La casa ai confini della magia

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Amy Sparkes

Traduzione di Mara Pace


Per Sofia


A chiunque legga questo messaggio: mi chiamo Nove e ho bisogno di un favore. Dovete percorrere il Vicolo Whinney fino a un gruppo di case a schiera dall’aria fatiscente. Bussate alla terza porta e presentatevi dicendo: “Oggi niente fragole”. Riferite a Taschino che vi manda Nove. Dite a quel vecchio demonio dalla faccia di serpe che non mi rivedrà mai più. Perché? Perché si sbaglia: a volte la vita ci riserva anche le fragole. A volte si è a un soffio dalla magia senza nemmeno saperlo. Ed è proprio quello che è successo a me. Nove



N

ove si chinò dietro una pila di casse di pesce nel mercato affollato. I pesci morti hanno sem-

pre quell’aria sorpresa, pensò. Sorpresi di essere morti? Sorpresi di essere stati catturati? Be’, Nove non si sarebbe fatta sorprendere da nessuno. Non aveva intenzione di farsi catturare, né di morire, grazie tante. Anche se erano rischi che nella sua vita correva praticamente ogni giorno. Nove sfiorò con le dita la borsa a tracolla vuota. Non sarebbe rimasta così ancora a lungo. Concentrati. Chiuse gli occhi per un istante, li aprì di nuovo. Proprio come un gatto: avvistare la preda, braccarla in silenzio, scattare al momento giusto. Ma invece di portare un topo al suo padrone, Nove aveva in mente un altro tipo di regalo. 7


Da qualche tempo non era più nelle grazie di Taschino, il loro capobanda. Doveva dimostrargli quanto valeva. Dimostrare che si meritava di avere un tetto sopra la testa e la misera razione di cibo che quel vecchio demonio le dava ogni giorno. E questa era la sua occasione. Al mercato erano tutti indaffarati, c’erano un gran via vai e un vociare continuo: il posto perfetto per tentare un colpo. Lo sferragliare delle bancarelle, le grida dei commercianti, lo sbatacchiare dei carretti. Una pescivendola avvolta in uno scialle decantava a gran voce da dietro la sua bancarella il Pescato del Giorno, che, per quanto ne sapeva Nove, non era altro che un pesce enorme con lo sguardo stupefatto. Si accucciò dietro le casse e tenne d’occhio la situazione. Un carretto trainato da un cavallo avanzò barcollando sull’acciottolato, oscurandole per un istante la visuale. Quando passò oltre, Nove sorrise. Ecco la sua preda. Davanti a lei c’era una giovane donna voltata di schiena. Vista l’altezza e la corporatura, immaginò che avesse solo qualche anno più di lei, ma era splendidamente vestita. Portava un abito scarlatto a sbuffo e, cosa più importante, aveva con sé un’elegante borsetta tempestata di perle. 8


I sensi di Nove erano in allerta. Tese i muscoli. Si appostò, strinse i pugni e poi distese le dita: era il suo rituale prima di ogni colpo. La donna scarlatta era diretta al negozio di stoffe dall’altra parte della strada. Perfetto. Mentre apriva la porta – in quell’attimo di distrazione – Nove si sarebbe fiondata su di lei e le avrebbe strappato la borsa. Era pronta a scattare: meno tre… Oh, quanto adorava quel brivido. Due… Doveva concentrarsi sulla preda. Uno… La giovane donna era quasi alla porta. Via! Nove partì a gran velocità sul selciato, puntando dritta verso il bottino. SBAM. Finì addosso alla donna, afferrò la borsetta… Il negoziante aprì la porta in quell’istante e i suoi occhi si posarono su Nove e la sua mano tesa. No! Questa non ci voleva. Nove lasciò andare la borsetta. Non ci voleva per niente. La giovane donna dall’abito scarlatto barcollò all’indietro ed emise un grido. In preda al panico, Nove tornò di corsa verso la bancarella del pesce. Poteva accucciarsi e fare la gimcana tra le casse impilate finché… “EHI!” 9


Nove sussultò nel sentire due grandi mani che le stringevano con forza le spalle. “Ho visto tutto, signorina. Ti ho pescato con le mani nel sacco!” ringhiò il negoziante col suo vocione. “Se ti piace il pesce, eccolo qua!” ribatté Nove. Poi si voltò, afferrò il Pescato del Giorno e glielo scaraventò in faccia. Il negoziante, quasi più sbigottito del pesce, perse l’equilibrio. Nove spinse la pila di casse con tutta la forza che aveva e i pesci si riversarono in strada come budella sventrate, mentre il negoziante andava a sbattere contro la bancarella. Nove si concesse un istante per godersi la scena della pescivendola che colpiva il suo inseguitore con un’aragosta da competizione, poi corse via per le strade, schivando le persone, i cavalli e un enorme mucchio fumante di… Ciaf. Nove si fermò, abbassò lo sguardo sulla scarpa infangata e arricciò il naso. “Ehi!” gridò una voce. Nove si voltò e vide il negoziante che era stato preso a colpi di aragosta correre verso di lei. Sbuffò e riprese la fuga, tuffandosi nei meandri del mercato. Doveva sparire, trovare mura sicure dietro le quali nascondersi finché l’uomo non avesse rinunciato all’inseguimento. Sfrecciò oltre le 10


vetrine e le case, desiderando con tutta se stessa di veder apparire il solo posto dove poteva rifugiarsi, il solo posto dove sarebbe stata sempre salva. Eccolo! Sentì i muscoli che si rilassavano almeno un po’. Quell’edificio, alto e in parte fatiscente, era il posto più sicuro del mondo. Aveva due finestre sbarrate, mancavano delle tegole sul tetto, ma la porta blu, tutta scrostata e sbiadita, era socchiusa e in attesa. Con una rapida occhiata alle proprie spalle, Nove vide il negoziante che si faceva largo tra la folla, schivando i cani randagi. Le sfuggì un minuscolo sorriso, poi spinse la porta e scivolò dentro la biblioteca. Mentre richiudeva la porta, i cardini scricchiolarono. Shh. Non doveva farsi sentire. Né vedere. Visto che era lì, sarebbe entrata di soppiatto e avrebbe preso un libro prima di andarsene indisturbata. Era un buon allenamento, dopotutto. Nell’aria c’era un odore umido e stantio. Qua e là nella sala silenziosa si aggiravano dame e gentiluomini, intenti a sfogliare libri e riviste, voltati di schiena. Nessun segno del bibliotecario. Fin lì tutto bene. Nove fece un passo avanti. Sentì scricchiolare un’asse del pavimento. Trattenne il respiro. Nulla. 11


Si avvicinò in punta di piedi allo scaffale che preferiva, anche se mezzo vuoto: quello dei gialli e dei polizieschi. Storie dove le risposte erano nascoste, i segreti venivano svelati e nelle quali forse, per un istante, tutto era possibile. Camminò accanto ai volumi, sfiorandone la rilegatura morbida e scura. Amava i libri. Uno dei suoi compagni di furto, tra i ragazzi più grandi del Nido, le aveva insegnato a leggere prima di volarsene via. Era l’unico che avesse mai trattato Nove come una persona e non come il letame che ora le imbrattava la scarpa. Nove gliene era molto grata. Dentro ogni libro c’era un mondo: un mondo nel quale poteva fuggire. Le sue dita si fermarono su una costa marrone con il titolo a caratteri dorati. Il mistero di Wolven Moor di Horatio Piddlewick. Strinse le dita attorno al libro, lo sfilò con delicatezza dallo scaffale senza fare rumore e… “Presa”, le sussurrò all’orecchio la voce di un uomo. Il cuore le balzò in gola e Nove si lasciò sfuggire il libro. Una mano si protese e lo afferrò prima che toccasse il pavimento. Nove si mise le mani sui fianchi e si voltò per affrontare il bibliotecario dai capelli rossi che incombeva su di lei in tutta la sua altezza, con aria 12


vittoriosa. “Ma come! Non è giusto! Sono stata silenziosa come una tomba, signor Downes!” Gli occhi del bibliotecario scintillarono di gioia dietro gli occhiali con la montatura di corno, mentre agitava un dito verso di lei. “Però hai fatto cigolare le assi del pavimento.” Nove roteò gli occhi e il signor Downes prese un piccolo taccuino dalla tasca della giacca. Con il libro della biblioteca infilato sotto il braccio, aprì il taccuino su una pagina piena di segni. “Credo che il punteggio sia… esatto, dodici punti per me, cinque per te.” Guardò Nove raggiante, poi s’incupì e arricciò il naso. “Cos’è questa puzza?” Nove nascose il piede dietro l’altra gamba. “Non sento nulla.” “Mmm”, disse il signor Downes, storcendo la bocca. Sfilò il libro da sotto il braccio e diede un’occhiata alla copertina. “Il mistero di Wolven Moor?” “L’ho già letto tre volte. Dovrebbe procurarsi qualche romanzo nuovo.” L’allegria svanì dagli occhi del bibliotecario mentre un’ombra di preoccupazione gli segnava il volto. “Sai che la biblioteca non può comprare libri nuovi. Non abbiamo i soldi nemmeno per ristrutturare il palazzo. È un miracolo se siamo ancora aperti.” 13


“Bene, allora”, disse Nove sottovoce, afferrando il libro e tornando verso la porta a passo di marcia, “mi farò bastare questo”. “Nove”, sibilò il signor Downes mentre le correva accanto, “devo ricordartelo ancora una volta? Senza la firma di un tutore e un indirizzo, non puoi iscriverti al servizio bibliotecario e, se non sei iscritta, non sei nemmeno autorizzata a prendere nulla in prestito”. “È per un amico.” “Ma nemmeno questo amico, immagino, sarà iscritto, e quindi non è autorizzato a…” Nove si fermò a pochi passi dalla porta. “Me lo lascia prendere, sì o no?” Il signor Downes fissò Nove inarcando un sopracciglio rossiccio. “Una settimana.” Nove infilò il libro nella borsa a tracolla, strizzò l’occhio al bibliotecario e uscì, sorridendo nel sentire il sospiro esasperato del signor Downes mentre lei si allontanava.

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