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Introduzione
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L’immagine del bambino portato nella fascia ad anelli, nella fascia lunga o nel marsupio, oggigiorno è diventata un qualcosa di familiare. I vantaggi pratici del portare i bambini sono ormai assodati e indiscutibili. Possiamo salire e scendere le scale con grande facilità, ci possiamo concedere lunghe passeggiate in campagna, o attraversare il trambusto del mercato senza dover sempre chiedere il permesso per passare, tra gli sguardi irritati dei passanti, mentre si manovra il passeggino nella folla. Se saliamo sull’autobus non ci sentiamo più un fastidioso intralcio, e quando viaggiamo sul tram o su altri mezzi, che hanno spazi appositi, non abbiamo il problema delle ruote dei passeggini che si incastrano tra loro. Molti problemi quotidiani, piccoli o grandi che siano, diventano più facili da gestire. Per alcune madri, il fatto di poter portare il proprio figlio si rivela una vera e propria strategia di sopravvivenza, che permette di gestire le incombenze quotidiane. Dopotutto, il tempo che passiamo con i figli è solo una parte di quello che consacriamo alle varie faccende della vita familiare di ogni giorno. Anche se, in effetti, per una persona che vive sola, l’accudimento dei figli è già di per sé un lavoro a tempo pieno.
A ciò si aggiunge la sensazione di un contatto benefico per entrambi. Portare il proprio piccolo così vicino al corpo significa percepire il suo calore, ogni suo movimento, ma anche essere più a contatto con ogni suo stato emotivo. Il piccolo si sente bene così vicino al suo “nido sicuro”. Quando usciamo di casa, incontro all’aria fresca, le sue lamentele si limitano tutt’al più a un simpatico borbottio. Che suona come un liberatorio “finalmente”, poco prima di assopirsi di nuovo in santa pace.
Certo, il contatto fisico e la prossimità, per un neonato, sono importanti. Ma con tutto questo gran parlare attorno ai temi della protezione e del contatto, non stiamo forse esagerando? Dopotutto, è venuto forse a mancare qualcosa a quei bambini cresciuti nel passeggino, come è consuetudine ormai da qualche decennio? Certo, anche le ostetriche e i professionisti della salute sottolineano quanto sia importante il contatto fisico. Ci raccontano con grande en-
tusiasmo delle numerose tecniche del portare, con il cucciolo accovacciato comodamente davanti a noi. Ma tutta questa stoffa così intrecciata sembra un po’ difficile da gestire a certe latitudini. Un morbido marsupio non sarebbe forse più facile da usare? Le opinioni su questo si discostano. E poi possiamo davvero cominciare a portare i bimbi fin dai primi giorni di vita? Quando potremo iniziare a portare senza fare errori? E come si fa a legare per bene una fascia?
Sentimenti e opinioni contrastanti, domande su domande – come, da quando, per quanto tempo, perché – hanno accompagnato il tema del portare, fin dal momento in cui questo metodo ha tracciato una nuova strada nel sostegno alla neo-genitorialità. Succede ancora oggi, con il portare che ha ormai perso il fascino della scelta “alternativa”, e con i vari supporti che sono ormai disponibili in quasi tutti i negozi per bambini.
Comunque sia, la riscoperta delle pratiche del portare e delle tecniche di accudimento del bambino, che sono in realtà molto antiche, suscita ancora oggi diverse polemiche. In linea di massima, sono le stesse preoccupazioni di vent’anni fa che continuano a turbare o addirittura a scoraggiare i genitori disposti a fare questa esperienza.
Le domande sono sempre le stesse. Ci si chiede se il bambino possa respirare, o se non ci sia un qualche sovraccarico per la colonna vertebrale. I nonni, dal canto loro, hanno sempre il loro bel ridire sul rischio di viziarli, e poi c’è lo scetticismo mai sopito di alcuni pediatri e fisioterapisti.
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A volte, c’è proprio da divertirsi. Come quando delle persone completamente sconosciute ci chiedono di quale comunità religiosa facciamo parte, o magari ci porgono l’elemosina dicendo “è per il bambino”. Altre volte il rimprovero si fa più aggressivo: “È cosciente di cosa sta facendo al suo bambino portandolo in quel modo?!” 1 .
Certo, come genitori, si ricevono anche dei riscontri positivi. Ma bisogna tuttavia riconoscere che, se da un lato il portare ha perso i suoi tratti “esotici” e sempre più giovani madri accarezzano l’idea di approcciarsi a questo mondo, dall’altro permangono ancora diverse riserve. A fronte di tali incertezze può venirci in aiuto solo una solida conoscenza di base. I consigli pratici per il portare sono importanti, ma non rappresentano il fulcro di questo libro, anche se occupano gran parte di queste pagine. Dopotutto, oggi quasi ovunque è possibile rintracciare dei consulenti competenti capaci di poterci spiegare le tecniche di legatura. Corsi e consulenze sono offerti anche da ostetriche, counselor, associazioni e scuole sul portare. Alcuni produttori di fasce portabebè offrono corsi in proprio, e insieme al prodotto forniscono descrizioni illustrate per le varie tecniche di legatura, che si possono scaricare anche da internet. È possibile scartabellare centinaia di siti web per giorni e giorni, e guardare video con contenuti più o meno professionali che mostrano le diverse legature.
L’entusiasmo per la sperimentazione delle varie tecniche da parte dei numerosi sostenitori del babywearing ci ha consegnato diverse soluzioni – purtroppo anche con qualche versione effettivamente poco idonea. Se dovessimo menzionare tutte queste tecniche andremmo sicuramente oltre allo scopo di questo libro. Ciononostante, debbono essere presentate almeno le principali tecniche di legatura, e soprattutto, va dato rilievo ai punti critici, al fine di indirizzare direttamente o indirettamente la vostra attenzione sulle tecniche discutibili o meno adatte, in modo da evitare errori.
Una preoccupazione particolare di questo libro è anche quella di risvegliare, attraverso il tema del portare, la comprensione dei bisogni fondamentali dei bambini che sono sedimentati nella nostra storia secolare.
Vi introdurrò un po’ allo studio dell’età evolutiva per fare luce anche sulle peculiarità anatomiche dal punto di vista della biologia e della medicina.
Nel libro troverete anche argomentazioni utili per voi stessi e per le persone che vi stanno attorno. Potrete constatare quanto la filogenesi e persino l’anatomia possano essere attuali e ci auspichiamo anche interessanti.
Queste due discipline sono alla base per conoscere i bisogni fondamentali e i comportamenti del bambino. La comprensione, che molti genitori possiedono inconsciamente o intuitivamente, gioca un ruolo fondamentale in una relazione emozionale di successo tra genitori e figli.
Per iniziare a stabilire un buon legame genitore-figlio, i genitori sono anzitutto chiamati a mettersi in ascolto ed in osservazione del comportamento del bambino, il cui campo di azio-
ne è ancora limitato. Anche se il neonato oggi non è più ritenuto, come un tempo, un semplice groviglio di riflessi e si sono potute dimostrare le sue competenze con sufficienti prove scientifiche, viene spesso sovraccaricato e reso insicuro da diversi fattori o da proposte di interazione che non sono adatte al suo stadio di sviluppo. Qui entrano in gioco i genitori, che non devono solo soddisfare i suoi bisogni, ma aiutarlo a costruire una roccaforte sicura dentro di sé, di fondamentale importanza durante il percorso di sviluppo. I genitori sono anche quelli che forniscono la cornice dentro la quale un bambino può riuscire a sviluppare e valorizzare le sue capacità. Sono loro che devono innanzitutto riuscire ad offrire un ambiente adatto, e generalmente ci riescono. Ma purtroppo le circostanze, a volte, lo impediscono e i genitori hanno bisogno a loro volta di sostegno e di essere supportati nell’accudimento quotidiano del bebè.
Tutte queste tematiche sono connesse con il tema del portare, che evidentemente va ben al di là di una semplice tecnica di trasporto dei bambini.
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