il periodico online per gli amanti della palla a spicchi d’oltre oceano
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ALL STAR SUNDAY
Tutti i confronti diretti della partita delle stelle di domenica sera
NBA H OT SPOT CA RMELO ANTHONY
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ALL STAR WE EK END ROO KIE CHALLENGE
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AL L STA R WEEKEN D SLA M DUNK CON TEST
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AL L STA R WEEKEN D TH RE E P O INT S H OO TO U T, S KI LLS CH AL LENG E
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YOU CAN’T C ME
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LA MENSANA SIENA
L’ANALISI IL SALARY CAP
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NBA STANDING
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LA RUBRICA -
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T AJ G IB SON
IL CASO ARENAS PART III
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Avrà più for tuna del suo predecessore illustre? FOCUS
DI
N ICOLÒ F IUMI
Cosa dovremmo dire di una Lega dove, limitandosi alla Western Conference, un giocatore come Deron Williams è considerato “solo” il terzo miglior playmaker dietro a Chris Paul e Steve Nash? Rimanendo alle parole di un ormai arcinoto spot, nella Lega a stelle e strisce the “Amazing Happens” e quindi può anche essere che un giocatore eccezionale come il playmaker dei Jazz non possa fre-
giarsi del titolo ideale di miglior play del campionato. Ma, se parlate con chi frequenta l’Energy Solution Arena, troverete più di una persona disposta a pagare il biglietto solo per vedere evolvere in campo questo
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t.com Fonte foto: http://3.bp.blogspo
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funambolo che sta guidando Utah, attualmente una delle squadre più calde della Lega, a cavalcare una striscia di 9 vittorie consecutive che li ha fatti rialzare da un inizio piuttosto complicato. “Gioco in una squa-
dra con tanti ottimi giocatori. Carlos [Boozer], Memo [Okur] e Andrei [Kirilenko] sono grandi campioni, e io mi sento al meglio quando vado in campo e posso aiutarli a rendere al massimo. Mi diverto a giocare con
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loro e sono certo che loro si divertono con me.” Parole che buttate lì sembrano le classiche dichiarazioni di circostanza che deve dire un playmaker, il cui ancestrale compito dettato nella notte dei tempi in cui il basket fu inventato, è prima quello di far giocare la squadra, poi nel caso segnare. Anche se ben sappiamo che ormai i tempi sono cambiati e un playmaker che non ha punti nelle mani oggi in pochi se lo possono permettere, Williams riesce comunque a incarnare alla perfezione questo spirito, come confermano le parole del suo coach di High School (dove per la verità era oscurato da Bracey Wright…), Tommy Thomas: “E’ sempre stato un giocatore di squadra. Ha sempre avuto questa capacità di rendere migliori i giocatori attorno a lui. Ne fa una questione di orgoglio.” Tanto per rimanere al confronto con i Nash e i Paul di cui sopra. Quante volte vi sarà capitato di vederli nella Top 5 di NBA Action con qualche passaggio funambolico. Numeri dettati spesso da giocate fuori degli schemi che muovono la difesa e consentono, grazie anche alle doti sovrannaturali di passaggio di questi atleti, di trovare scarichi ideali per i compagni. Ecco, vedere Williams in uno di questi highlights è più difficile (non impossibile, intendiamoci!). L’ex Illinois gioca più all’interno del sistema, probabilmente influenzato anche dalla natura di Jerry Sloan che impone alle sue squadre schemi precisi dai quali uscire il meno possibile, ma comunque sempre sotto controllo e consentendo ai propri compagni di avere spesso la palla giusta al momento giusto nel posto giusto. L’accoppiata con Boozer ovviamente fa tornare alla memoria il mitico duo Stockton-to-Malone, e, anche se ci sono
differenze evidenti, l’essenzialità di questo gioco esalta le qualità di Williams, così come l’opzione Malone scatenava quelle di Stockton. Una volta svoltato l’angolo sul blocco di Booz, Deron può dare il là al suo infinito arsenale di soluzioni offensive, tutte eseguite con una pulizia tecnica mirabile. “E’ a un punto della sua carriera dove ogni sera è sempre pronto – dice CJ Miles – e noi come squadra andiamo dove lui ci porta.” Capito l’importanza di questo giocatore, anche, se non soprattutto, nella testa dei compagni di squadra? Onorato tra l’altro della convocazione all’All Star Game per la prima volta in carriera che, vista la concorrenza già citata e a cui possiamo aggiungere Chauncey Billups e Tony Parker, non è cosa da poco, e che ha reso molto felice lo stesso giocatore, realista però nel comprendere le motivazione che lo avevano tenuto fuori dalla kermesse di metà stagione fino ad oggi: “Mi viene quasi da pensare: ‘Finalmente è il mio momento’. Poi però penso che competo in una conference dove ci sono tanti fortissimi playmaker, e anche il fatto che l’anno scorso la squadra faticasse e io avessi avuto problemi di infortuni non mi ha certo aiutato. Quindi a maggior ragione sono contento e non ho rimpianti per il passato.” Williams al momento viaggia alle ragguardevoli cifre di 18.6 punti e 9.8 assists a partita con il 48% abbondante al tiro, che considerate le quasi 14 conclusioni a incontro è un cifra niente male. Senza dimenticare un non disprezzabile 36% dalla lunga distanza. I suoi costanti miglioramenti sono alla base delle stagioni vincenti compilate da Utah negli ultimi anni.
LE STATISTICHE DI DERON WILLIAMS
...COSI NELLE ULTIME CINQUE PARTITE...
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m.br Fonte foto: http://www.utahjazz.co
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Un’eredità pesante...
I Jazz l’anno prima del suo arrivo erano sprofondati S t o c k t o n / M a l o n e . L ’ a r r i v o d e l r a g a z z o d i a 26 vittorie e 56 sconfitte mentre cercavano di Parkersburg, West Virginia, fece subito registrare r i m e t t e r e a s s i e m e i c o c c i do p o l a f i n e d e l l ’ e r a un’impennata del record fino alle 41 vittorie, che
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migliorarono progressivamente anno dopo anno. E anche in questa stagione la partenza non è stata delle più brillanti, stanti anche problemi a livello di roster (vedi la questione Boozer e alcuni infortuni di troppo), ma appena le cose si sono sistemate e Deron ha potuto guidare al galoppo la squadra al completo si è visto un netto miglioramento delle cose, tanto che
attualmente i Jazz sono la terza forza a Ovest, in base a quel che dicono i record. Non stupisce il miglioramento costante di una squadra che, come dicono i giocatori stessi, segue le orme del suo play. Come disse un po’ di tempo fa Derek
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NORTHWEST DIVISION
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Harper, che conosce Wiliams poiché compagno di scuola del figlio: “La cosa che mi ha colpito di più di Deron è il fatto che non solo voglia imparare nuove cose, ma anche metterle in pratica al più presto per migliorare. E’ un topo da palestra.” Va da sé la considerazione per cui in 5 anni sotto la guida di Jerry Sloan la sua conoscenza del sistema di gioco sia sempre migliorata e le sue letture in campo di pari passo con essa. Williams è un playmaker dotato di una stazza importante, molto completo viste le doti di ball handling ma anche di tiratore. Il tonnellaggio a disposizione gli permette di giocarsi spesso dei missmatch favorevoli vicino a canestro, ma anche battendo l’uomo dal palleggio può finire al ferro grazie a un atletismo notevole. Il 26% dei suoi punti arriva da dentro l’area. Per citare gli altri due rivali nel ruolo, Chris Paul ha il 20% e Nash il 16. Questa è ovviamente una dote che rende Williams speciale, e ulteriormente difficile da marcare per la difesa che deve preoccuparsi di un ulteriore aspetto del gioco che spesso per queste tipologie di giocatori non è molto presa in considerazione. “E’ quello che serve alla NBA – disse di lui Bruce Bowen dopo la serie di playoff fra Spurs e Jazz nel 2007 – E’ un giocatore completo. Un playmaker solido. Ci sono guardie tiratrici, altre che sanno fare bene alcune cose. Lui invece non si specializza. Sa fare bene tutto.” E per lui, come già per altri giocatori, l’esperienza con la nazionale USA è stata un toccasana. Molti hanno notato come il livello di gioco dei vari James, Wade e Anthony si sia elevato dopo
l’esperienza Olimpica di due estati fa. E così è stato anche per Williams, che al momento sembra al top delle proprie prestazioni e guida una squadra che ha al suo interno comunque diversi giocatori di spicco, col piglio del veterano anche se ha solo 25 anni. E un veterano è anche quello che sa vedere con occhio attento tutte le situazioni e, nel caso, fare un passo indietro e rivedere certi aspetti del suo gioco. Come ad esempio qualche settimana fa, quando, dopo una serie di partite dove Utah aveva perso qualche pallone di troppo Williams decise di :”Abbassare i ritmi. Mi rendo conto di non essere al meglio delle forma ora come ora, quindi non posso continuare a cercare il passaggio lungo per favorire il contropiede perché rischia di essere contro produttivo. Abbasserò un po’ il ritmo dell’attacco per cercare soluzioni all’interno del nostro attacco a metà campo”. Si era all’indomani di una sconfitta in casa dei Nuggets dove i ragazzi di Jerry Sloan avevano perso 20 palloni. Da lì in poi sono arrivate 9 vittorie consecutive con in media 13 palle perse. Sette in meno di quelle famigerate 20, e Williams che ha perso 2 palloni a partita, contro i 3 abbondanti che aveva in media fino a quel momento. Sono anche queste piccole cose che fanno capire quando un giocatore sta maturando non solo dal punto di vista tecnico, ma anche caratteriale in un elemento che può essere davvero un faro per i compagni e quasi da solo tenere accesa la luce per guidare la squadra in alto. Al momento la strada verso il titolo non sembra essere percorribile dai Jazz, ma con un Deron Williams al comando basta poco per togliere di mezzo gli ostacoli.
LA SITUAZIONE SALRIALE DEL TEAM DELLO UTAH NO.
PLAYER
5 Carlos Boozer 9 Ronnie Brewer 21 Ronald Dupree 44 Kyrylo Fesenko 15 Matt Harpring 6 Paul Harris 30 A.Johnson 47 Andrei Kirilenko 26 Kyle Korver 41 Kosta Koufos 23 Wes Matthews 03 Eric Maynor 34 C.J. Miles 24 Paul Millsap 22 Spencer Nelson 13 Mehmet Okur 17 Ronnie Price 11 Goran Suton 08 Deron Williams
POS
AGE
HT
WT
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SALARY
PF SG SF C SF G SF F SG C G PG SF PF F C PG C PG
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6-9 6-7 6-7 7-1 6-7 6-4 6-9 6-9 6-7 7-0 6-5 6-3 6-6 6-8 6-8 6-11 6-2 6-10 6-3
266 227 209 300 230 230 230 225 212 265 220 175 227 250 225 263 184 245 207
Duke Arkansas LSU
$12,323,900 $2,717,161
Georgia Tech Syracuse Florida State Creighton Ohio State Marquette Virginia Co. Louisiana T. Utah State Utah Valley Michigan State Illinois
$870,000 $6,500,000
$16,452,000 $5,163,636 $1,214,040 $1,318,920 $3,700,000 $7,692,932 $9,000,000 $1,250,000 $13,520,500
S TAR S ‘N’ STR I PES
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Uta h Ja z z de pth cha r t
PF
C M.Ok ur
C. Bo oz er
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R .P ri ce
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A . Ki r i li e n ko
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W. M a t t h e w s
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PG K. Fres en ko
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C P. M i l l s a p
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L’ANALISI
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DI
S TEFANO PANZA Fonte foto: http://upload.wikimedia.org
L’incredibile mondo del ‘salary cap’ Uno degli aspetti più affascinanti dell’NBA, che distin- una lega sportiva in cui tutte le squadre possono spengue questa lega dai campionati europei, è senz’altro la dere la stessa cifra. Assurdo, per gente abituata al fatto questione relativa al salary cap. Immaginiamo in Italia che chi più soldi ha, più vince (neanche sempre, a dire
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Fonte foto: http://upload.wikimedia.org
il vero). Nell’NBA, la lega stabilisce annualmente un tetto salariale oltre il quale le squadre, in teoria, non dovrebbero spendere. Questo tetto si aggira, nell’anno in corso, attorno ai 57 milioni di dollari, ed è calcolato in base ad un indice che sintetizza gli introiti delle arene di tutte le franchigie. Dunque, più gente va a seguire le proprie squadre, più queste potranno spendere per firmare giocatori. Purtroppo con la crisi economica dell’ultimo anno, i tifo si ha nno preferito risparmiare qualche dollaro in più anziché destinarlo alle casse delle franchigie NBA. Questo significherà un netto ridimensionamento del salary cap previsto per la stagione 2010-2011. Si stima che so tornerà nuovamente intorno ai 52 milioni di limite. Ma come funziona questo salary cap?é vero che tutte le squadre sono al di sotto di questa soglia? Beh, non è vero. Ciò perché quando scade un contratto di un giocatore, talvolta è prevista una clausola grazie alla quale la società può estendere il contratto di un giocatore, oppure pareggiare le offerte che le altre squadre propongono al giocatore. Que sto al di fuori del limite del salary. Attualmente la squadra col monte ingaggi più alto è quella dei Los Angeles Lakers, che distribuiscono annualmente ben 91 milioni di dollari ai giocatori. Cifra spaventosa, tuttavia il rendimento dei ragazzi di coach Jackson giustifica ampiamente le spese. Meno accettabili sono invece gli 85 milioni a libro paga del proprietario dei New York Knicks. Molti di questi però finiscono nelle tasche di ex giocatori, come ad esempio Cuttino Mobley, oppure di giocatori trasferiti, tipo Larry Hughes. Fortunatamente, però, l’anno prossimo quasi tutto il roster attuale farà le valigie, ed eccetto i pochi spiccioli (relativamente parlando) destinati giovanissimi Gallinari e Chandler, oltre ai due rookie Douglas e Hill, tutto il monte salari della franchigia della Grande Mela si svuoterà. Peccato per la possibilità concessa a Jeffries ed Eddy Curry di allungare di un altro anno il contratto in corso. Il primo potrebbe ricevere altri 6
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milioni, il secondo ben 11. Ovviamente entrambi decideranno di sfruttare questa clausola, prima di liberarsi definitivamente nel 2011. Comunque con un monte ingaggi vicino ai 27 milioni, difficilmente la prossima estate i Knicks si faranno sfuggire qualche pezzo pregiato dal mercato dei free agent. Sostanziose anche le spese di Boston e Dallas. I Celtics versano ai propri giocatori 85 milioni – come i Knicks -, i Mavs 84. Perlomeno si tratta di due squadre vincenti, anche se con ridotte possibilità di manovra la prossima estate. Seguono Orlando, Cleveland e San Antonio (tutte e tre intorno agli 80 milioni). Ribaltando la classifica troviamo le squadre più giovani e meno ambiziose, almeno in questo momento. Con i giocatori appena usciti dal draft, infatti, c’è la possibilità di concedere un contratto al massimo quadriennale a non più di 3 o 4 milioni l’anno. Un affare, specialmente per gente come Durant, che rende come un fuoriclasse strapagato ma percepisce come un giocatore al terzo anno. Troviamo dunque Memphis con 54 milioni l’anno di stipendi, Portland 56 e Oklahoma City 58. Squadre con ampi margine di manovra anche la prossima estate, che non avranno dunque problemi a mettere sotto contratto altri giocatori per rinfrancare ulteriormente le proprie speranze (già adesso tutte e tre le squadre sono in lotta per i playoff ad ovest). Esaminiamo, ad esempio, gli stipendi dei Thunder nel dettaglio: i 58 milioni di spesa attuale, sono farciti anche dai contratti in scadenza di Etan Thomas, Earl Watson e Matt Harpring: i tre giocatori più pagati della squadra (rispettivamente 7, 6.6 e 6.5 milioni) che a giugno alleggeriranno le
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spese di Oklahoma City. Una squadra giovanissima, che a giugno potrà disporre di almeno 12 o 13 milioni per firmare free agent. Pensare che con quei soldi potrebbero mettere sotto contratto un altro campione, fa venire i brividi. Già adesso, col sesto posto ad ovest, sono una squadra temibile e soprattutto con enormi margini di miglioramento. Il giocatore più pagato in assoluto è Tracy McGrady, che percepisce la bellezza di 23 milioni. Per fortuna dei suoi datori di lavoro, gli Houston Rockets, McGrady è entrato nell’ultimo anno di contratto. Dunque dai 73 milioni totali, i Rockets potranno finalmente scalare i 23 di un giocatore che in questi anni ha creato più problemi che punti. Se pensiamo che 18 dei rimanenti 50 finiscono nelle tasche di Yao Ming, notiamo che Houston sta realizzando un ottimo campionato con un roster che nel complesso percepisce…una trentina di milioni. Non molto più dello stipendio mensile del solo McGrady, da tempo ormai fuori squadra. Un’altra nota regola NBA è la Luxury Tax. C’è una soglia, all’incirca intorno ai 70 milioni, oltre la quale per ogni dollaro in esubero del proprio monte ingaggi, viene pagato un dollaro di multa. La somma che si viene a creare da questo “fondo”, viene equamente redistribuita a tutte le squadre al di sotto di questa soglia. Ecco perché moltissimi presidenti, specialmente in tempi duri come questi, fanno di tutto per liberarsi di giocatori strapagati, anche a costo di perdere qualcosa in quanto a rendimento. Sono anche le regole come queste che rendono la NBA così speciale.
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IL CASO
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A LESSANDRO
DI
DELLI
PAOLI
Agent ‘0’...Par t III
Terzo capitolo della Arenas’s history. Il quadro di quanto accaduto, ormai, sembra essere piuttosto chiaro. Ora è il momento delle ‘incriminazioni’, delle ‘accuse’ formalizzate e dei provvedimenti definitivi, almeno quelli sportivi. Si, perché la sentenza, quella vera, è prevista per il 26 marzo.
La giustizia targata Nba, invece, ha emesso il suo verdetto. Arenas era già stato sospeso, in precedenza, a tempo indeterminato per via di quel gesto provocatorio effettuato nel riscaldamento di una gara. La mano di ‘Agent 0’ a mimare un colpo di pistola rivolto verso i compagni, non è stato preso molto bene dai massi-
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mi vertici della Lega. Un gesto immortalato dalla fotografia di Jesse Garrabrant (messa in circolazione regolarmente attraverso i canali di vendita dell’agenzia Getty Images, e pubblicata in svariati siti Internet) punito severamente da Stern. La stessa Nba, poi, ha provveduto a richiedere il ritiro della foto all’Agenzia. Richiesta esaudita ma, non molto tempo dopo, lo stesso Jesse Garrabrant (che ricordiamo è il fotografo ufficiale della Nba), spinto dalle critiche verso la decisione di Stern, considerata quasi come una censura, ha rimesso in circolazione la foto ‘pistolera’. Il verdetto, dicevamo, adottato nei giorni scorsi, è duro ma dovuto. Gilbert Arenas e Javaris Crittenton sono stati squalificati per tutta la durata della stagione. Arenas perderà circa 7,4 milioni di dollari dal suo compenso stagionale (16,1 milioni di ‘dead presidents’ il totale di questa stagione), e salterà 50 gare. Stern, secondo voci di corridoio, avrebbe voluto calcare ancor di più la mano, proponendo una squalifica di 82 gare ma l’Associazione Giocatori guidata da Derek Fischer, il quale ha comunque sottolineato la gravità della situazione sostenendo la squalifica lunga per il giocatore dei Wizards, ha evitato ai due il peggio. Arenas e Crittenton hanno accettato il provvedimento senza battere ciglio annunciando di non proporre appello. Di orientamento opposto, invece, Dan Fegan, agente di Arenas, che ha dichiarato guerra
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alla Nba, conscio del fatto che il flusso di denaro che da suo assistito scorre nelle sue tasche sarà destinato ad arrestarsi o, comunque, a calare in maniera sensibile. Si perché, al di là della squalifica subita per questa stagione, Gilbert rischia di vedere risolto il contratto con i Wizards (111 milioni di dollari in sei anni) che potrebbero invocare la ‘clausola morale’ (che impedisce il possesso di armi in un palazzetto) e sciogliere il legame con il giocatore. Per Crittenton, invece, si parla di una eventuale trade (nulla impedisce ad una franchigia Nba di cedere un giocatore squalificato) per liberare spazio salariale. Il team acquirente procederebbe poi al taglio di Javaris e per lui si aprirebbero le porte dell’Europa che rappresenterebbe un valido punto da cui far ripartire la propria carriera agonistica. La Giustizia ordinaria, invece, prosegue il suo iter. Le incriminazioni sono ora note. Javaris Crittenton è stato ritenuto colpevole di possesso di arma da fuoco privo di licenza e dovrà scontare, grazie al patteggiamento, un anno con la condizionale, una multa di 1.250 dollari e l'impegno a svolgere attivita' sociali; Arenas, invece, uso d’arma da fuoco. Un’accusa che, generalmente, produrrebbe cinque anni di carcere ma che, il talento di Washington, avrebbe patteggiato, dichiarandosi colpevole. Occhi puntati, e si spera solo quelli (vero Gilbert e Javaris?), al verdetto del 26 marzo.
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HOT SPOT
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E’ difficile, davvero molto difficile prendere il nome di uno dei migliori giocatori di questa Lega e mettere accanto allo stesso le parole: «Migliorato in ogni sua parte del gioco». Certo la maturità cestistica non è qualcosa che si ferma o che ha un percorso fisso o un periodo di tempo determinato entro il quale manifestarsi al diretto interessato, ma soprattutto nei confronti di chi sera dopo sera ti guarda, ti scruta per lavoro o per semplice felicità di alzarsi in piedi ad ogni giocata spettacolare. Si fa sempre più fatica, per esempio, dire che anno dopo anno il gioco del ‘Predestinato’ dei Cavaliers migliora aggiungendo un qualcosa in più rispetto all’annata precedente. Cosi è stato per esempio per il tiro in sospensione, per il tiro dalla lunga distanza e cosi forse sarà per l’avvenire per quanto riguarda, forse, l’unico tallone di Achille di uno dei ‘nemici’ storici del protagonista in assoluto di questo Hot Spot. Più difficile, anche se può sembrare una sorta di paradosso inspiegabile, fare lo stesso con il leader indiscusso dei Denver Nuggets Carmelo Antohny. Difficile fare lo stesso perché non c’era un qualcosa che l’ex Syracuse non facesse moderatamente bene da poter dire: ecco questa è una pecca del suo gioco che dovrà colmare. Forse appena entrato nella Nba il tiro dalla lunga distanza poteva rientrare all’interno di questa categoria di cose, ma nemmeno poi tanto (l’anno trascorso con gli Orange con tanto di titolo Ncaa ha dato qualche frutto in più da questo punto di vista rispetto, magari allo stesso Lebron che invece non ne ha voluto nemmeno sapere ndr). Eppure guardando il talento proveniente da Oak Hill Accademy nella scorsa stagione e guardarlo adesso sembrano addirittura due giocatori totalmente differenti a distanza nemmeno di qualche mese figurarsi rispetto a quando è entrato a far parte della macchina del professionismo a stelle e strisce. La prima nota che si nota è l’atteggiamento. Un atteggiamento diverso, un atteggiamento concentrato, duro e con lascia nulla al caso per tutti i 48 minuti di gioco. Molto probabile che ‘Melo’ deve questa sua attuale spiccata caratteristica all’arrivo in Colorado di Chauncey Billups, ma fatto sta che quello che si vede in campo è un giocatore indicatore migliore della classifica cannonieri e passateci il che per cattiveria agonitermine praticamente calcistico. Allo stato attuale Antohny stica, per ferocia del è il Batistuta, il Van Basten, l’Ibrahimovic (chi più ne ha gioco è addirittura una più ne metta) della situazione comandando la classifica dei spanna sopra rispetto più prolifici del campionato con quasi 30 ad allacciata di Fonte foto: http://images.askmen.com alla stratosferica stagioscarpa (29,7 i punti frutto di un complessivo 46% da due e ne scorsa chiusa ad un 36% dalla lunga distanza ndr). Media scesa al di sotto dei palmo di mano dalla Finale Nba. E quale trenta punti anche per qualche piccolo problema fisico che durante i match gli ha impedito
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D OMENICO P EZZELLA metri e 6/19 poco dopo la linea della carità ndr). Partenza in palleggio, che invece rappresenta la normalità quando la squadra lo lascia lavorare in punta o al gomito con preferenza ad andare verso il centro se parte da sinistra, con direzione verso la linea di fondo se il tutto è spostato sul lato opposto del rettangolo di gioco. In entrambi i casi la scelta maggiormente usata è quella di arrivare fino al ferro fino all’anello arancione per depositare comodamente, contro le braccia protese di avversari o anche attraverso qualche bel numero da circo, da acrobata che tanto piacciono a chi magari in più di un’occasione si è rovesciato addosso borra, acqua o quant’altro per scattare in piedi ad applaudire (362 le volte in cui quest’anno è arrivato al ferro con una percentuale del 56,1%). Partenza che, quindi, rende difficile al difensore fare una scelta, dal momento che se gli sei appiccicato ai pantaloncini ti scappa via in palleggio, se gli lasci anche solo un centimetro ti tira sulla testa con jump mortiferi o tiri cadendo indietro le cui percentuali sono aumentate considerevolmente cosi come dimostra l’oltre 40% complessivo quando il tutto si svolge verso destra. Mezzo angolo destro che resta anche la parte preferita per il tiro dalla lunga distanza nel classico catch and shoot sugli scarichi di Billups e compagni. Rare occasioni in cui in transizione, su penetrazioni altrui il suo numero non viene identificato come quello da non perdere mai di vista (20/48 e 41,7%). Partenza in indifferentemente di Fonte foto: http://mystictongue3.files.wordpress.com destro e di sinistro, catch and shoot da tre punti, jump e fade away dalla distanza, capacità di finire nel traffico e con il contatto dei lunghi oltre che del difensore diretto e all’appello manca ancora una cosa: il gioco di continuare a segnare, ma spalle a canestro. Già perché la sua mole e anche di giocare visto che al la sua stazza gli permette anche questo. Il momento Melo ha messo piede lato preferito è quello sinistro, quello nel in campo 38 volte rispetto per quale preferisce ricevere per sfruttare una esempio alle 47 dello stesso Lebron James o di Kobe Bryant sorta di arma tattica non indifferente contro giocatori che gli concedono quei pochi a quota 46. Ma assenza o non centimetri in altezza. Ricezione da lungo assenza, problemini o non n puro e movimenti che variano dal frontegproblemini i numeri, ma sopratgiare e tirare, dal fronteggiare e partire tutto le immagini, per chi ha la verso destra passando per il centro o verso possibilità magari di vederlo con sinistra occupando in un amen la linea di continuità, parlano chiaro: l’ex fondo e trovarsi a tu per tu con l’anello Syracuse è un giocatore quasi completo. Ridotte, infatti, a solo arancione o addirittura fronteggiare e tiraquattro le zone e i punti in cui la re immediatamente senza pensarci su due volte. mano ancora non gli da quella sicurezza tale da poter essere considerato un giocatore periNon scartate e non rarissime, le volte in coloso su ogni centimetro di un campo da gioco. Piedi dietro la linea dei tre punti e nell’ancui si avvicina con qualche palleggio e via golo sinistro quello che al momento può essere la croce di Melo e dal quale ha tirato fino a di gancetto giusto per farsi mancare nienquesto momento una sola volta. Tentativi che salgono e di molto procedendo verso destra e te in una stagione in cui magari non porcon i piedi di cui sopra dentro la linea dei tre punti in quelle poche e rare occasioni in cui terà a casa il trofeo di Mvp, ma almeno dalla punta o dal gomito quello che si vede fare è un jump dalla media o un tiro forzato senza mettere palla a terra e partire in palleggio (3/20 al gomito e 3/12 fronte a canestro dai 6 quello di miglior realizzatore dovrebbe essere pianamente alla sua portata.
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G UGLIELMO B IFULCO
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L’arma ‘nascosta’ dei Chicago B u l l s : Ta j G i b s o n
Shark Levay, linebacker di spicco dei fittizi Miami Sharks, nel film “Any Given Sunday” (Ogni Maledetta Domenica, con Al Pacino ), ammoniva un giovane emergente, Willie Beaman (alias Jamie Foxx), sentenziandogli le seguenti parole: «Devi sapere..per uno che sfonda.. per ogni Sanders, per ogni Jerry Rice, ci sono centinaia di negri di cui non si parlerà….» È partendo da una frase di questo tipo che diventa interessante andare ad osservare e descrivere le gesta di una categoria di uomini di sport piuttosto atipica e per lo più ignota a molti fan “superficiali” del basket: gli specialisti. Quelli che non vediamo mai sulla copertina di Sports Illustrated né tanto meno di cui sentiremmo mai parlare su Nba TV o sulla E.S.P.N.! I giocatori ai quali non spetterà mai l’ultimo tiro, quantomeno nelle intenzioni del coach della situazione, e che soprattutto l’ultimo tiro non se lo prenderebbero mai, consci dei loro limiti e del loro ruolo in un contesto di squadra. L’ NBA ne ha avuti a bizzeffe di personaggi del genere, talmente tanti da renderli impossibili da ricordare tutti, se non alcuni che, casualmente o meno, hanno scritto, con il “sangue” o con il nylon , il loro nome nella storia del gioco, vedi i vari Derek Fisher, Bruce Bowen, John Paxson, Dennis Rodman, Avery Johnson e compagnia discorrendo. Da questa stagione i Chicago Bulls hanno aggiunto nel proprio roster un nuovo nome, Taj Gibson, ala forte, scelta numero 26 dell’ultimo Draft ( e fanno 4 gli steals of the draft: in ordine alfabetico Blair, Budinger, Casspi e, appunto Taj), direttamente da Southern California, ateneo al quale si è aggregato alla “veneranda” età di 22 anni e nel quale ha trascorso due stagioni, contribuendo, nel 2009, alla conquista del Tournament Championship in quel dello Staples Center di Los Angeles. Nessun giocatore dell’ultimo Draft si presta bene all’ affermazione del corpulento “Levay” come il nostro Taj , che dell’energia e dell’intensità ne ha fatto un proprio marchio di fabbrica. Curioso il fatto che la squadra che lo abbia scelto sia stata proprio quella Chicago, che, circa una decade fa, ha
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consacrato nell’immortalità cestistica Dennis Rodman, il Verme, tanto discutibile fuori dal campo quanto eccitante e, a suo modo, artistico dentro lo stesso. A dirla tutta, inizialmente, ha anche stupito la scelta effettuata dai tori, che alla voce specialisti a rimbalzo potevano già annoverare nomi “quasi” illustri (il quasi non tradisce la topica di Levay, sia ben chiaro), vedi l’ex Gator Joakim Noah o il finora incompiuto Tyrus Thomas; con il senno di poi non si può che riconoscere la lungimiranza del management dell’Illinois, che ha pescato un giocatore silenzioso in campo, ma di un impatto impetuoso sull’ andamento delle faide nelle giungle dei post bassi dei 30 (ehm, 29) parquet NBA. Difensore sublime sulla palla, aggressivo sull’uomo, durissimo fisicamente a dispetto dei soli 95 chilogrammi che compongono i suoi 208 centimetri, disinnamorato delle vili statistiche (diceva Larry Bird: “Le statistiche? Roba da perdenti..), reattivo a rimbalzo e ottimo in aiuto, Gibson ha spalancato le porte posteriori dello United Center al più quotato, mediaticamente parlando, collega Tyrus Thomas, ritenuto oramai superfluo nell’ economia del gioco dei Bulls e una copia potenzialmente migliore,ma effettivamente meno produttiva e soprattutto gestibile del rookie nativo di Brooklyn ,e, per questi motivi, scaricato in questi giorni dal team di Vinny Del Negro, salvo ripensamenti dell’ultimo momento. La stagione di TG recita finora cifre più che discrete: 8.2
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punti, 6.4 rimbalzi, 1.1 stoppate ad allacciata di scarpe tirando con il 48% dal campo e con un discutibilissimo 61 % dalla lunetta in circa 25 minuti di impiego medio a partita..cifre discrete dicevamo, ma assolutamente silenziose e poco veritiere riguardo l’incredibile apporto che il giovane lungo sta fornendo alla causa della propria franchigia, che, dopo un inizio stagione burrascoso nel quale la testa di Del Negro ha seriamente rischiato una decapitazione “mediatica” e in cui le prestazioni piuttosto deludenti del giovane prodigio Derrick Rose (Gibson, assieme a Deng, forse è stato l’unico a salvare la faccia in quel periodo) lasciavano presagire l’ennesimo flop stagionale dopo le belle speranze seminate la scorsa primavera, sembra aver finalmente aver trovato la giusta quadratura del cerchio, oltre che una posizione relativamente salda nella prossima griglia della post season. A parte la crescita di Rose, la conferma ad alti livello di Luol Deng e gli indiscutibili miglioramenti di Noah una bella impronta su questa mini-impresa è firmata anche Taj Gibson.. ma, come ripeteva il buon Shark Levay, di questi personaggi, chiamiamoli comprimari, offuscati dalle luci emanate dalle celebrità osannate dalla pubblicità (che i pupazzi di LeBron e Kobe targati Nike non me ne vogliano) ed erette a vere e proprie primedonne dalla massa, non si parlerà..
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That’s time Taht’s time to
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e to show... o ‘Show Time’
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Rookie POINT GUARD Gran bel duello tra due guardie atletiche, esplosive, che stanno disputando una stagione davvero fantastica. Specie il primo, tra i principali fautori della meravigliosa favola chiamata Oklahoma City Thunder. Brandon Jennings, invece, rimpianto ex di Roma, ha iniziato col botto, mettendo a referto anche prestazioni da oltre 40 punti, sorprendendo tutta la Lega, calando un po’, però, alla distanza; a dicembre e, soprattutto, a gennaio, ha risentito del più classico dei rookie-wall. L’abbassamento delle cifre e il rendimento più altalenante rispetto all’inizio di stagione non rovinano comunque le premesse di un match-up che rimane scoppiettante e molto interessante.
WESTBROOK
JENNINGS
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Challange SHOOTING GUARD Per la guardia dei Memphis Grizzlies, vale lo stesso discorso di Jennings; non per quanto concerne il rookie-wall, ovviamente, ma per l’andamento che la sua stagione ha avuto. Un inizio spettacoloso, da stropicciarsi gli occhi, con picchi da 30 e 40 punti, poi un calo, i cui segni erano già arrivati a gennaio; nei primi 10 giorni di febbraio, si sono avuti gli effetti principali (a prova di ciò, il misero 25-72 dal campo sin qui). Dall’altra parte, invece, Curry ha percorso l’itinerario opposto; timido all’inizio, con prestazioni buone sì, che gli sono valse il posto sicuro in quintetto di fianco ad Ellis, ma non eccelse. Poi, con il passare delle settimane e delle partite, il giovane rookie si è adattato alla realtà NBA e alla realtà Warriors e ha macinato grandiose prestazioni; l’ultima, la tripladoppia da 36 punti, 10 rimbalzi e 13 assist con cui ha chiuso il suo primo scorcio di stagione NBA.
O J M AY O
C U R RY
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SMALL F O R WA R D Forse il match-up più interessante di tutta questa esibizione. Premessa dovuta: il Gallo si è infortunato nell’ultimo match disputato, quindi è in forse anche per l’All Star Week-end (che dovrebbe vederlo protagonista anche per la gara da 3 punti). Il nostro giovane italiano ha incantato tutti, nella Big Apple con le sue giocate, le sue triple e la sua enorme capacità di fare e far vedere le piccole cose. Quintettista praticamente inamovibile per Mike D’Antoni, che è stato spettatore di una crescita esponenziale da parte del Gallo, sia dal punto di vista tecnico, che caratteriale. Dall’altra parte, la vera sorpresa di tutta una stagione, nonché possibile rookie of the year. Evans ha svegliato tutta Sacramento e tutto il movimento Kings, grazie al suo atletismo, ai suoi numeri e alle sue meravigliose prestazioni. Un “Lebron” più basso, ma con forse già ora, più continuità al tiro. Vederlo contro Danilo sarebbe una gioia per gli occhi, per tutti gli a ppassionati NBA. Due giocatori palesemente diversi, ma incredibilmente efficaci.
GALLINARI
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POWER F O R WA R D Il pazzo giocatore di Miami contro un’altra piacevole sorpresa dei Kings versione 2009/10. Casspi non è propriamente una PF, ma la mancanza di altri giocatori lo porteranno, probabilmente, a ricoprire questo ruolo. L’Isrealiano, in fondo, anche nei Kings è una finta ala grande, visto che divide i minutaggi, tra gli esterni, con Dontae Green, giocatore dal ruolo a lui simile. Ebbene, il rookie è il classico giocatore versatile, dalle braccia lunghe, dalla buona presenza difensiva e dal grande atletismo; ha colpito tutti per la sua attività e per la sua voglia di fare, ogni sera, in campo. Beasley, invece, deve ancora capire cosa vuole far da grande. Si sente, per Miami, quando manca, non si vede, a volte, quando c’è. Nelle partite in cui, però, scende in campo con la testa, la sua presenza è essenziale per far salire di livello i suoi Heat; non è un caso che i momenti migliori della stagione di Miami, coincidono con i suoi picchi.
BEASLEY
CASSPI
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CENTER Forse il match-up più interessante di tutta questa esibizione. Premessa dovuta: il Gallo si è infortunato nell’ultimo match disputato, quindi è in forse anche per l’All Star Week-end (che dovrebbe vederlo protagonista anche per la gara da 3 punti). Il nostro giovane italiano ha incantato tutti, nella Big Apple con le sue giocate, le sue triple e la sua enorme capacità di fare e far vedere le piccole cose. Quintettista praticamente inamovibile per Mike D’Antoni, che è stato spettatore di una crescita esponenziale da parte del Gallo, sia dal punto di vista tecnico, che caratteriale. Dall’altra parte, la vera sorpresa di tutta una stagione, nonché possibile rookie of the year. Evans ha svegliato tutta Sacramento e tutto il movimento Kings, grazie al suo atletismo, ai suoi numeri e alle sue meravigliose prestazioni. Un “Lebron” più basso, ma con forse già ora, più continuità al tiro. Vederlo contro Danilo sarebbe una gioia per gli occhi, per tutti gli a ppassionati NBA. Due giocatori palesemente diversi, ma incredibilmente efficaci.
LOPEZ
BLAIR
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S TEFANO C OLAVECCHIA
Fonte foto: http://darrylthewriter.files.wordpress.com Il Taco Bell Skill Challenge dell'All Star Game di Dallas promette di essere una delle manifestazioni di contorno più spettacolari dell'intero All-Star grazie ad un campo partecipanti di straordinario livello. Saranno infatti quattro tra le migliori Point Guard della Lega -Deron Williams (Utah Jazz), il rookie Brandon
Jennings (Milwaukee Bucks), Steve Nash (Phoenix Suns) e il defending champion Derrick Rose (Chicago Bulls) che s'è aggiudicato la competizione nell'All Star Game del 209 a Phoenix - a contendersi il titolo nella giornata di sabato 13 febbraio nella caratteristica gara che mette alla prova le stelle Nba su diverse abilità dal ball handling al dribbling al passaggio attraverso ostacoli e varie stazioni di tiro, tutto, logicamente, da compiere nel minor tempo possibile. Al termine di un primo round i due giocatori con il miglior tempo vengono ammessi alla finale che prende il via in ordine inverso rispetto al posizionamento dei giocatori durante il primo turno d'eliminazione. Lo Skill Challenge è l'ultima gara spettacolare arrivata in casa All-Star Game, è stata infatti introdotta nel programa del weekend delle stella dal 2003 ed ha visto nelle sue sette edizioni il successo di giocatori che sono già nella storia della Nba. Ad inaugurare l'albo d'oro fu Jason Kidd, seguito da Baron Davis nel 2004 e Steve Nash nel 2005, prima di due successi consecutivi per Dwyane Wade, nel 2008 fu poi la volta di Deron Williams e infine di Rose, primo rookie ad aggiudicarsi la manifestazione. Particolare curioso: l'edizione del 2010 dello Skill Challenge vedrà ai nastri di partenza tre dei sei vincitori delle passate edizioni.
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Three point Shootou t DI
V INCENZO D I G UIDA
Siamo a Febbraio. Tempo di All Star Game. Location Dallas dal 12 al 14 Febbraio. Parata di stelle (la domenica), di stelline (il venerdì nella gara tra Rookie e Sopohomore) e di fenomeni atletci e tecnici. Sabato sera va in scena l’All Star Saturday. Molti gli eventi organizzati dalla Lega, per scaldare il pubblico in attesa dei “due eventi due” della serata: Slam Dunk Contest e Three Point Shootout. In inglese fa più effetto, ma se volete possiamo chiamarli “Gara delle schiacciate” e “del tiro da tre punti”. Gli organizzatori sono soliti lasciare il meglio alla fine, che tradotto significa prima i tiratori poi i saltatori. Nella gara del tiro da tre punti, quest’anno noi italiani abbiamo da che fare il tifo. E che tifo. Tutti per Danilo. Uno e uno solo. Gallinari Danilo da Sant’Angelo Lodigiano (PV) è nell’Olimpo del basket che conta. La prima vera stagione (dopo quella da rookie passata più in infermeria che sul campo) lo sta consacrando ai massimi livelli. In attesa del “Messia” LeBron la speranza dei Knicks verso la Resurrezione si chiama Gallinari. L’ala con il numero 8 prenderà parte anche alla partita tra matricole e giocatori al secondo anno, ma è chiaro che le nostre fishes le puntiamo per il Three Point Shootout. Insieme a Danilo ci saranno grandi specialisti del tiro pesante. Andiamoli a conoscere iniziando dal campione uscente.
di tempo per segnare il maggior numero di canestri possibile. I palloni sono venticinque, suddivisi in cinque carrelli, situati ogni 45 gradi sulla linea da tre punti situata a 7 metri rispetto al canestro. Ogni pallone vale un punto tranne l'ultimo di ogni carrello, la cosiddetta "Money Ball", che vale due punti. Dal 2002 i partecipanti alla gara sono sei, mentre prima ne erano ammessi otto. I tre giocatori che totalizzano il punteggio maggiore nella qualificazione sono ammessi alla finale. In caso di pareggio tra due o più partecipanti viene fatto uno spareggio con le stesse modalità ma in 24 secondi di tempo. CU RIOSITÀ: A Dallas mancherà il primo tiratore per percentuale della Lega, ovvero Daniel Gibson. La guardia dei Cavs al momento guida la speciale classifica con il 47,4% (62/131). A casa anche il secondo, la guardia-ala dei Suns Jared Dudley, un altro beneficiato dalla cura Nash. L’ex Charlotte sta tirando con il 47% (74/157).
TITOLI: Tre è il numero perfetto. A quota tre titoli conquistati ci sono Larry “ The Legend” Bird (ogni commento è superfluo), e Craig Hodges, micidiale specialista alla corte dei Bulls d’inizio anni novanta. Lo stesso Hodges detiene il record per il maggior numero di punti segnati con 25 su un massimo di 30; questo record è stato eguagliato nell'edizione del 2008 da Jason Kapono. Con due titoli: Mark Price, Jeff Horncek, Peja REGOLAMENTO: I partecipanti hanno a disposizione un minuto Stojakovic, Jason Kapono.
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Uno specialista nonché detentore del titolo non dovrebbe tirare il 30% in stagione (27/90) eppure così. Per il prodotto di Ohio State classe 1987, una stagione disgraziata la sua e quella degli Heat. Il minutaggio è sceso da 24.4 a 14.4 minuti, mortificato da una lunga serie di Dnp-cd, ovvero non entrato per scelta tecnica. Le sue quotazioni con coach Spoelstra sono in ribasso, e lo stesso vale per l’All Star Game. L’anno scorso sorprese in finale Rashard Lewis, potrebbe ripetersi, proprio perché snobbato e perché ha un tiro molto compatto con un rilascio veloce, l’ideale per questa competizione.
C CO OO OK K
Il nostro favorito, perché al cuore non si comanda. “E' un onore poter giocare l'All Star Game e sarà un momento che ricorderò tutta la vita”, ci racconta Danilo dal suo blog. Le cifre dicono che in stagione è il primo per triple segnate (130) e tentate (322), con una percentuale di trasformazione del 40% (19esimo nella classifica del tiro da tre punti). Il suo punto di forza è la meccanica di tiro molto fluida e il colpo di frusta al polso da enciclopedia della pallacanestro. Il punto debole riguarda l’esecuzione, nel senso che Danilo è al meglio quando può ricevere palla all’altezza del petto e tirare con grande velocità. Il carrello è posto invece più o meno all’altezza del fianco e questo per un 2.08 potrebbe essere un problema. Ma il Gallo ha classe da vendere e se dovesse trovare ritmo…
G GA AL LL LIIN NA AR RII
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“The Captain and the Truth”. Di lui sappiamo tutto. O quasi, tranne che è al suo miglior momento della carriera nel tiro pesante 45% (78/171), terzo assoluto. Strepitoso tiratore dagli angoli, grande forza nella parte bassa del corpo e nelle spalle. Il suo tallone d’achille è la velocità d’esecuzione, e in una gara a tempo questo avrà sicuramente il suo peso, ma l’ala dei Celtics è tra i più esperti del lotto e ha serie chance di arrivare in finale.
P PIIE ER RC CE E
“Mr Big Shot”. Il play dei Nuggets viaggia con il 43% (97/225). Sontuose capacità balistiche che si addicono alla grande a questo genere di gara. Rilascio veloce, grande forza nella parte alta del corpo, Billups riesce a tirare con efficacia da oltre l’arco caricando le gambe il meno possibile. Questo fattore per i motivi citati in precedenza (cronometro e all’altezza del carrello), lo rende l’avversario numero uno per il nostro Danilo.
B BIIL LL LU UP PS S
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Il figlio di Dell rischiava di perdersi nella disastrosa e disastrata stagione dei Warriors. Per uno con tale QI cestistico, giocare per l’eccentrico Don Nelson in un sistema senza né capo né coda, buono solo per produrre statistiche per i vari Monta Ellis e Corey Maggete, poteva significare la morte cestistica. Curry si tiene a galla grazie al suo talento e alla mano fatata (81/18) per un ottimo 43%). L’esecuzione è celestiale, molto simile a quella di papà. Chissà se Stephen riuscirà in ciò che a Dale non è riuscito.
C CU UR RR RY Y
Se dovesse vincere dovrebbe quantomeno dedicare il premio a Steve Nash. Nel 2008/2009 ha avuto la sua migliore stagione al tiro da fuori, 11/33 con la maglia dei Blazers. Adesso poco oltre la metà della regular season siamo a 119/274 (43%). Roba da pazzi. Complimenti a lui per i progressi, per la fiducia in se stesso, e a quel diavolo di Steve Nash, capace di trasformare la classica Cenerentola in un invitato al gran ballo.
F FR RY YE E
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Slam Dunk Contest DI
V INCENZO D I G UIDA
E’ l’evento più atteso dell’All Star Game. Nel palazzo sale l’eccitazione, è il momento dello “Slam Dunk Contest”. Introdotto sin da quando fu inaugurato l’All Starg Game (Denver, 1984), riprendendo la formula con cui questa competizione era nata nella ABA, e fu resa famosa da Julius "Doctor J" Erving nell'ABA AllStarGame 1976. Semidei alati, fenomeni iperatletici si sfidano per la palma di miglior Dunker. La gara delle schiacciate è una competizione che se vinta fa accrescere il “respect” nei confronti del vincitore, e si sa quanto questo conti in un lega dove il 70% dei giocatori sono afroamericani. Michael Jordan e Kobe Bryant hanno nobilitato la kermesse con la loro presenza in epoca differenti, e in momenti diversi delle loro carriere. I tifosi ogni anno pregano il “Re” affinchè si cimenti nella gara, ma James promette e non mantiene. Negli anni la gara è un po’ cambiata. Nelle prime edizioni si tendeva a premiare il gesto, poi con il passare degli anni al gesto andava unità la creatività. Nelle ultime uscite ai primi due ingredienti, va aggiunta la “trovata”, vedi Robinson-Howard all’All Star del 2009. E visto che ci siamo partiamo proprio dal “piccolo grande uomo”, o meglio “The Gadget”, o
me g l i o a n c o r a , “ K ry p t oN at e ” , a l s e c o l o N a t e Robinson. Il campione in carica ci introduce nel novero dei partecipanti all’edizione 2009/2010.
CURIOSITÀ: Solo due giocatori sono riusciti nell’impresa di vincere lo Slam Dunk per due anni consecutivi, Michael Jordan (1987 e 1988) e Jason Richardson (2002 e 2003). Dominique Wilkins (1985 e 1990) e Harold Miner (1993 e 1995) sono, assieme a Robinson, gli altri giocatori con due successi in carriera, ma in anni non consecutivi. Nessuno ha mai vinto la gara delle schiacciate per tre volte. Forza Nate, la storia ti attende.
C U R I O S I T À 2 : L’unico bianco a vincere la gara delle schiacciate è statp Brent Barry nel 1996, nell’All Star Game disputatosi a San Antonio. R E G O L A M E N T O : Gli atleti hanno a disposizione due minuti per concludere una schiacciata e devono eseguire due schiacciate per turno. Il massimo punteggio (determinato da cinque giudici) totale per una schiacciata è 50 punti.
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Si può vincere per due volte questa competizione partendo da un’altezza di 168 cm?. Yes, he can. Il 26enne da Seattle ha riscritto la storia dell’Nba. Prima di lui solo Spud Webb. Medesima taglia, con la piccola differenza che il folletto di Dallas andava su d’agilità, Nate sale di potenza. “Freak of nature”. Uno scherzo della natura, un runner-back a tutti gli effetti capace di saltare..Dwight Howard. Chissà cosa s’ inventerà quest’anno. Nate vuole vincere per due motivi. Il primo è dare un senso a una stagione che lo vede partire dalle retrovie (un mese senza giocare per scelta tecnica a cavallo tra novembre e dicembre) nei Knicks di transizione verso la calda estate dei free-agent del 2010. Il secondo e ben più importante, perché potrebbe diventare il primo giocatore nella storia a vincere la gara delle schiacciate per tre volte consecutive.
Getto la maschera, è il mio favorito. Da anni tra i migliori schiacciatori della lega, finalmente è giunto a maturità per cimentarsi da protagonista in questa competizione. Nella bella stagione di Charlotte produce una sontuosa doppia doppia di media a 19.1 punti e 10.9 rimbalzi. Monumentale. Ma le cifre qui non contano, a fare la differenza sarà lo straordinario atletismo e la sua capacità di staccare da lontanissimo per affondate di potenza inaudita.
R RO OB BIIN NS SO ON N W WA AL LL LA AC CE E
B BR RO OW WN N SH ANNO N BRO WN: Presenza sorprendente quella del prodotto di Michigan State. Ai Lakers esce dalla panchina per cambiare ritmo alla partita grazie alle sue doti in campo aperto. In stagione abbiamo avuto un saggio delle sue doti di schiacciatore (clamorose un paio di affondate contro Suns e Mavs). Da tenere d’occhio.
G GO OR RD DO ON N
D DE ER RO OZ ZA AN N
spavalderia tipica di chi proviene da Compton.
DEMAR DEROZAN: Stilisticamente il più bello da vedere. Atleta filiforme, che raggiunge quote proibite agli esseri umani. Il rookie dei Raptors proverà a sbaragliare la concorrenza con la sua “leggerezza”, unita a una buona dose d’incoscienza e
ERIC GORDON: La guardia dei Clippers si contenderà con DeRozan il ruolo di outsider. Schiacciatore alla Jason Richardson. Potenza pura in particolare se può staccare con l’arresto in due tempi. Incognita.
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Ready to Fight: DI
D OMENICO P EZZELLA
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D’altri tempi sarebbe stato uno dei duelli più spettacolari di questa manifestazione. Non che ora vedere il ‘figliol prodigo di Philadelphia’ scorrazzare per il campo con di fronte la mente geniale dei Phoenix Suns sarà un qualcosa che dispiacerà agli occhi e al palato raffinato del mondo a stelle e strisce, però…Però tra quelli in campo sarà sicuramente uno dei secondi piatti di un menù che invece altrove abbonda e come di pietanze succulente e più aggiornate se potete passarci questo termine. Generalmente si dice ‘la giovinezza contro l’esperienza’, beh in questo caso è ‘esperienza contro esperienza’. Forse non a livello di anni di All Star Game alle spalle, visto che il numero tre tornato da poco nella ‘sua’ città dell’Amore Fraterno, ne ha molti di più ma solo perché il suo talento è stato più lampante e diretto rispetto al canadese da Santa Clara che invece per dimostrare di avere una mente, ma soprattutto delle mani geniali ci ha messo molto di più. Assolutamente di più la partita di
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All Star Sunday
Steve Nash se la consideriamo sotto il p unto di vista dello sp e t t a c o l o . Scontati e precisi come orologi svizzeri arriveranno alley oops per i compagni di squadra con Stoudamire che rende la nozione in senso ampio ed in quello stretto del termine. Alla fine di sicuro uno tra Anthony, Bryant, Durant o Pau Gasol alla fine della partita prima di uscire dallo spogliatoio passerà per la poltroncina relegata allo ‘juventino’ (per amore di Del Piero ndr) canadese per ringraziarlo per qualche genialata sopra al ferro che di sicuro girerà il globo in mondo visione. Per quanto riguarda il piccolo grande uomo, invece, questa è la sua occasione per ringraziare ancora una volta tutti i suoi milioni di fans che nemmeno in un momento difficile come questo hanno voluto fare a mento della loro stella principale. Ed allora occhio a zingarate, canestri pesanti e perché no anche qualche palla alzata al di sopra del ferro tanto per non essere da meno del dirimpettaio.
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D DW WY YA AN NEE W WA AD DEE
Per qualcuno, e forse ormai non solo più per qualcuno, è il duello tra i due giocatori che in alcuni dei loro movimenti o modi di giocare più ricordano il sempre ‘altissimo’ Michael Jordan. Cosi come forse sono in tanti che il duello diretto tra i due duri non moltissimo se non il tempo di qualche giro di lancette prima di aggiustamenti da una parte e dall’altra. Ma per quel tempo necessario in cui il 3 firmato Miami Heat ed il 24 gialloviola losangelino verranno a contatto quello che non si potrà non vedere saranno quelle scintille immaginarie che i più piccoli ricordano solo ed esclusivamente all’interno dei cartoni animati quando i due protagonisti si scontrano in duello a roba del genere. Due giocatori che possono essere presi come esempio puro di come si potrebbe e come si dovrebbe giocare una partita del genere. Due giocatori capaci di accendere e di spegnere quel ‘Star Mode’ che ti permette di passare dalla classica partita inutyile e solo per divertimento del primo massimo secondo periodo a quella
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G furiosa e seria del secondo tempo, ma all’interno anche di un singolo possesso. Due giocatori due bombe ad orologeria, due mine pronte ad esplodere all’insaputa al semplice tocco. Quale potrebbe essere questo tocco? Semplice la prima giocata sopra le righe del diretto avversario. Una palla rubata, un gesto, una dedica ‘fuori luogo’, èun canestro in faccia, una difesa decente tale da metterti per un attimo da parte agli occhi di tutti. Insomma tutte quelle cose che si sa in una partita del genere tutti si guardano bene dal compiere per primi, dal compiere in anticipo per scatenare la bagarre che forse tanto non fa piacere agli allenatori a casa. L’ego però dei giocatori Nba è un qualcosa di ingestibile ed allora siate ben pronti li a sfregarvi le mani in attesa della giocata che renderà ancora più calda la notte texana per coloro che hanno la fortuna di viverla ‘live’ o che renderà un tantino più calda la stanza da dove state ammirando il tutto posando magari plaid e copertine varie.
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Una delle tante occasione per tornare indietro nel tempo. Una delle tante occasione per cercare di rivivire, almeno fino a quando il tutto lo permetterà quell’aria spensierata di quando questi due nomi erano si un’attrazione ma delle Hig School di mezza America. Una dele tante occasione per vedere uno contro l’altro in scontro diretto anche in partite differenti dalla regular season dove tranne qualche momento veramente importante gli allenatore cercano di mascherare il duello spostando altrove le mercature delle due ‘Star’. Cosi come per la coppia WadeBryant, anche per quella LebronCarmelo, il duello diretto potrebbe durare non tantissimo, per esempio la voglia del 24 dei Lakers di prendersi la sua personale rivincita in questa sede, con il numero dei tifosi e dei sintonizzati salirà alle stelle, dopo essere stato battuto per ben due volte consecutive dal rivale sia in termini di leadership di Lega che rivale per il prossimo anello, potrebbe portare i piani di uno dei due coach a fare la mossa tanto desiderata con quello della Western Conference avvantaggiato sul collega seduto sull’altra panchina. Due i bocconi amari infatti che, infatti, Bryant ha dovuto mandare giù di cui uno proprio nel
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F giorno di Natale. Due bocconi che di sicuro renderanno una rivalità ancora più accesa. Ma tanto per iniziare sarà il miglior giocatore contro il miglior realizzatore della Lega fino a quando ha avuto la possibilità di mettere piede in campo e prima che qualche infortunio di troppo potesse impedirgli di continuare a fare quello che stava facendo e anche bene, sin dalla prima giornata di campionato per usare un’espressione estremamente nostrana. Agilità e potenza diversamente interpretata. Agilità e potenza sotto forma di un corpo che potrebbe essere un misto tra un ‘difensive end’ ed un running back per come sa girare a mo di ballerina e sa muovere quei piedi in maniera tanto veloce quanto un giocatore di football in quella posizione deve fare per sfuggire ai placcaggi. Agilità e potenza dall’altra parte sotto forma di una varietà di movimenti che al momento sembra essere un tantino più a favore dell’ex Syracuse, ma solo in termini di numeri a possessi. Insomma in attesa che tutto il mondo possa vedere quello che si attende, ovvero Kobe contro Lebron per l’atto terzo, vedere Lebron contro Melo non è certo la cosa più brutta del mondo o tale da cambiare canale, anzi.
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Da un paio d’anni la sfida nella sfida. Da un paio d’anno non è più causa della dicitura ‘doppio 21 in campo’. Da un paio d’anni insieme non formano più, anche se solo all’interno della partita delle stelle una coppia di lunghi, una parte finale della front line che sarebbe illegali in 55 Stati nonostante il conto delle stella sulla ‘flag’ sia di 51. Da un paio d’anni uno contro l’altro dopo che insieme avevano fatto fronte comune per avvalorare sempre di più la tesi che la parte occidentale dell’America, la Western, è la parte migliore dal punto di vista del basket giocato. Non sempre ci sono riusciti, ma se si tirano le somme il conto è dalla loro parte. Da un paio d’anni quesi 25 anni in due di esperienza in questo tipo di partite si sono divisi ed allora ecco che da una parte c’è la scritta ‘13th Nba All Star Game’ posta figuratamente sulle spalle del leader emotivo e tecnico dei Celtics e sulle spalle del quale non c’è più quel 21 che tanto amavo e che in campo in questo
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F weekend di febbraio lo accomunava con l’altro 21 di colore nero argento, quello che da par suo con due satgioni totali in meno in questo campionato di ‘stelle’ sulla canotta ne ha messe ben 12 di fila. Insomma da lontano sarà Celtics contro Spurs, da vicino Garnett contro Duncan e una sfida che se proposta qualche mese addietro per qualcuno sarebbe potuto essere anche una sorta di antipasto per le finali Nba, dal momento che in tanti nell’America cestistica vedevano i biancoverdi da una parte e gli ‘speroni’ dall’altra come favoriti per alzare il Larry O’Brien Trophey al cielo. Al momento, invece, sembra essere semplicemente un duello di ‘piacere’ e tra due rappresentanti che proveranno ad ingranare la marcia per mettersi al dito quel secondo anello che servirebbe a Garnett per togliersi il peso della fortuna del principiante al primo colpo con una squadra di super stelle, e dall’altra un gingillo che chiuderebbe nella maniera più decente possibile la carriera dell’ex nuotatore caraibico.
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Una sfida senza paragoni ne precedenti. Due giocatori assolutamente distinti e separati, direbbe qualcuno, ma soprattutto due giocatori che si ritroveranno di fronte, alla prima palla a due, per la prima volta da quando il loro nome è entrato di diritto all’interno dell’elite del basket che conta. Il primo ci aveva provato ad entrare nei favori del pubblico quando il tutto si svolse in Arizona, ma il ‘piccolo particolare’ che la US Airways Center di Phoenix era considerata allora come la casa di Shaquille O’Neal (una presenziuccia sempre abbastanza scomoda!) fece calare e non di poco le preferenze dell’High Schooler che invece sognava un All Star Game in casa e da titolare cosa che invece fece e come The Big Diesel. Paradossalmente il tutto riesce alla distanza ed allora ecco che Ama’re porta a casa un consenso popolare che più che ad incidere sul match delle stelle incide ancora di più in quelle che potrebbero essere le sue quotazioni di mercato dal momento che essere scelto dal ‘popolo’ vuol dire essere apprezzato, essere amato ma soprattutto che per-
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sino i tifosi lo reputano arrivato al punto di essere uno dei grandi di questo gioco. Certo l’umore dei tanti tifosi e il metodo di votazione, potrebbero essere poco significativi per tante ragioni, ma in un paese come quello a stelle e strisce mai dire mai. Insomma per Stoudemire è la classica occasione da non sfruttare per far lievitare il proprio nome. Un qualcosa, mentre, di cui non ha assolutamente bisogno il Superman della Florida, la faccia d’angelo dei Magic Dwight Howard. Per lui è la quinta convocazione anche se tutto il suo reale ‘potenziale’ per questo tipo di weekend lo ha dimostrato nello Slam Dunk. E’ li che Superman si è guadagnato il rispetto per questo tipo di partita a che se poi quello che fa con Orlando ha la sua bella fetta e come. Di fronte si ritroverà un giocatore mobile e veloce con movimenti decenti in post, per lui che deve dimostrare di saper resistere non solo contro i colossi, ma anche contro i più ‘leggeri’, dall’altra parte però Stoudemire avrà un bel da fare contro la potenza squassante del 12 della Florida.
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Difficile scorrere i nomi e non pensare che quella che si legge sia una lista di riserve e non di giocatori che magari potrebbero giocare la gara della domenica da protagonisti assoluti sin dall’inizio. Difficile pensare come tra le ‘riserve’ ci siano facce nuove, il nuovo che avanza e anche qualcuno che non è nuovo alla Nba, ma a questo tipo di partita purtroppo si. Purtroppo perché forse il Deron Williams che è la mente, il braccio, la gamba e anche qualcos altro degli Utah Jazz è arrivato in quello che è un fine settimana per palati puri molto tardi. Certo non farsi fuorviare dal fatto che chi è presente in canotta e pantaloncini in questa occasione sia il meglio del meglio e chi no solo eterni incompiuti, anche perché sarebbe un errore madornale; dall’altra parte non esservi stato negli anni scorsi un po’ ha fatto storcere il naso in tanti. Ancora qualche stagione e poi il palcoscenico sarà tutto suo per il quale dovrà combattere voto su voto con l’altro eccellente della panchina della Western: Chrsi Paul. D-Will potrebbe essere agevolato dal fatto che c’è qualche rumors di troppo sul Paul griffato Hornets oppure dal fatto che qualcuno lo vorrebbe già dall’altra sponda dell’oceano con un’altra maglia ed altri colo-
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BENCH ri addosso, ma fino a che il fantabasket non si tramuterà in qualcosa di diverso, sarà lotta serrata tra questi due per guidare l’Ovest. A loro fianco ci sarà sicuramente chi domenica sarà sempre con loro in un primo momento a tifare i compagni di squadra per poi entrare quando protocollo lo impone: Brando Roy. Il talento sopraffino dell’Oregon è in quella lista di futuri contendenti alla leadership generale della Lega che però sembra essere nelle mani saldi di LBJ che ha un piccolissimo vantaggio su tutti, tanto per usare un eufemismo. Non siete contenti? Beh allora rifatevi gli occhi perché con gente come Durant, Pau Gasol, Dirk Nowitzki, Chauncey Billups e la sorpresa delle sorprese Zach Randolph, la bilancia tenderebbe a pendere da arte della Western, a meno che dall’altra parte il trio Horford-Pierce-Bosh non faccia da traino di lusso tra gli starter e le riserve che tra le altre cose comprenderebbe anche due playmaker di alto valore anche in proiezione come Rajon Rondo e Derrick Rose oltre al cecchino della Georgia, Joe Johnson, e uno dei nomi più nascosti di questa Lega: Gerald Wallace che con il lavoro e le vittorie dei suoi Bobctas si è guadagnato una doppia stima, visto che a Dallas ci andrà per scelta del coach dei Magic Sten Van Gundy.
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THE S ST TEEN N V VA AN N G GU UN ND DY Y
Una sfida a distanza per un’incombenza che nessun allenatore vorrebbe avere seppur sempre alla ricerca o alla richiesta di un giocatore migliore di quelli che ha normalmente per arrivare a fare sempre meglio. Questa è l’occasione dell’abbondanza, l’occasione di aver e davvero l’imbarazzo della scelta e dove un minuto in più di un giocatore rispetto ad un altro ti può creare quel piccolo senso di antipatia che poi normalmente viene pagato quando ci rigiochi contro, manco quella della vendetta sia una legge scientifica e categorica. Gestire 14 giocatori di talento assoluto in cui nessuno meriterebbe di stare in panchina per più di qualche minuto, non è certo gioco da ragazzi, cosi come non è gioca da ragazzi far
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COACH in un certo senso di allenare una squadra che per quanto insieme può stare qualche giorno prima della palla a due della domenica è pur sempre qualcosa al più sconosciuta al coach (sempre che poi non si parli di Howard, Billups ed Anthony che sono di ‘proprietà’ degli allenatori ndr) di turno. Ma soprattutto quando le lancette del match girano velocemente e tu devi, per esigenze di spettacolo e di voto, mettere in campo chi di dovere per evitare di finire alla gogna, anche se in senso figurato. Insomma il mestiere ed il ruolo meno piacevole alla domenica delle Stelle, anche se poi se riusciranno a dare un minimo di propria impronta alla squadra allora lo spettacolo è assicurato.
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COGLI LA PRIMA MELA
Colto da ‘Branduardismo’ lancinante, sarà stato questo il suggerimento di coach D’Antoni al suo miglior giocatore? Qualche dubbio, in effetti, può sorgere, sia in riferimento ai consigli del coach su questioni, diciamo così , extra gioco, sia alle attitudini di Danilo di fermarsi, per così dire, alla prima bottega. Ma facciamo un passo indietro. Non siamo (ancora) usciti fuori di senno. La vicenda relativa al possibile accoppiamento di Gallinari è venuta a galla (scusate il gioco di parole) dopo la solita e tanto fondamentale classifica, questa volta proposta dal New York Post, dei migliori e più ambiti scapoli della Grande Mela. Il nostro italico rappresentate ha conquistato la 12° posizione nel “New York’s most elegible bachelors”. Il tabloid americano lo descrive così: “Quei profondi occhi color nocciola, quelle braccia, il suo ricco contratto e quella parlata con l’in-
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DELLI
DI
PAOLI
confondibile accento italiano. Inoltre è un cuoco fantastico ed è orgoglioso di esserlo”. Davanti all’enfant prodige del basket tricolore si sono piazzati, tra gli altri, Derek Jeter, interbase e capitano degli Yankees, Eugene Remm e Mark Birnbaum, cofondatori della società di produzione EMM Group e Mark Sanchez, il quarterback dei New York Jets. Proprio quest’ultimo, nei prossimi anni, contenderà al numero ‘8’ degli arancioblu il titolo di sportivo più amato della metropoli, oltre che l’invidiabile primato di scapolo più affascinante del reame newyorkese. Le sue quotazioni, dunque, salgono vertiginosamente al punto di essere preda ambita delle agenzie pubblicitarie di Madison Avenue, oltre che, ovviamente, dell’avvenente popolazione femminile della Big Apple. Insomma Danilo non ha che da sfogliare la margherita, speriamo solo che questo nuovo ruolo non comporti un cambiamento di nick: da ‘Gallo’ a ‘Galletto’?
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LA RUBRICA C H IN E S E T A K E W A Y Cibo cinese da asporto, proprio come sarà da asporto il neo cinese Stephon Marbury. Quanto durerà nel campionato cestistico con gli occhi a mandorla? Staremo a vedere. Intanto l’avventura orientale della ‘Freccia di Coney Island’ non è iniziata benissimo. Le prime due partite con i Shanxi Zhongyu Brave Dragons sono state contrassegnate da altrettante sconfitte (và però detto che il team non veleggiava tra i posti alti della classifica: terzultimi, per la precisione). Il talento newyorkese ha messo su, al debutto, una prestazione fatta da 15 punti, 8 assist e 4 rimbalzi, peccato per le percentuali da tre (0/6) che definire in sintonia con il ‘muro del pianto’, piuttosto che con la ‘muraglia cinese’ è solo un eufemismo (primo canestro
da tre infilato soltanto dopo 13 tentativi nella sua seconda apparizione in maglia Dragons). Non è piaciuto neanche il passaggio finale in cui invitava il collega Mo Taylor a tentare il tiro della vittoria. Alzi la mano chi riteneva Steph un accentratore del gioco! Chiaro che, in quella situazione, addetti ai lavori e tifosi si aspettavano una diversa scelta dell’ex play dei Knicks. Ad ogni modo, le difficoltà non arrivano solo dal campo. Marbury, infatti, durante il suo soggiorno in Cina, dovrò fare a meno anche di Twitter. A Taiyuan è severamente proibito. Una dura rinuncia alla quale potrà sopperire pubblicizzando il proprio marchio di scarpe per l’intero Oriente. Non c’è bisogno di ricorrere a Confucio per comprendere che vale la pena fare qualche sacrificio.
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LA RUBRICA MAMB O I T AL IANO Prosegue l’ascesa dei nostri italiani nel panorama cestistico a stelle e strisce. Prima l’Olimpo del basket e poi quello dello showbiz. Andrea Bargnani, così come i suoi colleghi di Toronto, ha smesso canotta e scarponcini e si è trasformato in un cartone animato. Colori a pastello e animazioni varie ed ecco che ‘Il Mago’ spopola sul web. Andrea è il protagonista di una ‘striscia’ divertente in cui è seduto ad un tavolo in canottiera e con cappello in puro
stile ‘Soprano’. Le musiche de ‘Il Padrino’ lo accompagnano mentre si gusta un bel piatto di spaghetti (avvertenze: la fiera della banalità italica è sempre ben accetta negli States). Improvvisamente il suo orologio Raptors inizia lampeggiare, un tocco di bacchetta magica e via, ecco il nostro eroe pronto ad infilare canestri su canestri e trascinare alla vittoria la franchigia canadese. Cambia la musica e si passa ad una più allegra ‘Mambo Italiano’. Gli stereotipi tricolori sono completi e il ‘Mago’ è nel cuore degli americani: ‘that’s ammore’.
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LA RUBRICA U N A S E RI E S F O R T U N AT A D I E V E N T I Non è Lemony Snicket, personaggio cinematografico interpretato da Jim Carrey, ma poco ci manca. Jayson Williams, ex centrone dei New Jersey Nets, non se la sta passando benissimo. Dopo 9 stagioni trascorse a lottare sotto i tabelloni della Nba, prima in maglia 76ers e poi, appunto, in maglia Nets, il 41enne Williams vive una situazione personale piuttosto complicata. Nel giro di pochi mesi ha perso il padre E.J., è stato accusato di aggressione, dopo una rissa che si era scatenata in uno dei tanti locali del North Carolina (tra l’altro le accuse sono poi state ritirate) e, dulcis in fundo, ha dovuto far fronte ad una ulteriore accusa per guida in stato d’ebbrezza. Finito qua? Neanche per scherzo. Recentemente, la polizia di New York gli ha esploso
dei proiettili di gomma contro, dando per buona la ‘storia’ raccontata da un’amica di Jayson; la ragazza sosteneva che Williams fosse rinchiuso in una stanza d’albergo pronto a tentare il suicidio. A completare lo scenario piuttosto buio in cui vive l’ex giocatore, c’è la richiesta di divorzio della moglie e, last but not least, l’ammissione di colpevolezza per l’omicidio di Costas Christofi. La vicenda si trascina, ormai, da otto lunghissimi anni. Williams ha dichiarato di aver usato in maniera avventata il proprio fucile e di non averne verificato l’inserimento della sicura. Il colpo partì accidentalmente e finì la sua corsa nel petto del povero autista greco. Jayson, dunque, patteggerà la pena proposta (pare a 18 mesi di reclusione) chiudendo uno dei capitoli più tragici della sua esistenza. La fortuna è cieca ma la sfiga ci vede benissimo.
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NBA NEWS
Team Usa: working in progress Continua ad aggiornarsi la lista dei pretendenti per i prossimi mondiali di basket che si terranno dal 28 agosto al 12 settembre in Turchia. Tra i reduci delle olimpiadi di Pechino già hanno dato conferma i soliti LeBron James e Kobe Bryant, mentre è opinione diffusa che alcuni componenti della missione Redemption di 2 anni fa declineranno l’invito a favore delle nuove leve, tra le quali spicca su tutti il nome di Kevin Durant. Ecco la lista dei 27 nomi nel giro del team: Anthony, Boozer, Bosh, Bryant, Howard, James, Paul, Wade, Williams ai quali vanno ad affiancarsi Lamar Odom, Durant, Aldridge , Westbrook, Brook Lopez, Danny Granger, Derrick Rose, Kendrick Perkins, Gerald Fallace, Al Jefferson, David Lee, Kevin Love, Andre Iguodala, Eric Gordon, O.J. Mayo, Chauncey Billups e Rudy Gay.
Non c’è pace per il folletto del New Orleans CP3
Fonte foto: http://www.nakednews.it
Sembra non conoscere confini la sfortuna che sta affligendo in questa stagione Chris Paul, leader NBA per assists a partita da anni a questa parte. Dopo aver sofferto un infortunio nella prima parte di questa regular season , il point man dei New Oreleans Hornets è stato vittima di un altro incidente che lo costringerà ad operare il ginocchio sinistro con un conseguente stop di almeno 1 mese e mezzo. Per fortuna degli Hornets, tuttavia, non tutti i mali vengono per nuocere e l’infortunio al leader della franchigia ha spalancato le porte del quintetto all’ottimo rookie Darren Collison, recentemente sugli scudi per una super prestazione contro i Boston Celtics in un incredibile match vinto da New Orleans.
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G UGLIELMO B IFULCO DI
NBA RUMORS
Tante le‘trade’ all’orizzonte
ideato da:
Stars ‘N’ Stripes
scritto da:
Domenico Pezzella
Alessandro delli Paoli
Leandra Ricciardi
Nicola Argenziano Nicolò Fiumi
Domenico Landolfo
Stefano Panza
Vincenzo Di Guida Guglielmo Bifulco
Stefano Calovecchia info, contatti e collaborazioni:
Davide Mamone
domenicopezzella@hotmail.it
Quadro piuttosto confusionario e scenari ancora aperti a qualunque possibilità in questi ultimi giorni disponibili di mercato a poche ore dall’All Star Game. L’impressione è che possano essere cambiate molte carte in tavola, la paura ( dei media, sia ben chiaro) è che alla fine tutto rimarrà cosi come è ora. Osserviamo quindi i programmi di alcune squadre che sembrano intenzionate a modificare i loro assetti: Boston Celtics: La franchigia del Massachussets sembra essere intenzionata a sacrificare uno dei big 3 artefici del titolo 2008, vale a dire Ray Allen, il cui maxi contratto da 19,7 milioni di dollari annui scadrà la prossima estate. L’unica franchigia con la quale Danny Ainge sembra intenzionato a trattare sarebbero i Sacramento Kings ,che sono disposti ad offrire il giovane Kevin Martin , spodestato dal rookie Tyreke Evans, sotto contratto ancora per 3 anni e Andrei Nocioni. La mossa descritta ringiovanirebbe i Celtics evitandogli al contempo il rischio di rimanere ai margini del prossimo mercato, data la scarsa flessibilità salariale degli stessi. Scambio in vista anche con gli Charlotte Bobcats che in cambio del big man Glen Davis sono disposti ad offrire DJ Augustin, guarda caso un tiratore micidiale dalla lunga distanza. New York Knicks: Fortemente interessati a Tracy McGrady e al suo contrattone da 23 milioni annui in prossima scadenza. Si parlava di Jared Jeffries come contropartita tecnica, ma Walsh ha escluso questa possibilità. Probabile tuttavia qualche escamotage dell’ultimo minuto per portare TMac a Gotham City. Phoenix Suns: Nonostante le dichiarazioni di facciata di Steve Nash, sembra essere arrivata agli sgoccioli l’esperienza ai Suns di Amar’è Stoudemire, in procinto di trasferirsi o in Florida da Dwyane Wade in cambio dei contratti in scadenza di Jermaine O’Neal e Chris Quinn oltre al bizzoso Michael Beasley. Alla finestra anche Cleveland Cavs e Philadelphia 76ers, che sta cercando in ogni modo possibile di liberarsi di Andre Iguodala Washington Wizards: Dopo le controversie legate al “Gun Gate” che ha visto le squalifiche di Arenas e Crittenton, i Wizards vogliono tornare a sondare il mercato dei free agent: condizione essenziale per fare ciò è liberarsi dei contratti più ingombranti, e sul taccuino dei partenti sembrano esserci Caron Butler richiesto da Houston Rockets (che offrono Scola, Lowry e ,tanto per cambiare, TMac) e Dallas Mavs, Antawn Jamison , desiderio malcelato di LeBron James per i suoi Cavs, e i meno quotati Mike James e DeShawn Stevenson. New Jersey Nets: Fallito inesorabilmente il progetto Vandewaeghe, girano svariati rumors che vogliono l’attuale coach di Louisville, Rick Pitino, alla guida dei Nets per la prossima stagione.
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La lente di ingrandimento di Stars N Stripes sulla LegaA
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Gar y Neal L a S q u a dr a . . .
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La punta di diamante della Benetton: Gar y Neal MADE IN ITALY -1 IL PERSONAGGIO
DI
D OMENICO L ANDOLFO
E' Baltimora la città che da i natali a Gary Neal giocatore duttile e polivalente capace di segnare accendersi e trascinare col suo entusiasmo i suoi compagni a suon i canestri e belle giocate. Pedigree americano di bassissimo profilo, uscito dalla Towson University, ovviamente poco visibile e quindi ignoto all'area nba, la guardia statunitense decide di giocare le propri chances di carriera nel basket d'area Fiba, iniziando in Turchia col Pinar Karsiyaka, squadra dove riesce a imporsi come leader e che gli vale la chiamata del Barcellona di Ivanovic. In mezzo a tante stelle però non riesce ad esprimere appieno il suo potenziale, è chiuso, rifiuta i tiri e appare contratto, così i blaugrana lo scaricano e finisce alla corte di Mahmuti a Treviso. Ed ecco la metamorfosi di un campione. Tiro da fuori, penetrazione, visone di gioco, fare sempre la cosa giusta, tiri impossibili sulla sirena. Il buon Neal si inserisce in un contesto ambizioso ma senza troppe ansie, dove gioca con cervello e con tanta intelligenza cestistica. La
prima stagione italiana lo vede un po' egoista, il farò realizzatore della squadra che attira su di se le attenzioni della difesa e che si erge a realizzatore e basta. La crescita e la maturazione arriva quest'anno prima con Vitucci e adesso con Repesa. Divine il leader di una benetton giovane, il top scorer del nostro campionato, quello capace della magie come contro la Virtus e quello che mette in ritmo Kus per farlo diventare un cecchino dalla distanza. Non parliamo di genio e sregolatezza, ma di tanta classe e tanta scuola, di tanto sacrificio e tanta voglia. Difficile pensare che un americano giovane alle prime esperienze in Europa possa fare così bene in un lasso di tempo così breve. E' una forza della natura e chissà che dalla piccola Treviso non possa fare un salto in una squadra di elevatissimo livello, data anche la sua visibilità in Eurocup. Gary Neal: la garanzia quando hai bisogno di un tuttofare del parquet.
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La regina incontrastata del Tricolore: Mensana Siena MADE IN ITALY -2 LA SQUADRA
DI
N ICOLA A RGENZIANO
Per parlare della Monte dei Paschi di Siena basterebbero le statistiche: da 3 anni imbattuta in casa, record vittorie nel campionato italiano superiore all'80%, prima in quasi tutte le voci statistiche (ovviamente quelle positive), vincitrice a mani basse degli ultimi 3 scudetti mai con piu' di 2 sconfitte in tutti i playoff (nella scorsa stagione addirittura nessuna!). Si potrebbe continuare ancora a lungo, ma sarebbe ingeneroso proseguire solo su ciò che è stato fatto nel presente o recente passato senza soffermarsi sulla qualità del progetto Siena. Il team toscano ha saputo trasformarsi da formazione di medio-alta classifica in una mac-
china ammazza campionato da ormai 4 anni grazie ad un lavoro straordinario in primis in ambito societario, riuscendo a consolidarsi economicamente e strutturalmente in una fase in cui molti team hanno invece fatto il percorso inverso in maniera costante e inesorabile, alcuni addirittura scomparendo dal grande palcoscenico del basket italiano. Molti amano evidenziare come la società senese, guidata da patron Minucci, abbia potuto far affidamento su un gruppo bancario forte alle spalle come il Monte dei Paschi, ma è altrettanto vero che le risorse non sono mai state sprecate in spese folli per giocatori di scarso rendimento o progetti impro-
MADE IN ITAL Y
duttivi, anzi...Senza dimenticare il prezioso apporto di Recalcati non si può non evidenziare la straordinaria ascesa di Simone Pianigiani, cresciuto come coach nelle giovanili biancoverdi e catapultato in prima squadra in una situazione che tutti avrebbero si voluto (budget ampio e grande solidità alle spalle), ma che non tutti di certo sarebbero riusciti a gestire con grande maestria e capacità. Pianigiani rappresenta il top in Italia (non a caso è stato appena nominato Commissario Tecnico della Nazionale) per come ha saputo trasformare giocatori di buona fattura in fantastici fuoriclasse, riuscendo ad unire tante buone individua-
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lità in un progetto di gioco unico, capace di dominare in Italia ed in parte anche in Europa. Terrel McIntyre è stato preso quando era un buon playmaker reduce da buoni successi in Legadue, oggi è il regista eletto Mvp nella scorsa Euroleague, mente ed anima di una squadra caratterizzata da doti essenziali ed al contempo micidiali ai fini della vittoria: sangue freddo e istinto del killer. Giocatore capace di dettare i tempi meglio di chiunque altro, regista affidabile capace di segnare sempre i tiri importanti nei momenti delicati, un leader insomma in tutto e per tutto. Dopo la partenza di Thorton e lo spostamento a ruolo di primo cambio degli esterni di Domercant (tiratore di striscia, ma non di piu') la società ha pensato bene che Hawkins fosse il miglior finalizzatore alle ispirazioni del folletto ex Ferrara e Capo d'Orlando, una scommessa per molti vista l'incostanza e la poca disciplina tattica mostrata dal “falco” ormai veterano della serie A italiana. Invece proprio il rendimento di Hawk, devastante nel sistema di giochi voluto da Pianigiani, sta rappresentando un valore aggiunto formidabile. A completare la linea degli esterni in ala piccola troviamo Romain Sato, altro miracolo del front office toscano. Pescato letteralmente in Legadue durante la sua esperienza con l'Aurora Jesi il ragazzo della Repubblica Centroafricana è cresciuto incredibilmente sia fisicamente, sia nel proprio bagaglio tecnico diventando di fatto un all around difficile da trovare in Europa. Ma il capolavoro tecnico (sia come managemente che come coaching) è certamente Benjamin Eze: alzi la mano chi avrebbe pronosticato per lui questo tipo di carriera. Il ragazzo della Nigeria sin dalle sue prime apparizioni con la maglia della Viola Reggio Calabria mostrava gran fisico e buone capacità intimidatorie, dal suo approdo in maglia Siena è diventato il miglior centro in circolazione. Stoppatore sublime, ha saputo sviluppare anche un discreto tiro dalla media distanza, oltre alla grande capacità di saper sfruttare come pochi gli spazi aperti sia dai giochi in pick n'roll che dai repentini cambi di direzione su linee esterne da parte dei suoi compagni di squadra. Risultato? Sempre presente a rimbalzo, costante intimidatore nella propria area dei 3 secondi ed ora anche ottimo realizzatore dal post basso. Al fianco di un pivot così ecco un'altra gemma dello staff Toscano....Shaun Stonerook era un onesto giocatore con esperienze nella lega Belga e nella pallacanestro Cantu', giunto a Siena è la vera chiave tattica a disposizione di Pianigiani. Dotato di ottima mano anche da 3 punti è rapidissimo ad entrare e uscire dall'arco dei 6.25, riuscendo così ad esser tremendamente pericoloso al tiro pesante ed al contempo a rimbalzo d'attacco vista anche la sua capacità “leggere” le carambole. Già con un quintetto così si fa presto ad inquadrare la gran forza del team senese, ma non si può tralasciare il secondo/primo quintetto (nel vero senso della parola). Se di Domercant abbiamo già espresso l'essenziale l'elenco dei nomi a disposizione di Pianigiani farebbe comodo a molti quintetti base di tutta la Serie A (e forse non solo...). Kristof Lavrinovic è l'evoluzione moderna perfetta del concetto di ala-grande; se fino a qualche anno fa veniva considerato inferiore al fratello Darius (gemello dominante in Euroleague) oggi invece è considerato antagonista completo del “fratellino” grazie alla sua mano educatissima anche da oltre l'arco dei punti e dalla fisicità che riesce a mettere in post-basso insieme al dinamismo di gambe quando va in uno contro uno. In cabina di regia come back up troviamo Niko Zizis: giocatore dotato di tutto ciò che si può cercare in un play moderno, ottimo realizzatore, gestore perfetto dei ritmi, carattere e forza mentale di primissimo livello, sarebbe certamente il playmaker titolare di questo team se non ci fosse McIntyre...Ma spesso i due giocano insieme e si dividono il minutaggio tenendo così altissimi il livello e la qualità del playmaking. A completare le rotazioni due italianissimi: Tomas Ress e Marco Carraretto, due specialisti a 360°, atleti versatili e utilissimi nel velocizzare il gioco quando Pianigiani decide di andare col quintetto “veloce”. Si dice che per la legge dei grandi numeri prima o poi Siena anche quest'anno perderà una partita, ma è altrettanto vero che questa legge non fa parte della statistica...Mai come quest'anno il Monte dei Paschi rischia di fare il “cappotto” in Italia e difficilmente si intravede l'anti-Siena di cui tanto si parla....In Europa? Barcellona, Real Madrid e Panathinaikos sembrano piu' attrezzate del club toscano, ma la fame di vittorie in Europa è grande, soprattutto per una squadra che non è mai sazia neanche di vincere ininterrottamente...