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Persuadere i genitori
lo che può, cogliendo anche l’opportunità di avvalersi poi dei ragazzi per attività in cui possono dare il loro contributo (dal fare la spesa per gli anziani all’accompagnamento di disabili, al babysitting per i più grandi, fino a piccole opere magari remunerate: lavare la macchina, riparare biciclette, organizzare catering, animare chioschi ecc.)
Non illudiamoci di trovare genitori affamati di novità. L’educazione diffusa è una grande rivoluzione, che va contro l’immaginario comune intorno a ciò che sia educazione e istruzione, che impatta sulle paure e sulle paranoie di molti genitori riguardo alla salute e alla sicurezza dei figli nonché sulle loro chance future di trovare lavoro, di poter proseguire gli studi a più alti livelli ecc. Solo pochi illuminati accorreranno spontaneamente. Gli altri bisogna convincerli. E non sarà impresa facile. Quest’opera non va improvvisata e non ci si può limitare a una presentazione al momento di partire. Occorre predisporre il terreno. E questo lo si fa con iniziative di sensibilizzazione: conferenze, assemblee pubbliche, possibilmente mobilitando soggetti autorevoli (personalità, autorità municipali, capipopolo ecc.). Poi con volantinaggi, azioni di propaganda capillari, feste e presentazioni in situ, per esempio organizzando una sorta di rappresentazione di come potrebbe essere la città o il paese una volta percorso e animato dalla presenza dell’educazione diffusa: una giornata in cui bambini e ragazzi mettono in scena la loro partecipazione alla vita sociale attraverso mercatini, chioschi, attività artigianali, conduzione di percorsi di conoscenza del territorio, esibizioni, spetta-
coli, tavoli di discussione con loro protagonisti, ipergesti (Mottana, 2017) specifici. L’educazione diffusa deve imporsi come una straordinaria forza di risveglio sociale e civile, mostrandosi, raccontandosi, presentando l’incredibile trasformazione che comporta nella vita di tutti, rendendosi desiderabile. Il rischio altrimenti è ritrovarsi con il solito pugno di genitori colti, impegnati e sensibili (indispensabili peraltro) ma che non ci aiuterebbero a cambiare davvero il volto delle cose.