Un cucciolo nero di nome Furia

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Sangeeta Bhadra • Marion Arbona


Sam aveva un nuovo cucciolo, un cucciolo tutto suo. L’aveva trovato un pomeriggio al parco giochi. Il parco giochi era pieno di bambini: scivolavano, dondolavano, andavano su e giù sull’altalena. Dovunque andasse, Sam doveva aspettare il suo turno. Aspettava per scivolare. Aspettava per dondolare. Aspettava per andare su e giù sull’altalena. Aspetta, aspetta, aspetta, aspetta, aspetta!


Sam era stanco di aspettare, la sua rabbia cresceva sempre di piĂš. FinchĂŠ non fu arrabbiato come mai era stato prima.


All’improvviso qualcosa balzò in mezzo ai bambini. Correva in tondo e dava spintoni, saltellava, pizzicava, pestava i piedi.

In pochi secondi il parco giochi rimase deserto: c’erano solo Sam e la cosa.


La cosa dondolava a testa in giĂš dal castello con un sogghigno. Sam non aveva mai visto niente di simile, ma sapeva di che si trattava:

era una Furia.


La Furia aveva ripulito il parco giochi proprio per Sam! Non avrebbe più dovuto aspettare! Sam si divertì tutto il pomeriggio, felice e beato. Ogni tanto qualche bambino cercava di unirsi a lui, ma la Furia mostrava i denti e ringhiava feroce. Quando fu l’ora di andare, Sam la chiamò: “Ehi, vuoi venire a casa con me?”. La Furia gli saltò in braccio leccandogli la faccia. La passeggiata verso casa fu meravigliosa. La Furia era così divertente! Sam sapeva che sarebbero diventati amici del cuore.



Appena arrivato, Sam si fiondò nel giardino sul retro per giocare nella casetta sull’albero con il suo nuovo cucciolo. “Mi spiace Sam” gli disse la mamma, “è quasi pronta la cena”. Entrando in casa, la Furia sbatté la porta. “Sammy…” lo ammonì la mamma. La Furia diede un calcio al muro.


“Sammy, che cosa ti prende?” chiese la mamma. “Non sono stato io” rispose Sam. “È la mia Furia.” “Be’, controlla la tua furia” disse la mamma. “E ora datti una lavata prima di cena.” Sam disse alla Furia: “Devi fare la brava a casa, d’accordo?”. La Furia faceva le fusa.


Durante la cena la Furia si nascose sotto al tavolo. “Sam ha schizzato tutto il bagno” disse la sorella maggiore. La Furia le diede un calcio sullo stinco. “Ahia! Sam mi ha dato un calcio!” urlò lei. “Non sono stato io! È stata la mia Furia!” urlò Sam di rimando.


“Adesso basta” disse la mamma. “Stai seduto composto e mangia gli spaghetti, altrimenti fila in camera tua.” La Furia prese il piatto di spaghetti di Sam e lo rovesciò per terra.


“Sam!” disse la mamma. “La mia pazienza sta arrivando al limite!” “Ma non sono stato io, è stata la Furia. Guarda, la vedi la mia Furia?” “Vai in camera tua, ragazzino” disse allora il papà. “Niente furie a tavola.” La Furia, ridacchiando, seguì Sam su per le scale.


Avere una Furia creava più problemi di quanto Sam avesse immaginato. “Vattene!” disse. La Furia sorrise dolcemente, fece due volte la ruota e si tuffò sul letto. Lanciò i giocattoli e i cuscini di Sam per aria per farli girare con i piedi come un giocoliere. Sam iniziava a pensare che senza di lei sarebbe stato meglio.


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