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Abbazia di San Lorenzo in Monlué

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➜ C HIARAVALLE

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Era il 1267 quando l’arcivescovado di Milano, per tramite dei vicari episcopali di Ottone Visconti Bonifacio da Pontevico e Alberto da Bascapè, concesse all’ordine degli Umiliati la chiesa e i terreni che si trovavano presso il Lambro a diverse miglia dal centro della città. Con questa concessione comincia la storia dell’attuale abbazia di San Lorenzo in Monlué, oggi piccolo quartiere che conserva ancora le caratteristiche di un borgo formatosi intorno a una grangia, all’estremità orientale di Milano. Ancora in parte esistente e riconoscibile, la caratteristica struttura di Monlué corrisponde all’attività agricola e di manifattura, in particolare della lana, che stava al centro della regola di vita del movimento degli Umiliati.

Tra tutte le abbazie intorno a Milano che sono fiorite grazie alla presenza di questi religiosi, quella di Monlué presenta caratteri più facilmente riconoscibili. Gli Umiliati, nati come movimento spirituale in un’epoca in cui si svilupparono numerose esperienze pauperistiche, vennero riconosciuti come ordine da papa Innocenzo III nel 1201 con una regola che univa elementi di quella Benedettina e di sant’Agostino. I monaci vivevano del proprio lavoro con sobrietà donando il superfluo ai poveri. La vita della comunità si basava in particolare sulla lavorazione della lana, che veniva commerciata. Ciò, nel tempo, procurò all’ordine numerose ricchezze e un progressivo allontanamento dalla regola e dai propositi originari. San Carlo si adoperò per attuarne la necessaria riforma, ricevendo una netta opposizione cui fece inevitabilmente seguito la definitiva soppressione nel 1571. La comunità degli Umiliati di Monlué venne quindi sciolta (così come a Santa Maria di Brera, a Viboldone, a San Pietro in Gessate), cosicché la chiesa di San Lorenzo, nel 1584, divenne chiesa parrocchiale e probabilmente da questo momento cominciarono le prime trasformazioni che in tre secoli la portarono all’aspetto attuale.

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L’architettura della chiesa è debitrice in parte dei modi cistercensi, in parte dell’architettura in voga nella Lombardia trecentesca, e per alcuni aspetti è stata ricondotta alle lineari costruzioni coeve a uso civile. Nonostante la posizione non più felice a causa della costruzione della tangenziale Est che ormai lambisce l’intera struttura, la piccola chiesa si presenta nella sua semplice forma affiancata da un fabbricato addossato ad angolo retto che in origine doveva essere la sala capitolare della famiglia religiosa, mentre sul retro si apre la corte con le cascine.

La chiesa, orientata con il fronte a occidente secondo la tradizione, presenta un prospetto a capanna nel quale un tempo si aprivano due monofore alte e strette e un oculo centrale, aperture tamponate con muratura nel 1712 per permettere all’interno, in controfacciata, l’installazione di un organo. Il portale d’ingresso è impreziosito da un finto protiro, anch’esso con profilo a capanna, sufficientemente slanciato

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