MaterialiCasa Mag-Book 3/2024 - PREVIEW

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“L’artwork riflette l’idea che l’esistenza umana e la natura non siano entità separate, ma piuttosto componenti di un flusso continuo e interconnesso, in cui ogni elemento influenza e modella l’altro.

Proprio come le stagioni si susseguono in un ciclo perpetuo e i paesaggi si evolvono adattandosi alle forze naturali, anche lo spirito umano si trasforma e trova armonia nei ritmi e nelle strutture della terra.”

PEOPLE

Akb Architects

Skidmore, Owings & Merrill

ORAstudio

Nou Group

Caspar Schols

DOM Arquitectura

DAAA Haus

Michela Curetti

Luca Compri

Bladidea Architetti

Bio-architecture Formosana

Tips Architects

Andrés Jaque

monovolume architecture + design

DFA Partners

Boffa Petrone & Partners

VSHD Design

Deerns Italia

Alaa Negm

Iosa Ghini Associati

Anidride Design

ph. Doublespace

WHISTLING WIND ISLAND

Un complesso abitativo rivestito con scandole di cedro trattato si mimetizza con uno dei territori più impervi del Canada grazie ad una progettazione sostenibile curata dallo studio Akb Architects.

ph. Adrià Goula

02 MO.CA

Una casa mobile autosufficiente in legno

lamellare

Sviluppata da un team di studenti e ricercatori del Master in Advanced Ecological Buildings & Biocities (MAEBB) dell’Institute for Advanced Architecture of Catalonia, la casa mobile ecologica si avvale di materiali naturali a “chilometro zero” e tecniche di costruzione digitale proponendosi come una delle più interessanti sperimentazioni progettuali sostenibili nel segmento crescente delle mobile-home.

BEHIND THE SCENES

Dalla fibra naturale al rivestimento

L’apertura del Terminal 2 dell’aeroporto internazionale di Kempegowda (BLR Airport), segna un momento di trasformazione per lo stato del Karnataka, nell’India meridionale. Situato a Bengaluru, una delle città più grandi del paese, il nuovo terminal progettato dallo studio statunitense Skidmore, Owings & Merrill (SOM), si estende su 255.000 metri quadrati e non solo contribuisce ad aumentare la capacità annuale dell’aeroporto, con un flusso di 25 milioni di passeggeri, bensì inaugura anche un’esperienza aeroportuale radicalmente innovativa: il nuovo hub di transito, unito a uno spazio all’aperto che funge sia da centro eventi che da area commerciale, reinterpreta il ruolo stesso che un aeroporto può svolgere in una città, anche grazie alla sua caratterizzazione fortemente green.

Attraversando l’ingresso e giungendo fino ai gate, il terminal si presenta infatti come un luogo a misura d’uomo e profondamente legato alla natura, al cui interno ed esterno sono dislocati veri e propri giardini accompagnati da materiali naturali.

Rivestito in mattoni, bambù ingegnerizzato e vetro, il terminal è costituito nello specifico da una serie di edifici interconnessi, circondati da un’area outdoor paesaggistica progettata in collaborazione con Grant Associates e i designer Abu Jani/Sandeep Khosla. Questo “terminal nel giardino” evoca e si allinea con l’immagine stessa di Bengaluru, conosciuta come “garden city” indiana. Per i viaggiatori in arrivo, il paesaggio verdeggiante ben introduce dunque il ricco scenario del Karnataka, mentre per i passeggeri in partenza permane come coerente ricordo della città. Grazie a questo collegamento con la natura, il progetto ripensa così il linguaggio architettonico omogeneo di molti aeroporti nel mondo.

LAYOUT E GREEN DESIGN

La struttura che ospita gli 11 gate è separata dal complesso principale, dove si trovano gli arrivi, le strutture per il check-in, i controlli di sicurezza, il ritiro bagagli e un padiglione commerciale. Questi due blocchi sono collegati da una vasta “cinta forestale” esterna, caratterizzata da una vegetazione rigogliosa, sentieri tortuosi su più livelli e padiglioni a due piani rivestiti in bambù, ispirati alle tradizionali tessiture di canna indiane. Una rete di ponti e passerelle esterne offre ai passeggeri in partenza uno spazio rilassante e riflessivo, lontano dal tipico trambusto di un aeroporto internazionale.

Una varietà di piante sospese e lucernari che filtrano la luce attraverso delicati reticoli di bambù, rendono questi spazi sensoriali e suggestivi. Il layout è di forma ortogonale, che si distingue dalla comune struttura a tetto curvo degli aeroporti, con lunghe gronde che ombreggiano i cordoli e si estendono con eleganza

ARCHI-PEOPLE Nou Group

Lo studio di architettura e ingegneria Nou Group si distingue per la capacità di integrare una progettazione architettonica green di grande rilevanza con l’esperienza nel mercato dell’energia rinnovabile, nel quale vanta importanti referenze di impianti di produzione di energia fotovoltaica a livello europeo. Per approfondire l’attività di questa practice in forte crescita abbiamo parlato con i suoi fondatori, Daniele Conticchio, Aurora Del Sette, Alessandro Graziotti ed Emanuele Viani.

Come è nato il nome “Nou” e cosa rappresenta? Il nome Nou deriva dal concetto di Noosphere, che indica il regno del pensiero umano, una coscienza collettiva degli esseri umani. Lo scopo dello studio è realizzare progetti che migliorino l’esperienza dell’abitare, dall’abitazione individuale allo sviluppo urbano, assecondando la naturale evoluzione di ogni contesto ambientale e sociale in cui decide di operare. Abbiamo interpretato “Nou” come “NOI”, en-

fatizzando un senso di appartenenza collettiva, dove all’interno dello studio, architetti e ingegneri progettano insieme in modo integrato con un approccio di human-centered design mettendo al centro della progettazione i bisogni degli uomini.

Qual è, secondo voi, il valore dell’integrazione tra architettura e ingegneria? In che modo riuscite a unire estetica e tecnica nei vostri progetti?

L’estetica è il risultato di un processo di progettazione, che coinvolge tanto l’ingegneria quanto l’architettura. La tecnica, infatti, è una componente essenziale dell’estetica: attraverso di essa possiamo rendere armoniosi i progetti. L’estetica non è esclusiva dell’architetto, né la tecnica appartiene solo all’ingegnere. Fin dalla fase di concept design, architetti e ingegneri collaborano insieme per definire i principi su cui si basa il progetto. L’architetto svolge poi il ruolo di supervisore, monitorando l’intero processo per garantire che l’idea iniziale sia preservata e rispettata. Naturalmente, la tecnica spesso incide sull’estetica e sul risultato finale della for-

ma. L’abilità dell’architetto sta proprio nel saper valorizzare esteticamente un elemento tecnico, integrandolo in modo armonioso nel progetto.

Quali progetti avete considerato particolarmente sfidanti dal punto di vista della sostenibilità e perché?

Per Nou Group, la sostenibilità è una priorità fondamentale e che spesso rappresenta una sfida significativa. Praticare la sostenibilità richiede soluzioni dispendiose, non solo per la scelta dei materiali o delle tecniche, ma anche per le attenzioni particolari necessarie nella fase di costruzione. L’impiego di imprese qualificate per realizzare progetti LEED è cruciale per l’effet- tiva certificabilità del progetto. È essenziale che l’impegno verso la sostenibilità sia condiviso da tutti, a partire dai clienti. Spesso l’aumento dei costi può frenare l’entusiasmo iniziale, ma i benefici a lungo termine sono concreti: un edificio progettato secondo criteri sostenibili offre risparmi significativi, un impatto ambientale positivo, riduce i costi energetici, semplifica il riciclo dei materiali in fase di dismissione e ha minori spese di gestione.

Nou Group founders

Alessandro Graziotti
Daniele Conticchio
Aurora Del Sette
Emanuele Viani

ANNA Stay

Una wood cabin modulare e circolare progettata dal designer olandese Caspar Schols, invita i suoi fruitori a riconnettersi con la natura. Pareti e aperture mobili fanno dell’alloggio un rifugio performante e versatile in perfetta simbiosi con l’ambiente.

ENG
ph. Jorrit ‘t Hoen, Tonu Tunnel

L a SOSTENIBILITÀ dell ’ARCHITETTURA

Quando varchiamo la soglia di una cattedrale gotica, il nostro sguardo volge al cielo:

è un’azione automatica, spontanea che nessuno ci suggerisce; uno spazio verticale e compresso illuminato da una luce zenitale che impone un certo tipo di movimentoil guardare verso l’alto - condiviso e spesso univoco. Nella maggior parte dei casi non ci facciamo neppure caso, eppure agiamo tutti allo stesso modo.

Apprendere e associare determinati movimenti in relazione alle diverse conformazioni spaziali è un compito arduo, che si attualizza soltanto visitando architetture di valore e ripercorrendo almeno due volte lo stesso percorso: la prima, passeggiando in maniera inconsapevole e spontanea; la seconda, ripercorrendo lo stesso tragitto con mente lucida e razionale, ricostruendo e rammentando i movimenti e le sensazioni che ogni spazio ha precedentemente generato.

È così che impariamo a conoscere davvero cosa vuol dire architettura. Mi piace definire l’insieme di tali spazialità associato

alle azioni che esse generano: “grammatica architettonica”. Tali elementi configurano una sorta di abaco o di tavola periodica che consentono di selezionare, abbinare e associare singole parole e periodi più complessi, dando luogo a racconti che quotidianamente possiamo vivere concretamente al loro interno.

Un buon architetto deve conoscere e padroneggiare questo vocabolario, declinarlo con il proprio linguaggio a servizio del committente che gli affida la propria casa, il proprio ambiente di lavoro, il disegno dello spazio urbano collettivo.

Il grande architetto portoghese Souto de Moura afferma che: “Non esiste architettura ecologica, architettura intelligente, architettura sostenibile. Esiste solo la buona architettura.”, per poi chiarire che: “Ci sono sempre problemi che non dobbiamo trascurare; per esempio l’energia, le risorse, i costi, gli aspetti sociali. È sempre necessario essere attenti a tutti questi aspetti.”

La frase riassume il senso e il valore delle gerarchie che un progetto architettonico deve assicurare; un approccio alla materia che non sempre viene seguito e rispettato, quando alla creatività e alla poesia si anti-

cipano le esigenze di carattere energetico, prestazionale, funzionale.

Le emergenze legate al rapido cambiamento climatico e la crescente sensibilità ambientale focalizzano l’attenzione sulla necessità di risolvere i problemi legati esclusivamente al risparmio e al consumo di energia e nei casi più virtuosi tale sensibilità incoraggia un maggiore utilizzo di materiali naturali. Tali azioni stanno diventando la buona regola da seguire, ma lasciano spesso in secondo piano il contesto e la ricerca compositiva e spaziale.

Quando visitiamo il Pantheon ne rimaniamo immediatamente abbagliati, nessuno di noi si pone il problema di quanto l’edificio possa consumare e con quali stratigrafie esso sia stato costruito. Sono speculazioni che arrivano in un secondo momento, quando l’effetto della meraviglia sfuma e lascia il posto a domande e curiosità di ordine più pratico.

A tale principio dovrebbe ispirarsi oggi anche il progetto di edifici bioclimatici e bioecologici, superando un concetto di “sostenibilità”, che si accontenta di annullare le emissioni di CO2 senza preoccuparsi di dare anima alle architetture.

L’università e i corsi di specializzazione troppo spesso insegnano a isolare in modo efficace una casa senza porre l’attenzione sulla possibilità che determinate azioni, seppure virtuose, si sviluppino in modo organico con le regole base del buon progettare. In molti esempi proposti in ambito formativo, grandi aperture vetrate su fronti esposti a sud, prevalgono sulla volontà di incorniciare panorami ed elementi di rilievo che si affacciano a nord, dando luogo ad abitazioni completamente estranee al contesto e alle preesistenze di maggiore pregio che le caratterizzano.

Progettare e costruire oggi non rispettando l’ambiente è un atteggiamento di per sé, oltre che anacronistico, eticamente sbagliato. L’ecologia è pertanto uno dei vincoli del progetto architettonico ma non il suo scopo ultimo. Per questo ritengo sia più proprio parlare di sostenibilità dell’architettura e non di architettura sostenibile.

Il Taisugar Circular Village (TCV) si presenta come pioniere nel panorama residenziale di Taiwan, rappresentando il primo progetto interamente basato sull’economia circolare. Situato in un’area strategica, il progetto TCV, a firma Bio-architecture Formosana (BaF), si compone di tre blocchi residenziali, una Circular Demo House (C-House) e una Eco-House (E-House), per un totale di 351 unità abitative.

A completare il complesso vi sono una fattoria urbana e un eco-stagno,

collocati nel cortile centrale.

La realizzazione è concepita non solo per soddisfare le esigenze abitative moderne, ma anche per creare un forte senso di comunità: le unità residenziali fungono da “stanze” per i residenti, mentre la E-House è pensata come una cucina comune e la C-House come un “giardino” condiviso.

Un’organizzazione degli spazi, questa, che punta a ridisegnare il concetto di vita collettiva, con un’attenzione particolare al rapporto tra persone e ambiente.

FLESSIBILITÀ E MODULARITÀ

Uno dei principi fondanti dell’architettura circolare è la flessibilità, e TCV lo dimostra chiaramente attraverso un design modulare.

Tutti i blocchi residenziali sono stati progettati con un sistema di facciata a balcone ripetitivo, realizzato interamente con moduli prefabbricati.

Questa scelta non solo riduce lo spreco di materiale in fase di costruzione, ma

facilita anche il futuro smontaggio e riutilizzo degli elementi.

I componenti, assemblati con dadi e bulloni, possono infatti essere facilmente rimossi e riadattati, allungando il ciclo di vita dei materiali impiegati.

Un elemento distintivo di TCV è l’uso di solai alveolari prefabbricati modulari, per il sistema di pavimentazione, che consentono di ridurre il numero di travi necessarie e ottimizzare l’impiego dei materiali.

Reggio School

MADRID

Progettata dall’architetto Andrés Jaque, una scuola che rappresenta un nuovo paradigma di sostenibilità, non solo per la riduzione dell’impatto ambientale, ma anche per la capacità di rigenerare e curare l’ecosistema circostante, offrendo un modello di integrazione tra architettura, educazione e territorio.

Si ispira ai princìpi del Reggio Emilia Approach - metodo pedagogico sviluppato nella città emiliana alla fine della Seconda Guerra Mondiale dal pedagogista Loris Malaguzzi – la Reggio School situata nell’Encinar de los Reyes di Madrid, progettata dall’architetto Andrés Jaque dello studio Office for Political Innovation. Una scuola il cui design all’avanguardia incontra sistemi atti alla sostenibilità, contribuendo al contempo a plasmare attivamente un ambiente sociale più aperto, inclusivo e connesso alla natura.

Il progetto si basa sull’idea che gli spazi architettonici possano suscitare nei bambini il desiderio di esplorazione e di indagine. L’edificio è dunque pensato come un ecosistema complesso che consente agli studenti di condurre la propria educazione attraverso un processo di sperimentazione collettiva auto-guidata. Il progetto, la costruzione e l’impiego stesso di questo edificio mirano così a superare il tradizionale paradigma della sostenibilità per adottare un approccio ecologico a tutto tondo, in cui la cooperazione tra persone, l’uso di materiali e tecniche a basso impatto e una lungimirante gestione comune si intersechino attraverso l’architettura.

La scuola riduce al minimo la sua impronta fisica e l’uso del suolo espandendo alcune delle sue attività didattiche direttamente nel parco de Valdebebas adiacente. Questo approccio non solo trasforma l’educazione in un processo di interazione sociale ma riattiva anche lo

ph. José Hevia

BAROMETRO DELLA COSTRUZIONE SOSTENIBILE

In un mondo dove l’urgenza climatica non è più una scelta ma una necessità, l’edilizia sostenibile non rappresenta solo il futuro, ma l’unica strada percorribile per costruire un domani migliore. Convinto dell’importanza di promuovere questa transizione, il Gruppo Saint-Gobain ha lanciato l’Osservatorio della Costruzione Sostenibile che presenta la seconda edizione dell’omonimo Barometro, uno studio condotto tra dicembre 2023 e gennaio 2024 dall’istituto di ricerca CSA, atto a comprendere le evoluzioni e i fattori chiave da attivare per accelerare lo sviluppo dell’edilizia sostenibile a livello internazionale.

Per tracciare un quadro esaustivo delle dinamiche locali e globali, l’indagine ha coinvolto un panel di professionisti del settore, studenti, membri di associazioni e funzionari eletti per un totale di 1.760 intervistati di età superiore a 18 anni, provenienti da 22 Paesi (Argentina, Brasile, Canada, Colombia, Repubblica Ceca, Egitto, Finlandia, Francia, Germania, India, Italia, Messico, Polonia, Portogallo, Sudafrica, Spagna, Svizzera, Turchia, Emirati Arabi Uniti, Regno Unito, Stati Uniti, Vietnam).

CIRCULAR DESIGN

ph. SalvaLopez

CATIFA CARTA RELOADING

Catifa 53, progettata nel 2001 e primo prodotto di Arper ad ottenere una certificazione ambientale, entra in una nuova era incentrata sull’innovazione dei materiali.

La scocca della sedia Catifa Carta è realizzata infatti in PaperShell, nuovo e rivoluzionario materiale derivato dagli scarti del legno, che fornisce la resistenza e il comfort essenziali alla silhouette di Catifa. PaperShell riduce drasticamente l’impatto di Catifa Carta sull’ambiente facendo ciò che fanno gli alberi: incamerando anidride carbonica. Alla fine del suo ciclo di vita, il materiale può essere ridotto a biochar, carbone vegetale che ha la capacità di trattenere la CO2 sequestrata durante le fasi di vita precedenti.

Per ridurre ulteriormente il suo impatto ambientale e consentire un ciclo di vita più lungo, Catifa Carta è inoltre completamente disassemblabile.

MAG | BOOK | 3-2024

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