IL PANE DI ROMA
Il panis poteva essere:
Alexandrinus: cotto, infilzato negli spiedi; arincarius: il più dolce; artelaganus: (da artos, “pane” e laganon “focaccia”), pizza impastata con farina, vino, pepe, latte, aromi, olio di oliva o strutto; autopyrus: quasi nero e con farina non setacciata, corrispondente al nostro tipo “due”; bucellatus: biscottato; candidus: di farina bianchissima, corrispondente al nostro tipo “00”, servito sulle mense dei ricchi; castrensis et militaris: per I legionari e I soldati; cibarius: scuro, commune, a buon prezzo, corrispondente al nostro tipo “uno”; clibaneus: cotto nel clibano, una teglia di terracotta o di metallo; durus ac sordidus: duro, di infima qualità; ex flore: pane da fiore, per malati di stomaco; ex milio: dolcissimo (Campano); fornaceus: cotton el forno; furfureus: di crusca; ostrearius: a cena, accompagnava le ostriche; parthieus et aquatieus: soffice e leggero, lavorato con acqua e solide braccia nella madia, fino a divenire spugnoso; Picenus: d’alica, cotto dopo nove giorni di macerazione e impastato con uva passa, veniva inzuppato con latte e miele; plebeius: di seconda qualità, corrispondente al nostr tipo “zero”;
secundarius: di farina integrale, era preferito da Augusto; siccus: secco, asciutto; siligineus: di grano tenero e biacco. Usato per dolci, si impastava spesso con uova o latte (o con entrambi e, tra i barbari, con il burro); strepticius: cotton el forno di campagna, su piastra rovente. Di rapida confezione, consiste in una sfoglia sottile di farina, impastata con vino, pepe, latte e olio di oliva; vetus et nauticus: galletta da marinai.