Beatrice Sottosopra Missione top secret

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Shelley Johannes

Traduzione di Sara Ragusa



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Meglio della prima

Beatrice Zinker cercò di rilassarsi. Sua sorella Kate sosteneva che il tragitto in autobus fosse lungo proprio come al solito, ma quel giorno a lei sembrava infinito. Appiccicò la faccia al finestrino, impaziente di veder comparire la scuola elementare William Charles. Mentre l’autobus avanzava sobbalzando, riusciva a pensare solo al segreto che custodiva nello zaino, e a quanto era impaziente di mostrarlo a Lenny. 1


Lenny Santos era un sacco di cose. La migliore amica di Beatrice, il suo doppio, la sua complice. Ed era anche la sua socia nell’operazione Lati Positivi. La terza elementare era iniziata da due settimane, e anche se l’operazione Lati Positivi aveva preso avvio ufficialmente i primi giorni di scuola, il loro piano segreto stava ingranando in quel momento. Quando finalmente l’autobus si fermò sbuffando nel parcheggio, Beatrice fu la prima a balzare in piedi. Sollevò lo zaino, si infilò nel corridoio tra i sedili e attraversò di corsa la folla mattutina. Lenny la stava già aspettando al loro solito punto di incontro. “Spicciati, dai!” disse Lenny, sbracciandosi dal ramo di un acero frondoso. “Prima che ti veda!” 2


Allungò la mano fuori dai rami e trasse Beatrice in salvo. “Chi stiamo spiando?” sussurrò Beatrice. “Wes”, mormorò Lenny. “Vicino alla porta.” “Wes Carver?” “Conosci altri Wes?”

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Beatrice sapeva solo due cose di Wes Carver: aveva sempre le tasche piene di roba per disegnare e passava ogni intervallo a cercare pietre al margine del cortile. “Guarda che faccia”, sospirò Lenny. “Sta lì tutti i giorni a tenere aperta la porta, e non lo nota mai nessuno. Gli passano accanto come se non ci fosse.” Si allungò a prendere lo zaino: “Spero che non ti dispiaccia, ma gli ho fatto un Lati Positivi”. Lenny tirò fuori un premio dallo zaino. 4


“Wow”, esclamò Beatrice. “Sembra un lavoro da professionisti.”

“Ho usato il mio nuovo set di stencil”, rispose Lenny. Si sistemò gli occhiali mentre fissava la porta. “So che il prossimo premio dovevamo darlo a Chloe, ma... se Wes ne avesse più bisogno?” Un sorriso gigante illuminò il viso di Beatrice. “Chi dice che dobbiamo darci dei limiti? Questa settimana possiamo fare felici un sacco di persone!” 5


Beatrice aprì lo zaino e mostrò a Lenny la sua sorpresa.

“Wow!” disse Lenny. “Vero?” rise Beatrice. Con dita svelte, Lenny passò in rassegna il pacchetto di fogli. Li guardò una volta, poi, accigliata, una seconda. “Aspetta un attimo”, disse. “Ma sono tutti in bianco?” Beatrice era tutta emozionata. Ce n’erano dieci, tutti uguali, bianchi e in attesa di un nome. 6


“Non rimarranno vuoti ancora per molto”, disse. Sotto di loro, sul marciapiede assolato, si muoveva una massa infinita di studenti. Amici e sconosciuti. Bambini della materna, compagni di classe, perfino quelli di quinta. Lenny riconsegnò i fogli a Beatrice: “Hai già delle idee?”. Beatrice fece un largo sorriso, pieno di idee: “Giusto un paio...”. Anche Lenny sorrise: “Ci avrei scommesso”. Con le dita seguì il bordo del premio di Wes mentre Beatrice metteva via gli altri. “Per lo meno sappiamo esattamente chi riceverà il mio oggi.” Proprio in quel momento, suonò la campanella. Al tre, chiusero gli zaini, si cucirono le bocche, e scesero dall’albero. Attraversarono insieme il prato e si infilarono nella scuola, con un cenno amichevole diretto a Wes Carver mentre gli passavano accanto. Beatrice saltellava pregustandosi il momento. La seconda settimana dell’operazione Lati Positivi sarebbe stata anche meglio della prima. 7


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Una gran bella idea

Beatrice si diresse verso la terza B con passo vivace. Aveva uno zaino pieno di possibilità e Lenny al suo fianco. Quella settimana nulla poteva fermare l’operazione Lati Positivi. “STOP!” una voce tonante ruggì per il corridoio. Il suono del fischietto trillò come un allarme. “Non si corre! È assolutamente vietato.” C’era solo una persona con una voce come quella. E con un fischietto sempre appeso attorno al collo. 8


La signora Tamarack, l’insegnante di Beatrice, faceva la guardia fuori dalla classe con le braccia conserte e gli occhi fissi su Lenny e Beatrice. Anche ogni altra testa presente nel corridoio si voltò a guardarle. Beatrice osservò i suoi piedi, poi quelli di Lenny. Tecnicamente stavano saltellando. “Ragazze, le regole esistono per un motivo”, disse la signora Tamarack quando arrivarono a tiro. Il fischietto le brillava nel pugno. “Niente birbonate, e niente pagliacciate a testa in giù. Devo ricordarvi che avete a disposizione tre richiami prima di saltare l’intervallo?” Beatrice scosse la testa. Se lo ricordava benissimo. Se ci fosse stato un premio per la persona più intransigente del mondo, Evelyn Tamarack lo avrebbe vinto di certo, e probabilmente avrebbe messo il trofeo sull’angolo della scrivania e l’avrebbe lucidato ogni minuto.


Le dita di Beatrice strinsero le cinghie dello zaino. Le labbra le si aprirono in un sorriso. Le sopracciglia della signora Tamarack s’incresparono per l’irritazione. “Ho forse detto una cosa divertente?” “No!” disse Beatrice, e si coprì la bocca. “A volte sorrido quando sono nervosa...” O quando mi viene in mente una gran bella idea, pensò. Lenny la prese per un braccio e la trascinò oltre la porta prima che potesse aggiungere altro. Una volta date le spalle all’insegnante, Beatrice entrò in modalità missione segreta. Riusciva già a figurarsi il nome della signora Tamarack scritto a grandi lettere brillanti e dorate. Quando le vide entrare, Chloe Llewelyn saltò sulla sedia con

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un gridolino. “Lenny!” esclamò sventolando un cerchietto peloso. “Guarda cos’ha portato Parvati!” Chloe e Lenny abitavano una accanto all’altra. I Llewelyn si erano trasferiti in quel quartiere durante l’estate, appena prima dell’inizio della scuola. Chloe era alle elementari William Charles solo da una settimana, ma proprio come per il tragitto in autobus di quella mattina, sembrava passato molto più tempo. Dall’altra parte dell’aula, Parvati fece ciao con la mano. Grace ed Eva miagolarono un saluto. Dai loro capelli spuntava un assortimento di orecchie a punta. “Ho razziato la scatola dei travestimenti di mia sorella. Non sono miao-vigliosi?”

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“E”, aggiunse Chloe, “mia mamma ci ha dato i suoi vecchi stetoscopi”. Ne appese uno al collo di Lenny e sorrise per il risultato. “È fortissimo”, disse Lenny. Si mise gli auricolari e ne provò il funzionamento. “Adesso è proprio come se fossimo dei veri veterinari.” Quando la settimana precedente Chloe aveva aperto la clinica, Beatrice pensava che nel giro di un paio di giorni si sarebbero tutti stufati. Invece a ogni intervallo si presentavano sempre più persone in fondo al cortile, a quattro zampe, abbaiando e mugolando per ricevere assistenza medica. Ora avevano i cerchietti pelosi. E stetoscopi che funzionavano sul serio. Chloe diede un colpetto a Beatrice sulla spalla: “Vuoi delle orecchie da gatto?”. 12


“Magari più tardi”, rispose. Non aveva tempo di pensare alla clinica veterinaria in quel momento. Era nel bel mezzo di una missione di spionaggio. Doveva restare concentrata. La terza B ronzava di distrazioni. La signora Tamarack governava la nave con polso d’acciaio, ma i primi minuti di ogni mattina erano il caos. L’aula era un turbine di raccoglitori e zaini, pranzi e domande dell’ultimo minuto, compiti e racconti del fine settimana. Le circostanze non potevano essere più favorevoli. Chi non è una spia non se ne rende conto, ma la maggior parte delle missioni segrete non vengono portate a termine in segreto. Spesso avvengono sotto gli occhi di tutti, con la vita quotidiana che turbina attorno. Il caos è il miglior amico delle spie. 13


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