Gli S.T.R.A.M.B.I. (Società segreta)

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PedroJuliaIllustrazioniMañasdiCejasTraduzionediSaraRagusa

Ai miei artisti:

Arantza, Manuel, Maribel e Raquel (e viceversa)

A tutti loro, perché anche loro sono S.T.R.A.M.B.I.

Ai miei genitori

A mia sorella Irene

Quell’ombra ha undici anni e si chiama Franz Kopf, ma il suo nome non è importante. È da parecchio che nessuno lo chiama più così. Per pochi eletti è Occhio di Cobra, per tutti gli altri Occhiomorto Franz. Ma in fondo neanche questo è importante ormai. Il fatto è che la missione è stata un successo. Forse ha avuto un po’ di ritardo, ma comunque è stata un successo.

In biblioteca l’aria è stantia e soffocante. Un sole co cente filtra dal finestrone della sala di lettura scot tando la testa a un paio di studenti che sembrano sul punto di addormentarsi sui libri. Tra gli scaffali non c’è nessuno. Be’, quasi. Un’ombra scivola silenziosa nel corridoio foderato di moquette grigia.

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La sezione della lettera C occupa un angolo buio in fondo alla sala. Occhiomorto scruta i libri uno a uno con l’occhio buono: Cinguettii dal mondo... Cinque

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storie del terrore... Curiosità sul clima... Ecco quello che sta cercando. Il ragazzino lo apre a pagina duecentodiciotto e ci infila un foglietto che aveva in ta sca. Sul biglietto, grande come una carta da gioco, c’è scritto: ABBIAMO TROVATO IL SEGRETO CHE STAVAMO CERCANDO, DEVI CONVOCARE UNA RIUNIONE URGENTE PER OXDOMANI.

La firma del messaggio rappresenta i due occhi di Franz: la O simboleggia l’occhio aperto, la X quello chiuso. I membri dell’organizzazione non possono assolutamente usare il loro vero nome mentre sono in servizio.Franzrilegge il messaggio prima di chiudere il libro e rimetterlo al suo posto. I suoi compari lo capiranno subito, mentre per chiunque altro sarebbe solo un pezzo di carta insignificante pieno di parole sen za senso. Ed è proprio in quel momento che si rende conto che tutta quella follia in cui si era infilato era iniziata per colpa di un cartello pieno di lettere senza senso.

9 · CAPITOLO 1 ·

E W

R J B Y H A M R M B D Z V

Franz si concentrò sul cartello che aveva di fronte. L’occhio sinistro gli bruciava, ma il destro era chiuso senza pietà dalla grossa mano appiccicosa del dot-

Nonostante l’oscurità, il caldo nello studio del dotto re era asfissiante. Da un po’, ormai, Franz sentiva di avere una grossa goccia di sudore che gli dondolava dalla punta del naso. A meno di venti centimetri da quella goccia, la pappagorgia lucida del dottore palpitava come quella di un enorme rospo: “Franz, leggi la seconda riga di lettere”, borbottò l’oculista. X K H N L S U G T

R

L’occhio pigro

Si sentì una risata soffocata nel buio dello studio medico. Franz avrebbe riconosciuto quella sgradevo le risata tra un milione. Era sua sorella Janika. E la sua risata poteva voler dire solo una cosa: problemi. Di sicuro aveva sbagliato lettera.

“R... o P?... J, B, T, M... sì, M . E credo che l’ultima sia una N .

“La terza riga”, disse Winkel pigiando ancora un po’ la mano sull’occhio di Franz.

“Quinta riga”, mormorò il dottore sputacchiando un po’ di saliva che atterrò sul naso di Franz, dove rimase a far compagnia alla goccia di sudore.

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“Le lettere della quarta riga”, insistette Winkel senzaLettere?compassione.Maquali lettere? A quella distanza e con l’occhio chiuso, quelle della quarta riga sembravano al massimo cacchette di mosca. Comunque ci provò.

“R, K, H e N”, mormorò Franz, pregando che fosse finita lì.

tore. Franz, prima, aveva notato sulla scrivania una confezione di biscotti al burro. Di sicuro Winkel si strafogava tra un paziente e l’altro.

Si sentì di nuovo la risata di Janika, seguita stavolta da un sonoro scappellotto dato dalla madre.

“La terza? Eh... L, S..., U, G, e... potrebbe essere una F?”

“Non vedo nient’altro.”

“Io… io credo… credo che…” balbettò Franz. Una grande lacrima gli inondò l’occhio sinistro.

Il dottore tolse la mano dall’occhio di Franz, accese l’interruttore e una luce accecante illuminò la stanza. Il bambino strizzò gli occhi infastidito e si strofinò la faccia per asciugare i rimasugli di sudore, saliva e lacrime. In un angolo, i genitori lo guardavano preoccupati. Janika, ovviamente, sorrideva. Winkel si lasciò cadere sulla poltrona e dal camice bianco sbucò un’enorme pancia.

Franz“Cosa?”chiuse l’occhio e si diede per vinto. Era una battaglia“Niente”,persa.ammise.

“Su, che lettere vedi?”

Ambliopia! ” gridò come se stesse insultando qualcuno. “Questo bambino ha una ambliopia da manuale.”Tuttala famiglia sbatté le palpebre per la confusio ne. Nessuno capiva una parola di medicina.

“Lo chiamiamo anche ‘occhio pigro’, avete presente?” continuò il dottore. “Vuol dire che uno dei due occhi si riposa tranquillo mentre l’altro, per così dire, fa tutto il lavoro. Come un carretto trainato da un cavallo che tira davvero e un secondo lavativo. Tanto

“Allora vedo… ora vedo…”

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“Andiamo”, sorrise il dottore. “Non mi dirai che non hai mai voluto essere un pirata?”

Franz non capiva. La madre deglutì, gli prese la mano e la strinse nella sua.

più lavora il primo, tanto meno dovrà sforzarsi l’altro. Ecco… l’occhio sinistro di questo bambino è pigro. Pigrissimo. Un vero fannullone.” Rise e gli tremò da matti la pappagorgia.

Il dottore infilò la mano nel cassetto della scriva nia e frugò sotto a un mucchio di ricette stropicciate. Franz non riusciva a immaginare cosa avrebbe pescato da lì dentro, e gli vennero un sacco di idee, una più pazzesca dell’altra. Occhiali ai raggi gamma? Un occhio bionico? Un raggio laser? Il bambino rimase de luso quando il dottore trovò quello che stava cercando. Sul palmo della mano cicciottella non c’era altro che un pezzetto di plastica color carne, più o meno grande come una figurina.

“Siamo stati fortunati a scoprirlo presto. Franz, con un po’ di pazienza, guarirà, a patto che sia costante e usi questo per un certo lasso di tempo.”

“Tesoro, è una benda. Un cerotto adesivo per tenere

“E c’è una cura?” chiese angosciato il padre.

A Franz non piacque neanche un po’ sentir parlare del suo occhio come se lui non fosse presente.

“Cosa… cos’è?” chiese diffidente.

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“Franz!” gridò suo padre battendo sulla porta. “Pensi di uscire dal bagno prima o poi?”

“Esatto, esatto! Ma non preoccuparti, figliolo. Non noterai neanche di averla addosso.”

chiuso l’occhio sano. Così l’occhio pigro non avrà altra scelta che mettersi a lavorare. Giusto dottore?”

“Si può sapere cosa stai facendo lì dentro?”

“Non fare i capricci! Il dottor Winkel ha detto che non dovrai tenere la benda per molto.”

Un’ora dopo, chiuso in bagno e davanti allo specchio, Franz avrebbe tantissimo voluto fargliela mangiare al dottor Winkel quella maledetta benda. Avreb be voluto che l’enorme confezione di biscotti al burro si trasformasse in un’enorme confezione di cerotti bisunti. Dire che quella pezza non si sarebbe notata! E poi non sembrava affatto una benda da pirata, che avrebbe avuto il suo perché. Le bende da pirata sono nere e non si appiccicano alla pelle, lo sanno tutti. Il colore di quel cerotto era incredibilmente simile alla pelle di Franz. Per quello, a guardarlo in faccia, la prima impressione era che lì un occhio non c’era mai stato. Aveva un aspetto parecchio strano.

“No!” urlò Franz furioso.

Non voleva sentire ragioni. Franz rimase chiuso in bagno fino a sera inoltrata. Solo molto più tardi,

“Sto cercando il mio occhio!”

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Il primo fatto straordinario della vita di Franz in quel momento se ne stava nascosto nel buio di camera sua, e aspettava che il bambino tornasse dal suo banchetto segreto in cucina. Sorrideva in maniera sinistra e aveva la mano appoggiata sull’interrutto-

quando i suoi genitori, stufi di gridare, lasciarono perdere il figlio e si misero a letto, lui in punta di piedi andò in cucina per divorare una coscia di pollo frit ta e un avanzo di insalata ormai avvizzita che nuotava nell’olio.Forse

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Franz prese così male la faccenda della benda perché, fino a quel momento, la sua vita era stata completamente, indiscutibilmente, assolutamente normale. Non era né troppo alto né troppo basso, né molto intelligente né tonto, né chiacchierone né silenzioso. Può essere perfino che Franz fosse il bam bino più normale che abbia mai conosciuto. Aveva un gruppo normale di amici normali, che giocavano a cose normali e prendevano voti normali, litigavano per questioni normali e abitavano in case normali con famiglie normali che li rimproveravano per motivi normali, come per aver saltato sul letto con le scarpe sporche, o aver aperto un nuovo vasetto di marmellata quando l’altro non era ancora finito. Quindi quella benda era il primo evento eccezionale della sua vita. Anzi, a dire il vero il secondo.

Comunque, se dico che Janika era un elemento fuori dall’ordinario nella vita normale e comune di Franz, non mi riferisco solo ai suoi scherzi crudeli e perversi. Era decisamente una bambina speciale.

Per prima cosa, fin da molto piccola Janika aveva una malattia chiamata asma, che era peggiorata con il tempo. La bimba faceva fatica a fare entrare l’aria nei polmoni, per questo la sua respirazione aveva sempre un suono roco e pesante. Spesso poi, e senza sapere bene il perché, inspirando con il naso faceva uno sgradevole fischio che sembrava il verso di un

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re della luce. Quando Franz era tornato in stanza e aveva cercato di accendere la luce, pensando di toccare l’interruttore, aveva trovato invece quella mano gelida: a momenti gli veniva un infarto. Poi aveva capito.“Janika, sei una stupida!” gridò con la voce più bassa che poté, lanciandosi sulla sorella. “Ti insegno io a fare gli scherzi!”

Janika era piccolina e inafferrabile e, come al solito, riuscì a sfuggire come un topolino prima che il fratello la acchiappasse. Franz sentiva il suo respiro affrettato dietro alla porta della sua camera, ma la bambina aveva già girato la chiave. Quella stanza, la cui porta era sempre chiusa, per Franz era un territorio selvaggio, inesplorato e pericoloso.

Ma attenzione: che a nessuno venga in mente di immaginare una bambina dolce e deboluccia con addosso una montagna di coperte e cappotti. Nemmeno per sogno. Janika era una bimba mingherlina ma forte, che non si lasciava mettere i piedi in testa da nessuno. Quelli che ci provavano, guadagnavano quasi sempre una formidabile cicatrice con l’impronta dei suoi denti affilati. Suo padre la chiamava “la mia piccola selvaggia”, e lei sorrideva compiaciuta.

serpentello. Per la maggior parte della gente era un suono disgustoso.

Comunque, Franz quella notte non pensò più alla sorella. Si buttò sul letto a pancia in su, chiuse gli occhi e si staccò molto lentamente la benda dal viso. Fu come togliersi delle scarpe troppo strette. Da uno spiraglio della finestra entrava un’aria fredda che annunciava il primo temporale dell’autunno, e che rinfrescava il suo occhio surriscaldato. Così si calmò un poco. “Forse”, si disse, “è solo questione di abituarsi. Non vedo perché questa benda dovrebbe cambiare qualcosa”.Quell’idea lo aiutò ad addormentarsi. Ma non po teva neanche immaginare quanto si stesse sbagliando.

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Janika si divertiva con giochi molto strani che capiva solo lei, e spesso passava gli intervalli da sola, mormorando tra sé e sé. In classe lo sapevano tutti che era un po’ strana, e alle sue spalle la chiamavano Janika la Pazza, o Janika l’Ammalata, o anche tutte e due le cose Insomma,insieme.Franz e Janika erano talmente diversi che era difficile abituarsi all’idea che fossero fratel li. Perfino loro faticavano a crederci. Il bambino più normale del mondo e la bambina più strana della scuola erano atterrati nello stesso posto. Franz era sicuro che la sorella fosse matta. Invece non ho la mi nima idea di quello che lei pensasse di lui.

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