Shelley Johannes
Traduzione di Sara Ragusa
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L’inizio di tutto Beatrice Zinker ha sempre dato il meglio di sé pensando a testa in giù. Funzionava come una magia, quindi non si è mai fatta troppe domande.
Era come un puff un et voilà un abracadabra per ogni problema, ogni impiccio e qualunque guaio. Ma la sua vita non era tutta rose e fiori. 1
Gli Zinker erano una famiglia con i piedi per terra.
Essere la figlia a testa in giĂš non era semplice.
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I fratelli non le facilitavano la vita. Beatrice era la seconda. La sorella piÚ grande, Kate, sembrava fatta con lo stampino della mamma, Nancy. Mentre Henry, il loro fratellino, era lo stampino del papà , Pete. Perfino il gatto sembrava proprio fatto apposta per essere uno Zinker. Beatrice, invece, è stata diversa fin dall’inizio.
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Agli Zinker piacevano gli spazi chiusi e i limiti. Ma a Beatrice proprio no.
Era evasa dal lettino con le sbarre non appena era stata in grado di farlo. 4
La prima parola di Kate era stata MA. Quando Beatrice si era finalmente decisa a parlare, aveva detto WA.
“Wa davvero!” disse il padre. “Oh oh”, aggiunse Kate. “Oh no!” esclamò la madre. “Che c’è ancora?” Mentre Beatrice cresceva, Kate diceva un sacco di “Oh oh” e Nancy Zinker molti “Oh no!” e “Che c’è ancora?”. 5
A sei anni Beatrice andò alla scuola elementare William Charles. Una solida istituzione con una reputazione inflessibile.
“Tira su quel visino, ciclamino”, la incoraggiava il papà. “Vacci piano, aeroplano”, scherzava la mamma. Beatrice ce la metteva tutta. Faceva il pieno di nozioni e 6
numeri per cinque giorni a settimana, si sedeva in cerchio quando doveva, si atteneva alle regole e prendeva confidenza con la routine quotidiana. Ma la scuola non riusciva a controbilanciare la forza di gravità. Nonostante la dose giornaliera di ABC e 123, la sua mente era ancora attratta dai FORSE, dai MAGARI e dai CHISSÀ. “Magari crescendo le passerà…” dicevano i genitori quando andavano a prenderla. “Magari…” diceva Nancy Zinker.
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MAGARI era una delle parole preferite di Beatrice.
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Di quando in quando, uno dei suoi MAGARI aveva fortuna.
E anche gli altri vedevano il mondo come lo vedeva lei. 9
Non succedeva spesso. E non succedeva in fretta. Ma in prima elementare, precisamente la sera di Halloween, Beatrice incontrò un’amica: si chiamava Lenny. Con i costumi identici, fecero il pieno di dolcetti
e scoprirono di avere un sacco di cose in comune. 10
Passavano l’intervallo sugli alberi,
solcando i mari profondi e respingendo gli attacchi degli zombi.
A volte diventavano ninja. Altre volte cavalieri. Di giorno in giorno, i loro calci volanti e le loro peripezie raggiungevano nuove vette. 11
Per Lenny Santos, Beatrice non era un problema da risolvere, ma era la complice perfetta. In seconda, perfino la maestra cambiò opinione. All’inizio di giugno, durante la cerimonia per la fine della scuola, tutta la classe entrò in fila indiana in palestra. La maestra Walker attraversò il palco e si rivolse al pubblico. Con in mano il microfono e un foglio di carta, chiese a Beatrice di raggiungerla. “Nel corso di quest’anno, Beatrice mi ha ricordato che ci sono infiniti modi di essere se stessi. Infiniti lati positivi, e un’infinità di casi a testa in giù.” Beatrice strizzava gli occhi davanti alle luci mentre la maestra Walker lo rendeva ufficiale. “Questo premio speciale va a Beatrice Zinker, la nostra migliore e inimitabile Pensatrice Sottosopra.” “Wow”, disse Beatrice. “Wow davvero”, ribadì il padre dalla seconda fila. 12
La madre si alzò per immortalare il momento con una foto e notò un problema. Anche la targa del premio era sottosopra. “Girala”, disse a Beatrice. Beatrice la raddrizzò e si mise in una posa perfetta per la foto. 13
“TA-DA!” 14
Ora che era scritto nero su bianco, non potevano piĂš rimangiarselo.
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