Il Cammino di san Benedetto

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ARPINO ➜ ROCCASECCA

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Da Arpino a Roccasecca

1.600

800 600

ARPINO

1.000

400

ROCCASECCA

MADONNA DELLA GRAZIA

1.200

TRACCIOLINO

1.400

200 0m 0 km

KM:

5

10

17,8

media DISLIVELLO: SALITA 410 m DISCESA 630 m STERRATO: 30% ASFALTO: 70% DIFFICOLTÀ:

Informazioni Amico del Cammino: Angelo, tel. 320-34.80.383. Timbro per la credenziale disponibile presso tutte le accoglienze e nei bar in piazza. Timbro speciale per la salita agli eremi. ROCCASECCA:

Dove dormire B&B Il Feudo, via Vittorio Veneto 15 (di fronte alla stazione dei carabinieri), tel. 328-89.57.972 (Tommaso) / 333-80.52.428 (Immacolata), tommasomarsella@inwind.it, BB 24 €. Bel bilocale attrezzato con bagno, cucina, lavatrice, connessione internet. B&B L’Ortica, vicolo Paolozzi 1, ROCCASECCA:

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tel. 338-11.39.566 / 0776-56.75.43, stessi prezzi del precedente. In centro storico. Per le chiavi, passare dalla pizzeria Magnolia nella piazza principale e chiedere di Gianpiero. B&B Maria Grazia, tel. 339-29.77.328 (Gennarino), lucianomarcuccilli@libero.it, in centro, stessi prezzi dei precedenti. B&B Il Vicolo, vicolo Patamia 11 (in centro), tel. 392-91.11.706 (Giulio), leporegiulio77@ gmail.com, stessi prezzi dei precedenti. B&B Villa Claudia, in frazione Castello, tel. 349-15.73.033 (Mirella), info@ bbvillaclaudia.com, 7 posti letto in camere con doccia, BB 25 €. La Locanda del Castello, in frazione Castello, tel. 0776-56.73.54 / 33572.02.500, info@lalocandadelcastello.org, BB camera singola 40 €, doppia 70 €, cena pellegrina 15 €. Contiguo al Parco dei Conti d’Aquino.

Tappa molto bella, sotto il profilo storico-artistico (l’acropoli di Civitavecchia è un vero gioiellino) e naturalistico (le gole del Melfa sono uno spettacolare canyon di casa nostra). Si cammina in una natura selvaggia e primordiale; per la quasi totale mancanza d’acqua e punti di ristoro, occorrerà procurarsi cibo e bevande ad Arpino. Raccomandati gli scarponi da montagna e l’uso di bacchette in discesa.

Avendo di fronte il Municipio, davanti alla statua di Cicerone, imbocchiamo via Magliari, e dopo 50 m al bivio prendiamo via Spaccamela, 144


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a sinistra. Saliamo per 500 m fino a trovare sulla sinistra la chiesa di Sant’Andrea, che ospita monache benedettine. A destra della chiesa, imbocchiamo una stretta e ripida via, seguendo le indicazioni per Palazzo Spaccamela; il percorso da qui fino all’acropoli di Civitavecchia è ben segnato dal Cai. Dopo 200 m la stradina asfaltata cede il posto allo sterrato; salendo, alla nostra destra ci si aprirà una splendida veduta di Arpino. Dopo 150 m incomincia una scalinata che sale in mezzo agli ulivi, e dopo altri 300 m in salita raggiungiamo il borgo di Civitavecchia: il minuscolo borgo è davvero pittoresco e vi si respira un’aria d’altri tempi. Ma la vera meraviglia è nell’acropoli, circondata da mura ciclopiche, formate da enormi monoliti poligonali e risalenti al VI secolo a.C.; e nello straordinario arco a sesto acuto, unico esistente in Italia, porta arcaica di ingresso all’antica città. Civitavecchia fu probabilmente il nucleo originario del primitivo insediamento volsco (VII-VI sec. a.C.), fondato per necessità di difesa su un luogo impervio e circondato da possenti mura. Usciti dall’arco sotto alla torre detta di Cicerone, dopo 20 m troviamo un sentierino che scende sulla destra [92], accanto a un cartello di divieto di sosta. Scendiamo per 400 m (i ciclisti conducano la bici a mano per via dell’insidioso fondo sassoso), fino a una stradina asfaltata davanti a una madonnina; andiamo a destra, in discesa, e dopo 150 m andiamo a sinistra, oltrepassando il fosso (proseguendo invece diritto, appena 100 m dopo, troviamo il grazioso borgo della Parata, con chiesetta e porticato, vecchie case ed ex concerie del 1600). Dopo 200 m voltiamo a sinistra su una stradina in salita, seguendo le indicazioni per via Madonnella. Saliamo per 800 m fino a oltrepassare l’immissione di una strada a sinistra, proseguiamo diritto per altri 1,2 km, poi imbocchiamo un sentiero sulla destra [93]. (I ciclisti proseguano per la strada.) Attraversiamo 20 m di prato; passiamo un fosso su un minuscolo ponte in cemento e poi saliamo nel fitto bosco su un sentiero sassoso. Dopo 400 m, in cima alla salita, andiamo a sinistra per una sterrata, che dopo 500 m conduce a una stradina asfaltata. Andiamo a destra, in discesa; dopo 30 m infiliamo un sentierino in discesa sulla sinistra, che dopo 350 m ci conduce su una stradina asfaltata, in mezzo al bosco [94]. (Qui si ricollega il percorso ciclistico.) Andiamo a destra; dopo 500 m in piano, oltrepassiamo un gruppo di case, e da qui la strada comincia a scendere. Scendiamo per 200 m, fino a quando, in corrispondenza di una curva a gomito sulla destra [95], infiliamo un sentiero che scende sulla sinistra, in prossimità dei pali della luce (i ciclisti proseguano lungo la strada asfaltata). Dopo 250 m, raggiungiamo una cappelletta mariana (Madonna della Grazia), sulla strada asfaltata in punto panoramico. Proseguiamo dietro la cappelletta, in corrispondenza di un pilone della luce (sul palo c’è scritto 604) aggirando un uliveto che lasciamo sulla nostra destra. Proseguiamo per 130 m tra l’uliveto alla nostra destra e una sterrata evidente, circa 20 m più in basso, alla nostra sinistra, fino a incontrare un sentierino a sinistra che ci permette di 145

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immetterci sulla sterrata più in basso. Andiamo a destra e percorriamo, sempre in discesa, poco più di 1 km, in vari piccoli tornanti, incrociando un’enorme distesa di pannelli fotovoltaici. La sterrata conduce a un uliveto, proseguendo in discesa per altri 300 m raggiungiamo un tratto con fondo in cemento; dopo 50 m andiamo a destra; dopo 200 m raggiungiamo una casa, abbandonata. Dopo altri 300 m raggiungiamo una stradina asfaltata, su cui ci immettiamo a sinistra. Percorriamo tutto il tratto di asfalto (700 m) che termina dinanzi a una casa bianca, e proseguiamo per una stradina di cemento, che dopo 100 m finisce in mezzo agli ulivi. Seguiamo la traccia in mezzo agli ulivi per alcune decine di metri fino a raggiungere l’imbocco di un’antica mulattiera in discesa, che dopo 600 m di stretti tornanti con vista spettacolare sulle gole del Melfa, raggiunge il Tracciolino [96], la strada che le attraversa interamente, (chiusa al traffico). Andiamo a destra e, dopo poco meno di 3 km, oltrepassiamo il ponte della Valle [97]. Qui si ricollega il percorso ciclistico. Proseguiamo per altri 3,5 km, sempre in leggera discesa, immersi in una natura sorprendente, infine giungiamo a Roccasecca, nei pressi del cimitero. Andando a sinistra, passiamo davanti alla monumentale statua di Tommaso d’Aquino, e dopo alcune centinaia di metri raggiungiamo il centro paese. Per salire all’eremo dello Spirito Santo, in meno di un’ora di cammino tra andata e ritorno, dal cimitero andiamo a destra; al primo incrocio andiamo ancora a destra fino a scendere al fiume Melfa. Appena oltrepassato il ponte Vecchio, sulla destra parte la mulattiera, scavata nella roccia, che conduce all’eremo in una ventina di minuti di cammino a ridosso di un’imponente parete rocciosa. VARIANTE PER CICLISTI Dal

centro di Arpino, raggiungiamo il Belvedere, da dove saliamo all’acropoli di Civitavecchia seguendo la strada, ben indicata (si potrà anche vantaggiosamente “tagliare”, imboccando la stradina che sale verso il convento di san Lorenzo e si ricongiunge poco sopra con la provinciale). Da lì [92] seguiamo il percorso dei pellegrini a piedi fino a [93] dove proseguiamo sulla strada asfaltata, in salita, per 1,5 km, fino a raggiungere una cappelletta. Qui imbocchiamo sulla destra una stradina, pressoché tutta in quota, che percorriamo per 500 m. Appena prima di un gruppo di case voltiamo a sinistra su una stradina che, dopo un brevissimo tratto in piano, in 2,3 km, passando per [94] e [95], scende a Madonna delle Fosse, dove ci sono la chiesa, un negozio di alimentari e un bar. Andiamo a sinistra e, seguendo l’indicazione per Tommelle, c’immettiamo su una stradina in discesa sulla destra. Dopo 700 m andiamo a sinistra, seguendo la stradina principale sempre in discesa. Dopo 3 km raggiungiamo una strada più grande sulla quale c’immettiamo verso sinistra, percorriamo la curva per 100 m, poi imbocchiamo la stradina di sinistra, in ripida discesa, che taglia un tornante.Di nuovo sulla strada principale, la seguiamo tutta, sempre in discesa, percorrendo diversi tornanti e

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ARPINO.

Una vista sui tetti del paese a cavallo di due colli.

raggiungendo infine il Tracciolino, presso il ponte della Valle [97], dove andiamo a destra e fino alla fine della tappa seguiamo il percorso dei pellegrini a piedi.

Da vedere Gole del Melfa Con uno sviluppo di circa 13 km, tra Casalvieri e

Roccasecca, le gole del Melfa sono un luogo magico, in cui si può assaporare il gusto di una natura primitiva. Purtroppo, a causa di una diga che sbarra l’alto corso del fiume e di una galleria che ne riversa le acque nel fiume Rapido, il Melfa rimane secco per buona parte dell’anno. Ma quando c’è acqua assume colorazioni che vanno dal verde smeraldo all’azzurro marino, lungo la discesa che lo porta dai 1.021 metri d’altitudine della sorgente, ubicata nella valle di Canneto, fino alla piana d’Aquino, dove confluisce nel fiume Liri. Il TRACCIOLINO, la strada che le attraversa interamente mettendo in comunicazione la valle di Comino con la piana del Liri, offre continuamente scorci mozzafiato sia sul fiume, incassato tra le ripide pareti delle montagne, sia sui dirupi e i canaloni che ritmano il paesaggio delle gole. Sui suoi fianchi più impervi nidificano numerose specie di rapaci, quali il nibbio bruno, il falco pecchiaiolo, il biancone, il falco pellegrino il gheppio. E, negli ultimi tempi, le gole sono state prescelte anche dalle aquile reali, che vi hanno nidificato.

Eremo dello Spirito Santo Adagiato in un’angusta rientranza

della parete rocciosa delle gole del Melfa, questo luogo impervio pare essere la sede naturale di chi voglia ritirarsi a vita contemplativa. L’eremo è costituito da una chiesetta e da un soprastante complesso di grotte. 147

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All’interno della chiesetta, semplice e disadorna, un’acquasantiera porta scolpita la data del 1100, mentre il nucleo più antico dell’insediamento, che si presume risalga all’VIII-IX secolo è costituito dalle grotte, con le celle dei monaci organizzate intorno a un ambiente comune per le funzioni. Un ingegnoso sistema di canalette scavate nella parete rocciosa permetteva di raccogliere l’acqua piovana per convogliarla in una cisterna; le dimensioni contenute del gruppo di grotte e della cisterna fanno pensare a una piccola comunità. Per la visita dell’eremo dello Spirito Santo, contattare Angelo Ciampa, tel. 320-34.80.383.

Roccasecca Sovrastata dal monte Asprano, in posizione panoramica

sulla valle del Liri, Roccasecca sorse prima del Mille come luogo fortificato del sistema difensivo dell’abbazia di Montecassino, e trasse il nome dalla scarsità d’acqua del luogo. Roccasecca è soprattutto importante per essere il luogo natale di Tommaso d’Aquino. Il centro si presenta armonico nella sua vecchia struttura, e comprende notevoli testimonianze del suo passato: in particolare, chiese di un certo pregio artistico. Notevole il complesso fortificato medievale che sorge sul colle sovrastante il paese che comprende i resti della ROCCA DEI CONTI D’AQUINO, dove san Tommaso vide la luce intorno al 1225, e la trecentesca CHIESETTA DI SAN TOMMASO, la prima al mondo dedicata al Dottore Angelico. Roccasecca ha dato anche i natali al flautista Severino Gazzelloni, e per ricordarlo tutti gli anni, alla fine di agosto, vi si tiene un festival internazionale di musica, che porta in città grandi orchestre e artisti di fama internazionale.

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San Tommaso d’Aquino Tommaso dei conti di Aquino nacque a Roccasecca nel 1225 o 1226. La sua prima educazione si svolse nel chiostro di Montecassino, dov’entrò all’età di cinque anni, rimanendovi fino ai quattordici, quando nel 1239 l’abbazia fu occupata militarmente dall’imperatore Federico II. Proseguiti gli studi a Napoli, vi abbracciò l’ordine dei domenicani, nonostante l’accanita opposizione dei genitori. I suoi superiori, che ne intuirono il talento, decisero di mandarlo a Parigi per completare gli studi, ma non appena questi si mise in viaggio, i fratelli che erano contrari alla scelta domenicana, ritenuta non consona alla dignità della casata, lo sequestrarono e l’imprigionarono nel castello paterno di Monte San Giovanni. Dopo un anno, essi si rassegnarono, lasciandolo libero di partire per Parigi, dove divenne scolaro di Alberto Magno, e nel 1257 fu nominato maestro. Due anni dopo fece ritorno in Italia, dove continuò a predicare e insegnare, prima a Napoli, poi ad Anagni dov’era la curia pontificia, e infine a Orvieto, dove il papa Urbano IV aveva fissato la sua residenza. Nel 1265 ebbe l’incarico di ordinare gli studi dell’Ordine a Roma e divenne teologo della corte pontificia. Lì si rese conto che non tutti gli allievi erano preparati per un corso teologico, quindi cominciò a scrivere per loro una Summa Theologiae, per “presentare la religione cristiana in un modo che fosse adatto all’istruzione dei principianti”. La monumentale opera teologica, che gli varrà fama imperitura, fu iniziata nel 1267 e continuata per sette anni, fino a tre mesi prima di morire. Nel 1269 fu richiamato di nuovo a Parigi, poi nel 1272, su sollecitazione di Carlo d’Angiò, fece ritorno a Napoli, sostando anche a Roccasecca e a Montecassino, per occuparsi della riorganizzazione degli studi teologici presso il convento di San Domenico. I suoi biografi narrano che la mattina del 6 dicembre 1273, mentre celebrava la messa, cadde in estasi, sentendosi dire dal Crocifisso: “Tommaso, tu hai scritto bene di me. Che ricompensa vuoi?” Rispose: “Nient’altro che te, Signore”. Così, da quel momento in poi non scrisse più nulla. Nel gennaio 1274, in condizioni precarie di salute, partì per il Concilio di Lione. Durante il tragitto si fermò da sua nipote Francesca a Maenza; ma le sue condizioni peggiorarono. Desiderando finire i suoi giorni in un monastero, e non potendo raggiungere un convento domenicano, chiese di essere portato nell’abbazia cistercense di Fossanova, dove morì il mattino del 7 marzo 1274, a quarantanove anni. Aveva scritto più di quaranta volumi.

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