H O M E + C O L L E C T I V E S PA C E S
Cover by Ana Popescu “In questo disegno ho voluto rappresentare uno spazio domestico, che si trasforma all’occorrenza in spazio per la condivisione e per la convivialità, in cui l’interior e i suoi componenti giocano con luci e ombre, ma anche con il paesaggio circostante. Proprio l’outdoor diventa parte integrante del living, a dimostrazione di come l'architettura sia in grado di costruire una relazione tra l'interno e l'esterno.”
PEOPLE Jean Verville Architectes chromastudio Victoria Maria Interior Design Studio Alexander Fehre Roberta Borrelli Bruno Vanbesien Architects Studio Marco Piva AUN Design Studio Crossboundaries Offstage a25 architetti De Voogt Naval Architects Alessandro Falconio Fabio Mazzeo Architects Encore Heureux Architectes Philippe Bonino DAAA Haus Arnaud Klein Piuarch Studio Adrian Chan Design & Research Office Tekla Evelina Severin Frigerio Design Group Studio Svetti Architecture i29 Studio Fabio Caselli Design Lemanarc Helen & Hard Architects White Arkitekter Paola Paronetto Ariane Dalle Andrea Margaritelli
R E S I D E N T I A L
01 MEMPHIS TWIST Canada ph. Maxime Brouillet, Maryse Béland
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Sedotti dall’approccio progettuale dirompente dello Studio Jean Verville Architectes, due eccentrici committenti, appassionati di arte e design italiano degli anni ‘80, hanno invitato il team di architetti a ideare e dar forma al proprio “rifugio” nella foresta: una casa-studio che potesse abbracciare la quotidianità con un’energia stravagante. Una sfida questa, in assoluta coesione con la filosofia dello Studio canadese. ISPIRAZIONE MEMPHIS Il progetto, dal carattere avveniristico, plasma un universo alternativo completamente customizzato e cucito sulle preferenze dei proprietari dell’abitazione, concepito con spirito ludico ma successivamente sviluppato con rigore
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matematico architettonico. MEV - questo il nome della residenza - sfrutta l’associazione di geometrie e colori sotto la spinta del manifesto ribelle del gruppo italiano Memphis, antitesi alla monotonia e al design monocromatico del suo tempo. Costellato di citazioni che evocano quello stimolante periodo storico, il concept celebra l’originalità grazie ad un sistema di relazioni espressive a contrasto, che peraltro ben raccontano la personalità della committenza. Ne è un esempio il divario tra il rivestimento nero della facciata esterna e la presenza di nuance vivaci e giocose all’interno. Mentre La stravaganza si manifesta proprio
indoor, dove volumi e materiali si sviluppano e si avvicendano in una frizzante successione cromatica. STILE ORGANICO Quintessenza della fuga nella natura, la Foresta Laurenziana, importante ecoregione fra Canada e Stati Uniti, accoglie la casa-studio su un lembo di territorio rimasto irraggiungibile e per questo incontaminato. Per una ottimale integrazione della struttura nella natura, l’edificio presenta una forma organica curvilinea e un aspetto grezzo, vestendosi di listelli in legno
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scuro altamente performanti che lo mimetizzano con il bosco. Ininterrotto è il rapporto tra gli interni e lo scenario forestale: sul lato sud dell’abitazione, ad esempio, la disposizione lineare degli ambienti consente una visione costante del paesaggio e del corso d’acqua adiacente. Sul lato nord, due volumi distinti, collegati da un ingresso interamente vetrato, si presentano come una lunga facciata unificata da un cladding omogeneo. Mentre una logica stringente di massima funzionalità ed essenzialità, come in un diagramma booleano, porta all’abbandono di un concetto tradizionale di tetto, la sua forma è definita da uno spostamento dell’asse del colmo, che anima la silhouette della copertura, e dell’intero edificio, donandogli una inedita e accattivante com-
plessità architettonica che gioca con le percezioni visive, le texture, i colori e i materiali, sfruttando inoltre la luce naturale per ottenere riflessi caleidoscopici.
Materiali utilizzati Piastrelle in ceramica: Mattonelle Margherita by Nathalie du Pasquier, Mutina Rivestimento esterno in legno: Maibec
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chromastudio L’ABITARE SCENOGRAFICO
La nostra filosofia progettuale, come il nostro nome “chromastudio” già indica, è focalizzata sull’uso del colore, come elemento di arredo e non solo. Crediamo fortemente nella sua potenzialità sia nell’ambiente domestico che commerciale, perché ha un impatto importante sull’aspetto emotivo/psicologico di ciascuno di noi: il sapiente utilizzo di colori specifici veicola infatti un messaggio immediatamente comprensibile in modo universale, che non conosce limite di lingua o di età e che viene percepito da qualunque essere umano dotato di sensibilità. È sufficiente dipingere una parete per rivoluzionare il look di un ambiente, in più gli accostamenti cromatici ci danno la possibilità di giocare in mille modi diversi. Proprio per questo lo studio della palette è uno dei primissimi fattori che valutiamo, partendo spesso dall’ambiente preesistente sul quale andremo ad intervenire: spesso è la stanza che ci parla, sono gli elementi già inseriti che ci suggeriscono un piano d’azione, come un parquet da mantenere, una parete da recuperare o un’opera d’arte da valorizzare. Inoltre, ogni caso è unico, non esiste una regola generale, seppur la logica e l’esperienza ci suggeriscano delle macro linee guida: per un ufficio useremo dei colori che stimolino la concentrazione e la creatività; al contrario, per la progettazione di una sala da pranzo residenziale sceglieremo dei colori più vivaci, ideali per ravvivare un luogo di condivisione.
La scelta delle nuance non può peraltro prescindere dalla valutazione dei materiali, anch’essi caratterizzati da specifiche cromie. Pietre, legni, marmi sono infatti dotati, prima di tutto, di un colore, e necessitano di essere combinati in maniera armoniosa con le restanti parti del progetto. È interessante come molti materiali possano essere tinti e “customizzati”, per adattarsi allo schema pensato e riscoprirsi unici. Ci piace ad esempio lavorare con il colore sui legni o sulla resina per avere continuità cromatica tra le superfici. Un altro aspetto che riteniamo fondamentale è il requisito tecnico di ciascuna materia, che valutiamo a seconda del progetto in questione. In linea di massima, tuttavia, prediligiamo l’utilizzo di materiali realizzati da aziende che pongono, sia in fase di produzione che nel prodotto finito, una grande attenzione all’ecologia. Se però colore, materia e tecnica, sono le componenti grezze del progetto, per ottenere un risultato accattivante è indispensabile elaborare un disegno d’insieme coerente, che trova nella “scenografia” la sua più alta e adatta forma di espressione. Ci piace pensare a qualunque ambiente come ad uno spazio scenografico, seppur non a tempo limitato ma duraturo, in cui sviluppare una storia, vestire un racconto. Quando ci approcciamo ad un progetto cerchiamo di carpire i tratti della personalità del cliente, quali esi-
genze abbia, quali siano le sue passioni e quale lo spazio ideale che lo faccia sentire meglio rappresentato. Giochiamo allora con qualche “effetto speciale”, ottico, che possa restituire magia all’interior rendendolo sorprendente. Il tutto, cucito sulla sua individualità. Così come sul palcoscenico di un teatro è possibile “far volare una città”, il nostro obiettivo è quello di non porci limiti creativi. Pensiamo che questo sia l’approccio giusto per aprirci a spunti mai usuali e offrire un concreto valore aggiunto agli interni che curiamo.
Giuseppe Albanese, Elga Ancona Founder chromastudio
chromastudio è uno studio multidisciplinare creato da due giovani designer e artisti, Giuseppe Albanese ed Elga Ancona, che hanno unito le loro molteplici e diverse competenze – lui interior designer, lei scenografa - per avvicinarsi al mondo del design in modo totalmente innovativo. chromastudio crea spazi unici, memorabili e d’impatto, proponendo un design fondato sull’uso del colore e della materia, dove spazi neutri e bianchi non sono altro che tele neutre da riempire.
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03 TRA COLORE E MATERIA Milano
ph. Riccardo Gasperoni
“Una casa dal gusto retrò, elegante ed esclusiva, un luogo dove il design ha un ruolo di rilievo e il gusto del bello non lascia spazio alle interpretazioni”. Così chromastudio introduce il risultato della ristrutturazione completa e radicale di un appartamento sviluppato su circa 90 mq. L’intervento si è focalizzato sulla ridistribuzione delle aree nell’ottica di migliorarne la fruibilità: ottenere una zona giorno più spaziosa, un bagno più comodo e delle aree ripostiglio, per allinearsi ai nuovi standard abitativi. Il vecchio ha lasciato spazio al nuovo ma con un occhio al recupero, dove il colore e le sue geometrie, a contrasto con i toni neutri, identificano nuovi scenari, in un continuo gioco tra orizzontale e verticale, curvo e lineare. Percorrendo i vari ambienti della casa si attraversa un “racconto” in cui ogni area viene connotata da un gioco cromatico e il filo di congiunzione è il nero con i suoi derivati.
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INTERNI E MATERIALI Il cuore dell’appartamento è la zona giorno, con i suoi 35 mq, mentre la genesi del progetto è stata la cucina a isola in blu reale, un monolite cromatico realizzato da Cesar Cucine e fornito da Mo.1950, collocato nel mezzo della stanza in tutta la sua avvenenza. Il team ha scelto di riprendere il colore della cucina anche per il corridoio di ingresso il cui passaggio è stato stondato a formare una volta a botte, che si configura così come un lungo e intenso tunnel color blu reale, quasi ad anticipare il racconto che seguirà. Il pavimento in legno di iroko del corridoio d’ingresso e della cucina è stato rimosso e sostituito con un materiale cementizio realizzato nella stessa tonalità di blu presente in quest’area, come un tappeto che identifica questo spazio funzionale senza limiti reali. La sua tonalità è stata realizzata su richiesta e posato dall’azienda Innovative Surface. Si tratta di un rivestimento altamente performante per resistenza e durabilità, pratico e personalizzabile. Gli elementi geometrici e cromatici sono il cuore progettuale. Per il rivestimento della parete della cucina è stata scelta una piastrella 3d a sezione triangolare, la Rombini Triangle di Mutina, nella versione smaltata lucida dal colore brillante per esaltare l’aspetto artigianale di questo progetto dallo stile retrò, in cui si inserisce senza forte contrasto il frigorifero della Smeg color azzurro, un cult del design vintage-inspired. Il living è un ambiente unico con la cucina, la configurazione della stanza, dagli alti soffitti, è rettangolare. Le pareti lunghe, più luminose, forate dalle finestre e dalle due porte di accesso alla zona notte, si colorano di cenere chiaro, contrapposto al verde Celadon utilizzato in chiaro per le pareti corte e in scuro per il soffitto. Esiste inoltre un gioco di contrapposizione tra tinte fredde e tinte calde, i toni delle pareti si contrappongono al color ruggine del divano. Il fil rouge dell’intero progetto è costituito da richiami di colore nero, come la lampada di Flos “modello 265” che con il suo braccio disegna una linea prospettica nello spazio ripresa dal motivo decorativo del tappeto Blanco di Karpeta, in lana e cotone. La cintura decorativa delle cornici in gesso che corre lungo l’intero perimetro, diventa il cappello di congiunzione tra la zona dedicata alla cucina e quella dedicata al living. Spostandosi nella zona notte ci troviamo all’interno della camera da letto matrimoniale. Anche qui è stato fatto un lavoro di ridistribuzione, demolendo la cabina armadio in muratura e creando un’anticamera che funge da zona filtro tra il living e la camera vera e propria, allo scopo di dare maggiore privacy a questo ambiente. Questa zona si tinge del color argilla rossa, nascondendo due ripostigli molto comodi e capienti, uno in quota, l’altro a filomuro. La camera si configura come un solido quadrangolare con i lati lunghi color cenere chiaro e una U rovesciata, composta dalle pareti corte e dal soffitto, che si colora di blu fiordaliso. La testiera del letto è stata arricchita da una boiserie in muratura alta 120 cm che ospita i due comodini. 17 |
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L’armadio, nella parete opposta, è composto da 6 ante a filomuro in tinta con il contesto. L’argilla rossa, il blu fiordaliso e il cenere chiaro creano una palette morbida e armonica dall’effetto calmante e riposante. La seconda camera dell’appartamento è la cameretta del bimbo, in questo caso il progetto si è basato sull’uso delle forme geometriche semplici e dei colori primari. L’alta boiserie in blu Savoia crea un angolo cromatico allo scopo di delimitare lo spazio dedicato al riposo, questo stesso colore è poi ripreso nell’archetto decorativo della cabina armadio e si contrappone al giallo ocra che dal soffitto scende leggermente sulle pareti come a delimitare un’area protetta e sicura. Il bagno di questo appartamento è stato interamente pensato su misura secondo le esigenze stabilite della committenza, qui troviamo infatti un lavabo a doppia vasca della collezione “I Catini” di Ceramica Cielo completo di cassetto contenitore, la spaziosa doccia walk-in, la vasca da bagno ed una zona lavanderia inserita in un armadio realizzato su misura. L’accesso al bagno avviene attraversando il corridoio d’ingresso, il blu reale ci accompagna all’interno di un ambiente disegnato dalla contrapposizione tra il terra di Siena chiaro e l’argilla rossa che suddividono lo spazio attraverso una vera e propria linea orizzontale che separa la doccia/vasca dal contesto. I colori e i materiali scelti conferiscono un aspetto materico e sabbioso, garantito dall’uso del rivestimento cementizio continuo che caratterizza interamente questo ambiente attribuendogli le sembianze di una vera e propria | 18
sala da bagno. Per la parete della doccia/vasca è stato scelto un rivestimento in carta da parati in fibra di vetro con una decorazione che sfuma i due colori principali dal più scuro al più chiaro. Anche questa è stata customizzata appositamente per il cliente dall’azienda Texturae, modificando i colori della loro carta Shadow. ILLUMINAZIONE Un ruolo decisivo all’interno dell’intero progetto è stato dato dall’illuminazione, i giochi di luce sono stati creati dall’inserimento di gole luminose, i faretti ad incasso diventano dei percorsi che conducono alla scoperta degli ambienti, le lampade iconiche del design sottolineano l’inconfondibile carattere glamour di questa abitazione dove nulla è lasciato al caso. DECLINAZIONI ARTISTICHE L’arte non può che essere un valore aggiunto nell’arredo di una casa: ecco il dipinto dell’artista Giorgio Pasqualetti e la lampada in vetro dell’artista Paola Croci emergere dalla parete di fondo del soggiorno, attribuendole valore. chromastudio ha infatti scelto il pittore astrattista Giorgio Pasqualetti e il suo “Rovell n.16”, un acrilico su tela che, che con le sue astrazioni geometriche restituisce tridimensionalità alla parete e investe l’ambiente di un’energia potentissima. I suoi solidi puri sono un viaggio attraverso l’immaginazione dove la bellezza delle geometrie astratte evoca memorie di una città investita dalla luce del sole. Quando si parla di arte si guarda alla tela ma anche allo spazio, alla tridimensionalità. La lampada in vetro dell’artista Paola Croci racchiude all’interno del suo nome l’essenza stessa della sua arte, “L’Incluso”, raccontando una storia fatta di ricordi, di incontri, di colori e trasparenze. 19 |
04 BRUTALISMO E CONTEMPORANEITÀ Zurigo
Un approccio artistico senza tempo ha contribuito a rendere l’architetto svizzero Ernst Gisel un modello per le successive generazioni di architetti. Perfetta espressione del suo lavoro è la casa che ha progettato nel 1988 a Erlenbach, sulle rive del lago di Zurigo. Gisel impiegò oltre sessant’anni per realizzare questa abitazione che, nel corso della progettazione, ha assistito a numerose modifiche per rispondere alle esigenze dei committenti e armonizzarsi con il contesto e la topografia del luogo. L’espressivo cemento a vista e l’uso di materiali naturali come pietra, legno e ardesia caratterizzano l’insieme composto da due
case bifamiliari mentre la soluzione di Gisel al terreno in pendenza e allo spazio ristretto è stata quella di pensare a diversi livelli spaziali. Nel progetto originale, infatti, mentre il piano terra fungeva da ingresso alla casa, gli spazi abitativi, con vista sul lago di Zurigo, si trovavano ai piani superiori. Aree frontali accentuate, giardini e terrazze tagliano lo spazio, combinando l’interno con l’esterno e creando diverse aree outdoor per trascorrere il tempo e divertirsi. Insolito per il contesto è l’uso di una copertura a botte, ma questa terminazione verso l’alto non è che la logica conseguenza della composizione spaziale. Gli interni sono stati, in seguito, oggetto di completo rinnovamento da
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parte dello studio Victoria Maria Interior Design, che ha reso “immortale” la residenza tramite accorgimenti progettuali strategici, seppur mantenendone intatto il fascino originario. La sfida per la designer è stata quella di combinare il brutalismo dell’architettura con il comfort e l’eleganza contemporanei. Il soffitto in cemento a vista altamente strutturato - peculiarità ed elemento di design del progetto originale - rimane sempre visibile come le nicchie, i caminetti e le lampade progettati per la casa. Anche le rientranze e i tagli nei muri e nelle partizioni che Gisel ha scelto per la suddivisione in zone, le varie trame e i cambiamenti di materiale,
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nonché le zone con luce incidente, continuano a svolgere un ruolo chiave per l’intero contesto abitativo. Congiunzioni di pareti rotonde, finestre in posizioni insolite, sfondamenti e una galleria aperta creano prospettive in continua evoluzione. Perno della casa è poi la scala centrale che collega tutti i livelli. Lo stretto spazio aereo elimina i confini spaziali tra loro e orchestra le relazioni visive per gli occupanti. Per far fronte alle necessità odierne, i pavimenti preesistenti sono stati sostituiti con una superficie continua di stampo attuale, adatta per assicurare fluidità alla metratura e massima pulizia visiva. La cucina è stata ripensa-
ta come ambiente open space che ritrova fulgore grazie alla presenza di ottone, pietra lavica verde smaltata e marmo Emperador, mentre i bagni, interamente ristrutturati, ospitano soluzioni d’arredo di nuova generazione, giocando sui contrasti. Per le pareti, il pavimento e le superfici rialzate è stato scelto un travertino italiano chiaro, in opposizione con il soffitto originale in cemento a vista, altamente strutturato. La precisione cubica degli infissi divide l’area in zone, con i grandi specchi che dilatano lo spazio. Questa riduzione all’essenziale, proposta nei servizi, crea un’atmosfera minimalista ma senza rinuncia-
re all’inserimento di tocchi di grande impatto visivo, come la rubinetteria Dornbracht - modelli Tara e Meta - con finitura Dark Platinum spazzolato che controbilancia il candore dello schema materico scelto per le finiture. L’equilibrio di materiali di alta qualità, il mix di colori tenui e intensi, i raffinati tessuti e le carte da parati mantengono lo stile dell’edificio e il suo carattere non convenzionale, risultando allo stesso tempo determinanti per raggiungere un risultato dallo charme contemporaneo. I nuovi elementi rispettano in modo naturale il pregresso, in linea con lo spirito di Ernst Gisel.
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05 VILLA LEITZ Stoccarda ph. Philip Kottlorz
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Villa Leitz è un edificio di inizio ‘900 situato a Stoccarda, rinato grazie al progetto d’interior dello Studio Alexander Fehre su richiesta di una committenza illuminata che intendeva far “scomparire” i muri all’interno dell’abitazione e propendeva per superfici chiare e minimaliste, ma senza rinunciare all’atmosfera accogliente e calda tipica di un contesto residenziale. L’approccio progettuale adottato dall’architetto per soddisfare la richiesta non ha implicato grossi interventi strutturali bensì la realizzazione su misura di tutte le componenti d’interior, in particolare, di un elemento architettonico fortemente caratterizzante e plasmato dal legno, che definisce il primo piano posizionandosi al centro: un imponente storage a forma di L e a tutta altezza che, grazie a morbide curve, scandisce ritmicamente la metratura rappresentando al contempo una struttura di separazione, di collegamento e di stoccaggio. In questo modo le sezioni e i supporti delle pareti sembrano dissolversi, diventando completamente invisibili.
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UN VOLUME SCULTOREO IN LEGNO La costruzione funge da sostituta della parete e delimita le aree di cucina, lavoro, ingresso, pranzo e soggiorno. Mentre le nicchie integrate per le sedute e le aperture per i piccoli scaffali creano un’atmosfera familiare su un lato, una cucina dal gusto essenziale si trova sul retro del corpo della stanza. Così concepita, questa struttura dalle linee sinuose costituisce il fulcro del progetto d’interni, non solo per il suo aspetto multifunzionale: il rivestimento in doghe sottili e strette, tutte incollate singolarmente, stempera la pesantezza del volume e gli conferisce una dinamica leggerezza, rendendolo una vera e propria icona visiva della casa, dall’estetica elegante e piacevole.
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“L’abitare” è un concetto che si declina in maniera molto differente da persona a persona. Nel caso di Villa L., ad esempio - oltre all’assenza di pareti interne e di porte - non era richiesto un soggiorno classico con divano, piante e televisore. Il desiderio della committenza era quello di vivere in una casa accogliente e pratica, anche a misura di bambino. Per questo, l’interior è stato pensato in una chiave essenziale, funzionale e discreta, in cui trovano spazio pareti bianche, il rovere scandinavo oliato chiaro delle doghe del volume centrale e le tonalità del beige e del marrone, oltre ad accenti di colore più accesi. Completano l’ambiente un camino visibile da più lati e spazi di stoccaggio che diventano invisibili dietro frontali lisci. Le finestre sono state allargate, il terrazzo è stato ricostruito, il massetto è stato rimosso ed è stato installato il riscaldamento a pavimento. Ciò ha permesso di rinunciare ai radiatori a parete che avrebbero interferito con il look complessivo. Il risultato è contemporaneo e accattivante ma dal clima intimo e improntato al comfort. Con questo progetto, volevamo peraltro mostrare le potenzialità dell’interior design e di scelte materiche vincenti.” Alexander Fehre
UN PROGETTO CUSTOM BY ZITTURI Per la realizzazione e il rivestimento ligneo di questo importante volume centrale, lo Studio Alexander Fehre si è rivolto alla manifattura altoatesina Zitturi, un tempo falegnameria classica ma da una decina d’anni specializzata nella progettazione di elementi custom per interni di alta qualità, soprattutto per clienti privati. Il team di Zitturi è infatti in grado di fornire supporto nella creazione di ambienti personalizzati, curando ogni fase della progettazione, dal disegno alla produzione fino all’installazione, offrendo un servizio chiavi in mano. Zitturi lavora principalmente con il legno. Tuttavia, vengono utilizzati anche materiali come la pietra naturale, il metallo o il vetro: le idee non hanno limiti. Pertanto, non è necessario scendere a compromessi quando si tratta di libertà progettuale. L’azienda può ad esempio fornire il pavimento in legno con lo stesso design degli infissi. La progettazione è affidata a un interior designer interno, ma il produttore altoatesino collabora attivamente anche con gli architetti di riferimento dei singoli progetti architettonici per incontrare le peculiari esigenze di ciascun contesto. 29 |
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MAKEYOURHOMESTUDIO È il laboratorio di ricerca creativa nato nel 2012 dal desiderio di Roberta Borrelli di proporre un nuovo modo di vivere l’esperienza della progettazione, dal digital al cantiere, i nuovi strumenti del mestiere sono online ed emotivi. Il percorso professionale inizia con un blog in cui Roberta canalizza idee, consigli e soluzioni progettuali. Oggi lo studio lavora su diversi livelli, dalla consulenza d’interni al prodotto, dall’art direction allo styling, con una ricerca improntata all’interazione tra comunicazione, design e architettura. La filosofia è la stessa degli inizi: linee pulite e una forte influenza stilistica che arriva dal nord europa.
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Quando penso ai contesti residenziali dell’oggi e del domani, immagino case progettate al di là degli schemi tradizionali, moduli abitativi con una standardizzazione meno rigida. Ognuno dovrebbe sentirsi libero di scegliere come abitare e trovare sul mercato diverse soluzioni adatte ai rispettivi - e diversi stili di vita. È infatti evidente quanto sia cambiato il ruolo che ciascuno di noi attribuisce allo spazio domestico, le funzioni si sono amplificate, seppur a fronte di quadrature ridotte. Non possiamo più pensare che la casa sia una mera successione di forme geometriche dallo spazio minimo consentito. Proprio di questo fattore dovrebbe tener conto l’architettura d’interni contemporanea. Nella mia filosofia progettuale, questa valutazione non solo rappresenta un fondamento, ma si traduce concretamente in uno studio meticoloso delle attività e dei gesti che chi abiterà lo spazio compie abitualmente. Entro intimamente a contatto con la vita dei miei clienti per comprendere appieno come vivono la loro quotidianità e su queste basi comincio a progettare. Dalla riflessione sull’evoluzione del modo di abitare, ma soprattutto di pensare il contesto abitativo, è scaturito “Housing For Single People”, un progetto che intende ragionare sulla casa concepita come modello estetico/ antropologico. Nasce dall’idea di Massimiliano Tuveri di fo-
tografare, in un’atmosfera sospesa, 10 persone che vivono la casa da sole. Io, da architetto, sono stata chiamata ad osservare i cambiamenti che la dimensione domestica sta subendo in questi ultimi anni. L’esperienza è stata entusiasmante: abbiamo selezionato 5 profili di sesso femminile e 5 di sesso maschile. 7 su 10 vivono a Milano, tutti svolgono la libera professione, molti sono creativi. Pur vivendo da soli, 3 di loro non sono single nella vita. 6 su 10 vivono in case tipologicamente progettate per la famiglia e riadattate alla vita da single. Dall’analisi emerge che solamente 3 persone sul numero complessivo dei convolti sono felici e si sentono rappresentate dallo spazio che abitano. Tutte le case fotografate sono poi state riprogettate nel “Workshop Metafore Abitative”, in cui, attraverso lo studio dei profili e sotto la mia guida, dieci professionisti hanno ideato le rispettive case-tipo per i single di domani. Ho voluto poi approfondire il tema dell’abitare analizzando il dinamismo dei nuovi stili di vita anche tramite la realizzazione di POETICA apt, una casa manifesto in cui vita e lavoro si intersecano e in cui racconto la mia “poetica dell’abitare” in spazi studiati tanto sulle mie esigenze quanto sulle riflessioni intorno alla dimensione domestica che avevo maturato durante la pandemia. Questo appartamento non intende promuovere una visione oggettiva di come sarà la casa del
domani, costituisce piuttosto un esperimento progettuale che trasforma i miei pensieri in casa. Uno dei temi fondamentali su cui ho lavorato è lo spazio di relazione (tra l’individuo e i componenti del contesto abitativo, tra l’individuo e la città e tra l’individuo e sè stesso). È proprio per questo che i tre ambienti presenti sono sviluppati su diverse altezze, ottenendo così spazi pubblici, spazi privati e spazi segreti. Seguendo questo approccio, ho giocato peraltro sulla successione di materiali e texture differenti affinché ogni luogo potesse restituire emozioni specifiche: ecco che, ad esempio, si sale una scala avvolti da un tendaggio di velluto, per poi giungere in camera da letto e dormire sotto un cielo di wallpaper decorato. Ciò che mi auguro però, anche passata l’ondata pandemica, è che non si smetta di parlare di case e di quanto lo spazio domestico influisce sulle nostre vite. In questi mesi, rileggendo diversi testi di ricerca sviluppati da Triennale Milano, ho scoperto come oggi ci poniamo le stesse domande di cinquanta anni fa, a dimostrazione di quanto poco sia cambiato finora a riguardo. Se il dibattito sulla città è sempre aperto, quello sulla casa sembra infatti fermarsi spesso alla superficie di stili e tendenze.
Roberta Borrelli Founder MAKEYOURHOMESTUDIO 33 |
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07 MORI TINY HOUSE Paesi Bassi ph. Muk van Lil
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Un gioiello sostenibile Immersa nei boschi del Veluwe, la più grande area boschiva dei Paesi Bassi, e situata nelle dirette adiacenze del lago Zandenplas, spicca una moderna Tiny House rinominata dai suoi proprietari “Mori”, termine giapponese che indica la foresta. Concepita come casa per le vacanze di famiglia e con chiaro focus sulla sostenibilità, può ospitare fino a quattro persone, ottimizzando al meglio la piccola metratura di cui dispone. Mori è stata costruita utilizzando l’approccio Wabi-Sabi, declinato in sette principi giapponesi, tre dei quali perfettamente rappresentati dalla tiny house: durabilità, semplicità e imperfezione. I proprietari stessi hanno realizzato schizzi della facciata e della planimetria, che sono poi stati concretizzati da un’impresa edile locale. Collocandosi nel bosco, per Mori risultavano indispensabili un buon isolamento e una struttura duratura e robusta in grado di resistere alle intemperie. Per assecondare il primo aspetto, le pareti interne sono state rivestite in cartongesso; per garantire maggiore solidità, la base della casa è stata realizzata in legno massello. Nella scelta ponderata dei materiali, i costruttori hanno privilegiato quelli più durevoli, naturali e recuperabili, oltre a valutarne l’estetica e l’aspetto complessivo. Le pareti, ad esempio, sono imbiancate con una pittura a calce naturale e i pavimenti sono caratterizzati da PVC riciclabile al 100%.
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COMFORT IN POCHI METRI QUADRATI Seppur selezionando pochi arredi e prediligendo uno schema cromatico neutro in combinazione con le tonalità del legno, i proprietari sono riusciti a creare un’atmosfera elegante e intima che invita al relax, adottando qualche accorgimento strategico come l’installazione di una stufa a pellet che contribuisce a infondere calore nelle giornate più fredde. Grazie a queste puntuali scelte d’arredo e alla presenza di ampie finestre che aprono la visuale sul paesaggio circostante, la Mori Tiny House non risulta affatto angusta. Nessun elemento essenziale per il comfort abitativo è stato peraltro trascurato, estendendo anche ai servizi questo avveduto approccio d’interior. L’ambiente bagno accoglie infatti i mobili attuali e durevoli della serie Happy D.2 Plus di Duravit. Il lavabo in ceramica bianca è abbinato ad un sostegno metallico a pavimento, regolabile in altezza, in Nero opaco, dotato di portasciugamani. Il cassetto integrato in Noce spazzolato ha una pratica prolunga laterale che funge da seduta e crea ordine grazie allo spazio contenitivo che offre. A catturare lo sguardo è uno specchio rotondo con Ambient light e funzione dimmer, nonché con sistema antiappannamento. La zona doccia, collegata persino ad una doccia esterna, è stata dotata di un piatto doccia Stonetto in DuraSolid® Q, la cui superficie opaca appare autentica e simile alla pietra. L’arredamento del bagno è completato da un vaso con sedile elettronico: SensoWash® Starck f offre pulizia igienica, elevato comfort d’uso e design sostenibile.
DURAVIT AG Con sede a Hornberg (DE), Duravit AG è uno dei produttori di bagni di design leader a livello internazionale ed è presente in oltre 130 Paesi al mondo. La gamma prodotti dell’azienda, che offre l’arredamento completo per il bagno, comprende ceramica sanitaria, mobili per il bagno, piatti doccia e vasche, sistemi wellness, sedili elettronici, rubinetterie e accessori, oltre a moduli di installazione a parete, ai più alti livelli di qualità. Oltre ad avvalersi delle competenze di progettazione interne, nello sviluppo dei prodotti Duravit collabora strettamente con una rete internazionale di designer come Cecilie Manz, Philippe Starck, Christian Werner o Sebastian Herkner e Bertrand Lejoly, oltre a talentuosi nuovi arrivati. Attraverso l’interazione di design pionieristici, eccellenza senza compromessi del prodotto, un acuto senso dei bisogni umani e un’imprenditorialità responsabile, Duravit lavora ambiziosamente per migliorare ogni giorno la vita dei suoi clienti. Una misura decisiva in questo caso è la missione prioritaria di diventare neutrali dal punto di vista climatico entro il 2045, senza eccezioni. | 40
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08 TV House Belgio ph. Tim Van De Velde
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Geometrie distintive, ampie vetrate, e un approccio intelligente nella scelta e abbinamento di materiali caratterizzano una residenza indipendente situata a Bruxelles, in Belgio, e progettata dallo studio Bruno Vanbesien Architects. L’architettura della cosiddetta TV House si sviluppa intorno a uno spazio verde, intimo e raccolto. Sin dal concept iniziale della casa – che deve il suo nome alla combinazione delle iniziali dei proprietari – il giardino interno ha rappresentato il fulcro centrale dell’abitazione. Il risultato finale è una struttura unica che, grazie all’attento studio sulla suddivisione degli spazi e dell’ideazione della facciata, simula l’aspetto di un complesso con elementi distinti e separati. LA FACCIATA Il design della facciata esterna, con rivestimento in legno, è sicuramente uno degli aspetti più interessanti del progetto. Se la larghezza delle doghe è la stessa per l’intera struttura, il loro spessore varia per creare un effetto chiaro-scuro in base al punto di osservazione. Il risultato è una facciata che sembra modificarsi nelle tonalità: la luce nelle diverse fasi del giorno, così come le differenti prospettive, “trasformano” la facciata con sfumature ora grigie, ora brunite. L’approccio cambia, invece, nella realizzazione della facciata interna che circonda il patio. Qui, infatti, i pannelli in legno hanno tutti stessa larghezza e spessore in modo da produrre un’atmosfera più raccolta. Le grandi vetrate non solo alleggeriscono l’architettura, ma permettono alla luce naturale di investire in abbondanza gli spazi, creando, inoltre, connessioni tra il verde che circonda la residenza e il giardino interno. GLI INTERNI CON MATERIALI “HIGH-PERFORMANCE” Il design attento dell’interior, non fa leva solamente sull’estetica ma anche sulla massima funzionalità e sull’alta qualità dei materiali adottati. La cucina si inserisce in modo discreto nello spazio condiviso con la zona living. A “separare” visivamente i due ambienti, una grande isola che si sviluppa a tuttalunghezza. Per la realizzazione del piano di lavoro è stato impiegato il Solid Surface HIMACS, dalle proprietà igieniche, resistente a urti e graffi, e dalla superfi| 44
come appoggio per teli e asciugamani pronti per l’uso. HIMACS nella finitura Babylon Beige S102 torna anche nel piano del mobile bagno a tutta lunghezza con doppi lavabi integrati – anch’essi in HIMACS – e pensili inferiori in rovere. La vasca di entrambi i lavabi si caratterizza per un particolare ripiano interno che serve da ulteriore piano da appoggio per saponi e accessori. Il Solid Surface torna protagonista anche nel bagno indipendente, dando forma al piano d’appoggio. La tonalità scelta questa volta è il nero intenso della finitura Black S022, che ben si abbina al verde acquamarina della parete divisoria in vetro traslucido acidato, oltre la quale si trovano zona doccia e sanitari.
cie continua, nella quale si inserisce un ampio lavabo integrato nel top. La finitura scelta è la classica tonalità Alpine White S028 che, con il suo bianco brillante, crea contrasto con il pavimento in cemento grigio scuro. La scelta di puntare sul piano come elemento di grande impatto visivo è dettata dalla volontà di mostrare l’essenziale e valorizzare la bellezza del top. La componente funzionale della cucina – con zona cottura a induzione e cappa integrata nel pensile – è stata infatti volutamente quasi “nascosta”, rivelandosi solo all’apertura delle ante di larghezze diverse. Grande importanza allo schema materico è at-
tribuita anche nella zona notte con servizi. La camera da letto padronale accoglie una sala da bagno – separata da un divisorio a battente – in cui il calore del rovere si abbina alla morbidezza della pietra acrilica. L’ampia vasca si integra all’interno di una particolare struttura composta da un rivestimento esterno in legno e uno spazioso piano d’appoggio realizzato nel Solid Surface di ultima generazione nella tonalità Babylon Beige S102. Nel top in HIMACS, che circonda la vasca a incasso, è stata ricavata una piccola nicchia portaoggetti. Il restante spazio del piano è molto ampio; questo, infatti, può essere usato 45 |
VISTA MARE Cannes - Côte d’Azur
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ph. Alexandre Scarciglia A Cannes, in Costa Azzurra, a ridosso di un’area naturale protetta con una splendida vista sul mare, lo studio francese Phira, diretto dall’architetto Philippe Bonino, progetta una villa unifamiliare dalla forte connotazione contemporanea. L’obiettivo stilistico verteva sull’omogeneità degli spazi, con la scelta del grigio come colore dominante: una tonalità calda, declinata in sfumature che arrivano fino al bianco, sia nella selezione dei materiali che nei cromatismi interni.
ALL-OVER GRES L’utilizzo del grès effetto pietra a pavimento della collezione “Mystone Ardesia” di Marazzi, nella gradazione Cenere (formato 75x150 cm), sia per gli interni che per gli esterni, ha permesso agli architetti di disegnare gli ambienti e interpretare gli spazi con molta libertà, oltrepassando suddivisioni tra in e outdoor. Mystone Ardesia è stata utilizzata anche in buona parte per i rivestimenti, in abbinamento a un’altra collezione Marazzi dal gusto sofisticato ma deciso: Grande Marble Look, selezionata nell’essenza Brera Grey, finitura Matt (formato 120x240 cm).
“Brera Grey - racconta Philippe Bonino - è stato scelto come rivestimento perché risulta in perfetta sintonia con il pavimento, ma anche per la vivacità grintosa della sua grafica che anima la facciata e fa da contraltare alla maestosità dell’ambiente vicino e lontano”. E proprio la facciata ha avuto un ruolo centrale: “L’impiego delle lastre in grès come rivestimento nasce soprattutto dalla volontà di utilizzarlo come materiale scultoreo, più che ornamentale” conclude l’architetto. Il risultato è un’architettura essenziale, minimalista e funzionale, perfettamente integrata nella cornice paesaggistica. 49 |
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MARAZZI Presente in più di 140 Paesi, è universalmente riconosciuto come sinonimo di ceramica di qualità per pavimenti e rivestimenti e simbolo del miglior made in Italy nel settore dell’arredamento e del design. Marazzi è stata fondata nel 1935 a Sassuolo, in un’area che sarebbe diventata il polo all’avanguardia a livello internazionale nella creazione di piastrelle di ceramica di pregio e cresciuto nei decenni insieme all’azienda. Si devono infatti a Marazzi le principali innovazioni tecnologiche, di processo e di design nel settore delle piastrelle - alcune delle quali rappresentano importanti tasselli della storia della ceramica moderna - che hanno reso l’azienda e il distretto un punto di riferimento per l’intero mondo della ceramica. Con un’offerta unica di prodotti e servizi che spaziano dalle grandi lastre in gres di ultima generazione ai piccoli formati della tradizione, dalle facciate ventilate ai pavimenti sospesi, Marazzi rappresenta un punto di riferimento nel settore della ceramica per progettisti, architetti, imprese edili, distributori, rivenditori e clienti finali. Negli ultimi anni, Marazzi ha implementato un importante piano di investimenti volti al miglioramento di prodotti e processi, allo sviluppo di nuove tecnologie Premium e all’apertura di flagship showroom a Milano, Londra, Parigi, Lione, Atene e Madrid.
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10 TORRE SOLARIA Milano ph. Andrea Martiradonna
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Nel quartiere Centro Direzionale di Milano, ai piani alti della Torre Solaria, l’edificio residenziale più alto d’Italia, lo Studio Marco Piva ha curato il progetto d’interni di un appartamento per un importante cliente straniero alla ricerca di un’opportunità immobiliare prestigiosa per i suoi periodi di permanenza nella città. Il contesto abitativo realizzato si presenta fortemente materico ma pulito ed elegante, con un effetto “on touch” dettato dalle texture, dai dettagli e dal ritmo in cui i materiali impiegati per le finiture si susseguono. Venature leggere, colori tenui e contrasti ricercati si fondono con gli arredi selezionati, tutti italiani, delle aziende più rinomate, con elementi disegnati custom a rendere unico l’ambiente, e con opere d’arte di proprietà del cliente, integrate nel racconto progettuale. Il layout originale è stato modificato per rispondere alle esigenze del committente, sia estetiche che d’utilizzo, demolendo ove possibile i muri e creando grandi vetrate che permettessero un aspetto più luminoso e fluido dell’ambiente. Ne è risultato uno spazio dinamico in connessione con l’esterno, con funzionalità dedicate ad un uomo d’affari contemporaneo. Due delle camere preesistenti sono state convertite, rispettivamente, in Studio e Gym, mentre la terza è rimasta ad uso del personale di servizio. Gli ambienti dedicati al lavoro, allo svago e al relax, come il bagno giapponese specificatamente richiesto, sono concepiti per fondere tra-
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dizione e modernità, coniugando le necessità di un businessman alla sua sfera più intima: una casa dedicata, con un’identità precisa, nella quale riconoscersi ad ogni soggiorno milanese. APPROCCIO MATERICO Di spicco è il connubio tra materiali naturali e artificiali che dialogano per dar vita ad un luogo votato al lusso delicato e minimalista, con piacevoli effetti tattili e visivi. Tra le richieste del proprietario: ottenere ambienti che potessero donargli sensazioni sia al passo, sia attraverso le superfici verticali. A pavimento, Studio Marco Piva ha dunque optato per il rovere nel soggiorno, in cucina, nella camera e nella palestra, Travertino e Pietra d’Orcia nei bagni, legno composito in terrazza e moquette nello studio. Come rivestimenti, la scelta è ricaduta su pareti in tessuto, ma anche pietre con finiture sabbiate, nabuk, marmi, pelli, laccati, vetri e metalli, con diverse texturizzazioni atte a esaltare i singoli materiali. Sul fronte cromatico, la decisione di mantenere il colore bianco per la maggior parte delle pareti vicino alle grandi vetrate è stata dettata dalla volontà di evidenziare il cambio della luce durante le ore del giorno, come se le sezioni murali fossero un tramite per trasportare all’interno dell’abitazione quello che succede all’esterno. | 56
Per arredi e imbottiti si sono privilegiati tessuti e texture tramati che rimandassero al valore dell’artigianalità. Un gioco di accostamenti tra lucidi e opachi, tra trasparenze e riflessi, tra materiali caldi e freddi che creano percezioni contrastanti e inedite.
Fornitori Agape, Alpi, antoniolupi, Artemide, Axolight, B&B Italia, Caleido, Casamilano, Cassina, Catellani & Smith, Cfg Tessuti, Davide Groppi, Erba, Ex.T, Flos, Geberit, Glas Italia, Gubi, Inalco, Laufen, Living Divani, Lualdi, Marmoarredo, Mdf, Miele, Minotti, Natuzzi, Nexo Luce, Peloton, Penta, Poliform, Porada,Ppg, Ravaioli Legnami, Tacchini, Tubes, Vesta, Vibia,Vimar, Vivaio Dordoni
“L’indagine sui materiali è il tema centrale della progettazione: una tattilità richiesta che si è tradotta in un gioco di abbinamenti materici che conferiscono all’ambiente un’esclusiva personalità, funzionale ma anche estetica ed emozionale.” Marco Piva 57 |
ph. Wison Tungthunya & W Workspace
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Immaginiamo un ragazzo che gioca con i suoi amici nel quartiere: corrono in casa, entrano ed escono, si divertono. Immaginiamo gli adulti appoggiati alla recinzione, che chiacchierano e guardano i loro bambini correre e giocare. Questi bei ricordi tornano, “riflettendo” l’esperienza vissuta nell’infanzia dal padrone di casa e il suo rapporto con la madre. Dopo decenni di lontananza, crescita, studio, lavoro, vita all’estero da solo, il proprietario voleva tornare nel luogo dove è cresciuto, rendendolo diverso, più comodo da vivere per l’anziana madre e per sé stesso. Una casa che si adatta a due persone e convive in armonia con le loro età ed esigenze. È questo il concept alla base della cosiddetta “Reflection House” situata a Bangkok, completamente ricostruita sul terreno originale di quella precedente e progettata da AUN Design Studio. Sebbene il luogo sia strettamente circondato da abitazioni adiacenti, il progetto riflette intenzionalmente i ricordi che entrambi avevano vissuto nel corso degli anni nel quartiere, con connessioni sia all’interno che all’esterno della casa. Il progettista ha deciso di separare l’ingresso in due parti, a causa delle diverse attività e stili di vita dei proprietari, e ha scelto di posizionare il fulcro domestico, con area giorno, al centro del complesso residenziale per creare uno spazio aperto e luminoso. Il giardino che abbraccia la villa su entrambi i lati inonda infatti di luce naturale gli interni. La metratura è sviluppata separando due vite in due livelli: il piano terra funge principalmente da abitazione della madre, comprendente un’area comune, una cucina e una sala da pranzo. Il piano superiore è concepito come uno spazio privato per il figlio. Il secondo piano funge da casa-rifugio del proprietario. Lo spazio privato è stato concepito per facilitare la socializzazione. Il soggiorno è adiacente al bar, con un piccolo balcone che gli dona maggiore profondità. Il bagno per gli ospiti completo di doccia è nascosto dietro il bar, per offrire privacy. La camera da letto si trova sul lato opposto della stanza da lavoro, posizionata per offrire una grande varietà di viste esterne, ed è completa di stanza guardaroba e bagno. Sopra, un’area relax per lo yoga o la meditazione completa questo piano. L’interior design è fatto da pochi mobili. Questo non solo per la flessibilità d’uso, ma anche per l’esigenza del proprietario di controllare il budget di costruzione. Il progettista assicura la continuità dell’architettura e degli interni esponendo le superfici, | 60
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le pareti e i soffitti, con malta nuda e dipingendo le pareti di bianco solo per la fascia di altezza utilizzata dal proprietario di casa. In questo modo gli occhi si sentono a proprio agio. Si possono appendere decorazioni della vita quotidiana, utilizzando la collezione del proprietario di casa: quadri, sedie, lampade, ganci, orologi e altre opere d’arte, ecc. Questi oggetti possono essere regolati e spostati, aumentando o diminuendo di numero in qualsiasi momento. Il design complessivo della casa è votato al più puro minimalismo. AUN Design Studio ha scelto di mantenere la nuda superficie in cemento dell’edificio senza dipingerlo, e ha optato per un colore grigio scuro per i telai delle porte. “Il materiale principale all’interno e all’esterno della Reflection House è il cemento a vista. – raccontano gli architetti - In futuro, i proprietari potranno dipingere ulteriori pareti o pavimenti della casa usando i loro colori preferiti, per far cambiare aspetto e atmosfera alla residenza. Per il pavimento abbiamo utilizzato cemento levigato nel 90% dell’area abitativa, cemento levigato con macchia acida nel bagno nascosto, e mosaico nel bagno principale.” Per completare la peculiare forma della casa, sono stati poi ridefiniti il tetto del posto auto coperto e la recinzione nella parte anteriore, così da creare un continuum che armonizza - ma senza alienarlo - l’ambiente circostante. Inoltre, i listelli in acciaio scelti per la recinzione esterna, contribuiscono a rendere l’ambiente aperto e appaiono in piacevole contrasto con il corpo solido della casa. L’acciaio ricorre anche all’interno della casa connotando la scala che unisce in due livelli, posizionata al centro, come un elemento monumentale. Ispirata agli “origami” - l’arte giapponese di trasformare un foglio di carta quadrato piatto in una scultura finita attraverso tecniche di piegatura - risponde alla passione del proprietario per le opere artistiche. La scala è modellata da sottili lamiere forate in acciaio, che la rendono semitrasparente, con ogni sottile foglio di acciaio piegato geometricamente per rafforzarne la resistenza. La scala diventa così auto-strutturata, senza bisogno di alcun supporto aggiuntivo. Tutte le lamiere di acciaio forato sono sospese dal secondo piano, e fluttuano sopra i primi tre gradini di cemento, anch’essi rivestiti in acciaio forato, per evitare scivolamenti. 63 |
12 MOBILE LIVING Stößensee ph. Johanna Link
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UNA CASA ITINERANTE SULL’ACQUA L’urgenza di possedere un rifugio autosufficiente, peraltro in grado di spostarsi in autonomia, per sopperire alle contingenze poste dal periodo post-pandemico, sembra essere cresciuta esponenzialmente e trasversalmente. Una tendenza che trova dimostrazione nell’aumento delle vendite di roulotte e veicoli con rimorchio ad uso abitativo, utili per fornire una risposta immediata, benchè parziale, a questa fiorente esigenza. Le forme itineranti di architettura vantano una lunga storia, che sopravvive, seppur evolvendosi, a culture e tempi diversi. Spostarsi da un luogo all’altro alla ricerca di sostentamento è tradizione di lunga data, perpetrata originariamente per necessità e, più recentemente, per volontà. Come già affermava nel 1964 Ron Herron del gruppo Archigram con The Walking City, “una delle grandi attrattive della vita urbana è l’idea di poter accedere facilmente a tutti i servizi e beni di cui si ha bisogno. Ma cosa succederebbe se fossero i servizi stessi a venire da noi?”. Sul fronte abitativo, al giorno d’oggi l’agenda architettonica affronta la mobilità e la domesticità come argomenti sempre più correlati e parte del dibattito progettuale, sfidando i concetti collettivamente assodati di pubblico-privato e temporaneo-permanente. La casa, un tempo legata alla solitudine, all’appartenenza e alla proprietà immobiliare, si riscopre ora luogo di condivisione e cambiamento, provvisorietà e talvolta trasferibilità. Perché allora non riprogettare un motoscafo completamente a energia solare, dotandolo di caratteristiche performanti a immagine e somiglianza di una confortevole “tiny house” d’alta gamma capace di muoversi? A porsi questa domanda è stata Marianne Friese, ora proprietaria di una “Tesla sull’acqua” rinominata Fàng Sōng 放松”, in cinese “Relax”. Per Marianne, il desiderio di trascorrere del tempo in mare è nato dopo aver trascorso oltre 20 anni in città senza costa né altri specchi d’acqua significativi, da Pechino a Berlino, culminato così nell’acquisto di una struttura che potesse divenire una vera e propria casa galleggiante e viaggiante, per raggiungere mete urbane come Parigi, soggiornare sulle rive della Senna e proseguire verso il sud della Francia. 67 |
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La somiglianza esterna con un autobus e il potenziale degli interni, sviluppati su uno spazio sufficiente per accogliere due persone ed eventuali ospiti, ha infatti rapidamente suscitato l’interesse della proprietaria che ha valutato questa soluzione abitativa come rifugio personale per rigenerarsi e trascorrere vacanze in compagnia. RIDEFINIRE IL CONCETTO DI “CASA” Mentre la maggior parte delle persone nelle regioni industrializzate vive ancora in aree fortemente urbanizzate, in questo progetto è proprio il fascino dell’acqua a consentire l’esplorazione di nuove possibilità, tra cui l’adattamento a diverse condizioni di vita, che erode le norme presunte e convenzionali dell’abitare odierno. Il progetto di valorizzazione e riadattamento degli interni della barca ha visto il coinvolgimento della practice architettonica Crossboundaries, con sede a Beijing e Francoforte. Una sfida progettuale interessante per testare la flessibilità nelle micro-abitazioni, in cui ogni stanza assume molteplici ruoli programmatici. Il concept promosso verte dunque sull’ottimizzazione delle aree interconnesse presenti nella strutturam, che si trasformano per ottenere scenari diversi, evitando che l’utente debba spostarsi da una stanza all’altra in senso tradizionale. La barca si riscopre dunque metafora di espressione creativa ed efficienza, grazie al suo layout altamente personalizzabile, razionalizzato ed estremamente pratico. Dal punto di vista stilistico, spicca una forte preferenza cromatica per colori ricorrenti nell’epoca imperiale cinese, quali il rosso e il giallo, spesso impiegati per marcare sistemi d’arredo intelligenti atti a massimizzare la funzionalità degli interni, fattore indispensabile in una tiny house. Il filo conduttore cromatico lega inoltre interni ed esterni della barca, rafforzando la coerenza visiva del suo design complessivo. TRASFORMABILITÀ E ADATTAMENTO Centrale per il progetto è il tema della trasformabilità. Nella zona notte, un ampio letto scompare completamente quando non viene utilizzato, lasciando il posto ad un confortevole divano, mentre un letto completamente | 68
nascosto con funzione di chiusura della postazione di comando cela l’attrezzatura più tecnica della barca per garantire un senso estetico più domestico e intimo. Nella zona giorno, una scrivania pieghevole è custodita in un armadio; nella cucina si trova un altro tavolo completamente rimovibile con molteplici opzioni per il fissaggio e l’utilizzo. TECNICA E SOSTENIBILITÀ Con lunghezza totale di circa 15m e larghezza massima di poco più di 4m, la barca punta su soluzioni innovative ed efficienti su tutti i fronti, dall’energia solare alla fonte di riscaldamento, fino all’acqua e alla gestione dei rifiuti. La tecnologia avanzata e le caratteristiche elettroniche rendono la barca anche “intelligente e autoalimentata”. Il cosiddetto modello “Solar houseboat SYC 1415” diviene così un prototipo a prova di futuro, per vivere sull’acqua senza trascurare alcun comfort. Per ottimizzare ulteriormente il prototipo, sono state aggiunte diverse caratteristiche con l’obiettivo di migliorarne l’efficienza, la sostenibilità e l’efficacia in termini di costi. “La barca non è solamente concepita per essere una nuova casa per Marianne - racconta Binke Lenhardt, co-founder e partner di Crossboundaries - bensì per inserirsi a tutti gli effetti nel contesto come un’unità della città, contenente una serie completa di risorse urbane” Da marzo a novembre e nei giorni di sole invernali, la casa galleggiante è completamente autosufficiente grazie ai pannelli solari che coprono l’intero tetto e ad un pannello aggiuntivo su ciascun lato. Questa dotazione permette all’imbarcazione di percorrere circa 50 km al giorno ad una velocità media di 7 km/h nelle giornate soleggiate. È inoltre dotata di una grande batteria di accumulo per fornire l’energia necessaria ai motori, agli elettrodomestici e per le esigenze tecniche della struttura. Durante i mesi invernali l’alimentazione è invece integrata da linee elettriche fisse. Per soddisfare la richiesta di riscaldamento è stata installata una stufa a pellet - i pellet vengono immagazzinati nella sentina, spazio di stoccaggio sotto il pavimento. Questi pellet di legno rappresentano una fonte di energia rinnovabile paragonabile, per funzionamento e manutenzione, a quella dei sistemi di riscalda69 |
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mento a gasolio e gas. Inoltre, la stufa risulta controllabile a distanza da un’app, andando quindi ad integrare le funzionalità della smart home come strumento di progettazione e parte della vita domestica. Sono previste per il futuro ulteriori migliorie per incrementare il carattere ecologico della barca, tra cui un sistema di purificazione e filtraggio dell’acqua (del fiume o del lago in cui si trova la barca) per ridurre la dipendenza di approvvigionamento di acqua dolce da terra.
“I corsi d’acqua sono un terreno fertile per la progettazione contemporanea in ottica green. Esempi di strutture ecologiche e inserite nella natura, come questa casa galleggiante, possono significativamente rimodellare le città, ma anche spronare utenti e progettisti a vagliare soluzioni sempre più all’avanguardia ed essere sempre più sensibili alle questioni ambientali” Hao Dong Co-Fondatore e Partner Crossboundaries | 70
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‘70 RE LOAD ING
Montecampione
ph. Simone Furiosi
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Un appartamento di montagna degli anni ’70 situato a Montecampione, mai ristrutturato e con un affaccio a monte e uno a valle, viene interamente trasformato dal sapiente progetto curato da Offstage, studio di architettura milanese e general contractor, fondato da Alessandro Colmanni e Cristian Minerva. A distanza di qualche anno da un fortunato intervento presso la stessa località della Val Camonica, il team viene infatti chiamato a sciogliere i nodi compositivi che poneva la distribuzione originaria di questa unità sviluppata su due livelli, acquistata come casa vacanza da vivere tutto l’anno. L’approccio del tempo determinava confusi rapporti gerarchici tra le aree. Obiettivo principale per Offstage è stato dunque quello di fornire agli ambienti una definizione chiara e ordinata. Tema centrale: ampliare una zona giorno molto compressa perché nata come spazio di risulta tra l’ingresso e il camino posto ad esso frontalmente, schiacciato sul lato interno per il posizionamento della scala interna. La scelta di spostare la scala, collocandola in aderenza al blocco cucina, ha determinato un nuovo accesso alla zona notte e permesso così la dilatazione dell’area giorno. Questo unico gesto progettuale ha consentito di risolvere ogni tema distributivo, riequilibrando gli ambienti, definendone di nuovi e offrendo una maggiore godibilità dell’appartamento. A questo intervento di natura compositiva Offstage ha poi applicato il proprio linguaggio formale fatto di contrappunti, dissonanze e rimandi al contesto montano, per un rinnovamento stilistico. | 74
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INTERIOR E MATERIALI Il parquet di castagno del piano inferiore dialoga con la moquette rasa di quello superiore, raccordato dalla scala realizzata in legno di ontano e in laccato verde bosco. Le pareti sono trattate in diverso modo in ragione della preesistente strollatura: dove soggette al passaggio degli impianti sono state disegnate delle campiture trattate a calce, di tono diverso. L’arredo, tutto a disegno, è stato realizzato in legno di ontano recuperato, di non facile reperimento, e in mdf laccato. Il divano è disegnato al centimetro per abbracciare l’area del focolare e realizzato con scocca in castagno.
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Gli accessi alle due zone notte, padronale al piano inferiore e dei figli al piano superiore, sono pensati come diaframmi tessili, a misura, color senape. I pochi arredi di commercio evocano gli ambienti caldi e accoglienti delle regioni scandinave, previlegiando il rovere naturale del tavolo e il faggio tinto nero a poro aperto delle sedie.
“Il progetto è stato pensato in loco, con lo sguardo rivolto a valle e ai monti sui quali si affaccia l’appartamento. Il verde dei boschi, il legno degli alberi e l’azzurro del cielo sono diventati guida alla scelta delle finiture. Per questo abbiamo adottato l’ontano prima patina per l’arredo strutturale, il laccato verde bosco (tendente da certe prospettive al blu) per il blocco scala che fa da fulcro all’intero intervento e il castagno per i pavimenti. Abbiamo cercato di rendere le pareti vibranti, in dialogo con gli altri elementi della casa ma, anche, riportando al concetto di materia viva, grezza.
Da qui la scelta della calce, da stendere fresco su fresco. Materiali e finiture tanto diverse hanno obbligato a trovare una loro sintesi non sempre immediata e la loro delicatezza ha comportato una particolare attenzione alla realizzazione delle opere per un’abitazione da vivere come riflesso della natura circostante. L’ontano è di recupero e le sue fibre in alcuni punti erano particolarmente fragili. Anche la stesura della calce ha implicato un’accortezza diversa da una normale rasatura.” Alessandro Colmanni, Cristian Minerva Offstage
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14 SCRIGNO ABITATO ph. Marcello Mariana
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“L’obiettivo era quello di realizzare una quinta divisoria dello spazio in cui la funzione estetica e di decoro si fondesse con quella prettamente funzionale – strutturale. L’approccio al progetto partendo da una suddivisione spaziale predefinita è stato quello di utilizzare pochi materiali con toni cromatici neutri che servissero da fondale dello spazio per poi innestare come perno della casa lo scrigno abitato in legno e vetro. Tale fulcro centrale dello spazio ha assunto un importante carico visivo grazie alla matericità del legno di castagno che impiegato secondo una chiara scansione degli elementi verticali lo ha reso leggero e allo stesso tempo primario rispetto agli altri materiali impiegati. Trattandosi di un’opera completamente artigianale, la quinta in legno e vetro è stata realizzata a completamento di tutti i lavori di finitura, pertanto la sfida è stata quella di progettare i dettagli architettonici precisi coordinando tutte le maestranze in cantiere al fine di realizzare le opere propedeutiche ad accogliere la quinta lignea.” Francesco Manzoni, Paolo Manzoni a25 architetti
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Una quinta in legno e vetro a Barzanò Un’abitazione degli anni 2000 situata in Alta Brianza, caratterizzata da una divisione interna molto rigida e non più in grado di soddisfare le esigenze della giovane coppia di proprietari, si riscopre completamente rinnovata grazie al progetto d’interior elaborato dallo studio a25 architetti, incentrato sulla creazione di uno “scrigno abitato”: una quinta in legno e vetro, un dispositivo prezioso che custodisce e svela le stanze della casa. Il carico visivo e lo schema materico di cui è composto rendono l’oggetto leggero, un elemento architettonico che organizza lo spazio. La quinta è realizzata in legno massello di castagno con elementi verticali combinati al vetro satinato. Lo scrigno si innesta al centro della casa e nessun altro complemento viene collocato all’interno dello spazio perché è lo stesso elemento architettonico che funge da protagonista e da arredo. All’interno si trovano un piccolo bagno di servizio, le scale che portano al piano primo, le scale che portano al piano interrato e una porta scorrevole che dall’ingresso conduce alla zona notte. Lo scrigno rappresenta anche un elemento scenografico per la casa, trasformandosi di sera in una grande lanterna che diffonde una luce calda al centro valorizzando la materia e i volumi. 81 |
O U T D O O R
SAVANNAH YACHT Mosaico sull’acqua
OUTDOOR
Savannah è un super-yacht costruito nel 2015 presso il cantiere olandese Feadship di Aalsmeer. Lo yacht combina un unico motore diesel, tre gruppi elettrogeni, batterie, elica e una pionieristica piattaforma di propulsione elettromeccanica azimutale. È stato progettato da De Voogt Naval Architects in collaborazione con CG Design. La lunghezza dello yacht è di 83,5 m e la larghezza è di 12,5 m. Il pescaggio di Savannah è di 3,95 m. Lo scafo è in acciaio, mentre la sovrastruttura è in alluminio con ponti rivestiti in teak. | 86
Savannah offre alloggio per un massimo di 12 ospiti in 6 suite che comprendono una master suite, una cabina VIP, due cabine doppie e due cabine che possono funzionare come doppie o matrimoniali. Ci sono fino a ventiquattro membri dell’equipaggio a bordo. IL MOSAICO SICIS La piscina esterna è stata realizzata da SICIS in mosaico di vetro con tecnica “Pixel” su disegno personalizzato, creato appositamente per il committente. Ha una lunghezza di oltre 10 metri e una larghezza di 2,7 mt. Il decoro astratto è stato eseguito con tessere 10x10 mm sulle tonalità predominanti dell’azzurro e verde acqua.
Il mosaico caratterizza anche l’ambiente bagno, in cui è stata scelta una tinta unita in tonalità petrolio con tessere iridescenti. Grazie all’altissima qualità dei propri mosaici e alla tecnica di posa che consente una tenuta elevata nel tempo, SICIS è in grado di fornire soluzioni che si adattano perfettamente all’ambito marittimo, capaci di trasmettere un fascino e una ricercatezza unici, in linea con l’aspetto luxury di questa peculiare tipologia di imbarcazioni.
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02 VILLA AM Jeddah ph. Marina Denisova, Guillem Cruells, MESURA
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Da sempre i materiali, i cortili e le aperture giocano un ruolo fondamentale nell’architettura di Jeddah per creare ambienti residenziali freschi e confortevoli. Ne è un esempio Villa AM, plasmata da agenti atmosferici come luce e vento, ma anche dalla pietra Giallo Dorato by Grassi Pietre, una roccia sedimentaria che contribuisce alla poesia dei colori e delle texture di tutti gli spazi, rivestendo in total look, dal dentro al fuori, pavimenti, pareti e scale. L’architettura dell’abitazione è stata ideata assecondando le condizioni climatiche, per consentire di vivere appieno questi momenti: la casa è un gioco continuo di pareti rivestite in pietra che creano zone d’ombra “nel punto giusto al momento giusto”. Le finestre sono rivolte in tutte e quattro le direzioni, consentendo agli interni di ricevere la luce naturale durante il giorno, mentre i passaggi esterni sono delineati da alte | 90
murature che creano percorsi in ombra, assicurando il comfort nella fruizione degli spazi anche con il caldo. La forma, i cortili e i passaggi interni della casa sono costruiti per catturare la brezza del vento di nord-est e per garantire la naturale circolazione dell’aria in tutto l’edificio. Nel corso della giornata, Jeddah regala svariate tavolozze cromatiche, culminando nei colori dell’alba e del tramonto.
“Il materiale è stato scelto, innanzitutto, perché evocativo del contesto in cui è costruita la casa. Si fonde perfettamente con la tavolozza dei colori di Jeddah ma, soprattutto, è ottimo per affrontare le tempeste di sabbia della zona, che spesso lasciano le facciate degli edifici ricoperte di polvere. Inoltre, l’elemento più poetico riguardo alla pietra stessa sono le texture molto interessanti che si ottengono quando viene a contatto con la luce, conferendo alla casa una matericità molto affascinante.” Laura Beneyt Art Director MESURA
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03 CAHN POOL
Beverly Hills
OUTDOOR
Pool improving
Il Sud della California, con la sua suggestiva e iconica costa affacciata sul Pacifico, è cornice di numerosi contesti abitativi di alta gamma: residenze progettate al dettaglio, che uniscono un’estetica luxury e tecnologie ad elevate performance per garantire ai propri fruitori un alto tasso di comfort e benessere, tanto indoor quanto outdoor. Proprio gli esterni, infatti, rappresentano sempre più spesso il vero valore aggiunto per le residenze all’avanguardia di nuova generazione. Ne è un esempio l’ampio parco che abbraccia una villa privata con vista panoramica sulle colline di Beverly Hills. Protagonista indiscussa di questa location d’eccezione è una piscina con bordo a sfioro in mosaico vetroso, sospesa sulla terrazza posteriore, realizzata con grande tecnica e precisione dal team di Rock Solid Tile, Inc. che ha scelto prodotti LATICRETE® per ottenere un risultato impeccabile. Grazie all’eccellente qualità, alla velocità di applicazione e all’effetto finale dei materiali forniti dalla multinazionale americana, la squadra di installatori altamente qualificati ha raggiunto gli obiettivi prefissati, dimostrando la massima competenza nel delicato compito di realizzare rivestimenti in piastrelle vetrose per piscine di grandi dimensioni. SFIDE TECNICHE E MATERIALI INNOVATIVI La ristrutturazione completa della cosiddetta “Cahn swimmingpool” di Beverly Hills ha comportato il superamento di numerose prove prima di
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arrivare alla completa soddisfazione dei desideri della proprietaria. Innanzitutto, è stato rilevato come la piscina esistente fosse stata mal realizzata in occasione di un precedente intervento, creando così gravi problemi di infiltrazioni d’acqua connessi al sistema di sfioro perimetrale. Questo rilevante problema non ha fatto altro che complicare la necessaria modifica di uno schema progettuale che semplicemente non si integrava con l’architettura della residenza. Il progetto precedente presentava gradini circolari e insenature a raggiera che non si integravano con la geometria rettangolare e ad angoli retti dell’edificio. Il disegno dei gradini è stato modificato in modo da ricordare dei cubi sovrapposti e il motivo ripetuto con piastrelle rettangolari per il contorno della piscina e tessere di vetro a mosaico, stile brick, al fine di creare un insieme armonioso. Una volta smantellata la terrazza posteriore, ormai pronta per assumere il suo nuovo aspetto, Rock Solid Tile ha utilizzato una serie di prodotti innovativi di LATICRETE per installare 278m2di gres porcellanato per l’area circostante la piscina e altri 176m2 di mosaico di vetro per l’interno della piscina e per le quattro colonne di supporto rettangolari. Tra i materiali impiegati che hanno maggiormente contribuito alla buona riuscita del progetto si conta LATICRETE® HYDRO BAN® ideale per l’impermeabilizzazione e la protezione antifrattura delle superfici. Si tratta del primo prodotto del suo genere che non richiede l’uso di tessuto di rinforzo in campo, negli spigoli o negli angoli, garantendo così un notevole risparmio di
tempo e di manodopera ai posatori di piastrelle e materiale lapideo. Questa caratteristica ha rappresentato di per sé un’incredibile innovazione nel settore, ma inoltre LATICRETE HYDRO BAN® aderisce direttamente ai raccordi idraulici in PVC e metallo, eliminando così la lunga operazione necessaria per far aderire le membrane impermeabilizzanti tradizionali a ogni scarico e ingresso di tubi facenti parte del progetto. Inoltre, può essere sottoposto a prova di tenuta dopo sole due ore a 70°F (20°C) e oltre, un tempo incredibilmente rapido che può davvero accorciare di intere giornate la tempistica del progetto nel suo complesso. Grazie alle caratteristiche elencate, LATICRETE HYDRO BAN® consente agli appaltatori di presentare offerte molto più competitive per progetti edilizi, piscine rivestite in mosaico vetroso, o altro. Il prodotto risulta ottimale per ogni installazione di piastrelle e materiale lapideo che richieda l’impiego di membrane impermeabilizzanti. LAVORAZIONE E PRODOTTI UTILIZZATI Il team di Rock Solid Tile ha effettuato un lavaggio a pressione del guscio per rimuovere ogni eventuale detrito. Prima di passare alla fase successiva, è stato inoltre impermeabilizzato ogni scarico e ingresso di tubi con LATAPOXY® WATERPROOF FLASHING MORTAR, la malta epossidica a tre componenti lavorabile come una malta cementizia, per garantire una perfetta tenuta idraulica in questi punti critici. Successivamente,
sono state applicate a rullo - e in alcune zone a pennello - due mani di LATICRETE HYDRO BAN® per ottenere l’impermeabilizzazione e la protezione antifrattura dell’intero guscio della piscina. Per l’incollaggio del mosaico vetroso che doveva rivestire l’interno della vasca della piscina, è stata scelto LATICRETE 254 Platinum, di grande resistenza e lavorabilità, ideale per applicazioni a strato sottile in caso di installazione di piscine rivestite in piastrelle vetrose, utilizzando il colore bianco per posare il mosaico da 2” x 4” prodotto da Mirage Spectra, nella tonalità Quartz. Per il completamento della vasca è stato poi utilizzato LATICRETE SPECTRALOCK® PRO PREMIUM GROUT. Grazie all’impareggiabile uniformità cromatica, alla durata e alla resistenza alle macchie di questo stucco epossidico dalla straordinaria facilità d’uso, LATICRETE SPECTRALOCK® PRO PREMIUM GROUT, declinato nel colore Latte, si è rivelato la scelta ideale per abbinare i mosaici vetrosi, scelti nella delicata tonalità Quartz, all’installazione della piscina Cahn. LATICRETE SPECTRALOCK® PRO PREMIUM GROUT è un prodotto robusto, durevole, antimacchia e resistente alla formazione di fessure e il lungo tempo di lavorabilità, fino a 80 minuti a 70°F (20°C). Una volta completata con successo la piscina vera e propria, Rock Solid Tile ha portato a termine il progetto installando sulla terrazza circostante la pavimentazione di piastrelle in gres porcellanato Tecno da 12” x 24” 95 |
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(30,5 cm x 61 cm), caratterizzate da un motivo rettangolare sfalsato, più adatto allo stile della residenza. Utilizzando gli stessi materiali e metodi di posa di LATICRETE, sono state applicate a rullo due mani di LATICRETE HYDRO BAN® per l’impermeabilizzazione e la protezione antifrattura fino allo standard di settore di 1/8” (3 mm). Le piastrelle, declinate nella nuance Torta, sono state poi posate con LATICRETE 254 Platinum, prodotto che supera di gran lunga i requisiti previsti da ANSI A118.4 e A118.11. Infine, grazie all’ampia gamma di ben 52 colori offerta da LATICRETE SPECTRALOCK® PRO PREMIUM GROUT, il team di posa ha trovato il corretto abbinamento con il colore del gres selezionando la formula di stuccatura brevettata nel colore 35 Moka per il bordo della piscina. LATICRETE SPECTRALOCK® PRO PREMIUM GROUT è in grado di inibire la crescita di muffe e funghi, responsabili della formazione di macchie nelle fughe, grazie alla protezione antimicrobica garantita da Microban®. Questo stucco epossidico è superiore a prodotti simili a base di cemento ed è più facile e veloce da pulire, soprattutto se esposto alla luce diretta del sole in installazioni esterne rivestite con mosaico vetroso.
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QUADRASTUDIO
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collezione
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EDITOR’S CHOICE
scenari materici open-air
IL TAPPETO CERAMIC-INSPIRED Masia è il tappeto firmato dal designer Andreu Carulla, ispirato al motivo delle classiche piastrelle di ceramica di adobe utilizzate nelle fattorie e nelle case rustiche dell’Empordà. Proprio da questa regione della Catalogna, nonché sua terra natale, Calma Outdoor attin-
ge ispirazione per creazioni dal design semplice ma d’effetto. L’adobe è un mattone realizzato con una massa di argilla e alcuni additivi, essiccato al sole e all’aria, caratterizzato dal fatto di essere prodotto senza cottura preventiva e di avere buone qualità di isolamento termico. In Spagna è caratteristico delle regioni secche della Castilla y León, dove al fango viene ag-
giunta la paglia. Le costruzioni in adobe sono solitamente ricoperte da uno strato dello stesso fango, che conferisce loro il curioso aspetto delle tipiche case della Tierra de Campos.
A TU PER TU
RISCOPRIRE IL COTTO La materia del territorio toscano si trasforma in arredi dalle tonalità calde e tenui per l’outdoor: è la collezione di sedute pensata da Pierattelli Architetture e Cotto Manetti, fornace che produce pavimenti e involucri in Cotto Fiorentino e terrecotte artigianali. Poltroncina e panca in cotto si montano con un sistema a incastro privo di colle. Il materiale naturale dà forma a prodotti sostenibili, rimando al saper fare artigiano e alla bellezza rurale, adattandosi a molteplici luoghi. Prodotto su richiesta.
Un parallelepipedo dall’immagine monolitica, disponibile in sei diverse tipologie di marmo, costituisce il perno strutturale e visivo di Visà-Vis, il sistema di chaise lounge disegnato da Enzo Berti per kreoo, che nella versione doppia trova la sua espressione più significativa. Dal blocco centrale in pietra naturale fuoriescono due elementi tubolari cromati, posti alla stessa quota, che sostengono una seduta relax, accessoriata con un comodo poggiatesta in lino e personalizzabile in corda, anche colorata, o altri intrecci naturali. L’insieme è materico ed essenziale al tempo stesso. 99 |
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IL CEMENTO “GENTILE” Nato dalla nuova collaborazione di Pedrali con Marco Merendi e Diego Vencato, Caementum è un tavolino monoblocco realizzato in cemento, un materiale resistente che, grazie all’aggiunta di additivi accuratamente selezionati, garantisce ottime prestazioni tecniche tra cui una facile pulizia, una maggiore resistenza meccanica e agli agenti atmosferici, oltre che consentirgli di non assorbire liquidi e di non macchiarsi. Un prodotto primitivo, dotato al contempo di una delicatezza propria, superfici vellutate e dettagli gentili.
ABITARE IL MARE In collaborazione con Christophe Pillet, Ethimo inaugura un nuovo capitolo dedicato al mondo nautico. La yacht collection è un progetto sartoriale che coniuga caratteristiche estetiche e funzionali: tessuti che evocano
DAL VIMINI AL LED Un ombrellone a LED multifunzionale ricaricabile, intrecciato a mano in vimini. È Ambient Sol, disegnato da Henrik Pedersen per Gloster, realizzato con un resistente telaio in alluminio verniciato a polvere, utilizzabile sia nella versione autoportante che nella versione fissa interrata in cemento. L’ombrellone dispone di un’unità luminosa a LED ricaricabile solo con alimentazione di rete, con 8 diverse impostazioni di emissione luminosa controllate da un telecomando a radiofrequenza, con una distanza fino a 35 m. | 100
l’anima più heritage del settore riletta in chiave contemporanea, ampie proporzioni e materiali di grandissima qualità tecnica disegnano forme accoglienti e accattivanti, perfette per arredare in modo originale anche aree lounge “galleggianti”.
L’ARTE DELLA PAUSA Un outdoor d’avanguardia quello proposto dal nuovo brand Goodland, che presenta una vasca idromassaggio a legna, nata per favorire la connessione con la natura attraverso la stimolazione dei sensi. La vasca è realizzata interamente con materiali riciclabili, tra cui alluminio, cedro rosso occidentale e quercia. Ponendo la sostenibilità al centro, questa novità si propone come alternativa alle tipiche vasche idromassaggio realizzate con materiali non riciclabili che richiedono l’uso di prodotti chimici. La vasca a legna è inoltre pensata per promuovere un’esperienza d’uso a 360°, richiedendo ai suoi fruitori di raccogliere rami caduti, tagliare la legna, riscaldare l’acqua. 101 |
05 Outdoor styling Varese Nell’antico borgo di Angera, in provincia di Varese, tra paesaggi lacustri e ampie vedute collinari che si specchiano sul Lago Maggiore, sorge una suggestiva villa privata circondata da un ampio giardino. Il recente progetto di rinnovamento, seguito dallo Studio Ponti Architettura e Design, ha previsto la creazione di una piscina interrata all’esterno dell’abitazione, che dona alla villa un tocco moderno e implementa il comfort all’aperto. TECNICA E POSA L’impresa Vergobbi Ceramiche di Alessandro e Alberto S.n.c., che si è occupata della ristrutturazione, si è affidata alla qualità dei prodotti Progress Profiles per ottenere un rivestimento impeccabile, resistente e duraturo. La posa del materiale ceramico a regola d’arte, infatti, è un’operazione complessa e delicata, e senza una corretta installazione il rischio di formazione di fratture nelle piastrelle è alto. Per evitare questa problematica è stato utilizzato PROLEVELING SYSTEM, il sistema di livellamento innovativo e brevettato che assicura una perfetta planarità della pavimentazione. Costituito da due soli elementi, è pratico e facile da utilizzare, poiché non implica l’utilizzo di pinze o altri attrezzi. Disponibile in diversi spessori che variano da 1 a 5 mm, si differenzia in base all’ampiezza delle fughe e agli accostamenti desiderati, consentendo la realizzazione di una posa in linea o a correre senza difficoltà. Il sistema comprende anche un
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tirante che, inserito nello stelo sfilettato della base livellatore, permette di regolare la pressione sulla superficie e di allineare le linee di fuga delle piastrelle con precisione, garantendo un perfetto fissaggio. Nella sua nuova versione trasparente e forata, PROLEVELING SYSTEM permette di tenere sotto controllo lo stato di allineamento delle linee di fuga, assicurando la massima precisione. Al termine della posa è sufficiente esercitare su di esso una leggera pressione o tirare un calcio nella direzione della fuga per rimuovere il tirante, che è riutilizzabile infinite volte e unico per tutte le altezze e modelli. A protezione delle chiusure perimetrali della piscina, inoltre, sono stati utilizzati alcuni profili della vasta gamma offerta da Progress Profiles: soluzioni studiate per rifinire le pavimentazioni esterne decorando gli spazi con linee sobrie ed eleganti, ma anche per assicurare l’integrità del massetto sottostante.
PROGRESS PROFILES Un’azienda familiare con 38 anni di storia evolutasi, nel cambio generazionale, in realtà imprenditoriale globale con un fatturato in continua crescita, grazie al costante impegno nella ricerca e sviluppo applicata alle tecnologie e ai materiali più innovativi.
draulici alimentati da energia solare e di un impianto fotovoltaico che riveste il tetto dell’azienda, per un totale di 800 kWh che coprono più del 50% del fabbisogno energetico annuale, facendo risparmiare 390 tonnellate di CO2 all’anno.
Forte di un impianto produttivo con oltre 16000 mq di spazio coperto, e con un parco strumentazioni di ultima generazione, l’azienda è dedicata alla produzione di soluzioni innovative per finiture di superfici in interno ed esterno destinate all’edilizia residenziale e commerciale. Vanta inoltre 200 mq di sala mostra e un’Area Formazione attrezzata, che si affianca alla Training Academy. Fiera portavoce di una politica green, Progress Profiles fa uso di impianti termoi-
Certificata ISO 9001:2015 - UNI EN ISO 9001:2015 e caratterizzata dall’uso di materiali di prima scelta nel pieno rispetto dei requisiti REACH e GREENTOP, l’azienda persegue da anni una spiccata politica di internazionalizzazione con 3 filiali estere (America, Medio Oriente e Spagna) e una fitta rete di agenti sviluppata capillarmente in 80 Paesi del mondo.
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C O L L E C T I V E
S P A C E S
ARCHI-PEOPLE
P I U A di Chiara Poggi Studio Piuarch nasce nel 1996 a Brera, nel cuore pulsante di Milano, dalla collaborazione tra Francesco Fresa, Germán Fuenmayor, Gino Garbellini e Monica Tricario, con l’obiettivo di unire esperienze e competenze differenti per un percorso architettonico condiviso. L’approccio al progetto di Piuarch inizia sempre dalle caratteristiche specifiche dei luoghi, in modo da ottimizzare potenzialità e relazioni architettoniche tra gli edifici e il contesto urbano che li comprende. Attraverso un linguaggio formale contemporaneo, Piuarch progetta edifici pubblici e residenze private, spazi commerciali e complessi di uffici, oltre a numerose proposte di interior design, sia in Italia che all’estero. Lo Studio si è aggiudicato la 1a edizione dell’“Architetto Italiano 2013”, assegnato dal Consiglio Nazionale degli Architetti in collaborazione con il MAXXI di Roma, evidenziando la “grande capacità di dialogo con realtà diverse per cultura, aspettative, risorse economiche e tecniche” .
R C H
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COLLECTIVE SPACES
Come è nato il vostro studio? Qual è il vostro approccio progettuale? Il nostro incontro risale ai primi anni Novanta, quando lavoravamo insieme nello studio di Vittorio Gregotti. L’amicizia si è consolidata negli anni e quando abbiamo avuto l’occasione di iniziare la nostra attività, l’abbiamo fatto insieme. Le nostre personalità, con provenienza e background diversi, si sono incontrate focalizzandosi su una visione comune, che ha come cardini della progettazione la comprensione del contesto urbano con tutte le sue sfaccettature - culturali, sociali e artistiche - ma anche la contaminazione con altre discipline. Questo aspetto rivela molto del nostro lavoro, che trova continui riferimenti nella natura, nella cultura, nella musica, nell’arte e nella storia del luogo in cui interveniamo. Tutto questo contribuisce alla realizzazione di architetture sobrie, mai ‘urlate’, fortemente radicate alla cultura progettuale italiana degli anni ‘50 e ’60, che si mettono in relazione con il tessuto circostante senza mai prevaricarlo. In un attento equilibrio fra peculiarità dei luoghi e modernità, il nostro proposito è progettare edifici in grado di affermare la propria iconicità preservando al tempo stesso l’identità del contesto originale. Il vostro lavoro spazia dall’architettura urbana al design d’interni. Qual è il “fil rouge” che lega questi due mondi e modi di progettare? L’obiettivo della nostra progettazione è quello di dare vita a luoghi significativi attraverso un approccio che contempli alcuni aspetti fondamentali: funzionalità, comfort, innovazione, sostenibilità. Ogni nostro intervento si muove nella direzione di quella che per noi è la sfida più entusiasmante dell’architettura: migliorare le condizioni del vivere insieme, dando forma a spazi di qualità, sia che si progettino luoghi contract o residenziali, sia che si affrontino scale più ampie, come nel caso di riqualificazioni urbane o masterplan. L’architettura, o il progetto urbano, diventano quindi luoghi significativi, ambienti nuovi che vanno oltre lo spazio funzionale, in cui si realizzano le relazioni tra le persone e tra esse e il paesaggio. Qual è il progetto realizzato che più vi rappresenta? Perché? Nel corso di quasi trent’anni abbiamo avuto la possibilità di affrontare più di 500 progetti, che spaziano dalla progettazione di edifici per | 110
uffici, al retail, all’hospitality fino allo sviluppo di complessi residenziali e interventi di recupero e di rigenerazione su scala urbana. Ognuno dei progetti realizzati o in corso, così come le sperimentazioni progettuali in concorsi internazionali o le esperienze di architettura sociale, in qualche modo ci rappresenta; certamente abbiamo avuto un rapporto speciale con il comparto della moda, in particolare con Dolce&Gabbana per i quali abbiamo progettato tutte le sedi milanesi e lavorato sulle boutique worldwide. L’edificio per uffici in Piazza Gae Aulenti ci ha dato la possibilità di partecipare al primo grande progetto di rigenerazione urbana di Milano, intervenendo in un luogo con funzione strategica di ricucitura del tessuto urbano tra i quartieri esistenti. Con il Gucci Hub ha trovato espressione in modo eclatante la tematica del riuso e della conversione degli edifici preesistenti, in questo caso l’ex area industriale Caproni in via Mecenate a Milano, centrale nell’approccio progettuale dello studio. Avete portato a termine lavori in diverse parti del mondo, quali macro differenze avete notato da Paese a Paese? Quando affrontiamo un progetto la prima fase passa sempre attraverso un’analisi preliminare del contesto, inteso non solo dal punto di vista fisico e del territorio, ma anche culturale, sociale, storico, artistico. Questo studio ci permette di creare un terreno fertile da cui scaturisce in modo fluido il progetto vero e proprio. Ecco quindi che le differenze tra i vari luoghi, che sono molteplici come le diversità tra le persone che li abitano, diventano il bacino di informazioni a cui attingere e su cui basarci per realizzare progetti di senso non autoreferenziali. I vostri progetti pongono sempre grande attenzione ai materiali. Quali ritenete più idonei per l’inserimento nei contesti dell’oggi e del domani? Spesso, per i progetti degli interni, scegliamo materiali naturali, come la pietra e il legno, a volte grezzi, altre lavorati con finiture pregiate. Ci interessa molto il modo in cui i materiali entrano in relazione con la luce, da qui il grande impiego di superfici vetrate o metalliche, per creare luminosità negli interni e spesso effetti cinetici. Riteniamo però che non esistano materiali più
idonei di altri in senso assoluto, ma esistono materiali più adatti a rivestire una specifica funzione, in uno specifico contesto. In generale pensiamo che l’architettura debba essere rispettosa delle risorse del pianeta di oggi e del futuro, per questo siamo sempre alla ricerca di nuovi materiali e nuovi utilizzi che siano sempre meno impattanti sull’ambiente. Ad esempio nel progetto per gli Uffici in MIND – Milano Innovation district sul sito dell’ex Expo 2015 – abbiamo progettato un edificio di 13 piani con struttura totalmente in legno, materiale carbon neutral per eccellenza, performante dal punto di vista dell’impatto ambientale, il cui ciclo di produzione, trasformazione e riuso ha una bassa impronta ecologica. Come immaginate gli spazi residenziali e collettivi del futuro, anche in virtù della sempre maggior ibridazione funzionale e dell’evoluzione del settore? Dopo l’esperienza della pandemia quel processo che era già in atto di ibridazione funzionale tra gli spazi di lavoro, domestici e di condivisione ha subìto una forte accelerazione. Ciò che la pandemia ha messo in luce in modo drammatico è però la precarietà dell’equilibrio tra uomo e natura, in particolare nelle grandi conurbazioni. Abbiamo interiorizzato ancor di più l’importanza degli spazi aperti, la necessità di recuperarli e renderli vivibili per il nostro benessere. Non solo, la presenza del verde anche nello spazio chiuso si è rivelata un elemento fondamentale per la salute psicologica, che si ripercuote inevitabilmente sulle attività che svolgiamo in questi luoghi. L’altro dato fondamentale che abbiamo acquisito è che per definire la qualità della nostra vita non possiamo prescindere dall’interazione umana, dalla condivisione delle nostre esperienze e dei luoghi che frequentiamo. La richiesta è sempre di più quella di avere ambienti di qualità superiore, in grado di migliorare l’esperienza degli utenti, la loro creatività e le loro performance, dove la tecnologia e i servizi supportano lo sviluppo dell’innovazione e dove di conseguenza anche gli spazi sono ibridi e flessibili per accogliere queste esigenze. Ecco, la sfida dell’architettura sarà sempre di più quella di definire gli spazi di condivisione, dentro e fuori dagli edifici, per immaginare nuove forme possibili di convivialità e interazione sociale, con un’attenzione particolare al comfort e al benessere dell’uomo. Questa attenzione si riflette negli stessi spazi
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COLLECTIVE SPACES
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di lavoro del nostro studio: sul tetto degli uffici Piuarch sorge, dal 2015, un vero e proprio orto, un percorso che si snoda tra aree coltivate e fiorite, che rappresenta non solo un progetto di rigenerazione di spazi inutilizzati e di riqualificazione energetica dell’edificio ma anche uno strumento di autoproduzione alimentare e spazio di condivisione, rappresentanza e coworking per chi lavora nello studio. Che tipo di relazione instaurate con i committenti e quanto li trovate disposti a sperimentare? Il committente viene coinvolto nella progettazione in tutte le sue fasi, anche in quelle iniziali e più creative; il suo è un contributo fondamentale per capire quali sono i contenuti che devono essere trasmessi attraverso l’architettura. Con i più ‘illuminati’ si stabilisce un rapporto di fiducia che ci permette di sperimentare anche soluzioni non convenzionali e più interessanti, innovative. L’attenzione per la sostenibilità ambientale vi ha da sempre distinto. In che modo questo aspetto si lega ai vostri progetti? L’industria delle costruzioni ha un impatto notevole sulla società e sull’ambiente: è responsabile del 40% delle emissioni di CO2 nell’atmosfera, è un grande consumatore di risorse non rinnovabili, è una fonte sostanziale di rifiuti, inquinamento, consumo di suolo ed energia. Ciò evidenzia la responsabilità delle attuali generazioni di architetti e progettisti di utilizzare le risorse disponibili senza compromettere la capacità delle generazioni future di soddisfare i propri bisogni. Porre la sostenibilità come driver della progettazione è quindi oggi imprescindibile ed è una strategia trasversale che riguarda tutti gli ambiti della progettazione, dall’economia circolare per i materiali da costruzione, all’impegno nell’efficienza energetica e nell’uso di energia green, alla standardizzazione nella progettazione delle componenti costruttive, ponendo sempre al centro l’attenzione al benessere degli utilizzatori finali. Siamo sostenitori del riuso adattivo degli edifici, un approccio architettonico che dà nuova vita a strutture preesistenti mantenendo il patrimonio culturale e rappresenta una delle migliori strategie per affrontare il tema della sostenibilità. Riduce la domanda di energia, le emissioni di carbonio e il consumo di suolo. Inoltre, promuove una nuova vitalità urbana che riflette lo spirito e le
esigenze del nostro tempo. Abbiamo applicato questa strategia a diversi progetti, tra cui il complesso Gucci Hub, la fabbrica di Fendi, gli uffici e la sede di Dolce&Gabbana a Milano, gli uffici del gruppo Kering. A proposito proprio della nuova Fendi Factory (nelle prossime pagine n.d.r.): è un’architettura quasi mimetica in dialogo aperto con la natura circostante. Qual è stato l’approccio che avete adottato per un progetto di questa portata e che tipo di sfide avete incontrato? Il nuovo edificio produttivo per Fendi a Bagno a Ripoli, ideato e sviluppato dal nostro studio con Antonio Perazzi e successivamente proseguito e coordinato dall’Architecture Department di Fendi, è un complesso di circa 14.000 mq nella campagna toscana che ospita uffici direzionali e amministrativi, un ristorante, un magazzino di produzione, laboratori e una scuola di alta pelletteria. Il concept di progetto ha come obiettivo quello di definire le condizioni per una rinnovata collaborazione tra architettura e ambiente: è stato il paesaggio a suggerirci la forma e il linguaggio del progetto. La vera sfida è stata quella di creare un edificio funzionale ed efficiente che potesse al tempo stesso ripristinare e riqualificare l’ambiente collinare in cui è inserito, precedentemente svuotato dalla presenza di una cava di argilla e di una fornace per la produzione di mattoni. Con queste premesse abbiamo progettato un luogo di lavoro improntato ad efficienza e funzionalità ma sempre in relazione e in dialogo aperto con la natura circostante.
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02 FENDI FACTORY Bagno a Ripoli ph. Andrea Bartolozzi Photographer
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Un giardino sospeso che risana un’antica frattura del territorio e ricompone l’andamento collinare del sito in cui è inserito. Così si presenta il nuovo edificio produttivo Fendi a Bagno a Ripoli (FI), il cui concept di progetto è stato ideato e sviluppato dallo studio milanese Piuarch e successivamente proseguito e coordinato dall’Architecture Department di Fendi. Un complesso di circa 14.000 mq che sorge nella campagna toscana, concepito sulla base di elevati criteri paesaggistici e alta efficienza energetica, nato dalla volontà della Maison di coniugare l’eccellenza del proprio prodotto con la realizzazione di un segno architettonico di grande valore estetico e ambientale. Una richiesta interpretata da Piuarch attraverso un progetto che diventa parte integrante del | 116
paesaggio anziché un innesto. A partire da un approccio innovativo, lo studio ha progettato un edificio che si sviluppa orizzontalmente su un unico livello, componendo una forma libera in quanto determinata dalle necessità del processo produttivo. La funzionalità degli spazi diventa quindi il principio compositivo della pianta che combina diverse funzioni, fondendole in percorsi fluidi che lo attraversano orizzontalmente. Una “spina dorsale” di collegamento fra gli spazi, dalle pareti trasparenti, mette anche visivamente in connessione le diverse funzioni e promuove la circolazione e la socializzazione delle persone. Il complesso ospita uffici direzionali e amministrativi, un ristorante, un magazzino di produ-
zione, laboratori e una scuola di alta pelletteria, con l’obiettivo di esprimere appieno l’eccezionale qualità e gli alti standard del luxury brand. Il concept di progetto, definito in fase preliminare insieme al paesaggista Antonio Perazzi, ha come obiettivo di definire le condizioni per una rinnovata collaborazione tra architettura e ambiente. Le caratteristiche del luogo, segnato dalle logiche di sfruttamento dell’industria laterizia e della cava precedentemente attiva sul lotto, hanno infatti richiesto un intervento di risanamento e suggerito l’opportunità di interpretare la realizzazione del complesso produttivo come occasione per instaurare virtuose dinamiche di gestione del territorio. L’architettura si pone così in un dialogo aperto
con la natura circostante: l’edificio, apparentemente ipogeo grazie alla scelta di realizzare una copertura a verde continuo e intensivo, diventa un sistema ecologico integrato che ricostruisce la morfologia del terreno e restituisce forma alla collina originaria. Un vasto giardino pensile che riveste una funzione non solo ambientale ma anche sociale e collettiva, diventando spazio fruibile e luogo di socializzazione per i dipendenti. La copertura verde, scavata da patii che ne interrompono la continuità e illuminano gli spazi interni, emerge così come landmark del progetto. Un segno che estende l’identità e la funzione della nuova sede produttiva al territorio circostante, con il quale stabilisce un inedito sistema di equilibri: areazione e luce naturale,
utilizzo di materiali che richiamano i colori del luogo, pareti esterne e interne trasparenti, garantiscono uno scambio visivo e fisico, quasi osmotico, tra ambiente artificiale e naturale, tra interno ed esterno. Dal tetto verde, ai cortili, al parco industriale che lo circonda, l’idea è stata quella di trasformare l’intero lotto in un giardino nuovo ed esteso, ponendosi inoltre come obiettivo il miglioramento della qualità degli spazi di lavoro, per sottolineare quella che il committente indica come priorità del proprio operare: l’impegno per una sempre maggiore responsabilità verso ambiente e società.
“L’idea è stata quella di ricostruire un paesaggio naturale attraverso un’architettura che scompare all’interno del paesaggio stesso. Quando un progetto di architettura è anche un progetto di paesaggio, la simbiosi con l’ambiente si sviluppa in modo naturale” Gino Garbellini Socio Piuarch 117 |
03 DIMORA DEI LARI Bacoli
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Il “Bamboo Elegance” veste l’hospitality d’alta gamma ph. Tiesse Digital
Il Golfo di Napoli dona sensazioni di libertà, accoglienza, stupore e bellezza come pochi luoghi al mondo possono fare, offrendo un paesaggio intriso di storia e di fascino. Il circondario di Bacoli ne è un esempio, con le sue meraviglie naturali e i siti archeologici quali il Parco sommerso di Baia, la Grotta della Sibilla Cumana, la Piscina Mirabilis e le Cento Camerelle. In questo contesto di autentico pregio si colloca Dimora dei Lari, una sofisticata struttura dedicata all’ospitalità, dove eleganza e raffinatezza si sposano con una vista unica al mondo, legata a miti e leggende di un tempo mai tramontato. Dimora dei Lari non è un semplice hotel, e del concept dell’accoglienza alberghiera e dell’ambito turistico trae solamente il meglio, coniugando tradizione e innovazione. Con una splendida vista mare, la struttura ricettiva propone infatti agli ospiti un’idea di hospitality e di ristorazione d’eccellenza, il tutto implementato da un design all’avanguardia, curato nei minimi dettagli, per garantire una vera e propria “charme experience”. In una location d’eccezione come questa, il progetto architettonico curato da Alessandro Falconio ha privilegiato, per le finiture d’interni e d’esterni, materiali che uniscono alte performance, un carattere ecocompatibile ed un’estetica all’altezza del contesto, tra cui il “Bamboo Elegance” di Ravaioli Legnami, indiscusso protagonista degli esterni, con fresatura a scomparsa posato con clip in acciaio. L’essenza del Bamboo Elegance non teme i segni del tempo, escursioni termiche o intemperie, e resta immutata con il suo effetto di invecchiamento naturale. Questa scelta materica per le pavimentazioni outdoor rispecchia la lungimiranza del progetto di architettura, che punta su linee attuali e superfici in cui la bellezza del | 120
passato incontra la tecnica del futuro, dando così vita ad ambienti confortevoli, dal design gradevole, pensati per una clientela esigente e internazionale. IL “BAMBOO ELEGANCE” DI RAVAIOLI LEGNAMI Il decking senza tempo di Ravaioli si caratterizza per un effetto naturalmente invecchiato frutto di un processo di lavorazione esclusivo. Una finitura originale per un prodotto di eccezionale durezza e stabilità dimensionale, che non necessita di manutenzione e non teme macchie in superficie. È composto di un materiale sostenibile e riciclabile come il bambù, dalla crescita molto rapida, e risulta CO2 neutro nel ciclo di produzione. Lo speciale trattamento termico con cui è prodotto e l’alta densità che lo caratterizza lo rendono resistente alle intemperie e in grado di mantenere inalterate le caratteristiche tecniche, senza fenomeni di torsione o variazioni della solidità. Il prodotto è garantito 25 anni.
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Ravaioli Legnami Un servizio completo, dalla produzione all’assistenza fino alla distribuzione di materiali per pavimentazioni e rivestimenti outdoor. Ravaioli Legnami è leader in Italia nel settore del legno per esterno, dal decking al cladding. Fondata nel 1985 come falegnameria di profili e battiscopa, in quasi 40 anni di attività l’azienda ha guadagnato un ruolo di riferimento nel settore, riconosciuto a livello internazionale. Rimanendo fedele ai suoi principi, grazie allo spirito della famiglia Bagnari e ad un gruppo di lavoro dinamico e motivato, è al fianco del cliente con lo sguardo sempre puntato al futuro e all’innovazione tecnologica. Una attenzione costante alle persone e alla natura in un percorso che parte dal reperimento della materia prima fino allo stoccaggio, arrivando a linee di produzione e distribuzione. Negli anni Ravaioli Legnami ha implementato organizzazione e processi produttivi ottenendo il riconoscimento ISO50001 (Standard Internazionale per la certificazione energetica), guadagnando inoltre due stelle per il rating di legalità da parte dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato. Certificazioni a garanzia di qualità e a tutela del cliente, ottenute attraverso una ricerca quotidiana per la sostenibilità negli approvvigionamenti e nei processi produttivi. Per tutti i materiali l’azienda rispetta i requisiti della normativa europea EUTR Timber Regulation, Regolamento (UE) 995/2010 sull’origine tracciabile del legno e | 122
per i materiali indicati sono disponibili certificazioni FSC®, PEFC™, EPD®. Ravaioli Legnami è la prima azienda del settore in Italia ad aver commissionato prove di laboratorio a enti certificati per disporre di schede prodotto riportanti dati comprovanti caratteristiche tecniche, fisiche, meccaniche e proprietà per le condizioni d’uso dei singoli materiali. Tra i dati, quelli su durabilità, scivolosità, resistenza al fuoco, indice di riflettanza, trasmittanza termica. Inoltre, per il materiale a uso strutturale certificazioni CE di Conformità del controllo della produzione. In sintonia con il mercato, Ravaioli Legnami sviluppa costantemente soluzioni personalizzate e innovative per il mondo del decking, ricerca materiali dal contenuto tecnologico, studia profili brevettati, accessori per il fissaggio e nuovi sistemi di posa, come RemoClip® per il decking e QuickSun per i frangisole.
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04 Lo specchio delle meraviglie Roma
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ph. Bianca Puleo Siamo a Roma, presso la sede operativa dello studio multidisciplinare Fabio Mazzeo Architects che, giocando con le percezioni, sorprende gli ospiti con una installazione riflettente dal fascino contemporaneo, calata in un contesto storico risalente al Rinascimento. L’effetto è magnetico, quasi straniante. Un vero e proprio specchio delle meraviglie che, come nel celebre romanzo onirico di Lewis Carroll, accompagna in un mondo “altro” eccentrico e ricco di stimoli visivi dove, ispirandosi al viaggio di Alice, viene spontaneo credere all’impossibile. La grande superficie specchiante a parete, 4,5 metri di larghezza per 4 metri di altezza, è volutamente scomposta in più sezioni, tutte semoventi. In un gioco di continui riflessi, la struttura catalizza lo spazio nelle sue molteplici angolature e prospettive, restituendone frammenti inaspettati in un’immagine caleidoscopica e cangiante. L’installazione fronteggia e restituisce l’immagine di un altro prezioso specchio di epoca rinascimentale, sperimentando una rispettosa convivenza stilistica tra opere distanti 500 anni. Altro pezzo di spicco nella sala, coinvolto nei mutevoli riflessi, un imponente tavolo scultura disegnato da Fabio Mazzeo Architecs. Estetica e funzionale allo stesso tempo, l’installazione è integrata con un monitor con tecnologia mirror screen, che arricchisce di suggestioni visive la superficie riflettente e viene utilizzato dal team per le presentazioni ai clienti. Il fondale rivestito in foglia d’oro, combinato con la retroilluminazione, esalta le fratture dello specchio, concepito come un oggetto semi dinamico. Fra arte, architettura e design, un’opera che intende peraltro raccontare la filosofia progettuale dello studio, invitando ad attraversare uno specchio oltre il quale immaginare e vivere inedite visioni di bellezza.
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“Come in tutti i nostri progetti abbiamo lavorato con un approccio sartoriale, partendo dalle caratteristiche peculiari del contesto, per creare una scenografia che riuscisse a valorizzare un luogo dalla forte identità. Nella grande sala di 60 mq prevalgono i vuoti sui pieni. Le pareti, interamente decorate a mano, raffigurano un bosco di pini romani dipinti di bianco su base foglia d’argento, come una sorta di giardino d’inverno virtuale. Volevamo evitare sovrabbondanze ed eccessi. Da qui l’idea di un’installazione non autoritaria o impositiva, quanto piuttosto moderna e capace di entrare in sintonia con l’ambiente storico. Studiata e costruita per dialogare con gli interni e per orientare lo sguardo nello spazio, più che catturarlo” Fabio Mazzeo Art Director Fabio Mazzeo Architects 129 |
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The Canopy ph. Cyrus Cornut, Nicolas Trouillard, Encore Heureux
A Clermont-Ferrand, sede del gruppo Michelin fin dalla fondazione dell’azienda alla fine del XIX secolo, è stato completato il progetto di reinvenzione dell’area accoglienza realizzato da Encore Heureux Architectes in collaborazione con Construire e lo studio di architettura del paesaggio Base. L’intervento mira a raffigurare l’immagine dell’azienda in uno spazio accogliente, unico e coeso, dando vita a una nuova piazza pubblica. L’approccio del team di architetti e paesaggisti è stato quello di preservare il più possibile l’esistente, dotandolo di una nuova facciata e garantendone la coerenza complessiva. IL NUOVO CONCEPT Il progetto si focalizza sul collegamento tra gli edifici del complesso, aggiungendo un’area di accoglienza su due livelli che funge da interfaccia permeabile tra gli spazi privati dell’azienda e la piazza esterna di fruizione pubblica, anch’essa rinnovata in un piano di sviluppo condotto dall’amministrazione comunale insieme al Gruppo Michelin. La sfida principale affrontata dal progetto è stata quella di collegare spazi eterogenei tra loro in
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un’unione coerente destinata ad accogliere migliaia di visitatori al giorno. Alla base del progetto proposto da Encore Heureux vi era un presupposto semplice e fondamentale: “Il futuro della sede centrale poteva essere deciso solo in collaborazione con l’azienda e all’interno dell’azienda stessa» ha spiegato Nicola Delon, socio fondatore di Encore Heureux. “Questa idea è stata accompagnata da un periodo di consulenza architettonica con uno studio allestito all’interno dell’azienda. Il dialogo e i workshop con il team Michelin sono così diventati una pietra miliare del processo di trasformazione del luogo” Oltre alla reception, la nuova area accoglienza di 11.000 mq comprende una caffetteria, spazi espositivi, uffici, sale riunioni e un’area commerciale aperta a tutti. Il sito, da sempre riservato ai soli dipendenti Michelin, è ora accessibile al pubblico con una piazza alberata allestita con arredi outdoor, verde e giochi d’acqua. Inoltre, una serra tropicale costruita negli anni 2000, con specie che crescono nelle aree di coltivazione dell’albero della gomma, è stata conservata e integrata nella location per un’esperienza di visita ancor più interessante. SOSTENIBILITÀ E MATERIALI LOCALI La struttura architettonica risponde a due sfide primarie: la trasparenza e la prospettiva di un’economia circolare, attenta all’impatto ambientale. La scelta della trasparenza è rappresentata dall’ampia facciata in vetro lunga 160 metri. Per una bassa carbon footprint, il consumo di cemento è stato estremamente limitato, a favore di materiali sostenibili, di recupero e locali. Si è infatti prestata particolare attenzione al territorio, privilegiando dunque materiali regionali, come la roccia vulcanica proveniente da cave del circondario e legno del vicino dipartimento Corrèze e del
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Massiccio Centrale. Questo era un obiettivo comune che mirava ad attuare semplici principi costruttivi senza compromettere la natura industriale del sito, come l’uso dell’acciaio per la struttura, o la scelta di rendere visibili la griglia e i telai. The Canopy simboleggia così le nuove sfide che la mobilità sostenibile deve affrontare, illustrando al contempo il legame che unisce Michelin e la città di Clermont-Ferrand. Il lavoro sui materiali ha costituito una sfida cruciale per il progetto, portato a termine con l’obiettivo di ridurre al minimo, anche in fase di lavorazione, dal trasporto alla trasformazione, l’impatto dell’uomo sull’ambiente. Sono stati seguiti i principi di semplicità formale ed efficacia costruttiva. La nuova area di accoglienza si riscopre così anche terreno di sperimentazione progettuale. Uno spazio che, ad esempio, include tutti componenti di recupero: le finestre per la serra della reception, i pavimenti in legno e gli elementi sanitari, nonché un trasformatore elettrico che proviene da un altro dei siti Michelin di Clermont-Ferrand. 1.100 metri quadrati di
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pavimenti in rovere degli anni ‘50 sono stati collocati nell’edificio a seguito dei lavori di pulizia della sede di La Redoute a Roubaix. Una parte delle finestre è stata riutilizzata in situ come divisorio interno per sale conferenza. Per il completamento delle restanti parti, è stata infine coinvolta la startup locale Métabatik, piattaforma per materiali riutilizzati. “Questo metodo lungimirante e vincente non avrebbe però potuto essere messo in atto in egual modo senza la continua presenza in loco del team di progetto. – raccontano gli architetti. “Sono stati richiesti aggiustamenti costanti, una presenza e una prospettiva globale sul cantiere, al fine di consentire il dialogo tra le parti coinvolte e i professionisti che ci hanno lavorato. Il riutilizzo è ancora un metodo poco conosciuto e richiede una notevole quantità di delucidazione e di supporto tecnico, agevolati appunto dalla presenza fisica delle figure professionali di consulenza.”
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06 THEATRE NEXT DOOR Malta ph. David Zammit
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Theatre Next Door è un nuovo luogo per le arti dello spettacolo sorto nella borgata di Magħtab, a Malta, e nato da un progetto di recupero di una fattoria rurale. Il Teatro vanta la proprietà e la gestione di FM Theatre Productions, nota casa di produzione dietro a numerosi spettacoli e musical di successo tra cui My Fair Lady, Mamma Mia! e We Will Rock You. L’edificio, progettato dallo studio maltese DAAA Haus, ospita un “teatro a scatola nera” e un’area backstage con sistemi di illuminazione e audio all’avanguardia, una caffetteria aperta al pubblico durante gli eventi e tre sale prova disponibili per il noleggio. Lo spazio vede la fusione delle vecchie strutture in pietra calcarea con quelle di nuova costruzione, in cemento e metallo, per dare vita ad un | 136
melting evocativo, testimone di una “perfezione imperfetta” che ripara senza nascondere la preesistenza. Proprio la presenza di diverse trame materiche si rivela perno progettuale alla base del teatro, in virtù di un rapporto equilibrato tra autenticità e innovazione. GLI INTERNI Il Theater Next Door si sviluppa su quattro diversi livelli. Ad accogliere i visitatori al piano terra è un foyer luminoso e scenografico, il cui cuore risiede in un grande blocco di pietra dura naturale - estratto proprio nella località in cui si colloca il teatro - con un inserto di legno che sembra tagliare la pietra per comporre il banco della reception. Frontalmente, una panchina rivestita con la stessa essenza lignea ospita un ulivo semi artificiale che intende richiamare l’origine rurale della
struttura stessa. Il foyer conduce alla caffetteria e all’area ricreativa in cui vengono mantenute le caratteristiche tradizionali del luogo, in primis le imponenti murature in pietra calcarea, in dialogo con gli elementi di nuova concezione in cemento e lamiera di acciaio corten grezzo, inseriti come supporto strutturale. Queste aree sono state adornate con opere d’arte teatrali originali, cimeli e un mistico lampadario “fantasma” Flos che suggerisce l’immagine dei lampadari dell’opera di un tempo. Sul retro del piano terra si trova il primo dei tre studi polifunzionali dell’edificio. Qui, gli interni sono stati mantenuti puliti e minimalisti con un approccio stilistico che privilegia il design industriale. Il primo piano ospita luminosi uffici amministrativi, l’high-tech black box theatre e i camerini. Secondo e terzo piano, che accolgono i restanti due studi polifunzionali, sono posti in connessione da un collegamento che attraversa l’asse verticale del volume, congiungendo il fronte e il retro dell’edificio. Tutti i pianerottoli sono inoltre dotati di lucernari che consentono alla luce naturale di inondare gli ambienti. A collegare i diversi livelli sul retro dello stabilimento è infine una grande scala metallica a chiocciola antincendio: anch’essa enfatizza il contrasto di materiali, vero fil-rouge del progetto, fondendosi con la facciata in pietra calcarea.
DAAA Haus è uno studio di architettura e design multidisciplinare con sede a Malta, Milano e Ragusa, fondato nel 2009 dal direttore creativo Keith Pillow. Nello studio convergono le capacità, i talenti e la passione di oltre 30 giovani professionisti di origini diverse, da maltesi a italiane, da serbe a irlandesi, passando per l’India, la Polonia e la Tunisia: è anche grazie a questa ricchezza culturale che DAAA Haus ha saputo distinguersi nel panorama internazionale. Il linguaggio progettuale della practice prende vita dal gusto per l’esplorazione di differenti strumenti, materiali, tecnologie, tecniche e strategie, culminando in un design funzionale, all’avanguardia e attento alle tematiche green.
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PÂTISSERIE JACQUES Saint Louis ph. Nicolas Jehly
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La Maison Jacques fondata nel 1934 a Mulhouse, conosciuta per la sua eccellenza nelle creazioni di pasticceria, ha affidato la realizzazione del suo più recente punto vendita di Saint Louis, un piccolo comune francese non lontano dal confine con la Svizzera, al designer francese Arnaud Klein. Il progetto è nato da un accurato studio sull’identità e sulla storicità della maison, ponendosi come obiettivo la valorizzazione delle produzioni culinarie e l’arte pasticcera attraverso un’architettura d’interni a metà fra contemporaneità e tradizione. “Con questo progetto, abbiamo voluto creare uno spazio di carattere, ma anche sinonimo di dolcezza con tinte calde e polverose, giocando tra l’altro con lievi contrasti tra i materiali e le finiture lucide” racconta Klein. La presenza di grandi vetrate che inondano di luce naturale gli interni ha consentito al team progettuale di puntare sui volumi e creare una doppia altezza. Per accentuare questo slancio di verticalità, sono state create delle nicchie a forma di arco. Una scelta accattivante che ha permesso di scandire la metratura e al tempo stesso di aggiungere un delicato tocco neo-antico, come evocazione di epoche passate e di memorie architettoniche tuttora pulsanti nei contesti urbani europei. Il progetto ha infine conferito personalità allo spazio tramite l’inserimento di un decoro materico fortemente caratterizzante. Un rivestimento composto da tinte “dolci” e colorate proprio come il concept stesso della Pâtisserie Jacques. I RIVESTIMENTI: TRA CLASSICO E CONTEMPORANEO Con i suoi effetti degradè e melange nel motivo a terrazzo impiegato a pavimento, e i pattern marmorei declinati a mosaico per il bancone o a tutta lastra per le nicchie, la serie ceramica Charm Experience del gruppo Italgraniti è stata scelta come rivestimento ottimale per esaltare il sapore a tratti neo-classico a tratti moderno del locale. La combinazione dei diversi decori, anche sui mobili della pasticceria, e il twist cromatico sofisticato delle superfici in gres hanno contribuito a finalizzare un progetto affascinante che accoglie la clientela con un’atmosfera avvolgente.
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ITALGRANITI GROUP Produce e distribuisce in tutto il mondo superfici in gres porcellanato di alta qualità e con un ridotto impatto ambientale. Grazie ai suoi quattro brand (Italgraniti, Open, Italstone, Impronta) il Gruppo fornisce a progettisti e architetti prodotti di design che esprimono al meglio la cultura estetica e l’eccellenza stilistica del più autentico Made in Italy. Impresa familiare da tre generazioni, ITALGRANITI GROUP conserva le sue radici nel comprensorio emiliano, dove continua a investire sulla ricerca, sulla qualità dei prodotti e dei processi e sulle migliori tecnologie disponibili, tenendo fede ai medesimi valori di quasi cinquant’anni fa: bellezza, eccellenza tecnica, passione e responsabilità. Il Gruppo ha inoltre concluso con successo l’iter previsto per l’ottenimento della certificazione B Corp, assegnata da B Lab, ente no-profit statunitense che dal 2006 quantifica le performance ambientali e sociali di un’azienda con lo stesso rigore dei suoi risultati economici. 141 |
08 YIN YANG
Tai Chi Center Hong Kong ph: Kevin Mak @1km Studio
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Il Body Wisdom Studio di Hong Kong è il primo centro concepito per reintrodurre il fascino del Tai Chi nella società contemporanea, con l’obiettivo di attirare, in particolar modo, una fascia demografica più giovane e alla moda. Il Tai Chi è infatti un’antica arte marziale cinese, basata sulla lentezza e sulla tranquillità, praticata principalmente dagli anziani, ma che corre il rischio di essere dimenticata, specialmente in contesti metropolitani di grande calibro. In un’epoca in cui diverse culture stanno tornando ad abbracciare le proprie pratiche ancestrali, questo nuovo polo intende dunque accendere i riflettori sul concetto di Tai Chi nel 21° secolo, con la complicità di un ambiente di nuova generazione che combina storia e appeal moderno, progettato dallo Studio Adrian Chan Design & Research Office di Hong Kong. Il risultato è uno spazio collettivo che strizza l’occhio al cinema Kung Fu degli anni ‘70, in pieno stile orientale ma con un tocco contemporaneo accattivante. Il layout è configurato ad hoc per rappresentare due forze diametralmente opposte: Yin e Yang. Gli spazi Yang, che ricevono più luce solare durante il giorno, ospitano sessioni di allenamento di gruppo, attingendo alla tradizione del Tai Chi praticata al mattino nei parchi urbani newyorkesi, mentre gli spazi Yin, più intimi, sono dedicati ai trattamenti olistici che calmano la mente e il corpo. Una sala da tè funge poi da spazio intermedio, “equilibrato”, dove gli ospiti sia dello Yin che dello Yang possono riunirsi e socializzare. IL PROGETTO D’INTERNI La sfida principale incontrata dal team di architetti durante la progettazione del Body Wisdom Studio risultava strettamente connessa alla sua stessa unicità. Da un punto di vista funzionale, infatti, lo spazio doveva rispondere a differenti esigenze, tra cui favorire l’attività della disciplina prendendo in considerazione l’illuminazione, la temperatura e l’atmosfera, ma anche tutti gli aspetti pragmatici e formali che connotano la pratica del Tai Chi. Poiché l’invenzione di questa disciplina risale alla dinastia Ming, le caratteristiche architettoniche dell’epoca sono state mitigate e rivisitate in chiave attuale, prendendo inoltre ispirazione dai fight club del filone cinematografico d’un tempo. Così, è stato privilegiato un approccio minimalista verso | 144
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forme, colori e trame, senza tuttavia trascurare chiari riferimenti alla cultura cinese. EQUILIBRIO FORMALE Il progetto fa leva sul concetto di “bilanciamento”, caro alla disciplina stessa del Tai Chi: gli opposti si attraggono e si completano a vicenda ma nessuno dei due è superiore all’altro e, poiché l’aumento dell’uno comporta una corrispondente diminuzione dell’altro, è necessario raggiungere un corretto equilibrio tra i due. Pertanto, sia la selezione dei materiali che lo sviluppo della planimetria sono stati condotti per riflettere questi principi, con l’esposizione al sole come fattore determinante principale. Un’interazione di luci e ombre, ad esempio, viene veicolata attraverso l’uso di materiali contrastanti: rivestimenti scuri accanto a vernici di colore chiaro, finiture in legno posizionate strategicamente e rispettivamente in aree più scure o più illuminate dal sole. I MATERIALI: TRA MINIMALISMO ESTETICO E RESISTENZA I materiali sono stati scelti seguendo un concetto di sostenibilità e praticità, in virtù della precisa destinazione d’uso dello spazio. Lo Studio ha dunque optato per superfici naturali, che concorrono ad un miglioramento del comfort e della salute di coloro che fruiscono gli spazi, ma anche per superfici altamente tecniche e performanti non soggette a usura per via delle frequenti sollecitazioni. A pavimento e a parete è stato posato il laminato Haro Oak Amber Wood, che unisce un’alta resistenza ad un’estetica simile al leggendario legno cinese chiamato “Huang Hua Li” - frequentemente presente nel design della dinastia Ming –. Per praticità sono stati scelti anche materiali nanotecnologici, antigraffio e visivamente moderni per i sistemi d’arredo e nei servizi, e rivestimenti murali decorativi Versa con supporto vinilico per garantire bellezza e durabilità in alcuni ambienti del centro.
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Fairy Boutique
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di Sabrina Tassini
È un’atmosfera onirica quella che si respira all’interno della Fairy Boutique immaginata da Tekla Evelina Severin. Uno spazio vibrante e variopinto che sovverte il canone classico alla base degli ambienti retail a cui l’occhio è da troppo tempo avvezzo. Una provocazione cromatica e formale, espressa all’interno di una metratura limitata ma altamente seduttiva, che sprona alla considerazione di nuovi modi progettuali, freschi, liberi, a tratti fantastici. Nella sognante ma calibrata visione della designer svedese, la convenzionalità di elementi espositivi tradizionali viene rivisitata con un sapiente gusto contemporaneo e la monotonia – anche letterale –rifuggita a favore di una grammatica dello stupore che mescola invitanti bidimensionalismi con complementi dall’estetica d’antan. In un ritmato e scenografico avvicendarsi di quinte a sostituire le trite cabine prova, sinuosi pilastri a scandire le possibili aree funzionali, monoliti statuari al posto dei desk e graziosi living ad accompagnare l’attesa, il negozio pensato per l’oggi e per il domani sembra così prendere vita travolto, come per magia, da un vigore inedito, veicolato principalmente da un astuto uso del colore e della materia. Il progetto, infatti, gioca e osa con il colour block attingendo al Novecento dei grandi couturier, delle avanguardie artistiche e del purismo pittorico in stile Jovinge. Lo fa, per di più, servendosi di uno dei materiali più versatili di sempre, la ceramica, portandola alla sua più ludica e fascinosa esasperazione. Scale dalla silhouette eterogenea, boiserie con motivo piastrellato, geometrie ipnotiche, porte ad arco con drappeggi: tutto concorre a plasmare un involucro immersivo, in bilico tra realismo e surrealismo. | 150
Vis a vis
TEKLA EVELINA SEVERIN Da cosa trae ispirazione maggiormente? Qualsiasi cosa può ispirarmi, niente e tutto al tempo stesso; può essere un oggetto d’arte o un semplice dettaglio, il modo in cui la luce del sole colpisce improvvisamente qualcosa di inaspettato. In realtà non cerco l’ispirazione, tutto avviene in modo molto naturale. Ma in generale: architettura post-modernista, motivi tessili, forme geometriche, teoria del colore, grafica e moda.
I suoi progetti si prestano molto alla condivisione sui social network. La loro estetica è particolarmente instagram-friendly. Caso o strategia? Non scelgo le immagini affinché siano popolari su Instagram, ma spesso capita che il post ottenga molte interazioni, credo che sia merito del colore, dato che è lo strumento di comunicazione più efficace che possiedo. Credo che sia uno dei motivi per cui “emergo” e le persone ne riman-
gono affascinate. Anche il mio background come fotografa aiuta ad “avere occhio”, per non parlare del mio perfezionismo per l’immagine: lavoro molto sulla post produzione. Quindi è il colore l’elemento caratterizzante della sua filosofia progettuale? Sì, il colore è alla base di tutto ciò che faccio, indipendentemente dal tipo di progetto o dal ruolo che ricopro, come interior designer, scenografa, direttore creativo, fotografa, stilista, product designer ecc. Semplicemente perché sono attirata dal grande potere che ha il colore; così forte, eppure sempre mutevole, mai assoluto, sempre relativo, a definirlo è ciò che gli si mette accanto. Sono semplicemente ossessionata dalla costante ricerca per trovare nuove combinazioni di colori. Quali materiali predilige per le sue realizzazioni? Onestamente mi piace progettare con la ceramica, una superficie che permette tante possibilità interpretative, in questo caso, con Färgblock, ho giocato con blocchi di colore utilizzando un gres porcellanato lucido e pittura matt a contrasto per le pareti. Mi piace progettare utilizzando anche il terrazzo veneziano e lavorare con il vetro. Ho poi in cantiere alcuni progetti sul tessile che saranno pronti presto.
Per la realizzazione del progetto, è stata utilizzata la collezione in gres porcellanato Färgblock nata dall’incontro tra Tekla Evelina Severin e Ramona Macchi, Art Director e Co-fondatrice di Quintessenza Ceramiche. 151 |
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COMFORT WORKING Alba ph. Studio Campo, Enrico Cano
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NUOVO FERRERO TECHNICAL CENTER, TRA ARCHITETTURA E PAESAGGIO Il nuovo polo di innovazione tecnica Ferrero, situato ad Alba presso l’headquarter del Gruppo, rappresenta un modello di integrazione tra architettura industriale, paesaggio naturale, sostenibilità dei processi e benessere dei lavoratori. Progettato da Frigerio Design Group, è pensato per rispondere ai principi della manifattura 4.0 puntando a una produzione automatizzata e interconnessa, con una reciprocità tra uomo e macchina, in relazione con il suo ecosistema. La tecnologia, presente in ogni aspetto del nuovo polo, non è mai ostentata, ma sempre inserita armoniosamente in un’architettura riconoscibile e rassicurante, dove convergono l’identità aziendale, la storia e il know-how del Gruppo. Frutto di un concorso ad inviti indetto nel 2017, il Technical Center nasce dall’esigenza di riunire e rendere complementari e interconnesse le attività di engineering dell’azienda, in particolare quelle destinate alla progettazione dei nuovi impianti di produzione, con l’officina dove gli stessi vengono preassemblati e testati. Seguendo la filosofia progettuale della slow architecture, improntata allo sviluppo di progetti dalla ridotta impronta ecologica, che vivono nel tempo e traggono dal contesto le risorse per la loro stessa definizione, Frigerio Design Group ha dato vita ad un edificio costruito proprio a partire dal contesto naturale, in grado di entrare in relazione con gli elementi più caratteristici | 154
del paesaggio delle Langhe, peraltro fonte d’ispirazione per lo sviluppo del concept progettuale stesso. IL PROGETTO ARCHITETTONICO Il nuovo polo si estende su 12.700 mq e ospita oltre 200 dipendenti. L’architettura appare semplice e lineare, celando alla vista impianti e parti tecniche. Il volume compatto massimizza tutti gli apporti passivi e limita le risorse per la sua gestione e manutenzione, accogliendo nella parte inferiore le aree destinate alla produzione e in quella superiore gli uffici. La convivenza delle diverse funzioni si esprime attraverso superfici cieche in basso e trasparenti in alto. Sicurezza e comfort sensoriale sono i valori attorno a cui ruota l’intera realizzazione. Nello specifico, opacità e trasparenze sono studiate per enfatizzare le funzioni definendo un’architettura iconica: le aree destinate agli uffici si caratterizzano per le facciate trasparenti, mentre quelle che ospitano officina e impianti, sono nascoste alla vista. La grande hall di ingresso a tutt’altezza, inte-
ramente vetrata, dedicata all’accesso dei dipendenti e all’accoglienza dei visitatori, concentra in un unico spazio la percezione di tutto il mondo Ferrero. Al suo interno una scenografica scala metallica in un colore rosso vibrante attraversa il volume come una sorta di “passeggiata sospesa” e offre a chi la percorre una prima vista su alcune delle attività nel cuore dell’edificio: sulla tripla altezza della hall si affacciano infatti le ampie vetrate dei mezzanini, locali dedicati a zone sperimentali, sale riunioni, uffici per i consulenti, un’area relax e gli spogliatoi per il personale. Tutte le parti tecniche e gli impianti sono integrati nelle facciate o celati all’interno del Mezzanino, che connette con i suoi 3.300 mq progettazione e produzione. La struttura è completata da una copertura piana e aggettante che sporge a sud con una leggera pensilina con un frangisole realizzato con pale a sezione ellittica, a protezione delle vetrate degli uffici dai raggi solari. L’officina di 3.500 mq, con la sua ampia campata di 25 m e la sua lunghezza di oltre 100 m,
ospita il montaggio dei macchinari. Una pianta regolare, essenziale, con strutture a vista di colore bianco, dove le lavorazioni e gli impianti architettonicamente integrati sono lasciati a vista. Aperture nelle facciate catturano la luce naturale e l’aria, proteggendo dall’irraggiamento diretto del sole, reinterpretando il tipico shed industriale che qui - per la stratificazione delle funzioni dell’edificio - non poteva essere riproposto. L’architetto Enrico Frigerio le definisce “branchie”, veri e propri elementi che permettono all’edificio di respirare. I pannelli di tamponamento che racchiudono il volume industriale sono dotati di faccia interna microforata e fonoassorbente, al fine di migliorare la qualità degli ambienti e contenere l’inquinamento acustico verso l’esterno. GLI UFFICI Comfort working: queste sono le parole chiave utilizzate dall’architetto per sintetizzare il progetto per gli uffici, con spazi emozionali, dove i cinque sensi sono stimolati alla ricerca del giusto comfort. I materiali e i colori riproducono la
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natura che circonda l’edificio, rendendo gli uffici un vero e proprio “landscape in quota”. Una serie di patii verdi, denominati dall’architetto “giardini volanti”, sono stati inseriti al centro del grande openspace per assolvere funzione bioclimatica, acustica ed estetica, e assicurare così una migliore qualità sensoriale e un’illuminazione naturale; e permettendo al tempo stesso di integrare nella vita lavorativa momenti di relax e incontro, avvicinando la natura interna a quella esterna, anche grazie alla grande apertura sul paesaggio. Gli spazi ufficio, collocati all’ultimo piano, si estendono su 4.100 mq che ospitano sale meeting, spazi privati e aree relax, permettendo ai lavoratori di utilizzare postazioni ergonomiche che sono proiettate sul panorama paesaggistico.
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Gli ambienti sono caratterizzati da vetrate e aperture modulari, continue e trasparenti, con pochi elementi fissi e geometrie coordinate che offrono massima flessibilità. Tra le scelte progettuali, anche quella di togliere dalle singole postazioni i cestini per la carta creando un processo virtuoso di raccolta centralizzata differenziata che ha coinvolto attivamente i dipendenti avviando così una riflessione più ampia che facilita il riciclo. INTERIOR DESIGN BIOFILICO Il progetto d’interior si sviluppa a partire dall’elemento chiave del colore verde, presente in tre diverse gradazioni: sulle pavimentazioni in linoleum, alternato al legno di bambù, e nella successione di giardini aperti e sospesi legati dal
richiamo alle materie prime della produzione Ferrero. Pensati per rispondere alle esigenze dell’uomo e al suo comfort, gli spazi assorbono luce naturale e aria e sono stati studiati guardando ai benefici della biofilia, utilizzando il verde anche come sistema per la regolazione del microclima e inserendo piante di caffè, noccioli e melograni.
SOSTENIBILITÀ AMBIENTALE L’edificio, bioclimatico e nZEB (nearly Zero Energy Building), è stato concepito per ridurre al minimo le emissioni di anidride carbonica. Il volume è compatto, realizzato con materiali industriali, in prevalenza montati a secco: massimizza tutti gli apporti passivi (luce, aria e soleggiamento) e limita al minimo le risorse per la gestione e la manutenzione, contribuendo al tempo stesso a un’identità chiara e definita. Un impianto fotovoltaico sulla copertura garantisce una produzione di energia pari a 300 kW di picco. Grazie ad aperture contrapposte, nelle mezze stagioni gli ambienti potranno essere ventilati naturalmente. Gli uffici sono climatizzati con sistemi radianti a soffitto che funzionano a 40° rispetto ai canonici 70°, e svolgono anche la funzione fonoassorbente per il controllo acustico degli ambienti. I parcheggi esterni garantiscono inoltre il controllo dell’inquinamento luminoso grazie ad un sistema
smart, che ne regola l’accensione solo in presenza di traffico. Il progetto ha così dato vita a un “paesaggio” di spazi interni ed esterni dove lavorare e incontrarsi. Un workspace in cui la sostenibilità è al servizio di un’architettura all’avanguardia, in grado di garantire il massimo comfort e il benessere delle persone.
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HAIR SALON 2.0
Cortona ph. Andrea Bartolozzi Photographer
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UN DIAVOLO PER CAPELLO
Lo Studio Svetti Architecture rovescia il concetto tradizionale del salone di bellezza. Un Diavolo per Capello Hair Salon è infatti un luogo inaspettato e anticonvenzionale, un mash-up tra galleria d’arte e moderno fashion store metropolitano. Spiega l’architetto Emanuele Svetti: “L’obiettivo è stato lavorare sulla monotonia formale di un salone di bellezza per creare un concept con il solo scopo di renderlo funzionale ma allo stesso tempo anticonvenzionale, qualcosa di fresco, nuovo e moderno. Uno spazio bianco con incastonato un cubo giallo, come fosse un meteorite, che si staglia al centro dell’open-space, a far da quinta a tutta la parte funzionale del Salone.” Elemento strutturale e protagonista indiscusso dello spazio, il solido, così come si presenta, irradia lo spazio di luce e di energia. Tutto intorno si sviluppa il salone di bellezza, all’interno del quale prevalgono linee essenziali e rigorose e dove le fredde tonalità del bianco e del nero creano un forte ma ben equilibrato contrasto con il calore del giallo. Le forme geometriche degli arredi richiamano quelle del cubo giallo e contribuiscono a dare allo spazio quel tocco antitradizionale ma contemporaneo e ricercato.
Partner Finiture: Stefano Viti – Art Paint Lighting: Graziella Smart Technology con Flos Serramenti: Schüco Finiture Murali e rivestimenti: OIKOS PAINT Pavimentazioni: Novabell Arredi su misura: Perimetro Arredamenti Srl Arredi e complementi: Magis, Flos Superfici vetrate: Vetreria Savinese | 160
Vis a vis
EMANUELE SVETTI
Founder Studio Svetti Architecture Il progetto è fortemente materico, con quale criterio avete selezionato le superfici?
Il contesto in questo caso è uno spazio retail di cura della persona, un luogo “wellness” che quindi ha bisogno di alcuni accorgimenti. La scelta è stata quella di creare “un involucro” in cui far sentire a proprio agio le persone, mostrandone il “lato migliore” dopo lo styling dei professionisti, ottenendo al contempo quella funzionalità essenziale per questa tipologia di spazi. Abbiamo dunque optato per il grès, rivestendo parzialmente pavimenti e pareti con questo performante materiale. Il grès possiede vantaggiose caratteristiche e davanti alle necessità di un salone di bellezza - dove si creano umidità e non giungono a terra solo capelli bensì, a volte, anche materiali corrosivi – era indispensabile adottare una superficie estremamente pulibile e resistente. Le piastrelle sono state inoltre scelte in un effetto visivo simile al marmo di Carrara, con nuvolature grigio-nero, per mascherare all’occorrenza eventuali macchie e sporco dovuto al calpestio nelle giornate piovose. La restante superficie è stata ricoperta da calce, scelta per dare l’idea di una preesistenza, simulando un ambiente già vissuto, sottoposto ora ad una sorta di “make-up”. La stesura della calce è avvenuta in più passaggi, su più strati, con l’aggiunta finale di un fissativo e di uno smalto a base acqua per rendere il tutto uniforme. Per far capire al meglio all’impresa ciò che volevamo ottenere, sono dovuto intervenire personalmente, non sempre l’idea progettuale è facilmente condivisibile con gli artigiani impiegati nella lavorazione. Specialmente in questi casi, infatti, la visione dell’architetto va oltre a quella delle maestranze, seppur molto competenti, ed è fondamentale il lavoro sinergico per raggiungere il risultato sperato.
Come dialoga l’essenzialità della struttura con il colore e la materia? Si tratta di un “dialogo ideale” che cerco di creare all’interno di tutti i miei progetti. Una
scatola che si materializza e che diventa contenitore, in questo caso un macro-oggetto, parte narrante e fondamentale del progetto stesso. Quasi un intervento artistico all’interno di un lavoro di interior design. Il contenitore tende al bianco, massimo della neutralità, ponendo al centro il focus, cioè il cubo che si incastona, di colore giallo. Ho tratto ispirazione dalle opere di Anish Kapoor e dal cubo di Libeskind.
Che tipo di sfide tecniche avete incontrato e come le avete risolte?
La sfida tecnica più importante e che ha richiesto un maggior tempo di lavorazione è stata senza dubbio la realizzazione del cubo al centro. Siamo partiti dall’idea di creare una struttura metallica, ma per motivi legati al budget abbiamo virato su una soluzione alternativa, dallo stesso impatto scenografico. Trovare il giusto materiale, la giusta finitura e restituire il concetto del cubo come elemento preesistente perfettamente inserito nell’ambiente è stato complicato, ma tutto si è risolto grazie all’intervento di artigiani qualificati che sono riusciti a costruire la struttura in cartongesso e a rifinirla in resina. Altre difficoltà erano legate alla lavorazione stessa delle superfici e dei volumi, ad esempio per evitare che gli spigoli venissero posti ad una altezza pericolosa per le persone.
In che modo uno spazio così anticonvenzionale diventa anche funzionale?
Grazie allo studio di quelle che sono le zone di lavoro all’interno dello spazio stesso. Progettualmente partiamo dalle esigenze del cliente, che devono però combinarsi con una logica estetico funzionale. In questo caso, il cubo da solo risolveva quasi tutte le necessità: doveva essere un elemento di attrazione ma anche di utilità, per celare ad esempio le aree più intime, dei passaggi intermedi come il lavaggio, che in molti saloni al contrario risultano a vista.
In che modo la luce è progettata per entrare in relazione con gli elementi dello spazio?
La luce è fondamentale. Tendenzialmente progetto l’ombra, che è la risultante del processo di illuminazione. In un ambiente come questo, che ha bisogno di luce omogenea, un’altra sfida è stata proprio combattere le ombre che si vanno a creare non solo a livello architettonico, ma soprattutto quelle formate dal punto luce. La luce non doveva essere installata dietro alle postazioni di finitura, ma nella zona filo specchio per far sì che le persone vi rimanessero totalmente esposte. Nel classico salone da parrucchiere la luce arriva dal fronte dello spazio, ma in questo caso non sarebbe stato coerente con il concept del progetto; perciò, abbiamo privilegiato un’illuminazione più simile a quella di una galleria d’arte in cui i clienti si riscoprono veri protagonisti, vere “opere”. 161 |
EDITOR’S CHOICE
common spaces
DA EX LAVANDERIA INDUSTRIALE A FONDAZIONE D’ARTE Situata nel centro di Milano, tra le storiche via Orti e via Lamarmora, la nuova sede di Fondazione Elpis si colloca all’interno di un fabbricato indipendente, un corpo basso in mattoni rossi a vista, costruito nel 1885 come lavanderia industriale al servizio del vicino istituto di ricovero per anziani, abbandonato dai primi anni Novanta. L’edificio, sviluppato su circa 800 mq complessivi distribuiti su tre livelli, è predisposto per ospitare mostre temporanee, laboratori, proiezioni e installazioni site specific. La galleria si sviluppa al piano terra, espandendosi nei giardini esterni sui lati nord e sud, dove saranno installate opere all’aperto, e prosegue al primo piano con l’ampia galleria con tetto a vista e un terrazzo esterno. Al piano interrato, realizza-
to quasi totalmente ex-novo, si trovano spazi espositivi, depositi e laboratori. Una nuova scala interna in acciaio bianco collega i tre piani, con un andamento sinuoso che affianca il grande montacarichi a vista: gli spazi distributivi divengono così a loro volta espositivi, enfatizzando la continuità visiva e fisica tra gli spazi. Curato dall’architetto Giovanna Latis, il progetto di ristrutturazione è stato pensato per mantenere inalterato il carattere industriale dell’edificio, con un approccio conservativo sia sui volumi che sui materiali e le superfici. La tessitura esterna di mattoni è stata pulita e ricucita dove presentava delle lacerazioni, la copertura è stata oggetto di un delicato intervento di restauro e integrazione delle capriate ottocentesche, e il solaio intermedio tra piano terra e piano primo è stato messo a nudo, svelando volterrane in mattoni che sono stati puliti
e velati a calce secondo una lavorazione tradizionale che ne ha preservato il colore. Allo stesso modo, per il pavimento del piano primo è stato realizzato un tavolato in legno ad hoc, impiegando le porzioni di capriate del tetto che non erano più utilizzabili in copertura: un intervento sensibile e sostenibile verso i materiali e i loro cicli di utilizzo, reso possibile anche grazie alle capacità artigianali delle maestranze coinvolte. Diversa, infine la pavimentazione del piano interrato, in graniglia industriale, che si ammorbidisce in una pastina di cemento ad alta densità estendendosi fino a rivestire anche la scala.
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COLLECTIVE SPACES
RETAIL DAL DESIGN “MARMOREO” Un brand contemporaneo, giovane, eclettico e sempre all’avanguardia. Queste le parole chiave che hanno determinato e influenzato il nuovo retail concept Fracomina progettato dallo Studio Fabio Caselli Design per il centro commerciale veneto Nave De Vero. Il progetto ha prestato una grande attenzione non solo alla composizione spaziale ma anche all’analisi dei materiali. Ecco che la suggestione del marmo, come richiamo all’eleganza prettamente italiana, diviene così l’elemento caratterizzante del concept store. La ceramica Made in Italy effetto marmo Arabesque della linea Marmoker di Casalgrande Padana è sinonimo di elevate prestazioni tecniche combinate ad una ricerca estetica attenta, legata a superfici e grafiche innovative. Stile, design e qualità del prodotto sono le caratteristiche che hanno fatto propendere per l’inserimento di questo materiale all’interno di uno spazio pubblico ad alta frequentazione.
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LUCI SULLA CULTURA Il caratteristico villaggio di Sand nel comune di Nord- Odal, immerso nel profondo della vegetazione boschiva della Norvegia orientale, gode di un nuovo centro culturale. L’innovativo spazio di aggregazione multifunzionale Samling, progettato dallo studio Helen & Hard Architects, comprende una biblioteca, i nuovi uffici per la banca Odal Sparebank e una decina di appartamenti, in una composizione compatta, unica e geometricamente intrigante che li combina e li implementa nello stesso edificio. La struttura iconica a forma rotonda dalle sporgenze ondulate, posta in posizione prominente all’inizio della via principale del paese, si espande in un atrio ovale tutto aperto, interconnesso, donando un senso di spazio che va oltre la struttura stessa. Al centro dell’edificio, un cavedio collega il piano terra al primo piano e viceversa. Il materiale ecologico per eccellenza di cui la struttura è composta, ossia il legno, ha qualità estetiche e sensoriali uniche ed è utilizzato, internamente,
come portante a vista, esternamente, come rivestimento a doghe. Il suo utilizzo riconduce alla fulgida storia del legno locale e all’esperienza, fin dall’antichità, della sua sapiente lavorazione delle popolazioni nordiche. Ampie facciate in vetro lasciano intravedere la taiga scandinava e l’ambiente circostante, suggerendo un dialogo continuo tra natura e architettura, mentre lo spazio interno è stato suddiviso in strutture a telaio dalla forma organica che, disposte radialmente, separano gli ambienti dedicati a diversi utilizzi. Il progetto di illuminazione studiato da SML Lighting, che impiega apparecchi L&L Luce&Light, risulta tratto distintivo caratterizzante, rispondendo all’esigenza di una luce flessibile e allo stesso tempo adattabile a tutte le destinazioni d’uso dell’edificio, mantenendo inalterate le sue funzionalità e il benessere dei suoi fruitori. Tutta l’area della biblioteca, ad esempio, è stata dotata di un’illuminazione d’effetto, che unisce sistemi minimalisti con giochi cromatici di grande impatto.
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COLLECTIVE SPACES
UNA STRUTTURA SANITARIA PER “DIFFONDERE AMORE” Lo Xiamen Humanity Maternity Hospital è un’estensione dell’esistente Xiamen Hong’ai Hospital. Il suo nome si riferisce alle intenzioni alla base della filosofia dell’ospedale, con Hong’ai che significa “diffondere amore”. La sua atmosfera accogliente e sicura offre agli utenti un’esperienza ospedaliera completamente nuova. L’edificio, progettato da Lemanarc, practice di
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architettura specializzata nella progettazione sanitaria orientata al futuro, presenta morbide curve, un design accogliente e rassicurante e numerosi spazi verdi tra cui un giardino indipendente. Tecnologie avanzate sono state integrate per massimizzare i fattori ambientali dell’edificio; considerazioni sulla luce solare, meccanismi di ombreggiamento e recupero dell’acqua piovana sono solo alcuni dei processi che contribuiscono a migliorare il risparmio energetico. La sua facciata è stata meticolosamente concepita come polmone dell’edificio, che promuove la
circolazione dell’aria e respira attraverso le fessure ricavate nella sua architettura. L’interno è razionale ed è progettato tramite moduli a griglia funzionali. Il design modulare ortogonale interno consente di sostituire e sviluppare facilmente varie funzioni mediche, rendendolo flessibile e adattabile a trattamenti futuri. La sua selezione di materiali gioca intenzionalmente con un mix di contrasti, offrendo un colore del legno caldo e uniforme che rafforza il sentimento di “amore diffuso” di Hong’ai.
SHOPPING EXPERIENCE 2.0 Il produttore olandese di mobili contemporanei Leolux ha aperto il suo nuovo “Experience Center” vicino ad Amsterdam. Per la realizzazione degli interni, sviluppati su 3500 m2 e incentrati, appunto, sulla miglior customer experience, è stato coinvolto lo studio di architettura i29, chiamato a creare un equilibrio ottimale tra aree più raccolte e aree collettive, offrendo ai visitatori una varietà di “esperienze” durante il proprio tour nel locale. Grazie all’ampiezza e apertura visiva della metratura, sin dall’ingresso i visitatori sono spronati ad osservare l’intero edificio, coltivando così la curiosità di esplorarne tutte le zone. Al centro dello showroom si staglia un grande soppalco che seziona i 12 metri di altezza della struttura e delimita i differenti ambienti. Salendo al secondo livello, i clienti possono osservare le proposte di modelli, colori e materiali dei mobili contemplando la suggestiva opera d’arte personalizzata di Thomas Trum. L’ampia scala in legno che collega i piani e l’albero imponente nell’area reception, evocano naturalezza e autenticità, concetti centrali della produzione del brand. I mobili progettati su misura funzionano sia come espositori per materiali che come divisori. Circondati da materiali e colori, ai clienti viene offerta un’esperienza di shopping personale.
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COLLECTIVE SPACES
SOSTENIBILITÀ IN LEGNO Il Sara Cultural Center, sorto nella città svedese di Skellefteå, appena sotto il circolo polare artico nella Lapponia svedese, è stato premiato dall’International Award for Wood Architecture come miglior edificio contemporaneo in legno. Progettata da White Arkitekter e alta 75 metri declinati in 20 piani, questa struttura è attualmente una delle più alte costruzioni lignee del mondo, a testimonianza di come anche su larga scala sia possibile costruire in modo intelligente e sostenibile. Combinando materiali tradizionali con la tecnologia più moderna, l’edificio ospita la Skellefteå Art Gallery, il Museo Anna Nordlander, il Västerbotten Regional Theatre, la nuova City Library e The Wood Hotel con ristorante, spa e centro congressi. Il Sara Cultural Center è realizzato interamente con legname di provenienza locale proveniente da foreste regionali sostenibili, lavorato in una segheria a circa 50 km dall’edificio. La struttura in legno assorbe più del doppio delle emissioni di carbonio causate dall’energia operativa e dal carbonio incorporato dalla produzione di materiali, dai trasporti e dalla costruzione in loco. Il design consapevole, insieme a un innovativo sistema energetico sviluppato riduce inoltre il consumo energetico dell’edificio. I pannelli solari sul tetto producono energia rinnovabile che, combinata con la struttura in legno, compensa le emissioni di CO2 prodotte dall’edificio. L’edificio è stato progettato per avere una durata di vita di almeno 100 anni e sarà carbon negative entro 50 anni.
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E V E R G R E E N
Paola Paronetto ICONE IN PAPER-CLAY
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di Sabrina Tassini ph. Studio Auber, Clap Collective Ceramista dalla spiccata vena artistica, Paola Paronetto inizia giovanissima la sua formazione per poi consolidare una tecnica vincente che porterà i suoi lavori ad essere riconosciuti a livello internazionale. Dal 2000 si dedica al paper clay, un impasto composto da carta e argilla diventato ben presto la base materica della sua cifra stilistica, nonché delle sue realizzazioni più iconiche - prima fra tutte la collezione degli scultorei “Cartocci” – che prendono vita in un suggestivo laboratorio immerso nel verde nel circondario di Pordenone. Una mente creativa a metà tra arte e design, la cui ricerca non sembra arrestarsi, aprendosi anzi a sempre nuove opportunità e collaborazioni d’impronta multidisciplinare. Paola, quando e come è nato il suo interesse per la ceramica e per la lavorazione artigianale? Avevo diciotto anni quando mi sono iscritta ad un corso di ceramica sull’uso del tornio. È cominciato così il mio amore appassionato per l’argilla. La mia ricerca personale è continuata poi tra Umbria e Toscana, per approfondire la conoscenza sui materiali ceramici e sulle tecniche tradizionali di costruzione delle forme. Fondamentale fu per me conoscere “La Meridiana” di Pietro Elia Maddalena, una prestigiosa scuola internazionale a Certaldo, piccolo paese
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in provincia di Firenze dove Maddalena invitava ceramisti internazionali. Ma la vera rivelazione fu l’incontro con Giovanni Cimatti, che è stato per me il maestro più stimolante. Ho continuato a seguirlo per il suo straordinario entusiasmo, assolutamente contagioso. Sperimentando poi quanto appreso, da sola nel mio laboratorio, diedi vita alla mia prima vera collezione di vasi con forme naturali e rotondeggianti che chiamai “Congo”, fatti al tornio con argilla di Sansepolcro, rivestiti di ingobbi e di terra sigillata. Con questo bagaglio di forme e colori ho iniziato a partecipare a svariate mostre, mercatini, fiere, sempre con grande soddisfazione. Successivamente ha scelto di concentrarsi sul paper clay. Perché questa decisione e quali sfide tecniche ha dovuto affrontare? Sentivo il bisogno di affrontare nuove sfide e presentare qualcosa di molto personale a livello internazionale, soprattutto a Parigi. In un momento di crisi mondiale mi sentivo spinta dal desiderio di dare il mio contributo per rispondere alla richiesta generale di novità. Volevo lavorare la ceramica in modo meno restrittivo esprimendomi più liberamente e l’impasto della paper clay mi sembrava ideale. Ho sperimentato molto, attraversando non poche difficoltà tecniche e personali, fino a dare vita alle mie “famiglie di Bottiglie” e via via creando con questa tecnica forme sempre più grandi, morbide e in movimento. Diedi vita nel tempo
a molte altre collezioni che immaginavo fortemente collegate alla natura, con il suo dinamismo e la sua forza. Da ciascuna creazione traspaiono infatti chiari riferimenti agli elementi naturali. La natura ricopre quindi un ruolo chiave nel suo processo creativo… Alla base di tutto c’è una predisposizione all’ascolto e all’osservazione di ciò che mi circonda. Il mio laboratorio, ad esempio, è immerso nella natura, che con le sue suggestioni e i suoi ritmi imprime una profonda eco sui miei lavori. A proposito di questo laboratorio/atelier, potremmo considerarlo la sua seconda casa? Il mio atelier è in un certo senso la mia vera casa. Le due realtà più o meno coincidono da sempre, e si sono sviluppate nel tempo in modo funzionale. Non riesco a immaginarmi lontana dalla natura, non necessariamente quella in cui mi trovo ora. Penso che potrei benissimo vivere immersa in altri suggestivi paesaggi italiani. Tutti i suoi oggetti, a metà tra design e arte, sono accomunati da tratti irregolari e dinamici, cromie accoglienti e rilassanti. Quale la filosofia alla base? Vorrei trasmettere a chi li guarda una sensazione di pace, di calma e serenità. Come in un mondo incantato e sospeso dove affiorano riflessioni leggere ed emozioni positive.
Da “Ranuncoli” a “Le Signorine” passando per le intriganti “Safa” e “Reflections”, quest’ultima sviluppata in collaborazione con Giovanni Botticelli: cosa caratterizza maggiormente le nuove collezioni presentate in anteprima a Parigi? A che punto della sua ricerca stilistica e materica si collocano? Le nuove collezioni rispondono all’esigenza di rappresentare il mio immaginario di forme e colori, sempre interpretando e lasciandomi contaminare dagli innumerevoli stimoli esterni: in questo senso la collaborazione con un giovane designer molto preparato come Giovanni Botticelli è stata per me una fonte di grande ispirazione. Grazie al suo lavoro su vetri e specchi ho potuto immaginare una nuova destinazione dei miei Ring e delle mie Ninfee, che ora sono anche sculture da parete nella duplice funzione di specchi e lampade. Ogni complemento, seppur replicabile, è fatto a mano, dunque mai identico ai precedenti. Le capita però di realizzare anche “pezzi unici” su misura e personalizzazioni per specifici progetti? Sì, nel corso della mia attività ho creato, e ancora lo faccio, pezzi in limited edition. Ho un rapporto molto personale e diretto con i 175 |
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miei clienti – sia privati che retailers - che talvolta mi danno suggerimenti sulle composizioni dei pezzi e sull’accostamento dei colori. Questo ci permette di raggiungere una perfetta armonia tra il mio immaginario e il loro personale modo di vivere gli spazi. Alla luce di un percorso costellato di consensi, c’è un insegnamento di cui fa tesoro? Il consenso è il risultato di tanto duro lavoro e di un profondo e sincero impegno. Penso che ogni artista, una volta individuata la sua strada, debba seguire istintivamente il suo percorso alla ricerca di sè stesso processo, questo, per sua natura inarrestabile. Ci racconta un sogno nel cassetto e un progetto che vorrebbe realizzare in futuro? Molti sono i progetti che mai avrei pensato di realizzare ma che stanno diventando realtà. Penso, ad esempio, alla prestigiosa collaborazione con Veuve Clicquot che ha appena preso il via. Ora seguo il flusso creativo cercando di portare la mia cifra stilistica anche oltre il tradizionale ambito della ceramica. E un posto nel mondo che la affascina? Mi affascinano i posti che non ho ancora visitato, quelli che affiorano nei miei sogni come il Cretto di Burri dove spero di poter passeggiare presto, magari con tempi dilatati e sospesi.
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The sound of water.
Si può percepire il suono del benessere? Certamente sì: il rumore dell’acqua che scroscia, scende, defluisce e lascia dietro di sé un senso di benessere e pulizia. Una vera e propria sinfonia capace di prolungare il piacere della doccia, trasformando in suono un momento unico. Perché tutto questo possa accadere, è fondamentale che l’acqua scorra senza incontrare ostacoli: per questo abbiamo progettato le canaline per l’ambiente bagno PP Drain Aqua, in cui bellezza e funzionalità si fondono. Non è forse questo il suono dell’acqua?
AFFINITÀ BARRIQUE Da Transalpe alla Catalunya
di Marco Piccoli ph. Alex Trullas, Elisa Cesca
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UN ROVERE SPECIALE SI RIFÀ IL LOOK A BELLUNO Nella prestigiosa filiera del Made in Italy si svela la prima tappa per la lavorazione del Quercus petraea. In terra Serenissima il rovere massiccio viene trasformato in eleganti doghe affustate in cerchi di metallo. Le Bordolesi possono barricare da 225 a 228 litri di uvaggi. Ciò nondimeno, esaudita la loro esperienza vinicola, gli anziani barili vengono sostituiti da altri tini più giovani, proseguendo verso una seconda svolta trasformativa.
Ai piedi delle Dolomiti visitiamo MFDESIGN, azienda specializzata nel recupero delle barrique. Il destino di questo rovere è legato alla sua persistenza: quando le tavole approdano alla clinica del legno di MFDESIGN [nello stabilimento di Sedico] si scrollano di dosso le fatiche dei lustri passati a disciplinare il vino. Attraverso un raffinato processo di essiccazione, MFDESIGN si fa interprete di questa transizione, affidando al rovere massiccio un ruolo da protagonista ne La Bodega Anxoita di Barcellona. La pavimentazione a tavole di rovere
francese rigenerato porta la firma dei mastri falegnami bellunesi. Oltre alle doghe barrique, non potevano mancare i tavoli posati sulle bordolesi e le panche massicce per assaporare l’atmosfera della vermuteria. Alla fine del viaggio permane quella sensazione di convivialità che restituisce l’essenza produttiva di MFDESIGN: il rovere francese è stato rianimato ai piedi delle Dolomiti per sostenere passi autentici di nuovi incontri nel legno, per accogliere sorrisi sospesi nel comfort di una tarde catalana.
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EDITOR’S CHOICE
new materials in town
BESANA CARPET LAB MARWOOLUS® CARPET L’aspetto unico del Marwoolus®, materiale composito brevettato da Marco Guazzini nel 2015, è stato riprodotto sulla moquette Besana. Con il supporto dell’azienda, il designer ha iniziato il proprio processo creativo realizzando fotografie in alta definizione di alcuni dettagli del materiale, composto da polvere di marmo di Carrara e fibre di lana che contribuiscono al suo particolare look contraddistinto da venature filamentose colorate. I dettagli sono stati poi elaborati in digitale, dando vita ad un disegno artistico originale, studiato per essere riprodotto all’infinito. Il risultato è un pattern costituito da elementi filamentosi sparsi, con varie tonalità e dimensioni che contribuiscono a dare fluidità e dinamicità al disegno, rendendolo elegante e visivamente armonico. Tre le combinazioni di colore sviluppate: Corallo, Argento e Oasi. Il decorativo può essere realizzato su misura sia come moquette che come tappeto, definendo forma e bordatura.
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dove è possibile passare gradualmente da una forma ad un altra. In Mediana i due segmenti che uniscono la metà dei lati si sovrappongono definendo un “sopra” e un “sotto”, fondamentale nella differenziazione dei pattern. Eccentrica è semplicemente un rettangolo decentrato rispetto al perimetro esterno, con i 4 margini proporzionalmente diversi tra loro.
DÉCO | MOOVE.VITTER®
MIPA | OPTICAL TRIPS Studio Meneghello Paolelli disegna Optical Trips per Mipa: una collezione di rivestimenti in graniglia, utilizzabili sia in orizzontale sia in verticale, declinata in quattro linee diverse (Vertice, Mediana, Eccentrica, Traverso), accomunate dalla caratteristica di avere un unico modulo quadrato (input) che, disposto casualmente o seguendo degli schemi di posa, genera output diversi: configurazioni e decorazioni completamente eterogenee fra loro. | 184
Attraverso l’accostamento di questi elementi, che rappresentano veri e propri moduli, la superficie ha così la potenzialità di svilupparsi in layout complessi, sempre diversi, e trova nella ripetizione e nell’accostamento la chiave di lettura di un programma più articolato, in un vero e proprio viaggio sulle infinite possibilità della geometria. Vertice presenta, appunto, due diversi vertici che, differentemente accostati, possono assumere 6 diverse forme. Traverso lavora sulle diagonali del quadrato ed è forse la più iconica, sia nella versione random che negli schemi di posa e nelle “metamorfosi”,
La collezione di rivestimenti indoor per pareti e controsoffitti Moove di Déco si arricchisce con Moove.Vitter®, la nuova proposta pensata per rivoluzionare ulteriormente il concetto di boiserie attraverso geometrie contemporanee ed esclusive palette colore. Adatta a rivestire anche complementi di arredo, permette un’elevata personalizzazione attraverso texture, nuance e lavorazioni per originali giochi di luci, ombre e forme. Moove.Vitter® è realizzato con il multistrato compatto di nuova generazione VittEr® creato da Filippi 1971, azienda con cui Déco ha instaurato una collaborazione esclusiva per realizzare questa collezione dal carattere grintoso e poliedrico. Adatto ad applicazioni indoor e outdoor, VittEr® è un materiale innovativo costituito dalla termocompressione di fogli di carta colorata che, saldandosi tra loro grazie al calore, danno vita a pannelli dalla densità elevatissima e totalmente colorati, fin negli strati più interni; per questa sua natura, è detto essere un multistrato “tutto colore”. Le tinte distintive dei pannelli Moove.Vitter® non dipendono quindi dall’utilizzo di vernici ma sono una caratteristica intrinseca del materiale con cui i moduli sono realizzati. A seconda della lavorazione e del tipo di fresatura, il colore si rivela con diverse intensità a seconda del profilo, in modo da offrire una gamma cromatica dai diversi gradi di saturazione. Moove.Vitter® è ignifugo (VittEr® è certificato non combustibile e non infiammabile secondo la classificazione B-s2,d0), resistente a graffi, agenti atmosferici e chimici, facile da pulire con qualsiasi detergente, risultando quindi adatto anche a contesti commerciali e contract. La sua totale impermeabilità lo rende ideale all’installazione in bagni e cucine e la sua superficie antibatterica infusa di ioni di argento è certificata come capace di neutralizzare la proliferazione di microbi.
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WALL&DECÒ | WATERFALL Serena Confalonieri disegna Waterfall per Wall&decò, il nuovo wallpaper che si ispira all’iridescenza dell’arte lenticolare. Una cascata di colori e geometrie che, come dietro ad uno strato d’acqua, perdono i loro contorni e si fondono dando un senso di fluidità e addolcendosi attraverso le sfumature. Disponibile in due diverse varianti cromatiche, Waterfall si contraddistingue per dinamismo e profondità.
NOVACOLOR ARCHI+ PIETRA INTONACO Il cave design, stile architettonico contemporaneo che punta ad enfatizzare l’aspetto naturale della pietra, è fonte di ispirazione per Novacolor, le cui proposte riescono a riprodurre effetti murali attraverso un’applicazione veloce e a strati sottili, rispondendo al desiderio estetico di ottenere matericità e naturalezza nelle superfici interne. Archi+ Pietra Intonaco, la finitura decorativa in polvere a base di calce idraulica a grana grossa, è un cult della linea Minerals del brand. Questa finitura, capace di un’elevata adesione, elasticità e traspirabilità, nonché resistenza alle aggressioni alcaline e alla formazione di muffe e batteri, si contraddistingue per essere completamente esente da materie dannose non solo per la salute, ma anche per l’ambiente. Archi+ Pietra Intonaco ha infatti varcato la nuova soglia dell’avanguardia sostenibile grazie all’acquisizione della certificazione Eurofins Indoor Air Comfort Gold, strumento consolidato e riconosciuto a livello internazionale per dimostrare la conformità del prodotto con criteri di bassa emissione di VOC stabiliti in Europa. Il prodotto, considerato un best in class per garantire la qualità dell’aria interna, da una parte testimonia un’offerta sicura ed affidabile, dall’altra concorre a mantenere alti gli standard estetici che delineano l’evoluzione dell’architettura negli ultimi anni. | 186
PORCELANOSA SAVANNAH Realizzata in gres porcellanato rettificato e disponibile in tre colori, la linea Savannah è perfetta sia a pavimento sia a rivestimento e dona agli ambienti un aspetto naturale e rilassante. Appartenente a STON-KER®, vanta eccellenti proprietà tecniche e un delicato design, particolarmente indicato per la posa in contesti residenziali, in interno ed esterno.
È disponibile nelle colorazioni Topo, Acero e Caliza e nei formati da pavimento di cm 59,6x59,6 e cm 120x120, quest’ultimo anche in versione Antiscivolo adatta per terrazzi e zone aperte molto transitate. I rivestimenti sono invece disponibili, nei medesimi colori, nel formato di cm 59,6x150, e si completano di due tipi di decorazioni superficiali: Vértice Savannah e Deco Savannah. La prima è caratterizzata da segni incrociati che creano una bocciardatura, dando luogo a un pattern geometrico molto adatto per la zona giorno, come ad esempio per arredare le pareti
di una sala da pranzo. La seconda, Deco Savannah, vanta invece fregi orizzontali, estremamente lineari e dal design pulito, perfetti per il bagno. I tre colori della serie, ispirati alla pietra, esaltano la luminosità degli ambienti e li riempiono di tranquillità, calma e relax, mentre i rivestimenti decorativi rendono possibile l’aggiunta di un tocco speciale alle pareti, interne ed esterne.
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SALVATORI | PASSEPARTOUT Una collezione di rivestimenti a parete, nata dal desiderio di recuperare i resti della produzione in un’ottica di riciclo e zero scarti, oltre alla volontà di accostare marmi differenti e creare soluzioni inedite, uniche e altamente personalizzate. Il nome, Passepartout, rimanda al riquadro che in un’opera d’arte o in una fotografia viene utilizzato per impreziosire l’immagine proteggendola e donandole profondità: il nuovo rivestimento Salvatori propone una superficie di fondo in pietra naturale, con moduli di 293x230 mm, su cui è possibile applicare delle forme geometriche a rilievo - quadrati e rettangoli - anch’esse in pietra, creando una tridimensionalità ton sur ton o a contrasto, con cromie differenti; le forme geometriche applicabili saranno in futuro disponibili anche in legno o metallo. Lo sfondo, quindi, proprio come un passepartout, sottolinea la forma applicata come una cornice sottolinea la fotografia adattando dimensioni e proporzioni a quelle dell’ambiente per la massima libertà di personalizzazione. Le forme geometriche di Passepartout vengono realizzate recuperando scarti di produzione, in un’ottica di no-waste, fondamentale quando si lavora con un materiale prezioso e raro come il marmo.
MIRAGE | MAND La collezione Mand – Materiali d’Animo Nobile e di Design – è un progetto di strutture per rivestimenti in grès porcellanato. Il naming ne anticipa le caratteristiche principali, giocando con le parole made e hand; la collezione infatti, si ispira al mondo delle tecniche artigianali, dove irregolarità e imperfezioni rendono questi elementi unici. A donare matericità e struttura ad ogni dettaglio, la luce, la stessa che irradia gli ambienti mediterranei a cui si ispira l’intera collezione. Un gioco di ombre, di vuoto e di pieno, caratterizza tutte e 5 le finiture della collezione: Mellow, Armour, North, Dawn e Muse. La scelta di una palette neutra che va dal bianco caldo al grigio chiaro fino al terracotta, consente uno styling trasversale per arricchire con semplicità ogni tipo di ambiente, fino a quelli più spiccatamente di design. Il formato particolarmente compatto – 450x300 mm – va incontro ad ogni esigenza stilistica, creativa e progettuale, adattandosi agevolmente a ogni tipo di posa. Lo stesso mix and match possibile negli ambienti interni, nasce per essere declinato anche in outdoor. | 188
COSENTINO DEKTON® PIETRA KODE Pietra Kode è una nuova collezione Dekton® di superfici ultra compatte e ad alte prestazioni firmata Daniel Germani. Una reinterpretazione della bellezza senza tempo e del design naturale di tre pietre classiche: la pietra di Vicenza, il marmo Travertino e il Ceppo di Gré. La struttura molecolare di ciascuna è stata scomposta e ricodificata in chiave contemporanea grazie all’esclusivo processo di ultra compattazione di Dekton® by Cosentino che
ne esalta le proprietà e ottimizza le performance tecniche. Un materiale che non si deteriora, totalmente inorganico, di durezza e resistenza eccezionali, adatto alle condizioni più estreme e a qualsiasi applicazione, dalle facciate, ai pavimenti e ai rivestimenti, fino ai piani di lavoro per bagni e cucine, sia all’interno che all’esterno. Una superficie che minimizza il suo impatto ambientale, con emissioni carbon neutral durante tutto il suo ciclo di vita e che si impegna nella circolarità, come sancito dalla sua certificazione Zero Waste.
Le tre serie - Vicenza Kode, Travertine Kode e Ceppo Kode sono declinate in sette tonalità colore. “Per questa collezione, ho passato molto tempo a decodificare la storia di ogni pietra dell’architettura italiana e a reinventarla in un design contemporaneo con tutti i vantaggi di Dekton”, racconta Daniel Germani. “Pietra Kode è una collezione che esalta il lusso nei piccoli dettagli sobri. È progettata pensando al futuro e completa qualsiasi spazio in un modo che non passerà di moda.”
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CREATIVITY ROADMAP
Non essere irriverente sii rilevante. Questo motto di Jack Larsen ha sempre rappresentato per me un obiettivo da raggiungere, sin da quando ho iniziato a lavorare nel mondo del tessile nel 1996 a New York. Un vero e proprio mantra, che indirizza il mio approccio alla sperimentazione, all’analisi e, più in generale, alla creatività. Da quel momento, ho cercato di tradurre in tessuto la mia immaginazione, facendomi guidare dall’istinto, provando ad interpretare e precorrere le tendenze del futuro. La vera sfida che mi trovo ad affrontare quotidianamente riguarda tuttavia il conciliare l’inventiva e il fattore wow con il cosiddetto “bread&butter”. La creatività deve infatti necessariamente trovare un equilibrio con le esigenze commerciali e con gli aspetti concreti per la realizzazione del prodotto finale. È importante rispettare la filosofia del marchio, mantenendo una visione globale e tenendo conto delle differenze tra i Paesi su cui ci si affaccia. Questo, d’altronde, è il compito di un art director che, per creare nuove collezioni, raccoglie materiali, colori, forme, suggestioni, con l’obiettivo di spingere progressivamente i limiti creativi oltre al consueto, con audacia, ma senza tradire il DNA del brand. L’occhio di un creativo intraprende un viaggio per alimentare la propria fantasia. Attinge dalla memoria dei luoghi che ha visitato, scova meraviglie e cerca senza sosta oggetti, disegni e dipinti insoliti. Custodisce film d’essai, monitora Instagram o Pinterest, dedicando il suo tempo a momenti intensi di esplorazione. La sua curiosità è eternamente risvegliata, spinta da una sete inestinguibile. Ogni mente creativa coglie una visione soggettiva del proprio incontro con la cultura e la Natura, per poi riflettere su ciascuna idea, prendendovi le distanze e concretizzando successivamente il tutto in un processo elaborato e metodico.
Fotografia, cinema, elementi naturali, letteratura, conferenze: sono molte le cose che personalmente possono ispirarmi, ma l’arte è forse l’ambito più stimolante. Nei musei ho passato la maggior parte del mio tempo; trovo infatti ci sia un legame forte tra arte e tessuto. Basti pensare a Sheila Hicks, una delle pioniere nell’utilizzo del tessuto come espressione artistica e nel cambiare il nostro modo di percepire le fibre tessili, fino a rappresentarle come vere e proprie sculture. Penso inoltre che la creatività, in questo momento storico, sia in gran parte legata alla consapevolezza della condizione dell’ecosistema, e si apra alle riflessioni su come proteggere il pianeta, come ritrovare e riportare serenità nel nostro mondo per renderlo migliore. Valutazioni, queste, alla base di un rinnovato interesse per il fatto a mano di qualità, per l’imperfezione che si riscopre bellezza autentica e si manifesta ad esempio nelle fibre naturali non raffinate, dall’aspetto artigianale. Dopo anni di forte stress dettato da situazioni snervanti come pandemia e conflitti, ma anche di minimalismo sul fronte stilistico, le persone stanno poi riscoprendo il piacere di osare, nutrendo un forte desiderio di “pigmentare” la propria vita, anche negli spazi domestici, personalizzandoli con tocchi di colore e design iconici. Uno dei modi migliori per farlo, ottenendo degli ambienti unici e sempre più gradevoli, è puntare sui tessuti, che possono apportare maggiore comfort, anche acustico per le proprietà isolanti. I tessuti rispondono così a numerose esigenze, conservando un evidente potenziale non solo per l’abbellimento della casa ma anche per renderla più abitabile, intima e accogliente.
Ariane Dalle Art Director Élitis Textile
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Ariane Dalle, che alcuni conoscono come la “regina delle stoffe”, ha preso la direzione creativa della linea tessile di Élitis dal 2020. Ha immaginato le sue prime collezioni nel suo laboratorio di Sentier, a Parigi, con la volontà di “riconciliare il lavoro artigianale dell’uomo con quello della macchina industriale”. Per affrontare una tale sfida, le è stato necessario utilizzare le tecniche più raffinate ed esplorare metodi creativi innovativi, arrivando a realizzare sfilacciature con il laser, associare il Jacquard al ricamo, e ancora, stampare un pigmento sulla parte posteriore di un tessuto per invecchiarne l’aspetto. Se riesce a fare questo è anche grazie a una vita interamente dedicata al settore. Dopo il suo inizio di carriera nel 1996 a New York presso il “mago dei tessuti” Jack Lenor Larsen, Ariane ha proseguito il suo percorso presso grandi aziende. Ha iniziato con Manuel Canovas e con un’esposizione prolungata sui colori Cocciniglia, Garanza, Manganese, Veronese, Nattier. “Il colore è la vita”, amava dirle il fondatore. In seguito, è stata nominata Direttrice delle collezioni, Coordinatrice delle marche e Direttrice degli accessori per Pierre Frey, Boussac e Braquenié. È poi entrata a fare parte del gruppo Coleflax per diventare la Direttrice artistica di Larsen, dove ha cominciato un dialogo estetico tra materia e tessuto ispirato al savoir-faire artigianale e all’osservazione della natura. Nel febbraio di tre anni fa è approdata alla Maison francese in cui tuttora lavora, affascinata dal suo approccio creativo e dalla sua passione per le materie prime. 193 |
EDITOR’S CHOICE
design dispatch
THE MEMORY OF STONES La bellezza grezza della pietra estratta dalla cava e combinata con frammenti di marmo scartati e selezionati a mano è alla base delle sculture progettate dall’architetto Aline Asmar d’Amman in collaborazione con l’azienda italiana Laboratorio Morseletto. Abbellendo le cicatrici lasciate sulle lastre di pietra vicentina dove il marmo viene tagliato e confezionato, i frammenti brutalisti, spesso invisibili, vengono elevati allo status di materiale nobile. Le superfici bruciate diventano oggetti del desiderio; vengono utilizzate per realizzare una serie di pezzi unici con inserti di marmo “trapiantato”. Trasformato e innestato, esso continua il rapporto con la pietra in cui è avvenuta la sua stessa alterazione. Il nome The Memory of Stones, riecheggia i testi di Roger Caillois “The Writing of Stones” e “Reading the Stones”, e la sua visione originale infusa di surrealismo, scienza, estetica, miti e letteratura.
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LA “FORZA GENTILE” DI LALITA Una forza gentile, un’armonia spontanea che ispira calma e semplicità. Sono queste le sensazioni che hanno guidato i designer Angeletti Ruzza nell’ideare per Ceramica Globo, Lalita, una collezione d’arredo bagno il cui nome, di origine sanscrita, racchiude nella sua radice proprio questi significati. Una serie dallo stile senza tempo, equilibrata, armonica, in cui linee dolci e proporzioni generose restituiscono atmosfere rilassanti ed essenziali, che accompagnano una rinnovata ritualità quotidiana. La collezione è formata da vasi, sospesi e terra, dotati dell’innovativo sistema di scarico CLEANSTORM®, un silenzioso flusso d’acqua pilotato che libera la vasca dalla brida, permettendo un design lineare in grado di garantire una pulizia profonda e accurata. Lalita include inoltre bidet, anch’essi disponibili sospesi o a terra, lavabi d’appoggio da posizionare su struttura freestanding o su piano. A completare la proposta vi sono mensole e specchi, complementi d’arredo che aggiungono personalità alla sala bagno. I modelli della collezione sono personalizzabili in due differenti tipologie di finiture: le suggestioni materiche della collezione “Le pietre”, ispirate a marmi e pietre di graniglia e le nuances di “Bagno di Colore” con 14 cromie disponibili che spaziano tra sfumature calde e avvolgenti, a toni freddi, fino alle proposte più audaci e contemporanee dall’effetto opaco.
VALORIZZARE IL “NEGATIVO” cc-tapis presenta la nuova collezione disegnata da Formafantasma. Una collaborazione iniziata durante il periodo della pandemia, quando il duo di designer è entrato in contatto con alcune immagini del processo produttivo dei tappeti dell’azienda e in particolare, delle fasi di lavorazione in cui colori e parole random vengono | 196
annodati nello spazio in negativo del tappeto, destinato ad essere rimosso per creare tappeti a forma libera, tele bianche su cui gli artigiani sono soliti esprimersi successivamente. La nuova collezione si propone di valorizzare le grafiche in negativo, che invece di essere eliminate diventano in questa inedita interpretazione uno stimolante punto di interazione tra designer e produttore.
IL “BENE-STARE” SECONDO FLOAT Lontano dalle forzature del glamour, il design del divano FLOAT ideato da Massimo Iosa Ghini per Felis, ricerca una nuova normalità, il calore dell’accoglienza e la riscoperta dei ritmi dello “slow living”. “FLOAT nasce da un’idea organica generata da forme biomorfe. C’è un legame con la tradizione curvilinea bolidista che mi caratterizza; tuttavia, la mia vocazione attuale è più legata a una naturalità più morbida che non è disgiunta da quanto facevo prima, ma che è semplicemente un’evoluzione. Oggi preferisco linee meno forzate dal punto di vista estetico per ritornare alla morbidezza del corpo. Le forme organiche di FLOAT sono più congruenti a quello che siamo, dal punto di vista anatomico”, commenta il designer. Il progetto del divano FLOAT nasce infatti da un segno architettonico molto semplice: la curva, forma naturale, capace di aprire un dialogo tra leggerezza, morbidezza e volumi. Declinato anche nella versione componibile, FLOAT offre una serie di elementi, come le chaise longue e gli angolari, che consentono di creare il proprio progetto di comfort personalizzato. La comodità informale, del wellness design, è centrale nel progetto di FLOAT. “La biofilia che ci aiuta a progettare interni in cui prevale il bene-stare, lo stare in un luogo col senso di recupero non solo mentale, ma anche dalla fatica fisica e materiale, simboleggiato, è plasticamente rappresentato, dal divano Float” conclude Iosa Ghini.
ELEGANZA TRIDIMENSIONALE Il 2023 di Lualdi concentra gli sforzi creativi sulla sperimentazione di texture e accostamenti materici inediti per nuove generazioni di serramenti che definiscono attuali equilibri estetici e funzionali enfatizzando il rapporto fra creatività e tecnologia. Le novità del brand vedono come protagonista la luce, con la sua capacità di donare tridimensionalità e offrire sempre nuove chiavi di lettura al legno, al metallo, al tessuto e al vetro. Particolare attenzione è stata dedicata proprio a quest’ultimo. Accanto alla circolarità del materiale e alle straordinarie caratteristiche tecniche - che uniscono trasparenza, durezza, resistenza alla corrosione, isolamento elettrico – il vetro si presta a diverse interpretazioni stilistiche. Tutte giocano con la luce e lo fanno da prospettive tecnicamente differenti, offrendo un ampio spettro di possibilità creative, dalla lavorazione delle superfici, alle sovrapposizioni di motivi e accoppiamento di materiali diversi. É il caso del vetro Flutes che si distingue per l’elegante linearità della superficie cannettata, omaggio agli anni ’50, permettendo il passaggio della luce e riducendo allo stesso tempo la visibilità, per garantire privacy e riservatezza. La finitura, caratterizzata da linee nette ed essenziali, è studiata per conferire a qualsiasi ambiente un’eleganza sofisticata, grazie alla sua luminosità e agli effetti di luce che crea. 197 |
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I TRATTI DI MATISSE IN TKTK Maison Matisse ha invitato l’artista e designer britannica Faye Toogood a interpretare l’inchiostro nero cinese su carta bianca dal libro “Dessins: Thèmes et Variations” di Henri Matisse. Con la nuova collezione TKTK, la designer rende omaggio in particolare all’originalità e alla liberazione espresse nei disegni di Matisse. Nota per le sue spiritose e giocose esplorazioni di forma e geometria in creazioni come l’iconica sedia Roly Poly, Faye Toogood si rivolge qui alla purezza dei tratti disegnati dall’iconico artista. Il risultato è una collezione di mobili dall’allure forte e morbida al tempo stesso, pensati per gli ambienti privati e collettivi della contemporaneità. LA MAGNA GRAECIA IN TERRACOTTA “La terracotta è un materiale apparentemente molto povero, ma con cui si possono fare magie. Sono affascinato dal suo colore “nudo” e dall’imperfezione naturale dei suoi spessori, qualità che mi hanno spinto a creare una famiglia di oggetti che potesse parlare di artigianalità e allo stesso tempo raccontare di storie passionali attraverso l’interpretazione delle decorazioni magnogreche”. Nelle parole di Antonio Aricò si cela il concept alla base della nuova collezione Magna Graecia firmata per Seletti: una famiglia di oggetti outdoor/indoor realizzati interamente in terracotta che si ispira agli stilemi delle antiche colonie greche del sud Italia. Magna Graecia ha l’ambizione di invadere terrazze, giardini, verande ma anche salotti, soggiorni e ingressi delle case di tutto il mondo, portando ovunque un materiale legato a doppio filo alla tradizione Mediterranea. La collezione spazia dagli oggetti più funzionali a quelli decorativi: i vasi da appoggio o da muro con decorazioni doriche, a greche o a onde, si accompagnano alla brocca dai tratti stereotipati, alla colonna ionica da utilizzare come piedistallo o ai posaceneri decorati con motivi greci. A questi si aggiungono i pezzi più decorativi: i due grandi e sensuali “bronzi”, ispirati alle famose sculture di Riace, i vasi a forma di testa maschile e femminile ispirati alle ceramiche di Caltagirone, la coppa e l’anfora con decorazioni di battaglie e di scene d’amore o i busti Man e Poppea. | 198
SUGGESTIONI METAFISICHE L’illuminazione Halo Edition è un’innovativa soluzione di illuminazione ottica sviluppata da Mandalaki Design Studio il cui obiettivo è l’unione di arte e tecnologia. Halo è uno strumento ottico in grado di creare installazioni artistiche che ampliano la percezione dello spazio. Un tool particolarmente indicato per l’architettura di spazi collettivi e dedicati alla ristorazione. L’originale Halo One è un proiettore a colori realizzato in alluminio anodizzato, che integra un LED ad alta potenza e un sofisticato sistema ottico appositamente studiato per ottenere una perfetta proiezione circolare di colori e sfumature. È la parte immateriale, la luce, a incarnare il centro del progetto Halo: l’idea è quella di creare un oggetto compatto e minimale di grande effetto installativo, che possa portare negli ambienti nuove suggestioni - a tratti metafisiche - di colori in cui immergersi a 360°.
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di Gibo Borghesani Andrea Margaritelli è incontenibile. Entusiasmo, energia, passione e forza sono le prime cose che saltano all’occhio. Anche se “curiosità” è la parola d’ordine che accompagnerà queste chiacchiere, sono davvero una moltitudine le sfaccettature di questo uomo, nato a Torino alla fine degli anni ’60 che, ancora bambino, ha piantato le proprie radici in Umbria. Com’è stato lasciare il Piemonte? Non ho molti ricordi. Ero molto piccolo, avevo 6 anni. Mi dicono che lo vissi come un trauma da trasferimento non tanto perché avrei lasciato lì amici e abitudini ma per una torinesità che portavo dentro me. Che è passata velocemente. Ancora adesso, però, quando vado a Torino provo un senso di familiarità. E uno sguardo alla casa dove ho passato l’infanzia lo vado a dare. Si sentiva sabaudo. Ci ho messo pochissimo, però, a sentirmi a casa in Umbria. Le origini della mia famiglia d’altronde erano qui. Ci eravamo trasferiti a Torino perché mio padre si occupava di uno stabilimento che allora realizzava traverse ferroviarie in legno. Lei che bambino è stato? Riservato ma socievole. Con una forte propensione all’amicizia. Allegro, molto sorridente e curioso. Affascinato dal desiderio di scoperta, di esplorazione. Molto attratto da quello che non conoscevo. A prima vista non sembra cambiato così tanto… Si cambia. È inevitabile. Alcuni tratti salienti rimangono, come un fiume sotterraneo che ti accompagna, ma quell’allegria spensierata dei bambini la si perde. Le esperienze della vita ti modificano. Ti fanno diventare altro. Però è vero che la curiosità, la propensione a stringere rapporti umani solidi e un valore dell’amicizia profondo sono rimasti
Andrea Margaritelli | 200
COLTIVARE LA CURIOSITÀ E IL DUBBIO
Lei sapeva cosa sarebbe diventato da grande? Assolutamente no. E non mi ha mai preoccupato. Non perché avessi delineato un percorso. In realtà non mi chiedo nemmeno ora che cosa diventerò. Ho capito che la programmazione non ha grande valore. La vita è più originale di te e spesso ti porta su strade che non avresti mai immaginato. La casualità non è sotto il nostro controllo. Quello che possiamo fare è cogliere le opportunità, quando capitano. Quindi è importantissimo prestare attenzione alle cose che ti succedono. Essere aperti alle possibilità.
Credo che uno degli aspetti più belli della vita sia l’incertezza del futuro. Di solito spaventa. Ma ne siamo attratti… Io credo che, per esempio, viaggiare sia il simbolo della ricerca dell’ignoto. Un viaggio nasconde incognite, crea attesa e aspettative ma non sai nulla di quello che accadrà. Che strada prenderai. E, probabilmente, se lo sapessimo non avremmo tutta questa voglia di viaggiare. La sua strada è cambiata spesso? In continuazione. Dagli studi di Ingegneria Strutturale sono passato a occuparmi di Ingegneria gestionale in Francia, poi mi sono avvicinato alla parte di Ricerca e Sviluppo e, per casualità, mi sono trovato a occuparmi di Marketing, Comunicazione, Brand. Strade tortuose direi. E da qualche anno anche la Fondazione Guglielmo Giordano. Che mi ha portato in direzioni ancora differenti: design, arte, architettura. Diciamo che il vento ha portato le foglie molto lontane dall’albero. Se avessi pensato di disegnare un percorso di vita non l’avrei neanche potuto immaginare così. Quanto è importante conoscere? La conoscenza intesa come nozioni e informazioni non mi interessa molto. Se penso alla cultura penso a quella che ci si crea nutrendosi di curiosità. Torniamo ai miei giochi di bambino. Cercare tesori. La cultura per me è il desiderio di saziare una sete. Vuole dire accrescere la propria interiorità. La storia e l’arte sono le mie grandi fascinazioni e sono particolarmente attratto dall’insieme delle due: storia come esperienza di popolo e arte come manifestazione della genialità dell’uomo. Quando si fondono creano bellezza. Che impatto ha la bellezza su di lei? Mi attrae profondamente. In modo spontaneo. Cosa spera che imparino da lei i suoi figli? Non credo sia possibile trasmettere un insegnamento. Quello che può fare un genitore è lasciare respirare un’idea, un pensiero di vita. Ma se proprio devo… Auguro a tutti e tre di coltivare la curiosità e il dubbio. Che non siano mai sazi di curiosità e che dubitino delle loro certezze. Credo sia un modo per essere tolleranti con sé stessi e con gli altri. E permetta di essere più gentili. Suo padre cosa le ha passato? Il rispetto. Non come dogma. Come atteggiamento mentale. Mi ha insegnato che non sai mai da che parte arriva una lezione e che l’apertura
nei confronti degli altri ti permette di arricchirti. Certo deve essere accompagnata dalla capacità di ascoltare. Chi sono stati i suoi maestri? Ho avuto la fortuna di avere dei grandi maestri, spesso inconsapevoli di esserlo. Ho imparato molto di più da alcuni incontri che sui banchi di scuola. La vostra azienda è passata dalle traversine per le ferrovie al design. Com’è successo? In modo totalmente casuale e, all’inizio, da una serie di circostanze assolutamente negative: la nostra azienda era incentrata su un unico prodotto che, all’improvviso, non serviva più. Il legno venne sostituito dal cemento. Un problema che avete trasformato in opportunità? Ci ha costretto a reinventarci e passare prima ai semilavorati per l’industria del mobile e poi alle pavimentazioni in legno. Che vi porta a diventare leader mondiali. Quello grazie a uno dei tanti incontri di cui parlavamo prima. Quello con Guglielmo Giordano, uno scienziato del legno che ci permette di prendere nuove strade grazie all’invenzione del Listone Giordano. E negli anni successivi riuscite a diffonderlo esponenzialmente. Grazie a un’innovazione dei canali distributivi e a nuovi modi di proporre la distribuzione. Un concetto di franchising. E arriviamo agli anni 2000. Che sono la terza rivoluzione. Il design che aveva fertilizzato tante parti della nostra vita e delle nostre abitazioni non aveva ancora toccato le superfici in legno. Si era lavorato su tutto: maniglie, porte, piatti, bicchieri, interruttori per la luce per non parlare delle superfici ceramiche… Niente, tranne il legno, non era stato influenzato dalla creatività. Come mai? Abitudini consolidate, probabilmente. È sempre stato considerato un materiale tradizionale. Si era tutti convinti che fosse un campo dove non si poteva inventare niente. In realtà grazie a un incontro con un altro maestro, Michele De Lucchi, nasce un nuovo percorso fortemente stimolato dalla curiosità, dalla ricerca artistica. Un prodotto che nasce per una mostra al Guggenheim di New York nel 2007. Qualche anno dopo è diventata la collezione Natural Genius e ha aperto un nuovo filone nei pavimenti in legno.
Quanto è importante il design? Cosa sarebbe il mondo dell’arredamento italiano spogliato del design, cioè della cultura del progetto? Sarebbero sedie, tavolini, oggetti dove la funzione prevale sull’aspetto emotivo. Il design è emozione. E come può convivere con il rispetto dell’ambiente? È un limite o uno stimolo? È una sfida inaggirabile che non richiede un interrogativo ma solo individuare come affrontarla. Chiamarla opportunità è una forzatura. È un problema serio che l’umanità deve affrontare in tempi brevi. Il progresso ci ha trasformato in poco tempo da uomini a superuomini capaci di lasciare un’orma indelebile come mai era successo a nessuna specie vivente che abbia abitato questo pianeta. Come si può vincere questa sfida? Non credo seguendo semplicemente normative o divieti lanciati dalle istituzioni. Serve un cambio di pensiero da parte di ognuno di noi. Parlo di singoli individui ma anche dell’industria. E non dobbiamo affrontarla come se stessimo subendo dei limiti. Ma con trasporto, passione, consapevolezza. Anche perché non possiamo più aspettare. Vuol dire cambiare molte abitudini. I dati parlano chiaro. Non c’è tempo. Bisogna rimettere in discussione le abitudini, uscire dalla comfort zone. La vostra impresa come l’affronta? Lo stiamo facendo a 360 gradi sia sul prodotto finito sia interrogandoci sull’intero ciclo di produzione. E con un’attenzione molto forte alle materie prime. In questo sentiamo ancora più forte la responsabilità visto che il legno è considerato il materiale del futuro. In che senso? È uno dei materiali sui quali punta anche la scienza per invertire la tendenza dell’inquinamento del pianeta: foreste e utilizzo del legno. Una volta si diceva che bisognasse piantare alberi. Oggi sappiamo che non basta lasciare agli alberi la funzione di assorbire anidride carbonica e rilasciare ossigeno. Serve un maggiore utilizzo del legno perché l’anidride carbonica assorbita sia stoccata e tenuta fuori il più possibile dal circuito atmosferico. Insomma, dobbiamo muoverci. La vera sfida è la velocità con la quale questo cambiamento deve avvenire. 201 |
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