Lisa Balavoine UN RAGAZZO È QUASI NIENTE
Traduzione di Eleonora Armaroli
Traduzione di Eleonora Armaroli
Una camera d’ospedale.
Bianco, pareti, pavimento, soffitto.
Oltre il vetro appare un parcheggio semivuoto.
Un’auto arriva, un’altra gira,
Cercano un posto, il più vicino all’ingresso.
Reparto traumatologia.
Un corpo in un letto.
Nessun movimento.
Su una sedia di metallo, una ragazza.
È carina,
Ma il suo sguardo inquieta.
Forse l’incertezza.
Una ragazza è seduta e aspetta.
È tanto che aspetta.
Che un ragazzo si svegli.
aula 102
Sono seduto vicino alla finestra
Aula 102
Lezione di fisica-chimica
Non può fregarmene di meno
Non ascolto il prof
Non parlo con nessuno
Non apro il quaderno
Sono seduto vicino alla finestra
Guardo fuori
Il cortile grigio
I segni per terra
Una felpa abbandonata su una panca
Inspiro
Chiudo gli occhi
Qualche secondo dentro, Faccia a faccia con me stesso
Qualche secondo dentro,
E gli altri scompaiono
Qualche secondo dentro,
E il corpo si fa vago
Vorrei tenere gli occhi chiusi
Mi sento bene,
Solo,
Dietro alle palpebre
In quel mondo che mi assomiglia
Che non assomiglia a niente, perché assomiglia a me
Che nemmeno io so a cosa
Assomiglio.
Sento pronunciare il mio nome:
“Romeo, stai ancora sognando! Puoi tornare da noi?”
Gli altri mi guardano
Alcuni ridono
Tutti sanno
Sono ancora io, sempre io, l’assente
Quello che non è mai lì
Mai lì dove dovrebbe.
Mi chiamo Romeo
Un’idea di mia madre che non ha mai letto Shakespeare
Mia madre che non ha mai letto
Mia madre che non ha mai saputo
Mia madre che pensava fosse una buona idea
Chiamarmi come l’eroe di una grande storia d’amore
Ignara che alla fine si uccide e muore.
Oh Romeo, Romeo! Perché sei tu Romeo?
Sinceramente
Non ne so niente.
Non sono il ragazzo che ci si immagina
Non sono il ragazzo che si crede
Cammino per le strade
Le cuffie nelle orecchie
Cammino per le strade
E la città ondeggia al ritmo dei miei passi.
Non sono un ragazzo che sa dove va
Avanzo come un metronomo
La scuola la casa
La casa la scuola
Nessuna novità.
Non sono un ragazzo che fa sport
Non sono un ragazzo che frequenta i centri commerciali
Non sono un ragazzo che squatta sulle scale
Non sono un ragazzo che aspetta davanti ai portoni
Non sono un ragazzo che tira al pallone
Sono solo un ragazzo dei sobborghi
Casa mia è uguale alle altre attorno
Due camere uno studio un soggiorno
100 m2 di prato
Un barbecue, sedie da giardino
E in un angolo, un tubo da irrigazione arrotolato.
Sono solo un ragazzo dei quartieri moribondi
Dove i genitori dimenticano la noia dei figli.
Dietro la porta di camera mia
Una vita ben delimitata
Un letto 90 x 190
Una scrivania
Un vecchio Pc
Un armadio per i vestiti
Una cassa bluetooth
Delle tende consumate
Dei poster alla parete
E sul letto, il mio corpo, Disteso
Come morto,
I piedi che sbattono sul bordo
I limiti di un corpo che si allunga elastico
E raggiunge le frontiere
Del ragazzo che sono
Forse.
“Romeo, leggeresti quello che ho scritto alla lavagna?”
Mi ha beccato.
Facevo finta di niente, Gli occhi bassi, Ma è riuscita a scovarmi.
La mia tecnica di sparizione È ancora da perfezionare.
Odio
Leggere ad alta voce
E leggere davanti agli altri, soprattutto, non lo sopporto.
Schiarisco la gola:
L’amore è come il vento, non sappiamo da dove venga.
“Cosa vuole dirci Balzac con questa frase?
Lo sai, Romeo?”
Non mi lascerà così presto.
“Ti ascoltiamo.”
Gli sguardi addosso.
Schiarisco ancora la gola, mi lancio:
“Forse vuol dire che l’amore è un po’ come il caso, non sappiamo bene come accade e… ehm… come ci prende”.
Due ragazzi sogghignano.
Uno finge di toccarsi il pacco.
“Potresti spiegarti meglio?”
La prof insiste. Non ci credo, mi vuole morto.
Ma che ne so, io, di cosa intende Balzac. Non ho idea di cosa sia l’amore.
Deglutisco.
“Forse vuol dire che l’amore può arrivarci addosso in qualunque posto, in qualunque momento, che non lo scegliamo, che non possiamo farci niente.”
Qualche secondo di silenzio. Eterno.
“Esatto, come dice il vostro compagno, Balzac ci ricorda che l’amore è il frutto del caso e che, come il vento, può coglierci alla sprovvista.
Bene, riprendiamo dal paragrafo quattro…”
I due tizi ridono di nuovo.
I loro occhi su di me.
È come se tutto ciò che faccio
Dico
Penso
Porto
Sento
Fosse incomprensibile agli altri.
Diventare come loro
Integrarmi nel gruppo
Fondermi nel game.
Rimanere controcorrente, Essere come il vento, Libero e invisibile.
Soffro il mal di mare, ho i buchi nei calzini, la nausea sui mezzi pubblici, a volte fumo ma non compro sigarette, ho qualche problema in matematica, mi piace storia dell’arte, ascolto la musica la sera tardi, scrivo brevi testi di nascosto, non li rileggo, ho fatto judo quando avevo sei anni, mi faceva schifo, mi piacciono i film di Jim Jarmush, nessuno li guarda con me, non amo molto la carne, porto i jeans stretti, mi trattano come un finocchio, spesso sogno di annegare, sono già andato in gita ad Amsterdam, Londra e Barcellona, vorrei viaggiare da solo ma i miei non vogliono, parlo poco, e comunque che dovrei dire, ho già baciato delle ragazze, non so se mi sia piaciuto, ogni tanto ascolto la musica classica, mia madre mi prende in giro, ho letto quattro volte Il giovane Holden di Salinger, non mi piace educazione fisica, odio i vestiti sportivi, d’estate non metto i pantaloncini, vorrei vivere in riva al mare, spesso sogno di cadere dal tetto, ho una strana passione per l’atrio delle stazioni, a undici anni mi sono rotto il polso non so come, sono socievole solo per dovere, non vado in manifestazione, non per mancanza di motivazione ma perché non sopporto la folla, colleziono biglietti del cinema, ci vado spesso da solo, ai miei genitori non piace, mia madre si chiama Laurence, lavora in banca, spesso ho l’impressione che se non esistessi sarebbe lo stesso, amo l’odore dell’erba tagliata e delle sardine grigliate, ho i capelli biondicci, non guardo il calcio in tv, mio padre tifa il Paris Saint-Germain, non ho fratelli o sorelle, a un certo
punto ho avuto un amico ma si è trasferito, gli altri sono tutti molto diversi da me, porto le felpe col cappuccio e le All Stars ai piedi, sono abbastanza bravo a rimanere sullo sfondo – insomma, ci riesco quasi sempre –, non penso davvero al futuro, mi capita di ballare da solo davanti allo specchio di camera mia, nessuno mi guarda, nessuno sa chi io sia, mi chiamo Romeo e spesso sogno di esplodere in volo.