.592 di rete fognaria, 887 pozzi, 325 impianti di potabilizzazione e 64 di depurazione, oltre 230 milioni di metri cubi di acqua erogata ogni anno e investimenti per 560 milioni di euro in 5 anni. Sono i numeri del Gruppo CAP, realtà industriale che gestisce il servizio idrico integrato sul territorio della Città Metropolitana di Milano e in diversi altri comuni delle province di Monza e Brianza, Pavia, Varese, Como secondo il modello in house providing, cioè garantendo il controllo pubblico degli enti soci nel rispetto dei principi di trasparenza, responsabilità e partecipazione. Attraverso un know how ultradecennale e le competenze del proprio personale coniuga la natura pubblica della risorsa idrica e della sua gestione con un’organizzazione manageriale del servizio idrico in grado di realizzare investimenti sul territorio e di accrescere la conoscenza attraverso strumenti informatici. Per dimensione e patrimonio il Gruppo CAP si pone tra le più importanti monoutility nel panorama nazionale. Le dorsali della Brianza La fabbrica dell’acqua di Pozzuolo Martesana 126 litri al secondo: portata attuale 260 litri al secondo: portata al termine dei lavori per le dorsali

La fabbrica dell’acqua di Trezzo sull’Adda 7 pozzi 180 litri al secondo: portata massima Le dorsali 160mila abitanti serviti in 28 Comuni brianzoli 36 milioni di euro investiti.

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La formazione nel no-dig I costi sociali e l'impatto ambientale dei cantieri sono motivo di sempre maggior interesse. La sensibilizzazione in questo senso è stata uno dei motivi per cui le tecnologie no-dig hanno preso sempre più piede nel nostro Paese nonostante le primitive perplessità. In particolare le macchine a perforazione orizzontale, che utilizzano una delle più interessanti tecnologie, pur permettendo di lavorare in aree a forte criticità perché non necessitano di scavi, si distinguono per l'elevata complessità d’uso. Il personale altamente qualificato richiesto per l'esecuzione di opere con questa tecnologia, in grado di svolgere il lavoro con perizia e in totale sicurezza, necessita di un’approfondita formazione non solo tecnica, ma anche sul campo. Ecco perchè Ruspal, azienda specializzata nella realizzazione e modernizzazione di reti e infrastrutture, crede che la formazione del personale sia il requisito imprescindibile per l'offerta di un servizio di elevata qualità.

Iter formativo

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Professionalità ed esperienza trovano il loro apice in un percorso formativo che abilita gli operatori alla conduzione di macchine di perforazione orizzontale guidata particolarmente complesse. Il corso di 40 ore rilascia un patentino, riconosciuto dalle SOA che necessita di rinnovo ogni 5 anni.

Il patentino è stato reso operativo grazie all’accordo nazionale fra Formedil, l’associazione delle scuole edili, e IATT (Italian Association for Trenchless Technology) a cui appartengono buona parte delle specializzate nel no-dig italiane fra le quali Ruspal. L’accordo interessa le diverse scuole del territorio italiano e in Emilia Romagna, nei pressi della sede Ruspal a Mirandola, l’attività viene sviluppata dalla Scuola Edile di Parma, ossia dal Centro Servizi Edili.

Abbiamo chiesto il parere del dottor Gaetano Russo, amministratore delegato e presidente di Ruspal. “I numerosi pregiudizi sulle tecnologie no-dig che ne hanno a lungo frenato lo sviluppo sono stati causati, oltre che da una giustificata diffidenza di fronte al “nuovo”, soprattutto dalla scarsa preparazione e competenza di chi ha operato in questo settore nei primi suoi anni di sperimentazione. L'impossibilità, da parte delleutility, di poter verificare la buona riuscita dell'esecuzione, se non a lavori terminati, ha reso ancor più difficile lo sviluppo del no-dig”. Quali sono le fasi imprescindibili per una buona esecuzione? “Prima di effettuare una trivellazione, esistono delle severe procedure da rispettare. Innanzi tutto occorre effettuare indagini georadar e delineare una mappatura accurata dei sottoservizi, avvalendosi del controllo incrociato dei dati forniti da enti e municipalizzate, il cui


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supporto dovrebbe essere maggiormente collaborativo e coordinato. Quindi, cosa ancor più importante, la verifica sull’idoneità e la preparazione tecnica di coloro che utilizzeranno le macchine complesse necessarie alla realizzazione. Solo con il rispetto delle procedure, con le analisi approfondite del sottosuolo e con la “messa in campo” di personale altamente qualificato, munito di patentino o attestato, si potrà garantire un lavoro a regola d’arte. C'è da dire che il sottosuolo per quanto “diagnosticato” può sempre riservare problemi. Soprattutto in caso di imprevisti, solo l'operatore preparato sa come agire: infatti, pur trattandosi di macchine tecnologicamente avanzate, è l’uomo, con la sua capacità, a fare la differenza”.

Programma del corso di abilitazione per Operatore DI MACCHINE COMPLESSE NELLA PERFORAZIONE TELEGUIDATA N°

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Materia T

ACCOGLIENZA

Maggiori informazioni sul corso ci sono state fornite dal geometra Maurizio Fanzini, direttore del Centro Servizi Edili di Parma. “I partecipanti – precisa il geometra – devono avere almeno tre anni di esperienza sulla macchina. Il corso si articola in 16 ore di formazione teorica, con lezioni dedicate, per esempio, a sicurezza, metodologia di comunicazione, tecnologia della macchina e geologia: a seconda del tipo di terreno e in base alla spinta della perforatrice, l’operatore può rimodulare il programma della macchina. La parte pratica, sotto la guida dell’istruttore, prevede il posizionamento della trivella, l’inizio delle perforazioni, il passaggio dei cavi e tutte le procedure necessarie per la predisposizione delle condutture. Al termine delle 20 ore di pratica, ci sarà un esame finale. IATT, a cui la Ruspal è associata, e Formedil stanno valutando l’ipotesi di istituire un “foglio rosa” per il dipendente che si intende formare nei tre anni, con il conseguimento finale del patentino”. Gli albori del no-dig in Italia sono terminati: le aziende che si affacciano a queste tecnologie sanno che i vantaggi offerti sono declinati in maniera precisa da regole che, se non rispettate, potrebbero compromettere tutta l'esecuzione dell'opera. Per questo rivolgersi a dei veri esperti, con tutte le “carte in regola” per garantire un'esecuzione eccellente, è una necessità imprescindibile per assicurarsi una qualità che tutte le utility devono pretendere.

Gli assiomi della comunicazione L’effetto dell’emotività sul processo comunicativo Stili comunicativi e strategie comunicative Comunicazione verbale e non verbale Processi di codifica e decodifica dei messaggi Stereotipi e meccanismi di difesa nelle relazioni interpersonali Origine e gestione dei conflitti in un team di lavoro

Ore 1

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TECNICHE DI COMUNICAZIONE

Salute, infortunio, malattia Rischio, misura di sicurezza La legislazione in materia di Prevenzione degli infortuni e di igiene del lavoro La normativa di riferimento per i cantieri ai sensi del Titolo IV del D.Lgs. 81/08 Gli attori della sicurezza: compiti e responsabilità Contenuti principali del Piano Operativo di Sicurezza Analisi degli infortuni nel settore dell’edilizia specializzata

1

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3.

T

SICUREZZA SUL LAVORO

Il patentino “Il corso di abilitazione e il rilascio del patentino sono il culmine di un percorso che certifica l’idoneità dell’operatore a guidare la macchina perforatrice. Il patentino è riconosciuto a livello nazionale ed è rilasciato da istituzioni qualificate e non da aziende private a garanzia di un traguardo raggiunto per merito. La nostra azienda ha raggiunto un livello di eccellenza - ha continuato Russo - confermato dalla partecipazione ai progetti MAN (Metropolitan Area Network) a Bologna e Modena, alla rete Lepida per la banda larga nelle Pubbliche Amministrazioni in Emilia Romagna, e a NGN2 di Telecom Italia”.

Contenuti Presentazione degli obiettivo del percorso abilitante Illustrazione delle modalità di svolgimento del percorso Adempimenti tecnici e burocratici per l’avvio del percorso

2

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4.

T

SICUREZZA APPLICATA

Individuazione dei possibili rischi presenti nei diversi tipi di perforazione in genere, e nelle relative situazioni di lavoro Individuazione e realizzazione delle misure di tutela relative ai singoli rischi individuati Classificazione rischi del cantiere : Rischio elettrico Rischio incendio Rischio condutture in pressione Rischio Sistemi di comunicazione Dispositivi di Protezione Individuale Gestione emergenze - Avvertenze di sicurezza Approvvigionamento idrico Acque di scarico Inquinamento suolo e sottosuolo Terre da scavo Rumore Rifiuti

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5.

N° 6.

ASPETTI AMBIENTALI CONNESSI ALLA PERFORAZIONE

T

Materia

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Contenuti

Grandezze fisiche caratteristiche delle macchine – definizioni ed unità di misura - Concetti base elettromeccanica - Concetti base oleodinamica – pneumatica - Concetti base idraulica -

T MECCANICA

Definizione di terreni e rocce –classificazioni Utensili di scavo: tipologie e condizioni di impiego Fluidi di perforazione: scopo, tipologie, volumi Fanghi di perforazione Topografia del sito di lavoro, del sottosuolo - pianificazione della perforazione Modalità e criticità di esecuzione del foro pilota, dell’alesatura, della posa in opera delle condotte Tubazioni: materiali, tipologia e sollecitazioni durante la posa in opera Macchine simili Applicazioni e lavori particolari -

3

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Ore 4

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7.

T

ELEMENTI DI GEOTECNICA, TECNICA DI SCAVO, FANGHI DI PERFORAZIONE, TECNOLOGIE DEL SETTORE

Lettura dei diagrammi e conoscenza della simbologia Esame dei circuiti principali e dei relativi componenti Principali criticità dei sistemi ed accorgimenti operativi Sistemi di guida, cercaservizi Modalità installazione componenti, road map Verifiche funzionalità impianti Pianificazione delle manutenzione, controlli periodici Ricambi principali, parti di usura Macchine accessorie: impianti di separazione fanghi , motori a fanghi

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T

IMPIANTISTICA DELLA MACCHINA

Illustrazione caratteristiche della macchina Il posizionamento della macchina La preparazione e la gestione del fluido e dei fanghi di perforazione Prove di cantiere su fluidi e fanghi di perforazione Il controllo ed il rilevamento della geometria della perforazione e della condotta posata Esecuzione di foro pilota, alesatura, tiro della condotta Manutenzione componenti

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E

PRESENTAZIONE DELLA MACCHINA – MONTAGGIO MACCHINA – PROVE FUNZIONAMENTO

Esame delle valutazioni teoriche e pratiche espresse dai docenti Colloquio di approfondimento con i corsisti sugli argomenti trattati nel percorso

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ESAME FINALE

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SERVIZI A RETE MARZO-APRILE 2016

Gli interventi su tubazioni coibentate in amianto Ivano Bosi – Responsabile QHSE Gruppo Marazzato

Il tema della rimozione dell’amianto sta diventando sempre di più di attualità e di interesse anche per i non addetti ai lavori. L’attenzione appare privilegiatamene rivolta verso i manufatti contenenti fibre di asbesto in matrice compatta, in particolare nelle coperture in cemento-amianto noto come eternit. Attenzione giusta e importante in quanto la maggioranza della popolazione è interessata dall'esposizione alle fibre che possono essere rilasciate dalle coperture; esse infatti sono sottoposte all’azione continua dell’anidride carbonica atmosferica; il fenomeno è noto come “cancro del cemento” e provoca una decarbonatazione del cemento legante le fibre. In particolare, l'anidride carbonica disciolta nell'acqua trasforma il carbonato presente nel manufatto in cemento-amianto in bicarbonato di calcio più solubile che viene facilmente asportato per dilavamento lasciando una struttura più porosa e al tempo stesso meno compatta. Il manufatto presenta una pericolosa decarbonatazione, mediamente dopo 20 anni dalla posa, e la sua degenerazione è generalmente manifestata da licheni (che aderiscono grazie alla maggiore porosità del supporto) e da micro stalattiti nei punti di colatura delle piovane. Sarebbe tuttavia profondamente superficiale ed errato pensare che il problema dell’amianto sia rappresentato dalle coperture in “eternit”; esso è ancora molto presente nella coibentazione delle tubazioni, in una forma molto più pericolosa e nota come amianto friabile. Molti comparti produttivi hanno visto l’utilizzo di fibre asbestiformi su componenti a tubo dell’impiantistica; si riporta un indicativo elenco di tali utilizzi: • carpenteria metallica: coibentazioni a spruzzo di strutture metalliche effettuate fino alla fine degli anni ‘70, l’applicazione di coppelle in amianto è, con molta

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Sopra: Amianto - Tubazioni in fibrocemento

probabilità, proseguita anche nei primi anni ‘80 • cartiere: coibente nelle caldaie e nei condotti per fluidi caldi • caseifici: coibentazione delle tubature che dalle caldaie convogliavano l’acqua calda alle paiole; ogni paiola era collegata a queste tubature, fino all’innesto con la stessa • cementifici: guarnizioni e baderne in amianto per le flange delle tubature e MCA per coibentazioni di parte dei forni • concia: coibentazioni dei condotti per il trasporto di fluidi caldi • gomma/plastica: amianto friabile nelle coibentazioni di centrali termiche e nelle condotte per il trasporto di fluidi caldi • lapidei: amianto presente nei forni per trattamenti termici di cottura e sinterizzazione del minerale • laterizi: guarnizione di accoppiamento tra il bruciatore ed il forno era realizzata con corde e cartoni • termoidraulica: caldaie di dimensioni minori (condominiali) con guarnizione (portina) di accoppiamento del bruciatore con il corpo caldaia realizzata con cartone in amianto che i termoidraulici confezionavano sul posto. Coppelle, tessuti, nastri e corde in amianto sono stati utilizzati per l’isolamento termico di condotti per fluidi caldi; sulle flange di accoppiamento di tutta la tubisteria utilizzata in termoidraulica venivano installate guarnizioni in amiantite. Ovviamente quanto riportato rappresenta minimamente la varietà e la tipologia di utilizzi dell’amianto e quelli citati sono stati scelti per l’idoneità ad essere trattati e bonificati con una tecnica ancora poco nota e utilizzata: il glove-bag. Prima di introdurre l’utilizzo di questa tecnica è bene ricordare il motivo per cui normativa e buona prassi impongono


SERVIZI A RETE MARZO-APRILE 2016

sistemi specifici di intervento sui manufatti; il fine ultimo è rappresentato dalla salvaguardia della sanità dell’operatore e degli individui esposti non professionalmente in vicinanza delle aree di lavoro. Le tecniche di protezione utilizzate sono sostanzialmente tre: • l’incapsulamento delle fibre tramite il trattamento superficiale dei manufatti con prodotti incollanti (utilizzato per le coperture in cemento-amianto) • la segregazione dell’attività di bonifica in un ambiente con atmosfera statica (si impedisce lo scambio di aria tra l’ambiente in bonifica e l’esterno) • la segregazione dell’attività di bonifica in un ambiente con atmosfera dinamica (si pongono in depressione gli ambienti in bonifica filtrando l’aria in uscita dagli estrattori). La tecnica del glove-bag è una realizzazione, su scala ridotta, della metodologia di segregazione ad atmosfera statica. La tecnica prevede l’irrorazione del manufatto con un incapsulante, il rivestimento con teli plastici della tubazione, il montaggio del glove-bag. Ma cosa è? Il “sacco-guanto” è di fatto una fodera trasparente con guanti a manica lunga rivolti verso l’interno e collegato un sacchetto ermetico collocato sotto la tubazione; in tal modo l’operatore può, avendo preventivamente collocato all’interno del sacco gli strumenti necessari, rimuovere un pezzo di coibentazione, mettendo a nudo il tubo metallico.

Tecnologia Glove Bag

Il tratto scoperto di tubazione sarà disponibile al successivo taglio con invio del tubo presso un impianto esterno specificatamente autorizzato. La tecnica permette la totale protezione degli addetti e dell’area circostante la zona di lavoro, con tempi di intervento inferiori in modo imparagonabile rispetto ad altre metodologie di intervento.


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SOCIETÀ DEL GRES

Tubazioni in gres DN 1200 per microtunnelling con stazione intermedia di spinta Klaus Ellermeier e Christel Flittner, Steinzeug-Keramo Friedrich Pröve, Stadtentwässerung (drenaggio urbano) Peine La città di Peine in Bassa Sassonia è situata in una brughiera sabbiosa tra Hannover e Braunschweig. Nella zona di protezione paesaggistica “Dungelbecker Bruch”, alla periferia della città di Dungelbeck, per il miglioramento della funzionalità idraulica della rete, si è reso necessario il rifacimento del collettore fognario in ingresso alla stazione di pompaggio. L’intero tracciato del collettore da rinnovare attraversava una zona di protezione paesaggistica e correndo parallelamente ad un canale; a causa di ciò e delle conseguenti limitazioni di spazio si è deciso di utilizzare tubazioni in gres ceramico posate con la tecnologia microtunnelling. La tecnologia microtunnelling a smarino idraulico è risultata la soluzione più adeguata per le seguenti ragioni: • altri collettori operativi correvano parallelamente al nuovo percorso pianificato • la falda raggiungeva in alcuni tratti il livello del suolo • il percorso del collettore correva sotto una palude protetta.

Protezione paesaggistica

La presenza della foresta paludosa, zona con un vincolo di protezione paesaggistica, rendeva impossibile avere l’accesso al percorso pianificato. In presenza di questi vincoli e di queste condizioni di posa estremamente difficili, l’unica strada possibile è stata la posa con la tecnologia no-dig.

Posa delle condotte in presenza di falda

La prima parte del collettore è stata realizzata con l’infissione di tubazioni in gres per microtunnelling DN 400 mm divisa in 3 tratte della lunghezza rispettivamente di 123, 133 e 39 m. Successivamente, le tubazioni in gres DN 1200 sono state infisse parallelamente al collettore già installato; questa tratta di poco inferiore ai 260 m è stata di facile realizzazione senza la necessità di un pozzo intermedio. A causa della lunghezza della tratta è stata comunque installata una stazione intermedia di spinta, ma grazie alla bassa resistenza del terreno, che ha richiesto basse forze di spinta, non è stata necessaria la sua attivazione. La lunghezza della seconda tratta era di 43 m. Il terreno, sabbia-ghiaia, non ha creato problemi durante la perforazione. La profondità di scorrimento del tubo è stata di circa 3,60 m con una altezza media di ricoprimento di 1,70 m. I pozzi di spinta e di arrivo sono stati realizzati con strutture provvisionali a palancole chiuse. Per la protezione contro l’infiltrazione della falda il fondo dei pozzi è stato stabilizzato con iniezioni gelificanti.

Protezione del paesaggio a 360°

Per la realizzazione di questo progetto sono stati necessari 14 mesi, di cui 8 mesi per la spinta delle tubazioni. Ora, grazie al fatto che le tubazioni in gres sono prodotte solo con l’utilizzo di materie prime naturali, non rilasciano nulla al terreno e alle acque attraversate, sono ecocompatibili e riciclabili, i cittadini di Peine hanno un collettore fognario perfettamente integrato nel delicato equilibrio della zona di protezione paesaggistica. Il costo di realizzazione è stato di circa 1,8 milioni di Euro, è giustificato grazie alla lunga durata garantita delle tubazioni che hanno permesso l’ammortamento dell’investimento in 80 anni. Committente: Stadtentwässerung Peine (drenaggio urbano), Gestore comunale Progettazione: bpi Hannover · Verworn, Hanover Microtunnelling management: Dipl.-Ing. Gajowski GmbH, Baunatal Gestione complessiva del progetto di costruzione: Stadtentwässerung Peine (drenaggio urbano) Relazione geologica: Dr. Pelzer und Partner, Hildesheim Impresa di costruzione: STRABAG AG Braunschweig/Magdeburg Microtunneling: STRABAG AG Berlin

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BRUGG PIPE SYSTEMS

Tubazioni posate in orizzontale o in verticale: parola d’ordine flessibilità! Negli ultimi anni la riqualificazione degli edifici tramite l’uso di vani e cavedi dismessi sta prendendo sempre più piede. Tale pratica edilizia può essere adottata sfruttando anche le caratteristiche di flessibilità detenute da alcune tubazioni. A tal proposito Brugg Pipe Systems dispone della tubazione flessibile, preisolata e fornita con lunghezze a misura tipo CALPEX®. Una condotta capace di trasformarsi in colonna portante di distribuzione, estremamente coibentata con un coefficiente di dispersione termica tra i più bassi a livello industriale. I vantaggi di un impianto di questo tipo consistono nell’avere una soluzione isolata in un pezzo unico - staffata solo all’inizio ed alla fine della tratta - di veloce installazione e idonea a garantire un lavoro a regola d’arte, senza andare a impattare dal punto di vista estetico sulle facciate del palazzo. L’installazione mostrata nella foto riguarda la riqualificazione dell’impianto di riscaldamento di una palazzina degli anni Settanta. L’edificio è passato dal combustibile gasolio al più pulito ed efficiente gas metano. Per questioni di spazio si è reso necessario posizionare le caldaie sul tetto. Questo ha comportato la realizzazione di una colonna principale di adduzione dell’acqua calda dal tetto alla centrale termica e l’unica soluzione praticabile è stata passare attraverso la dismessa canna fumaria. In questa applicazione sono stati impiegati due spezzoni da 30 metri di tubo CALPEX® DN 65. Le tubazioni sono state calate in modo veloce e sicuro, garantendo una colonna uniforme e già isolata senza ulteriori interventi migliorativi. CALPEX® è il sistema per fluidi ancora più flessibile, e rappresenta il massimo grado di evoluzione di una tubazione preisolata: basso impatto energetico, affidabilità e rapidità di installazione. La tubazione può essere impiegata per l’approvvigionamento di acqua in generale, per usi industriali e civili con temperature fino a 95°C, nelle reti di teleriscaldamento, nel trasporto di acqua potabile e acque reflue.

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Campioni di tubo centrifugato prodotto dal gruppo HOBAS®

Interno di uno stampo durante il processo di centrifugazione HOBAS®

Estrazione dallo stampo; stabilimento HOBAS® di Klein St. Paul/Austria

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HOBAS TUBI

Tubazioni in P.R.F.V. Nel panorama delle tubazioni in materiale plastico rivestono un ruolo di rilievo le cosiddette tubazioni in P.R.F.V., acronimo che rappresenta l’abbreviazione di Plastica Rinforzata con Fibra di vetro. Questa tipologia di materiale è costituita, sostanzialmente, da resina poliestere insatura in qualità di legante, filamenti di fibra di vetro come rinforzi, oltre a materiali inerti ed alcuni additivi. Trattandosi di una resina termoindurente, una volta completato il processo di polimerizzazione, il materiale ottenuto non può essere riportato allo stato plastico, come avviene ad esempio per le resine termoplastiche (PVC, PE, ecc.). Questo conferisce alla tubazione una notevole stabilità agli sbalzi termici. Come ulteriore caratteristica di grande rilievo vi è poi l’insensibilità agli effetti di corrosione elettrolitica dovuta alle correnti vaganti ed alle caratteristiche del terreno nella zona di posa della condotta. Le tubazioni in P.R.F.V. vengono prodotte attraverso due diverse tecnologie: per avvolgimento su mandrino, e per centrifugazione. Entrambe fanno riferimento alle norme UNI EN 1796 (acqua) e 14364 (fognature). Il processo di centrifugazione, ideato da HOBAS® sul finire degli anni ’50, è particolarmente sofisticato e permette di rispondere a delle prerogative essenziali: consente non solo di dosare e proporzionare le materie prime con grande precisione, ma di posizionarle all’interno della sezione del tubo esattamente dove le loro caratteristiche vengono massimizzate, a beneficio delle caratteristiche prestazionali della tubazione. Per effetto di questo e diversamente da quanto avviene per altri materiali plastici, è possibile conferire alla tubazione caratteristiche diverse di rigidezza (resistenza allo schiacciamento trasversale) e resistenza alla pressione interna in modo disgiunto, cioè senza dover necessariamente incrementare la resistenza a pressione solo per ottenere una maggiore resistenza allo schiacciamento. L’effetto della forza centrifuga produce una tubazione con parete molto compatta, di elevate caratteristiche meccaniche. Questo porta ad un ulteriore passo: la possibilità di produrre tubi con valori di resistenza alla compressione assiale molto elevati, adatti alla posa con tecniche a spinta (ad esempio microtunneling). Nel campo della posa no-dig questa tipologia di tubazioni centrifugate offre prestazioni ai massimi livelli del panorama tecnico attualmente disponibile: le elevate caratteristiche meccaniche consentono di ottenere, a parità di diametro interno, tubi con pareti più sottili, riducendo sensibilmente i volumi di smarino ed i costi di smaltimento; la superficie esterna non porosa non genera effetti di dewatering, riducendo i costi di lubrificazione ed i rischi di blocco della condotta già posata durante eventuali fermi di cantiere. Dal momento che il materiale mantiene comunque una certa flessibilità, non è necessario utilizzare elementi di interposizione tra i tubi spinti. Altra peculiarità delle tubazioni in P.R.F.V. centrifugato per posa no-dig è quella di essere disponibili anche per condotte in pressione (normalmente fino a PN10 bar). Di grande utilità, infine, è l’esistenza di una specifica norma ISO 25780, a garanzia di progettisti ed utilizzatori. Tra le prestazioni richieste ad una condotta fognaria (ma non solo), vi è la resistenza all’abrasione. Anche in questo caso il processo di centrifugazione si distingue, rendendo possibile la produzione di tubi con liner interno in resina di elevato spessore, senza presenza di fibre od altri elementi che potrebbero ridurne l’efficacia. Il test di Darmstadt consente di verificarne la durabilità anche a condizioni ben più gravose di quelle prescritte dalle relative norme. Il collegamento tra i singoli tubi avviene sempre per mezzo di manicotti: il processo di centrifugazione produce infatti una superficie esterna al tubo perfettamente liscia e calibrata per tutta la sua lunghezza, consentendo alle guarnizioni dei manicotti di lavorare in modo ottimale in ogni posizione, anche in caso di taglio del tubo. Le caratteristiche geometriche e costruttive del manicotto impiegato dal gruppo HOBAS® (con guarnizione continua a labbro quadruplo ed anello di battuta centrale, e carcassa esterna ad elevata flessibilità) permettono inoltre di tollerare agevolmente angolazioni e disallineamenti tra i tubi adiacenti, garantendo comunque la tenuta idraulica. Queste qualità vengono sfruttate in modo ottimale per effettuare cambi di direzione senza l’impiego di pezzi speciali, con evidenti vantaggi idraulici.


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AQUATHERM

Innovativo sistema di tubazioni per impianti antincendio di tipo Sprinkler a umido Aquatherm, azienda specializzata nel settore delle tubazioni in materiale polipropilenico, presenta il sistema aquatherm red pipe, il primo sistema di tubazioni in materiale sintetico idoneo e certificato per lo specifico utilizzo negli impianti antincendio automatici sprinkler di tipo “ad umido”, così come definiti dalla norma UNI EN 12845. L’utilizzo di un’innovativa molecola chimica in polipropilene random con basse doti di infiammabilità, chiamata fusiolen® PP-R FS, unitamente all’impiego dell’esclusiva tecnologia “faser” per la realizzazione di tubazioni composite fibro-rinforzate, permettono di ottenere un sistema con elevate doti di resistenza meccanica, con un contributo molto basso al fuoco, bassa fumosità e totale assenza di gocce ardenti in tempi relativamente lunghi. I vantaggi del sistema aquatherm red pipe sono importanti e concreti: facilità e rapidità di lavorazione e movimentazione, riduzione di peso (fino al 70%) rispetto alla distribuzione metallica, totale assenza di fenomeni corrosivi, nessuna otturazione degli ugelli (affidabilità totale dell’impianto), totale assenza di guarnizioni o elementi di tenuta, vita operativa dell’impianto di oltre 50 anni. La realizzazione della tipica distribuzione “a maglia” dell’impianto sprinkler, è ottenuta in modo semplice e veloce, grazie alla particolare tecnica di lavorazione che prevede la fusione tra tubo raccordo oltreché la possibilità di utilizzo dei raccordi “a sella” per la realizzazione delle derivazioni anche su tubazioni posate in opera. Tali peculiarità rappresentano un grande vantaggio per l’installatore, in termini di velocità ed economicità dell’installazione. Infine la leggerezza del sistema aquatherm red pipe permette all’operatore una facile e sicura movimentazione del materiale, fornendo così un ulteriore vantaggio per la posa in opera di impianti che tipicamente prevedono un’installazione “sospesa”. Grazie agli innumerevoli vantaggi offerti, il sistema aquatherm red pipe si è già imposto in molti mercati europei.

Le giornate tecniche di

20 maggio 2016, ROMA “Applicazioni di telecontrollo e sistemi di misura innovativi” Con il patrocinio di

C.F.P. richiesti a Ordine Ingegneri e Collegio Provinciale Geometri laureati di Roma

26 maggio 2016, MANTOVA “Soluzioni innovative per il controllo, l’efficienza energetica e la riduzione delle perdite nelle reti idriche” Con il patrocinio di

C.F.P. richiesti a Ordine Ingegneri e Collegio Provinciale Geometri laureati di Mantova

Per consultare i programmi completi delle due giornate e per iscriversi


Molte domande e grande partecipazione a Chieti Le numerose domande ed approfondimenti richiesti dalle aziende che hanno partecipato al convegno di Chieti, dedicato alle tecnologie di risanamento non distruttivo, testimoniano quanto ci sia ancora da dire e da promuovere in questo campo. Costi sociali e costi ambientali, oltre alla velocità di esecuzione, sono punti ormai imprescindibili a cui i gestori sono chiamati a tener conto e su cui le tecnologie no-dig sono vincenti confronto agli scavi a cielo aperto. Si è chiuso il convegno svoltosi lo scorso 18 febbraio a Chieti dedicato alle nuove tecniche e materiali per il risanamento non distruttivo degli acquedotti. L’ordine degli interventi è stato organizzato per seguire un filo logico che potesse condurre i partecipanti non solo ad un’informazione sull’utilizzo di queste tecnologie, ma anche e soprattutto al perché queste tecniche sono destinate a divenire il futuro del risanamento delle reti. Il primo intervento tenuto dal Dott. Massimo Desiati ha messo in luce i motivi per cui anche la politica si sta interessando non solo a ciò che deve essere fatto, ma anche al come. Un modello che tiene sempre più conto dei costi sociali che i cittadini sono tenuti a pagare durante la riabilitazione delle reti del sottosuolo. Un interessante spunto dato anche dal fatto che ai nostri tempi ciò che non si vede (le reti del sottosuolo n.d.r.) è ormai un problema che si pone in forte evidenza dalle conseguenze che la sua cattiva gestione porta con sé, come ad esempio il caso di Messina. Oltre a questo, l’acqua bene comune, è finalmente un punto imprescindibile su cui i gestori della “res publica” devono tener conto. Ecco dunque introdotto il perché. Il secondo intervento del Prof. Baldassare Bacchi, Docente di Idraulica all’Università di Brescia, ha messo in chiaro le garanzie che queste tecnologie offrono e su cui numerosi studiosi di tutto il mondo hanno avuto modo di confrontarsi. Dunque nessuna sperimentazione, ma tecniche sicure che necessitano di grande competenza ed esperienza. Nei successivi due interventi Franco Scarabelli, specialista ed esperto di lavori con tecnologie no-dig, ha illustrato con immagini

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ed esposizioni pratiche, alcuni tra gli ultimi e più significativi interventi che hanno visto protagoniste, in ambiti particolarmente complessi, le tecnologie di risanamento non distruttivo con questi materiali di ultima generazione. Durante queste esposizioni, rispondendo alle numerose domande dei tecnici presenti, sono stati evidenziati i molteplici vantaggi pratici che l’utilizzo delle tecniche di recupero no-dig di tubazioni esistenti, utilizzando i nuovi materiali ad alto contenuto tecnologico, consentono. La velocità di esecuzione e la possibilità di attraversare tratti difficili in cui lo scavo a cielo aperto costituisce un problema di difficile soluzione, unite alla garanzia di utilizzare materiali che garantiscono alte prestazioni, danno ai gestori di reti acquedottistiche una gamma di possibilità di intervento che non era pensabile solo qualche anno fa e che consente loro di progettare interventi di notevole spessore a costi più contenuti rispetto alle tecniche tradizionali. Nell’intervento di Matteo Brera del Gruppo Mercurio sono state segnalate alcune possibili soluzioni per il reperimento dei fondi necessari per l’esecuzione delle opere. Un momento particolarmente interessante ed altrettanto sentito dai gestori. La conclusione di Oliver Terhoeven, coadiuvato nella sua esposizione da Franco Scarabelli, ha riguardato la descrizione dei vari prodotti utilizzati per il recupero totale o parziale delle condotte e l’illustrazione delle loro caratteristiche peculiari con particolare riguardo alla resistenza alle pressioni di esercizio ed alle diverse tecniche di applicazione.


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