Depero - Viaggio a Niu Iorc

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Diploma accademico di II livello in Comunicazione e design per l’editoria

Progettazione per l’editoria Prof. Leonardo Sonnoli I anno spec. a.a. 2011-2012 Tommaso Lodi Martina Micheli


Fortunato Depero Viaggio a Niu Iorc


Indice

Introduzione 9 Capitolo 1, La partenza da Rovereto 10 Capitolo 2, L’arrivo a Genova 12 Capitolo 3, L’imbarco 16 Capitolo 4, A bordo del castello navigante 20 Capitolo 5, L’arrivo a New York 32 Capitolo 6, Vita americana 34 Bibliografia 41



Introduzione

Fortunato Depero è il solo futurista che abbia sperimentato realmente New York, cioè la maggiore metropoli del XX secolo. Marinetti non l’ha pensata, nè conosciuta; Sant’Elia e Boccioni l’hanno sognata, ma non sono riusciti a sperimentarla direttamente. Depero fu attratto da quell’idea di modernità che accompagna questa città e che ispirò tutta la sua opera; a New York il mito futurista della metropoli con il caos assordante dei suoi rumori, odori e colori, sembra appagare la sua ansia di ricerca. Depero arriva in questa città nel settembre del 1928, e nel gennaio del 1929 tiene una personale alla Guarino Gallery of Italian Contemporary Art; rientra in Italia nel 1930 per poi ritornare a New York nel 1947.

29 settembre 1928, Genova. “Pittore, architetto, scenografo, decoratore principe, Fortunato Depero, anzi il Mago Depero parte oggi con l’Augustus per l’America del Nord, dove si reca a organizzare una serie di esposizioni della sua arte audace, sintetica, potente, ultramoderna. Siamo certi che egli conquisterà di colpo i mercati artistici del nuovo mondo dove la sua produzione è già conosciuta, seguita ed ammirata. Il Giornale di Genova saluta con il suo più sincero e fervido augurio di meritata fortuna questo genuino rappresentante italiano, il quale passa l’oceano spinto dal desiderio di propagandare i nuovi valori artistici della nazione.”

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Capitolo 1

La partenza da Rovereto

Da quanto Depero ci riferisce, quella per New York fu una partenza ansiosa e movimentata, accompagnata da continui pellegrinaggi verso Roma, alla ricerca di contributi, di febbrili preparativi e commesse pubblicitarie per completare l’entità degli aiuti finanziari. Poco prima di partire dalla Stazione di Rovereto avviene l’inaspettato incontro con Luigi Russolo, che trattiene Depero a Rovereto e di li a poche ore sopraggiungerà anche l’amico Benvenuto Ottolenghi, industriale genovese che messo al corrente dei progetti americani raccomanda a Depero di farsi vedere prima della sua partenza da Genova. Ma anche il trasferimento da Rovereto a Genova non è tranquillo.

Mi recai a Roma per ottenere una possibile riduzione di viaggio come artista e per poter facilmente introdurre negli Stati Uniti i miei prodotti di carattere decorativo e commerciale. Colloqui con il Direttore Generale delle Belle Arti, con il Console Generale d’America, con S. E. il Ministro degli Esteri, con il Capo di Gabinetto di S. E. il Ministro delle Comunicazioni. Mese di Agosto: molte autorità assenti, anticamere difficili, lunghe e scoraggianti. Gocciolavo come una grondaia. Sintesi: mi trovai a Settembre con il bagaglio pronto, un modesto gruzzolo nel pugno e le pratiche per la partenza pressocchè esaurite. Stavo per recarmi a Trento per l’incasso dell’aiuto ministeriale e per impegnarmi con una cambiale. Sono alla stazione di Rovereto che attendo il treno, mentre la mia mente naviga già sulle onde dell’Atlantico. Sbuffante, l’accelerato arriva. Mi avvicino per salire voltando distrattamente lo sguardo al deposito bagagli. Colpo di sorpresa. Chi vedo? Sogno od ho le traveggole? È lui o è uno che gli rassomiglia? È Luigi Russolo, il creatore degli intonarumori e del rumorarmonio e celebre pittore futurista.

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Capitolo 2

L’arrivo a Genova

L’inizio di questo viaggio comincia con una descrizione del percorso che affronta Depero attraverso l’animata città di Genova.

Salire e discendere per vie larghe e strette, luminose ed oscure, per vicoli pittoreschi, per scalinate selciate. Banche, negozi di valigerie all’aperto, ristoranti nascosti. Città animatissima, brulicante ed affaccendata in basso; aperta, verde, ardente in alto. Piazza de Ferrari: piazza solatia di distribuzione. Da qui si parte alla ricerca di ogni indirizzo, da qui i tram si avviano alle loro destinazioni, da qui il viaggiatore emigra per tutto il mondo. Di faccia il palazzo dorato della Navigazione Generale Italiana. Sotto i suoi portici gli ampi uffici con le spaziose vetrine. In esse modelli costruiti delle motonavi in miniatura, ingrandimenti fotografici di gruppi e personalità viaggianti.

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All’arrivo a Genova la promessa, ricevuta a Roma, di una riduzione delle spese di viaggio per sè, la moglie Rosetta ed un bagaglio poderoso, non è mantenuta. Anzi il bagaglio è già a bordo e viene richiesto il pagamento del prezzo pieno. Così Depero, con aria distratta versa il necessario anticipo.

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È vero che oggi attraversare l’oceano non è un ardimento, ma fissare le cabine di un transatlantico avendo denaro insufficiente, partire con un bagaglio artistico poderoso e futurista, con la vaga e unica speranza di trovare un amico lontano, non conoscere la lingua inglese ma solo un pò di tedesco, mi sembra veramente temerario.

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Capitolo 3

L’imbarco

Dopo una lunga attesa per il controllo dei passaporti, Depero descrive i dettagli del transatlantico Augustus in un estremo primo piano.

Al Consolato americano molti bambini ed adulti per la visita medica. Attesa lunga per il visto, attesa lunga per il proprio turno. Un giovanotto biondo esamina il passaporto. Mi chiede lo scopo del viaggio; propaganda artistica e mostre personali d’arte. Mi chiede quali conoscenze tengo a New York, la durata del soggiorno. Timbro. Bollo. Firma. Saluto. Davanti a me si erge una parete verticale, mezza nera e mezza bianca. Su quella nera molti buchi rotondi, su quella bianca ed in cima molte ringhiere. Mi trovo di fianco alla motonave Augustus. Salgo a bordo per una scaletta ballonzolante. Entro nel palazzo metallico: corsie strette, pulitissime; cabine anguste arieggiate da ventilatori e aspiratori confortevoli. Lavatura recentissima. Facchini tra i piedi. Bagagli che salgono: neri, gialli, verdi, laccati, fasciati di ottone o di ferro, coperti da infinite etichette policrome.

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Nel mare: le navi capovolte, storte, oscillanti, liquefatte. Sirene di tante voci, ricami di tante luci, bandiere di tanti colori e di tante nazioni. Onde di mille odori salati. Da un foro in basso, la pancia nera della nave vomita acqua bianca e verde. La bandiera tricolore squilla ridente e dice a squarciagola tutta la gioia vibrante dell’ampio sereno che sovrasta. Acqua azzura nel cielo; cielo celeste nel mare. Nello spazio effervescenza brulicante di atomi solari che elettrizzano di gaudio. Ancora un ultimo fazzoletto ostinatamente batte le sue ali affettuose. I motori si accendono e incominciano il loro metodico rullio. Il mostro possente, la città metallica navigante freme, si risveglia, lentamente scivola e avanza verso il mare aperto.

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Capitolo 4

A bordo del castello navigante

Una volta entrato nella motonave, Depero descrive gli interni dell’Augustus, sensazioni e pensieri riguardanti questa avventura.

A bordo dell’Augustus si mangia da principi e si beve abbondantemente. Io mi faccio onore perchè dopo (almeno così suppongo) avremo regime asciutto. Nessun viso noto. Cammino per la nave in lungo e in largo, in alto e in basso, desideroso di conoscere la mia nuova casa. Da un balcone della corsia di terza classe, vedo l’enorme salone delle macchine: spaziosissimo sotto le fondamenta del castello navigante. Caldaie e dinamo ordinate e lucenti; tubi, stantuffi, ringhiere: geometria macchinaria perfetta. Dopo il pasto un pisolino in cabina. Mia moglie dorme sul letto in basso e io salgo su quello sopra. Dopo il pisolo una passeggiata sui ponti. Un prete canadese, un ingegnere giapponese, una girl newyorkese e un barbiere napoletano giocano in fraterna comunità con dei dischi di legno. La maggioranza dei viaggiatori cammina su e giù per le passeggiate con velocità parallela al pensiero: chi pensa pigramente, cammina adagio; chi pensa velocemente, corre. Chi non pensa affatto, dorme.

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Notte piena e nera trapunta di stelle. Due cupe isole all’orizzonte, simili a due cetacei addormentati. Giungiamo nel porto di Napoli di buon mattino. Il Vesuvio scodinzola controluce la sua coda diabolica. Il porto è molto animato. Gente che sale e gente che scende, fagotti che attendono; preti e frati, materassi arrotolati. Cesti di pesce, di frutta e di erbaggi vengono carrucolati a bordo. Cartoline di Napoli finite, francobolli esauriti; quindi impossibile spedire affettuosi saluti agli amici. Nuovo squillo di tromba. La motonave procede la sua marcia metodica, rettilinea. Incontro eccezzionale in pieno Mediterraneo con la consorella motonave Roma. I passeggeri dei due piroscafi si riversano ai parapetti e si lanciano a vicenda i piĂš calorosi auguri.

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Le navi innalzano le bandiere e si salutano con le sirene a tutto fiato. Gibilterra: a destra il triangolo roccioso del fortilizio che emerge dal mare; a sinistra le aride, rosse, sabbiose scalinate africane. Sulle coste spagnole gruppi di casupole appollaiate e galleggianti sulle schiume bianche dei marosi. Sulle lontane, brulle colline, piccoli candidi campanili. Alla base della nave, barche di venditori d’uva e di fichi; il fruttivendolo lancia abilmente in alto ai passeggeri cordicelle alle quali sono attaccati graziosi cestini di saporiti frutti. Sbrigate le rapide cerimonie di dogana, la nave riprende il suo viaggio fendente.

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La mia anima, il mio cuore, le mie braccia, le mie dita sono attaccati alle sapienti corde metalliche tese da poppa a prua sulla pancia della magica arpa-dinamo Augustus motogloria italiana. Il vento, con dita fatue e voci tricolori, soffia, urla, frusta e incita alla conquista di sempre nuova gloria.

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La serenità e il bel tempo ci accompagnano durante i primi giorni di Atlantico. C’è chi legge comodamente abbandonato sulle lunghe sedie a sdraio, avvolto nelle soffici coperte variopinte. Il fotografo ha un gran da fare nel ritrarre personalità viaggianti, gruppi e coppie emigranti. Anch’io mi faccio riprodurre arrampicato sui più alti parapetti in prospettiva falsata dal basso in alto, in modo da ottenere una insolita e caricaturale foto. Mia moglie è occupata a conversare con suore in missione, con un genitore solitario e taciturno. Io intervisto il Comandante. Intanto i giorni passano lunghi e monotoni.

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Davanti, acqua all’infinito. Ai fianchi, acqua a perdita d’occhio. Dietro, giorni di acqua passata. Irrequietezza d’acqua, di schiuma e di luce, sciacquio, brontolio, schiaffegio e scivolio. Abbagliare, ingotgare, tremolare, biancheggiare, verdeggiare simultaneo di liquido e di luce abbacinante. La casa angusta va, va e va, sicura e imperterrita, oscillando e seguendo le alte ondate che spacca con metodico ritmo.

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Capitolo 5

L’arrivo a New York

Lo stato d’animo di Depero quando avvista la grande metropoli, dopo giorni di traversata atlantica, è euforico. New York appare ai suoi occhi come una visione teatrale, una scenografia che fino ad allora poteva essere solo teorizzata ed alla quale le foto non rendevano giustizia, non tanto in termini dimensionali ma in quanto impatto psicologico delle volumetrie e delle interazioni spaziali.

Alle prime ore del mattino, sveglia. Sento la nave che non traballa più e che scivola lentamente sull’acqua quasi ferma. Siamo nella baia di New York. Si ode un rumoroso traffico di bauli. Nelle cabine le valigie vengono riordinate e richiuse. I passeggeri sono quasi tutti sui ponti. Prendo il cappotto e salgo anche io in coperta. Buio, freddo, pioggia sottile, e qualche lontano faro a luci alternate. Il giorno avanza sensibilmente. Dalla fitta nebbia si vedono spuntare come magiche apparizioni, in alto, strette pareti regolarmente foracchiate, come pezzi di gigantesco scatolame turrito. Sono i grattacieli che si vedono vagamente lontani. Nell’incerta alba, nell’umida foschia, infinite segnalazioni luminose e voci di sirene che si interrogano. Una forte scossa e finalmente il rullio dei motori dopo undici interminabili giorni cessa. La motonave Augustus è ancorata nel porto di New York.

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Capitolo 6

Vita americana

Dopo varie peripezie per riuscire a recuperare quadri, arazzi e disegni, Depero si stabilisce al New Transit Hotel al 464 West della 23° strada dove l’amico Ciro Lucchi gli mette a disposizione alcuni locali per svolgere la sua attività.

La facciata dell’albergo ha il colore del fango. Il giroscala è di legno laccato color fegato crudo. Tanfo di rinchiuso nell’ufficio dal pavimento di sudicie tavole. Mille e mille emigranti vi transitarono. Panche lucide e logore come quelle dei santuari. Gente stanca, delusa, che parte e arriva, vi sosta come sotto una provvidenziale grondaia durante l’acquazzone della vita nomade. Poppanti, scugnizzi, vecchi, vedove e madri cariche di fagotti e di bimbi. Spettinate, con gli occhi smarriti e il disordine addosso, vestite di dolore e di stanchezza. I soci dell’azienda sono quattro. Uno è turco, un altro polacco, un terzo greco e il quarto italiano. Avendo dovuto sostare qualche mese in questo delizioso ambiente avevo bisogno di una stanza da lavoro chiara e vuota. Perciò il principale gentilmente fa scaraventare dalla finestra letti, specchiera, materassi e quadri.

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Dopo una prima esposizione, in sordina, nei locali del suo studio è la volta della sua prima, vera personale, tenuta alla Guarino Gallery of Contemporary Italian Art. Il catalogo della mostra sarà un capolavoro di arte grafica e tipografica, impaginato secondo le ricerche esplicate nel famoso libro bullonato.

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Consigliato dal Console Generale, visito la Galleria Guarino al 600 Madison Avenue. Direttrice e proprietaria è la signora Ada Guarino. Con il critico d’arte Christian Brinton traccio il programma di una mia esposizione: catalogo, inaugurazione, comitato esecutivo ed onorario. Fissate le condizioni, l’epoca e le conferenze, ordino il catalogo e mi metto ad approntare i quadri. In poco tempo eseguisco un mucchio di cornici con listelli mezzorotondi; li dipingo in argento, sono semplici, di aspetto metallico e di riuscito effetto. I quadri finalmente li ho potuti ritirare alla dogana senza pagare dazio alcuno. Non così gli arazzi e i cuscini, non considerati (dalla dogana) opere d’arte, bensì materiale commerciale e perciò tassati di circa 800 dollari. Finalmente quadri e arazzi sono pronti. Il giorno dell’inaugurazione si avvicina. Carico un autocarro completo e fra le cataste di dipinti mi metto in piedi e con le gambe e le braccia allargate reggo in basso e in alto i quadri, affinchè non crollino o si sciupino durante lo sconquassante trasporto. I miei sogni magici, il mio mondo fiabesco, gli automi meccanici, i treni volanti, la flora e la fauna favolose, viaggiano fra le pareti a piombo dei grattacieli, fra le prospettive

ferrigne dei ponti e dei treni elevati, seguendo la compatta fiumana delle automobili, tra due argini di folla nera che brulica nella bassa, densa ed asfissiante atmosfera metropolitana. Ho il cuore trepidante. Altri momenti sono gaio come un canarino. Saluto la folla, fischio con le sirene, canto con gli altoparlanti; ho la sensazione di viaggiare con carico pericoloso, considero questi dipinti come bombe concentrate di esplosioni policrome. Sarà mia intima gioia lanciarle contro i cupi parallelepipedi di questa babele. Mi sento trasportare con alte e basse onde di terremoto, mi sento rotolare con la mia opera nelle profondità sconvolte della supermetropoli, verso la Galleria Guarino, verso il Ring della mia prima battaglia americana.

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Bibliografia

Maurizio Scudiero e David Leiber, Depero futurista & New York. Il futurismo e l’arte pubblicitaria/futurism and the art of advertising, Longo editore, Rovereto, 1986 Fortunato Depero, Un futurista a New York, Editori del Grifo, Montepulciano (SI), 1990 Francesca Velardita (a cura di), Fondo Fortunato Depero. Inventario, Nicolodi, Rovereto, 2008


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