La libertà del polpo

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Il polpo stava bene nella sua grotta. Guardava tutto quello che succedeva là fuori.


Passavano pesci splendidi, alcuni in banchi, altri da soli. Dalla porta di casa, poteva vedere stelle marine e conchiglie luccicanti.


Ogni tanto entrava qualche onda. Quelle delicate, che lo scuotevano appena,

o quelle enormi, che lo frullavano tutto.

Lasciavano un po’ di sabbia sul pavimento, allora il polpo la spazzava via.


Qualche volta entravano dei granchi e a lui piaceva catturarli per cena.


Un giorno qualcosa di nuovo entrò nella sua grotta.

Dopo una breve lotta, il polpo riuscì a prenderlo.

Dentro era vuoto, allora ci si infilò per nascondersi.


Ma fu un errore.


Si ritrovò in una casa di vetro che non era la sua grotta. La casa di vetro era in una grande stanza dove un’umana lo osservava. Dietro di lei nuotavano tristi squali grigi e stelle marine intontite, anche loro in altrettante case di vetro.



L’umana disse: “È timido”, e gli diede da fare delle prove che sembravano giochi. A volte erano complicate e lui si sentiva intelligente.


Altre volte erano semplicissime.


L’umana gli insegnò a fotografare le persone che venivano a trovarlo. A loro piaceva molto vedersi in quelle foto.


E facevano delle facce buffe.


Ma nella casa di vetro tutti i giorni erano uguali. Il cibo arrivava sempre alla stessa ora, aveva sempre lo stesso sapore e non c’era bisogno di cacciare. Non c’erano onde. Né quelle delicate, né quelle enormi.



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