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tms.petrosino@gmail.com
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Curriculum vitae
Tommaso Petrosino Personal details
Data di nascita: 12 novembre 1992 Nazionalità Italiana Residenza Legnago, VR, ITA
tms.petrosino@gmail.com
Work experience
Laboratorio 2729, Venezia +39 333 7415166
Architetto e designer Massimo Barbierato
facebook.com/Tommaso Petrosino International Workshop
WS Arch. Hoemann & Verdugo
WS Arch. Sandra Giraudi
WS Arch. LABICS
Workshop di progettazione intensiva 01-07-2012 / 31-07-2012
Workshop di progettazione intensiva 01-07-2013 / 31-07-2013
Workshop di progettazione intensiva 01-07-2014 / 31-07-2014
WS Arch. Alberto Veiga
WS Arch. Morpho Papanikolau
Workshop di progettazione intensiva 30-10-2014 / 03-10-2014
Workshop di progettazione intensiva 10-02-2014 / 14-02-2014
Education
Lingua italiana e inglese
Liceo Scientifico ‘G.cotta’ Legnago
IUAV Venezia
Madrelingua italiana Conoscenza dell’ inglese a livello scolastico
2006/2011 voto di maturità: 80/100.
laurea triennale in architettura voto: 110 con lode
Software
Adobe Illustrator
Adobe Photoshop
Autodesk Autocad 2D
Google Sketchup
Adobe Indesign
Rhinocheros
Pacchetto Microsoft Office
Cinema 4d
io. L’esperienza presso la facoltà di Architettura IUAV di Venezia ha indubbiamente sviluppato in me la capacità di poter formulare un giudizio di tipo critico su tematiche architettonico progettuali. Ciò è stato possibile grazie ad un percorso, lungo 3 anni, in cui ho potuto maturare esperienze personali /professionali, crearmi un bagaglio culturale e confrontarmi con studiosi e studenti della materia, tali da conferirmi gli strumenti adeguati alla creazione di una mia idea di architettura. In virtù di questo ho deciso di
selezionare i miei lavori attraverso tre parametri. Uno che mira ad individuare quelle che sono state per me le esperienze con cui ho potuto creare un certo grado di conoscenza della disciplina, ossia il risultato di approfondimenti e seminari a carattere principalmente storico. Un secondo che ha cercato di selezionare quelli che sono stati gli strumenti di rappresentazione grafica dei miei elaborati e un terzo che contenesse tutte quelle che sono state le mie attività di carattere laboratoriale/progettuale, la mia effettiva e concreta espressione di cosa significhi per me l’architettura.
a.a. 2011-2012
a.a. 2012-2013
a.a. 2013-2014
Analisi matematiche e geometriche -
Istituzioni di urbanistica
Workshop di progettazione architettonica intensiva
Architettura greca romana
Rappresentazione e rilievo dell’ architettura
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Storia della città e del Territorio -
Fisica tecnica e controllo ambientale
Meccanica Strutturale Storia dell’architettura Workshop di progettazione architettonica 1 Lingua inglese
Disegno digitale
Laboratorio integrato di progettazione architettonica 1: .Composizione architettonica .Elementi costruttivi .Elementi geometrici della rappresentazione
Workshop di storia dell’arte moderna Progetto di restauro Progettazione urbanistica -
Valutazione estimativa del progetto Storia dell’architettura contemporanea -
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Workshop di progettazione architettonica 2 Laboratorio integrato di progettazione architettonica 2: .Composizione architettonica 2 .Architettura del Paesaggio
Laboratorio integrato di progettazione architettonica 3 .Progettazione architettonica e urbana .Progettazione di sistemi costruttivi Workshop di progettazione architettonica 3
Studiare
Progettare
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Rappresentazione dell’architettura
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rilievo
Conoscere
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Laboratorio integrato di progettazione architettonica 1
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Istituzioni di urbanistica
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Storia dell’architettura
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Workshop di architettonica 1
progettazione
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teoria dela progettazione architettonica
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Storia dell’architettura contemporanea
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Laboratorio integrato di progettazione architettonica 2
adp
architettura del paesaggio
ws2 lb3 ws3
Workshop di architettonica 2
progettazione
Laboratorio integrato di progettazione architettonica 3 Workshop di progettazione architettonica 3
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Progettazione urbanistica
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Progetto di restauro
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Workshop di architettonica
progettazione
Contents.
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Rilievo Cappella Barbon, Venezia. Rappresentazione e rilievo dell’architettura Arch. Vincenzo Lucchese 2012-2013
Anno: Ottobre-Febbraio 2012-2013 Docente: Vincenzo Lucchese Luogo: Cimitero di San Michele, Venezia
La cappela funeraria della Famiglia Barbon si colloca nel cimitero monumentale di San Michele, nell’omonima isola della laguna Veneta, posta tra Venezia e Murano. Secondo la legge napoleonica del 1802, per motivi igienici i cimiteri delle città furono riuniti al di fuori delle mura. La cappella in esame si presenta come un tipico esempio di revival del Manierismo veneto. I caratteri tipici del Classicismo vengono ripresi e reinterpretati con eclettismo, distaccandosi dalle rigide regole canoniche che stabilivano rapporti tra gli elementi: si abbandona la rigidezza e l’armonia del classico, negando per esempio la coerenza tra struttura interna e facciata.
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Rilievo Cappella Barbon
Rappresentazione e Rilievo Vincenzo Lucchese
Rielievo geometrico di una capella funeraria nel cimitero di San Michele
IUAV a.a. 2012 I 2013
Come accadde per molte correnti artistico architettoniche, il Manierismo è stato riscoperto nei secoli successivi, per rimarcare (almeno in Italia) le radici storico-artistiche delle città: Bologna ritorna allo stile precedente il dominio papale, Firenze rivive la sua epoca rinascimentale, Venezia si veste del gotico, ricordando il suo glorioso passato commerciale. Il Manierismo spicca principalmente per il proprio colto eclettismo, arricchendo ed enfatizzando i caratteri classici. Per questo motivo si può dire che fu per molto tempo lo stile consuetudinariamente utilizzato dalle famiglie abbienti per sottolineare la propria cultura e raffinatezza, nonché la propria autorità. Non a caso lo ritroviamo spesso nell’architettura monumentale cimiteriale, sebbene venezia abbia conosciuto in quell’epoca la sua stagione neogotica.
Prospetto Ovest
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Prospetto Est
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La cappella sembra aver mantenuto fede a questa tradizione componendosi di una pianta centrale a sezione quadrata, segnata da quattro piloni angolari sul quale grava il peso di una cupola emisferica inscritta in un quadrato di base e impostata su di un piccolo tamburo. Sui quattro prospetti, al di sopra di un alto basamento, è presente un doppio ordine architettonico: al primo livello si hanno delle colonne libere di ordine pseudo composito affiancate da lesene sostenenti un arco a tutto sesto tangente la trabezione del timpano superiore, a sua volta impostato sull’ordine minore del secondo livello, composto da due piccole paraste pseudo ioniche.
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Prospetto Ovest
Un elemento architettonico essenziale nel Manierismo, soprattutto nella sua accezione veneta, è sicuramente la serliana. Si tratta di un particolare tipo di trifora, con l'apertura centrale ad arco e le due laterali trabeate: così la nominò Sebastiano Serlio a cui è dovuta la pubblicazione e la diffusione di questo schema strutturale e decorativo.
La serliana, sorta nel primo quarto del secolo XVI, ebbe ampio utilizzo nell'architettura del Sansovino e del Palladio, e fiorì poi specialmente nell'arte veneta del Sei e del Settecento. Le lontane radici della serliana possono ricercarsi nell'architettura imperiale e siriaca, dove si cominciò a interrompere la rigida trabeazione dei colonnati con un arco.
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Prospetto Est
Prospetto Ovest Particolare chiave di volta dell’arco in facciata
Nel varcare le soglie del Cinquecento, la serliana sembrò assumere uno spirito nuovo. Più che come struttura, fu concepito come ritmo che scandiva le pareti da decorare in spazi lunghi e brevi separati da lesene, spesso tra loro legati da proporzioni. Molteplici furono le soluzioni a cui diede luogo la ricerca d'armonizzare il ritmo fondamentale delle lesene, o delle semicolonne binate e trabeate, con il sistema ad arco.
La terza soluzione, adottata nella prima metà del sec. XVI di girare direttamente l'arco sullo spazio maggiore, lasciando architravato quello minore tra i sostegni binati, diede luogo alla serliana, forma, come si vede, non nuova, ma di cui è nuovo e caratteristico del genio rinascimentale, l'impiego in sequenza, a scandire un ritmo di spazi.
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Prospetto Nord
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Prospetto Sud
Le lontane radici morfologiche della serliana possono ricercarsi nell'architettura imperiale di Roma, quando - nel sec. II e III - in Siria, in Asia Minore, in Dalmazia, si cominciò a interrompere la rigida trabeazione dei colonnati con un arco, tracciato in corrispondenza dell'intercolunnio assiale. Nel varcare le soglie del Cinquecento, il motivo sembrò assumere uno spirito nuovo. Le due citate varietà , la sansoviniana e la palladiana, restarono fondamentali, e ad esse possono riferirsi tutte le successive serliane. Considerate in serie, queste formarono portici e logge, come nella già citata Basilica del Palladio o nella Biblioteca Marciana del Sansovino.
Prospetto Ovest Particolare scritta
Capitello composito Particolare quotato
Prospetto Ovest Particolare
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Lineamenti di architettura dall’antichità al XVII secolo Storia dell’architettura Prof.ssa Giovanna Curcio 2011-2012
Anno: febbraio-giugno 2012 Docenti: Prof.ssa Giovanna Curcio Luogo: -
il corso ripercorre e analizza i fondamentali sistemi architettonici elaborati in occidente dall'età romana alla metà del XVII secolo ed è teso a fornire gli strumenti metodologici e le conoscenze necessarie per l'interpretazione storico-critica dell'architettura. Attenzione particolare sarà rivolta, nel più generale quadro della storia politico-economica e della storia delle idee, anche alle tecniche costruttive e alle modalità del progetto nei rapporti con la committenza e le istituzioni. Il corso così si è diviso in tre sezioni: I lineamenti di architettura antica e medievale, l'architettura in Italia tra XV e XVII secolo e i lineamenti di architettura europea nello stesso periodo.
Lineamenti di architettura dall’antichità al XVII secolo Filippo Juvarra “chi poco vede nulla pensa”
Storia dell’architettura Giovanna Curcio
IUAV a.a. 2011 I 2012
Il processo evolutivo di un artista
Filippo Juvarra Galleria Diana Torino, Italia 1715-1718
Filippo Juvarra. Primo architetto di Torino a partire dal 1714 Juvarra rappresentò non solo per il capoluogo piemontese ma per un più vasto programma europeo la figura chiave nel processo di transizione dal barocco all'architettura di primo ottocento. Assieme a Fuga, Van Vitelli e Fisher Von erlach, Juvarra è fra i protagonisti dell'ultima generazione di architetti barocchi in cui si sviluppa l'ultimo tentativo di coordinare e organizzare gli elementi classicisti codificati nel cinquecento, temi portati a pieno compimento con l'illuminismo. In questa chiave Juvarra trae dal rinascimento michelangiolesco l'unificazione verticale dell'edificio ottenuta con l'uso dell'ordine gigante e l'integrazione di volumi compositi che si succedono imprevedibilmente e in modo variabile. Juvarra è un artista originale e a partire dal 1725 passerà dalla lezione di Michelangelo ad un processo di assimilazione dell'intelaiatura portante all'interno dell'ivolucro murario dando luogo a menbrature parietali elastiche in quanto dilatate e traforate. Ciò fa si che all'intelaiatura sia assegnato oltre al valore formale anche quello strutturale facendo perdere al muro le sue qualità di elemento contenitore. L'esito raggiunto con la Chiesa del Carmine tra il 1732-36 sarà quello del concetto del pilastro murario. Questo traguardo rivela un duplice studio. Quello del telaio architettonico modellato con l'uso esclusivo degli ordini, tradizione insita negli
arcitettonici degli architetti romani da Michelangelo a Bernini passando per Carlo Fontana, e la struttura scheletrica dell'area austro-tedesca come sostiene Witkower. Ma la sua ricerca architettonica è in continua evoluzione e questo lo porterà sempre più di frequente all'utilizzo di un predominio di pieni su vuoti e di una separazione di ciascuna unità compositiva, attuata a madrid ma resa già manifesta a Superga. I periodi di cotruzine di molti suoi caratteri sono lunghi e si accavallano rendendo difficile determinare una chiara evoluzione del suo stile ma piuttosto le differenze stilistiche tra i diversi compiti. Questo carattere in continua evoluzione renderà juvarra l'emblema della maturazione che ha subito l'architettura italiana nel corso del XVII secolo. Funzionalmente a questo risulteranno fondamentali le sue esperienze con le culture francesi ed inglesi. Ma se nell'area britannica l'uso dell'ordine gigante, il basamento in bugnato rustico e l'accentuazione plastica delle unità centrali si configurano come evidenti riproposizioni dei caratteri palladiani, in Juvarra non è possibile rintracciare con immediatezza alcun modello di riferimento per due motivi. Perchè le matrici culturali da cui trae spunto sono profondamente assmilate e ricomposte senza contraccolpi e perche i temi tratti dall'aulica architettura cinquecentesca inseriti in un ambiente come quello
Filippo Juvarra Basilica di Superga Sezione-Prospetto, Torino, Italia dal 1715 Filippo Juvarra Fantasia architettonica: tempio dedicato a le arti Madrid, Spagna (Ca. 1705)
dell'incipiente illuminismo assumono per mezzo dello strumento razionale una valenza diversa. Durante la sua attività Egli farà uso di schemi geometrici-matematici, che alla base degli impianti strutturali, controlleranno tutto l'organismo planivolumetrico, dimostrando una certa predilezione per le piante con simmetrie radiocentriche (esempi sono il concorso clementino o il palazzo Stupinigi). Questo dato vedrà quindi spesso l'autore cimentarsi spesso nell'impegnativo tema delle strutture architettniche centralizzate, dai concorsi accademici sino a Superga. Juvarra per il rigorismo e la sobrietà del complesso di Superga, venne definito da Summerson come un protoneoclassicista. Essa è una definizione artistica che deve essere compressa in quanto tale, ossia atta a determinare una disposizione di spirito nei confronti di una verta opera e non come una precisa catalogazione della stessa. ( La definizione comunque appare azzardata per la distanza che separa l'autore dal neoclassicismo e dalle sue cause). Se proprio di definizione dobbiamo parlare ecco che Superga può essere definita come un esempio di protoilluminismo all'interno della sua produzione. Ciò è chiaro leggendo il modello juvarriano attraverso la contemporanea viennese chiesa di San Carlo: due siti diversi che rivelano quell'intento concretizzatosi con
l'incipiente illuminismo della chiarificazione degli elementi del progetto, legati nell'architetto messinese e separati in Fisher Von Erlach. Juvarra quindi è una poliedrica personalità in campo architettonico per la varietà dei suoi atteggiamenti espressivi fatti derivare da un attenta osservazione dell'architettura. Celebre a tal proposito la sua frase "chi poco vede nulla pensa" che rappresentano l'architetto Juvarra. L'osservazione diretta e lo studio dei trattati di architettura, quello di Vignola su tutti, costituiranno il termine di confronto più diretto e frequente con la sua produzione. Saranno proprio il sistema organizzativo e la raccolta dei suoi disegni ad avvicinarlo al Vignola dal quale si avrà comunque una trasformazione del corpus grafico da elemento di consultazione pubblica a prodotto professionale e formativo per l'architetto. Prendendo come riferimento le parole di Witkower juvarra quindi può considerarsi da una parte il più eminente erede del pensiero architettonico italiano accumulato nel corso dei precedenti trecento anni, dall'altra l'architetto italiano che più di tutti si staccò da questa tradizione. Torino è il suo laboratorio e in tale ambito superga rappresenta un momento della sua rielaborazione e meditazione sulle esperienze artistiche italiane e europee.
Filippo Juvarra Chiesa di Sant’Umberto Torino, Italia 1715-1718
Bibliografia - G. Gritella, Juvarra: l’architettura 2 voll., Modena 1992 . capitoli relativi a: Basilica di Superga (vol. I, pp. 212-265); Chiesa di San Filippo Neri (vol. I, pp. 287-317, vol. II, pp. 272-273); Chiesa del Carmine (vol. II, pp. 317-335); Complesso di Venaria reale (chiesa di Sant’Umberto, Vol. I, pp. 328-353 e vol. I, pp. 7-12; Citroniera e scuderia, vol. I, pp. 482-503; Galleria Diana, vol. I, pp. 178-187); Palazzo Madama a Torino (vol. I, pp. 428-451); Palazzina di caccia di Stupinigi (vol. I, pp. 186-219)
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Musei: dove abitano le emozioni Storia dell’architettura contemporanea Prof.ssa Maria Bonaiti 2012-2013
Anno: febbraio-giugno 2013 Docenti: Prof.ssa Maria Bonaiti Luogo: -
Il corso ha previsto uno studio approfondito delle principali architetture moderne non tanto da un punto di vista nozionistico, bensì concependo l’opera architettonica in primo luogo come atto intellettuale frutto di un pensiero a sua volta scaturito da suggestioni, esperienze e studio della storia dell’architettura precedente. Le lezioni hanno visto l’alternanza di lezioni frontali, visione di film\documentari e di interessanti seminari tenuti dagli stessi studenti.
Musei: dove abitano le emozioni progettare lo spazio dell’arte: architettura come arte del porgere
Storia dell’architettura contemporanea Maria Bonaiti IUAV a.a. 2012 I 2013
Zaha Hadid Ordrupgaard Museum
Il processo evolutivo di un opera
IL PESO DEL TEMPO Florenskij tratta il rapporto nelle arti figurative tra tempo e spazio fornendo interessanti spunti di riflessione, non solo per quel che concerne l’ opera artistica ma rivolgendo una particolare attenzione a quella architettonica e progettuale, quasi a ribadire e a confermare la piattaforma concettuale matematica e geometrica che permea la sua estetica. La premessa da cui il discorso si articola è che il tempo rappresenti assieme allo spazio una dimensione costitutiva e perciò innegabile della realtà, la quarta dimensione, imprescindibile da essa allo stesso modo con cui lo sono le tre coordinate spaziali. Così tempo e spazio, realtà indivisibili, compongono l’unica realtà che è spazio-temporale nella quale il tempo è la condicio sine qua non, requisito indispensabile all’esistenza che come tale “è nel tempo”. Il tempo è parte integrante della realtà, elemento descrittivo e interpretativo della medesima. Come la realtà, così l’ opera d’ arte in quanto rappresentazione della stessa realtà, partecipa alla stessa lettura del reale e affianca alle altre tre dimensioni, la quarta. La modalità espressiva dell’arte è particolare rispetto le altre. Ogni forma d’ arte infatti possiede una determinata modalità espressiva, manifestando con se stessa la tensione spirituale di un epoca. Detto questo quindi consegue che pure il tempo è stato percepito diversamente nel corso della storia a seconda del carattere spirituale dell’ epoca a cui appartiene. Il problema che adesso si pone è quello della percezione del tempo da parte nostra nella realtà e nell’arte.
SPAZIO E TEMPO NELL’ARTE Nonostante tutte le nostre valutazioni della realtà siano connes
se con il tempo, tale connessione non è da noi considerata debitamente, ma colta con una certa “causalità”. In verità ogni processo scorre nel tempo e il tempo a sua volta scorre seguendo il principio eracliteo del “panta rei” e qualsiasi strumento che lo colga o lo misuri ha un piccolo ritardo (limitabile ma non eliminabile) nei suoi confronti. Ogni oggetto tridimensionale quindi è per noi un’ astrazione, non può essere percepito e tanto meno pensato poichè il pensare stesso avviene nel corso del tempo. Partendo da questa constatazione Florenskij nota che l’ uomo tende a conoscere e pensare un oggetto guardando solo una sua parte, magari quella che muta relativamente poco nel tempo,trascurando altri settore di cambiamento. Significativi gli esempi che il filosofo deduce dall’ ambiente naturale (l’ albero, il fiore) adatti a rappresentare la percezione “acmeica” della realtà, la fase che Aristotele chiamava Entelechia, ossia fase della piena, ultima (nel senso di perfetta) attività. Ed è qui che l’ esemplificazione si fa necessaria: la rappresentazione della realtà è vera quanto l’immagine della sezione di un albero corrisponde all’ albero stesso. Per quanto si voglia pensare perfetta tale sezione, le sue piccole irregolarità ci danno la terza dimensione così come la sezione della realtà nel tempo non può essere perfettamente contemporanea. Essa possiede sì caratteristiche temporali, ma in rapporto all’ oggetto nel suo insieme, proprio perchè le “percezioni particolari” altro non fanno che fornire del materiale per conclusioni astratte sulla forma dell’ intera immagine. Se è pur vero che la fioritura e l’ immagine simbolica rappresentano l’ intero processo, bisogna tenere a mente il carattere simbolico di questa rappresentazione e la sua falsità, consapevolezza senza la quale avremmo rappresentazioni unilaterali e povere. Bisogna cogliere quindi la legge unificante di quel fiore che è nel tempo ma soprattutto parte del tempo.
CHE RAPPORTO ESISTE TRA SPAZIO E TEMPO?
Contemplare una qualsiasi realtà nel suo hit et nunc (qui e adesso) non basta, occorre fare la sintesi di tutti i suoi momenti di sviluppo. Lo sguardo è quindi elevarsi a considerare tutte le fasi temporali dell’esistenza dell’oggetto. Questo tema, viene quindi affrontato in maniera stringente, quasi con intento conclusivo nell’ottava lezione tenuto al Vchutemas (scuola d’arte sperimental sorta Mosca nel 1920 con un impostazione simile al Bauhaus). Non è sempre vero che nel tempo è possibile un solo verso e impossibile il suo contrario. Ma se consideriamo non lo spazio geometrico euclideo ma quello reale, ogni direzione nella nostra coscienza è un tempo preciso, se parliamo del tempo delle nostre emozioni o dei nostri sogni, l’unidirezionalità del tempo perde di significato. Ma fatto salvo che la realtà è spazio temporale, il tempo, quarta dimensione, è sempre presente nel nostro modello di realtà per quanto tale spessore possa essere assottigliato. Per misurarlo servono degli ostacoli, serve calcolare certi processi fisici. La presenza del tempo nella sua essenza si appoggia a certi eventi concreti di carattere spaziale e non esiste tempo separato dallo spazio e viceversa. Questi eventi concreti sono la realtà fenomenica che partecipa al tempo e questa percezione è detta movimento. Ciò implica che il mutare dello spazio muti anche il tempo determinando che il movimento si configuri come un parametro che caratterizza un dato punto dello spazio che all’inizio aveva un certo significato, che ha poi cominciato ad averne un altro. A questo punto lo sguardo di Florenskij si rivolge all’ arte figurativa, consapevole dell’impossibilità di questa di rappresentare i moti come spostamento di masse, ma della possibilità di farlo in maniera astratta con una rappresentazione cinematica l’artista dovrà comporre la sua opera e per fare questo, quasi come se interrompesse il movimento, dovrà scomporla in una serie di elementi tali che lo spettatore sia costretto a recepirli in una sequenza determinata. La sequenza degli elementi dovrà essere progettata in maniera tale da rappresentare una sequenza temporale e quindi il movimento stesso, la presenza del tempo nel suo andare.
ZAHA HADID SPAZIO, TEMPO, MOVIMENTO La riflessione vede la creazione artistico/architettonica come espressione della sequenzialità della fase di pensiero: ciò che è prodotto è qualcosa di dinamico poichè prodotto proprio del processo evolutivo del pensiero. Fa parte sia di una realtà storica, sia spirituale, diventando di entrambi parte visibile e comprensibile perchè consequenziale. Osservando i progetti dell’architetto Zaha Hadid è facile percepire la sua formazione matematica. Matematica e fisica infatti definiscono lo spazio come un sistema dinamico allontanandosi dalla geometria euclidea: con questa concezione dello spazio si confrontano i progetti di Zaha Hadid. E’ proprio per questo concetto che Zaha Hadid può legarsi a Florenskij. Come il matematico e filosofo russo anche per lei la progettazione architettonica diventa un oggetto dinamico frutto del pensiero, o come lei dice di un intuizione intelettuale che per questo motivo non può fare altro che produrre un oggetto carico di dinamicità. I risultati sono opere di forme del tutto inedite, frutto di ardite intuizioni supportate da una rigorosa perizia nell’impiego di tecniche e materiali. Ogni suo progetto prende vita a partire da bozzetti di piccolo formato di cui i collaboratori insieme all’ architetto sono chiamati ad interpretarlo, sviluppandone il disegno. La volontà concretizzata dopo un lungo processo è sempre quella che nella stesura definitiva risulti evidente l’ idea, il pensiero, l’ atto intellettuale di partenza. è su questa logica che si basa l’Ordrupgaard.
“...poichè non sono europea ho un diverso modo di pensare... credo di appartenere ad una tradizione culturale più emozionale e più intuitiva. E con intuitiva non voglio dire instintiva... Intuizione è la somattoria di razionalità ed esperienza.” -Zaha Hadid -
Zaha Hadid Ordeuogaard museum for franskimpressionisme, Charlottenlund, Danimark 2001|2005
Zaha Hadid Architect Director Founder of Zaha Hadid Architects
Ken Bostock Architect Associate
Patrick Schumacher Architect Director
Ordeuogaard museum Il progetto del museo è un’ opera di riqualificazione per poterlo adattare alle esigenze del pubblico contemporaneo, sorge nella verde e ricca periferia di Charlottenlund, qui nel 1916, Wilhelm Hansen e la moglie Henny incaricarono l’ architetto danese Gotfred Tvede di erigere la loro personale dimora e una galleria espositiva per la propria collezione di impressionisti francesi. Ordrupgaard era una cornice ideale. Tvede realizzò un complesso a due piani e tre ali, la struttura di Zaha Hadid ne è la diretta erede, accogliendo il mondo naturale del rigoglioso parco in spazi destinati alla frequentazione pubblica. L’edificio esistente progettato con lo stile rurale classicista tipico dell’epoca, si inserisce perfettamente nel contesto naturale del parco, inserito in un antica e protetta foresta. Dopo la morte di Henny il complesso fu affidato allo stato danese; la residenza tuttavia non disponeva di spazi necessari ad ospitare la collezione di alto valore, così i dipinti che iniziarono a deteriorarsi necessitavano con urgenza di una nuova collocazione. Nel 2001 venne indetto un concorso ad inviti per l’ampliamento dell’Ordrupgaard Museum: il bando prevedeva un ampliamento di 1150 mq, raddoppiando la superficie dell’edificio esistente, che si armonizzasse con il suo stile classico e coinvolgesse profondamente il paesaggio del parco. Il progetto dello studio MVRDV prevedeva una sequenza di gallerie tutte interrate, anche se visibili attraverso una copertura in vetro al livello del manto erboso, sembrò essere una soluzione un po’ limitativa. Il progetto vincitore fu quello di Zaha Hadid, completato nel 2005 e così interpretato dalla ideatrice: “ ritengo che tanto maggiore è la varietà di spazi che un museo può offrire, quanto più sia accentuata la sua flessibilità. Non ci interessa più il cubo bianco, pretendere che le cose stiano sempre in un certo modo. Credo che ci sia bisogno di avere una maggiore varietà di spazi espositivi, anche in considerazione che l’intero mondo dell’arte è in continuo mutamento.” Con un piccolo ampliamento, 87 x 25 m (includendo il collegamento con l’edificio esistente), Zaha Hadid riposiziona l’atrio dando forma al paesaggio e ottenendo una simbiosi effettiva tra la residenza di campagna e la sua galleria. Lo spazio dell’ingresso, disposto in diagonale, si apre con una doppia porta su una rampa di passaggio verso l’unico ambiente delimitato in sé dell’ampliamento, una galleria di 500 mq destinata alle esposizioni temporanee, semincassata nel paesaggio. L’altro lato dell’ingresso conduce ad un blocco diagonale di cinque sale espositive, più piccole e più segrete; l’ultimo spazio a sud è uno spazio con una duplice funzione adibito a caffetteria/ristorante e sala conferenze. Nonostante l’edificio di Zaha Hadid abbia un carattere sorprendentemente diverso e contemporaneo in relazione alla casa di campagna originale, è riuscito a catturare lo spirito speciale del sito e farlo proprio. La natura è l’eccipiente che lega insieme contemporaneo e tradizione che seppur così differenti dialogano e si rispettano l’un l’altro senza rovinare il contesto in cui sono inseriti. Ma come si può scorgere in questo progetto quella tradizione culturale emotiva e intuitiva a cui l'autrice si sente appartenere? Come l'Ordrupgaard Museum si profila come prodotto dinamico, figlio di un processo evolutivo del pensiero? In cosa diventa movimento? E perché l'opera architettonica, consapevole dell’impossibilità di rappresentare i moti come spostamento di masse, riesce in questa rappresentazione cinematica del reale, giungendo ad una rappresentazione temporale della forma? La risposta a queste domande può essere letta attraverso le soluzioni fornite da Florenskij in “spazio e tempo nell'arte". Zaha Hadid ha composto al sua opera scomponendola in una serie di elementi tali che lo spettatore sia costretto a recepirli in una sequenza determinata, in questo modo l’opera avrà l’opportunità di mostrarsi come una rappresentazione cinematica. La sequenza di spazi, pensata dall’architetto scozzese-messicano Ken
Bostock che ha anche partecipato alla progettazione per lo stabilimento BMW, è una configurazione che evita spazi conchiusi a favore di spazi interconnessi tra di loro in cui le attività nascono l’una dall’altra grazie alle curvature continue delle pareti: presenza del movimento e quindi del tempo. Il progetto di Copenhaghen tratta di un’onda di materia grezza che si solleva per ripiegarsi su se stessa come un guscio. Il museo nasce dalla terra come il tentativo di quest'ultima di svincolarsi da se stessa unendosi in sinfonia col paesaggio circostante. Nasce, cresce per poi contorcersi in un assoluto climax dinamico. Percorrendo l'edifico da "capo a coda", da nord a sud percepiamo una sorta di percorso evolutivo che inizia con l' emergere dal terreno nella sala delle esposizioni, attraversa le sale espositive, l'atrio e la rampa per poi concludersi in una dolce riconciliazione con il terreno nella sala delle conferenze data dal trattamento curvo e sinuoso della superficie parietale. Le linee architettoniche si assottigliano e infine si sciolgono nel paesaggio. Per questa volta niente spigoli, punte o angoli acuti, ma una forma morbida e curvilinea che si inserisce nelle traiettorie del parco. Percorrendo l’opera nella sua interezza l’osservatore si sente immerso in uno spazio dinamico come se fosse modellato dallo scorrere di un fiume, privo di riferimenti e di soste se non di fronte alle opere stesse. All’interno di questi spazi architettonici le persone dovrebbero provare una sensazione di armonia come se stessero immerse in un paesaggio naturale. Un'ulteriore elemento che permette di cogliere il senso di dinamicità è il modo in cui il volume è stato trattato sia a livello materico che costruttivo. Dal punto di vista delle superfici l’opacità della struttura è data da una copertura in calcestruzzo a base di pietra lavica (emblema di un processo evolutivo) che funge da contrappunto ai diversi elementi in vetro che riflettono il paesaggio e che lasciano intravedere l’interno della struttura. Quest'ultima si profila come un'assoluta novità, infatti negli anni sessanta, a Copenhagen si costruivano edifici residenziali in calcestruzzo, ma in seguito, con il prevalere della prefabbricazione si era persa la maestria della lavorazione in situ, seguendo soluzioni progettuali su misura. Anche la luce assume un ruolo fondamentale: nel soffitto sono presenti barre luminose che amplificano l'atmosfera, la rampa presenta un' illuminazione soffusa che crea uno stacco visivo tra il chiaro pavimento liscio e la cupa parete in calcestruzzo, le lunghe vetrate a tutta altezza permettono il penetrare della luce naturale; l'insieme di queste scelte amplificano il senso di dinamicità della struttura e del suo svilupparsi lungo l'asse longitudinale che dal terreno emerge per poi fondersi col parco. L’ illuminazione viene anche utilizzata come elemento direzionale per il visitatore che viene guidato dall’unidirezionalità della luce artificiale insieme all’ atmosfera creata dalla luce naturale. La pavimentazione liscia e senza interruzioni è ripetuta in tutta la superficie dell'ampliamento consentendo insieme all'assenza di spigoli un'esperienza di fluidità degli spazi interni caratterizzati dalla particolare inclinazione di muri, inizialmente accolta con scetticismo dai critici smentiti successivamente dalla assoluta versatilità di questi spazi. Interessante risulta essere poi l'inclinazione dei pilastri dell'atrio che creano nel visitatore un senso di instabilità, gesto che evidenzia il definitivo all'allontanamento dal rigore della geometria euclidea.
Riferimenti bibliografici: - Spazio e tempo nell’arte, Pavel Aleksandrovi Florenskij - www.zaha-hadid.com - www.ordrupgaard.dk - The Plan, Ampliamento del museo Ordrupgaard, Lucy Bullivant; - Maestri dell’architettura, Zaha Hadid, hachette; - Abitare, Being Zaha Hadid - www.facebook.com/ ZahaHadidArchitects;
L’attività seminariale ha permesso all’interno del corso di confrontare diverse esperienze progettuali appertenenti ad architetti dal retroterra culturale diametralmente differente. E’ il caso di Carlo Scarpa e del progetto per il museo di Castelvecchio. Rispettto all’attività svolta da Zaha Hadid in cosa diffrisce la concezione del museo dell’architetto veneziano?
Musei: dove abitano le emozioni progettare lo spazio dell’arte: architettura come arte del porgere
Carlo Scarpa Museo di Castelvecchio
scarpa e il museo: contestualizzazione, astrazione e lavoro ad alterum
Per capire la concezione del museo di Scarpa come edificio dove abitano le emozioni è necessario un mirato progetto ostensivo che recuperi il “contenente” nella sua pienezza storica e vi inserisca il “contenuto” in una contestualizzazione che abbia come fine il far vedere e che sia per questo “arte del porgere”. Affinché questa carica emotiva e emozionale, ma comunque poetica si palesi, il percorso museale sarà concepito come un viaggio alla scoperta di quel quid che “espedienti”architettonici sapranno rivelare: una pragmatica pedagogia del vedere che porta ad un effetto maieutico/catartico.
COS’ERA IL MUSEO La funzione sociale del museo compare attorno al XVIII secolo, figlio di un'esigenza di matrice illuministica che aveva forte- mente voluto una fruizione più aperta del patrimonio artistico e letterario, portata avanti dall’illuminismo e che il secolo seguente avrebbe continuato a indicare come obiettivo principale da raggiungere. Il museo “custodiva” opere preziose, e per questa primaria funzione la struttura museale era fine a se stessa, né in rapporto con le opere né con il visitatore. E' da questa presa di coscienza che nasce il museo moderno e l'opera di Scarpa.
OBBIETTIVO COS’E’ IL MUSEO Allontanare il processo di museificazione del museo già dato per definitivo dai futuristi, aprire i musei alla storia rendendogli parte del contesto storico/urbano cui appartengono,restituire la loro essenza alle opere esposte a loro volta inserite in un progetto di educazione “a vedere”. Museo come progetto che parla il linguaggio dell’architettura avvalendosi al contempo della “complicità” delle altre arti. Il percorso è scandito, animato da un suo intrinseco ordine nel quale ogni elemento nella sua singola espressività figurativa è parte di un tutto dove niente è subordinato. Difficile dire quale sia quest’ordine ,meglio ricorrere all’espressione quasi assiomatica: ORDINE E’
Le vicende belliche che videro la distruzione di tanti edifici museali indussero al ripensamento di questi. L’attenzione si spostò dalle opere al pubblico che le guarda, che va a sua volta ambientato. L’architettura del museo, che si estrinseca nella capacita’di ostendere e mostrare, si fa ponte fra i due nonché strumento per avvicinarsi all’opera d’arte. L’architetto/allestitore non può non conoscere “le arti”. Esso infatti deve accentuare il significato dell’opera d’arte stessa, sottolineare la spettacolarità di ogni momento artistico come momento epifanico irripetibile.
MOSTRARE
AUSCULTARE L’ARTE
Mostrare, rendere visibile vuol dire fare di ciò che si mostra “spectaculum”, cosa degna di essere vista . Lo spettatore va accolto in uno spazio architettonico che gli renda “comodamente” intellegibili le opere esposte che in primis debbono essere “sentite” e capite dall’architetto sull’esempio di come Scarpa capì, sentì e ambientò il senso di attesa di Fontana, o l’esperienza artistica di Klee, Mondrian, De Pisis, Morandi, de Chirico e Campigli.
Castelvecchio, non solo contiene, ma è prodotto dalla storia, contestualizzato in un sistema complesso . La statua di Cangrade I viene “auscultata” da Scarpa, perché a suo modo di vedere l’auscultazione di una scultura aiuta a collocarla. La statua poggia su un supporto museale vero e proprio. Non si tratta di una rievocazione storica, l’auscultazione è riuscita ad astrarre il significato impressogli dall’artefice, reso accessibile mediante un allestimento che, fatto di una sintassi contemporanea, ha accentuato la sua monumentalità: "Una qualità spirituale che manifesta quanto vi è di eterno in una struttura” | Louis Kahn. Il rapporto con la storia non è antitetico ma Scarpa usa un linguaggio analogico fatto di rimandi e citazioni che sottendono l’essere nella tradizione, cosa a cui Scarpa ambiva.
DENTRO LA TRADIZIONE Compito del museo è “tradere” , porgere, e chi si occupa del museo entra a far parte della traditio in duplice maniera come tramandatore d’arte e come poietes, ossia creatore di arte. Scarpa si trova davanti “reliquie”, ciò che la storia ci ha “tramandato”, avulse dal contesto storico e dall’ambiente in cui si trovavano. Rivelare la loro essenza significa mostrarle in un rapporto dialettico attraverso il linguaggio dell’ ambientazione: linguaggio architettonico. In Castelvecchio, le tele su cavalletti di legno e metallo rivelano allo spettatore la loro realtà architettonica, rappresentazione di una quarta dimensione che non reinserendo quelle opere in un contesto fittizio, le mostra come momenti acmeici del loro tempo. "Di ogni oggetto Scarpa aveva fatto il vertice di una prospettiva immaginaria." | Giulio Carlo Argan
POETICITA’ Il museo scaligero è pervaso da un profondo senso di armonia, “come un bellissimo viso di donna” | Carlo Scarpa, conferenza all’Accademia delle belle arti di Vienna 1976. La capacità poetica e quella dell’auscultazione nascono dall’incontro dell’architetto con le arti. Capacità di astrazione che non pervade sola la sua opera ma diventa l'emblema dell'arte di quegli anni. Ungaretti, Montale, Soffici restituiscono alla parola la sua “primitiva verginità”, riscoprendone l’essenzialità inserendole nel percorso della tradizione.Così l’allestimento è un’arte di esprimere le cose con l’analogia e non con finte ricostruzioni nel sacrale rispetto della “reliquia” e della sua monumentalità.
Bibliografia - M. Bonaiti, "Architettura è, Louis I. Khan, gli scritti." Electa 2002 - G. Beltramini, Kurt W. Foster, P. Marini, a cura di, "Carlo Scarpa, mostre e musei 1944 1976, case e paesaggi 1972-1978." Electa 2000 - M. Botta, P. Crepet, "Dove abitano le emozioni." Enauidi 2007 - F. Bucci, F. Irace, a cura di, " Zero gravity." F. Albini, Costruire le modernità. Electa 2006 - M. Dalai Emiliani, "Per una critica della museografia del 900 in Italia. Il saper mostrare di Carlo Scarpa." Marsilio 2008 - O. Lanzarini, "Carlo Scarpa. L'architetto e le arti." Marsilio 2002
Idu
Centri di collettivitĂ in una zona industriale, Marghera, VE Istituzioni di urbanistica Arch. Stefano Munarin 2012-2013 Anno: Ottobre-Febbraio Docenti: Stefano Munarin Luogo: Marghera, VE
Marghera e porto Marghera costituiscono una zona industriale, parte integrante di un grande complesso produttivo -residenziale concepito cento anni fa con grandi ambizioni. ma oggi di fronte a una crisi economica senza precedenti come può essere letta questa zona?Paesaggi ex industriali che vivono l’era post industriale come si comportano? come si trasformano e come possono essere trasformati affinchè generino un nuovo sviluppo per l'intera area e benessere per chi vi lavora?quali politiche di welfare?
Post Vinil Community Centri di collettività in una zona industriale
Il tema posto in esame è stato quello della riqualifica di Porto marghera da zona industriale a nuovo centro insediativo. Così la nostra indagine su Marghera prende spunto dalle definizioni di urbanistica che forniscono i 2 studiosi Bernardo Secchi e Giovanni Astengo - "urbanistica non è solo un insieme di opere, di progetti, di teorie, di norme unificate da un tema da un linguaggio e da un'organizzazione discorsiva, tantomeno intendo un settore di insegnamento, bensì le tracce di un vasto insieme di pratiche : quelle del continuo conservare e modificare lo stato del territorio e della città": le tracce sul territorio causate dalle pratiche sociali - "urbanistica è la scienza che studia tutti i fenomeni urbani pianificando il loro sviluppo riqualificando paesi/città/luoghi o costruendone altri" ciò che ne risulta è uno studio/descrizione della zona di porto Marghera, della sua storia, delle tracce causate dalle pratiche sociali, funzionale a un piano di riqualifica della zona. Marghera e porto Marghera costituiscono una zona industriale, parte integrante di un grande complesso produttivo -residenziale concepito cento anni fa con grandi ambizioni. ma oggi di fronte a una crisi economica senza precedenti come può essere letta questa zona?Paesaggi ex industriali che vivono l’era post industriale come si comportano? come si trasformano e come possono essere trasformati affinchè generino un nuovo sviluppo per l'intera area e benessere per chi vi lavora?quali politiche di welfare? l' "ex-nuovo" quartiere di porto Marghera non può essere considerato come un'area dismessa in senso stretto, come un'area morta, poichè in essa convivono 4 tipi di situazioni radicalmente differenti: - la porzione industriale ancora produttiva - stabilimenti industriali semi-riconvertiti al commercio e allo stoccaggio merci - zone totalmente riconvrtite ad altre modalità d'uso : studi
Istituzioni di urbanistica Stefano Munarin IUAV a.a. 2012 I 2013
- una parte sostanziosa di ciò che viene definita la "derelict land" che per buona parte dell'opinione pubblica rappresenta in toto il profilo dell'ex distretto industriale ciò che a noi pare necessario è la possibilità di riutilizzare una zona già in parte urbanizzata collegata capillarmente a ferrovie, autostrade, rotte marittime, sfruttando ciò che c'è rivalutandolo sia da un punto di vista economico che sociale, ossia fornendo le aree abbandonate e depresse di servizi utili e funzionali a chi in questa zona lavora, migliorando la condizione lavorativa e di vita: riqualifica di un luogo pianificando il suo sviluppo. Ogni categoria fornisce una risposta differente là dove si parla di prospettive future: i sindacati parlano di un'improbabile rilancio produttivo, gli architetti di una tabula rasa laddove concretizzare una grande occasione progettuale. fornirci di una mappa aggiornata degli usi attuali della zona si configura come un passo in avanti per la conoscenza e la nuova rivalorizzazione del luogo. Il conglomerato industriale di porto marghera si presenta come un fenomeno spontaneo dovuto dalla necessità di rispondere rapidamente a un boom economico repentino. Una volta venuta meno la domanda è apparsa la "non lungimiranza" di questi complessi industriali testimoniati dalla derelict land,quella fetta di industrie abbandonate al proprio perire. E' questo il fulcro dell'analisi che andiamo ad attuare, con il fine di classificare cosa è necessario conservare (per tramandare una memoria storica) e cosa invece può essere il primo punto di partenza per la riqualificazione dell'area studio. L'operazione di riqualifica che si pone è quella di rivalutare l'esistente, integrandolo di ciò che serve all'operaio per il miglioramento della propria condizione lavorativa, funzionale a una ripresa economica e sociale (creazione spontanee di agorà) a lungo termine adattandosi all'evolversi del fenomeno produttivo
‘’Urbanistica non è solo un insieme di opere, di progetti, di teorie, di norme unificate da un tema da un linguaggio e da un'organizzazione discorsiva, tantomeno intendo un settore di insegnamento, bensì le tracce di un vasto insieme di pratiche : quelle del continuo conservare e modificare lo stato del territorio e della città.” Bernardo Secchi,Prima lezione di Urbanistica
Porto Marghera nasce nella prima metà del secolo come un polo industriale d’avanguardia che assolvesse il compito di incentivare e supportare l’economia nazionale e soprattutto veneziana: venne costruito come logica prosecuzione del glorioso passato commerciale della Serenissima. Nel dopoguerra diventa uno dei più grandi porti commerciali del mediterraneo, capace di rispondere rapidamente al boom economico italiano di quegli anni. Dopo un ventennio di produzione massiva e ininterrotta, l’intera area attraversa un processo di dequalificazione dovuta all’ingente crisi economica, agli scioperi operai, all’inquinamento dell’intero ecosistema circostante provocato dalle scorie chimiche del porto, nocive per gli operai e per gli abitanti di Marghera.
Durante la rivoluzione industriale,l’urbanistica si è occupata di rendere più efficienti e funzionali i processi del sistema industriale: la cosiddetta zonizzazione suddivideva le città in aree con destinazioni definite da un piano, allo scopo di agevolare lo sviluppo commerciale. La struttura degli assi viari era funzionale allo sviluppo delle città: strade larghe a scorrimento veloce, fabbriche confinate in aree industriali prossime alle principali vie di comunicazione. Studiosi di Urbanistica come Giorgio Piccinato (in ‘’La costruzione dell’Urbanistica’’) invitano ad una consapevolezza di questo compito, portando come esempio lo sviluppo urbanistico tedesco a cavallo tra il XIX ed il XX secolo.
Durante la rivoluzione industriale, l’urbanistica si è occupata di rendere più efficienti e funzionali i processi del sistema industriale: la cosiddetta zonizzazione suddivideva le città in aree con destinazioni definite da un piano, allo scopo di agevolare lo sviluppo commerciale. La struttura degli assi viari era funzionale allo sviluppo delle città: strade larghe a scorrimento veloce, fabbriche confinate in aree industriali prossime alle principali vie di comunicazione. Studiosi di Urbanistica come Giorgio Piccinato (in ‘’La costruzione dell’Urbanistica’’) invitano ad una consapevolezza di questo compito, portando come esempio lo sviluppo urbanistico tedesco a cavallo tra il XIX ed il XX secolo. Via fratelli Bandiera è una linea che definisce in modo netto il confine tra abitato e zona industriale. L’area interessata al fenomeno di riqualifica è la porzione di zona industriale più prossima al centro abitato di Marghera e alle vie di counicazione verso Venezia. Contemporaneamente alla trasformazione industriale, il porto inizia così ad essere lo scenario di un silenzioso ma crescente tentativo di appropiazione di spazi da sottrarre al porto abbandonato. Dopo gli anni 90, nei quali la comunità rinnegava e condannava duramente il passato di porto Marghera,ebbe inizio la fase , tutt’ora in atto, di riqualificazione e conversione delle aree industriali che erano state abbandonate.
Le connotazioni più immediate di questo interesse furono di cartattere economico, con la riconversione di intere zone a poli tecnologici d’avanguardia e la nascità di attività del terziario provenienti dalla città. Un anfratto buio, le linee della ferrovia, una scarsa illuminazione e un accesso furtivo ad un ex capannone, sono elementi che favoriscono la nascita di collettività oscure e non. Le collettività notturne necessitano di dinamicità. Per questo si è sviluppato il fenomeno degli eventi: una serata, un concerto o una festa organizzata sfruttano lo spazio cambiandone di volta in volta le sembianze e il nome. Gli eventi allargano il raggio di influenza dell’agorà molto oltre la nostra area studio: il nome e il logo della serata diventano il vero elemento di riconoscimento dello spazio. Spesso a causa di questo, il nome dell‘evento va a sovrapporsi a quello dello spazio, confondendo così un happening con uno spazio fisico. E’ curioso quindi come questi luoghi si siano presentati ai nostri occhi con nomi continuamente diversi, pur rimanendo sempre gli stessi.
Si tratta di zone vergini private della loro funzione originaria, ora dimora di una molteplicità di utenti e funzioni. A realtà lavorative si sovrappongono popolazioni invisibili fatte di artisti e frange emarginate della società (clandestini, tossici, prostitute e senzatetto). A orari e giorni diversi, a pochi metri di distanza l’una dall’altra è possibile osservare l’etereogeneità delle collettività di Porto Marghera. Di seguito due articoli che testimoniano alcunedelle delle realtà affermatesi in questo contesto “Attenzione: calcio, fumo libero, balli e sballi al sabato sera non traggano in inganno. Il Rivolta è soprattutto roba che funziona ogni giorno. Da qui partono molti degli operatori del progetto Siberia che vagabonda per calli, campielli e strade dell'entroterra veneziano in soccorso dei senza fissa dimora. Qui, spesso, si rifugiano le prostitute nigeriane perseguitate da protettori e carabinieri (nel Mestrino funziona un progetto che, ogni anno, riesce a strappare qualche decina di ragazze dagli artigli dei loro padroni). Qui si lavora con gli immigrati, con i fuggiaschi di altre disperazioni, con i clandestini. Il Rivolta vale tutte le irregolarità e illegalità che vi si commettono. Che alternativa avrebbero i ragazzi alle desolazioninotturne di Marghera, al gelo degli inverni padani, agli scempi dell'eroina e delle pasticche, ai pescecani delle discoteche della riviera del Brenta, ai rantoli di un polo industriale dalle mille crepe?
Le due case del popolo di Marghera, gloria degli anni andati, non ci sono più. Sono tracollate. Restano gli oratori (anche questi che Dio li benedica) e Il Rivolta. "è una risposta a un bisogno sociale", dice Bettin. "è un punto di riferimento, un luogo".
(da Global Project di ottobre 1998) ”L’ex Cral di Marghera era il luogo del Dopolavoro dei dipendenti del Petrolchimico il quale si prodigava- attraverso i volontari, di offrire ai cittadini residenti, non solo “ campi” da tennis, calcetto “basket” e palestra di “karate”, pure le richieste dei lavoratori e le loro famiglie per “aperture di negozi, bar, self service” e quant’altro il Cral poteva realizzare. Ora a distanza di 10 anni il luogo sereno e ospitale è diventato ritrovo per sbandati, prostituzione e droga; è giunto il momento tanto auspicato per una “bonifica”del caseggiato perchè la città di Marghera è stanca e chiede una rinascita affinché i giovani e meno giovani possano avere dei punti importanti di svago,ritrovo e divertimento come negli anni 70-80-90, affinché la città non sia più etichettata come zona malfamata.[...]’’
(da Global Project di ottobre 2012)
tdp
Il Riciclo Teorie della progettazione architettonica Prof. Renato Bocchi, Matteo Zambelli 2012-2013
Anno: febbraio-giugno 2013 Docenti: Prof. Renato Bocchi, Matteo Zambelli Luogo: -
L’esperienza del corso ha portato a prendere coscienza del fenomeno del riciclo, non unicamente da un punto di vista materiale ma piuttosto da quello logico concettuale applicato al fenomeno architettonico. Oltre ha un breve saggio il corso ha richiesto la produzione di un piccolo book e di schemi concettuali inerenti a tale tematica, dando l’opportunità di apprendere anche dei primi fondamenti di grafica.
Re-cycle in architecture.
Teoria della progettazione atchitettonica Renato Bocchi IUAV a.a. 2012 I 2013
oggetti degradati forme rinnovate. usi, modi possibilita per reiventare.
RICICLO RIQUALIFICANTE Un nuovo utilizzo del rifiuto che cambia il suo significato e quello di ciò che gli sta intorno
Ri-ciclo
Piero Portaluppi Wagristoratore
Rural Studio Glasschapel
Shigeru Ban Paper house Tempio del Divo Adriano
RICICLO PROUSTIANO uso “proustiano”del rifiuto,in quanto “recupero” di un tempo altrimenti perduto, di un tempo della memoria
Scofidio, Renfro Higline- New York
DUMBO Brooklyn Markus e Daniel Freitag Freitag shipping container
David Adjaye Dirty House James Stirling Città della scienza
Aldo Van Eyck Paygrouns
Oggetti degradati Forme rinnovate
MVRDV | Mirdor
RICICLO RISIGNIFICANTE Un nuovo utilizzo del rifiuto finalizzato a cambiarne il significato di origine
Riciclare Ma se ciò che è ritenuto non valere piÚ tornasse a valere? usi metodi e significati del riciclo
il tema del riciclo, argomento su cui oggi è riposto un notevole interesse sociale, pone le sue radici non solo in epoche lontane, differenti dalla nostra, ma anche e soprattutto in ambiti disciplinari, culturali e sociali diversi da quello più strettamente architettonico.In realtà architettura, arte e letteratura sembrano essere intimamente legate dal filo rosso del riciclo, anche se la complessità tematica obbliga a far chiarezza su di esso cercando di cogliere il maggior numero possibile di sfaccettature che questa”operazione di ripresa” offre. In primo luogo bisogna pensare a che cosa voglia esattamente dire riciclo. Generalmente si è soliti pensare al riciclo come alla composizione di 2 triadi complementari: la triade delle 3 "R" (riuse reduce e recycle) e quella delle 3 "E" (economy envriroment e equity) esprimibili attraverso il concetto di operare in maniera eco-LOGICA, cioè riutilizzando quei prodotti di scarto riducendo gli sprechi e salvaguardando l'ambiente. È pertanto patente il binomio “rifiuto e riutilizzo” non associabile
in manieraesclusiva all’ambito ecologico-ambientale. Il riciclo prima ancora di profilarsi come l'estremo tentativo di recuperare nuove applicazioni da ciò che altrimenti sarebbe destinato a un inesorabile smaltimento è senza dubbio il sintomo di una necessità psicologica e intrinseca dell'uomo,il tentativo di non perdere la memoria di ciò che è stato. Ciò che rimane,il resto,l’elemento usurato dal tempo è l'espressione della civiltà e dell'epoca in cui è ,per così dire,vissuto,foriero di una memoria storica collettiva o individuale. E’questa valenza semantica appunto a legare in maniera così stretta il riciclo all'architettura. L’arte esplicita senza dubbio la necessità di manifestare lo spirito della propria epoca e in questo senso veicola assieme all’elemento architettonico anche un significato emotivo o emozionale che “pretende” che quell’opera non vada perduta e pertanto si impegna a recuperarla se non in toto in ciò che rimane,quasi fosse una “reliquia”,unendo al significato etimologico del termine quello “sacrale”.
“Se la si guarda da un punto di vista analitico, la spazzatura è materia di avanzo. E’ ciò che rimane quando il buono, il fecondo, il prezioso, il nutriente e l’utile sono stati persi [..] è l’inclinazione dell’uomo alla differenzione tra ciò che è meritevole e ciò che non lo è“ -Jhon Scanlan | Spazzatura, le cose (e le idee) che scartia-
Il rifiuto assume una seconda vita e una nuova immagine: un tempio greco in cui cestelli di lavatrici diventano colonne doriche e serpentine di frigoriferi creano basamento e timpano. I Temp(l)i cambiano, Michelangelo Pistoletto
Riciclo Proustiano -un riutilizzo che non bada all'economicità, al riuso o al rispetto ambientale ma piuttosto che porti in sè una sorta di memoria storica, quasi una sedimentazione del tempo e un suo sovrapporsi-
C’è poi un uso metaforico,simbolico, che l’arte fa dell’oggetto usato e usurato,dell’oggetto scarto o spazzatura che dir si voglia. Un esempio ci è fornito da Michelangelo Pistoletto e il suo uso degli stracci. Gli stracci, per Pistoletto, hanno da sempre avuto un ruolo molto importante nelle sue opere. L’opera piu’ conosciuta e’ sicuramente la Venere degli stracci del 1967, opera di riferimento della storia dell’arte contemporanea. Il percorso del maestro all’uso degli stracci continua con opere quali il Muro di Stracci del 1968 e prosegue attraverso opere ed azioni iniziate con il Concerto di stracci del 1968 fino ai giorni nostri. In queste opere l'autore indaga l’autonomia formale ed estetica di un materiale negletto, da lui stesso usato in genere per lucidare l’acciaio cromato dei suoi quadri specchianti. Lo straccio perde il significato di materiale povero, per divenire attraverso la sua manipolazione e trasformazione elemento compositivo, in un’opera d’arte dai significati nobili. Quei panni trattengono effettivamente in sé l’impronta o la memoria di chi li ha usati, toccati, vissuti. Si tratta quindi di un uso proustiano del rifiuto, di un riutilizzo che non bada all'economicità, al riuso o al rispetto ambientale ma piuttosto che porta in sè una sorta di memoria storica, quasi una sedimentazione del tempo e un suo sovrapporsi,una “ricerca del tempo perduto.”
Michelangelo Pistoletto, pittore e scultore italiano, animatore e protagonista della corrente dell'arte povera, movimento artistico sorto in Italia nella seconda metà degli anni sessanta del secolo scorso al quale aderirono autori di ambito preminentemente torinese. Il movimento nasce in aperta polemica con l'arte tradizionale, della quale rifiuta tecniche e supporti per fare ricorso, appunto, a materiali "poveri" come terra, legno, ferro, stracci, plastica, scarti industriali, con l'intento di evocare le strutture originarie del linguaggio della società contemporanea dopo averne corroso abitudini e conformismi semantici.
Venere di stracci, Michelangelo Pistoletto
Riciclo Proustiano -Il Vintage che i nostri prodotti, qualsiasi essi siano, artigianali o industriali, esclusivi o di massa segnano l'epoca in cui esistono, diventandone un icona, un simbolo di una generazione il loro utilizzo citazionale, il loro "riciclo" fa assumere un'importanza ben maggiore al vecchio, al desueto,allo scarto del passato-
Come non poter poi non citare il Vintage. La parola vintage proviene dal linguaggio enologico (infatti significa “vendemmia” per far riferimento ai vini delle annate migliori) e solo posteriormente ha iniziato a essere utilizzata in altri settori come quello delle macchine, degli strumenti musicali, dei computer e della moda, per identificare oggetti del passato con specifiche caratteristiche che determinano il suo pregio rispetto ad altri oggetti usati, ma anche nuovi. E' in questi ambiti, soprattutto in quello inerente la moda che il "rifiutato" si riscatta. Infatti l' irripetibilità e l'irriproducibilità di un bene diventano requisiti imprescindibili del vintage e quindi del valore del bene stesso. L'attenzione nei suoi confronti viene data dal fatto che i nostri prodotti, qualsiasi essi siano, artigianali o industriali, esclusivi o di massa segnano l'epoca in cui esistono, diventandone un icona, simbolo di una generazione, il loro è un utilizzo citazionale, il loro "riciclo" fa assumere un'importanza ben maggiore al vecchio, al desueto,allo scarto del passato.
Significativa ed eloquente l’analisi del “rifiuto/riciclo” fatta da Lea Vergine nel libro "Quando i rifuiti diventano arte". L'autrice prestandosi all'analisi della tematica dei rifiuti nell'arte sostiene che dai Futuristi a Picasso, da Duchamp ai Dadaisti, da Picabia a Burri, la cultura degli ultimi cento anni è gremita di recuperi, riusi, contaminazioni, frammenti e scarti. Lea Vergine analizza il rapporto tra l’essere umano e i rifiuti, cercando di far emergere il valore simbolico di questo comportamento, approfondito scientificamente anche dalla psicanalisi. Ognuno di noi in un momento della nostra esistenza è trattato come oggetto di rifiuto e ciò non può rendere indifferente l'uomo a questo argomento. Il Novecento vede le merci prodotte dall’industria diventare quindi progressivamente protagoniste indiscusse della realtà: esse sono il simbolo di una natura perduta, di una felicità divorata da una quotidianità sempre più tesa e dallo spegnersi di ogni idealità. Ma Il modo di vivere e di decadere delle merci è molto diverso da
quello degli elementi della natura. La loro vita non è segnata dalle stagioni, Il loro tempo non è ciclico né lineare: è un tempo molto complicato che si sovrappone a se stesso . Gli oggetti che ci circondano vivono vite diverse contemporaneamente: sono nuovi, si consolidano nella loro funzione e sono già superati da altri oggetti e altre funzioni, sono obsoleti, si trasformano in altro e così via. Questo ci deve far riflettere sull'utilizzo dei materiali di scarto. Essi non sono semplicemente il modo per salvare dalla discarica i nostri prodotti ma la possibilità di un riscatto sociale, del riscatto nei confronti dell'assillante consumismo .E per citare ancora Pistoletto,il suo tempietto fatto con i cestelli delle lavatrici non risulta irriverente di fronte all’arte classica,più di quanto non lo sia l’uso di materiali antichi per la costruzione del Pantheon. Si pone semmai come proposta provocatoria,utilizzando un materiale scartato per una “forma nobile”,una sorta di studiato metamorfismo.
Marcel Duchamp è stato un pittore, scultore e scacchista francese, animatore del dadaismo e del surrealismo, dando poi inizio all'arte concettuale, ideando il ready-made e l'assemblaggio.
Riciclo risignificante -Il riciclo dei materiali di scarto non è semplicemente il modo per salvare dalla discarica i nostri prodotti ma la possibilità di un riscatto sociale, del riscatto nei confronti dell'assillante consumismo-
Riciclo riqualificante -Riciclare introduce il concetto di dare un nuovo ciclo vitale al luogo trasformando radicalmente le modalitĂ d'uso dello stesso attraverso una rifondazione globale dei principi che l'hanno generato,volontĂ concretizzabile attraverso un "ri-uso" diverso dell'oggetto dismesso-
considerato su grande scala il riciclo ha la capacità di trasformare non solo l'oggetto rifiuto ma a più ampio raggio il luogo che lo ospita. Cercherò di spiegarmi più chiaramente. Con il progetto PVC postvinvlcomunity io e i miei 2 colleghi Matteo Vianello e Davide Maggio abbiamo studiato lo sviluppo e il comportamento della zona di Porto Marghera, polo industriale del capoluogo veneto che da circa vent'anni sta assistendo a una graduale trasformazione del tessuto industriale, a un infiltrazione lenta e costante della città di Marghera all'interno del Porto. Porto Marghera nasce nella prima metà del secolo come un polo industriale d'avanguardia il cui compito era quello di incentivare e supportare l'economia nazionale e sopratutto quella veneziana. Esso si profilava come logica prosecuzione del glorioso passato commerciale della Serenissima. Nel secondo dopo guerra il Porto divenne uno dei più grandi scali commerciali del mediterraneo, capace di rispondere rapidamente al boom economico italiano di quegli anni. Dopo un ventennio di produzione massiva e ininterrotta, l'intera area attraversò un processo di dequalificazione dovuta all'ingente crisi economica, agli scioperi operai e all'inquinamento dell'intero ecosistema circostante provocato dalle scorie radioattive dell'isola dei petroli, nocive per gli operai e gli abitanti di Marghera.
tra civitas e urbis, la collettività esistono a prescindere dalla presenza o meno di spazi prestabiliti. Tali spazi non incidono sull'esistenza delle agorà ma sull'utenza e il modo in cui le collettività si riuniscono . Cosi il capannone dismesso diventa un centro sociale, il binario di scarico merci diventa una seduta, il posteggio dei tir la sede della vendita dei panini e così via. Il risultato è che il riciclo non si banalizza unicamente al discorso del recupero. Esso introduce il concetto di dare un nuovo ciclo vitale al luogo trasformando radicalmente le modalità d'uso dello stesso attraverso una rifondazione globale dei principi che l'hanno generato,volontà concretizzabile attraverso un "ri-uso" diverso dell'oggetto dismesso. Dopo i '90 dove la comunità rinnegava e condannava duramente il passato del porto ebbe inizio la fase, tutt'ora in atto, di riqualificazione e conversione delle aree industriali che erano state abbandonate. Le connotazioni più immediate di questo fenomeno furono di carattere economico con la riconversione di intere
In che modo l’architettura affronta questo tema? L’architettura mostra una vasta gamma di modalità di riciclo che non si limita all’asspetto purmante materico. Proviamo a seguire l’ordine che ci siamo fissati ordinando questi esempi secondo le tre tipologie individuate
Applicazione delle modalità individuate
01.
01// Reciclo proustiano uso “proustiano”del rifiuto,in quanto “recupero” di un tempo altrimenti perduto, di un tempo della memoria
James Stirling Città della scienza
Piero Portaluppi Wagristoratore
Tempio del Divo Adriano
02.
02// Reciclo risignificante un nuovo utilizzo del rifiuto finalizzato a cambiarne il significato di origine
Markus e Daniel Freitag Freitag shipping container
Shigeru Ban Paper house
Rural Studio Glasschapel
03.
03// Reciclo riqualificante Un nuovo utilizzo del rifiuto che cambia il suo significato e quello di ciò che gli sta intorno
Aldo Van Eyck Paygrouns
David Adjaye Dirty House
DUMBO Brooklyn
Scofidio, Renfro Higline- New York
Re-cycle in architecture.
adp
Architettura del paesaggio Laboratorio Integrato di Progettazione 2 composizione architettonica, caratteri costruttivi, architettura paesaggio Prof. Luigi Latini, Stefano Rocchetto
2013-2014
Anno: ottobre-febbraio 2013-2014 Docenti: Luigi Latini Luogo: -
L’esercitazione richiedeva la suddivisione in 3 unità immobiliarei di un attico localizzato alla periferia di Padova. L’obbiettivo posto dal corso era il raggiungimento della capacità nell composizione e adattamento dello spazio tenendo presente vincoli come cavedi e scarici preesistenti
PRO
Progettare la memoria quando lo spazio progettato entra a far parte della geografia emotiva dell’uomo
Architettura e Paesaggio Luigi Latini IUAV a.a. 2013 I 2014
AN AUTODESK EDUCATIONAL PRODUCT Il parco, il giardino non può e non deve, essere considerato unicamente come uno spazio all'aperto, riservato alla vista, alla coltivazione botanica e alla fruizione della bellezza di piante e altre forme naturali. Il progetto di paesaggio affonda le sue radici in qualcosa di più profondo, le cui origini storico/culturali possono essere ricondotte nel periodo compreso tra gli ultimi anni del 1700 e i primi del 1800 in virtù essenzialmente di 2 fattori: una riconoscibilità da parte della borghesia nello spazio pubblico e una necessità collettiva di aree salubri da parte della comunità. Se in tale periodo il parco pubblico tendeva a riprodurre scenari il quanto più possibile naturali, nel 1900 esso diventa luogo dell'esplicazione delle funzioni cittadine appropriandosi in svariati casi degli spazi dismessi dovuti al ritiro dell'industria, o degli spazi negati al termine di un periodo postbellico o postdittatoriale (il caso della ferrovia). Lo spazio urbano vede cosi nella sua progettazione un continuo rivolgersi a quattro componenti fondamentali: la conoscenza degli spazi naturali, la sensibilità artistica, la questione sociale e la memoria del luogo, quasi il “ri”presentarsi di una nuova Agorà nella sua funzione precipua dove al dato oggettivo di essere spazio urbano si unisce quello artistico, e il tutto sottolinea un essenziale valore socio-politico. Anche se in un percorso progettuale questi quattro punti risultano essere indissolubilmente legati l'uno con l'atro, l’aspetto della memoria (spesso memoria storica in senso lato) che un luogo custodisce è un aspetto che, a prescindere da un interesse personale ritengo valga la pena di essere approfondito. Come qualsiasi spazio progettato anche il Parco Urbano infatti entra a far parte dei luoghi delle “emozioni” (citando Botta) che tutti
abbiamo. Alla loro realtà fisica se ne affianca spesso una metafisica/letteraria che ne fa luoghi dell’anima ed ecco che si passa dall’ambito architettonico/paesaggistico a quello del nostro patrimonio letterario: il quartiere di Santa Croce descritto da Pratolini , la Ferrara del Giardino dei Finzi Contini di Bassani, non meno della Siracusa di Vittorini, degli spaccati napoletani di Rea,o sardi della Deledda,diventano scenario della memoria del territorio e del vissuto quotidiano. Da questo tipo di considerazioni penso sia corretto sottolineare l'importanza di tale tematica, ossia dell’importanza di un luogo pubblico che si inserisce nel percorso della “tradizione” storica, dei parchi post industriali.Essi rappresentano infatti delle vere e proprie metafore che rivolgendosi al passato proiettano il ricordo, la memoria, nel futuro. A tal proposito penso che ben si addica un altro riferimento letterario, quello di un racconto di Buzzati intitolato “Le gobbe nel giardino”. Un uomo ha l’abitudine di passeggiare in giardino sul far della sera e passeggiando si immerge nei suoi pensieri. Una sera inciampa in una “gobba” di terriccio, simile ad un tumulo mortuario. Chiese al giardiniere di cosa si trattasse e questo gli rispose che si trattava proprio di un tumulo: un suo amico era morto in montagna. Egli non fu certo sepolto nel giardino, però quella gobba era apparsa lì perché tutto ciò che avveniva nella sua vita aveva un seguito, si rifletteva in quel giardino. La scena si ripeté così tutte le volte che moriva una persona a lui cara o cara a un suo conoscente e il signore passeggiando nel giardino, inciampando nelle gobbe faceva rivivere nella memoria chi non c’era più, parlava con loro e da loro si immaginava di avere risposta.
Central Park,Frederick Law Olmsted
Gas Works Park,Richard Haags
Così anche nel paesaggio, in un parco post industriale, la ripresa o la conservazione di un elemento è in fondo “una gobba” che da il là ad un ricordo/dialogo con il passato. Come la “gobba/ricordo” di Buzzati forma l’uomo presente perché diventa fonte di emozione e riflessione e talvolta monito, così l’elemento recuperato è “gobba/sociale”, elemento che induce alla riflessione la collettività, o che, nel caso dell’indifferenza, di questa comunque si insinua nella sua quotidianità fino a diventare punto di riferimento ,elemento che appartiene a chi ogni giorno sia pur distrattamente lo vede e si imbatte nella sua presenza. Diventa dunque storia della collettività passata e presente, non in una ammirazione archeologica, ma in una fruizione quotidiana. Numerosi sono gli esempi in architettura di tale atteggiamento. Per citarne uno a noi vicino, il progetto di Cino Zucchi per l’ex fabbrica Junghans nell’isola della Giudecca, in cui l’architetto milanese custodisce la memoria del luogo attreverso la conservazione della vecchia ciminiera. In ambito paesaggistico l’Hig Line di New York, lingua verde sopraelevata creata dal nulla lungo le vecchie rotaie della ferrovia. Il Landschaftspark di Duisburg, area industriale altamente inquinata trasformata in parco pubblico e piccoli orti coltivabili, opera dello stesso gruppo di progettazione chiamato in causa per la realizzazione di Parco Dora (Latz & Partner).Credo inoltre che tali considerazioni portino con se ulteriori riflessioni su tematiche che nell'ultimo
periodo hanno assolutamente coinvolto la disciplina dell'architettura. Uno su tutti il tema del riciclo, considerato nel suo triplice significato. Uno di carattere puramente evocativo, che definirei Proustiano, nel senso basato su un riutilizzo che non bada all'economicità, al riuso o al rispetto ambientale ma piuttosto che porta in sè una sorta di memoria storica, quasi una sedimentazione del tempo e un suo sovrapporsi che riconosce all'oggetto un valore evocativo della memoria della “ricerca del tempo perduto” appunto. In termini architettonici ritengo interesanti i progetti di James Stirling per la città della scienza o addirittura il Wagristoratore di Piero Portaluppi. In campo urbano paesaggistico simbolicamente questo tema è ben espresso dal Fossar de la pedrera a Barcellona di Gali Quintana , ex cava adibita originariamente a fossa comune, luogo di memoria e di riflessione racchiuso nella montagna di Montjuic che accoglie le tombe dei catalani caduti durante la guerra civile: vasta area di prato delimitata da un arco di circonferenza in cui spicca una lunga pensilina di acciaio, colonna vertebrale del progetto, su un muro di pietra. O il giardino dell'immaginario a Terrasson, Kathryn Gustafson, un'area di più di 6 ettari sistemati a terrazze, in un luogo fresco e ombreggiato. Le visite, accompagnate dalla narrazione di fiabe conducono attraverso i secoli e le diverse civiltà, alla scoperta di come, attraverso la creazione dei giardini, l'uomo insegue da
Il riciclo dei materiali di scarto non è semplicemente il modo per salvare dalla discarica i nostri prodotti ma la possibilità di un riscatto sociale, del riscatto nei confronti dell'assillante consumismo. Tale concetto ben esposto in campo artistico dalle opere di Pistoletto, o in campo architettonico da molti interventi dei Rural Studio (Glasschapel) può essere definibile come riciclo risignificante e spiegato in chiave urbana/paesaggistica dal progetto condotto sugli antichi cantieri navali dell’Isola di Nantes, sulla Loira, un interessante esempio di archeologia industriale. L' inedito progetto urbano che li riguarda, il “Repertorio delle Grandi Macchine Spettacolari”, ha dato nuova vita a tutta l’area.Macchine, fatte dei materiali di cantiere come legno, acciaio, pelle, legno, bulloni e ingranaggi a vista che risignificano gli stessi da strumenti di lavoro in un mezzo attraverso cui godere la socialità, incarnano la natura del uogo e rilanciano al contempo l’area urbana dismessa. E' quindi da qui che sorge un nuovo tipo di riciclo: il riciclo riqualificante, capacità di dare un nuovo ciclo vitale al luogo trasformando radicalmente le modalità d'uso dello stesso attraverso una rifondazione globale dei principi che l'hanno generato,volontà concretizzabile attraverso un "ri-uso" diverso dell'oggetto dismesso. in campo architettonico sono assimilabili a questa tipologia di intervento i progetti di Aldo Van Eyck nei Palygrouns, David Adjaye in Dirty House o DUMBO a Brooklyn. In campo paesaggistico è il caso di Bordeaux dove nelle vecchie banchine adibite allo scarico delle merci si sono insediati progetti del tutto alternativi come quello del Jardin botanique de Bordeaux opera della paesaggista francese Catherine Mosbach, collocato sulla riva destra della Garonne, il fiume che attraversa la città. la riva sinistra è attualmente interessata da un ampio progetto di riqualificazione delle sponde diretto dal paesaggista Michel Desvigne che mira a ricostruire una centralità di funzioni urbane da ricomporre attorno al fiume .
In questa area, il quartiere de La Bastide, l'architetto Dominique Perrault alla fine degli anni '90 ha organizzato il masterplan che ha previsto la trasformazione di un'antica banchina industriale in un nuovo quartiere residenziale. Altri esempi possono essere costituiti dal Parque del clot a Barcellona, parco da quattro ettari, realizzato su di un'area occupata in passato da stabilimenti industriali, dove la doppia arcata delle antiche officine della Renfe (compagnia ferroviaria iberica) è stata riconvertita in acquedotto, le cui acque scorrono romanticamente lungo i fianchi degli archi creando una patina liquida, che conferisce all'insieme un'idea di antichità e rappresenta un punto fermo in una zona di crescita urbanistica abbastanza disordinata.
Parque del clot,Daniel Freixes
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Rifugio sulla punta del Gargano Mattinata (FO) Laboratorio Integrato di Progettazione 1
composizione architettonica, rappresentazione, caratteri costruttivi Prof. Mauro Galantino, Dario Toffanello, Maria Antonia Barucco
2012-2013
Anno: ottobre-febbraio 2012-2013 Docenti: Prof. Mauro Galantino, Dario Toffanello, Maria Antonia Barucco Luogo: Mattinata (FO)
La richiesta di progetto ha previsto la realizzazione di una casa/rifugio per un’artista. L’esercitazione aveva l’obiettivo di fornire le prime elementari regole di composizione archittettonica, introducendo numerose tematiche progettuali, prime tra tutte la progettazione dello spazio minimo. La strategia progettuale scelta vede l’intenzione di integrare l’edificio nello spettacolare scenario del parco naturale del Gargano attraverso un gioco di intersezione di canocchiali prospettici
Casa per un artista
Laboratorio di progettazione Mauro Galantino
progettare lo spazio minimo: progetto della casa dell’ attore Luigi Lo cascio
IUAV a.a. 2012 I 2013
9 8 7 6
1
5
10
11 3 12
4 14
13
Pianta 1
Pianta 0
1. ingresso 2. spazio del lavoro e della meditazione 3. spazio dell’alchimia del cibo e della meditazione 4. spazio esterna delle relazioni
5. ingresso 6. spazio delle relazioni interne 7. spazio della mensa e dell’alchimia del cibo 8.9. spazi umidi per il corpo 10. spazio del lavoro e della meditazione 11. spazio per il sonno-veglia-meditazione 12. spazio umido per il corpo 13.piscina esterna 14. spazio esterna delle relazioni
Prospetto est
Prospetto sud
Prospetto Nord
Prospetto ovest
Il progetto La richiesta di progetto ha previsto la realizzazione di una casa/rifugio per un’artista. L’esercitazione aveva l’obiettivo di fornire le prime elementari regole di composizione archittettonica, introducendo numerose tematiche progettuali, prime tra tutte la progettazione dello spazio minimo. La strategia progettuale scelta vede l’intenzione di integrare l’edificio nello spettacolare scenario del parco naturale del Gargano attraverso un gioco di intersezione di canocchiali prospettici
Prospetto ovest
Sezione AA
Il progetto
La strategia progettuale scelta vede l’intenzione di integrare l’edificio nello spettacolare scenario del parco naturale del Gargano attraverso un gioco di intersezione di canocchiali prospettici La richiesta di progetto ha previsto la realizzazione di una casa/rifugio per un’artista. L’esercitazione aveva l’obiettivo di fornire le prime elementari regole di composizione archittettonica, introducendo numerose tematiche progettuali, prime tra tutte la progettazione dello spazio minimo.
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Parco produttivo culturale,Sacca San Mattia, VE Workshop 2012 Arch. Jorge Hoehmann, Gonzalo Verdugo 2011-2012
Anno: luglio 2012 Docenti: Jorge Hoehmann, Gonzalo Verdugo Luogo: Sacca San Mattia, Murano, VE
Oggetto del corso è stata la creazione di un parco urbano nella zona nord dell’isola di Murano a Sacca San Mattia. Si tratta di un’area di 31 ettari che attualmente non ha un uso specifico ed è utilizzata come discarica di materiali edilizi o di scarti della lavorazione del vetro. Il progetto di un parco urbano in un contesto così caratteristico ha preso in considerazione la scala della Laguna, intesa come sistema urbano. Si è cercato di recuperare un paesaggio capace di combinare interessi globali e necessità locali in una nuova ambientazione, lontana dall’immagine di Venezia come luogo di turismo di massa. La difficoltà maggiore è stata la progettazione di un’area così estesa, apparentemente senza elementi caratterizzanti ma con potenzialità varie e differenziate. Per le sue caratteristiche intrinseche di dimensioni e di posizione, Sacca San Mattia si presenta come una zona ad altissimo potenziale progettuale.
Murano Urban park Oggetto del corso è stata la creazione di un parco urbano nella zona nord dell’isola di Murano a Sacca San Mattia. Si tratta di un’area di 31 ettari che attualmente non ha un uso specifico ed è utilizzata come discarica di materiali edilizi o di scarti della lavorazione del vetro. Il progetto di un parco urbano in un contesto così caratteristico prende in considerazione la scala della Laguna, intesa come sistema urbano. Si tratta di recuperare un paesaggio capace di combinare interessi globali e necessità locali in una nuova ambientazione, lontana dall’immagine di Venezia come luogo di turismo di massa. Si è dovuto lavorare tenendo presente la difficoltà di progettare su un’area così estesa, apparentemente senza elementi caratterizzanti ma con potenzialità varie e differenziate. L’obiettivo del workshop è stato quello di porsi più domande possibili, così da poter elaborare risposte progettuali libere da schemi predefiniti .
Masterplan, strategia di progetto La metodologia di intervento ha previsto un masterplan inteso come strategia per delineare le azioni di programmazione finalizzate all’ottenimento di un risultato. Per le sue caratteristiche intrinseche di dimensioni e di posizione, Sacca San Mattia si presenta come una zona ad altissimo potenziale progettuale. Per dare importanza ad ogni progetto, si è procededuto identificando il masterplan con un motto o slogan. Ogni slogan è andato a costituire un elemento base e un oggetto architettonico, generatore importante per l’intero complesso. In un secondo momento gli slogan sono confliti in un unico programma di intervento basato sulla parola CONTTRASTO: contarasto tra la lo spazio percepito nell’isola, angusto, compresso “verticale”, e quello della sacca, dilatato, sconfinato, “orizzontale”.
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Pianta piano 0 1-noleggio biciclette 2-bigliettereia 3-servizio di scale e ascensori
3
3
3
Pianta piano 1 4-caffetteria 5-sala di attesa 3-servizio di scale e ascensori
3
4
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1\2
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Terminal San Mattia
5
Concept.
Volume rialzato/Percorsi/Collegamenti verticali/Funzioni
Pianta piano 2 7-sala conferenze 8-uffici amministrativi 3-servizio di scale e ascensori
3
7
8
3
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Il progetto del terminal nasce dalla necessità di un accesso dalla laguna al parco produttivo culturale, è situato in un punto strategicamente importante dove si incrociano le rotte nautiche che collegano l’aereoporto con la città di Venezia. Il progetto è pensato come una grande piazza coperta, un punto di arrivo e un punto di partenza. L’operazione di alzare rialzare il volume funzionale garantisce la percezione continua della linea dell’orizzonte, caratteristica principale del paesaggio della sacca. Al suo interno l’edificio ospita una serie di funzioni relazionate con il parco e con la stessa Murano.
PRODUCED BY AN AUTODESK EDUCATIONAL PRODUCT sala conferenze uffici amministrativi caffetteria-zona attesa
Volumetricamente il progetto si presenta come una successione di volumi sospesi collegati con la parte pubblica da nuclei di connessione verticale. Qui sono alloggiate le funzioni connesse alla zona pubblica e alla fermata del vaporetto: biglietteria, noleggio biciclette e infopoint. Ai piani superiori il gioco di pieni e vuoti e le sezioni variabili ospitano una sala conferenze, uffici amministrativi e una caffetteria panoramica.
L'idea principale del progetto è quello di continuare il nuovo parco urbano fino alla laguna e creando un nuovo grande spazio pubblico lungo la riva che può essere utilizzato in attività comuni di tutti i giorni, per l’attività del terminal marittimo, ma anche per i vari eventi e nuovi festival legati alla laguna. Per tale motivo il piano terra è unicamente costituito da tre pilastri serventi che liberano lo spazio, disponendo le altre funzioni ai piani superiori. In questa visione lil Terminal San Mattia sarà coinvolto in un sistema architettonico che lavora come facciata del nuovo programma di dell’intero parco urbano.
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Suddivisione in 3 appartamenti di un attico Laboratorio Integrato di Progettazione 2 composizione architettonica, caratteri costruttivi, architettura paesaggio Prof. Stefano occhetto, Luigi Latini
2012-2013 Anno: ottobre-febbraio 2013-2014 Docenti: Prof. Stefano Rocchetto, Monica Bosio, Tommaso Fornasiero, Valentina Gambelli, Fabio Scasso
Luogo: Padova L’esercitazione richiedeva la suddivisione in 3 unità immobiliarei di un attico localizzato alla periferia di Padova. L’obbiettivo posto dal corso era il raggiungimento della capacità nell composizione e adattamento dello spazio tenendo presente vincoli come cavedi e scarici preesistenti
Riformulare lo spazio
Laboratorio di progettazione Stefano Rocchetto
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Trasformazione di un vecchio attico in 3 unità immobiliari autonome
IUAV a.a. 2013 I 2014
7 2 3
10
6
5
1 4
9 C B
2
6
1
1
7
A
2
2
5
3
7
8
3 5 10
2
10
Pianta appartamento B
Pianta appartamento C
1. ingresso 2. w.c. 3. soggiorno 4. camera degli ospiti 5. cucina 6. camera singola 7. camera matrimoniale 8. cabina armadio 9. studio libreria 10. terrazza
1. ingresso ingresso PRODUCED 1.BY AN AUTODESK 2. w.c. 2. w.c. 3. soggiorno 3. soggiorno 5. cucina 5. cucina 7. camera matrimoniale 6. camera singola 7. camera matrimoniale
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Prospetto sud
Prospetto nord
Prospetto ovest Prospetto est
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UCT
Vista interna Appartamento A
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Rigenerazione del polo industriale,Porto Marghera, VE Workshop 2013 Arch. Sandra Giraudi 2012-2013
Anno: luglio 2012 Docenti: Sandra Giraudi Luogo: Porto Marghera, Murano, VE
Venezia è una città solcata dai viaggiatori, in passato mercanti, nel presente turisti, cacciatori di cultura ed eventi. Appartiene alle città eterne diventate di transito, stabili quanto precarie, indipendenti e con vita propria, ogni giorno sempre più fragile. Porto Marghera è legato ai luoghi marginali della candida Venezia dove anche le periferie sono marcate dal distacco, interposte ad un vuoto d’acqua, ad un paesaggio che reclama sempre dei limiti. Prevalentemente edificato in periodo bellico, Porto Marghera alterna stati d’attività a stati d’abbandono generando situazioni di grande potenziale. Le architetture di passaggio, tema del corso, sono rifugi per viandanti “obbligati” ad un nomadismo provvisorio. Sono architetture per una nuova realtà di persone itineranti alla ricerca di una vita migliore.
Transitorietà e perennità “Vi sono diverse possibilità che portano al ricordo, confluendo in esso. Immagini, atmosfere, forme, parole, segni e confronti aprono le possibilità di avvicinamento. Attorno all’opera, posta al centro, dev’essere dispiegato a raggiera un sistema di approccio, in modo da poter considerare l’opera contemporaneamente sotto aspetti diversi: storicamente, esteticamente, funzionalmente, quotidianamente, personalmente, appassionamente.” Peter Zumthor, Pensare architettura
Per spazio s’intende sia il luogo trasformato, un’isola di Porto Marghera, sia la sequenza di altri luoghi che dal contesto pubblico conducono alla cella del detenuto, dell’emigrante. Dall’orizzonte annebbiato dell’acqua, dove sul fondo s’intravvede il profilo della “bella Venezia”, le visioni si focalizzano sino alla prima soglia con il suolo “dell’altra Venezia”, al primo pontile del mercato fra terra e acqua, al primo recinto degli spazi di ristoro ed incontro, al secondo degli atelier artigianali, al terzo del luogo di detenzione, all’ultimo dello spazio più intimo. L’esperimento si divide sostanzialmente in due fasi concrete di produzione di modelli ed immagini, interrotte da un intermezzo riflessivo dedicato alla formulazione di concetti attraverso lo strumento dello schizzo. Il luogo è importante perché può sorprendere anche senza essere costruito. L’architettura che si inserisce in un luogo deve quindi stupire per come lo trasforma. La trasformazione, cioé la costruzione di spazi per l’uomo, é intesa quale processo selettivo per la valorizzazione di qualità e priorità. Un’opera d’architettura è sempre in relazione con il luogo, crea dialoghi e barriere, instaura potenziali energie. È importante la consapevolezza di due riflessioni. La prima, conservare significa anche trasformare in un profondo confronto fra passato e presente dove la storia permane quale filo conduttore. La seconda, costruire implica anche demolire annullando compromessi per un futuro solido nel tempo. Ogni architettura che resiste nel tempo accresce la certezza che i pensieri alla base della sua concezione sono corretti e coerenti. Porto Marghera appartiene ai luoghi in attesa, dove l’immaginazione per trasformazioni é presente, suggerita dal senso strategico e aperto che lo marca, un senso ancora incompiuto. È un contesto parte della Venezia “contemporanea”, della città inserita un un’entità urbana più ampia malgrado la sua condizione geografica particolare.
È un contesto in stretta relazione all’accesso alla città, all’ultimo attraversamento verso l’isola. Porto Marghera, nella sua indesiderata decadenza il cui obiettivo era il polo della produzione, rappresenta un luogo idoneo per delle eccezioni “atipiche”, per contenuti incompatibili con l’isola per uso e significato. Porto Marghera si presta per intrusioni d’infrastrutture e attrezzature specifiche, per continuare la città moderna. Le prime infrastrutture, condizionanti per la trasformazione del suolo, nel corso degli anni sono state implemetate da : silos, ciminiere, capannoni, viadotti, conteiner. Oggi, Porto Marghera è un paesaggio fondamentalmente obsoleto dove il tempo ha una componente importante nelle percezioni oggettive e soggettive del luogo, ha aggiunto uno strato più o meno denso ad un vissuto a volte ancora presente, a volte non più visibile o semplicemente dimenticato. La presenza di certe costruzioni ha per me qualcosa di misterioso. Sembrano essere lí, semplicemente. Non prestiamo loro nessuna attenzione particolare, eppure è pressoché impossibili immaginarsi il luogo in cui sono insediate, senza di loro. La possibilità di progettare delle costruzioni ch nel corso del tempo entrano in una simbiosi cosí naturale con la conformazione e la storia del loro luogo, eccita la mia passione. Ogni nuova costruzione comporta un intervento in una determinata situazione storica. La validità dell’intervento dipende dalla capacità di dotare il nuovo di propietà in grado di instaurare un significativo rapporto di tensione con il preesistente. Credo che gli edifici gradualmente accettati dal loro ambiente debbano possedere la facoltà di attirare e coinvolgere in più modi la sensibilità e la ragione. Il nostro sentire e il nostro ragionare, tuttavia, sono radicati nel passato, per cui il significato che costruiamo con un edificio deve rispettare il processo del ricordo.
Gli immigrati fuggono da situazioni estreme, sono individui alla ricerca di condizioni di vita migliori. Arrivano da paesi poveri, dove i diritti civili non sono rispettati. Il fenomeno genera flussi importanti di persone con spostamenti incogniti. Si muovono a rischio della propria vita, obbligati a viaggiare in condizioni disumane, sottomesse a sfruttamento ed abuso. All’immigrazione seguono una serie di problematiche sociali relative all’assistenza sanitaria, all’istruzione, alla schiavitù, alla prostituzione, ai servizi pubblici ed, in ultimo, ai diritti umani. Gli immigranti irregolari non hanno libertà, per necessità ed ordine dei paesi in cui giungono. Al loro arrivo vengono raccolti in centri d’identificazione ed espulsione, una volta denominati centri di permanenza temporanea. Sono dei luoghi per accertamenti sull’identità di persone trattenute in vista di una possibile espulsione, per la detenzione di individui senza violazione di norme penali. I soggetti sono prigionieri, non sono considerati detenuti ma definiti ospiti della struttura. Sono centri per stranieri “irregolari“. Sorti secondo una logica cosiddetta “emergenziale”, piuttosto che con un piano razionale, i singoli centri sono estremamente difformi uno dall’altro. Spesso occupano strutture esistenti e convertite quali caserme, fabbriche dismesse, ospizi. Non si conosce ancora un modello tipologico di riferimento se non analogie da interpretare nei loro estremi: le prigioni, i conventi, i rifugi, le colonie. Molti temi affrontano il tema dell’aggregazione fra celle individuali e spazi collettivi, dei microcosmi autonomi e introversi dove una delle differenze principali risiede proprio nella relazione fra queste centri di vita collettiva e il loro intorno. Pensare un centro d’accoglienza significa riflettere al suo limite, al suo recinto e alle sue aperture. Le attuali strutture sono spesso inadeguate dove molte volte i detenuti sono sistemati in container o in altri tipi di alloggi per soggiorni prolungati, esposti a temperature estreme, in condizioni di sovraffollamento. Alcuni centri hanno uno spazio aperto troppo angusto o manca del tutto. Talvolta non esistono ambienti separati per i richiedenti asilo, né vengono previste aree
problemi di convivenza e sociali. Da tantissime testimonianze, il migrante si trova chiuso in una prigione senza sapere nulla né del perché si trova lì dentro, né di cosa gli accadrà in seguito. Dopo l’incognita del viaggio, continua l’incognita del futuro. L’interpretazione di un programma, nato per rispondere a delle esigenze funzionali dell’uomo, rappresenta un momento importante. La ricerca del concetto che lega i diversi spazi richiesti, in contrapposizione ad una loro scontata aggregazione per finalità d’uso, è fondamentale. Ogni progetto d’architettura domanda il coinvolgimento in quotidianità completamente differenti, dalla soddisfazione di esigenze minime individuali a complessi confronti con temi pubblici, dallo spazio per un solo uomo alla pianificazione per il futuro di una società sempre in evoluzione. Ogni progetto parte da un foglio bianco e diventa una nuova storia. L’interpretazione del tema é un momento essenziale a dimostrazione d’un fatto preciso: la funzione, oltre ad appagare una consuetudine quotidiana, racchiude un significato. Questo valore, silenzioso ed interiore nella sua percezione, esprime il vero senso dell’opera architettonica. A volte, non é necessario costruire per raggiungere il senso determinato dalla funzione. Un gesto collettivo, intuitivamente ripetuto sempre nel medesimo sito, genera già il significato attribuito allo spazio o al luogo dove si svolge l’azione. È l’anima determinata dalla funzione, un valore oltre il suo stesso atto. L’architettura consolida tutti questi significati, dona loro forma e qualità, li trasforma in spazi unici per un determinato luogo e per una specifica funzione, soprattutto ne determina l’identità. Il progetto, a conclusione del processo di creazione, esprimerà soprattutto l’individualità di ogni architettura. Dimostrerà come la complessità e le condizioni implicite in ogni progetto riveleranno risposte senza alterare l’indipendenza della sintesi concettuale. Il programma degli spazi, rappresenta una lista di condizioni da rispettare in parallelo ad altri requisiti. Il vero senso della funzione é da interpretare prima ancora di affrontare tale distinta dove la consapevolezza delle proprie scelte passa attraverso la conoscenza del passato e del presente.
Porto Marghera Il laboratorio ha innanzitutto inteso dar luogo ad uno studio di tipo analitico del porto. Per questo motivo il corso ha previsto una suddivisione dei gruppi in base alle isole costituenti il polo industriale della città di Marghera. Ciò ha portato a considerazioni inerenti gli spazi per l’immigrato: spazi necessari per il suo presente, aree per consolidare una qualità di vita futura nel rispetto della sua dignità in modo tale di arricchire Venezia di potenziali interscambi culturali. In parallelo si sono raccolte immagini, secondo precisi criteri unitari, per il raggiungimento d’una narrazione d’insieme atta ad individuare: punti strategici e potenziali per uno sviluppo urbano percezioni individuali da condividere
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1. Petroleum Industry 2. ReclaimedMud Island 3. Fusina Industrial Edge 4. Chemistry Peninsula 5. Commercial Harbour 6. First Industrial Settlement 7. Industrial Edge on Via Fratelli Bandiera
Il programma Il nostro intervento ha riguardato il porto commerciale, brandello di terra agganciato a marghera per mezzo del ponte strallato. La storia di questa zona è una storia controversa e difficile che vede come protagonista lo sviluppo economico di un nord est in mano a grandi inprenditori colpevoli di aver avvelenato un territorio. Marghera e porto Marghera costituiscono una zona industriale, parte integrante di un grande complesso produttivo-residenziale concepito cento anni fa con grandi ambizioni. Ma oggi di fronte a una crisi economica senza precedenti come può essere letta questa zona? Paesaggi ex industriali che vivono l’era post industriale come si comportano? Come si trasformano e come possono essere trasformati affinchè generino un nuovo sviluppo per l'intera area e benessere per chi vi lavora? L' "ex-nuovo" quartiere di porto Marghera non può essere considerato come un'area dismessa in senso stretto, come un'area morta, poichè in essa convivono 4 tipi di situazioni radicalmente differenti: 1) la porzione industriale ancora produttiva 2) stabilimenti industriali semi-riconvertiti al commercio e allo stoccaggio merci 3) zone totalmente riconvrtite ad altre modalità d'uso : studi professionali , uffici, esperimenti di arte e design 4) una parte sostanziosa di ciò che viene definita la "derelict land" che per buona parte dell'opinione pubblica rappresenta in toto il profilo dell'ex distretto industriale.
In che modo rispondere a questa situazione? I sindacati parlano di un'improbabile rilancio produttivo, gli architetti di una tabula rasa laddove concretizzare una grande occasione progettuale. Ciò che a noi pare necessario è la possibilità di riutilizzare una zona già in parte urbanizzata collegata capillarmente a ferrovie, autostrade, rotte marittime, sfruttando ciò che c'è rivalutandolo sia da un punto di vista economico che sociale, ossia fornendo le aree abbandonate e depresse di servizi utili e funzionali a chi in questa zona lavora, migliorando la condizione lavorativa e di vita: riqualifica di un luogo pianificando il suo sviluppo. Tutto questo vuole entrare a far parte di un progetto che includa l’immigrato. Non si tratterà di creare centri accoglienza o strutture di primo soccorso. L’intento che ci poniamo è quello di responsabilizzare chi arriva, dargli dignità e considerarlo come uomo e non come “migrates”. Per fare questo risulta quindi fondamentale intraprendere un processo di integrazione che parti dalla base. Proprio per questo motivo il nostro progetto prevede oltre che a centri culturali, scuole di alfabetizzazione e zone del welfare piccoli appezzamenti da affidare agli stessi immigrati. Questa è la nostra sfida: possedere qualcosa incentiva a tutelarla, proteggerla e curarla. Ogni appezzamento, Adibito a coltivazioni floristiche, avrà perciò questo obbiettivo.
Il progetto L’intento che ci poniamo è quello di responsabilizzare chi arriva, dargli dignità e considerarlo come uomo e non come “migrates”. Per fare questo risulta quindi fondamentale intraprendere un processo di integrazione che parti dalla base. Proprio per questo motivo il nostro progetto prevede oltre che a centri culturali, scuole di alfabetizzazione e zone del welfare piccoli appezzamenti da affidare agli stessi immigrati. Questa è la nostra sfida: possedere qualcosa incentiva a tutelarla, proteggerla e curarla. Ogni appezzamento, Adibito a coltivazioni floristiche, avrà perciò questo obbiettivo. Il programma perciò prevede - Terminal marittimo Phone Center/Internet point - Centro di accoglienza - Mercato fra terra e acqua - Spazi di ristoro e ricreativi - Atelier artigianali
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Programma degli spazi 1) Terminal marittimo Phone Center/Internet point 2) Mercato e Serre per la coltivazione floristica 3) Alloggi 4) Mercato e Atelier artigianali
1) Terminal marittimo/Phone Center/Internet point
2) Mercato e Serre per la coltivazione
3) Alloggi
4) Mercato e Atelier artigianali
“The upright lace of Venetian façades is the best line time-alias-water has left on terra firma anywhere. Plus, there is no doubt a correspondence between – if not an outright dependence on – the rectangular nature of that lace’s displays – i.e., local buildings – and the anarchy of water that spurns the notion of shape. It is as though space, cognizant here more than anyplace else of its inferiority to time, answers it with the only property time doesn’t possess: with beauty. And that’s why water takes this answer, twists it, wallopsand shreds it, but ultimately carries it by and large intact off into the Adriatic. …. Let me reiterate: Water equals time and provides beauty with its double. Part water, we serve beauty in the same fashion. By rubbing water, this city improves time’s looks, beautifies the future. That’s what the role of this city in the universe is. Because the city is static while we are moving. The tear is a proof of that. Because we go and beauty stays. Because we are headed for the future, while beauty is the eternal present. The tear is an attempt to remain, to stay behind, to merge with the city. But that’s against the rules. The tear is a throwback, a tribute of the future to the past. Or else it is the result of subtracting the greater from the lesser: beauty from man. The same goes for love, because one’s” love, too, is greater than oneself. Joseph Brodsky, Watermark November 1989
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UnitĂ resisenziali minime e complesso scolastico a Santa Marta , Venezia, VE Laboratorio Integrato di Progettazione 3 Arch. Carlo Mgnani 2013-2014
Anno: Ottobre-Giugno Docenti: Carlo Magnani Luogo: Venezia
il progetto nasce e si sviluppa attorno a 5 punti fondamentali cercandone di rimanervi il piu coerentemente aderente possibile. le linee guida a cui facciamo riferimento sono i cosiddetti punti di stazione illustrati dagli architetti carlo magnani e carlo alberto cegan nel libro "tecniche del progetto di architettura". gli obbiettivi del progetto possono essere cosi sintetizzati. strategia della collocazione, strategia delle relazioni, programma funzionale e soluzione architettonica, sistema costruttivo e soluzione architettonica e dispositivi e soluzione architettonica.
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Unità resisenziali, scuola materna e asilo nido a Santa Marta
Laboratorio di progettazione Carlo Magnani IUAV a.a. 2013 I 2014 PRODUCED BY AN AUTODESK EDUCATIONAL PRODUCT
Santa Marta, Venezia, VE
Il progetto
strategia della collocazione: programma funzionale e soluzione architettonica collocazione deriva dalla radice di locus, quindi luogo di cui è necessaria una descrizione al fine di mettere in luce i suoi caratteri la riflessione sul programma funzionale può anch'essa essere costitutivi possibilmente in forma di materiali operabili per il progetsviluppata a diverse scale: da quella urbana a quella dell'oggetto architettonico. to. collocarsi rappresenta il primo tentativo di trovare un contatto col sistema costruttivo e soluzione architettonica il sistema costruttivo è qualcosa di più complesso del sistema terreno, di dividere lo spazio: il primo intervento di trasformazione rendendo attivo il rapporto artificio-natura. strutturale, che può esserne considerato solo un aspetto parziaquesto punto permette di attribuire ai pieni e ai vuoti una strategia le. BY unitaria AN AUTODESK EDUCATIONAL PRODUCTesiste un problema di coerenza tra sistema costruttivo, materiali e reciprocamente determinata. applicati e figurazione complessiva. strategia delle relazioni dispositivi e soluzione architettonica questa dizione evoca immediatamente l'idea di contesto, con tutte se in italiano la parola dispositivo rimanda a un campo le difficoltà di tale concetto. tale strategia significa delineare un terreno di confronto fra “l'in sé” tecnico-meccanicistico la parola francese risulta avere una differente accezione: l'idea, la trovata. del progetto e “l'altro da sé” come appartenente al progetto.la si può cosi pensare ai dispositivi come a una specie di “ars retoristrategia delle relazioni si pone in modo differente alle diverse scale di progetto, introducendo l'idea di tempo all'interno del ca” che evidenzia le strategie che il progetto mette in atto, considerabili come la punteggiatura in un discorso: l'elemento che progetto attraverso le riflessioni sulle sequenze percettive, oltre che il tema della misura dell' ”occhio che vede”, implicitamente costruisce una più compiuta pertinenza del senso. rimandante al corpo umano. PRODUCED BY AN AUTODESK EDUCATIONAL PRODUCT
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Urban Re-generation
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Il principale riferimnto di progetto è un masterplan redatto dallo studio di architetti WEST8: Borneo-Sporemburg. Le abitazioni sono collocate su strisce e hanno dimensioni definite. La maggior parte delle residenze ha dimensioni definite (larghezza 4 metri), Il dispositivo spaziale, il contatto con l'acqua e la necessità di ottenere in poco spazio edifici residenziali luminosi e di pregio ha portato a farsi guidare dalle soluzioni operate dagli architetti che hanno posizionato la propria residenza nel progetto Borneo-Sporemburh. L'edificio ha dovuto sostituire una preesistenza, un condominio del dopoguerra, confrontarsi con la presenza di un ponte ed inserirsi in un complesso sistema di spazi circondati dall'imponente volume del convento e da quello minuto delle case popolari. l'idea nasce dal riferimento olandese del quartiere Sporendburg, adottando come dispositivo degli spazi l'iterazione di setti murari in laterizio. In questo modo la strategia compositiva si trova indissolubilmente legata a quella costruttiva, trovando così una rigidità formale e un impianto radicale e ortogonale, tale da esprimere la volontà progettuale di chiudere il circuito urbano composto dalle case popolari di fine secolo e un antico convento del XVII secolo.
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Prospetto est
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Prospetto ovest
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PRODUCED BY AN AUTODESK EDUCATIONAL PRODUCT Pianta attacco a terra PRODUCED BY AN AUTODESK EDUCATIONAL PRODUCT
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Pianta piano 1 PRODUCED BY AN AUTODESK EDUCATIONAL PRODUCT
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Prospetto nord
Pianta piano 2
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Il progetto nasce come tentativo di chiusura del brano di città iniziato col primo intervento residenziale. Il programma prevede la realizzazione di una scuola materna, un aula studio in doppia altezza, un piccolo asilo nido e una residenza di lusso in duplex. Il nostro obbiettivo è stato quello di mantenerci il piu coerentemente possibile vicini ai temi e alle soluzioni di progetto del precedente intervento, compatibilmente con le possibilità offerete dalle preesistenze. E' su questi presupposti che è cosi nata una idea che tiene intatta la forte chiusura ortogonale di un circuito cittadino, come nel caso del complesso residenziale, capace però di porsi in maniera non indifferente col contesto. i materali rimangono il laterizio accostato per contrasto al metallo cromato della parete inclinata posta nord e alle finiture in pietra d'istria. La corte ancora una volta si pone come baricentro dello spazio pubblico, pozzo di luce e luogo delle attività ricreative in un contesto protetto. Nonostante la grandezza dei volumi il tentativo è stato quello non solo di evitare di porsi come un oggetto ma quello di dare valore nuovo allo spazio, in particolar modo al campo davanti il convento delle Terese e nuova luce alla calle di accesso al retrostante quartiere di Santa Marta.
Sezione prospettica
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RODUCT
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Pianta attacco a terra
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Pianta piano 1
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Pianta piano 2
Prospetto nord
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Venice², The new centre of Marghera Marghera, VE Workshop 2014 Arch. Labics 2013-2014
Anno: Luglio Docenti: Maria Claudia Clemente, Francesco Isidori Luogo: Marghera, VE
Come consuetudine anche quest’anno Marghera è stata oggetto del workshop di progettazione. La realtà post industriale, derelitta e abbandonata ha attratto a se numerosi architetti che si sono messi a confronto, in modo alternativo con questa realtà cosi affascinante e controversa. Il gruppo italiano Labics ha sviluppato un interessante progetto che non si è limitato allo sviluppo di piccole progettualità, bensi che di un pensiero che a partire dalla città, Venezia e non Marghera, è giunto sino al porto industriale.
Venice², The new centre of Marghera Creazione dell’antipolo alla città di Venezia
Workshop di progettazione architettonica Labics IUAV a.a. 2013 I 2014
Premessa
Premessa
Sotto il profilo territoriale il Comune di Venezia ha avuto, sin dalla sua costituzione, una natura duale: da una parte i territori insulari che fanno riferimento a Venezia, dall’altra la terraferma articolata intorno al centro di Mestre. In realtà il peso simbolico, la bellezza e il ruolo di Venezia ha sempre sbilanciato questa dualità relegando Mestre al ruolo di periferia rispetto al centro insulare.
Sotto il profilo territoriale il Comune di Venezia ha avuto, sin dalla sua costituzione, una natura duale: da una parte i territori insulari che fanno riferimento a Venezia, dall’altra la terraferma articolata intorno al centro di Mestre. In realtà il peso simbolico, la bellezza e il ruolo di Venezia ha sempre sbilanciato questa dualità relegando Mestre al ruolo di periferia rispetto al centro insulare.
Oggi però questo equilibrio, sebbene instabile, non funziona più perché Venezia non è più un Centro. La popolazione residente diminuisce, i giovani tra i 20 e i 34 anni sono in fuga; di fatto Venezia non è più il motore e il punto di riferimento per lo sviluppo del suo territorio. Venezia è diventata un grande attrattore turistico globale completamente delocalizzato. Il territorio veneziano ha bisogno evidentemente di un altro centro. Un antipolo di Venezia, così come è nella natura del suo territorio.
Oggi però questo equilibrio, sebbene instabile, non funziona più perché Venezia non è più un Centro. La popolazione residente diminuisce, i giovani tra i 20 e i 34 anni sono in fuga; di fatto Venezia non è più il motore e il punto di riferimento per lo sviluppo del suo territorio. Venezia è diventata un grande attrattore turistico globale completamente delocalizzato. Il territorio veneziano ha bisogno evidentemente di un altro centro. Un antipolo di Venezia, così come è nella natura del suo territorio.
Masterplan, strategia di progetto
Obiettivi e programma funzionale
Metodologia
L’obiettivo del workshop sarà dunque quello di progettare un centro post-industriale, dotato di una grande densità di attività e funzioni complementari a quelle già presenti sul territorio e in grado di creare sinergie con esse; una struttura capace di innervare il territorio circostante.
A tal fine prenderemo a prestito alcuni strumenti operativi che sono stati messi a punto negli anni ’70 da Rem Koolhaas e Oswald Mathias Ungers per la trasformazione di Berlino in Archipelago City.* Le tre operazioni in cui si articolerà il lavoro saranno: selezione, infrastrutturazione e completamento
L’identità del nuovo antipolo di Venezia sarà quella di un grande incubatore per la creatività ed insieme di un luogo di produzione. Una produzione leggera che ruoterà intorno a tre elementi chiave: cultura, tecnologia e natura; una produzione connessa con l’economia della conoscenza e della creatività: teatro, danza, arti visive, video, artigianato informatico, progettazione informatica, new media, comunicazione, agricoltura urbana, etc.
1. La prima operazione sarà quella della selezione di tutti gli edifici e strutture esistenti da conservare che contribuiscono a formare l’identità e la bellezza della Marghera attuale. 2. Il secondo passo sarà il progetto della infrastruttura. L’infrastruttura costituirà l’ossatura del progetto ed insieme il background di tutti gli interventi; l’infrastrutturazione definirà l’ossatura degli spazi aperti, il sistema dei servizi, il sistema dei percorsi. 3. L’ultimo passo sarà quello del progetto di riuso e di completamento degli edifici esistenti, coerentemente con le nuove destinazioni d’uso.
Il workshop indagherà inoltre la forma del territorio: Marghera è stata di fatto il risultato di un processo artificiale di trasformazione del bordo naturale verso la laguna. Si apre l’opportunità per ridefinire il rapporto tra terra ed acqua.
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Sezione D-D
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La nostra logica di intervento si è basata sulla volontà di insediarci nella preesistenza su un “layer” differente, creando un edificio nell’edificio. La scelta è maturata in base alla scelta progettuale di tutelare l’esoscheletro dell’edificio preesistente, adottando una strategia progettuale che ha visto la realizzazione di una struttura indipendente. I due peogetti, il nuovo e l’antico rimangono indipendenti ma non autonomi. Infatti i nuovi edifici si collocano all’interno del telaio industriale ricalcandone il reticolo da esso generato in pianta. A questo tipo analisi bidimensionale ne è seguita una seconda sulla terza dimensione che ha permesso un ulteriore relazione con l’ex edificio industriale, basata anch’essa sullo studio dello scheletro esterno dell’ex edificio industriale e sulla nostro volontà di generare un paesaggio, scelta che ci ha quindi portato a lavorare sul suolo e sulle sue differente altezze.
Sezione A-A
Sezione B-B
Sezione C-C
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Progetto di un corridoio ecologico, Preganziol, VE Progettazione urbanistica Arch. Maria Chiara Tosi 2013-2014
Anno: Ottobre-Giugno 2013-2014 Docente: Maria Chiara Tosi Luogo: Preganziol, VE
Il corso ha previsto un analisi approfondita del concetto di welfare andando a indagare le abituduni e le modalit’ di incontro delle persone che abitano tutta quella serie di comuni compresi tra le province costituenti il fenomeno della città diffusa: Venezia, Padova e Treviso. Lo studio di Preganziol si è diviso in tre fasi. Una prima di studio e conoscenza del territorio, delle sue dinamiche e di come esso è vissuto da chi lo abita. Una seconda parte in cui la nostre attenzione si è focalizzata sugli scenari possibili che il nostro progetto avrebbe potuto generare nella realtà di Preganziol. Infine è seguita la fase progettuale in cui hanno preso corpo le nostre idee
Preganziol analisi urbanistica all’interno del fenomeno della città diffusa Viviamo in una città diffusa, per riprendere le parole di Francesco Indovina, in quel processo reciproco in cui il territorio si adegua ai movimenti socio-economici della città essendo però al tempo stesso traino dello sviluppo urbano, ponendosi come motore economico del sistema nord est, nonché Italia. Siamo alle prese con un territorio individuale, frutto non di decisioni collettive coordinate ma basato sulla realizzazione dei singoli interessi, di un’ etica che elegge il lavoro e la proprietà privata come unici veicoli di realizzazione personale e “sociale”. Questo fenomeno si verifica come detto in una città diffusa, ma con questo termine non si può/deve intendere unicamente il processo espansivo delle strutture urbane, dello sprawl, ma piuttosto un fenomeno che interessa lo stesso cittadino, il quale vede per cosi dire diffusa la propria modalità di vivere il territorio. L’abitante di questa città (termine che viene a configurarsi come improprio a questo punto) è cosi inserito in un sistema socio-economico che lo costringe alla dinamicità, allo spostamento continuo nello svolgimento delle proprie micropratiche. E’ cosi che allora la strada non si limita ad essere uno” spazio servente” del territorio, bensì uno degli elementi cardini del modo di vivere la città diffusa. In virtù di questo il nostro studio urbanistico prende spunto da una descrizione degli assi viari grandi e minuti per poi considerare in maniera analitica tutte le problematiche inerenti il paese di Preganziol e i suoi spazi del welfare. Le strade sono il principale supporto del sistema produttivo Veneto, nonché memoria del passato e delle originarie strutture spaziali. Nonostante questo però le strade non sono la fedele espressione
Progettione urbanistica Maria Chiara Tosi IUAV a.a. 2013 I 2014
Sono piuttosto la concentrazione dell’inquinamento acustico, paesistico: sistema di carreggiate, ponti, aiuole e fermate extra urbane di autobus sono di cattive qualità in netto contrasto con l’opulenza degli spazi privati, (compresi quelli in adiacenza dell’asse stradale); situazione che rende impossibile la mobilità ciclopedonale nonché l’abitare in questi territori. I problemi riguardano anche e soprattutto il sistema minuto dei trasporti: si preferisce rimuovere il problema con risposte individuali piuttosto che affrontarlo collettivamente; ci si barrica dietro i vetri, si aumentano dossi e dissuasori, il tutto in un’assenza di un disegno di insieme capace di farsi carico di questo problema. Talvolta le soluzioni delle grandi opere infrastrutturali vanno a scapito di quello minuto o per meglio dire all’abitabilità di questi territori: decongestionano il traffico a grande scala per peggiorare la vivibilità (relativamente aggiungeremmo) del piccolo centro. Sembra che lo sviluppo economico, la mutazione lavorativa del contadino da semplice agricoltore ad affermato imprenditore, abbia determinato un guadagno individuale senza alcun rispetto del proprio territorio che ne risente appunto in quelle infrastrutture di rango minore (la crescita virale dei cosiddetti “capannoni industriali” sono la spia di questo problema). E’ in questo contesto che nasce e si sviluppa la realtà di Preganziol, costantemente rapportata all’asse viario del Terraglio. Come? Con quali Problematiche? Assumendo quale atteggiamento? L’obbiettivo del nostro studio preliminare sarà quello di dare risposta a questi interrogativi, ai fini di creare un progetto urbano in grado di definire una linea guida, la costruzione di un atteggiamento più responsabile per lo sviluppo di questa realtà.
Welfare Space
L’area residenziale di Preganziol mostra una spiccata attenzione per la qualità dello spazio pubblico: l’area dedicata alle scuole si trova in un tranquillo quartiere di villette che vede anche ospitato un campo sportivo. Il quartiere ha fermata dello scuolabus è esattamente davanti all’entrata dell’edificio scolastico. L’incrocio presenta parapetti in ferro battuto, dissuasori di velocità e i complessi abitativi non si affacciano sulla strada ma su spazi di mediazione e di socialità. Oltre a quetso caso specifico la zona dedicata agli spazi/edifici per la pubblica attività si connota per una certa distanza dalle arterie da alta velocità e per un efficacie collegamento ciclabile.
Un ulteriore elemento significativo è rappresentato dal bosco di Preganziol. Esso costituisce un asse a forte valenza paesaggistica con sviluppo parallelo alla ferrovia verso ovest, divenendo un forte elemento di caratterizzazione del territorio e di separazione con gli ambiti agricoli. La creazione di una nuova massa boscata si prefigge anche un ruolo ecologico di aumento della salubrità generale, di difesa del sistema agricolo, di creazione di nicchie ecologiche per alcune specie e di aumento della permeabilità idraulico. Il bosco avrà anche il ruolo di spazio di fruizione pubblica, con la realizzazione di piste ciclabili.
Spazi del welfare e percorsi ciclabili
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Città diffusa a carattere rurale
L’area rurale è suddivisa secondo il disegno dei campi: la maggior parte di loro mantengono la destinazione ad uso agricolo con semine stagionali. Si tratta di un terreno per lo più caratterizzato da materiali alluvionali a tessitura prevelentemente argillosa nell'area sud orientale, mentre il resto del territorio presenta una tessitura sabbiosa e limosa/argillosa. Il territorio dal punto di vista idrogeologico si trova nel mezzo di 2 bacini idrografici: il bacino del Sile e quello scolante nella laguna di Venezia. Il territorio comunale ospita il corso di quattro canali consortili: il Rio Serva, lo Zermanson, il Bigonzo ed il Dosson, tutti affluenti del fiume Sile. Il loro interfacciamento lungo gli assi viari secondari e principali si presenta secondo una modalità tipo, con la presenza su di esso di piste ciclabili costituenti un percorso turistico/rurale
Filare di alberi Campo
Rio Serva
Campo Fosso
Pista ciclabile
il modo di abitare l’area rurale si è evoluto nel corso della storia in base a esigenze e sviluppi dei modelli socio-economici della realtà circostante. L’abitazione nella zona rurale veniva a costituirsi come l’unione di una residenza a un piccolo orto coltivato nel corso degli anni l'attivita
Tipologie di coltivazione e utilizzo del territorio
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Seminativi In questa categoria vengono incluse tutte le porzioni del territorio comunale destinate a coltivazioni annuali. Si tratta soprattutto di cereali (masi e frumento) e soia.
Vigneti e frutteti In questa categoria rientrano i maggiori vigneti presenti nel territorio comunale. Questi si concentrano soprattutto nella porzione sud-orientale del comune.
Siepi e filari Questi tipi di vegetazione (piÚ o meno stratificata) un tempo erano molto diffusi nella pianura ed avevano diverse funzioni legate all’agricoltura piÚ tradizionale. Negli anni questi elementi sono andati via via scomparendo per la semplificazione fondiaria e per il cambiamento della gestione delle aree agricole. Generalmente le specie presenti nella zona analizzata sono la siepe mesofita a carpino bianco e ad acero comune.
aree rappresentative dei paesaggi agricoli del Veneto, barriere ecologiche rurali, bosco di Preganziol Vigneti e frutteti Impianti arborei, vivai, prati polififici, medicai parchi ville storiche parchi ad uso ricreativo area dell'ex cava, acque ferme cittĂ diffusa a carattere urbano seminativi
Le dinamiche che interessano il territorio di Preganziol, gravitano attorno a un sistema di relazioni dirette e indirette con l’asse infrastrutturale del Terraglio. I nuovi atteggiamenti e le nuove tendenze di sviluppo territoriale porteranno Preganziol ad assumere nel 2054, uno scenario molto differente da quello odierno. Questo territorio, così indissolubilmente legato all’infrastruttura, vedrà la metamorfosi del fenomeno Terraglio, da strada nociva inadeguata a cardine di una nuova sinergia tra i beni capitali sociali fissi del caso studio ed espansioni urbane: la nascita dell’infrastruttura organica. Il tema del progetto, originato dall’analisi e dall’individuazione dei nessi estrinsechi e intrinsechi tra gli elementi del territorio, tenderà a supportare i cambiamenti individuati, mirando a trovare una soluzione architettonica che coordini e implementi nella concretizzazioni di tali relazioni.
Lettura del territorio. il territorio che ci si presenta può essere schematicamente riassunto attraverso una lettura per fasce orizzontali che vedono alternarsi fondamentalmente 2 scenari Il primo è l'area rurale. La dimensione dei campi adibiti a coltivazioni differenti, la conformazione di un territorio disegnato secondo questa identità con le sue strade, le delimitazioni dei corsi d'acqua e la biodiversità che si è andata a conformare su questi segni dell'uomo. il secondo è il piccolo agglomerato urbano che come per il primo scenario si addossa e si conforma sull’asse viario del Terraglio. l’obbiettivo è quello di connettere i 2 scenari proteggendoli al contempo dagli effetti negativi di inquinamento acustico e ambientale della statale. Lo strumento di connessione è quello delle piantumazioni di filari verdi e di colture del luogo
Seminativi
Vigneti e frutteti
In questa categoria vengono incluse tutte la porzioni del territorio comunale destinate a coltivazioni annuali. Si tratta soprattutto di cereali (mais e frumento) e soia.
In questa categoria rientrano i maggiori vigneti presenti nel territorio comunale. Questi si concentrano soprattutto nella porzione sud-orientale del comune.
Mais (Zea mays L.)
Frumento (Triticum L.)
Soia
Vigneti
Siepi e filari
Prati polifitici e medicai
Si tratta di un tipo di vegetazione di struttura lineare che può essere piÚ o meno stratificata. Le siepi generalmente presentano una struttura sia pluristratificata che pluripsecifica, mentre i filari sono monostratificati ed anche monospecifici. Questi tipi di vegetazione un tempo erano molto diffusi nella pianura ed avevano diverse funzioni legate all’agricoltura piÚ tradizionale. Negli anni questi elementi sono andati via via scomparendo per la semplificazione fondiaria e per il cambiamento della gestione delle aree agricole.
Si tratta soprattutto di appezzamenti coltivati ad erba medica (Medicago sativa) o con miscugli di graminacee, realizzati per il foraggio da destinarsi agli allevamenti
Erba medica (Medicago sativa)
Carpino bianco (Carpinus betulus L.)
Salici Viburni (Salici Viburnetum)
Graminacee
PERCHE PRESERVARE E IMPLEMENTARE LA FASCIA VERDE. Il nostro intervento si serve delle cosiddette zone ripariali. Una zona ripariale è l'interfaccia tra la terra e un corpo acqueo che scorre in superficie. Le comunità vegetali lungo i bordi del fiume sono chiamati vegetazione ripariale, caratterizzata da piante idrofile. Le zone ripariali rivestono un importante significato nell'ecologia e nella gestione ambientale a causa del loro ruolo nella conservazione del suolo, della loro biodiversità e dell'influenza che hanno sugli ecosistemi acquatici. Queste zone si pongono come biofiltri naturali, che proteggono gli ambienti acquatici,danno riparo e cibo per molti animali acquatici, nonché ombra che è una parte importante della regolazione della temperatura dei corsi d'acqua. Le ricerche mostrano che le zone ripariali sono strumentali al miglioramento della qualità dell'acqua sia per il ruscellamento che lo scorrimento delle
acque in corsi attraverso il sottosuolo o il flusso delle falde acquifere. In particolare in questa zona tampone è importante l'attenuazione dei nitrati o denitrificazione dal fertilizzante. L'uso delle zone ripariali nelle zone umide mostra un tasso particolarmente elevato di rimozione di nitrati che penetrano in un corso d'acqua, e trova pertanto posto nella gestione agricola.
Seminativi e filari
Seminativi e filari La mappa vuole mostrare quelle porzioni del territorio comunale destinate a coltivazioni annuali: cereali (mais e frumento) e soia e un altro tipo di vegetazione di struttura lineare più o meno stratificata, siepi generalmente costituite da una struttura sia pluristratificata che plurispecifica e i filari monostratificati e monospecifici. Questi tipi di vegetazione un tempo erano molto diffusi nella pianura ed avevano diverse funzioni legate all’agricoltura più tradizionale. Negli anni questi elementi sono andati via via scomparendo per la semplificazione fondiaria e per il cambiamento della gestione delle aree agricole. l’obbietivo è reintrodurli ai fini di isolare gli effetti negativi del Terraglio.
Corridoio di connessione, fasce tampone, varchi della rete ecologica
Acque ferme, corsi d’acqua e zone a criticità
Corridoio di connessione, fasce tampone, varchi della rete ecologica Obiettivo principale è la conservazione dei varchi esistenti e il rafforzamento della rete ecologica tramite lo sviluppo delle attività produttive a basso impatto territoriale, la ricostruzione e l’incremento di habitat, la protezione del sistema delle acque superficiali anche attraverso lo sviluppo di fasce tampone di vegetazione naturale lungo i corsi d’acqua. L’obiettivo è anche un incremento di specie vegetali ed animali che oggi trovano poche nicchie disponibili nell’ambito del territorio comunale. Queste aree dovranno rappresentare gli obbiettivi prioritari nella definizione degli interventi di compensazioni di eventuali espansioni urbane in termini di riqualificazione e ricostruzione degli elementi naturali e di pregio paesistico. Acque ferme, corsi d’acqua e zone a criticità
Percorsi ciclabili
canali consortili, sono i corpi idrici principali presenti nel territorio comunale. A seconda del grado di trofia dell’acqua è possibile avere vegetazioni idrofitiche fino ad avere la presenza di sole alghe. La natura argillosa del suolo oltre ad agevolare la permeabilità dei suoli crea piccoli laghetti che si formano però soprattutto per l’abbandono di piccole cave. All’interno di questi corpi idrici si possono trovare alcune specie acquatiche che si differenziano sulla base del grado di eutrofizzazione delle acque stesse.
Percorsi ciclabili Il nostro intento è quello di implementare le piste ciclabili urbane ed extraurbane già presenti nel territorio comunale al fine di connettere quelli che sono i servizi del welfare offerti al cittadino e creare una via di comunicazione alternativa alla statale del Terraglio tra i nuclei urbani limitrofi.
Strategia di Progetto Il progetto intende connettere i 2 scenari (rurale e infrastrutturale) proteggendo al contempo l’ecosistema locale dagli effetti negativi di inquinamento acustico e ambientale della statale, generando con questa fascia tampone un vero e propriop corridoio ecologico composto delle piantumazioni di filari verdi, un nuovo sistema agroforestale e di colture del luogo. La strategia adottata intende quindi sviluppare le risorse del territorio in quanto considerae come forti potezialità in termini di welfare della comunità e motore di una auspicata futura economia locale basata sul futuro della bioagricoltura
Superfici agricole soggette a trasformazione superfici destinate a pratiche di agroforestazione
Superfici esistenti superfici agricole mantenenti l’attuale coltura e zone di proprietà all’interno del corridoio ecologico
zone ripariali
filari alberati utilizzati nei campi destinati alla agroforestazione
boschi già presenti o inclusi nei piani interventi corsi d’acqua
boschi di infiltrazione
superfici permeabili del centro urbano
Luoghi del welfare a servizio del cittadino
Tracciati dei percorsi ciclabili/pedonali percorso ciclabile esistente
spazi del welfare al servizio del cittadino: luoghi di culto, centri commerciali, luoghi dell’istruzione e dello sport
ampliamento del percorso ciclabile esistente
Masterplan di progetto
Permeabilizzazione del centro urbano l’intervento prevede una pedonalizzazione dell’odierno asse viario tentando di creare un nuovo polo aggregante in grado di generare un nuovo parco cittadino ovviando al contempo il problema dei parcheggi con la realizzazione di posteggi interrati. L’obbiettivo risulta essere una permeabilizzazione del centro città integrandolo così al progetto del corridoio
-Pioppi orientali
-Carpino bianco
sez bb
-Pioppi orientali
sez aa
-Pioppi orientali
-Pioppi orientali
I BENEFICI DELLA AGROFORESTAZIONE La moderna agroforestazione si ispira ai sistemi tradizionali e si adatta a contesti di gestioni moderne: basse densità di alberi ad ettaro, sesti distanziati, filari, produzioni diversificate. La chiave dell’agroforestazione è una condivisione delle risorse tra alberi e colture. Quando si associano due specie vegetali esse sono in grado di modificare completamente il loro spazio vitale. Per trovare la loro nicchia ecologica esse entrano in competizione ma possono ugualmente favorire l’insediamento dell’altra. Con densità di 40-80 alberi ad ettaro, la redditività è comparabile e almeno tanto elevata che quella di un’agricoltura senza alberi. Con distanze comprese tra 25 e 50 m tra le file d’alberi si può coltivare fino alla base di quest’ultimi, con una moderata riduzione della produzione agricola. Con il taglio degli alberi il coltivatore avrà un aumento di reddito che compenserà largamente l’investimento realizzato. L’albero modifica e diversifica il microclima (temperatura, umidità, vento, luminosità, …) favorendo svariate comunità viventi. I filari d’alberi creano una moltitudine di habitat ricchi di risorse utili per queste comunità: l’albero, gli arbusti, le
erbe, la lettiera per la parte aerea e gli apparati radicali sotterranei. Essi ospitano spesso insetti ausiliari che possono intervenire più efficacemente in caso di attacchi di parassiti delle colture. Con filari d’alberi regolarmente distanziati, la maglia agroforestale riduce la velocità dell’acqua in superficie e la filtra efficacemente in profondità. Quando gli alberi non sono troppo distanziati i loro apparati radicali si congiungono sotto la coltura. Su suoli drenanti e profondi, sensibili alla lisciviazione,l’effetto di un popolamento di 50 alberi per ettaro del quale le chiome coprono il 30% della superficie al suolo può essere molto significativo e frenare o addirittura eliminare la lisciviazione, se prodotta in più episodi piov- si distanziati. ZONA RIPARIALE Una zona ripariale è l'interfaccia tra la terra e un corpo acqueo che scorre in superficie. Le comunità vegetali lungo i bordi del fiume sono chiamate vegetazione ripariale,caratterizzatada piante idrofile.
Interventi nell’extraurbano
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impatto acustico
Soia
coni visivi
Pioppo orientale (Populus x deltoides)
Carpino bianco (Carpinus betulus L.)
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schema tipo di intervento PRODUCED BY AN AUTODESK EDUCATIONAL PRODUCT
Fascia alberata
Arbusti, piante a fusto basso
Piante elofite
Pioppi orientali, Carpini Bianchi
Salici Viburni
Zone a piccole graminacee
(Populus x deltoides, Carpinus betulusL.)
(Salici Viburnetum)
(Phalaridetum)
Pr
Restauro Casa Laghi, Camin, PD Progetto di restauro Arch. Edoardo Danzi 2013-2014
Anno: Ottobre-Giugno 2013-2014 Docente: Edoardo Danzi Luogo: Camin, Padova, PD
L’edificio oggetto di studio, Casa Pagnin (Laghi) si presenta oggi completamente circondato e occupato dai risultati dell’espansione della zona industriale di Padova. Questo edificio risulta essere una tra le poche realtà sopravvisute dopo molte lotte a questo fenomeno di abbandono forzato : ospita a tutela del suo patrimonio un’associazione culturale denominata ‘Il Presidio’, volta a proteggere con iniziative eterogenee il valore storico di Casa Laghi. Si hanno notizie storiche documentate della presenza dell’edificio fin dalla metà del XVII secolo, dove risulta iscritto nei catasti della Serenissima come proprietà del nobile Bartolomeo Laghi, da qui appunto Casa Laghi. La fabbrica sembra aver subito nei secoli varie metamorfosi: ampliamenti, sopraelevazioni, adattamenti di preesesitenze: si presenta oggi nelle sembianze di un edificio rurale a due piani, di laterizio, contenente caratteri tipici dell’architettura vernacolare del territorio agricolo veneto.
Restauro Casa Laghi
Progetto di Restauro Edoardo Danzi
Testimonianza di un paesaggio veneto quasi scomparso
Di notevole interesse è il lato est, oggetto del progetto di intervento di restauro. La parete presenta infatti la facciata della presunta fabbrica originaria, caratterizzata da paraste e trabeazioni con timpano, tutto in laterizio rivestito da un’intonacatura con finitura a marmorino, di cui tutt’oggi rimane traccia. La facciata viene superata in altezza dalla sopraelevazione che si erge sopra di essa, e che costituisce attualmente i piani superiori della casa. Gran parte della facciata non è visibile nella sua interezza a causa della presenza di due superfetazioni, che addossandosi all’edificio ostruiscono la facciata originar ia. Si tratta più precisamente di una stalla per gli animali, situata nel lato sinistro, e un piccolo capanno degli attrezzi, che ostruisce invece la superficie in basso a destra. Entrambe le superfetazioni appaiono come costruzioni informali, quasi sicuramente successive alle sopraelevazioni della fabrica originaria. A causa di tali impedimenti, è stato deciso di condurre
IUAV a.a. 2013 I 2014
l’analisi delle zone morfologiche e delle unità stratigrafiche sulla parte visibile e più facilmente accessibile della facciata, capace nonostante tutto di offrire un campione rappresentativo e interessante del complesso. La ripresa fotografica del manufatto, necessaria agli studi morfologico/stratigrafici è stata organizzata secondo tre gradi di zoom: in questo modo è stato possibile raggiungere un grado di precisione e dettaglio che non sarebbe stato possibile con una visione generale, ostruita dalle superfettazioni e dagli alberi immediatamente prospicenti la facciata. Il dettaglio 1, offre la parte centrale della facciata, conservatasi tra le due superfetazioni, mentre il dettaglio 2 inquadra la fine stra e i numerosi interventi rilevati, determinanti per l’indagine stratigrafica. E’ importante sottolineare che sono presenti sulla superficie numerosi segni di modifica: forature, chiodature, capochiave strutturali, forse segni di precedenti strutture addossate.
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Allo stato attuale, il manufatto è in uno stato di degrado avanzato causato soprattutto dagli agenti atmosferici. Le condizioni della struttura sono in cattivo stato di conservazione. Al di là del fatto che dovrà essere eseguito un rinforzo strutturale che permetta di far fronte alla situazione odierna, dal punto di vista del degrado superficiale si riscontrano alcune patologie diffuse un po’ su tutto il prospetto orientale. Il manufatto è costituito da una zona inferiore a cui è possibile attribuire un rilevante valore storico architettonico, generalmente ricoperto da un rivestimento di pregio di intonaco marmorino. Su tale superficie è chiaramente riscontrabile la presenza di ampliamenti incongrui all'impianto originario dell'edificio il cui carattere anomalo risulta tale da compromettere la tipologia e l’aspetto estetico dell’edificio, oltre che dell’ambiente circostante. Al di sopra della sezione originaria si legge la
presenza di una ulteriore superfetazione di epoca successiva, nata come ampliamento dell’abitazione medesima. Durante il rilievo fotografico e dimensionale sull’intera superficie si è potuto constatare la presenza di una serie di ammaloramenti su intonaci e elementi laterizi. Ma procediamo con ordine. Lo studio si è diviso in tre fasi principali. La prima fase di rilievo ha dato l'opportunità di avere un primo approccio con l'edificio permettendoci di cogliere interessanti caratteristiche morfosintattiche. L'analisi è quindi proseguita con un analisi morfologico-stratigrafico cui abbiamo potuto delineare una storia delle varie sovrapposizioni di strati di intonaci, sostituzioni di elementi laterizi e evoluzione dell'intera fabbrica. In terzo luogo abbiamo proceduto con un un progetto di tipo conservativo delle porzioni superficiali a nostro parere significative esplicando modi e tempi di intervento
Prospetto Est
Pianta Casa Laghi
Rilievo zone omogenee
I1 . Intonaco “marmorino” composto da unprimo strato (RINZAFFO) di impasto a base di calce, unita a sabbia ed inerti a grana grossa o mista, un secondo strato di ARRICCIO e un terzo di intonaco superficiale.
M2 . Mattoni in laterizio dal colore arancio molto scuro vicino alle tinte rosso bordeaux. presumibilmente provenienti da una differente fornace si situano principalmente nella sezione basamentale della parasta di facciata.
I2. strato molto sottile di intonaco che permette di intravedere una muratura di colore rosso arancio costituito da elementi leggermente sovradimensionati. I mattoni presentano un giunto di malta difficilmente rilevabile
M3. Muratura in laterizio presente al di sotto degli sarti di intonaco, conservante sulla superficie porzioni dello stesso digregate. Il colore dell'elemento laterizio non è quindi ben distinguibile cosi come le sue dimensioni a causa dello stato di conservazione non buono
I3. strato di intonaco di cemento trattato a rinzaffo per tamponare fori o mancanze di intonaco. Si presenta con un colore giallastro e con una stesura omogenea
M4. Fascia di mattoni pieni di dimensioni irregolari costituenti l’effettivo tipano e trabeazione della sezione superiore della parte basamentale della facciata orientale. Si presenta in cattivo stato di conservazione e di colore molto scuro (grigio/nero)
I4. strato di intonaco di cemento di granulometria maggiore con presenza in alcuni punti di una leggera patina biologica. E' generalmente presente su tutto il perimetro della finestra
M5. Elementi laterizi dalla diversa composizione e colorazione rispetto alla spalla della faccata orientale. Presenti anch’essi nella parte superiore del prospetto manifestano una colorazione rossa aranciata più simile a quella dei mattoni della zona basamentale.
I5. strato di intonaco costituente il secondo strato della tecnica "marmorino" (ARRICCIO) costituito da un impasto a base di calce, unita a sabbia ed inerti a grana grossa o mista. La superficie è granulosa ma diritta al fine di consentire un'ottima adesione al successivo strato di riempimento
M6. Mattoni in laterizio di colore rosso molto scuro tendenti al nero si manifestano nella spalla della parte superiore della facciata est. Lo sato di conservazione sembra non essere ottimale,condizione probabilmente dovuta alla vicinanza alla zona umida del tetto
I6. Localizzato nella sezione superiore della facciata si tratta di un intonaco di tipo cementizio di colore grigio scuro presumibilmente di grana media. Si presente come l’ultimo strato di intonaco di almeno 2 livelli sovrapposti. lo spessore è il medesimo dell’intonaco marmorino sottostante (2 cm c.a.)
M7. Sotto la copertura dei coppi è rilevabile uno strato di tavelle distanziate dalla stessa tramite una consistente stesura di malta di colore grigio chiaro. Di dimensioni regolari sono disposti sotto tutta la copertura
EA. Elementi architettonici
M8. Copertura in coppi in laterizio di colore rossastro presenti su tutto il corpo edilizio. Presentano uno stato di degrado evidentemente dovuto dagli agenti atmosferici
M1. Di colore rosso aranciato è presente nella parte più bassa della facciata orientale. Leggermente sovradimensionati. Il giunto di malta e calce ha uno spessore di circa 2 cm
M9. Fila di mattoni rossastro/grigio di dimensioni standard (5,5;12; 25) e in in buono stato di conservazione, posti a protezione dell’aggancio tra i nuovi coppi in materiale plastico presenti nella copertura dell’annesso antistante e la muratura della facciata
Dal rilievo delle zone omogenee, emerge che la struttura principale della fabbrica è di laterizio, presumibilmente di dimensioni e provenienze differenti: molti di essi sono visibili tra le lacune dello strato di intonaco, alcuni presentano forti segni di usura mentre altri si scorgono appena sotto gli ultimi strati di intonaco rimasti, ormai ridotti ad un velo traslucido che fa intravvedere il colore del mattone. Il mattone, opportunamente sagomato, ha dato anche forma alle paraste e a tutto il disegno della facciata originari. Sono presenti poi laterizi di epoche presumibilmente più recenti, poichè appartenenti all’intervento di sopraelevazione: fanno parte di questa famiglia i lateriziche compongono la finestra di destra, i mattoni di spalla sullo spigolo della fabbrica, e la struttura della copertura, anch’essa tutta in laterizio, con tavelle e coppi. Il rivestimento della fabbrica appare chiaramente essere un intonaco con finitura a marmorino, oggi disgregato e affetto da fenomeni di degrado nella maggior parte della sua superficie. In alcuni punti, in prossimità della finestra in basso a destra è possibile osservare lo strato di arriccio preparatorio allo strato finale (I5), mentre in vari punti lo strato è tanto usurato da far intravvedere i mattoni. E’ consistente e di notevole importanza poi la presenza di numerose malte utilizzateper interventi presumibilmente successivi alla fabbrica.
Si sono notati interventi di rappezzo di lacune con intonaco con bordo raccordato a finire di colore giallastro (I3), e strati di intonaco di rappezzo in prossimità della connessione tra finestra e superfettazione, visibile nell’analisi stratigrafica dell’angolo: questa presenza è molto importante in quanto ha determinato i rapporti di questo strato (I4) con quello originario della fabbrica, rapporto ipotizzato sulla base di questo essere legato alla nascita della superfettazione, e al problema della connessione di questa con il corpo originario. Per quanto riguarda l’intonaco della sopraelevazione, esso si presenta con caratteristiche completamente diverse e riscontrabili solo in quella superficie, oggi pesantemente affetta dal degrado degli agenti meteorici. Sul piano morfologico/stratigrafico emerge l’urgenza di tutela dello strato di marmorino ancora in buono stato di conservazione, tuttavia in precarie condizioni e sempre più tendente al fenomeno di alveolizzazione. Emergono soprattutto le realtà della foratura della finestra e delle bucature ralizzate nelle modifiche successive della fabbrica, interventi di cui oggi rimangono i segnali di camuffamento e integrazione. Il rilievo stratigrafico ha messo in luce rapporti tra le varie parti depositate sulla superficie di studio, ed ha gettato i fondamenti delle nostre
ipotesi. Il tema più interessante è quello legato all’apertura della finestra, sotto l’arco della fabbrica originaria. La finestra risulta essere parte integrante e coeva dell’impianto originario, a causa della presenza del disegno in rilievo della finitura di marmorino che disegna le figure dell’arco e della cornice della finestra. La conferma della coevità della finestra e della natura dell’arco provengono anche dalle analisi della controfacciata, sulla quale non sono presenti segni di rottura sulla muratura in corrispondenza della finestra, nè segni della presenza dell’arco a livello della struttura muraria. Il confronto con le analisi di controfacciata condotte da un team di studenti parallelo ha portato alla conferma di queste ipotesi ed ha permesso l’identificazione della coevità delle unità stratigrafiche a seguire. La foratura, presenta i bordi interni e alcune parti che sono state successivamente classificate come superfici legate alla costruzione della superfettazione della stalla. Le unità stratigrafiche 1002, 1071, 1100 e 1091 presentano sul piano morfologico caratteristiche simili e cercano di rappezzare il bordo della finestra, raccordandosi con lo strato di intonaco a marmorino in due episodi. Le U.S. 1100 e 1091 sono invece veri e propri strati di intonaco cementizio che dalla parete nord della stalla si
protraggono fino all’interno della finestra, nel tentrativo di connettersi all’antica fabbrica. Determinante dimostrazione di questo è stata l’analisi condotta sulle riprese fotografiche dell’angolo tra la superfettazione e la superficie della fabbrica, laddove si può osservare la sovrapposizione degli strati di intonaco sullo strato più antico .Sulla restante superficie analizzata, emergono altri rapporti di notevole interesse tra l’intonaco classificato quindi come originario ed altri episodi successivi. Si tratta di interventi classificati come rappezzi e tamponature di bucature e fori realizzati durante presumibili interventi avvenuti in passato. A dimostrazione di questo è possibile riconoscere un asse comune che associa le forature riscontrate, e numerosi oggetti estranei in metallo (chiodi ecc.) presenti sulla superficie. Sebbene il materiale che compone questo fenomeno non sia degno di essere considerato e/o conservato, a causa della sua totale incompatibilità morfologica con la natura materica della facciata antica, è stato considerato come notevolmente interessante il suo valore storico, in quanto continua a trasmettere l’informazione di interventi precedenti e di considerevole portata nell’evoluzione storica del manufatto.
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Caduta e perdita di parti di un dipinto murale, con messa in luce degli strati di intonaco più interni o del supporto.
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Ricucitura o toppa eseguita con materiale incompatibile che risulta essere incongruo e difforme rispetto al contesto superficiale limitrofo. Per superfici intonacate la denominazione è rappezzo con malta incompatibile/incongrua. PRODUCED BY AN AUTODESK EDUCATIONAL PRODUCT
Cavillatura Fenomeno di degrado che interessa la parte superficiale dell'intonaco, la tinteggiatura o presunti film di protezione che si presenta con un reticolo irregolare filiforme
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Fessurazioni, fratturazione - Definizione (Normal 1/88 II° edizione) Degradazione che si manifesta con la formazione di soluzioni di continuità nel materiale e che può implicare lo spostamento reciproco delle parti.
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Rapezzo con malta incompatibile o incongrua
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Lacuna- Definizione (Normal 1/88 II° edizione)
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Traccia ad andamento verticale. Frequentemente se ne riscontrano ad andamento parallelo. Alterazione che si manifesta con pigmentazione accidentale e localizzata della superficie; è correlata alla presenza di materiale estraneo al substrato (per esempio ruggine, sali di rame, sostanze organiche, vernici)
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Colatura - Definizione (Normal 1/88 II° edizione)
insediamento di vegetazione nel paramento che innesca altri fenomeni di degrado quali fessurazioni, disgregazioni ecc. la loro presenza è dovuta a cavità in cui vanno a depositarsi semi, concomitanza della presenza di luce, aria acqua e sali minerali. (da non confondersi con il fenomeno della colonizzazione biologica, ossia dei microorganismi autotrofi ed eterotrofi quali muschi licheni funghi e batteri).
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Presenza di vegetazione
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Distacco: Soluzione di continuità fra strati superficiali del materiale, sia tra loro che rispetto al substrato; prelude, in genere, la caduta degli strati stessi. Il termine si usa in particolare per gli intonaci e per i mosaici. Nel caso di materiali lapidei naturali, le parti distaccate assumono forme specifiche in funzione delle caratteristiche strutturali e tessiturali e si preferiscono allora voci quali crosta, scagliatura, esfoliazione. Mancanza: Caduta o perdita di parti. Il termine si usa quando tale forma di degradazione non è descrivibile con altre voci del lessico.
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Distacco o Mancanza - Definizione (Normal 1/88 II° edizione)
Strato sottile, morbido ed omogeneo, aderente alla superficie e di evidente natura biologica, di colore variabile, per lo più verde. La patina biologica è costituita prevalentemente da microrganismi cui possono aderire polvere, terriccio, ecc.
Dilavamento Particolare forma di degrado della tinteggiatura, con esportazione del materiale dalla superficie e disfacimento della pittura, a causa dell'acqua delle precipitazioni meteoriche che agiscono come solvente sciogliendo i leganti a base di calce dell' intonacatura.
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Patina biologica - Definizione (Normal 1/88 II° edizione)
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Degradazione che si manifesta col distacco totale o parziale di parti (scaglie) spesso in corrispondenza di soluzioni di continuità del materiale originario. Le scaglie, costituite generalmente da materiale in apparenza inalterato, hanno forma irregolare e spessore consistente e disomogeneo. Al di sotto possono essere presenti efflorescenze (v.) o patine biologiche (v.).
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Scagliatura - Definizione (Normal 1/88 II° edizione)
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Scollamentodiminuzione della coesione tra componenti strutturali, che può provocare aumento della porosità del materiale e conseguente alterazione delle caratteristiche meccaniche originarie PRODUCED BY AN AUTODESK EDUCATIONAL PRODUCT
Degradazione che si manifesta con la formazione di cavità di forma e dimensione variabili. Gli alveoli sono spesso interconnessi ed hanno distribuzione non uniforme . Nel caso particolare in cui il fenomeno si sviluppa essenzialmente in profondità con andamento a diverticoli si può usare il termine "alveolizzazione a cariatura"
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Decoesione, Scollamento
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Alveolizzazione - Definizione (NorMal 1/88 II° edizione):
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Rilievo zone omogenee PRODUCED BY AN AUTODESK EDUCATIONAL PRODUCT
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DEGRADO FISICO E’ legato principalmente alla composizione mineralogica e alla grana del materiale. Si determina attraverso: - creazione di ghiaccio è pericolosa soprattutto all’interno del materiale, poiché genera tensioni in grado di produrre fratture; - cristallizzazione di sali i sali, provenienti dall’esterno o presenti come alterazione chimica del materiale, creano, per effetto di fenomeni differenti, strutture cristalline che, oltre a generare sforzi e quindi fratture nella struttura, danno origine all’esterno ad efflorescenze e all’interno a subefflorescenze che producono esfoliazione e distacco di croste; - variazioni termiche e presenza di umidità creano fenomeni di espansione del materiale, soprattutto all’interno, mentre la superficie si indebolisce; DEGRADO CHIMICO E’ sempre legato alla presenza di acqua nel materiale, dovuta a pioggia o a deposito di condensazione. si determina attraverso: - piogge acide la presenza di anidride carbonica nella pioggia, in quantità variabili, genera una serie di reazioni che portano alla perdita dei carbonati negli strati interni del materiale e alla formazione di croste e patine in superficie; - atmosfera inquinata è dannosa soprattutto per la presenza di anidride solforosa che, combinandosi con l’ossigeno, l’acqua e i carbonati di calcio, genera solfato di calcio, caratterizzato dalla presenza di stati di idratazione con diversi volumi specifici. Il passaggio da uno stato all’altro crea variazioni di volume, pressioni e quindi rotture all’interno del materiale; - condensazione la pellicola che si deposita in superficie è ancora più pericolosa dell’acqua che scorre, poiché tende a favorire l’accumulo di impurità che non vengono dilavate. Si genera un’alternanza di asciutto bagnato dannosa per il materiale,
perché nella fase bagnata c’è l’attacco degli acidi e in quella asciutta si cristallizzano i prodotti delle reazioni, dando origine alle patine. La presenza di umidità porta inoltre ad una serie di reazioni che danno luogo alla formazione alveoli superficiali. DEGRADO BIOLOGICO Si tratta di un tipo di degrado dovuto all’azione di animali e piante, frequente in ambienti poco inquinati, caratterizzati da elevata umidità e da calore e favorito da alcuni fattori ambientali come luce, ossigeno, anidride carbonica e acqua: - batteri e funghi possono essere eterotrofi o autotrofi e si sviluppano soprattutto in ambienti confinati e umidi, con scarso ricambio d’aria. La loro presenza non risulta quasi mai visibile ad occhio nudo; - alghe sono microrganismi autotrofi che tendono a formarsi nei climi caldi e umidi e in presenza di luce. Attaccano soprattutto i materiali porosi, penetrando attraverso le fratture superficiali. Si vedono ad occhio nudo sotto forma di polveri, frammenti e scaglie a strati sottili di colore verde o nero; - licheni presenti soprattutto nei luoghi aperti, inquinati e mediamente umidi, si riconoscono dalle forme macroscopiche, dai colori vivaci e dall’aspetto crostoso; - muschi frequenti principalmente sulle superfici alcaline, i muschi hanno una consistenza stratiforme di colore verde, marrone o nero. Possono creare un’azione di degrado profonda fino ad un centimetro; - piante infestanti possono essere di vario genere e tendono a creare fratture e fessurazioni nel materiale, aprendo la strada ad ulteriori alterazioni chimiche e fisiche; - azione di uccelli il guano rappresenta un pericoloso terreno di coltura per lo stabilirsi di microrganismi che innescano innumerevoli e svariate forme di degrado sul materiale.
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Analisi vegetazione individuazione del tipo di pianta così da poter scegliere il giusto biocida e capire quanto profonde sono le radici
Disinfestazione applicazione del biocida mediante iniezione nel canale conduttore della pianta o irrorazione tramite irroratore a stantuffo
Asportazione ad essicazione avvenuta si procede al taglio delle radici al colletto utilizzando strumenti meccanici che non provochino vibrazioni
Protezione lavaggio ripetuto della superficie con acqua pulita a pressione moderata così da asportare ogni traccia residua di biocida
2
Preparazione pulitura di patine biologiche nel caso di presenza di croste nere micotiche o patine biologiche poco spesse su di un meteriale si procede alla pulitura previa interposizione di carta giapponese o kleenex.
Pulitura con impacchi l’asportazione dell’impacco deve avvenire dopo un lasso di tempo individuato tramite provini campione. L’asportazione di eventuali residui deve avvenire tramite l’ausilio di spazzole morbide o spugne. I residui di materiale devono essere lavati con acqua deionizzata
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Consolidamento del bordo di intonaco una volta individuata la lacuna causata dal locale distacco di porzioni di intonaco si va a realizzare una stuccatura salvabordo realizzata con malta compatibile con il supporto e applicata previa adeguata preparazione della muratura.
Intervento si sostituzione del rappezzo di intonaco si prepara la muratura rendendola asciutta, scabra e pulita. Successivamente avviene un consolidamento dei margini ed un inumidimento della muratura con pennelllo o nebulizzatore. L’intervento sarà riconoscibile attraverso l’arretramento dell’integrazione di qualche millimetro.
4 Sostituzione e reintegrazione di elementi in laterizio usurati In presenza di elementi mancanti in muratura di laterizio è stato deciso di intervenire attraverso l’integrazione diversificando il colore degli elementi laddove è necessario sostituire quelli usurati (A), mentre per un intonacatura delle lacune quando non fosse possibile la corretta risostituzione (B).
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Interventi di rimizione
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Interventi di pulitura
3
Interventi di consolidamento
4
Interventi di sostituzione e reintegrazione
Il nostro progetto parte dalla considerazione generale che sulla superficie, nella materia di qualsiasi manufatto, si sedimentano dei segni contenenti dei messaggi. Allorquando la materia viene a mancare la capacità di conoscere. Infatti la superficie in architettura non è da considerarsi come un mero rivestimento di ciò che gli sta al di sotto, essa è il luogo di segni culturali ancor prima che naturali, una chiave per decifrare la civiltà e messaggi di popoli passati. Ciò detto il nostro intervento, con le debite proporzioni, prende spunto dalle considerazioni del cosidetto filone “romantico”, i cui più celebri interpreti, riconosciuti nelle figure di Ruskin e poi dagli italiani Boito e Giovannoni, intendono la necessità innanzitutto di conservare l'esistente, ammettendo quegli interventi di comune manutenzione (sostituzione di un coppo ammalorato piuttosto che quella di una singola pietra), ma anche di puntellazione, utili a prolungare il più possibile la vita dell'architettura antica, alla quale va riconosciuto però anche il diritto, quando sarà giunto il momento, di morire. Con questo sosteniamo un intervento che cerchi, ove è possibile, il mantenimento di quei materiali conteneti messaggi, dati, valenze storiche che esprimano l’evolversi della fabbrica, evitando l’aggiunta di nuove componenti architettoniche incongrue all’esistente e tantomeno l’eliminazionre di superfici (eccezion fatta per quelle irreversibilmente ammalorate), rimuovendo unicamente corpi estranei o gravemente danneggiati
crei soluzioni di continuità all’interno dei materiali, quindi più profondamente si riesce a farlo agire maggiore sarà la sua efficacia. Non deve contenere inoltre sali dannosi e deve essere reversibile, cioè non dare luogo nel tempo a prodotti nocivi in grado di innescare o accelerare altri fenomeni di deterioramento. La protezione che ha come scopo quello di limitare e rallentare i processi di trasformazione che il materiale tende a subire per lo squilibrio che si crea con l’ambiente in cui è posto. Infatti, non è sempre possibile intervenire per eliminare del tutto il problema, quindi, si applicano delle sostanze specifiche in grado di creare uno schermo protettivo. I protettivi vanno scelti in modo da non alterare le proprietà ottiche del materiale, da garantire una certa stabilità agli agenti chimici ed ai raggi U.V. e ad essere impermeabile all’acqua liquida e permeabili a quella in fase di vapore. Si devono poter applicare e togliere con facilità, devono essere reversibili e non produrre sottoprodotti dannosi. La rimozione, operazioni volte all’eliminazione degli agenti inficianti la superficie e la struttura del manufuatto in esame. Si tratta di una serie di operazioni di carattere sottrattivo come: la rimozione dei depositi incoerenti attraverso l’eliminazione degli accumuli di guano, polveri, terriccio, materiali estranei dalle superfici, per prepararle alle successive operazioni di pulitura evitando che questi materiali si mescolino con i prodotti da applicare. la rimozione meccanica di precisione di concrezioni, corpi estranei, strati cementizi e superfetazioni attraverso un opera di eliminazione delle strutture addossate, la rimozione di cavi, elementi metallici infissi come chiodi, ganci, cardini e insegne obsolete. Da eliminare o assottigliare saranno anche strati di intonaci, stuccature, colature e spruzzi di miscele cementizie incongrue o gravemente ammalorate presenti sulla superficie. La rimozione delle piante superiori prevede infine l’eliminazione di PRODUCED BY AN AUTODESK EDUCATIONAL PRODUCT tutte le strutture biologiche presenti sulle superfici, compresi gli apparati radicali, impedendone l’attecchimento a lungo termine.
RI2. Rimozione dello strato di intonaco più usurato, che lascia intravvedere gli elementi in laterizio sottostanti sui quali è ancora presente il medesimo strato.
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in laterizio compromessi da
PR1. Protezione della superficie di intonaco a marmorino in buone condizioni
PR2. Protezione dell'elemento in laterizio scoperto dallo strato di intonaco, non usurato e in buone condizioni
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PU4. Pulitura da macchie causate dall'ossidazione degli elementi metallici
usura e scagliature
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PU1. Pulitura della superficie alveolizzata e dei fori irregolari generati dal fenomeno di alveolizzazione dello strato di intonaco a marmorino
PU3. Pulitura da dilavamento e macchie micotiche nerastre
IN1. rifacimento del davanzale della finestra
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RI4. Rimozione meccanica di elementi della superffettazione applicati direttamente sulla superficie di analisi
PU2. Pulitura da patina biologica
CO2. Bordi di unità stratigrafica da preservare
IN2. re-integrazione dell'elemento PRODUCED BY AN AUTODESK EDUCATIONAL PRODUCT
RI3. Rimozione di presenza vegetale
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RI1. Rimozione e rifacimento della stessa superficie in malta di calce di colore e tipologia tale da denunciare la differenza dall'intonaco limitrofo
CO1. Consolidamento delle lesioni mediante iniezioni PRODUCED PRODUCED BY BY AN AN AUTODESK AUTODESK EDUCATIONAL EDUCATIONAL PRODUCT PRODUCT
PRC1. pre-consolidamento dei bordi delle unità delle opere di pulitura e reintegrazione
PRODUCED BY AN AUTODESK EDUCATIONAL PRODUCTprima stratigrafiche da preservare
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Il consolidamento che comprende una serie di trattamenti finalizzati a migliorare la coesione e l’adesione fra i componenti del materiale che, potenziandosi nella sua resistenza meccanica, diventa più difficilmente attaccabile dall’acqua e dalle soluzioni saline e acide. E’ necessario comunque che il consolidante non PRODUCED BY AN AUTODESK EDUCATIONAL PRODUCT PRODUCED BY AN AUTODESK EDUCATIONAL PRODUCT
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La pulitura che ha come scopo la rimozione di depositi, incrostazioni e stratificazioni varie senza produrre danni sul materiale. alcuniEDUCATIONAL casi è PRODUCT necessario consolidare almeno PRODUCED BY ANIn AUTODESK parzialmente la superficie per evitare perdite di materiale
PRC1
PRC1 PRC1
PRC1 PRC1PRC1
RI1
PRC1
PRC1
RI3 RI4 RI1
RI2 RI2
PU1PU1/P2
PU1
P1/PU
nuovo zoom CO2
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CO2 CO2 CO2
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PRC1
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PU2
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IN2
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03.1//rimozione
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03.0//preconsolidamento
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03.2//pulitura
03.3//consolidamento
03.4//integrazione
03.5//protezione
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Progettare lo spazio minimo dell’abitare temporaneo, Cipro, CY Workshop di progettazione architettonica Arch. C 2013-2014
Anno: Febbraio Docenti: Morpho Papanikolau Luogo: Cipro
il corso ha cercato di approfondire le tematiche dell’ existenzminimum in chiave transitoria. Il workshop ha fornito in maniera preliminare una serie di strumenti per approcciare lo spazio minimo facendo riflettere il corso sulle potenzialità del solido puro: il cubo. Ciò è avvenuto attraverso 3 esempi: Mario Botta, Casa a Riva San Vitale, Svizzera 1971-1974; Alberto Campo Baeza, Casa Turegano, Pozuelo, Spagna 1988 e Kazuyo Sejima, Casa in un bosco di Pruni, Tokyo, Giappone 2003. Da qui è partita la nostra esperienza progettuale.
Progettare lo spazio minimo dell’abitare temporaneo Progettare l’existenzminimum in chiave transitoria
Cipro è la terza isola per estensione (dopo Sicilia e Sardegna) del Mar Mediterraneo. Avamposto meridionale del continente, Cipro gode di un clima di tipo mediterraneo-subtropicale, con estati calde e asciutte e inverni umidi ma temperati. E’ stato in questo scenario che il workshop richidedeva di sviluppare il progetto dell’abitare transitorio. In più, un ulteriore tema è stato il confrontarsi con una preesistenza. Una rocca del XIII secolo posizionata sul promontorio sede dell’esercitazione.
Workshop intensivo di progettazione Morpho Papanikolau IUAV a.a. 2013 I 2014
Instructions for use:
Designing the existenzminimum
Pre-existence
New modular components
Kinds of solutions
Solution nËš7
Pre-existence
Working with the model Designing the existenzminimum
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Planimetria
Pianta p1 1:200
Pianta p0 1:200
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Pianta p2 1:200
Livingroom
Library
Bathroom Bed
Sezione Prospettica
Il progetto Il progetto ha previsto la scomposizione dei tre cubi, in maniera tale da sviluppare un nuovo solido capace di sormontare la presistenza senza venirne in contatto. Il risultato è stata un “L” estrusa rovesciata. Il programma funzionale vede così un ribaltamento del consueto modo dell’abitare . L’ingresso si pone ad un livello superiore con i rimanenti 2 ambienti posizionatia d altezze diffrenti. La zona notte al piano inferiore e la zona dedicata alla lettura e al relax ad un piano intermedio. Il tutto è collegato da una scala “mobile” a pioli.
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