La ragazza con l'ortecchino di perla

Page 1

LA RAGAZZA CON L’ORECCHINO di PERLA

Una domenica di maggio, quando era ormai quasi un anno che lavoravo nella Oude Langendijk, prima di lasciarci soli la mamma disse a Pieter: “Domenica prossima dopo la funzione vuoi venire a pranzo da noi?” Pieter sorrise, mentre io la guardavo attonita. “Sì, verrò”. Non ricordo nemmeno che cosa aggiunse. Quando infine se ne andò e io mi avviai verso casa con i miei genitori, dovetti mordermi le labbra per non mettermi a gridare. “Perché non mi hai detto che intendevi invitare Pieter a pranzo?” sbottai risentita. La mamma mi scoccò un’occhiata senza girarsi. “Era ora di farlo”, rispose asciutta.


Aveva ragione. Sarebbe stato scortese non invitarlo. Non mi ero mai trovata in una situazione del genere, ma avevo visto come si comportavano gli altri in quelle circostanze. Se Pieter faceva sul serio, i miei genitori dovevano prenderlo sul serio. Sapevo anche quanto gravoso sarebbe stato per loro avere un ospite. Erano a corto di denaro. Nonostante il mio stipendio e qualcosa che guadagnava la mamma filando la lana per altri, riuscivano appena a sfamarsi, per cui una bocca in più era un vero problema, tanto più se era la bocca di un macellaio. Quanto a me, potevo fare ben poco per loro: sottrarre qualche bocconcino dalla cucina di Tanneke, o un pezzo di legno magari, qualche cipolla, un po’ di pane. Quella settimana avrebbero stretto la cinghia e risparmiato sul fuoco, pur di offrirgli un pasto decoroso. Eppure insistettero perché accettasse. Non me lo avrebbero confessato, ma probabilmente dargli da mangiare per una volta era, ai loro occhi, la garanzia di pancia piena per il futuro. La moglie di un macellaio -e i relativi genitori- mangiavano sempre bene. Un po’ di pane oggi avrebbe voluto dire pancia piena in seguito. Quando col passare del tempo Pieter prese a venire con regolarità, mandava loro omaggi di pezzi di carne, che la mamma cucinava alla domenica. Per quel primo pranzo domenicale però ebbe l’accortezza di non servire carne al figlio di un macellaio, che avrebbe potuto valutare senza possibilità di errore la loro indigenza dal tipo di taglio che gli avrebbero servito. Gli preparò invece un tegame di pesce, aggiungendovi persino gamberi e aragoste che non seppi mai come avesse fatto a comprare. La casa, per quanto modesta, risplendeva per le cure che lei vi aveva dedicato. Aveva tirato fuori alcune delle mattonelle più belle di mio padre, quelle che non aveva dovuto vendere, e le aveva lustrate e appese al muro perché Pieter le potesse ammirare mentre mangiava. Lui lodò il piatto che aveva preparato mia madre e le sue parole suonavano sincere. Lei se ne mostrò compiaciuta, gli sorrise arrossendo e lo servì una seconda volta. Dopo, fece delle domande a mio padre sulle mattonelle, descrivendogliele una a una finché mo padre le individuava e poteva completare la descrizione. da: Tracy Chevalier, La ragazza con l’orecchino di perla, Neri Pozza, pp. 125-127


Turn static files into dynamic content formats.

Create a flipbook
Issuu converts static files into: digital portfolios, online yearbooks, online catalogs, digital photo albums and more. Sign up and create your flipbook.