Il Foro Severiano

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IL FORO SEVERIANO

1.

CENNI STORICI

Il primo a parlare di un foro nella parte bassa della città di Terracina fu il francese Marie-René de la Blanchère nella sua monografia Terracine. Essai d’histoire locale, pubblicata a Parigi nel 1884. Partendo da un disegno del XVI secolo dell'artista Baldassarre Peruzzi, lo studioso ipotizzava tra piazza Fontana Vecchia, la Salita Annunziata e l'attuale Via del Foro Severiano l'esistenza di un Forum in compito Severianae, ovvero una piazza posta ad un incrocio da cui partiva la via Severiana, un'antica strada romana che congiungeva Portus (l'odierna Fiumicino) con Terracina, costruita nel 198 d.C. dall'imperatore Settimio Severo 1 . La Blanchère sosteneva l'esistenza del foro già prima della rettifica della Via Appia, un intervento urbanistico che portò la regina viarum all'interno del quartiere della marina terracinese 2 ; egli fu il primo a tentare uno studio della viabilità 3 di questo polo logistico antico: in questa zona, insieme alla variante dell'Appia, si incrociavano probabilmente tre vie: quella che divenne poi la Severiana, la via verso il porto e una rampa che saliva alla città alta, permettendo il collegamento del complesso forense con un'altra importante piazza, il Foro Emiliano. Lo sviluppo economico della città di Terracina a partire dal I sec. a.C., grazie alla produttività del territorio 4 , la commercializzazione del vino 5 e i rapporti con la Magna Grecia, favorì una crescita urbanistica destinata a consolidare ed ampliare la già interessante rete di vie di comunicazione e di strutture per lo smercio dei prodotti e delle materie prime. Le strutture emerse 6 testimoniano lo status di una città che, all'epoca, aveva raggiunto importanti traguardi socio-economici, costituendosi come fondamentale vettore commerciale tra Roma e il sud Italia.

2.

LA SCOPERTA

L'ipotesi di La Blanchère fu confermata dall'effettiva scoperta di un foro, avvenuta durante alcuni lavori di scavo nel 1886 su un terreno acquistato ai piedi della Salita Annunziata dall'onorevole Narducci. Dal cantiere emersero diversi reperti archeologici, tra cui decorazioni, fregi architettonici, 1 La strada prende il nome da questo imperatore che probabilmente si limitò a collegare e lastricare percorsi e strade già esistenti. 2 Per un'analisi complessiva del percorso dell'Appia inferiore o traianea e la connessione con il grandioso taglio di Pisco Montano vedi R. MALIZIA in Il percorso urbano dell’Appia traianea, in AA.VV., La Via Appia a Terracina. La strada romana e i suoi monumenti, Studi in occasione del 23° centenario dell’Appia, Casamari 1988, p. 73 ss. 3 Vedi più avanti il paragrafo “Problemi di viabilità”. 4 Si consideri l'importanza della zona agricola della “Valle”, la cui produttività era all'origine, come già evidenziato dal Lugli, di un antico percorso che la collegava al porto, una strada in parte ricalcata oggi da Via dei Volsci, da considerare probabilmente all'origine della via “ad portum” ritrovata sul lato occidentale del Foro Severiano, il cui percorso iniziale fu ripreso in età imperiale anche dall’Appia inferiore (cfr. G. LUGLI, Forma Italiae, Vol. I, Pars. I, Anxur-Tarracina, Roma 1926). 5 Il famoso Caecubus (Cecubo in italiano) vino rosso molto pregiato prodotto nella zona del Lazio con origini antichissime, tanto che il poeta Orazio nell'Ode I, 37 lo cita per invitare gli amici a festeggiare, danzare e a bere in occasione della morte di Cleopatra. Il cecubo era originario dell'Ager Caecubus, corrispondente alla zona fra Formia, Fondi e Terracina. Plinio in particolare elogia quello prodotto ad Amyclae, antica città prossima a Sperlonga. 6 Il porto, le Terme alla Marina, il foro, la Via Appia, i resti di domus, le tabernae e i depositi prospicienti il “Fiumicello” (corso d'acqua navigabile che si originava dall'Amaseno ed era anticamente importante vettore per il trasporto di derrate alimentari dall'interno verso la costa e il porto). Per un’analisi dettagliata delle strutture di Terracina bassa cfr. LUGLI 1926, cc. 125-126, IV Zona, Terracina bassa.


resti di statue, frammenti di epigrafi e parte della pavimentazione di un piazza, delimitata a sud da una via, - presumibilmente i resti del tratto urbano dell'Appia - in perfetto stato di conservazione: alcuni lastroni conservavano ancora tracce dell'iscrizione onoraria sull'asse longitudinale del foro, indicante probabilmente l'autore o gli autori dell’intervento edilizio. L'area del foro si estende sull'asse E-O tra la via trasversale che corre davanti la Chiesa dell'Annunziata e Piazza Fontana Vecchia ed è delimitata a sud dall'odierna Via Roma. Sul terreno privato dove sono affiorati i resti del piancito è stato costruito il palazzo Narducci, che sul lato lungo affaccia sulla via principale, mentre il lato corto è prospiciente la via in declivio (Via del Foro Severiano); il palazzo, oggi Palazzo Cardinale, segue il palazzo Longo, sotto cui si estende un'altra parte del lastricato 7 . L'iscrizione presente sul lastricato tocca un lembo della strada in declivio, passa sotto il palazzo Cardinale e prosegue a nord-ovest sotto i giardini della proprietà Longo. Il moderno percorso viario non è in asse col Foro, il cui esatto orientamento può essere dedotto dalla posizione attuale degli edifici di Piazza Fontana Vecchia, davanti i quali passava anche l'originario percorso urbano dell'Appia traianea, dopo aver superato la porta tardo-antica situata nella zona delle Poste. A proposito della scoperta, così si esprimeva l'allora sindaco di Terracina, Luigi Risoldi, nell'agosto del 1886, informando il Ministero della Pubblica Istruzione: «[...] essendosi dovuto sotto fondare i muri di telaro, sono stati rinvenuti alcuni frammenti antichi, cioè: qualche rudero di muro; tre o quattro monchi di statua di lavoro non molto pregevole; un grande capitello di ordine Corintio con foglie rotte; parte del vertice di un frontone, con membrature accuratamente intagliate; un pezzo di fregio con due lettere monche che sembrano un V ed un G precedute da un tratto di asta che pare il piede di un A; una statua muliebre poco meno della grandezza naturale, ma mancante della testa e di lavoro mediocre; e qualche frammento di colonna scanellata che pare alterata dal fuoco. Nella parte, poi, che è in procinto di costruirsi, facendo un tratto degli scavi per la fondazione dei muri, si è trovato, alla profondità di circa quattro metri sotto il suolo, un piancito con grandi lastre rettangolari di pietra calcarea. In questo piancito, allineate sopra ad una medesima direzione, si sono scoperte alcune lettere incise nei detti lastroni, formanti una scritta che non si è potuta leggere perché in massima parte ancora sepolta sotto il terreno. Le belle lettere ricordano subito i tempi dell'epoca imperiale e sono I.V.S. poi un punto A poi Q ed a grande distanza, sotto il lembo della strada detta della SS. Annunziata, un altro Q. Tali lettere, incise nella pietra, sono ricolme di metallo [bronzo], meno l'ultima. Hanno l'altezza di circa 30 centimetri e disposte a distanza di circa m. 1,40 l'una dall'altra. [...] Si nota per maggiore esattezza che in parte dell'area del piancito mancano i lastroni. [...] In adiacenza del detto giardino municipale, esistono dei sotterranei coperti a volta, cioè sostruzioni di antichi edifizi Romani, dei quali rimane sopra terra qualche rivestimento in opera reticolata [...] » 8 . Oggi parte dei resti ritrovati è custodita nel Museo Civico Pio Capponi e nei magazzini museali; altri reperti, difficili da spostare, sono rimasti all'interno dell'edificio privato. Le lastre di calcare locale, non omogenee e mancanti in più punti, sono visibili solo nelle cantine del Palazzo Cardinale 9 , insieme all'unica lettera ancora visibile dell'iscrizione (Q) e ai lacerti della strada che delimitava a sud il foro.

7 Nelle cantine di palazzo Longo non sono stati trovati resti significativi né dei lastroni del foro né delle lettere dell'iscrizione. 8 La lettera del sindaco seguiva la nota, meno dettagliata, dell'ispettore dell'area Filippo Lombardini, recatosi sul posto per conto della Direzione delle Antichità di Roma; vedi P. LONGO, Il Foro Severiano. Lettura delle strutture ed analisi storica del complesso, in AA.VV., La Via Appia a Terracina. La strada romana e i suoi monumenti, Studi in occasione del 23° centenario dell’Appia, Casamari 1988, p. 87 ss. 9 In corrispondenza dei pilastri sostruttivi del palazzo le lastre si presentano affossate oppure sollevate.


3.

FORMA E DIMENSIONI

Il foro è rettangolare come quello nella parte alta della città, ma di dimensioni diverse. La sua larghezza è stata determinata raddoppiando la distanza (7-8 metri) tra l'iscrizione, presumibilmente collocata sull'asse centrale della piazza, e l'inizio del tratto di basolato della strada che lo delimita a sud; risultato: una misura compresa tra i 16 e i 18 metri. Più difficile stabilire la lunghezza dell'asse E-O: considerando i limiti posti dalle strutture ritrovate ad occidente del sito, in Piazza Fontana Vecchia, e un possibile incrocio di strade situato ad est 10 , non troppo distante dal punto in cui oggi è presente il declivio con la Via del Foro Severiano, si ottiene una misura approssimativa di circa 50 metri. I pochi indizi che abbiamo ci portano a supporre quindi una piazza con dimensioni pari alla metà di quelle del Foro Emiliano sulla città alta 11 . Il lastricato è fatto di calcare locale; le lastre misurano circa 1,60 m. di lunghezza per 0,70 m di larghezza; il loro spessore è di circa 25/30 cm 12 . Sull'asse orizzontale E-O è stata ritrovata parte di un'iscrizione onoraria: le lettere, di bella fattura e perfettamente conservate, sono incassate nella pietra e ricolme di metallo (bronzo); quattro, presumibilmente nella zona centrale della piazza, sono ravvicinate e danno I U S . Q . 13 ; una quinta lettera, un'altra Q, si trova a circa 16 m dalle altre, sotto un lembo della strada in declivio (Via del Foro Severiano): è priva del riempimento in bronzo e conserva solo l'incisione sulla pietra. Dell'iscrizione oggi è visibile solo la prima Q in bronzo, che si conserva nelle cantine del Palazzo Cardinale; delle altre non è stato possibile stabilire posizione e stato di conservazione, dopo i cambiamenti urbanistici avvenuti agli inizi del secolo scorso14 . Il piano della piazza si trova oggi a 2,70 m sotto il livello stradale 15 .

4.

REPERTI E STRUTTURE DEL FORO

Dallo scavo del 1886 sono emersi diversi reperti. Le fonti presentano elenchi non sempre uguali: ora essenziali, altre volte più dettagliati. Questo, in sintesi, il materiale rinvenuto: a. qualche rudere di muro; b. frammenti di colonne scanalate; c. un pezzo di capitello corinzio; d. un grosso frammento appartenente ad un vertice di frontone con membrature accuratamente lavorate; e. piedi di una statua 16 ; f. tre piedistalli per statua con anfora a patera 17 ; g. una statua femminile di grandezza naturale decapitata18 ; 10 Da considerare: a) una possibile ampia curva, che avrebbe delimitato il lato est, da parte dell'Appia per raccordarsi con il tratto sottostante il transetto della chiesa del SS. Salvatore (cfr. MALIZIA 1988); b) l'esistenza di una rampa che saliva nella parte alta della città, all'ingresso del Foro Emiliano. 11 Il Foro Emiliano, con lastroni di 1,50 m di lungh., 0,60 cm di largh. e 0,25 cm di spessore, è un'area quadrilatera di m 100 x 35. 12 E' stato possibile misurare lo spessore delle lastre sollevate in prossimità dei piedritti sostruttivi del palazzo Cardinale. 13 Le lettere hanno un'altezza di circa 30 cm e sono disposte ad una distanza l'una dall'altra di circa 1,40 m (cfr. LONGO 1988). 14 Nell'ultimo sopralluogo avvenuto nella primavera del 2012, l'associazione culturale Terracina Rialzati non è riuscita a rilevare la presenza almeno del punto di separazione tra la scritta IUS e la prima Q, come documentano le fonti, punto che doveva trovarsi nelle cantine del palazzo Cardinale. Il resto delle lettere, stando all'unica pianta ricostruttiva del Longo, dovrebbe posizionarsi tra il muro perimetrale N-O del palazzo e i giardini adiacenti. 15 La Blanchère riporta 2,50 m (cfr. LA BLANCHÈRE 1884). Nel testo si fa riferimento all'ultimo rilievo in ordine cronologico, eseguito da Pietro Longo (cfr. LONGO 1988). 16 Frammenti scomparsi: cfr. LONGO 1988. 17 Dei tre piedistalli si è conservata solo una grande base in calcare, probabilmente anepigrafe, all'interno del Palazzo Cardinale. Non è possibile stabilire con certezza la presenza su di essa di un’iscrizione a causa di un grosso frammento di capitello corinzio addossato alla base (cfr. LONGO 1988).


h. i. l. m.

sepolcri a cassa; una vasca tardo-antica; iscrizione di P. Numisius 19 ; altri due pezzi di iscrizioni incise su grandi lastre di marmo e con lettere alte 20 cm, appartenenti all'epistilio di un edificio prospettante il foro 20 .

L'ultimo reperto è molto interessante perché suggerisce la presenza di un edificio, che poteva essere un tempio, nella parte occidentale del foro. L'area quadrilatera era contornata da una serie di edifici, di cui è rimasta una serie di avanzi specialmente nel lato settentrionale, oggi visibili in parte nelle costruzioni aperte al pubblico a ridosso di Piazza Fontana Vecchia. Seguendo la ricostruzione sulla cartina di seguito pubblicata, iniziamo una lettura sintetica 21 delle strutture in senso E-O: a. Stanze antiche, probabilmente tabernae, coperte ad arco con muri in reticolato e volte parallele al fronte del fabbricato (si nota la prima a forma trapezoidale). Dietro ad esse se ne trovano altre, la cui destinazione non è di facile comprensione, le quali proseguono in direzione opposta fin dentro la collina. L'opera reticolata, del I sec. d. C., qui è migliore. Dietro si trova anche un'antica scala con piano di mattoni 22 . b. Un abside in opus mixtum con fasce di reticolato divise da file di mattoni (probabilmente tegole da riporto) 23 . c. Una serie di cubicoli in reticolato (m 3,95 x 3) con volta ortogonale all'asse del foro 24 . e. Resti di un acquedotto di cui non è stato possibile tracciare il percorso 25 .

5.

PROBLEMI DI VIABILITÀ

La scoperta del foro contribuì a rendere più complesso il problema della viabilità intorno a questo importante snodo urbanistico dell'antichità. La Blanchère fu il primo a fornire un'analisi completa dell'incrocio delle strade, rivedendo il percorso rettilineo compiuto dall'Appia 26 , dopo il superamento della porta tardo-antica, attraverso il quartiere della marina terracinese 27 . L'archeologo francese ritenne allora che la via maestra dovesse deviare leggermente verso sud, identificandola con il basolato scoperto sul lato meridionale del foro, una strada che probabilmente diventava più avanti la Via ad Portum e che sarebbe stata ripresa nella parte iniziale dalla stessa Appia traianea. Tale ipotesi sembrava confermata qualche decennio più tardi dal ritrovamento di un altro tratto di strada in asse col precedente nei pressi di Piazza Fontana Vecchia, di fronte ad alcuni locali antichi (cubicoli) in reticolato 28 . Negli anni '20 del '900 furono rinvenuti altri avanzi di antiche vie che 18 Due tronchi di statua in marmo di Carrara, rinvenuti nel marzo del 1886, erano stati trafugati: cfr. LONGO 1988. 19 La lastra è stata utilizzata come parete per una delle tombe trovate nel foro. Per una lettura completa dell'iscrizione vedi LONGO 1988 e nota n. 9. 20 Una riportava .AVG., l'altra ...OLIO … OVIT. Cfr. LUGLI 1926, c. 103, n. 60. 21 Per un analisi approfondita delle strutture ritrovate cfr. LONGO 1988, Le strutture. 22 Cfr. LUGLI 1926, cc. 103-104, n. 60. 23 Della struttura rimane oggi solo il lato nord, poggiato su un muro in reticolato. Al suo interno, nell'edifico moderno che la racchiude, si è costruita una scala moderna di servizio: cfr. LONGO 1988, Le strutture. 24 Da poco restaurati, sono ancora visibili all'interno di alcuni locali che affacciano su Piazza Fontana Vecchia. 25 Ne parla sempre Longo: cfr. LONGO 1988, Le strutture. 26 Secondo un primo studio, La Blanchère ipotizzava che l'Appia dovesse passare proprio nel punto in cui è stato ritrovato il foro. 27 Con l'espressione “Quartiere della Marina” s'intende la parte bassa della città che si estende verso il mare, la quale fu fabbricata quasi tutta nell'età imperiale e poi rivalorizzata in età papale: cfr. LUGLI 1926, cc. 125-126, IV Zona. 28 Oggi questi locali restaurati si conservano nel bar e nel locale adiacente Piazza Fontana Vecchia. Su questo ritrovamento esiste un'incongruenza: per il Lugli il tratto di Appia scoperto è stato rilevato a 1,20 m di profondità, ma sappiamo che il lastricato del foro è a 2,50-2,70 m di profondità rispetto agli attuali piani stradali; inoltre, la via antica rispetto al foro è più bassa di 20-25 cm (cfr. LUGLI 1926, c. 105 n. 61).


offrirono nuovi spunti di riflessione, complicando notevolmente la soluzione del problema. Un tratto in buono stato di conservazione fu ritrovato nei pressi dell'ex Teatro Fontana, oggi Leila Gallery, in asse con la strada che proveniva dal lato meridionale del foro; poco più avanti, in asse ortogonale con l'emiciclo di Piazza Garibaldi, un altro tratto molto consumato, in direzione S-E, faceva supporre un incrocio tra l'Appia traianea e la via che proseguiva verso il porto, come supposto da La Blanchère e Lugli 29 . Durante i lavori per la costruzione di un palazzo a monte della Salita Annunziata, quasi di fronte la chiesa omonima, fu ritrovato a 6,50 m. di profondità il pavimento dell'Appia traianea in direzione E-O 30 . Sempre nella stessa proprietà, fu identificato verso la collina anche il tratto di un'altra via che scendeva dal Foro Emiliano alla Marina. Il dislivello tra le due strade era di circa di 3 m 31 . Questo sorprendente reticolo stradale 32 indusse il Lugli ad ipotizzare che l'Appia, superata la porta delle mura antiche ad ovest e penetrata all'interno del quartiere terracinese della Marina, si spezzasse in due con un doppia curva a gomito proprio in prossimità del foro della città bassa: un percorso saliva verso l'alto con un andamento tortuoso, a riprendere i tratti scoperti a monte; l'altro si raccordava con i basolati rinvenuti sul lato sud del foro. Tale ipotesi, anche se possibile, dovrebbe ammettere, rispetto almeno al tratto ascendente, un andamento molto singolare per una rettifica, che avrebbe invece dovuto rendere l'Appia più agevole e spedita 33 . Recentemente, in uno studio sul percorso urbano dell'Appia traianea 34 , Rosario Malizia ha avanzato altre due ipotesi sul percorso della strada maestra. La prima è che, spostando il bivio con la Via ad Portum subito dopo la porta tardo-antica (zona Poste), l'Appia poteva proseguire il suo cammino alle spalle del complesso forense, passando tra le strutture occidentali del foro e i terrazzamenti 35 situati fra la città alta e quella bassa. La seconda, ammettendo che il basolato trovato sulla Salita Annunziata fosse appartenuto ad un'altra strada, ipotizza che l'Appia, dopo aver percorso il lato sud del foro, invertiva il proprio cammino con un'ampia curva per andare a raccordarsi con il tratto sottostante la chiesa del SS. Salvatore. Al momento, le poche informazioni di cui disponiamo non permettono la risoluzione del problema; certo è che la rettifica dell'Appia è stata sicuramente concepita adeguando il suo percorso ad una situazione urbanistica preesistente che aveva nel foro e nella Via ad Portum i suoi cardini principali.

6.

IL NOME E GLI AUTORI

Il nome “Foro Severiano” che gli viene solitamente attribuito è del tutto arbitrario. La comunità scientifica lo ha adottato per distinguerlo da quello della città alta, di cui è ben noto il nome dell'autore: Aulus Aemilius 36 . Non facile, quindi, stabilire con evidenza documentale l'autore o gli autori del foro della città bassa. La Blanchère, riprendendo un'iscrizione 37 da lui analizzata che celebrava un'opera pubblica di Q. Aufidius Q. F. e Q. Magulnius Q. F., databile tra la fine della Repubblica e gli inizi dell'Impero, si spingeva a supporre che le lettere superstiti ritrovate sul

29 Cfr. LUGLI 1926, c. 133, n. 74, e carta n. 3. 30 Cfr. LUGLI 1926, c. 97, n. 48: “[…] Era lastricata con bei poligoni di selce e verso ovest mostrava la crepidine in blocchi di calcare”. 31 Questo tratto di strada era sostenuto da un alto muraglione, composto da blocchi di calcare irregolari. Il muro, molto antico, presentava alcuni restauri in opera incerta del periodo tardo repubblicano: cfr. LUGLI 1926, c. 97, n. 48. 32 Era già noto un altro tratto di basolato in asse con la prima via trovata a monte della Salita Annunziata, scoperto durante i lavori di costruzione della grandiosa chiesa del SS. Salvatore al tempo di Gregorio XVI. Il selciato dell'Appia inferiore, in direzione da N-O a S-E, si trova all'incrocio della navata centrale col transetto: cfr. LUGLI 1926, c. 105 n. 62 e carta n. 3. 33 Osservazioni in MALIZIA 1988. 34 Cfr. MALIZIA 1988. 35 LUGLI 1926, c. 103, n. 59. Questi terrazzamenti, probabilmente a scopo abitativo, sono segnati solo in parte nella carta archeologica pubblicata nella Forma Italiae. Essi occupavano l’area posta fra Via Roma e la Salita Annunziata. Cfr. anche MALIZIA 1988. 36 Cfr. LUGLI 1926, c. 103, n. 60. 37 C.I.L. I, 1186; X, 6327.


pavimento del foro potessero individuare proprio i due magistrati 38 . Recentemente, Pietro Longo 39 non solo ha ripreso questa ipotesi, non avendo dubbi sull'attribuzione ai due magistrati, ma ha anche fornito una datazione molto precisa sulla sua prima edificazione. In particolare, ricollegandosi alla teoria, seguita anche da altri 40 , che in età triumvirale sarebbe stata dedotta a Terracina una colonia ad opera del console Domizio Calvino, l'archeologo propone un primo intervento di sistemazione intorno al 40 a.C., anno del consolato di Calvino, e successivamente, in relazione con i grandi interventi urbanistici operati in città, come la rettifica dell'Appia e il taglio del Pisco Montano, la definitiva sistemazione del foro nelle forme giunte fino a noi. Le osservazioni di altri studiosi mosse alle conclusioni di Longo, incentrate soprattutto su un'incompleta analisi urbanistica del complesso forense 41 e su azzardate teorie non provate da alcun documento storico 42 , lasciano la questione sostanzialmente aperta. Come diceva La Blanchère 43 , solo un auspicabile scavo nei punti in cui potevano essere individuate le lettere mancanti, finalizzato a completare, con ragionevole certezza, l'iscrizione onoraria, potrebbe far luce definitivamente sulla questione. Oggi la complessità della stratificazione urbanistica pone oggettivi problemi di intervento ed un saggio pare possibile solo nei giardini retrostanti i palazzi storici, che poggiano le loro fondamenta direttamente sui lastroni del foro di età romana 44 .

7.

BIBLIOGRAFIA

M.-R. DE LA BLANCHÈRE, Terracina. Essai d’histoire locale, Parigi 1884 M.-R. DE LA BLANCHERE, Découverte d'une place à Terracine, in “MEFR”, 7, 1887 G. LUGLI, Forma Italiae, Vol. I, Pars I, Anxur-Tarracinae, Roma 1926 F. COARELLI, Lazio, “Guide Archeologiche Laterza”, Roma-Bari 1982 F. COARELLI, I santuari del Lazio e della Campania tra i Gracchi le guerre civili, Parigi-Napoli 1983 P. LONGO, Il Foro Severiano. Lettura delle strutture ed analisi storica del complesso, in AA.VV., La Via Appia a Terracina. La strada romana e i suoi monumenti, Casamari 1988, p. 87 ss. R. MALIZIA, Il percorso urbano dell’Appia traianea, in AA.VV., La Via Appia a Terracina. La strada romana e i suoi monumenti, Studi in occasione del 23° centenario dell’Appia, Casamari 1988, p. 73 ss. M. CANCELLIERI, A proposito di Cn. Domitius Calvinus e la colonia triumvirale di Tarracina, in La valle pontina nell'antichità, Atti del Convegno di Cori, Roma 1990, p. 45 ss. F. COARELLI, La costruzione del porto di Terracina in un rilievo storico tardo-repubblicano, in Revixit ars. Arte e ideologia a Roma: dai modelli ellenistici alla tradizione repubblicana, Roma 1996, p. 434 ss.

38 Scriveva La Blanchère: [...] Nello stesso tempo in cui A. Aemilius costruiva il Foro nella città alta e il tempio di

Roma e Augusto, vale a dire mentre viveva questo imperatore, potrebbe essere stato costruito il Foro nella città bassa, nel quartiere che nasceva allora intorno alla nuova via, e che raggiunse sotto gli Antonini il suo sviluppo completo, quando il porto fu ristabilito; […] da Découverte d'une place à Terracine, in MEFR, 7, 1887 (trad. M. Tramonti), p.113. 39 Cfr. LONGO 1988. 40 Vedi F. COARELLI, I santuari del Lazio e della Campania tra i Gracchi e le guerre civili, Parigi-Napoli 1983, e IDEM, Lazio, “Guide Archeologiche Laterza”, Roma-Bari 1982. Per la questione della colonia di Domizio Calvino vedi APPENDICE. 41 “[...] Numerosi sono i dubbi e le perplessità da sollevare alle interpretazioni e conclusioni di Longo, ma soprattutto lascia perplessi la eccessiva disattenzione dell'autore nei confronti del quadro topografico relativo alla viabilità incentrata sulla piazza stessa, quadro che presenta dei problemi tutt'altro che secondari, a giudicare dalle osservazioni di R. Malizia a proposito dell'Appia inferiore. […]”: M. CANCELLIERI, A proposito di Cn. Domitius Calvinus e la colonia triumvirale di Tarracina, in La valle pontina nell'antichità, Atti del Convegno di Cori, Roma 1990, p. 47. 42 “[…] Il tentativo sarebbe stato comunque metodologicamente più accettabile di quanto non sia una definizione cronologica che si aggancia ad una cortina in opera quasi reticolata, ad un brandello epigrafico (chissà poi quanti personaggi di rango presenti a Terracina e con un padre di nome Quintilius non conosciamo!) e ad una colonia che, più che presunta, è solo immaginata. […]”: CANCELLIERI 1990, p. 47. 43 Cfr. LA BLANCHÈRE 1887. 44 Il palazzo Cardinale risulta sostruito da una serie di arcate a crociera che poggiano direttamente sul lastricato. Per realizzare la costruzione l'intera area lastricata è stata liberata dal terreno. Longo ipotizza che in questa fase probabilmente è stato possibile riportare alla luce gran parte dell'iscrizione e che un appunto di trascrizione potrebbe trovarsi in qualche archivio (cfr. LONGO 1988, nota 23).


APPENDICE La questione della colonia del console Domizio Calvino è stata affrontata da Margherita Cancellieri in un convegno tenuto a Cori nel 1990 sulla “Valle Pontina nell'antichità”. La studiosa, rallegrandosi per il fervore di studi che stava portando a rivedere le vecchie teorie su Anxur-Tarracina, invitava i colleghi a non cedere al facile desiderio di costruire immediate conclusioni e a seguire la strada di un'attenta, completa, oggettiva, paziente documentazione ed analisi di tutti i dati disponibili. Ciò premesso, partiva con un caso emblematico di mistificazione, che aveva portato alcuni a trasformare il “probabile” in “certo”, ovvero il bollo laterizio 45 del console Cn. Domizio Calvino e quindi il tentativo di intendere il suo testo epigrafico come il ricordo di una probabile deduzione coloniale a Terracina. Di tutti i frammenti trovati, nessuno proviene dalla nostra città: la studiosa fa notare che il primo bollo fu recuperato tra il 1879 e il 1881 da Marie-René de La Blanchère nella villa di Domiziano sul Lago di Paola. Successivamente, furono trovati altri esemplari, non solo nella stessa area, ma anche fuori di Circeii, verso l'agro formiano e a Pompei. Nessuno però proviene da Terracina. 46 L'errore fu dovuto ad una confusione iniziale di assegnazione che fece scrivere allo studioso francese un generico “près de Terracine”. La Blanchère non fece in tempo a comunicare la correzione e la prima edizione dell'iscrizione del bollo apparsa nel C.I.L. riportò l'errore. La correzione avvenne solo nelle edizioni successive. Sebbene non si possa escludere che questa colonia sia stata creata a Terracina, diventa del tutto arbitrario trasformare una suggestiva ipotesi di lavoro in acclamata verità, tanto da trasformarsi, dice la Cancellieri, in “[…] una indiscutibile certezza “triumvirale”, nuovo cardine della storia, della topografia e dell'urbanistica di Terracina: la colonia di Domizio Calvino viene presentata come il momento per la costruzione di un impianto portuale, per l'avvio della realizzazione del foro della città bassa, per il taglio del Pisco Montano, per la centuriazione del territorio e per i restauri del santuario di Monte S. Angelo. [...]” La scarsa attitudine di alcuni allo spoglio critico e sistematico di tutte le fonti disponibili porta inevitabilmente alla creazioni di sistemi che sembrano più confondere che chiarire, risultando, in definitiva, metodologicamente inaccettabili. Per approfondire, vedi M. CANCELLIERI, A proposito di Cn. Domitius Calvinus e la colonia triumvirale di Tarracina, in La valle pontina nell'antichità, Atti del Convegno di Cori, Roma 1990, p. 45 ss.

45

Il bollo è un marchio impresso dagli stabilimenti di produzione di laterizi (figlinae o figline), collocati in genere in prossimità di depositi di argilla e lungo i fiumi per facilitare il trasporto dei materiali. 46 Qualche anno dopo il Coarelli tornò sull’argomento in uno scritto sul porto di Terracina e rivelò di aver ricevuto attendibili notizie dall'archeologo Piero Longo sul ritrovamento di due bolli, ancora inediti, direttamente nel Foro Severiano. Così si esprime il Coarelli, ed ancora oggi è tutto quello che sappiamo dei preziosi reperti: “[…] conosciamo ora anche esemplari da Terracina […] , il rapidissimo accenno nel testo prosegue in una nota ancora più sintetica e aleatoria: Due bolli inediti provengono dall’area del cosiddetto “Foro Severiano” di Terracina (comunicazione di P. Longo, che ringrazio). Non è dato sapere né la forma né il contenuto integrale di questa comunicazione. Cfr. F. COARELLI, La costruzione del porto di Terracina in un rilievo storico tardo-repubblicano, in Revixit ars. Arte e ideologia a Roma: dai modelli ellenistici alla tradizione repubblicana, Roma 1996, p. 449 e nota 22.


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