Fai la prima mossa

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Erin Entrada Kelly

FAI L A P R I MA MOS SA

Traduzione di Mara Pace



A Marianne



LUN E D Ì equilibrio s.m. Stato di quiete di un corpo.



La ragazza con la lattina TANA DEL CONIGLIO: A volte i conigli scavano buche

per costruirsi un rifugio. Quando la buca è pronta, possono infilarcisi dentro per nascondersi. Altre buche danno accesso a un dedalo di cunicoli sotterranei: è la tana dove vive il coniglio. Si chiama dedalo anche un intricato andirivieni di strade o di passaggi in cui è facile perdere l’orientamento.

Charlotte Lockard, dodici anni, posò in equilibrio sul palmo della mano una lattina di Dr Pepper ancora chiusa e pensò: Dev’essere questo che si prova a tenere in mano il cuore di mio padre. Aveva letto online che il cuore pesa circa trecentoventi grammi. Come una lattina di Dr Pepper. Charlotte aveva messo radici davanti al luccichio delle macchinette dell’ospedale Crozer, ma poi arrivò una donna con gli occhi stanchi e i capelli grigi che le domandò: “Posso?” Charlotte borbottò una mezza 9


scusa e tornò di corsa verso la sala d’attesa, dove sua madre continuava a soffiarsi il naso in un fazzoletto di carta, dicendo che era colpa dell’allergia. Normalmente sua madre non le avrebbe permesso di bere una Dr Pepper, ma quelle non erano circostanze normali. Soltanto due ore prima era a scuola, alla lezione di scienze naturali della professoressa Schneider. Qualcuno aveva bussato alla porta, mentre Charlotte masticava l’estremità della matita e fissava la domanda stampata sul foglio davanti a sé. Esistono circa 1.500 specie di stelle marine. La maggior parte vive nella zona intertidale, nota anche come mesolitorale o battigia. Gli organismi che abitano nella zona intertidale si sono adattati a sopravvivere in condizioni estreme. Descrivi le caratteristiche della zona intertidale e confrontala con la piana tidale.

Charlotte stava scrivendo: “La zona intertidale è l’area compresa tra le maree – può essere una zona emersa, quando la marea è bassa, oppure sommersa, quando la marea è alta – ed è diversa dalla piana tidale, un’area più vasta che si estende oltre il livello di marea massimo e sotto quello minimo…”, quand’ecco che la professoressa Schneider aveva chiamato il suo nome. Accanto all’insegnante, alta e snella, c’era la psicologa della scuola, Khatri, bassa e paffuta. Erano 10


l’opposto, l’una di fianco all’altra. Comparazione e contrasto. Ma avevano tutt’e due uno sguardo preoccupato. “È successo qualcosa a mio padre?” aveva domandato Charlotte, senza alzarsi dalla sedia. All’improvviso si era sentita addosso gli occhi di tutta la classe. Così aveva deciso che era meglio alzarsi per seguire la psicologa Khatri fuori dalla porta, dove aveva scoperto che la risposta era sì. Suo padre aveva avuto un attacco di cuore, era andato a sbattere con la macchina davanti al negozio Old Navy ed era stato subito trasportato al Crozer per un intervento d’urgenza. E adesso Charlotte era lì in ospedale, a bere una bibita proibita, mentre guardava sua madre che leggeva US Weekly, anche se nella vita reale non avrebbe mai perso tempo con una rivista di gossip. Ma Charlotte sapeva che non la stava leggendo sul serio, perché aveva gli occhiali da lettura sulla testa. La vista è la prima cosa che se ne va dopo i cinquanta, ripeteva sempre sua madre. E Charlotte sapeva perché. Il cristallino dell’occhio s’indurisce con il passare del tempo e rende difficile la messa a fuoco: lo aveva scoperto infilandosi nella tana del coniglio. Era suo padre a usare quell’espressione, quando lei si perdeva online in cerca di informazioni inutili. “Ti sei infilata di nuovo nella tana del coniglio” le ripeteva ogni volta. 11


Charlotte sorseggiò la sua bibita. Fissò i pannelli in sala d’attesa, con le frecce che indicavano rianimazione e cardiologia, e pensò: con le lettere che vedo su quei cartelli potrei scrivere migrare, che è l’esatto contrario di attendere. Un gioco di parole niente male, tutto sommato, anche perché suo padre era appassionato di birdwatching. L’anno prima, dopo che era andato in pensione e aveva lasciato la cattedra di storia dell’arte all’università di Swarthmore, si era iscritto a un club. A volte scendeva per errore dal marciapiede, perché camminava sempre col naso all’insù. In assenza di uccelli, ammirava le foglie. “Guarda la forma, Charlotte” diceva, mostrandole una foglia sul palmo della mano. “Vedi come si diramano le venature? E il margine esterno? Non trovi che sia bellissimo? Un’opera d’arte.” Charlotte annuiva, ma in realtà voleva solo riprendere a camminare verso la loro meta, qualunque essa fosse. Flap, flap, flap. Il suono delle pagine della rivista che stava sfogliando sua madre le penetrò sotto la pelle. Sua madre lavorava in un istituto di statistica e di solito si librava come un falco sopra dati e informazioni, ma quel giorno voltava le pagine troppo in fretta: era chiaro che non stava leggendo nemmeno una parola. Aveva solo bisogno di tenersi impegnata. “Hai detto a Bridget che cosa è successo?” domandò sua madre. 12


“Sì.” Bridget era la sua migliore amica. Certo che gliel’aveva detto. Charlotte si lasciò andare sulla sedia e fissò una cannuccia abbandonata sul pavimento. “Quanto ci vuole perché il papà esca dalla sala operatoria?” domandò Charlotte. “Non lo so.” Sua madre scoccò un’occhiata all’orologio sulla parete. “Poco, spero.” Charlotte era preparata. L’anno prima, quando avevano impiantato uno stent coronarico a suo padre, si era infilata nella tana del coniglio e aveva trascorso due ore a guardare operazioni a cuore aperto e trapianti. Sapeva che cosa stava succedendo al suo papà in quel momento. Era collegato a una macchina cuore-polmone. Probabilmente gli avevano già fermato il cuore per poterlo operare. Charlotte finì la sua bibita con due lunghe sorsate e se ne andò in bagno. Qualsiasi cosa pur di allontanarsi da quel flap, flap, flap. “Ti sei lavata le mani?” domandò sua madre, quando fu di ritorno. “Ci sono milioni di germi in giro negli ospedali.” Charlotte non rispose. Ma roteò gli occhi senza farsi notare. Sapeva già tutto dell’Acinetobacter baumannii, un batterio che pullula sulle sponde dei letti, nei carrelli di servizio e sui pavimenti. Sapeva che quel batterio sopravvive a lungo e che si trova in quasi metà delle stanze d’ospedale. Sapeva che è 13


un parassita e che approfitta dei sistemi immunitari indeboliti. “Possiamo andare a trovarlo quando sarà in reparto?” domandò Charlotte. “Se va tutto bene. Il dottore dice che bisogna avere almeno dodici anni per fare visita in reparto o nell’unità di terapia intensiva. Hai avuto fortuna.” Charlotte cercò la cannuccia con lo sguardo, ma non c’era più. Qualcuno l’aveva raccolta mentre era in bagno? Si concentrò sul tappeto. “Sai che anche le stelle marine hanno un cuore?” domandò a sua madre. “Un cuore umano può battere cento volte al minuto, mentre il cuore delle stelle marine soltanto sei.” Sua madre ci pensò un istante. “Non lo sapevo. Della stella marina, voglio dire.” “Il loro nome corretto è asteroidi, ma le chiamano tutti stelle marine. Presto a scuola ne sezioneremo una.” Flap, flap, flap. Il tappeto aveva una fantasia esagonale. La somma degli angoli interni di un esagono è 720 gradi. Charlotte fissò gli angoli interni finché non cessarono quasi di esistere.

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