NIKOLAI POPOV PERCHÉ?
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Al mattino, io e i miei amici tornavamo ai nostri passatempi. Giocavamo a “Lopte”, un gioco con la palla, o a “Cosacchi e ladri”, o andavamo a zonzo per le strade a raccoglie re schegge di bombe. Per noi, quei pezzi di metallo lucidi e pesanti erano bellissimi. Non capimmo la loro spaventosa origine –la violenza mortale che accompagnava quei tesori luccicanti – finché un ragazzo, durante una delle nostre ricerche, non ne trovò uno che gli esplose tra le mani, lasciandolo per sempre zoppo.
La follia della guerra vista da un bambino
questo libro perché credo che i bambini, che comprendono l’insensatezza della guerra e vedono quanto sia facile essere trascinati nel circolo vizioso della violenza, possano diventare in futuro una forza di pace. E spero anche che gli adulti, che condivide ranno questo libro con i bambini, possano rielaborare le proprie convinzioni riguardo all’insensatezza della guerra.
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Sono nato nel 1938 a Saratov, in Russia, sulle rive del fiume Volga. Una tipica cittadina russa: antica, bella, piuttosto provinciale, verde e acco gliente, con l’università, un paio di teatri, un con servatorio e un meraviglioso museo. La guerra è entrata presto nella mia vita e ha distrutto questa bella città. Di notte i nazisti bombardavano le strade e, quando le sirene suonavano per avvi sarci dell’attacco, mia madre, mia nonna o mia zia mi portavano nei bunker. Ricordo ancora il suono di quelle sirene. Ero piccolo e non capivo perché ciò accadesse.
Nikolai Popov
Credo che questo incidente, insieme alle terribili immagini che vidi nel dopoguerra – prigionieri tedeschi che scavavano fossi lungo le strade o contadini russi che torna vano a casa senza braccia o senza gambe –abbia avuto un’influenza profonda sulla mia Mainfanzia.ilmio rifiuto consapevole della guerra e della violenza è arrivato più avanti, e non è stato solo il risultato della mia esperienza personale, ma anche della lettura delle opere di Tolstoj e Dostoevskij, di Remarque e di HoHemingway.realizzato
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C’era una volta un fiore bellissimo. La rana l’aveva raccolto e lo ammirava contenta.
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Anche il topo voleva quel fiore così bello.
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“Dammi il fiore!” squittì, e glielo strappò dalle zampe.
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“Il mio bel fiore…” pensò triste la rana.
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“Quel fiore è nostro!” gracidarono i suoi amici, e cacciarono via il topo.
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