Estratto libro nichel

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Informazioni sulle intolleranze

Nichel

Partiamo con qualche nozione di base sul nichel. È un metallo bianco-argenteo appartenente al gruppo del ferro, dotato di durezza, malleabilità e duttilità. Risulta un conduttore abbastanza buono di calore ed elettricità, è utilizzato soprattutto nell’industria manifatturiera come componente di molti oggetti di uso quotidiano – tra cui cerniere, bottoni, bigiotteria, orologi, rubinetti, chiavi e monete (quelle degli euro ne sono particolarmente cariche) –, ma anche nella preparazione di leghe. La quantità disciolta in mare è stata calcolata intorno agli 8 miliardi di tonnellate. Il contenuto medio nel suolo intorno ai 20 ppm (parti per milione). Il nichel è inoltre rilasciato nell’aria dalle centrali elettriche e dagli inceneritori di rifiuti, sedimentando a terra a seguito di un processo di reazione con la pioggia. Non esistono molte informazioni disponibili circa gli effetti prodotti sugli organismi: sappiamo che alte concentrazioni possono

Nichel

danneggiare visibilmente le piante, così come la presenza in acque di superficie può diminuire i tassi di crescita delle alghe. Circa gli effetti sulla nostra salute, poi, è importante ricordare che un assorbimento troppo elevato può rappresentare un pericolo, aumentando per esempio la probabilità di sviluppo di cancro ai polmoni, naso, laringe, prostata, nonché di problemi cardiaci e reazioni allergiche a livello epidermico. In Italia l’intolleranza al nichel risulta in aumento, con prevalenza tra le donne, mentre le esposizioni tramite gli alimenti è ancora particolarmente bassa e perlopiù legata alla sua concentrazione nel terreno o indotta dalle tecniche di lavorazione o conservazione. Si è soliti infatti consigliare di evitare prodotti confezionati, soprattutto quelli di uso comune. Il nichel e i suoi composti, infine, sono stati elencati dal Programma Nazionale di Tossicologia (NTP) in quanto “quasi cancerogeni”.

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Allergie e intolleranze

Si tende purtroppo a impiegare troppo spesso i termini allergia e intolleranza in maniera confusa, quasi fossero sinonimi, pur riferendosi in realtà a condizioni ben diverse. Gli allergologi parlano talvolta di allergie “vere e proprie” per distinguerle dalle intolleranze più difficili da diagnosticare; nel linguaggio comune l’espressione “sono allergico a...” assume una pluralità di significati, dal “mi provoca un’eruzione cutanea” al semplice “non mi piace”; infine si riscontra un uso disinvolto del termine ipersensibilità, per indicare qualunque tipo di allergia o di intolleranza. Tuttavia, quando si cerca di individuare e trattare una reazione avversa al cibo – come s’intende fare in questo libro – la precisione è d’obbligo. Bisogna innanzitutto distinguere tra allergia e intolleranza. Entrambe sono espressione della reattività e del funzionamento del sistema immunitario, sfumando talvolta una nell’altra e influenzandosi a vicenda, ma si differenziano per alcune caratteristiche specifiche. L’allergia è normalmente una risposta immediata, che compare nel giro di pochi minuti, più raramente entro qualche ora, dal contatto con la sostanza allergizzante e implica l’intervento delle IgE (immunoglobuline E) e dei mastociti (cellule dell’immunità deputate al controllo delle sostanze estranee o non tollerate). 18

Quando si parla d’intolleranza, invece, s’intende una reazione perlopiù lenta, che insorge dopo ore o giorni di assunzione ripetuta della sostanza, determinata dall’intervento di cellule Th2 (linfociti helper) o anticorpi diversi dalle IgE: esistono infatti nell’organismo meccanismi di controllo che riescono a evitare l’abnorme reazione immunitaria entro un determinato “valore soglia”. Se l’allergia rappresenta un fenomeno così acuto da poter essere identificato quasi a occhio nudo – basti pensare a un raffreddore da fieno primaverile o a un’orticaria scatenata dalle fragole –, la reazione per intolleranza risulta più blanda: l’organismo riconosce l’elemento estraneo, lo controlla cercando di limitare i danni e “scoppia” solo se l’introduzione prosegue fino a oltrepassare le possibilità di controllo da parte dell’organismo. Ci sono inoltre condizioni fisiche, quali stress, infezioni, che possono disinnescare i meccanismi di controllo delle reazioni immunitarie: avviene ciò che comunemente si classifica come “perdita della tolleranza”. Allergie e intolleranze alimentari La presenza di più ipersensibilità alimentari rispetto al passato è un fatto incontestabile, definita da alcuni “malattia della società moderna”, chiamando in causa fattori quali l’inquinamento. Bisogna inoltre conAllergie e intolleranze

siderare che l’organismo umano si è evoluto con un ritmo diverso e più lento rispetto alle nostre abitudini a tavola, con possibili reazioni laddove esso sia risultato, per così dire, impreparato. Qualunque siano le cause scatenanti, allergie e intolleranze fanno ormai parte della nostra esperienza collettiva, con ripercussioni sulla nostra salute e sul nostro stile di vita. Partiamo dalle allergie. La condizione necessaria perché insorga una reazione allergica è che l’organismo sia stato già esposto all’allergene: prima della nascita se l’alimento è stato ingerito dalla madre in gravidanza, dopo la nascita attraverso l’allattamento al seno, o ancora tramite l’alimentazione quotidiana. Dopo la fase di “sensibilizzazione”, ovvero il lasso di tempo che l’organismo impiega per sviluppare il rifiuto dell’allergene, anche una quantità minima può scatenare la prima reazione. Da quel momento in poi, a meno che l’allergia non attenui i suoi sintomi, gli episodi si manifesteranno sempre, con entità e gravità variabili. Per quanto riguarda le intolleranze, invece, allo stato attuale la medicina convenzionale riconosce solo quelle al lattosio, al glutine e agli zuccheri, sebbene anche per queste tipologie occorra comunque procedere con i piedi di piombo. I tempi di reazione non sono sempre immediati come nelle alAllergie e intolleranze

lergie, in quanto l’intolleranza si manifesta a seguito di uno stimolo immunitario di entità limitata, ma non per questo meno importante. La sintomatologia è molto varia, tra cui: stanchezza, ritenzione idrica, cefalea, ansia, asma, rinite, sinusite; e ancora gonfiore addominale, nausea, gastrite, colite, dolori muscolari, crampi, debolezza fisica, prurito locale e generalizzato, eczema e dermatite. Detersivi e detergenti Quando una persona si trova a vivere una condizione di intolleranza o allergia è costretta a ripensare a tutte le cose con le quali entra in contatto quotidianamente, compresi i prodotti per l’igiene personale, quelli per la pulizia della casa e degli indumenti. Da un lato, infatti, si possono riscontrare problemi per l’uso diretto di detergenti e detersivi che contengano metalli pesanti – come il nichel appunto, ma anche il cromo o il cobalto –, dall’altro per il contatto indiretto, al quale raramente si pensa, come ad esempio con i capi di abbigliamento, che dopo essere stati lavati, nonostante il risciacquo, trattengono una parte di agenti chimici poi sprigionati per effetto della sudorazione sulla pelle, problema quindi amplificato durante la stagione estiva. Le aziende produttrici, soprattutto le grandi multinazionali, utilizzano i metalli pe19


santi per accelerare le reazioni chimiche che portano ai formulati. In qualsiasi ambiente domestico, dunque, si annidano diverse categorie di detersivi potenzialmente irritanti: alcuni con percentuali pericolosamente alte di metalli pesanti, o con concentrazioni eccessive di sostanze acide o alcaline che nel tempo possono causare fastidiose reazioni irritative. A conferma di ciò, in uno studio condotto dal Gruppo Italiano di Ricerca sulle Dermatiti da Contatto e Ambientali (GIRDCA) della Società Italiana di Dermatologia e Venereologia (SIDEV), è emerso che su circa 43.000 soggetti affetti da dermatiti le casalinghe sono la categoria più colpita, seguita da artigiani, lavoratori del settore edile, metalmeccanici, parrucchieri e personale sanitario. È bene quindi, almeno nel nostro caso, ricorrere ai prodotti in commercio cosiddetti nichel tested, con una soglia rilevabile di nichel molto bassa al loro interno. Gioielli Una donna su dieci è intollerante al nichel e il contatto prolungato di questo metallo con la pelle può costare caro: rossori, eczemi, vesciche. Da qui il problema relativo ai gioielli e in particolare alla bigiotteria, per la quale viene effettuata la cosiddetta “nichelatura” per sbiancare e rendere luminoso l’oggetto. La ricerca non si ferma nella speranza di una soluzione del problema in questo settore, ma è curioso rilevare – esperienza personale – che un primo passo importante possa giungere non dalla scienza, bensì dall’arte. Antonio Migliozzi, orafo di 20

Trezzo sull’Adda, in provincia di Milano, nel suo lavoro di artigiano ha infatti potuto verificare una possibile reale soluzione all’intolleranza al nichel nei gioielli in oro bianco e argento, dopo aver eseguito alcune prove con i gioielli in platino… la strada sembrava quella giusta. Per rimediare agli alti costi produzione è poi riuscito a trovare una nuova via nelle leghe al palladio, metallo meno costoso e meno rischioso per la salute. Ottimi i risultati, grande la soddisfazione. Il suo viaggio di ricerca non è finito, perché ancora oggi sta provando a testare l’argento con la stessa lega, sperando sempre più in un ulteriore passo verso l’acquisizione di nuove scoperte e di nuove conoscenze in questo ambito. Dimostrazione che, quando è l’arte a mettersi al servizio dei bisogni delle persone, anche il tempo, le difficoltà e le sfide di un singolo artigiano entrano nella storia di ognuno di noi… Cosmetica L’industria della cosmesi è una vera e propria fucina di profitti: migliaia di prodotti per tutte le esigenze. Una volta l’uso esclusivo spettava alle donne, mentre oggi, si sa, anche l’universo maschile ne trae beneficio in maniera sempre crescente. Dietro quelle pubblicità luccicanti e colorate, con modelle che rasentano la “perfezione”, si possono tuttavia nascondere molte insidie. Le reazioni della pelle a un particolare cosmetico sono di due tipi: irritativa e allergica. La prima compare con intensità proporzionale alla concentrazione della sostanza tossica e alla durata del contatto; a provocare la seconda invece possono essere soAllergie e intolleranze

stanze eccessivamente alcaline o acide: fanno parte di questa categoria i prodotti per la depilazione, gli antitraspiranti, gli esfolianti e i detergenti. Passiamo quindi a una veloce rassegna dei componenti chimici principali presenti nei prodotti, sostanze potenzialmente dannose per i soggetti allergici o intolleranti: i conservanti, la parafenilendiamina, gli alcoli della lanolina e il gliceril-tioglicolato. Vediamo di cosa si tratta. - I conservanti vengono impiegati per evitare lo sviluppo di batteri e muffe. Tra questi: i parabeni, i più utilizzati, la formaldeide, che si trova soprattutto negli shampoo, il Kathon CG, il Quaternium-15 (che rilascia formaldeide, presente in molti cosmetici come make-up per gli occhi, fondotinta, lozioni idratanti) e l’Euxyl. - La parafenilendiamina (PFD), bandita in alcuni Paesi perché troppo rischiosa, è usata invece per le colorazioni permanenti dei capelli. È il terzo ingrediente più comune, dopo le essenze profumate e i conservanti, in grado di causare dermatiti da contatto. Può scatenare prurito e arrossamento del cuoio capelluto, eczema dolorante, desquamazione della pelle a livello delle orecchie, del volto e del collo, estendendosi in ogni parte del corpo. Esistono anche sostanze con struttura chimica simile che possono produrre gli stessi effetti: come la benzocaina e la procaina (anestetici locali), i coloranti azotati (impiegati ad esempio per colorazioni temporanee dei capelli) e l’acido paraaminobenzoico (presente in alcune creme solari). - La lanolina, ottenuta dal sebo della pecora recuperato dalla lana non lavorata, viene Allergie e intolleranze

utilizzata per le sue proprietà emollienti, idratanti ed emulsionanti. La contengono, tra gli altri, creme per le mani, quelle protettive, lucidalabbra, struccanti, fondotinta, oli per bambini e lozioni per pannolini. - Il gliceril-tioglicolato, infine, è responsabile di circa il 30% delle dermatiti “da parrucchiere”. Questa ovviamente è solo una classificazione sommaria, che non colpisce l’occhio più di tanto. L’effetto “shock” si può ricevere solo leggendo una lista di tutte le sostanze prese una per una, rendendosi così conto del perché spesso si incorra in problemi di allergia o intolleranza senza neanche conoscerne i motivi. Tornando al nichel, alcune sperimentazioni su soggetti sensibili hanno dimostrato una reattività negativa non trascurabile per concentrazioni superiori a 1 mg/kg (1 ppm); altre invece che la soglia di reazione si aggira tra i 3 e i 5 ppm. È quindi impossibile che un prodotto ne sia privo. Per questa ragione molte industrie della bellezza testano oggi i prodotti secondo i suddetti parametri (generalmente sotto l’1 ppm), assicurandosi che la quantità di nichel non sia rilevante e pericolosa: anche in questo caso, come per i detersivi, si parla di prodotti nichel tested. Test diagnostici Negli ultimi anni il numero di soggetti interessati ad allergie e intolleranze è cresciuto in maniera esponenziale. Le allergie, che sono mediate immunologicamente, possono essere identificate con relativa facilità. Si riporta di seguito una breve descrizione dei test più noti validati dalla comunità scientifica: 21


- PRIST (Paper Radio Immuno Sorbent Test): esame del sangue che consente di dosare i livelli sierici delle IgE totali. - RAST (Radio Allergo Sorbent Test): esame del sangue che permette di dosare nel siero i livelli delle IgE specifiche per un determinato alimento. - PRICK: test effettuato tramite piccoli graffi sul braccio del paziente, sopra i quali viene depositata una goccia di estratto delle varie sostanze (alimenti, conservanti, farmaci, polvere, pollini, acari, peli di animali…). Dopo 15-20 minuti si effettua il controllo del braccio: se sopra al graffio si forma un “pomfo” il test viene considerato positivo, in quanto dimostra la produzione di anticorpi della classe IgE. La diagnosi delle intolleranze alimentari, invece, si presenta più complessa. Se per le allergie è infatti più agevole da effettuarsi, dato che è il paziente stesso a riferire i sintomi all’assunzione di un determinato alimento, per le intolleranze le reazioni “ritardate” rendono di difficile standardizzazione l’approccio, diagnostico e clinico. Tra i test si ricordano: - Vega test: è condotto su punti cutanei che corrispondono a quelli dell’agopuntura, con un rilevatore di potenziale elettrico locale (elettroagopuntura di Voll detta EAV). Viene applicato al dito di una mano

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del paziente un misuratore della resistenza elettrica e dopo l’avvicinamento di una fiala-test alla cute si registra una variazione di resistenza, ritenendo significativa una caduta del potenziale o variazione del valore base. - Citotest: si tratta di un prelievo del sangue, attraverso il quale si valutano al microscopio le modificazioni dei globuli bianchi al contatto con gli estratti alimentari. - Mineralogramma o Test del capello: consente di esaminare attraverso l’analisi del capello gli alimenti non tollerati. Si effettua su un semplice prelievo, tagliando 3-3,5 cm di capelli nella zona retro-nucale per un campione di circa 1 grammo. - Test delle IgG o York test: test immunoenzimatico che consente di individuare attraverso un prelievo del sangue la presenza di anticorpi IgG diretti contro gli antigeni alimentari, che indicherebbe una prolungata esposizione a un particolare alimento. - Alca Test®: è un prelievo del sangue attraverso cui viene fornito, tramite referto IMGeP (Istituto di Medicina Genetica Preventiva), uno schema indicante il grado di intolleranza ai singoli alimenti. Avendo nella mia personale esperienza avuto modo di ottenere risposte tramite quest’ultimo test, ve ne riporto qui di seguito un breve approfondimento.

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ALCAT TEST® Il sistema Alcat consta di tre fasi: - Visita specialistica: al fine di valutare le condizioni cliniche del paziente. - Prelievo di sangue venoso: può essere effettuato in qualunque momento della giornata, anche non a digiuno. - Dietoterapia: i risultati dell’Alcat Test® permettono di redigere un programma alimentare vario, la dieta a rotazione, in grado di stimolare il recupero della tolleranza e consentire gradualmente la reintroduzione degli alimenti non tollerati. Le valutazioni sono effettuate attraverso uno specifico strumento di conteggio e misurazione cellulare, denominato Robocat II (validato dall’US Food & Drug Administration), che individua le eventuali variazioni volumetriche e cliniche di particolari globuli bianchi (granulociti neutrofili) a contatto con le sostanze testate. Quando si verifica una variazione del numero e delle dimensioni dei globuli bianchi significa che è presente una reazione avversa a quella determinata sostanza. La lettura computerizzata dei dati fornisce risultati oggettivi e reali, riducendo il numero di reazioni falsamente positive e aumentando la riproducibilità dell’esame. La concordanza tra il risultato

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e il sintomo clinico è pari all’83,4% per quanto concerne i test sugli alimenti e al 96% per gli additivi alimentari. I risultati vengono realizzati usando il “Codice colore” (si veda l’immagine). Il referto consiste in quattro colonne che suddividono gli alimenti, gli additivi chimici, antibiotici o antinfiammatori secondo diversi gradi di positività: - Verde: alimenti non reattivi; - Giallo: alimenti con reazione di intolleranza di grado moderato (da evitare possibilmente per 2 mesi); - Arancione: alimenti con reazione grave, che devono essere evitati per un minimo di 3 mesi; - Rosso: alimenti con reazione estrema, che devono essere eliminati completamente dalla dieta per almeno 3-6 mesi. Gli obiettivi della terapia dietetica Alcat sono i seguenti: - Favorire il recupero della capacità di tollerare gli alimenti risultati sensibili all’Alcat Test®; - Evitare diete pericolose di eliminazione, utili probabilmente in caso di allergia classica, quella cioè mediata da IgE ad alto titolo; - Consentire il rispetto della vita sociale e di relazione, nonché del piacere legato al cibo mediante una dieta a rotazione che preveda giornate di alimentazione libera.

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Introduzione

Una breve premessa, doverosa e sincera: è quasi impossibile evitare il nichel a tavola, perché si trova quasi ovunque. L’ideale, quindi, in linea generale, è cercare di starne alla larga il più possibile riducendo quei cibi che ne contengono quantità più elevate… ma ovviamente non è così semplice. Il problema principale, almeno oggi, è l’impossibilità a stabilire con certezza assoluta la concentrazione di questo metallo negli alimenti, visto che la quantità varia in funzione di numerosi fattori: il tipo di terreno per le colture; l’impiego di fertilizzanti sintetici e pesticidi; la contaminazione del suolo con rifiuti industriali e urbani; la distanza da eventuali fonderie di nichel; infine il problema relativo all’acqua e all’uso di pentole o utensili, sebbene anche su questo tema permangano tuttora forti controversie. Su alcuni alimenti, bisogna ricordarlo,

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Cereali

tutte le fonti concordano, a prescindere dalle variabili. Tra questi: pomodori, frutta secca, fagioli, lenticchie, piselli, soia, avena, mais, cacao, noci, nocciole e frumento intero. Gli studi effettuati, inoltre, indicano un aumento della concentrazione di nichel in primavera e in autunno, mentre si dimezza in estate, oltre ad aver rilevato che l’assunzione quotidiana tramite alimentazione si aggira fra 0,2 mg e 0,6 mg; ma, allo stato attuale, la mancata definizione di una soglia minima riflette persistenti incertezze sulle dosi ritenute in grado di evocare sintomi sistemici in soggetti sensibili. Di seguito, quindi, una rassegna veloce sugli alimenti principali utilizzati in cucina, con alcune note generali e la segnalazione di ciò che al momento è consigliato o meno per chi è affetto da intolleranza al nichel.

Introduzione

I cereali si prestano a essere consumati in svariati modi e in tutte le stagioni. Nella loro forma integrale contengono una discreta quantità di proteine, zuccheri, grassi e minerali, vitamine del gruppo B e altri nutrienti importanti, tra cui la fibra alimentare. Quando non raffinati sono tuttavia sconsigliati per chi soffre di intolleranza al nichel. Passiamo in rassegna quelli consentiti. Amaranto: si consuma in chicchi o soffiato. Può essere aggiunto alle verdure e miscelato ad altri cereali. È ottimo anche come base per le pappe dei bambini. Contiene proteine di altissima qualità e molto assimilabili; l’assenza di glutine lo rende adatto in casi di celiachia. Farro: in commercio ne esistono due tipi, decorticato, cioè nella forma più integrale, che richiede l’ammollo, e perlato, dove la giumella esterna è stata tolta parzialmente con un processo di perlatura. In chicchi è ottimo sia per le tradizionali minestre sia nella preparazione di sformati o polpette, o come base per torte salate. Con la farina si preparano paste, dolci e biscotti. È il cereale più completo dal punto di vista nutrizionale: ha un alto contenuto proteico, è ricco di fibre, di vitamine A, B, C, E e minerali. Grano: conosciuto anche come frumento, è il più diffuso tra i cereali ed è impiegato prevalentemente sotto forma di farine, usate sia nella panificazione sia nella preparazione delle paste. Quinoa: è una pianta appartenente alla speCereali

cie delle Chenopodiaceae, ma è considerata uno pseudocereale. Risulta particolarmente adatta per chi segue una dieta vegetariana, in quanto ricca di proteine con aminoacidi essenziali meglio bilanciati rispetto agli altri cereali, oltre che di vitamine B1, B2, PP, C, fibre e minerali quali ferro, calcio e fosforo. Riso: dopo il frumento, il riso è il cereale più coltivato al mondo; se ne producono 4 miliardi di quintali l’anno, di cui 1400 milioni nella sola Cina. Ricco di carboidrati, ha un basso contenuto di grassi e un buon contenuto di vitamine A, B1, B2, B6 e di minerali quali azoto, fosforo, ferro, potassio, sodio, zolfo, manganese, cloro, iodio, zinco e fluoro. Assimilato dopo sole 2 ore dall’organismo, risulta energetico, equilibratore delle funzioni gastrointestinali e regolatore della pressione arteriosa, dunque consigliato per i cardiopatici. Cous cous: si tratta di semola di grano duro lavorata a vapore fino a formare piccoli granelli, poi essiccati. È la base di numerosi piatti nordafricani e utilizzato in alcune varianti: per piatti unici e insalate con verdure, carne e pesce. Si abbina a spezie e aromi, viene proposto anche in versione dolce.

CEREALI VIETATI avena, cereali integrali, crusca di grano, grano saraceno, mais, miglio, soia, prodotti derivati

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SIDRO FATTO IN CASA Innanzitutto si deve procedere alla scelta delle mele da reperire. Un buon mix, sperimentato con grande successo da alcuni produttori in Alto Adige, prevede per un quintale di mele le seguenti proporzioni: 25 kg di Golden Delicious, 25 kg di Granny Smith e 50 kg di Winter Winesap. Queste mele in genere vengono raccolte nello stesso periodo, ma non sempre è possibile reperirle già mature contemporaneamente, quindi sarebbe raccomandabile prenderne un po’ acerbe lasciandole maturare in casse di legno in un luogo fresco. Il primo passo è il lavaggio accurato delle mele e una leggera asciugatura. Passate quindi alla tritatura che permette di ottenere una sorta di purea. Per questa operazione esistono in commercio delle macchine dotate di lamelle e rulli che tagliano e poi riducono in poltiglia le mele, ma se si ha a disposizione un torchio usato per il vino è possibile avere lo stesso risultato inserendo le mele tagliate a pezzetti all’interno di sacchi di tela (15-20 kg di mele per sacco) e procedendo poi allo schiacciamento fino a ottenere un composto pastoso. La fase successiva prevede che la purea sia disposta nel torchio e intervallata in altezza, ogni 15-20 cm circa, con dei dischi di vimini e di plastica, come normalmente viene fatto per la spremitura delle olive. Per raggiungere il massimo in termini di aromi è bene che la spremitura sia lenta, anche per piccole quantità, e che la pressione venga data gradualmente. Alla fine della spremitura dovremo ottenere una quantità di mosto pari a circa 50 litri. Facendo molta attenzione alla pulizia e alla sanificazione delle attrezzature utilizzate, è possibile evitare l’azione di microrganismi indesiderati e di processi ossidativi che rovinerebbero il nostro mosto. L’industria previene questi

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inconvenienti con l’utilizzo di anidride solforosa, ma noi vogliamo un prodotto naturale e quindi staremo attenti soprattutto alla pulizia. Per la fase di fermentazione, mettete il mosto in damigiane chiuse con un tappo in sughero, al centro del quale inserirete un oggetto fondamentale durante la fermentazione, il cosiddetto “Air-Lock”, che collega la parte interna del contenitore all’esterno attraverso un tubicino che passa in una piccola ampolla che riempiremo con acqua e metabisolfito di potassio. L’utilizzo di questo strumento è fondamentale perché permette all’anidride carbonica prodotta dalla fermentazione di fuoriuscire e allo stesso tempo impedisce all’aria esterna di venire a contatto con il mosto. Dopo una settimana di fermentazione è possibile effettuare il travaso eliminando il fondo, nel quale si sono accumulate tutte le parti pesanti che rendono poco limpido il mosto iniziale. Effettuato il travaso bisogna sempre stare attenti a mettere il mosto in contenitori in cui non ci sia un contatto diretto con l’aria esterna, così come era stato fatto nella prima fase di fermentazione. Dopo il travaso la fermentazione ripartirà da sola e bisognerà aver cura di tenere il contenitore in locali non molto freddi. Passati altri 20 giorni si può quindi considerare avvenuta la trasformazione del mosto in sidro. A questo punto si travasa il sidro, magari filtrando delle ulteriori parti in sospensione ancora presenti, e lo si mette a maturare in un luogo fresco e al riparo dalla luce per 3 mesi. Dopo questo periodo di maturazione è possibile procedere all’imbottigliamento. Una volta imbottigliato, essendo un prodotto naturale, è bene consumarlo entro 15 mesi dalla spremitura per apprezzarne al meglio le caratteristiche organolettiche. Si consiglia di utilizzare bottiglie scure e di conservarle in un luogo fresco e al riparo dalla luce.

Bevande

Pentole e cotture

Il nichel è un metallo presente nella maggior parte degli oggetti che usiamo ogni giorno. Per far fronte al dilemma circa l’utilizzo di strumenti da cucina che ne siano privi, dobbiamo dunque scegliere tra alcuni materiali che ci consentano di spaziare nei vari metodi di cottura. Tra quelli altamente sconsigliati c’è sicuramente l’acciaio inossidabile: una lega di ferro, nichel, cromo e carbonio. È meglio, nel caso, scegliere pentole in acciaio speciale senza nichel (sono siglate 18/C). Ma esistono in commercio altre validissime alternative, ognuna con proprie caratteristiche. Passiamole in rassegna. Ghisa: le pentole in questo materiale vengono usate principalmente nella preparazione di zuppe, stufati e minestroni, poiché la ghisa accumula calore e lo trattiene garantendo una cottura lunga e a fuoco basso, ma anche per la cottura alla piastra di carne e verdura. Una delle più comuni nelle nostre cucine è il wok, a fondo piatto, conica, con due maniglie, molto usata in Oriente per preparare soprattutto sautées, ma anche arrosti, fritture, zuppe e cotture al salto. Il suo pregio è permettere di mescolare rapidamente gli alimenti messi a fuoco vivo senza che assorbano troppa materia grassa, secondo il procedimento della “cottura veloce”. Pietra ollare: è un materiale ancora poco utilizzato in cucina. Ha la capacità di diPentole e cotture

stribuire il calore in maniera uniforme, di farlo durare per diverso tempo anche una volta che viene allontanata dal fuoco, mantenendo la temperatura con pochissimo calore. Ha una naturale capacità antiaderente ed è immune a molti tipi di acidi, vale a dire non assorbe e non rilascia odori e sapori. Il cibo mantiene così tutto il suo aroma e la sua fragranza. Eccezionale per le cotture lunghe e a fiamma moderata, come zuppe, brasati, stracotti e polenta. Terracotta: rappresenta quanto di più naturale si possa desiderare. Si tratta di “pignatte” di ottima qualità, che mantengono intatti i sapori assicurando un’uniformità di cottura e riducendo così la necessità di usare grassi. Adatte alla preparazione di molti piatti, risultano ideali soprattutto nella cottura prolungata di tutti quei cibi che necessitano di “sobbollire” lentamente e a fuoco molto basso. Possiedono una certa porosità che trattiene gli aromi degli alimenti, è dunque opportuno non conservarvi troppo a lungo i cibi. Sono facilissime da usare: al primo utilizzo basta immergerle per almeno tre ore in acqua calda o fredda; dopo aver eseguito questa operazione possono essere utilizzate subito, senza farle asciugare. Per gli usi successivi è consigliabile continuare a bagnare le pentole per due o tre minuti prima di usarle. Fate attenzione quando le maneggiate, perché sono particolarmente delicate. 45


Gratinare: con questa tecnica si fa riferi-

Stufare: è una tecnica in umido molto len-

mento solo alla doratura della superficie di una pietanza, da effettuarsi in forno dopo una parziale cottura. La gratinatura avviene grazie al grill, posto nella parte superiore del forno, che sprigiona un calore molto intenso. Per far sì che si formi la caratteristica e invitante crosticina, dobbiamo ricoprire l’alimento con una spolverata di pane grattugiato o di parmigiano reggiano, mescolato a fiocchetti di burro o con besciamella, oppure semplicemente spennellare con il tuorlo d’uovo sbattuto. Lessare: si cuoce l’alimento in acqua che abbia raggiunto una temperatura appena inferiore a quella di ebollizione (circa 95 °C). Non dobbiamo predisporre una cottura troppo lunga, né con la fiamma troppo alta: potrebbe far perdere consistenza agli alimenti. Le verdure verdi vanno immerse in acqua bollente: così facendo conservano intatto il loro colore, evitando un’eccessiva perdita di vitamine e minerali. Le verdure in foglia (coste, bietole, erbette) devono invece essere lessate con l’aggiunta al massimo di 1 bicchiere di acqua, producendone da sole quella necessaria alla cottura.

ta, a fuoco bassissimo. Con questo metodo la preparazione del cibo viene garantita sia dai grassi aggiunti sia dall’umidità emanata dagli alimenti. Il sugo che si raccoglie in fondo al tegame, una volta evaporata l’acqua in eccesso, è una miscela che potete usare per condire. La pentola va sempre tenuta coperta. Mi raccomando: controllate spesso durante la cottura che nulla si attacchi al fondo, se necessario aggiungete qualche cucchiaiata di brodo vegetale o acqua, sempre bollenti. Tostatura senza condimento: è un procedimento molto utile a noi “nichelini”, essendo sconsigliato il soffritto, che serve a chiudere i pori e a formare una crosticina attorno ai chicchi per aumentarne la tenuta in cottura. La tostatura va fatta ad alta temperatura, in una casseruola già calda e senza grassi, continuando a mescolare il riso per un paio di minuti con un mestolo di legno. Poi bisogna procedere a sfumare con del brodo fatto precedentemente sobbollire per circa 2-3 minuti, unito caldo per evitare lo shock termico che potrebbe far rompere i chicchi.

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Pentole e cotture

ALIMENTI CONTENENTI NICHEL Alloro

Fagioli

Mirtilli

Sgombro

Arachidi

Farine integrali e crusca

Molluschi

Sogliola

Aragosta

Fegato

Nocciole

Soia (anche il tofu)

Aringa

Fico

Noce moscata

Spinaci

Asparagi

Frutta essiccata

Noci

Tè nero

Avena

Funghi

Olio ad alta temperatura

Tonno

Basilico

Gelato

Olio di semi

Topinambur

Broccolo

Girasole

Patata

Uva

Cacao/Cioccolato

Grano saraceno

Pepe

Uva passa

Caffè

Indivia belga verde

Pera

Vino

Carciofo

Kiwi

Piselli

Zucca

Carota

Lampone

Pistacchi

Zucchina

Catalogna

Lattuga

Pomodoro

Cavoletti di Bruxelles

Lenticchie

Porro

Prodotti multicereali

Cavolfiore

Lievito in polvere

Prezzemolo

Cibi fritti

Cavolo verde

Liquirizia

Prugna

Cibi in latta

Ceci

Mais

Radicchio verde

Cibi precotti

Cerfoglio

Mandorle

Rapa

Dadi da brodo

Chiodi di garofano

Margarina

Rucola

Cicoria verde

Marmellate industriali

Salmone

Cipolla

Merluzzo

Sedano

Crescione

Miglio

Segale

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ANTIPASTI

Crema soffice di ricotta aromatizzata agli agrumi Ingredienti per 4 persone ! 400 g di ricotta ! 400 ml di panna liquida ! 4 tuorli d’uovo ! 120 g di zucchero di canna bianco ! scorza e 2 cucchiaini di succo di 1 arancia ! scorza e 4 cucchiaini di succo di 1 lime ! ribes

Preparazione Montate i tuorli con lo zucchero e aggiungete il succo di lime e di arancia fino a ottenere una crema morbida e spumosa. Aggiungete la ricotta setacciata. Semimontate la panna e unitela al resto amalgamando dal basso verso l’alto. Componete il piatto con l’aiuto di un sac à poche riempiendo i bicchieri, riponete dunque la crema in frigorifero per un paio d’ore. Al momento di servire guarnite con le scorzette di lime e arancia e con il ribes. Ricordate sempre che cucinare non significa solo preparare cibi: è fantasia, socialità, arte e capacità organizzativa. Un valido aiuto lo possiamo trarre dai libri, dalle riviste, ma anche dai foodblog. Proprio grazie al mio sito, infatti, ho avuto modo in questi anni di conoscere e confrontarmi con una miriade di persone, ognuna delle quali mi ha saputo dare qualcosa di unico: ricette, impressioni, tecniche di cottura, ma soprattutto tanta umanità.

Non tutti sanno che... Un’arancia contiene circa 200 sostanze diverse, tra cui polifenoli, responsabili del gusto aspro, e terpeni, da cui il sapore amaro.

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Crema soffice di ricotta aromatizzata agli agrumi

Crema soffice di ricotta aromatizzata agli agrumi

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PRIMI

Fusilli con pesce spada profumati al lime Ingredienti per 4 persone ! 360 g di fusilli di riso ! 1 fetta di pesce spada ! 1 spicchio d’aglio ! scorza e succo di 1 lime ! ½ bicchiere di sidro ! timo ! sale ! olio extravergine d’oliva

Preparazione Lavate il pesce spada, asciugatelo e tagliatelo a dadini. Lavate e sbucciate il lime con un rigalimoni, tenendo da parte la scorza; spremete il succo e filtratelo. Rosolate in una capiente padella lo spicchio d’aglio intero, leggermente schiacciato con il palmo della mano, un po’ di sidro e i dadini di pesce spada. Lasciate che prenda colore, per un paio di minuti, dopodiché sfumate con il restante sidro, aggiungete il succo di lime e fate evaporare. Regolate di sale, spolverizzate con il timo e la scorzetta di lime. Fate cuocere la pasta in abbondante acqua salata, scolatela al dente e saltatela in padella con il condimento preparato a fuoco vivo per pochi secondi; se occorre, mantecate con un mestolo di acqua di cottura della pasta precedentemente tenuto da parte, per legare meglio il tutto. Il lime è più dolce e aromatico del limone e possiede un elevato contenuto di potassio, ideale per contrastare i bruschi cali di tono. Difficilmente si consuma come frutto fresco, mentre in cucina trova numerosissime applicazioni. Anche la sua scorza è ottima, utilizzata per aromatizzare carni e pesci marinati o in salse agrodolci.

Non tutti sanno che... La pasta ottenuta dalla farina di riso deve essere cotta in abbondante acqua e per poco tempo.

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Fusilli con pesce spada profumati al lime

Fusilli con pesce spada

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SECONDI

Brasato ai peperoni Ingredienti per 4 persone ! 600 g di reale ! 1 peperone giallo ! 1 peperone rosso ! brodo vegetale ! 1 spicchio d’aglio ! 1 bicchiere di sidro ! olio extravergine d’oliva ! salvia ! rosmarino ! timo ! sale

Non tutti sanno che... Il rosmarino può essere utilizzato sia fresco che essiccato, sebbene con l’essiccazione perda gran parte dei principi attivi. Ha capacità rivitalizzante ed energizzante; può essere usato anche come tonificante durante il bagno.

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Preparazione Scaldate in una pentola di terracotta 1/2 bicchiere di sidro e uno spicchio d’aglio. Quindi aggiungete la carne a fuoco vivo rosolandola su tutti i lati. Sfumate con il restante sidro. Terminata la sfumatura togliete la carne. Aggiungete le erbe aromatiche e portate a bollore. Rimettete la carne in casseruola e aggiustate di sale. Coprite con brodo vegetale e cuocete con coperchio a fuoco basso per almeno 2 ore e mezza. Nel frattempo tagliate a metà i peperoni, privateli dei semi e delle nervature bianche, lavateli, asciugateli e sminuzzateli a dadini aggiungendoli al brasato a tre quarti della cottura. A fine cottura condite con un paio di cucchiai di olio d’oliva. Servite il brasato a fette con la salsa di peperoni che, a piacere, potete passare nel mixer se preferite la consistenza cremosa. La sostanziale differenza tra stufato e brasato è negli ingredienti: mentre lo stufato è realizzato con carne, vino e spezie, il brasato comprende l’accompagnamento con varie verdure. Inoltre, lo stufato non prevede l’aggiunta di acqua, a cottura ultimata sarà scuro e dal gusto deciso, mentre il brasato, proprio grazie all’acqua delle verdure aggiunte, sarà più chiaro e dal gusto più delicato. Ovviamente, adattando il piatto all’intolleranza al nichel, dobbiamo sostituire il vino usando il sidro.

Brasato ai peperoni

Brasato ai peperoni

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PIATTI UNICI E TORTE SALATE

Torta salata con melanzane Ingredienti per 4-6 persone ! 1 panetto di pasta brisée (vedi p. 247) ! 2 melanzane ! 250 g di scamorza affumicata ! 200 g di prosciutto cotto ! 100 g di parmigiano reggiano grattugiato ! 3 uova ! 2 spicchi d’aglio ! origano ! sale

Preparazione Preparate la pasta brisée. Lavate e tagliate a dadini le melanzane, mettetele in un tegame con 1/2 bicchiere d’acqua, l’aglio, l’origano e il sale, cuocete per circa 20 minuti. Lasciate asciugare l’acqua, spegnete il fuoco e fate raffreddare. Nel frattempo tagliate a dadini la scamorza e il prosciutto cotto, uniteli in una ciotola con le melanzane, il parmigiano reggiano, le uova sbattute con un pizzico di sale e amalgamate il tutto. Stendete la pasta brisée in una teglia ricoperta da carta forno, bucherellatela con la forchetta e versate il composto, ripiegando i bordi verso l’interno. Infornate a 180 °C per circa 35-40 minuti. La preparazione delle torte salate non richiede l’impiego di particolari attrezzature. Può essere comunque utile una caraffa graduata per misurare l’acqua e un comodo piano da lavoro, una spianatoia di legno o un piano di marmo.

Non tutti sanno che... Le melanzane sono ottime per la loro azione lassativa, specialmente se consumate con la buccia.

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Torta salata con melanzane

Torta salata con melanzane

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FRUTTA E DOLCI

Cheesecake con ribes Ingredienti per 6 persone Per la pasta ! 100 g di burro ! 120 g di biscotti sbriciolati ! 1 cucchiaio di zucchero Per la copertura ! 200 ml di panna liquida ! scorza e 1 cucchiaio di succo di 1 limone ! 4 cucchiai di zucchero Per il ripieno ! 500 g di ricotta ! 4 cucchiai di panna liquida ! scorza e 2 cucchiai di succo di 1 limone ! 3 uova ! 80 g di zucchero Per il ribes glassato ! 1 cestino di ribes ! 1 albume d’uovo ! zucchero di canna bianco ! zucchero semolato

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Preparazione Unite alla panna per la copertura il limone, la scorza grattugiata, lo zucchero e lasciate riposare per 30 minuti. Amalgamate gli ingredienti per la pasta e foderate uno stampo apribile. Per il ripieno, in una ciotola amalgamate la ricotta con la panna, poi unite tutti gli altri ingredienti e versate nella tortiera. Fate cuocere in forno a 200 °C per 30 minuti, versate la panna inacidita e proseguite la cottura a 200 °C per altri 10 minuti. Lasciate raffreddare e mettete in frigorifero. Per il ribes glassato, mischiate lo zucchero semolato a quello di canna bianco tritato finemente in parti uguali. Passate il ribes a grappolini nel bianco d’uovo montato a neve, sgocciolate e cospargete subito di zucchero. Lasciate riposare per 2 o 3 ore su un foglio di carta forno. Il cheesecake è un tipico dolce americano, veramente molto gustoso ma anche nutritivo, per via del formaggio. Questa squisitezza è famosa in tutto il mondo e ultimamente sta ottenendo un grande successo anche in Italia. L’ideale per la decorazione, come in questa ricetta, è la frutta... ovviamente fresca e di stagione!

Cheesecake con ribes

Cheesecake con ribes

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FRUTTA E DOLCI

Mousse di cachi Ingredienti per 4 persone Per la mousse ! 250 g di polpa di cachi ! 100 g di zucchero di canna ! 250 ml di panna liquida ! 1 cucchiaio di agar agar in polvere ! succo di 1 limone Per la coulis ! 2 cachi maturi ! 40 g di zucchero di canna

Preparazione Lavate e frullate i cachi riducendoli a una purea omogenea. Aggiungete lo zucchero, l’agar agar e il succo di limone. Fate raffreddare il tutto, nel frattempo montate la panna. Quando la polpa di frutta inizia a solidificare aggiungete la panna montata e mescolate delicatamente dal basso verso l’alto con una frusta. Per la coulis frullate i cachi con lo zucchero e passate al setaccio. Prendete un bicchiere e mettete uno strato di coulis, uno strato di mousse, ancora uno strato di coulis, poi decorate a piacere. Il caco, il cui frutto è chiamato anche “Mela d’Oriente”, fu definito dai cinesi l’albero delle sette virtù. Tra le sue proprietà: vivere a lungo, offrire una grande ombra e rifugio agli uccelli e non essere attaccabile da parte dei parassiti. Il suo legno, infine, risulta ottimo da ardere.

Non tutti sanno che... I cachi per la loro ricchezza in zuccheri (16%) sono molto energetici, oltre a contenere vitamine del gruppo A, C e K.

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Mousse di cachi

Mousse di cachi

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IMPASTI BASE

Pasta fresca all’uovo Ingredienti per 4-6 persone ! 400 g di farina “00” ! 4 uova ! sale Preparazione: 20 minuti Riposo: 30 minuti

Preparazione Disponete la farina a fontana sulla spianatoia e rompetevi le uova al centro, unite un pizzico di sale e amalgamate gli ingredienti con una forchetta. Quindi passate a impastare con le mani, per 15 minuti circa, fino a quando otterrete un composto sodo e appariranno sulla superficie delle minuscole bollicine d’aria. Raccoglietelo, cercando di formare una palla, avvolgetelo in un canovaccio leggermente umido e lasciatelo riposare per circa mezz’ora in un luogo fresco. Trascorso il tempo, appiattite la palla con la mano e stendetela con il matterello su una spianatoia infarinata in modo da ottenere una sfoglia sottile e uniforme. Vi consiglio, man mano che stendete, di spolverizzare il tavolo e il matterello con poca farina per evitare che la pasta si attacchi. La sfoglia tradizionale deve essere lavorata possibilmente su un piano di legno, prima con le mani, per poi passare al matterello, ottenendo un grande foglio piuttosto sottile e uniforme. Questa pasta è ideale per preparare lasagne, ravioli, tagliatelle, pappardelle, tagliolini, quadrucci eccetera. I migliori chef che ho ascoltato consigliano di congelare la pasta in freezer e al momento dell’uso versarla direttamente nell’acqua bollente, con l’unica differenza che la cottura necessiterà di 1-2 minuti in più.

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Pasta fresca all’uovo

Pasta fresca all’uovo

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SALSE, SUGHI E CONDIMENTI

Paté di olive Ingredienti ! 300 g di olive denocciolate (verdi, nere o taggiasche) ! 1 spicchio d’aglio ! origano ! 100 ml di olio extravergine d’oliva ! sale

Preparazione Passate le olive sotto l’acqua corrente e asciugatele. Mettetele nel frullatore con le pale da impasto di plastica, aggiungete lo spicchio d’aglio, il sale, l’origano e l’olio. Frullate per qualche minuto. Versate in un vasetto di vetro sterilizzato e coprite con un cucchiaio di olio. In questo modo è possibile conservare il paté per due o tre giorni in frigorifero. Il paté di olive può essere spalmato sul pane e arricchito da pezzi di mozzarella, oppure può guarnire la base di una sfoglia salata, dandogli un sapore particolare. Può anche essere aggiunto come condimento per un primo piatto di pasta o affiancare, spalmato su fette di pane, un piatto di insalata con verdura mista e uova. Ulteriori varianti prevedono l’aggiunta di capperi, acciughe sott’olio e peperoni verdi.

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Paté di olive

Paté di olive

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MARMELLATE E CONFETTURE

Cotognata di mele allo zafferano Ingredienti ! 1 kg di mele cotogne ! 500 g di zucchero di canna ! succo di ½ limone ! 15 pistilli di zafferano

Preparazione Scegliete tra le mele quelle più mature e meno ammaccate, tagliatele a pezzetti e privatele del picciolo, dei semi e del torsolo. Mettetele a bollire in una pentola con un bicchiere di acqua e il succo del limone. Lasciate in cottura a fiamma bassa finché non avrete ottenuto un composto abbastanza cremoso. Una volta pronto trasferitelo in uno scolapasta in modo che resti solo la polpa; rimettetela quindi nella pentola e unite lo zucchero e lo zafferano. Lasciate cuocere fino a quando non si sarà trasformata in un composto molto denso. La cotognata è un prodotto molto semplice da realizzare e ottimo da usare come ripieno per torte, biscotti o crostate. Può essere un ottimo abbinamento con i formaggi.

Non tutti sanno che... La mela cotogna ha proprietà emollienti, sedative, antibatteriche, antinfiammatorie e astringenti. Ciò è dovuto all’alta presenza di tannini, che proteggono la mucosa intestinale e rallentano la peristalsi.

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Cotognata di mele allo zafferano

Cotognata di mele allo zafferano

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Ringraziamenti Scrivere questo libro ha richiesto molto più lavoro e tempo di quello che avevo previsto, ho avvertito spesso il peso della responsabilità per un tale impegno. Sono riuscita a superare tutte le paure e le difficoltà solo grazie al lavoro di squadra, con alcune persone per me molto importanti, senza le quali non sarei mai stata in grado di portare a termine questo risultato. Desidero ringraziare innanzitutto il professor Giuseppe Di Fede, che oltre ad avermi supportata professionalmente mi ha anche aiutata a trovare il modo giusto per esprimere con efficacia molte questioni complesse relative alla mia intolleranza al nichel. È stato un onore collaborare con lui. Un grazie sincero alla dottoressa Paola Carassai, che ha dato il via a questo progetto, credendoci fermamente, in ogni momento. Ha revisionato quasi tutto il materiale mentre lo scrivevo, il che non solo ha reso migliore la qualità del libro, ma mi ha anche motivata a proseguire nei momenti in cui, l’ammetto, avrei desiderato essere da qualsiasi parte tranne che davanti a un computer! Ringrazio la dottoressa Jessica Barbieri, che ha dato una mano via via che il libro prendeva forma, sempre felice di discutere – a volte per serate intere – gli argomenti che volevo affrontare. Nonostante fosse in attesa del suo primo bimbo, mi ha dedicato molto tempo, contribuendo con i consigli riportati in calce a ogni ricetta. Vorrei poi esprimere la mia più grande gratitudine alla mia amica Maria Grazia, che mi ha incoraggiata, con aiuti concreti, sostenendomi fin dall’inizio in tutte le iniziative, ma anche in cucina, durante la preparazione delle ricette. Soprattutto mi ha spronata affinché comprendessi l’importanza di discutere

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Ringraziamenti

pubblicamente una situazione problematica al fine di trovare una soluzione. Grazie a chi ha lavorato “dietro le quinte”, con consigli, strategie, preparazione tecnica e sostegno morale: Luisella, Alessandro, Alessio, Sacha, René e lo chef Mauro Civiero, che mi ha aiutata nella realizzazione e nell’impiattamento della maggior parte delle ricette. E poi i miei figli: Paolo, per il suo incoraggiamento paziente e instancabile, l’unico in famiglia a credere fin da subito in questo libro; Roberta, che mi ha permesso di dedicarmi quasi totalmente al progetto sostituendomi in ufficio; e Stefano, che dopo aver criticato la mia nuova filosofia mi ha poi sostenuta totalmente. Un ringraziamento speciale a mio marito Gabriele, che durante gli studi, le ricerche e gli spostamenti ha sopportato pazientemente tutti i miei sbalzi di umore, ma soprattutto mi ha sempre dato fiducia. L’ultimo ringraziamento lo faccio alla mia unica e amata sorellina Mary, che mi ha dato la forza interiore di iniziare e finire questo libro. In ogni momento di sconforto ho cercato di svuotare la mente dalla tristezza e di rimanere in ascolto cercando un segno qualsiasi che mi facesse rendere conto che mi era vicina. Mary rappresenta per me lo stimolo critico, il pensiero e il desiderio, la passione, l’amore, la perseveranza e la coerenza, l’onestà intellettuale e il rispetto per la vita. Ringraziamenti

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